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«Decapitato un altro ostaggio»

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«Decapitato un altro ostaggio»
DOMENICA 14 SETTEMBRE 2014 ANNO 139 - N. 218
Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821
Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281
Anticipi di Serie A
Juve e Roma ok
Il duello continua
Il premio
Oggi
A Giorgio Fontana
il Campiello 2014
Dieci regole
Idee e creatività:
gli errori da evitare
Servizi e pagelle
alle pagine 42 e 43
di Marisa Fumagalli
a pagina 33
di Beppe Severgnini
nel supplemento
PERCHÉ GLI ALTRI NON SI FIDANO DI NOI
Giannelli
La Ue incalza: le riforme vanno attuate
E Renzi insiste: sbloccate 300 miliardi
di SERGIO ROMANO
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
9 771120 498008
40 9 1 4>
Padiglione Italia
Tasi, il conto
(a ostacoli)
per gli inquilini
di GINO PAGLIUCA
A PAGINA 13
ALLE PAGINE 5 E 6
di GIULIANA FERRAINO
L
a Germania sostiene il piano europeo di investimenti da 300 miliardi, ma lo fa «alla tedesca»:
niente finanziamenti a pioggia, solo progetti ben
identificati, concreti e di alta qualità. Parola del suA PAGINA 5
perministro Wolfgang Schäuble.
Università
«Decapitato un altro ostaggio»
VOTI E FAVORI
IL GRANDE
INTRIGO
DELLA SAPIENZA
Terzo video choc. La vittima è un cooperante britannico
di GOFFREDO BUCCINI
L’Isis ha annunciato la decapitazione del cooperante britannico David
Haines, 44 anni: è il terzo ostaggio occidentale ucciso dai miliziani dello
Stato islamico dopo i giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff.
Nel filmato dell’esecuzione l’Isis mostra un altro britannico, Alan Henning, e minaccia di giustiziarlo.
Voleva vedere il volley maschile: arrestata
P
A PAGINA 3 Farina, Olimpio
A Redipuglia tra i caduti del conflitto 1914-1918
La ragazza che sfida Teheran
di CECILIA ZECCHINELLI
A
rrestata con un gruppo di ragazze per aver provato ad assistere a un
incontro di pallavolo maschile, sfidando il divieto per le donne. È successo
a Teheran, il 20 giugno. Ghoncheh Ghavami, 25 anni (nella foto), è cittadina
A PAGINA 15
britannica: ora la sua famiglia ha rotto il silenzio.
di Aldo Grasso
Il Papa contro la guerra:
una follia di affaristi
«La guerra è una follia, e
anche oggi c’è l’ombra di
Caino». Papa Francesco a
Redipuglia, tra le tombe
della Grande Guerra, è durissimo con i «pianificatori del terrore, gli organizzatori dello scontro, gli
imprenditori delle armi».
Migranti
Barcone a picco
Decine
di dispersi
A PAGINA 2 L. Cremonesi, Vecchi
di RICCARDO BRUNO
con un commento
di Alberto Melloni A PAGINA 34
A PAGINA 19
erché tutto cambi e tutto
resti come prima,
l’antico patriarca s’è speso
molto al telefono: «Ricorda,
questi sono i miei due
candidati». Dicono sia
stanco e invecchiato Luigi
Frati. Intristito da cattivi
auspici. Venerdì è pure
bruciata una sala operatoria
del reparto Valdoni. Che è il
cuore del suo Policlinico.
Che a sua volta è il cuore
della sua Sapienza. «Colpa
della piastra elettrica di
un’infermiera, qui manca
tutto e il caffè lo fanno così»,
mormora un chirurgo bravo
ma rompiscatole, dunque
un po’ ammaccato durante il
regno infinito del Magnifico.
Il 23 si vota il nuovo rettore
di questo corpaccione da
110 mila studenti che Frati
ha riportato in attivo: da
meno 48 a più 18 milioni, a
costo però di un’emorragia
di uomini e mezzi che intasa
perfino le macchinette del
caffè.
CONTINUA A PAGINA 21
Resiste a ogni diserbante, fa scendere il valore degli edifici
M
Maria
Rosaria
Rossi
è l’ombra
del Capo
ma divide
il partito
INVESTIMENTI, LA LINEA TEDESCA
I FONDI SOLO A PROGETTI CONCRETI
L’Isis minaccia l’esecuzione di un quarto prigioniero. Messaggio a Cameron: paghi l’appoggio ai curdi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ery per gli intimi, Ros per gli amici, Badante per i nemici, ma soprattutto per gli amici-nemici. Da qualche giorno, Maria Rosaria Rossi è al
centro delle polemiche. Il collega Raffaele Fitto l’ha affrontata a muso duro:
«La senatrice Rossi non ha titoli né legittimazione per distribuire patenti o
decidere chi resta nel partito... Lascia
allibiti il fatto che Berlusconi possa consentire alla senatrice Rossi di distribuire, controllare, rilasciare o ritirare patenti sulla legittimità dello stare nel
partito, e sulla correttezza o meno delle
opinioni e delle tesi politiche altrui».
Ma chi è Mery? Viene da Piedimonte
Matese, provincia di Caserta, ha vinto
un seggio per Forza Italia in un popoloso quartiere di Roma guadagnandosi
Continua il botta e risposta tra Ue e Italia. Alla riunione Ecofin di Milano, il
commissario agli Affari
economici Katainen invita
Roma a «passare ai fatti»
sulle riforme. E se il ministro Padoan definisce «utili» i controlli europei, a Bari
Renzi ribadisce: la Ue investa i 300 miliardi promessi.
La casa
PHOTOMASI / FACEBOOK
pollosamente «diritti acquisiti». Le leggi, quando
vengono approvate, sono
redatte in modo da produrre risultati parziali e mediocri. Da Tangentopoli a oggi
sono passati ventidue anni:
una generazione perduta.
Vi sono momenti in cui i
nostri partner sarebbero felici di credere nell’Italia.
Mario Monti è stato accolto
entusiasticamente. Enrico
Letta, agli inizi del suo governo, godeva di molte simpatie e di grande comprensione. Ma la rapidità con
cui entrambi sono stati
espulsi dal sistema politico
trasforma il credito iniziale
in nuovo pessimismo e in
più radicale sfiducia. Matteo Renzi ha acceso qualche
nuova speranza, ma il modo in cui saltella da un annuncio all’altro e sembra
essere continuamente alla
ricerca di un nuovo obiettivo, a maggiore portata di
mano, comincia a creare
diffidenza e scetticismo anche negli ambienti che lo
avevano salutato come il
Tony Blair italiano.
Niente è irreparabile. In
un libro recente, apparso in
Italia presso il Mulino e in
Inghilterra presso la Oxford
University Press, un economista, Gianni Toniolo, dimostra che l’Italia è quasi
costantemente cresciuta
dagli anni Novanta dell’Ottocento agli anni Novanta
del Novecento. Ma non si
cresce, nel mondo d’oggi,
senza la fiducia dei mercati
internazionali e i capitali
degli investitori stranieri. E
non si crea fiducia se il governo non riesce a sconfiggere con qualche cambiamento reale e immediatamente visibile, quei partiti
della contro-riforma che
sono da troppo tempo i veri
padroni dell’Italia.
Lo scudo rosa dell’ex Cavaliere
fonte di invidie e risentimenti
❜❜
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Vertice Ecofin Padoan al commissario Katainen: i controlli europei? Sono utili
IL SOSPETTO
RICORRENTE
F
Servizio Clienti - Tel 02 63797510
mail: [email protected]
Fondato nel 1876
www.abb.it
ra i dati sull’Italia,
elaborati periodicamente dall’Istat e da
Eurostat, manca
quello sulla fiducia. Se esistesse, scopriremmo che i
nostri partner, indipendentemente dalle pubbliche dichiarazioni dei loro governi
e dai comunicati ufficiali alla fine di un incontro bilaterale, non credono nel nostro Paese. Alcune ragioni
sono storiche: le guerre fatte a metà, i cambiamenti di
campo, il continuo divario
fra il Nord e il Sud, gli impegni non rispettati, il familismo amorale, la giungla burocratica, la democrazia
clientelare, il peso della criminalità organizzata sulla
vita politica e sociale. Altre
sono più recenti e più importanti. Come tutti i membri dell’Unione europea,
l’Italia è passata attraverso
le crisi della modernità, da
quella sociale e generazionale del ’68 a quella delle
nuove tecnologie, dal ritorno ai mercati dopo il declino dello Stato assistenziale
negli anni Ottanta alla crisi
del credito nel primo decennio del nuovo secolo.
Gli italiani, a tutta prima,
sembrano consapevoli della
necessità di cambiare, ma il
loro sistema politico, a differenza di quelli dei partner
maggiori, ritarda i mutamenti o finisce per annegarli in un diluvio di norme
insufficienti e contraddittorie. Le Commissioni bicamerali per una nuova Costituzione muoiono senza avere prodotto alcun risultato.
Berlusconi fa promesse che
non verranno mantenute.
Ogni riforma, da quella del
lavoro a quella della giustizia, trova sulla sua strada un
partito della contro-riforma, composto da corporazioni che difendono i loro
privilegi chiamandoli am-
In Italia EURO 1,40
www.corriere.it
Maria Rosaria Rossi
l’appellativo di «Madonnina di Cinecittà» per via dei poster che la ritraevano
in posa mistica. È capo dello staff, amministratore unico del partito, ombra
dell'ex Cavaliere. Insieme con Francesca Pascale, Giovanni Toti, Deborah
Bergamini, Dudù e pochi altri compone
quel «cerchio magico» che fa da scudo
al Capo, ma che è anche fonte di invidie,
critiche, risentimenti da parte di chi,
negli anni, ha servito Berlusconi e ora si
trova messo da parte. Il suo compito
principale è trovare fondi per le esangui
casse di Forza Italia. Giorni fa, a Cernobbio, quei due lumaconi di Toti e Vespa esibivano sul cellulare foto della
Ros in bikini. Lei ha finto di provare
sconcerto: «No, vabbè, scusate... ma
sul telefonino c’avete le mie foto in bikini? Ma ve prego! Ero nascosta dietro al
castello di Santa Severa! Ma io me ne
vado... ma guarda questi... Imbarazzante, cancellate subito quelle foto!».
Dopo le ultime uscite, la Badante è vissuta come una «zarina».
Anche Berlusconi è amareggiato per
le polemiche che stanno travagliando il
partito e rimprovera a Mery di non
mordersi la lingua prima di lasciarsi
andare a commenti che favoriscono le
fratture. «Badante» è un banale participio presente che deriva da un verbo e
si fa sostantivo, al pari di «governante». Nasce da «badare», che nel tardo
latino significava «aprir bocca». Facile
assegnare il ruolo a una donna, pur sapendo che non c’è badante senza badato (per giunta, sempre più sbadato).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
A Milano la pianta che attacca le case
di PAOLA D’AMICO
È
un Attila del mondo vegetale e attacca le case:
il Poligono del Giappone,
pianta spontanea e perenne, è arrivata anche da noi,
a Milano e in Lombardia.
A PAGINA 26
A Padova
Rinasce
l’orto botanico
più antico
del mondo
di GIAN ANTONIO
STELLA
A PAGINA 27
UN INCONTRO
ECCEZIONALE
TRA DUE GRANDI
INTERPRETI
DEL NOSTRO
TEMPO
DAL
10 SETTEMBRE
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2
Primo Piano
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Il Pontefice I conflitti
Raccoglimento Papa
Francesco in preghiera
tra le lapidi del cimitero
austroungarico a Fogliana di Redipuglia. Il
Santo Padre si è poi recato nell’antistante sacrario militare italiano
Il Papa: crimini e distruzioni,
ogni guerra è una follia
La preghiera di Francesco al sacrario di Redipuglia
E ripete: c’è un terzo conflitto mondiale, ma a pezzi
DAL NOSTRO INVIATO
REDIPUGLIA — «L’umanita
ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto». Francesco, appena arrivato, ha pregato
a capo chino sulle tombe del cimitero austroungarico e ora ha
l’aria assorta e triste mentre
parla nel sacrario che custodisce centomila soldati italiani
della Grande Guerra, 39.857
hanno un nome e 60.330 restano ignoti, sopra tutti la scritta
«presente» in rilievo sulla pietra. «Trovandomi qui, in questo
luogo, mi viene da dire soltanto: la guerra è una follia». Si rivolge al tempo presente, Francesco, nell’omelia più amara e
forse più alta del suo pontificato. Durissimo contro i «pianificatori del terrore, gli organizzatori dello scontro, come pure gli
imprenditori delle armi» che
operano oggi. A cento anni dallo scoppio del primo conflitto
planetario, ripete quanto già diceva di ritorno da Seul: «Anche
oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale,
forse si può parlare di una terza
guerra combattuta “a pezzi”,
con crimini, massacri, distruzioni...».
Perché è dalla Grande Guerra
che tutto è cominciato. L’orrore
del «Secolo breve» che Eric
Hobsbawm ha definito «il più
sanguinario che la storia ricordi», 187 milioni di morti tra
guerre e genocidi, e tutto a cominciare da quella, «una catastrofe storica innescata da erro-
La testimonianza
Cecenia e Daghestan
La mappa
La frase
Iraq
Siria
Guerra civile
Guerra con nemico esterno
Nagorno-Karabakh
Ucraina
Ribellione
Israele-Gaza
Sudan
❜❜
Libia
Mauritania
Mali
Repubblica
Centrafricana
Sud Sudan
Cina
(Xinjiang)
Nigeria
Thailandia
Colombia
ri di valutazione politica», scriveva, che ha come simbolo il
milione di morti a Verdun, nel
1916, il non senso di quel
«fronte occidentale» che non si
mosse per tre anni e mezzo. Così il Papa torna a ripetere
l’espressione che Benedetto XV
usò il 1° agosto 1917 per chiedere ai capi delle nazioni di fermarsi: l’«inutile strage». Per
questo bisogna piangere, sospira Francesco: «Caino non ha
pianto». Perché «la cupidigia,
l’intolleranza, l’ambizione al
potere» che motivano le guerre
Repubblica
Kenya
Democratica
del Congo
Somalia
Uganda Yemen
sono «spesso giustificati da
un’ideologia» ma al fondo c’è
«la risposta di Caino» che scandisce tutta l’omelia: «A me che
importa? Sono forse io il custode di mio fratello?». L’amarezza
di Bergoglio sta tutta in una fra-
L’ora del pianto
Il Pontefice: «L’umanità
ha bisogno
di piangere, e questa è
l’ora del pianto»
India
(confine Birmania
Pakistan)
Pakistan
Afghanistan
Filippine
se: «Sopra l’ingresso di questo
cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: “A me che
importa?”».
Allora l’umanità rispose così,
dice. Per questo «oggi» bisogna
piangere. Guai all’indifferenza.
L’atteggiamento di Caino «è
esattamente opposto a quello
che ci chiede Gesù». Francesco
esorta tutti alla «conversione
del cuore», dolore e pentimento
sono propri dei «saggi», il suo
tono si fa severissimo: «Chi si
prende cura del fratello, entra
nella gioia del Signore; chi inve-
Benedetto XV
(...)
questa lotta
tremenda, la
quale, ogni
giorno più,
apparisce
inutile
strage
1 agosto 1917
ce non lo fa e con le sue omissioni dice: “A me che importa?”,
rimane fuori». Parla al nostro
tempo, «anche oggi le vittime
sono tante». Durissimo contro i
mercanti di morte: «Anche oggi
dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di
denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!». Gli
«affaristi della guerra», scandisce, «hanno scritto sul cuore» la
risposta di Caino: «Forse guadagnano tanto, ma il loro cuore
corrotto ha perso la capacità di
piangere».
Alla fine il ministro della Difesa Roberta Pinotti e il capo di
Stato Maggiore Luigi Binelli
Mantelli si avvicinano all’altare,
al Papa viene donato il foglio
matricolare del nonno Giovanni Bergoglio, che combattè sul
fronte del Medio Isonzo prima
di emigrare in Argentina, numero 15543, bersagliere. Si prega per le vittime di tutte le
guerre e i militari caduti «nelle
operazioni di supporto alla pace». I genitori del maggiore
Giuseppe La Rosa, morto in Af-
ghanistan l’8 giugno 2013 salvando i compagni, donano al
Papa il cappello da bersagliere
del figlio. Ha smesso di piovere,
la tromba di un alpino intona il
Silenzio, diecimila persone abbassano lo sguardo. Restano le
ultime parole di Francesco:
«L’ombra di Caino ci ricopre
oggi qui, in questo cimitero. Si
vede qui. Si vede nella storia
che va dal 1914 ai nostri giorni.
E si vede anche nei nostri giorni».
Gian Guido Vecchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il racconto dall’Iraq di Naji Haddu da Erbil, nel Kuristan iracheno: mi hanno offerto quattro mogli. L’unico modo per tornare ciò che ero è emigrare in Europa
«Costretto a convertirmi all’Islam per non morire»
Il cristiano fuggito: mi hanno rinchiuso in cella, erano pronti a sgozzarmi
DAL NOSTRO INVIATO
ERBIL (Iraq) — Sul documento di
conversione all’Islam di Naji Haddu, vergato il 28 agosto dal giudice del «Califfato» di Mosul, c’è scritto che «Gesù è
schiavo di Dio», non figlio di Dio. Naji
non lo può mostrare. «Me lo ha preso
l’arcivescovo cattolico tre giorni fa,
quando sono riuscito a raggiungere la
mia famiglia tra gli sfollati cristiani di Erbil. Ma i militanti dell’Isis mi hanno già
telefonato. Sono venuti a sapere che sono rimasto senza il documento, per loro
vale come lasciapassare. Dicono che se
torno a Mosul ne avrò uno nuovo in cui
si attesta tra l’altro che ho diritto a una
casa gratuita nei confini del Califfato, a
cibo gratis e, se voglio, a quattro mogli
musulmane. Mi esortano a tornare presto e portare mia moglie e i nostri tre figli, che per loro sono automaticamente
musulmani. Aggiungono che devo stare
attento. Qui ci sono tanti loro militanti
pronti a farsi saltare in aria. Presto sarà il
caos nelle zone curde. Meglio vada a Mosul, i musulmani aiutano i musulmani»,
spiega questo 40enne nato nel villaggio
cristiano di Qaraqosh (da agosto occupato dai jihadisti) e incontrato per oltre
tre ore due giorni fa nella «Accademia
Brasiliana», un centri di raccolta per gli
sfollati a Erbil. Naji è confuso, preoccupato. «Non so che fare, diciamo che sono
un cristiano-musulmano. L’unica modo
per tornare ciò che ero è emigrare in Eu-
Perseguitati
La fuga
L’invasione dell’Isis
nel Nord-Est
dell’Iraq ha causato
l’esodo dei cristiani:
in migliaia hanno
lasciato le loro case
e chi è rimasto è
stato costretto a
convertirsi all’Islam
o a pagare una
tassa
Gli attentati
I cristiani vivevano
nella piana di
Ninive a Kirkuk,
Erbil e Qaraqosh.
Ma anche nella
capitale Bagdad ci
sono più di
sessanta chiese.
Negli ultimi anni si
sono moltiplicati gli
attentati proprio
all’interno e davanti
ai luoghi di culto. Da
800 mila di pochi
anni fa i cristiani in
Iraq oggi sono
meno di 300 mila
ropa», dice.
Le autorità cattoliche locali lo rassicurano, spiegano che la sua conversione
forzata non vale. Ma gli estremisti islamici decapitano chi abiura la loro fede. E
la sua storia è talmente rivelatrice del fanatismo religioso di cui sono vittime i
non sunniti nelle regioni controllate dallo Stato Islamico, che è meglio lasciare la
racconti lui.
Cominciamo dall’inizio. Come mai
non è scappato subito con la sua famiglia a Erbil?
«La sera del 5 agosto non credevo che i
jihadisti sarebbero arrivati sin da noi. Ho
detto ai miei di partire, sarei rimasto di
guardia alla casa. Mi sono svegliato al
mattino e davanti alla porta c’era una
pattuglia di volontari afghani. Nessuno
mi ha fatto nulla. Dicevano che dovevo
convertirmi, ma intanto portavano cibo
e bevande. Li rubavano dai negozi abbandonati, nelle case dei nostri vicini e li
condividevano con i civili rimasti. Due
giorni dopo hanno condotto da me un
tedesco di circa quarant’anni con tanti
tatuaggi sul corpo. Parlava un arabo
stentato. Mi ha spiegato che era stato un
celebre cantante pop in Germania, guadagnava sino a 25 mila euro a serata. Poi
si era convertito all’Islam e adesso era felice di combattere con i suoi compagni.
Nella guerra santa aveva scoperto la vera
via. Dopo di lui sono arrivati alcuni jihadisti siriani. Mi spiegavano che avrei
combattuto con loro e se fossi morto sa-
remmo andati tutti alla Jannah, il paradiso, dove c’è la felicità perfetta, scorrono
fiumi di vino e ogni musulmano può
avere decine di donne tutte per sé. Infine
a Qaraqosh si sono insediati una cinquantina di iracheni provenienti dai villaggi sunniti vicini. Sono molto meno fanatici dei siriani. Li comanda un certo
Abu Jassem del villaggio di Qarashol, è
sulla cinquantina, il corpo atletico, sembra un bravo soldato. Al suo seguito ci
sono però anche tanti ladroni locali,
sunniti che rubano ai cristiani in nome
di quello che chiamano ghanima, il bot-
Nel rifugio Naji Haddu, il cristiano iracheno costretto a convertirsi all’Islam
tino di guerra».
Perché si è convertito?
«Dopo quattro o cinque giorni, quando hanno visto che non mi convertivo,
sono venuti a dirmi che dovevo versare
la jeziah, la tassa periodica. Avevano decretato dovesse ammontare a circa 130
dollari. Se i cristiani vogliono restare pagano: lo fanno gli uomini in età compresa tra i 20 e 50 anni. Donne, vecchi e
bambini sono esenti. Però ero stato derubato, mi restavano in tasca solo 20 dollari. Stavo cercando di trovare altri soldi,
quando verso metà agosto i guerriglieri
siriani sono venuti a dirmi che ormai era
troppo tardi, non avevo più scelte. Non
potevo andare via e neppure pagare. Mi
hanno chiuso in una cella presso l’ospedale di Qaraqosh. Vi ho incontrato una
trentina di cristiani e due sciiti. Siamo
stati chiusi per circa una settimana. Ogni
tanto arrivavano amici e parenti di qualcuno dei prigionieri. Si erano convertiti e
cercavano di convincere i loro cari a fare
altrettanto. Sono venute anche la madre
e la sorella del mio amico Issam Yalda,
del villaggio di Bartallah, che però vive a
Qaraqosh. Erano entrambe vestite di nero, totalmente coperte al capo e al viso,
da musulmane integraliste. Piangevano,
lo imploravano di cambiare religione.
Gli dicevano che altrimenti sarebbe stato
ucciso. Ho capito che a Bartallah molti
cristiani hanno accettato di collaborare,
alcuni fanno gli autisti dei guerriglieri. A
Mosul quelli convertiti hanno ricevuto le
abitazioni di coloro che sono fuggiti. Il
21 agosto infine nella nostra cella hanno
fatto irruzione quattro o cinque ragazzini siriani. Avevano il coltello in mano. È
stato rapidissimo. Hanno afferrato la testa di uno sciita dicendo che era finita, ci
avrebbero sgozzati tutti subito. A quel
punto, è intervenuto il capo delle guardie
irachene, un certo Abu Jannad, e ha chiesto altre 24 ore: se per allora non fossimo
diventati musulmani saremmo morti. Io
e altri quindici abbiamo accettato».
Come è stata la cerimonia?
«Una grande festa. Ci hanno condotto
nel nuovo palazzo del governatorato di
Mosul, che loro hanno trasformato nel
tribunale islamico. Il giudice è un iracheno, ma si veste all’afghana, con la barba
lunga e la tunica scura sino alle caviglie.
La Shahada, la dichiarazione di fede che
testimonia la conversione, è durata cinque minuti per ognuno, poi hanno portato cibo, dolci, tè zuccherato, frutta fresca, cantavano, pregavano, ringraziavano Allah, ci abbracciavano come fratelli.
Qualcuno piangeva dalla gioia. Oltre all’attestazione della nostra nuova identità
di musulmani, ci hanno donato circa 130
dollari a testa promettendone altri».
Cosa è avvenuto a coloro che non si
sono convertiti?
«Gli sciiti non so. Forse sono morti.
Una settimana fa ho rivisto in libertà alcuni dei cristiani che erano in cella. Wali
Abbas, l’imam di Qaraqosh, è intervenuto per salvarli, citando il Corano dove afferma che uccidere un cristiano è come
uccidere mille musulmani. Pare abbia
funzionato. Ma se tornano i fanatici siriani per loro è finita. Io poi sono partito.
Sembra che qualcuno da Erbil abbia pagato per garantire che potessi andarmene con un’altra dozzina».
Lorenzo Cremonesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
3
#
Medio Oriente Terrorismo islamico
La sfida jihadista La terza vittima dopo i giornalisti statunitensi Foley e Sotloff. Forse l’assassino è lo stesso che parla in perfetto inglese
L’Isis e il nuovo orrore: abbiamo ucciso Haines
Il video sull’esecuzione del cooperante britannico. Il premier Cameron: pura malvagità
WASHINGTON — I terroristi dell’Isis hanno ignorato il
disperato appello della famiglia ed hanno decapitato
l’ostaggio britannico, David
Haines, 44 anni, in mano agli
estremisti dal maggio 2013. Il
rituale è identico alle esecuzioni dei giornalisti american i Ja m es Fo l ey e S te ve n
Sotloff. Probabilmente il medesimo boia, un estremista
che si esprimeva in inglese.
Il nuovo atto di barbarie
era temuto. Gli esperti dell’intelligence sostenevano
che gli uomini del Califfo
avrebbero colpito ancora in
un momento chiave. E questo
lo è, con gli sforzi americani
per mettere insieme una coalizione disposta a combattere
i jihadisti in Iraq e in Siria. La
famiglia di Haines aveva diffuso, nella giornata di ieri,
una lettera scritta ai rapitori
sollecitando un contatto. Un
tentativo estremo di trovare
un canale per fermare gli as-
Accuse a Londra
Prima di morire
l’ostaggio ha dovuto
accusare Cameron
della sua fine
Appello alla jihad
Su Internet ieri un
appello a lanciare
la jihad «contro
l’Europa»
sassini, ma che non ha avuto
alcun effetto.
Così è arrivato il video postato su Internet con l’omicidio dell’operatore umanitario sequestrato 17 mesi fa in
Siria.Il filmato si apre con
uno spezzone dove compare
il premier britannico che parla della situazione nella regione. Cambio di immagine.
Ecco Haines, costretto a ripetere un messaggio con alle
spalle il boia, un uomo mascherato: «Tu, David Cameron, sei interamente responsabile della mia esecuzione.
Tu sei entrato volontariamente nella coalizione con gli
Stati Uniti contro lo Stato
Islamico», ha affermato
l’ostaggio. Dopo qualche altra parola è intervenuto il
probabile killer. Vestito di nero, con il pugnale nella mano
sinistra, si è espresso in inglese. Una voce simile a quella degli altri video: «Quest’uomo britannico paga il
prezzo della tua promessa,
Cameron, di armare i peshmerga curdi...Ironia della
sorte lui stesso (Haines) ha
trascorso un decennio della
sua vita nella stessa Royal Air
Force responsabile della consegna di queste armi...». Il
mujahed, per far capire che il
video è recente, ha fatto un
riferimento ai recenti raid
nella zona di Haditha. Sono
stati questi gli ultimi istanti
di vita di Haines.
Come negli altri filmati, la
registrazione si è interrotta
nel momento in cui il terrorista inizia a passare la lama
sotto la gola del prigioniero.
Una sequenza ripresa subito
dopo dalla consueta scena: il
corpo dell’ostaggio a terra e
decapitato. Poi la nuova minaccia. Il militante è riapparso alle spalle di un secondo
cittadino britannico, Alan
Henning, anche lui in ginocchio e con la tunica arancione. La prossima vittima dei
tagliatori di teste. Rispetto alle altre «scene», chi ha curato
la regia si è preoccupato di
cambiarla ancora. C’è solo un
leggera collina che non permette di vedere l’orizzonte.
