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R2 - La Repubblica.it
MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE 2007 La c u ltu ra Gli s p e tta c o li Rilke, le lettere mai pubblicate “Mamma, leggi i miei libri” Il canto libero di Gloria Estefan “La mia Cuba senza Castro” MAURI ALLE PAGINE 46 E 47 FRANQUI E VIDETTI A PAGINA 49 ■ 33 Lo scrittore minacciato dalla camorra ripercorre dopo un anno le strade di Casal di Principe tra indifferenza e ostilità CHIUSO PER PAURA Un ragazzino in bicicletta lungo una via di Casal di Principe Foto Mario Spada Ritorno a Gomorra ROBERTO SAVIANO CASAL DI PRINCIPE (Caserta) A CITTÀ finge disinvoltura. Ma in realtà c’è ansia. Ogni volta che qualcuno viene da fuori, che viene a prendere possesso della piazza del paese, ogni volta che si parla di qualcosa di cui non si vuole parlare l’aria diviene come rarefatta. Grumosa. Mancavo da un anno, e tutto sembra identico a Casal di Principe. I politici nazionali non la frequentano molto. La conoscono per voci lontane. Ogni tanto finisce in qualche statistica: la città con più Mercedes al mondo, quella con più omicidi d’Europa. Ma sembrano record del passato. Ora tutto è cemento, rifiuti, mozzarelle. Terra dove ci sono più imprese edili che cittadini. Salgo sul palco e sento la vicinanza di molte persone, molte venute da fuori, e molte del paese che non ne possono più. Dei clan, del loro paese associato ai clan. L In piazza le saracinesche e le finestre sono chiuse. Il lunedì c’è riposo, dicono per giustificarli, non è per timore dei clan che i negozi sono chiusi. Ma nessun commerciante avrebbe rifiutato di triplicare le proprie vendite. Vedo arrivare Renato Natale, l’ex sindaco. E’ strano. Quando glielo racconto non ci crede. Da adolescenti nella testa di molti c’era il mito del Che. Io avevo lui come eroe. Proprio mentre lui era sindaco uccisero Don Peppino. L’esecuzione del parroco che scrisse un documento «per amore del mio popolo non tacerò». Non tacere, parlare: proprio quello che in queste ore sembra essere così difficile, pericoloso. Renato Natale tentò di combattere con gli strumenti da amministratore l’impero di cemento dei clan, iniziando dal paese, da quello che loro ritenevano il feudo. Una volta gli scaricarono davanti a casa chili di merda di bufala. E quando decise di chiudere con paletti Piazza Mercato, ritrovava i paletti davanti al portone sradicati dalle ruspe dei clan. SEGUE ALLE PAGINE 34 e 35 il re p o rta g e il p ro ta g o n is ta l’in c h ie s ta A casa di Maddie tra speranza e veleni Cina, il cardinale che sfida i comunisti Quando il pane costa come l’oro DAL NOSTRO INVIATO DANIELE MASTROGIACOMO DAL NOSTRO INVIATO FEDERICO RAMPINI DAL NOSTRO INVIATO JENNER MELETTI ROTHLEY iaggio nel paese dei coniugi McCann, 138 giorni dopo la scomparsa di Maddie. Kate e Gerry, medici in carriera, tre figli, tra cui due gemelli, una casa da un milione di euro, sono ora indagati dalla polizia portoghese per omicidio e occultamento di cadavere. Ma l’Inghilterra e il villaggio in cui abitano si stringono attorno ai due. Dal coinvolgimento del responsabile dei media del governo britannico, sceso in campo per loro, fino agli abitanti di Rothley, con cui i coniugi si sono incontrati domenica, dopo la messa. E per seguire la vicenda giudiziaria è stato preso uno dei legali più celebri d’Inghilterra, con un onorario da 1000 euro all’ora: Michael Caplan, lo stesso che ha difeso Pinochet. ALLE PAGINE 36 E 37 HONG KONG 75 anni Zen Zekiun è il cardinale che “rappresenta” nel collegio cardinalizio vaticano la Cina comunista. La cattedrale di Hong Kong è un santuario privilegiato perché si trova nell’unica città cinese che rispetta i diritti umani e la libertà di parola. Affabile e bonario, eppure il cardinale è uno degli uomini più temuti dal regime di Pechino. Lo chiamano “la Voce di Hong Kong” da quando guidò in piazza mezzo milione di manifestanti a difesa della democrazia. Dopo la morte di un prelato detenuto nello Hebei (la polizia ha cremato la sua salma di nascosto per evitare che lo sapessero i suoi fedeli), ecco la sua testimonianza. Un’intervista sulla Cina, i