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I primari tenuti in ostaggio da una legge “devastante” Secondo Di

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I primari tenuti in ostaggio da una legge “devastante” Secondo Di
6
Domenica 13 Luglio 2003
n. 27
DALL’ITALIA
il nostro
tempo
In un libro del presidente della Commissione d’inchiesta sulla sanità in Piemonte i retroscena di una vicenda per certi aspetti
esemplare di come vanno le cose in Italia. Un misto di reati comuni commessi da persone di rilievo e intrecci fra politica e affari
DOSSIER
Malasanità: la vera storia
EMANUELE REBUFFINI
«Ricordo che il giorno
dell’arresto di Odasso,
quando il Consiglio regionale venne sospeso alla
notizia che il direttore generale delle Molinette era
stato bloccato mentre intascava una tangente nel
suo ufficio, in un clima di
grande imbarazzo da parte di Ghigo e dei suoi uomini la battuta più frequente
nei corridoi di Palazzo Lascaris è stata: “Ma Odasso
doveva proprio prendere i
soldi in ufficio?”»: Antonio
Saitta, rappresentante di
spicco della Margherita,
ha presieduto la Commissione d’inchiesta sulla sanità in Piemonte, istituita
proprio dopo lo “scandalo
Odasso”. Nel libro «Un
anno di sanità» (Edizioni
Agami, prefazione di Rosy Bindi), Saitta raccoglie
i lavori della Commissione, ricostruendo con precisione quello che è stato
un anno di scandali, tra
arresti eccellenti, tangenti e sprechi. Non solo una
storia di malasanità, di
manager corrotti e di luminari senza scrupoli nel
fare la cresta sulle forniture mediche, ma la storia di un modo di amministrare la cosa pubblica: una gestione priva
di qualsiasi controllo da
parte della giunta di centro-destra, una gestione
caratterizzata da intensi
rapporti intercorrenti tra
i politici, i direttori generali e i medici, una gestione ora allegra e disinvolta (soprattutto sul versante consulenze), ora miope e assente (per quanto
riguarda le denunce dei
revisori dei conti, gli appalti e le alienazioni di be-
INTERVISTA
ni da parte delle Aso). Altroché isolate “mele marce”! Le Molinette di Torino sono l’epicentro di una
Sanitopoli i cui effetti superano i confini piemontesi.
Illuminanti sono soprattutto le pagine in cui Saitta
ricostruisce la vicenda delle valvole cardiache “brasiliane”, cioè le 700 valvole
che Di Summa fece acquistare dalla For.Med, la ditta di Vittorio Sartori che
commercializza in Italia le
Tri-Technologies, valvole
diffuse solo in America Latina e Asia. Un appalto che
presenta gravi ombre. Il 5
novembre 2002 il Consiglio Regionale discute dell’arresto di Di Summa e
Poletti avvenuto la sera
prima. Il presidente Ghigo
è assente. «Ogni volta che
c’è in problema serio da
affrontare», scrive Saitta,
«il “governatore dei governatori” latita, mentre
non manca mai quando si
tratta di inaugurare qualche evento, di sorridere
a un fotografo, di rilasciare un’intervista. La sua
assenza viene giustificata
con la formula di rito
“impegni istituzionali”». In
realtà «stava registrando
una puntata di Telecamere. La sua agenda privata
di quella mattina recita testualmente: ore 9 passaggio a casa per indossare
abiti sportivi; ore 9.30 al
Parco del Valentino con il
figlio Pit e amici per riprese in bicicletta; ore 10 passaggio a casa per indossare abiti istituzionali. La registrazione della puntata
di “Telecamere” dura tutto il giorno e termina di
pomeriggio con la “meren-
da sinoira” insieme al fido
Carlin Petrini di Slow Food all’Università del gusto
di Pollenzo».
Ghigo è assente, ma non
l’assessore alla Sanità Antonio D’Ambrosio che nel
suo intervento pensa bene di spendere parole a
difesa delle valvole brasiliane. Ma si dimentica di
dire una cosa essenziale.
