...

Dale Carnegie SCOPRI, IL LEADER CHE E` IN TE

by user

on
Category: Documents
142

views

Report

Comments

Transcript

Dale Carnegie SCOPRI, IL LEADER CHE E` IN TE
Dale Carnegie
& Associates, Inc.
STUART R. LEVINE, CEO, & MICHAEL A. CROM, VP
SCOPRI,
IL LEADER
CHE E’ IN TE
Traduzione
di Andrea D'Anna
Bompiani
Dello stesso autore, presso Bompiani:
Come Vincere lo Stress e cominciare a vivere
Come godersi la vita e lavorare meglio
Come trattare gli altri e farseli amici
Come parlare in pubblico e convincere gli altri
2
Titolo originale
The Leader in You
Copyright © 1993 by Dale Carnegie & Associates, Inc.
Published by Simon & Schuster, New York
ISBN 88-452-2401-5
©
1994 R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A.
Via Mecenate 91 - 20138 Milano
I edizione Bompiani ottobre 1994
Stampato presso il Nuovo Istituto Italiano d'Arti Grafiche - Bergamo
Printed in Italy
3
SOMMARIO
Introduzione: La rivoluzione delle relazioni umane
l. Scopri il leader che è in te
2. Cominciare a comunicare
3. Motivare gli altri
4. Esprimere un sincero interessamento per gli altri
5. Vedere le cose dal punto di vista dell'altra
persona
6. Ascoltare per imparare
7. Formare gruppi per il domani
8. Rispettare la dignità degli altri
9. Riconoscimento, lode, premi
10. Errori, lamentele, critiche: che fare?
11. Stabilire obiettivi
12. Focalizzazione e autodisciplina
13. Raggiungere l'equilibrio
14. Creare un atteggiamento mentale positivo
15. Imparare a non preoccuparsi
16. Il potere dell'entusiasmo
Conclusione: Diventare un leader
Ringraziamenti
4
6
24
44
68
91
112
131
154
179
203
227
248
271
292
309
329
355
374
379
Ai nostri figli: Jesse Levine, Elizabeth
Levine e Nicole Crom, per farci
perdonare di averli dovuti trascurare
troppo per troppo tempo.
E alle nostre mogli: Nancy Crom, per
ringraziarla del suo infaticabile
appoggio morale, e Harriet Levine, cbe
con la sua energia e il suo genio
organizzativo ba contribuito alla
creazione di questo libro.
5
INTRODUZIONE
LA RIVOLUZIONE DELLE RELAZIONI UMANE
Mantieni sempre la tua mente aperta al cambiamento.
Accoglilo con favore. Sollecitalo. E solo considerando e
riconsiderando le tue opinioni cbe puoi progredire.
DALE CARNEGIE
Alle soglie del ventunesimo secolo, il mondo sta
attraversando un periodo di formidabili mutamenti, di
enormi sconvolgimenti e d’immense possibilità. Soltanto in
pochi anni, abbiamo assistito al sorgere della società
postindustriale, all'avvento dell'era informatica, alla corsa
alla computerizzazione, alla nascita delle biotecnologie e,
non ultima in questo fervore di cambiamenti, alla
rivoluzione nel campo delle relazioni umane.
Con la fine della guerra fredda, il mondo degli affari è
diventato drammaticamente più febbrile. La competizione si
è fatta più profonda e accanita. E la tecnologia incalza.
Produttori e distributori non possono più permettersi a cuor
leggero d'ignorare i desideri e le esigenze dei loro clienti. I
6
manager non possono più limitarsi a dare ordini e aspettarsi
che vengano eseguiti pedissequamente. Non è più possibile
dare per scontate le relazioni personali. Le aziende non
possono più non essere ossessionate dalla necessità di un
continuo miglioramento della qualità dei loro prodotti e
servizi. Si è avuto uno scandaloso spreco di creatività
umana, e questo non può continuare.
Per poter sopravvivere negli anni a venire, le
organizzazioni di successo - commerciali, governative,
assistenziali dovranno conoscere un profondo mutamento
culturale. I loro membri dovranno essere più rapidi nel
pensare, più intelligenti nel lavoro, più fantasiosi e audaci
nei loro sogni, e interagire fra loro in modi quanto mai
innovativi.
Cosa più importante di tutte, questo cambiamento
culturale avrà bisogno di un tipo totalmente nuovo di
dirigente, un leader radicalmente diverso dai capi per cui la
maggior parte di noi ha lavorato e che forse alcuni di noi
sono diventati. Ne è passato di tempo da quando un'impresa
poteva essere comandata a colpi di frusta come una bestia da
circo.
7
I capi di domani dovranno avere una visione reale e
stabilire un senso dei valori per l'organizzazione che
vogliono dirigere. Questi capi dovranno comunicare e
motivare le loro decisioni molto più efficacemente di quanto
abbiano fatto in passato. Dovranno sfruttare al massimo le
loro facoltà in condizioni di cambiamento quasi costante. E
dovranno portare alla luce ogni oncia di talento e creatività
racchiusa nella loro organizzazione: a partire dagli impianti
di produzione fino agli uffici dei funzionari.
Le radici di questa rivoluzione possono essere fatte
risalire ai decenni che seguirono la seconda guerra mondiale.
Negli anni postbellici le compagnie americane sembravano
prosperare quasi indipendentemente da quello che
producevano. Le economie dell'Europa e dell'Asia avevano
subito le conseguenze devastanti della guerra, e i paesi in via
di sviluppo non costituivano ancora un rilevante fattore
economico. Le grandi imprese con base negli Stati Uniti,
sostenute da una grande forza lavoro e da un solido apparato
governativo, fissavano gli standard per il resto del mondo.
Non che queste aziende fossero gestite nel più esemplare dei
modi. In realtà non avvertirono mai quest'esigenza. Con le
8
loro ripide piramidi gerarchiche, le loro rigide assegnazioni
di compiti e la loro presunzione di eccellenza, filarono col
vento in poppa negli anni centrali del nostro secolo: grasse,
felici e produttive al massimo.
E che bozzolo invidiabile fornirono ai loro dipendenti!
Un impiego presso una ditta discreta rappresentava per
molte persone un lavoro sicuro per l'intera vita: non molto
diverso da un impiego statale ma con uno stipendio migliore
e con benefici aggiuntivi più allettanti.
Licenziamenti? Chi aveva mai sentito parlare di
licenziamenti per stipendiati che lavoravano in completo o
tailleur? Forse per gli operai delle fabbriche, ma
decisamente non per l'aristocrazia manageriale. La gente
parlava spesso della “scala del successo” ed era così che si
progrediva in una carriera, un gradino alla volta, né più
lentamente né più in fretta di chi si trovava al di sopra o al di
sotto. Guardandoci indietro vediamo che quelli sono stati i
tempi dell'arricchimento facile; alla fine, hanno dovuto per
forza finire.
Mentre l'America si godeva i frutti del periodo
postbellico, i giapponesi pensavano al futuro. La loro
economia era distrutta, gran parte della loro infrastruttura di
9
base era a pezzi, e questo era solo l'inizio di quello che i
giapponesi avrebbero dovuto superare. Inoltre, avevano in
tutto il mondo la fama di produrre merci a basso costo ma di
qualità scadente e di fornire ai clienti un'assistenza di scarso
valore.
Ma dopo tutte le avversità che avevano patito, i
giapponesi erano pronti a imparare dai loro errori. Così, si
guardarono intorno e assunsero i migliori consiglieri che
riuscirono a trovare, fra cui W. Edwards Deming, un esperto
di statistica che durante la guerra aveva lavorato nell'ufficio
dell'esercito degli Stati Uniti, preposto al controllo della
qualità. Il messaggio che Deming trasmise ai giapponesi fu
questo: non cercate di copiare le intricate strutture delle
grandi aziende americane. Costruite, invece - fu il consiglio
di Deming e di altri -, un nuovo tipo di azienda giapponese,
un'azienda votata al coinvolgimento dei dipendenti, al
miglioramento della qualità e al soddisfacimento del cliente
e lavorate per unire tutti i membri del personale all'insegna
di questi obiettivi.
Non successe dalla sera alla mattina, ma l'economia
giapponese rinacque. Il Giappone diventò un paese guida
nell'innovazione tecnologica, e la qualità delle merci e dei
10
servizi migliorò sempre di più. Con l'imporsi di questo
spirito nuovo, le ditte nipponiche non si limitarono a
mettersi al passo con le loro concorrenti di altri paesi. In
molti importanti settori industriali, i giapponesi
conquistarono un netto primato. Il loro approccio cominciò a
diffondersi nel globo intero: in Germania, nei paesi
scandinavi, nell'Estremo Oriente, nell’area del Pacifico.
Purtroppo, gli Stati Uniti sono stati una delle ultime nazioni
a raccogliere la sfida. Come si è visto, il ritardo è stato
pagato a caro prezzo.
Lentamente, dapprima impercettibilmente, la nave
americana nella sua crociera sull'onda dell'opulenza facile
venne a trovarsi a corto di carburante. Per tutti gli anni
sessanta e settanta, il fragore delle macchine dell'economia
postbellica fu abbastanza forte da soffocare gli sporadici
scoppiettamenti dei motori, ma poi diventò sempre più
difficile ignorare i segnali di avaria.
Il petrolio diventò caro. L'inflazione e i tassi d'interesse
balzarono alle stelle. E la concorrenza non era più
rappresentata soltanto da un Giappone rinvigorito o dalla
Germania. Dozzine di altri paesi, puntolini nel panorama
economico,
irruppero
improvvisamente
nell'agone
11
tecnologico con capacità competitive affinate di fresco. Non
tardò molto che cominciarono a sottrarre importanti quote di
mercato alla General Motors, alla Zenith, all'IBM, alla
Kodak e ad altri colossi industriali semiaddormentati.
Intorno alla metà degli anni ottanta divenne difficile
contenere il malessere crescente. Il mercato degli immobili
registrò un crollo. L’indebitamento delle aziende e il
disavanzo nazionale lievitarono a dismisura. Il mercato
azionario prese a comportarsi in modo strano. La recessione
che iniziò a serpeggiare agli inizi degli anni novanta mostrò
defìnitivamente fino a che punto il mondo fosse cambiato.
Alle persone coinvolte, questo cambiamento parve
arrivare a una velocità frastornante. Se le società non
avevano avviato una fusione o un'acquisizione, cercavano di
ristrutturarsi o si trovavano immerse nelle gelide acque di
una causa per fallimento. Si procedeva a licenziamenti,
definitivi o temporanei. Il cambiamento fu brutale. Fu
rapido. E non colpiva più soltanto i "colletti blu".
Professionisti e funzionari dell'intera fascia dei colletti
bianchi si trovarono a dover affrontare un futuro che
diventava sempre più difficile, ed erano tutt'altro che sicuri
sul da farsi.
12
Com'è prevedibile, un mutamento di così vasta portata e
così repentino ha influito enormemente sui sentimenti dei
lavoratori verso se stessi e verso le loro carriere. Da
un'estremità del mondo economico all'altra, questo
cambiamento ha prodotto ondate di scontento e di paura
senza precedenti.
C'è chi ha riposto la propria fede nella tecnologia,
immaginando che il mondo possa inventarsi con facilità una
via d'uscita dall'odierno stato di cose. E non si può
disconoscere il contributo che la tecnologia può apportare.
"Io posso entrare nel mio ufficio di New York e
servirmi degli stessi identici dati che qualcuno sta usando in
Giappone, e nello stesso istante," sottolinea Thomas A.
Saunders, socio accomandatario della Saunders Karp &
Company, una banca d'affari privata. "Siamo collegati allo
stesso sistema dati, ventiquattr'ore al giorno. Da un capo
all'altro del mondo operatori sono collegati fra loro in una
rete di comunicazioni che è di gran lunga più sofisticata di
quanto chiunque abbia mai potuto immaginare in passato. I
mercati dei capitali e delle valute sfuggono al controllo del
13
governo. E io non ho bisogno che un giornale mi dica
qualcosa di uno qualunque di questi mercati."
"Quello che si vede sono i benefici dell'evoluzione in
atto, che accresce il potenziale facendo in modo che si possa
ottenere di più in un periodo di tempo minore," dichiara
il.grande medico ricercatore Jonas Salk. “Abbiamo un
maggior numero di collaboratori che operano a grandi
distanze, e quindi a questo punto è possibile ottenere
migliori risultati di prima, in un lasso di tempo minore
rispetto a un centinaio di anni fa. Maggiori sono le risorse
che si hanno, maggiori sono i mezzi di cui si può disporre
per progredire."
"Ricorda quando comparvero per la prima volta i
computer?" chiede Malcom S. Forbes, caporedattore della
rivista di affari che porta il suo nome. "Erano temuti come
strumenti del Grande Fratello. La televisione era temuta
come strumento di propaganda. Ma, grazie all'alta
tecnologia, hanno avuto l'effetto contrario. Il personal
computer è diventato più piccolo e molto meno ingombrante
di una stazione di grossi computer. La sua potenza è
cresciuta in misura astronomica e questo ha concesso una
certa libertà di movimento al suo operatore.
14
“Il microprocessore sta estendendo la portata del
cervello umano così come le macchine hanno esteso la
portata dei muscoli umani nel secolo scorso. Oggigiorno il
software sta diventando quello che un tempo erano le lastre
d'acciaio, le fibre ottiche e gli schermi digitali quello che
sono state le ferrovie e le autostrade per il trasporto, e di
tutto ciò l'informazione è la materia prima.
"Oggi," continua Forbes, “uno può inviare i suoi
messaggi ed eseguire il suo lavoro al computer con un
apparecchio sulle ginocchia che pesa meno di un chilo e può
farlo dovunque trovi una presa di corrente o un satellite." Il
risultato? Più persone hanno accesso a una maggiore
informazione. "La gente può vedere quello che succede nel
resto del mondo,” conclude Forbes, "è un'influenza che
agisce in senso decisamente democratico."
Il crollo del Muro di Berfino, la disintegrazione del
blocco sovietico, le sollevazioni in Cina, le lotte per la
democrazia in America Latina e nei Caraibi,
l'industrializzazione in atto nel mondo in via di sviluppo:
tutte queste trasformazioni sono il segnale di una nuova
libertà di espansione dell'industria e di un nuovo
riconoscimento del fatto che il mondo è una comunità.
15
Ciascuno di questi cambiamenti è stato incoraggiato da un
più ampio accesso alla tecnologia applicata alla
comunicazione.
Immagini
impressionanti
di
questo
radicale
cambiamento vengono oggi irradiate a getto continuo in
ogni angolo del globo. Gli studenti cinesi agitano striscioni
in inglese a beneficio delle telecamere. Saddam Hussein non diversamente, per questo, dallo stato maggiore
americano - segue l'andamento della Guerra del Golfo
sintonizzato sulla CNN.
Ma la tecnologia da sola non è mai sufficiente in tempi
difficili. Il semplice fatto che i mezzi di comunicazione
siano facilmente disponibili non significa che gli individui
abbiano imparato a comunicare. Anzi, oggi fin troppo spesso
non l'hanno ancora imparato. E una delle ironie della nostra
epoca: la grande possibilità di comunicare, la grande
incapacità di farlo. A che serve tutta questa informazione se
le persone non sanno come usarla?
Non molto tempo addietro la facoltà di economia e
commercio dell'Università di Harvard condusse un'indagine
fra i suoi studenti, gli ex studenti e le matricole. Dato il
sempre crescente bisogno di comunicazione dei nostri
16
giorni, il risultato non dovrebbe destare sorpresa. “Quello
che abbiamo riscontrato," dichiara il professore di economia
e commercio di Harvard, John A. Quelch, "ci rende
ampiamente soddisfatti per la competenza tecnica dei
laureandi e neolaureati."
Questi giovani di brillante intelligenza sono in grado di
macinare numeri con la massima disinvoltura, analizzare
listini di borsa e pianiflcare strategie aziendali, ma per
quanto riguarda l'insegnamento delle capacità di relazioni
sociali Harvard si vede costretta a intensificare i propri
sforzi. "Sembra questa l'area che bisogna migliorare," indica
Quelch, “l’area della comunicazione orale e scritta, del
lavoro di gruppo e delle altre attività sociali."
Eppure sono proprio queste le capacità decisive nel
determinare il successo di questi giovani dirigenti.
Certo, la sofisticazione tecnologica sarà ancora
importante nel mondo verso cui siamo proiettati a velocità
vertiginosa, ma questo è esattamente il prezzo per
l'ammissione alla nuova arena degli affari. Alla fine i
vincitori e i perdenti non saranno divisi dai loro bit e dalle
loro RAM. I vincitoei saranno le organizzazioni con
dirigenti intelligenti e creativi capaci di comunicare e
17
spiegarsi efficacemente, all'interno dell'organizzazione e
fuori.
“Chi ci sa fare nelle relazioni umane è in grado di
trasformare dei manager in capi," afferma John Rampey,
direttore dello sviluppo della gestione aziendale presso la
Milliken & Company, una delle principali aziende tessili. Le
persone possono imparare a passare "dal dirigere al guidare,
dal competere al collaborare, dall'operare in un sistema di
velata segretezza a un sistema di condivisione
d'informazioni conforme alle esigenze del momento, da un
modello di passività a un modello di assunzione di
responsabilità, da una visione della gente come una spesa a
una visione della gente come un capitale.” Possono imparare
a "cambiare le loro esistenze facendole passare dal
risentimento
alla
soddisfazione,
dall'apatia
al
coinvolgimento, dal fallimento al successo."
Nessuno ha mai detto che queste capacità si
manifestano naturalmente, e spesso questo non avviene.
“Non è tanto facile sapere in che modo sia possibile
provvedere a eccellenti relazioni umane,” ammette Burt
Manning,
presidente
di
un'agenzia
pubblicitaria
internazionale, la J. Walter Thompson Company. “Ci sono
18
alcuni che lo fanno istintivamente. Ma la maggior parte delle
persone devono essere educate. Devono essere addestrate. Ci
vuole tanto training - e tanta flessibilità - quanta ce ne vuole
per essere un ingegnere in una casa automobilistica e
disegnare un pistone migliore.
"Le imprese in grado di creare un gruppo di persone
che agiscono in modo tale da far progredire la ditta sono
destinate a battere la concorrenza," assicura Manning.
"Queste sono le società che comprendono come il servizio e
le relazioni umane costituiscano un formidabile fattore di
successo.”
Dale Carnegie non visse abbastanza a lungo per vedere
i tempi dell'opulenza facile cedere ai tempi del mutamento
esplosivo. E non assistette mai all'avvento di questa nuova
rivoluzione nel campo delle relazioni umane. Ma molto
tempo prima che chiunque avesse mai udito i termini visione
d'impresa, trasmissione del potere ai dipendenti o processo
di miglioramento della qualità, Carnegie fu il pioniere di
alcuni fondamentali concetti in materia di relazioni umane
sui quali s'imperniano queste importanti idee.
Quando Carnegie arrivò a New York, nel 1912, era un
giovane del nordovest del Missouri in cerca di una direzione
19
da dare alla sua vita. Alla fine trovò lavoro presso l’YMCA,
nella Centoventicinquesima Strada, dove insegnò a classi di
adulti a parlare in pubblico.
"In un primo tempo,” scrisse Carnegie molti anni dopo,
"condussi corsi soltanto per insegnare a parlare in pubblico:
per insegnare ad adulti, sulla scorta dell'esperienza diretta, a
pensare con la propria testa e a esprimere le proprie idee con
maggior chiarezza, con maggior efficacia e con maggior
ponderatezza, sia in incontri d'affari che davanti a gruppi di
persone.
"Ma gradualmente, col passare delle stagioni, mi sono
reso conto che questi adulti, così come avevano un disperato
bisogno di essere istruiti per poter parlare in modo
convincente, avevano un bisogno ancora maggiore di essere
addestrati nella sottile arte di andare d'accordo con gli altri
nelle questioni di ogni giorno e nei contatti sociali."
Così, Carnegie ampliò il suo corso e vi incluse
l'insegnamento di alcuni aspetti fondamentali delle relazioni
umane. Non disponeva di un libro di testo, di un programma
ufficiale, di un manuale pubblicato del corso. Aveva però
redatto un elenco sempre più ricco di tecniche pratiche per
riuscire nel mondo, e ogni giorno le metteva alla prova.
20
"Guardate le cose dal punto di vista dell'altra persona,"
raccomandava ai suoi allievi. “Fate una valutazione onesta e
sincera. Siate seriamente interessati agli altri." Mostrò ai
suoi discepoli come intessere questi principi fondamentali
delle relazioni umane nella trama delle loro vite.
All’inizio si limitò a scribacchiare le sue norme su
schede di otto centimetri per tredici. Ben presto queste
schede furono sostituite da fogli volanti, e poi da una serie di
taccuini, ciascuno più largo di quello precedente. Dopo
quindici anni d'instancabile sperimentazione, raccolse tutti i
suoi principi sulle relazioni umane in un libro, How to Win
Friends and Influence People (Come trattare gli altri e
farseli amici), che apparve nel 1936. Era il semplice
manuale di Carnegie sul modo di trattare con successo con
gli altri.
Il libro decollò. Trenta milioni di copie: How to Win
Friends era uno dei libri più venduti nella storia dell'editoria.
E’ stato tradotto in parecchie dozzine di lingue, e si vende
ancora oggi.
Carnegie fondò una società, la Dale Carnegie &
Associates, per diffondere il suo messaggio sulle relazioni
umane, e trovò un attento pubblico in tutto il mondo.
21
Partecipò regolarmente a trasmissioni sia alla radio sia in
televisione. Insegnò ad altri a tenere il suo corso, e scrisse
altri due libri sulle relazioni umane, The Quick and Easy
Way to Effective Speaking (Come parlare in pubblico e
convincere gli altri) e How to Stop Worrying and Start
Living (Come vincere lo stress e cominciare a vivere),
entrambi best-seller. Neppure la sua morte, nel 1955, pose
fine al diffondersi delle sue idee.
Oggi, il corso di Dale Carnegie è offerto in più di mille
città e cittadine in tutti gli Stati Uniti e in sessanta altri paesi.
Ogni settimana si registrano tremila nuove iscrizioni.
L'organizzazione Carnegie si è talmente accresciuta che
annovera fra i suoi clienti più di quattrocento delle
cinquecento aziende classificate fra le principali del paese
dalla rivista Fortune e per ciascuna di queste ha messo a
punto speciali programmi di addestramento.
Col succedersi delle generazioni, il messaggio di
Carnegie ha rivelato una fantastica capacità di trasformarsi
per andare incontro alle esigenze di un mondo che cambia.
Comunicare efficacemente con gli altri, motivarli alla
realizzazione, scoprire il leader che è dentro ciascuno: è
stato questo il fulcro delle intuizioni di Dale Carnegie. In un
22
mondo in tale stato di rivolgimento, egli è di nuovo attuale.
Nelle pagine successive, i principi delle relazioni umane di
Carnegie sono applicati al complesso di sfide senza
precedenti che gli uomini si trovano oggi a dover affrontare.
Questi principi sono fondamentali e di facile
comprensione. Non necessitano di una particolare
formazione culturale o di speciali capacità tecniche. Quello
che richiedono è la pratica e un autentico desiderio
d'imparare.
Siete preparati a sfidare certe sorpassate visioni del
mondo? Siete pronti a gestire le vostre relazioni con una
naturalezza e un successo maggiori? Vi piacerebbe
accrescere il valore di quanto avete di più prezioso, le
persone che fanno parte della vostra vita personale e
professionale? Volete scoprire e liberare il leader che è in
voi?
Se si, procedete alla lettura. Quanto segue potrebbe
cambiare la vostra vita.
23
1
SCOPRI IL LEADER CHE E’ IN TE
Charles Schwab lavorava nell'industria dell'acciaio,
con uno stipendio di un milione di dollari all'anno, e mi
spiegò che questa somma enorme gli veniva pagata in larga
misura per la sua capacità di trattare con la gente. Pensate
un po'. Un milione di dollari perché ci sapeva fare con la
gente! Una volta, verso mezzogiorno, Schwab stava
camminando per uno degli stabilimenti dove lavorava
quando s'imbatté in un gruppo di uomini che fumavano
proprio sotto un cartello che diceva: “Vietato fumare”.
Secondo voi cosa fece Charles Schwab? Additò il
cartello e disse: “Siete capaci di leggere?”
Assolutamente no, non era da lui, da quel maestro di
relazioni sociali che era.
Egli si mise a chiacchierare amabilmente con gli operai
senza accennare minimamente al fatto che stavano fumando
sotto un cartello che lo vietava.
24
Alla fine gli porse dei sigari e, strizzando un occhio,
aggiunse: “Vi sarei grato, ragazzi, se questi li fumaste fuori
di qua.”
Non aggiunse altro. Essi capirono che lui si era accorto
che avevano contravvenuto a una norma, e lo ammirarono
perché non li aveva rimproverati. Era stato così corretto
con loro che a loro volta vollero esserlo altrettanto con lui.
DALE CARNEGIE
Fred Wilpon è il presidente dei Mets, una famosa
squadra di baseball di New York. Un pomeriggio stava
guidando una scolaresca in visita allo Shea Stadium.
Condusse i bambini dietro le basi, negli spogliatoi della
squadra e, attraverso un passaggio privato, nella sala di
ritrovo. Come ultima tappa del suo giro, Wilpon voleva
condurre gli scolari nel cosiddetto “recinto dei tori" dello
stadio, dove i lanciatori si scaldano i muscoli.
Ma proprio davanti al cancello del recinto dei tori il
gruppo fu fermato da un addetto alla sicurezza in uniforme.
“Il recinto dei tori non è aperto al pubblico," disse la
guardia a Wilpon, evidentemente ignara di chi fosse.
"Spiacente, ma non potete entrare."
25
Indubbiamente, Fred Wilpon avrebbe potuto ottenere
quello che voleva, lì e subito. Avrebbe potuto dare una
lavata di capo alla povera guardia che non aveva saputo
riconoscere un uomo importante come lui. Con un gesto
drammatico, avrebbe potuto portare la mano ai taschino e
materializzare il suo cartellino di riconoscimento di alto
dirigente, lasciando gli scolari con gli occhi sgranati davanti
alla dimostrazione del suo potere in quello stadio.
Invece non fece niente di tutto ciò. Accompagnò la
scolaresca all'estremità dell'impianto sportivo e la fece
entrare nel recinto dei tori da un altro cancello.
Perché si prese la briga di comportarsi così? Wilpon
non volle mettere in imbarazzo la guardia. L'uomo, dopo
tutto, faceva il suo lavoro, e lo faceva bene. Più tardi, quel
pomeriggio, Wilpon gli spedì anzi un biglietto scritto a
mano con cui lo ringraziava per tanto zelo.
Se invece avesse scelto di alzare la voce o di fare una
scenata, la guardia avrebbe potuto risentirsi, con un'indubbia
conseguenza negativa sul suo rendimento. L'approccio
gentile di Wilpon fu infinitamente più sensato. L'agente
apprezzò molto il complimento. E potete scommettere che in
un incontro successivo avrebbe riconosciuto Wilpon.
26
Fred Wilpon è un leader non soltanto per la carica che
gli è stata affidata o per lo stipendio che riceve. Quello che
fa di lui un capo di uomini e donne è il modo in cui ha
imparato a interagire.
In passato chi operava nel mondo degli affari non si
preoccupava gran che del vero significato del ruolo di
leader. Il boss era il boss, ed era lui che comandava. Punto e
basta. Fine della discussione.
Le aziende ben gestite - nessuno ha mai parlato di
"aziende ben guidate" - erano quelle che funzionavano
secondo uno stile quasi militaresco. Gli ordini venivano
emanati dall'alto e trasmessi verso il basso per via
gerarchica.
Avete presente il signor Dithers, quello della striscia a
fumetti Blondie? Lui sbraitava: “Su le chiappe!" e il giovane
Dagwood accorreva nell'ufficio del principale come un
cagnolino atterrito. Nella vita reale fu questa la disciplina
vigente per anni nella maggior parte delle ditte. Quelle che
non erano governate come plotoni di soldati erano
praticamente prive di una vera guida. Si limitavano a tirare
avanti come avevano sempre fatto, al sicuro in qualche
piccola nicchia del mercato per anni non toccata dalla
27
concorrenza. Il messaggio che proveniva dall'alto era sempre
questo: "Se non è andata in pezzi, perché ripararla?"
I funzionari in posti di responsabilità sedevano nei loro
uffici e gestivano quello che potevano. Era questo che ci si
aspettava da loro: "gestire". Magari facevano virare la rotta
dell'organizzazione di pochi gradi a sinistra o di pochi gradi
a destra. Di solito si sforzavano di affrontare qualsiasi
problema evidente si presentasse, dopo di che si ritenevano
soddisfatti della giornata.
A quel tempo, quando il mondo era un posto più
semplice, una gestione di questo tipo poteva andare. Di rado
ispirata a grandi visioni, ma passabile, era in accordo col
prevedibile procedere della vita.
Ma questo tipo di gestione statica semplicemente non
basta più. Il mondo è diventato troppo imprevedibile, troppo
mutevole, travolto da un'accelerazione troppo rapida per un
approccio così privo d'inventiva. Quello di cui si avverte
l'esigenza è qualcosa di molto più profondo rispetto alla
gestione degli affari di vecchio stile. Quello che serve è una
guida, una leadership, che aiuti le persone a realizzare le
loro potenzialità, che indichi una visione per il futuro, che
28
incoraggi, che incarni le funzioni dell'allenatore e del
mentore, e che stabilisca e mantenga relazioni fruttuose.
"In passato, quando gli affari si trattavano in situazioni
di stabilità, le capacità gestionali erano suffìdenti," osserva il
professore di economia e commercio di Harvard John
Quelch. "Ma quando le condizioni diventano instabili,
quando si naviga in acque inesplorate, quando la vostra
missione richiede una flessibilità in precedenza
inimmaginabile, è allora che le doti di comando diventano
d'importanza critica."
"La transizione sta già avvenendo, e non sono sicuro
che trovi preparate tutte le organizzazioni," ammonisce Bill
Makahilahila, vicepresidente dell'ufficio risorse umane della
SGS Thompson Micro Electronics, una delle principali
fabbriche di semiconduttori. “E’ possibile che fra non molto
la posizione di 'manager' cessi di esistere e che il concetto di
'leadership' venga ridefìnito. E’ questo il travaglio che oggi
le aziende stanno attraversando. Esse si rendono conto, nel
cominciare a ridimensionare le loro attività e a tendere a una
maggior produttività, che le capacità di semplificazione
stanno
diventando
d'importanza
primaria.
Buona
comunicazione, abilità nei rapporti interpersonali, capacità
29
di addestrare, modellare e formare gruppi di lavoro: tutto
questo richiede un maggior numero e una miglior qualità di
leader.
“Questo non lo si può più fare per via diretta. Deve
avvenire per influenza. Deve basarsi sulle reali 'capacità
delle persone'."
Molti hanno ancora una comprensione limitata del
significato del concetto di leadership. Voi dite "leader” e
loro pensano generale, presidente, primo ministro o
presidente del consiglio di amministrazione. Ovviamente, ci
si aspetta che individui con queste qariche di responsabilità
comandino, un’aspettativa a cui vanno incontro con vari
livelli di successo. Ma la cosa fondamentale è che la
leadership non comincia e non finisce al vertice
dell'organizzazione. E’ altrettanto importante, forse più
importante, nei posti dove la maggior parte di noi vive e
lavora.
Organizzare un piccolo gruppo di lavoro, infondere
energia al personale di un ufficio, mantenere la felicità in
famiglia: sono queste le linee del fronte dove si esercita il
comando. Il comando non è mai facile. Ma per fortuna è
30
vero anche questo: ciascuno di noi ogni giorno ha la
possibilità di essere un leader.
L'animatore del gruppo, il manager di livello medio, il
capocontabile, l'operatore del servizio di assistenza ai clienti,
l'addetto all'ufficio postale interno: praticamente chiunque
abbia prima o poi l'occasione di entrare in contatto con altri
ha buoni motivi per imparare a servire da guida.
In misura straordinaria, le sue attitudini al comando
determineranno quanto avrà successo e quanto sarà felice
nella vita. E questo non vale soltanto per il mondo del
lavoro. Famiglie, gruppi di volontariato, squadre sportive,
associazioni civiche, circoli culturali e quant'altro: ciascuna
di queste organizzazioni ha una grande necessità di una
leadership dinamica.
Steven Jobs e Steven Wozniak erano due giovanotti
della California in blue-jeans, rispettivamente di ventuno e
ventisei anni. Non ricchi, del tutto privi di formazione
professionale, speravano di potersi inserire in un'industria
che aveva appena cominciato a esistere.
Era il 1976, prima che la gente avesse mai pensato di
acquistare computer per uso domestico. A quei tempi
l’intero business dei personal computer si rivolgeva a pochi
31
hobbisti geniali, i cosiddetti “cow-boy della console". Così,
quando Jobs e Wozniak riuscirono a raggranellare insieme
milletrecento dollari vendendo un furgone e due calcolatori
e fondarono la Apple Computer nel garage di Jobs nessuno
avrebbe scommesso sul loro formidabile successo.
Ma i due giovani imprenditori avevano una precisa
visione, una chiara idea di quello che, ne erano certi,
avrebbero potuto raggiungere. “I computer non sono più
soltanto per maniaci dell'informatica," annunciarono.
"Stanno per diventare la bicicletta della mente. I computer a
basso costo sono per tutti.”
Dal primo giorno i fondatori della Apple mantennero la
loro visione intatta e la trasmisero dovunque. Assunsero
collaboratori che capivano la loro idea e permisero loro di
condividerne gli utili. Vissero la visione, la respirarono, ne
parlarono. Anche quando la società entrò in crisi, quando i
dettaglianti cessarono le ordinazioni, i fabbricanti si
rifiutarono di continuare la produzione, le banche tolsero il
credito, i profetici dirigenti della Apple non si tirarono mai
indietro.
Alla fine il mondo cambiò idea. Sei anni dopo la
fondazione
della
Apple,
la
ditta
vendeva
32
seicentocinquantamila personal computer all'anno. Wozniak
e Jobs sono stati diamici leader nel settore dei computer, e
hanno precorso di anni quella che poi sarebbe stata la
tendenza.
Ma non sono soltanto le nuove organizzazioni ad aver
bisogno di una leadership ispirata a una visione. All'inizio
degli anni ottanta, la Corning Incorporated venne a trovarsi
soggetta a una pressione tremenda. Il marchio significava
ancora qualcosa nel campo degli utensili da cucina, ma era
gravemente minacciato. La tecnologia dell'azienda era
obsoleta. Le sue azioni erano in ribasso. Migliaia di clienti
abbandonavano la Corning in favore di ditte straniere. E la
rigida dirigenza della ditta non sembrava disporre di una
soluzione.
Fu allora che il presidente, James R. Houghton,
concluse che la Corning aveva bisogno di una visione
totalmente nuova, e ne propose una. Ricorda Houghton:
"Avevamo un consulente che lavorava con me e col mio
nuovo gruppo come nostro psicologo interno. Era un grande
animatore, un uomo meraviglioso che non si stancava di
battere sul tasto della qualità come qualcosa che doveva
entrarci nella testa.
33
“Eravamo in una di quelle terribili riunioni di gruppo,
tutti molto depressi. Io mi alzai e annunciai che stavamo per
spendere circa dieci milioni di dollari che non avevamo.
Avremmo creato il nostro istituto per il miglioramento della
qualità. E l'avremmo fatto funzionare.
"Sono stati molti i fattori che mi hanno portato a quel
posto di massima responsabilità, ma dico subito che sentivo
a livello viscerale di aver ragione. Non aveva la benché
minima idea delle implicazioni, né di quanto la cosa sarebbe
stata importante.”
Houghton sapeva che la Corning doveva migliorare la
qualità dei suoi prodotti e affrettare i tempi di consegna. Il
presidente scelse di accettare il rischio. Chiese consiglio ai
migliori esperti del mondo: i suoi dipendenti. Non soltanto
ai manager e agli ingegneri della ditta. Houghton mobilitò
anche gli operai della catena di montaggio. Mise insieme un
gruppo di rappresentanti e gli affidò il compito di
ristrutturare l'intero processo di produzione: se era questo
che ci voleva per riportare a galla l'azienda.
La soluzione, decise il gruppo dopo sei mesi di lavoro,
era quella di ridisegnare certi stabilimenti per ridurre i difetti
nella catena di montaggio e accelerare la fornitura di pezzi
34
di ricambio. Il gruppo riorganizzò anche il modo in cui la
Corning teneva i suoi inventari così da velocizzare la
rotazione dei prodotti. I risultati furono stupefacenti. Quando
Houghton introdusse questi cambiamenti, le irregolarità in
un nuovo processo di rivestimento di fibre ottiche
ammontavano a ottocento parti per milione. Quattro anni
dopo la percentuale si era ridotta a zero. In altri due anni il
tempo di consegna scese da settimane a giorni, e nel giro di
quattro anni il ritorno della Corning in azioni ordinarie quasi
raddoppiò. La visione di Houghton aveva letteralmente
ribaltato le sorti dell'azienda.
I teorici di politica aziendale Warren Bennis e Burt
Nanus hanno studiato centinaia di organizzazioni di
successo, grandi e piccole, concentrandosi sul modo in cui
sono condotte. "Un leader," scrivono, “deve in primo luogo
aver sviluppato un'immagine mentale di uno stato possibile e
desiderabile dell'organizzazione. Quest'immagine, che noi
chiamiamo 'visione', può essere vaga come un sogno o
precisa come un obiettivo o una dichiarazione di missione.”
Il punto critico, spiegano Bennis e Nanus, "è che una visione
esprime e sviluppa una concezione di un futuro realistico.
credibile, allettante per l'organizzazione, una condizione che
35
sia migliore sotto molti e importanti aspetti di quella
attualmente esistente.”
I leader si chiedono: qual è lo sbocco di questo lavoro
di gruppo? Qual è la funzione di questo reparto? Chi stiamo
cercando di servire? Come possiamo migliorare la qualità
del nostro lavoro? Le risposte specifiche saranno diverse
come le persone a cui i leader si rivolgono e diverse come
gli stessi leader. L'importante è che gli interrogativi vengano
sollevati.
Non esiste un unico sistema giusto per dirigere, e i capi
di talento possono rivelarsi con molti tipi differenti di
personafità. Possono essere passionali o pacati, spiritosi o
severi, declamatori o riservati. Provengono da tutte le età, da
ogni ceppo razziale, dall'uno e dall'altro sesso e da ogni tipo
di gruppo che esista.
L'idea non è semplicemente d'identifìcare il leader di
maggior successo reperibile e poi di prenderlo
pedissequamente come modello. Questa strategia è
condannata fin dall'inizio. E difficile che adottandola
riusciate mai a elevarvi al di sopra di una pietosa imitazione
della persona che vi sforzate di essere. Le tecniche di
36
comando che funzionano meglio sono quelle che coltivate
all’interno di voi.
Il compositore Fred Ebb, vincitore di un Tony Award,
ha portato al successo a Hollywood commedie musicali
come Cabaret, Il bacio della Donna Ragno, Cbicago e
Zorba. Spesso giovani autori di canzoni si rivolgono a lui
per attingere alla sua esperienza professionale. “Io gli dico
sempre di seguire il consiglio che Irving Berlin diede a
George Gershwin.”
A quanto si racconta, quando Beffin e Gershwin si
conobbero di persona il primo era già famoso e il secondo
era un giovane compositore alle prime armi che lavorava per
le case editrici musicali di Tin Pan Alley per trentacinque
dollari alla settimana. Colpito dall'evidente talento di
Gershwin, Berfin offrì al giovane un lavoro come segretario
musicale per quasi il triplo di quello che Gershwin
guadagnava scrivendo canzoni.
"Ma non accettare il lavoro" fu il consiglio di Berlin.
"Se l'accetti, puoi svilupparti in un Berlin di seconda
categoria. Ma se insisti nell'essere te stesso, un giorno
diventerai un Gershwin di prima categoria.”
37
Gershwin si mantenne fedele a Gershwin, naturalmente,
e la musica popolare americana raggiunse nuove vette. "Non
cercate d'imitare qualcun altro," Ebb raccomanda ai suoi
allievi. "Non cessate mai di essere voi stessi."
Spesso ciò vi richiede di scoprire chi veramente siete e
di meditare profondamente e fattivamente su tale
conclusione. Questo è così importante che vale la pena di
rifletterci sopra con calma. Ponetevi l'interrogativo in
termini chiari: quali doti personali possiedo che possano
essere trasformate nelle qualità necessarie al comando?
Per Robert L. Crandall, una di queste doti è un'acuta
capacità di prevedere i cambiamenti. Crandall, presidente
dell'AMR Corporation, pilotò l'American Airlines attraverso
una temperie estremamente turbolenta nel settore dei
trasporti aerei.
La ginnasta olimpionica Mary Lou Retton ricevette uno
slancio formidabile dal suo naturale entusiasmo. Balzò fuori
da una cittadina del West Virginia e si calò nei cuori degli
sportivi di tutto il mondo.
Nel caso di Hugh Downs, radiocronista veterano della
rete ABC, una di queste doti di leadership fu la sua genuina
umiltà. Egli riuscì a crearsi una carriera prestigiosa nel
38
mondo altamente competitivo del giomalismo radiofonico
pur restando un vero signore.
Quali che siano per voi queste qualità - un'ostinata
tenacia, un brillante intelletto, una ricca immaginazione, un
atteggiamento positivo, un forte senso dei valori - lasciatele
fiorire in attitudini al comando. E ricordate che le azioni
sono molto più potenti delle parole.
Arthur Ashe fu un padre e un tennista di fama
mondiale: un autentico leader in questi e altri campi. Anche
lui credeva nell'arte di guidare gli altri mediante l'esempio.
“Mia moglie e io ne parliamo con la nostra figlia di sei
anni," riferì in un'intervista poco prima della morte. “I
bambini vengono molto più colpiti da quanto ti vedono fare
che da quanto gli dici,” osservò. "Indubbiamente bambini di
questa età ti mantengono onesto. Se non hai fatto che
predicare una data cosa e tutt'a un tratto non la fai, loro te lo
rinfacciano.
“Per esempio, le dico che non è educato mangiare coi
gomiti sul tavolo. Poi, quando ho finito di pranzare, poso i
gomiti sul tavolo. Allora lei dice: 'Papà, hai messo i gomiti
sul tavolo.' Bisogna essere abbastanza uomo, o abbastanza
donna, per dire: 'Hai ragione', e abbassare i gomiti. In realtà,
39
questa è un'esperienza di apprendimento più forte
dell'ascolto della lezioncina di galateo. Significa che in
precedenza essa ha prestato ascolto. Lei capisce qual è
l'atteggiamento da evitare. E lo riconosce quando lo vede.
Ma ci vogliono azioni, anziché parole, per arrivare a
questo."
Un leader stabilisce canoni di comportamento e poi vi
si attiene. Douglas A. Warner III, per esempio, ha sempre
insistito su ciò che chiama “piena trasparenza”.
“Quando vieni nel mio ufficio a farmi una proposta,"
consiglia Warner, presidente della J.P. Morgan & Conipany,
"supponi che tutto quello che mi hai appena detto comparirà
il giorno dopo sulla prima pagina del Wall Street Journal. Ti
senti fiero di aver condotto quella transazione o affrontato
quella situazione nel modo che hai appena raccontato,
presumendo una piena trasparenza? Se la risposta è negativa,
allora dobbiamo fermarci qua e scoprire qual è il problema."
Questo è un segno di attitudine al comando.
Una capacità di comando di questo tipo, con un preciso
obiettivo e con una solida base nella fiducia in se stessi, è
quanto trasforma una visione in realtà. Prendiamo l'esempio
di Madre Teresa. Era una giovane suora cattolica che
40
insegnava in una scuola media in un quartiere abitato dalla
borghesia medioalta di Calcutta. Ma continuava a guardare
fuori dalla finestra e a vedere i lebbrosi nella strada.
“Scorgevo la paura nei loro occhi," ricorda, la paura che non
sarebbero stati mai amati, la paura che non avrebbero mai
ricevuto adeguate cure mediche.”
Non poté scacciare il pensiero di quella paura dalla sua
mente. Capì che doveva lasciare la sicurezza del convento,
uscire per le strade e aprire case di pace per i lebbrosi
dell'India.
Negli anni successivi, Madre Teresa e le sue suore
missionarie
della
Carità
hanno
accudito
centoquarantanovemila
persone
affette
da
lebbra,
dispensando cure mediche e amore incondizionato.
Un giorno di dicembre, dopo aver tenuto un discorso
alle Nazioni Unite, Madre Teresa andò a fare visita a un
carcere di massima sicurezza che si trovava nello stato di
New York, dove parlò con quattro reclusi colpiti da AIDS.
Comprese immediatamente che essi erano i lebbrosi dei
nostri tempi.
Tornò a New York il lunedì prima di Natale e si recò
subito in municipio per conferire col sindaco, Edward Koch.
41
Gli chiese di telefonare al governatore, Mario Cuomo.
“Governatore," annunciò quando Koch le ebbe passato il
ricevitore, "sono appena stata a Sing Sing, e là ci sono
quattro detenuti con l’AIDS. Vorrei aprire un centro per
ammalati di AIDS. Non può rilasciare questi quattro detenuti
e affidarmeli? Ci terrei che fossero i primi quattro assistiti
nel centro per malati di AIDS."
“Va bene, Madre," rispose Cuomo. "abbiamo
quarantatré casi di AIDS nel sistema carcerario dello stato.
Li rilascerò tutti e li trasferirò nel suo centro."
"Bene," replicò Madre Teresa. "Vorrei cominciare con
quei quattro. Adesso mi permetta di parlarle dell'edifìcio che
ho in mente. Lei è disposto a finanziarlo?"
"D'accordo," acconsentì Cuomo, travol to dalla
fermezza di quella donna.
Poi Madre Teresa si rivolse al sindaco Koch e gli disse:
"Oggi è lunedì. Mi piacerebbe aprire questo centro
mercoledì. Abbiamo bisogno del rilascio di certi permessi.
Mi fa il favore di provvedere lei?”
Koch gettò uno sguardo a quella donna minuta in piedi
nel suo ufficio e assentì gravemente col capo. "A patto che
non mi costringa a pulire i pavimenti," aggiunse.
42
IL PRIMO PASSO VERSO IL SUCCESSO
CONSISTE NEL RICONOSCERE
LE PROPRIE CAPACITA DI COMANDO.
43
2
COMINCIARE A COMUNICARE
Theodore Roosevelt era adorato dai suoi figli, e con
buoni motivi. Un giorno ricevette la visita di un vecchio
amico. L'uomo era angosciato. Suo figlio se n'era andato di
casa e adesso stava da sua zia. Il ragazzo doveva essere
impazzito. Non c'era più con la testa. Nessuno riusciva più a
capirlo.
“Scioccbezze,” fece Roosevelt. “Non credo che ci sia
qualcosa che non vada in lui. Credo invece che se un
ragazzo pieno di energia non riceve un trattamento degno di
lui in famiglia, andrà da qualche altra parte per averlo.”
Parecchi giorni dopo Roosevelt vide il giovane e gli
chiese: “Com'è questa storia che ho sentito che te ne sei
andato di casa?”
“Be'. Colonnello,” rispose il ragazzo, “ogni volta che
vado da mio padre lui esplode. Non mi dà mai la possibilità
di raccontare la mia storia. Io ho sempre torto. Devo
sempre essere rimproverato.”
44
“Lo sai, figliolo,” osservò Roosevelt, “forse adesso non
mi crederai, ma tuo padre è il tuo miglior amico. Per lui
conti di più del resto del mondo.”
“Può darsi, Colonnello,” ammise il ragazzo, “ma
vorrei che trovasse qualche altro modo per dimostrarlo.”
Allora Roosevelt mandò a chiamare il padre e cominciò
a rivelargli alcune scottanti verità. L'uomo s'infiammò,
proprio come aveva detto suo figlio. “Vedi,” commentò
Roosevelt, “se tu parli al tuo ragazzo così come ti sei
appena espresso con me, non mi stupisce che se ne sia
andato di casa. Mi stupisce soltanto che non l'abbia fatto
prima. Adesso va' e cerca di capirlo. Vagli incontro a metà
strada
DALE CARNEGIE
Niente potrebbe essere più facile che non riuscire a
comunicare. Trattare dall'alto in basso, contraddire,
rimproverare, umiliare, relazionarsi con l'altro come se si
volesse trasmettergli il messaggio: "Io sono il boss e tu
semplicemente lavori qua.” Fino in tempi recenti queste
erano forme ampiamente accettate d'interazione umana
all'interno delle più grandi e famose imprese commerciali
45
del mondo. "Il diritto di abbaiare" era considerato una
prerogativa naturale delle cariche dirigenziali, insieme con
una propria finestra nell'ufficio, e una pausa per la colazione
di due ore. Purtroppo, famiglie, scuole e altre organizzazioni
seguirono l'esempio.
Per anni l'alzare la voce è stato considerato sinonimo
d'inflessibilità. La caparbietà è stata considerata sinonimo di
conoscenza superiore. L'acquiescenza è stata considerata
sinonimo di onestà. Tutti noi, dirigenti e dipendenti, genitori
e figli, insegnanti e studenti, dovremmo ringraziare il cielo
che quei tempi siano finiti per sempre.
Jerry Greenwald, già vicepresidente della Chrysler
Corporation, paragona il vecchio modo di comunicare a
quello in uso fra gli adolescenti. "Se due ragazzini sono
vicini di casa e hanno una controversia, uno di loro
attraversa il prato ed essi discutono per cercare di risolvere
la situazione. Se fossero due persone in due uffici di una
stessa ditta, uno dei ragazzi lo direbbe al suo fratello
maggiore, che lo direbbe a sua madre, che lo direbbe a suo
padre, che andrebbe alla porta accanto e lo direbbe al padre
dell'altro ragazzo, che lo direbbe alla madre dell'altro
ragazzo, e alla fine questo riceverebbe il messaggio e si
46
chiederebbe: 'Cosa stava cercando di dirmi il tipo della porta
accanto?'
“Qui alla Chrysler stiamo cercando di mettere fine a
tutto questo," spiegò Greenwald quando lavorava ancora per
questa casa automobilistica. "Se sei un operatore in uno
stabilimento e hai bisogno di dire, a qualcuno che sta a
trenta metri all'altra estremità della fabbrica di cambiare
qualcosa in modo da permetterti di fare meglio il tuo, lavoro,
va' da lui e diglielo. Non dire al tuo caposquadra di dirlo al
tuo sovrintendente di dirlo al suo sovrintendente così che sei
mesi dopo l'altro dipendente starà ancora cercando di capire
che cambiamento volevi fargli apportare.”
Un crescente numero di persone, nel mondo degli affari
e altrove, comincia a comprendere quanto sia realmente
importante una buona comunicazione. La capacità di
comunicare bene è quello che accende il fuoco
dell'entusiasmo nella gente. E’ quello che trasforma le
grandi idee in azione. E’ quello che rende possibile ogni
realizzazione.
Comunicare bene non è terribilmente complicato: non
in teoria, comunque. Comunicare, dopo tutto, è qualcosa che
ciascuno di noi compie ogni giorno nella nostra vita
47
personale. Tutti noi abbiamo comunicato fin dalla prima
infanzia. Perlomeno pensiamo di averlo fatto. Ma la vera
comunicazione, la comunicazione efficace, è un fatto
relativamente raro nel mondo degli adulti.
Non esiste una ricetta segreta per imparare a
comunicare bene, ma esistono alcuni concetti fondamentali
che possono essere padroneggiati con relativa facilità. Ecco i
primi passi da compiere per giungere a un'efficace
comunicazione. Muovete questi passi e sarete sulla giusta
strada.
1. Fate della comunicazione una priorità assoluta.
2. Apritevi agli altri.
3. Create un ambiente ricettivo per la comunicazione.
Per quanto possiate trovarvi indaffarati durante la
giornata di lavoro, dovete assolutamente trovare il tempo
per comunicare. Tutte le brillanti idee del mondo sono prive
di valore se non le comunicate. La comunicazione può
essere effettuata in molti modi: in riunioni, in sedute
informali con colleghi, facendo semplicemente quattro passi
fino al salone d'ingresso o fermandovi al distributore di
48
bibite o passando una mezz'oretta in sala mensa. Quello che
è soprattutto importante è che la comunicazione non
s'interrompa mai.
Robert Crandall ha una grande sala per riunioni accanto
al suo ufficio di presidente dell'AMR Corporation, la società
madre dell'American Airlines. Ogni lunedì vi passa gran
parte della sua giornata, ascoltando dipendenti provenienti
da ogni settore dell'azienda e scambiando opinioni con loro.
“Ieri mattina,” riferì Crandall non molto tempo fa, "avevamo
in questa sala i funzionari al vertice e circa una dozzina
d'impiegati di tre o quattro livelli dell'azienda, ed eravamo
impegnati in un'analisi molto complicata.
"Cercavamo di capire se questo sistema da noi creato
basato sul colloquio fosse diventato economicamente
indifendibile in seguito ai cambiamenti intervenuti nel
mondo dell'industria. Quando creammo questo particolare
sistema di scambio d'idee, il mondo si presentava in un dato
modo, e adesso si presenta in un altro. La nuova situazione
influiva sul flusso dei passeggeri. E influiva anche sui
prezzi. Di conseguenza, non siamo più tanto sicuri che il
sistema del parlare a ruota libera rimanga valido. Ma
49
determinare che cosa sia più conveniente è molto
complicato.
“E necessaria un'enorme quantità di dati. Così, ieri
siamo stati in riunione per tre ore e mezzo, durante le quali
sono stati espressi molti punti di vista diversi e si è molto
discusso, in un'atmosfera di grande fervore e impegno. A
ogni modo, alla fine abbiamo congedato gli intervenuti con
tre o quattro nuovi incarichi, e fra un paio di settimane
torneranno con i dati aggiuntivi. Allora ci siederemo e
parleremo ancora. 'E’ forse sbagliato quello che stiamo
facendo? E cosa possiamo fare di diverso che abbia qualche
probabilità di funzionare?' E’ così che speriamo di poterci
tirare fuori da questi dilemmi."
I benefici qui sono duplici: Crandall ottiene i
suggerimenti di persone di esperienza ed esse contribuiscono
a creare la visione futura dell'American Airlines. Questo è
fondamentale per lo sviluppo di rapporti di fiducia.
Non è necessario che la comunicazione avvenga in
grandi sale di riunione. Parte della miglior comunicazione
aziendale si svolge in modi apparentemente informali.
Walter A. Green, presidente della Harrison Conference
Services, usa appunto la tecnica dei colloqui informali.
50
“Disgraziatamente," spiega, “nelle organizzazioni
abbiamo delle strutture: abbiamo un presidente,
vicepresidenti e via via le persone a tutti gli altri livelli. Il
sistema dei colloqui informali è un metodo per superare
questo stato di cose. Si tratta di conversazioni non
programmate, di solito all'ora di colazione, in cui m'incontro
con qualsiasi membro dell'organizzazione mi prema di
contattare. E’ un'occasione per me per essere ragguagliato su
quello che è importante per i dipendenti. Cosa provano per
l'azienda? Cosa provano per il loro lavoro? Desidero
apprendere qualcosa su di loro come individui. Voglio
accostarmi a loro con un atteggiamento più umano e
desidero che mi rivolgano domande sull'azienda. Tutto
questo è più facile in un colloquio a quattr'occhi.” Come
risultato di queste conversazioni, la visione che Green
prospetta alla sua impresa comincia a crescere.
Douglas Warner, il presidente della J.P. Morgan, ha
portato questa pratica della comunicazione diretta in quella
banca, per il resto gestita all'antica. “Noi non stiamo
letteralmente mai fermi, ci aggiriamo per il piano intero,”
assicura Warner, "scendiamo per vedere alcuni dipendenti,
51
usciamo dall'ufficio, andiamo in altri posti invece d'insistere
perché ciascuno venga qua da noi.”
