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Lo spegnimento della calce ei fattori che ne influenzano il

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Lo spegnimento della calce ei fattori che ne influenzano il
FORUM ITALIANO CALCE News - 5/08 - Giugno 2008
Newsletter dell’Associazione Forum Italiano Calce - www.forumcalce.it – [email protected]
Lo spegnimento della calce e i
fattori che ne influenzano il
processo
Testo di Stefano Damiola
Con il termine spegnimento (idratazione o
estinzione) si intende il processo di reazione
tra la calce viva (ossido di calcio) e l’acqua
per formare la calce spenta (idrossido di
calcio). Il processo è schematizzato dalla
formula:
CaO + H2O -> Ca(OH)2
La reazione è fortemente esotermica
(sviluppo di calore) e, in relazione alla
quantità d’acqua messa a contatto con un
determinato quantitativo di calce, determina
la formazione di calce idrata in polvere o
grassello (calce idrata in pasta).
La polvere si ottiene quando le proporzioni
tra calce e acqua sono, per così dire,
“stechiometriche” (teoricamente 1Kg di CaO
reagisce con 0,32kg di H2O per dare 1,32kg
di Ca(OH)2), mentre il grassello o meglio la
pasta di calce idrata si ha quando l’acqua è
aggiunta in eccesso rispetto a quella
strettamente necessaria a fare completare la
reazione di trasformazione di tutto l’ossido
in idrossido.
E’ importante sottolineare che la modalità di
spegnimento non determina soltanto la
forma fisica della calce spenta (polvere o
pasta) ma anche e soprattutto la qualità
Contenuto
Lo spegnimento della calce e i fattori
che ne influenzano il processo
Eventi / Dimostrazione pratica di
sistemi di spegnimento tradizionali
Storie di Calce/1
La produzione della calce a Ono San
Pietro (Val Camonica)
Storie di Calce/2
La calce a Nurallao (Sardegna)
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3
3
5
Contribuisci alla Newsletter
6
Le foto dei lettori
6
Nota informativa
6
dei prodotti finali.
Questo aspetto è noto da tempo, il Palladio
ne I Quattro Libri dell’Architettura,
parlando dello spegnimento, avverte:
‘...cotta si deue bagnare, e non infondere in una
volta tutta l’acqua, ma in fiate, continuamente
però, acciò che non si abbruci, fin ch’ella sia ben
stemperata. Di poi si riponga in luogo humido e
nell’ombra, senza mescolarui cosa alcuna,
solamente di leggera sabbia coprendola e quanto
sarà più macerata, tanto sarà più tenace, e
migliore...’.
Oggi, alla luce delle conoscenze scientifiche
attuali, possiamo confermare che le diverse
modalità di spegnimento influenzano
notevolmente la qualità della calce spenta
che se ne ricaverà, pertanto la fase di
idratazione della calce viva dovrà essere
condotta con la massima attenzione e nel
rispetto dei principi chimici, fisici e
termodinamici che favoriscono il compiersi
del processo.
Spegnimento tradizionale
I metodi di spegnimento tradizionali,
descritti nei trattati di architettura e
tramandati da generazione in generazione
FORUM ITALIANO CALCE News - 5/08 - Giugno 2008
sono sostanzialmente quattro: ‘fusione’,
‘aspersione’, ‘immersione’ e ‘grande acqua’.
Con il metodo della ‘fusione’ (metodo
ordinario) lo spegnimento si effettua
mediante il trattamento della calce viva con
acqua all’interno di apposite fosse vasche.
Felice Camoletto, nel 1952, descrive in
questo modo le operazioni del calcinaio: ‘La
bagnatura della calce in zolle si fa in apposite
vasche dette bagnoli o truogoli. …su di essa si
versa poco per volta la quantità d’acqua
praticamente necessaria per lo spegnimento. Si
ottiene così una pasta omogenea, la quale,
mediante nuova aggiunta di acqua ed una buona
mescolatura, si trasforma in latte di calce che
viene colato nelle fosse… Il latte di calce, prima
di entrare nelle vasche di stagionatura, passa
attraverso una griglia di ferro che ne trattiene
grumi e impurezze…’
Con il metodo per aspersione (a fossa
coperta) la calce viva, collocata in un bacino
circolare, viene coperta di sabbia e poi
bagnata, in modo da formare una coltre che
limiti la fuoriuscita del vapore prodotto
dalla reazione d’idratazione
Nel sistema noto come ‘a grande acqua’, lo
spegnimento avviene collocando la calce
viva in un fossa a fondo permeabile,
versandovi poi sopra una grande quantità
d’acqua (la parte d’acqua eccedente le
necessità di spegnimento si allontanerà dal
sistema filtrando attraverso il fondo).