Infatti il 25 novembre si
scoprirà dalle pagine di un
quotidiano l’esistenza di
una specifica commissione istituita dalla Regione
per indagare su quelle val-
vole. Perché il 5 novembre l’assessore D’Ambrosio nel suo intervento in
Consiglio non fa menzione dell’esistenza di quella
commissione? Forse perché sarebbe imbarazzante
dover rendere pubblico il
fatto che tra i componenti
di quella commissione, insediata il 1° ottobre, c’erano i due cardiochirurghi
poi arrestati. Sarebbe a
dire che la Regione aveva
chiamato a indagare sul
funzionamento difettoso
di quelle valvole proprio
le stesse persone che le
avevano scelte (più la
dottoressa Silvana Barbaro, della direzione sanitaria delle Molinette, che
era anch’essa membro della commissione d’appalto
che scelse quelle valvole).
I controllati chiamati a fare i controllori di se stessi.
Ingegnoso.
Ma la vicenda delle valvole era cominciata molto
prima. Esattamente il 14
maggio, quando la Regione Piemonte ricevette dal
ministero della Salute un
telegramma in cui si comunicava l’avvenuto ritiro
di tutte le valvole Tri-Technologies a causa della
morte, a Padova, di un paziente. E a Padova, guarda
un po’, operava Dino Casarotto, che era già stato
responsabile della cardiochirurgia torinese e manteneva rapporti con Di
Summa. Ben 13 giorni dopo il telegramma ministeriale l’assessore D’Ambrosio inviava una lettera allarmata a tutti direttori
delle aziende ospedaliere
chiedendo loro di predisporre un elenco dei pazienti ai quali quelle pro-
IL CASO
di denaro pubblico destinata alla spesa sanitaria (l’80 per cento dell’intero esborso
pubblico), è alle radici
del malaffare e coinvolge i medici solo come «comparse da manovrare alla bisogna».
In che modo?
Con il controllo politico
delle carriere. In altre parole: «Se sei dei miei diventi primario, se sei degli altri stai al palo e perdi i concorsi, anche se
hai più titoli degli altri,
perché noi politici abbiamo fatto una legge
che permette al direttore generale di scegliere
i primari in funzione di
ciò che più conviene all’azienda». Una legge devastante, che ha infettato l’intera galassia sanitaria italiana e che trova
origini nel centro-sinistra, ma che la destra di
governo ha “valorizzato”
oltre ogni confine del lecito e dell’illecito, anche
per la fretta di sbarazzarsi dei primari “rossi” che
s’erano fatti largo con le
gestioni regionali precedenti. Ma che vantaggio
ha un cittadino dall’essere curato da un primario di Forza Italia piuttosto che da uno dei Ds?
Non sarebbe più logico
che quel primario conoscesse la medicina, avesse solide competenze diagnostiche, sapesse ascoltare malati e collaboratori, avesse a cuore
la gestione della propria
unità operativa più del
partito, del direttore generale, della loggia massonica o del sindacato al
quale è iscritto? È chiaro
che se il politico determina il livello di carriera del
medico, questi non potrà
negargli il favore di as-
sumere un certo infermiere, dare la borsa di
studio a un certo specializzando, comprare le
valvole cardiache di una
certa azienda... Perché
è evidente che Di Summa quella scelta non l’ha
compiuta di testa sua: le
valvole Tri-Technologies
non sono entrate perché
faceva comodo a lui. Il
fatto che non abbia rivelato nomi e cognomi deriva da una precisa strategia difensiva.
In ogni caso, se è vero che il sistema è
marcio fin dalle fondamenta, è altrettanto vero che c’è una
profonda carenza di
principi morali a livello individuale: la logica del “così fan tutti”
sembra imperare. Cosa sta succedendo alla classe medica?
Né più né meno quanto
sta succedendo in tutti
gli altri settori della società. Il livello morale si è
abbassato in tutte le professioni: il commercialista non ti invita forse ad
eludere il Fisco e a evadere le tasse? L’avvocato
non si ingegna a trovare
il garbuglio giusto per
scagionarti anche quando sei in torto? E quanti
altri casi analoghi potremmo citare dove si fa
di tutto, tranne che esercitare un controllo morale sulle proprie scelte?