diritti umani e la libertà religiosa. FINALE EMILIA (Modena) opo l’allarme lanciato da Prodi «sull’ingiustificato aumento dei prezzi del pane», ieri è scoppiata la polemica sui costi della pasta e sui rincari annunciati dai produttori. «Se continua a salire il grano - ha detto ieri l’imprenditore pugliese Divella - dovremo aumentare il prezzo della pasta di almeno 10 centesimi». Il ministro De Castro ha detto che la Ue darà risposte, con l’aumento della produzione del frumento. Sul tema le associazioni dei consumatori e la Confederazione italiana agricoltori: «Gli aumenti di pasta e pane non hanno spiegazioni». Per capire cosa sta succedendo, una notte con i fornai. CON UN COMMENTO DI CARLO PETRINI ALLE PAGINE 40 E 41 V A A PAGINA 39 D MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE 2007 R2 L’ALLARM E CRIM INALITÀ ■ 34 Appena viene fatto il mio nome o inizio a parlare un gruppo di giovani subito incrocia le braccia. Come a dimostrare che nessun applauso è possibile. Ai cronisti dicono: “La camorra non esiste” Saviano le finestre chiuse del mio paese (segue dalla copertina) ROBERTO SAVIANO ui li rimetteva e i clan li sradicavano di nuovo: una simbolica guerra che durò tempo. Ma ce la fece. La piazza divenne luogo di ritrovo dei giovani di tutta la zona. In quella piazza vi fu il raduno straordinario della popolazione di Casale insieme a centinaia di scout provenienti da L L’a ria è ra re fa tta Ma n c a vo d a u n a n n o e tu tto s e m b ra id e n tic o a Ca s a l d i P rin c ip e tutta Italia per il trigesimo della morte di don Peppino Diana. Le prime ragazze in strada persino abbracciate ai propri fidanzati, le prime donne davanti ai bar: cose che sembrano ridicole, semplici, normali ma che quindici anni fa erano assolutamente impensabili. Qui niente è scontato. Renato Natale mi saluta e vedendolo, proprio mentre sono sulla piazza, mi salgono come un doloroso rigurgito i ricordi di episodi terribili. Antonio Cangiano vicesindaco di Casapesenna rifiutò di far vincere a un’impresa di un clan un appalto nel paese, loro che vincevano gare in ogni parte del nord Italia. Gli spararono alla schiena costringendolo per sempre sulla sedia a rotelle. E poi Federico. Federico Del Prete, sindacalista. Aveva iniziato a denunciare con un’azione costante i crimini minuscoli, le estorsioni agli ambulanti. E poi aveva persino aperto un’indagine che permetteva di vedere in alcuni esponenti del corpo dei Vigili Urbani il vero strumento utilizzato dalle cosche per controllare il territorio: dall’estorsione al controllo dei cantieri. Era riuscito a far vedere ciò che sino ad allora era parso indimostrabile. E in un momento in cui si discuteva delle troppe macchine blu date a sottosegretari e ministri, Federico Del Prete lo andarono a trovare nel suo ufficio. Non aveva protezione. Era al telefono quando 6 proiettili calibro 7,65 lo uccisero. E’ la storia di un’Italia resistente le cui lapidi sono portate nella voce di chi ricorda questi episodi, e li passa di bocca in bocca, mentre mi chiedo come mai in questi giorni, in queste ore, i governi, questo governo abbiano davvero fatto così poco. C’è il padre di Don Peppino Diana, i visi di molte ragazze del paese che mi stringono la mano e mi abbracciano. Mentre si avvicinano, mi viene spontaneo guardare dietro le loro spalle per vedere se ci sono i loro fidanzati e salutare anche loro per rassicurarli sulla mia correttezza. Sulla mia sinistra i ragazzotti di sempre. Soliti modi di fare. Occhiali, vestiti che se fosse passato qualsiasi pubblicitario o stilista li avrebbe immediatamente presi come testimonial dei propri prodotti. Mi guardano gli anelli che indosso. Li indossano anche loro. Tre, simbolo lontano. Padre figlio e spirito santo. E l’anello dello spirito santo è quello della sinistra, la mano che si da a colui al quale non si concede rispetto. Le telecamere non riescono a non riprenderli. Loro si avvicinano, «abbassa ‘sta cosa», mettono le mani sugli obiettivi. Per molti che vengono da La s to ria IL LIBRO «Gomorra, un viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra» è il titolo del libro inchiesta scritto