Infine il metodo per immersione (il solo tra
quelli tradizionali a fornire calce in polvere)
prevede che la calce viva, frantumata in
blocchi delle dimensioni di una noce, sia
posta in un paniere, immersa nell’acqua e,
prima
che
cominci
a
sciogliersi,
immediatamente estratta (quindi nel pieno
della reazione d’idratazione).
Spegnimento industriale
Con
l’industrializzazione
sono
stati
introdotti sistemi di spegnimento tramite
apparati meccanici, chiamati idratatori. Si
distinguono idratatori a umido, per la
fabbricazione di calce in pasta, e idratatori
secco, da cui si ottiene calce idrata in
polvere.
L’impianto per lo spegnimento a umido è
costituito da un serbatoio, provvisto di un
dispositivo di miscelazione, in cui la calce
viva viene introdotta mediante un
opportuno sistema d’alimentazione, mentre
l’acqua, necessaria a ottenere la sospensione
acquosa di consistenza voluta, viene
spruzzata tramite ugelli. L’impianto è
dotato di un dispositivo di controllo
continuo della densità della miscela idratata,
collegato a sua volta agli alimentatori
dell’acqua e della calce viva, per ottenere
miscele della densità voluta.
Negli impianti di spegnimento a secco la
calce viva viene dapprima macinata poi
messa in contatto con acqua, in moderato
eccesso rispetto al rapporto stechiometrico,
per ottenere calce spenta in polvere. Le
particelle spente, avendo una massa
volumica minore (2,2 g/cm3) rispetto alla
calce viva (3,3 g/cm3), si stratificano nella
parte superiore e vengono estratte, mentre le
particelle
non
spente
rimangono
nell’impianto di spegnimento fino alla
completa estinzione.
I fattori che influiscono lo spegnimento
Legati alla modalità di spegnimento, ma per
alcuni aspetti indipendenti dal fatto che
questa avvenga artigianalmente o meno, a
umido o a secco, i fattori che influenzano
l’evolversi del processo e in ultima analisi la
qualità del prodotti finale sono molteplici.
Questi fattori determinano, in particolare, le
dimensione delle particelle di idrossido di
calcio (che costituiscono a calce), che quanto
più saranno piccole tanto più sarà
apprezzata la calce una volta utilizzata nei
vari ambiti (malte, intonaci, tinte ecc.).
Il primo fattore, senza dubbio il più
importante, è rappresentato dalla qualità
calce viva. Le calci vive più reattive, da cui
si otterranno calci idrate di qualità sono
quelle pure (da alto contenuto di carbonato
di calcio e di magnesio) cotte a ‘basse
temperature’ (≈900°C), con una permanenza
in forno non superiore a quella strettamente
necessaria al compiersi della calcinazione (in
gergo calcare sottoposto a ‘cottura dolce’).
Nell’atto dello spegnimento, il fattore che
più di ogni altro influenza la dinamica (in
senso positivo) del processo è la
temperatura a cui avviene la reazione. Al di
sotto dei 100°C (precisamente tra 70 e 85°C)
si ottiene la calce idrata migliore, con
particelle di idrossido di calcio piccole e di
grande superficie specifica. La temperatura
di spegnimento si controlla sopratutto
attraverso il dosaggio dell’acqua in fase di
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FORUM ITALIANO CALCE News - 5/08 - Giugno 2008
idratazione. Controllando costantemente il
rapporto calce viva/acqua di spegnimento
l’idratazione potrà avvenire ad una
temperatura ottimale e costante durante
tutto il processo. La temperatura, oltre che
con il giusto apporto di acqua in (termini di
quantità), si controlla anche con la modalità
di somministrazione dell’acqua stessa e con
l’agitazione costante della calce in fase di
spegnimento. Infine, non meno importante,
in fase di idratazione è necessario verificare
la qualità dell’acqua utilizzata e la sua
temperatura. L’acqua non dovrà contenere
solfati (sopra 500mg/l) e non dovrà essere
troppo
fredda,
pena
un
ritardo
nell’idratazione. Altre sostanze disciolte
nell’acqua come ad esempio cloruri e
zucchero, possono viceversa favorire il
processo
(ma
solo
in
determinate
concentrazioni).
Alla luce di quanto brevemente esposto,
emerge con tutta chiarezza che lo
spegnimento della calce è un momento
critico della produzione artigianale e/o
industriale della calce.
Il controllo meticoloso dei parametri che
regolano l’evolversi della reazione risulta
pertanto fondamentale per la qualità del
prodotto finale.