Non appare neppure un albero. Questo per non dare il minimo indizio sul luogo, anche se è probabile che sia
sempre vicino a Raqqa, cittadina nel nord est della Siria.
Duplice il segnale dello
Stato Islamico. Prima si rivolge agli alleati dell’America,
mettendoli in guardia sulle
possibili conseguenze, e lo fa
mentre il segretario di Stato
statunitense John Kerry è impegnato in una missione nella regione mediorientale. Ieri
era al Cairo. Quindi gli estremisti fanno opera di proselitismo mostrando la loro ferocia. L’uccisione di David Haines è coincisa con altri messaggi, apparsi sempre sul
web, dove alcuni militanti
( p res u n t i ) p ro m e t to n o
«guerra all’Europa, alla coalizione anti Isis e ai cristiani in
Siria».
E p o i s i r i vo l g o n o a i
mujahedin: «Individuate i
vostri obiettivi, preparate le
autobomba, le cariche e le
cinture esplosive per colpire
duramente e uccidere». Scenari inquietanti che si uniscono alle indiscrezioni su un
possibile attacco contro jet
passeggeri americani da parte di un gruppo, ribattezzato
«Khorasan». Una cellula che
si starebbe addestrando in
Siria nelle file dei jihadisti rivali della formazione qaedista Al Nusra, con l’aiuto di
esperti yemeniti capaci di costruire ordigni che sfuggono
ai controlli. Il mandante sarebbe Ayman Al Zawahiri,
l’attuale capo di Al Qaeda oggi oscurato dal Califfo dell’Isis, Abu Bakr Al Baghdadi.
Una gara a chi uccide di più.
Guido Olimpio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’ultima missione
con un italiano
per organizzare
un campo profughi
David Cawthorne
Haines aveva 44
anni ed era nato in
Scozia. Era un
cooperante
dell’ong
umanitaria Acted
(Agenzia per la
cooperazione
tecnica e lo
sviluppo) ed era
stato rapito in Siria
nel marzo 2013.
Haines era
apparso nel video
della decapitazione
del reporter
americano Steven
Sotloff, nel quale
l’Isis minacciava di
uccidere anche lui.
Nel video della sua
esecuzione diffuso
ieri, i terroristi
mostrano un altro
ostaggio
britannico, Alan
Henning (nella
foto), e minacciano
di fargli fare la
stessa fine
DAL NOSTRO INVIATO
LONDRA — Hai 17 anni, rapiscono tuo padre in Siria e non puoi
dirlo a nessuno, nemmeno al fidanzato. Fingere che va tutto bene:
questo ha fatto per 17 mesi la diciassettenne Berthany Haines, su
indicazione degli investigatori britannici. Ha finto fino a 10 giorni fa,
quando suo padre è comparso in
ginocchio nel video dei terroristi
dell’Isis, la tuta arancione e l’angoscia sul volto. David Haines aveva
44 anni, inglese dello Yorkshire cresciuto in Scozia, educazione alla
Perth Accademy, una breve carriera
sotto le armi interrotta nel 1999. Da
allora aveva sempre campato nel
settore della sicurezza privata all’estero. Il contractor angelo custode di agenzia umanitarie nelle zone di guerra: prima i Balcani, dove
aveva trovato un nuovo
amore, e poi la Libia, il Sud
Sudan fino alla Siria l’anno
scorso. L’ultima occupazione: un lavoro con Acted,
Agenzia per la Cooperazione Tecnica e lo Sviluppo basata a
Parigi. Marzo 2013: Haines sta facendo un sopralluogo al confine
con la Turchia con il coordinatore di
Acted, l’italiano Federico Motka,
per trovare un posto per allestire un
campo profughi. Un gruppo armato
blocca la loro auto, buca le gomme
di quella dell’interprete e prende
prigionieri i due europei.
In quei giorni è cominciato il calvario silenzioso di una famiglia, anzi di due. La figlia Bethany e la madre Louise, prima moglie di David,
nel paesino scozzese di Scone, Perthshire. La seconda moglie Dragana, che vive in Croazia con la figlia
di 4 anni, nel piccolo villaggio di Sisak. Lì David e Dragana, interprete
croata, si sono sposati nel 2010, dopo che Haines era tornato a lavorare
nell’area. L’amore e la possibilità di
una nuova vita, lontano dalle guerre: David e Dragana aprono una piccola società, Astrea, che fa macchine per produrre gelati sfusi. Ma i
guadagni non sono sufficienti per
mantenere le due famiglie in Croazia e in Scozia. E così Haines lascia i
gelati e torna a fare il security manager in terre di conflitto.
In Libia gestisce la sicurezza per
l’ong americana Handicap International che ha lanciato un programma di sminamento. Poi vola in Sud
Sudan, dove è impiegato da Nonviolent Peaceforce, un altro gruppo
Usa di «operatori di pace non armati». Non sono grandi organizzazioni quelle che impiegano l’ex militare che qualcuno aveva ribattezzato benevolmente «lo scozzese
matto»: il direttore di Nonviolent
Peaceforce l’ha descritto come un
gran lavoratore, che si adattava alle
situazioni più disagevoli, esperto
di sicurezza. Una di quelle migliaia
di persone oscure che negli ultimi
29 giugno 2014
Proclamazione
del «Califfato»
di Al Baghdadi
Lo Stato islamico in Iraq e in
Siria (Isis) annuncia la
fondazione del «Califfato» sui
territori conquistati nei due
Paesi arabi. A guidarlo è Abu
Bakr Al Baghdadi, che si
proclama califfo con il nome
di Ibrahim. Migliaia di
jihadisti accorrono da tutto il
mondo, anche dall’Occidente.
Le persecuzioni dei cristiani e
delle minoranze si aggravano
19 agosto
La morte
del reporter Usa
James Foley
Chi era Sequestrato in Siria da 17 mesi. Si occupava di sicurezza
Il profilo
Le tappe
Lo Stato Islamico dichiara di
aver decapitato il giornalista
americano James Foley, rapito
nel nord della Siria nel 2012.
L’annuncio avviene tramite un
video che suscita l’indignazione
del mondo intero e in cui si
minaccia di uccidere un
secondo ostaggio in
rappresaglia ai raid americani
sull’Iraq settentrionale
occupato dai jihadisti
Ultimi istanti
Un fermo immagine del
video girato subito prima
della decapitazione di
David Haines, vestito con
una tuta arancione come i
prigionieri di Guantanamo
dieci anni hanno girato tra Medio
Oriente e Afghanistan per guadagnarsi da vivere o per vedere il
mondo o per fare del bene, piccoli
contractor descritti talvolta come
mercenari. Nel villaggio di Scone,
dove tutti si conoscono, il vicino
Scot Stevenson diceva pochi giorni
fa: «Tutti noi speriamo in un miracolo».
Il miracolo di Federico Motka, liberato a maggio, non si è ripetuto.
Il Sunday Times scrive che per
La famiglia
David
Haines in
due immagini di vita
familiare:
con la moglie croata
Dragana
Prodanovic
e con la
figlia di 4
anni. Ne
aveva anche
una di 17
l’ostaggio italiano il governo Roma
avrebbe pagato un riscatto di quasi
5 milioni di sterline. La linea della
fermezza reiterata da Londra non
ha lasciato questo spiraglio. La decapitazione prima di James Foley e
poi di Steven Sotloff, giornalisti
freelance americani, e l’apparizione di David nel video con la minaccia »se non fermate i raid la prossima volta tocca a lui» ha ridotto ulteriormente le speranze.
Secondo alcuni osservatori anche il referendum in Scozia potrebbe aver giocato un ruolo. L’ammiraglio Lord West di Spithhead, ex
ministro per la Sicurezza laburista,
l’8 settembre aveva detto al Times:
«Lo Stato Islamico è molto attento
alla nostra politica. Chi gestisce la
propaganda online è a conoscenza
dell’imminente voto scozzese». Secondo West l’Isis avrebbe potuto
sfruttare l’esecuzione dell’ostaggio
per «aiutare» il partito del sì e danneggiare così David Cameron che
ha deciso di fornire armi all’esercito iracheno. Cameron ieri notte ha
definito l’uccisione di David Haines
«un atto di pura malvagità. Faremo
di tutto per rendergli giustizia».
Michele Farina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2 settembre
La seconda
esecuzione:
Steven Sotloff
Lo Stato Islamico rivendica con
un video simile al primo una
nuova decapitazione
«esemplare»: la vittima è un
altro giornalista statunitense,
Steven Sotloff, scomparso ai
primi di agosto vicino ad
Aleppo. Parlava l’arabo e aveva,
ma si è saputo dopo, anche
passaporto israeliano. I
miliziani minacciano di
uccidere l’inglese David Haines
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italia: 51575551575557
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Primo Piano
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Il vertice L’Ecofin di Milano
L’Europa: siete ambiziosi, ora passate ai fatti
Il commissario Katainen incontra Padoan. Il ministro: meno tasse. Visco: i problemi restano
MILANO — Un incontro tra
il ministro dell’Economia Pier
Carlo Padoan e l’attuale commissario Ue per gli Affari economici, il finlandese Jyrki Katainen, durante l’Ecofin a Milano, compone il contrasto
scaturito da un attacco del
premier Matteo Renzi contro
Bruxelles. «È stato un colloquio molto buono», ha affermato Katainen, coordinatore
dei principali dossier economici nella prossima Commissione del lussemburghese
Jean-Claude Juncker (come
futuro vice presidente), aggiungendo il suo apprezza-
Weidmann (Bundesbank)
«Politica Bce,
a rischio
la stabilità»
2,6%
il vecchio obiettivo del
rapporto tra deficit e Pil che
dovrà essere rivisto. Il
governo ha manifestato
comunque l’intenzione di
non sforare la soglia del 3%
mento per l’impegno sulla
crescita e per le riforme di Padoan.
«Il governo italiano ha un
piano molto ambizioso ed è
quanto è necessario fare — ha
dichiarato Katainen —. Se tutti i programmi verranno attuati l’economia italiana riceverà una spinta importante.
Noi appoggiamo il governo
italiano». La sua condizione è
di passare dalle parole ai fatti.
Il commissario finlandese si
è detto dispiaciuto e sorpreso
dell’interpretazione negativa
della sua risposta polemica alle critiche del premier italiano.
Ma non ha voluto anticipare se
l’Italia avrà più tempo per raggiungere il pareggio di bilancio. Anche se Padoan ha pubblicamente ricordato che «le
riforme hanno tempi lunghi»
per «l’approvazione» e per ottenere «risultati visibili».
Il ministro dell’Economia
ha detto che ora in Europa «la
crescita è la priorità di tutti». E
ha annunciato una «legge di
stabilità che favorisce la crescita, aggredisce le cause della
scarsa competitività e protegge e favorisce le fasce più deboli confermando i tagli delle
tasse che abbiamo già intro-
Gli obiettivi
L’ex premier finlandese non ha
comunque anticipato se l’Italia avrà
più tempo per il pareggio di bilancio
✒
dotto». Abbattere le tasse sul
lavoro resta «una priorità». Ha
specificato che in relazione
agli investimenti per la crescita in Europa «stiamo lavorando non a idee generiche, ma a
misure concrete che devono
essere prese nel giro di poche
settimane».
Padoan ha definito «utile» il
«controllo europeo sulle riforme». Ma è stata smentita dal
presidente dell’eurogruppo,
l’olandese Jeroen Dijsselbloem, e da Katainen l’ipotesi di
controlli aggiuntivi per l’Italia,
Il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan e,
sullo sfondo,
il commissario Jyrki Katainen
Le aspettative dell’incontro e la strada ancora da percorrere
di STEFANIA TAMBURELLO
L’
Italia? Esce dall’Ecofin «con tutti i suoi problemi», dice
il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco,
rispondendo al giornalista del Tg2. Non c’è bisogno di
spiegazioni, parlano i dati statistici, per capire che occorre
ben più di un vertice europeo per arrivare ad un
cambiamento. Con l’inflazione sotto zero, il Pil pure,
la produzione industriale che continua a calare mentre
crescono disoccupazione e debito, è difficile dire che l’Italia
abbia avviato a soluzione qualche problema. E Visco non l’ha
detto, e nessuno, a dire il vero, conoscendo soprattutto il suo
rigore per l’analisi economica, se lo sarebbe aspettato.
Diversamente, forse, qualche attesa alla vigilia del vertice di
Milano c’era sul tema principale delle riunioni, il rilancio
degli investimenti, condizione essenziale per riprendere a
crescere. Quattro proposte di lavoro — i documenti francotedesco, della Polonia, dell’Italia e dell’Europa, a firma di
Jean-Claude Juncker — e il comune accordo ad agire assieme
e subito, poteva far immaginare la definizione di qualcosa di
più di un rinvio, seppure di qualche settimana, a uno schema
di suggerimenti più specifici da parte della Commissione e
della Bei. Ma è proprio Visco a dare il contesto in cui l’Italia e
gli altri Paesi europei si stanno muovendo: «La discussione è
su cosa fare per accrescere le potenzialità di sviluppo». C’è
un notevole consenso sul fatto che esiste un problema a
livello europeo sugli investimenti e sul da farsi per farli
ripartire. La situazione al momento è questa e per andare
avanti, secondo il governatore, serve innanzitutto «senso di
responsabilità e visione coerente», ma anche gli strumenti
finanziari adatti e ovviamente le riforme. Non ne basta una,
anche se fatta bene, ma bisogna, dice, considerarle tutte nel
loro insieme confrontandosi per capire cosa funziona e cosa
no. In conclusione, la strada per cominciare a risolvere i
problemi è stata delineata ma è lunga.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
fatta circolare informalmente
da un euroburocrate. «Nessun
nuovo impegno scritto è stato
chiesto all’Italia», ha tagliato
corto Dijsselbloem.
All’Ecofin, presieduto da
Padoan, non sono mancate le
preoccupazioni per la difficile
situazione economica in Italia
e in Francia. I dati negativi italiani su disoccupazione, Pil,
produzione industriale e debito creano tensioni anche nel
governo di Roma. «Sono ben
al corrente dei dati macro», ha
ammesso Padoan, che non ha
voluto commentare l’eventualità di una manovra correttiva.
Il governatore della Banca
d’Italia Ignazio Visco, presente
all’Ecofin, ha dichiarato che
l’Italia è uscita dalla riunione a
Milano «con i suoi problemi».
Il prossimo commissario Ue
per gli Affari economici, il
francese Pierre Moscovici, ha
detto che all’insediamento in
novembre si occuperà del «serio problema» dei conti pubblici di Parigi. Katainen ha
parlato di «situazione molto
difficile», ma ritiene che la
Francia «troverà una via
d’uscita».
Ivo Caizzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il ministro delle Finanze Schäuble sul piano per la crescita: saranno finanziati soltanto progetti concreti e di alta qualità
Berlino mette in guardia sugli investimenti:
la Ue li valuterà uno a uno, no ai soldi facili
MILANO — «Abbiamo bisogno di
più investimenti in Europa, anche in
Germania. Sopratutto in ricerca, sviluppo e innovazione». Il vero problema, però, non è la scarsità di liquidità: «Non esiste una mancanza di finanziamenti, ma di fiducia», ha spiegato ieri il ministro delle Finanze
tedesco Wolfgang Schäuble al termine dell’Ecofin informale a Milano.
Se questi sono i termini della questione vista da Berlino, è facile intuire perché la Germania non solo fa resistenza a ulteriori allenamenti della
politica monetaria della Bce, ma respinge qualsiasi ipotesi di scollamento dai vincoli del Patto di stabilità e di crescita, che minerebbe la credibilità nell’eurozona. Il messaggio
tedesco non cambia: «Le regole di bilancio vanno rispettate. Noi lo facciamo, è un fattore fondamentale per la
fiducia degli investitori», dice
Schäuble dimenticando quando fu
proprio la Germania (con la Francia)
a sforare il tetto del deficit. E insiste:
«Dobbiamo concentrarci sulle riforme strutturali».
Anche sugli Abs spazza via ogni
dubbio: «La Germania non darà nessuna garanzia statale», come ha suggerito invece il presidente della Bce
Mario Draghi per allargare il nuovo
programma di acquisto titoli cartolazzati che aprirà a ottobre anche alle
tranche più rischiose (mezzanine).
Ma poi il ministro tedesco usa, a
sorpresa, la parola «solidarietà». È
una mano tesa inaspettata da un
campione del rigore. «Alle riunione
dell’Ecofin ci siamo chiesti come facciamo a far crescere di più l’Europa.
In Germania non siamo ancora nervosi, ma non possiamo ignorare chi
è in difficoltà», afferma. Il governo
tedesco riconosce che «le piccole e
media imprese hanno bisogno di più
capitali». Perciò non solo ha sostenuto la proposta del nuovo presdiente della Commissione Ue, Jean-Claude Junker, di lanciare un piano europeo di investimenti da 300 miliardi,
ma ha presentato un proprio documento firmato insieme alla Francia.
Sia ben chiaro, le regole sono alla
tedesca: niente finanziamenti a pioggia, ma solo progetti ben identificati.
«La lista dei progetti di investimento
sarà valutata dalla Commissione entro dicembre». Ma, avverte, «saranno finanziati soltanto progetti concreti e di alta qualità». E anche le
grandi reti energetiche europee, ad
esempio, dovranno seguire questi
La riforma
Sanità, nuovo
ticket
a novembre
La riforma dei ticket sanitari,
prevista dal Patto per la Salute, dovrebbe
nascere entro il 30 novembre. I tecnici sono
al lavoro sui nuovi indicatori per le
esenzioni per reddito e patologia. Le
Regioni potranno comunque intervenire in
autonomia con un aumento.
criteri.
Il documento è stato messo a punto dalla stesso Schäuble con il ministro francese delle finanze Michel Sapin. «Ci sentiamo al telefono tre volte
a settimana, e ci intendiamo benissimo», ammette il tedesco. Prove di
un’Europa a guida franco-tedesca.
Ma la confindenza tra i due ministri
non salva la Francia, che ha chiesto
più tempo, fino al 2017, per rientrare
nei parametri previsti dal Patto di
stabilità e di crescita. «Ha promesso
di fare i compiti a casa», sentenzia
Schäuble. Si vedrà.
Per l’Italia «vale lo stesso discorso». Come la Francia, è «un Paese
membro fondamentale dell’Unione
europea. E noi abbiamo bisogno di
un’Italia forte. Il governo Renzi ha
annunciato molte riforme strutturali, ora deve implementarle. Realizzare le riforme è meno facile che annunciarle, ma noi sosteniamo il primo ministro italiano nella loro attuazione».
Giu. Fer.
@16febbraio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MILANO — «Una politica
monetaria troppo espansiva
mette a rischio la stabilità
finanziaria e può spingere i
politici ad allentare gli sforzi a
fare le riforme strutturali»,
afferma Jens Weidmann, 46 anni,
presidente della Bundesbank e
membro del consiglio direttivo
della Bce.
Herr Weidmann, è pronta la
Germania a creare un po’ di
inflazione per aiutare i Paesi
dell’eurozona, come l’Italia, che
con l’ultimo dato sui prezzi è già
scivolata in deflazione?
«Il nostro mandato in seno alla
Bce è chiaro: assicurare la stabilità
dei prezzi, che definiamo con un
tasso di inflazione vicino ma sotto
il 2%. Perciò non si tratta di
aiutare un Paese a spese di un
altro, ma di fare una politica
monetaria per l’eurozona nel suo
complesso».
Ma il tasso di inflazione
dell’eurozona, sceso a +0,3%, è
ben al di sotto del target dalla
Bce.
«È vero, abbiamo una ripresa
fragile e disomogenea e questo si
riflette sull’evoluzione dei prezzi.
Allo stesso tempo, con la nostra
conoscenza e i nostri poteri
possiamo
influenzare solo
il futuro e perciò
definiamo il
nostro obiettivo
di stabilità dei
prezzi nel medio
periodo. La
Jens Weidmann, domanda giusta
è se siamo
46 anni, presisoddifatti con
dente della
l’andamento
Bundesbank
dell’inflazione
rispetto alle previsioni del nostro
orizzonte temporale. Qui
osserviamo un graduale recupero,
sebbbene il tasso di inflazione sia
ancora sotto il nostro target. È
uno sviluppo che non ci soddisfa
appieno, e per questo abbiamo
preso importanti decisioni a
giugno e, più di recente, il
consiglio dei governatori ha
deciso ulteriori misure».
Perché nell’ultima riunione del
consiglio direttivo della Bce lei
non era favorevole alla decisione
di lanciare, in ottobre, un
programma di acquisto di titoli
che cartolarizzano prestiti, i
cosiddetti Abs?
«Non commento mai il mio
comportamento quando votiamo,
perciò non dirò come ho votato.
È naturale però che un tale
programma di politica monetaria
chiaramente non convezionale
trasferisce i rischi dai bilanci delle
banche al bilancio della Bce e, in
ultima analisi, ai contribuenti».
Ha fiducia nelle promesse del
premier Matteo Renzi di fare le
riforme strutturali, o crede che
l’Italia dovrebbe essere messa
sotto il controllo della Troika?
«Guardo con favore all’agenda di
riforme annunciata dal governo
italiano. È nell’interesse comune.
Ma sono convinto che la spinta
debba venire dal Paese, serve un
ampio consenso affinché questa
agenda di riforme funzioni. Noi,
altri Paesi, possiamo assistere e
aiutare».
Giuliana Ferraino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Piano
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Il governo Le scelte
Renzi alza la voce: l’Europa dia conto
dei 300 miliardi di investimenti
La giornata
Il viaggio in Puglia del premier: Ue senza futuro se è solo spread
La provocazione
Bonanni
e la riforma:
«Mi sembra
un Jobs ghost»
ROMA — «Basta con i
palloni gonfiati che
promettono posti di
lavoro attraverso le
riforme». Il segretario
generale della Cisl,
Raffaele Bonanni, scende
dal palco della festa
dell’Udc e spara a zero
contro Matteo Renzi e il
Jobs Act, la riforma del
lavoro all’esame del
Senato che questa
settimana entra nel vivo
con il dibattito sui
licenziamenti e
sull’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori.
«Sono cinque governi di
fila che promettono più
occupazione ma poi
nessuno ci riesce»
aggiunge Bonanni,
tornando indietro nel
tempo fino all’ultimo
governo Prodi. Poi il
segretario della Cisl
cambia nome alla
riforma presentata da
Renzi: «Non parlerei di
Jobs act ma di Jobs ghost
(fantasma, ndr).
Nessuno ha potuto
leggere la proposta
dettagliata. Spero si
recuperi in trasparenza e
DAL NOSTRO INVIATO
BARI — Le contestazioni sono marginali, ma lo tallonano.
Lui gira in lungo e largo la Puglia, dal Gargano allo Ionio, sino
a Bari e poi a Mola di Bari, e una
volta sono i medici che non ha
potuto incontrare nel corso della visita all’Ilva, un’altra i precari
del capoluogo pugliese, che gli
offrono simbolicamente un gelato, oltre ai fischi, al suo ingresso alla Fiera del Levante, e poi ci
sono anche una cinquantina di
scalmanati che cercano di forzare i cordoni della polizia in prefettura, a Taranto.
Lui ignora quasi tutto, si
muove in elicottero fra una tappa e l’altra, improvvisa riunioni
con i sindaci che contestano il
progetto del gasdotto Tap, e risponde all’Europa: a Milano c’è
una riunione dell’Ecofin e il botta e risposta con la Commissione Ue prosegue. La premessa
che porta all’inaugurazione della Fiera ha il sapore della rivendicazione, se il Paese si appresta
a fare delle riforme che non a
tutti piaceranno, c’è forse da
mettere le mani avanti, «dopo
anni di ubriacature per soluzioni tecniche o tecnocratiche è arrivato per la politica il momento
di fare la propria parte». La metafora di una convinzione, questa volta, è mutuata dal pallone:
Tra gli alluvionati
La solidarietà del capo
del governo agli
agli alluvionati
Contestato a Taranto
si vede come «un allenatore che
ha la testa dura, e va avanti senza mollare di un centimetro, e
per la prima volta sugli spalti c’è
gente che fa il tifo perché la
squadra vinca».
Che la squadra, la sua, debba
giocare e vincere la partita, lui
continua a non avere dubbi, «da
venti anni in Italia c’è una malattia che si chiama riformite, le
riforme si annunciano e non si
fanno», non sarà così per il suo
governo, sembra sottointeso,
anche «se non credo che le riforme ci salveranno, almeno da sole, ma sono il minimo per continuare a guardarsi nello specchio».
In Europa invece sono quasi
più ottimisti, le riforme che ci
chiedono e non abbiamo ancora
fatto sono decisive, ma «vanno
attuate» dice il commissario
Jyrki Katainen, intendendo che
finora, forse anche il governo
Renzi, ne ha parlato troppo.
Mentre a Peschici chiedono
conto dei soldi per risollevare
l’agroalimentare («non vi lasceremo soli», promette il capo del
governo), mentre la commissione di Bruxelles dice che finora
ha visto più parole che fatti, il
premier ha anche lui qualcosa
da chiedere, «Juncker è stato
eletto con un programma che
prevede investimenti per 300
miliardi di euro. Non facciamo
piagnistei ma chiediamo di rispettare quanto scritto in quel
programma, chiediamo conto»
di quei soldi, «visto che siamo
l’Italia, siamo alla guida della Ue
e dobbiamo essere capaci di farci sentire, l’Europa non può essere solo spread».
Uno degli argomenti del gior-
Taranto
Ieri Renzi a Taranto ha
visto i rappresentanti
dei lavoratori e delle
istituzioni locali sul
caso Ilva. Davanti alla
prefettura, uno
striscione di protesta
(foto sotto, Ansa)
no è il progetto Tap, gasdotto
che parte da Baku, dove Renzi
andrà sabato prossimo, e che
secondo gli accordi con il governo azero, siglati già da Enrico
Letta, dovrebbe portare gas sino
alle coste pugliesi. Da queste
parti non lo vuole quasi nessuno, almeno fra i sindaci. Renzi
Peschici
Prima, nella mattina, il
premier a Peschici
(Foggia) ha incontrato
i sindaci del Gargano
colpito dall’alluvione.
sottolinea due cose. Uno: «Chi
dice no non può dire stop, non è
possibile che si blocchi un’opera
che parte dall’Azerbaijan». Due:
«Se volete trovate voi un’alternativa, uno sbocco diverso, viceversa si fa dove stabilito».
A Taranto invece c’è da sfatare
qualcosa che sembra ormai assodata per tanti, per troppi secondo il premier: per l’Ilva come
per altri luoghi industriali «si
vuol far credere che diritto a salute e diritto a lavoro non possano convivere, non è vero, Taranto e la siderurgia sono l’esempio
che crescita, salute e investimenti siderurgici si possono
combinare. L’Ilva è una questione nazionale e bisogna vincere
la scommessa di fare produzione industriale nel rispetto dell’ambiente», dice all’uscita dalla
prefettura.
Alla fine della giornata un
proverbio africano riassume lo
stato del premier, «certo tutto si
poteva fare prima, ma se il momento migliore per piantare un
albero è venti anni fa è anche
adesso, non si molla e si va
avanti». La stessa cosa a Peschici, portando conforto a imprenditori e cittadini alluvionati, con
la promessa, vaga, di passare le
vacanze del prossimo anno proprio in Gargano.
Renzi ha effettuato un
sopralluogo in
elicottero (foto sopra)
Bari
Il premier è poi
intervenuto
all’inaugurazione
della Fiera del
Levante. Al termine ha
incontrato i 40 sindaci
salentini che
protestavano contro il
gasdotto Tap
Il segretario Cisl
«Nessuno ha letto
il piano dettagliato,
ora più trasparenza»
Marco Galluzzo
La carezza Il gesto d’affetto di Matteo Renzi verso Nichi Vendola. A destra, il presidente della Fiera del Levante Ugo Patroni Griffi (Fotogramma)
che via via sia una
discussione alla luce del
sole». Bonanni dice che
anche la Cisl sarà in
piazza. Al momento,
però, i sindacati
procedono in ordine
sparso. La Fim, i
metalmeccanici della
Cisl, organizzerà un
presidio davanti a
Palazzo Chigi per il 30
settembre. La Cgil ha
annunciato una
manifestazione nei primi
dieci giorni di ottobre,
mentre la Fiom, i
metalmeccanici della
stessa Cgil, hanno già
fissato per il 25 ottobre
un corteo a Roma
accompagnato da uno
sciopero di otto ore.