Parecchie volte alla settimana, Warner o il suo braccio
destro prendono un caffè con trenta o quaranta dei massimi
dirigenti della Morgan. "Comunicazione occhi negli occhi,
diretta e informale,” nelle parole di Warner. Perfino una
banca come la Morgan ha scoperto l'utilità di queste
semplici chiacchierate. La stessa teoria è applicata all'interno
del gruppo dei funzionari. "Come parte di tutto questo, i
direttori amministrativi della società, circa trecento persone,
vengono invitate in una grande sala ogni giorno per
colazione: quelli che si trovano a New York e quelli che
sono in visita da altri paesi. In questo modo abbiamo ogni
giorno un forum dove ferve la discussione.”
David Luther, direttore dell'ufficio qualità presso la
Corning Incorporated, descrive come questo processo si
manifesta nella sua ditta: "Io uso il termine 'pesca a
strascico': ci si cala in profondità nell'organizzazione e ci si
chiede: come vanno realmente le cose? Quali sono le
preoccupazioni dei dipendenti? Cosa dicono? Cos'è che non
gli piace? Cosa possiamo fare per aiutarli?"
52
La necessità di una comunicazione efficace non si
ferma alla porta dell'ufficio. Si estende alla famiglia, alla
scuola, alla chiesa, perfino agli ambienti scientifici. In ogni
luogo dove delle persone s'incontrano con altre persone, la
comunicazione è la chiave di tutto.
Una volta gli scienziati impegnati nella ricerca
potevano trascorrere l'intera vita nel laboratorio, in una
ricerca solitaria delle verità dell'ordine naturale. Ma quei
tempi sono finiti. Nel mondo competitivo di oggi, anche gli
scienziati hanno bisogno di ascoltare e parlare.
"Molti scienziati non sono capaci di comunicare in
modo efficace quello che stanno facendo," nota il professor
Ronald M. Evans, un eminente ricercatore presso l'Istituto
Salk di studi biologici. “Loro sanno che cosa stanno
facendo. Hanno un'eccellente idea del perché lo fanno. Ma
hanno difficoltà a tradurne le prospettive, a trasmettere le
idee fuori dal laboratorio. Questa è una grave limitazione, a
molti livelli. Per ottenere finanziamenti, bisogna convincere
la gente che si sta facendo qualcosa d'importante.”
Quando Lee Iacocca cominciò a lavorare per la Ford,
scoprì la stessa limitazione in molti progettisti e ingegneri
dell'industria automobilistica: "Ho conosciuto veramente
53
una grande quantità d'ingegneri con idee formidabili che
avevano serie difficoltà a comunicarle agli altri. E sempre un
grosso peccato quando qualcuno con un grande talento non
riesce a spiegare a un consiglio o a una commissione quello
che ha in mente."
Se non sanno padroneggiare questa dote umana
assolutamente fondamentale - l'abilità di parlare e ascoltare
gli altri - i membri di un'impresa, di una scuola o di una
famiglia non possono avere un successo duraturo.
In casa Levine la vita era diventata frenetica. I figli
comindavano a farsi grandicelli. Ciò significava
appuntamenti, feste di compleanno, partite di calcio, corsi di
ginnastica, escursioni con gli scout, lezioni di religione: un
numero infinito di scarrozzate avanti e indietro per la
moglie, Harriet.
Stuart aveva un lavoro che amava, ma il viaggio per
raggiungerlo era estenuante e inoltre lo teneva anche troppo
a lungo lontano dalla famiglia. Harriet restava in casa con
Jesse ed Elizabeth, che erano ragazzi fantastici ma
diventavano sempre più indipendenti ogni giorno che
passava.
54
“Jesse ed Elizabeth guardavano troppo la televisione,"
ricorda Harriet, “e leggevano troppo poco. Non avevamo
quasi tempo per comunicare.”
Prima che la situazione diventasse realmente
incontrollabile, una sera tutti i Levine si riunirono ed
elaborarono un piano. Avrebbero creato un consiglio di
famiglia, decisero. Ogni domenica, dopo pranzo, si
sarebbero seduti intorno al tavolo della cucina e avrebbero
discusso con calma di quanto li preoccupava. “L’idea era di
avere un forum regolare per la comunicazione all'intemo
della famiglia, ogni settimana, comunque andassero le
cose,” spiega Harriet.
Il consiglio di famiglia cominciò a discutere questioni
grandi e piccole. I ragazzi si dedicano alla loro mezz'ora di
lettura prima della televisione? E’ previsto che Stuart rientri
in città per la partita di calcio? Quand'è che Harriet la
smetterà di servire sempre lo stesso piatto a base di pollo?
Alla fine della riunione i ragazzi ricevevano la loro
paga settimanale. "Tutti sono tenuti a partecipare, e nessuno
verrà mai a trovarsi nei guai: fintanto che dirà la verità.”
Il più grosso errore che una volta i manager erano soliti
fare, oltre al pensare di essere l'unica fonte di saggezza e di
55
buonsenso, era quello di non capire che la comunicazione
deve assolutamente essere un processo bidirezionale. Voi
dovete mettere a parte gli altri delle vostre idee e ascoltare le
loro. Questo è il passo numero due: Essere aperti agli altri:
al di sopra, al di sotto e vicino.
Il drammaturgo romano Publilio Siro riconobbe questa
costante della natura umana duemila anni fa. "Noi
c'interessiamo agli altri quando loro s'interessano a noi,"
scrisse.
Se potete dimostrare ai vostri colleghi che siete ricettivi
alle loro idee, è più facile che loro siano ricettivi alle vostre
e che vi tengano onestamente informati delle cose che
dovete sapere. Mostrate che vi sta a cuore il futuro
dell'organizzazione e che loro vi stanno altrettanto a cuore. E
non limitate queste manifestazioni di sollecitudine ai vostri
collaboratori. Comunicate questo stesso genuino senso
d'interessamento anche ai vostri clienti.
Il banchiere Thomas A. Saunders dedica la sua vita alla
ricerca di società in espansione in cui investire i fondi dei
suoi clienti. E’ un esperto nel riconoscere aziende modello.
Niente lo colpisce di più di una ditta realmente capace di
comunicare con i propri clienti.
56
Poco tempo fa visitò l'impresa di un grossista di gioielli
di Lafayette, Louisiana. Dedicò una giornata alla visita della
sede della ditta. Ma gli bastarono in realtà cinque minuti
nella sala del telemarketing per riconoscere un successo di
prim'ordine in fatto di comunicazione.
"Trattavano al telefono i loro clienti in un modo molto
efficiente, e la qualità del servizio era estremamente
elevata," precisò Saunders. “Non facevano errori, a quanto
pareva. Arrivavano le chiamate e loro semplicemente
rispondevano: 'Volete questo articolo?... Sì, l'abbiamo in
magazzino... Volete due pezzi di questo, benissimo... Ne
volete tre, magnifico... Sì, li abbiamo... No, lei deve ritirare
l’ordinazione... Posso suggerire una sostituzione?... Sì, se
guarda a pagina seicento del nostro catalogo, c'è una
montatura...' Sbam. 'Grazie infinite.' In quindici secondi
l'affare era concluso. Incredibile.”
La telefonata media richiedeva quindici secondi e il
cliente medio rimaneva entusiasta. Chi non avrebbe voluto
investire quattrini in un'azienda come quella?
E’ facile venire isolati da clienti e colleghi, specie per
coloro che ottengono promozioni in un'organizzazione. Ma,
per quanto in alto un funzionario possa salire, la
57
comunicazione deve pur sempre funzionare in tutte le
direzioni: parlare e ascoltare, su, sotto e intorno alla cerchia
di comando.
Non per niente Ronald Reagan fu chiamato il Grande
Comunicatore. Per tutta la sua lunga carriera politica si fece
un dovere di ascoltare i cittadini e di parlare con loro. Anche
quando divenne presidente, continuò a leggere la
corrispondenza dei suoi elettori. Voleva che ogni
pomeriggio le sue segretarie della Casa Bianca gli
passassero una selezione delle lettere ricevute. Di sera se le
portava nei suoi appartamenti e vergava risposte personali.
Bill Clinton ha dedicato il suo incontro televisivo coi
cittaffini più o meno allo stesso scopo: quello di tenersi
informato circa i sentimenti della gente e di dimostrarle che
essa gli sta a cuore. Anche se non ha una soluzione per tutti i
problemi che gli vengono sottoposti, Clinton è presente,
ascoltando, agendo da tramite, articolando le proprie idee.
In tutto questo non c'è niente di nuovo. Lincoln adottò
un sistema analogo più di un secolo fa. A quei tempi,
qualsiasi cittadino poteva scrivere una petizione al
presidente. A volte Lincoln incaricava un suo aiutante di
rispondere ai postulanti, ma spesso lo faceva di persona.
58
Ci fu chi lo criticò per questo. Perché preoccuparsi di
queste inezie quando c'era una guerra da combattere, una
confederazione da salvare? Ma Lincoln sapeva che
comprendere l'opinione pubblica era una componente
essenziale dell'essere presidente, e voleva sentirne gli umori
di prima mano.
Richard L. Fenstermacher, direttore del marketing per il
Nordamerica della Ford, crede fermamente in questo. "La
mia porta è aperta,” ripete continuamente ai suoi
collaboratori. "Se vi trovate a passare per l'atrio e mi vedete,
anche se volete semplicemente dirmi 'salve', fermatevi. Se
volete lanciarmi al volo un'idea, fatelo. Non sentitevi in
dovere di far la trafila da un manager all'altro.”
Questo tipo d'interazione facile non avviene per caso.
E’ qui che interviene la regola numero tre: Creare un
ambiente ricettivo per la comunicazione.
E’ un fatto fondamentale per quanto riguarda la
comunicazione fra le persone: loro non dicono quello che
pensano e non ascoltano ricettivamente quello che voi dite, a
meno che non sia posta una base di genuina fiducia e di
mutuo interesse. Non potete essere falsi. Quello che è il
vostro vero atteggiamento interiore verso la comunicazione.
59
che siate aperti oppure no, viene fuori forte e chiaro,
indipendentemente da quello che dite. “Si capisce subito se
qualcuno è avvicinabile oppure no," ha dichiarato la ginnasta
olimpionica Mary Lou Retton. “Quando hai quella
sensazione, riesci a leggere una persona mediante la
comunicazione non verbale e il linguaggio del corpo.
Capisci quando qualcuno se ne sta nell'angolo e dice: 'Ehi,
non voglio che mi si rivolga la parola.'”
Come potete evitare d'inviare questo messaggio? Siate
aperti, provate simpatia per la gente e fateglielo capire.
Seguite il consiglio della Retton: "Essere terra-terra e umili è
estremamente importante. Io cerco semplicemente di far
sentire la gente a suo agio. Questo vale per tutti. Credo che
ognuno abbia qualche qualità, si tratti del direttore generale
di una ditta o di un addetto alle vendite. E’ semplicemente il
lavoro che è diverso.” E’ questo il senso del creare un
ambiente ricettivo: mettere la gente a proprio agio.
Una volta era più facile di adesso. Il grande Joe
Garagiola, cronista televisivo ed ex campione degli Yankees
di New York, ricorda quale contatto diretto c'era un tempo
fra i giocatori e i loro fan. “Quando uscivamo dal campo di
gioco e tornavamo a casa dopo le partite, viaggiavamo in
60
metropolitana con gli stessi tifosi che poche ore prima erano
sugli spalti.
"Non era inconsueto che uno di loro dicesse: 'Ehi, Joe,
come mai ti sei girato a quel tiro? Perché non l'hai fatto
passare?' Non c'è lo stesso rapporto personale fra i giocatori
e il tifoso quando questi può soltanto leggere che uno di loro
ha firmato un contratto da sei o sette milioni di dollari.”
Ray Stata, il presidente della Analog Devices, che
produce circuiti integrati a elevate prestazioni, ha imparato
quanto sia importante provare un interesse personale dal suo
amico Red Auerbach, che fu a lungo presidente dei Boston
Celtics.
Ricorda Stata: "Quando parlava di leadership, spesso
usava la frase: 'Io amo la mia gente.' Considerava questo un
vero requisito primario dell'attitudine al comando. E bisogna
che gli interessati sappiano che tu vuoi loro bene. Quindi se
hai un ambiente dove le persone credono sinceramente che
alla fine della giornata possono fare affidamento sul tuo
interessamento e sulla tua sollecitudine per il loro benessere,
vuol dire che hai creato relazioni significative per loro.”
Allora, e solo allora, il terreno sarà adeguatamente preparato
per la comunicazione.
61
Non aspettatevi che questo avvenga senza un certo
lavoro.
Parecchi anni fa David Luther, della società Corning,
era impegnato nel tentativo di convincere un esponente
sindacale ad abbracciare il programma di miglioramento
della qualità che la compagnia stava cercando di avviare.
Luther fece il discorso promozionale, dilungandosi in quello
che secondo lui era un modo molto convincente di spiegare
l'importanza del miglioramento della qualità. Quel
programma avrebbe migliorato la vita sia alla dirigenza che
alla manodopera, promise Luther al sindacalista. Ma questi
chiaramente non accettava una sola parola di quanto Luther
aveva da dire.
Luther ricorda: “Si è alzato e ha detto: 'Mi dia un po' di
respiro. Qui c'è qualcosa che non mi quadra. E’ un pacco.
Meglio della maggior parte dei vostri bidoni, ma sempre un
bidone. Tutto quello che cercate di fare è ottenere di più da
questi lavoratori'.”
Tuttavia continuarono a parlare. "Si è ammorbidito
leggermente," continuò Luther, "ma non l'ho convinto, e
sono arrivato alla conclusione che con le mie parole non
sarei mai riuscito a conquistare la sua fiducia. Avrei potuto
62
solo dimostrare che me la meritavo. Così ho detto: 'Tor nerò
l'anno prossimo con questo programma, e tra due anni, e tra
tre anni. Continuerò a tornare a proporle la stessa cosa.'" E
Luther continuò a fargli visita.
Ci vollero parecchi anni perché il suo messaggio
venisse accettato, e prima egli dovette dimostrare che
meritava fiducia su qualche questione di minor conto.
Dovette anche dimostrare che prestava ascolto alle
preoccupazioni dei sindacalisti. Ma alla fine ebbe la
pazienza di far sì che il messaggio facesse presa, e i
sindacalisti della Corning diventarono autentici alleati nel
processo di miglioramento della qualità.
Un'ultima cosa da ricordare: Quando qualcuno accetta
il rischio di dirvi quello che pensa, non punitelo per la sua
franchezza. Non fate niente, assolutamente niente, per
scoraggiarlo dall'assumersi il rischio di comunicare ancora.
"Se un dipendente esprime un consiglio su cui non sono
d'accordo, il modo in cui gli comunico il mio dissenso
dev'essere molto delicato," avverte Fred J. Sievert, direttore
finanziario della New York Life Insurance Company.
"Voglio incoraggiarlo a tornare da me la volta prossima a
dare un altro suggerimento. Ora, io ho detto ad alcuni
63
membri del mio staff che possono non trovarmi d'accordo
con loro novantanove volte su cento, ma voglio che
continuino a venire da me coi loro consigli. E’ per questo
che sono pagati. Quell'unica volta su cento è preziosa, e io
non li giudicherò minimamente più deboli perché non sono
d'accordo con loro le altre novantanove volte."
Una volta su cento. Non sembrerà gran che, ma enormi
fortune sono state costruite su probabilità meno certe di
questa. Ecco perché ascoltare e comunicare idee è così
importante.
La questione si basa su questa verità: la comunicazione
è sia una capacità sia un'arte. E un processo a cui conviene
pensare e che conviene applicare più di quanto la maggior
parte delle persone facciano. A volte comporta una
dimostrazione di vulnerabilità personale. Voi mettete
qualcun altro a parte delle vostre idee e gli chiedete di
mettervi a parte delle sue. Non è sempre facile. Richiede
lavoro e tempo. E’ necessario acquisire delle tecniche e
farne pratica con costanza. Ma abbiate coraggio. La pratica
rende perfetti, o ci avvicina molto alla perfezione.
Kuo Chi-Zu è il procuratore generale di Taipei,
nell'isola di Formosa, e un formidabile oratore. Ma non si è
64
sempre sentito così a suo agio a parlare in pubblico. In veste
di giovane pubblico ministero in ascesa, Chi-Zu veniva
sempre invitato a tenere discorsi a organizzazioni locali.
Diceva di no al Rotary. Diceva di no ai Lions. Diceva di no
all'associazione dei giovani imprenditori. Era così
terrorizzato, come succede a molti, dall'idea di comparire in
pubblico che respingeva ogni invito.
"Anche se partecipavo soltanto a un'assemblea,"
ricorda, “sceglievo sempre di sedere nell'ultima fila. E non
spiccicai quasi mai una sola parola.”
Si rendeva conto che questa paura rallentava il
progresso della sua carriera, oltre al fatto che lo teneva desto
di notte in accessi di ansia. Sapeva che doveva affrontare e
risolvere questo problema di comunicazione.
Poi un giorno fu invitato a parlare in quella che era stata
la sua scuola media, e capì immediatamente che qu ella era la
sua occasione. Dopo tutto, aveva fatto un grande sforzo per
anni per mantenere un forte legame con la scuola e i suoi
studenti e diplomati. Se c'era un pubblico di cui avrebbe
potuto fidarsi e che si sarebbe sentito disponibile a quello
che lui aveva da dire, era proprio quello.
65
Così accettò di tenere un discorso e si preparò col
massimo impegno. Scelse un argomento che conosceva a
fondo perché gli stava immensamente a cuore: il suo lavoro
di pubblico ministero. Costruì il suo discorso intorno a
esempi tratti dalla vita. Non mandò niente a memoria. Non
mise niente per iscritto. Semplicemente, prese posto sul
podio nella sala delle conferenze della scuola e parlò come
se si stesse rivolgendo a una sala piena di amici, come in
effetti era.
Il discorso fu un grande successo. Dal podio poteva
vedere gli occhi dei presenti fissi su di lui. Sentiva il
pubblico ridere alle sue facezie. Avvertiva il suo calore e la
sua solidarietà, e, quando ebbe concluso, gli studenti si
alzarono in piedi e gli tributarono una scrosciante ovazione.
Quel giorno Chi-Zu imparò alcune preziose lezioni
sulla comunicazione: come essa richieda una certa apertura e
un ambiente che ispiri fiducia, quali possano essere i
vantaggi della capacità di comunicare. Chi-Zu non si fermò
qui. Diventò uno dei più richiesti conferenzieri di Taipei e
ben presto fu catapultato nella professione di procuratore
generale.
Stava finalmente imparando a comunicare.
66
LA COMUNICAZIONE SI COSTRUISCE
SU RELAZIONI DI FIDUCIA.
67
3
MOTIVARE GLI ALTRI
Andrew Carnegie era ancora un ragazzino quando
scoprì la stupefacente importanza che le persone
attribuiscono ai loro nomi. All'età di dieci anni aveva una
coppia di conigli. Una mattina, al suo risveglio, si trovò con
una nidiata di coniglietti e niente per sfamarli.
Cosa credete che fece? Be', ebbe un'idea brillante.
Disse a una dozzina di ragazzini del vicinato che se fossero
andati ogni giorno a cogliere abbastanza cicoria selvatica e
trifoglio per dar da mangiare ai coniglietti, avrebbe
battezzato ogni bestiola col nome di ciascuno di loro. Il
piano funzionò come per magia, ed è questo che rende
istruttiva la storia.
Andrew Carnegie non dimenticò mai l'episodio. E anni
dopo fece milioni di dollari applicando la stessa tecnica agli
affari. Voleva vendere binari d'acciaio all'azienda
ferroviaria della Pennsylvania. A quel tempo era presidente
della compagnia J. Edgar Thomson. Allora Andrew
Carnegie, ricordandosi della lezione che aveva imparato
68
grazie ai suoi coniglietti, costruì a Pittsburgh un'enorme
acciaieria e la chiamò Acciaieria J. Edgar Thomson.
Adesso vi faccio una domanda. Quando, dopo di allora,
l'azienda ferroviaria della Pennsylvania ebbe bisogno di
binari d'acciaio, secondo voi dove J. Edgar Thomson andò a
comprarli?
DALE CARNEGIE
Paul Ereman, il presidente della Reebok International,
aveva bisogno di una forza lavoro altamente motivata.
Allora fece una promessa straordinariamente audace. In
capo a due anni, affermò solennemente, la Reebok avrebbe
superato la Nike nel mercato azionario.
Fireman non corrompeva, minacciava o adulava coloro
che lavoravano per lui. Li educava alla motivazione.
Mostrava ai suoi dipendenti che era disposto ad assumersi
dei rischi, e li incoraggiava a fare lo stesso. Avviò un
programma innovativo per lo sviluppo della produzione e lo
finanziò generosamente. Si dichiarò disposto a spendere
qualsiasi somma, qualsiasi, per ingaggiare i più popolari
campioni sportivi di tutto il mondo come portavoci della
69
Reebok. Quello che ispirava le parole e la vita di Fireman,
ventiquattr'ore al giorno, era una nuova visione per la
Reebok.
"E’ necessario creare un coinvolgimento," spiega, "non
credo che si possa imporlo agli altri. Non credo che si possa
dire: 'Va'. Fila. Fa' questo.' Ciò che devi fare è prendere
tempo per coinvolgere le persone nel tuo progetto, nella tua
visione, nel tuo sogno, nella tua fantasia, in qualsiasi cosa tu
stia facendo. Coinvolgile. Ci vuole tempo. Ci vuole sforzo.
E una continua opera di convincimento. Ma non ricorrere
all'imposizione. Coinvolgile.
"Se
coinvolgete
qualcuno,
determinate
una
metamorfosi. Lo trasformate, e lui diventa capace di
coinvolgere altri dieci elementi. Questi diventano capaci di
coinvolgerne altri cento. Certi hanno pensato che il mio
progetto fosse pazzesco. Ma dopo il primo, secondo, terzo,
quinto, decimo, dodicesimo, tredicesimo giorno, hanno visto
che non si tratta di una semplice dichiarazione. E’ un
sistema di vita.
“E’ come nei vecchi film di cow-boy dove l'eroe
ingaggiava la lotta finale contro il cattivo e salvava l'eroina,"
spiega Ereman. “L'eroe cavalca sul suo cavallo bianco, con
70
un altro tizio al suo fianco, quando un nuovo personaggio
sbuca alla sua destra e si unisce a lui. Poi altri dieci a
sinistra. E continuano a cavalcare finché, trenta secondi
dopo, ci sono settecento cavalieri al galoppo, in una nube di
polvere, in corsa verso la sequenza finale.
“Tu scoppi di entusiasmo e chiami tutti quanti e gridi:
'Venite con me a River Creek!' Vuoi che ti seguano.
Galoppi. Vai. E trascini tutti gli altri con te.
L'accompagnamento musicale si fa trionfale. E trovi che
quando arrivi là, che ti servissero settecento o novecento
uomini, l'importante è cavalcare. E gli altri vogliono
cavalcare con te. Hai ottenuto che volessero cavalcare con
te."
E’ compito di un leader suscitare questi sentimenti.
"Noi lavoriamo a quest'impresa insieme." "Noi facciamo
parte di una squadra." "Quello che facciamo è valido.” "Noi
siamo i migliori." E’ questo il terreno su cui cresce la vera
motivazione.
Certo, ciascuno vuole un ritorno, una tredicesima, una
qualche forma di compartecipazione agli utili e anche un
grosso pacchetto di benefici. Ma la vera motivazione non
scaturisce mai da incentivi finanziari da soli, e neppure, se
71
vogliamo, dalla paura del licenziamento. Coloro che
lavorano soltanto per un ritorno finanziario e non perché
amano il loro lavoro o perché si sentono ispirati a farlo bene,
lavorano soltanto col minimo impegno che gli garantisce di
essere pagati. La paura è una forza motivante altrettanto
debole. Le aziende che si reggono sulla paura finiscono con
una forza lavoro di dipendenti risentiti che non vedono l'ora
di approfittare del boss.
“C'è un solo modo al mondo per indurre qualcuno a
fare qualcosa," insegnò Dale Carnegie, "ed è quello di far sì
che voglia farlo. Ricordate, non c'è nessun altro modo.
“Certo, puoi convincere qualcuno a consegnarti il suo
orologio ficcandogli la canna di una pistola fra le costole.
Puoi costringere i tuoi dipendenti ad accordarti la loro
collaborazione, finché non gli volti la schiena, minacciandoli
di licenziamento. Puoi obbligare un bambino a fare quello
che vuoi, sculacciandolo o minacciandolo. Ma questi metodi
brutali hanno ripercussioni indesiderabili.”
Allora che cosa vogliono le persone realmente? “Non
molte cose," è la risposta di Carnegie. “La salute e la difesa
della vita. Cibo. Sonno. Denaro e le cose che si possono
72
acquistare. La vita nell'aldilà. Grafificazione sessuale. Il
benessere dei figli. Un senso d'importanza.
"Quasi tutti questi desideri di solito vengono
soddisfatti, tutti fuorché uno. E’ un desiderio profondo e
quasi imperioso come quello del cibo o del sonno: quello
che Freud chiama 'desiderio di grandezza'. Dewey lo chiama
'desiderio di essere importanti'."
Date a qualcuno uno scopo reale, la sensazione che stia
lavorando per un fine valido, importante per entrambi. E’ da
questo che proviene la vera motivazione, motivazione non
semplicemente a compiere le azioni richieste dal lavoro, ma
motivazione a eccellere.
Dunque, date riconoscimenti agli altri. Includeteli nella
vostra visione. Incoraggiateli. Istruiteli. Richiedete le loro
opinioni. Lodateli. Lasciate che prendano delle decisioni.
Ricercate i loro consigli e quando potete seguiteli. Dategli
modo di comprendere quanto sono apprezzati. Incoraggiateli
ad assumersi dei rischi. Concedetegli la libertà di lavorare
come ritengono opportuno e trasmettetegli la vostra fiducia
nelle loro capacità, tirandovi talvolta in disparte.
73
Mostrategli, in altre parole, che nutrite per loro fiducia,
rispetto e sollecitudine. Fatelo, e sarete circondati da persone
motivate.
Come insegna Bill Geppert, “prendetevi cura dei vostri
dipendenti, e l'azienda si prenderà cura di se stessa.” Geppert
è direttore generale della Cox Cable a New Orleans, una
posizione che lo rende responsabile di trecento impiegati.
Fra questi c'è Brian Clemons, un giovane tecnico che lavora
per la Cox nella periferica Jefferson Parish. Clemons si
trovava in vacanza quando, una mattina, si fermò a un
deposito per acquistare del legname da costruzione. Mentre
aspettava che il suo legname venisse segato, sentì per caso
un uomo che si lagnava della Cox. Mentre questi parlava,
otto o nove altri clienti ascoltavano in crocchio intorno a lui
la sua storia di un guasto al suo impianto televisivo via cavo.
“Ora, Brian avrebbe potuto fare diverse cose," arguì in
seguito Geppert, raccontando quello che successe poi. “Era
in vacanza, aveva da fare e sua moglie lo aspettava a casa.
Quindi avrebbe potuto limitarsi a farsi gli affari suoi,
ignorando quanto veniva detto. Cosa fece Brian? Brian
Clemons si fece avanti e disse: 'Signore, non ho potuto fare a
meno di ascoltare quello che stava dicendo. Io lavoro per la
74
Cox. Può farmi il favore di darmi l'occasione di risolvere la
situazione? Le garantisco che noi possiamo provvedere al
suo problema.'
"Figurarsi le facce di quegli otto. Erano allibiti. Brian,
che non portava la sua uniforme, andò a un telefono
pubblico, si fece passare l'ufficio e chiamò una squadra del
servizio assistenza. Quando quel cliente rincasò, si vide
arrivare gli uomini inviati da Brian, che ripararono il guasto.
Più tardi scoprimmo che Brian aveva anche fatto qualcosa di
più. Tornato al lavoro volle informarsi che il cliente fosse
rimasto soddisfatto. E gli diede un credito di due settimane
sul proprio conto, scusandosi per l'inconveniente.”
Un fatto raro? In certe organizzazioni, non si è mai
sentito di un servizio del genere. Dei dipendenti che si
assumono questo tipo di responsabilità? Che s’intromettono
in faccende che non rientrano specificamente nelle loro
mansioni? Che “sprecano” il loro periodo di vacanza?
Improbabile. Ma Geppert si è dato da fare per rendere questo
atteggiamento abituale alla Cox. Ha aiutato i suoi dipendenti
a comprendere che la Cox è la loro impresa e che il suo
successo determinerà il loro successo. “Questo può essere un
lampo sfolgorante di comune buonsenso.” precisa Geppert,
75
“ma è il genere di cose in cui vogliamo che i nostri
dipendenti si sentano coinvolti e che vogliamo che
facciano."
E in che modo potete obbligare dei dipendenti ad
acquisire questo tipo d'interesse per il loro lavoro? La
risposta è: non potete. Gli altri non possono mai essere
costretti a fornire prestazioni straordinarie. Offrono
prestazioni straordinarie solo se lo vogliono. La sfida
consiste nel dargli un motivo per volerlo fare.
“L'azione scaturisce da quello che fondamentalmente
desideriamo," ha scritto Harry A. Overstreet in quel suo
libro senza tempo che è Influencing Human Behavior (Come
influire sul comportamento umano). “Il miglior consiglio
che può essere dato agli aspiranti persuasori, sia negli affari
che in famiglia, sia a scuola che in politica, è questo: 'Primo,
suscita nell'altra persona una forte determinazione. Chi è in
grado di far questo, ha il mondo dalla sua parte. Chi non è in
grado, ha davanti a sé un cammino solitario."' L'intuizione di
Overstreet rimane vera ancora oggi.
David McDonald, presidente della Pelco Corporation,
una fiorente impresa di apparecchiature di sicurezza della
costa occidentale, ha compiuto uno splendido lavoro
76
instillando questo atteggiamento positivo e volonteroso. Egli
tratta i suoi dipendenti rispettando la loro dignità. Gli
comunica i valori d'impresa in cui possano credere. Dà loro
l'autonomia di decidere in che modo preferiscono svolgere le
loro mansioni. I risultati sono stati eccezionali.
"Abbiamo un impiegato di nome Bill Reese che lavora
nell'ufficio vendite," ricorda McDonald. "Un venerdì
mattina Bill ricevette una telefonata da un cliente di Seattle.
L'uomo era disperato. Pensava di averci ordinato mesi prima
una speciale apparecchiatura di sicurezza per un impianto di
grande importanza destinato a una compagnia di
navigazione, mi pare.
"Quando stava per completare il suo impianto, si
accorse che non aveva l'apparecchiatura della Pelco. Si rese
conto che, prima di tutto, non l'aveva mai.ordinata. Il lavoro
avrebbe dovuto essere ultimato il giorno dopo, un sabato,
altrimenti sarebbe incorso in una pesantissima ammenda.
Non sapeva che fare. Noi eravamo gli unici fornitori di
questo tipo di materiale. L'uomo telefonò a Bill prestissimo
quella mattina. Il prodotto che gli serviva era uno dei pochi
che fabbrichiamo espressamente su ordinazione. Non ne
avevamo nessuno in magazzino e, d'altra parte, ci sarebbe
77
stato bisogno di un martello speciale per installarlo sul
posto. Bill rispose che avrebbe fatto del suo meglio.
“Andò nel nostro stabilimento e scavalcò l'intero
sistema di controllo della produzione; iniziò un lavoro di
produzione da zero e convinse tutti quanti a mettersi al
passo. Mi pare che quest'ordinazione richiedesse quindici di
queste apparecchiature. Lui mobilitò il nostro reparto di
fabbricazione e lo portò al massimo dell'efficienza. Ma
quando si trattò di passare all'assemblaggio, non avevamo le
telecamere a circuito chiuso. Allora contattò il nostro
fornitore di Los Angeles e fece in modo che quindici di
queste telecamere fossero spedite direttamente da quella
città. Un incaricato le portò all'aeroporto di Los Angeles non
appena egli ebbe riappeso la cornetta. Arrivarono poche ore
dopo a Fresno, e lui era all'aeroporto per ritirarle. Bill prese
le telecamere e le portò in fabbrica, giusto in tempo per farle
montare al resto delle apparecchiature appena sfornate dalla
catena di montaggio, circa quindici minuti prima del termine
di consegna all'aeroporto.
"Bill aveva preso accordi con la United Airlines perché
trovasse posto sull'aereo diretto a San Francisco per questa
merce, che doveva essere spedita subito al nostro cliente a
78
Seattle. Così, Bill e qualcun altro portarono queste
apparecchiature all'aeroporto. Ma c'era stato un improvviso
avvicendamento e l'uomo della compagnia aerea con cui Bill
aveva parlato non era più là. Il suo collega non aveva la
minima idea di come stessero le cose. Fra lui e Bill si accese
un'accalorata discussione. A un certo punto l'uomo
dell'United Airlines guardò al di sopra della sua spalla e
disse: ‘Be', a ogni modo non importa più perché è troppo
tardi. L'aereo se ne sta andando, si allontana dal cancello.'
“Spintosi ormai fino a quel punto, Bill non aveva
intenzione di demordere. Attraversò di corsa il deposito
della compagnia, arrivò fino alla scaletta. Ormai l'aereo
aveva avviato i motori e rullava verso la pista. Bill lo
raggiunse. Gli sbarrò la strada. Richiamò su di sé
l'attenzione del pilota. L'aereo era un Jet 737. Bill lo
costrinse a fermarsi. Il pilota per poco... Be', lei sa quello
che per poco non fece. L'aereo fu portato al cancello. E,
dopo tutto quello sforzo, Bill riuscì a far caricare a bordo la
merce. Il nostro cliente la ricevette quella sera a Seattle e
ultimò la sua installazione il giorno dopo."
Quello che rende ancora più straordinario l'episodio,
sottolinea McDonald, fu che "durante tutto questo tempo,
79
niente di quanto avvenne ricevette la supervisione di qualche
manager. La dirigenza non si accorse neppure minimamente
di tutto quel movimento finché non fu finito. Non è possibile
costringere qualcuno a fare una cosa del genere. Bisogna
indurlo a volerla fare.”
E le persone possono voler offrire prestazioni del
genere soltanto se si sentono una parte importante
dell'organizzazione. Ed è per questo che è necessario che
siano rispettate e incluse in una visione aziendale che
possano comprendere. E’ per questo che devono avere degli
interessi in gioco nelle loro vite lavorative. E’ per questo che
i loro successi devono essere ricompensati, lodati e
festeggiati. E’ per questo che i loro insuccessi devono essere
affrontati con tatto. Fate queste cose. Poi tiratevi indietro e
osservate il concretizzarsi dei risultati.
Non c'è niente di nuovo in questo concetto. Una volta
fu chiesto a Dwight Eisenhower qual era il segreto che gli
aveva permesso di ammansire un turbolento Congresso.
Credete che l'ex generale abbia accennato alla disciplina
militare o ai poteri presidenziali per cui la forza ha ragione
di tutto? Neanche lontanamente. Egli parlò di persuasione.
80
“Non si comanda colpendo la gente sulla testa,” proclamò,
“questa è aggressione, non leadership."
E aggiunse: “Preferisco convincere un uomo a stare al
mio fianco, perché una volta che è stato convinto rimane. Se
lo terrorizzo, rimarrà fintanto che è spaventato, ma poi se ne
andrà."
Il potere della persuasione non è mai stato tanto
importante come oggi. La Apple Computer ha compreso
questa verità. Lo stesso vale per la Corning e per la maggior
parte delle aziende che vantano una buona gestione. Mettete
a parte gli altri di quello che state facendo. Fate che gli
appartenga davvero. Loro lavoreranno e lavoreranno, e
ancora lavoreranno.
Una volta che questo principio fondamentale è
riconosciuto e compreso, è facilissimo immaginare ogni
genere di specifiche tecniche di motivazione. Ma alla base di
tutto ci sono tre importanti concetti di comportamento
umano.
1.
I dipendenti devono essere coinvolti in tutte le
parti del processo, passo dopo passo. Qui la chiave
è il lavoro di gruppo, non la gerarchia.
81
2.
3.
I dipendenti devono sempre essere trattati come
persone. Riconoscete sempre la loro importanza e
dimostrate di considerarli con rispetto. Sono in
primo luogo persone, e in secondo luogo
dipendenti.
Il lavoro di qualità superiore dev'essere
incoraggiato, riconosciuto e premiato. Ciascuno
risponde alle aspettative. Se trattate le persone
come se fossero capaci e intelligenti, e le lasciate
fare, è esattamente così che si dimostreranno
attraverso le loro prestazioni.
Coinvolgere le persone. Nella grossa azienda
tradizionale, spesso i dipendenti si sentivano un po' alienati.
Ciascuno era un semplice numero, uno su migliaia, un
ingranaggio umano in una gigantesca ruota industriale.
Esistono letteralmente centinaia di storie, raccontate così
spesso da essere diventate una leggenda, d'impiegati
disamorati del loro lavoro che telefonano dicendosi malati o
passano più tempo oziando che dandosi da fare alle loro
scrivanie. Se gli impiegati di una ditta si sentono così vuol
dire che è condotta male. I suoi obiettivi non sono diventati i
82
loro obiettivi. Nessuna azienda può avere successo in una
situazione del genere.
Oggi, i leader di successo comprendono addetti a ogni
aspetto del processo lavorativo: ideazione, fabbricazione,
inventario, marketing.
I leader creano squadre. Non emanano ordini dall'alto.
Si rendono conto che i dipendenti che svolgono
materialmente il lavoro possono all'atto pratico prendere
delle decisioni. Indubbiamente, i dipendenti che sono
coinvolti nel vero processo decisionale rispondono meglio di
quelli che non lo sono.
L'American Airlines, ampiamente riconosciuta come la
compagnia meglio gestita di questo convulso tipo di
industria, ha istituzionalizzato una sorta di gestione del
consenso. Il presidente della società, Robert Crandall,
spiega: “L'intero concetto per cui aziende di queste
dimensioni sono dirette completamente dalla volontà di
un'entità singola è assurdo. Esisteranno forse imprese gestite
in questo modo, ma io non credo. Per la maggior parte,
società di questo tipo sono condotte su una base di consenso.
In definitiva, la decisione spetta sempre al massimo
dirigente, che deve assumersene la responsabilità. Ma il mio
83
compito consiste molto di più nell'esaminare possibilità,
nell'aggregare un gruppo e nel ricercare il consenso fra i
membri di questo gruppo, che non nell'imporre soluzioni.”
Martin Edelston, presidente della Boardroom Reports,
dirige la sua casa editrice di bollettini d'informazioni
commerdali con lo stesso sistema all'insegna del consenso:
sollecitando
costantemente
suggerimenti
dai
suoi
sessantacinque impiegati.
“Può rendersene conto quando si guarda intorno,"
afferma Edelston. “Nessuno di noi qua è uno scienziato
spaziale. Nessuno ha niente di straordinario.” Com'è
possibile allora che questi stipendiati "senza niente di
straordinario” abbiano prodotto risultati così straordinari?
"Ho chiesto a ciascuno di suggerirmi due idee per rendere
più interessanti le nostre riunioni," spiega Edelston. “Così
abbiamo ricevuto dal personale migliaia d'idee su ogni
argomento immaginabile."
L'intera forza lavoro è guidata da consigli, secondo una
modificazione del kaizen, il sistema giapponese rivolto al
continuo miglioramento. "Se mi suggerirete due modi per
migliorarmi, mi congratulerò con voi," dichiarò Edelston.
“Ditemi voi come posso compiere meglio il mio lavoro. Se
84
seguirò i vostri consigli, vi sentirete molto soddisfatti. Una
settimana dopo chiedo altri due consigli, e poi altri due, e
così qualcosa si muove. Ho preso sessantacinque impiegati e
ne ho fatto dei giganti. Ora abbiamo un'azienda con un
fatturato di oltre un milione di dollari per dipendente."
Steven Jobs e Steven Wozniak adottarono un analogo
metodo non gerarchico, quando cominciarono a formare il
quadro dirigenziale della Apple Computer. A loro non
interessava poi molto chi fosse il capo. Peter O. Crisp, socio
gestore della Venrock Assodates, una finanziaria che
sostenne la Apple nei primi tempi, sorride ancor oggi nel
parlare dello stile non ortodosso dei fondatori: "Si
chiedevano: 'Abbiamo questo marchingegno, che ha delle
compqnenti elettroniche di cui speriamo di fare molte copie.
E’ necessario fabbricarle a basso costo, e inoltre devono
essere molto affìdabili. Quale ditta nel paese è la miglior
produttrice di materiale tecnologico che abbia queste
caratteristiche?'"
La Hewlett-Packard, conclusero. “Così Jobs e Wozniak
dicevano: 'Bene, andiamo a cercare il vicepresidente degli
stabilimenti della Hewlett-Packard e assumiamolo.'
85
“Cercavano il vicepresidente della Hewlett-Packard. Se
non riuscivano a trovarlo, cercavano di scoprire chi era il
suo assistente, o quale fra gli stabilimenti della HewlettPackard era gestito meglio. Andavano a scovare chi era
l'incaricato della fabbricazione e cercavano di prenderlo al
loro servizio. Gli facevano offerte allettanti. Così si
procuravano un elemento con molta esperienza e poi gli
dicevano: 'Bene, adesso ci spieghi cosa dobbiamo fare.' E i
dipendenti della Apple assistevano il nuovo arrivato
attuando i suoi progetti.
"Hanno assunto in questo modo un addetto al
marketing, uno alla fabbricazione e uno alle risorse umane.
Loro si sono fatti da parte. Sa, a volte, quando si crea
un'azienda, il fondatore è lo scienziato capo. Può essere
riluttante ad assumere un braccio destro perché non vuole
cedere troppe azioni o troppo della sua autorità o avere
qualcuno che possa realmente sfidarlo. Gli imprenditori
possono essere molto possessivi. In questo caso è stato
l'esatto contrario. I due fondatori hanno detto: 'Adesso fate
voi.'” Così si affidarono ai loro dipendenti, coinvol gendoli
nelle sorti dell'azienda.
86
Per raggiungere risultati come quelli ottenuti dalla
Apple, bisogna seguire la regola numero due. Interessatevi
ai vostri dipendenti e fateglielo sapere: Trattare le persone
come persone. Questo è il secondo concetto fondamentale
della motivazione.
"Siate gentili coi vostri dipendenti e trattateli con
rispetto,” raccomanda David McDonald della Pelco.
"Investite generosamente in loro, e non aspettatevi che
questo produca automaticamente nuovi profitti. Piuttosto,
approfittate pienamente delle vostre risorse umane
rivalorizzate, stabilendo nuovi obiettivi ambiziosi per i
vostri dipendenti, obiettivi che si traducano in prestazioni
straordinarie a beneficio dei clienti e quindi incrementino i
profìtti."
Dite: "Salve.” Sorridete. Fate la conoscenza dei vostri
dipendenti. “I dipendenti dovrebbero essere trattati come
membri della vostra famiglia," esorta Joyce Harvey,
presidente della Harmon Associates Corporation, una
consodata interamente di proprietà della Fort Howard
Corporation. “Non potete aspettarvi che altri facciano cose
che personalmente non fareste. Dovete occuparvi
87
sinceramente dei vostri dipendenti. Così avrete in cambio lo
stesso grado di rispettò.
"Il mio ex principale aveva nel suo ufficio uno schema
con i nomi di tutti i suoi dipendenti e altri dati su di loro.
Così li conosceva per nome e conosceva le loro famiglie,
sapeva come andavano le cose per loro. Girava per la
fabbrica e diceva: 'Salve, Joe,' 'Salve, Sam,' 'Salve, Mary.'
S'interessava a loro, e glielo faceva sapere." Questo
sembrerà forse antiquato, ma è ancora più importante
oggigiorno.
Il terzo concetto fondamentale della motivazione è
importante quanto gli altri due: Riconoscere un lavoro ben
fatto. Non siate il genitore arcigno e severo che ha
angustiato l'infanzia di molti di noi. Quello che non si
felicitava con noi quando gli presentavamo una pagella con
voti eccellenti. Lui semplicemente se l'aspettava. Non
scorderemo mai la nostra delusione. La stessa delusione che
possiamo provare da adulti. C'è ancora un fanciullino in
ciascuno di noi, un fanciullino che vuole essere lodato.
Quindi non dimenticate: quando gli altri hanno fatto un buon
lavoro, vogliono sentirselo dire. Usate gli elogi con
generosità e frequenza.
88
Esistono letteralmente dozzine di semplici tecniche per
festeggiare i successi. Alla Cox Cable, Bill Geppert impiega
quelle più all'avanguardia. “Teniamo raduni," riferisce,
“incontri. Durante le nostre assemblee mensili recitiamo
delle scenette per ribadire questo messaggio e rendiamo tutti
questi obiettivi visibili alla nostra gente. Organizziamo
festeggiamenti. Carichiamo i nostri dipendenti su camion
dell'esercito, li scarrozziamo per la città e discutiamo di
come possiamo essere competitivi con i concorrenti più
agguerriti. Nelle nostre feste abbiamo avuto fuochi artificiali
e intrattenitori fatti venire per esemplificare l'estrema qualità
verso cui tendiamo. Abbiamo oratori, premi. Ai convegni
degli impiegati distribuiamo denaro. Ricorriamo a ogni
mezzo per mantenere i nostri dipendenti coinvolti ed
entusiasti."
John P. Imlay Jr., presidente della Dun & Bradstreet
Software Services, ha il suo metodo per premiare il
personale. “Per tutta la mia carriera ho avuto un motto molto
semplice: le persone sono la chiave. Ho incaricato Tiffany di
creare una chiavetta che tutti noi portiamo all'occhiello.
Sembrerà una sciocchezza. Ma a quel tempo avevamo corso
il rischio di fallire, e io volevo dimostrare la mia gratitudine
89
ai miei dipendenti. Loro si sentirono commossi quando
ricevettero questo omaggio. Una chiave d'argento per quelli
che sono con noi da meno di cinque anni. Una chiave d'oro
per quelli che hanno superato i cinque anni. E le donne con
più di dieci anni di anzianità di servizio hanno in dono un
diamante.”
Comunque scegliate di farlo, fatelo. Fate in modo che
chiunque sia coinvolto nella vostra vita sappia che lo
rispettate, che apprezzate il suo lavoro, che lui è importante
per voi e che voi volete che impari, cresca e realizzi il suo
potenziale.
Questo è ciò che si chiama motivazione.
LA MOTIVAZIONE NON PUO MAI
ESSERE FORZATA.
LE PERSONE DEVONO VOLER FARE
UN BUON LAVORO.
90
4
ESPRIMERE UN SINCERO INTERESSAMENTO
PER GLI ALTRI
Perché leggere questo libro? Perché non studiare la
tecnica del più grande conquistatore di amici che il mondo
abbia mai conosciuto? Chi sarà mai?
Può darsi che domani l'incontriate per strada. Quando
sarete a tre metri da lui, si metterà certo a scodinzolare. Se
vi fermerete a dargli qualche buffetto sulla schiena, farà
salti per mostrarvi quanto gli piacete. E voi sapete che
dietro questa dimostrazione d'affetto da parte sua non ci
sono secondi fini. Lui non vuole vendervi nessun
appartamento, e non vuole sposarvi.
Non avete mai pensato che il cane è l'unico animale che
non deve lavorare per vivere? Una gallina deve fare le
uova, una mucca deve dare latte e un canarino deve
cantare. Ma un cane si guadagna da vivere dando
nient'altro che amore.
Voi potete farvi più amici in due mesi interessandovi
genuinamente agli altri, che in due anni cercando di far sì
91
che gli altri s'interessino a voi. Consentitemi di ripeterlo.
Potete farvi più amici in due mesi interessandovi
genuinamente agli altri, che in due anni cercando di far sì
che gli altri s'interessino a voi.
Eppure io e voi conosciamo persone che si affannano
per tutta la vita a tartassare gli altri perché s'interessino a
loro. Naturalmente, non funziona. Gli altri non sono
interessati a voi. Non sono interessati a me. Sono interessati
a se stessi: la mattina, a mezzogiorno e dopo pranzo.
DALE CARNEGIE
Lynn Povich, caporedattore della rivista Working
Woman, ha passato venticinque anni della sua vita lavorando
per Newsweek. Ha cominciato come segretaria, poi è
diventata assistente e alla fine la prima donna a capo della
redazione di Newsweek. Questo l'ha messa nella posizione di
dirigere scrittori e redattori per cui una volta lavorava come
segretaria. "E stata una svolta interessante," commenta.
La maggior parte dei suoi colleghi ha reagito in modo
eccellente alla sua promozione, tutti meno uno dei redattori
della sezione sei, che ora dipendeva da lei. “Lui è stato
contrario all'idea fin dall'inizio: non perché mi avesse in
92
antipatia ma perché pensava che avessi ottenuto quel posto
solo perché ero una donna e che probabilmente non ne
avessi le credenziali. A me non ha detto niente, ma ho
saputo da parecchi altri colleghi che la pensava così."
La Povich si sforzò di non darsene pensiero. S'immerse
nel nuovo lavoro. Diede il suo contributo all'elaborazione
d'idee per nuovi servizi. Dedicò parte del suo tempo a
colloqui con gli autori. Espresse un sincero interesse per
ciascuno dei settori di cui era responsabile: medicina, mezzi
di comunicazione, televisione, religione, moda e nuove idee.
Poi, un giorno, circa sei mesi dopo aver ricevuto
quell'incarico, il suo grande detrattore entrò nel suo ufficio e
si sedette davanti alla sua scrivania. "Devo dirle una cosa,"
dichiarò. “Io ero totalmente contrario alla sua promozione.
Pensavo che fosse troppo giovane. Pensavo che non avesse
l'esperienza necessaria. Ero convinto che avesse ottenuto la
promozione solo perché era una donna.
"Ma voglio dirle quanto apprezzi l'interesse che ha
dimostrato per il suo lavoro, per gli scrittori e i redattori
della sua sezione. Prima di lei ho avuto altri quattro
caporedattori. Per me era evidente che tutti si servivano di
questo incarico come trampolino di lancio per uno più
93
importante. Nessuno mostrava un autentico interesse. Invece
è chiaro come il sole che lei prova un sincero interesse, e lo
dimostra a tutti.”
Non sorprende che la Povich abbia portato lo stesso
stile manageriale, sviluppato nel corso degli anni, nella
redazione di Working Woman. E’ necessario prendere la
gente sul serio," spiega. "Prima di tutto, non puoi essere
distante. Devi tenerti regolarmente in contatto con gli altri.
Io sono sempre in giro, parlo con tutti quanti. Abbiamo un
sistema di riunioni regolari così che ciascuno qua sa che c'è
un momento particolare, una particolare settimana, in cui
può parlarmi a quattr'occhi. Ciascuno sa quando può dirmi
quello che vuole. Io sono disponibile. M'interessa quello che
gli altri stanno facendo. M'interessa il loro lavoro, e
m'interessano loro come persone.”
Esprimere un sincero interessamento per gli altri: non
c'è modo migliore per far sì che gli altri s'interessino a voi.
Le persone rispondono a chi s'interessa sinceramente a loro.
Non possono fare a meno di rispondere.
E’ uno dei fatti fondamentali della psicologia umana.
L'attenzione che gli altri ci dimostrano ci lusinga. Ci fa
sentire speciali. Ci fa sentire importanti. Noi non vogliamo
94
allontanarci dalle persone che mostrano dell'interesse per
noi.
Vogliamo
tenercele
vicine.
Tendiamo
a
contraccambiare il loro interesse mostrando interesse per
loro.
Monsignor Tom Hartman è diventato una sorta di
leggenda fra i cattolici di Long Island, a New York. Nel
corso degli anni gli è stato chiesto di celebrare più di
tremilaottocento matrimoni e di battezzare più di diecimila
bambini. Perché tutti questi fedeli si sono rivolti a
monsignor Hartman? Non ci sono altri ecclesiastici fra cui
scegliere? Certo che ce ne sono, ma pochi riescono a
mostrare quell'intenso interessamento per il prossimo per cui
Hartman è così famoso.
Lui non presiede a una specie di catena di montaggio di
sposalizi. Il suo approccio è più studiato, individuale,
personale. Il prelato vuole conoscere il più possibile delle
due persone che sono andate da lui per essere unite nel
vincolo del matrimonio. Le invita in canonica. Va a trovare
le loro famiglie. Per parecchi mesi le guida attraverso una
serie di colloqui. In questo modo riesce a organizzare un
matrimonio armonizzato ai loro interessi e bisogni personali.
95
"Sì, celebrerò il vostro matrimonio," dice a queste
coppie, "ma non voglio che sia un semplice rituale. Voglio
scoprire il mistero che racchiude. Voglio che sia il miglior
matrimonio possibile per voi. Voglio conoscervi a fondo.
Voglio parlare con voi di quello che avete scoperto circa la
vostra relazione, di quello che suscita il vostro amore
reciproco. Voglio sapere quali sono state le vostre difficoltà
e in che modo le avete superate. E quando starete per
sposarvi, vi comunicherò quello che sono riuscito a sapere di
voi."
Un matrimonio col crisma di monsignor Hartman non è
la via più rapida e più facile per l'altare. Ma l'interessamento
personale di Hartman offre vantaggi inestimabili a queste
coppie. Grazie alla sua sollecitudine, la conoscenza
reciproca dei fidanzati si fa più profonda. "Quando vedono
quanto io abbia a cuore quel momento importante delle loro
vite, cominciano ad ascoltarmi anche su altre questioni,"
sottolinea.
Hartman adotta lo stesso approccio personale quando
gli viene chiesto di celebrare un battesimo. Vuole essere
informato sulla famiglia, sul bambino, su tutti i particolari
che rendono quella nascita così speciale per genitori e
96
parenti. Ha addirittura partecipato a corsi Lamaze con una
ragazza madre di cui si apprestava a battezzare il figlio.
Questa dimostrazione d'interessamento, egli dice, gli ha
conferito un ulteriore grado di credibilità quando si tratta
d'incoraggiare futuri padri a sottoporsi anch'essi a questi
corsi preparatori. Partecipando egli stesso alle lezioni,
riferisce il religioso. "sono riuscito a conquistarmi la fiducia
di tanti uomini e ho potuto dirgli: 'Fallo. Il matrimonio
t'introdurrà al mistero.' Molti uomini sono tornati da me in
seguito, elettrizzati dal passo compiuto, e mi hanno
confidato: 'Se non avessi avuto quell'esperienza, sarei
rimasto a guardare dentro dall'esterno."'
Ci sono molti modi diversi di dimostrare
interessamento, e per la maggior parte sono più facili del
dover
frequentare
corsi
Lamaze.
Un'espressione
d'interessamento può essere semplice come un gradevole
tono di voce quando si risponde al telefono. Nel vostro
saluto all'interlocutore introducete una nota che faccia
capire: "Sono lieto di sentirla.” Quando nel supermercato
vedete una faccia nota, salutate quel conoscente ed
esprimete un sincero piacere per l'incontro.
97
Sorridete agli altri. Imparate correttamente i loro nomi e
i loro titoli di studio. Ricordate i loro compleanni.
Chiedetegli come stanno i loro mariti o mogli, i loro figli.
"Ho sempre saputo che Clarence MacAllister era alla
Bristol-Myers,"
racconta
David
S.
Taylor,
segretario-tesoriere della H.G. Wellington, una società
finanziaria d'investimento e d'intermediazione. "Nello stesso
istante in cui c'incontravamo, scattava questo meccanismo
mnemonico. Le due cose sono abbinate nella mia memoria.
Non è da tutti. Io dispongo di una banca di ricordi che
connette le persone agli affari."
Non si sa mai quando questi nomi possono essere utili.
Taylor imparò questa lezione quand'era funzionario
nell'industria dei liquori. "Quando lavoravo per la Canada
Dry," ricordò, “per me era importante, anche se può essere
difficile capire perché, conoscere dipendenti di compagnie
aeree. Il fatto è che esse costituiscono un'enorme clientela.
La Grumman Aircraft offriva pasti a moltitudini di persone,
e aveva un mucchio di distributori automatici di bevande.
"Era un modo per entrare in contatto diretto con loro.
Uno poteva telefonare: 'Senta, ho un problema col taldeitali.'
98
Il fatto di ricordare quei nomi e poter fare quelle
associazioni era enormemente utile.”
Taylor si servì di questa tecnica come base per creare
relazioni sincere. Dedicando del tempo alla memorizzazione
dei nomi di persone e dei dati connessi, è stato in grado di
aiutarle a mettersi in contatto fra loro e di risolvere i loro
problemi.
Non limitate queste manifestazioni d'interessamento
alle cosiddette persone "importanti" nella vostra vita.