Eventi / Dimostrazione pratica
di sistemi di spegnimento
tradizionale
Il prossimo 5 luglio 2008, dalle ore 10.00 alle
ore 15.00, a Cividate Camuno (BS) nello
scenario di una delle fornaci da calce più
importanti della Val Camonica, oggi
dismessa, il Forum Italiano Calce promuove
una dimostrazione pratica dei sistemi di
spegnimento tradizionale della calce aerea.
L’evento è reso possibile grazie all’impegno
del
nostro
socio
Stefano
Damiola,
proprietario della ex fornace e profondo
estimatore della calce e dei processi di
produzione della stessa.
Per l’occasione, è stato allestito un bagnolo
per lo spegnimento con metodo ordinario e
una serie di vasche in legno (che saranno
utilizzate per invecchiare il grassello
ottenuto) costruite secondo i disegni e i testi
riportati negli antichi trattati di architettura.
Le vasche per l’invecchiamento del grassello
La partecipazione alla dimostrazione è
libera e gratuita. Per questioni organizzative
è gradita una conferma di presenza, al
nostro indirizzo [email protected]
Storie di calce / 1
La calce a Ono San Pietro, Val
Camonica
Testo di Valerio Moncini
«... per produrre la calce ci vuole il calcare
chiaro della Concarena che finisce dalle
parti di Cemmo e Pescarzo; le rocce che ci
sono oltre non sono più buone.
Noi andavamo anche sulla Concarena
perché erano tanti quelli che consumavano
pietre. Si recuperavano anche i sassi delle
"murache" sparse per la campagna, quelli
brutti (color nero e sarizzo) li scartavamo e
usavamo gli altri. Per chiudere la volta della
"calchera" si usavano massi anche di un
quintale, tagliati a forma di cuneo ...
Per cuocere il calcare ci volevano 8 giorni e 8
notti, se tutto andava bene ... I primi giorni
bisognava far fuoco pian pianino; non è poi
che si potesse introdurre legna a volontà
perché, non essendoci dentro sufficienti
calorie, non si consumava bene.
Per tre giorni bisognava andare piano: il
primo giorno 30-40 fascine, il secondo se ne
bruciavano 50-60, il terzo, quando la fornace
cominciava ad essere ben calda, un po' di
più, dal quarto in poi andava a pieno ritmo.
Ci volevano in tutto sulle 2.000 fascine di
legna, una fascina pesava in media di 25-30
Kg, quindi dai 500 ai 600 quintali di legna.
Ogni tipo di legna andava bene: da quella
sottile fino a quella di 30 cm di diametro:
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FORUM ITALIANO CALCE News - 5/08 - Giugno 2008
tutta quella che passava dalla bocca della
fornace.
Alla fine degli 8 giorni e delle 8 notti si
ricavavano 250-300 quintali di calce.
La vendevamo in tutta la Valle Camonica,
da Ponte di Legno fino a Bienno e Darfo.
A Ponte di Legno andavamo su con due
muli. Si caricavano 5 quintali per volta; il
secondo giorno andavamo fino a Precasaglio
[frazione di Ponte di Legno, n.d.r.] e poi
ritornavamo a Ono San Pietro.
La calce la vendevamo ai muratori ... Se ne
usava tanta anche per irrorare la vite,
mescolata al solfato di rame ...
C'era allora il grosso problema dei trasporti
perché si andava solo con i muli; più tardi
abiamo cominciato con i camion; il primo è
stato quello del "Moga", uno di Cemmo: lui
aveva un camion che andava a metano.
Questo non tanti anni dopo la guerra (primi
anni '50).
Era un camioncino con cassone e sponde di
legno; faceva un rumore infernale; non
aveva l'idea del camion. Ci sembrava tanto
poter caricare 250-300 fascine di legna,
abituati, porco cane, con un carro su cui ci
stavano 30 al massimo 40 fascine, quando i
muli erano buoni.
Ad un certo punto, al posto della legna
hanno cominciato ad usare nafta e
copertoni, ma la calce non era bella. Noi non
abbiamo mai usato né nafta né altro, solo
legna. Se tu bruci copertoni o nafta, al posto
di 8 giorni riesci a far cuocere la calce in 5
giorni, però viene stracotta e assorbe anche
la nafta e, quando si bagna, quella parte lì
stenta a sciogliersi e quando la mescoli nella
malta ci rimangono dei granelli che dopo un
po' "scoppiano fuori" e rovinano l'intonaco
... Quando succedeva una cosa del genere
poi non volevamo più neanche quella cotta
con la legna ...