«Con gli altri segretari ci
sentiamo con frequenza
credo ci saranno molte
iniziative unitarie e
non», dice il numero uno
della Cgil, Susanna
Camusso. Che aggiunge:
«Il tasso di
disoccupazione ha
bisogno di risposte, serve
una proposta che unisca
il mercato del lavoro».
L. Sal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Palazzo Chigi Da Palazzo Vecchio anche l’uomo che dovrà rispondere alle mail di [email protected]
Il leader amplia lo staff. Da Firenze il «tuttofare»
La segreteria al completo costerà un milione e 300 mila euro. In squadra pure Nicodemo
FIRENZE — Dal segretario
particolare Franco Bellacci, una
specie di «sono Wolf, risolvo problemi» mutuato dal personaggio
del film Pulp Fiction, al «risponditore» Pilade Cantini, già dipendente di Palazzo Vecchio, che gestirà la corrispondenza con le migliaia di cittadini che scrivono al
premier. Sono due delle ultime
sette assunzioni che completano
la segreteria di Matteo Renzi, che
con quest’ultima tranche di fedelissimi conta di far viaggiare a dovere la sua «macchina» sei mesi
dopo essere arrivato a Palazzo
Chigi. Quasi tutti fiorentini e di
fiducia, anche per chiudere gli
spifferi nei corridoi, dove le informazioni corrono troppo ogni
volta che qualche compito delicato viene delegato a qualcuno fuori dal cerchio più stretto. A regime, la segreteria al completo costerà circa 1,3 milioni l’anno, 2300 mila euro in meno rispetto a
quella di Enrico Letta.
Il decreto con le ultime assunzioni a tempo determinato è alla
firma del presidente, che ha formalizzato anche la collaborazione con il governo di 15 consiglieri
giuridico-economici (tra cui anche l’ex assessore alla Cultura di
Palazzo Vecchio, Giuliano da Empoli), tutti consulenti, a differenza della segreteria, a titolo gratuito che percepiranno solo rimborsi spese.
Da Palazzo Vecchio arriverà
nei prossimi giorni Franco Bellacci, detto «Franchino», uno dei
pochi abituato all’attivismo del
premier e pronto a risolvere i suoi
piccoli-grandi problemi pratici:
La squadra
Factotum
Franco
Bellacci, 46
anni, già
capo della
segreteria
di Renzi a
Palazzo
Vecchio,
risolverà i
problemi
pratici del
premier
dal computer che si blocca all’alba alle slide da preparare a notte
fonda. C’è un segreto per riuscire
a sopportare i ritmi di Renzi?
«Tanta voglia di lavorare e altrettanto sacrificio. Poi è chiaro: bisogna fare rinunce, ma le soddisfazioni non sono mai mancate
— raccontò Bellacci al Corriere
Fiorentino —. Semmai il vero segreto è che ci vuole l’umiltà di affrontare con la stessa attenzione i
problemi semplici e quelli com-
Gli incarichi
Da Palazzo Vecchio
Dal Comune di Firenze
arriverà anche Pilade
Cantini: risponderà alle
mail che arrivano
all’indirizzo
[email protected].
Giovanni Palumbo, già
dirigente a chiamata di
Palazzo Vecchio, a Palazzo
Chigi sarà a capo della
segreteria tecnica
Consiglieri
Il decreto, che aspetta la
firma di Renzi,
formalizzerà anche la
collaborazione con il
governo di 15 consiglieri
giuridico-economici (tra
cui Giuliano da Empoli): a
differenza della segreteria,
i consulenti sono a titolo
gratuito e percepiranno
solo rimborsi spese
plessi. E poi, per stare dietro a
Matteo ci vuole il fisico: io, ad
esempio, ho dovuto perdere 20
chili».
A Roma si trasferirà anche Pilade Cantini, che prima di arrivare a Palazzo Vecchio era stato assessore in un Comune del Pisano
per Rifondazione Comunista. Un
curriculum politico opposto a
quello del moderato Renzi, che di
Cantini apprezza le capacità letterarie, tanto da chiamarlo per ri-
Partito Francesco Nicodemo, 36
anni, viene dalla segreteria Pd
spondere alle migliaia di mail che
ogni giorno arrivano a [email protected]. Il decreto prevede anche l’assunzione di Elena
Ulivieri, moglie di Cantini.
A capo della segreteria tecnica
arriverà a Palazzo Chigi Giovanni
Palumbo, già dirigente a chiamata del Comune di Firenze. Dal Pd
si sposterà invece Francesco Nicodemo, che lascerà il suo posto
al Nazareno pochi giorni prima
che Renzi nomini la nuova segreteria. Nicodemo, napoletano,
laureato in Lettere ed esperto di
social network e social media,
gestirà la comunicazione del governo via Facebook, Twitter e altre piattaforme di dibattito virtuale.
Infine, anche se al di fuori dalle nomine di questo decreto, il
ministro per le Riforme Maria
Elena Boschi avrà un portavoce
ufficiale: Luca Di Bonaventura, ex
giornalista dell’Ansa, che finora
aveva seguito il sottosegretario
Luca Lotti, braccio destro del premier.
Claudio Bozza
@ClaudioBozza
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
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Primo Piano
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Giustizia Le nomine bloccate
A Palermo
Il Pd blinda Violante, FI prende tempo
Guerini rilancia il candidato per la Consulta: domani scrutinio decisivo
Gli azzurri tentati dalla scheda bianca. Le voci di un sondaggio con Coppi
ROMA — Lorenzo Guerini,
vicesegretario del Partito democratico e plenipotenziario
di Matteo Renzi, per ora blinda
la candidatura di Luciano Violante alla Consulta. «Ma è in bilico quel nome dopo il ritiro di
Antonio Catricalà?», gli è stato
chiesto dal Giornale Radio Rai:
«Assolutamente no, Violante
ha i requisiti di competenza e
di autorevolezza per svolgere
questo importante incarico», è
stata la risposta di Guerini.
Ma il vice di Renzi sa bene
che se anche lo scrutinio segreto di domani dovesse risolversi in una fumata nera, per
l’ex presidente della Camera la
strada diventerebbe sempre
più in salita. Infatti, sul nome
di Violante non è poi così scontata la collaborazione di Forza
Italia — necessaria per raggiungere il quorum di 570 voti,
3/5 degli aventi diritto — perché si trova nella condizione di
avere consumato un candidato
(Antonio Catricalà si è ritirato
dopo essersi fermato a 368 voti) senza averlo ancora sostituito con uno nuovo, nella fattispecie il senatore Donato Bruno
che pure ha già una base di
partenza di 120 voti.
Lo scenario che teme di più
il Pd è l’atteggiamento attendista di FI che domani pomeriggio, in assenza di un accordo
interno al partito sul nome di
Bruno o di un altro candidato,
potrebbe votare scheda bianca
facendo così scendere i voti già
ottenuti da Violante (468) e allontanandolo quindi dal traguardo fissato a quota 570. E
domani, lunedì, giornata anticipata di rientro a Roma dei
parlamentari, il quorum è ad
altissimo rischio causa assenze
e ritardi di treni ed aerei.
Al secondo scrutinio di giovedì scorso ha preso una manciata di voti, undici per l’esattezza, anche il costituzionalista
Augusto Barbera che viene accreditato come il «candidato
ideale» per Matteo Renzi. Però,
fanno notare gli strateghi dell’aula del Pd, questo nome, co-
me altri alternativi a Violante,
andava speso fin dall’inizio
perché l’esperienza insegna
che un cambio di cavallo in
corso d’opera finirebbe in un
bagno di sangue in casa dem.
Per questo Guerini si è esposto
alla radio del servizio pubblico.
«Nel Pd su Violante c’è stata
una forte convergenza, al momento del voto abbiamo dimostrato che i gruppi parlamentari sul nome hanno tenuto in
maniera significativa».
Il ritorno in Aula
Le votazioni riprendono domani
pomeriggio: difficilmente si potrà
contare sulla presenza
di un alto numero di parlamentari
Guerini non aggiunge altro
sui 70 e rotti voti che la maggioranza ha fatto mancare a
Violante e poi tende la mano a
Forza Italia che ora è impegnata a rimpiazzare Catricalà:
«Non accettiamo indicazioni a
scatola chiusa però abbiamo la
disponibilità e la responsabilità per convergere su nomi condivisi per sostenerli insieme».
Ora aspettando la scelta di FI
— Giovanni Toti ha ricordato
le diverse sensibilità espresse
La rosa
I democratici per ora non vogliono
spendere altri nomi, come quello di
Barbera, perché ritengono pericoloso
un cambio in corsa
dal partito «con voti a Catricalà, Bruno e Pecorella», mentre
qualcuno parla di inutili tentativi fatti con il professor Franco
Coppi — tra gli azzurri lavora
nell’ombra il partito che per
tanti motivi non vuole Violante alla Consulta: «Per molti di
noi è indigeribile a meno che il
suo nome non venga accoppiato a quello di un nostro candidato che ha le caratteristiche
dell’avvocato Niccolò Ghedini», dice un parlamentare azzurro molto addentro ai temi
della Giustizia. Dunque, rivela
la stessa fonte azzurra, la nuova
intesa tra Renzi e Berlusconi
per la Consulta dovrebbe poter
prevedere un passo indietro
anche da parte del Pd: «Per noi,
se loro votano Donato Bruno,
andrebbero bene il professor
Stefano Ceccanti o la senatrice
Anna Finocchiaro...».
Il voto segreto, tuttavia, è
governato da imprevedibili
correnti carsiche che riguardano tutti i partiti. Precisa infatti
il socialista Enrico Buemi, senatore eletto nelle liste del Pd:
«Il voto segreto non è leziosità
politica ma libertà di discernimento per i parlamentari». E
visto che domani si rivota anche per i 5 consiglieri laici del
Csm ancora non eletti, il vice
presidente della Camera Luigi
Di Maio (M5S) stuzzica il Pd:
«Io credo che nel patto del Nazareno non solo rientrava Catricalà ma anche persone come
Luigi Vitali (ex deputato azzurro, ndr) che ora il Pd e Forza
Italia stanno votando per il
Csm. Ma Vitali è imputato a
Napoli per falso...e ora lui rischia di essere eletto nell’organo che deve giudicare il magistrato che deve giudicare Vitali».
Il centrista Pier Ferdinando
Casini ricorda infine che, in caso di impasse prolungato nelle
elezioni per completare gli organi costituzionali, ci si trova
davanti a «un caso di scuola tipico di motivazione di scioglimento del Parlamento».
Dino Martirano
Carceri piene,
Boldrini:
riabilitazione
ostacolata
120
i voti ottenuti dal
candidato per la Consulta
Donato Bruno. Il senatore
di Forza Italia ha raccolto i
consensi dei parlamentari
che si opponevano
all’elezione dell’ex
presidente dell’Antitrust
Antonio Catricalà
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Il retroscena Le divisioni dei democratici
La voglia di rivalsa
della minoranza
E Orfini punta il dito
contro il voto segreto:
«È un malcostume»
ROMA — Due giorni di fuoco per il Partito democratico. Domani si ricomincia con il voto per la Consulta e si capirà se Luciano Violante sarà riuscito a
spuntarla o ancora no. Se non fosse così, si dovrà
decidere se restare fermi su questo nome o trovarne
un altro. Il tutto mentre sta per arrivare la Direzione
del partito, martedì, che dovrebbe sancire una nuova segreteria «unitaria».
Di unità, in realtà, nel Pd per ora ce n’è poca. Resta
alta la tensione e la vicenda della Corte costituzionale è la cartina di tornasole di un partito nel quale si
incrociano i malumori contro il dirigismo di Matteo
Renzi, l’ostilità al patto del Nazareno e la voglia di rivalsa della minoranza interna. Il partito riproporrà il
nome di Violante come suo candidato alla Consulta:
«È stata una scelta condivisa, dopo un confronto
con i capigruppo Zanda e Speranza — spiega la vicesegretaria Debora Serracchiani — Su 400 parlamen-
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Primo Piano
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La strategia Il leader di Forza Italia punta a un’intesa sulla legge elettorale
Berlusconi conferma i patti:
ma teniamoci pronti per le urne
La bocciatura di Catricalà indebolisce la linea filo governativa
ROMA — La linea resta la stessa, perché
questo vuole Berlusconi: sulle riforme si
continua a collaborare, visto che «ci siamo impegnati e il nostro ruolo è trasparente», l’opposizione si farà con dichiarazioni anche dure ma atti non feroci, e sulla
legge elettorale bisognerà cercare l’intesa
migliore possibile. Perché è vero che, dipendesse dal Cavaliere, si potrebbe tranquillamente andare avanti ancora un paio
d’anni così — con Renzi che governa nella
fatica perdendo consensi e Forza Italia che
si riorganizza —, ma la realtà è che le cose
potrebbero andare in ben altro modo.
È da qualche giorno infatti che ad Arcore si respira un’aria diversa rispetto agli
ultimi tempi. La sensazione è che tenere
vivo il patto del Nazareno e magari ampliarlo anche ad altri terreni oltre a quello
delle riforme e della legge elettorale stia
diventando sempre più difficile. Il malumore che si respira nel partito, la difficolVisitando il carcere minorile Malaspina, ieri a
Palermo, la presidente della Camera Laura Boldrini è
intervenuta sul tema del sovraffollamento negli
istituti di pena: «È un ostacolo alla riabilitazione dei
detenuti. Il parlamento si è occupato di questo,
facendo proprio il monito del Capo dello Stato che ha
ricordato la sentenza della Corte di Strasburgo».
Meglio il fronte della giustizia minorile: «Stiamo
dando un esempio di buone pratiche. La questione
carceraria comunque rimane all’ordine del giorno
della politica». In ogni caso, ha precisato, un indulto
«non è tra le priorità». Pur senza entrare nel merito
della riforma, la presidente della Camera ha parlato
anche di giustizia: «Spero si vada nella direzione di
rendere la nostra giustizia più efficace e veloce,
perché i tempi sono richiamo della giustizia
europea». Sono stati i giovani detenuti a fare de
guida alla Boldrini, mostrandole alcune delle attività
svolte nell’istituto: nella cucina le hanno offerto
piatti preparati da loro (nella foto, accanto alla
presidente, lo chef Angelo Capuana che ha curato il
corso di cucina). Qui «i giovani imparano a fare i
cuochi, i bagnini o gli istruttori di nuoto ed escono
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con qualcosa in mano», ha detto.
Fu tra i fondatori di «Repubblica»
Addio a Melega, giornalista e deputato radicale
Il messaggio di cordoglio di Napolitano
È morto venerdì notte all’ospedale
di Venezia dopo una breve malattia
lo scrittore, giornalista e politico
Gianluigi Melega. Era nato a
Milano il 12 gennaio 1935. Dopo un
inizio a Il Giorno e a L’Europeo (che
ha anche diretto tra il ‘76 e il ‘77), è
stato tra i fondatori di Repubblica.
Autore di diversi libri, militante
radicale, è stato deputato tra il 1979
tari circa ne saranno venuti meno 25-30. Il problema è stato di Forza Italia. Non vedo motivo per cambiare». Sulla stessa linea c’è Stefano Fassina, il quale
nega che il nome di Violante, insieme a quello di Legnini, sia un tentativo di coinvolgere la minoranza:
«È una candidatura di tutto il partito, non è uno
scambio. E non ci sono ripensamenti».
Sulla vicenda Violante c’è l’incubo dei 101 di Prodi. Quando Roberto Speranza annunciò il suo nome, un dirigente della minoranza gli evocò apertamente la possibilità di un «remake di Marini», il primo a essere impallinato dai franchi tiratori del Pd
per il Quirinale. Allarga le braccia Matteo Orfini:
«Non vedo segni di cedimento, ma si sa che in Italia
e il 1986. Il capo dello Stato Giorgio
Napolitano ha inviato un
messaggio di cordoglio alla
compagna di Melega Irene
Bignardi: «Ho appreso con tristezza
la notizia — scrive il presidente
della Repubblica — ne ricordo
l’appassionata attività nel
giornalismo e in Parlamento».
Il fronte interno
Ancora incerta
la partita per
la segreteria
unitaria. E Civati
chiude la porta:
«Nessuno mi ha
chiesto niente»
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Lo scenario
Si rafforza l’idea che il premier
pensi al voto anticipato per evitare
gli effetti della mancata ripresa
e arginare gli avversari interni
tà di una linea considerata troppo filo-governativa, sono emersi in maniera eclatante nel voto sui giudici della Consulta,
con la bocciatura di Catricalà da parte di
almeno un terzo degli azzurri. Un messaggio che a Berlusconi e ai suoi è arrivato
forte e chiaro: non solo in FI, ma anche nel
Pd il Patto del Nazareno è sempre meno
sopportato.
Non è solo Raffaele Fitto, che ieri ha
chiesto ai suoi un deciso cambio di passo
verso una «seria» e più dura opposizione,
a rappresentare il dissenso, che è ben più
esteso anche se silenzioso. Anche ai vertici si ragiona su quello che dovrà essere il
«posizionamento» nelle prossime settimane. Perché il quadro potrebbe cambiare rapidamente. Berlusconi e i suoi si
stanno infatti convincendo che Renzi voglia andare al voto anticipato per evitare
che le difficoltà economiche della ripresa
e il possibile ritorno dei suoi avversari interni lo mettano all’angolo: «A lui potrebbe convenire — è il ragionamento di Berlusconi — dobbiamo tenerci pronti. E cercare di ottenere il massimo possibile dalla
e anche nel Pd c’è questa situazione surreale per cui
c’è gente che pensa di poter votare quello che vuole
a voto segreto, nonostante si sia deciso tutto insieme. È un malcostume che non si riesce a debellare».
Il voto sulla Consulta non sarà irrilevante anche
per la Direzione, convocata per martedì pomeriggio,
e che nelle intenzioni di Renzi dovrebbe varare la
nuova segreteria unitaria. Per i bersaniani si fanno i
nomi di Enzo Amendola, Andrea Giorgis e Micaela
Campana. Per i cuperliani di Andrea De Maria e
Francesco Laforgia (ma ne passerà solo uno). Dovrebbero restare fuori i civatiani, come spiega lo
stesso Pippo Civati: «Non siamo interessati solo a
un giro di nomi. O si cambia davvero e si riapre la
A Sutri
Matrimonio
per il ministro
Franceschini
Matrimonio per il
ministro della Cultura
Dario Franceschini.
Si è sposato ieri nel
municipio di Sutri,
piccolo centro
in provincia di
Viterbo, con Michela
Di Biase, consigliere
comunale pd nella
Capitale (Mistrulli)
legge elettorale». E Toti anche in pubblico
ci scherza ma non troppo: «Guardate che
Renzi ci porta al voto a marzo...».
In realtà, gli scenari possibili secondo il
vertice azzurro sono tre: il primo, «improbabile», è che Renzi sparigli, sfidi l’Europa sul debito e ne esca alla grande. Il secondo è che, anche per «la spinta che viene dai centristi della maggioranza che
non vogliono rimanere soffocati», apra a
una collaborazione organica con FI, quella che in sostanza continua a proporgli
Renato Brunetta quando gli sottopone
l’alternativa «o un governo di coesione
nazionale o si vada al voto». Il terzo, appunto, è che si vada ad elezioni anticipate,
con una nuova legge elettorale e mantenendo il Senato, il che garantirebbe tanti
uscenti. «Se così fosse — dice Berlusconi
— bisogna farci trovare pronti, non divisi
e litigiosi, ma con un centrodestra riorganizzato: le coalizioni non sono così lontane tra loro...».
Per questo il Comitato ad hoc formato
da Matteoli, Verdini, Toti, Brunetta e Romani sta cercando di stringere i tempi per
arrivare a un’intesa sulle Regionali con gli
alfaniani ma anche con la Lega, che continua con Salvini a dire no al patto con Ncd.
Schermaglie, secondo Toti: «Le corse in
solitaria sarebbero totalmente irrilevanti
e i leghisti, a partire da quelli sul territorio, lo sanno bene...». Ma la strada resta
ancora in salita e Berlusconi non ha interesse a far precipitare la situazione: è e resta ancora incandidabile, e un suo successore pronto — nonostante nel suo cerchio
magico si continui ad evocare la staffetta
con i figli Marina o Piersilvio — ancora
non c’è. Da lui, insomma, non arriveranno strappi. Ma una trattativa serrata sull’Italicum — che Renzi ha chiesto venga
votato al più presto — quella va fatta. Tenendo conto anche delle richieste dei
possibili alleati: dunque sì a un abbassamento delle soglie ma solo per chi si coalizza e sì all’innalzamento anche al 40%
della percentuale oltre la quale non si ricorre al ballottaggio per ottenere il premio di maggioranza.
Potrebbe essere questo il piatto forte
del prossimo incontro tra Berlusconi e
Renzi, che sembra imminente ma che ancora non è stato fissato. Perché tornare indietro dal patto del Nazareno non si può,
ma andare avanti è molto, molto difficile.
Paola Di Caro
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discussione, o altrimenti stiamo bene come stiamo.
Ma certo, un primo impedimento c’è: nessuno mi
ha chiesto niente. Se arrivano telefonate un’ora prima della Direzione, diventa un po’ complicato ragionare di una segreteria unitaria». Civati è la voce
più critica del Pd e anche su Violante si allinea alle
parole di Franco Monaco: «Aveva chiesto che per la
Consulta si puntasse su figure al di sopra della politica e credo sia stata una richiesta giusta».
Ma anche le altre minoranze hanno fatto sapere
di non essere facilmente allineabili. Lo ha fatto Pier
Luigi Bersani, che ha chiesto di «discutere prima su
cosa è il Pd». E lo hanno fatto altri, chiedendo un
documento che segni la svolta. Documento che
Renzi non ha intenzione di firmare, perché, come
spiega Serracchiani, «non credo sia il caso di aprire
discussioni che potrebbero apparire più congressuali che politiche». La vicesegreteria chiarisce: «I
luoghi della discussione non ci sono mai mancati.
Abbiamo fatto 11 direzioni nazionali. Non possiamo
fare un congresso perenne. Ciò non toglie che si
possa e si debba ragionare insieme». Serracchiani
sottolinea i buoni rapporti con una parte dell’opposizione: «In questi mesi con Speranza, Orfini e molti
di loro c’è stato un dialogo aperto e costante». Orfini
è in linea: «Eviterei un dibattito su come viene ora
gestito il partito, perché appassiona solo noi e non
gli italiani. Non siamo ai tempi supplementari delle
primarie». Fassina si incarica però di spiegare che
non basta una girandola di nomi: «Ci sono nodi politici da affrontare. Non ha senso parlare di segreteria unitaria se prima non si parla di legge di stabilità, delega sul lavoro e legge elettorale».
Alessandro Trocino
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Il capogruppo azzurro
Romani avverte:
il candidato dem?
Ora si riparta da zero
con un nuovo accordo
ROMA — «Basta guardare i numeri che
hanno ottenuto Catricalà e Violante: Forza
Italia, con 120 parlamentari, ha certamente
rispettato il patto tra i partiti più di quanto
non abbia fatto il Partito democratico, che
di parlamentari ne ha ben 400...». Il
presidente dei senatori azzurri, Paolo
Romani, parte da questa analisi politicoaritmetica per potere affermare che, «a
questo punto, si ridiscute tutto: il nuovo
patto per la Consulta è complessivo... Si
riparte da zero. Ma sono fiducioso che
lunedì pomeriggio troveremo la
soluzione».
Se l’accordo non si trova, lunedì FI voterà
scheda bianca?
«Mi sembra impossibile che non si trovi
un’intesa».
Dopo la rinuncia di Antonio Catricalà, il
candidato di FI è
Donato Bruno? Lui
ha già ottenuto 120
voti.
«Per decidere sulla
candidatura abbiamo
ancora tempo. In
realtà, Bruno è un
candidato non
candidato. Lui non si è
mai candidato, non è
portato da nessuno e
ha ricevuto tutti quei
Le mosse
voti, non solo dal suo
partito ma anche da
altri, come attestato di
stima».
Il profilo
Bruno viene
Bruno
considerato la
non è
bandiera della fronda
interna a FI. È così?
il terminale
di una fronda «Bruno non è il
terminale di una
interna,
fronda interna, ha
ha tutti
solo ricevuto un
attestato trasversale di
i requisiti
stima in Parlamento».
A questo punto, se il
Pd non ha problemi a votare Bruno, voi
potreste votare Violante e così la partita
per la Corte si chiude domani.
«Teoricamente Violante e Bruno hanno
tutti i requisiti per la Corte. Però la
discussione va conclusa. È Violante che
finora non ha ricevuto il parere favorevole
della maggioranza qualificata del
Parlamento.
Il siluramento di Catricalà e la mancata
affermazione di Violante ai primi due
scrutinii non suona come una
sconfessione del patto del Nazareno tra
Renzi e Berlusconi?
«Nel segreto dell’urna si addensano
maldipancia di ogni genere. Che vanno ben
oltre il patto del Nazareno e riguardano
vecchi rancori interni ai partiti, la riforma
costituzionale del Senato, la legge
elettorale. I 101 “no” a Prodi sono
un’esperienza ancora molto recente».
Con l’uscita di scena di Catricalà, Forza
Italia considera tramontata anche la
candidatura di Violante?
«Mi auguro che si arrivi a breve a un
accordo complessivo. Vorrei ricordare che
mancano all’appello anche 5 componenti
laici del Csm. I nostri candidati (Casellati e
Vitali ancora non eletti, ndr) non hanno
nulla di meno rispetto a quelli del Pd».
❜❜
D.Mart.
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Giustizia Le polemiche
Ferie, rivolta via web dei giudici
E Orlando apre a modifiche
Le toghe contro lo slogan del governo: basta umiliazioni
pronuncia una sentenza alla vigilia delle ferie, deve comunque
motivarla e consegnarla alla
scadenza prevista. «Non vogliamo far paura a chicchessia —
spiega una magistrata che lavora in Sardegna —, ma sarebbe
educato l’ascolto prima di ogni
decisione».
Le rivendicazioni dell’immediato sono riassunte nella ri-
Le sentenze
Proteste per il lavoro
durante le vacanze
e l’ipotesi di una
sospensiva dei termini
chiesta di un giudice pugliese:
«Di fronte alla demagogia dell’attuale classe politica, non credo ci sia molto da fare. A questo
punto, però, al nostro interno
dobbiamo pretendere che, almeno a fini disciplinari, i termini per il deposito dei provvedimenti siano considerati sospesi
durante le ferie». Il sottosegretario alla Giustizia Ferri — leader della corrente Magistratura
indipendente «prestato» al governo — annuncia una correzione per sospendere quei termini. Ipotesi confermata dal ministro della Giustizia Andrea
Orlando, ma è probabile che sul
punto debba intervenire il nuovo Consiglio superiore della
magistratura. Ma l’organo di
autogoverno non riesce a entrare in funzione perché il Parlamento continua a non completare l’elezione dei componenti
«laici». Perciò il coordinamento
di Area, cartello che riunisce le
due correnti di sinistra dell’Anm, ribadisce che «sarebbero
auspicabili una votazione rapida
e nomi di alto profilo intellettuale e competenza giuridica»;
un modo per dire, senza dirlo,
che quelli scelti finora non hanno queste caratteristiche.