Probabilmente di attenzione ne hanno già ricevuta a iosa.
Non dimenticate segretarie, assistenti, impiegati, fattorini e
tutte le altre persone a cui non siete abbastanza riconoscenti,
che vi agevolano la vita. Chiedete come vanno le cose per
loro. E’ la cosa giusta da fare... E resterete sorpresi nel
constatare con che celerità la corrispondenza arriverà alla
vostra scrivania la mattina.
L'interessamento per gli altri è sempre stato una
caratterisfica personale di Adriana Bitter, presidente della
Scalamandré Silks. Un giorno, nel passare per la sezione
dove veniva fabbricata carta da parati, udì per caso il capo di
quel reparto chiedere a un dipendente: “Come stai, Louie?"
99
"Oh, non troppo bene," rispose Louie, "soffro di
depressione.”
La Bitter si avvicinò e gli domandò: “Come mai?"
"Ho paura dell'altezza e dei posti chiusi," spiegò Louie.
“Adesso dovrei prendere un aereo per andare a Portorico per
le vacanze di Natale e sono terrorizzato."
La Bitter gli rivolse qualche domanda e poi gli
consigliò: “Credo che sarebbe una buona idea se si
consultasse con un medico."
“Sì, ci sono andato da un medico," obiettò l'uomo, “e
ho dovuto salire fino al trentaduesimo piano: che fifa!"
"Farebbe meglio a trovare un dottore che stia al primo
piano," suggerì la Bitter.
“Sa, signora Bitter, due notti fa ho fatto un sogno. Ho
sognato che avevo un terrore folle, e lei è venuta da me e mi
ha preso fra le braccia e mi ha detto di non preoccuparmi.”
Allora la Bitter lo abbracciò e disse: “Non si preoccupi.
Passerà. Faccia qualche respiro profondo.”
Parlarono ancora un po'.
L'uomo cominciò a ridere e propose: "Perché non viene
sull'aereo con me?"
100
La Bitter rise con lui. "E’ partito ieri," annunciò
qualche giorno dopo. "Quindi penso che stia bene.”
Le persone rispondono immediatamente a una schietta
espressione di calore umano. Dunque, siate sinceri.
L'interessamento onesto e sincero dev'essere costruito con
l'andare del tempo.
Un modo splendido per aprire una conversazione, anche
una conversazione d'affari, è quello di accennare a un
particolare che si collega in qualche modo all'interlocutore.
Può trattarsi di un quadretto appeso al muro dell'ufficio, di
un portamatite fatto da un bambino, di una racchetta da
squash appoggiata a un angolo della stanza. Fate un
commento che esprima interessamento, ammirazione o
calore umano. O fate una domanda di analogo tenore: "Che
meraviglia quel quadro. Chi è l'artista?" Oppure: "Il
bambino che le ha fatto questo regalo deve volerle un
mondo di bene. Scommetto che è uno dei suoi figli."
Oppure: "Lei gioca a squash? Mi hanno detto che è un gioco
difficile da imparare." In nessuna di queste osservazioni c'è
qualcosa di profondo. Ma tutte rivelano un fondamentale
interesse personale per l'altro, e mettono in relazione in
modo positivo e garbato.
101
E’ su dimostrazioni d'interessamento di questo genere
che si basano le relazioni umane di successo. Sono i piccoli
particolari che dicono: "Lei è importante per me. Lei
m’interessa. Mi sta a cuore.” Quasi a nessuno a questo
mondo spiace sentirsi rivolgere simili attenzioni.
Tutto andava bene per Steven e Robin Weiser. Steven
faceva affari d'oro con la sua agenzia di assicurazioni.
Avevano una splendida casa in periferia. Lui era un
munifico filantropo. La loro figlia maggiore frequentava il
primo anno all'università di Yale, e le figlie minori, due
gemelle, si facevano onore alla scuola media.
Ma la sera di un sabato, mentre Steven e Robin
cenavano in un ristorante, lui fu stroncato da un attacco di
cuore. Aveva soltanto quarantacinque anni.
Al funerale parteciparono centinaia di persone. La sua
scomparsa aveva commosso amici, colleghi, dirigenti
d'istituzioni benefiche da lui sovvenzionate. Molti di loro
fecero telefonate di condoglianze alla sua famiglia.
Ciò che aveva commosso, quasi quanto la sua fine
prematura, fu quello che sua moglie disse quella sera: “E’ un
peccato che Steven non sapesse a quanta gente aveva toccato
il cuore, quanti fossero quelli che gli volevano bene."
102
Possibile? Con tutti quegli amici e colleghi? Con tutto
l'impegno che aveva profuso a favore dei bisognosi?
Evidentemente, poche di queste persone gli avevano detto
quello che provavano per lui.
Non fate lo stesso errore. Quando provate dell'affetto
per qualcuno, un amico, il coniuge, un collega, fateglielo
sapere in tutti i modi. E fatelo fintanto che ne avete la
possibilità.
Ancora più importante dell'esprimere a parole
interessamento è il mostrarlo. La società Harrison
Conference Services organizza convegni e seminari,
occupandosi di tutti i fattori logistici, in modo che i clienti
possano concentrare le loro energie sulla reale sostanza dei
lavori. Per prosperare, un'azienda come la Harrison deve
continuamente mostrare ai suoi ospiti che è sinceramente e
costantemente interessata a loro.
Non è sufficiente disporre di eccellenti strutture per
conferenze, come quelle che indubbiamente la Harrison può
vantare. Non basta avere sale sontuose, una cucina di
prim'ordine, un apparato audiotelevisivo ad alta tecnologia o
una ricca possibilità di scelte ricreative. La Harrison
possiede tutto questo, ma se gli ospiti non sentissero di
103
essere trattati con interessamento e rispetto, darebbero la
loro preferenza a imprese concorrenti.
"Ricordo un ospite che partecipava a uno dei nostri
convegni internazionali," rievoca Walter A. Green,
presidente della Harrison. “Veniva dalla Cina. Una delle
nostre hostess lo sentì per caso confidare a qualcuno che
sentiva la mancanza della cucina del suo paese. Per
combinazione, la donna era una cuoca cinese immigrata. Il
giorno dopo andò a casa e preparò dei piatti cinesi speciali e
li portò sul posto di lavoro. L'ospite si mostrò commosso
oltre ogni dire per questa sollecitudine nei suoi confronti e
per il piacere e la soddisfazione di potere far assaggiare
specialità del suo paese agli altri commensali."
L'atto della hostess comunicava questo: “Noi siamo
interessati,
sinceramente
interessati,
continuamente
interessati a lei.” Chi non apprezzerebbe questo genere di
attenzione?
Fortunatamente, questo modo di relazionarsi con gli
altri è un'abitudine di facile apprendimento e molto
gratificante. Tutto quello che ci vuole è la presa di coscienza
di quanto sia importante e un poco di pratica. Fatene la
prova con la prima persona che incontrerete: "Com'è andata
104
con quella casa per le vacanze che aveva intenzione di
comprare?” Oppure: “Che vista stupenda si gode da qua.
Verrebbe voglia di stare alla finestra tutto il giorno."
Cominciate ad adottare questo sistema e vedrete che
diventerà rapidamente un'abitudine naturale nella vostra vita.
Prima ancora di rendervene conto, esprimerete
interessamento, mostrerete interessamento e sarete in effetti
più interessati a coloro che vi circondano. Il beneficio
aggiuntivo è che uno schietto interessamento per gli altri vi
farà uscire da voi stessi, rendendovi meno ossessionati da
quelli che possono essere i vostri problemi.
Più sarete interessati agli altri, più le vostre relazioni
personali saranno soddisfacenti e meno vi capiterà di
rimuginare pensieri negativi. Un ritorno di non poco peso
per qualche parola gentile.
Harvey Mackay, autore di successo di libri sul modo di
condurre gli affari, iniziò la sua carriera in una fabbrica di
buste. Fu qui che imparò molte delle lezioni di cui si
compongono i suoi best-seller. “Sono molto bravo a lavorare
sulle doti creative," afferma Mackay, "e quando dico una
dote creativa non parla di qualcosa che sia caro e costi
denaro."
105
Uno dei suoi venditori di buste non gli sembrava
professionalmente molto dotato. “Lo giudicavo un venditore
di serie C," ricorda. “Una volta, mi ha detto che uno dei suoi
acquirenti aveva una bambina piccola, così è sceso a
comprare un regalo. Bene, questo è magnifico. Ma il regalo
non era per la bambina. Era per il fratellino, che era geloso.
Un marmocchio di un anno e mezzo. Quel solo gesto mi ha
colpito immediatamente. Da quel momento non l'ho più
considerato di serie C. Adesso è il nostro direttore delle
vendite.”
Esprimere questo tipo d'interessamento per gli altri è
particolarmente importante quando sei un ragazzino nuovo
nell'isolato. Bill Clinton sembrava averlo già imparato da
piccolo, il primo giorno che si presentò all'asilo. Si mostrò,
ha raccontato in seguito la sua maestra, caloroso con gli altri
bambini e interessato a loro in modo addirittura
commovente.
"Ciao," diceva a tutti. "Io mi chiamo Bill. E tu?" Niente
di speciale? Può darsi. Ma nessuno dei suoi ex compagni di
classe di Hope, nell'Arkansas, mostrò la minima sorpresa
quando Billy fu eletto presidente degli Stati Uniti.
106
Rivolgere un saluto aperto, cordiale e improntato a un
sincero interessamento è altrettanto importante quando siete
un nuovo arrivato in un ufficio o aprite un nuovo negozio in
città. Il messaggio non dovrebbe essere: sono qua, adesso
cosa potete fare per me? Dovrebbe essere invece: sono qua,
adesso, cosa posso fare per voi?
Quindi offritevi come volontario per l'ospedale locale.
O come allenatore per una squadra di calcio di ragazzi.
Entrate nell'assodazione genitori e insegnanti. Datevi da fare
per le organizzazioni assistenziali locali. Sono tutti sistemi
per mostrare interesse per la comunità, per dire: "Questo
luogo mi sta a cuore." L'una o l'altra di queste iniziative vi
aiuterà a fare nuove conoscenze in un ambiente dove vi
sentirete a vostro agio. Sarà anche un diletto. Vi farà sentire
soddisfatti di voi stessi. Vi aiuterà a sviluppare nuove
relazioni, ad acquistare fiducia in voi stessi e a tirarvi fuori
dalla vostra cerchia ristretta.
Dale Carnegie comprese questa verità. "Se volete
piacere agli altri," scrisse, "se volete stringere vere amicizie,
se volete aiutare gli altri e nello stesso tempo aiutare voi
stessi, tenete ben presente questo principio: interessatevi
sinceramente agli altri."
107
A questo riguardo non c'è dubbio che Carnegie abbia
messo in pratica quanto predicava, anche a casa con la sua
famiglia. J. Oliver Crom, che oggi è presidente della Dale
Carnegie & Associates, lo scoprì la p rima volta che
s'incontrò con quelli che sarebbero diventati i suoi suoceri.
“Dire che l'idea di fare la conoscenza di Dale Carnegie
mi rendesse nervoso sarebbe dir poco,” ricorda Crom. "Be',
gli bastarono pochi secondi per mettermi a mio agio,
parlandomi di me. Lo fece ponendomi delle domande.”
Carnegie semplicemente espresse dell'interessamento per il
giovanotto che sua figlia Rosemary aveva portato in casa
sua.
“Prima di tutto dissi: 'Lieto di conoscerla, signor
Carnegie.' E lui fece: 'Oh, ti prego, chiamami Dale. Signor
Carnegie suona così formale.' E poi aggiunse: 'Dunque, lei è
nato ad Alliance, nel Nebraska, se ho capito bene.' 'Sì,
esatto,' confermai. E lui: 'Dimmi un po', ad Alliance c'è
ancora la stessa gente, meravigliosa che c'era tanti anni fa
quando facevo il venditore in quella zona?' 'Sì,' risposi, 'c'è
ancora.' E lui: 'Parlami un po' di qualcuno dei tuoi
condttadini e di te.' Così mi fece parlare di me stesso e di
Alliance."
108
A partire da questo incontro i progressi furono rapidi.
"Facevamo passeggiate nei parchi. Coltivavamo il suo
roseto. Andavamo insieme a teatro. Prendevamo la
metropolitana e andavamo a vedere Il desiderio del settimo
anno, allora in scena a Broadway. Non ricordo gran che
della commedia, ma ricordo che quando andammo a fare
quattro passi nel parco di Forest Hills lui conosceva tutti i
frequentatori abituali. Conosceva il poliziotto. Conosceva
tutti i cittadini che portavano a spasso i loro cani e li
chiamava per nome. Tutti si fermavano a salutarlo. A quel
tempo non mi rendevo conto di quanto questo fosse insolito.
Venivo dal Midwest, e pensavo che fosse una cosa
normale.”
Stephen Ghysels, oggi presidente della Bank of
America, imparò con le cattive quanto sia importante
provare un interessamento sincero per gli altri.
Ghysels esordì precocemente e alla grande. Alla fine
degli anni ottanta, laureato di fresco, era già funzionario in
una grande società d'investimenti. A soli venticinque anni,
aveva un appartamento in stile Art Déco nella zona
occidentale di Los Angeles e una Mercedes nel vialetto
109
privato. “Ero convinto di essere arrivato e volevo che la
gente lo sapesse. Ero pieno di spocchia.
“Ma quando, nel 1990, cominciò a prospettarsi la
recessione,” confessa Ghysels, "il mio principale mi
convocò nel suo ufficio e mi annunciò: 'Steve, non c'entra il
tuo rendimento. E’ il tuo atteggiamento che non va. In
questo ufficio non piace proprio a nessuno lavorare con te.
Temo che dobbiamo separarci.'
"Rimasi di sasso. Ma come: io, mister Successo.
licenziato? Ero sicuro che avrei trovato subito un altro posto
strapagato da funzionario. Errore. Benvenuto in zona
recessione, Steve!
“Dopo parecchi mesi di frustrante ricerca di un nuovo
lavoro, la scorza di arrogante sicurezza si staccò mettendo a
nudo uno spesso strato di paura. Per la prima volta nella vita,
persi la fiducia in me stesso e caddi in preda al panico. Dato
che in precedenza mi ero alienato le simpatie di tutti, non
potevo rivolgermi a nessuno, non avevo nessuno con cui
parlare. Ero solo.”
Soltanto allora Ghysels imparò a interessarsi agli altri.
Cominciò ad ascoltare. Cominciò a non preoccuparsi solo di
se stesso ma anche degli altri. Poté vedere sotto una nuova
110
ottica le proprie difficoltà, incontrando persone che si
trovavano in condizioni molto peggiori delle sue. Si aprì agli
altri e diventò più umano, più amabile e infinitamente più
disponibile.
"Ho cominciato a guardare gli altri sotto una luce
diversa," ricorda. “Il mio atteggiamento è cambiato. La mia
sensibilità si è modificata. Provavo meno paura. La mia
mente si apriva. E gli altri cominciavano ad accorgersene.
La qualità della mia vita era migliorata, anche se ho dovuto
vendere l'appartamento e la Mercedes.
"Sono passati tre anni da allora, e ho di nuovo un posto
da funzionario: solo che questa volta sono circondato da
collaboratori che posso in tutta onestà definire amici.”
NON C’E’ NIENTE DI PIU’ EFFICACE
E FRUTTUOSO
DEL MOSTRARE UN SINCERO
INTERESSAMENTO
PER GLI ALTRI.
111
5
VEDERE LE COSE DAL PUNTO DI VISTA
DELL'ALTRA PERSONA
L'anno scorso avevo bisogno di una segretaria e misi
un annuncio sul giornale, dando un numero di casella
postale. Avrò ricevuto trecento risposte. Quasi tutte
cominciavano all'incirca così: “Mi riferisco al suo annuncio
comparso sul Times di domenica scorsa, sotto Casella 299.
Vorrei candidarmi al posto da lei offerto. Ho ventisei anni
ecc...”
Ma una donna si dimostrò particolarmente intelligente.
Non parlò di quello che voleva. Parlò di quello cbe io
volevo. “Caro signore,” diceva più o meno la sua lettera,
“probabilmente avrà ricevuto due o trecento lettere in
risposta al suo annuncio. Lei è un uomo indaffaratissimo, e
probabilmente non avrà avuto il tempo di leggerle tutte.
Quindi se vuole cortesemente telefonare subito alla tale,
numero tataltro, sarò lieta di venire da lei e aprire le buste,
gettare le lettere cbe non fanno al caso suo nel cestino della
carta straccia e mettere le altre sulla sua scrivania per
112
sottoporle alla sua attenzione. Ho quindici anni di
esperienza..."
Proseguiva menzionando gli uomini importanti per cui
aveva lavorato. Quella lettera mi fece toccare il cielo con un
dito. Afferrai subito il telefono e le dissi di venire, ma ero
arrivato troppo tardi. Un altro datore di lavoro se l'era già
accaparrata. Una donna come quella ha il mondo degli
affari al suoi piedi.
DALE CARNEGIE
Molto tempo prima che avesse messo piede in Madison
Avenue, il genio della pubblicità, Burt Manning, voleva
diventare uno scrittore. Non un copywriter, ma un narratore.
Così, il giovanotto sgobbava ogni giorno alla sua macchina
da scrivere, sfornando racconti, romanzi e quelli che
giudicava drammi avvincenti. Ma, come la maggior parte
dei giovani scrittori, non ce la faceva a sbarcare il lunario
con i suoi scritti. Aveva bisogno di un lavoro per pagare le
bollette.
Non trovò altra soluzione che la vendita porta a porta.
Vendette enciclopedie, utensili da cucina e perfino, in vecchi
quartieri popolari della nativa Chicago, terreni cimiteriali.
113
Quest'ultimo prodotto si dimostrò il più lucroso: ma
non subito, e questo non per mancanza di buona volontà.
Ogni sera, dopo un intero giorno passato alla macchina da
scrivere, Manning indossava completo e cravatta. Prendeva
la sua cartella di venditore e andava a bussare alle porte
della gente. A chi gli apriva esaltava entusiasticamente i
vantaggi degli investimenti in terreni da sepoltura: il rapido
incremento demografico di Chicago avrebbe certamente
determinato una grande richiesta di posti in cimitero,
assicurava, e poi la garanzia di cinque anni con cui la sua
ditta assicurava il rimborso, se non erano soddisfatti, faceva
sì che l'affare non presentasse rischi.
"Si trattava effettivamente di un ottimo investimento a
basso costo, e io ne ero convinto. Ma non riuscivo a vendere
niente. Non affrontavo la questione dal punto di vista dei
potenziali clienti. Invece di far leva sui loro interessi più
importanti, continuavo a concentrarmi sugli aspetti
finanziari dell'affare. Ma il prodotto che volevo vendere
presentava aspetti molto più importanti a cui non avevo
pensato."
Manning aveva mancato di porsi l'interrogativo
fondamentale. "Io dovevo chiedermi: 'Che cosa realmente
114
importa a queste persone? Che cosa le distingue per il loro
modo di pensare da altre che io posso conoscere? Che cos'ho
da offrire che possa farle sentire soddisfatte di se stesse e di
quello che stanno facendo per le loro famiglie?'"
Una volta che questi interrogativi furono posti, fu
abbastanza facile trovare la risposta. “Il quartiere era il Back
of the Yards, a tessuto etnico molto omogeneo,” precisa
Manning. "L'unità familiare era estremamente importante.
Tutti erano molto vicini ai loro familiari: cugini, nonni, zii,
zie. Restavano uniti. Non volevano lasciare il loro
quartiere."
Neanche dopo la morte, immaginò Manning. Quindi,
invece di parlare d'investimenti e di finanza, pensò che
avrebbe dovuto parlare di famiglia, di vicinato e
dell'opportunità di non allontanarsene. Quel terreno di
sepoltura, osserva, ripensando a quei tempi, "effettivamente
offriva a quei cittadini la possibilità di avere, se lo volevano,
l'intera compagine familiare in un camposanto che avrebbero
potuto visitare agevolmente, invece di dover fare due o
trecento chilometri per pregare sulla tomba del nonno o del
bisnonno. Queste erano cose molto importanti per loro.
115
"All'inizio non me ne ero reso conto. Sapevo soltanto
che offrivo un ottimo investimento a un prezzo ragionevole,
ma questo a loro non interessava. Non avrebbero accettato
questo tipo di offerta per simili motivi.
“Non appena ho capito quello che gli stava realmente a
cuore, quello che volevano, e gli ho mostrato con quanta
facilità avrebbero potuto averlo, i miei affari sono andati a
gonfie vele."
Manning, che poi conobbe una carriera di successo
come direttore dell'agenzia pubblicitaria J. Walter
Thompson, ebbe la fortuna d'imparare questa lezione molto
presto nella vita: Guardare le cose dal punto di vista
dell'altra persona. E’ la chiave fondamentale per farsi strada
nel mondo.
Per Manning, l'altra persona era la casalinga di Chicago
e suo marito. Ma avrebbe potuto benissimo essere il
principale, il collega, il dipendente, il cliente, la moglie,
l'amico, o il figlio. Avrebbe potuto essere chiunque. Il
principio fondamentale, cerca sempre di comprendere le
cose dal punto di vista dell'altro, vale per tutti quanti.
"In futuro ci sarà una richiesta molto maggiore di
leader," prevede Bill Makahilahila della SGS Thompson,
116
una fabbrica su scala mondiale di semiconduttori. "Che tu
sia un portiere o un receptionist, devi imparare a trattare con
la gente. Se pensi che il fatto di avere una posizione ti
conferisca l'autorità di passare sulla testa degli altri, ti sbagli,
questo non è più vero. Devi cominciare a pensare tenendo
conto degli interessi altrui."
Una volta che questo atteggiamento si afferma in
un'azienda, ha osservato Makahilahila, ne scaturisce un
nuovo tipo di comunicazione. "Se impari a pensare tenendo
conto degli interessi del tuo principale, inizi su una base
nuova. Cominci ad avere un dialogo aperto. Non pensare
solo a te stesso. Non pensare soltanto alle tue necessità.
Pensa a quelle di George o di Sandy. E pensa a che tipi di
domande dovresti porre per arrivare a scoprire quali sono le
loro necessità.”
I risultati possono essere straordinari anche nelle vostre
relazioni personali.
“Poco tempo fa mio nipote di quattro anni, Jordan, è
venuto a dormire da Maxine e me,” racconta Vern L. Laun,
uno degli uomini d'affari più in vista di Phoenix. "Quando si
è svegliato, quel venerdì mattina, alla Tv c'era il notiziario e
io leggevo il giornale. Il bambino ha visto che non ero
117
interessato alla televisione, mentre lui voleva vedere i
cartoni animati.
"'Gnoggno,' mi ha detto - non è ancora capace di dire
‘nonno', -'vuoi che spengo la Tv così puoi leggere meglio il
giornale?' Ho capito che voleva guardare i cartoni animati.
Allora ho detto: 'Spegnila pure. Oppure, se vuoi, guarda
qualcos'altro.'
"Immediatamente, prende il telecomando, si stende sul
pavimento e passa a un canale che trasmette cartoni animati.
Aveva solo quattro anni, ma il suo primo pensiero è stato:
'Cosa vuole Gnoggno, in modo che io possa ottenere quello
che voglio?'"
Barbara Hayes, vicepresidente del marketing della
catena Lerner di New York, è quasi ossessiva quando parla
di questo argomento. Nel suo caso - come per molti
dettaglianti - l'altra persona è il cliente.
Il processo, per quanto riguarda la Hayes, inizia ancor
prima che un potenziale cliente metta piede in un negozio
Lerner. “In certi centri commerciali abbiamo venti metri di
muro prima dell'ingresso," spiega. "Così il cliente ha
ottantacinque secondi per decidere se entrare in quel negozio
oppure proseguire.” Tale decisione subitanea, moltiplicata
118
per milioni di volte, determina in larga misura il successo o
meno di quel negozio Lerner. Come si espresse la Hayes, 1a
mia partita si gioca nel giro di quegli ottantacinque secondi.”
Il commercio al dettaglio, altamente competitivo, è
all'avanguardia per quanto riguarda l'analisi della visione del
mondo dal punto di vista del cliente.
Tutti noi siamo stati in un negozio gestito male. I
commessi fanno crocchio, chiacchierando fra loro. Un
cliente che entra si sente come un intruso in un circolo
privato. Pretende di essere servito? I commessi sono troppo
annoiati, troppo scocciati o troppo indaffarati per essere
interrotti da un semplice cliente.
Ma l'era del servizio apatico al cliente è finalmente
tramontata. Gli acquirenti hanno detto basta. Oggi, i negozi
che non si adeguano alla nuova etica per cui il cliente è tutto,
tendono a uscire in fretta dalla scena degli affari, trascinando
con sé i loro poco zelanti commessi.
Il compianto Sam, Walton impiegava "salutatori" a
tempo pieno per i suoi supermercati Wal-Mart: il loro lavoro
consisteva unicamente nello starsene a lato delle porte, nel
salutare i clienti e nell'indicargli la giusta direzione. Perché?
Non soltanto per il senso dell'ospitalità che l'Arkansas aveva
119
instillato in Walton. Egli era abbastanza saggio da vedere la
sua attività con gli occhi dei clienti. Eccoli entrare in
quell'enorme emporio sfolgorante di luci, stracolmo di
merci, senza sapere da che parte dirigersi. Il pubblico ha
bisogno di essere indirizzato. Apprezza i negozi dove gli
viene fornita una guida. E se può localizzare subito gli
articoli che cerca, è più facile che li compri. Questo farà
contento il cliente, con beneficio del negozio. Un cliente
soddisfatto fa l'interesse di qualsiasi esercizio.
"Superate le aspettative dei clienti.” Questa è sempre
stata una delle regole di Sam Walton. “Se lo fate, torneranno
più e più volte. Dategli quello che vogliono e un po' di più.”
La catena di grandi magazzini Nordstrom è riuscita a
vendere anche durante la recessione della fine degli anni
ottanta e dell'inizio degli anni novanta. La priorità assoluta
di tali empori è questa: vedere le cose con gli occhi del
cliente.
"Nordstrom è il dettagliante più temuto del mondo,"
sostiene il consulente commerciale Denis E. Waitley. "Mia
moglie, Susan, ha scoperto che i suoi commessi sono i
migliori alleati del cliente. Ha comprato due paia di scarpe
Nordstrom e dopo averle portate per due settimane le ha
120
restituite. Un paio di scarpe le faceva male, e loro hanno
preso indietro entrambi i modelli. Nessun problema. Si può
fare. Il cliente è sempre il re o la regina. I clienti sono
altezze reali, trattati come noi vogliamo essere trattati. La
regola è questa."
Malgrado ciò, Waitley non era preparato alla telefonata
che una sera ricevette a casa sua. Era in linea una donna
dalla voce che sprizzava cordialità.
Dice: "Salve, posso parlare con la signora Susan
Waitley, per favore? Sono Martha, la sua addetta al servizio
del cliente dell'emporio Nordstrom."
Waitley rispose: "Martha, lei dev'essere una commessa
che cerca di guadagnarsi punti extra. Cos'è che vuole? Sto
per cenare, e non ammetto interruzioni mentre mangio.
Cos'ha da dire a Susan?"
E lei: "Sono arrivate in negozio le scarpe della misura e
del colore chiesti da Susan, e sto per consegnarle dopo il
lavoro.”
Waitley: "Se ricordo bene, lei abita nella Contea Sud.
Noi abitiamo nella Contea Nord, che è fuori dal suo
itinerario. Io mi metto a tavola fra cinque minuti, e questo
121
non le dà abbastanza tempo da poter venire. Grazie
comunque per averci provato.”
E la donna: “Le sto telefonando col mio cellulare: sono
nel vialetto di casa sua."
"Oh, allora entri pure," fece Waitley.
Così Nordstrom realizzò una vendita, e perfino Waitley
dovette ammettere di essere sbalordito. Il negozio vedeva le
cose tenendo in gran conto gli interessi dei clienti.
Lo slogan non era: come possiamo fare affari nel modo
più conveniente per noi? Era invece: come possiamo fare
affari nel modo più conveniente per voi? Fare la gioia del
cliente: la morale è tutta qua. E non c'è modo di prendere
tutte quelle decisioni senza guardare le cose con gli occhi
del potenziale cliente.
Per ogni prodotto che vende, la Dun & Bradstreet
Software Services crea un “consiglio dei clienti”.
“Noi non immettiamo sul mercato un prodotto, finché il
consiglio dei clienti non ci ha indicato che per loro
rappresenta una priorità," specifica John Imlay, il presidente
della ditta. “Loro presentano un elenco di priorità. Noi
presentiamo un altro elenco, con le caratteristiche e le
funzioni del prodotto. Noi vogliamo essere competitivi e i
122
clienti vogliono soddisfare le loro necessità. Loro ci
forniscono le informazioni che ci servono e noi siamo
orgogliosi di risolvere i loro problemi e andare incontro alle
loro esigenze."
Questo non è considerato un lusso alla Dun &
Bradstreet. E una componente essenziale del modo di
condurre gli affari. “Noi non potremmo sviluppare un
prodotto senza le indicazioni della clientela," dichiara Imlay,
“verremmo a trovarci in una torre d'avorio, e ne faremmo le
spese.”
Quest'offica rivolta verso l'esterno non dovrebbe
limitarsi ai clienti. Vale anche per dipendenti, fornitori,
chiunque altro entri in contatto con voi ogni giorno.
David Holman dirige il settore esportazioni dell'azienda
agricola australiana John Holman & Co. Un giorno gli toccò
il compito ingrato d'informare uno dei suoi principali
coltivatori di una notizia tremenda: il nuovo prezzo dei suoi
prodotti sul mercato estero si sarebbe dimezzato rispetto a
quello preventivato.
Come prevedibile, l'uomo rispose al telefono con un
tremito di panico nella voce. La situazione parve così grave
123
che Holman decise di affrontare due ore di macchina per
raggiungere la sua fattoria e parlargli di persona.
Quando arrivò sul posto, l'agricoltore si trovava nei
campi, che erano un mare di fango. Holman prese in prestito
una delle sue paia di stivali e andò a cercarlo.
"Adesso cos'ha intenzione di fare?” gli chiese in tono
preoccupato quando lo vide.
Il coltivatore gli parlò di quanto avesse investito in
termini di sforzo e di tempo nel raccolto di quell'annata, del
peso economico del lavorare la terra negli anni novanta e
della sua delusione per i prezzi correnti.
Holman lo ascoltò con viva partecipazione. Non ebbe
difficoltà a comprendere il suo punto di vista, i suoi evidenti
e gravi problemi. Si limitò a esprimere una calda
preoccupazione personale. Ma questo fu sufficiente. Con
grande sorpresa di Holinan, senza che neppure dovesse
accennare al prezzo che aveva offerto o parlare dell'acquisto
del raccolto, l'agricoltore disse: "Capisco che lei è sincero
con me e che comprende la mia situazione. Accetto la sua
offerta nella speranza che le cose migliorino presto per tutti
e due.”
124
Dunque, mettetevi "negli stivali”, nei panni dell'altro.
Non c'è modo migliore per sdrammatizzare una situazione
difficile.
"Avevamo una piccola fabbrica di tappeti in Cina,"
riferisce Adriana Bitter, presidente della Scalamandré Silks.
"Il giorno del massacro di piazza Tiananmen, quando niente
funzionava per le grosse industrie, il nostro piccolo opificio
fece eccezione. Quel giorno inviammo un telegramma per
dire quanto fossimo spiacenti per le sofferenze degli operai
cinesi. Non accennammo minimamente all'enorme
ordinazione prevista per l'Inghilterra la settimana dopo.
Pensavamo: 'Niente da fare. Impossibile che eseguano
consegne.' Invece ricevemmo questa risposta: 'Grazie per il
vostro telegramma. Abbiamo provveduto alla vostra
ordinazione questa mattina.' Non so come fecero a far uscire
quella merce dalla Cina, ma ce la fecero. Abbiamo un buon
rapporto con quella piccola fabbrica sui monti."
Vedendo le cose dal punto di vista degli operai
dell'opificio, la Bitter ottenne l'impossibile: la consegna
della partita. Quest'attenzione ossessiva al servizio del
cliente è una questione di vita o di morte in ogni attività
commerciale. Alla Harrison Conference Services significa
125
migliorare i servizi per la clientela femminile od offrire un
menù più soddisfacente dal punto di vista dietetico e
nutrizionale. Nessun problema. Si può fare.
E non basta aspettare semplicemente che la cassetta dei
suggerimenti si riempia o che il postino recapiti le lettere di
protesta. E’ d'importanza vitale stare un passo in avanti
rispetto ai clienti. Gli imprenditori intelligenti pensano
sempre a quello che il cliente vorrà poi: fra qualche giorno,
qualche settimana, qualche mese. Tutto quanto rientra nel
considerare le cose nei termini degli interssi dell'altra
persona: il contrario dell'atteggiamento di chi si chiede che
cosa una data situazione abbia da offrire a lui.
Sicuramente non c'è penuria sul mercato di
pubblicazioni sul mondo degli affari - riviste, libri, bollettini,
servizi telefonici di scambi di dati e messaggi tramite reti e
BBS (Bullettin Board System), rapporti via fax - ma la
maggior parte di queste pubblicazioni, Edelston ne era
convinto, non comunicavano le informazioni pratiche di cui
tanti uomini d'affari sentivano acutamente la mancanza.
"Sono dedicate quasi esclusivamente a notizie commerciali.
Non ti dicono, in termini pratici, come trattare coi tuoi
dipendenti, come ridurre i costi dell'assistenza sanitaria. Sì,
126
ti parlano del problema dell'assistenza sanitaria, ma non di
come cercare di risolverlo.” Così Edelston fondò una
società, la Boardroom Reports, per colmare questa lacuna.
Ci vuole un genio per immaginare una cosa del genere?
Diremmo di no. Ci vogliono dei leader che si chiedano di
continuo: "Come giudica il cliente la nostra ditta? Quale sarà
la prossima esigenza del cliente?”
Praticamente ogni azienda può trarre beneficio da una
simile visione del mondo.
“L'anno scorso," riferisce Jan Carlzon, presidente della
compagnia aerea SAS, "ognuno dei nostri dieci milioni di
clienti è entrato in contatto con circa cinque dei nostri
dipendenti. Questi cinquanta milioni di momenti di verità
sono i momenti che in ultima analisi determineranno il
successo o meno della SAS."
La visione delle cose attraverso gli occhi dell'altra
persona non si determina da sé. Gli interrogativi non sono
complicati, ma devono essere posti. Poneteveli sul posto di
lavoro, in famiglia, nell'ambiente sociale. Non tarderete a
vedere le cose come le vedono gli altri.
Quali esperienze di vita portano l'altra persona a questa
interazione? Che cosa cerca di ottenere in questa situazione?
127
Che cosa cerca di evitare? Quali altre persone deve
accontentare? Che cosa dovrà determinarsi perché egli possa
considerare questo incontro un successo?
Le risposte a queste domande saranno diverse in
rapporto ad aziende diverse, anche se certi temi saranno
ricorrenti. Ma quali che siano le specifiche risposte, la
questione qui non è semplicemente quella di soddisfare ogni
desiderio dell'altro. E’ quella di compiere uno sforzo
genuino e sincero per scoprire quello che l'altro sta
realmente cercando e, per quanto sia umanamente possibile,
fornirlo. Come disse Dale Carnegie, "se puoi aiutare le
persone a risolvere i loro problemi, il mondo è la tua
ostrica."
Ci volle un'adirata lettera di protesta per ricordare a
David Luther, della Corning, che la sua idea dell'eccellenza
non corrispondeva necessariamente all'idea che ne aveva il
cliente. A quel tempo Luther lavorava in Inghilterra. La
Corning aveva condotto una vasta indagine fra i suoi clienti,
e uno di questi non usò mezzi termini. “La Corning fa
schifo," scrisse.
Come avrebbe fatto qualsiasi altro bravo funzionario,
Luther volle approfondire i motivi della lagnanza e invitò
128
l'uomo, che lavorava in un magazzino stipato di prodotti
della Corning, per un colloquio.
“Be', perché mai la Corning fa schifo?” gli chiese.
“E’ per via delle vostre etichette," rispose l'uomo.
“Ah, ho capito," arguì Luther, sollevato. "Lei deve
averci confuso con qualcun altro. Le nostre etichette sono
stampate da un computer. Indicano qual è la fabbrica del
prodotto, il paese d'origine, il nostro numero di codice, tutto
quello che lei vuole sapere."
Il magazziniere scosse lentamente il capo. “Figliolo,"
chiese, “è mai stato in un magazzino?"
“Be', sì," rispose Luther, "ho passato dieci anni della
mia vita in un magazzino.”
“E’ mai stato nel mio magazzino?” Luther dovette
ammettere di non esserci mai stato. "Allora venga a darci
un'occhiata," lo invitò l'uomo.
I, due si diressero subito al magazzino. Là le
scaffalature erano più elevate di quelle a cui Luther era
abituato negli Stati Uniti. Quelle superiori sovrastavano di
parecchio la testa di Luther.
129
Il magazziniere gli indicò una delle scaffalature
superiori. "Abbiamo messo lassù il materiale della Corning,"
spiegò. "Ma riesce a leggere le etichette da qua?"
“No," dovette ammettere Luther. "Non ci riesco
proprio.”
"Ecco cosa non va," concluse l'altro. "Non sono
leggibili." Per questo aveva scritto: “La Corning fa schifo."
Quel giorno Luther imparò una lezione preziosa.
"Bisogna entrare nell'organizzazione del cliente," dichiarò.
"Pensiamo a quell'uomo in quel magazzino. Lui aveva delle
esigenze. La sua organizzazione aveva delle esigenze." E
non è possibile scoprirle se non ci si prende la briga di
chiedere.
Se volete avere relazioni più soddisfacenti coi vostri
clienti, i vostri familiari e i vostri amici, guardate le cose dal
punto di vista dell'altra persona.
USCITE DA VOI STESSI
PER SCOPRIRE CHE COSA
E’ IMPORTANTE PER QUALCUN ALTRO.
130
6
ASCOLTARE PER IMPARARE
A una cena data da un editore di New York feci la
conoscenza di un insigne botanico. Non avevo mai parlato
con un botanico prima di allora e lo trovai affascinante.
Rimasi a sedere sull'orlo della mia sedia ascoltandolo
parlare di piante esotiche, di esperimenti sullo sviluppo di
nuove forme di vita vegetale e di giardini d'interni
domestici. In casa mia avevo uno di questi giardinetti, e il
botanico ebbe la compiacenza di spiegarmi come risolvere
certi miei problemi.
Come ho detto, eravamo a una cena di gala. Ci saranno
stati una dozzina di altri invitati. Ma io violai tutti i canoni
della cortesia, ignorai tutti gli altri e parlai per ore col
botanico.
Venne la mezzanotte. Salutai tutti quanti e feci per
andarmene. Allora il botanico si rivolse al padrone di casa e
fece pareccbie osservazioni che trovai lusinghiere. Ero
molto stimolante, dichiarò. Io ero così, io ero cosà. E finì
dicendo cbe ero un conversatore molto interessante.
131
Un conversatore interessante?
Non avevo quasi aperto bocca. Non avrei potuto dire
niente senza cambiare argomento, perché non conosco la
botanica più di quanto non conosca l'anatomia di un
pinguino. Ma avevo fatto questo: avevo ascoltato con
estrema attenzione. Avevo ascoltato perché ero
sinceramente interessato. E lui l'aveva avvertito.
Naturalmente, questo gli aveva fatto piacere. Questo genere
di ascolto è una delle massime cortesie cke possiamo
tributare a una persona. E così l'indussi a considerarmi un
buon conversatore, quando ero stato semplicemente un buon
ascoltatore e l'avevo incoraggiato a parlare.
DALE CARNEGIE
Ci sono due ottime ragioni per ascoltare gli altri. In
questo modo, s'imparano delle cose e le persone rispondono
a chi le ascolta.
Questo appare così ovvio che sembra quasi insensato
stamparlo nero su bianco. Ma è una lezione che la maggior
parte di noi passa gran parte della vita a dimenticare di
applicare.
132
Hugh Downs è stato fortunato. L'assiduo ospite del
programma 20/20 dell'emittente ABC scoprì presto nella sua
carriera di speaker il valore dell'ascolto.
La sua esperienza risale ai tempi della radio, quando
Downs iniziò come intervistatore. Egli fu testimone in prima
persona di come il semplice fatto di non prestare ascolto
abbia fatto compiere un passo falso a uno dei suoi più esperti
colleghi.
“Stava intervistando un uomo che era fuggito da una
prigione del Cremlino negli anni trenta,” ricordò Downs.
"Quest'ospite gli raccontava di come i prigionieri avessero
tentato per mesi di scavare un tunnel per evadere. Scavarono
e scavarono. Soffrirono le pene dell'inferno. Riuscirono a far
arrivare di nascosto una sega. E quando calcolarono che la
galleria fosse arrivata fuori dalle mura della prigione,
cominciarono a scavare in salita. Una storia drammatica
come poche.
"Poi, una sera a mezzanotte, furono finalmente pronti a
sbucare fuori. Avevano già segato una botola di legno al di
sopra delle loro teste. Ma quando questo recluso cacciò fuori
la testa rimase terrorizzato da ciò che vide. 'Quando uscii
133
fuori,' raccontò all'intervistatore, 'mi resi conto che ero nel
bel mezzo dell'ufficio di Josif Stalin.'
“E sa che cosa disse poi quell'intervistatore?” raccontò
Downs, rievocando quel giorno lontano. “Disse: 'Lei ha
qualche hobby?'"
Non: "Ma davvero? L'ufficio di Stalin?" O: “Voglio
sperare che quella notte Stalin non fosse rimasto a lavorare
fino a tardi.” Oppure: "Allora cos'ha fatto, non è stato tentato
di sedersi sulla sedia di quel macellaio e di accendersi uno
dei suoi sigari?" Se l’intervistatore si fosse dato la pena di
ascoltare, sarebbe stato in grado di porre tutte le domande in
merito, che senza dubbio le persone che componevano il suo
pubblico avevano in mente. Ma la sua attenzione era altrove.
Egli non riuscì che a venir fuori con quella risibile banalità.
E i suoi ascoltatori furono privati del finale a effetto di una
storia avvincente.
“E’ un fatto realmente accaduto," assicurò Downs. “E
ho sentito altre interviste come quella, dove il giornalista
proprio non prestava orecchio. E sbalorditivo quello che la
gente riesce a lasciarsi sfuggire. Ah, già, dice, e chissà dov'è
con la testa.”
134
L'importanza dell'ascoltare non vale soltanto per
intervistatori di professione, naturalmente. E’ vitale per
chiunque, dovunque, in qualsiasi momento, speri di
comunicare con altre persone.
La capacità di prestare ascolto è la più importante di
tutte le doti di comunicazione. Più importante dell'eloquenza
trascinante. Più importante di una voce suadente. Più
importante del poliglottismo. Più importante ancora della
facilità di scrittura.
E’ proprio dalla buona capacità di ascoltare che inizia la
comunicazione efficace. E’ sorprendente quanto poche siano
le persone realmente in grado di ascoltare bene. I leader di
successo, di solito, sono persone che hanno imparato il
valore dell'ascolto.
"Io non me ne sto a sedere sul cocuzzolo di una
montagna per farmi venire le visioni di quello che
dovremmo fare," afferma Richard C. Buetow, direttore
dell'ufficio qualità della compagnia Motorola. “Cosa va fatto
devo scoprirlo dagli altri. Non devo mai stancarmi di
ascoltare."
Anche un grande comunicatore come Buetow, da cui ci
si aspetta che esprima e comunichi la visione della sua
135
azienda dovunque vada, deve sapere anche quando non deve
parlare. Per dirla con le sue parole, “devi essere capace di
spegnere la tua trasmittente e ascoltare: accendere la
ricevente e lasciare che altri esprimano delle idee, e lavorare
su di esse."
Questa capacità di comprendere è parte fondamentale
dell'immagine che Buetow ha di se stesso come esponente
del mondo degli affari. Egli non parla mai di se stesso, per
esempio, come di un grande stratega o di un mago del
commercio. Si paragona invece a un piccione viaggiatore.
"Io non risolvo un solo problema di qualità alla
Motorola," ammette. “Se mi chiedete di provvedere al
settore dei metalli, la prima cosa che faccio è darvi il
numero di telefono del funzionario che ne è responsabile.
Quello che faccio è prendere le buone idee che sento e
trasmetterle da un posto all'altro."
La verità alla base di tutto questo è lapalissiana:
Nessuno al mondo può sapere tutto quanto. Ascoltare gli
altri è il modo migliore per imparare.
Ciò significa ascoltare dipendenti e clienti, nonché
amici e familiari, e perfino quello che hanno da dire i critici
136
più severi. Non significa diventare schiavi delle opinioni
altrui, ma significa prestarvi ascolto fino in fondo.
Sarete grati per molte delle loro idee.
Giorgio Maschietto, consigliere delegato della Lever
cilena, era responsabile della gestione di una catena di
stabilimenti in Sudamerica, compresa una gigantesca
fabbrica di dentifricio Pepsodent. Il programma di
produzione dell'impianto veniva continuamente interrotto
dalla necessità di ripulire i serbatoi d'acciaio dalla pasta
dentifricia. Un giorno, uno degli operatori dello stabilimento
espresse un suggerimento, e Maschietto ebbe il buonsenso di
seguirlo.
"Noi usavamo un solo serbatoio," ricorda. "Questo
addetto propose d'introdurre un secondo serbatoio. Adesso
siamo in grado di lavare il primo serbatoio mentre usiamo il
secondo, così non c'è più bisogno d'interrompere la
produzione per la pulitura del serbatoio. Aggiungendo un
bullone in un caso e aggiungendo un piccolo serbatoio in un
altro, abbiamo ridotto il tempo per il ricambio del settanta
per cento e aumentato in modo rilevante la produttività.”
Dalla stessa fonte, cioè dal personale di quella fabbrica,
Maschietto ottenne una seconda idea altrettanto importante
137
per la produzione di dentifricio. Per anni lo stabilimento
aveva usato una serie di bilance delicate e costose poste al di
sotto del trasportatore a nastro di pasta dentifricia. Servivano
ad assicurare che ogni scatola di cartone contenesse
effettivamente un tubo di dentifricio. Ma quelle bilance ad
alta tecnologia non funzionavano mai a dovere. "A volte
succedeva," spiega Maschietto, "che sigillavano scatole
vuote e le espellevano così.
"Una delle idee degli operai fu quella di eliminare tutto
questo costoso macchinario e di sostituirlo semplicemente
con un piccolo getto d'aria attraverso il trasportatore a nastro
su cui venivano fatti rotolare i tubi. L'aria compressa è
regolata in modo che quando la scatola è vuota la pressione
dell'aria è sufficiente a gettare gli astucci vuoti fuori dal
trasportatore.”
Molti giudicano l'ascolto come un atteggiamento
passivo e il parlare come un atteggiamento attivo. Anche gli
stereotipi usati nella conversazione - "siediti e ascolta" suggeriscono questo diffuso equivoco sulla natura reale
dell'ascolto. E semplice udire quello che qualcuno dice è
un'attività relativamente passiva. Ma l'ascolto impegnato,
effettivo, è uno sport quanto mai attivo.
138
Andrés Navarro, presidente della SONDA, una fabbrica
di sistemi di computer sudamericana, ricorre alla sua lingua,
lo spagnolo, per illustrare la differenza fra le due azioni. “In
spagnolo," spiega, "abbiamo due parole, oir ed escuchar,"
che equivalgono a “udire" e "ascoltare”. “Ascoltare
realmente è molto di più del semplice udire. Molti, quando
odono qualcuno, in realtà pensano: 'Cosa risponderò?' invece
di cercare di ascoltare quello che l'altro sta dicendo.”
L'ascolto attivo richiede un intenso coinvolgimento in
una conversazione, anche quando le labbra dell'ascoltatore
sono ferme. Questo non è sempre facile. Richiede
concentrazione. Richiede un autentico impegno. Sollecita
domande e stimolazioni. Ed esige un qualche tipo di
risposta, rapida, pregnante, pertinente e concisa.
Ci sono molti modi per mostrare un impegno attivo in
una conversazione, modi che non comportano l'interloquire
e l’interrompere l'altro ogni sette parole. Il trucco non
consiste nel padroneggiare ciascuna di queste tecniche. I
buoni ascoltatori ne imparano alcune che trovano agevoli e
naturali, e si ricordano di applicarle.
Può trattarsi di un cenno di assenso col capo di tanto in
tanto o di un "ha-ha" o di un "capisco". Certuni sono soliti
139
cambiare posizione o sporgersi in avanti sulla sedia. In
momenti indicati, altri sorridono o scuotono la testa. Un
forte contatto visivo è un altro modo per indicare al vostro
interlocutore: "Sì, sto ascoltando attentamente quello che mi
sta dicendo."
E quando l'altro s'interrompe, riprendete a parlare e
ponete una domanda che sia direttamente attinente a quanto
è stato appena detto.
Quello che è importante non è la specifica tecnica di
ascolto che viene scelta. Nessuno di questi metodi dovrebbe
mai essere usato in modo rigido o meccanico. Sono
semplicemente alcuni atteggiamenti di cui vale la pena di
ricordarsi quando si avverte che è il momento giusto di farlo.
Essi renderanno l'altra persona più lieta di parlare con voi.
Elmer Wheeler aveva in mente più o meno la stessa
idea due generazioni fa, quando scrisse nel suo
fondamentale libro sull'arte di vendere, Sell the Sizzle Not
tbe Steak (Vendi lo sfrigolio non la bistecca): ”Un buon
ascoltatore si sporge verso di voi fisicamente. S'inclina verso
di voi mentalmente a ogni parola che pronunciate. E’ 'con
voi' in ogni momento, e annuisce col capo e sorride nei
momenti giusti. Ascolta 'un po' più da vicino'." Questo non è
140
un buon consiglio solo per i venditori, scrisse Wheeler: "E’
una saggia regola da seguire per il successo nei rapporti
sociali e negli affari."
"Una persona che ascolta attivamente," conferma Bill.
Makahilahila, "è di solito quella che pone domande e poi
aspetta una risposta, anziché proporre una soluzione
all'istante. L'ascolto attivo avviene quando il dipendente
sente e comprende senz'ombra di dubbio che voi non saltate
subito a delle conclusioni.”
Makahilahila ritiene questo concetto così importante
che ha addirittura istituito un premio per l'Ascolto Attivo a
favore dei funzionari della SGS che eccellono nell'ascolto.
Ha ideato un test in tre quesiti per determinare se qualcuno
sta ascoltando attivamente oppure no:
1.
2.
3.
Ponete domande e aspettate una risposta?
Rispondete rapidamente e direttamente alle
domande che vengono poste?
L'altra persona sente che la state ascoltando
attivamente?
141
Chris Conway, specialista di marketing di una
compagnia di assicurazioni, che vive a Omaha, nel
Nebraska, accudì come genitore single a due maschietti. Fu
il figlio maggiore a insegnargli ad ascoltare realmente.
"Dan fa parte di un gruppo di una quindicina di ragazzi
che s'incontrano ogni settimana con una coppia di coniugi
per discutere di argomenti di attualità e del modo in cui i
giovani vi si rapportano,” dice Conway. "La coppia di
coniugi è presente per facilitare la conversazione. Ho chiesto
a Dan se gli piaceva partecipare al gruppo.”
Il ragazzo parlò in toni insolitamente entusiastici.
Rispose che poteva capire che gli adulti erano sinceramente
interessati al gruppo dal modo in cui ascoltavano quello che
i giovani dicevano.
"Dan, io ti ascolto," assicurò il padre.
“Lo so, papà,” ammise il ragazzo. "Ma tu stai sempre
preparando la cena, lavando i piatti o facendo qualcos'altro.
Tutto quello che dici è 'Sì', 'No', oppure 'Ci penserò'. Non mi
ascolti neppure. Invece quei due si voltano verso di me, mi
guardano, si prendono il mento fra le dita e mi ascoltano sul
serio."
142
Per le cinque settimane successive, Chris Conway
s'impegnò nel prestare orecchio ai suoi figli. "Mentre
ammucchiavo il cibo nei piatti dei ragazzi, mettevo solo un
paio di cucchiaiate nel mio. Ogni volta che parlavano,
deponevo la forchetta, mi giravo verso di loro e ascoltavo. Il
risultato è che ho perso sette chili. E la durata delle nostre
cene è passata da una media di otto minuti a quarantadue."
Un ambiente favorevole all'ascolto: è da qui che inizia
l'ascolto. E impossibile ascoltare in modo effettivo in
presenza di paura, ansia o nervosismo. Ecco perché i bravi
insegnanti si assicurano sempre che le loro aule scolastiche
siano luoghi confortevoli, ospitali.
“Da parte mia, quando sono nervosa per qualcosa, non
sono neppure capace di ascoltare," attesta la maestra di
scuola materna Barbara Hammerman. "Mi preoccupo della
mia persona. Se in un'aula i bambini sono tesi e nervosi, non
sono liberi di ascoltare."
William Savel, già presidente della Baskin-Robbins,
che distribuisce in tutto il mondo gelati e yogurt, un tempo
fu mandato in Giappone dalla Nestlé per dirigervi il
marketing e le vendite.
143
"La prima cosa che ho fatto è stata quella di visitare un
certo numero di aziende statunitensi che avevano consociate
nipponiche," ricorda. Imparò il giapponese. Pernottò in
alberghi giapponesi. Mangiò cibo giapponese. Fece tutto il
possibile per circondarsi di cose giapponesi.
“L'importante è ascoltare,” raccomanda Savel,
"ascoltare realmente prima di mettersi a cianciare e a
vantarsi con tutti quanti della propria bravura. Prima di tutto
dovete imparare quanto siete sciocchi. Dovete conoscere le
persone, interagire con loro. Non mettetevi al di sopra di
nessun altro. Andate in giro, parlate con tutti, ascoltate con
grande attenzione, e non prendete le vostre decisioni troppo
in fretta.”
In termini semplici, dappertutto gli uomini amano
essere ascoltati, e quasi sempre rispondono a chi li ascolta.
Ascoltare è una delle migliori tecniche che abbiamo per
mostrare rispetto a qualcun altro. Indica che lo consideriamo
un essere umano importante. E’ il nostro modo di dire:
"Quello che lei pensa, quello che fa e quello in cui crede è
importante per me."
Abbastanza stranamente, prestare ascolto alle opinioni
di qualcun altro è spesso il metodo migliore per conquistarlo
144
al nostro modo di pensare. Dean Rusk, il segretario di stato
del presidente Johnson, l'imparò da decenni di negoziati con
alcuni dei capi politici più irriducibili del mondo. "Ascoltare
è il sistema per persuadere gli altri con le vostre orecchie.” E
vero, ascoltare può essere uno strumento estremamente
potente per convincere il prossimo a vedere il mondo come
lo vediamo noi.
"La vera chiave," spiega il banchiere Thomas Saunders,
“è di arrivare a comprendere una persona e il modo in cui
vuole considerare gli investimenti, e quindi se si possa dire
onestamente che il nostro approccio è giusto e compatibile
con lei."
Il lavoro di Saunders consiste nel consigliare grosse
società su come investire cifre da capogiro. La sua tecnica
numero uno? Ascoltare i portavoce di queste società. "Tutto
in definitiva si basa sull'ascoltare," insegna. "Cosa c'era in
realtà nella mente dell'altro? Perché ha detto di no? Qual era
il vero motivo che si nascondeva dietro la sua decisione?
"Ho avuto un rapporto di venticinque anni con l’AT&T
che è stato assolutamente straordinario. Credo che
fondamentalmente tutto sia stato dovuto all'ascoltare.
145
"Io posso darvi l'opuscolo più accattivante. Posso
mostrarvi una quantità di diapositive. Ma mi rimane ancora
da scoprire che cosa ci sia lì d'interessante per voi. Cosa c'è
nella vostra mente? A che cosa pensate? In che modo
valutate le cose?”
Il primo passo per diventare un attento ascoltatore è
quello di comprendere quanto sia importante ascoltare bene.
Il secondo passo è voler imparare. Infine, bisogna sviluppare
con la pratica queste latenti capacità di ascoltare.