da Roberto Saviano LE MINACCE Non appena il libro viene pubblicato si moltiplicano le minacce allo scrittore. Lettere minatorie, telefonate mute e un «isolamento ambientale» LA SCORTA Dopo le minacce ad ottobre il comitato per l'ordine pubblico di Caserta dà il via libera alla scorta per lo scrittore che ha sfidato la camorra fuori è come arrivare in uno strano luogo, quasi magico. Ciò che fuori è cinema e delirio, qui è realtà. Le misure di sicurezza sono imponenti, mi dicono che ci sono persino i cecchini: che ad una manifestazione pubblica in una piazza debbano esserci i cecchini è difficile spiegarlo in Europa. I ragazzi della mia scorta sono tranquilli, non hanno chiesto nessun rafforzamento e mi placano con una frase che non ho più dimenticato, «noi non dobbiamo mica fare paura a nessuno, perché nessuno ci fa paura». C’è una scena quasi divertente. Ogni volta che sibilo parola o qualcuno accenna a qualcosa che possa somigliare al suono del mio nome, i ragazzotti annodano le braccia subito, di scatto. Prima ciondolanti, con le mani nelle tasche dei jeans e i polsi piegati in avanti. Poi, appena mi viene data la parola, scattano. Come soldatini. Tutti a braccia conserte, come a dimostrare che non c’è un solo applauso. Neanche l’intenzione di avvicinare un palmo all’altro. La dimostrazione che nessuna sorta di vicinanza è possibile tra loro e questo giullare. Questo buffone. Fausto Bertinotti parla, ma Al centro della foto, il padre del boss Francesco Schiavone in piazza durante la manifestazione antimafia un gruppetto inizia a disturbare. Urlano tra loro, cominciano a applaudire dichiarazioni che rilasciano alle telecamere i più maturi tra gli imprenditori presenti. «La camorra non esiste» urlacchiano, dichiarano ai giornalisti e alle telecamere. Sembra una provocazione. A leggerla senza capire, come una frase pronunciata da chiunque sembra ridicola, persino scontata. Nelle barzellette i mafiosi dicono che la mafia Da a d o le s c e n ti m o lti a v e v a n o il m ito d e l Ch e , io q u e llo d e l s in d a c o a n tim a fia , Na ta le non esiste. Ma non è così. Camorra è una parola che non sopportano, sa di crimine comune, quello che loro individuano a Napoli. Rapinarolex, ladri d’auto. Qui c’è imprenditoria, investimento. I clan di qui costruiscono l’Emilia Romagna, investono in Romania, si comprano Casinò in molte parti del mondo, e alberghi, e commerciano nel burro e nelle bufale, nei trasporti e nei rifornimenti di carburante. Dov’è la camorra? I soldi del racket e del narcotraffico sono fatti con metodo aziendale, qui si è svolta la più grande truffa alle assicurazioni d’Italia. L’estorsione è una partecipazione all’economia dei clan da cui poter dopo aver pagato ricevere benefici, prestiti, protezioni con le banche. Dov’è la camorra? E’ un invenzione. La tesi dei loro avvocati è sempre la stessa da anni. Qui ci sono solo imprenditori accusati di mafiosità da concorrenti sleali. E il sangue? Anche per questa domanda c’è una risposta. Vecchi rancori familiari risolti con sparatorie, retaggi di una terra isolata. Sento che ciò che più ha infastidito degli interventi è la parola «imprenditori». Arricreate le persone raccontandogli dei guaglioni con la pistola, ma non toccate gli affari. In piazza c’è don Nicola, il padre di Francesco Schiavone, il boss dei Casalesi divenuto celebre per il soprannome Sandokan, e per la sua capacità di @ MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE 2007 PER SAPERNE DI PIÙ www.iostoconroberto.blogspot.com www.ammazzatecitutti.org http://www.camera.it//_bicamerali/antimafia/home.htm ■ 35 SOTTO SCORTA Saviano con la sua scorta. In alto, a sinistra, Casal di Principe nel giorno della manifestazione combinare affari milionari nel settore del cemento con una disciplinata ferocia: dall’alta velocità alle grandi ristrutturazioni, in grado di nascondersi da latitante al centro di Casal di Principe mentre le polizie di mezzo mondo lo cercavano. Don Nicola non lo riconosco subito, è parecchio invecchiato. Pensavo ci sarebbe stato ad accoglierci suo nipote che porta, come legge di sangue pretende, il suo stesso nome, anche