Al di là dei suoi effetti concreti, il taglio delle ferie abbinato
alla velocizzazione dei tempi
della giustizia fa nascere il sospetto di altre manovre. «Gli in-
L’annuncio Sul sito del governo passodopopasso.italia.it la «slide»
su una delle misure più discusse della riforma: «Meno ferie
ai magistrati — scrive Palazzo Chigi — giustizia va più veloce»
Le altre novità della riforma
ILLUSTRAZIONI DI ROBERTO PIROLA
ROMA — La sfida continua,
pungente e diretta. Sul sito Internet di Palazzo Chigi, intitolato «Passo dopo passo» per accompagnare il cammino delle
riforme nei «mille giorni per
cambiare l’Italia», campeggia
uno slogan perentorio: «Meno
ferie ai magistrati, giustizia più
veloce». Poi l’annuncio sulla riduzione da 45 a 30 giorni l’anno,
introdotta con l’articolo 16 del
decreto legge in vigore da ieri. E
subito è scattata la reazione delle toghe. Un miscuglio di stupore, indignazione e rabbia affidato ai messaggi di posta elettronica. Un dialogo a distanza sulle
mailing list da cui emerge la voglia di rispondere per le rime a
quella che viene considerata
una provocazione bella e buona.
Dalle Marche un pubblico
ministero denuncia «l’esplicito
additarci come fannulloni che
lavorano poco e a cui addebitare
le disfunzioni della giustizia
(che verranno risolte anche e
specie grazie alla riduzione ferie
magistrati), nell’ambito di roboanti riforme di facciata e slogan privi di reale efficacia e serietà». E accusa: «Quale altra categoria è così umiliata e derisa?
Cos’altro per reagire, ma davvero e senza timidezze e senza calcoli ragioniereschi per la riduzione del danno? Avrà ragione il
premier quando ci irride col suo
“brrr che paura”?».
Quella battuta di Renzi in risposta alla protesta dell’Associazione nazionale magistrati,
ha lasciato il segno. Anche in chi
replica che, ad esempio, nei 45
giorni era compreso un periodo
necessario a smaltire provvedimenti per cui non è prevista la
sospensione dei termini di deposito; in pratica, se un giudice
Arbitrati: le liti affidate
a un collegio di avvocati
Il decreto prevede la
possibilità di affidare a un
collegio arbitrale formato da
avvocati le controversie. Sono
escluse dalla possibilità
dell’arbitrato quelle in materia
lavoristica e su diritti
indisponibili. Il lodo finale ha
valore di sentenza
1
Negoziazione assistita:
più spazio agli accordi
I legali della parti possono
trovare un accordo per una
composizione amichevole
della controversia. La
procedura deve durare
almeno un mese. Dovere
dell’avvocato è informare
preventivamente il cliente di
questa possibilità alternativa
2
Pagamenti e processi:
una misura contro i ritardi
In assenza di un diverso
accordo tra le parti, il tasso di
interesse nel corso di un
procedimento viene
equiparato a quello per i ritardi
nelle transazioni commerciali.
La misura è finalizzata a
mettere un freno alle condotte
processuali dilatorie
3
Nuovi strumenti
per far eseguire le sentenze
Viene resa più efficace la fase
esecutiva delle sentenze.
Possibilità di accesso
telematico alle banche dati
pubbliche per individuare la
situazione patrimoniale del
debitore e dei suoi beni che
possono essere aggrediti per
far eseguire la sentenza
4
terventi sul nostro status giuridico ed economico servono anche a stroncare in radice le critiche sugli altri aspetti della
riforma — avverte un giudice
lombardo —, come peraltro il
premier ha già dimostrato asserendo che il duro comunicato
dell’Anm muove da ragioni di
interesse personale; dal punto
di vista comunicativo la strategia è geniale». Per trovarne una
altrettanto efficace molti invocano «un’assemblea generale
straordinaria» dell’Associazione. E per un pm romano che invita a «tenere i nervi saldi» poiché bisognerà «abituarsi all’idea
di avere qualche dispiacere al
nuovo corso», c’è una giudice
della Toscana che considera la
battaglia ormai persa: «Di che
dovremmo parlare, di progetti
di riforma che sono già riforma?
Un lavoro inutile, vado a scrivere sentenze».
Dopo l’annuncio governativo, un magistrato veneto ironizza sul «prevedibile passo successivo: giustizia penale più veloce, il governo aumenta le ferie
ai pubblici ministeri; oggi 45
giorni, domani minimo 60». E
sembra irridere il Guardasigilli:
«Chi l’avrebbe detto che a risolvere i problemi della giustizia
bastasse davvero la maturità
scientifica?». Su un piano diverso dallo sberleffo la mette Claudio Castelli, presidente aggiunto
dei giudici per le indagini preliminari a Milano, già ai vertici
dell’Anm ed ex componente del
Csm: «Ridurre le ferie, adombrando che sia una soluzione ai
problemi della giustizia, significa insinuare una falsità, riproporre una visione del magistrato impiegatizia e burocratica, e
porta a ulteriori conseguenze
dagli effetti estremamente negativi proprio sul versante del
recupero di efficienza. Non basta la volontà di cambiare le cose, occorre anche conoscerle ed
approfondirle tecnicamente, altrimenti le conseguenze possono essere disastrose».
Giovanni Bianconi
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Il caos del dopo Errani Il consigliere M5S Defranceschi, indagato come capogruppo, si candida alle primarie del Movimento per la Regione nonostante il divieto di Grillo
Guazzaloca: l’Emilia è nella palude, Delbono: giustizialista con i nemici,
anche per il vuoto del centrodestra ma per il Pd «la ditta» non sbaglia
DAL NOSTRO INVIATO
BOLOGNA — A pensarci bene tutto è cominciato
con lui. «La sinistra che perdeva nella sua roccaforte
era al tempo stesso conseguenza e segno evidente di
un modus governandi e di una egemonia culturale
agli sgoccioli. La destrutturazione del partito è cominciata allora. Fu una rottamazione ante-litteram».
Lo chiamavano il macellaio. In quel 1999 fatale per
l’ex Pci-Pds, divenne un fenomeno studiato in Italia e
all’estero. Il liberale montanelliano che aveva fatto
cadere il muro di Bologna. Nonostante gli anni che passano e
le prove che la vita gli riserva,
Giorgio Guazzaloca possiede
sempre quell’impasto di intelligenza, bonomia, e amore per
la sua terra che furono ingredienti di una vittoria miracolosa.
E poi cosa accadde?
«Proprio nulla. I successi L’uomo del ‘99
elettorali sono fondamenta di Giorgio
una casa da costruire. La coali- Guazzaloca
zione che mi aveva sostenuto
non aprì mai il cantiere. Rinunciò a priori».
Una scelta consociativa?
«Anche. Resta il fatto che in Emilia-Romagna il
centrodestra non ha mai schierato i suoi uomini migliori. Ha sempre mostrato debolezza e subalternità».
Effetti collaterali?
«Un vuoto pneumatico che crea problemi soprattutto al Pd, come dimostrano le vicende di questi
giorni».
Ci spiega il paradosso?
«Prendiamo Bologna. Per riparare il danno-Guazzaloca e mascherare le difficoltà locali, dovettero ri-
correre al Papa straniero, Sergio Cofferati, una personalità forte, quindi problematica per gli ex Pci-Pds».
Non si lasciarono bene.
«Appunto. Dopo arrivò Flavio Delbono, che però
non apparteneva a quella stirpe, ed è durato poco per
le note ragioni. Adesso il cerchio si chiude con Virginio Merola, che è dei loro».
Il prezzo di questo ritorno al via?
«Bologna è una città che ha perso rilevanza a livello nazionale e locale. Gli organi intermedi di governo
sono esausti in quanto prodotti di una filiera che si
riproduce all’infinito. La palude».
Vale lo stesso per la Regione?
«La dinamica è uguale. Dopo l’addio di Vasco Errani prevale l’istinto di autoconservazione. Dietro al
modello sventolato come una bandiera c’è solo la lotta per la manutenzione di un sistema di potere logoro. La storia recente, depurata dai passaggi stucchevoli sull’Emilia-Romagna bella, buona e rossa, dice
che l’attuale classe politica era già stanca nel 1999.
Immagini come si senta oggi, assediata dalla rottamazione».
Alle Europee Renzi qui ha fatto il pieno.
«La base è la stessa, ricompattata dall’assenza di
alternative. Votano Renzi come votavano Pajetta».
L’attuale centrodestra?
«Partiti senza forza, nessuna idea di lista civica che
dia valore aggiunto. Abbonati alla sconfitta e all’elemosina dei vincitori».
Nessuna alternativa alla perpetuazione della
specie?
«Non ora. Ma non durerà in eterno. Il ceto produttivo di questa regione è di gran lunga migliore di
quello politico. Prima o poi arriverà qualcuno che farà crollare nuovamente il muro».
Marco Imarisio
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L’inchiesta sulle spese dei
consiglieri regionali dell’Emilia-Romagna, che
coinvolge i big pd Matteo
Richetti e Stefano Bonaccini, tocca anche il M5S.
Ma il consigliere Andrea
Defranceschi, indagato, si
è candidato alle primarie
online per comporre le liste pentastellate alle Regionali. Lo ha fatto contravvenendo al regolamento interno che sbarra
la strada anche a chi è solo indagato, aprendo di
fatto un caso nel Movimento. La norma, che è
una novità, è stata interpretata come una mossa
contro Defranceschi, unico nel gruppo M5S (dopo
l’espulsione di Giovanni
Favia) e possibile candidato governatore. Il consigliere, che fa parte dell’ala moderata, era già
stato sospeso da Grillo,
per un’indagine della Corte dei conti, e riammesso
dopo essere stato scagionato.
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DAL NOSTRO INVIATO
BOLOGNA — Questi sono giorni di magra gioia
per Flavio Delbono. A dispensarla è il suo telefonino, sul quale arrivano messaggi della serie chi semina vento raccoglie tempesta. «Sono davvero
molte le persone che mi segnalano il giustizialismo
a intermittenza del Pd. Togliatti è ancora vivo e lotta
insieme a noi».
La riabilitazione del sindaco breve può ancora
attendere. Il docente universitario che con la benedizione di Romano Prodi governò Bologna per pochi mesi prima di essere travolto da uno scandalo
che mischiava sesso&peculato, il cosidetto Cinziagate, ha pagato per le sue colpe. Quelli che nel 2010
lo avevano messo in croce adesso hanno problemi
simili, un’inchiesta su spese improprie con soldi
dei contribuenti che colpisce il cuore antico del Pd.
Nel mondo dove c’è sempre qualcuno più puro che
ti epura, a volte basta sedersi ad aspettare.
Si sta comodi sulla sponda del fiume?
«Quel tanto che basta per vedere la doppiezza
comunista ancora sulla breccia. Ci faccia caso: il
pollice verso, rapido, istantaneo, è rivolto sempre e
soltanto a coloro che hanno una storia diversa. Con
gli esponenti della ditta, gli ex Pci-Pds-Ds rimasti
tali, vengono usati i guanti bianchi del garantismo».
Esempi recenti e vicini?
«Stefano Bonaccini e Matteo Richetti sono accusati dello stesso reato. A favore del primo c’è stata
una levata di scudi condita da frasi sulla giustizia a
orologeria. Sul secondo invece, solo silenzio. Nessuno disposto a dire che è innocente».
Può risolvere l’equazione?
«Bonaccini è un esponente della ditta. Richetti è
un intruso, un cattolico renziano della prima ora».
Dove vuole arrivare?
«Il Pd emiliano-romagnolo è ancora impastato
di tradizione diessina. Si sentono i custodi di una
tradizione. Questo li porta a essere giustizialisti con
i nemici politici del momento, garantisti con gli
amici. Quando la magistratura arriva in casa propria, i compagni non sbagliano».
Non vorrà sostenere che le sue peripezie giudiziarie sono dovute a un complotto del Kgb?
«Per carità, non voglio fare la vittima. Ma è un dato di fatto: io ero a malapena tollerato. Ero un estraneo utile solo a far dimenticare
Sergio Cofferati, che rendeva il
suo ex assessore e attuale sindaco Virginio Merola una figura difficile da spendere. In quel
2010 per attaccare Berlusconi
si difendevano le Procure a
prescindere. L’atteggiamento
schizofrenico nei confronti
della magistratura è nel Dna di
questo partito, che potrà dirsi
Travolto
nuovo solo quando potrà perFlavio
mettersi l’imparzialità».
Delbono
Se le fosse accaduto oggi?
«Non mi avrebbero difeso. Non sono della loro
razza. Neppure Prodi lo è. Stimato, rispettato, riverito, ma vissuto come diverso. E se andiamo oltre
Bologna e l’Emilia, guarda caso, da Filippo Penati a
Vincenzo De Luca, i soci della ditta che hanno usufruito di un garantismo peloso appartengono tutti
alla stessa storia».
Riflesso condizionato?
«Forse. Ma non è un bel segno. Quell’atteggiamento è tipico delle specie in via di estinzione».
M. Ima.
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Primo Piano 11
italia: 51575551575557
I partiti Le strategie
Salvini evoca i «bastoni»
contro il governo
Ed è gelo con Maroni
L’impegno
Alfano
e il caso polizia:
sbloccheremo
gli stipendi
Sul Monviso Bossi fa il rito dell’ampolla
Il leader distante: non voglio usurparlo
DAL NOSTRO INVIATO
PIAN DELLA REGINA (Cn)
— Umberto Bossi siede su un
masso a fianco della polla da cui
sgorga il Po bambino, sul Monviso. È completamente solo. Roberto Calderoli, con busto per i
recenti incidenti, e Roberto Cota
con maglietta della Scozia, arriveranno soltanto un lungo quarto d’ora più tardi. Con loro, non
più di una decina di militanti. Il
prelievo delle «Sacre acque» del
Po, una trovata a suo tempo dal
folgorante effetto mediatico,
sembra al suo epilogo.
Soprattutto, tra i convenuti alle origini del gran
fiume, non c’è il segretario della Lega,
Matteo Salvini. Eppure è a meno di 4
chilometri più in
basso, a Pian della
Regina. «Ampolla?
Non possiedo ampolle» scherza il leader. Che poi, però,
torna compìto. E osserva che «i riti non
vanno toccati, l’ampolla c’è e ci sarà, i
simboli sono cose
che abbiamo nel
cuore ma poi bisogna riempirli
di contenuti». Nel concreto, un
convegno che produrrà un «decalogo sulla montagna che porterò a Sua maestà Matteo» (Renzi) spiega Salvini.
Quella che va in scena a 2.000
metri di quota è la rappresenta-
Spending review
zione fedele di una transizione
non ancora del tutto completata.
Punto primo, il vecchio appuntamento identitario. Salvini sceglie
di andare sul Monviso e rispetta
l’antico copione dei messaggi
fiammeggianti. «Se Renzi mette
mezza tassa in più, andiamo tutti
a Roma con i bastoni». Poi, diluisce: «Mi sono rotto le scatole di
leggere ogni giorno di imprenditori, artigiani, pensionati che si
suicidano perché non ce la fanno
più. Abbiamo aspettato anche
troppo. Ovviamente saranno bastoni democratici, da passeggio,
di gommapiuma». L’ostilità all’immigrazione fa parte del dna
Protagonisti
Da sinistra, l’ex governatore
del Piemonte Roberto Cota
con una maglia che inneggia
all’indipendenza scozzese
(LaPresse), e il segretario della
Lega Matteo Salvini (Cavicchi)
leghista? E allora, pronti via: «I
confini vanno difesi, se serve con
le armi. È quello che succede in
tutto il mondo. Se qualche politico usa le forze armate per fare ribaltare i confini, deve essere processato». Però Salvini non preleva le Sacre acque: «Per non usurpare il ruolo di chi quel gesto se
l’è inventato».
Punto secondo di frizione tra
nuovo e antico, le alleanze. Ed è
qui che arriva nitido il messaggio
politico della giornata. Per Salvini, l’alleanza con il vecchio centrodestra «adesso è impensabile». Ma come? Giusto qualche
giorno fa Roberto Maroni, ospite
a Frascati della Fondazione Magna Carta, aveva riproposto il
«modello Lombardia» in cui tutte le componenti della vecchia
maggioranza «berlusconiana»
sono rappresentate. Salvini, che
all’ultimo consiglio federale padano aveva detto no alle alleanze
con il centrodestra in Emilia
(«Dove c’è Ncd, noi non ci siamo»), è inequivoco: «Semplicemente impensabile». Poi, si accalora: «Ma insomma: il 18 ottobre
voglio portare a Milano 100 mila
persone per dire no all’immigrazione, no a Mare Nostrum e no ad
Alfano, che è il ministro più disastroso degli ultimi anni. E poi
dovrei trattare con lui le alleanze?. Maddài…». Questo, per Ncd.
Forza Italia non gode però di
maggior popolarità: «Berlusconi
amoreggia con Renzi dal lunedì
al venerdì, per poi darci un colpo
di telefono alla domenica». Salvi-
La cerimonia
ni diventa serissimo, appoggia
entrambe le mani al tavolo massiccio della «Baita della polenta»
e scandisce: «Se Forza Italia fa la
legge elettorale con il Pd, è una
scelta. Se Forza Italia accompagna il Pd in tutte le decisioni di
Renzi, è una scelta. Se addirittura
in alcune Province nascono alleanze elettorali tra Forza Italia e il
Pd, noi che cosa dovremmo fare?
Dare una mano quando serve?».
Attenzione: non è detto che il no
oggi in Emilia varrà anche nella
prossima tornata delle Regionali.
L’attacco all’Ncd
Il segretario contro
qualunque ipotesi
di accordo con Alfano:
è disastroso
In cui in palio c’è il Veneto: «Ma
questo non è un problema nostro
— taglia corto il segretario —
Noi, con Zaia, vinciamo».
Infine, la distanza tra Salvini e
Maroni, che a suo tempo lo ha
voluto come suo successore alla
guida del Carroccio, è ormai netta. E non solo sulla politica nazionale. La legge lombarda non
precisamente favorevole alla fecondazione eterologa aveva fatto
inneggiare i «ciellini» di Ncd:
«Maroni uno di noi». Salvini non
pare entusiasta, e sposta il tiro:
«Sul no all’adozione per le coppie
gay sono ciellino anch’io». Il governatore lombardo sul Monviso
ieri non c’era. Ma è stato invitato?
Salvini non vorrebbe, ma gli
sfugge: «Lui è di Lozza, cosa
c’entra con la montagna... ?».
Marco Cremonesi
La festa
Il rito dell’ampolla è
celebrato dai leghisti dal
1996, quando si tenne
la prima edizione della
Festa dei popoli padani.
Da allora l’appuntamento
sul Monviso, a Pian
della Regina, è diventato
annuale (la Festa
ha saltato gli anni
2004 e 2013)
L’ampolla
Il rito, tradizionalmente
officiato dal fondatore del
Carroccio Umberto Bossi
(nella foto Cavicchi, con
il vicepresidente del Senato
Roberto Calderoli ieri alla
festa) prevede che l’acqua
del Po venga prelevata
alla sorgente
con un’ampolla
«Noi abbiamo già assunto la
decisione. La decisione è
presa. Il problema dello
sblocco dei tetti stipendiali»
delle forze di polizia «sarà
risolto». È il sigillo di garanzia
che Angelino Alfano appone
ieri in calce alla possibile
soluzione della vertenza che
vede opposti il governo da un
lato e le forze di sicurezza e
difesa dall’altro.
Il braccio di ferro dura da una
settimana. Da quando,
all’indomani dell’annuncio
(da parte del ministro
Marianna Madia) del blocco
degli aumenti agli statali, i
sindacati del comparto
sicurezza e difesa avevano
annunciato un possibile
sciopero. Ed ha avuto un
colpo di scena ieri l’altro,
quando Forza Italia ha dato
notizia di un incontro — in
calendario mercoledì — tra i
rappresentanti di alcuni
sindacati delle forze
dell’ordine e Silvio
Berlusconi.
Nonostante i fedelissimi di
Renzi ostentino
«indifferenza» rispetto
all’iniziativa berlusconiana, a
Palazzo Chigi si starebbe
lavorando su due fronti. Il
primo è individuare le risorse
per aumentare i tetti
stipendiali. Servirebbero 830
milioni di cui una parte
sarebbe già nelle casse delle
amministrazioni. Il secondo è
vincere una lotta contro il
tempo. E provare a far sì che
Renzi o qualcuno dei ministri
interessati (Alfano o Pinotti)
sigli (martedì?) un armistizio
coi sindacati di polizia prima
dell’incontro di questi ultimi
con Berlusconi.
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Renzi negli Stati Uniti sarà seguito solo dai corrispondenti a New York. Ridotti anche gli investimenti per la redazione sportiva e i compensi dei divi
La Rai taglia: niente inviati per il premier in trasferta
Gubitosi vara una dieta da 150 milioni:
le auto blu sono già passate da 160 a 16
ROMA — Tutto confermato:
Matteo Renzi sarà il primo presidente del Consiglio che, in un atteso viaggio negli Stati Uniti come
quello di fine settembre, non verrà
seguito da tre diverse troupe Rai
(Tg1-Tg2-Tg3) con inviati e tecnici.
Il direttore generale Luigi Gubitosi
lo ha già indicato nel nuovo, e già
contestato, piano di ristrutturazione dell’informazione: dove lavorano i corrispondenti non c’è bisogno di inviati. Vale, dicono al settimo piano di viale Mazzini, anche
per il presidente del Consiglio. E
così Renzi vedrà solo le due corrispondenti da New York (Giovanna
Botteri e Tiziana Ferrario) e i due
collaboratori contrattualizzati: Valentina Martelli da Los Angeles e
Francesca Leoni da New York. Piena libertà ai Tg di organizzare commenti, analisi. Ma da Saxa Rubra,
Roma.
Riprende la stagione Rai, anche
dal punto di vista economico. Sempre all’insegna dei tagli che provocano inevitabili malumori e proteste in azienda. Si colpiscono i simboli, per esempio le auto blu, passate dalle 160 degli anni scorsi alle
16 di oggi. Sparite le Audi 3000 si è
passati alle più piccole Lancia 1600
Delta. Qualcuno ha parlato di «effetto Francesco», riferendosi alle
auto poco vistose usate da Bergoglio. Ora solo la presidente Anna
Maria Tarantola usa un’Audi 3000
lasciata da un dirigente licenziato
(mistero sul nome) e il direttore
generale Luigi Gubitosi gira su una
Bmw acquisita in cambio merce da
Rai Pubblicità (ex Sipra) e «gentilmente» richiesta da viale Mazzini.
Le altre sono usate a rotazione per
servizio.
I tagli di Gubitosi (i 150 milioni
di euro richiesti dalla spending review pesano molto su un bilancio
difficile) colpiscono tutto e tutti.
«Ma non cancelliamo niente, facciamo in modo che il telespettatore
non si accorga di nulla. Ma i risparmi ci sono, e tanti». L’anno pubblicitario non annuncia vacche grasse: il primo semestre si è chiuso a
+4% rispetto allo stesso periodo
2013 ma luglio, agosto e settembre
sono stati avarissimi.
Altri esempi. Rai Sport, ancora
sotto la direzione di Mauro Mazza,
aveva presentato per i Mondiali di
calcio un budget di 8,1 milioni. Il
piano è stato tagliato a 4,4 milioni:
molto lavoro da Roma, riduzione
all’osso di trasferte.
Altri campi soggetti ad ulteriori
riduzioni entro il 2014. Le scritture
artistiche (i divi) costavano 73,8
milioni nel 2011 e sono calate a 68
milioni nel 2013 (-8%) e si attende
una ulteriore flessione: la presenza
gratuita di Roberto Benigni alla
prima puntata di Ballarò, martedì
16, fa parte del clima. La realizzazione dei programmi (i contestati
appalti esterni) incideva per 77,2
milioni nel 2011 e il 2013 si è chiuso a 61,1 (-21%). Basta tornare al
2008 per trovare un costo di 101
milioni. Il lavoro autonomo (collaboratori, autori, partite Iva) era a
quota 42 milioni nel 2011 e a 38,8
nel 2013 (-7.5%). I servizi telefonici
costavano 10,7 milioni nel 2011 e
4,7 nel 2013 (-55.5%), le scenografie 4,8 milioni nel 2011 e 3 nel 2013
(-37%). Il volume delle spese per le
trasferte era a 24,4 milioni nel 2011
ed è sceso a 22,7 nel 2013 (-7%) e il
comparto trasporti è calato del 12%
(erano 21 milioni nel 2011, nel
2013 sono stati 18,5).
Gubitosi conta di chiudere il
2014 (è imminente l’approvazione
in Consiglio del primo semestre) a
1 miliardo di euro e 200 milioni per
quanto riguarda la voce generale
dei costi esterni per beni e servizi
(la somma dei comparti di cui abbiamo parlato, a partire dagli appalti esterni per approdare ai minori come cancelleria e vigilanza).
Bisogna calcolare circa 100 milioni
di euro per i diritti sportivi per i
Mondiali di calcio. Nel 2012, altro
Le cifre di Viale Mazzini
COSTI ESTERNI PER BENI E SERVIZI
(dati in milioni di euro)
COSTI DEL PERSONALE
(dati in milioni di euro)
116
6
1.339,5
1.313,3
1.150,9
955 953,2
le auto blu
Ridotte rispetto alle
160 degli ultimi
anni
933,6
150
15
50
milioni
I tagli richiesti alla Rai
dalla spending
review
11
20
12
20
13
20
11
20
12
20
13
20
anno gravato dai costi dei diritti
sportivi (Olimpiade 2012 e Campionati europei di calcio) si sfiorò 1
miliardo 400 milioni. Il risultato a
cui il vertice Rai punta è il risparmio di 200 milioni. In quanto ai
profitti in vista per la cessione della
minoranza di Rai Way, la società
proprietaria degli impianti di trasmissione, lo staff di Gubitosi si rifiuta di fare cifre e previsioni: tutto
dipenderà dalla fluttuazione dei
mercati. L’unica cifra espressa ufficialmente un anno fa era un report
di Mediobanca che valutava l’intera
società sui 600 milioni di euro.
In quanto all’informazione, la
recente protesta del Tg3 contro il
piano Gubitosi (la creazione di due
uniche strutture: Newsroom 1 che
di fatto accorperà Tg1-Tg2-Rai Parlamento e Newsroom 2 che riunirà
Tg3-Rai News-Tgr-Cciss-meteoWeb) sembra lasciare indifferente
la direzione generale: «Andremo
avanti senza indugio, entro diciotto mesi il piano sarà operativo e il
risparmio nel comparto informazione sarà del 20%»: Gubitosi rinvia al mittente le accuse dei giornalisti del Tg3 che, in una dura lettera
alla commissione parlamentare di
Vigilanza, parlano di morte del
pluralismo, di consegna dell’informazione del servizio pubblico alla
maggioranza politica di turno.
Nessun margine, avverte Gubitosi,
per un ripensamento. Nemmeno di
fronte all’alzata di scudi dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti di
viale Mazzini. La stagione Rai 2015
si annuncia complessa. E non solo
economicamente.
Paolo Conti
CORRIERE DELLA
CORR
CO
D
SERA
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12
italia: 51575551575557
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Primo Piano 13
italia: 51575551575557
Immobili Le imposte
La Tasi per le case in affitto
le Tasse sul Mattone
IMMOBILE A2 DI 120 METRI (valori in euro)
CITTÀ
TASI E INQUILINI,
Varese
Grosseto
Brindisi
Vibo Valentia
IL CONTO (A OSTACOLI)
DA PAGARE SULLA CASA
Treviso
Sassari
Agrigento
Caserta
L’Aquila
I costi per chi abita in affitto
La Tasi bussa alla porta anche degli inquilini, anche se non dappertutto. Da una prima analisi condotta sui capoluoghi di provincia si rileva che succederà in un caso su
quattro ma si tratta di una novità rilevante e
che, senza un intervento normativo nella
prossima legge di Stabilità o comunque nei
prossimi mesi, rischia di diventare generalizzata nel 2015.
Prima di vedere perché facciamo un passo
indietro. La Tasi formalmente non è un’imposta patrimoniale, legata cioè al possesso
dell’immobile, come l’Imu. Che in sostanza
sia una riproposizione mascherata dell’Imu
sulla prima casa è un altro discorso. Non essendo un’imposta ma un corrispettivo di
prestazioni (nello specifico i servizi indivisibili forniti dal Comune come la sicurezza,
l’illuminazione pubblica, ecc.) va pagata da
chi di quei servizi fruisce e quindi parte dal
proprietario e parte da chi occupa l’immobile. La legge stabilisce che i Comuni possano
far pagare all’inquilino una quota tra il 10 e il
30% della Tasi. Il tributo però per quest’anno
ha un tetto: per gli immobili che pagano già
l’Imu la somma tra Imu e Tasi non può superare l’aliquota massima dell’Imu. Il comune
può applicare un’addizionale di 0,8 millesimi solo se decide detrazioni per la prima casa. Siccome molti grandi Comuni avevano
già l’Imu ai massimi o non hanno applicato
la Tasi sugli immobili diversi dall’abitazione
principale o lo hanno fatto solo nel limite
consentito di 0,8 millesimi. Così ad esempio
hanno fatto Milano e Roma.