“Io ho imparato ad ascoltare in un modo non molto
piacevole," ricorda Wolfgang R. Schmitt, direttore generale
della Rubbermaid Incorporated, un colosso degli articoli
casalinghi. "L'ho imparato da giovane attraverso un
divorzio. La mia vita era molto incentrata sulla carriera. Nel
tentativo di evitare il divorzio, mia moglie e io ci
rivolgemmo a un consultorio familiare. Quella fu veramente
la prima volta in cui compresi l'importanza fondamentale
dell'ascoltare. Avevo a che fare con qualcosa d'importante
per me, il mio matrimonio, e volevo cercare di salvarlo. Fu
la prima volta in cui qualcuno mi disse delle cose con molta
franchezza.”
146
Sull'ascoltare? "Non semplicemente sull'ascoltare,"
precisa Schmitt, “ma sull'interiorizzare i sentimenti di altre
persone e di rifletterci sopra. Poi sulla capacità di fornire un
riscontro pratico, in modo da dimostrare quanto esse siano
importanti per voi."
Alla Motorola, piccoli gruppi di dipendenti sono
continuamente incoraggiati a proporre idee loro. E i massimi
dirigenti dell'azienda si siedono con calma intorno a un
tavolo e prestano ascolto. "Ho ascoltato centinaia di gruppi
parlarmi di infiniti problemi e soluzioni,” assicura il
funzionario della Motorola Richard Buetow. Ed è su quelle
centinaia di conversazioni che è stato costruito il futuro di
questa azienda.
Questi tipi di colloqui all'interno di gruppi ristretti,
incoraggiati da funzionari che per lo più non aprono bocca,
sono un modo straordinariamente valido d'istituzionalizzare
l'ascolto in seno a un'impresa. All'Analog Devices, il
presidente Ray Stata ha creato una tecnica particolare, che
chiama "giro del tavolo CNA”. Vengono tenute
regolarmente riunioni. Piccoli gruppi di dipendenti di tutte le
varie branche dell'impresa sono invitati a discutere con la
massima franchezza con Stata e altri dirigenti dell'Analog. Il
147
tema generale è: “Creare una nuova Analog per gli anni
novanta”, come suona l'attuale slogan interno dell'azienda.
“Non si tratta soltanto di rispondere alle domande che i
nostri dipendenti pongono," spiega Stata. "Dopo un po' di
scambi di vedute dico: 'Adesso vorrei fare un giro del tavolo
in modo che ciascuno dei presenti possa dirmi quali sono al
momento le sue particolari preoccupazioni e da dove
provengono.' Così mi metto a sedere e prendo molti appunti.
“Questo si chiama ascoltare. Poi scrivo un riassunto di
quanto ho sentito.”
Joe Booker trovò un nuovo lavoro come direttore di un
programma per il miglioramento della qualità presso la
Allegheny Ludlum Corporation, un'importante società
d'import-export nel settore dell'acciaio. Il suo entusiasmo
cedette rapidamente alla paura. “Il programma era stato in
vigore nello stabilimento più grande della società per circa
diciotto mesi, ed era stato accolto stancamente dai quasi
duemila operai della fabbrica. Dato che la partecipazione era
volontaria, come avrei potuto convincere i vari reparti della
necessità di un miglioramento della qualità della
produzione? In molti casi ottenevano già risultati positivi
usando le loro tecniche."
148
Dopo aver riflettuto, Booker si rese conto che la
soluzione sarebbe stata quella di convincere le maestranze
che era competente in quel settore e che sarebbe stato un
buon acquisto per loro. E questo significava, comprese, che
avrebbe dovuto ascoltare intensamente.
"Ho cominciato a far visita a ciascuno dei sei reparti
dello stabilimento allo scopo di comprendere che cosa
pensavano i singoli operai della qualità dei loro prodotti,"
riferisce. "Ho evitato discussioni circa il programma e
guidato ogni conversazione in modo da poter apprendere in
che modo ogni particolare dipendente poteva avere
un'importanza chiave per l'incremento della qualità. Sono
riuscito a trovare alleati in ciascun reparto e col loro aiuto a
incoraggiare altri a impegnarsi nella sfida di raggiungere
standard di qualità competitivi a livello mondiale.
“Oggi il nostro stabilimento vanta il maggior
coinvolgimento, con rappresentanza sindacale, in ciascuna
delle operazioni di rifinitura dell'azienda. I dipendenti
comprendono come l'operazione o il reparto successivo
siano loro clienti. Questo è il diretto risultato del buon
livello di ascolto e di comunicazione fra tutti."
149
David Luther ha scoperto alla Corning esattamente la
stessa legge. "Una delle prime domande che pongo quando
prendo in considerazione un programma di comunicazione è
questa: quanto ci vuole prima di vedere la parola ascoltare?
La maggior parte di questi piani sono pieni di frasi come
'Permettetemi di dirvi questo' o 'Permettetemi di dirvi
quello'.”
Alla Corning, Luther ha sviluppato un processo per fare
dell'ascoltare uno strumento pratico di miglioramento. Così
ne spiega il funzionamento: "Andiamo in uno stabilimento.
Io ho bisogno di due gruppi di quindici persone per cinque
ore. Poi arriviamo noi. Di solito c'è l'esponente sindacale,
con un assistente; anch'io ho un assistente. Uno dei
sindacalisti e io prendiamo uno dei gruppi di quindici
partecipanti. Il mio assistente e l'altro sindacalista prendono
gli altri quindici. Così abbiamo d ue persone di fronte a
ciascun gruppo.
"Guidiamo i membri dei gruppi attraverso un processo
di definizione. La prima domanda che facciamo è: 'In che
cosa la qualità va bene? Ricordate com'era qua dieci anni fa.
Potete definire perché la qualità oggi sia migliore? Bene,
scriviamolo sulla lavagna.'
150
"Seconda parte: 'In che cosa la qualità non va bene?
L'unica cosa di cui non potete lamentarvi è il vostro capo.
Tutto il resto può essere criticato.' E scriviamo anche questo.
“Poi prendiamo il secondo elenco e lo riduciamo a dieci
o dodici questioni. Ci sono sempre alcune cose che
coincidono. Vediamo di togliere di mezzo le ripetizioni.
'Adesso passiamo alla votazione. Qui abbiamo dodici punti.
Ciascuno di voi ha tre voti, e man mano che io indico
ciascuna di queste dodici questioni, se si tratta di una di
quelle che secondo voi sono le più importanti per la qualità,
alzate la mano.'
"Si scorre la lista dei dodici punti, e mettiamo che sei
non ottengano neanche un voto, un paio ottengano alcuni
voti, e magari un altro paio vengano cancellati. Dunque,
parliamo di queste lamentele.
"Poi prendi i due gruppi. Li rimetti insieme. Fai entrare
i sovrintendenti della fabbrica. Per ciascun gruppo un
portavoce riferisce: 'Ecco cos'ha detto il mio gruppo.' Il
primo gruppo dice: 'Noi non capiamo come la pensa il
direttore della fabbrica.' E il portavoce del secondo gruppo si
alza e dice: 'Il direttore della fabbrica non comunica mai con
noi.' Anche il più ottuso direttore di fabbrica capirà di avere
151
a che fare con un problema importante, un problema
trasparente. Ha un quadro preciso dell'intera situazione. Un
quadro che si forma sul posto insieme alle maestranze. Non
c'è bisogno di spedire e farsi arrivare questionari e calcolare
punteggi. Tutto è successo davanti ai tuoi occhi e puoi
vedere la coincidenza dei risultati. Sai che ciascuno di quei
gruppi non sapeva quello che l'altro gruppo stava dicendo.
Ora, noi l'avremo fatto una cinquantina di volte."
Queste sono tutte tecniche meravigliose. Molte altre
sono state elaborate in seno a società gestite bene. Ricorda
te, alla base di tutti questi metodi ci sono due principi
fondamentali:
1.
2.
Ascoltare è ancora il modo migliore d'imparare.
Le persone rispondono a coloro che le ascoltano.
Il significato di ciò è una semplice verità: le persone
amano essere ascoltate. E’ vero nel mondo degli affari. E’
vero nelle famiglie. E’ vero a proposito praticamente di
chiunque incontriamo nella vita.
"Il segreto dell'avere ascendente sugli altri consiste non
tanto nell'essere un buon parlatore, ma nell'essere un buon
152
ascoltatore,” scrisse Dale Carnegie. "La maggior parte di
coloro che cercano di portare dalla loro parte gli altri, lo
fanno parlando troppo. Lasciate che gli altri dicano tutto
quello che hanno da dire. Essi conoscono più di voi i loro
affari o problemi. Quindi ponetegli delle domande. Lasciate
che v’informino.
“Se non siete d'accordo con loro, potreste essere tentati
d'interromperli. Ma non fatelo. E’ pericoloso. Non vi
presterebbero attenzione mentre hanno ancora molte idee
proprie che esigono di venir espresse. Dunque, ascoltate
pazientemente e con mente aperta. Siate sinceri in ciò.
Incoraggiateli a esprimere pienamente le loro idee.”
Essi non lo dimenticheranno mai. E voi imparerete una
cosa o due.
NESSUNO E PIU PERSUASIVO
DI UN BUON ASCOLTATORE.
153
7
FORMARE GRUPPI PER IL DOMANI
Adolpb Seltz, venditore di un autosalone di Filadelfia e
allievo di uno dei miei corsi, venne a trovarsi
improvvisamente di fronte alla necessità d'infondere
un'iniezione di entusiasmo a un gruppo scoraggiato e
disorganizzato di colleghi. Indisse una riunione e sollecitò
gli altri venditori dell'autosalone a dirgli esattamente che
cosa si aspettavano da lui. Man mano che parlavano,
annotava le loro idee su una lavagna. Poi annunciò: “Io vi
darò tutte queste cose che vi aspettate da me. Ora voglio che
mi diciate che cosa ho diritto di aspettarmi da voi.”
Le risposte giunsero in fretta: “Lealtà. Onestà. Spirito
d'iniziativa. Ottimismo. Lavoro di gruppo. Otto ore al
giorno di lavoro stimolante.”
La riunione terminò infondendo nuovo coraggio, nuovo
entusiasmo - un venditore si offrì di lavorare per quattordici
ore al giorno - e il signor Seltz mi riferì che l'incremento
delle vendite fu fenomenale.
154
“Quelle persone avevano concluso una sorta di
contratto morale con me,” osservò Seltz, “e fintanto che io
non fossi venuto meno alla mia parte del contratto, loro
erano decise a non venire meno alla loro. L'essermi
consultato sulle loro esigenze e sui loro desideri fu lo
stimolo che gli serviva.”
DALE CARNEGIE
Una volta le grandi organizzazioni erano conformate a
piramide. Avevano molti lavoratori alla base, e, al di sopra,
strato dopo strato, sovrintendenti e manager di livello medio.
Ciascuno strato possedeva più autorità di quello sottostante.
E questa struttura a molti strati si elevava con infinito rigore
fino a un vertice perfetto, prevedibile, dov'erano insediati il
direttore generale, il presidente e il consiglio di
amministrazione.
Era il modo migliore di organizzare una ditta, un
ospedale, una scuola? Quasi nessuno si dava la pena di porsi
l'interrogativo. La vecchia piramide continuava a essere
come era sempre stata: solida, imponente e apparentemente
refrattaria al cambiamento.
155
Ora, questo stupirà forse qualcuno, le piramidi stanno
crollando. E’ come se gli schiavi dell'antico Egitto avessero
deciso di andarsene e si portassero via sui carri le pietre
squadrate. Il nuovo panorama non sarà forse piatto come
quello delle sabbie del Sahara. Ma potete scommettere che il
futuro sarà enormemente più orizzontale del passato.
Tutte quelle rigide gerarchie, tutte quelle sezioni
separate fra loro, tutte quelle intricate catene di comando:
tutto ciò soffocava il lavoro creativo. E chi può permettere
che ciò avvenga quando il mondo cambia così rapidamente?
"Guardate quello che successe all'ex Unione Sovietica
per quanto riguarda la gerarchia," dice Richard C. Bartlett,
vicepresidente della Mary Kay Corporation. "Lo stesso
probabilmente avverrà in Cina, sempre per colpa della
gerarchia. Essa non funziona per i governi. Non funziona
neppure per le aziende. Le più grosse società che abbiamo
negli Stati Uniti non si sono neppure accorte di quanto il
mondo cambiasse intorno a loro.”
C'è chiaramente l'esigenza di una struttura che allenti la
vecchia rigidità, che permetta ai lavoratori di realizzare al
massimo le loro potenzialità creative, che sia in grado di
sviluppare pienamente il talento che è rimasto inattivo per
156
anni. In un numero sempre crescente di organizzazioni ben
gestite, la soluzione viene trovata in gruppi di lavoro.
Sempre più spesso, alle persone viene chiesto di lavorare al
di là delle loro discipline specifiche, al di fuori della loro
cultura, al di sopra e al di sotto dei loro ruoli tradizionali.
“L'organizzazione
moderna
non
può
essere
un'organizzazione di capi e subordinati," sostiene il teorico
di tecniche commerciali Peter Drucker, professore di
gestione aziendale presso la Claremont Graduate School in
California, "dev'essere strutturata come un gruppo di
lavoro."
Andrés Navarro, presidente della SONDA cilena, è
d'accordo. "Non è più possibile fare il cavaliere solitario,”
ammonisce. "Un tizio isolato che inventa qualcosa da solo: il
mondo è diventato troppo complicato per questo. Ci
vogliono parecchie persone provenienti da diverse discipline
che lavorino insieme contemporaneatnente.”
Ci vogliono piccoli gruppi d'individui, reclutati da tutte
le branche dell'organizzazione, messi insieme per progetti in
corso di attuazione o per qualche compito specifico,
limitato: elaborare un prodotto nuovo, riorganizzare uno
stabilimento, ristrutturare un reparto, trovare il sistema per
157
dare slancio a un programma per il miglioramento della
qualità. Le rivalità fra i diversi reparti stanno diventando
storia passata. E sono al tramonto le promozioni
automatiche, le tabelle retributive basate sull'anzianità di
servizio e le altre frustranti vestigia dell'antica piramide.
Nelle aziende a piramide, gli ingegneri possono
trascorrere l'intera giornata lavorativa a stretto contatto con
altri ingegneri. Adesso un ingegnere può altrettanto
facilmente essere messo in un gruppo di venditori con un
incarico del genere: "Dà il tuo contributo per rendere questo
prodotto più attraente per il cliente.” Oppure: "Trova un
sistema di fabbricazione più rapido per questo pezzo.» O
anche: "Impiega la tua esperienza d'ingegnere per aiutare
questo gruppo addetto al marketing a superare una difficoltà
tecnica.”
Grazie a gruppi di questo tipo, il settore del marketing
presta ascolto a quello dell'ingegneria, e questo a sua volta
ascolta. In molte grosse aziende tutto ciò è completamente
nuovo. E oggi anche reparti addetti alla fabbricazione,
all'assistenza dei clienti, ai rapporti coi sindacati e ad altri
settori d'ampio respiro stanno comunicando fra loro. In certe
158
imprese in espansione, tutte queste divisioni artificiose
stanno addirittura cominciando a scomparire.
Come sottolinea Drucker, il mondo non si compone più
di soldati semplici e sergenti istruttori. "L'esercito era
organizzato sulla base del comando e del controllo, e le
imprese commerciali, nonché la maggior parte delle altre
istituzioni, imitavano questo modello,” scrive. "Oggi, questo
sta rapidamente mutando. Dal momento che un numero
crescente di organizzazioni si basano sull'informazione, si
devono trasformare sempre di più in squadre di calcio o di
tennis, cioè in organizzazioni fondate sulla fiducia, dove
ciascun membro deve agire come un responsabile dotato di
potere decisionale. Tutti i membri devono vedersi come
dirigenti."
Consideriamo il modo in cui la Mary Kay Corporation
è organizzata. "La struttura organizzativa della Mary Kay è
piuttosto libera," dichiara il vicepresidente Richard Bartlett.
"Mi piace considerarla quasi come una struttura molecolare,
dove le persone possono passare attraverso qualsiasi barriera
artificiale. Non sono confinate ciascuna a una determinata
casella. Possono partecipare a un'azione di gruppo creativa
che non tiene conto delle divisioni fra i vari reparti. E
159
secondo la nostra visione del mondo - e questo suonerà
banale, ma da allora essa ha fatto proseliti - l'importanza
primaria viene data al cliente.
"E subito dopo, nella nostra conduzione degli affari,
viene il personale addetto alle vendite. La nostra
organizzazione concentra molte energie su come sostenere
questo personale. In fondo al grafico dell'assetto societario,
c'è qualcosa contrassegnato con un insignificante punto
verde.
“La prima volta che ho visto una diapositiva dov'era
rappresentato graficamente il modello di una struttura di
un'organizzazione, il disegnatore aveva messo in fondo un
punto verde," ricorda Bartlett. "Io sono quell’insignificante
punto verde. La mia visione personale è che non c'è bisogno
di un presidente, a meno che non si dedichi alle necessità
degli altri e alla distribuzione di risorse a chi provvede
all'esecuzione del lavoro.”
“Le organizzazioni sono decisamente in fase di
ristrutturazione," assicura Adele Scheele, i cui articoli sulla
carriera e sulla gestione aziendale compaiono regolarmente
su riviste d'affari americane e giapponesi. "Quello che una
volta funzionava adesso non funziona più. La gente si
160
aspettava che ci fosse una strada prefissata, ma non c'è
nessuna strada prefissata. Più credete a una cosa del genere
meno è probabile che siate flessibili e che approfittiate delle
opportunità che non si presentano mai chiaramente come
tali. Bisogna sempre essere aperti."
Queste organizzazioni "appiattite" stanno apparendo nei
settori più sorprendenti, perfino nel mondo della scuola. "La
gestione sta diventando molto meno verticistica," osserva
Marc Horowitz, direttore della scuola elementare Cantiague
di Jericho, a New York. "E c'è una reale necessità di creare e
guidare gruppi e motivare le persone. In molti casi questo va
fatto senza titoli accademici, senza remunerazioni o
incentivi finanziari. E il rendimento del gruppo la chiave."
Nella scuola di Horowitz ciò significa che gli scolari
non lavorano più ciascuno per conto proprio per tutto il
giorno in file di banchi di legno. Essi collaborano. Lavorano
in squadre. Producono progetti di gruppo. Ci si aspetta che si
aiutino fra loro. Anche gli insegnanti lavorano con più
cooperazione che in precedenza.
"Adesso la questione è: 'In che modo ci relazioniamo
fra di noi e otteniamo risultati nel mondo reale?'" spiega
Horowitz. “Noi prepariamo allievi per il futuro. Non
161
possono più lavorare in isolamento. Devono impegnarsi in
uno sforzo di gruppo, e metà di questa battaglia consiste
nell'imparare la capacità d'interazione sociale per
incoraggiare i membri che incontrano maggiori difficoltà.
Non si dovrebbe mai permettere che si sentano inferiori agli
altri perché fanno degli sbagli o non sanno tutte le risposte."
Un giorno, tre scolari della prima classe della scuola di
Horowitz furono interessati a un progetto di gruppo. A un
bambino fu affidato il compito di scrivere su un foglio di
carta la parola two (due). Ma il piccolo scrisse, invece, per
sbaglio, tow. Quando una bambina del gruppo gli fece
notare l'errore, sul momento lo scolaro ci restò male. Ma poi
la bambina aggiunse: “Sì, lo so, hai sbagliato. Però quella w
l'hai scritta come meglio non si poteva: dovresti essere
contento." Gli diede perfino una pacca su un ginocchio, e
tutt'e tre gli scolari ricevettero una buona lezione di lavoro di
gruppo.
Gli insegnanti di marketing di Harvard hanno condotto
di recente un esperimento di lavoro di gruppo con gli
studenti del primo anno. Invece di essere sottoposti al
consueto esame a metà dell'anno accademico, gli studenti
furono divisi in gruppi di quattro. A ciascun gruppo fu
162
assegnato un problema di economia e commercio da
risolvere. Entro ventiquattr'ore gli studenti avrebbero dovuto
presentare un progetto scritto. I membri di ciascun gruppo
avrebbero ricevuto lo stesso voto.
"All'inizio le critiche sono state molte," ricorda il
professore di Harvard, John Quelch. “Certi studenti si sono
lamentati che sui voti individuali avrebbe influito
negativamente il fatto di essere messi in un gruppo di
colleghi con cui non avevano scelto di lavorare.” La risposta
della scuola fu questa: benvenuti nel mondo reale.
Alla fine, gli studenti portarono a termine l'esperimento.
Quando poi furono intervistati per il giornale dell'università,
si espressero per lo più in modo favorevole nei riguardi del
nuovo esame di metà anno accademico basato sul progetto
di gruppo.
“Il più significativo livello di apprendimento," rilevò
Quelch, "si è avuto probabilmente fra gli studenti del gruppo
che non ha lavorato con regolarità meccanica. Certi gruppi
sono stati travagliati da accesi disaccordi, e, se ci guardiamo
indietro, vediamo che proprio questi studenti sono stati
quelli che hanno imparato di più dall'intero processo.”
163
Il fruttuoso lavoro di squadra non si manifesta per
magia. Richiede un gruppo di giocatori disposto a cooperare
e un allenatore di talento. Non ci si può limitare a gettare in
campo un gruppo di individui, sia pure una rosa di campioni,
e aspettarsi da loro prestazioni straordinarie.
E per questo che così spesso le partite degli All Stars
della lega di pallacanestro americana sono deludenti. Certo,
in queste partite giocano molti degli assi del basket degli
Stati Uniti, radunati in un solo campo di pallacanestro. Esso
diventa così la più prestigiosa collezione di guardie, ali e
pivot di tutto il mondo. Allora come mai questo campo
pieno di campioni di fenomenale talento di rado produce una
partita fenomenale?
Troppo “ego”. Troppo tempo sotto le luci della ribalta.
Troppa attenzione da parte dei giornalisti sportivi. Quando si
tratta di giocare come parti di un'unità, spesso queste
“superstar" non si mostrano all'altezza della loro fama.
L'ingrediente che manca è il lavoro di squadra.
Creare squadre di successo è un'arte, ed è raro che
anche un grande allenatore possa formare in breve tempo
una squadra vincente. Ma chiunque si aspetti di diventare un
leader negli anni a venire farà bene a padroneggiare alcune
164
basilari tecniche di allenamento. Esse sono necessarie nel
mondo degli affari come nel campo di pallacanestro.
Creare un condiviso senso di gruppo
Le persone che lavorano insieme possono conseguire
risultati formidabili. Ciò che conferisce a un gruppo questa
particolare forza d’urto è la visione unitaria che i singoli
membri condividono.
Le idee, la creatività, le scintille d'intelligenza dovranno
in definitiva provenire dal gruppo in sé. Ma spesso è
necessario un forte capo che focalizzi tutta questa energia,
che chiarifichi la visione, stabilisca obiettivi, aiuti ciascuno a
comprendere gli ideali del gruppo e mostri ai suoi membri in
che modo le loro realizzazioni influiranno sul mondo
esterno.
Ray Stata si esprime così: “E’ necessario fornir e
l'ambiente
adatto,
l'obiettivo
dell'azienda
e
un
incoraggiamento tali da indurre i dipendenti a sentirsi, come
individui e come gruppi d'individui, migliori di qualsiasi
altro gruppo e a un livello elevatissimo e tali da convincerli
165
che
otterranno
riconoscimento.”
senza
dubbio
un
soddisfacente
Fare cbe gli obiettivi siano obiettivi di gruppo
Fintanto che non vince l'intero gruppo, nessuno vince.
Questo concetto è molto familiare nel mondo dello sport, ma
è altrettanto valido per squadre di ogni tipo. I record
individuali vanno bene per i libri di storia, ma in realtà
costituiscono una rielaborazione dell'evento. Quello che
conta molto di più è il rendimento dell'intero gruppo.
“Quando riesci a coinvolgere gli altri in questo modo ed
essi si caricano a vicenda sinergicamente, è contagioso,"
osserva Wolfgang Schmitt, della Rubbermaid. "Diventa
molto più simile all'essere membri di una squadra sportiva; il
contrario è il far parte di una catena di montaggio. C'è un
enorme differenza nel livello, nell'intensità di energia che i
membri di una squadra mettono nel lavoro.”
E’ per questo che la maggior parte dei bravi allenatori,
e la maggior parte dei leader di valore, parlano così spesso al
plurale. "Noi abbiamo bisogno..." "Il termine che ci siamo
posti..." "Il lavoro che abbiamo davanti..." I buoni leader
166
mettono sempre in risalto in che modo il contributo di
ciascuno s'inserisce nello sforzo comune.
Negli affari: “Insieme dobbiamo immettere al più
presto sul mercato questo nuovo prodotto." Se l'addetto alla
campagna pubblicitaria fa uno splendido lavoro, ma
l'addetto alla confezionatura batte la fiacca, non si ha
successo.
Nella navigazione: "Insieme dobbiamo far veleggiare la
nave in questa burrasca." Se l'ufficiale di rotta sa leggere le
stelle come il palmo della sua mano, ma il comandante non
sa distinguere il tribordo dal babordo, non si ha successo.
In politica: “Insieme dobbiamo vincere queste
elezioni.” Se il candidato è un magnifico oratore, ma il
personale di supporto non riesce a organizzargli il discorso,
non si ha successo.
Trattare le persone come gli individui unici che sono
Quando degli esseri umani si aggregano in un gruppo,
non è che la loro personalità svanisca di colpo. Essi
mantengono le loro diverse personalità. Mantengono
capacità diverse. Hanno ancora speranze e paure diverse. Un
167
leader di talento riconoscerà tali differenze, le apprezzerà e
le userà a vantaggio del gruppo.
Individualmente: era così che l'allenatore di ginnastica
di fama internazionale Bela Karolyi preparava i suoi allievi
per i giochi olimpici. "Se non ottenevo i risultati che
voleva," ricorda la campionessa olimpionica Mary Lou
Retton, che fu allenata da Karolyi e vinse una medaglia
d'oro, "m'ignorava. Avrei preferito che mi urlasse contro, lo
giuro.”
Ma Karolyi era abbastanza intelligente da riconoscere
che quell'approccio era esattamente ciò di cui la Retton
aveva bisogno.
“Facevo un volteggio. Sollevavo le mani e poi mi
giravo. Lui guardava arricciando il naso la ragazza
successiva, che era pronta a partire. Oh, quanto volevo la sua
attenzione! Volevo che mi dicesse: 'Questa volta sei stata
brava, Mary Lou.' Lui usava questo sistema per ottenere dei
risultati da me, per spingermi a correggere i miei movimenti
nella speranza di ottenere quella lode.”
Karolyi era soltanto un cerbero? Niente affatto. Con
altri allievi adottava una linea di condotta completamente
diversa.
168
La Retton non dimenticherà mai l'approccio che
Karolyi impiegò per la compagna di squadra Julianne
McNamara. “Lei ha una personalità molto diversa dalla mia.
E’ molto più timida, un po' riservata. Lui era molto gentile
con lei. Se lei non faceva una data correzione, lui andava a
far assumere al suo corpo la posizione necessaria e le
parlava in tono pacato. Era sempre più dolce con lei. In
questo modo otteneva risultati personalizzati.
"Trattava ogni allievo diversamente, e penso che questo
sia molto importante.”
Fare sì che ciascun membro si senta responsabile per il
prodotto del gruppo
Le persone hanno bisogno di sentire che il loro
contributo è importante. In caso contrario non sono in grado
di dedicare un'attenzione completa ai compiti che le
attendono.
Fate che il progetto appartenga al gruppo. Fate in modo
che il maggior numero possibile di decisioni maturino dal
gruppo. Sollecitate la partecipazione. Non imponete
169
soluzioni. Non insistete perché le cose siano fatte in un dato
modo.
La Jaycraft Corporation aveva un problema: il suo
principale cliente proponeva un'enorme ordinazione, ma con
una data di consegna che sembrava impossibile rispettare.
Doug Van Vechten, il presidente della società, avrebbe
potuto imporre una soluzione dall'alto.
Ma non ci provò neppure. Chiese invece a un gruppo di
suoi dipendenti di cercare una soluzione. "Sono tornati da
me e mi hanno detto: 'Noi possiamo dare quest'accelerata e
quest'altra, e sentiamo che possiamo farcela, quindi
accettiamo pure l'affare,'” rammenta Van Vechten. La
Jaycraft accettò l'ordffiazione e rispettò la data di consegna
richiesta dal cliente.
Condividere la gloria, accettare la colpa
Quando il gruppo fa un buon lavoro e viene
riconosciuto, è responsabilità del leader distribuire i benefici
fra i suoi membri. Una pacca sulle spalle in pubblico, un
premio da parte della direzione, un articolo sulla rivista
dell'azienda: quale che sia la forma di questo
170
riconoscimento, ciascuno dovrebbe averne una parte
generosa.
Denis Potvin, capitano della squadra di hockey dei New
York Islanders, sapeva come condividere la gloria quando la
sua squadra vinse la Stanley Cup. Ma, nel caso che non
l'avesse saputo, l'allenatore Al Arbour era abbastanza
esperto di gioco di squadra da ricordarglielo. “Bada bene a
lasciare che gli altri ragazzi tengano in mano la coppa,"
bisbigliò all'orecchio di Potvin, pochi secondi dopo il
segnale della fine dell'ultima partita del campionato.
"Lui è corso sul ghiaccio fin sopra al mucchio dei
giocatori in visibilio per la vittoria," racconta Potvin. “Tutti
ci congratuliamo l'un l'altro. Mi sono voltato, e Al era là. Ci
siamo abbracciati. E’ stato là che mi ha detto quella frase
all'orecchio.
“Sono rimasto molto colpito. Ecco là un uomo che
aveva un completo controllo della squadra. Si preoccupava
ancora dei suoi giocatori anche se la Stanley Cup era appena
stata vinta. Ed era la prima volta che faceva l'allenatore."
Le persone apprezzano sempre di essere incluse in un
elogio. Questo le incoraggia a prodigare al massimo i loro
sforzi e infonde loro la volontà di tornare a lavorare col
171
leader che le ha guidate a quel successo. Questo atto di
riconoscimento offre un beneficio aggiuntivo: alla fine il
leader ottiene comunque una grande parte del merito.
Quando si tratta di critiche, siate un leader intelligente e
adottate l'atteggiamento esattamente opposto. Non puntate il
dito contro qualcun altro. Non lamentatevi mai in pubblico
dell’anello debole" della catena. Fatevi avanti e accettate
qualunque commento arrivi. Poi parlate in privato coi
membri del gruppo dei modi in cui i risultati potrebbero
venir migliorati e responsabilizzateli sulla necessità di fare
meglio la prossima volta.
Approfittare di ogni occasione per creare fiducia nel gruppo
Un grande leader crederà fermamente nel gruppo e
comunicherà tale convinzione a ogni componente.
Questa è una lezione che Barbara Hammerman mette in
atto nella sua classe di scuola materna, una lezione
altrettanto valida per una fabbrica o una sala di consiglio.
«Io cerco di sviluppare nell'aula lo spirito di gruppo,"
spiega. "Per i bambini del mio corso, noi siamo la classe
migliore, e si crea la sensazione che non vogliamo deludere
172
il gruppo - uno per tutti e tutti per uno; noi abbiamo
determinati criteri di eccellenza che vengono stabiliti,
riveduti e continuamente rafforzati nell'intero corso
dell'anno. I bambini comprendono questi standard."
Essi non ne sono intimiditi. "Loro amano vivere
all'altezza di questi standard perché noi siamo fantastici,”
continua la Hammerman. "Chi non vuole sentirsi parte di un
gruppo così meraviglioso? Quando ricevono i complimenti
dagli altri, possono cominciare a vedere i progressi che
stanno compiendo e i cambiamenti che avvengono in loro. E
si sentono meravigliosi."
Essere coinvolti, rimanere coinvolti
In quelle vecchie compagnie a piramide, era facile per il
capo restarsene relativamente in disparte. Peraltro, un
esercito di favoriti ronzava continuamente intorno, in attesa
di distribuire le ultime chicche di saggezza del boss alla
bassa manovalanza.
Questo approccio non può funzionare nel nuovo mondo
basato sul gruppo. Il leader forte dev'essere coinvolto e
restare coinvolto. Visualizzate il leader come il comandante
173
di una trafficata portaerei che vigila sul ponte. Aerei
arrivano. Altri decollano. La nave deve mantenere la rotta e
inoltre essere protetta da un attacco. Tutte queste
considerazioni devono essere elaborate insieme.
Il leader dev'essere realmente presente. "Devi avere
l'esperienza e ascoltare,” ammonisce Jack Gallagher,
direttore del North Shore University Hospital di Manhasset,
a New York. "Ma, dopo un po', se ti fai una sufficiente
esperienza, se lavori abbastanza duramente, se sei
abbastanza bravo, se ti porti del lavoro a casa, allora senti di
potertela cavare bene con tutti quegli aerei che salgono e
scendono e tutto il resto che ti circonda."
Non si può sempre tracciare un preciso piano di
battaglia. "Devi acquisire una sensibilità intuitiva per quello
che intendi fare, e far funzionare le antenne che hai sulla
testa," prosegue Gallagher. "Certo, ci sono troppe cose che
succedono, e quella è una questione molto complicata. Ma tu
puoi sviluppare questa sensibilità intuitiva."
174
Essere un mentore
E’ compito del leader sviluppare e rafforzare i talenti
dei membri del gruppo. Questo è vero nel breve termine,
quando i membri del gruppo svolgono i compiti assegnatigli.
Ma è vero anche nel lungo termine: il capo deve assumersi
una genuina responsabilità per le loro vite e carriere.
“Ti piacerebbe migliorare?” "Quale sbocco vuoi dare
alla tua carriera?" “Che tipo di nuove responsabilità ti
piacerebbe assumere?” E’ vostro compito di leader porre
tutte queste domande e servirvi di tutta la conoscenza ed
esperienza in vostro possesso per aiutare i membri del
gruppo a conseguire questi obiettivi.
Rafforzate nel tempo la fiducia che riponete nelle loro
capacità. Assegnategli criteri di qualità a cui mantenersi.
Complimentatevi con loro sinceramente in pubblico: "Sally
ha compiuto un lavoro formidabile con questo rapporto."
Inviate messaggi privati: "Il commento che hai fatto oggi è
estremamente prezioso. Ci hai spinti tutti nella giusta
direzione.” E ricordate: se loro hanno successo, voi avete
successo.
175
Alla facoltà di economia e commercio dell'Università di
Harvard, i nuovi membri del corpo insegnante sono
semplicemente lasciati nuotare o andare a fondo.
"Tutti i sette od otto istruttori che tengono il nostro
corso introduttivo di marketing si riuniscono ogni settimana
per quattro ore come gruppo per discutere le situazioni
problematiche che si presentano e i modi migliori per
impartire l'insegnamento in questi casi," informa il professor
John Quelch. "Inoltre, passano in rassegna gli sviluppi dei
problemi intervenuti nella settimana precedente, decidono
quali miglioramenti devono essere approntati ecc. In questo
modo, istruttori di nuova nomina possono raccogliere
indicazioni di carattere didattico dai nostri insegnanti con
una maggiore esperienza.”
Gli insegnanti anziani forniscono anche altri tipi di
sostegno. Tre o quattro volte al semestre, uno di loro assiste
a una lezione di un nuovo istruttore. Si presenta per aiutare,
non per giudicare. ”Il suo ruolo è molto simile a quello di un
allenatore," precisa Quelch. "Non si tratta tanto di stendere
un rapporto per un incartamento che determinerà una
promozione. L'obiettivo è quello di accrescere l'efficienza
176
del capitale - il nuovo membro del corpo insegnante - in cui
abbiamo investito."
Dopo la lezione l'insegnante anziano può fornire
consigli per miglioramenti sia a breve che a lungo termine.
"Quello che vorrei cercare di dire a un nuovo insegnante,"
continua Quelch, "è questo: 'Ecco cinque cose che puoi fare
alla prossima lezione e che avranno un impatto positivo sul
modo in cui sei ricevuto dalla classe.' Questi suggerimenti
potrebbero comprendere, per esempio, accorgimenti
apparentemente banali come quello di scrivere più grande
sulla lavagna. Oppure: 'Badate di non ciondolare intorno alla
lavagna e di non tenere la lezione stando sempre sul davanti
della stanza. Aggiratevi per l'intera aula e piazzatevi anche
dietro gli studenti. Condividete la loro esperienza."'
Come scrisse Walter Lippmann alla morte di Franklin
Delano Roosevelt: "La prova finale che fa riconoscere un
capo come tale è che egli lascia dietro di sé negli altri
uomini la convinzione e la volontà di continuare.”
Seguite queste semplici tecniche e osservate i progressi
del vostro gruppo. Il premio più grande che un leader possa
ottenere - il retaggio più grande che un leader può lasciare è un gruppo di persone di talento che collaborano fra loro
177
col massimo impegno e affiatamento: e che sono esse stesse
pronte ad assumersi il comando.
I GIOCATORI DI SQUADRA
SONO I LEADER DI DOMANI.
178
8
RISPETTARE LA DIGNITA DEGLI ALTRI
La Chrysler costruì un'automobile speciale per
Franklin Delano Roosevelt, che non poteva usare una
macchina normale perché aveva le gambe paralizzate. W.F.
Chamberlain e un meccanico la consegnarono alla Casa
Bianca. Ho davanti a me una lettera di Chamberlain che
riferisce le sue esperienze.
“Insegnai al presidente Roosevelt come manovrare
un'auto con una quantità di accessori inconsueti, ma lui
m'insegnò molto sulla raffinata arte di trattare le persone.
Quando telefonai alla Casa Bianca,” scrive Cbamberlain,
“il presidente fu estremamente amabile e di buon umore. Mi
chiamò per nome, mi fece sentire molto a mio agio e mi
colpì soprattutto per il fatto che era profondamente
interessato alle cose che avevo da mostrargli e spiegargli.
“La vettura era disegnata in modo tale da poter essere
azionata interamente a mano. Una folla di curiosi si radunò
intorno all'automobile, ed egli osservò: 'E’ meravigliosa.
Tutto quello che bisogna fare è toccare un pulsante, ed essa
parte, e si può guidarla senza sforzo. E’ fantastica. Non so
179
cosa sia a farla andare. Mi piacerebbe avere il tempo di
smontarla per vedere come funziona.'
“Quando gli amici e i collaboratori di Roosevelt
ammirarono l'automobile, egli disse di fronte a loro: 'Signor
Cbamberlain, le esprimo il mio apprezzamento per tutto il
tempo e lo sforzo che ha impiegato per creare questa
automobile. E’ un autentico capolavoro.' Ammiro il
radiatore, lo specchietto retrovisore, il clacson e i fari,
l'originale tappezzeria, la posizione del sedile del guidatore,
le valigie nel bagagliaio personalizzate col suo
monogramma. In altre parole, prestò attenzione a ogni
particolare in cui, come lui sapeva, avevo profuso tanto
impegno. Si fece un dovere di far ammirare queste parti
dell'automobile alla signora Roosevelt, alla signorina
Perkins, al ministro del lavoro e al suo segretario. Chiamò
in causa perfino il vecchio facchino della Casa Bianca,
raccomandandogli: 'George, mi farai il favore di avere una
particolare cura delle valigie.'
“Quando la lezione di guida fu finita, il presidente si
volse verso di me e disse: 'Bene, signor Chamberlain, ho
tenuto in attesa il consiglio della Federal Reserve per trenta
minuti. Penso che ora farei meglio a tornare al lavoro.”
180
DALE CARNEGIE
Don Monti aveva sedici anni quando i suoi genitori
ricevettero la straziante notizia che era affetto da leucemia e
che, secondo i medici, non gli restavano che un paio di
settimane da vivere.
"Eravamo nella sua stanza d'ospedale," ricorda sua
madre, Tita Monti. "Ci avevano appena comunicato la sua
diagnosi. Siamo stati molto attenti a non fargli capire che
aveva una malattia mortale. Abbiamo raccomandato al
dottor Degnan di non dire niente. Lo abbiamo raccomandato
a tutto il personale del reparto. Abbiamo continuato a
fingere di non sapere niente."
Quella sera i genitori di Don decisero d'ignorare una
quindicina delle regole dell'ospedale e gli prepararono una
cena speciale nella sua stanza. “Adorava le fettuccine,"
continua sua madre. "Abbiamo chiuso la porta. Avevamo
una lattina di birra Sterno. Abbiamo messo sul fornello le
fettuccine e in quel momento hanno bussato alla porta ed è
entrato il dottor Degnan. Io ho trattenuto il respiro. Ho
181
pensato: 'Dio mio, chissà cosa dirà adesso.' Non ne avevo la
minima idea.
“Il dottor Degnan ha guardato la scena e ha detto:
'Questo è il mio piatto preferito.' Si è messo a sedere e gli
abbiamo detto di favorire. Non abbiamo mai avuto la
sensazione che il suo atteggiamento significasse: ‘Io sono il
dottore e voi siete i pazienti.`”
C'erano innumerevoli cose che il dottor Degnan
avrebbe potuto dire quando entrò nella stanza di Don Monti.
Avrebbe potuto dire: “Non vi ha parlato nessuno del
regolamento interno dell'ospedale?" O anche: “Non potete
cucinare in stanza." Oppure: "Le fettuccine non sono
assolutamente contemplate dal programma nutrizionale
dell'ospedale."
Ma il dottor Degnan ebbe rispetto per la dignità
personale del suo paziente e dei suoi genitori. Non mise
avanti una sola volta la sua autorità. Semplicemente, si
sedette al loro fianco e trattò i Monti come esseri umani.
L'unico modo per costruire rapporti di fiducia è quello di
rispettare la dignità degli altri.
Burt Manning, il presidente della J. Walter Thompson,
una grande agenzia pubblicitaria in Madison Avenue, fu
182
invitato di recente a parlare davanti a un pubblico di giovani
pubblicitari. Questi uomini e donne, per la maggior parte tra
i venti e i trent'anni, stavano esordendo in una professione
altamente competitiva, in cui spesso e volentieri ci si scanna
a vicenda, e non vedevano l'ora d'imparare alcuni trucchi del
mestiere da una leggenda del mondo della pubblicità come
Manning, che era rimasto al culmine del successo per un
lasso di tempo pari agli anni di vita di molti di loro.
"Intelligenza, talento ed energia sono soltanto il
biglietto d'entrata per la corsa," fu la lezione che Manning
impartì quel giorno al suo pubblico affascinato. “Senza di
essi non potete neppure entrare."
Ma queste doti non bastano, tutt'altro. “Per vincere,
dovete conoscere il segreto, e ispirare a esso la vostra vita.,
Qual è questo magico segreto? E’ semplicemente: trattate
gli altri come vorreste che gli altri trattassero voi.” Si
trattava della Regola Aurea di Madison Avenue. Il
ragionamento di Manning non si rifaceva alla religione,
all'etica, all'autocompiacimento o alla differenza fra giusto e
sbagliato, anche se disse ai giovani pubblicitari che anche
queste erano buone ragioni per seguire il suo consiglio. Lui
indicò loro un altro motivo: la Regola Aurea paga.
183
“Anche se siete la persona meno altruista del mondo,
anche se siete dediti soltanto al vostro interesse personale, al
denaro, al prestigio, alle promozioni," sottolineò allora quel
veterano della pubblicità, "il modo più sicuro per ottenere
tutto ciò è quello di seguire fermamente la Regola Aurea.”
Il presidente nella società, l'insegnante nell'aula
scolastica, il commesso nel supermercato: tutti lavoreranno
meglio, andranno avanti, renderanno di più e si sentiranno
più soddisfatti di se stessi, se semplicemente riusciranno a
far propria questa semplice e veneranda regola: tratta gli altri
come vorresti che gli altri trattassero te. Oppure, in forma
più moderna: mostra rispetto per gli altri, loro mostreranno
rispetto per te.
Il mondo di oggi non è un semplice circolo esclusivo di
attempati gentiluomini. E’ un luogo enormemente più
integrato, più diversificato di quello anche di una sola
generazione fa. In nessun altro ambiente questa diversità è
più evidente che nel mondo degli affari. Donne,
omosessuali, disabili, cittadini di un gran numero di razze ed
etnie: oggi fanno tutti parte del gioco.
Per riuscire in questo ambiente mutato, è assolutamente
essenziale andare d'accordo senza sforzo con ciascuno,
184
indipendentemente dalla sua origine o dalla sua cultura.
“Soltanto il quindici o venti per cento delle persone che
entreranno nella forza lavoro nel ventunesimo secolo non
saranno membri di minoranze, donne o immigrati," prevede
James Houghton, il presidente della Corning. “La situazione
è questa. Quindi, a meno che vogliate avvalervi soltanto del
quindici per cento del talento disponibile, fareste meglio a
darvi una regolata, e alla svelta.”
Il modo migliore per cominciare a rispettare un'altra
cultura - o qualsiasi altra cosa - è imparare a conoscerla.
Questo fu uno dei motivi principali che avvicinarono il
compianto Arthur Ashe al tennis professionistico. "Sapevo
che c'era da viaggiare molto,” spiegò, "e io avevo una gran
voglia di viaggiare. Volevo visitare quei posti. Volevo
vedere quelle cose di cui avevo soltanto letto sulle pagine
del National Geographic. Ho accolto con gioia la possibilità
di conoscere quei paesi.
"Ripensandoci adesso," confidò Ashe a un
intervistatore poco prima della sua morte, "quelli sono fra i
miei ricordi più belli e più intensi: gli scambi umani che ho
avuto con un'ampia varietà di persone delle più diverse
culture.
185
"Il viaggiare lo si può concepire in due modi. Si può
avere un atteggiamento di arroganza culturale: visitare altri
paesi e guardare con disprezzo alla gente che appartiene a
civiltà di molte migliaia di anni più antiche della nostra. Può
darsi che non siano tecnologicamente progrediti come noi, e
allora noi pensiamo che il nostro sistema sia migliore.
Oppure si può pensare: 'Sì, le loro condizioni di vita non
sono buone. Ma che ricco patrimonio teologico o culturale
hanno. Sono qua da diecimila anni, e quindi devono sapere
qualcosa. Noi siamo in ballo soltanto da duecento anni.' Io
preferisco senz'altro il secondo atteggiamento.”
Anche nazioni che sono vicine di casa spesso si vedono
vicendevolmente come molto diverse. Queste differenze
devono essere riconosciute, rispettate e mai disprezzate. E’
questo che Helmut Krings scoprì facendo la spola fra
Germania e Svizzera. Krings, tedesco, è vicepresidente per
l'Europa centrale della Sun Microsystems, una delle
principali ditte che fabbricano reti di calcolatori.
"Io evito i confronti," afferma. “Cerco di evitare di fare
qualsiasi accenno alla Germania. Quello che la gente detesta
di più è sentirsi dire di continuo che quello che si fa al tuo
186
paese è giusto e che nel suo non si fanno le cose come si
deve."
Tutti vogliono rispetto per la loro cultura e la loro
lingua. E’ naturale. Melchior Wathelet, vice primo ministro
del Belgio, è nato in una famiglia belga di lingua francese.
All'inizio della sua carriera politica decise di attraversare il
solco linguistico che divide il suo paese imparando il
fiammingo, l'altra lingua ufficiale. Questo fece di lui il
primo uomo politico belga in grado di parlare correntemente
entrambe le lingue. Egli mostrò così rispetto per tutti i
cittadini della sua nazione. Diventò un simbolo nazionale di
unità e la sua carriera politica veleggiò verso il successo.
Aveva imparato a convivere con la diversità.
Volete trovarvi a vostro agio con la diversità nelle sale
di consiglio delle aziende, all'università, nell'ufficio vendite,
nell'organizzazione assistenziale, nel governo dei nostri
giorni? Il primo passo fondamentale è: Mettersi nei panni
dell'altra persona. Gli altri sono esseri umani che vivono e
respirano esattamente come voi. Hanno esigenze familiari.
Vogliono riuscire. Vogliono essere trattati con la stessa
dignità, lo stesso rispetto e la stessa comprensione che voi
pretendete da loro.
187
Quello che conta, sottolinea Thomas A. Doherty, il
presidente della Fleet Bank, "è il modo in cui le persone
vengono trattate ogni giorno. Esse vogliono essere trattate e
riconosciute come personalità individuali. Questo era vero
quando sono entrato nell'attività bancaria trent'anni fa, e
penso che lo sarà ancora fra cento anni." E Doherty ne
definisce chiaramente il motivo: "Perché siamo tutti esseri
umani."
L'importante è "trattare gli altri con rispetto. Usare
piccole cortesie come 'buongiorno' e 'grazie'. A mio avviso,
chi dirige ha il compito di creare un'atmosfera dove i
dipendenti possano dare il loro contributo al massimo delle
loro potenzialità." Quest'atmosfera esiste dove gli individui
sentono di essere rispettati e trattati come individui. E’
assente dove hanno la sensazione di essere semplici numeri.
Coloro che hanno avuto successo hanno imparato nel
corso degli anni che di rado è possibile far sentire importanti
gli altri esibendosi una o anche più volte in un grande gesto.
E’ piuttosto un processo che si compone di molti piccoli
gesti.
Adriana Bitter ha potuto constatare alla Scalamandré
Silks il potere di questa realtà. I tempi erano difficili per
188
l'industria tessile, alla fine degli anni ottanta e all'inizio degli
anni novanta, ma l'azienda sopravvisse operando in armonia
con le maestranze. I nostri dipendenti sono stati
incredibilmente meravigliosi, lavorando con noi per superare
questa crisi,” riconosce la Bitter. “Sono stati fantastici, e
credo che questo sia frutto della nostra vicinanza. Se non ci
fosse stata questa vicinanza, perché avrebbero dovuto darci
qualcosa? Come sa, bisogna dare a qualcuno se si vuole
ricevere qualcosa in cambio. Questa, a ogni modo, è la
nostra filosofia.”
Come creiamo questa vicinanza? Rispettando la dignità
dei nostri collaboratori, mostrando comprensione per loro,
riconoscendo che sono esseri umani che esistono anche al di
fuori dell'ambiente di lavoro. Nell'azienda della Bitter questo
significava per esempio che una volta il vicedirettore
corresse gentilmente un intervistatore radiofonico in visita,
quando questo si riferì ai dipendenti come a degli operai
tessili anziché a degli artigiani. Significava, come abbiamo
visto, che la Bitter, durante uno dei suoi giri per lo
stabilimento, riuscì a far superare la paura del volo a uno dei
suoi disegnatori. Significava lasciar aperta la porta
dell'ufficio del presidente e accogliere un artigiano a torso
189
nudo che doveva parlare di certi problemi sopravvenuti in
tintoria. Significava imparare lo spagnolo per comunicare
meglio col personale.
Fred Sievert è in un ramo molto diverso, ma sa che
certe regole sono le stesse. I piccoli gesti sono tutto anche
nel ramo delle assicurazioni. In questo settore, gli agenti
sono la società. Se gli agenti non vendono, in breve la
società si sfascia. Semplicemente.
Anni fa, Sievert lavorava per l'agenzia di assicurazioni
internazionale Maccabee. Quando la ditta si trasferì in un
nuovo palazzo di uffici che ospitava parecchie altre aziende,
Sievert volle assicurarsi che il lavoro precedente non
andasse perduto nel trasferimento. Quindi la sua prima sosta
nel nuovo palazzo fu all'ufficio del personale di sicurezza.
“Ho radunato gli addetti alla sicurezza, saranno stati dieci o
dodici," ricorda Sievert. "Non sapevano neanche che
lavoravamo nelle assicurazioni, sapevano solo il nome
dell'azienda. Io ho detto: 'Ehi, noi abbiamo degli agenti
chiave a Detroit, e se voi sapete che una persona che viene
qua è uno di questi, dovete srotolare il tappeto rosso per lui.
Fate tutto quello che dovete fare. Se dovete accompagnare il
visitatore fino all'ultimo piano perché trovi il funzionario
190
giusto, fatelo.' In seguito degli agenti mi hanno parlato
entusiasticamente dell'ottimo trattamento che hanno ricevuto
quando sono entrati nel palazzo.”
Tutte queste piccole premure contribuiscono a
comporre un grandissimo insieme: il risultato è che la gente
si senta a suo agio e soddisfatta. I dipendenti convinti che la
loro organizzazione è interessata al loro benessere e
comprende i loro bisogni sono quelli che, con ogni
probabilità, rispondono lavorando indefessamente e
sforzandosi di contribuire al conseguimento degli obiettivi
dell'organizzazione stessa.
Dale Carnegie raccontava spesso la storia di Jim Farley,
l'organizzatore della campagna elettorale di Franklin Delano
Roosevelt. Farley si faceva un dovere di ricordare - e usare i nomi di tutti coloro che contattava. Spesso questo
significava ricordare letteralmente migliaia di nomi. Quando
condusse la campagna elettorale per la rielezione di
Roosevelt, Farley viaggiò per nave, in treno e in automobile,
rimbalzando da una città all'altra, incontrando a ogni tappa
centinaia di persone. Al suo ritorno a casa, dopo settimane di
spostamenti, era esausto. Ma non si riposò prima di aver
completato un compito che riteneva assolutamente
191
essenziale: inviò una lettera firmata di suo pugno a tutti i
cittadini che aveva incontrato nel suo giro di propaganda. E
aprì ogni lettera col nome di battesimo del singolo
destinatario: "Caro Bill” o “Cara Rita”.
Le persone rispondono ancor oggi a questi piccoli
gesti? Potete scommettere di sì. Restituire una telefonata,
ricordare un nome, trattare qualcuno con rispetto: queste
sono praticamente le cose più importanti che qualsiasi leader
puo fare. Queste azioni basilari, sottolinea il pubblicitario
Burt Manning, "sono quelle che funzionano. E’ questo il
modo in cui le persone si distinguono dalla folla, dalle
masse: facendo queste cose fondamentali senza mai il
minimo cedimento.”
Poco tempo fa, un signore fu accompagnato da
Manning nel suo ufficio. Quando entrarono, rimase colpito
da un piccolo gesto. Nell'ufficio c'era un solo attaccapanni.
Manning prese il soprabito del visitatore e l'appese
all'attaccapanni. Il proprio soprabito lo gettò sul pomo di una
porta. Niente di speciale? Forse, ma non pensate che il gesto
sia passato inosservato. Sono piccole cose come questa che
inviano un messaggio: "Lei mi sta a cuore. I suoi interessi
192
sono i miei interessi. Noi siamo in questo affare insieme.” In
questo modo si può creare un ambiente positivo.
E non c'è modo migliore per rafforzare il messaggio che
compiere il secondo passo previsto dalla Regola Aurea:
Trattare i dipendenti come colleghi, senza atteggiamenti di
superiorità, senza imposizioni, senza rimproveri. Essi sono i
vostri collaboratori, dopo tutto, non i vostri servitori o i
vostri migliori amici. Perciò trattateli di conseguenza.
Riconoscete la condizione umana che è propria di ogni
membro dell'organizzazione. Chi si atteggia a grande boss
non motiva gli altri ma genera solo risentimento nei
subordinati.
Considerato il grande potere del rispetto, come mai così
tanti dirigenti prendono l'abitudine di umiliare i loro
sottoposti e di alzare la voce con loro? Spesso il motivo è
una scarsa autostima. "I manager si trovano allo scoperto,”
arguisce John B. Robinson Jr., vicepresidente effettivo del
gruppo finanziario Fleet, a cui appartiene la Fleet Bank.
“Sono in prima linea. Ho visto spesso certuni adottare uno
stile innaturale perché si trovavano in una situazione
difficile. Penso a quelli che, come ho potuto constatare in
questi anni, si sforzavano di essere capi inflessibili ma in
193
realtà non lo erano. Forse mascheravano in questo modo il
loro senso di disagio.”
E funziona? Quasi mai. "Loro tendono a offendere a
parole gli altri e cercano d'imporre rispetto dettando legge
con atti arbitrari o cose del genere. E questo di solito è
controproducente." Il motivo è semplice: è raro che le
persone reagiscano bene all'intimidazione.
E’ molto più efficace permettere che i vostri dipendenti
vedano che anche voi siete esseri umani. Trattate gli altri
come uguali, come capitali preziosi, non come pezzi del
macchinario dell'azienda. Quello che va fatto, insegna Bill
Makahilahila, è liberarsi dalla propria posizione, liberarsi dal
titolo così come lo vedevamo in passato. Ciascuno dà il suo
contributo, è questo che conta.”