Quando sono tornato da militare io, nel
1961, abbiamo "fatto calchera" ancora
diverse volte, fino al 1965».
La calchera
“Le prime fornaci erano di sarizzo rosso...
più tardi con dei blocchi di materiale
refrattario abbiamo rivestito la nostra ...
La forma interna era a botte: stretta in
fondo, più larga a metà e ancora stretta in
cima in modo che non ci fosse dispersione di
calore. La "calchera Il non deve essere né
troppo stretta in fondo né troppo larga a
metà altrimenti fa tanta brace, ma non
scalda bene le pietre.
La calchera è alta 4 metri. La preparazione
avviene in questo modo: fino a 2 metri di
altezza si costruisce tutto intorno un muro,
con pietra calcarea, che si va sempre più
restringendo verso il centro fino a formare
una volta, sopra si prosegue riempiendo con
strati di pietre da 50 Kg. poi da 30 Kg.;
attorno ai 4 metri di altezza si continua con
pietre grosse come una "mantuana"
[pagnotta] e sopra, nella parte fuori terra, si
faceva la "güba ", la gobba, cioè una specie
di cupola, lì mettevamo sassi grossi come un
panino di 70 grammi.
L'apertura che c'era sul davanti serviva per
poter introdurre le pietre e l'altro materiale
che serviva a preparare la fornace perché la
metà del materiale, quello necessario fino
alla volta, lo portavamo dentro da sotto, il
resto lo calavamo da sopra.
Quando era completa la volta, con un muro
si chiudeva l'apertura davanti. Tra le pareti
della fornace e il calcare da cuocere
lasciavamo un'intercapedine di 50 cm. che
riempivamo con pietrisco, cenere delle
precedenti lavorazioni e polvere di calce,
così quando le calorie erano tante facevano
da materiale isolante che conservava il
calore all'interno della fornace altrimenti le
prime pietre non cuocevano bene e
rimaneva all'interno "l'uovo” [nucleo non
cotto e quindi non reattivo con l'acqua,
n.d.r.]. Nel muro davanti si lasciava una
piccola apertura per introdurre le fascine;
era un'apertura larga 35-40 cm, fatta a
trapezio irregolare (una volta ci passavo
anch'io, adesso no). Di calchere ce n'erano a
Ono San Pietro, Cerveno, Losine e forse
anche ad Angolo Terme. Quando sono
arrivati i camion ne hanno costruita una
anche a Vezza d'Oglio; portavano su le
pietre da qui. Facevano la calce anche nello
stabilimento della SEFE, alla Scianica.
Usavano sempre le pietre della Concarena;
le mandavano su con i camion o con la
teleferica che partiva da Duil, qui a Ono S.
Pietro, passava sopra Pescarzo e arrivava
alla Scianica, nel comune di Sellero».
Intervista a Benedetto Troncatti classe 1938, a
cura di G.C. Maculotti e V. Moncini.
Ono San Pietro, 5.5.1983
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FORUM ITALIANO CALCE News - 5/08 - Giugno 2008
Storie di calce / 2
La calce a Nurallao, Sardegna
Testo di Giovanna Casapollo
A Nurallao, ex provincia di Nuoro oggi
provincia di Cagliari, i forni diroccati della
calce punteggiano la campagna del paese
stanno a ricordare quella che fu una delle
attività economiche più redditizie negli anni
cinquanta e sessanta.
Gli anziani parlano ancora di alcuni dei
protagonisti di quella che fu una vera e
propria saga della calce e che vide fiorire
una lunga serie di storie che spesso si
mutarono in leggende.
Il lavoro per la trasformazione delle pietre
di calcare in calce era lungo e faticoso e non
sempre quanto si produceva era sufficiente
a ripagare le fatiche che il lavoratore vi
profondeva.
Tra coloro che lavoravano la calce, uno in
particolare ne ricorda la memoria collettiva
e a lui vengono attribuite le mille storie che
si imbastivano sul conto di questi lavoratori:
Tziu Muschera.
Un uomo piccolo e massiccio, con una faccia
rubizza e rotonda, gran lavoratore, di lui si
diceva che non dormisse mai preso com’era
dalla sua attività che gli lasciava poco tempo
da dedicare alla famiglia e al sociale. Chi lo
conosceva sapeva che poteva fidarsi di lui, i
giovanotti che facevano parte della sua
squadra di cavatori di pietre lo stimavano e
pazientavano quando non ricevevano la
paga, perché capivano i grossi sacrifici che il
loro padrone faceva e l’impegno che
metteva nel procurarsi le commende. La
moglie era una donna energica che
mandava avanti la famiglia con fermezza,
era ricercata dalle donne del paese quando i
loro familiari erano malati perché sapeva
preparare pozioni di erbe medicinali capaci
di far sparire la febbre e mettere in piedi
chiunque. Si racconta che avesse guarito uno
dei due figli che si era ammalato di malaria
e che il medico del paese glielo avesse
riconosciuto come suo merito.