lui ormai chiamato don Nicola. Il figlio maggiore di Sandokan. Ma non c’è. Don Nicola mi definisce un pagliaccio, un buffone denigratore della propria terra. Accuse necessarie, ovvie. Non è pensabile essere accolto a braccia a aperte. «Cosa hai fatto nella vita? Solo denigrare la tua terra», mi viene detto. E anche questo è un pensiero di molti. Ma che il vecchio padre di Sandokan esclama senza pudore. E poi l’accusa più atroce: «Quello vuole diventare deputato». Come se ci fosse la sottile insinuazione che si vuol divenire potenti, pronti a chiedere favori e a darne. A spartirsi le torte e i territori. Ai clan fa schifo la politica, è solo lo spazio che può essere o ignorato o usato. Nelle intercettazioni chiamano i politici che sostengono in campagna elettorale «cavallucci da mandare a governare». Don Nicola vuole salire sul palco. Anche lui vuole parlare. I giornalisti venuti da fuori sono sconvolti. Come ogni forma di tragedia in alcuni momenti assume i contorni della commedia così viene voglia di ridere, vedendo questo anziano signore che chiede di parlare. Avrei voluto che gli fosse data la parola: Do n Dia n a fu u c c is o , a v e v a s c ritto : “ No n ta c e rò , p e r a m o re d e l m io p o p o lo ” avrebbe decantato la sua terra come ricca e florida, ma denigrata da buffoni e cialtroni in cerca di visibilità. Ed è questo uno dei miracoli della terra di camorra. Creare una specie di soddisfazione continua nella propria quotidianità e verso la propria terra. Al punto tale che il clan di Casal di Principe prende il nome degli abitanti. Casalesi. Un nome che pronunciato a Napoli mette paura, da Secondigliano a Marano. E persino in Sicilia. Degnano di alleanza solo le ‘ndrine più ricche. In Italia due clan prendono il nome dai loro paesi identificandosi quindi con essi. I Casalesi e i Corleonesi. Quando i cronisti si avvicinano a capire gli umori dei cittadini, in ogni zona d’Italia la gente impreca, e si danna il cielo e gli amministratori, si insultano tasse e traffico, la mancanza di lavoro. Invece per magia in terra di camorra tutto questo muta. «Qui stiamo bene, andatevene». E’ la prima cosa che dicono coloro che in piazza si definiscono imprenditori. «Ma quale camorra, noi stiamo benissimo. La camorra la inventate voi. « Non è a me che sta parlando don Nicola Schiavone. Non è al Presidente della Camera e neanche al Presidente della Commissione Antimafia. Don Nicola e i ragazzi di Schiavone stanno parlando alla loro gente, stanno parlando alle altre famiglie della confederazione dei Casalesi. E’ ai clan che in realtà stanno mandando messaggi. Pochi se ne accorgono. Don Nicola e i suoi stanno dicendo alle altre famiglie che loro non si fanno scalciare, stanno cercando di difendere la loro leadership, gli Schiavone sono ancora loro i capi formali. Non si prendono gli schiaffi in volto senza reagire. Circoscrivono la piazza da lontano, come a dire: qui siete venuti in una sorta di riserva, ora che ve ne andate noi restiamo. Quando me ne sto per andare molti ragazzini intorno all’auto della mia scorta si raggruppano. Visi ancora abbronzati, solito ghigno. «Bello il romanzo che hai scritto». Dicono. Tenendo forte la carica sulla z. Come se la parola romanzo insultasse il libro. E poi ridendo «Proprio nu’ bellu romanzo». Romanzo, sinonimo di invenzione, storiella, fesseria. Non può contenere verità né nomi e cognomi, e indirizzi e sangue. La cosa più inutile e inventata hai fatto: un romanzo. L’inutile. Un inutile che compravano di nascosto, o sbirciavano in singole pagine dove i loro capizona venivano raccontati. Forse persino per sapere o capire quello che le leggende di paese, che creano boss come sovrani, non gli raccontavano. E’ come quando un anno fa, sempre a Casal di Principe, subito dopo il mio intervento in cui invitavo i ragazzini delle scuole a cacciare i boss dalle loro terre: «Ma come, tu non facevi lo scrittore?». E cercano di trovare pace valutando i mestieri. E’ dai giudici, da certi giudici che bisogna aspettarsi carognate, è da alcuni politici arrivisti che bisogna aspettarsi comportamenti infami. Ma dagli scrittori proprio non