Chiaramente la disonestà in ambito sanitario
desta maggiore preoccupazione perché lo status
di malato è fatto di fragilità, dipendenza e totale
affidamento, quindi non
dovrebbe subire nessun
tipo di intrusione mercantile. Il medico, d’altronde, ha una posizione
di netto predominio sul
paziente ed è quindi in
grado di renderlo suddi-
A sinistra, Paolo Cornaglia Ferraris, medico pediatra,
autore del volume «Primari a delinquere?» (foto Reale)
Sopra, un medico prescrive dei farmaci a una paziente
A destra, il cardiochirurgo Michele Di Summa
to di qualunque ipotesi o
proposta.
Questo vale anche per
i farmaci?
Certo. Nessuno è in grado di stabilire se il medico gli ha prescritto le pillole di una certa marca
perché sono più buone o
piuttosto perché l’azienda che le produce lo premia in base alla sua fedeltà. Come ha rivelato di
recente lo scandalo della
Glaxo, che ha coinvolto
in tutta Italia ben tremila
persone, i farmaci sono
uno dei settori più esposti al rischio di illeciti.
Gli Stati occidentali non
hanno mai fatto ricerca
sui
medicinali,
demandandola interamente ai privati: noi dobbiamo la nostra sopravvivenza media al fatto che
le aziende farmaceutiche
hanno investito parte dei
loro ricavi nello studio di
prodotti innovativi. Tutto ciò che arriva di nuovo
paga ciò che arriverà di
nuovissimo, in un continuo crescendo di costi,
profitti e rischi che solo
le multinazionali sono in
grado di affrontare. Il rovescio della medaglia è
che queste imprese sono
ormai in grado di negoziare con gli stessi governi nazionali, grazie a fatturati superiori al Prodotto interno lordo di in-
forzaitaliota Angelo Burzi
e che vanta tra gli iscritti
un bel numero di indagati, da Luigi Odasso al
suo braccio destro Aldo
Rosso all’ingegner Brasso
che con le Molinette faceva
parecchi e non sempre cristallini affari. E Di Summa, guarda caso, aveva
operato proprio l’assessore D’Ambrosio, diventandone, così pare, un “protetto”. Sempre che siano
vere le dichiarazioni fatte
da Luigi Odasso, secondo
il quale «il reparto di cardiochirurgia delle Molinette era un regno autonomo»
dove l’assessore D’Ambrosio gli impediva di «mettere il becco».
Nonostante tutto Antonio Saitta non si lascia andare a conclusioni pessimistiche: «Sono soddisfatto del lavoro svolto perché sono state individuate
modalità gestionali che,
se adottate, potranno consentire un contenimento
della spesa sanitaria. È
concretamente possibile
ridurre gli sprechi, eliminare consulenze inutili,
ripensare l’organizzazione
dell’offerta sanitaria con
rigore e coerenza per garantire sicurezza ed economicità, utilizzare proficuamente le risorse umane,
introdurre veri elementi
privatistici nella gestione
delle aziende sanitarie, organizzare un rigoroso sistema di controlli, realizzare un coordinamento
per l’acquisto di beni e
servizi per ottenere costi
più bassi, e, infine, garantire vera autonomia ai direttori delle aziende sanitarie per evitare che siano
sottomessi alle pressioni
dei politici che li hanno
nominati».
Parla uno dei medici coinvolti
Secondo Di Summa
una soluzione esiste
I primari tenuti in ostaggio
da una legge “devastante”
«Nessun alto dirigente
degli ordini e delle organizzazioni mediche sindacali può non avere visto, sentito qualcosa riguardante gli scandali
scoppiati in questi mesi,
perché i primari a delinquere rei confessi operavano senza troppi segreti in un contesto che
vedeva la mazzetta come
elemento strutturale del
lavoro». Paolo Cornaglia
Ferraris è uno dei pochi
medici che hanno avuto
il coraggio di rompere
l’omertà e denunciare
il sistema dall’interno
esponendosi personalmente a pesanti conseguenze. Due anni fa il suo
pamphlet «Camici e pigiami» (ed. Laterza) provocò un vero e proprio
terremoto nel mondo della sanità italiana, ma gli
costò il posto in pediatria all’ospedale Gaslini
di Genova. Oggi torna
a far parlare di sé con
«Primari a delinquere?»