Tziu Muschera era il più conosciuto
imprenditore della calce che cuoceva nei
caratteristici forni dove le pietre del calcare
venivano ammassate in gran quantità a
forma di nuraghe. Il lavoro della costruzione
del forno era massacrante, sia durante la
‘carica’, la fase iniziale quando si dovevano
ammassare tonnellate di pietre trasportate
dal territorio circostante, sia per la cottura,
fasci enormi di legna tagliata dalla macchia
mediterranea o dal bosco di lecci circostante.
Il nuraghe di pietra e legna veniva lasciato
bruciare per sette giorni e sette notti fino a
che, freddato, una pietra bianca era pronta
per essere commercializzata nei paesi vicini.
In un’epoca in cui le attività prevalenti
erano legate ad un’economia di sussistenza,
il lavoro della calce era una sorta di
imprenditoria ante litteram che consentiva a
chi vi si dedicava di avere contatti con paesi
lontani e di affinare una serie di strategie di
vendita altrimenti sconosciute a chi era
legato alla terra e all’allevamento di
bestiame.
Imprenditori come Tziu Muschera che non
possedevano un camion proprio dovevano
vendere a trasportatori la calce dietro una
somma pattuita. Il camionista mediatore era
un vero e proprio affarista, imbrogliava sul
peso, spesso faceva la cresta ed era lui che in
fin dei conti si avvantaggiava di tutta
l’operazione riuscendo in alcuni casi ad
arricchirsi .
Si racconta che quando gli abitanti dei paesi
del nuorese vedevano arrivare il camion
della calce, si adunavano numerosi attorno
ai venditori e si scambiavano a vicenda dei
segnali d’intesa pronti a controllare la
qualità della merce e la taratura della
bilancia su cui i camionisti buttavano la
calce,
ma
nonostante
tutte
quelle
precauzioni, bastava un piede posto
distrattamente su uno dei piatti della
bilancia che questa segnava il peso
maggiorato senza che l’acquirente si
rendesse conto dell’imbroglio. Il venditore
poi con il suo carattere allegro e ridanciano
riusciva a divertire gli uomini e le donne dei
paesi che visitava, con battute e ‘contus’
distraendo ulteriormente gli ingenui
compratori che dopo aver fatto i loro affari
se ne tornavano allegri e gabbati nelle loro
case.
Fu così che venditori furbi ed imbroglioni,
riuscirono a diffondere in quasi tutta la
Sardegna un prodotto ricercato e di qualità
che rese famoso in quegli anni un piccolo e
sperduto paese di provincia.
Per diversi anni l’attività andò avanti
assicurando a chi vi si dedicava un discreto
5
FORUM ITALIANO CALCE News - 5/08 - Giugno 2008
benessere, poi quando il mercato non rese
più, coloro che vi avevano lavorato furono
costretti ad emigrare nelle miniere del
Belgio dove sperimentarono la fatica e
l’anonimato.
Scendere nei pozzi era per uomini abituati al
sole e all’aria pulita di una terra assolata
come la Sardegna un sacrificio a cui non
seppero mai abituarsi. Ritornarono dopo
qualche anno nella loro terra, con pochi
soldi e la silicosi. Alcuni negli ultimi anni
della loro vita lavorarono in foresta per
commercializzare la legna da ardere,
un’attività che si andava sviluppando
insieme a quella del carbone.
Quasi tutti questi operai ormai stanchi e
invecchiati, morirono senza mai aver
raggiunto l’età della pensione; oggi la
memoria popolare ne riscatta le azioni
dando ad essi la patente di eroi in un’epoca
in cui la lotta per la sopravvivenza era aspra
e senza scampo
Foto dei Lettori
I visitatori del sito e lettori della newsletter
sono invitati ad spedirci fotografie
riguardanti il mondo della calce. La
redazione selezionerà le più significative che
verranno pubblicate.
In questo numero le foto della ‘calchera’ di
Ono San Pietro in Valcamonica, forniteci dal
Maestro Valerio Moncini. La fornace verrà
riattivata anche quest’anno, dal 1 al 12
ottobre 2008, in occasione della rassegna
"del Bene e del Bello", giornate del
Patrimonio Culturale della Valcamonica.
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