Per certi dirigenti d'industria questo significa un modo
totalmente nuovo di concepire le relazioni fra dipendente e
principale. Bisogna usare il tono giusto perché s'instaurino il
rispetto e la comunicazione reciproca. John Robinson è
convinto di questo: "Secondo me una delle cose che bisogna
fare è mantenere un senso di umiltà. E’ estremamente facile
che nel mondo aziendale succeda questo: più in alto saliamo,
più crediamo veramente di essere così importanti come il
194
nostro titolo suggerisce, o così intelligenti come la nostra
posizione proclama." Anni fa Robinson scoprì in un modo
meraviglioso come ricordare a se stesso che, nonostante la
posizione che aveva raggiunto, restava esattamente uguale a
chiunque altro con cui lavorava. "Ero poco più che trentenne
e già direttore di banca, e questo mi faceva sentire molto
importante," confessa. "Poi tornavo a casa e mio figlio era
tutto zuppo e disperato, e io gli cambiavo il pannolino.
Questo mi riportava immediatamente alla realtà e mi
consentiva di vedere le cose sotto la luce giusta. I miei figli:
sono stati proprio loro a mantenermi padrone del mio
equilibrio.”
Mettetevi nei panni dell'altro. Non trattatelo dall'alto in
basso. Ed ecco il terzo passo prescritto dalla Regola Aurea:
Coinvolgere le persone. Accomunatele nella vostra sfida.
Chiedete il loro contributo. Incoraggiate la loro
cooperazione.
Il lavoro, nella maggior parte dei casi, è una parte
importantissima della loro vita come lo è della vostra. Quasi
certamente vogliono essere coinvolte. Vogliono sentirsi
parte in causa. Vogliono partecipare a una sfida, investirvi
195
tutte le loro energie. Non vogliono che le loro opinioni
vengano ignorate.
Chi è appassionato e impegnato in quello che fa, lo fa
bene. Secondo l'icastica espressione di Ray Stata, "quello
che la gente vuole sentire è un senso d'importanza, un senso
d'impatto, un senso d'influenza.”
Come potete creare questo sentimento? Trasmettendo
potere ai vostri dipendenti, proponendogli una sfida,
coinvolgendoli
nella
pianificazione
della
vostra
organizzazione. Precisa Stata: "Io credo che la cosa più
importante sia che alle persone vengano assegnati compiti e
mansioni che esse sentano proporzionati alle loro capacità o
che magari vedano come uno stimolo a superare i propri
limiti. Secondo me, la chiave della motivazione consiste nel
cercare di collegare esattamente il compito all'individuo in
modo tale che questo rappresenti per lui una vera sfida."
La Rubbermaid l'ha compreso molto presto.
Quest'azienda si è posta radicalmente all'avanguardia col
metodo di gestione che prevede la trasmissione di potere ai
dipendenti. Quando, verso la fine degli anni ottanta, dovette
far ridisegnare un macchinario per una spesa di molti milioni
di dollari, non furono i dirigenti a dettar legge. La
196
Rubbermaid volle invece che fossero gli operai, coloro che
all'atto pratico avrebbero usato le macchine, a condurre il
processo. "Formammo una squadra di sei uomini," spiega
Wolfgang Schmitt. "Erano tutti addetti alla produzione, con
in più un manager. Essi fecero il giro delle varie ditte che
fabbricano quel genere di materiale ed eseguirono le prove
di prestazione comparativa. Toccò soltanto a loro fare le
raccomandazioni su quanto andava acquistato. E furono
soltanto loro a venire successivamente addestrati in Europa,
in questo caso in Germania, sul funzionamento delle
macchine. Loro rientrarono in patria coi tecnici del fornitore
e montarono le macchine. Loro le misero in piedi. Loro le
programmarono. Loro ne assicurarono la qualità. Loro
provvidero alla manutenzione preventiva."
I risultati di questo lavoro sono stati importanti per la
Rubbermaid. L'azienda vanta uno dei più elevati tassi di
conservazione del posto di lavoro del settore, e i dipendenti
della Rubbermaid sono ottimi lavoratori. Dal 1982 al 1992
la Rubbermaid ha pagato agli investitori un profitto annuo
medio del venticinque e sette per cento.
Bill Makahilahila descrive il processo della
trasmissione di potere ai suoi impiegati come uno dei suoi
197
compiti più importanti. E spesso un'impresa difficile.
Implica l'instillare nei dipendenti un senso di fiducia in se
stessi, "aiutandoli a elaborare i loro pensieri e le loro idee e
poi a consolidarli nella loro mente così che possano sentirsi
sicuri nel compimento delle loro mansioni e
nell'applicazione delle loro capacità." Richiede che il
dirigente si tiri indietro, appoggi le decisioni dei dipendenti,
non prenda il sopravvento.
"A mio modo di vedere," continua Makahilahila, "non
esiste una decisione giusta o sbagliata. E’ necessario che io
deleghi la piena autorità di prendere la decisione. Poi, se
quella che è stata presa non è la miglior decisione possibile,
se ne discute. Ma se è la miglior decisione, io ne confermo
la validità e aiuto chi l'ha presa a riconoscerlo."
E’ difficile, ma i risultati giustificano lo sforzo. I
lavoratori vengono coinvolti in quello che stanno facendo.
Forse la miglior definizione di questa verità è quella di Ray
Stata: "Io penso che la questione più importante in assoluto,
soprattutto per lavoratori istruiti, professionali, intelligenti,
sia quella dell'autorealizzazione. Quindi, il miglioramento e
la crescita continui nello siviluppo delle loro capacità è, alla
198
fine della giornata, la cosa più importante che motiva le
persone.”
Trattate bene gli altri, trattateli da uguali, e
coinvolgeteli nel lavoro di squadra. Esiste un solo sistema
fondamentale per creare un posto di lavoro all'insegna della
dignità: Umanizzare l'organizzazione in modi grandi e
piccoli.
Qui possono svolgere un ruolo importante sforzi
simbolici. Per esempio, muoversi dalla propria scrivania da
funzionario. Joyce Harvey ha nel suo ufficio un piccolo
tavolo per riunioni, e ne fa uso. "Sediamo intorno a questo
tavolo e parliamo," riferisce Harvey. "Molto spesso ho una
riunione a mezzogiorno, e ho l'abitudine di far portare la
colazione per tutti gli impiegati che si trattengono durante
l'ora di pranzo. Questo rende il colloquio più disinvolto e
informale, e mostra che noi ci preoccupiamo del loro tempo
e lo rispettiamo.”
E. Martin Gibson va oltre il gesto simbolico. E’
convinto che l'umanizzazione di un'impresa sia così
importante che ha perfino strutturato gli impianti dei suoi
stabilimenti con questa idea in mente. "Secondo me, un
posto dove lavorano gomito a gomito dieci, quindici o
199
ventimila persone è un disastro," dichiara. “Non riesco
proprio a vedermi mentre smonto dalla mia macchina e
attraverso a piedi un'area di parcheggio con diecimila operai
in un mostruoso complesso. Mi porrei di continuo la
domanda: 'Se mi volatilizzassi, qualcuno se ne
accorgerebbe?' Probabilmente no. Oppure direbbero
soltanto: 'Che fine avrà fatto quel vecchio come-si-chiama?`
Un lavoratore che si sente sradicato non proverà un
grande senso di coinvolgimento nelle attività della sua
azienda. Un'impresa, la Corning Lab Services, convinta di
ciò, ha trovato una soluzione. Essa possiede trentadue
fabbriche: una grande, con millenovecento dipendenti, e le
altre con una media fra i trecento e i seicento dipendenti.
I risultati? “Abbiamo operai che, quando vanno al
lavoro ogni mattina, si chiamano per nome,” assicura
Gibson. “Se uno di loro si volatilizzasse, qualcuno se ne
accorgerebbe. Tu sai che qualcuno sentirebbe la tua
mancanza, perché lavori in una piccola unità di produzione.
Tutti quanti sanno il tuo nome di battesimo. E’ eccitante.”
Wolfgang Schmitt è d'accordo. E’ per questo che cerca
di limitare i suoi stabilimenti a un organico di quattrocentoseicento elementi. Perché queste dimensioni? Per
200
risparmiare denaro? Non proprio. “Quello che secondo noi è
veramente d'importanza cruciale sono i rapporti
interpersonali," spiega Schmitt. "Quando si supera una forza
lavoro di quattrocento-seicento dipendenti, a nostro avviso
l'aspetto personalizzato di questi rapporti, la comprensione,
l’empatia, vanno a farsi benedire. Così devi darti da fare
dall'alto per creare artificialmente un clima di comprensione
invece di averlo, per così dire, organicamente presente.
Quindi sia dal punto di vista umano sia da quello dei costi, è
prudente e intelligente rimanere in strutture di queste
dimensioni.”
Schmitt è giunto a questa conclusione attraverso
inchieste tra il personale, che hanno rivelato come questo
apprezzi le dimensioni contenute. "Abbiamo trovato che più
ci atteniamo a questa misura più i dipendenti si sentono
soddisfatti di appartenere all'organizzazione, e maggiore è il
senso di coesione.”
Queste questioni sono d'importanza vitale, e non solo
per i massimi dirigenti. Tutti noi, quale che sia la nostra
posizione, progrediamo e realizziamo di più rispettando
l'importanza e la dignità degli altri, indipendentemente dalla
201
loro qualifica, dalla loro origine o dalla loro relazione nei
nostri confronti.
Non si tratta di un concetto nuovo. Anni addietro Dale
Carnegie lo applicava a persone di tutto il mondo. “Vi
sentite superiori ai giapponesi?" chiedeva. "La verità è che i
giapponesi si considerano di gran lunga superiori a voi.
“Ogni nazione si sente superiore alle altre. Questo
genera nazionalismo e guerre.
"La semplice verità è che quasi tutti gli individui che
incontrate sul vostro cammino si considerano superiori a voi
sotto qualche aspetto. E’ un sistema sicuro per conquistare i
loro cuori è quello di fargli capire in qualche modo sottile
che voi riconoscete la loro importanza nel mondo e la
riconoscete sinceramente.”»
IL VERO RISPETTO PER GLI ALTRI
E’ IL FONDAMENTO DELLA MOTIVAZIONE.
202
9
RICONOSCIMENTO, LODE, PREMI
All'inizio del diciannovesimo secolo, un giovanotto di
Londra aspirava a diventare scrittore. Ma tutto sembrava
cospirare contro di lui. Non era riuscito a frequentare la
scuola per più di quattro anni. Suo padre era stato
imprigionato per debiti, e il giovane conosceva spesso i
morsi della fame. Alla fine ottenne un lavoro, quello
d'incollare etichette su bottiglie in un magazzino infestato
dai topi, e di notte dormiva in una lugubre soffitta con due
monelli dei bassifondi di Londra. Aveva così poca fiducia
nelle sue doti di scrittore che impostò di nascosto il suo
primo manoscritto nel cuore della notte perché nessuno gli
ridesse dietro. Una sequela di racconti gli furono respinti
uno dopo l'altro. Finalmente venne il gran giorno in cui uno
venne accettato. Certo, non gli fu pagato, ma lui aveva
ricevuto l'elogio di un editore. Aveva ricevuto il suo
riconoscimento. Ne rimase così elettrizzato e commosso che
vagò senza meta per le strade con le guance inondate di
lacrime.
203
La lode e il riconoscimento che ricevette dal fatto di
vedere stampato anche un solo racconto cambiò l'intero
corso della sua vita. Se non fosse stato per
quell'incoraggiamento, forse avrebbe passato l'intera vita
sgobbando in fabbriche infestate dai topi. Avrete saputo di
quel ragazzo. Si chiamava Charles Dickens.
DALE CARNEGIE
Mary Kay Ash, fondatrice di una ditta di cosmetici, ha
esordito nel mondo degli affari come organizzatrice di
dimostrazioni promozionali per conto della Home Products
Company. Non si dimostrò una brava venditrice... Almeno
non all'inizio. “Dovevamo dare alla padrona di casa che ci
invitava per la dimostrazione, davanti alle sue vicine di casa
riunite, un omaggio in prodotti per la pulizia della casa,
quelli reclamizzati, per un valore di quattro dollari e
novantanove centesimi," ricorda la Ash. “Facevo circa sette
dollari a dimostrazione, e quindi, quando uscivo dalla porta,
mi restavano in media un paio di dollari." Ma aveva tre figli
piccoli da mantenere e non molte capacità. Così continuò a
lavorare come piazzista.
204
Dopo qualche settimana si rese conto che in quel modo
non ce l'avrebbe fatta a sbarcare il lunario, a meno che
qualcosa non fosse cambiato, e in fretta. Era arrivato il
momento di una decisione drastica. “Vedevo tutta quella
gente che mi diceva quanto vendeva e mi chiedevo: 'Ma
come fanno? Perbacco, nessuno mi comprava quegli articoli
per la casa.' Io non ero capace di vendere. Allora mi dissi:
'Bisogna che vada all'assemblea della ditta Stanley. Devo
scoprire come si fa a vendere perché devo mantenere i miei
tre bambini."'
A quei tempi, nel Texas, per una ragazza madre quella
era una vera scommessa. La Ash non aveva denaro e nessun
appoggio. “Dovetti farmi prestare i soldi per poter andare
all'assemblea. Mi ci vollero dodici dollari. Questo comprese
il viaggio prenotato in treno - avrà capito quanto tempo fa
successe - da Houston a Dallas e ritorno, e tre notti
all'Adolphus Hotel. Oggi non potresti certo metterci piede
per dodici dollari. Fu un'amica a prestarmi quei dodici
dollari. Persi un mucchio di amiche per aver loro chiesto in
prestito quel denaro. L'unica amica che me lo prestò mi
consigliò: 'Faresti meglio a startene a casa e comprare le
scarpe ai tuoi bambini con questi dodici dollari. Non
205
dovresti andare in quei postacci da uomini a dannarti
l'anima.'"
Ma la Ash non desistette. “Non avevano accennato al
vitto, e a me piaceva mangiare. Così pensai: Perbacco,
meglio che mi porti dietro del formaggio e dei cracker.' Così
svuotai la mia valigia di campioni della Stanley e ci misi
dentro mezzo chilo di formaggio e una scatola di cracker.
Era l'unica valigia che avevo. Anzi, non era neppure una
valigia vera e propria. E ci ficcai dentro l'unico vestito che
avevo oltre a quello che portavo addosso, insieme al
formaggio e ai cracker.
"Salii su quel treno, e i passeggeri si misero a cantare
‘STANLEY' e continuarono così per tutto il viaggio. Quello
slogan mi ronzava ossessivamente nell'orecchio e io
pensavo: 'Oh, Gesù.' Mi sentivo così imbarazzata. 'Ma sono
matti?' Fingevo di non essere una di loro. Non avevo un
vestito decente, non avevo niente. Dovevo sembrare una
poveraccia, comunque andai là e questo cambiò la mia vita."
Cambiò la sua vita?
"Quelli della Stanley incoronarono una reginetta. Si
chiamava Livita O’Brien. Non la scorderò mai, era alta,
magra, nera di capelli, di successo. Esattamente il contrario
206
di me. Io assistevo dall'ultima fila in fondo alla sala, e decisi
che l'anno dopo sarei stata io la reginetta della festa. Le
regalarono una borsa di pelle di alligatore. Quello era il
premio più grosso. Lo volevo con tutta l'anima. Volevo
quella borsa di alligatore.
"Non avevano un manuale sul come vendere, ma
dissero tre cose. Prima, scegli un binario su cui viaggiare.
Poi, lega la tua carrozza a una stella. Be', io avevo il mio
lavoro alla Stanley, e legai il mio vagone alla stella di quella
donna, lo legai così forte che ho idea che se lo sentì arrivare
dall'ultima fila. Per finire, consigliarono, dite a qualcuno che
cosa avete intenzione di fare. Bene, mi guardai intorno.
Decisi che non sarebbe servito a niente dirlo a qualcuno del
pubblico. Mi sarei rivolta al presidente, che stava in piedi
davanti a tutti. Mi avvicinai a Frank Sammy Beverage e gli
dissi: 'Signor Beverage, l'anno prossimo sarò io la reginetta.'
“Ora, se avesse saputo chi ero si sarebbe messo a ridere.
Ero negli affari da tre settimane, guadagnavo in media sette
dollari a dimostrazione, e pensavo che sarei stata la prossima
reginetta. Cosa mi ero messa in testa? Ma era un uomo
squisito. Non so cosa vide in me, ma mi prese la mano, mi
guardò fisso negli occhi e fece: 'Non so come, ma penso che
207
ce la farà.' Quelle poche parole cambiarono la mia vita. Non
avrei potuto deluderlo. Insomma, avevo preso l'impegno che
sarei stata la reginetta l'anno dopo.” E lo fu.
Mary Kay Ash si diede da fare e fondò una ditta
destinata a un enorme successo, incaricando sue
rappresentanti part-time di vendere prodotti cosmetici ad
amiche, vicine e colleghe. Era motivata a raggiungere il
successo ancor prima di farsi assumere dalla Stanley.
Doveva assolutamente riuscire: non aveva un marito, non
aveva un altro lavoro, e a casa aveva tre bambini da sfamare.
Inoltre, voleva la soddisfazione che si accompagna al
successo. L'incoraggiamento che ricevette dal presidente
della società Stanley le fornì l'incentivo di cui aveva
bisogno: accrebbe la sua autostima, facendole sentire che
c'era qualcun altro al mondo che aveva a cuore il suo
successo.
A volte motivare le persone può essere davvero molto
semplice.
Tutti quanti, dal presidente della società più affermata
alla commessa di un supermercato addetta al ritiro delle
bottiglie vuote, vogliono sentirsi dire che compiono un
lavoro d'importanza primaria, che sono intelligenti, che sono
208
bravi e che i loro sforzi sono riconosciuti. Un po' di
riconoscimento, un incoraggiamento al momento giusto è
spesso tutto quello che ci vuole per trasformare un buon
dipendente in uno eccellente.
"Perché," chiese Dale Carnegie, “per cambiare le
persone non usiamo lo stesso comune buonsenso che usiamo
quando cerchiamo di cambiare i cani? Perché non usiamo la
carne invece di usare la frusta? Perché non usiamo la lode
invece del biasimo? Lodiamo dunque anche il più lieve
miglioramento. Questo sprona l'altra persona a continuare a
migliorare."
Non è per nulla complicato. Ma per qualche ragione
molti trovano difficile tributare lodi anche molto meritate.
"Una volta avevo difficoltà a esprimere giudizi, positivi
o negativi, sull'operato dei dipendenti," confessa Fred
Sievert. “Ma dire qualche parola di lode è molto semplice, e
incredibilmente fruttuoso. Non so perché mai mi trattenessi
dal dire: 'Apprezzo molto quello che ha fatto. Gliene sono
grato. So che le è costato un bel po' di lavoro straordinario e,
mi creda, ne vedo i risultati."'
Come raccontò Sievert, gli ci vollero anni per imparare
l'importanza del distribuire lodi, e in parte lo dovette al suo
209
principale. "E’ un uomo straordinario e ogni giorno esterna i
suoi sentimenti. Quando ha un problema o qualcosa di
negativo nella mente te lo fa sapere, ma dice anche:
'Bravissimo, hai fatto un lavoro splendido.' E’ molto
rassicurante sentire frasi del genere."
Non è necessario che le lodi siano sperticate. "Certe
volte," continua Sievert, "si rende conto che lavoro troppo, e
allora mi dice: E’ meglio che adesso te ne vada. Va' a casa.
Passa un po' di tempo con la tua famiglia. Prenditi qualche
giorno di vacanza.' Il semplice fatto che si accorga del mio
impegno ha grande valore per me.»
Premi. Quando, oggi, questa parola viene usata nel
mondo degli affari, è quasi sempre un eufemismo per la
parola "soldi". Straordinari, gratifiche, indennità, mance:
sono questi i tipi di premi a cui la maggior parte della gente
pensa, i premi di natura finanziaria.
Ora, nessuno nega che il denaro sia importante. Nella
nostra società, è estremamente importante. Ma, per dire tutta
la verità, il denaro è solo uno dei motivi per cui le persone
vanno al lavoro la mattina e soltanto una delle cose che si
portano a casa dal lavoro.
210
Protestiamo pure quanto vogliamo, ma anche al più
materialista di noi stanno intensamente a cuore anche altri
tipi di premi.
Due cose figurano in cima all'elenco dei premi:
l'autostima e la stima che vi viene dagli altri. Sono due delle
più potenti forze motivanti che esistano. “Le persone amano
fare bella figura,” rammenta continuamente a se stesso
Walter Green, della società Harrison Conference Services.
"Quindi, parte di quello che vuoi fare è creare un
ambiente dove i dipendenti possano fare bella figura."
E’ quello che ha fatto James Houghton alla Corning.
Egli cerca di creare un ambiente dove gli impiegati possano
fare bella figura e sentirsi bene. La sua ricetta si compone di
mille ingredienti, ma uno di essi ha a che vedere con la
procedura adottata dalla Corning per i suggerimenti dei
dipendenti.
Prima d'impegnarsi con vigore nella politica del
miglioramento della qualità, la Corning sollecitava i consigli
dei dipendenti in modo tiepido. Poche cassette per i
suggerimenti erano ficcate qua e là nelle fabbriche e negli
uffici della compagnia, in un angolo dove per lo più finivano
per coprirsi di polvere. "Il nostro sistema per i suggerimenti
211
era come quello di tutte le altre ditte: tu imbucavi là il tuo
consiglio e, se veniva accettato, potevi ricavarne un po' di
soldi. In realtà quello che succedeva era che tu infilavi il tuo
consiglio in un buco nero, e non ne sapevi più niente.
Magari venivi, a saperne qualcosa sei mesi dopo. E se venivi
a saperne qualcosa, ci restavi male. O ti sentivi dire che non
ti sarebbe stato dato il becco di un quattrino, oppure ti
davano qualcosa e tu pensavi che non era abbastanza. Non
solo ci restavi male tu, ma ci restavano male anche tutti i
tuoi colleghi perché tu avevi ricevuto i soldi e loro no."
Oggi la Corning si comporta in modo molto diverso coi
suggerimenti del personale. “Le cassette sono sparite,"
insieme con l'intero atteggiamento da esse rappresentato,
"non per un ordine dall'alto. Una alla volta, semplicemente
sono scomparse."
Non è solo questo che è cambiato. Secondo l'attuale
programma della Corning relativo ai suggerimenti dei
dipendenti, non vengono elargiti premi in denaro, ma viene
accordato un riconoscimento. "Chi se lo merita viene
nominato 'Impiegato della Settimana'. Ha la foto esposta in
bacheca o un mazzo di fiori o un caffè oppure
212
semplicemente viene ringraziato.” Questo ringraziamento è
quello che fa sì che il programma funzioni.
Ma i dipendenti non sentono la mancanza dei premi in
denaro? Pare di no, risponde Houghton. "Abbiamo fissato
una sola regola. Se viene presentato un suggerimento,
dev'esserci una risposta entro un paio di settimane. Una
settimana o due, dipende, ma dev'esserci una risposta rapida.
Sì o no, oppure 'ci stiamo pensando.'”
Ma adesso che il denaro è stato sottratto all’equazione,
il numero dei suggerimenti è diminuito, vero? “L’hanno
scorso," rivela Houghton, "il numero dei consigli è
aumentato di ottanta volte. E il numero di quelli che
abbiamo seguito è aumentato di circa quaranta o cinquanta
volte.”
I dipendenti partecipano per parecchi motivi. Vogliono
migliorare la qualità del loro lavoro, com'è ovvio, e
avanzano suggerimenti perché sanno che qualcuno gli
presterà ascolto. Ma, altrettanto sicuramente, partecipano
perché vogliono l'autostima e il pubblico riconoscimento che
li premia per aver presentato una buona idea. Houghton
assicura che non è rimasto minimamente sorpreso. "Questo
mi dice che a loro importa, e che vogliono essere coinvolti.
213
Tutto quello che devi fare è lasciarli liberi e dire grazie. E’
stupefacente quello che può succedere."
Houghton ha ragione. Tutti quei dipendenti che sentono
che i loro contributi sono riconosciuti e rispettati, realizzano
effettivamente risultati sbalorditivi. Fare in modo che i
dipendenti si sentano apprezzati, prestare la massima
attenzione alle loro buone idee, invitarli a partecipare a
presentazioni ufficiali di nuovi prodotti solitamente riservate
ai quadri direttivi, dire: “Grazie. Sappiamo che lei è un
impiegato modello. Apprezziamo molto lei e il suo lavoro."
E’ da qui che si inizia a creare una efficace motivazione.
Oggi le società ben gestite dedicano tempo, energia e
soldi all'introduzione di questi premi non monetari.
“Quello che oggi faccio," dichiara Anders Björsell,
presidente dell'Elektrotryck AB, la principale fabbrica
svedese di schede per computer, "è esprimere
riconoscimento davanti all'intero gruppo. Questo è molto
importante: encomiare qualcuno davanti al maggior numero
di persone. 'Lei ha fatto un lavoro eccellente.' Non fa certo
lo stesso effetto che se fosse detto in privato.”
Il piacere proviene dal ricevere il riconoscimento in
pubblico. "E’ questo che permette alle persone di sentirsi
214
apprezzate," è la convinzione di Björsell. "Non si dovrebbe
mai smettere di farlo, e non lo si farà mai abbastanza."
Val Christiansen è proprietario del più rinomato
ristorante della catena Denny's, al primo posto su ottocento
sparsi in tutti gli Stati Uniti.
Nel ristorante di Christiansen, che si trova a Victorville,
nel deserto californiano fra Los Angeles e Las Vegas, si
servono una quantità d'insalate, minestre, panini e piatti
d'altro genere. Ma Christiansen ha individuato un punto
debole. Troppi clienti finivano i loro pasti e subito dopo
chiedevano il conto. Quello di cui il ristorante aveva
bisogno, decise Christiansen, era vendere più torte. Allora
indisse una gara per vedere chi riusciva a venderne di più.
“Quando abbiamo cominciato," ricorda, "vendevamo
due torte al giorno. Così ho spiegato ai miei dipendenti come
secondo me avrebbero dovuto vendere le torte. Gli ho dato
una piccola dimostrazione su come fare. Loro mi conoscono
abbastanza bene da dirmi: 'Okay, signor C., se riusciamo a
vendere tutte queste torte, a noi cosa viene in tasca?' Un
branco di capitalisti incalliti, ecco quello che sono, ma noi
possiamo capirlo, e ci va bene.”
215
Annunciò ai suoi dipendenti che a chi a ogni turno
avesse venduto più torte sarebbe stata offerta una favolosa
serata in città. "Sarebbe stato condotto a Los Angeles col
consorte o chi gli pareva in una berlina con autista a vedere
Il fantasma dell'Opera."
Il turno di quel giorno fu vinto da una donna che non
era mai stata a teatro prima di allora. Essa si fece
accompagnare dal marito per quella serata indimenticabile.
“Sono saliti su quell'enorme limousine e si sono divertiti un
mondo. Era un venerdì sera. Domenica mattina io entro. Lei
ferma al registratore di cassa mi afferra. E’ in uniforme, al
lavoro. Mi getta le braccia al collo. Non mi abbraccia: mi
trattiene, e continua a trattenermi.”
"Le è piaciuto il dramma?” le chiese Christiansen.
Così l'uomo rievoca la scena: "C'erano una marea di
cose da fare, tutti schizzavano qua e là. Il ristorante era
pieno come un uovo. E lei mi teneva fra le braccia. Quando
mi lascia, vedo che ha la faccia inondata di lacrime. 'Signor
C.,' mi dice, ‘le voglio bene. Grazie.' Mi comunica che sta
dandomi il preavviso di licenziamento. Se ne andrà fra
vent'anni."
Tutto per quel solo atto di riconoscimento.
216
"Ho sollecitato la sua autostima," commenta
Christiansen. “Le vendite delle nostre torte sono passate da
due a settantuno al giorno. Così sono stato ricompensato
economicamente e moralmente. Se mi limito a dare dei soldi
a un dipendente non posso aspettarmi di ottenere questi tipi
di risultati.”
Non mancano certo i programmi di premiazione da
imitare: ne esistono tanti quasi quante sono le aziende
saggiamente gestite. Alcuni di questi programmi sono
ispirati da una fertile fantasia. Le possibilità sono limitate
soltanto dalla creatività dei loro ideatori. A proposito di
creatività, è doveroso citare il gruppo della SGS Thompson.
Essa introdusse un programma di premi denominato
'Premio per la Qualità delle Risorse Umane', dove i
dipendenti ottengono riconoscimenti quando eccellono non
nella fabbricazione o nella ricerca e sviluppo o nella
produzione, ma nelle relazioni umane. Il vicepresidente Bill
Makahilahila così descrive il programma da lui creato:
"Abbiamo quattro premi che distribuiamo ogni trimestre a
dirigenti che si distinguono per determinati comportamenti.
Uno si chiama 'Premio Orecchio d'Oro', e consiste
effettivamente in un orecchio d'oro applicato a una targhetta.
217
E’ per chi dimostra buone capacità di ascolto. I dirigenti
possono proporre un dirigente o un impiegato o chiunque
altro preferiscano che dia prova di possedere queste doti. Poi
abbiamo il 'Premio Lingua d'Argento'. Viene dato per la
comunicazione efficace, non semplicemente per le
presentazioni formali. Il vincitore riceve un'originale
targhetta con una lingua d'argento che viene in fuori.
Abbiamo pensato bene di rendere il sistema un po' divertente
usando varie parti del corpo."
No, non c'è un 'Premio Piedi sulla Scrivania'.
"Abbiamo poi il 'Premio Trasmissione del Potere',"
continua MakahJlahila. "Serve per dimostrare ai dipendenti
come uno di loro abbia mutuato da noi del potere. Il quarto
premio, il più importante, si chiama 'Premio per il Leader
Modello'. Va a chi dimostra tutte le caratteristiche migliori:
onestà, integrità, sincerità. Deve anche rivelarsi in possesso
di capacità di comunicare in modo efficace, di ascoltare, di
stringere rapporti interpersonali, di trattare con la gente ecc.
Questa particolare targhetta del premio mostra un capo che
sorregge i membri del suo gruppo su una piattaforma. Il
concetto è questo: lui sta sostenendo le persone e non
guardandole dall'alto in basso.”
218
C'è poi la Mary Kay Cosmetics. Quest'azienda non ha
uguali nella competizione per il premio più straordinario.
Alla Mary Kay, le vincitrici dell'anno ricevono ciascuna una
Cadillac rosa: esatto, rosa. "Circa tre anni dopo il nostro
esordio, gli affari andavano a gonfie vele," spiega Mary
Kay. “Avevamo fatto, in soldoni, un milione di dollari.
Avevo bisogno di una macchina nuova, così sono andata da
un concessionario della Cadillac e ho tirato fuori dal
borsellino il mio portacipria. 'Voglio una Cadillac nuova,' gli
ho detto, 'e la voglio dipinta di questo colore qua.’”
Il venditore impallidì. "Ha dato un'occhiata al
portacipria e ha protestato: 'Oh, Mary Kay; non dirà sul
serio. Non faccia una cosa del genere. Lasci che le dica
quanto le verrebbe a costare la riverniciatura dell'auto se le
venisse consegnata di quella tinta e non le piacesse.' Io ho
insistito: 'Per favore, la voglio rosa.' Lui ha detto: 'Va bene,
ma ricordi che l'ho avvertita. Non dia a me la colpa del
disastro.'
“La macchina è arrivata, e già durante il viaggio verso
casa ha suscitato scalpore fra gli altri automobilisti. Faceva
proprio colpo. Come una Lincoln nera che può restare
bloccata per un paio d'ore a un segnale di stop per la
219
curiosità dei passanti. Provi a mettersi al volante di una
Cadillac rosa. Sono strabilianti il rispetto e l'ammirazione
che ottiene quella macchina."
Fu una cosa memorabile che non venne sottovalutata.
Ma ormai nessuno poteva più accusare Mary Kay Ash di
lasciarsi sottovalutare.
"Le mie dipendenti stravedevano per quell'auto. Per
loro era un grosso trofeo su quattro ruote, e hanno voluto
sapere: 'Cosa dobbiamo fare per averne una uguale?' Mio
figlio è il mago della finanza dell'azienda, e ho passato a lui
la domanda. 'Richard,' gli ho detto, 'ti sottopongo un
problema. Dimmi un po' che cosa una persona dovrebbe
essere in grado di fare per vincere una Cadillac rosa.' Lui ha
fatto: 'Oh, mamma, cosa ti viene in mente?' ma poi ha risolto
il problema. Ci ha detto quanto la persona avrebbe dovuto
lavorare. Come lei sa, più in alto si mette il premio, più in
alto la gente salta. Così il primo anno abbiamo regalato una
Cadillac rosa. Il secondo anno, cinque. Il terzo anno, dieci. Il
quarto anno, venti. Dopo di allora, abbiamo messo il premio
a disposizione di chiunque fosse riuscito a realizzare una
certa cifra, e ancora oggi il sistema è questo.
220
"Così, oggi abbiamo in circolazione per l'intero paese
un numero di auto per un valore di sessantacinque milioni di
dollari, e anche se non sapete nient'altro della Mary Kay
Cosmetics, se vedete una macchina rosa a Salem, nel
Massachusetts, dovete sapere che rappresenta la Mary Kay.
La gente lo sa. E’ diventata un simbolo.” Un simbolo utile
per la ditta e un simbolo utile anche per le sue dipendenti.
Proclama a tutti: "Tu sei superiore. Hai fatto un lavoro
superbo. Continua così."
Il governo degli Stati Uniti non elargisce Cadillac rosa.
Almeno, non ancora. Ma anche il governo ha affrontato la
questione del riconoscimento creativo, introducendo il
Federal Quality Institute.
L'istituto fa fondato nel 1988 per decreto dell'allora
presidente Reagan. Il suo fine originario era quello di
trovare sistemi per accrescere la produttività nell'ambito del
governo. Gli esperti incaricati di compiere le ricerche e la
progettazione iniziali giunsero alla stessa conclusione a cui
erano arrivate aziende come la Corning e la Motorola: se
volete incrementare la produttività, concentrate e mantenete
un'attenzione positiva sulla qualità. La produttività ne
deriverà di conseguenza. “Le persone sono la parte più
221
importante dell'equazione," afferma G. Curt Jones, il
direttore dell'isfituto.
Come parte integrante dei piani di Washington per il
miglioramento della qualità, l'istituto iniziò un programma
per la premiazione dei dipendenti meritevoli col President's
Award, il premio del presidente. Si tratta di una versione
applicata al settore pubblico del Baldrige Award, e suscita
credetelo o no - una competizione altrettanto forte. Il premio
un anno andò al centro servizi dell'ufficio delle imposte di
Ogden, nell'Utah, i cui impiegati escogitarono un sistema
per un più rapido disbrigo delle pratiche tributarie,
nonostante alcuni gravi tagli nel bilancio.
Premi come questo rappresentano soltanto uno dei
sistemi. L'American Airlines ha trovato un metodo
decisamente mirato per premiare i suoi dipendenti. Vengono
chiamati in causa direttamente i clienti della compagnia.
Dato che gli assistenti di volo compiono la maggior parte del
loro lavoro in cielo, letteralmente a migliaia di chilometri
dai loro superiori, è difficile per l'aviolinea sapere con
esattezza chi fa un lavoro eccellente e chi no. In base a un
contratto sindacale, essa non può pagare a suo piacimento
certi assistenti di volo più di altri.
222
Ma il suo presidente, Robert L. Crandall, ha trovato un
modo originale per aggirare questo problema. Ai passeggeri
abituali di questi voli è offerto di aderire a un club,
suddiviso in due categorie, "oro" e "platino”. Con
l'iscrizione ricevono speciali scontrini che possono essere
consegnati a degli assistenti di volo come premio per un
servizio esemplare. Questi possono convertire i buoni in
viaggi gratuiti o in altri vantaggi. E’ un metodo creativo che
funziona per il cliente, a cui va il piacere di esprimere
ringraziamenti in modo concreto, e funziona anche per il
personale della compagnia.
Quest'idea di servirsi di premi e di riconoscimenti come
parte integrante della conduzione degli affari non è nuova.
E’ vecchia come la lettera personale di ringraziamento.
John Robinson, del gruppo finanziario Fleet, l'imparò
da un vecchio amico parecchi decenni fa. “Jim Bender è
stato un venditore di grande successo all'inizio della sua
carriera, e mi ha raccontato come faceva a quei tempi.
Andava per strada e passava di porta in porta per l'intera
giornata. Poi, la sera, tornava nella sua stanza di motel,
tirava fuori una bottiglia di bourbon e si metteva davanti a
una pila di fogli. Scriveva sempre un messaggio personale.
223
“In tutta la vita, ha scritto, a mano, un'infinità di lettere
personali. E in quest'epoca di marketing altamente
sofisticato, di vendite per corrispondenza e cose del genere,
niente ha l'impatto di una letterina scritta a mano che dice:
'Lei ha fatto un lavoro magnifico risolvendo quella
situazione,' oppure: 'Sono rimasto ammirato per il modo
brillante in cui è riuscito a cavarsela."'
Le persone gradiscono questi piccoli riconoscinienti?
Joyce Harvey, della Harmon Associates Corporation, ne è
certa. "Noi abbiamo dei cartelli stampati con sopra scritto:
‘Grazie. Noi apprezziamo quello che lei ha fatto quest'oggi.'
Quando giro per l'ufficio vedo che sono affissi al di sopra
delle scrivanie degli impiegati. Prima, chi aiutava un collega
non otteneva nessun tipo di riconoscimento. Adesso riceve
un semplice 'Grazie', o 'Apprezzo quello che hai fatto', o 'Mi
hai reso la vita un po' più facile'. Il sistema funziona a
meraviglia."
Premio, riconoscimento, lode. Non importa come lo
facdate; l'importante è che lo facciate, di nuovo, di nuovo e
di nuovo ancora. Il dimostrare gratitudine per dei dipendenti
si basa su questo. Certo, il denaro è magnifico. Ma non è
l'unica ricompensa efficace. Se avete soldi da spendere,
224
usateli con intelligenza. Premiate il merito. Incoraggiate i
dipendenti a partecipare. Spendete il denaro in modi che le
persone possano apprezzare.
E, indipendentemente dalla consistenza del vostro
bilancio, seguite il consiglio della scrittrice e conferenziera
Florence Littauer. Un giorno le fu rivolta la richiesta inattesa
di tenere un sermone ai bambini della sua chiesa. Le venne
in mente un versetto della Bibbia, difficile per la capacità di
comprensione dei bambini: “Che la tua bocca non
comunichi nulla di corrotto ma soltanto ciò che è buono.
Buono, edificante ed elargitore di grazia a coloro che
ascoltano.”
La Littauer lavorò con i bambini, decifrando quelle
frasi difficili, e alla fine arrivò a un'interpretazione in grado
di catturare il significato del versetto: “Le parole dovrebbero
essere proprio come un dono,” spiegò, e i bambini parvero
d'accordo. “Un piccolo regalo. Qualcosa che diamo agli altri.
Qualcosa che loro vogliono. Qualcosa verso cui si
rivolgono. Loro afferrano le nostre parole e le accolgono in
loro, le amano. Perché le nostre parole li fanno sentire tanto
bene."
225
La Littauer continuò ancora un po' sul tema,
paragonando le parole a regali. Poi riassunse il suo
messaggio. "Ora,” concluse, "cominciamo dall'inizio. Le
mie parole non devono essere cattive. Devono essere buone.
Devono essere usate per costruire, non per distruggere.
Devono essere parole che si offrono come un omaggio."
Quando ebbe finito, una bambina si alzò, uscì dal suo
banco, si volse a tutti i presenti e disse, con voce forte e
chiara: "Quello che intende dire," e s'interruppe per prendere
fiato, "quello che intende dire è che le nostre parole
dovrebbero essere come una scatolina d'argento con un
fiocco in cima."
La lode non fa soltanto la felicità dei bambini. Ha un
grande valore anche nel mondo degli affari.
LE PERSONE LAVORANO PER IL DENARO,
MA FANNO QUEL CHILOMETRO IN PIU
PER RICONOSCIMENTO, LODE E PREMI.
226
10
ERRORI, LAMENTELE, CRITICHE: CHE FARE?
Poco dopo la fine della prima guerra mondiale, a
Londra, una sera imparai una lezione di valore inestimabile.
Partecipavo a un banchetto dato in onore di Sir Ross Smith.
Durante la cena, il commensale seduto al mio fianco
raccontò un divertente episodio imperniato su questa
citazione. “C'è una divinità che dà forma ai nostri piani,
comunque li abbozziamo.”
Disse che era una citazione della Bibbia. Si sbagliava.
Lo sapevo. Lo sapevo per certo. Non poteva esserci il
minimo dubbio su ciò. E così, per sentirmi importante e dar
mostra della mia superiorità, mi autonominai membro unico
di un comitato non richiesto e non gradito col compito di
correggerlo. Lui tenne duro.
“Cosa?” m'investì. “Da Shakespeare? Impossibile!
Assurdo!” La citazione era della Bibbia, e ne era più che
sicuro.
Lui sedeva alla mia destra e Frank Gammond, un mio
veccbio amico, alla mia sinistra. Frank aveva dedicato anni
227
allo studio di Shakespeare. Così il mio interlocutore e io
decidemmo insieme di sottoporgli la questione. Frank
ascoltò, mi fece il piedino sotto il tavolo e poi tagliò corto:
"Dale, ti sei sbagliato. Il signore ha ragione. La frase è
tratta dalla Bibbia.”
Non vidi l'ora di trovarmi da solo con Frank. Quando,
più tardi, tornammo a casa, gli dissi: “Frank, tu sapevi che
la citazione era da Shakespeare.”
“Sì, naturalmente,” confermò, “Amleto, atto quinto,
scena seconda. Ma, Dale, noi eravamo ospiti a un banchetto
di gala. Perché dimostrare a un uomo che ha torto? Credi
che cambierebbe idea? Perché non dargli modo di salvare
la faccia? Lui non aveva chiesto la tua opinione. Non la
voleva. Perché contraddirlo?”
DALE CARNEGIE
Barend Hendrik Strydom era un malvagio assassino che
uccideva a sangue freddo. Sudafficano bianco, vedeva rosso
per i progressi che i neri finalmente realizzavano in quel
paese lacerato dalla segregazione razziale. Un giorno, nel
1988, decise di agire. Prese una mitragliatrice e sparò
228
all'impazzata su una folla di dimostranti neri, colpendone
nove, fra uomini e donne, e uccidendone otto.
Fu processato e condannato alla fucilazione. Ma
neanche allora diede l'impressione di pensare di aver
compiuto un azione riprovevole. "Per provare rimorso,”
sentenziò, “bisogna aver fatto qualcosa di sbagliato. Io non
ho fatto niente di sbagliato.”
Neppure quando un cavillo legale lo salvò dal plotone
di esecuzione e la sentenza fu commutata nel carcere a vita,
sembrò comprendere il motivo della pubblica esecrazione
suscitata dal suo crimine. "Tornerei a uccidere,” disse. “Non
ho fatto niente di sbagliato."
Se un assassino così brutale non si sente colpevole della
sua orrenda strage, che dire delle persone con cui la maggior
parte di noi entra in contatto ogni giorno? Pensate che
ammettano errori o accettino critiche volentieri.?
Ci sono due considerazioni fondamentali a proposito
degli sbagli. Primo, tutti noi ne facciamo. Secondo, non ci
par vero di farli notare agli altri quando sono loro a
compierli, ma, caspita, quanto ci brucia quando qualcuno ci
fa notare un nostro sbaglio! Il drammaturgo inglese Noel
Coward era sensibilissimo alle critiche come chiunque, ma
229
perlomeno aveva il senso dell'umorismo. "Adoro la critica
fintanto che è lode incondizionata,” dichiarò.
Nessuno, assolutamente nessuno, ama essere dalla parte
di chi riceve un rimprovero, una critica o un’osservazione
sgradevole. A tutti noi si accappona la pelle quando ci viene
puntato un dito contro per richiamarci alle nostre
responsabilità. E’ abbastanza. facile capire perché. Niente
ferisce Fego più del sentirsi dire che abbiamo preso una
decisione sbagliata o fatto fallire un progetto affidato a noi o
che le nostre prestazioni sono state deludenti. E’ ancora
peggio quando le critiche si rivelano giustificate.
Ma si commettono errori. Sorgono controversie.
Lamentele, sia legittime sia esagerate, vengono espresse
giorno dopo giorno. I clienti sono insoddisfatti. Tocca a tutti
prima o poi fare da capro espiatorio.
Dunque, come venire a patti con la constatazione che
sebbene nessuno sia perfetto la critica è sempre dura da
digerire? Con un po' di pratica e l'ausilio di alcune tecniche
collaudate nel tempo riguardanti le relazioni umane. Non
neghiamo l'evidenza. Non è sempre facile mantenere in aria
contemporaneamente entrambe le palline. Ma non è neppure
impossibile. Dopo un po' questo particolare gioco di
230
destrezza può essere padroneggiato praticamente da
chiunque.
Il primo passo consiste nel creare un ambiente dove le
persone siano disponibili a ricevere consigli o critiche
costruttive. Non stancatevi di diffondere il messaggio che gli
errori sono una parte naturale della vita.
Un modo sicuro per farlo arrivare a destinazione è
quello di ammettere i nostri stessi errori. "Dare l'esempio è
molto importante. Non potete aspettarvi dagli altri quello
che non siete disposti a esigere da voi stessi." E’ questo il
consiglio di Fred Sievert. Poco dopo il suo ingresso nella sua
azienda, la New York Life Insurance, ebbe l'occasione di far
tacere il suo amor proprio per dar voce a questo genere di
franchezza.
Così racconta: “Qui feci una cosa che generò della
confusione. Io ero in Francia per frequentare una scuola di
gestione aziendale, e avevamo dei dati importanti che
dovevano essere sottoposti al comitato esecutivo
dell'azienda. Era il nostro piano quinquennale, e ci fu un
equivoco perché era la prima volta che facevo una cosa del
genere. Poco prima della mia partenza, presentammo le
cifre. Ero in Francia da due settimane. Naturalmente, mi
231
mantenevo in contatto a voce e via fax. Ma non avevo capito
i tempi del procedimento, e questo creò un grosso pasticcio.
Pensavo che l'iniziale serie di dati da noi sottoposti fosse
intesa come la prima parte del piano e che quindi ne sarebbe
seguita un'altra. Così avremmo avuto tutto il tempo per
analizzare la prima e discutere a livello manageriale delle
azioni da intraprendere per migliorare i dati. Il risultato fu
che i dati che furono sottoposti al comitato esecutivo e al
presidente vennero visti come la nostra versione definitiva
del progetto. Io questo non lo sapevo.
"Si determinò un tremendo problema perché i dati non
andavano bene. C'erano delle incongruenze. C'erano delle
azioni a livello manageriale su cui non avevamo riflettuto, e
io ero in Francia alle prese con la posta e i fax, senza capire
veramente cos'era successo, ma sapendo che c'era una
situazione critica. Mi offrii di tornare, ma il mio principale
disse: 'No, abbiamo messo tutto a posto.'
"Al mio ritorno negli Stati Uniti mi resi conto di quello
che era successo. Dopo aver parlato con varie persone - che
so che erano molto irritate - dichiarai durante una riunione:
'E’ colpa mia. E’ una questione di comunicazione. Non si è
trattato di un'errata interpretazione dei dati. Si è trattato di
232
una faccenda di comunicazione, e la colpa è stata
interamente mia.'
“Tutti presero ad accusarsi a vicenda. Quelli del mio
staff dicevano agli altri: 'Perché non ci avete detto che non ci
avreste richiesto un'altra serie di dati?' E gli altri: 'Avreste
dovuto capire che non l'avremmo fatto.' Allora io intervenni
e ribadii: 'E’ interamente colpa mia. Me ne assumo la piena
responsabilità. E’ un problema di comunicazione. Non
succederà più.' Questa dichiarazione mise fine a tutte quelle
accuse reciproche. Parecchi dei presenti dissero: 'No, no, no,
non è stata colpa sua. Lei lo sa, è stata una combinazione di
errori di più persone.'"
Ammettere prontamente le proprie responsabilità: è uno
dei modi migliori per calmare le acque quando vengono
mosse delle accuse. Siate i primi ad ammettere gli errori.
Chiunque altro si affretterà a rassicurarvi: "No, non è così
grave; no, poco importa; no, probabilmente è loro la colpa;
ma sì, tutto è bene ciò che finisce bene.”
Adottate la linea di condotta opposta - gettate su altri la
colpa di qualcosa - e subito gli altri cominceranno a
contraddirvi, e difenderanno la giustezza delle loro azioni.
Strano, vero, come funziona la psicologia umana?
233
Questo è vero per tutte le relazioni: in un'azienda, una
famiglia o un gruppo di amici. Ed è vero anche per i rapporti
con clienti o venditori.
Quando un cliente non è soddisfatto di un prodotto o
del servizio che gli viene fornito, spesso una pronta e decisa
ammissione di errore può fare meraviglie. John Imlay lo
scoprì quando offese inavvertitamente un cliente importante.
"Nel 1987," ricorda Imlay, presidente della Dun &
Bradstreet Software Services, "dovevo tenere un discorso
sulla costa occidentale degli Stati Uniti a un folto gruppo di
dirigenti dei media, saranno stati un migliaio. Il posto era il
Laguna Beach Hotel. Aprii il discorso parlando di quello che
era in e di quello che era out. 'Noriega è out, la democrazia è
in.' Cose del genere. E conclusi così: 'Le tartarughe Mutanti
Ninja sono in; Ken e Barbie sono out.' Tutti risero fuorché
un tale, uno dei miei colleghi principali. Era il presidente
della Mattel.
“Prima di tornare in ufficio, ricevetti una lettera che
diceva: 'Il suo discorso mi è piaciuto, ma lei ha fatto
un'osservazione che vorrei che ritrattasse per sempre.' La
lettera continuava in tono offeso e si chiudeva con
l'asserzione che le vendite di Barbie ammontavano a più
234
delle entrate di tutte le mie ditte messe assieme. Allora gli
inviai una lettera di scuse, e ne scrissi una anche a Barbie.
L'uomo non trovò divertente neanche questo.”
A questo punto Imlay si rassegnò? Assolutamente no.
“Per anni mi portai dietro la sua lettera, e a ogni discorso la
tiravo fuori e ricordavo al pubblico che bisogna essere
sensibili ai problemi del cliente. Il pubblico dei clienti
trovava delizioso quell'esempio. Mostravo la lettera e
spiegavo perché mi era stata inviata.
"Un giorno parlai al Waldorf-Astoria di New York, e
fra il pubblico c'era il presidente della Mattel. Io non lo
sapevo, ma mentre parlavo mi fu passato un bigliettino dove
mi si avvertiva della sua presenza. Lo invitai ad alzarsi, e
venne a stringermi la mano. Più tardi mi scrisse due righe
per dirmi che tutto era perdonato, e da allora è stato un
cliente fedele e soddisfatto."
La lezione qui è questa: ammettete i vostri errori prima
che qualcun altro abbia la possibilità di farveli notare.
Sorridetene, se potete. Non cercate mai di minimizzare
l'impatto che hanno avuto. "Un leader dev'essere e deve
dichiararsi responsabile dei suoi errori," fa osservare Fred
Sievert. “La cosa peggiore che si possa fare è puntare il dito
235
contro qualcun altro. Bisogna assumersi le proprie
responsabilità.” Ovvero, per dirla con le parole di Andrés
Navarro, "se un'organizzazione è capace di ammettere i suoi
errori, incoraggia la creatività e incoraggia i suoi membri ad
assumersi dei rischi.”
Ed ecco il secondo precetto per affrontare errori e
problemi: Pensateci sopra due volte prima di criticare o
d'incolpare qualcuno. Se chi è incorso nello sbaglio sa già
cos'è successo, perché è successo e che cosa deve fare per
non cascarci più, non c'è assolutamente niente che vada
detto. Non serve a niente far sentire gli altri peggio di quanto
già si sentano.
I dipendenti motivati vogliono avere prestazioni
eccellenti. G. Curt Jones, direttore del Federal Quality
Institute, ne è certo: "Le persone non vanno al lavoro per
combinare guai. Vogliono sentirsi necessarie. Vogliono
impegnarsi." I funzionari che comprendono questo
comprendono quanto siano distruttive la maggior parte delle
critiche.
Bisogna sfuggire alla tentazione di trovare a ogni costo
dei colpevoli, come insegna Ray Stata: “La domanda che
sorge istintiva quando qualcosa va storto è: 'Di chi è la
236
colpa?' E’ così che è strutturata la mente umana. S i vuol
trovare qualcuno da incolpare, qualcuno dei cui errori poter
parlare.”
Stata sta cercando di eliminare dalla sua azienda,
l'Analog Devices, ogni inutile tentazione di questo tipo. "In
ditta ho dichiarato guerra ai predicozzi. Tutti noi abbiamo la
tendenza a farli. Lamentarsi, biasimare, sa, quando le cose
non vanno per il verso giusto. Un piccolo trucco, secondo
me, è quello di dare l'esempio convertendo le lagnanze in
richieste e suggerimenti.”
Uno deve chiedersi: cosa sto cercando di realizzare qui?
"Alla fine della giornata," conclude Stata, "quello che sei
tenuto a fare è svolgere un'attività efficace che migliori la
qualità del lavoro. E non è certo quella di parlare di chi ha
fatto qualcosa di sbagliato o di chi ha la colpa di qualcosa.”
Il vero obiettivo è quello di migliorare la situazione.
Jack Gallagher venne a trovarsi di fronte a una grave
difficoltà. Dirige il North Shore University Hospital, che ha
settecentocinquantacinque letti, ed è un istituto associato alla
facoltà di medicina della Cornell University. Col passare
degli anni l'ospedale si era ampliato, ma aveva la stessa
237
cucina che era stata approntata quando i letti erano ancora
centosettantanove.
Quando finalmente venne il momento di costruire una
nuova cucina, Gallagher chiese a un suo funzionario di
dirigere i lavori. Gli raccomandò di assumere due esperti:
uno per l'area di parcheggio e uno per le diete.
“Non ho avuto modo di seguire il progetto giorno per
giorno,” ricorda Gallagher, "e, per qualche motivo, lui non si
è servito né del consulente per il parcheggio né del
dietologo. Così ci siamo trovati intrappolati fra l'apertura
della nuova cucina e la chiusura di quella vecchia."
Quando Gallagher fece questa brutta scoperta, i lavori
erano già in corso ed erano già stati spesi milioni di dollari.
Era decisamente troppo tardi per cambiare il progetto. La
nuova cucina era troppo piccola, la qualità del vitto era
sempre più scadente, e questo nuoceva alla reputazione del
nosocomio. Gallagher avrebbe potuto licenziare il
funzionario. Avrebbe potuto sottoporlo a una reprimenda in
pubblico. Ma con quali benefici concreti? Una lavata di capo
di fronte a tutti avrebbe migliorato le costolette d'agnello o i
polli arrosto? Avrebbe tenuto al caldo i fagiolini lessati?
238
“Inutile dare addosso a qualcuno, rimproverargli
continuamente la sua colpa," commenta Gallagher. "Quello
che dovevamo fare era aggiustare quanto finora fatto.
Migliorarlo. Dovevamo fare un passo indietro e chiederci:
'Come possiamo migliorare la situazione?' Incolpare
qualcuno non ci avrebbe minimamente avvicinati alla
soluzione.”
Quasi sempre, distribuire critiche o rimproveri induce
gli altri ad abbassare la testa e a nascondersi. E’ molto
difficile che chi è oggetto di dure critiche si assuma dei
rischi, sia creativo o si esponga prendendo un'iniziativa
personale. Di colpo, l'organizzazione ha perso una parte
importante del potenziale di questo dipendente.
Questo concetto si è fatto strada nell'intero processo di
revisione della politica relativa al personale nell'impresa di
Mary Kay Ash. L'obiettivo è il miglioramento, non
l'esternazione di giudizi. "Noi non parliamo di valutazione
delle prestazioni, ma di sviluppo delle prestazioni,"
puntualizza il presidente dell'azienda, Richard Bartlett.