(ed. Fratelli Frilli, 2003,
pp.138, 10 euro), un instant book che trae spunto dalla vicenda di Michele Di Summa e dalle
tangenti delle Molinette
di Torino per smentire
quanti all’epoca lo accusarono di «sparare nel
mucchio» e lo invitarono
a fare nomi e cognomi dei
disonesti. «Speriamo che
ora riescano a capire che
non si tratta di montature dei mass media, né
di polveroni o falsi scandali, ma di veri problemi,
contro i quali servono veri strumenti di tutela dei
cittadini e dei professionisti onesti».
Professor Cornaglia,
lei sostiene che la
commistione tra sanità e politica, unita alla
rilevanza della quota
Ma in tutta questa vicenda non ci sono solo la
turbativa d’asta e la corruzione. C’è in ballo il rapporto tra la politica e la
classe medica. Dal libro di
Saitta e dai materiali della Commissione d’inchiesta emergono con lampante chiarezza le responsabilità della Giunta e, in
particolare, dell’assessore
D’Ambrosio. Luigi Odasso era un attivo procacciatore di tessere per Forza Italia, nonché un iscritto all’associazione «Società Aperta» presieduta dal
A sinistra, un’équipe di chirurghi
impegnata in una difficile
operazione a cuore aperto
Sopra, l’ingresso principale
dell’ospedale «Molinette»
di Torino, al centro dello
scandalo Tri-Technologies
A destra, Antonio Saitta,
autore del volume «Un anno di
sanità» (foto Reale)
Il volume-requisitoria di Paolo Cornaglia Ferraris
LARA REALE
tesi erano state impiantate. Ben quattro mesi dopo
le Molinette comunicavano un elenco con 124 nomi. Davvero molti gli interrogativi. Perché in quei
quattro mesi la Regione
non aveva mai incalzato le
Molinette? Perché veniva
istituita una commissione di indagine solo sei
mesi dopo il telegramma
ministeriale? Perché venivano chiamati a far parte della commissione proprio i chirurghi responsabili della scelta delle valvole in questione?
teri Paesi: oggi trattare
con il direttore generale
della Glaxo equivale a fare affari con il Presidente
della Nigeria.
Insomma, rinunciando a fare ricerca pubblica ci siamo messi
nelle loro mani...
Sì, ci siamo fregati. E
quel che è grave è che ormai dappertutto è così.
Gli unici che facevano ricerca farmaceutica pubblica erano i russi, che
sono falliti perché, pur
contando su un mercato
potenziale enorme, non
facevano profitti. E nessuno è disposto a lavorare se non è ricompensato in base a quanto produce.
Il ragionamento non
fa una piega, però è
anche vero che non
necessariamente
i
profitti confliggono
con un comportamento etico...
Certo. Anzi, direi che uno
dei grandi business del
futuro starà proprio nella promozione dell’etica
medica in ogni ambito,
da quello gestionale a
quello formativo. La gente ha sempre più sete di
sicurezza e affidabilità:
chi andrà in questa direzione avrà più successo
di chi utilizza stili mafiosi di pressione sul mercato.
INCHIESTE TV
«Report»: le
mani sulla
nostra salute
«Le inchieste di Report. Le mani sulla salute» (di Alessandra Comazzi,
edizioni
Sperling&Kupfer, 2002,
pp. 237, 15 euro) non è
esattamente un libro leggero, di quelli da spiaggia, per intenderci: non
diverte, infatti, scoprire
che i vaccini contengono mercurio o che chi
dovrebbe vigilare sulla
nostra salute intrattiene
in realtà rapporti diretti
con chi trae profitti dalle nostre malattie.
Ma è comunque un libro che lascia spazio alla speranza, perché la
qualità del lavoro svolto
dai giornalisti della fortunata trasmissione televisiva «Report» dimostra che la stampa può
davvero essere il «cane
da guardia della democrazia».
«Fateli neri!», chiedono
a gran voce i telespettatori del programma tv. E
noi con loro.
[l.r.]
Lo hanno definito «artista
del cuore», «esperto insuperabile», «miglior cardiochirurgo italiano», ma anche «primario a delinquere». Michele Di Summa, 55
anni, era responsabile della cardiochirurgia alle Molinette di Torino quando, il
4 novembre 2002, è stato
arrestato per concussione
e turbativa d’asta aggravata nell’affare Tri-Technologies. Tornato in libertà, nei
giorni scorsi ha accettato
con coraggio di partecipare
alla presentazione del nuovo libro di Paolo Cornaglia
Ferraris, presso la libreria
torinese «La Torre di Abele».