c’è da temere. Se questo accade è perché divengono buffoni, giullari, come se davvero credessero Le m is u re d i s ic u re z z a s o n o im p o n e n ti, m i d ic o n o : c i s o n o a n c h e i c e c c h in i che le parole, le loro parole, quelle degli scrittori usate per mestiere e quindi solo di convenienza secondo loro, possano mutare le cose. La giornata è finita. La macchina con i miei ragazzi mi porta fuori, costeggiamo le terre marce di diossina, dove si viene spesso educati troppo spesso come in una sorta di Sparta. Un senso di impotenza ti pervade: anche se sembra che nulla sia mutato, in realtà molto, molto è pronto per cambiare, attende che sia dato spazio alla mutazione. Piccoli dettagli che non possono essere ignorati. Persino il fastidio per la presenza istituzionale può lasciar sperare: troppo spesso lo Stato ha fatto promesse senza mantenerle, è venuto un giorno e se n’è andato il giorno dopo. Quand’ero ragazzo, prima di fare a pugni, prima di sentire le nocche sulle gengive e prima che ci si rotolasse per terra cercando di bloccare con le gambe a tenaglia le cosce di chi stavi sfidando, ci si sfidava a parole. Ecco, mi ricordo che prima di fronteggiarti, le frasi di rito erano degne di uno scontro tra cavalieri, che ad ascoltarle ora farebbero ingolfare la gola di risate. Ma le ricordo ancora: «Io vengo da dove si imparano due cose, a sputare in faccia alla morte e alla paura. Sappi che per me vita e morte sono la stessa cosa». E sento solo ora cosa avrei voluto dire, viso a viso, a molti di quei ragazzi; che io ho imparato a risparmiare la saliva, che vita e morte non sono la stessa cosa e che fino al termine di questa notte proseguirò questo viaggio. Non datevi pace. MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE 2007 R2 IL REP ORTAGE ■ 36 LA SCOMPARSA IL SOSPETTATO GLI APPELLI LE IPOTESI LE ACCUSE Madeleine McCann, “Maddie”, quattro anni, scompare la sera del 3 maggio dal residence “Ocean Club” di Praia da Luz, in Portogallo, dove sta trascorrendo le vacanze con la famiglia Il 13 maggio la polizia portoghese ferma un cittadino britannico, Robert Murat, che abita in una villa vicino al residence. È sospettato di aver rapito Maddie: Murat viene interrogato e rilasciato senza alcuna accusa All’inizio di maggio inizia la campagna mediatica per la ricerca della bambina: un appello dei calciatori, la visita dal Papa, la creazione di un sito internet Findmadeleine. com La prima pista seguita è il rapimento. Il 7 agosto vengono trovate delle tracce di sangue nella camera da letto e nell’auto dei McCann. Per gli inquirenti la bimba potrebbe essere morta Dal 7 settembre la madre di Maddie, Kate, è indagata insieme al marito Gerry per la scomparsa della bambina. Secondo gli inquirenti Maddie potrebbe essere morta per un’overdose di sedativi Le ta p p e Maddie non abita più qui viaggio nella famiglia dei sospetti ROTHLEY l giallo della solidarietà, il verde della speranza. Anche i colori hanno un peso e un senso nel grande thriller dell’estate. Il villaggio che raggiungiamo nel cuore dell’Inghilterra li ha trasformati in una bandiera. In un vessillo gonfio di orgoglio e di rabbia. Li espongono tutti. Sui fiocchi che spuntano dalle finestre e dalle porte delle case; sulle antenne delle automobili; sui polsi, come braccialetti, dei facoltosi medici, avvocati, finanzieri che lasciano le loro case diretti al lavoro; sui banchi delle scuole appene riaperte. Fili, stoffe, ciuffi di lana, decalcomanie per ricordare che è ancora viva. E poi adesivi sulle confezioni di plastica dei cd, i bollini sui giornali freschi di I La p o liz ia p o rto g h e s e è c o n v in ta c h e a u c c id e rla s ia n o s ta ti i c o n iu g i stampa che titolano in prima pagina l’ultimo colpo di scena del mistero di Maddie. Adesso sapremo finalmente la verità. Sapremo se Madeleine McCann, una bambina di 4 anni, gli occhi azzurri, il viso dolce, il sorriso bianco, un caschetto di capelli biondi, è stata rapita da un bruto per fini inconfessabili, oppure è stata uccisa dalla superficialità dei suoi genitori, entrambi medici, che le hanno somministrato una dose eccessiva di