Milano e Roma
Non può meravigliare quindi che nell’analisi sul costo della Tasi per gli immobili
locati a canone libero le due principali città
italiane, che hanno anche i valori catastali
mediamente più alti del Paese, non figurino
ai primi posti. I valori più alti si registrano a
Varese, dove la giunta ha deciso per gli immobili diversi dall’abitazione principale
un’aliquota dello 0,25%, che incide su valori
catastali piuttosto elevati. Varese ha anche
deciso di portare al massimo la quota a carico dell’inquilino: dei 388 euro necessari per
la casa di maggior valore l’occupante ne dovrà pagare quasi 90.
Per l’analisi ci siamo serviti anche di un
interessante studio condotto da Confedilizia
sui criteri di ripartizione proprietario/inquilino presenti nei regolamenti Tasi dei capoluoghi (anche da quelli che per quest’anno
non vogliono o non possono chiedere nulla). Su 90 amministrazioni che hanno deciso
in materia, 53 hanno optato per chiedere all’inquilino la quota minima del 10%, 26 per
quella massima del 30% e 26 si sono posizionati su livelli intermedi.
«Sono dati che in parte ci hanno sorpreso
Aosta
Roma
Milano
— dice il presidente di Confedilizia Corrado
Sforza Fogliani — perché pensavamo che la
quasi totalità dei Comuni avrebbe addossato
il massimo possibile alla proprietà. Evidentemente è stato capito che il tributo va anche
pagato da chi usufruisce dei servizi. Ciò non
toglie che la Tasi era nata con tutt’altre premesse: quando fu presentata nell’estate
2013 dove essere sostitutiva dell’Imu e non
una sua addizionale».
I canoni
Le tabelle sono elaborate ipotizzando un
immobile residenziale locato a canone libero, perché questa è la tipologia contrattuale
di gran lunga più diffusa nel nostro Paese.
Ma la legge consente anche di stipulare locazioni a canone concordato tra associazioni
di proprietari, sindacati inquilini, e i Comuni. I canoni concordati sono stati spesso
snobbati ma il loro appeal potrebbe crescere
grazie a una disposizione contenuta nell’articolo 21 del decreto Sblocca Italia. La norma
prevede che chi acquista da un costruttore
una casa nuova o ristrutturata fino al 31 di-
Cagliari
Ascoli Piceno
Trento
Brescia
Cuneo
Belluno
Savona
Sondrio
Vicenza
Caltanissetta
Arezzo
Macerata
Massa
INQUILINO PROPRIETARIO
388,09
322,45
322,37
321,77
282,88
275,46
272,39
271,61
236,55
220,45
204,40
186,66
178,95
161,05
151,67
119,49
116,08
112,80
103,20
102,49
97,96
86,16
78,94
69,24
60,92
89,56
29,31
29,31
74,25
25,72
63,57
24,76
24,69
54,59
50,87
34,07
16,97
23,34
26,84
13,79
19,91
10,55
26,03
17,20
9,32
8,91
19,88
7,18
6,29
5,54
298,53
293,13
293,06
247,51
257,16
211,89
247,63
246,92
181,96
169,58
170,34
169,69
155,61
134,21
137,88
99,57
105,53
86,77
86,00
93,17
89,06
66,28
71,76
62,95
55,38
IMMOBILE A3 DI 70 METRI
CITTÀ
TOTALE TASI
Varese
175,56
172,10
161,68
132,39
131,86
116,32
114,47
112,79
101,69
85,68
80,37
75,82
70,04
69,43
57,08
50,49
43,64
43,53
43,23
40,75
37,35
35,42
35,07
32,87
19,69
Brindisi
Le quote
Le spese dovranno essere divise
in un quarto dei capoluoghi
di provincia: chi è in affitto dovrà
versare una quota fino al 30%
Grosseto
Treviso
Vibo Valentia
Agrigento
Caserta
cembre 2017 e la destina per otto anni ad affitto a canone concordato potrà avere un bonus fiscale spalmato su 8 anni pari a una deduzione del 20% sull’imponibile calcolato su
una spesa fino a 300 mila euro.
Se a questo si aggiunge il fatto che i canoni concordati hanno un trattamento Irpef
favorevole (si paga una cedolare secca del
10%) e che in molti casi le amministrazioni
comunali prevedono aliquote Imu ridotte, si
potrebbe dare un po’ di slancio a un mercato
immobiliare oggi ancora asfittico, a condizione che gli accordi tra proprietari e inquilini giungano a canoni non uguali a quelli
del mercato libero ma almeno abbastanza
vicini.
«La norma — aggiunge Sforza Fogliani —
presenta problemi di equità perché gli immobili agevolati sono solo quelli dei costruttori. Se la ratio è che sul mercato arrivino sempre più immobili efficienti dal punto
di vista energetico ben venga, ma perché
non allargare la possibilità ai proprietari di
case libere e che ristrutturano per venderle?
Nell’esame parlamentare sarebbero auspicabili modifiche in questo senso».
Roma
L`Aquila
Sassari
Milano
Aosta
Trento
Ascoli Piceno
Cagliari
Savona
Belluno
Vicenza
Brescia
Caltanissetta
Arezzo
Sondrio
Cuneo
Macerata
Massa
Gino Pagliuca
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TOTALE TASI
Come funziona
I casi Roma e Milano
con l’aliquota allo 0,8
1
A Milano e a Roma
l’aliquota della Tasi per la
abitazioni locate è dello 0,8
per mille. In entrambi i casi
la ripartizione della spesa è
90% al proprietario e 10%
all’inquilino. Il costo è quindi
abbastanza modesto ma va
sommato a un’Imu molto
pesante per il proprietario.
Su un’abitazione da 100
euro di rendita catastale il
conto Tasi in entrambe le
città è di 134 euro, con una
spesa per l’inquilino di soli
13 euro, mentre 121 sono a
carico del proprietario, che
però a Milano deve anche
pagare 1.613 euro di Imu,
che nella Capitale
diventano 1.781
Conto più leggero
per i canoni concordati
2
Le abitazioni a canone
concordato hanno
trattenute fiscali molto
ridotte. Da quest’anno
l’aliquota della cedolare
secca è stato portata al
10%, mentre per le locazioni
libere si paga il 21%. La
cedolare consente di evitare
l’imposta di registrazione, i
bolli, l’Irpef e le addizionali.
I canoni concordati hanno
durata standard cinque
anni, nel corso dei quali però
il proprietario non può
adeguare il canone
all’inflazione. I canoni liberi
hanno lo stesso vincolo ma
un problema in più: la loro
durata standard è di otto
anni
INQUILINO PROPRIETARIO
40,51
15,65
14,70
12,04
30,43
10,57
10,41
18,80
23,47
19,77
7,31
17,50
6,37
11,57
7,45
8,41
10,07
3,96
7,20
9,40
3,40
3,22
3,19
2,99
1,79
135,05
156,46
146,98
120,36
101,43
105,74
104,07
93,99
78,23
65,91
73,06
58,32
63,67
57,86
49,64
42,07
33,57
39,57
36,02
31,35
33,95
32,20
31,88
29,88
17,90
Manca il decreto
per chi compra e affitta
3
Non basterà
l’approvazione della legge
ma servirà anche un
decreto di attuazione per
capire come funzionerà il
bonus per chi acquista una
casa per locarla a canone
concordato. Il testo del
decreto in Gazzetta però
consente di anticipare
qualche calcolo.
Ipotizziamo un
contribuente con prelievo
Irpef più addizionali al
40%. Se acquista una casa
da 200 mila euro dovrà
pagarne anche 20.600
per Iva e imposte. La
contropartita sarà un
vantaggio fiscale di circa
2.000 euro all’anno per
otto anni
Fonte: elaborazione Corriere della Sera su dati Confedilizia e Agenzia delle entrate
La riforma Le nuove procedure scatteranno da gennaio. Gli enti locali dovranno stornare le somme accertate ma non incassate, se non sono esigibili
Comuni, operazione «bilanci puliti». Verso svalutazioni fino a 12 miliardi
ROMA — Un’operazione verità sui
conti e i crediti inesigibili degli enti
locali. Il prossimo gennaio, secondo il
decreto legislativo entrato in vigore
venerdì scorso, scatterà la riforma
della contabilità di Comuni e Province. Una piccola rivoluzione che introduce nuovi principi e modelli contabili. Tradotto, vuol dire che gli enti locali, in fase di approvazione dei loro
bilanci, si troveranno alle prese con
regole nuove. Più stringenti rispetto al
passato. Un dettaglio non trascurabile, stante lo stato di salute della finanza pubblica e più in generale delle casse delle amministrazioni.
«Si tratta di una fondamentale tappa nel percorso di risanamento dei
conti pubblici — sottolinea il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti
— la riforma consentirà di fare emergere lo stato reale dei bilanci, favorendo così chi ha avuto comportamenti
virtuosi, fissando una volta per tutte
un principio di maggiore trasparenza». Anche per chi non è un provetto
contabile è agevole capire che il provvedimento farà pulizia nei conti opachi o non corrispondenti al vero delle
amministrazioni locali. Il come è semplice e ha un nome: riaccertamento
dei residui attivi: i Comuni dovranno
cancellare dai loro bilanci le somme
accertate ma non incassate, se queIl sottosegretario al
ministero
dell’Economia,
Enrico Zanetti, al lavoro sulla
contabilità
degli enti
locali
st’ultime non sono esigibili. Non basta. Nel caso siano somme di dubbia
recuperabilità, i sindaci avranno l’obbligo di accantonare una somma di
pari entità. Se riguardasse un’impresa
potrebbe essere definita una gigantesca operazione di write off. Le cifre in
ballo, del resto, mettono i brividi. Nell’ultima audizione sul federalismo fiscale e i nuovi principi contabili degli
enti locali il sottosegretario Zanetti ha
ricordato che «il riaccertamento comporta il rischio di fare emergere disavanzi di amministrazione, anche di rilevante dimensione, che il precedente
ordinamento contabile non prevedeva». Il calcolo di quanto sia «rilevante» lo ha effettuato l’Anci (Associazione dei comuni), indicando la cifra di
12 miliardi di euro. Al ministero dell’Economia sono più ottimisti e i tecnici di via XX Settembre reputano che,
oltre ai disavanzi, emergeranno delle
poste positive. L’effetto compensazione ferma così il valore del disavanzo a
quota 7-8 miliardi.
Numeri che hanno comunque precipitato nel panico sindaci e amministratori locali, i quali avvertono: per
compensare i maggiori squilibri non
potremmo comunque tagliare ancora
la spesa. Va bene privilegiare il principio di pulizia, ma il dubbio si è inevitabilmente soffermato sulla sostenibilità di un’operazione del genere. «La
riforma non ha alcun intento di mettere in ginocchio gli enti locali e prevede alcune misure di carattere transitorio, affinché il passaggio alla nuova contabilità non produca squilibri.
Anche il governo si sta facendo carico
di una gestione attenta dei disavanzi
destinati ad emergere» spiega Zanetti.
A fronte dei timori degli enti locali è
stato deciso di rinviare l’individuazione delle modalità e dei tempi con cui
ripianare i disavanzi. A stabilire i dettagli del come e quando fronteggiare
le perdite ci penserà un decreto del
presidente del Consiglio, a cui sta lavorando anche la Ragioneria generale
dello Stato. In attesa del provvedimento la riforma ha individuato alcune ciambelle di salvataggio per i conti
comunali. Da un lato l’eventuale disavanzo potrà essere assorbito nell’arco
di dieci anni, una spalmatura, insom-
7-8
in miliardi di euro è il valore del
disavanzo grazie all’effetto
compensazione legato
all’emersione anche di poste di
bilancio positive
ma, per scongiurare pericolosi scossoni. D’altra parte sono in corso di definizione anche alcune modalità straordinarie di ripiano (utilizzo, per
esempio, di particolari tipologie di
entrate). La nuova contabilità degli
enti locali è destinata ad accompagnarsi con l’introduzione dei fabbisogni standard nella Pubblica amministrazione. L’obiettivo, ribadito da Zanetti alla commissione bicamerale per
il federalismo fiscale, è di archiviare il
criterio della spesa storica incrementale (più spendi e più soldi ricevi dallo
Stato centrale) e approdare a nuovi
criteri riconducibili a ragioni di efficienza e equità. Tanto che il governo
sta cercando di individuare gli standard per fissare i fabbisogni delle amministrazioni. Sarebbe davvero la
svolta.
Andrea Ducci
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14
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Esteri
Il caso Ad attendere il fuciliere anche il ministro Pinotti
«Finalmente con papà»
La gioia dei familiari
per il rientro del marò
Latorre ieri sera a casa della sorella
Il malore
ll fuciliere di Marina
Massimiliano Latorre,
trattenuto in India dal
febbraio 2012 insieme al
collega Salvatore Girone nei
giorni scorsi accusa un
malore e viene ricoverato
nell’ospedale di New Delhi. La
diagnosi parla di ischemia. Il
ministro della Difesa, Roberta
Pinotti, vola in India per
sincerarsi sulle condizioni del
militare
I giudici
La Corte suprema indiana
concede il ritorno in Italia per
un periodo di quattro mesi
per permettere a Latorre di
curarsi. Ma esige una
garanzia scritta per il rientro
in India
finirono sotto accusa per aver
ucciso (loro hanno sempre sostenuto di aver sparato soltanto colpi di avvertimento) due
pescatori locali durante un attacco di pirati, al largo della
costa del Kerala, nell’India sud
occidentale.
Il sì della Corte Suprema alle
cure di Latorre in Italia (con
due garanzie scritte di rientro
il 13 gennaio prossimo) sembra aver attenuato anche le
proteste di chi si è finora detto
contrario al rilascio dei militari. Il quotidiano The Hindu ieri
scriveva che non ci sono state
reazioni contrarie, né delle autorità del Kerala né della comunità dei pescatori di Kollam, alla notizia della partenza
del marò. Secondo il giornale
è opinione diffusa che «le
condizioni di salute del fuciliere meritano solidarietà». Di
più. Un leader della comunità
dei pescatori di Kollam avrebbe detto che «con il passare del
tempo da un sentimento di
forte animosità si è passato a
uno di simpatia per i fucilie-
In famiglia Il fuciliere di Marina Massimiliano Latorre con alcuni familiari a casa di una sorella, ieri, a Taranto (Ansa)
ri».
«Vi è stata un’emergenza legata alla salute e abbiamo trovato una disponibilità da parte
del governo indiano, ma non
dimentichiamo che dobbiamo
risolvere complessivamente la
questione» considera il ministro della Difesa Roberta Pinotti che è andata in aeroporto
ad accogliere il marò tarantino
assieme ai capi di Stato maggiore della Difesa e della Marina, Luigi Binelli Mantelli e
Giuseppe De Giorgi. A proposito della strategia del governo
sulla vicenda, il ministro ha
detto che «è stata quella di
non parlarne molto. Non è utile parlare dei diversi passaggi
ma lavorare incessantemente
per trovare una soluzione».
E mentre il ministro dell’Interno Angelino Alfano dice
che il ritorno in Italia di Massimiliano Latorre «è un atto
umanitario del governo india-
Il ministro Pinotti
«Non dimentichiamo
che dobbiamo risolvere
complessivamente la
questione»
no» e che «non possiamo gioire del successo finale finché
non saranno tornati tutti e due
in maniera definitiva», la presidente della Camera Laura
Boldrini chiede «tempi certi
per la risoluzione del problema» e spiega: «Ciò che non si
concepisce è che le autorità
indiane non abbiano ancora
una posizione chiara, che questo caso sia stato rimandato
così tante volte. Questo per
noi è pesante e sta creando un
notevole imbarazzo».
«Sono felicissima, finalmente staremo con papà tutti
insieme» annuncia Giulia, fi-
glia del fuciliere rientrato ieri e
arrivato in serata a casa di sua
sorella, a Taranto. La compagna di Latorre, Paola Moschetti, si dice «sollevata per il rientro» e chiede «assoluta privacy
e discrezione. È tempo - dice che Massimiliano si concentri
sui suoi cari e sulla riabilitazione». E ancora: «Ritiene che
sulla sua guarigione inciderà
anche la rapida e definitiva soluzione della controversia con
l’India». Solo quello «potrà restituire la serenità a lui e Salvatore».
Giusi Fasano
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La strana coppia Medici da Cuba, soldi da Microsoft
MGA GROUP
La vicenda
Castro e Gates uniti nella lotta
Il nemico comune ora è Ebola
DAL NOSTRO INVIATO
Stufa a legna ventilata modello Flò colore bianco
Sorrisi, abbracci, strette di
mano. E la felicità di essere di
nuovo a casa. Il fuciliere di
Marina Massimiliano Latorre
è atterrato ieri pomeriggio
nell’aeroporto militare di
Grottaglie (Taranto) e con il
suo arrivo è partito il conto alla rovescia: un giorno è già andato, ne mancano altri 122. Il
governo italiano ha 122 giorni
per sciogliere i nodi sul caso
dei marò. Obiettivo: riportare
a casa anche Salvatore Girone
e, soprattutto, ottenere il via
libera indiano per il ritorno
definitivo di tutti e due.
Nei quattro mesi italiani che
la Corte Suprema di Delhi ha
concesso a Latorre perché
possa curarsi a casa dopo l’attacco ischemico del 31 agosto,
si lavorerà sul fronte diplomatico senza i picchi di tensione
che hanno segnato più e più
volte questa storia. E per i due
militari del Battaglione San
Marco è di nuovo tempo di
speranze, dopo più di due anni e mezzo. Era febbraio del
2012 quando Latorre e Girone
LONDRA — Castro manda i
medici, Gates i milioni. La classica strana coppia: la charity di un
ricco filantropo e uno squattrinato governo comunista danno
l’esempio alla (finora) risibile armata degli aiuti internazionali
all’Africa di Ebola.
Accogliendo l’appello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Cuba ha predisposto l’invio
di 165 operatori sanitari nei Paesi colpiti (Liberia, Sierra Leone,
Guinea). La «Bill and Melinda
Gates Foundation» ha messo sul
tavolo 50 milioni di dollari per
l’acquisto di materiale: dai guanti alle tende di isolamento. Chi li
segue? Perché l’hashtag «fermiamo Ebola» non è virale (almeno)
tra governi e istituzioni? «Il numero dei malati cresce più rapidamente della capacità di assisterli», ha detto Margaret Chan,
capo dell’Oms (braccio sanitario
dell’Onu), accogliendo con favore l’offerta cubana. «Ci servono
ancora 500-600 dottori dall’estero e almeno mille infermieri». Le
fa eco Joanne Liu, presidente di
Medici Senza Frontiere, ong che
in quei Paesi opera di fatto come
un ministero della Sanità: «Nuovi centri in Liberia servono nel
giro di giorni, non di settimane».
La struttura con 25 posti promessa dal governo Usa a Monrovia servirà al personale sanitario
infettato, non alla popolazione.
Un centro britannico da 62 posti
in Sierra Leone sarà operativo tra
8 settimane.
Troppo poco, troppo lentamente dice l’Oms. L’inviato del
New York Times a Monrovia racconta di malati abbandonati negli angoli degli ospedali. C’è un
popolo di almeno 400 mila per-
MALI
GUINEA
AFRICA
Conakry
COSTA D’AVORIO
Freetown
LEGENDA
Casi confermati
Casi sospetti
SIERRA
LEONE
Monrovia
LIBERIA
I MORTI
Tutta l’Africa
494
396
1.224
GUINEA
SIERRA LEONE
LIBERIA
771
1.115
2.400
CONTAGIATI
sone in zone altamente infette.
L’epidemia si contrasta nelle case, non nei lazzaretti. L’Agenzia
Usa per lo Sviluppo Internazionale ha fornito 50mila kit in un
mese (guanti, stivali, disinfettante). Il virus va più veloce. Ha
già ucciso 2.400 persone su 4.800
casi confermati. Perché le nuove
potenze economiche dell’Africa
non intervengono? Perché l’Italia
non guida l’Unione Europea in
un piano massiccio e immediato? Quante volte abbiamo ironizzato sull’interventismo sanitario
di un Paese come Cuba, sull’invio «forzato» e interessato di medici (con o senza militari appresso), sulla curiosa politica commerciale dei fratelli Castro (per
esempio con il Venezuela) «infermieri in cambio di petrolio»?
Al momento Ebolaland non
ha molto da dare in cambio. Paesi appena usciti da guerre civili,
2.400/4.800
Dati aggiornati all’11 settembre
ex Stati falliti tornati alla democrazia che meritano sostegno.
L’Oms (generale senza esercito)
si dà l’obiettivo di fermare l’epidemia in 6-9 mesi per impedire
che si diffonda altrove. Il New
York Times ieri ha criticato il governo Usa: può fare di più. Possiamo fare di più anche noi? Facciamolo per calcolo. Gli scienziati avvertono (sotto voce) che
Ebola potrebbe diventare un virus che si trasmette nell’aria e
non solo per contatto con liquidi
corporei. Ogni nuovo infetto è
una palestra: più mutazioni genetiche, più chances di rafforzarsi e diventare una potenza «aerea». E allora anche le nostre difese sarebbero più vulnerabili.
Fermiamolo in Africa, prima che
venga a prenderci.
Michele Farina
@mikele_farina
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Esteri 15
italia: 51575551575557
Il caso Avevano deciso di sfidare consapevolmente il divieto
Ragazze al volley maschile
L’Iran le spedisce in carcere
Fra di loro un’inglese. Mobilitazione internazionale
Donne e sport
Segregazione
Il divieto alle donne di
assistere a eventi
sportivi in un pubblico
misto risale alla
rivoluzione khomenista
del 1979. Il motivo è la
«protezione» delle
donne e della «morale
sociale», in linea con
altre proibizioni che
mirano alla
segregazione dei due
sessi. Permesse le
squadre con atlete e
pubblico solo femminili
Eccezioni
Nella storia della
Repubblica islamica ci
sono stati alcuni rari
momenti in cui il divieto
ad assistere match di
squadre maschili è
stato annullato. Ad
esempio, un gruppo di
attiviste con hijab
bianchi (che divennero
un simbolo) potè
assistere nel 2005 a
Iran-Bahrein per le
qualificazione dei
Mondiali
Proteste
La passione sportiva e
la battaglia per i diritti
delle donne si
sovrappongono nelle
tante proteste di
attiviste iraniane, che in
genere sono disperse o
arrestate. Il 29
novembre 1997, dopo
la qualificazione
dell’Iran ai Mondiali, 5
mila donne si unirono
ai tifosi maschi ed
entrarono allo stadio di
Teheran. Un evento
ricordato come la
«Rivoluzione del calcio»
Film
Alla lotta delle iraniane
per il «diritto allo
stadio» ha dedicato un
film il famoso regista e
dissidente Jafar Panahi.
Offside racconta di sei
donne che riescono a
seguire una partita
travestendosi da
uomini
Questa volta non sono migliaia come il 29 novembre
1997, quando l’Iran impazzì di
gioia per le qualificazioni ai
Mondiali di calcio, e un fiume
di donne sfidò i divieti ed entrò
nello stadio di Teheran, mischiandosi agli uomini per festeggiare gli atleti. Questa volta
sono solo una dozzina, e a loro
non è andata bene come alle
protagoniste dell’ormai mitica
(e mai eguagliata) «Rivoluzione del calcio». Il 20 giugno
scorso un gruppetto di donne
aveva cercato di entrare allo
stadio Azadi (che significa libertà), dove la fortissima nazionale maschile di volley giocava contro l’Italia una partita
della World League (poi vinta
dai padroni di casa: 3-0). Qualcuno sostiene che le ragazze
stessero partecipando all’ennesima protesta organizzata contro la proibizione di entrare ne-
lanciato Amin Ghavami, 28 anni, sui social media e tramite le
organizzazioni per i diritti
umani, mentre Amnesty International annunciava che
Ghoncheh va considerata una
prigioniera di coscienza. «Ha
25 anni e studia legge all’Università di Londra, si trovava in
Iran da due mesi per insegnare
a leggere ai bambini di strada.
Pensava che le donne potessero
entrare allo stadio per le partite
di volley, il Paese aderisce alla
Federazione internazionale e
sui giornali si diceva per volere
del presidente le donne erano
ammesse, mia madre e mia padre le avevano dato il permesso. Invece l’hanno arrestata e
tenuta in isolamento per 41
giorni durante i quali il suo avvocato non ha potuto incontrarla nè avere accesso al suo
dossier. Siamo disperati, e non
solo io e i nostri genitori, ma i
nonni, gli zii, tutti quanti».
«Carissima Ghoncheh, i
giorni senza di te sono intollerabili e sono già 74 da quando
siamo stati privati del tuo viso
radioso, per un crimine che
non riusciamo a capire — ha
scritto su Facebook in una lettera aperta la madre Soosan —.
Tuo padre è invecchiato di colpo. Io, ogni mattina arrivo ai
cancelli del carcere di Evin e mi
cacciano via, senza darmi risposte. Se ancora resisto è per
la speranza di udire presto le
tue risate squillanti. Possibile
che nessuno debba rendere
conto del dolore di una madre?».
Ghoncheh, ha raccontato la
famiglia, era stata in un primo
tempo rilasciata. Ma il 30 giugno agenti in borghese avevano
fatto irruzione nel suo appartamento, sequestrato gli abiti e il
computer, trascinandola quin-
Studentessa
Ghoncheh Ghavami, 25 anni,
doppia cittadinanza iraniana e
britannica. Studia legge
all’Università di Londra. Era a
Teheran per aiutare i bambini di
strada. In carcere dal 20 giugno
per «propaganda contro lo Stato»
di a Evin, il più tristemente noto carcere della capitale dove
tantissimi «dissidenti» sono
stati detenuti, e tanti giustiziati. Poi il lungo isolamento, i
continui interrogatori. Ora la
giovane è in cella con altre carcerate e il suo arresto è stato
prolungato di 60 giorni. La ma-
dre e la zia hanno potuto incontrarla brevemente una volta,
ma nessuno ha capito esattamente il reato che le viene imputato. «Propaganda contro lo
Stato» è il vago termine usato
per giustificare la detenzione.
Cecilia Zecchinelli
Rivoluzione del calcio
Nel ‘97 migliaia di donne
entrarono nello stadio di
Teheran: un evento
ricordato ancora oggi
gli stadi imposta alle donne dopo la vittoria di Khomeini, nel
1979,un divieto solo occasionalmente annullato dalle autorità. La passione per gli sport
nazionali contagia da sempre
entrambi in sessi in Iran e a
quella femminile, che si unisce
ormai alla battaglia per i diritti,
il regista «dissidente» Jafar Panahi ha perfino dedicato un
film, Offside. Ma non cambia
molto come siano andate davvero le cose. Il risultato è che il
20 giugno le ragazze sono state
fermate.
La notizia è circolata nella
Repubblica Islamica, dove arresti come questi sono però frequenti se non quotidiani. Il
mondo l’ha invece quasi ignorata, per lo stesso motivo e perché la sua attenzione è rivolta
ora al conflitto in Siria e Iraq, in
cui Teheran ha per altro un suo
ruolo. Fino a ieri: una delle ragazze arrestate, Ghoncheh
Ghavami, è anche cittadina britannica e la famiglia, dopo aver
mantenuto il silenzio sperando
in un suo imminente rilascio,
ha deciso di uscire allo scoperto, di far scoppiare il caso.