Perché questo? “Io non voglio starmene là a sedere e a dare
giudizi. Voglio sapere in che modo posso aiutarvi a essere
migliori. La cosa fantastica è che siamo seduti a discutere
239
della vostra carriera alla Mary Kay. Com'è che dovete
migliorare per poter raggiungere gli obiettivi della vostra
Carriera? Considerando i vostri progressi dal vostro punto di
vista.” E’ questo il tipo di atteggiamento aziendale che invita
e incoraggia i dipendenti all’innovazione.
“Gli elementi che accettano meglio le critiche sono
quelli che sono sinceramente interessati a migliorare”, dice
David Luther. “A volte i più facili da correggere sono quelli
che si sforzano di primeggiare. Sono quelli che cercano di
ottenere il cinque per cento in più di quanto è loro richiesto e
accolgono di buon grado le critiche costruttive. Uno dei
punti a favore dei giapponesi è la loro filosofia del far tesoro
degli errori. Per loro scoprire un errore significa dissotterrare
un tesoro perché è una chiave per ulteriori miglioramenti.”
Siamo tutti d'accordo: quasi nessuno ama essere
bersaglio di critiche, e sono decisamente in troppi quelli che
adorano somministrarle. E’ raro che il fatto di biasimare
qualcuno migliori da solo la situazione.
Esistono eccezioni, naturalmente. A volte è necessario
che qualcuno sia criticato in modo costruttivo. Se l'urgenza è
abbastanza pressante, se il pericolo è abbastanza grave, se
l'errore è compiuto abbastanza di frequente, allora bisogna
240
dire qualcosa. Se, dopo una ponderata riflessione, decidete
che dovete discutere una situazione, criticate in tono
rispettoso.
Questo è il passo numero tre. Muovetevi con
delicatezza e lasciate a casa il bastone. Trattenetevi,
osservate alcune tecniche basilari, e sarete certi che le vostre
parole troveranno orecchie ben disposte.
Create un ambiente ricettivo per quello che avete da
dire. Gli altri, anche se non sempre amano sentire
osservazioni negative sul loro conto, saranno più ricettivi se
vi soffermerete sulle cose che fanno bene oltre che su quelle
che non fanno a dovere.
"Il processo di critica dovrebbe iniziare con la lode e
l'onesto apprezzamento," è l'insegnamento di Dale Carnegie.
Mary Poppins certo pensava più o meno questo quando
cantava: “Un cucchiaino di zucchero aiuta la pillola ad andar
giù.”
Andrés Navarro ha trovato un sistema per
istituzionalizzare un approccio più gentile e garbato alla
critica. Nella sua azienda vige oggi una regola, quella del
"tre-per-uno”. "Noi cerchiamo di criticare il meno possibile.
Abbiamo una norma. Se entri in questa ditta e trovi qualcuno
241
che non ti piace e che secondo te non fa il suo lavoro come
dovrebbe, non dire niente. Scrivilo su un foglio di carta. Una
volta che scopri tre buone cose sul collega di cui stai
parlando o di una politica o normativa o consuetudine
dell'azienda allora hai il diritto di esprimere una critica.”
Questa è una tecnica formidabile.
Un
altro,
sistema
consiste
nel
ricorso
all'incoraggiamento. Fate in modo che gli errori appaiano
facilmente correggibili. E’ lo stesso principio adottato da
Fred Sievert per la sua agenzia di assicurazioni. La chiama
“tecnica del sandwich" e serve per dar voce alle critiche. “Io
comincio parlando di ciò che di positivo è stato realizzato
dal dipendente," spiega. "Poi, a metà del colloquio, parliamo
delle questioni dello sviluppo e del miglioramento. E
concludiamo con una discussione sul valore del suo
contributo per l'azienda. Il sistema funziona sempre. Una
volta avevo un principale che l'usava con me, e io uscivo
dalla stanza grattandomi la testa e dicendo a me stesso:
'Gesù, quello mi sgrida e io mi sento benone.'"
Altrettanto importante è sapere che cosa evitare. Mai
venire a diverbio con qualcuno, mai umiliarlo, mai alzare la
voce con lui. Se bisticciate con qualcuno, avete già perso.
242
Avete perso il controllo di voi stessi, avete perso la vostra
giusta prospettiva e, cosa più importante, avete perso di vista
il vostro scopo: quello di comunicare, di persuadere, di
motivare.
Come predicò Dale Carnegie, "c'è un solo modo su
questa terra per avere la meglio in un diverbio ed è quello di
evitarlo. Evitatelo come evitereste serpenti a sonagli e
terremoti. Nove volte su dieci, una disputa termina con
ciascuno dei contendenti ancora più fermamente convinto di
prima di avere assolutamente ragione.”
Che l'altro salvi la faccia a ogni costo. Questo può
significare doversi tirare indietro in una discussione,
richiamare l'attenzione sui suoi errori in modo indiretto o
porre interrogativi invece d'impartire ordini. O può
significare tenere in serbo qualche critica per un altro
giorno. Comunque si scelga di farlo, lo scopo è lo stesso:
essere gentile, adottare un gioco morbido, non attaccare.
Anche se qualcuno non è d'accordo col vostro punto di vista,
con sufficiente tatto potete ancora indurlo a riconoscere
qualche merito alla vostra posizione. Ma se adottate una
linea troppo energica e dura, se usate parole come ragione e
243
torto, intelligente e stupido, non riuscirete mai a convincere
nessuno di qualcosa.
“Noi riceviamo lamentele," ammette Woligang Schmitt.
"In circa la metà dei casi, provengono da consumatori che
acquistano un prodotto convinti che sia nostro, mentre è di
un nostro concorrente. Così ci scrivono. La nostra politica è
semplicemente di scrivere una lettera personale per
avvertire: 'Possiamo comprendere come lei abbia potuto fare
l'errore perché abbiamo questi concorrenti che imitano i
nostri prodotti. Lei ha sbagliato in tutta onestà, ma
desideriamo che si renda conto direttamente della differenza
di qualità. Quindi provi gratuitamente uno dei nostri
modelli.'
“E gli mandiamo, in sostituzione di quale che sia
l'oggetto della loro lamentela, il nostro prodotto
corrispondente. E pensiamo che sia un modo ottimo e
quanto mai credibile per comunicare il messaggio della
qualità Rubbermaid."
La gentile opera di persuasione funziona sempre meglio
degli urlacci e delle dita puntate. Quando avete bisogno di
rammentarvelo, ripensate all'antica favola di Esopo della
gara fra il vento e il sole. Il vento e il sole ebbero un giorno
244
una discussione su chi dei due fosse il più forte. Il vento
propose una gara e, vedendo un vecchio avvicinarsi lungo la
strada, pose così i termini della scommessa: il primo che
fosse riuscito a indurlo a togliersi la giacca avrebbe vinto. Il
sole accettò e il vento partì per primo. Soffiò sempre più
forte finché le sue raffiche raggiunsero la forza di un
ciclone. Ma più il vento soffiava, più l'uomo teneva stretta a
sé la giacca.
Quando il vento cedette, toccò al sole. Il sole si profuse
sull'uomo gentilmente, e diventò sempre più caldo finché
questi, detergendosi il sudore dalla fronte, si tolse la giacca.
Il sole rivelò al vento il suo segreto: la delicatezza e la
cordialità sono più forti della forza e della furia. La stessa
regola vale per clienti, dipendenti, collaboratori e amici.
Dale Carnegie ebbe fra i frequentatori dei suoi corsi
Frederick Parsons, un consulente fiscale. Parsons aveva un
contenzioso aperto con un ispettore del fisco. Si trattava di
come classificare un debito di, novemila dollari. Il fiscalista
sosteneva fermamente che il denaro era un debito che non
era stato pagato e che quindi non costituiva reddito
imponibile. L'ispettore era altrettanto irremovibile nel
ritenerlo tassabile.
245
Parsons non riusciva a cavare un ragno dal buco. Allora
volle tentare un approccio diverso. "Decisi di evitare la
discussione, cambiare argomento ed esprimergli la mia
stima. Dissi: 'Suppongo che questa sia una faccenda di ben
poco conto rispetto alle decisioni realmente importanti e
difficili che le viene chiesto di prendere. Sono anch'io un
esperto di tasse, ma quello che so ho dovuto impararlo dai
libri. Lei il suo sapere lo ricava continuamente
dall'esperienza, stando in prima linea. Certe volte vorrei
avere un lavoro come il suo. M'insegnerebbe un mucchio di
cose.' Ogni parola mi era uscita sincera.”
Il risultato? "L'ispettore si raddrizzò sulla sedia, si
appoggiò allo schienale e parlò a lungo del suo lavoro,
raccontandomi delle astute frodi che aveva scoperto.
Gradualmente il suo tono si fece cordiale, e di lì a poco mi
parlò dei suoi figli. Prima di andare mi avvertì che avrebbe
preso ancora in considerazione il mio problema ed entro
pochi giorni mi avrebbe comunicato la sua decisione. Tre
giorni dopo mi telefonò per informarmi di aver deciso di
accettare quella dichiarazione dei redditi così come era stata
compilata."
246
Che cosa aveva indotto l'agente delle tasse a cambiar
parere? “L'ispettore diede prova di una delle più comuni
debolezze umane," scrisse Carnegie. "Aveva bisogno di
sentirsi importante. Finché il signor Parsons discusse con
lui, ebbe questa sensazione imponendosi d'autorità. Ma non
appena la sua importanza venne riconosciuta, diventò un
essere umano benevolo e generoso."
SIATE RAPIDI NEL RICONOSCERE
GLI ERRORI E LENTI NEL CRITICARE.
SOPRATTUTTO, SIATE COSTRUTTIVI.
247
11
STABILIRE OBIETTIVI
All'età di ventitrè anni ero uno dei giovani più infelici
di New York. Per sbarcare il lunario vendevo camion. Non
avevo idea di come funzionasse un camion. Non solo: non
volevo saperlo. Disprezzavo il mio lavoro. Disprezzavo il
fatto di dover abitare in una sordida camera ammobiliata
della Cinquantaseiesima Strada infestata dagli scarafaggi.
Ricordo ancora cbe avevo un fascio di cravatte che pendeva
da una parete, e quando ogni mattina allungavo una mano
per prendere una cravatta gli scarafaggi scappavano in
tutte le direzioni. Disprezzavo di dover mangiare in sudici
ristorantini economici anch'essi probabilmente infestati
dagli scarafaggi.
Ogni sera tornavo nella mia stanza solitaria afflitto da
un tremendo mal di testa: un mal di testa generato e
alimentato da delusione, preoccupazioni, amarezza e
ribellione. Mi ribellavo perché i sogni che avevo
accarezzato ai tempi dell'università si erano trasformati in
incubi. Era quella la vita? Era quella l'appassionante
248
avventura che mi ero prefigurato con tanta impazienza?
Tutta la vita non avrebbe significato altro per me che un
lavoro che disprezzavo, senza nessuna speranza per il
futuro? Bramavo del tempo libero per poter leggere.
Bruciavo dal desiderio di scrivere i libri cbe avevo sognato
di scrivere da studente.
Sapevo cbe avevo tutto da guadagnare e niente da
perdere lasciando il lavoro cbe disprezzavo. Non
minteressava arricchirmi in termini di soldi: m'interessava
arricchirmi in termini d'intensità di vita. In breve, ero
arrivato al Rubicone, al momento di prendere una
decisione, come accade alla maggior parte dei giovani
quando cominciano ad affrontare la vita. Così, presi la mia
decisione ed essa trasformò completamente il mio futuro.
Essa ha reso la mia vita felice e gratificante oltre le mie più
utopistiche aspirazioni.
La mia decisione era questa: avrei piantato il lavoro
che detestavo e, dato che avevo frequentato per quattro anni
l'istituto magistrale statale di Warrensburg, nel Missouri, mi
sarei guadagnato da vivere tenendo corsi serali a classi di
adulti. Così avrei avuto le mie giornate libere per legg ere
249
libri, preparare conferenze, scrivere romanzi e racconti.
Volevo “vivere per scrivere e scrivere per vivere”.
DALE CARNEGIE
Dale Carnegie non scrisse mai il grande romanzo
americano, ma il suo straordinario successo come
insegnante, uomo d'affari e scrittore di libri sulle relazioni
umane, ha fatto di lui una fonte d'ispirazione per persone di
tutto il mondo. Ottenne tutto questo fissandosi degli
obiettivi, modificandoli a seconda delle circostanze e
cercando di non perdere di vista la direzione successiva da
prendere.
Mary Lou Retton era una semplice studentessa delle
medie del West Virginia, uno stato da cui non era mai uscito
un ginnasta di levatura mondiale.
"Non ero nessuno, ricorda, "ma ero la numero uno dello
stato." Era una minuta quattordicenne che si presentava a
una competizione a Reno, nel Nevada. Quel giorno il grande
Bela Karolyi, l'allenatore di ginnastica rumeno che aveva
guidato Nadia Comaneci all'oro olimpico, si avvicinò a
Mary Lou.
250
“Era il re della ginnastica. Mi batté un colpetto sulla
spalla. E un colosso, sul metro e novanta. Mi disse, con quel
suo spiccato accento rumeno: 'Mary Lou, vieni da me e farò
di te una campionessa olimpionica.'”
Il primo pensiero che attraversò la mente della Retton
fu: "Figurarsi. Impossibile."
Ma fra tutte le ginnaste che si erano esibite in quel
campo sportivo del Nevada, Bela Karolyi aveva notato
proprio lei. “Così ci mettemmo a sedere e parlammo. Poi lui
parlò con i miei genitori e disse: 'Sentite, niente garantisce
che Mary Lou riuscirà mai a entrare nella squadra
olimpionica, ma io credo che abbia la stoffa necessaria."'
Che obiettivo era quello! Fin dalla più tenera infanzia
avevo sognato di poter un giorno partecipare alle Olimpiadi.
Ma furono le parole di quel mostro sacro a concretizzare
l'obiettivo.
“Era un grossissimo rischio per me. Stavo per
allontanarmi dai miei genitori e dalle mie amicizie, andare
ad abitare con una famiglia che non avevo mai conosciuto,
allenarmi con ragazze che non conoscevo. Com'ero
emozionata! E impaurita. Non sapevo che cosa aspettarmi.
Ma ero anche elettrizzata. Quell'uomo voleva allenarmi. Io,
251
quella piccina di Fairmont, nel West Virginia. Ero stata
scelta."
E non aveva intenzione di deludere Karolyi. E così fu:
due anni e mezzo dopo Mary Lou Retton, grazie a una serie
di volteggi perfetti, vinse la medaglia d'oro olimpica per gli
Stati Uniti e con essa un posto nel cuore di molti sportivi di
tutto il mondo.
Gli obiettivi ci danno qualcosa a cui tendere con tutte le
nostre energie. Mantengono polarizzati i nostri sforzi. Ci
permettono di misurare il nostro successo.
Dunque, fissatevi degli obiettivi: scopi che
rappresentino una sfida ma siano anche realistici, finalità che
siano chiare e misurabili, obiettivi per il breve termine e
obiettivi per il lungo termine.
Quando raggiungete un obiettivo, concedetevi un
momento per darvi una pacca di congratulazioni sulla spalla.
Poi passate all'obiettivo successivo, incoraggiati, rafforzati,
stimolati da quanto avete già conseguito.
Eugene Lang, un filantropo di New York, un giorno
tenne un discorso per la consegna dei diplomi agli alunni di
una scuola elementare. Questa classe aveva un gruppo di
bambini che non avevano la minima speranza di poter un
252
giorno accedere all'università. Anzi, ben poco lasciava
sperare che la maggior parte di quegli scolari potesse
arrivare fino al diploma di scuola media. Ma alla fine del
suo discorso Lang fece una stupefacente offerta: “A
ciascuno di voi che otterrà il diploma di scuola media metto
a disposizione una borsa di studio per l'università."
Dei quarantotto allievi di quella classe, quarantaquattro
conseguirono il diploma di scuola media e quarantadue
andarono all'università. Per considerare l'episodio nelle sue
giuste proporzioni, ricordate che il quaranta per cento del
corpo studentesco del centro di New York non ottiene mai il
diploma di scuola media, per non parlare della prosecuzione
degli studi fino all'università.
Quell'offerta di denaro non fu sufficiente da sola a
garantire un tale successo. Lang si assicurò anche che gli
studenti ricevessero durante l’iter scolastico il sostegno di
cui avevano bisogno. Essi furono seguiti e consigliati
durante i loro ultimi anni di scuola. Ma quel singolo
obiettivo-sflda, chiaramente espresso e alla portata di tutti
gli studenti; fornì loro l'opportuni tà di visualizzare un futuro
che non avevano mai ritenuto possibile. E, visualizzandolo,
furono in grado di tradurre i loro sogni in realtà.
253
Come si espresse Harvey Mackay, autore di libri di
ampia diffusione su come giungere al successo, "un
obiettivo è un sogno con una scadenza precisa."
Howard Marguleas, presidente della Sun World, è uno
dei coltivatori della California più all'avanguardia. E’
arrivato a questo risultato fissandosi e raggiungendo un
obiettivo dopo l'altro. Per anni ha osservato gli alti e bassi
del settore dell'agricoltura - vacche grasse, vacche magre impossibili da prevedere come da controllare. Perlomeno era
così che a detta di tutti andava il mercato ortofrutticolo.
Ma Marguleas si era prefisso un obiettivo: quello di
sviluppare un nuovo tipo di prodotti che potessero reggere
agli sbalzi della richiesta. "Questa branca del commercio in
realtà non è diversa dalla compravendita degli immobili,"
ragionò Marguleas. "Quando la richiesta è bassa, a meno che
tu non abbia qualcosa di veramente diverso, unico, sei nei
guai. Lo stesso succede in agricoltura. Se sei soltanto un
produttore fra tanti di lattuga, carote o arance, e non hai
niente di diverso da quello che hanno tutti gli altri
concorrenti, vai bene soltanto se c'è penuria di scorte. Se le
scorte sono cospicue, non vai bene. Ed è a questo che
abbiamo cercato di adeguarci per creare una nostra nicchia
254
nel mercato, aprendoci le opportunità che vengono
dall'essere diversi.”
E’ da qui che nacque l'idea di un pepe migliore. Sì, un
pepe migliore. Se avesse potuto sviluppare un pepe più
saporito delle qualità di pepe prodotte da altri, Marguleas si
convinse che gli ortolani dell’intero, paese avrebbero voluto
averlo in magazzino sia nei tempi buoni che in quelli cattivi.
Così fece, creando il pepe Le Rouge Royal. "E’ un pepe
allungato, 'trilobato'," illustra Marguleas. "Ci avevano detto:
'Dovete avere un pepe a forma di campana o un pepe
quadrato, per poter vendere.' Ma non appena abbiamo
esaminato questo pepe - colore, sapore, forma ecc. abbiamo capito che avevamo qualcosa di valido. Abbiamo
capito che, se gli avessimo fatto una promozione adeguata,
se l'avessimo pubblicizzato, se l'avessimo lanciato sul
mercato con un suo nome, avremmo convinto la gente a
mangiarlo. Chi l'avesse assaggiato avrebbe continuato a
comprarlo.”
La lezione che ne ricavò Marguleas è questa: “Non
smettere mai di ricercare l'occasione di creare qualcosa di
diverso. Non sentirti mai soddisfatto di quello che stai
facendo. Cerca sempre un sistema per apportare migliorie al
255
tuo operato, anche se è considerato contrario alle tradizioni
di un'industria."
Chi non riesce a porsi obiettivi indipendenti diventa,
nelle parole di Marguleas, un "uomo anch'io" qualsiasi. Gli
“uomini (e donne) anch'io”, quelli che seguono ma non
guidano, se la cavano bene nei tempi buoni. Ma quando i
tempi si fanno difficili, rimangono indietro.
Marguleas era riuscito a mettere le mani su qualcosa di
nuovo, di diverso. Le persone che si pongono degli obiettivi
- obiettivi che costituiscano una sfida, ma che siano anche
raggiungibili - sono le uniche con una solida presa sul
futuro, le uniche che finiscono col compiere cose
straordinane.
La Reebok International, che fabbrica calzature per
sportivi, s'impose come azienda un importante obiettivo:
assicurarsi Shaquille O'Neal. Non sarebbe stato facile avere
il campionissimo della Orlando Magic. Una quantità di altre
prestigiose firme erano in lizza per assumerlo come loro
portavoce.
"Si trattava di convincerlo che avevamo da offrirgli
l'impegno più appassionante, che eravamo disposti a fare
qualcosa per creare per lui un programma che non fosse alla
256
portata di nessun altro," racconta Paul Fireman, il presidente
della Reebok.
L'intera società si mise al lavoro. “Prima che venisse,
abbiamo creato una campagna pubblicitaria. L'abbiamo
creata esclusivamente per lui. Abbiamo speso del denaro per
crearla. E’ stato un grosso sforzo. Il nostro impegno assoluto
era teso al compito di assicurarcelo. Era un rischio,
l'abbiamo accettato. Abbiamo messo a disposizione il
denaro, il tempo e l'impegno." A volte fissare obiettivi
significa semplicemente questo.
“Sarebbe stata una grossa sconfitta, sotto l'aspetto
emotivo, se non ce l'avessimo fatta," ammette Fireman. "Se
non ci fossimo dati da fare per averlo qua, non avremmo
corso questo rischio emotivo, ma non avremmo neppure
avuto il campione.”
Gli obiettivi non sono importanti solo per le imprese
commerciali. Sono i mattoni con cui si costruiscono le
carriere di successo.
Jack Gallagher lavorava nella fabbrica di copertoni di
famiglia, dove provvedeva praticamente a ogni mansione:
contabilità, fatturazione, fabbricazione e vendita. Tutta
257
questa esperienza in questo settore gli insegnò un'unica
certezza: lui non voleva lavorare nel ramo degli pneumatici.
Un giorno s'imbatté in un vecchio compagno della
scuola media che lavorava come amministratore aggiunto in
un ospedale locale. “E’ quello che mi piacerebbe fare,”
Gallagher pensò fra sé. “Mi piacerebbe aiutare gli altri. Mi
piacerebbe fare qualcosa di grande, e mi piacerebbe essere
alla guida di un gruppo per iniziative interessanti." C'erano
molti ed enormi ostacoli fra lui e un posto di amministratore
di un ospedale: una specializzazione in amministrazione
ospedaliera, per prima cosa, e poi un lavoro in un ospedale.
Ma Gallagher si era posto il suo obiettivo, e cominciò a
eliminare subito dalla sua strada gli ostacoli.
Fu abbastanza convinto da riuscire a iscriversi
all'università di Yale. Ottenne uno stipendio dalla
Fondazione Kellogg. Ebbe un prestito da una banca locale.
Lavorò di notte nell'uffido del North Shore University
Hospital. E, dopo aver conseguito la laurea, fece domanda
per essere assunto come amministratore interno al North
Shore.
"Ebbi un colloquio con Jack Hausman, il presidente del
consiglio di amministrazione dell'ospedale," ricorda. “Sarò
258
stato con lui per tre minuti, e in tre minuti lo convinsi. Mi
fece una strana domanda. Sapeva che ero sposato e avevo tre
bambini. 'Pensa di poterselo permettere?' mi chiese. A quel
tempo a un amministratore interno davano tremilanovecento
dollari."
Gallagher gli rispose: "Senta, signor Hausman. Ci ho
riflettuto a lungo prima di venire da lei. Ho dovuto sistemare
le cose in modo da potermi mantenere con la mia famiglia
durante questo periodo per poi passare a una vera carica
amministrativa.”
Aveva un obiettivo. Aveva pianificato ogni singolo
particolare. Lavorò instancabilmente per compiere ogni
passo necessario. Oggi è direttore generale del North Shore.
Il cantautore Neil Sedaka, la cui carriera nel campo
della musica leggera ha abbracciato più di tre decenni,
imparò a fissarsi degli scopi quand'era ancora un ragazzino.
Crebbe in una zona turbolenta di Brooklyn, ma non fu
mai un ragazzo violento. Il suo primo obiettivo fu subito
perfettamente comprensibile: conquistarsi le simpatie dei
coetanei e così salvare la pelle durante gli anni duri della
scuola media.
259
"Non mi andava di battermi,” spiegò Sedaka di recente.
"Dunque, dovevo rendermi simpatico. Ho sempre voluto
essere simpatico agli altri. Sa com'è, avevo sempre paura di
farmi pestare." E il giovanissimo Neil trovò quello che si
rivelò un metodo geniale per raggiungere il suo obiettivo
personale: la musica.
"Vicino alla scuola media Lincoln c'era una gelateria,
con in fondo un Juke-box," ricordò. "Tutti i bulletti, quelli
coi giacconi di cuoio, ciondolavano là dentro e ascoltavano
Elvis e Fats Domino. Erano gli inizi del rock and roll. Così
scrissi una canzone rock e la cantai, diventando una specie
di eroe per quei teppistelli coi giacconi di cuoio. Mi
permisero perfino l'accesso alla loro parte del locale."
La cosa più importante qui non è se a Sedaka avrebbe
dovuto importare o meno di essere accettato da quei
rappresentanti della "gioventù bruciata". Cose del genere
possono essere tremendamente importanti negli anni della
scuola media. Comunque, egli capì istintivamente come
raggiungere quei ragazzi diversi da lui e come ottenerne
quello che allora era importante per lui. Per Sedaka,
quell'obiettivo dei tempi della media si tradusse nella meta
della sua vita, e quel primo successo adolescenziale gli
260
infuse la fiducia necessaria per la sua successiva scalata al
successo come star della musica leggera.
Più o meno lo stesso processo si verificò nella prima
parte della vita di Arthur Ashe. Quasi senza aiuto, egli
abbatté la barriera razziale nel tennis professionistico, uno
sport che prima della sua affermazione era stato quasi
esclusivamente riservato ai bianchi. Nei suoi ultimi anni,
condusse una battaglia coraggiosa contro il virus dell'AIDS,
cercando di sensibilizzare la gente sul problema, agli angoli
delle strade dei ghetti e nei salotti di ricche dimore.
La sua fu una vita tutta dedicata a determinati obiettivi,
a come stabilirli e a come raggiungerli. Tutto iniziò per lui,
da ragazzo, su un campo da tennis. Fu là che imparò a farsi
strada, ponendosi un obiettivo alla volta.
"Quando tu abbatti quella barriera, quando ti sei fissato
un obiettivo e lo raggiungi, questo, per così dire, porta alla
luce qualsiasi latente fiducia in te stesso tu possa avere,"
dichiarò Ashe in un'intervista per questo libro poco prima
della sua morte.
Fu così che egli agì fino all'ultimo giorno della sua vita.
Si pose un obiettivo, e quando raggiunse quest'obiettivo se
ne pose un altro. Perché? "La fiducia in se stessi, ne sono
261
certo, di per sé trasforma l'individuo. E si diffonde anche in
altri settori della vita. Non solo ti senti sicuro di te stesso in
qualunque campo in cui tu abbia esperienza, ma
probabilmente ti senti in generale capace di poter fare anche
altre cose, magari applicando gli stessi principi a un altro
compito o a un altro complesso di obiettivi.”
Questi scopi devono essere realistici e devono essere
realizzabili. Non fate l'errore di pensare di dover o poter
compiere una qualsiasi impresa nell'immediato. Può darsi
che non possiate arrivare sulla luna in questo stesso anno, e
allora pianificate un viaggio più breve. Ponetevi un obiettivo
provvisorio.
Seguendo questo approccio graduale, Ashe s'inserì nel
circuito del tennis professionisfico di livello mondiale. "I
miei primi allenatori mi hanno fissato obiettivi precisi per
cui ho profuso tutto il mio impegno. Non consistevano
necessariamente nel vincere tornei di tennis. Erano
semplicemente cose che si presentavano come difficili, che
richiedevano un lavoro duro e una certa pianificazione. E, se
raggiungevo quegli obiettivi, c'era un premio implicito di
qualche tipo. Anche qui, l'obiettivo non consisteva
necessariamente nel vincere questo o quel torneo. E così, a
262
forza di progressi successivi, prima che me ne rendessi
conto, dopo aver raggiunto uno dopo l'altro quei
mini-obiettivi, tutt'a un tratto ho potuto dire: 'Ehi, ormai ho il
grande premio a portata di mano.'"
Era con questo spirito che Ashe si apprestava sempre ad
affrontare dure partite di tennis. “In un torneo, ti prefiggi di
arrivare ai quarti di finale. E in una partita cerchi di non
sbagliare un certo numero di passanti di rovescio. O magari
ti proponi di migliorare la tua resistenza in modo da non
sentirti senza forze quando fa troppo caldo. Sono questi i tipi
di mete che ti aiutano a distogliere parte della tua
concentrazione da quell'obiettivo a lungo termine ed elusivo:
quello di diventare il numero uno o di vincere l'intero
torneo."
La maggior parte delle grandi sfide viene affrontata in
modo migliore con una serie di obiettivi provvisori. E’ un
processo molto più incoraggiante e anche molto più
stimolante.
James D. Watson, direttore del Cold Spring Harbor
Laboratory, ha impegnato tutta la sua vita nella lotta per
trovare una cura per il cancro. E’ questo il suo unico scopo?
Naturalmente no. Sarebbe troppo scoraggiante per chiunque
263
perseguire una meta così difficile. Watson ha fissato una
serie di obiettivi graduali per sé e i suoi colleghi di
laboratorio, obiettivi che raggiungono ogni anno
proseguendo sulla strada verso la cura finale.
“Esistono numerosissimi tipi di cancro, spiega Watson,
vincitore del premio Nobel per aver scoperto la struttura del
DNA. "Noi saremo in grado di curarne alcuni. E speriamo di
poterne curare altri ancora.
"Ma bisogna scegliere obiettivi temporanei," aggiunge.
“L'obiettivo non è quello di debellare il cancro al colon
domani. E’ quello di comprendere la malattia. E ci sono
molti passi da compiere. Nessuno vuole andare incontro a
una sconfitta. Si è felici di poter raggiungere un piccolo
obiettivo alla volta.”
E’ così che funziona. Ponetevi piccoli obiettivi.
Raggiungeteli. Ponetevene di nuovi, leggermente più
impegnativi. Raggiungeteli. Riusciteci.
Molto tempo prima che Lou Holtz diventasse allenatore
della squadra di calcio Notre Dame, il suo più ardente
desiderio era diventare lui stesso un giocatore. Ma quando,
ai tempi delle medie, entrò nella squadra di calcio della
scuola, pesava soltanto cinquantadue chili.
264
Sapeva che era decisamente troppo poco. Nonostante
ciò, voleva disperatamente giocare, e così escogitò un piano.
Memorizzò tutte le posizioni degli undici giocatori. Così, se
uno di loro s'infortunava lui era immediatamente pronto a
scendere in campo. Questo gli dava undici probabilità invece
di una.
"Oggi le cose vanno così anche nel mondo degli affari,"
avverte lo scrittore Harvey Mackay. "Se lavorate in un
ufficio, imparate di vostra iniziativa come funziona il
sistema telefonico. Dedicate del tempo a conoscere
l'informatica. Se siete nel reparto vendite, vi conviene
interessarvi anche ai computer." In questo modo, quando si
presenteranno delle occasioni avrete molte più probabilità di
avvalervene. Fissate obiettivi che vi rendano più preziosi per
la vostra squadra, come fece Lou Holtz, o per la vostra
azienda.
Il principio basilare è quello di fissare obiettivi e di
lottare per conseguirli. A volte riuscirete a raggiungerli
rispettando la vostra tabella di marcia, a volte ci vorrà più
tempo di quanto abbiate previsto, altre volte ancora non
otterrete quanto vi eravate prefissati. Certe cose
semplicemente sfuggono di mano. L'importante è continuare
265
a pianificare e impegnarsi indefessamente. Arriverete al
traguardo, non desistete.
Come sottolinea Adriana Bitter, "forse a volte mettiamo
troppo in alto i nostri obiettivi e non sempre raggiungiamo
l'ultimo piano, ma sicuramente possiamo cominciare a salire
quella scala."
In mancanza di scopi specifici è fin troppo facile
lasciarsi semplicemente andare, senza mai prendere le redini
della propria vita. Il tempo va sprecato perché nulla sembra
essere urgente. Non c'è una scadenza precisa. Niente
dev'essere fatto oggi stesso. Si può rimandare qualsiasi cosa
all'infinito. Sono gli obiettivi che possono darci una
direzione e mantenerci concentrati.
David Luther è profondamente consapevole di questa
odierna propensione alla mancanza di un fine. Si preoccupa
dell'influenza che questo potrebbe esercitare sui suoi figli, e
quindi gli parla continuamente di obiettivi.
“A volte," li ammonisce, “finiamo per trovarci
invischiati nelle situazioni.” Facile a dirsi, naturalmente, ma
come evitare questo tranello? "L'importante," secondo
Luther, "è conoscere se stessi. Cosa sapete? Cosa volete
fare? Pensateci bene. Scordate il denaro, almeno per un
266
attimo. Cosa vi proponete come traguardo importante per
quando avrete raggiunto l'età che hanno adesso i vostri
genitori?"
In che modo si creano obiettivi intelligenti? In genere ti
chiedono semplicemente un po' di riflessione, ma esistono
alcune tecniche utili per concentrare la mente sul compito
prefissato. Potete provare a porvi lo stesso interrogativo che
Luther propone insistentemente ai suoi figli: "Chiedetevi:
'Che cosa realmente voglio diventare? Che genere di vita
voglio realmente condurre? E adesso mi sto dirigendo nella
giusta
direzione?"'
Questo
consiglio
è
valido
indipendentemente da quanto possiate essere avanti nella
vostra carriera.
Una volta che avete stabilito quali sono i vostri
obiettivi, scegliete le priorità. Non può essere fatto tutto in
una volta, e quindi dovete chiedervi: cosa viene prima di
tutto? Quale obiettivo è più importante per me adesso? Poi
cercate di organizzare il vostro tempo e le vostre energie in
modo che riflettano queste priorità. Questa, spesso, è la parte
più impegnativa.
Per classificare in ordine d'importanza i suoi obiettivi,
Ted Owen, direttore del San Diego Business Journal, segue
267
il consiglio che ricevette da un amico psicologo. "Mi ha
detto. 'Prendi un foglio di carta e dividilo a metà con una
riga verticale. A sinistra, metti il numero che vuoi.' Ho
messo un dieci. 'Adesso scrivi le dieci cose principali che
vuoi realizzare prima di andare in pensione all'età che
preferisci: cento, sessanta o cinquant'anni.
"'Metti per iscritto queste dieci cose. Dunque, vuoi
avere una buona pensione. Vuoi avere una bella casa. Vuoi
avere un matrimonio felice. Vuoi mantenerti in buona salute.
Dieci desideri, quali che siano. Poi, sulla parte destra del
foglio, mettili in ordine di priorità. Uno di quei dieci diventa
il numero uno, e così via.'"
Semplicistico? Forse. Ma anche utile. Con questo
sistema, Owen scoprì delle cose su se stesso che non aveva
mai saputo. "Ho trovato che un lavoro, un lavoro solido e
ben pagato, un lavoro che mi faceva sentire soddisfatto, era
al settimo posto." Una volta che avete compilato questa
graduatoria,
creare
obiettivi
intelligenti
diventa
enormemente più facile.
E’ bello se, con l'andare degli anni, questi obiettivi si
sviluppano e cambiano. "Prima di sposarmi, quando durante
i fine settimana andavo a casa, non mi restava che leggermi
268
il giornale," ricorda Ronald Evans, professore ricercatore
presso l'Istituto, Salk per gli studi biologici. “Non avevo
nient'altro da fare. Amavo stare in laboratorio, dove mi
sentivo a casa mia più di quando ero veramente a casa, per
così dire. La ricerca è una specie di droga. E’
incredibilmente stimolante, è una sfida che stimola al
massimo il tuo intelletto. Fai delle scoperte, è qualcosa
d'incomparabile."
Ma la vita cambia, le pressioni cambiano e anche gli
obiettivi dovrebbero essere riveduti. “Adesso che ho una
famiglia," continua Evans, “ho cambiato le mie abitudini,
anche se è stato molto difficile. E’ necessario arrivare alla
conclusione che non si può fare tutto.”
Le aziende hanno bisogno di obiettivi quanto ne hanno
bisogno gli individui, e quando esse cominciano a definire i
loro intenti valgono le stesse regole fondamentali: fissare
obiettivi chiari, mantenerli basilari e non stabilirne troppi in
una volta.
Quel colosso dell'industria automobilistica che è la
Motorola è stata gestita nel corso di un anno sulla base di tre
soli obiettivi specifici, espressi in termini precisi,
matematici: "Continuare miglioramento 10-X" ogni due
269
anni, “sentire la voce" del cliente, “ridurre il ciclo temporale
del processo produttivo secondo fattore 10” in cinque anni.
Lasciate perdere quello che si intende con questo
linguaggio. Può valere o meno per la vostra azienda. Quello
che è importante è che l'impresa ha i suoi obiettivi. Essi sono
chiaramente compresi all'interno dell'impresa stessa.
Rappresentano una sfida ma sono raggiungibili. Il progresso
è facilmente misurabile. E se questi obiettivi verranno
raggiunti, i vantaggi per l'azienda saranno straordinari.
Questi tre obiettivi specifici offrono una visione
sufficiente a guidare un'intera impresa. Immaginatevi che
cosa possono fare per la vita di una persona tre obiettivi
altrettanto chiari, altrettanto realistici.
FISSATE OBIETTIVI CHE SIANO CHIARI,
CHE RAPPRESENTINO UNA SFIDA
E CHE SIANO RAGGIUNGIBILI.
270
12
FOCALIZZAZIONE E AUTODISCIPLINA
Nel lontano 1933, il famoso floricultore di Filadellia
David Burpee ebbe l'idea che la bruttina, ordinaria figlia di
nessuno del mondo dei fiori avrebbe potuto essere resa
attraente. Questa derelitta era la calendula, una trascurata
trovatella con una caratteristica estremamente infelice: un
odore sgradevole.
Così, David Burpee si accinse a selezionare una
calendula che accarezzasse le narici invece d'irritarle.
Sapeva che c'era un solo modo per ottenere questo risultato:
trovare ciò che i botanici chiamano “mutazione”, un fiore
singolo che, per caso, non avesse quell'odoraccio. Si fece
arrivare semi di calendula da tutte le parti del mondo e
ottenne seicentoquaranta coltivazioni distinte. Quando le
pianticelle crebbero e fiorirono, vi affondò il naso e aspirò.
Puzzavano tutte. Anche se scoraggiato, Burpee continuò a
cercare, e alla fine un missionario gli spedì dal remoto Tibet
alcuni semi di una calendula che era inodore ma aveva un
fiore piccolissimo.
271
David Burpee la incrociò con una varietà dal fiore più
grande e mise a coltura centoquaranta ettari di terreno.
Quando le piante cominciarono a essere rigogliose, chiamò
il suo giardiniere e gli diede un ordine apparentemente
folle. Disse all'uomo di mettersi carponi e di annusare ogni
singola pianta in tutti i centoquaranta ettari della
piantagione. Se fosse stato possibile trovare una sola pianta
inodore con fiori grandi, sarebbe bastato per assicurare il
successo di quegli sforzi. “Mi ci vorrebbero trentacinque
anni per annusarle tutte una per una,” protestò il
giardiniere. Allora le agenzie d'intermediazione della zona
ricevettero una richiesta senza precedenti: si cercavano
duecento annusatori di fiori.
Questi annusatori arrivarono da tutte le parti e si
misero al lavoro. Non si era mai visto niente di più bizzarro,
ma David Burpee sapeva il fatto suo. Finalmente, un giorno,
uno degli "annusafiori” corse a grandi balzi dal giardiniere.
“L’ho trovata!” gridò. Il giardiniere lo seguì nel
campo fino al punto che era contrassegnato da un paletto.
Ma sicuro, non c'era la minima traccia di odore sgradevole.
DALE CAMRMNEGIE
272
Margaret Thatcher governò la Gran Bretagna durante
gli anni più difficili dell'impero britannico: un periodo che
comprese la guerra delle Falkland, una recessione mondiale
e una quantità di sconvolgimenti sociali sufficiente per uno o
due secoli. Quegli anni significarono la rovina
d'innumerevoli carriere politiche promettenti, e come primo
ministro (nonché come prima donna mai assurta a quella
carica) la Thatcher si prese più della sua parte di gatte da
pelare. Eppure ci fu una cosa che i rappresentanti di tutti gli
ambienti politici inglesi dovettero ammettere: la Signora di
Ferro non perse il sangue freddo una sola volta. Come riuscì
a mantenere una tale forza pur sotto una tale pressione?
“Per essere a capo di un paese come la Gran Bretagna,"
spiegò poco dopo essersi ritirata dalla politica, "un paese
forte, un paese che ha assunto un ruolo di guida negli affari
mondiali, in tempi buoni e in tempi difficili, un paese che è
sempre affidabile, bisogna possedere un carattere ferreo."
In realtà, non è molto complicato, osservò l'ex primo
ministro. Dovete rimanere focalizzati sull'obiettivo. Siate
autodisciplinati. Abbiate una volontà disperata di riuscire.
“Non conosco nessuno che sia giunto alla vetta senza un
273
duro lavoro," continuò. “La ricetta è questa. Non vi farà
sempre arrivare proprio alla vetta, ma vi ci porterà molto
vicino.”
Maggie Thatcher aveva capito. Avere un obiettivo
chiaro nella mente, qualcosa che si vuole davvero, credere in
se stessi ed essere tenaci, e fare di tutto per non lasciarsi
distrarre dallo scopo. Negli affari, nella vita familiare, nello
sport, nella politica, seguite queste semplici regole, e le
vostre probabilità di successo saranno astronomicamente
alte.
Ivan Stewart era un uomo con un obiettivo. Fin da
piccolo sognava di poter gareggiare un giorno alla guida di
un fuoristrada: corse su lunghi percorsi, fino a mille miglia
su terreni spesso impervi, per ore e ore d'intensa
concentrazione e di tormentoso mal di schiena. Ma Stewart
era un supervisore generale nel campo dell'edilizia, con una
moglie, un'ipoteca da pagare e tre figli piccoli da crescere.
Aveva responsabilità. Aveva impegni. Come avrebbe potuto
sperare di raggiungere quell'obiettivo? Sembrava che non
avesse nessuna probabilità di farcela. Ma aveva dalla sua un
progetto ed enormi riserve di energia per perseguirlo.
274
“Volevo entrare nel mondo delle corse, e così mi sono
messo a lavorare alle macchine da corsa dopo il lavoro e
durante i sabati e le domeniche. Poi ho avuto l'occasione di
correre, giusto per cimentarmi, senza pensare allora
minimamente che sarei diventato un professionista,”
riferisce Stewart.
Un giorno, arrivò la sua grande occasione. Un pilota
con cui Stewart aveva lavorato si ruppe una gamba pochi
minuti prima di una gara. L'auto era pronta sulla linea di
partenza. All'infortunato non rimase che lasciare il volante a
Stewart.
Così, col suo amico Earl Stahl seduto a fianco, Stewart
affrontò la competizione. Ne successero di tutti i colori. La
macchina andò a sbattere contro un argine. Fece un
testacoda. S'impantanò. Le altre auto sfrecciavano via
rombando. La sua unica occasione per mettersi alla prova
sembrava irrimediabilmente perduta.
"Ormai eravamo l'ultima macchina. Tutti gli altri se
n'erano andati. In quella corsa fanno partire un'auto ogni
trenta secondi, e ci saranno state sessanta o settanta
macchine. Tutti partiti. Ed Earl e io eravamo ultimi. Avremo
fatto altri venti, trenta chilometri, non ricordo bene, quando
275
il cavo dell'acceleratore - la macchina aveva un motore
Volkswagen -, il cavo che va dal piede del guidatore al
carburante, si è spezzato. Adesso non potevo più neanche
guidare. Ho detto: Tarl, tira fuori una chiave a mezzaluna.'
Lui ha preso dalla cassetta degli attrezzi una chiave a
mezzaluna e io ho strappato via una parte del cavo, e ne è
restato quanto bastava per avvolgerlo intorno alla
mezzaluna. L'abbiamo fatto in quattro e quattr'otto. In capo a
cinque o dieci minuti avevamo un cavo dell'acceleratore che
potevo far funzionare con una mano, azionando la frizione
col piede e guidando con l'altra mano. Ma non potevo
sterzare con sufficiente energia. Comunque ero deciso:
volevo guidare.
"Ho detto a Earl: 'Bisogna che alle marce ci pensi tu,' e
le marce erano quattro. 'Ogni volta che voglio che cambi
marcia ti tiro una gomitata.' Eravamo messi male. Io
azionavo l'acceleratore e la frizione, e lui metteva la marcia
sbagliata. A ogni modo, ce la stavamo facendo. Spingevo
l'acceleratore, mollavo la frizione. Ci davo dentro con
l'acceleratore, gli davo una gomitata e lui mi dava una
marcia più veloce. Ha capito quasi subito cosa dovevamo
fare. Ogni tanto non ingranavamo perché mi dava una
276
marcia bassa e io ne volevo una alta o viceversa. Ma per il
resto ci siamo affiatati benone. Non ci abbiamo messo molto
a cominciare a raggiungere gli altri: era una corsa di
cinquecento chilometri. Ne raggiungiamo uno, poi un altro
ancora. Lavoro di squadra. Già, siamo diventati bravi. Di li a
poco eravamo dei veri piloti. Correvamo da campioni e, per
farla breve, abbiamo vinto quella gara. Vinto quella gara di
cinquecento chilometri." Questo tipo di focalizzazione e di
autodisciplina è quello che ci vuole per vincere la propria
gara, in tutti i settori della vita.
Stewart continuò la carriera, diventando il massimo
pilota di fuoristrada d'America. Vinse il prestigioso trofeo
Iron Man (Uomo di Ferro) sponsorizzato dalla Valvoline
pari per importanza, in questo sport, al premio Heismann e
al Super Bowl messi insieme - tante di quelle volte che oggi
i suoi fan lo chiamano semplicemente Iron Man. E all'età di
quarantasette anni - vecchio per uno sport così massacrante ha firmato un altro contratto triennale con la Toyota.
“Lo sanno che sto invecchiando, e ci sono un mucchio
di giovani che si stanno facendo avanti.” Ma è
semplicemente un'altra sfida, non un motivo per cedere le
armi. Chissà, probabilmente l'Uomo di Ferro correrà ancora
277
a sessant'anni. E’ questo tipo di focafizzazione - quale che
sia il campo dove si esercita lo sforzo -che divide le persone
di successo da quelle non di successo.
"Questo è il vero segreto per fare molti soldi," dichiara
Thomas A. Saunders della Saunders Karp & Company.
"Quando stavamo raccogliendo quel grosso fondo per la
Morgan Stanley," ricorda, “fummo incaricati di raccogliere
per la nostra banca d'affari duecento milioni di dollari. Noi
raccogliemmo due miliardi e trecento milioni di dollari. Fu
la seconda fra le più ingenti somme di denaro che siano mai
state messe assieme per un fondo azionario. Credo che il
successo sia stato dovuto in grande misura alla nostra
perseveranza, al fatto che non eravamo disposti a essere
respinti. Non essere disposti ad accettare una risposta
negativa, la volontà di tornare all'attacco. La volontà di
continuare a insistere. La volontà di scoprire perché mai
qualcuno diceva di no: e magari di convincerlo a dire di sì.”
Fred Sievert ha imparato,a essere perseverante da suo
padre, che si chiama anche lui Fred. “L'unica passione della
sua vita era suonare la tromba,” racconta di suo padre. "Ha
suonato con alcune fra le migliori delle grandi bande,
278
compresa quella di Harry James, Artie Shaw e Jack
Teagarden. E’ un trombettista'assolutamente eccezionale."
Eppure suo padre non smise mai di eseguire gli esercizi
di base. “Suonava le scale,” testimonia suo figlio. “E' già
uno dei migliori trombettisti del paese, e cosa fa? Non suona
un nuovo motivo di una certa lunghezza per impararlo.
Suona le scale. Ora dopo ora, giorno dopo giorno. Mi dice
che se conosce le scale e riesce a suonarle alla svelta, è in
grado d'imparare qualsiasi canzone.”
La stessa inflessibile concentrazione su un obiettivo è
quello che proiettò due governatori del sud, a sedici anni di
distanza, fino alla Casa Bianca. Uno era un coltivatore di
noccioline dalla voce pacata della Georgia, Jimmy Carter.
L'altro veniva da un puntolino sulla carta geografica
chiamato Hope, nell'Arkansas: Bill Clinton.
Quando Carter iniziò la sua campagna, nel 1976, pochi
dei grandi professionisti della politica di allora gli davano
qualche probabilità di vittoria. Quasi nessuno fuori dalla
Georgia aveva mai sentito parlare di lui, aveva contro un
campo affollato di democratici di alto livello, e l'osso più
duro della campagna era il New Hampshire, a nord quanto la
Georgia era a sud.
279
Quando Clinton presentò la sua candidatura, nel 1992,
si riteneva che le sue probabilità fossero altrettanto scarse, e
i motivi erano per lo più gli stessi. Era più noto di quanto lo
fosse stato Carter, ma non molto di più, e il presidente
repubblicano ancora in carica aveva appena vinto una guerra
enormemente popolare.
Secondo i primi pareri degli esperti, nessuno di questi
due governatori aveva molte probabilità. Alla fine del primo
turno delle primarie, si presunse che questi due figli del sud
fossero ormai fuori gara. Le cose andarono diversamente,
come sappiamo, e per molti motivi. I più importanti furono
la concentrazione degli sforzi e lo spirito di disciplina che
caratterizzarono queste due campagne.
Nel corso di queste estenuanti maratone, entrambi gli
uomini avrebbero avuto molte ragioni per arrendersi. Per
Carter, oltre alla sua condizione d'illustre sconosciuto,
c'erano la minaccia rappresentata da Ted Kennedy e la
deprimente sensazione che Kennedy, non Carter, fosse la
scelta giusta dei "veri democratici". Per Clinton, c'erano le
affermazioni di Gennifer Flowers, gli editoriali che lo
davano per spacciato, il potere di un presidente in carica e
un tizio di nome Perot.
280
I pronostici avversi non fermarono Carter nel 1976.
Non fermarono Clinton nel 1992. E il motivo principale
entrambe le volte fu che entrambi gli uomini avevano
focalizzato il loro obiettivo. Sapevano con esattezza dove
volevano arrivare. Lavoravano tesi verso un obiettivo
specifico, un sogno che ciascuno di loro aveva accarezzato
fin dallInfanzia. Ne risultava che avevano una motivazione
sovrumana. Lavorarono come pazzi e non persero mai di
vista il loro scopo, e vinsero il premio.
La tenacia è l'altra componente dell'equazione. Per
ottenere quello che volete nella vita, dovete credere in voi
stessi e avere la volontà di persistere negli sforzi. Ritentate e
continuate a ritentare.
Burt Manning, della J. Walter Thompson, iniziò come
copywriter. E’ diventato l'unica “persona creativa” che nella
storia di questa società sia riuscita ad accedere alla sua
direzione. E parliamo di una delle più grandi agenzie di
pubblicità del mondo, che ha prodotto campagne per clienti
importanti come Ford, Lever Brothers, Nestlé, Kellogg,
Kodak, Goodyear e Warner-Lambert.
Certo, il talento e la creatività sono d'importanza vitale
in un settore competitivo come la pubblicità, ma senza un
281
lavoro indefesso, ben diretto e tenace, tutto questo talento e
tutta questa creatività possono finire col valere zero. E’ una
lezione che Manning imparò in prima persona, all'inizio
della sua carriera.
Progettò quella che considerava una grande campagna
per il suo primo cliente importante. Il cliente era la birra
Schlitz, e lo slogan che Manning proponeva sarebbe
diventato famoso come l'altro che diceva: "Mmm-mmm
buona." Ecco lo slogan: “Quando rimani senza Schlitz,
rimani senza birra.” Manning era entusiasta della campagna,
ma, per quanto sia difficile oggi crederlo, la ditta Schlitz non
lo era. I suoi funzionari giudicavano l'intera idea negativa.
Volevano che Manning trovasse qualcosa di più
spumeggiante.
Manning aveva tutt'altra intenzione che arrendersi.
Tornò dal cliente ripresentandogli la campagna per ben sei
volte. Così rievoca la sua reazione finale: "Sono stato in
grado di ripresentargliela così tante volte soprattutto perché
avevo un rapporto con questo cliente che mi consentiva di
farlo, e che a lui non permetteva di buttarmi fuori dalla
stanza. La sesta volta ha detto: 'Va bene. Io non sono
282
convinto che vada bene, ma se voialtri ci credete, mettetela
alla prova da qualche parte.'”
Il resto, naturalmente, è storia della pubblicità. Il talento
e la creatività di Manning diedero vita a una campagna di
primo piano, ma furono soltanto il suo duro lavoro e la sua
perseveranza che permisero di presentarla al pubblico. Dale
Carnegie elaborò questo principio: "La pazienza e la
perseveranza," scrisse, "realizzano in questo mondo più di
quanto possa fare uno scatto folgorante. Ricordatelo quando
qualcosa non va per il verso giusto.
“Non lasciate che qualcosa vi scoraggi. Insistete. Non
arrendetevi mai. E’ stata questa la politica della maggior
parte di coloro che hanno avuto successo. Naturalmente, si
farà sentire lo scoraggiamento. L'importante è superarlo. Se
riuscite a fare questo, il mondo è vostro."
Questo significa, in termini pratici, che dovete ricordare
qual è l'obiettivo fondamentale: che si tratti di vendere una
campagna pubblicitaria, di vincere una gara automobilistica
o di farsi eleggere presidente degli Stati Uniti. Poi lavorate
senza farvi distrarre da altre cose in direzione di
quest'obiettivo.
283
E badate bene a perseverare. Non è sempre facile.
Dovete esercitarvi a compiere ogni passo, a completare ogni
particolare del lavoro, sempre. E questo che rende i
dipendenti più preziosi per un'azienda, più importanti per
un'organizzazione, più affidabili per i loro colleghi e amici:
perseverare su ogni dettaglio.
“Quando entro in un ufficio e vedo un elenco di
telefonate di risposta da fare - sa, una lunga lista - penso fra
me: 'Questo impiegato ha perso il controllo della
situazione,'” afferma E. Martin Gibson, direttore della
Corning Lab Services. "Se non risponde neppure alle sue
telefonate, fa sorgere dei dubbi sulla sua affidabifità. Sono
piccole cose, ma contano."
A chi si dimostra affidabile vengono concesse maggiori
opportunità di provare fino a che punto può essere
veramente tale. "Gli altri sanno che possono fidarsi di te,”
continua Gibson. “Ti chiedono di fare qualcosa, e non ti
lasciano un appunto per ricordartelo. Sanno che lo farai.
Questa è affìdabilità. Non come quegli impiegati buoni a
nulla che non rispondono alle telefonate, che ricevono un
promemoria dal principale e non sanno che cosa fare e,
284
messolo da parte, se lo scordano. Finisce che il principale
pensa: 'Cos'ha per la testa questo imbecille?"'
E in questi particolari che si rivela l'autodisciplina,
centinaia e centinaia di piccoli particolari, e ogni giorno ci si
imbatte nel successo o nel fallimento. "Si tratta di vecchi
valori, come arrivare in anticipo a un appuntamento,
ricordarsi di mantenere una promessa, provare orgoglio per
il proprio lavoro," raccomanda Joyce Harvey. "Se devi
conipilare una lettera di credito, devi procedere dal punto
uno al punto quattro. Non puoi saltare il punto tre. Gli errori
costano. Non andare troppo in fretta. Controlla i particolari e
mantieni alta l'attenzione."
Ross Greenburg scoprì l 'importanza dell'autodisciplina
e della concentrazione in quella serata del 1990 in cui Mike
Tyson fu messo Ko da Buster Douglas. Tyson era allora
l'indiscusso campione mondiale dei massimi. Douglas era un
poderoso picchiatore, ma allo squillo della prima ripresa non
erano in molti a scommettere su di lui.
Greenburg è produttore per la HBO Sports. Al tempo
del match Tyson-Douglas, aveva già prodotto per la
televisione più di cento incontri per il titolo. Ma anche per
285
un veterano come Greenburg, la concentrazione a volte può
essere scossa da eventi drammatici.
Come Greenburg ricorda, "intorno alla seconda ripresa,
è apparso evidente che qualcosa girava bene in Douglas e
molto male in Tyson. Tyson aveva incassato quattro jabs
destri e i miei commentatori e io abbiamo capito
immediatamente che si stava per scrivere un capitolo
importante nella storia del pugilato." Fin qua, tutto bene.