tranquillanti per godersi una serata al ristorante in compagnia di sette amici. Ce lo dirà il titolare stesso delle indagini, il giudice Pedro Daniel dos Anjos Frias. Sarà lui a decidere se le pesanti accuse rivolte ai genitori di Maddie hanno fondamento. Ma davanti allo stillicidio di ipotesi e suggestioni, ha chiesto qualcosa che infrange il rigido diritto procedurale del Portogallo: una eccezionale revoca del silenzio imposto sulle indagini in corso. Per farlo, si è rivolto al Consiglio superiore della magistratura con una lettera che è stata diffusa alle agenzie di stampa. «Ho bisogno», scrive il magistrato, «di dare delle informazioni al pubblico, di spiegare e di rivelare ciò che ha raccolto la polizia. È una necessità dovuta alle numerose indiscrezioni pubblicate dalla stampa». La tensione è al massimo. Trasuda da ogni singolo mattone di queste case a schiera immerse nel verde della campagna inglese. C’è una coppia qui a Rothley, un villaggio di tremila anime, sette miglia da Leicester, nel centro della regione di Midland, impegnata nella battaglia più importante della sua vita. E c’è una squadra di investigatori portoghesi che su questo caso si gioca il proprio futuro professionale. La coppia giura la propria innocenza. Gli investigatori di Portimao, cittadina vicino a Praia de Luz, Portogallo del sud, località dove è sparita la piccola Maddie il 3 maggio scorso, sono invece convinti della sua colpevolezza. Sono pronti a rendere note tutte le prove che li hanno spinti ad incriminare per omicidio e occultamento di cadavere i coniugi Gerry e Kate McCann, coetanei di 39 anni. Una decisione clamorosa, un colpo di scena impensabile. Che ha rimescolato le carte, scatenato reazioni stizzite e furiose, diviso lettori e giornali, separato comunità, incrinando i rapporti tra due paesi tradizionalmente amici. Per 138 giorni, questa coppia di genitori perfetti, belli, benestanti, medici in carriera, lui cardiologo, lei generico, tre figli, tra cui due gemelli, voluti con ostinazione, tra cure di ormoni e gestazioni difficili, una casa da un milione di euro in fondo ad una stradina senza uscita, si sono dannati in giro per il mondo alla ricerca della loro bambina. Hanno raccolto un milione e mezzo di euro in venti settimane. Assoldato una squadra di investigatori privati. Offerto ricompense, aperto un blog, arruolato quattro diversi portavoce. Hanno premuto sul primo ministro Gordon Brown, coinvolto il responsabile dei media del governo britannico. E, infine, come cattolici praticanti, sono riusciti a farsi ricevere personalmente da papa Benedetto XVI in Vaticano. Mai, come in questo caso, la macchina delle ricerche, della solidarietà, dell’identificazione collettiva, ha ottenuto tanto successo. È domenica e come tutte le domeniche il villaggio di Rothley si ritrova davanti alla piccola chiesa del Sacro cuore. Una costruzione semplice, austera, in mattoni, un Cristo in marmo bianco che domina dall’alto, le braccia aperte al cielo. I fedeli arrivano a gruppi, in macchina a piedi. Famiglie, coppie, singoli. Su tutto spiccano i bambini. Biondi come Maddie, ordinati, vestiti eleganti, gli sguardi abbassati, gli occhi tristi. C’è la stampa, la tv, i fotografi. Attendono tutti loro, Gerry e Kate McCann. Sono appena tornati dal Portogallo, dopo quasi quattro mesi di angosce, di ri- cerche ossessive. Di insinuazioni, sospetti e ora accuse che pesano come un macigno. Arrivano per ultimi, mano nella mano, a passo veloce, gli occhi lucidi, il viso tirato. Non degnano neanche di uno sguardo il drappello di giornalisti e di fotografi assiepati sul lato opposto della strada. Lei indossa un paio di pantaloni neri, una camicetta a fiori verdi, un cardigan intonato; lui pantaloni annuncia il rinnovamento italiano con sfumature di significato per la massima proprietà di linguaggio I LIBRI SEMPRE APERTI www.zanichelli.it DAL NOSTRO INVIATO DANIELE MASTROGIACOMO scuri, camicia e maglione chiaro. Sono soli. I gemelli, Sean e Amelie, sono stati portati dalla zia, la sorella di Gerry. Vengono accolti dai parenti e dagli amici. Si chiudono tutti in chiesa. La porta viene sbarrata, poi