«Aiutatemi a riportare a casa
mia sorella», è l’appello che ha
WELCOME TO OUR WORLD
Controlli
Blitz contro l’Ikea in Russia
«Ritorsione per le sanzioni»
Blitz delle autorità russe negli uffici dell’Ikea. Gli uomini
della Russia’s Investigative Committee, l’equivalente
dell’Fbi, hanno effettuato controlli negli uffici della
multinazionale svedese a Khimki, località a nord-ovest
di Mosca. L’indagine riguarderebbe un appezzamento di
terreno. Un’operazione scattata poche ore dopo il via
libera dell’Unione Europea alle sanzioni che colpiscono
Mosca a causa della crisi in Ucraina. E proprio il governo
di Stoccolma è stato tra i più critici nei confronti della
politica che sta conducendo il presidente Putin
nell’area. I responsabili dell’Ikea hanno fatto sapere che
stanno prestando la massima collaborazione alle
autorità russe. Timothy Ash, analista economico, è
convinto, appunto, che i controlli siano conseguenza
dell’attrito in atto tra Ue e Russia. «Il governo svedese —
ha detto — è uno dei principali oppositori della politica
di Mosca nei confronti dell’Ucraina. Mi chiedo se questa
operazione non si inserisca nello stesso tipo di azioni di
controllo che hanno visto colpite le catene di fast food
in Russia». Ikea ha quattordici filiali nel Paese e una
clientela che appartiene soprattutto alla crescente classe
media.
Nel cuore delle imprese più rischiose ci sono piloti eccezionali,
per i quali l’avventura è un’esperienza quotidiana. Uomini
che affidano la loro sicurezza unicamente agli strumenti più
efficienti. Nel cuore delle imprese più rischiose c’è l’Avenger
di Breitling, sintesi di potenza, precisione e funzionalità. I
modelli Avenger possiedono una struttura robustissima e una
impermeabilità che va dai 300 ai 3000 metri di profondità.
Autentici strumenti per professionisti, ospitano movimenti
automatici certificati come cronometri dal COSC, la massima autorità ufficiale in tema di precisione e affidabilità.
Benvenuti nell’universo delle missioni estreme. Benvenuti nel
mondo Breitling.
BREI T LI NG.COM
AVENGER BLACKBIRD
© RIPRODUZIONE RISERVATA
16
italia: 51575551575557
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Esteri 17
italia: 51575551575557
Oggi le elezioni
La delusione per
i modesti risultati
del governo uscente
di centrodestra
Il voto
Parlamento
La Svezia rinnova il
Parlamento
unicamerale, il
Riksdag, 349
membri
eletti con il sistema
proporzionale e
sbarramento
al 4%
Elettori
Sette milioni gli
aventi diritto, due i
partiti maggiori
(Conservatori e
social
democratici), due i
minori:
Democratici
svedesi e
femministe
DAL NOSTRO INVIATO
STOCCOLMA — I conti a posto, il culto della disciplina finanziaria non sempre bastano
per vincere le elezioni. Il candidato favorito
non è colui che promette di tagliare le imposte, ma chi assicura che è necessario aumentarle. Considerando quello che accade nel resto d’Europa, la Svezia spiazza e stupisce. Oggi, così dicono i sondaggi, i sette milioni di
elettori, o forse quattro, considerando l’affluenza reale, dovrebbero congedare il premier moderato Fredrik Reinfeldt, 49 anni, in
carica da otto, e riconsegnare il Paese ai socialdemocratici che prima di lui lo hanno guidato
ininterrottamente per 65 anni.
La figura nuova si chiama Stefan Lofven, 57
anni. Si presenta come un erede della vecchia
aristocrazia operaia, specialità saldatura. Un
uomo pragmatico, concreto. Lofven fu abbandonato dalla madre in un orfanotrofio, quando non aveva ancora dieci mesi. Venne adottato da uno spaccalegna e da un’infermiera. Ha
frequentato le superiori e qualche anno di
università. Poi ha lasciato per entrare nella
Hagglunds, una fabbrica di veicoli militari
controllata dalla multinazionale britannica
Bae. La sua vera scuola è stato il sindacato:
un’ascesa cominciata nel 1981 come delegato
di base e culminata nel 2005, quando diventò
presidente dei metalmeccanici di If Metall. Infine, nel 2012, il passaggio alla leadership dei
socialdemocratici. Nel giorno delle elezioni
parte accreditato di un consenso intorno al
35-36%. Insieme con gli ex comunisti e i Verdi,
potrebbe mettere insieme il 46,4% dei seggi
nel Parlamento. Sull’altro versante il partito
moderato di Reinfeldt dovrebbe fermarsi intorno al 30% e, in coalizione con altri quattro
formazioni del centro-destra, si attesterebbe
intorno al 40%.
Due minoranze, dunque. Con due outsider
nel mezzo, pronti a far pesare i loro risultati
che si annunciano promettenti. Sul lato dei
conservatori, il movimento xenofobo del
trentacinquenne Jimmie Akesson, i Democratici svedesi, potrebbe toccare addirittura il
10%. Dall’altra parte «Iniziativa femminista»,
guidata dall’ex comunista Gudrun Schyman,
66 anni, dovrebbe riuscire a superare la soglia
minima del 4% e quindi proporsi come alleato
decisivo di Lofven. «Per la prima volta la politica svedese rischia di trovarsi nel caos, voi in
Italia ci siete abituati, per noi sarebbe uno
shock», osserva Goran Eriksson, editorialista
di Svenska Dagbladet, quotidiano liberal conservatore. Due gli esiti più probabili. O Lofven
(se davvero vince) forma un esecutivo di alternativa, ma con numeri molto stretti. Oppure, al termine di un lungo negoziato, accetterà
di guidare una grande coalizione.
I socialdemocratici hanno condotto una
campagna di attacco puntando su temi di in-
Svezia, il ritorno della sinistra
con lo spettro degli immigrati
I socialdemocratici si avviano a vincere dopo 8 anni
Nuovo partito
Arriva l’esordio
delle femministe
DAL NOSTRO INVIATO
STOCCOLMA — «Lofven chiama la
bomba Gudrun». Il tabloid Expressen
annuncia che il probabile futuro
premier di Svezia, il socialdemocratico
Stefan Lofven, è pronto ad allearsi con
la mina vagante delle elezioni di oggi:
Gudrun Schyman, 66 anni. Militante
della Lega marxista-leninista negli
anni Settanta, poi dirigente politico del
Partito della sinistra post-comunista
negli Ottanta e Novanta. Fino a che, nel
2004, Schyman non decide di
trasformare il femminismo in un vero
partito, «Iniziativa femminista». Dopo
dieci anni di delusioni, stasera Gudrun
potrebbe diventare una figura decisiva.
La sua formazione ha già sfondato alle
europee di maggio raccogliendo il 5,3%
dei voti. I sondaggi ora concordano
che possa superare la soglia del 4% ed
entrare nel Parlamento. La sua agenda:
cancellare ogni differenza tra uomini e
donne in termini di reddito e di
opportunità di carriera.
tramontabile richiamo per gli elettori. Innanzitutto la «decadenza» del welfare, il sistema
di protezione sociale più imitato e più invidiato in Europa. Il governo moderato ha spinto
per la privatizzazione delle scuole, applicando
quasi alla lettera la proposta di Milton Friedman, l’economista padre del monetarismo:
consentire alle famiglie, attraverso un sistema
di voucher prepagati, di scegliere liberamente
tra scuola pubblica e privata. Senonché la preparazione degli studenti è in caduta libera, almeno stando agli ultimi test Pisa (le verifiche a
cura dell’Ocse). Anche le prestazioni degli
ospedali sono scadenti, naturalmente rispetto
agli standard elevati cui sono abituati i cittadini. Infine la disoccupazione: il tasso attuale è
al 7,9%, un miraggio per mezza Europa rassegnata a percentuali a doppia cifra, ma del tutto
deludente, specie quella giovanile all’11%, per
gran parte dell’opinione pubblica. Per «riparare i guasti dei moderati» Lofven propone di
aumentare le tasse, riportando la pressione fiscale sul prodotto interno lordo dal 53% attuale al 60%, cioè più o meno ai livelli degli anni
Scozia
Il corteo
orangista
per il «no»
Marcia degli orangisti,
gli unionisti più
radicali, contrari al
referendum
sull’indipendenza
scozzese a Edimburgo:
per gli organizzatori
erano 10 mila
manifestanti,
compreso un gruppo di
orangisti provenienti
dall’Irlanda del Nord.
Un nuovo sondaggio
dà il «no» al 54%.
G. Sar.
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Novanta. Reinfeldt resiste e promette altri 350
mila posti di lavoro entro il 2020.
Ma attenzione: se costretti dai risultati elettorali, i due grandi rivali potrebbero ritrovarsi
più vicini di ciò che appare. Moderati e socialdemocratici, se si va un po’ in profondità, da
almeno vent’anni rappresentano due versioni
dello stesso paradigma riformista. La vecchia
contrapposizione tra sostenitori dell’intervento pubblico e fautori del liberismo è terminata nel 1991, quando il Paese subì una crisi
economico-finanziaria paragonabile a quella
del 2008-2009. Da allora le scelte fondamentali sono state condivise: rigore nelle finanze
pubbliche, sostegno e incentivi alle imprese
private, oculata gestione del cambio (la corona svedese è la dodicesima moneta più trattata al mondo). Su questo terreno bi-partisan è
fiorita la nuova Svezia, da Ikea a Spotify, subentrata all’oligarchia delle grandi dinastie
industriali (i Wallenberg). Persino sull’immigrazione, argomento divisivo per eccellenza
in tutta Europa, le posizioni dei due antagonisti quasi si toccano. Negli ultimi 12 mesi il Paese (9,5 milioni di abitanti) ha ricevuto 54 mila richieste di asilo e nel 2014 saranno circa 80
mila: più dell’Italia, più della Gran Bretagna.
Le periferie di Stoccolma, i vecchi quartieri
operai di Malmö si sono gonfiati con i nuovi
arrivi. All’ondata proveniente dai Balcani di
venti-trent’anni fa si è aggiunta quella partita
dalla Siria e dall’Iraq. Inevitabilmente una
parte dei cittadini si sente minacciata e spesso
la domanda di protezione si trasforma in
chiusura e alimenta la protesta xenofoba dei
Democratici svedesi.
Il premier Reinfeldt e il ministro degli Esteri
Carl Bildt, invece, hanno iniziato questa campagna elettorale sostenendo che la Svezia non
può rinnegare se stessa e deve «mantenere le
porte e i cuori aperti». Un’uscita rischiosa che
ha alimentato la propaganda degli outsider
populisti. Ma anche una mossa indovinata,
perché ha soffocato sul nascere una possibile
offensiva dei socialdemocratici. I conti finali
si faranno stasera.
Giuseppe Sarcina
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Il personaggio Fedelissima del primo ministro Donald Tusk, che lascia Varsavia per Bruxelles dove da dicembre presiederà il Consiglio Ue
Il giorno di Ewa: una donna alla guida della Polonia
Figlia di una sarta e di un fabbro,
è la perfetta espressione della classe media
«Troppo grigia» o «troppo
irascibile», di lei non si può ancora dir molto e così si dice un
po’ di tutto. Ewa Kopacz esce
dall’ombra lunga di Donald Tusk e si avvia a diventare la nuova
premier della Polonia, seconda
donna dopo Hanna Suchocka
nel 1992.
Nomina attesa e già contestata, quella che sarà ufficializzata
domani dal capo dello Stato
Bronislaw Komorowski. Fedelissima del primo ministro Tusk, che dopo un settennato di
stabilità politica ed economica
lascia Varsavia per Bruxelles dove da dicembre presiederà il
Consiglio Ue, la 57enne Kopacz
è riconosciuta come persona
determinata e grande lavoratrice, non come leader. Se la stampa tedesca azzarda paralleli con
gli oscuri inizi di Angela Merkel,
i critici in casa le rimproverano
mancanza di visione e d’indipendenza: per il capo dell’opposizione Jaroslaw Kaczynski il
mandato sarà uno strascico dell’era Tusk che continuerà a dare
ordini a distanza; all’interno
della stessa Piattaforma civica
(Po, il partito di governo) torna-
In Parlamento
Ewa Kopacz, 57
anni, attuale
presidente della
Camera bassa
polacca, è stata
scelta come
nuovo primo
ministro e sostituirà Donald
Tusk (Epa)
no a farsi sentire aspiranti alla
leadership come Grzegorz
Schetyna che minacciano la coesione della maggioranza. Il tutto
in un passaggio delicato per il
Paese locomotiva del CentroEst, in prima linea nella crisi
ucraina e prossimo alle elezioni
(amministrative a novembre,
politiche nel 2015).
Ewa Kopacz è la continuità.
Pediatra, ex ministra della Sanità e presidente della Camera
bassa, non è una professionista
della politica, alla quale si è avvicinata solo nel 2001, anno di
fondazione di Po. A differenza
della maggior parte dei protagonisti della scena post-comunista, non ha un passato di militante di Solidarnosc e non ha legami da rivendicare con il mito
fondativo della nuova Polonia.
Figlia di una sarta e di un fabbro,
è la perfetta espressione della
classe media emersa dalle macerie del regime e motore della
ricostruzione.
Non sempre in sintonia con le
pulsioni profonde di un Paese
conservatore, che ha una certa
consuetudine con le donne ai
vertici — lascito dell’eguaglianza tra i sessi perseguita dal comunismo tramite l’inserimento
delle «compagne» nel processo
di produzione — ma mal sopporta le deviazioni dall’ortodossia cattolica. Nel 2008, da responsabile della Sanità, Kopacz
sfidò attivisti e istituzioni ecclesiastiche consentendo a una
quattordicenne di abortire dopo
uno stupro: vescovi e associazioni pro-vita invocarono la
scomunica quando la ministra
obbligò un ospedale di Danzica
a eseguire l’intervento dopo che
diverse cliniche si erano rifiutate, violando la legge.
L’anno successivo nel pieno
dell’allarme internazionale per
la «suina», l’influenza da virus
H1N1, fu lei a opporsi all’acquisto del vaccino ordinato in dosi
massicce dagli altri Paesi europei, considerandolo inutile. Il
tempo le avrebbe dato ragione.
E nel 2010, dopo il disastro
aereo di Smolensk nel quale
persero la vita 96 persone tra le
quali il presidente Lech Kaczynski, volle seguire personalmente
le operazioni per il riconoscimento delle vittime. Divorziata,
nonna di un bimbo di due anni,
è una militante del tacco a spillo
ma non ha problemi a indossare
in Parlamento — sollevando
polemiche — T-shirt da teenager con romantici versi ricamati
in rosa sotto giacche color salmone. Un romanticismo che pur
si coniuga con sfuriate improvvise regolarmente documentate
Attesa e contestata
Nomina attesa e già
contestata, sarà
ufficializzata domani dal
capo dello Stato
dai collaboratori e ben note allo
stesso Tusk, che ha sempre
amato circondarsi di donne volitive: Ewa fa parte delle magnifiche tre», con il sindaco di Varsavia Hanna Gronkiewicz-Waltz
e la nuova commissaria Ue al
M e rca to i n te r n o E l z b i e ta
Bienkowska. Meticolosa organizzatrice, annota tutto in un
diario segreto che non esclude
di pubblicare in futuro. «Un documento sul prezzo che paga chi
sceglie la politica». Prossimo capitolo, vita da premier.
La nuova squadra di governo
sarà resa nota e presterà giuramento il 22 settembre. Tra le incognite, il ruolo di pesi massimi
come il ministro degli Esteri Radek Sikorski che potrebbe assumere la carica di speaker del
Parlamento in staffetta con Ewa:
poco potere ma grande prestigio
in attesa della grande sfida elettorale con l’opposizione, in crescita, di Kaczynski — che d’ora
in avanti dovrà affrontare una
signora, di ferro.
Maria Serena Natale
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
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Cronache
L’emergenza Recuperati due corpi, molti altri avvistati. Secondo le autorità della Valletta a bordo c’erano solo 30 persone
Barcone a fondo, morti e decine di dispersi
Naufragio al largo delle coste maltesi. Un sopravvissuto: eravamo in cinquecento
La chiamata da un barcone
in difficoltà con un telefono
satellitare, un mercantile che
accorre e raccoglie 384 migranti, poi la rotta verso Pozzallo, sud della Sicilia. Scena
quotidiana nel Canale di Sicilia. Ma questa volta la navigazione è interrotta, quando la
nave è a sud di Malta il comandante nota due uomini in
mare. Sono vivi, vengono portati a bordo, sono giovani palestinesi, raccontano di essersi salvati dal naufragio della
loro imbarcazione. «Eravamo
400 o 500, palestinesi e siriani,
molte famiglie e tanti bambini» sono le poche parole che
riescono a sussurrare.
L’ennesima tragedia, dalle
I salvati
Una dozzina i salvati, tra
cui una bimba di due
anni e un altro minore
Le vittime
circa 1.880 Gli arrivi stimati
circa 1.500
circa 500
2011
Fonte: Unhcr
dimensioni ancora difficili da
definire. Ci sarebbero centinaia di dispersi, ma da Malta
arriva subito dopo la correzione che altri superstiti avrebbero detto che a bordo c’erano
solo una trentina di persone.
Finora sono stati recuperati
due cadaveri, ma molti altri
sono stati visti affiorare tra le
onde. Una dozzina invece i
migranti salvati, tra cui una
bambina di due anni e un altro minorenne.
L’indagine per capire cos’è
accaduto esattamente è complessa, coinvolge autorità italiane, maltesi e greche le cui
unità sono state impegnate
nei soccorsi e stanno tutt’ora
perlustrando quel tratto di
mare, a 300 miglia a sud-est
della Valletta.
Il primo allarme è stato lanciato venerdì mattina, quando
la Pegasus, nave mercantile
con bandiera panamense, ha
avvistato i primi due uomini
in mare. Sul posto, oltre ai
D’ARCO
Nel Mediterraneo
2012
mezzi di salvataggio maltesi e
greci, sono stati inviati anche
un aereo Atlantic dell’Aeronautica italiana e un Atr della
Guardia costiera. Quest’ultimo ha individuato alcune persone in mare e lanciato una
zattera di salvataggio, che ha
permesso a un piccolo gruppo
di naufraghi di raggiungere
un altro mercantile. Sette i migranti salvati nelle prime ore,
tra cui la più piccola che, in
condizioni di grave ipotermia
per la lunga permanenza in
acque fredde, è stata trasportata in elicottero all’ospedale
400
I migranti che sono
arrivati a Pozzallo negli
ultimi due giorni. A
Crotone la nave «Euro» ne
ha sbarcati 956, tutti eritrei
di Chania nell’isola greca di
Creta. Poi nella serata di venerdì altri tre migranti trovati
in vita. Dalle prime testimonianze sembra che la tragedia
sia stata causata dalla collisione tra due imbarcazioni e questo potrebbe forse spiegare la
discordanza tra il numero di
persone coinvolte, trattandosi
di due barconi affondati.
Immancabile la scontro politico innescato dalla tragedia.
Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord, come
sempre non fa sconti: «I confini ci sono e in quanto tali vanno difesi anche con le armi,
perché così succede in tutto il
mondo». E aggiunge dal ritrovo del Carroccio alle pendici
del Monviso: «Sono morti che
pesano sulla coscienza dei soliti noti. Sono morti di Mare
Nostrum». Contro l’operazione militare e umanitaria anche Maurizio Gasparri, Forza
Italia: «È un disastro senza fine, la Caporetto a carico no-
«Io, sindaco di frontiera
ho in affido 80 minorenni»
Siamo
stanchi,
sfiniti, ma
non in
difficoltà
Cerchiamo
di fare la
nostra parte
Luigi Ammatuna l’altra notte era
sulla banchina del porto. «Ho visto
quei due ragazzi scampati al naufragio. Erano provati, ma per fortuna a
loro è andata bene». Ammatuna, 65
anni, è il sindaco di centrosinistra di
Pozzallo, sulla costa ragusana. Da un
anno passa più tempo al molo e al
centro di prima accoglienza che in
Municipio. «Dalla tragedia di Lampedusa dello scorso ottobre i migranti
vengono portati direttamente in Sicilia. Siamo diventati noi la porta d’Europa».
Quanti ne avete accolti?
«Ventimila nei primi otto mesi del
2014. L’anno scorso in dodici mesi
erano stati 4.500...».
Fino a quando potrete reggere?
«Siamo stanchi, sfiniti, ma non in
difficoltà. Mare Nostrum ha permesso di salvare tantissime vite e noi cerchiamo di fare la nostra parte».
Nessun tentennamento?
«Qualche momento di sconforto,
quando gli arrivi si susseguono e non
riusciamo a tirare il fiato. Ma poi con
dedizione e impegno i momenti di
difficoltà si superano».
E i suoi concittadini?
«Siamo persone accoglienti, in
passato anche noi siamo stati emigranti. E poi il porto è a un chilometro dal centro, spesso si accorgono
degli sbarchi dalla tv».
Davvero nessuna problema?
«Per il turismo, sì. C’è stato un calo
consistente che non è solo colpa della
crisi. Qualcuno pensa di trovare i migranti per strada oppure il mare pieno di cadaveri. C’è molta disinformazione».
Come fate fronte all’emergenza?
«La struttura di prima accoglienza
è collaudata per 180 posti, ma non
basta. Meno male che possiamo utilizzare anche un edificio a Comiso.
Un problema semmai è quello dei
minori che per legge vengono affidati
al sindaco. Ne ho avuti 900 quest’anno, adesso sono un’ottantina. I centri
in Italia sono pieni e faccio fatica a
trovare una sistemazione definitiva».
Dove alloggiano?
«Nel palazzetto dello Sport e in canonica. Ma adesso le squadre ci chiedono di giocare e il parroco deve iniziare il catechismo...».
R. Bru.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
circa 60.000
circa 22.500
2014*
Pozzallo Il primo cittadino Luigi Ammatuna
❜❜
La parte
circa 69.000
circa 600
2013
circa 124.380
2011
stro con spese gigantesche e il
fallimento del patetico tentativo di coinvolgere l’Ue».
Tocca al premier Matteo
Renzi difendere l’impegno comunitario nel Mediterraneo:
«Non è un’impuntatura dell’Italia, ma l’idea che l’Europa
abbia un cuore e un’anima,
2012
che l’Europa si preoccupi della
vita delle persone, che non lasci morire una giovane mamma».
Anche il presidente della
Camera, Laura Boldrini, definisce l’operazione «importantissima»: «Salvare vite in mare
è un imperativo etico, anche
2013
2014*
se poi servono anche altre
azioni. Serve una sinergia perché tutti facciano la propria
parte». E il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, usa la
metafora del muro di Berlino
e parla di un «Checkpoint
Charlie, che divide il Sud dal
Nord del mondo. C’è un pas-
saggio a livello che li separa,
un pezzo che agogna e desidera il benessere, la libertà e la
democrazia e un pezzo del
mondo che lo deve difendere».
Una frontiera che non lascia
momenti di tregua. Negli ultimi due giorni non sono arrivati solo i quasi 400 migranti
di Pozzallo. Nel porto di Crotone la nave della Marina militare Euro ha sbarcato 956 eritrei, soccorsi nei giorni scorsi
a sud di Lampedusa mentre
cercavano di raggiungere la
terraferma a bordo di due barconi. Tra di loro anche 122
bambini e 224 donne, alcune
incinte. A Porto Empedocle il
pattugliatore Orione ne ha
trasportati 500, tra cui 49 donne e 59 minorenni. La nave
Borsini ha invece salvato nel
Canale di Sicilia 104 migranti,
altrettanti ne ha recuperati la
nave Sirio.
Quattro presunti scafisti,
due nigeriani, uno del Gambia, e un ghanese, sono stati
invece fermati dalla squadra
mobile della Questura di Catania. Sono accusati di aver portato gli 82 migranti soccorsi
dal mercantile greco «Agrari»
e arrivato venerdì pomeriggio
nel capoluogo etneo.
Riccardo Bruno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Università
Cronache 21
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Cambio al vertice dopo dieci anni (e tante polemiche). Il preside di Medicina: «Voglio un ateneo più europeo e porterò i calabresi in Europa»
In aula Studenti
alla Sapienza:
in tutto sono 110 mila
I volti
SEGUE DALLA PRIMA
Dicono abbia «risvegliato un mammut». Ma anche «devastato l’immagine dell’ateneo», coi mammut succede.
Parlare di cambio d’era non è eccessivo: vent’anni da preside di Medicina,
dieci da pro-rettore vicario e da rettore, moglie e due figli piazzati dentro
l’università, polemiche, inchieste, una
vasta corte di vassalli tra ordinari, associati e ricercatori, ovvero un popolo
di 3.872 elettori, molti dei quali gli devono qualcosa. Per dire: nonostante la
mission di dimagrire, Frati divise Medicina in tre, moltiplicandone le poltrone. «Nessuno dei sei candidati può
sostenere di non essere un uomo suo,
io sono leale e lo dico», sorride Tiziana
Catarci, una dei sei, che uomo non è
ma fa paura a un sacco di uomini —
bella, intelligente e aggressiva. La
chiamano la Zarina. «Non lo sapevo
ma non mi dispiace, Caterina la Grande ha trasformato la Russia». La Zarina
domina (per ora) sull’informatica e ha
in mano InfoSapienza, cervello milionario e vero centro di potere dell’università anche nell’allocazione delle risorse («i dati sono neutrali, poi la politica li… orienta»). È lei una delle due
carte che Frati prova a giocare perché
il cambio d’era si trasformi in una
transizione da lui stesso governata,
magari assurgendo a presidente della
Fondazione che, adesso, incassa gli introiti degli affitti dell’ateneo ma domani — chissà — potrebbe gestire direttamente il patrimonio immobiliare
di lasciti e donazioni, diventando tutt’altra torta.
L’altra carta è Eugenio Gaudio, preside di Medicina: cosentino. Il dettaglio non è irrilevante, i calabresi alla
Sapienza sono molti, non solo tra i
professori, ma anche tra tecnici e studenti (che pure votano, sebbene con un meccanismo
ponderato). Il Quotidiano
della Calabria gli fa garbata
propaganda («Un medico
calabrese tra i sei candidati»). Lui si schermisce: «Veramente vorrei una Sapienza più europea. Poi, se riesco
a portare i calabresi in Europa…». S’inalbera sul fratismo: «Non ne parlo! Voglio
parlarle del Paese!», dice, alzando i decibel. Immagina
un’università aperta ai quattrini privati: «Basta ideologismi». Non per ragioni ideologiche
Frati aveva un tempo affidato al dipartimento di Carlo Gaudio, fratello di
Eugenio, il proprio figliolo cardiochirurgo, Giacomo, che se pure fosse il
nuovo Valdoni si porta addosso lo
stigma dell’aiutino. Per non far preferenze, nel dipartimento di Eugenio si
può trovare poi anche la figliola di
Luigi il Magnifico, Paola, a Medicina
legale. Gaudio ha a sua volta il figlio
che fa dottorato di ricerca a Ingegneria
(ma sono decine i rampolli di professori con dottorato in ateneo). Ovvio
3.872
Tiziana Catarci
Sistemi di elaborazione delle informazioni
Il numero dei votanti
nelle elezioni
alla Sapienza
Eugenio Gaudio
Preside della facoltà di Medicina
Candidati, voti e favori
Gli intrighi alla Sapienza
per la fine dell’era Frati
Si sceglie il nuovo rettore. «Tutti e sei sono legati a lui»
Medico Luigi Frati, 71 anni, rettore della
Sapienza, è docente di Patologia generale
che con tanti intrecci familiari Frati
abbia a cuore il destino del fido amico.
Nonostante ciò si narra che lo punzecchi di tanto in tanto: «Eugenio caro,
mica vorrai diventare rettore al primo
colpo? Persino io ho dovuto fare il prorettore di Guarini, prima».
Nei corridoi si fanno calcoli frenetici. Catarci porta di suo tra i 350 e i 550
voti, Gaudio ne ha un pacchetto di
1.200 (Medicina da sola conta un terzo
dell’università). Bella somma, ma si
sussurra che i due non si sopportino,
al ballottaggio del quarto scrutinio si
tratta, e tutto può succedere. La Zarina
storce la bocca: «Gaudio e io? Rapporti
istituzionali. Sua prorettrice, io? Corro
per vincere». Sa di cosa parla. Frati potrebbe assegnarle la guida del tandem.
Chiedergli conferma è difficile, il rettore non risponde a quattro telefonate.