“Nella quarta ripresa, Douglas ha sferrato una
combinazione che ha scosso Tyson e si è sentito un boato
sulla nostra linea di comunicazione. Tutti quanti nella nostra
postazione abbiamo cominciato a renderci conto di quello
che stava succedendo davanti ai nostri occhi. Come
avveniva molto di rado, stavamo venendo coinvolti
dall'evento sportivo anziché dai nostri compiti individuali.
Posso ricordarlo vividamente, e tutti quelli che lavorano con
me le racconteranno la stessa storia. Quando me ne sono
accorto, ho detto: 'Okay, ciascuno si rilassi. Ricordiamoci
che qua abbiamo un lavoro da fare. Se ci lasciamo troppo
trascinare dall'evento, perdiamo di vista il lavoro che
dobbiamo fare.' Non ho dovuto aggiungere altro.
Immediatamente ciascuno ha abbandonato quel modo
286
irrazionale, viscerale di reagire all'evento, e tutti siamo
tornati al lavoro fornendo dei replay di quelle tremende
combinazioni."
Non c'è molto spazio per momenti di distrazione
quando si fa televisione in diretta. "Vede, se a quel punto mi
fossi lasciato andare, se avessi inchiodato la mia attenzione
su Douglas, non sarei stato in grado di badare alle mie
telecamere e ai miei annunci pubblicitari. I miei colleghi non
avrebbero potuto cogliere i momenti culminanti in modo da
mandarne in onda il replay alla fine della ripresa il nostro
lavoro è questo.”
Ma Greenburg ammette che perfino lui per poco non
perse la concentrazione in quella serata memorabile. "Non
dimenticherò mai, mai in vita mia, il momento in cui Tyson
è andato al tappeto. In quella frazione di secondo è stato
come se stessi leggendo un libro di storia sul campionato di
boxe dei pesi massimi, ho visto la pagina voltarsi: ero
arrivato al capitolo successivo e al nuovo campione dei
massimi. E’, un ricordo che mi porterò nella tomba:
Tyson-Douglas. Magari ci sarà un altro evento del genere
nel resto della mia vita. Intanto potrò sempre dire: 'C'ero
anch'io.'”
287
Un'adamantina capacità di concentrazione non è
importante solo nelle telecronache sportive. Nel caso del
dottor Scott Coyne, lo stesso tipo di focalizzazione e di
autodisciplina fu letteralmente una questione di vita e di
morte.
Coyne, un radiologo con un passato di studi teologici,
fu il primo medico a presentarsi sulla scena del disastro
quando un Boeing 727 dell'Avianca precipitò nei pressi di
casa sua a Long Island, in una funesta notte di gennaio. Per
più di un'ora, Coyne fu l'unico medico sul posto. Dovette
soccorrere uno per uno i passeggeri feriti. Dovette anche
calmarli. E dovette fare tutto questo dedicando solo un
minuto o due a ciascun infortunato, e senza usare la sua
lingua, dato che la maggior parte dei passeggeri venivano
dalla Colombia e ignoravano completamente l'inglese. Lo
spagnolo di Coyne non andava molto oltre la parola “doctor, doc-tor”. Come lui stesso riferì, si fece comprendere
concentrando sul compito ogni fibra del suo essere. Trovò
un sistema per farsi capire.
“Avevo al collo uno stetoscopio," racconta, ricordando
quella notte tremenda. “Continuavo a dire: 'Doc-tor’, e
alcuni di loro piangevano e gridavano. Non sapevo se
288
urlavano perché erano spaventati o perché avevano il corpo
fracassato. Ero in grado di comunicare toccando i volti.
Potevo capire quanto gravemente fossero rimasti feriti da
come mi guardavano.
“Dovevo bisbigliare nelle loro orecchie. Dovevo
mantenere la calma e prenderli fra le braccia e cercare di
rassicurarli semplicemente con la mia espressione e col
contatto delle mie mani e accarezzando i loro volti. Non
riuscivo a farmi dire da nessuno come si sentiva. Non potevi
chiedergli dove gli faceva male, se gli faceva molto male, se
era la schiena. Ho dovuto letteralmente visitare ogni
paziente dalla testa ai piedi, e ho trovato fratture spaventose.
Mai visto fratture come quelle. Gambe che penzolavano,
quasi staccate. Passavo da un paziente all'altro ripetendo
l'operazione di controllo con la mano. Poteva essersi
sfondata la cassa toracica. Provavo a toccare. Loro non
potevano dirti niente. Io non potevo neanche dire: 'Indichi
col dito.' E’ stata un’esperienza surreale, un'esperienza che
ha mandato alle stelle il mio tasso di adrenalina nel sangue.”
Concentrazione. Concentrazione intensa al cento per
cento. Fu essa a permettere a Coyne di prestare la sua opera
di soccorso.
289
La concentrazione di Coyne fu così intensa che tutto ciò
che esisteva di estraneo a ciò venne semplicemente bloccato
al di fuori della sua mente. Egli scoprì fino a che punto la
sua attenzione era rimasta concentrata quando, in seguito,
parlò a un seminario sulla gestione dello stress. Gli altri
partecipanti descrissero tutto il bailamme che ci si sarebbe
potuti aspettare in una circostanza come quella: ambulanze,
autopompe, radio gracchianti, superstiti che urlavano e
uomini delle squadre di soccorso che gridavano ordini e
richiami. Coyne non udì niente di questo.
“Quello che ricordo è quanto fossi calmo. Tutto
sembrava sommamente quieto e ordinato. Ero così
concentrato che non sentivo niente. Era una specie di trance.
Ricordo soltanto che camminavo nel silenzio più completo.
Non ho udito il minimo rumore. L'unico che ho sentito è
stato quello degli elicotteri circa un'ora dopo. Quegli
elicotteri venivano a prendere alcuni dei feriti."
La capacità di concentrarsi, d'ignorare le distrazioni e di
compiere soltanto quello che è importante, è ciò che quella
notte ebbe un'importanza decisiva e contribuì a salvare tutte
quelle vite.
290
I LEADER NON PERDONO MAI
LA LORO CONCENTRAZIONE.
MANTENGONO LO SGUARDO
SUL QUADRO IMPORTANTE.
291
13
RAGGIUNGERE L'EQUILIBRIO
L'esercito degli Stati uniti ha scoperto mediante test
ripetuti che anche uomini giovani - uomini induriti da anni
di addestramento militare - possono marciare meglio e
resistere più a lungo se ogni ora depongono i loro zaini e si
riposano per dieci minuti. Perciò l’esercito li obbliga a
farlo.
Il vostro cuore è saggio proprio come l'esercito degli
Stati Uniti. Ogni giorno pompa abbastanza sangue da
riempire un vagone-cisterna. Sprigiona ogni ventiquattr'ore
un'energia sufficiente a spalare venti tonnellate di carbone
su una piattaforma alta una decina di metri. Compie questa
incredibile quantità di lavoro per cinquanta, sessanta,
novant'anni. Come può sopportarlo? Il dottor Walter B.
Cannon, della facoltà di medicina di Harvard, me l'ha
spiegato così: “La maggior parte delle persone è convinta
che il cuore lavori di continuo. In realtà, invece, c'è un
preciso periodo di riposo dopo ogni contrazione. Quando
batte al ritmo moderato di settanta pulsazioni al minuto, il
292
cuore lavora in realtà soltanto nove ore su ventiquattro. In
totale, si riposa per periodi completi di quindici ore piene al
giorno.”
Durante la seconda guerra mondiale, Winston
Churchill, alla fine dei sessant'anni e agli inizi dei settanta,
fu in grado di lavorare sedici ore al giorno, anno dopo
anno, dirigendo lo sforzo bellico dell'impero britannico. Un
record fenomenale. Il suo segreto? Lavorava a letto ogni
mattina fino alle undici, leggendo relazioni, diramando
ordini, facendo telefonate e tenendo colloqui importanti.
Dopo pranzo andava a letto di nuovo e dormiva per un'ora.
Alla sera andava a letto ancora una volta e dormiva per due
ore prima di cenare alle otto. Non curava la fatica. Non
aveva bisogno di farlo. La preveniva. Dato cbe si riposava
di frequente, era in condizioni di continuare a lavorare,
fresco ed efficiente, fino alle ore piccole.
DALE CARNEGIE
Monsignor Tom Hartman è stato sacerdote per più di
vent'anni. Tutta la sua vita è stata dedicata al servizio di Dio
e del prossimo. Ogni giorno, consola i bisognosi, assiste gli
293
infermi, consiglia le anime turbate e cerca di portare le
persone più vicino a Dio. Ma le affaccendate giornate del
monsignore accusavano un lamentevole vuoto.
Una mattina suo padre telefonò in canonica. A
quell'epoca, Hartman era stato assegnato alla parrocchia di
St. James a Seaford, a Long Island. Suo padre aveva una
rivendita di liquori a Farmingdale. In tutta la sua infanzia e
adolescenza e in tutti i suoi anni di sacerdozio, Hartman non
ricordava che i suoi genitori avessero mai fatto
un'osservazione negativa su di lui. Ma quella mattina, al
telefono, la voce di suo padre aveva un tono lievemente
irritato.
"Tom, vorrei mettermi a sedere con te e parlare di una
cosa," annunciò.
“Ma certo,” assentì Hartman, e quindi i due fissarono
un incontro.
Quando alla fine si incontrarono, suo padre manifestò
immediatamente il suo pensiero: "Tom," confessò, “tua
madre e io ti ammiriamo. Sentiamo sempre parlare del buon
lavoro che fai e siamo molto fieri di te. Ma penso che
trascuri la tua famiglia. Capisco che hai aiutato una quantità
di persone nella tua vita, ma molte di loro vanno e vengono.
294
I tuoi genitori invece non ti abbandoneranno mai. Quello che
non va è che quando ci telefoni, ci chiedi sempre di fare
qualcosa per te. Sembri semplicemente troppo preso per
avere il tempo di parlare.”
Sul momento Hartinan si sentì preso alla sprovvista.
“Be', papà," obiettò, “da ragazzo ti ho preso a modello.
Quando facevi l'agricoltore, lavoravi settanta ore alla
settimana. E devo dire che ti ammiravo. Così, vedi, ho
cercato di fare come te."
Ma suo padre non sembrava convinto. “Quello che non
capisci, Tom, è che il tuo lavoro è più duro di quanto fosse il
mio. Il mio era fisico. Si trattava di produrre frutta e ortaggi.
E poi tornavo a casa ed ero presente per la mia famiglia." Il
sacerdote non sapeva che dire e si sentì sollevato quando suo
padre aggiunse che in realtà non chiedeva nessuna risposta lì
su due piedi. "Voglio soltanto che tu ci rifletta sopra,"
precisò suo padre.
Monsignor Hartman rimase così turbato dalla
conversazione che cancellò il resto dei suoi appuntamenti
per la giornata. Poi decise di telefonare ai suoi parrocchiani.
Riferì in seguito quello che scoprì con quelle telefonate.
"Con ciascuno di loro il colloquio è stato all'incirca di tre o
295
quattro minuti, e tutti hanno detto più o meno la stessa cosa:
'Che cosa vuole?' E’ stato allora che ho dovuto ammettere
che mio padre aveva ragione."
Anche un uomo con una vocazione che gli richiede di
mantenere una giusta visione delle cose e l'equilibrio, ebbe
bisogno di qualcuno che gli ricordasse che - almeno in una
piccola parte della sua vita - non metteva in pratica quello
che predicava. Questo è un errore che tutti compiono di
tanto in tanto.
E d'importanza vitale per tutti noi dare equilibrio alla
nostra esistenza, fare posto a cose diverse dal lavoro. Questo
non ha come unico risultato una vita più felice e più
soddisfacente. Quasi inevitabilmente, rende le persone anche
più ricche d'energia, più concentrate sul loro obiettivo e più
produttive sul lavoro.
Walter A. Green, il presidente della Harrison
Conference Services, paragona una vita equilibrata e
produttiva a uno "sgabello con parecchie gambe”. Sono in
troppi, è convinzione di Green, ad avere una vita a una sola
dimensione. Sono concentrati dodici ore su ventiquattro
sulle loro carriere.
296
“Nella mia esperienza, troppo spesso quest'ottica
unidimensionale continua per l'intera vita,” deplora Green.
"Quello che io raccomanderei è che la vostra vita sia uno
sgabello con parecchie gambe, con una dimensione per la
vostra famiglia, un'altra per i vostri amici, le vostre
occupazioni, la vostra salute. Ho visto molti esempi di
persone sulla trentina, sulla quarantina e sulla cinquantina le
cui professioni avevano deluso le loro aspettative. Questo
significa grossi dispiaceri per coloro che hanno avuto una
vita simile a uno sgabello a una sola gamba.”
Questo è un problema anche per persone baciate dal
successo. “A un certo punto della tua vita,” continua Green,
"hai bisogno di qualcos'altro. E’ possibile cominciare a
sviluppare amicizie e interessi dopo la mezza età. Ma guarda
un cinquantenne che impara ad andare in bicicletta!" E’ uno
spettacolo pietoso.
Soltanto oggi si è arrivati a comprendere pienamente
l'importanza dell'equilibrio per le persone e per le aziende
per cui lavorano. Attualmente, imprese gestite bene di tutto
il mondo cercano di aiutare i loro dipendenti a dare alle loro
vite un autentico equilibrio.
297
Nella sede newyorchese della Tiger Management
Corporation, una finanziaria con filiali in tutto il mondo, una
palestra perfettamente attrezzata è stata installata proprio
accanto all'ufficio del presidente. Tutti gli impiegati della
Tiger sono incoraggiati a servirsene.
"Adesso la palestra la rifacciamo, tre volte più grande,"
annuncia con fierezza il presidente della Tiger, Julian H.
Robertson Jr. "A quanto pare, tutti i giovani vengono qui
dopo il lavoro. Il fatto che vengano qui invece che nei centri
sportivi sparsi per la città è per noi motivo di enorme
soddisfazione. Qui dialogano fra loro. Si scambiano idee.
Tutto questo è senz'altro una buona cosa per noi.” E
ovviamente è una buona cosa anche per loro: dal punto di
vista fisico e da quello psicologico.
“Non credo che sia possibile essere un grande manager
o un grande dirigente senza essere una persona completa,"
osserva Andrés Navarro, il presidente della SONDA. Egli fa
un paragone calzante: “Per essere un atleta, poniamo un
lanciatore di giavellotto, non basta avere un braccio
fortissimo. Bisogna che l'intero corpo sia forte."
E se volete essere un grande leader, è necessario che
tutte le parti della vostra vita siano forti e integre. "Vede,"
298
prosegue Navarro, "un bravo dirigente che prende decisioni
importanti e che fa una barca di soldi nell'azienda ma non va
d'accordo con sua moglie, con i suoi figli e col prossimo in
generale, è privo di una parte d'importanza cruciale della
vita. Se vuoi crescere ed essere un buon leader, devi essere
un uomo completo o una donna completa. E la parte più
importante è la tua famiglia.”
Richard Fenstermacher della casa automobilistica Ford
sostiene la stessa idea con i suoi dipendenti. “Noi diciamo
alle nostre maestranze: 'Le vostre vite sono bidimensionali.'
Se trovate tutta la vostra identità alla Ford, questo vi crea un
problema perché avete una responsabilità anche verso la
vostra famiglia.”
Innegabilmente, la maggior parte dei moderni dirigenti
non raggiungono sempre un equilibrio perfetto. Non è facile
far volteggiare in aria tutte le palle quando sono tante. La
tendenza consueta per gli ambiziosi è di mettere il lavoro al
primo posto. Esso semplicemente sembra molto più urgente,
molto più pressante, molto più importante.
Fred Sievert della New York Lifè Insurance Company
deve vedersela con una serie diversa di pressioni, ma
ammette candidamente che anche lui trova difficile venire a
299
patti con tutti gli interessi contrastanti della sua vita. “Ogni
giorno lotto per trovare un equilibrio nella mia vita,"
confessa. “Potrei letteralmente passare tutte le mie ore di
veglia al lavoro e dopo un anno non avrei ancora imparato
tutto quello che vorrei. E’ molto difficile.”
Certo, lo è. Arrivare a una ragionevole spartizione del
tempo fra lavoro e tempo libero “è la grande sfida”, è
convinto Ray Stata, della Analog Devices. Ma è una sfida
che vale la pena di affrontare.
John B. Robinson Jr. del gruppo finanziario Fleet si è
reso conto dei vantaggi che provengono da una felice vita
familiare. "Non c'è mai stato il minimo dubbio nella mia
mente su quello che è più importante per me," assicura. Un
titolo altisonante? Un lauto stipendio? Opzioni in borsa?
Una casa in campagna? "Quello che è più importante per
me, a lungo termine, è la mia famiglia: me stesso, mia
moglie e i miei figli."
Che cosa significa questo in pratica? “Io cerco di
mantenere un senso di quello che è giusto ed equo, e se mi
accorgo che dò troppo al lavoro e troppo poco alla famiglia,
mi dico: 'No, non accetterò di andare a quella colazione
d'affari, non voglio sacrificare la mia vita familiare."'
300
La maggior parte delle persone, se venissero
interpellate, probabilmente farebbero eco ai sentimenti di
Robinson. La famiglia è più importante. Avere tempo per lo
svago è d'importanza essenziale. Ma la maggior parte di loro
non traduce questo concetto in pratica. Non considerano
l'equilibrio come una priorità assoluta. Prendono l'abitudine
di rispondere alla pressione immediata del lavoro e
d'ignorare il piacere quotidiano e duraturo che nasce da una
vita personale soddisfacente.
Dopo aver avuto la sua rivelazione sulla propria vita
familiare, monsignor Hartman volle imparare a “sprecare”
del tempo. "Adesso cerco per un'ora al giorno di non fare
niente," spiega. "Spreco tempo con Dio, con gli altri, con la
natura, col mio lavoro. Questo ha trasformato il mio
sguardo. Ora vedo il rapporto che abbiamo gli uni con gli
altri. E immensamente importante non forzare le cose ma
apprezzarle.” Apprezzare la vostra famiglia, i vostri amici, il
vostro ambiente, voi stessi, qualsiasi cosa distacchi la vostra
mente dal lavoro.
Nella casa di Michael e Nancy Crom, nei dintorni di
San Diego, i sabati sono sempre riservati a questo. Mentre
Nancy si concede ancora qualche minuto di sonno, Michael
301
e la figlioletta Nicole preparano frittelle, la passione della
bimba. Poi i due escono in giardino, dove passano in
rassegna le pianticelle di fragole, innaffiano i fiori e danno il
becchime agli uccelli. Lui le racconta storie tratte dalla vita
di Nicky-Nicole e Belinda McIntosh, i personaggi fantastici
inventati da loro due.
“Lo facciamo ogni sabato, sia che io abbia fatto un
viaggio sia che sia stato in ufficio. Guardare la gioia che è
nei suoi occhi infonde gioia anche a me,” si compiace
Michael.
Wolfgang Schmitt della Rubbermaid fa una passeggiata
con la sua famiglia quasi tutte le sere. "E’ insolito che non
esca a fare quattro passi. Se i nostri figli maggiori sono in
casa, vengono con noi. Il piccolo viene sempre con noi
perché vive in famiglia. Stiamo fuori per quaranta minuti,
un'ora, quanto ci pare, semplicemente andando in giro. Lo
facciamo quali che siano le condizioni del tempo."
Schmitt si fa anche un dovere di passare del tempo da
solo. “Il semplice fare qualcosa di fisico è una terapia.
Rastrellare foglie, tagliare legna, piantare alberi. Qualsiasi
attività fisica è terapeutica.”
302
Bill Makahilahila dedica ogni giorno un po' di tempo a
se stesso: anche se ciò significa alzarsi alle tre di mattina.
Così spiega questa sua pratica del risveglio antelucano:
“Sono indaffaratissimo tutto il giorno. Di solito mi trattengo
qui fino alle sette o alle otto di sera, e so che devo essere qui
la mattina. Non so come, ma ho preso l'abitudine di entrare
in uno stato di meditazione profonda di prima mattina. C'è
un tale silenzio che posso rilassarmi, creare, leggere o
riflettere sulla mia giornata."
I benefici sono immediati. “Quando ho fatto questo,"
confida, “mi sento inondare dalla pace della mente e dalla
fiducia in me stesso, anche in mezzo ai problemi più
impegnativi che, come so, dovrò affrontare quel giorno.”
David Luther fa Jogging. Inoltre va in vacanza con sua
moglie e i suoi figli quattro volte all'anno. Si dedicano allo
sci o alla vita all'aria aperta su una spiaggia. Egli bada bene
di leggere cose che non abbiano niente a che fare col lavoro,
e quando tutto il resto non lo placa completamente, "esco,
vado a sedermi sul ponte e osservo il volo degli sparvieri."
Una volta che avete analizzato in che modo riuscite a
godere il vostro tempo libero, portate un po' di questo spirito
303
nel lavoro. Chi ha detto che l'ufficio dev'essere un luogo
deprimente?
Non alla Ford, di sicuro. Là è stato consentito alla
frivolezza di salire fino agli uffici della dirigenza. "Quando
assumiamo qualcuno,” spiega il direttore del marketing
Richard Fenstermacher, "gli regaliamo un orologio con
l'immagine di Topolino. In ufficio facciamo una festicciola,
e qualcuno tiene un discorso. In sostanza dice: 'Non c'è
bisogno che lei passi venticinque anni in questa azienda per
avere in dono un orologio. Ecco qua il suo orologio. Quando
lo guarda, vogliamo che le ricordi che deve divertirsi mentre
lavora. Ecco perché c'è sopra Topolino."'
Tom Saunders fa del diletto un'altra priorità della sua
banca d'affari internazionale, la Saunders Karp & Company.
“Noi ci permettiamo di perdere un po' di tempo per
rilassarci, ci facciamo quattro risate raccontandoci delle
storie o prendendoci in giro a vicenda. Io sfotto loro, loro mi
sfottono ancora di più. Non facciamo che stuzzicarci. Ce la
spassiamo. Non ci prendiamo troppo sul serio."
Il giornalista televisivo Hugh Downs ha fatto suo il
venerando metodo di churchilliana memoria di rilassarsi di
tanto in tanto durante la giornata lavorativa e gli ha dato la
304
sua impronta personale. "La cosa che ho in comune con i
grandi uomini - l'unica - è che riesco a dormire per periodi
brevissimi e poi sentirmi riposato," assicura. "Posso sedermi
su una sedia e mettermi a dormire per tre, cinque minuti, e
svegliarmi come se mi fossi fatto una notte di sonno. Spesso,
quando per il resto sono completamente pronto, dico:
'Svegliatemi due minuti prima del momento di andare in
onda,' e vado a ritirarmi nel mio camerino. E loro entrano a
svegliarmi due minuti prima dell'inizio della trasmissione. Io
esco e faccio lo show.
“Questo fa ridere mia moglie. Dice: 'Se tu fossi
condannato a morte e il plotone di esecuzione ti aspettasse
fra due ore' ti faresti un pisolino nella prima ora e
affronteresti il problema nella seconda.' Probabilmente è
vero. Se non potessi farci niente in quella prima ora, riterrei
opportuno schiacciare un pisolino.”
Quello che è sempre opportuno - in ufficio, in casa, per
strada, dovunque vi capiti di trovarvi - è mantenere un reale
equilibrio nella vostra vita. Come avverte John B. Robinson
Jr. del gruppo finanziario Fleet: “Ci sono molti modi di farsi
coinvolgere in attività esterne. Ogni volta che vi fate
coinvolgere in interessi estranei al lavoro, il senso di
305
equilibrio è importante, che essi riguardino la chiesa, la
comunità o la scuola. Io semplicemente cerco di evitare gli
estremi, credo."
Il cantautore Neil Sedaka aveva a Brooklyn due amici,
una giovane coppia che aveva una grande ambizione ma
amava anche divertirsi. Col passare degli anni raggiunsero
entrambi un enorme successo professionale ed economico,
ma persero qualcosa durante il cammino. Persero l'equilibrio
che una volta dominava le loro vite. Sedaka s'ispirò a loro
quando scrisse la canzone, che diventò un formidabile
successo, The Hungry Years (Gli anni famelici).
"Essi lottarono per arrivare alla vetta," ricorda Sedaka.
"Successo e denaro. Ma quando finalmente furono arrivati,
scoprirono che provavano nostalgia dei tempi degli inizi,
quando abitavano in un vecchio quartiere e ponevano le basi
per una vita in comune.
“Uno pensa: 'Voglio quella casa da cinque milioni di
dollari.' Ma poi, quando finalmente riesce ad averla e vi si
trasferisce, dopo un paio di mesi si chiede: 'Tutto qua?' Si
sente la nostalgia di quegli anni, di quando si facevano
quelle cose insieme. Si è perso parte del piacere e
dell'equilibrio che si avevano nella vita." Non c'è niente di
306
sbagliato nel successo materiale, ma esso da solo non basta a
rendere la vita felice.
Come potete cominciare a dare equilibrio alla vostra
vita? Il primo passo consiste nel cambiare il vostro
atteggiamento. Dovete smettere di pensare al tempo dedicato
alla vostra famiglia, all'attività fisica o al tempo libero come
a del tempo sprecato. Le persone di successo spesso sentono
il bisogno di scusarsi per il tempo libero. Cercano di
sbarazzarsi di questo pensiero. Rilassamento non è unà
brutta parola.
Questo porta al secondo passo nel processo: dovete
trovare tempo per attività ricreative. La maggior parte di noi
è decisamente troppo impegnata nel lavoro. Forse è venuto il
momento di rivedere le priorità. Prendete la decisione di
dedicare tanta energia alla pianificazione del vostro tempo
libero quanta ne dedicate alla pianificazione delle vostre
giornate lavorative.
Il terzo passo è agire. Fate qualcosa. Fatevi coinvolgere
in attività che non siano correlate al lavoro. Esse vi
renderanno più felici, più sani, più concentrati, e, di
conseguenza, dei leader migliori.
307
PRESTAZIONI COSTANTEMENTE ELEVATE
DERIVANO
DA UN EQUILIBRIO FRA LAVORO E SVAGO.
308
14
CREARE UN ATTEGGIAMENTO MENTALE
POSITIVO
Una volta mi fu chiesto in un programma radiofonico
di esporre in tre frasi la lezione più importante cbe avessi
mai imparato.
Fu decisamente facile. “La lezione più importante che
abbia mai imparato,” dicbiarai allora, “è la straordinaria
importanza di quello che pensiamo. Se sapessi quello che tu
pensi, saprei che cosa sei, percbé sono i tuoi pensieri a
renderti quello che sei. Cambiando i nostri pensieri, noi
possiamo cambiare le nostre vite.”
Io oggi sono convinto oltre ogni dubbio che il massimo
problema che voi e io dobbiamo affrontare - anzi, quasi
l'unico problema che dobbiamo affrontare - è quello di
scegliere i pensieri giusti. Se possiamo fare questo, siamo
sulla buona strada per giungere alla soluzione di tutti i
nostri problemi. Marco Aurelio, il grande filosofo che
governò l'impero romano, compendiò questa verità in dieci
parole, dieci parole cbe possono decidere il nostro destino:
309
“La nostra vita è quella cbe viene creata dai nostri
pensieri.”
Sì, se abbiamo pensieri felici, saremo felici. Se abbiamo
pensieri tristi, saremo tristi. Se abbiamo pensieri dominati
dalla paura, saremo dominati dalla paura. Se abbiamo
pensieri malsani, probabilmente ci ammaleremo. Se
pensiamo al fallimento, certamente falliremo. Se ci
crogioliamo nell'autocommiserazione, ciascuno vorrà
evitarci.
Sto forse esortando a un atteggiamento alla Pollyanna
verso tutti i nostri problemi? No. Purtroppo, la vita non è
semplice come nella storia di Pollyanna. Ma io esorto - e
con la massima energia - ad assumere un atteggiamento
positivo anziché uno negativo.
DALE CARNEGIE
Denis Potvin era l'uomo più odiato del Madison Square
Garden. Dal momento in cui, quella sera, il capitano dei
New York Islanders cominciò a pattinare sul ghiaccio, fu
assalito da una bordata di buuu. E non solo.
310
Al Madison Square Garden, la squadra di hockey dei
New York Rangers, i rivali degli Islanders, giocava in casa.
La potenza di Potvin sul ghiaccio, il suo temperamento
grintoso e il suo pirotecnico stile di pattinatore avevano fatto
di lui il giocatore che i tifosi dei Rangers più amavano
odiare.
"La situazione si era fatta così preoccupante che i miei
compagni di squadra non sapevano che fare,” ricorda Potvin.
"Negli spogliatoi, prima dell'ingresso in campo, alcuni di
loro cercavano di dire: ‘Be', usciamo e battiamoli stanotte.'
Vedevo che stavano per dire qualcosa. Ma poi stavano zitti.
Cosa si può dire a uno che è il personaggio più odiato del
palazzo dello sport e lo resterà ancora per due ore e mezzo?”
La maggior parte dei compagni di squadra di Potvin non
disse nulla.
"Ricordo quella serata," racconta Potvin. "Io ero in
piedi sulla linea azzurra, pochi istanti prima dell'inizio della
partita. A quei tempi era consuetudine che il palazzo venisse
oscurato per l'inno nazionale. Facevano uscire un cantante e
dirigevano il fascio di luce di un riflettore su di lui e sulla
bandiera.” Non lo fanno più prima delle partite di hockey al
311
Madison Square Garden. Il motivo va ricondotto a quella
serata.
“Ero là in piedi. Mi ero tolto il casco, come facevo
sempre. E i tifosi dell'altra squadra hanno cominciato a
lanciare oggetti. Ho sentito qualcosa sfiorarmi l'orecchio. Mi
ha mandato brividi per tutto il corpo. Non sapevo cosa fosse,
ma avevo paura. Avevo davvero paura. Quando le luci sono
tornate, mi sono mosso sui pattini e ho guardato. Era una
pila da nove volt, quelle grosse, tonde, scagliata da qualcuno
sugli spalti.” Per poco non aveva colpito Potvin sulla testa.
In quel momento, l'asso dell'hockey aveva due
possibilità di scelta. Avrebbe potuto arrendersi di fronte a
tanta ostilità. C'erano letteralmente migliaia di scalmanati
che gli urlavano il loro odio. Avrebbe potuto abbandonare il
campo per la paura e per la collera, oppure avrebbe potuto
giocare davanti a quella folla inferocita e forse pericolosa.
Scelse di giocare. Affrontò coraggiosamente l'arena
nemica e trasformò quelle vili minacce in una sfida
personale. Convertì quel l'energia negativa e la usò per
alimentare un'incredibile forza positiva. Fu questo che scattò
nella mente di Potvin.
312
"E’ stata quasi una benedizione,” commenta,
ripensando a quella serata campale. "Quella sera ho giocato
al meglio. E, da allora in poi, ho sempre giocato al meglio al
Garden. Ero incredibilmente motivato perché il mio unico
modo di rispondere a quegli invasati era quello di vincere
proprio al Garden.
“Quando mi sono impadronito del disco, è stato un coro
di buuu. Tiro in rete, coro di buuu. Vado a sbattere contro un
giocatore, buuu. E la cosa ha cominciato a piacermi. A
piacermi molto. Di colpo, è diventato qualcosa di più grande
di me. E il Madison Square Garden è diventato l'unico posto
nell'intera Lega nazionale di hockey dove, nello stesso
istante in cui entravo nel palazzo, ero pronto a giocare.
"Avevo di fronte Golia e io ero il piccolo Davide, là in
mezzo al campo di ghiaccio. Ma avevo il controllo della
situazione più di chiunque altro nell'intero palazzo. Avrei
sfruttato questa condizione. Ogni volta che fossi stato al
Garden avrei giocato mettendocela tutta.”
L'atteggiamento mentale. Il potere che abbiamo nelle
nostre menti. Il modo in cui la realtà può essere cambiataa
drammaticamente da un unico, solitario pensiero.
313
Sembra un po' difficile da credersi. “Formula pensieri
felici, e sarai felice. Formula pensieri di successo, e avrai
successo." Ovvero, come insegna il messaggio che scivola
fino a noi dal campo di ghiaccio del Madison Square
Garden, “trasforma l'alto muro di ostilità in una fonte di
energia positiva.” Dale Carnegie e Denis Potvin non
pattinarono mai insieme, ma entrambi compresero il potere
dell'atteggiamento mentale. No, noi non siamo quello che
mangiamo, come vorrebbe un antico adagio. Noi siamo
quello cbe pensiamo.
Contrariamente a quello che la maggior parte delle
persone vuole credere, di solito non sono le influenze
esterne a determinare la felicità personale. Ciò che conta è
come reagiamo a tali influenze, buone o cattive.
Marshall e Maureen Cogan raggiunsero un grande
successo finanziario e professionale. Lui era socio di una
grande banca d'investimenti di New York. Lei era una stella
nascente del giornalismo e sarebbe diventata caporedattore
della rivista Art & Auction. I loro tre figli frequentavano
scuole private, dove si facevano onore. I Cogan avevano uno
splendido appartamento in un condominio in città e si erano
appena costruiti una casa per l'estate a East Hampton. Era un
314
grande e moderno edificio in riva al mare, e per la sua
originalità attirava visitatori letteralmente da ogni parte del
mondo. La casa vinse parecchi premi di architettura e design
e figurò sulle copertine di più di una rivista americana. E
sembrava che piacesse immensamente ai piccoli Cogan non
meno che ai loro genitori.
Poi arrivarono i guai. Marshall, sempre più stufo del
suo lavoro in banca, a un certo punto decise di mettersi in
proprio. Nonostante le grandi aspettative e l'incoraggiamento
da parte di colleghi e amici, la sua nuova attività
commerciale non decollò mai. Il suo ingresso nel mondo
degli affari si dimostrò per niente tempestivo: proprio
all'inizio, di una recessione. Quasi dalla sera alla mattina,
l'iniziativa in cui Marshall aveva investito tutti i suoi
risparmi si rivelò un fallimento. In quanto ai profitti sperati:
zero. Per colmo di sfortuna, il colpo finale. Proprio nel
momento più critico della sua lotta per salvarsi dal disastro,
si prese l'epatite, che l'inchiodò al letto, a casa, per più di un
mese.
I direttori delle banche di cui Marshall era cliente si
mostrarono pieni di comprensione personale, ma furono
irremovibili nella loro richiesta: "Deve vendere la casa
315
nuova.” Egli non riusciva a sopportare questa prospettiva, e
non sapeva come comunicare la notizia a sua moglie. Non
aveva idea di come lei avrebbe reagito o di come avrebbero
reagito i figli.
Non avrebbe dovuto preoccuparsi. "Allora venderemo
la casa, ecco cosa faremo,” decise Maureen.
Così, i Cogan vendettero la loro casa, con tutti i mobili
che conteneva, fino all'ultimo. Non gli restava che fare i
bagagli con la biancheria e i giocattoli dei bambini, spegnere
le luci e chiudere a chiave la porta.
"Dovremmo portare là i bambini," Maureen suggerì a
Marshall il giorno prima dell'arrivo dei nuovi proprietari.
"Possiamo dare a ciascuno una grossa borsa per
l'immondizia per metterci dentro tutti i loro giocattoli, così
ci riportiamo in città tutta quella roba.”
Marshall non pensava che fosse opportuno. “Non
voglio che i bambini assistano al trasloco," obiettò. “Loro
devono starne fuori. Ci penseremo noi due."
"Invece devono venire a East Hampton," ribattè
Maureen, “così vedranno cosa significa essere a terra.
Bisogna che capiscano, perché dovranno essere testimoni
316
della tua ripresa, e devono capire che se un giorno gli
capiterà la stessa cosa anche loro potranno riprendersi."
Messisi d'accordo, i due montarono in macchina coi
figlioletti e tornarono a East Hampton. I piccoli svuotarono
le loro stanze e i loro genitori raccolsero gli abiti e pochi
altri effetti personali. Quando venne il momento di partire,
rimasero insieme per un attimo sui gradini e poi Marshall
chiuse a chiave la porta.
La famiglia risalì in macchina per rientrare in città. Fu
allora che Maureen parlò in tono pacato a Marshall:
"Guardiamo pure in faccia la situazione," disse. "Non
andremo in vacanza ai Caraibi. Non andremo più nella
nostra casa di East Hampton. La vita continua.”
E poi parlò anche ai bambini: “Ecco, non abbiamo più
la nostra casa. Però abbiamo un bell'appartamento. Siamo
insieme. Papà sta di nuovo bene e fra poco si rimetterà in
affari. Tutto andrà a posto."
E fu così infatti. I bambini non dovettero cambiare
scuola. Quell'anno riuscirono perfino ad andare al
campeggio estivo. Poco dopo Marshall iniziò una nuova
attività, con buoni risultati. Ma la cosa più importante di
317
tutte risultava che era stata impartita una lezione, una
lezione che tornò preziosa quasi vent'anni dopo.
Spiega Maureen: "Il mio figlio maggiore fece uno
scivolone. Iniziò un'attività commerciale che dovemmo
interrompere per impedirgli di fallire. Fu un duro, pubblico
scacco per lui, e lui era giovane, aveva soltanto venticinque
anni. Ricordo che gli chiesi: 'Come ti senti?' E lui rispose:
'Sono a terra. Fra qualche mese sarò obbligato a chiudere.'
Non voleva affrontare il fallimento; voleva saldare i suoi
debiti, chiudere l'esercizio e mollare tutto.
"Ma poi aggiunse: 'Ricordo quando è successa la stessa
cosa a papà, e me la caverò bene. Supererò questo. So che
posso farcela perché ho osservato voi, e ricordo.'”
Dunque, come potete sviluppare questo tipo di
atteggiamento? Come potete mutare le vostre reazioni di
fronte a queste forze esterne?
Rendetela consapevolmente una priorità. Pensateci ogni
giorno. "Quando posiamo i piedi a terra la mattina," avverte
Stanley R. Welty Jr., presidente della Wooster Brush
Company, “determiniamo una buona o una cattiva giornata
controllando i nostri processi psicologici. In questa giornata
ci godremo la vita oppure no.
318
"E con tutto il dovuto rispetto per le forze esterne che
tutti noi dobbiamo affrontare nella vita e nel lavoro, anche
nelle situazioni più frustranti sta a noi in larga misura
stabilire che tipo di giornata sarà. Dunque, ridiamo della
situazione in cui siamo, se è il caso di farlo. Ci sono delle
volte in cui non rimane che alzare le mani e mettersi a
ridere.”
Il
buonumore
è
d'importanza
vitale.
Non
dirnentichiamo mai che questo semplice elemento aiuta a
mantenere l'ottica giusta. Welty è dello stesso avviso:
“Guardate le cose in prospettiva," consiglia. "Quando
sembra che non vadano bene, rilassatevi, prendete tempo.
Pensate a quello che sta succedendo e alla vostra reazione
del momento. Assumete un certo distacco dalla situazione e
pensate alla prossima mossa da fare."
Ci sono centinaia di cose che possono irritarci,
preoccupard o turbarci. Non permettiamo che abbiano il
sopravvento. Non lasciamoci abbattere dalle piccole cose.
"Quando sull'autostrada hai davanti a te un tizio che
non ti lascia passare, ci sono solo due cose che puoi fare,"
osserva Ted Owen, direttore del San Diego Business
Journal, che come la maggior parte dei sudcaliforniani passa
319
un'enorme quantità di tempo al volante. "Puoi inveire contro
quell'automobifista e fargli qualche gesto osceno, Oppure
puoi stringerti nelle spalle e dirti: 'Ma quello è pazzo! Se
continua a guidare così finirà male.' Nessuno dei due
approcci avrà un grande effetto sul tempo che ci metterete
per raggiungere l'ufficio. Il fare spallucce per questo banale
motivo d'irritazione vi farà arrivare là con un atteggiamento
mentale più lieto e più produttivo. Potrebbe addirittura
aggiungere un paio di anni alla vostra vita."
Owen non nacque con questo atteggiamento distaccato,
tollerante e positivo nei confronti della vita. Una volta, anzi,
aveva un temperamento teso e irritabile, ma con l'andare
degli anni si rese conto del suo potenziale autodistruttivo.
Quando gli fu chiesto di dirigere il Business Journal, dove
avrebbe dovuto esprimere spesso commenti sull'operato di
altri giornalisti, decise che avrebbe fatto meglio a superare le
sue difficoltà caratteriali.
“La maggior parte di noi tende a reagire, a volte in
modo esagerato," fa notare Owen. “Da quando ho comindato
questa attività, non sono mai stato irritato sul lavoro. Mi è
capitato d'irritarmi altrove, ma mai sul lavoro." E gli altri
reagiscono come non hanno mai reagito prima.
320
Dopo anni di lotte, le cose stavano finalmente andando
per il verso giusto per Mary Kay Ash. Si era risposata. I figli
erano diventati grandi. Lei e suo marito avevano risparmiato
abbastanza da poter avviare una piccola casa di cosmetici,
un sogno che essa aveva accarezzato per anni.
Poi il suo sogno per poco non svanì. “Il giorno prima
dell'apertura di quest'azienda," ricorda la Ash, "mio marito è
morto per un attacco di cuore al tavolo da pranzo. Avrebbe
dovuto badare lui all'amministrazione della ditta. Io non so
assolutamente niente di amministrazione, neppure oggi.
Ogni singolo centesimo era impegnato. Avevamo soltanto
cinquemila dollari, i miei risparmi personali. Sembra molto
poco, ma probabilmente equivale a cinquantamila dollari di
oggi.
“Il giorno del funerale non avevamo tempo da perdere.
Mi sono seduta al tavolo coi miei due figli maschi e con mia
figlia per decidere sul da farsi. Dovevo piantare tutto quanto
o continuare? Tutti i miei sogni sembravano infranti."
Ma Mary Kay Ash credeva troppo in se stessa per
arrendersi. Suo figlio Richard, che aveva solo vent'anni, si
offrì di fare quello che poteva. "Mamma.” annunciò, "mi
trasferisco a Dallas per aiutarti."
321
Lei aveva i suoi dubbi. "'Sai che affare!' ho pensato.
Adesso dovrei consegnare i risparmi di una vita a un
ventenne? Magari sarebbe riuscito a sollevare casse troppo
pesanti per me. Non sapevo neanche se fosse capace di
vedersela con un'ordinazione. Insomma, prima di allora era
stato soltanto uno dei ragazzini che avevo dovuto tirare su
da sola."
Ma non era da lei lasciarsi sopraffare dai dubbi. Non è
una che si lasci sconfiggere facilmente. Così, procedette
nell'impresa. "La ditta ha aperto i battenti. Proprio il giorno
dopo, come aveva promesso, Richard si è trasferito a Dallas
tenendo al braccio quella che da due mesi era la sua sposina.
Gli avvocati mi ammonivano: 'Perché non va direttamente al
bidone della spazzatura per buttarci i quattrini? Tanto, non
ce la farà mai.' E delle pubblicazioni che venivano da
Washington ci dicevano quante ditte di cosmetici fallivano
ogni mattina."
Il suo atteggiamento positivo le fece superare tutte le
difficoltà. Essa semplicemente continuava a dirsi: “Sono
convinta che i miei collaboratori mi aiuteranno a creare
quest'impresa. Sono convinta di potercela fare e sono decisa
322
a tentare." Non sorprende che la Ash, con un atteggiamento
del genere, abbia avuto successo.
Questi sentimenti positivi e fiduciosi non solo ci
aiutano a ottenere di più. Fanno anche sì che altre persone
vogliano associarsi a noi. Tutti noi reagiamo agli
atteggiamenti degli altri. E’, per questo che la gente si sente
attratta da chi affronta la vita con un atteggiamento positivo.
Noi vogliamo circondarci di amici o collaboratori che siano
felici e produttivi e che non si lascino scoraggiare facilmente
dalle difficoltà. Un fatto altrettanto prevedibile, in qualsiasi
gruppo, è che chi non fa che lamentarsi si crea il vuoto
intorno.
Perché questo? L'atteggiamento mentale si comunica
agli altri, sia esso buono o cattivo. Questo è un concetto
fondamentale, che chiunque oggi voglia essere un leader di
successo deve ricordare. Esistono pochi altri fattori
stimolanti più potenti di un atteggiamento positivo.
Tutti noi conosciamo organizzazioni dove un'ampia
percentuale di dipendenti è infelice: come mai si sono ridotti
così? Lentamente, un dipendente alla volta. Un leader deve
lottare contro il propagarsi di questo scontento, sostituendo
323
continuamente i sentimenti e gli atteggiamenti negativi con
altri positivi.
David Luther imparò l'importanza del concentrarsi sul
positivo e dell'ignorare il negativo da un intelligente
esponente sindacale di Detroit, un uomo che rappresentava i
lavoratori in uno stabilimento che produceva automobili
Lincoln e Thunderbird.
"Un impianto gigantesco, con una produzione
qualitativamente di prim'ordine,” riferisce Luther. “Questo
uomo si è alzato e ha detto: 'Ho fatto il cambiamento quando
ho cominciato a occuparmi del novanta per cento che diceva
sì invece che del dieci per cento che diceva no.' Questa
considerazione è molto saggia perché gran parte del
contenzioso sindacale ha al centro quel dieci per cento che è
sempre contro. La gente dice sempre: 'Bene, convinciamoli.'
Lui invece la sapeva più lunga. Ha deciso: 'Questo sistema è
sbagliato. Io voglio lavorare con quel novanta per cento che
vuole progredire.' Ed è questo che ha fatto: un approccio
quanto mai razionale.”
Luther ha sviluppato questa filosofia alla Corning.
“Alla fine," argomenta, "posso tirare dalla mia alcuni degli
altri, certo. Ma intanto quel novanta per cento è pronto a
324
seguirmi. Stanno là fuori disposti a tutto. Sono in attesa, e il
motore è acceso. Non ha senso stare bloccato qua cercando
di convincere gli altri quando la grande maggioranza è fuori
in attesa, pronta a salire a bordo.”
Uno dei compiti più importanti di un leader, quindi, è
quello d'instaurare un clima positivo e fidudoso, mostrando
agli altri che il fallimento non è neppure una possibilità.
Quando Giulio Cesare attraversò la manica dalla Gallia
e sbarcò nell'odierna Inghilterra, che cosa assicurò il
successo del suo esercito? Una mossa assai scaltra: egli fece
fermare i suoi soldati sulle bianche scogliere di Dover. Essi
abbassarono lo sguardo fino ai flutti, oltre trecento metri più
in basso, e videro che ciascuna delle navi che li aveva
trasportati attraverso il braccio di mare era stata incendiata.
Così, erano là, completamente isolati nel paese del
nemico: il loro ultimo legame col continente era stato reciso,
e i loro ultimi mezzi di ritirata se ne stavano andando in
fumo. Cos'altro avrebbero potuto fare se non avanzare?
Cos'altro avrebbero potuto fare se non vincere? Cos'altro se
non battersi con tutte le forze che nutrivano i loro cuori? Ed
è precisamente questo che fecero.
325
Un atteggiamento positivo non è importante solo in
situazioni di conflitto come questa, dov'era questione di vita
o di morte e dove l’atteggiamento dei soldati venne
determinato dalla disperazione. E’ anche il segreto per
costruirsi una vita felice e una carriera di successo. E’ la
pietra angolare dell'attitudine al comando.
Questo è perlomeno quello che il giornalista veterano
della ABC Hugh Downs crede. "Non c'è bisogno di venir
meno all'obbligo della gentilezza," ammonisce. Ricorda un
uomo con cui lavorò in televisione: un tipo aggressivo ed
esageratamente ambizioso. Tra quasi un caso patologico.
Cercava di fare la sua scalata approfittando degli altri e,
come io dico, 'aprendo a calci porte aperte'."
L'uomo fece in effetti dei progressi iniziali nella sua
carriera, ma durante la sua scalata monomaniacale si alienò
le simpatie dei colleghi, trattandoli come pezze da piedi, e
loro se la legarono al dito. Il loro risentimento fu unanime e
forte. Quando lui fece uno scivolone, come capita a ciascuno
di noi di tanto in tanto, semplicemente si fecero da parte e
lasciarono che sbattesse il grugno.
“Io non ho mai sfondato, a calci una porta che mi apriva
delle opportunità,” avverte Downs. E allora come ha fatto ad
326
arrivare così lontano? Invece della via dell'ambizione
aggressiva, ha scelto quella della pazienza e dell'attenzione
concentrata. “Devi stare bene all'erta," consiglia, "così che
se la porta si apre tu possa precipitarti dentro. Se cerchi di
aprirla a furia di calci, è facile che rimbalzi indietro di scatto
e ti spacchi la faccia. Questo è successo due o tre volte
all'uomo di cui parlavo. Ho sempre pensato che non sia
questo il sistema giusto. Bisogna invece stare in campana
per approfittare di qualsiasi occasione si presenti."
A lungo termine, questo atteggiamento si è dimostrato
enormemente vantaggioso per Downs, e ha indotto i suoi
collaboratori a lavorare con impegno per il suo successo.
“Una delle cose che mi sono più care mi è stata regalata da
Toni Murphy." Murphy era presidente della Capital Cities
ABC. "Non ricordo in quale occasione me l'abbia data.
Credo che sia stato per il mio cinquantenario di attività per
la radio. Mi ha donato un orologio con un'iscrizione che
diceva - suona scandalosamente adulatoria -, comunque
diceva: 'Le persone gentili non finiscono ultime.'
"Non avrei potuto ricevere un complimento più
lusinghiero. Il sentimento è sincero, e mi spiace per chi è
convinto di dover abbandonare un approccio civile al mondo
327
per poter giungere al successo. Se quel genere di tattica
porta in una qualsiasi misura al successo, di solito esso è
temporaneo. Alla fine le sue conseguenze sono molto
dolorose, e durante l'arrampicata ci si procura una tremenda
quantità di nemici."
E non ci si può godere la scalata.
TRAETE FORZA DA CIO’ CHE E’ POSITIVO
E NON FATEVI INTRALCIARE
DA CIO CHE E’ NEGATIVO.
328
15
IMPARARE A NON PREOCCUPARSI
Una sera di molti anni fa, un vicino suonò il
campanello di casa mia e raccomandò a me e alla mia
famiglia di farci vaccinare contro il vaiolo.
Era soltanto uno delle migliaia di volontari che
andavano di porta in porta nell'intera New York. Cittadini
terrorizzati facevano la coda per ore per farsi vaccinare. Le
vaccinazioni venivano praticate non solo in tutti gli ospedali
ma anche nelle caserme dei pompieri, nei commissariati e
nei grandi complessi industriali. Più di duemila fra medici e
infermieri lavoravano febbrilmente giorno e notte,
vaccinando moltitudini di persone. A New York si erano
registrati otto casi di vaiolo: due mortali. Due decessi su
una popolazione di quasi otto milioni di abitanti.
Ora, io ero vissuto a New York per moltissimi anni, e
nessuno era mai venuto a suonare il campanello di casa mia
per mettermi in guardia da quella malattia emotiva che è
l'ansia: una malattia che, nello stesso lasso di tempo, è stata
diecimila volte più nefasta del vaiolo.
329
Nessuno mi ha mai avvertito che una persona su dieci
tra quelle che attualmente vivono negli Stati Uniti soffrirà di
esaurimento nervoso, provocato nella gran maggioranza dei
casi da preoccupazioni e problemi emotivi.
Così, ora scrivo questo capitolo per suonare il
campanello di casa vostra e avvertirvi.
Vi prego d'incidere nei vostri cuori queste parole di
Alexis Carrel. “Coloro che non sanno combattere l'ansia
muoiono giovani.”
DALE CARNEGIE
Negli anni trascorsi da quando Dale Carnegie fece
queste considerazioni, abbiamo imparato a curare e anche a
prevenire molte delle malattie che maggiormente
preoccupavano l'umanità. Senza dubbio negli anni a venire
cureremo molte delle malattie che ci preoccupano oggi. Ma,
in quanto a quella malattia paralizzante che è l'ansia, non
abbiamo fatto, a quanto pare, quasi nessun progresso. I suoi
effetti devastanti non hanno fatto che peggiorare.
Questo è vero soprattutto nell'odierno e tumultuoso
mondo degli affari. Scorpori, fusioni, acquisizioni e
330
ristrutturazioni aziendali. Ridimensionamenti, licenziamenti,
prepensionamenti, tagli alle spese e improvvisi inviti a
liberare le scrivanie. Messa in liquidazione, mobilità lunga,
cassa integrazione. Riduzioni dell'organico, riduzioni
d'orario. La produzione che tira di più è quella delle ulcere.
Aziende che una volta erano considerate solide come
sequoie vengono a trovarsi squassate fin dalle radici.
Innumerevoli altre, grossi nomi negli annali della storia
degli affari, sono state tagliate a pezzi e portate via. Interi
livelli medi di management volaftilizzati: quale manager di
livello medio non se ne preoccuperebbe? Società che si
disfano di divisioni allo stesso modo in cui i serpenti si
disfano della pelle vecchia: quale capo divisione non se ne
darebbe pensiero? Una nuovissima genia di pirati aziendali,
bramosi di mettere le mani su aziende con capitali
disponibili: quale funzionario, in precedenza certo della sua
inamovibilità, non si sentirebbe correre un brivido lungo la
schiena?
Certo, i cambiamenti sono stati necessari. Di alcuni se
ne avvertiva da tempo l'esigenza. La lampante verità è
questa: le aziende che non si mantengono agili e
competitive, che non sono creative e flessibili, che non si
331
muovono più rapidamente della concorrenza, sono i
dinosauri del nostro tempo. E sono destinate alla stessa fine.
Ma il cambiamento provoca ansietà e stress. Rende
nervosa la gente. La rende preoccupata. E questo è naturale.
Molte delle convinzioni che una volta erano considerate
incrollabili - convinzioni su cui gli individui costruivano le
loro vite professionali - si rivelano non più tali. Certamente è
naturale sentirsi un tantino insicuri.
La maggior parte dei pazienti che una volta entrava
nello studio del dottor Marvin Frogel, uno psichiatra, voleva
parlare di problemi familiari: dissidi coniugali, difficoltà coi
figli, risentimenti per il modo in cui venivano educati.
Ovviamente, le persone si preoccupano ancora di questo
genere di disagi. Ma oggi un numero molto maggiore dei
pazienti di Frogel è tormentato da preoccupazioni attinenti al
lavoro.
"La gente è terrorizzata dalla prospettiva di perdere il
lavoro," nota il dottor Frogel, che ha lo studio a Great Neck,
a New York. “E’ un fenomeno che non avevo mai
riscontrato. I pazienti vengono da me letteralmente tremando
per la paura di perdere il posto.
332
“E i posti effettivamente vengono meno, uno dopo
l'altro, a raffica. Le teste cadono. Arrivano i programmi di
prepensionamento. Poi i licenziamenti. Chi ha un posto non
sa se l'avrà ancora il giorno dopo.”
"Prendiamo la IBM,” spiega Earl Graves, direttore della
rivista Black Enterprise. Negli ultimi anni il colosso
dell'informatica, un tempo invincibile, ha subito drastici cali
delle ordinazioni, poiché il suo primato è stato messo in
pericolo da piccole aziende in America e altrove. “Non
significa che non supererà mai più la crisi. Ma se la IBM
licenzia personale qua e là per il paese, significa che non
sarà mai più la stessa azienda. Le acque sono tempestose, e
così la gente si chiede: 'Dove devo cercare la mia felicità?'
Chi lascia la IBM scopre che la vita non è finita. Prima
pensa di aver avuto le ali tarpate, ma poi scopre di poter
volare ancora.
Nel lasciare l'IBM pensa di non poter volare fuori dal
nido, invece può farlo."
Quando Dale Carnegie cominciò a rivolgere la sua
attenzione al problema dell'ansietà, il mondo era ancora
nella morsa della Grande Depressione. Poteva vedere rughe
di apprensione segnare i volti dei suoi allievi e amici.
333
“Col passare degli anni," scrisse, "mi sono reso conto
che l'ansia era uno dei problemi più gravi che gli adulti
dovevano affrontare. Un'ampia maggioranza dei miei allievi
erano uomini d'affari - funzionari, venditori, tecnici,
amministratori, uno spaccato di tutte le attività commerciali
e professionali - e la maggior parte di loro aveva dei
problemi. Ai corsi partecipavano anche donne: donne in
carriera e casalinghe. Anche loro avevano alcuni problemi.