aperta, guardata a vista da un commerciante che dardeggia la sua rabbia nei confronti della stampa. Officia padre Keith Tomlison, lo stesso sacerdote che ha battezzato i gemelli ma non Madeleine. Ci dirà più tardi: «Gerry e Kate stanno soffrendo tantissimo. Queste accuse sono come una frustata. Non lo meritano. Non lo meritiamo noi, nessuno di noi. Questa è una piccola comunità, ci conosciamo tutti. E tutti siamo più che convinti che Maddie sia ancora viva e che la polizia portoghese stia perdendo solo tempo». Ma la polizia non ha mai perso tempo. Anzi. Raccoglie prove e indizi perché sospetta sin dall’inizio dei coniugi McCann. Lo fa perché è una prassi in Portogallo: quando scompare un bambino, alla squadra investigativa si affianca una équipe di specialisti che scava nella vita dei parenti. Lo fanno anche gli uomini dell’ispettore capo Gonzalo Amaral. Fino al 9 settembre scorso. Per undici ore gli inquirenti interrogano Kate e per altre nove il marito Gerry. Devono rispondere a 40 domande. Precise, dirette, quasi brutali. Ruotano attorno ad un sospetto mai abbandonato: Maddie è stata uccisa per una overdose di tranquillanti. Non solo: i McCann si sono disfatti del corpo. Kate è sconcertata, offesa. Viene incriminata e decide di non rispondere a dieci di quelle domande. Ma di fronte all’accusa di omicidio e occultamento di cadavere, insorge come una furia: «Come? Come e dove avrei nascosto il corpo?». Gli inquirenti sono ermetici, ma sulla stampa portoghese è uno stillicidio di indiscrezioni. Esce di tutto. Secondo una strategia che punta al crollo emotivo della coppia: hanno chiuso il corpo di Maddie in un sacco, riempito di pietre, e lo hanno gettato in mare. Lo hanno sepolto nel cimitero della chiesetta di Praia de Luz: il parroco aveva fornito loro le chiavi per andare a pregare. O, ancora: nel cimitero di Fatima dove si era- @ MERCOLEDÌ 19 SETTEMBRE 2007 PER SAPERNE DI PIÙ www.findmadeleine.com www.madeleinemccann.net www.leics.police.uk ■ 37 LE RICERCHE Sono state avviate delle ricerche nella chiesa di Praia da Luz dove pregavano i McCann e dove la piccola potrebbe essere sepolta. Secondo la polizia il cadavere potrebbe anche essere stato gettato in mare da uno yacht Co n tro Le accuse della polizia LE TESTIMONIANZE dei partecipanti alla cena della notte in cui Maddie scomparve sono discordanti e contraddittorie. Trovate tracce di sangue nelle tende, dietro il divano, sulla chiave della porta nell’appartamento dei McCann. Per le analisi rimanderebbero al Dna di Maddie. Odore di cadavere e di materiale biologico fiutato dai cani Spaniel nel vano della ruota di scorta del bagagliaio della Renault Scenic, affittata dai McCann 25 giorni dopo la scomparsa della bambina, sul gattino di pezza di Maddie e sui pantaloni di Kate. Dopo la scomparsa di Maddie la madre chiama subito il parroco della chiesa di Praia da Luz (tra le voci, quella che la bimba possa essere sepolta nel cimitero della chiesa). A fa v o re I punti deboli delle indagini NON è stata sigillata e isolata la stanza dove dormiva Maddie. Non sono stati allestiti posti stradali o controlli della Guardia costiera nelle prime 12 ore. Non sono stati controllate tutte le case presenti dentro il comprensorio. Non sono state subito rilevate delle impronte digitali nella zona del crimine. Non sono stati visionati i filmati delle telecamere a circuito chiuso presenti nella strade di Praia de Luz. La lista degli ospiti del comprensorio controllata solo giorni dopo la scomparsa di Maddie: potenziali testimoni erano già partiti. Ritardo negli accertamenti telefonici e sui tabulati del centralino del comprensorio. no recati in pellegrinaggio 28 giorni dopo la scomparsa della figlia. Peggio: cremato in un inceneritore per animali domestici. Al culmine di una tensione che si snoda tra Rothley e Praia de Luz, con i giornali inglesi schierati a difesa della coppia McCann e quelli portoghesi dell’operato della polizia locale, arriva il colpo di scena: due cani Spaniel, inviati dalla polizia del Sud Yorkshire, fiutano tracce di sangue e odore di cadavere nel bagagliaio della Renault Scenic presa in affitto dalla