Ha rischiato l’arresto per difendere dai
poliziotti un romeno che volantinava
all’università. Gesto generoso, non
fosse che i volantini, anonimi, diffamavano uno dei sei candidati alla sua
successione. «Su questo non le dirò
una parola, si getta fango sulla Sapienza», tronca il diffamato, Giancarlo
Ruocco, ex capodipartimento di Fisica
e prorettore, 500 o 600 voti di dote.
L’accusano di avere avallato tutte le
scelte di Frati. «Ha fatto un buon lavoro. Ritengo mi abbia chiamato per le
mie competenze, non per politica, io
gli ero contro». Ma Frati include, no?
«Devo riconoscergli grande apertura
mentale». La sua avventura con l’Istituto italiano di tecnologia, 20 milioni
di finanziamento per cinque anni di
ricerche biomediche, può aver aumentato la stima del rettore ma certamente gli avrà procurato molte invidie, riflesse nel volantino. «Si presenta
la cosa come uno scambio, e non è vero. Due volte gli ho scritto lettere di dimissioni da prorettore e lui ha sempre
cambiato rotta».
Con 500 o 600 voti di partenza, la
sorpresa può essere Andrea Lenzi, endocrinologo, da otto anni presidente
del Consiglio universitario nazionale:
«Ho lavorato con cinque ministri. Se
nessuno ha ritenuto di investire su ricerca e innovazione, la colpa non è solo degli altri che son cattivi. È anche di
chi non dà un’immagine adeguata
della Sapienza. Frati è stato il mio preside. Poi, quando è stato eletto rettore,
mi sono dimesso da cinque cariche.
Non volevo essere ancillare». Lenzi è
La prossima poltrona
L’attuale numero uno
punterebbe a diventare
presidente della Fondazione
più politico, il Cun dà peso. Ha una figlia ricercatrice di Storia all’università
dei Legionari di Cristo, ha subìto duri
attacchi: forse sopra le righe rispetto
all’incarico della ragazza. «L’ho scritto
pure sul profilo Wikipedia, di mia figlia».
Qui Luigi il Magnifico ha mutato
anime e cattedre. Roberto Nicolai,
candidato delle facoltà umanistiche,
parla di «questione etica». La caccia al
parente è sacrosanta ma a tratti parossistica (la Catarci ha il marito in facoltà, ma si sono conosciuti lì da ragazzi).
Quasi tutti i candidati declamano sulle
sorti del Paese e sussurrano sulle magagne dei rivali. «Io mi sono dimessa
da prorettrice. Qualcuno fa il prorettore di lotta e di governo», dice la Zarina
alludendo a Ruocco. Lei, presidente di
InfoSapienza, siede per delega di Frati
anche nel consiglio d’amministrazione di Cineca, consorzio che fornisce
servizi all’università e ne valuta le ricerche. Inopportuno? «Certamente
no!». «Se divento rettore questa cosa
finisce», tuona invece Renato Masiani,
350 o 400 voti possibili, ingegnere e
preside di Architettura. InfoSapienza
era cosa sua. «Poi Frati decise diversamente, e arrivò Tiziana». Fatto fuori?
Replica gelida: «Renato era tutti i lunedì alle riunioni del governo dell’ateneo. Magari era distratto. Vuole la verità? Sono la prima candidata rettrice
in settecento anni di Sapienza: e do fastidio». In effetti colleghi (e colleghe)
non le risparmiano nessuno dei luoghi comuni su una donna di potere
che ostenta il tacco dodici. Ma è la Sapienza di Frati, miseria e nobiltà: in bilico tra la bolla papale da cui nacque e
una pagina web di Dagospia.
Roberto Nicolai
Preside della facoltà
di Lettere e Filosofia
Renato Masiani
Preside della facoltà
di Architettura
Andrea Lenzi
Professore ordinario
di Endocrinologia
Giancarlo Ruocco
Professore di Struttura della materia
Goffredo Buccini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Istruzione La stima del Censis: solo per le bollette si spenderebbero 7,9 euro al mese per studente. Oggi è dotata di una connessione veloce una primaria su 10
Internet e tablet in ogni scuola? Servono 650 milioni l’anno
Sarà la #voltabuona per #labuonascuola e #unadidatticanuova? O, a colpi di slogan e
hashtag, l’istruzione post riforma farà il passo avanti e i
tre indietro che fino ad oggi
hanno inchiodato la scuola
italiana all’analfabetismo digitale? Il tema è di non poco
conto. Dopo anni di tentativi e
piani per portare le tecnologie
in classe, anche il governo
Renzi parla di una robusta
iniezione di digitale. Spostando, però, la barra del timone:
«Il processo di digitalizzazione — ha detto il premier presentando il suo disegno per
una nuova scuola — è stato
troppo lento, non solo per
mancanza di risorse pubbliche, ma anche perché si è investito in tecnologie “pesanti”
(Lim e tablet, ndr), che hanno
drenato risorse, ingombrato
le classi, spaventato docenti
non preparati». Ora si cambia:
gli investimenti saranno dirottati su reti, connessione a
Internet veloce, open data.
Nessuna previsione di spesa,
nel «libro delle intenzioni».
Ma a fare i conti ci ha pensato
il Censis: «Servono 650 milioni di euro all’anno, dei quali
184 milioni per la connettività, 274 milioni per la sicurezza
e 192 milioni per infrastrutture e apparecchi tecnologici»,
ha scritto ieri l’istituto di ricerca, nel numero 8 del «Diario della transizione». Tradotto in costo medio, il Censis stima una bolletta per Internet
veloce nelle scuole di 7,9 euro
al mese a studente.
Ma la strada sarà lunga: oggi solo il 10% delle scuole pri-
marie e il 23% delle secondarie
sono connesse a Internet con
rete veloce (superiore a 30
Mbps). Le altre sono collegate
a bassa velocità e spesso si naviga solo dalla segreteria o dal
laboratorio tecnologico, se
c’è. In un’aula su due, al web
non si accede. L’uso di Cloud
dedicati a insegnanti e stu-
denti è frutto di sforzi pionieristici e volontari di alcuni insegnanti. E per quanto riguarda l’hardware, i tablet disponibili per uso individuale
sono appena 14 mila. Il registro elettronico — ha calcolato Skuola.net — è usato in
classe dal 37% dei docenti, anche se a farne un uso misto
72
Mila È il numero delle
lavagne interattive
nelle scuole italiane
Si trovano in 22 mila istituti
a disposizione di circa
300 mila classi. Il registro
elettronico è utilizzato
dal 37% degli insegnanti
(elettronico e cartaceo) sono il
70%. E nell’Agenda Digitale si
legge che «il 90% dei contenuti in classe viaggia ancora su
carta e solo il 16% degli studenti può avvalersi di un setting didattico innovativo».
Non che si sia a digiuno di
innovazioni e di sperimentazioni, ma quello che è stato
fatto negli anni non è organico e non è completo. Si sono
riempite le scuole di lavagne
interattive (ce ne sono 72 mila, a disposizione di circa 300
mila classi, in 22 mila scuole).
Si sono attrezzate di tecnologia (computer e dispositivi
mobili) 1.300 «Cl@ssi 2.0».
Una trentina di scuole sono
diventate «2.0»: hanno subito
cioè una trasformazione radicale della didattica e dell’ambiente di apprendimento. È
dal 2007 che si cerca di ammodernare il modo d’imparare.
Ma sin qui lo si è fatto con fondi insufficienti: il Piano Nazionale Scuola Digitale ha ricevuto finanziamenti, tra il
2007 e il 2011, per 110 milioni
di euro; altri 20 (più 20 dalle
Regioni) nella Fase Due (tra
2012 e 2014). A questi vanno
aggiunti i 15 milioni del progetto «Wireless nelle scuole»
(di cui beneficeranno 1.500
scuole, delle 3.800 che han
fatto domanda), voluto dal
Il dominio della carta
Secondo l’Agenda
Digitale il 90 per cento
dei contenuti in classe
viaggia ancora su carta
ministro Carrozza nel 2013 e
che si concluderà nel 2015; e il
piano di formazione dei docenti: 600 mila euro per la costituzione di 38 poli formativi
nelle Regioni, che organizzeranno corsi partendo dalle
esigenze del territorio. Sommando tutto, fa meno dello
0,1% della spesa pubblica per
l’istruzione.
L’Ocse ha stigmatizzato il
gap infrastrutturale e il ritardo
culturale, quantificando in 15
anni il ritardo rispetto a Paesi
più convinti dell’importanza
delle tecnologie, come la Gran
Bretagna; mentre la Commissione europea ha sottolineato
che il nostro Paese ha la più
bassa disponibilità di accesso
alla banda larga della Ue.
Antonella De Gregorio
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22
italia: 51575551575557
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Il progetto La Mossi-Ghisolfi vuole investire 250 milioni
Lavoro o ambiente?
Un caso in Sardegna
sul bioetanolo
«Produrlo renderà sterili i nostri terreni»
«Non perdiamo 400 posti di lavoro»
CAGLIARI — Bioetanolo dove una volta c’erano miniere,
carbone, piombo e fabbriche di
alluminio. Carburante ecologico prodotto dalle canne invece
che gallerie e ciminiere. È il Sulcis del futuro. O meglio, dovrebbe essere se il progetto del
gruppo Mossi-Ghisolfi (che ha
uno stabilimento simile in Piemonte a Crescentino) prenderà
corpo e nei primi mesi del 2015
si apriranno i cantieri. Il sito
scelto è anche simbolico: Portovesme, proprio accanto all’Alcoa, industria di alluminio ferma dopo due anni di agonia fra
le proteste dei 600 dipendenti e
di altrettante persone occupate
nelle attività di supporto, che
ancora sperano nel subentro di
una multinazionale svizzera e
nella riapertura.
Mossi-Ghisolfi (fatturato dichiarato 3 miliardi di dollari,
2.300 dipendenti, seconda
azienda chimica in Italia) produrrà un ecocarburante di seconda generazione, con un bre-
10
Per cento
È l’obiettivo dato
dall’Unione Europea
per l’impiego di
carburanti ecologici
Cronache 23
italia: 51575551575557
ottenuti. E a Crescentino l’analogo impianto è stato inaugurato meno di un anno fa.
«Non è una buona notizia —
obietta la scrittrice Michela
Murgia — si utilizzano terreni
fertili per produrre carburanti e
non cibo, in cambio di poche
buste paga. Sbagliato, non è
certo questo il futuro». E a chi le
replica che non si può sempre
Come si produce
Oristano
Iglesias
La canna palustre
viene utilizzata
per la produzione
di bioetanolo
Dalla biomassa vengono
estratte le cellulose
e le emicellulose,
separandole dalla lignina
D’ARCO
CO2
Pre-trattamento
e riduzione
della viscosità
Idrolisi
e fermentazione
Vapore
dire di no a tutto, lei risponde:
«L’etanolo oggi appare come il
carburante del futuro, ma fra
6-7 anni potrà non esserlo più.
Queste tecnologie hanno un ciclo breve. E poi? Coltivare canne
non fa bene alla terra, significa
renderla sterile; dopo non ci si
potrà piantare niente per parecchi anni». E insiste: «La Sardegna sta subendo un assalto della
Acqua
cosiddetta chimica verde, a Porto Torres l’Eni con Matrìca vuole produrre utilizzando cardi».
Mauro Pili, parlamentare del
Movimento Unidos, va giù assai
più duro: «Fermate la devastazione del Sulcis; per coltivare le
canne servirà una superficie pari a cinquemila campi di calcio.
Ci saranno contributi pubblici e
incentivi. E dopo 10 anni il de-
Gli zuccheri così
ottenuti vengono
convertiti in bioetanolo
cellulosico
Acqua
Enzimi
BIOMASSA
Consegna dei
residui agricoli
Quindi vengono
convertite in zuccheri
a basso costo, utilizzando
speciali enzimi
Recupero
Etanolo
Caldaia
e generatore
Vapore
Cagliari
Carbonia
Teulada Golfo di
Cagliari
Lo stabilimento sorgerà
a Portovesme,
nel Sulcis
SARDEGNA
Potenza
serto». Pili adombra anche potenti sostegni politici: «Ghisolfi, chi? Non sono forse quelli
che hanno dichiarato di aver
donato 100 mila euro alla fondazione che ha sostenuto l’ascesa di Renzi?».
Murgia e Pili interpretano
perplessità diffuse soprattutto
fra agricoltori e pastori. «Bisogna essere chiari: dire a chi la-
Vasto
vora nelle campagne che il modello di sviluppo scelto è questo
e che non si punta sulle eccellenze alimentari. In Sardegna
importiamo l’80 per cento di
quel che mangiamo — insiste la
scrittrice — e fra 20 anni le
guerre nel mondo i faranno per
acqua e cibo (grano, pomodori)
e non per il bioetanolo».
La fabbrica del bioetanolo a
Portovesme è parte importante
del Piano Sulcis, nato nell’inverno 2012 dopo la «fuga» in
elicottero dei ministri Passera e
Barca contestati dai minatori.
«Un contratto per lo sviluppo
che ha risorse per 624 milioni
— spiega Salvatore Cherchi, già
deputato e poi presidente della
Provincia, ora delegato dal governatore sardo Francesco Pigliaru a seguirne l’attuazione
—. Mossi Ghisolfi investe capitali propri per 90 milioni, ci sono finanziamenti di banche e
fondi. Il Sulcis è in ginocchio,
l’Unione Europea indica come
obiettivo l’impiego del 10% di
La scrittrice
Michela Murgia: «La
Sardegna assaltata
dalla chimica verde, la
terra serve per il cibo»
La politica
«È di certo una buona
opportunità per la
regione, anche l’Unione
Europea è d’accordo»
vetto innovativo: carburante
per auto fatto con la cellulosa
estratta dalle canne comuni
(Arundo Donax). E promette
350-400 posti di lavoro (compreso l’indotto in agricoltura),
per un investimento di 220-250
milioni. Una boccata d’ossigeno
in una delle zone socialmente
più degradate d’Italia: 5.500 lavoratori in cassa integrazione o
mobilità su 125 mila abitanti,
disoccupazione giovanile superiore al 60 per cento.
Per il bioetanolo Sulcis c’è il
via libera del governo e della
Regione. Autorizzazioni, ostacoli della burocrazia non sembrano essere più un problema,
grazie anche a una norma che
nei casi di impianti in esercizio
con uguali caratteristiche (e
connotati fortemente ecologici
e innovativi) consente di replicare permessi e concessioni già
carburanti ecologici. E ci sono
poche alternative: o li produci o
li devi acquistare. Non verranno
utilizzati terreni agricoli produttivi, ma incolti o marginali.
Questa è una buona opportunità. I tempi? Finora rispettati;
Mossi Ghisolfi sta prendendo
contatto con imprese locali,
meccaniche e di costruzioni».
Nato nel 1953 (o molti anni
prima, come vuole certa aneddotica, in un sottoscala), fondato da Vittorio Ghisolfi, che ultraottantenne ne è presidente,
stabilimenti in Brasile, Messico
e Stati Uniti. Guido e Marco, figli di Vittorio, vicepresidente e
amministratore delegato. Ora la
fabbrica in Sardegna e la scommessa: fra meno di 4 anni il bioetanolo nelle pompe di benzina/
gasolio e nei serbatoi delle auto?
I capodogli spiaggiati
per emboli nel sangue
«Fuga dalle trivelle»
Nei tre capodogli morti venerdì a Vasto ( foto sopra) è
stata rilevata la presenza di gas nei vasi sanguigni: si
tratta probabilmente della conseguenza di una
riemersione troppo rapida, forse a causa del trauma
procurato dall’attività delle trivelle. È la tesi di
Vincenzo Olivieri, del Centro studi cetacei onlus.
L’esperto ha spiegato che la presenza di gas «potrebbe
essere messa in correlazione con le attività di ricerca
petrolifera. Tecniche come l’air-gun producono un
rumore fortissimo che spaventa e disorienta i
capodogli. Questo trauma porta i cetacei a una
riemersione troppo rapida, la cui conseguenza è la
permanenza di gas nei vasi sanguigni. È simile a ciò
che accade ai sub colpiti da embolia in seguito a una
mancata decompressione».
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Alberto Pinna
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Il piano L’amministrazione comunale si è rivolta alla prestigiosa organizzazione mondiale in seguito alle proteste da parte di cittadini e ambientalisti
E per il supermercato Mantova si affida all’Unesco
Il complesso sorgerebbe vicino
a Palazzo Te, gioiello del ‘500
dichiarato patrimonio dell’umanità
Un «arbitro internazionale»,
e dei più prestigiosi, deciderà se
nel centro di Mantova può essere costruito un supermercato.
Può sembrare l’ennesima resa
della politica incapace di compiere scelte anche su questioni
di ordinaria amministrazione,
ma quel che si è venuto a creare
nel capoluogo virgiliano è probabilmente un caso limite. Poiché l’intero centro storico di
Mantova è stato dichiarato patrimonio dell’umanità e dunque
posto sotto la tutela dell’Unesco,
gli esperti di quest’ultima orga-
nizzazione mondiale sono stati
interpellati per sapere se Esselunga potrà realizzare un centro
commerciale nelle vicinanze di
Palazzo Te, uno dei gioielli architettonici della città, meta di
migliaia di visitatori.
«Abbiamo preso la decisione
di comune accordo con le Soprintendenze interessate alla tutela dei luoghi - conferma Nicola Sodano, sindaco di Mantova
nonché architetto esperto nel
restauro di edifici storici - e nei
prossimi giorni invieremo l’incartamento agli uffici dell’Une-
sco di Roma».
Per capire come si sia giunti
alla singolare chiamata in causa,
occorre fare un salto indietro di
almeno un anno, quando la società guidata da Bernardo Caprotti avanza la richiesta di costruire il suo primo supermercato a Mantova. Richiesta legittima perché in quell’area il
piano del territorio prevede da
anni un insediamento commerciale, deciso dalle amministrazioni comunali (di centrosinistra) precedenti a quella attuale
(di centrodestra). La notizia
provoca però le immediate reazioni di associazioni ambientaliste e comitati spontanei di cittadini, preoccupati che la nuova
costruzione e il traffico che porterà con sé, impatti eccessivamente con l’estetica rinasci-
mentale di Palazzo Te, distante
poche centinaia di metri.
Esselunga, dal canto suo,
mette sul piatto una serie di interventi (sulla viabilità, sulla sistemazione del verde pubblico)
in grado di rendere meno stridente il contrasto tra vecchio e
nuovo ma questo non basta a
placare le proteste.
Sembra l’ennesima strada
senza uscita, sembra l’ennesimo
impossibile compromesso tra
nuove iniziative economiche e
tutela del patrimonio ambientale e invece ecco la soluzione: fare
Novara
Anziana morta, giallo sulle cause
NOVARA — Era riversa sul pavimento, in una pozza di
sangue. Così una pensionata di 81 anni, vedova da pochi
mesi, è stata ritrovata dai suoi due nipoti che come ogni
sabato erano andati a trovarla nella sua cascina di Oleggio
(Novara). La morte al momento lascia aperte tutte le ipotesi:
il cadavere presenterebbe ferite compatibili con i fendenti
di un corpo contundente e i carabinieri non escludono che
possa trattarsi di un omicidio, forse a scopo di rapina.
in modo di coinvolgere l’Unesco, cioè il più alto in grado - in
termini di prestigio - in materia
di protezione dei beni culturali.
«La nostra decisione - spiega il
sindaco Sodano - è dettata da
una doppia esigenza: da un lato
non vogliamo che Mantova perda il titolo di patrimonio dell’umanità, dall’altro non vogliamo fermare un’iniziativa che è
legittima ma deve essere portata
a termine nel rispetto dei luoghi». «E in più - aggiunge il primo cittadino non facendo mistero di considerazioni anche
molto concrete - Esselunga ha
promesso una serie di interventi
nell’area, già oggi degradata,
che la nostra amministrazione
non ha i soldi per fare».
Ma adesso che la questione
del supermercato con vista gio-
iello architettonico è «sotto gli
occhi del mondo», come fare
marcia indietro rispetto all’impegno assunto? Detto in altri
termini: se l’Unesco dovesse
bocciare il centro commerciale,
Mantova si adeguerà a un parere
autorevole ma non vincolante?
«Il via libera - assicura il numero uno dell’amministrazione - è
subordinato al sì da parte delle
Soprintendenze; queste ultime,
nel corso delle riunioni tenutesi
in comune, hanno manifestato
il proposito di adeguarsi al parere che verrà espresso dall’Unesco. Dunque, se vale la proprietà
transitiva, il supermercato si farà solo se l’Unesco sarà d’accordo». E anche in questo caso, come avrebbe detto la buonanima
di Vujadin Boskov, «rigore è
quando arbitro fischia».
Claudio Del Frate
@cdelfrate
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24 Cronache
La storia
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Andrea Atzeni, 23 anni, è emigrato in Inghilterra quando ne aveva 15. Dalla gavetta al trionfo nel St. Leger
La favola del fantino povero
arruolato dall’emiro del Qatar
Figlio di un pastore sardo, ha vinto la gara più antica
Da figlio di un pastore di pecore
a primo fantino della scuderia dell’emiro del Qatar al Thani, da un
paesino di 2 mila anime nella Sardegna profonda all’Inghilterra capitale del galoppo internazionale,
da 15enne emigrato per sbarcare il
lunario a vincitore ieri, a 23 anni,
della 240ma edizione del classico
«St. Leger» di Doncaster, che è anche il più antico (dal 1776) Gran
Premio di galoppo del mondo:
proprio mentre in Italia le corse di
cavalli soffrono la crisi economica
che minaccia 50.000 lavoratori dello sport e dell’indotto di galoppo e
trotto (allevamento, aste, ippodromi, assicurazioni, autotrasporti, tv,
e per lo Stato molti miliardi di euro
di gettito fiscale delle scommesse
legali), è un 23nne italiano, il sardo
«inglese» Andrea Atzeni, la nuova
star dell’ippica internazionale.
Chi è
Sardo
Andrea Atzeni
nasce a Nurri il
26 marzo 1991.
A 14 anni va a
Siena, l’anno
dopo a Milano
(dove resta 3
mesi) e infine in
Inghilterra a
Newmarket
Il debutto
Debutta in corsa
nel 2009 e
subito si mette
in evidenza con
30 vittorie
Con tutti si può pontificare di
gavetta meno che con lui che l’ha
fatta per davvero e senza avere alcun ippico santo protettore in famiglia. Nulla a che vedere, ad
esempio, con la parabola di un
emigrante di lusso quale tanti anni
fa il talentuoso Lanfranco Dettori,
convinto da giovane a trasferirsi in
Inghilterra dal suo lungimirante
papà Gianfranco, pluricampione
dei jockey italiani negli anni 70 e
80.
Atzeni, invece, sardo di Nurri, sa
cosa sia la gavetta vera perché fino
a pochi mesi fa ne ha mangiato la
polvere negli ultimi 8 anni. Ne aveva 14 quando era andato a Siena e
si era avvicinato al mondo dei cavalli del Palio accanto a «Trecciolino», il fantino successore di «Aceto». A 15 anni, senza sapere una
parola di inglese e senza conoscere
quasi nessuno nell’ambiente, decide di andare a cercare fortuna nell’ippica vera in Inghilterra: il Paese
dove le corse dei purosangue sono
popolari quasi più del calcio, dove
il primo giornale che la Regina Elisabetta legge la mattina è una specie di Gazzetta dello Sport tutta dedicata all’ippica, e dove un cavallo
o un fantino può essere eletto
«sportivo dell’anno».
A 16 anni resiste a mesi di solitudine e di inglese masticato per farsi
ammettere all’agognato corso di
allievo fantino, poi a 17 anni finalmente debutta in gara nel girone
infernale delle corse minori inglesi: una bolgia dove ogni pomeriggio una legione di fantini affamati
(più di pagnotta quotidiana che di
gloria), dopo essersi sciroppati in
auto centinaia di chilometri per
raggiungere periferici ippodromi,
si disputano col pugnale tra i denti
un varco millimetrico allo steccato
o la miglior posizione nel cuore del
gruppone, composto magari da 30
cavalli lanciati a 50 chilometri all’ora su scalcinate piste fradicie di
pioggia e sferzate dal gelido vento
invernale.
La forza di volontà lo impone,
poco a poco, all’attenzione del
competente pubblico britannico,
davanti al quale comincia a vincere
30 corse il primo anno nel 2011, e
50 il secondo anno nel 2012, fino a
Ventitré anni
Andrea Atzeni al
termine della corsa
vinta al «Glorious
Goodwood», la celebre
competizione spalmata
in cinque giorni in
Inghilterra, il primo
agosto scorso. In alto, a
sinistra, l’arrivo del St.
Leger (Action Images)
guadagnarsi l’opportunità di uno
stage di formazione negli Stati Uniti a New Orleans, di un’esperienza
poi in Dubai, e di alcuni contatti in
Germania. Ed è proprio un allenatore tedesco, Andreas Wohler, a
dargli per primo fiducia ad alto livello, affidandogli i due purosangue che alla fine del 2012 gli regalano la prima corsa internazionale
di una certa importanza in Germania e il primo successo di «gruppo
uno» nel «Premio Lydia Tesio» a
Roma.
Nel 2013 non spreca una chance:
appena lo mettono in sella a un purosangue che abbia una reale possibilità di successo la trasforma in
risultato, supera il difficile tetto di
100 successi a fine anno in Inghilterra, fa una scappata anche in Italia per vincere pure il «Derby Italiano» a Capannelle, ottiene la fiducia
di un proprietario di peso come lo
sceicco dubaiano Obaid al Maktoum, e di un grande allenatore nel
panorama del galoppo inglese come Luca Cumani, altro italiano trasferitosi molti anni fa a Newmarket
e che già era stato determinante
per la carriera di Lanfranco Dettori.
E ieri, nel giorno in cui a Doncaster con una travolgente rimonta
finale sigla la classicissima maratona dei 3 chilometri nel più che
bisecolare «St. Leger» in sella al
purosangue inglese di 3 anni Kingston Hill (con il quale in maggio
aveva già sfiorato l’impresa addirittura nel «Derby di Epsom»), Atzeni supera già quota 100 vittore
inglesi in questo 2014. Trovando
come regalo, e prossimo trampolino di lancio, un contratto per il
2015 come primo fantino della planetaria scuderia dell’emiro del Qatar al Thani.
Luigi Ferrarella
[email protected]
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Cronache 25
italia: 51575551575557
La negoziazione assistita
Il caso dei genitori
Divorzio fai da te
Ecco cosa cambia
Non si va più dal giudice
Basta la firma dall’avvocato
D
a subito si potrà divorziare o ci si potrà separare
utilizzando lo strumento della negoziazione assistita.
In pratica, la coppia che sceglie la strada consensuale (il
consenso è indispensabile altrimenti il procedimento
giudiziale non potrà essere evitato), sempreché siano
trascorsi i tre anni dalla separazione (almeno fino a
quando il Senato non approverà la riforma del divorzio
breve già approvata alla Camera), si rivolgerà ad un
avvocato che redigerà l’accordo di divorzio. Dall’avvocato e
non più dal giudice si potrà andare anche per la
separazione. Questo accordo (di divorzio o di separazione)
sarà firmato dai coniugi, sottoscritto dall’avvocato stesso e
poi trasmesso, in copia autenticata, entro dieci giorni al
Comune dove il matrimonio è stato iscritto (o trascritto in
caso di nozze religiose). L’associazione degli avvocati
matrimonialisti ha chiesto al governo che la procedura
vada eseguita sempre da due avvocati, uno per coniuge,
perché, spiega il presidente Gian Ettore Gassani, «il
coniuge “forte” potrebbe con minacce, pressioni e violenze
ottenere una firma in qualche modo estorta».