Chiaramente, quello che mi serviva era un manuale sulla
lotta all'ansietà. Cercai di trovame uno.
“Andai nella grande biblioteca pubblica fra la Quinta
Avenue e la Quarantaduesima Strada e scoprii con stupore
che aveva in catalogo solo ventidue libri sotto la voce ansia.
Notai anche, divertito, che aveva ottantanove volumi sotto la
voce vermi. I libri sui vermi superavano di quasi nove volte i
libri sull'ansia. Sbalorditivo, non vi pare?
"Dato che l'ansia è il più grave problema che l'umanità
deve affrontare, non vi sembra logico, vi chiedo, che ogni
scuola secondaria e ogni università del paese tengano un
corso sui metodi per debellare l'ansia? Eppure, se esiste
anche un solo corso del genere nell'intero paese, io non ne
ho mai avuto notizia."
334
Carnegie dedicò sette anni alle letture e agli studi
sull'ansia. Intervistò tutti i principali esperti del tempo. Lesse
ogni libro sull'ansia su cui poté mettere le mani, la maggior
parte dei quali si rivelarono densi trattati di psichiatria o testi
per altri motivi inadatti come guide pratiche. Non si limitò a
leggere e a studiare. Si affidò a quello che definì il suo
"laboratorio per vincere l'ansia": le lezioni per adulti che
teneva quasi tutte le sere.
Da tutto questo lavoro di ricerca scaturì un libro
sull'ansia e sullo stress: How to Stop Worrying and Start
Living (Come vincere lo stress e cominciare a vivere),
pubblicato nel 1944. Per la prima volta in assoluto, le
tecniche fondamentali per superare l'ansia venivano esposte
in modo semplice e diretto. Esse sono state aggiornate e
rivedute molte volte nel corso degli anni, tenendo conto del
sorgere di nuove cause di ansia.
Imparate queste tecniche. Applicatele ogni giorno.
Quasi certamente, otterrete un maggior controllo sulla vostra
vita. Proverete meno stress, meno ansia. Alla fine, vi
troverete mentalmente e fisicamente più sani.
335
Vivere in comparti a dimensione giornaliera
I servizi finanziari della filiale di San Diego, in
California, della Chase Manhattan Bank erano in fase di
stanca. L'ufficio prestiti aveva già un disavanzo di nove
milioni di dollari per quell'anno. La tensione cresceva fra gli
impiegati della sezione. E Becky Connolly, la capufficio, era
così preoccupa ta che faceva fatica a dormire la notte.
Allora, decise di provare a introdurre un sistema di vita
a comparti a dimensione strettamente giornaliera. “Sentite,”
chiarì al personale, "questo è sempre stato un settore ad
andamento ciclico. I prestiti sono sempre affluiti a ondate.
Limitatevi a concentrarvi sulla vostra attività quotidiana,
sulle telefonate dei clienti, sul servizio ai clienti e sulla
promozione. Ci tireremo tutti fuori da questa crisi." I
risultati? Una forza lavoro più felice, più produttiva e ben
presto l'attività dell'ufficio prestiti riprese vigore.
E sconcertante pensare a quanta energia va sprecata per
il futuro e il passato. Il passato è chiuso e il futuro non è
ancora arrivato. Per quanti sforzi possiamo fare, siamo nella
totale incapacità d'influire sull'uno o sull'altro. C'è soltanto
336
un tempo in cui possiamo veramente vivere. Questo tempo è
il presente. Questo tempo è l'oggi.
"Voi e io," scrisse Dale Carnegie, "siamo situati in
questo preciso secondo al crocicchio e punto d'incontro fra
due eternità: il vasto passato che dura da sempre e il futuro
proiettato verso l'ultima sillaba del tempo. E’ escluso che noi
possiamo vivere nell'una o nell'altra di queste eternità: no,
neppure per una frazione di secondo. Se cerchiamo di farlo,
possiamo andare incontro alla rovina dei nostri corpi e delle
nostre menti. Dunque, accontentiamoci di vivere l'unico
tempo che ci è concesso di vivere: quello che va da adesso
all'ora di andare a letto.”
Rammentatevi questo e non tormentatevi per quello che
avrebbe potuto essere. E non lasciatevi prendere dall'ansia
per quello che potrà o non potrà succedere in qualche spazio
futuro del tempo. Concentrate invece la vostra attenzione
sull'unica dimensione in cui potete fare qualcosa di positivo:
la realtà della vita d'oggi.
Allora, basta coi piagnistei, basta col pessimismo.
Certo, pensate al domani e imparate dall'ieri. Fate i vostri
progetti e cercate di migliorare facendo tesoro delle
esperienze passate. Ma, mentre fate questo, ricordate che il
337
futuro e il passato sono le due cose che nessuno può
minimamente cambiare.
Neil Sedaka imparò questa verità lapalissiana da sua
madre. "Diceva sempre: 'Prendi ogni giorno come un dono.
Cerca di convivere col buono e col cattivo, dando la
precedenza al buono.'"
E’ facile? “E’ una lotta costante," ammette Sedaka, “ma
io credo che si possa fare. Tutti noi abbiamo i nostri
problemi, e ogni giorno porta la sua pena. Sforziamoci di
rimuoverla. Dobbiamo farlo.” Lavorare nell'ambito del
presente. Mettere la propria energia, la propria attenzione, il
proprio impegno dove tutto questo conta: l'oggi.
E poi, mettersi al lavoro. Forse non immaginate quanto
può essere fatto in un singolo comparto a dimensione
giornaliera.
Come scrisse Robert Louis Stevenson, “chiunque può
portare il suo fardello, per quanto pesante possa essere, fino
al calar della sera. Chiunque può compiere il suo lavoro, per
quanto possa essere duro, per un giorno. Chiunque può
vivere dolcemente, pazientemente, con atteggiamento
amorevole, con purezza, fino al tramontar del sole. Ed è
questo l'unico vero significato della vita.”
338
Trarre conforto dalla legge delle probabilità
Theo Bergauer poté rendersi conto immediatamente che
qualcosa non andava. E’ il direttore generale della Karl
Bergauer & Co., la maggiore compagnia nel settore
dell'edilizia della Baviera settentrionale. La signora che da
molti anni gli faceva da segretaria sembrava trattenere a
stento le lacrime.
"C'è qualcosa che la turba?" le chiese.
Essa gli disse che suo figlio si era arruolato da poco. "Il
suo battaglione sarà il primo a essere inviato in terra
straniera per una missione umanitaria." Aveva cominciato a
divampare la guerra civile nella ex Iugoslavia, ed essa era
angosciata al pensiero che suo figlio potesse partire e
rimanere ucciso.
Bergauer non sapeva che dire, ma pensò per un attimo
alle probabilità. “Quante probabilità ci sono che il suo
battaglione venga mandato nella ex Iugoslavia?”
Circa una su cento, decisero.
Allora strinsero un patto. “Se questo uno per cento si
fosse realizzato," spiega Bergauer, "essa avrebbe potuto
339
preoccuparsi un po'. Ma fino ad allora non ci sarebbe stato
nessun motivo di preoccuparsi.”
Ponendovi semplicemente un solo interrogativo e
prestando attenzione alla risposta, qualunque possa essere,
allontanate una grossa porzione di ansietà dalle vostre vite.
L'interrogativo è questo: "Quanto è probabile che questo
succeda, a ogni modo?”
La maggior parte delle persone sprecano decisamente
troppo tempo preoccupandosi di cose che non succedono
mai. In effetti, gran parte di quello di cui la maggior parte
della gente si preoccupa non avviene. Vale la pena di
ricordarlo. "La mia vita," scrisse il filosofo francese
Montaigne, “è stata piena di terribili disgrazie, la maggior
parte delle quali non sono mai avvenute.»
Un utile espediente è quello di considerare le
probabilità matematiche che le cose che vi preoccupano di
più avvengano. E’ questo che l'autore di libri sul successo
Harvey Mackay ha fatto per la maggior parte della sua vita.
"Una volta che conoscete i fatti e stabilite le probabilità,"
insegna Mackay, "potete vedere la situazione nelle sue
giuste dimensioni."
340
Le probabilità che l'aereo su cui viaggiate precipiti:
forse una su centomila. Le probabilità che siate licenziati
quest'anno: forse una su cinquecento, una su mille. Le
probabilità sono presumibilmente ancora minori di queste.
Le probabilità che rovesciate una tazza di caffè sulla vostra
scrivania: va be', forse una su cento, ma chi se ne preoccupa
realmente?
Mackay fa un esempio: “Se qualcuno apre un negozio
concorrente proprio di fronte a voi, sembra terribile, vero?
Ma aspettate un minuto. Gli ci vorranno tre anni per
assestarsi completamente. Voi siete lì da trentadue anni,
avete tutta quell'esperienza, tutta quell'abilità e tutta quella
buona volontà. Dunque, quanto pensate che sia probabile
che quelli possano davvero danneggiarvi? Forza, fate il
calcolo delle probabilità. Probabilmente sono minori di
quanto avete immaginato in un primo tempo.
"Potete fare queste previsioni su ogni singola cosa,"
sottolinea Mackay. "Il taldeitali dovrà ritirarsi dagli affari? Il
talaltro riuscirà a tirarsi fuori? Cosa sta per succedere qua?
Chi sarà sindaco? Chi sarà eletto? Chi sarà nominato
assessore? E’ un gioco appassionante in cui cimentarsi. Non
vi fa scommettere i vostri soldi, ma vi aiuta a vedere le cose
341
nella giusta luce. Esercita la vostra acutezza di giudizio. Può
anche rendervi molto umili."
Cooperare con l'inevitabile
Per sei anni David Rutt era stato un funzionario della
Expediters International, un'agenzia d'import-export della
costa occidentale degli Stati Uniti. Poi si rese vacante il
posto di direttore del reparto importazioni.
"Purtroppo,” ricorda Rutt, "non ottenni la promozione.”
Avrebbe potuto reagire a questo scacco con l'amarezza.
Avrebbe potuto perdere interesse per la sua posizione. Ma
non lo fece. "Decisi di non crucciarmi per il passato e di
convertire questa perdita in un guadagno. Decisi di aiutare il
nuovo direttore in tutti i modi possibili durante i suoi primi
mesi difficili in quel reparto.”
Il guadagno? "Sono stato nominato da poco
vicedirettore delle importazioni.”
Seguite il consiglio di Rutt: non sprecate tempo ed
energia preoccupandovi delle cose che non potete
controllare.
342
“Chissà quante volte ho avuto preoccupazioni e motivi
di tensione e non avevo soluzioni per toglierli di mezzo,”
confessa Andrés Navarro. “Che fare quando da giovane
t'innamori di una ragazza che non ti ama? Non c'è una
soluzione per questo. Ti senti triste, ti senti respinto, ma
dopo un po' il problema semplicemente scompare. Non trovi
una soluzione. Semplicemente convivi con l'esperienza.”
Ogni giorno la nostra vita viene ostacolata da realtà
spiacevoli di vario genere. Alcune di esse siamo abbastanza
fortunati o abbastanza abili da cambiarle. Ma ci saranno
sempre problemi al di là della nostra portata.
Il crimine e la povertà, il numero delle ore in una
giornata, il fatto che altri esercitino un controllo su parti
importanti delle nostre vite: questi sono decisamente fatti
immutabili. Nonostante i nostri più energici sforzi,
nonostante le nostre idee più originali, nonostante tutta
l'assistenza di cui possiamo giovarci: malgrado tutto questo,
certe cose semplicemente non possiamo controllarle.
Che peccato, vero, che non siamo tutti padroni
dell'universo? Ed è un peccato che gli altri non facciano
sempre esattamente quello che noi vorremmo. Ma così è la
343
vita, e più presto impariamo ad accettare questo fatto, più
saremo felici e avremo successo.
Come sentenziò Mamma Oca:
Per ogni guaio dell'umanità
Ci sta un rimedio, oppure non ci sta.
Se c'è, vedi di trovarlo tu;
Se non esiste, non pensarci più.
Il vero trucco consiste nel saper distinguere i guai
riparabili da quelli irreparabili.
Ovviamente, non sono le circostanze a renderci felici o
infelici. E’ come noi reagiamo a esse. Ma, in realtà, non
abbiamo molta scelta circa l'accettare l'inevitabile.
L'alternativa è di solito una vita di delusione e di amarezza.
E’ quando cessiamo di lottare con l'inevitabile che
abbiamo il tempo, l'energia e la creatività di affrontare i
problemi risolvibili con le nostre forze. "Accetta di buon
grado le cose così come stanno," ammonisce Henry James.
"L'accettazione di quanto è successo è il primo passo per
superare le conseguenze di qualunque sfortuna.”
344
Dare un ”ordine di cessazione della perdita" per l'ansia
Come molti ospedali, lo Sharp Cabrillo ha attraversato
tempi difficili. La specialista Lori England si trovava nel
pieno di una grande ondata di licenziamenti ed era sicura
che presto sarebbe toccato a lei. L'intera situazione
lavorativa stava cominciando a renderla depressa.
Ma la dottoressa prese una decisione che impresse una
nuova svolta alla sua vita: non si sarebbe più preoccupata
del clima d'incertezza che regnava nell'ospedale. Avrebbe
invece cominciato a divertirsi con il suo lavoro.
Cominciò a insegnare tecniche riabilitative. Profuse un
maggior entusiasmo in altri aspetti del suo lavoro. Gli altri
cominciarono ad accorgersi dei suoi sforzi, specie perché
contrastavano con la depressa atmosfera circostante.
"A chi pensa che toccherà il prossimo licenziamento?"
chiede la England. "A qualcuno che è depresso e
preoccupato? Oppure a un elemento valido del personale,
che dà prova di entusiasmo in tutto quello che fa?"
Provate a porvi l'interrogativo che gli investitori di Wall
Street si pongono quando la borsa è in discesa: quanto sono
disposto a perdere in questo investimento? Nel caso di un
345
improvviso cedimento del mercato, fino a che punto lascerò
scendere questo titolo? A che punto mi deciderò a incassare
la punizione e a ritirarmi?
A Wall Strect questo è chiamato "ordine di cessazione
della perdita”. Il messaggio all'agente di borsa è questo:
vendi le azioni se il loro prezzo cala oltre la quotazione tot.
Accetterò la perdita, ma non ho intenzione di gettar via la
mia fortuna per una singola richiesta sbagliata.
Potete applicare lo stesso sistema all'ansia. Chiedetevi:
quanto vale in termini di ansia questo particolare problema?
Vale una notte insonne? Vale una settimana di ansia? Vale
per me un'ulcera? Dovrebbero essere ben pochi i problemi
che valgono questi gradi di ansia. Decidete in anticipo
quanta ansia vale la pena di sopportare per un determinato
problema.
Un lavoro in un'azienda mal diretta, un impiegato che si
rifiuta d'impegnarsi in un lavoro di gruppo, un fornitore che
presta un servizio scadente: ciascuna di queste situazioni
vale dell'energia, vale dell'ansia. Ma quanta? Questo sta a
noi deciderlo. Alla fine, potrà forse venire il momento in cui
direte
semplicemente:
"Chiediamo
all'agenzia
346
d'intermediazione un rimpiazzo,” o: “Concediamogli un
periodo di prova," oppure: "Mi passi la lista dei fornitori."
Nessun problema vale tutta l'ansia del mondo.
Vedere le cose in prospettiva
Per certe cose non vale assolutamente la pena
preoccuparsi. Sono semplicemente troppo insignificanfi. Il
vento mi scompiglierà i capelli? Il mio prato sarà verde
come quello del vicino? Oggi il mio principale mi ha
sorriso? La maggior parte delle volte semplicemente non
hanno la minima importanza. Eppure tutti noi conosciamo
persone che si sono amareggiate la vita per simili inezie.
Che spreco!
Certe cose nella vita rivestono una reale importanza.
Certe no. Potete - dimezzare le vostre preoccupazioni
imparando a distinguere le une dalle altre. E giocatore di
golf Chi Chi Rodriguez vedeva le cose in quest'ottica.
Al Northvifle Senior Classic, circa duecentocinquanta
spettatori si erano radunati per vederlo vibrare il colpo
iniziale. Le sue esibizioni erano sempre entusiasmanti.
347
Dietro il tee, il punto da cui inizia la gara di golf, c'era
un ragazzino su una sedia a rotelle. Nessuno gli prestava
molta attenzione, men che meno i giocatori professionisti
che avevano preceduto Rodriguez al tee. Le loro menti erano
rivolte
probabilmente
al
premio
in
palio
di
quattrocentocinquantamila dollari.
Qualche minuto prima del colpo d'inizio, Rodriguez
notò il ragazzo e gli si avvicinò per rivolgergli un saluto.
Prese dalla sua tasca un guanto da golf e lo posò sulla mano
del ragazzo. Questi lo prese con molta cautela, poiché la sua
mano era gravemente malformata. Poi Rodriguez tracciò il
suo autografo sul guanto e diede al ragazzo una palla. Il
volto del ragazzo s'illuminò di eccitazione e di gioia per
l'attenzione che quella star del golf gli aveva dimostrato.
L'atto di gentilezza di Rodriguez fu salutato da un forte
applauso da parte del pubblico. Questo, come fil evidente,
mise in imbarazzo il giocatore. Egli sollevò le mani e volse
gli occhi al cielo come per dire: “Non sono io a meritare
applausi. Qui i veri eroi sono questo ragazzo sofferente e i
suoi genitori.”
Anche se Rodriguez era concentrato sul torneo di golf,
si rendeva conto di quali possono essere le poste in gioco più
348
importanti nella vita. Farsi avanti per aiutare gli altri: è una
tecnica formidabile per combattere l'ansia.
Per finire: darsi da fare
Nulla distoglie la mente dalle preoccupazioni più del
fatto di tenerla occupata con qualcos'altro. E’ una tecnica
che gli attori di professione devono imparare in fretta.
“Quando vogliono affidarti una parte in un film
importante," è la testimonianza di Annette Bening, che ha
interpretato ruoli di rilievo in Bugsy, The Grifters e altri
film, "il periodo di attesa può durare mesi. Loro s'incontrano
con te. Poi se ne vanno. S'incontrano con altre attrici. Poi
tornano. S'incontrano di nuovo con te. Una cosa che ho
trovato utile è stata incominciare a lavorare sulla parte.
Mettermi realmente al lavoro. Una volta la sceneggiatura da
leggere era particolarmente lunga. Per combattere l'ansia che
mi veniva dal non sapere se sarei stata scelta oppure no, ho
deciso di lavorare su quella parte, e basta. Quella volta non
ho avuto la parte.”
Ma ne ottenne molte altre, e continuò a lavorare con
molta meno ansia di quanta ne provino molti attori. "Quando
349
non ottengo una parte, cerco semplicemente di passare oltre
psicologicamente, di non fissarmi su quella, di passare
all'interpretazione successiva."
Se vi accorgete che vi state preoccupando di qualcosa,
dedicatevi a un nuovo progetto. Sviluppate un nuovo
interesse. Fate qualcosa in cui credete. Concentratevi sulle
necessità altrui. Dandovi da fare, distoglierete la mente dai
vostri guai. Inoltre vi metterete al servizio degli altri, e
questo vi farà sentire più soddisfatti di voi stessi.
E se c'è un buon motivo per preoccuparsi?
Nonostante tutte queste belle tecniche per far cessare
l'ansia, avrete ancora problemi nella vostra vita. Succede a
tutti. Potete porre un ferreo "ordine di cessazione della
perdita" alle vostre preoccupazioni. Potete rammentare a voi
stessi come può risultare devastante tutto questo arrovellarsi.
Ma malgrado tutto avrete ancora dei problemi e dovrete
affrontarli in modo intelligente.
Ecco un utile approccio in tre fasi. Seguitele: è
straordinario come vi aiuteranno a vedere molto più
chiaramente i problemi che avete di fronte.
350
1. Chiedetevi: qual è la cosa peggiore che potrebbe
capitarmi? Per fortuna, all'atto pratico, la maggior parte dei
nostri problemi non sono questioni di vita o di morte.
Quindi, forse la cosa peggiore che vi capiterà sarà di perdere
un contratto importante. O di arrivare in ritardo a una
riunione. O di farvi rimproverare aspramente dal principale.
O di farvi sopravanzare da qualcuno e così farvi sfuggire
una promozione in cui speravate. Spiacevole? Decisamente
sì. Motivo di profonda ansietà per milioni di vostri simili?
Senza dubbio. Causa di morte? Probabilmente no.
2. Preparatevi mentalmente ad accettare il peggio, se
necessario. Ciò non significa essere proni e accettare di
buon grado il fallimento. Significa semplicemente che vi
diciate: sì, suppongo che potrei affrontare ques to evento se
proprio ci fossi costretto. E la verità è che possiamo quasi
sempre riprenderci anche dal "peggio”.
Non è divertente. Non c'è motivo di fingere che lo sia.
Ma, nello stesso tempo, perdere una promozione o essere
sgridati non è per nulla la fine del mondo. Quando ci
ricordiamo di questo - "Ehi, qual è il peggio che può
351
capitare?" - siamo certi di affrontare i veri problemi con un
atteggiamento molto meno nevrotico.
3. Poi lavorate con calma e con metodo per apportare
dei miglioramenti al peggio. Chiedetevi: cosa posso fare per
migliorare la situazione? Con quanta rapidità dovrei agire?
Chi potrà essermi di aiuto? Dopo che avrò fatto la prima
mossa, quale sarà la seconda, la terza, la quarta e la quinta
da compiere? Come posso valutare il successo delle mie
mosse?
Patty Adams, rappresentante del marketing per la TRW
REDI Property Data, si servi di questo metodo in tre fasi per
affrontare il terrore della sua vita. "Un giorno è squillato il
telefono,” ricorda la Adams, "era il peggiore dei miei incubi.
Il mio medico voleva che tornassi nel suo studio per rifare e
confermare le analisi." Cancro all'utero.
“Ero terrorizzata dalla paura dell'ignoto. Avrei perso la
mia femminilità o, peggio ancora, la vita stessa? Migliaia di
situazioni agghiaccianti mi sono passate per la mente. La
morte per ultima. Ho avuto conferma del tremendo verdetto,
e naturalmente ho accusato un completo crollo psicologico."
Chiamando a raccolta tutte le forze, affrontò le sue
paure e chiese al medico cosa sarebbe potuto capitarle di
352
peggio con una prognosi come la sua. La risposta fu:
"Intervento
chirurgico
con
conseguente
sterilità
irreversibile."
La Adams senti un tuffo al cuore. “A ventisette anni,”
confessa, "ero troppo giovane e piena di vita per accettare
una simile menomazione. Ma se non fossi stata operata sarei
morta."
Per non lasciarsi prendere dall'angoscia, considerò i
fatti. "L'intervento offriva un tasso di guarigione del
novantanove per cento. A questo punto ho riconosciuto che
anche se fossi stata operata, non sarei stata meno viva.”
Per diciotto mesi prese farmaci per combattere la
malattia: inutilmente. "Quando è venuto il giorno fissato per
l'operazione, mi sono rassegnata alla necessità di avere
fiducia e di non lasciarmi distruggere dalla paura. Mi sono
posta nell'atteggiamento mentale secondo cui avrei potuto
affrontare qualsiasi cosa la vita mi avesse portato.”
Venne operata. Fortunatamente, con una piccola perdita
di tessuto, guarì. "Quattro anni dopo," riferisce, “non ho più
nessuna cicatrice o cellula anomala. Ogni giorno affronto la
vita di nuovo."
353
CALMATE LE VOSTRE PREOCCUPAZIONI
E DATE ENERGIA ALLA VOSTRA VITA.
354
16
IL POTERE DELL'ENTUSIASMO
Il mio primo corso lo tenni a New York, alla sede
dell'YMCA della Centoventicinquesima Strada. Era una
piccola classe di meno di dieci uomini. Uno degli allievi, un
venditore della National Cash Register Company, fece un
discorso stupefacente. Disse che era nato e cresciuto nella
metropoli. Ma quell'autunno aveva acquistato una casa in
campagna. Era appena stata costruita, e non aveva né un
prato né un giardino. Decise cbe voleva un prato di
gramigna.
Durante l'inverno bruciò nel suo camino legno di noce
americano e ne sparse le ceneri sul terreno che aveva
destinato a prato. “Pensavo che bisognasse seminare per
ottenere questo tipo di erba. Invece no. Non c'è cbe da
buttare cenere di legno di noce americano in autunno, e in
primavera spunta la gramigna.”
Io rimasi sconcertato. “Se questo fosse vero,” gli feci
notare, “lei avrebbe scoperto quello per cui gli scienziati
banno lavorato invano per secoli. Avrebbe scoperto il modo
355
di utilizzare la materia morta e farle produrre materia
vivente. Ma questo semplicemente non lo si può fare. Forse
è stato il vento a trasportare sul suo terreno semi di
quell'erba. O forse c'era già cresciuta prima. Ma una cosa è
sicura: la gramigna non cresce da sola dalla cenere di noce
americano.”
Ero così sicuro del fatto mio che annunciai questa
verità in tono pacato e neutrale. Ma l'altro era eccitato. Si
alzò in piedi di scatto ed esclamò: “So quello che dico,
signor Carnegie. In fondo, l'ho fatto!”
E si profuse ampiamente sul tema, parlando con
entusiasmo, animazione e vigore. Quando finì, chiesi alla
classe: “Quanti di voi credono che questo signore possa
fare quello che dice di poter fare?”
Con mio stupore, ciascuno dei presenti alzò la mano.
Quando chiesi loro perché gli credessero, praticamente tutti
risposero: "Perché sembra assolutamente convinto di quello
che dice, per il suo tono entusiastico.”
DALE CARNEGIE
356
Se l'entusiasmo può indurre un gruppo d’intelligenti
uomini d'affari a ignorare le basilari leggi della scienza,
figuratevi quello che può fare se qualcuno dice cose sensate.
E’ questa l'essenza dell'entusiasmo: è contagioso e
produce una reazione negli altri. Ciò è vero in un'aula
scolastica, in una sala di consiglio e durante una campagna
elettorale. Lo è anche nel campo di ghiaccio dove si
cimentano i giocatori di hockey. Se non siete entusiasti di
un'idea o di un progetto, nessun altro lo sarà mai. Se i leader
non credono entusiasticamente nella direzione di un'azienda,
non aspettatevi mai che ci credano gli impiegati o i clienti o
Wall Street. Il miglior modo per rendere qualcuno entusiasta
di un'idea o di un progetto o di una campagna è quello di
esserne noi stessi entusiasti. E di mostrarlo.
Tommy Draffen aveva da poco cambiato lavoro ed era
stato assunto come venditore dalla società californiana
Culver Electronics Sales, che importa citofoni. Secondo una
vecchia consuetudine dell'azienda, questo significò una cosa
precisa: a Draffen fu consegnato un elenco di possibili
clienti che si mostravano ossi incredibilmente duri. C'era una
ditta in particolare che era stata una grossa cliente della
Culver ma poi, anni prima, l'avevano perduta.
357
"Avevo deciso di fare del suo recupero una sfida
personale," racconta Draffen. "Perciò dovevo convincere il
presidente della mia impresa che avremmo potuto riavere il
contratto. Lui non ne era così sicuro come me, ma non
voleva soffocare il mio entusiasmo, e quindi mi ha permesso
di far visita all'ex cliente.”
Draffen fece della stipula di questo contratto una sfida
personale. Offrì prezzi garantiti, consegne più rapide e
migliore assistenza. Assicurò al direttore dell'uffido acquisti
di quella ditta: “La Culver farà tutto quello che si renderà
necessario per soddisfare le vostre esigenze.”
Al suo primo incontro a quattr'occhi con questo
funzionario riuscì a sfoderare un irresistibile entusiasmo.
Entrò nell'ufficio con il sorriso dipinto sul volto e annunciò:
"Lieto di rifarmi vivo. Mettiamoci subito al lavoro insieme."
Non pensò una sola volta che non avrebbe concluso
quell'affare. Ignorò quasi il fatto che la sua ditta avesse già
perso quella commessa. Con un fare allegro, entusiastico,
convinse il cliente che la Culver era di nuovo pronta a
prestare i suoi servigi.
“Come ho saputo in seguito, il direttore dell'ufficio
acquisti ha rivelato poi al nostro presidente che l'unico
358
motivo per cui avevano preso in considerazione la nostra
offerta era stato il mio entusiasmo. Ci hanno fatto
l'ordinazione per mezzo milione di dollari all'anno.”
Prima di continuare sul tema dell'entusiasmo, chiariamo
una volta per tutte un diffuso malinteso. Parlare a tutto
volume non equivale a entusiasmo. Né battere i pugni sul
tavolo, o muoversi come, in preda al ballo di San Vito, o
comportarsi come un pazzo. Questa è scena. E si vede. Non
inganna nessuno. Quasi sempre è controproducente.
L'entusiasmo è uno stato d'animo che deve sgorgare
dall'infimo. Questo concetto è estremamente importante:
vale la pena di ribadirlo. L'entusiasmo è uno stato d'animo
che deve provenire da dentro. Non va confuso con
l'istrionismo o la declamazione oratoria.
Certo, l'accentuazione dei movimenti corporei e
l'elevazione del tono di voce accompagnano a volte un senso
interiore di entusiasmo. Ma chi indulge al piglio sovreccitato
quello di chi proclama: "Io sono fantastico, lei è fantastico,
noi siamo assolutamente fantastici quest’oggi!” – tanto vale
che si metta un distintivo con la scritta: “Sono un
impostore”.
359
“L’attitudine al comando si basa essenzialmente
sull’integrità e sulla credibilità,” sottolinea Ray Stata,
“Quindi devi essere creduto ed essere credibile. Devi essere
una persona che onora la parola data, una persona in cui gli
altri possano riporre fiducia. Sono convinto che questi sono i
presupposti indispensabili per un dialogo aperto; in loro
assenza, si ricava un’impressione di simulazione, di
manipolazione, di falsità o d’insensibilità.”
I veri entusiasti della storia hanno compreso
istintivamente questa verità. Negli anni cinquanta Jonas Salk
era entusiasta del fatto di aver creato un vaccino contro la
poliomielite? Certo che lo era. Aveva dedicato anni della sua
vita a questo obiettivo. Chiunque si incontrava con Salk
poteva leggere immediatamente il suo entusiasmo nella luce
che gli risplendeva negli occhi quando parlava della sua
ricerca, durante le sedute di dodici ore di fila che teneva nel
suo laboratorio. Salk è diventato forte d’ispirazione per due
generazioni di scienziati. Sì, l’uomo decisamente irraggiava
entusiasmo, ma non per questo si comportava da esaltato.
Ora dedica lo stesso entusiasmo alla ricerca di un vaccino
contro il virus HIV, quello che provoca l’AIDS.
360
Nel 1969 Neil Armstrong era altrettanto entusiasta della
sua passeggiata sul suolo lunare. Neppure il suo forte
accento dell’Ohio poté nascondere l’entusiasmo. “E’ un
piccolo passo per l’uomo,” annunciò, “ma un passo
gigantesco per l’umanità.” Non ebbe bisogno di urlare la
frase o di fare qualche passo di danza prima di tornare a
bordo dell’Apollo. Ma fu evidente che le sue profonde
parole traboccavano di entusiasmo.
Nel 1991, quando il generale Norman Schwarzkopf
capeggiò le truppe americane nella Guerra del Golfo, dava
forse un’impressione d’indifferenza? Tutt’altro. Non aveva
bisogno di sbraitare ai suoi soldati per fargli capire che
credeva nella loro missione. Chiunque poteva accorgersene
vedendo le notizie flash di cinque secondi trasmesse dalla
CNN.
Nessuno di questi grandi entusiasti era particolarmente
esagitato o vociante. Ma essi non hanno lasciato il minimo
dubbio sul loro atteggiamento emotivo nei confronti del loro
lavoro.
Il vero entusiasmo ha due componenti: ardore e
sicurezza. Dovete essere elettrizzati per qualcosa ed
esprimere fiducia nella vostra capacità di venirne a capo. Di
361
questo e nient’altro è fatto l’entusiasmo. Nutrite questi due
sentimenti verso un’azienda, un progetto o un’idea, e il
vostro entusiasmo sarà particolarmente contagioso. Voi
l’avrete. Altri capiranno che l’avete. Ben presto, anche loro
l’avranno. Garantito.
“L’entusiasmo è qualcosa che mi sorge sempre
naturalmente,” dichiara la ginnasta Mary Lou Retton.
“Semplicemente, sono una persona molto positiva e mi sono
sempre circondata di persone positive. Questo è importante
per me.”
Questo atteggiamento positivo è stato parte del segreto
della Retton quando, da giovane ginnasta di livello
mondiale, dovette sostenere cicli di allenamenti massacranti.
“Certe volte il mio allenatore, Bela Karolyi, era di cattivo
umore e molto severo in paestra. Io cercavo di mantenere
un’atmosfera positiva nella nostra squadra composta da
quattro o cinque ragazze. Ma se ce n’era anche una sola che
si sentiva depressa e diceva: ‘Non mi va di fare questo
esercizio,’ metteva a terra tutte le altre. Questo lo detestavo.
Si potevano avere dieci atleti nelle migliori condizioni di
spirito possibili, ma si aveva quell’unica ragazza, il morale
362
di tutta la squadra si abbassava. Quindi io cerco di tenermi
alla larga da persone del genere.”
“Circondatevi sempre di persone felici, di successo,”
concorda Harvey Mackay. “Io non mi lego a individui
negativi. Se i vostri amici e colleghi, e le persone che
conoscete o di cui leggete sono ottimisti, entusiasti, fiduciosi
e pieni di autostima, questo diventerà anche parte di voi.”
E’ quasi impossibile sottovalutare il potere
dell’entusiasmo. “Ogni grande e rispettato movimento
rappresenta il trionfo dell’entusiasmo,” disse una volta
Ralph Waldo Emerson. "Niente di grande è mai stato
compiuto senza di esso." Questo è stato vero per il
movimento per i diritti civili. Fu vero per la fondazione degli
Stati Uniti. E’ vero anche per tutte le grandi aziende di
oggigiorno.
L'entusiasmo è importante come le grandi capacità,
importante come il duro lavoro. Tutti noi conosciamo
persone che sono intelligenti e non combinano niente. Tutti
noi conosciamo persone che lavorano duro e non ottengono
nessun risultato. Ma altre lavorano indefessamente, amano le
loro occupazioni e trasmettono entusiasmo: esse sole hanno
successo.
363
Dale Carnegie chiese una volta a un amico, Frederick
D. Williamson, presidente della ferrovia centrale di New
York, come sceglieva i suoi quadri direttivi, i funzionari da
cui dipendeva il successo o il fallimento della sua impresa.
La risposta potrà sembrare a qualcuno sorprendente: "Le
differenze in fatto di efficienza, abilità e intelligenza fra
coloro che riescono e coloro che falliscono non sono né
ampie né straordinarie. Ma se due persone sono più o meno
ugualmente dotate, quella ricca di entusiasmo avrà maggiori
probabilità di riuscita. E quella con capacità di seconda
categoria ma con al suo attivo l'entusiasmo spesso ne supera
un'altra con capacità di prim'ordine ma priva di entusiasmo."
Il principale difetto dei test per la valutazione del
quoziente d'intelligenza è sempre stato che non misurano
l'entusiasmo o la spinta emotiva del soggetto. Quando questi
test furono introdotti, due generazioni fa, furono salutati
come un formidabile strumento di analisi. Misurando il
“quoziente d'intelligenza" di un soggetto, sarebbe stato
possibile prevedere con grande precisione che cosa avrebbe
potuto realizzare nella vita, o almeno questo sostenevano le
agenzie che fornivano tali test.
364
Ma la vita, purtroppo, non è così semplice. L'idea era
seducente specie in un'epoca in cui il mondo riponeva una
fiducia estrema nella scienza. Il business dei test
standardizzati prese piede. Le commissioni delle università
si affidavano pedissequamente ai test per decidere quali
candidati dovessero essere ammessi. Gli esperti di capacità
attitudinali delle scuole li usavano per indirizzare gli
studenti a lavori specializzati oppure più semplici. Negli
ambienti militari erano impiegati per decidere quali coscritti
avessero la stoffa per fare carriera nell'esercito e quali
andassero assegnati alle pulizie delle latrine.
Certo, l'intelligenza conta. C'è chi ne è dotato più di
altri, e questo gli facilita determinate cose. Lo stesso dicasi
per il talento creativo, o le capacità atletiche, o il timbro di
voce perfetto, o qualsiasi altra dote preziosa nella vita. Ma
questo talento grezzo e innato costituisce in realtà solo la
metà del quadro totale. L'altra metà dobbiamo crearcela da
soli.
Anche il personale dell'Educational Testing Service, la
società del New Jersey che fornisce molti degli attuali test
standardizzati, oggi bada bene a evidenziare quanto in realtà
siano incompleti i loro risultati. Le autorità accademiche
365
sono avvertite di non interpretarli troppo rigidamente. E’
infatti necessario tener conto di un'ampia gamma di altri
fattori: e l'entusiasmo personale è in cima all'elenco.
Anche Denis Potvin, già capitano della squadra dei
New York Islanders, da lui guidata alla vittoria di quattro
coppe Stanley, conosce bene l'importanza dell'entusiasmo.
"Quando dovevo andare in ritiro per gli allenamenti,"
ricorda, "avevo bisogno di sentirmi emotivamente
entusiasmato dall'hockey. Quindi non adottavo l'approccio
scelto da certi giocatori, quello di pensare che avrei dovuto
pattinare per l'intera estate. Pensavo invece il contrario: non
dovevo pattinare molto.
"Perciò quando andavo ad allenarmi non ero mai in
ottima forma come molti degli altri giocatori. Sapevo che
avrei dovuto lavorare ancora più duramente di loro per
raggiungere una forma smagliante. Ma il mio vantaggio su
di loro era che mi sentivo sinceramente entusiasta del fatto
di tornare a giocare a hockey. Ecco, era il quindicesimo
settembre della mia carriera di professionista e mi sentivo
come se fossi tornato ragazzino."
No, non è possibile simulare l'entusiasmo. Ma sì,
decisamente sì, è possibile crearlo, è possibile alimentarlo,
366
ed è possibile farlo agire a nostro vantaggio. Dale Carnegie
così spiegò questo processo: “Il modo per acquisire
l'entusiasmo è di credere in quello che state facendo e in voi
stessi, e voler giungere allo svolgimento di un compito
preciso. L'entusiasmo seguirà come la notte segue il giorno."
Come potete avviare questo processo? "Dicendo a voi
stessi che cos'è che vi piace in quello che state facendo e
passando rapidamente dalla parte che non vi piace a quella
che vi piace. Poi fate l'entusiasta. Parlatene con qualcuno.
Fategli sapere perché quello che state facendo v’interessa.
Se agite 'come se' foste interessati al vostro lavoro, questo
atteggiamento tenderà a rendere il vostro interesse reale.
Porterà anche ad attenuare la vostra fatica, le vostre tensioni
e le vostre preoccupazioni.”
L'entusiasmo è più facile da conseguire quando nella
vostra vita avete obiettivi reali, verso cui tendete con
genuino fervore. Accingetevi all'impresa, e l'entusiasmo
crescerà dentro di voi.
Svegliatevi la mattina e prendetevi un minuto per
pensare a qualcosa di piacevole che accadrà quel giorno.
Non è necessario che sia qualcosa di trascendentale. Potrà
trattarsi di una parte del vostro lavoro che vi dà sempre un
367
particolare diletto. Oppure di un incontro con un amico per
colazione. O di una scampagnata coi vostri cari, una
birra,con gli amici o un'ora di tennis o di danza aerobica.
Quale che sia questo evento piacevole, quello che conta
nella vita è questo: la vita non deve essere scialba o poco
interessante. Tutti noi abbiamo bisogno di mete e di obiettivi
da poterci prefigurare con un senso d'impaziente
anticipazione. Sono queste le cose che imprimono una spinta
in avanti alla vita. Chi ci riflette sopra anche per un
momento può sviluppare un modo totalmente nuovo di
vedere la vita. Può così liberarsi dalle abitudini inveterate in
cui si era fossilizzato. Vivrà, in altre parole, in modo
entusiastico. Quando fate questo, i risultati possono essere
realmente straordinari.
“Le moderne organizzazioni hanno più bisogno che mai
di una leadership entusiastica," è convinto Andrés Navarro.
"E quasi una definizione della leadership: la capacità di
trasmettere entusiasmo agli altri per un obiettivo comune. Se
volete che un gruppo, oggi o domani, provi entusiasmo e si
senta felice di lavorare a un progetto, è inutile scrivere un
ordine del giorno: 'A partire da domani ciascuno dovrà
368
dimostrare grande entusiasmo.'” E’ necessario che voi stessi
abbiate l'entusiasmo.
"Se non avete entusiasmo, è impossibile che lo possiate
trasmettere a qualcuno," prosegue Navarro. "Quindi se
volete cambiare l'ambiente, prima di tutto dovete cambiare
voi stessi. Se prima non cambiate, non potete neppure
cambiare i vostri figli. Se volete che vostro figlio giochi a
caldo con entusiasmo, l'entusiasmo deve partire da voi.
“L'entusiasmo è qualcosa che trasmettete attraverso gli
occhi, col vostro modo di muovervi, col vostro modo di
agire nell'arco della giornata, più che col vostro modo di
metterlo per iscritto in un memorandum. Credo che tutti noi
possiamo provare entusiasmo per qualcosa. Se non
avvertiste nessun tipo di entusiasmo, tanto varrebbe che
foste morti. Allorché scoprite che provate dell'entusiasmo
quando fate qualcosa, diverrà facile per voi sviluppare la
capacità di accingervi entusiasticamente quasi a qualsiasi
impresa.”
Avere entusiasmo quasi sempre assicura il successo.
Può essere difficile da credere, ma la semplice evidenza
suggerisce che questo è vero.
369
E’ facile capire che David Webb, presidente della Lever
Brothers Company, trabocca di entusiasmo, semplicemente
vedendolo uscire dal suo ufficio. Non è uno che si sgoli con
foga oratoria o un maestro delle strette di mano e dei
sorrisetti accattivanti. Ma il suo incedere, a testa alta, con
una luce di ottimismo negli occhi, è indice di uno spirito
positivo e gioioso. Potrà sembrare banale, ma questo
portamento sprigiona più forza di quanto la maggior parte di
noi immagini. E non avviene per caso.
"Gli altri cercano sempre di leggerti dentro in
ascensore,” ammonisce Webb. "Tu esprimi i tuoi valori,
quali che siano, ventiquattr'ore al giorno. Gli altri hanno una
buona memoria.
"L'ho imparato da un uomo che diventò il presidente
della Unilever, Sir David Orr. Gli sono succeduto in India.
Era direttore del marketing. Conosceva tutti quanti. Andò
ovunque. Noi abbiamo una formidabile rete di distributori.
Ogni volta che vai da un distributore, t'infilano una
ghirlanda di fiori intorno al collo. Ho girato per l'intera
India, e ho cercato disperatamente di trovare un distributore
da cui David Orr non si fosse recato di persona, un
distributore che non avesse qualche sua fotografia sulla
370
parete. Conosceva ogni venditore del paese." Era
l'entusiasmo di Sir David che tutti ricordavano.
Webb imparò questa lezione e non la dimenticò durante
la sua ascesa fino al vertice della Lever Brothers. "Mi sono
incontrato con ciascun venditore di questa azienda - ne
avremo circa settecentocinquanta - nei primi tre mesi di
attività. Tutti questi venditori mi conoscono. Sanno come
relazionarsi con me. Certe volte scherzo con loro, mi diverto
con loro. Mi piace la loro compagnia. Mi piacciono i
venditori e gli operai delle fabbriche. Non c'è nessuno che
non mi piaccia.”
Thomas Doherty era un funzionario della Norstar Bank
quando questa banca regionale fu acquisita dal gruppo
finanziario Fleet. Doberty rimase, dirigendo tutti gli affari
del gruppo Fleet per la regione di New York.
Comprensibilmente, molti dei suoi colleghi erano
estremamente nervosi per il cambio di proprietà. “E’
naturale, osserva Doherty. "Clienti, familiari e amici ti
chiedono: 'Come l'hai presa la faccenda della fusione?' Se ne
sei entusiasta, anche loro ne saranno entusiasti. Io penso che
il tuo atteggiamento e l'entusiasmo siano ciò che gli altri
cercano d’interpretare. Se ti metti la mattina alla tua
371
scrivania e hai la faccia lunga, gli altri si accorgono
immediatamente. Ma se sali sull'ascensore e dici buongiorno
a tutti come hai sempre fatto in passato, gli altri lo notano.
Pensano: perbacco, è entusiasta. Perché non provare a
scommettere nella fusione?"
Questo consiglio, naturalmente, presuppone che nel
vostro lavoro ci sia qualcosa che vi piace. Stabilirlo
realisticamente può richiedere un certo scavo interiore.
Anche se nella maggior parte delle attività lavorative ci sono
aspetti che possono piacere, non nascondiamoci la dura
realtà: ci sono certi lavori che sono semplicemente
sgradevoli, oppure semplicemente inadeguati al nostro
temperamento, alle nostre capacità o ai nostri obiettivi. Se vi
trovate in questa condizione, fate qualcosa per cambiarla.
Non raggiungerete mai il vero successo se non potete
provare entusiasmo per la vostra vita o per il vostro lavoro.
Molti sono rimbalzati da un lavoro all'altro prima di trovare
quello che gli andava a pennello. In questo non c'è niente di
cui vergognarsi. Quello che è vergognoso è che un dato
lavoro ci renda infelici e che non si cerchi di migliorarlo o di
trovarne un altro.
372
Se vi sentite annoiati dalla vita, anche tutti quelli che vi
circondano cascheranno dal sonno. Se siete sarcastici e
antagonisti, anche loro lo saranno. Se siete tiepidi, loro non
saranno mai calorosi.
Dunque, siate entusiasti. Osservate l'impatto che questo
esercita sulle persone che vi circondano. Esse diventeranno
più produttive e desiderose di seguirvi. Le passioni,
ricordate, sono più potenti delle fredde idee. E l'entusiasmo
sincero è contagioso.
NON SOTTOVALUTATE MAI IL POTERE
DELL'ENTUSIASMO.
373
CONCLUSIONE
DIVENTARE UN LEADER
Trattare con la gente è probabilmente il più grosso
problema che avete davanti a voi, specie se siete in affari.
Sì, e que sto è vero anche se siete una casalinga, un
architetto o un ingegnere. Una ricerca condotta sotto gli
auspici della Fondazione Carnegie per il Progresso
dell'Insegnamento ha scoperto un fatto estremamente
importante e significativo: un fatto successivamente
confermato da ulteriori studi compiuti presso il Carnegie
Institute of Technology. Queste indagini hanno rivelato che
anche in settori tecnologici come l'ingegneria, circa il
quindici per cento del successo finanziario di un operatore è
dovuto alle sue conoscenze tecniche e circa l'ottantacinque
per cento alle sue doti relative all'ingegneria umana: ovvero
alla personalità e alla capacità di guidare le persone.
DALE CARNEGIE
374
Guardate fuori dalla finestra. Osservate quale
cambiamento è avvenuto là fuori negli ultimi anni.
E’ esploso il boom postbellico. La competizione è
diventata globale. I consumatori si sono fatti più sofisticati.
La qualità è diventata un'esigenza primaria. Sono nate
industrie totalmente nuove e altre si sono adeguate ai tempi.
Alcune sono sempre più decadute fino a scomparire.
L'idea di due superpotenze militari oggi sembra quasi
storia antica.
Il blocco dei paesi dell'Est si è sgretolato. L'Europa
diventa di giorno in giorno sempre più unita. I paesi del
Terzo Mondo stanno cercando di farsi largo a gomitate sulla
scena economica. Il capitalismo moderno ha perso la
maggior parte del suo carattere protettivo e rassicurante, e
con esso la benedetta stabilità che per generazioni di uomini
d'affari aveva finito per essere data per scontata.
Dale Carnegie aveva previsto ciascuno di questi
cambiamenti? Naturalmente no. Nessuno avrebbe potuto
farlo in un mondo in così rapido mutamento.
Ma Carnegie ha fatto qualcosa di ancora più
importante. Ci ha lasciato un sistema eterno di principi di
relazioni umane che sono validi oggi come lo sono sempre
375
stati in passato. E, come si sta vedendo, essi sono adeguati in
modo incomparabile al mondo moderno: un mondo
altamente ansiogeno, in corsa vertiginosa e insicuro.
Guardate le cose dal punto di vista dell'altra persona.
Offrite con sincerità apprezzamento e lode.
Imbrigliate il formidabile potere dell'entusiasmo.
Rispettate la dignità degli altri.
Non assumete un atteggiamento apertamente critico.
Accordate alle persone un'alta stima in modo che se ne
mantengano all'altezza.
Mantenete un senso di soddisfazione e di equilibrio
nella vostra vita.
Tre generazioni di allievi e di uomini e donne d'affari
hanno tratto beneficio da questa saggezza basilare. Altri ne
stanno traendo beneficio ogni giorno.
Non dovrebbe sorprendere che i principi di Carnegie
siano senza tempo. Essi non sono mai stati radicati nella
realtà di un momento particolare, realtà sicuramente
destinate a incessanti mutamenti. Camegie collaudò i suoi
principi per troppo tempo e con troppo impegno per
376
incorrere in questo errore. Le mode vengono e vanno nel
corso degli anni. Le quotazioni di borsa salgono e scendono.
La tecnologia avanza sempre più in fretta. I partiti politici
vincono e perdono. E il pendolo dell'economia oscilla come
l'orologio di un ipnotizzatore: tempi buoni, tempi difficili,
tempi buoni, tempi difficili...
Ma le intuizioni di Carnegie erano solide. Dovevano
soltanto essere applicate. Si basavano su fatti fondamentali
della natura umana, e così la loro essenziale verità non è mai
venuta meno. Erano valide all'alba dei tempi. In questa
nuova era di continui cambiamenti sono altrettanto valide.
Solo che oggi si avverte un bisogno senza precedenti dei
principi di Carnegie: come di tutto ciò che è valido.
Dunque, applicate queste lezioni e tecniche basilari.
Ricorretevi nella vostra vita di tutti i giorni. Usatele con i
vostri amici, familiari e colleghi. Valutatene i risultati.
I principi di Carnegie non richiedono una laurea in
psicologia umana avanzata. Non necessitano di anni di
riflessione e di meditazione. Tutto quello che richiedono è
pratica, energia e un reale desiderio di cavarsela meglio nel
mondo.
377
"Le regole che abbiamo qua formulato non sono mere
teorie o congetture," ha detto Dale Carnegie dei principi da
lui insegnati per tutta la vita a milioni di persone.
"Funzionano come per magia. Per quanto possa sembrare
incredibile, ho visto l'applicazione di questi principi
letteralmente rivoluzionare le vite di molti."
Quindi prendete a cuore queste parole, e scoprite il
leader che è in voi.
378
RINGRAZIAMENTI
Un libro come questo non può essere creato da uno o
due autori che lavorano insieme. Il presente volume si è
valso della generosa e preziosissima assistenza di molte
persone di talento, fra cui J. Oliver Crom, Arnold J.
Gitomer, Marc K. Johnston, Kevin M. McGuire, Regina M.
Carpenter, Mary Burton, Jeanne M. Narucki, Diane P.
McCarthy, Helena Stàh1, Willi Zander, Jean-Louis Van
Dorne, Frederic W. Hills, Marcella Berger, Laureen
Connelly ed Ellis Henican. Esprimiamo a tutti loro la nostra
gratitudine.
Il nostro profondo apprezzamento va anche al costante
sostegno che ci è stato fornito dall'intera organizzazione
Dale Carnegie: sponsor, manager, istruttori, allievi dei corsi
e il team del Ministero dell'Interno.
Per finire, questo libro si basa in misura rilevante sulle
esperienze di vita vissuta di alcuni dei leader di maggior
successo di tutto il mondo. Questi uomini e donne
appartengono a molte discipline, fra cui il mondo degli
379
affari, l'ambiente accademico, quello dello spettacolo e
quello della politica. Tutti ci sono stati prodighi del loro
tempo, dei loro ricordi edelle loro intuizioni. A loro va gran
parte del merito per la realizzazione di quest'opera.
380
C'è un segreto per avere successo nella vita? E possibile
imparare a vincere paura e insicurezza, migliorare il nostro
atteggiamento nei confronti degli altri e conquistare la
simpatia di chi ci circonda? Gli autori di Scopri il leader che
è in te dimostrano che tutti possiamo imparare l'arte di
comunicare e di stabilire con gli altri rapporti felici e
durevoli. La ricetta è semplice e infallibile: credere
fermamente in se stessi e nelle proprie capacità. In ognuno
di noi, infatti, si nascondono quelle qualità che,
opportunamente coltivate, possono rivoluzionare la nostra
vita e permetterci di realizzare le più riposte ambizioni,
facendo di noi delle persone di successo e degli autentici
leader.
Proseguendo nell'opera di Dale Carnegie unanimemente riconosciuto come un grande maestro delle
relazioni umane -, Stuart R. Levine e Michael A. Crom,
eredi del suo pensiero e alti dirigenti della Dale Carnegie &
Associates Inc., ci indicano concretamente, grazie alla loro
esperienza e alla loro conoscenza degli uomini, quali sono i
passi da compiere per raggiungere il successo e la felicità.
Impareremo sotto la loro guida a ottenere il rispetto degli
altri, ad abbandonare gli atteggiamenti intransigenti e
381
antagonistici e ad affrontare con tranquillità e fermezza ogni
problema e difficoltà, acquisendo un completo controllo di
noi stessi. Queste, infatti, sono le qualità peculiari di un vero
leader, che deve saper sempre trovare nuovi stimoli e
motivazioni per sé e per chi gli sta vicino ed essere pronto a
comunicare il proprio entusiasmo con decisione e
immediatezza. Applicando i principi espressi in Scopri il
leader che è in te non avremo bisogno di una preparazione
specifica per raggiungere le mete che ci siamo prestabiliti,
ma soltanto di un autentico desiderio d'imparare: spesso il
successo si ottiene con l'applicazione costante dei propri
convincimenti e con una grande determinazione.
382
La Dale Carnegie & Associates Inc. è l'associazione che
si occupa di diffondere in ogni paese le teorie di Dale
Carnegie, autore di grandi best-seller internazionali, tutti
pubblicati presso Bompiani, Come vincere lo stress e
cominciare a vivere, Come godersi la vita e lavorare meglio,
Come trattare gli altri e farseli amici e Come parlare in
pubblico e convincere gli altri. Ogni settimana, più di
tremila persone nel mondo si iscrivono ai corsi
dell'associazione, a cui si aggiungono i tre milioni e mezzo
di allievi che si sono diplomati nei celebri programmi di
"automiglioramento". Questi corsi vengono seguiti anche dai
dirigenti delle prime quattrocento aziende della classifica
stilata da Fortune.
Stuart R. Levine è il direttore generale della Dale
Carnegie & Associates Inc., dove lavora dal 1978, ed è
membro del Comitato Esecutivo e del Consiglio di
Direzione della società. All'età di venticinque anni fu il più
giovane membro eletto nell'Assemblea dello stato di New
York. E stato presidente del Consiglio del Dowling College
e fa parte del Comitato Esecutivo dell'Excelsior Award Task
383
Force per conto del governatore dello stato di New York.
Vive a Brookville, a Long Island, con la moglie e i figli.
Michael A. Crom è il vicepresidente dei centri Dale
Carnegie. E’ responsabile per tutte le sedi della società ed è
membro del Comitato Esecutivo e del Consiglio di
Direzione. Vive con la moglie e il figlio a Escondido, in
California.
Progetto grafico di Alberto Savoia
384
LE OTTO COSE CHE QUESTO LIBRO
VI AIUTERA A OTTENERE
1
Affermare la vostra leadership.
2
Costruire relazioni basate sulla fiducia.
3
Ottenere il rispetto che vi meritate.
4
Eliminare gli atteggiamenti negativi.
5
Risolvere i problemi in modo creativo.
6
Trovare nuove motivazioni per voi stessi
e per gli altri.
385
7
Migliorare le relazioni negli affari
e nella vita personale.
8
Pensare e comunicare con maggior chiarezza.
386
Fly UP