coppia 25 giorni dopo la scomparsa di Maddie. Vengono trovati molti capelli che l’esame del Dna attribuisce all’85% a Maddie. La polizia mostra a Kate il video nel quale si vedono i due cani che “impazziscono” mentre si avvicinano al bagagliaio. Lo avvertiranno anche sui pantaloni indossati dalla signora McCann. E sul cagnolino di pezza gale. Il migliore, l’avvocato Michael Caplan, lo stesso che ha difeso Augusto Pinochet e ha evitato al dittatore l’estradizione in Spagna. Il suo studio, Kingley Napley, è il più prestigioso del Regno Unito. Un onorario da 1000 euro l’ora. Un’offensiva mediatica, psicologica, di immagine. L’operato della polizia portoghese è aggredito da critiche e da sospetti. Lo staff dello studio legale trova decine di precedenti. Li soffia, con abilità, ai giornali. Rispolvera il caso di una donna portoghese, accusata di aver ucciso la figlia data per scomparsa e costretta a confessare a calci e pugni dagli stessi investigatori del caso Maddie. Svela, dati scientifici alla mano, che i cani Spaniel hanno fallito otto volte su dieci. Gli investigatori accusano i colpi, mettono le mani avanti. Finiscono per ammettere: «Le prove del Dna e quelle scoperte dai cani non sono Lo ro h a n n o m e s s o in p ie d i u n a fo rm id a b ile m a c c h in a m e d ia tic a Il v illa g g io s i s trin g e a tto rn o a i M c Ca n n , fin g e n d o u n ’in v e ro s im ile n o rm a lità della bambina che Kate, in modo inspiegabile secondo la polizia, ha lavato in lavatrice per ben due volte. La signora McCann rimane impassibile, in silenzio. Risponde il suo avvocato, spiega che l’odore di cadavere resta per anni impresso su vestiti e oggetti. La mamma di Maddie è un medico, tratta spesso casi di decessi. Gerry McCann reagisce invece furioso alle accuse. E alla fine dell’interrogatorio, quasi con aria di sfida, grida: «Se non trovate il corpo non potete provare un bel niente». La polizia sembra sicura. Considera quella reazione come una conferma dei suoi sospetti. Batte tutta la costa attorno a Praia de Luz e i boschi vicini, suggerisce scenari da thriller: il cadavere nascosto chissà dove, per quanto tempo e poi affondato in mare, sepolto in cimiteri, cremato nei forni mortuari. È la rottura, completa, definitiva. La coppia dei medici accetta la sfida: sceglie un nuovo le- A CASA Kate e Gerry McCann fuori dalla loro casa di Rothley I g e n ito ri KATE MCCANN GERRY MCCANN Originaria di Liverpool, 39 anni, è un medico generico. Di fede cattolica, praticante, ha concepito Maddie con l’aiuto della fecondazione in vitro dopo cinque anni di tentativi, come lei stessa ha raccontato. Con il marito Gerry ha avuto anche due gemelli, di due anni. Nel suo diario, pubblicato dalla stampa portoghese, Kate annota di essere “sfinita” dalla vivacità dei figli e si lamenta che il marito non l’aiuti Di professione cardiologo, 39 anni, subito dopo la scomparsa di Maddie si è occupato direttamente dei rapporti con i media. Insieme alla moglie ha viaggiato in diversi paesi europei e nordafricani per cercare la bambina, ed è stato anche ricevuto da Benedetto XVI. È indagato per la scomparsa della figlia ma respinge tutte le accuse. Si prepara a lanciare una nuova campagna pubblicitaria per tenere alta l’attenzione sul caso di Maddie sufficienti per un giudizio. Abbiamo bisogno di una confessione». Ma la confessione non arriva, un baratto viene respinto e denunciato pubblicamente. Rientrati a casa, i McCann si consultano ancora con i loro avvocati, studiano ogni mossa, ogni parola. È il momento della battaglia, di riapparire in pubblico. Di domenica, in chiesa. Li vediamo pregare insieme, cantare insieme, piangere insieme. In questa campagna avvolta da un silenzio carico di dolore e di mistero, vediamo uscire frotte di bambini. Una ragazza li mette in circolo, ne benda uno, organizza la mosca cieca. I bambini si spingono, si rincorrono, si prendono. Pochi minuti e il gioco si interrompe. La ragazza li rimette in fila, li spinge dentro la chiesa. Scene da teatro, costruite per fissare momenti di gioia composta e di serenità per le tv. La verità può attendere, ora conta solo l’immagine.