«Faccio fatica a fare la
parte della persona colpevole», ha rivelato con voce
rotta. «Perché, pur essendo colpevole, non mi sento
tale». Secondo Di Summa,
infatti, quasi tutti “intascavano” e la corruzione in sanità è endemica: lo Stato
paga e i governanti regionali ricavano le loro percentuali; il sistema va avanti
così fino a quando ci si
accorge che i soldi non sono sufficienti a pagare contemporaneamente i corrotti e i servizi. A quel punto,
mentre i politici si affannano a spiegare ai cittadini l’improrogabile necessità di tagliare la spesa, lo
scandalo si sgonfia e finisce
nel dimenticatoio, in attesa
che ne scoppi uno nuovo.
Paradossalmente, in confronto agli altri, il cardiochirurgo torinese si sente
persino onesto: «Prima della mia nomina a primario,
l’ospedale comprava le valvole a 6,5 milioni di lire
l’una», ha spiegato. «Con
me il prezzo è sceso a 5 milioni. Faccio notare, inoltre, che ho sempre utilizzato tutti i dispositivi acquistati e non ne ho mai lasciato scadere nessuno».
Resta da chiarire perché
una persona di successo
come Di Summa, professionista stimato, noto in
ambito scientifico, dotato
di notevole potere personale e che gode della gratitudine di tante persone
malate, accetti di intascare mazzette mettendo a repentaglio, più o meno consapevolmente, la propria
carriera e la salute dei pazienti. Se è vero che prendeva 500-800 euro a valvola e che impiantava 100
valvole all’anno, in un anno
intascava 50-80 mila euro
in più: ne valeva davvero la
pena? Non bastava visitare e operare in privato anche un solo giorno alla settimana? La sua scelta risulta del tutto incomprensibile se non ipotizzando,
come fa con ironia Cornaglia Ferraris, un «improbabile disturbo sadomasochistico della personalità»
o, più verosimilmente, un
sistema di ingerenze politiche molto potente.
Sgombrato il campo dalla questione-tangenti, Di
Summa ha poi risposto all’interrogativo più infamante: le valvole che impiantava erano difettose? E lui
lo sapeva? «Ho sempre creduto in scienza e coscienza
che quelle valvole fossero
le migliori», ha affermato.
«E, d’altronde, erano tutte
certificate dai massimi organismi europei del controllo qualità. Questo significa che, come per qualunque altro prodotto industriale, il tecnico può
appurarne la funzionalità,
ma non la qualità dei materiali e della fattura, per la
quale deve inevitabilmente
fidarsi del giudizio di terzi».
Non è escluso, quindi, che
l’inchiesta sulle Tri-Technologies coinvolga presto
anche i responsabili della
certificazione.
Il quadro che emerge, alla fine, è disarmante: la
corruzione sembra un male inevitabile. In realtà, ha
rivelato lo stesso Di Summa, i margini di manovra
per migliorare il sistema
ci sarebbero: «I materiali
destinati agli ospedali, per
esempio, potrebbero essere sottoposti a giudizi di
idoneità da parte di una
commissione di tecnici ed
esperti, mentre il prezzo
di acquisto potrebbe essere stabilito dai politici, cioè
dai direttori sanitari, in base a un confronto internazionale dei costi. I primari, diciamoci la verità,
non hanno alcun vantaggio a contrattare con i fornitori: non è il loro vero
lavoro e, in definitiva, si
espongono solo al rischio
tangenti».
La morale è la solita: a
fare le spese di tagli, truffe,
tangenti, nepotismo, concorsi truccati, comparaggio, scioperi e carenze varie è sempre il cittadino
comune, che ormai, in caso di ricovero in ospedale,
è tenuto a portare da casa le lenzuola di ricambio,
i farmaci, l’apparecchio
per misurare la pressione
e persino il termometro.
Forse, come suggerisce
qualcuno, è davvero arrivato il momento di chiedere aiuto a «Medici senza frontiere». Come per
qualunque altro Paese del
Terzo mondo.
[l.r.]
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