I
l decreto legge sulla semplificazione della giustizia
civile, pubblicato venerdì sulla Gazzetta Ufficiale e
già per alcune parti operativo (per altre si prevedono
diversi tempi di decorrenza), introduce il «divorzio
fai da te». Sarà più facile, veloce ed economico separarsi o divorziare con la procedura della negoziazione
assistita di un avvocato, che depositerà l’atto privato
al Comune dove è stato iscritto il matrimonio. Oppure ci si potrà rivolgere direttamente all’ufficiale di sta-
Con i figli minorenni
tutto resta come prima
N
essuna negoziazione assistita o ricorso agli ufficiali di
stato civile sarà possibile nel caso di separazioni e
divorzi con figli minorenni, figli portatori di handicap
gravi o figli anche maggiorenni ma non ancora
economicamente autosufficienti. In questi casi, che sono
poi la maggioranza delle 88 mila separazioni e dei 60 mila
divorzi che avvengono ogni anno, tutto resta com’è. In
caso di separazioni giudiziali poi, quand’anche il divorzio
diventi «brevissimo», i procedimenti continueranno a
durare anche sei, sette, persino dieci anni, con ricadute
conflittuali e psicologiche su ex coniugi e figli. «Dal 2001
si parla di istituire i Tribunali della famiglia — dice
l’avvocato Gian Ettore Gassani —. Purtroppo sulla
famiglia, settore cruciale oggi, non si possono fare riforme
a costo zero. Continueranno i conflitti, continuerà il peso
sostenuto dai tribunali, e senza la mediazione familiare
non diminuiranno femminicidi e stragi familiari. Bisogna
riqualificare i magistrati, la metà dei quali non è preparata
sul diritto di famiglia, e anche gli avvocati, che non
possono comunque sostituire psicologi e mediatori».
to civile, senza la mediazione di un legale. In nessun
caso, comunque, si potrà accedere alla negoziazione
assistita se ci sono figli minorenni, figli con gravi
handicap e anche figli maggiorenni non economicamente autosufficienti. Intanto al Senato è in discussione la legge sul «divorzio breve», che accorcerà i
tempi della separazione (da 3 a 1 anno-6 mesi).
Testi a cura di Mariolina Iossa
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Il patrimonio
I tempi
Quando non serve
nemmeno l’aiuto del legale
Bisogna ancora attendere
tre anni dalla separazione
I
L
a negoziazione assistita applicata a separazioni e
divorzi è una «piccola rivoluzione». Infatti, non
modifica i presupposti della separazione consensuale
e del divorzio, che sono poi, per dirla con parole
semplici, il pieno accordo dei coniugi. Insomma, sarà
facile e veloce solo nei casi facili. Inoltre, nulla cambia
sui tempi del divorzio, che dovrà comunque essere
chiesto trascorsi tre anni dalla separazione. Tuttavia
al Senato è in discussione una legge già approvata ai
primi di agosto dalla Camera con 381 voti favorevoli,
30 contrari e 14 astensioni, che taglierà di molto i
tempi della separazione. Infatti più che di divorzio
breve dovremmo parlare di separazione breve . Per il
divorzio, in caso di procedimento giudiziale e
soprattutto di conflitto tra ex coniugi, i tempi restano
lunghi. Ad ogni modo, se anche il Senato ci mettesse
il sigillo, sarà possibile passare dalla separazione
consensuale alla fase del divorzio in sei mesi, e da
quella giudiziale al divorzio in un anno,
indipendentemente dalla presenza di figli.
ILLUSTRAZIONE DI PAOLA FORMICA
l «divorzio fai da te» sarà possibile anche senza
l’avvocato ma non è immediatamente operativo, lo sarà
soltanto 30 giorni dopo l’entrata in vigore della
conversione in legge del decreto, quindi presumibilmente
fra tre mesi. I coniugi potranno recarsi davanti agli
ufficiali di stato civile e lì faranno richiesta congiunta di
separazione o di divorzio e potranno eventualmente
anche chiedere il cambiamento delle condizioni di
separazione e divorzio. Anche in questo caso è evidente
che ci deve essere pieno consenso della coppia che dovrà
sottoscrivere una domanda «amministrativa». Gli accordi
depositati davanti all’ufficiale di stato civile, tuttavia, non
potranno contenere «patti di trasferimento
patrimoniale», cosa possibile invece se l’accordo viene
fatto con la negoziazione assistita dell’avvocato. «Sarebbe
opportuno però — dice Gian Ettore Gassani — che per
patrimoni di una certa consistenza, mobiliari e
immobiliari, subentrasse comunque una qualche forma
di controllo del giudice per evitare pressioni e costrizioni
da parte del coniuge “forte”».
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✒
La stima
Percorso velocizzato
per trentamila coppie
L
a riforma della giustizia civile, che «sfiora» con la
negoziazione assistita anche separazioni e divorzi, ha
l’evidente scopo di alleggerire il carico pendente dei
tribunali civili. La possibilità di divorziare o di separarsi
più facilmente, senza andare davanti ad un giudice e
persino senza l’assistenza dell’avvocato, potrà spingere
molte coppie a evitare liti inutili per velocizzare tutta la
procedura e risparmiare soldi. Ma, molto
opportunamente, il governo ha escluso il «grosso» di
separazioni e divorzi da questa modalità facilitata perché
quando di mezzo ci sono i figli l’intervento del giudice è
garanzia per il minore. E per i figli maggiorenni non
sono ancora in grado di mantenersi da soli. A conti fatti,
dunque, sui cinque milioni e mezzo di cause civili
pendenti, «quelle di separazione o divorzio sono 350
mila circa — sottolinea Gian Ettore Gassani —. Di queste
rientrerebbero nella riforma sulla negoziazione assistita,
non più di 20, 30 mila separazioni e divorzi, quindi una
piccolissima parte. Giudizio positivo sulla buona
volontà ma ci vuole ben altro».
La fuga
MA NON SIAMO ANCORA ARRIVATI A UNA VERA RIFORMA
Fine dei viaggi all’estero
per aggirare le regole
di CESARE RIMINI
I
l decreto legge sulla semplificazione della
giustizia civile che rivoluziona le modalità per
ottenere la separazione e il divorzio, se c’è
l’accordo tra i coniugi, può apparire una
tempesta in un bicchier d’acqua ed è comunque
una tempesta incompleta. Basta pensare infatti
che l’intervento legislativo riguarda solo l’ipotesi
in cui non ci sono figli minorenni o maggiorenni,
ma non autosufficienti. La grande
semplificazione che dovrebbe alleggerire il lavoro
dei giudici riguarda casi che già sono semplici e
non richiedono lunghe udienze, perché, quando
c’è l’accordo, il lavoro dei magistrati già ora è
ridotto. Ben altri sono i casi delle lungaggini
infinite nel campo del diritto di famiglia. Invece
sul piano ideologico la novità è dirompente, i
cittadini sono costretti a ricordi e a riflessioni: la
battaglia per l’approvazione del divorzio, che
ricorda quella di Enrico VIII con la chiesa di
Roma, si è conclusa nel 1970, ma già nel 1974 ci fu
il secondo scontro sociale per il referendum
abrogativo del divorzio. La politica e la chiesa
parteciparono a tutti questi scontri e ancor oggi il
nostro divorzio continua a essere regolato come
l’estremo rimedio concesso dalla legge a fronte
dell’accertamento, dopo tre anni dalla
separazione, dell’impossibilità di ricostruire
l’unione di vita tra i coniugi. È chiaro che in una
situazione legislativa di questo tipo, dire che per
divorziare non c’è bisogno nemmeno di andare di
fronte a un giudice, ma basta un accordo firmato
davanti all’avvocato, oppure firmato di fronte
all’ufficiale di stato civile, ci porta
all’avanguardia anche tra i famosi paesi del
divorzio facile. Ma non c’è dubbio che la soluzione
pratica si integra molto malamente sull’attuale
normativa del divorzio e il buonsenso vorrebbe
che la riforma sul divorzio avvenisse in unico
contesto, completo nei suoi aspetti, prima di tutto
per i cittadini, che di un po’ di chiarezza
avrebbero bisogno.
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I
l decreto legge può essere anche una leva per
ridimensionare il fenomeno tutto italiano del cosiddetto
«turismo divorzile». Nella maggior parte dei Paesi dell’Ue,
infatti, la separazione non esiste, c’è direttamente la
richiesta di divorzio. Nessun «periodo di riflessione». Molti
italiani, quindi, vanno all’estero, per esempio a Bucarest, in
Romania, prendono la residenza affittando un monolocale
a 30 euro o 50 euro al mese, quindi dopo sei mesi , con una
spesa che non supera i 4 mila euro tutto compreso (anche
avvocato e spese per la traduzione in italiano della sentenza
scritta in romeno) ottengono il divorzio e poi depositano
l’atto all’ufficiale di stato civile italiano. Esiste infatti una
direttiva Ue del 2001, che prevede la convalida del divorzio
ottenuto in altri Paesi membri se si è residenti in uno di
quei Paesi. «Gli americani hanno scritto articoli su questo
nostro fenomeno — dice Gassani —. Non potevano
credere che nella culla del diritto lo Stato costringa i suoi
cittadini ad andare all’estero per divorziare più in fretta. La
separazione a mio avviso è da abrogare oppure da rendere
facoltativa per i credenti e per chi lo desidera».
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Estrazioni di sabato 13 settembre 2014
BARI
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PALERMO
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TORINO
VENEZIA
NAZIONALE
26
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10eLottoI numeri vincenti
2 5 11 17 19 22 26 31 33 34
37 47 50 59 60 67 76 85 86 89
26 Numero Oro
SuperenalottoCombinazione vincente
7 20 25 51 65 87
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Jackpot indicativo prossimo concorso:27.200.000,00
Ai 6:
- Ai 4:
310,69 Ai 3 stella: 1.631,00
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100,00
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Ai 5 stella:
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26 Cronache
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
In città Scienziati di tutto il mondo riuniti a Zurigo per capire come eradicarla
A Milano la pianta giapponese
che aggredisce gli edifici
MILANO — È un Attila del
mondo vegetale, dove c’è lei
non cresce l’erba, un’irriducibile pianta spontanea e perenne, tanto bella quanto invasiva
che è stata inserita nella black
list delle specie da «monitorare, contenere, eradicare» in Val
d’Aosta e Lombardia. Ma i botanici di mezza Europa avvertono: «Non c’è modo di eradicarla, resiste a tutti i diserbanti
e le risorse per contenerne
l’espansione sono poche». Si
chiama Poligono del Giappone, ama l’acqua e le zone freddo-umide, ed è arrivata anche
a Milano. È stata individuata
nel Parco Adda Nord, nel Parco
del Ticino tra Gallarate e Malpensa, a Vigevano, durante la
posa di un metanodotto, a
Tradate nel Parco Pineta, nel
parco di Monza e ora anche alla periferia Est di Milano, dove
il Lambro scorre tra ciò che resta dell’ex stabilimento Innocenti di Lambrate e il nuovo
quartiere Rubattino.
Cresce rigogliosa, piante alte quanto un uomo, insieme
alla cicuta , che sola sembra in
grado di resisterle: si espande
lungo gli argini del corso d’acqua, grazie alla corrente che
trasporta i frammenti del rizoma, la sua radice.
Nel Regno Unito, dove molte case sono dotate di un giardino, le proprietà invase da
questa specie si svalutano di
ILLUSTRAZIONE DI ANTONIO MONTEVERDI
Si chiama Poligono, in Gran Bretagna deprezza le case
30.000 sterline e le banche tolgono le ipoteche. «Il problema
c’è ed è quasi impossibile controllarlo», titolava il Daily Telegraph lo scorso luglio. «Coppia costretta a demolire la casa
dopo l’invasione del Poligono
del Giappone», faceva eco il
Daily Mail.
E pensare che il Japanese
Knotweed (Reynoutria japonica) fu importato proprio in
Inghilterra negli anni Venti
dell’800, gli fu addirittura
conferito un premio come miglior pianta ornamentale e
dalle sue radici in Oriente
estraggono un potente antiossidante (il resveratrolo, lo
stesso dell’uva). Oggi, invece,
è una pianta killer, che è reato
anche solo sfalciare, perché
come un «alien» si riproduce
da minuscoli frammenti.
L’invasione Il «Poligono del Giappone» arrivata nei giardini della zona di via Rubattino a Milano (Marfisi)
La scheda
La «lista nera»
«Poligono del Giappone» è
una pianta spontanea e
perenne appena inserita
nella «lista nera» delle specie
da «monitorare, contenere,
eradicare» in Val d’Aosta e
Lombardia
Le caratteristiche
Questa pianta ama l’acqua e
le zone freddo-umide, ed è
arrivata anche in città: è stata
individuata nel Parco Adda
Nord, nel Parco del Ticino tra
Gallarate e Malpensa, a
Vigevano, a Tradate nel Parco
Pineta, a Ostana, nel parco di
Monza e anche alla periferia
Est di Milano
A fine agosto il Cantone di
Zurigo ha organizzato un
Workshop riunendo tutti gli
esperti dei Paesi infestati e
lanciando l’allarme. Erano
presenti anche i rappresentanti delle ferrovie di Svizzera,
Austria e Germania e le autorità delle vie d’acqua austriache.
Ci si chiederà perché in Oriente la Reynoutria japonica non
fa così paura. «Si presume che
abbia degli antagonisti che qui
non ci sono, incluso un insettino – spiega Gabriele Galasso,
botanico del Museo di Storia
Naturale di Milano, l’esperto
coinvolto nel gruppo di lavoro
internazionale –, che però non
sappiamo cosa potrebbe fare
inserito in un ambiente diverso». Si pensi ai danni che il
tarlo asiatico, o cerambice dalle lunghe antenne (Ano-
plophora chinensis.) sta facendo ai nostri boschi.
Anche in Italia la Reynoutria japonica, insieme ad altre
specie dello stesso genere, può
essere considerata una delle
entità più invasive. «Introdotta intorno alla metà del XIX secolo come pianta ornamentale
— aggiunge il dottor Galasso
—, è stata in seguito coltivata
anche al di fuori di parchi e
giardini per interventi di consolidamento del suolo. La sua
presenza allo stato spontaneo
è documentata dal 1875, e da
allora ha iniziato ad espandersi in modo allarmante».
I botanici hanno anche già
verificato attraverso l’analisi
dei caratteri morfologici e del
numero cromosomico che la
Reynoutria japonica al di fuori
del Giappone «è un unico clone, femminile, derivato da
quella prima piantina ornamentale importata all’inizio
dell’Ottocento in Inghilterra»,
che s’è riprodotta per via vegetativa invadendo un paese
Il rimedio
La pianta resiste anche
ai diserbanti, secondo i
botanici occorre scavare
e bruciare le radici
L’espansione
Introdotta come
elemento ornamentale,
si è estesa seguendo
i corsi d’acqua
dopo l’altro: uno scenario che
supera la fantascienza. Prima
che se ne comprendesse la pericolosità (i suoi fusti bucano
l’asfalto e l’unica soluzione è
scavare in profondità, rimuovere i rizomi e bruciarli), fu
anche importata una specie
con foglie più grandi (Reynoutria sachalinensis) che ha generato un ibrido bohemica,
più forte e invincibile dei suoi
genitori. Quella che sta crescendo al Rubattino.La stessa
che Galasso aveva individuato
per la prima volta nell’87 insieme a colleghi fiorentini e ad
esperti del Corpo Forestale
dello Stato, a Subbiano, in
provincia di Arezzo, dove
scorre l’Arno.
Paola D’Amico
[email protected]
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Cronache 27
italia: 51575551575557
#
L’evento
A Padova si inaugura la nuova struttura destinata a diventare «la più straordinaria esposizione del genere»
Il futuro
Una veduta della
nuova parte
dell’orto botanico
di Padova, che
verrà inaugurata
domani, sullo
sfondo della
basilica di Santa
Giustina. Le piante
sopravvivono
grazie anche allo
sfruttamento di
una sorgente
d’acqua che si
trova sotto la
struttura a 284
metri di
profondità. Il
nuovo orto
lavorerà in stretta
collaborazione
con le iniziative
dell’Expo di
Milano
Ecco l’orto botanico delle meraviglie
Il più antico è diventato avveniristico
Raccolte oltre 1.300 specie rare. «Lavoreremo insieme con Expo 2015»
di GIAN ANTONIO STELLA
«Piombò sulla città di Padova e particolarmente sull’Orto, nel dì 26 agosto 1834 una grandine di mole sì sterminata che malconce, ferite o morte le
piante che a quel tempo erano tutte
all’aperto, e rotti i tetti degli edifizii e
fracassati i vetri delle sue serre, ridusse in brev’ora dalla floridezza passata
le sue piante ad un ingombro di foglie
lacere, di frondi spezzate, di tronchi
ignudi; i suoi coperti, i suoi vasi a un
cumulo di macerie».
Pareva impossibile, dopo quella
«bomba d’acqua» descritta a metà Ottocento da Roberto de Visiani, che
l’Orto Botanico di Padova tornasse a
nuova vita. Tornò a rinascere, invece.
E proprio come certe piante sembrano
perdute e al contrario, a sorpresa, buttano una mattina delle nuove gemme,
così il più antico Hortus simplicium o
Hortus medicus del mondo è rinato
più volte. Fino a diventare così celebre
da essere riconosciuto nel ‘97 come
Patrimonio Mondiale dell’Umanità
perché «è all’origine di tutti gli orti
botanici del mondo e rappresenta la
culla della scienza, degli scambi
scientifici e della comprensione delle
relazioni tra la natura e la cultura» e
«ha largamente contribuito al progresso di numerose discipline scientifiche moderne, in particolare la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia».
Una funzione essenziale. Tre secoli
prima del dilagare sul web di guaritori
e ciarlatani dalle pozioni stupefacenti,
l’eccellentissimo dottor Fulvio Gherli,
«medico attuale dell’altezza serenissima Signor principe Foresto d’Este»,
dava alle stampe un volume intitolato
«I medicamenti posti alla pietra del
paragone. O sia una disamina di tutti i
Rimedj delle Speziarie, in cui si scoprono tutti gli errori di molti speziali
nel fabbricarli, e di non pochi medici
nell’ordinarli, facendo in tal modo conoscere la vera idea del medico pratico». Erano troppi, ancora nel 1722, a
commettere sbagli fatali nell’uso di
La storia
La fondazione
L’Orto botanico di Padova
viene fondato nel 1545 su
delibera del Senato della
Repubblica Veneta (foto sotto
in una stampa d’epoca). È il più
antico Orto universitario del
mondo che sia rimasto nella
collocazione originaria:
erbe medicinali descritte in opere antichissime quali il Papiro di Erbes in
Egitto, l’erbario dell’imperatore cinese Shen Nung o i Veda della civiltà indiana, compilati tremila anni prima di
Cristo. E non sbagliavano solo certi
trafficoni della salute: anche tanti medici.
Per questo due secoli prima, nel
1545, il Senato veneziano aveva voluto
che l’università patavina desse vita a
due passi dalla Basilica del Santo, in
quello che oggi è il centro storico cittadino, al progetto di Francesco Bonafede, studioso dei «semplici», le piante medicinali. E per questo l’orto padovano, protetto nel 1522 da un muro
di cinta per proteggerlo dalle continue
incursioni dei ladri, è stato per secoli
il fiore all’occhiello, in senso letterale,
dell’ateneo veneto. Via via arricchito
con migliaia di piante (seimila, oggi)
di specie diverse, dall’albero d’alto fusto alla piantina nana amorevolmente
curata in qualche spicchio di terra recintato con bassi muretti ordinatissimi.
Di alcune piante è rimasta traccia
solo alla voce «curiosità»: come la patata, originaria del Perù, della Bolivia,
del Messico e del Cile, che qui venne
conserva anche le principali
caratteristiche scientifiche e
architettoniche
Il modello
Proprio le sue caratteristiche
architettoniche hanno
rappresentato nei secoli un
modello per altro orti botanici
in Italia e nel mondo: da Leida
a Lisbona, da Uppsala a
Bratislava
Patrimonio dell’Umanità
È l’unico esempio planetario
di orto-giardino (insieme con
il Kew Garden londinese,
molto più grande ma molto
meno antico) benedetto
come patrimonio dell’umanità
Oggi
Sono seimila le piante
ospitate nell’Orto, di specie
diverse, dall’albero d’alto
fusto alla piantina nana, dal
gigantesco platano orientale
del 1680 col fusto scavato
forse da un fulmine, al ginkgo
maschio con un ramo
femmina piantato nel 1750,
fino alla magnolia
probabilmente del 1786
In centro
L’Orto botanico di Padova si trova
nel centro storico, tra le grandi
basiliche di Sant’Antonio e di
Santa Giustina, vicino ai più
importanti monumenti cittadini.
Nella foto sopra, una delle fontane
piantata per la prima volta in Italia. Altre sono ancora qui, cariche di secoli e
di fascino. Come il gigantesco platano
orientale del 1680 col fusto scavato
forse da un fulmine o un ginkgo maschio con un ramo femmina piantato
nel 1750 o una magnolia probabilmente del 1786.
E su tutti una palma di S. Pietro
messa a dimora nel 1585, conservata
in una antica serra ottagonale e resa
famosa da Goethe, che ne trasse
spunto per «La metamorfosi delle
piante» dopo aver passato ore a studiarla alla fine di settembre del 1786:
«Le foglie che sorgevano dal suolo
erano semplici e fatte a lancia; poi andavano dividendosi sempre più, finché apparivano spartite come le dita
di una mano spiegata…»
A farla corta, questo gioiello che tiene insieme la storia e la botanica, la
medicina e l’architettura ed è l’unico
esempio planetario di orto-giardino
(insieme con il Kew Garden londinese, molto più grande ma molto meno
antico) benedetto come patrimonio
dell’umanità, potrebbe vivere di rendita. Ma può una creatura vivente come un giardino rimanere vivo, scusate il bisticcio, senza rinascere buttando nuove gemme? No, ha ris p o s t o l ’ u n i ve r s i t à d i
Padova.
E così, una decina di anni
fa, «con l’obiettivo di rimanere innovativi come lo erano stati costruendo l’orto
nel Cinquecento», spiega il
rettore Giuseppe Zaccaria, è
stato deciso di ampliare
l’antico e struggente Hortus
simplicium, che ospita tra
l’altro un itinerario studiato
espressamente per non vedenti e ipovedenti, con uno
spazio dedicato alla biodiversità. Una serra immensa
ma leggera, progettata dall’architetto Giorgio Strappazzon, tutta luce e vetro e
acciaio, lunga centodieci
metri e alta diciotto, che si
riflette in un gioco reciproco
di specchi in enormi vasche
piene di piante acquatiche
tra l’orto antico e le cupole
della Basilica del Monastero
di Santa Giustina dei benedettini.
Obiettivo: «Creare un percorso “fitogeografico” (dall’America all’Africa, dall’Asia all’Europa, fino all’Oceania) e assieme un viaggio attraverso i biomi del pianeta: dalle aree
tropicali alle zone subumide, dalle zone temperate a quelle aride. Per rendere visibile il patrimonio di biodiversità che ogni angolo della Terra custodisce, dal più ricco al più povero,
dal più protetto al più minacciato». Ed
ecco piante che vivono nelle foreste
pluviali tropicali e nelle savane, nei
deserti americani e in quelli africani.
Ospitate nelle condizioni giuste grazie
all’energia solare, all’utilizzo delle
brezze o all’acqua di un pozzo artesiano che, prelevata a 284 metri di profondità, assicura una temperatura costante a 24 gradi permettendo di vivere tutto l’anno alle piante acquatiche
tropicali.
Certo, per quanto siano milletrecento alcune delle quali spettacolari e
a starci in mezzo sembrino tantissime
(le preferite dai ragazzi, potete scommetterci, saranno le piante carnivore)
si tratta solo di una piccola parte del
patrimonio vegetale planetario. Né
potrebbe essere diversamente: il
99,5% degli esseri viventi presenti sul
pianeta, spiegano i curatori dell’Orto,
«appartiene a specie vegetali» e solo il
10% di queste specie «è conosciuto
mentre si stima che ogni giorno si
estinguano centinaia di specie mai
conosciute».
Fatto sta che, dopo l’inaugurazione
fissata per domani, come spiega il
prefetto (cioè il direttore) della struttura, Giorgio Casadoro, l’Orto è destinato a diventare «la più straordinaria
esposizione italiana della diversità
botanica mondiale. La più antica e insieme, nella sua parte nuova, la più
avveniristica». Con un occhio all’Expo: «Noi daremo la massima visibilità a loro e loro nel Padiglione Italia
daranno la massima visibilità a noi»,
dice il rettore, «Ma soprattutto hanno
affidato a noi la cura della mostra sulla diversità botanica delle regioni italiane. E sarà una ulteriore occasione
per ricordare il ruolo del nostro Orto,
che per secoli ha visto arrivare qui
piante medicinali da tutto il mondo e
da qui diffondersi nel mondo la sapienza scientifica sul loro uso».
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Economia
La lente
Hi-tech
CORRIERECONOMIA
IL BONUS DRAGHI
SUI MUTUI
A TASSO VARIABILE
«I tablet non sostituiranno la tv
Le strategie per il piccolo schermo»
L
o si potrebbe definire
una sorta di “bonus
Draghi”. E’ quello di cui
usufruiscono le famiglie
indebitate con un mutuo
a tasso variabile e tutti
coloro che il mutuo
intendono prenderlo in
questa fase di mercato. I
tassi, anche per effetto
delle decisioni della Bce,
sono scesi ai minimi
storici e le banche
oltretutto hanno preso a
farsi concorrenza,
abbassando gli spread,
cioè la maggiorazione
applicata ai parametri
che determinano il prezzo
del mutuo (Euribor o
tasso Bce per i variabili,
Eurirs per i fissi). I dati
aggiornati sono presenti
su CorrierEconomia di
domani, dove viene
sottolineata l’importanza
crescente delle surroga,
cioè la possibilità di
cambiare per un mutuo in
corso, la banca erogante
senza costi legati alla
pratica per ottenere un
abbassamento della rata.
L’operazione appare
conveniente soprattutto
per i finanziamenti accesi
a tasso fisso quando il
costo era superiore al 6%
e permette di
risparmiare, per chi
voglia osare il passaggio
al tasso variabile, anche
oltre 200 euro al mese su
un debito da 100mila
euro. Le richieste di
surroga oggi
rappresentano oltre un
terzo delle domande di
finanziamento, le
erogazioni finalizzate alla
rottamazione dei vecchi
prestiti stanno
vivacizzando un mercato
che altrimenti
languirebbe perché quello
che dovrebbe essere il suo
motore, cioè l’acquisto di
nuove case, non dà segni
sensibili di
miglioramento. Eppure le
possibilità di comprare
per chi abbia alle spalle
una buona quota di
risparmi e una buona
capacità di far fronte a un
mutuo, sono le migliori
da anni. A parità di spesa
oggi nelle principali città
italiane si acquista una
casa del 30% più grande
rispetto a cinque anni fa.
Come si arriva a questa
conclusione lo
spieghiamo domani su
CorrierEconomia.
Gino Pagliuca
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Le transizioni tra un sistema televisivo e un altro non avvengono in due o tre anni, ce ne vorranno molti di più prima che l’Ultra Hd si affermi»
voi non è un problema?
«No. Da un lato infatti se guardiamo al settore del digital imaging noi cerchiamo, ad esempio,
di mettere i migliori schermi e le
migliori fotocamere possibili all’interno dei nostri smartphone.
Dall’altro cerchiamo di realizzare
telecamere, fotocamere, tv che si
situino nella fascia alta del mercato, mentre gli smartphone, che in
quanto tali si trovano in fascia alta,
hanno apparati al loro interno che,
presi singolarmente, potremmo considerare di
fascia bassa. Così Sony è
in grado di essere presente in entrambi i mercati:
quello degli smartphone
e dei tablet e quello delle
tv e delle fotocamere».
Quindi tablet e smartphones non sostituiranno la tv nella fruizione dei contenuti?
«Mai del tutto. Servono
a scopi differenti e soprattutto offrono esperienze diverse al consumatore. Del resto scorporare la nostra divisione tv
è stata una scelta strategica».
Sony ha molto migliorato i suoi prodotti negli
Kazuo Hirai, presidente e Ceo di Sony
ultimi anni, penso a setl’orizzonte».
tori come l’alta risoluzione auOltre al problema dei contenu- dio. Ritiene che per sopravvivere
ti un grande operatore dell’elet- un’azienda debba mantenere
tronica si trova a dover affronta- sempre un alto livello di qualità
re anche una tendenza sempre percepita? E se sì come fare a far
più evidente al giorno d’oggi. scoprire al consumatore il livello
L’intrattenimento si concentra di qualità nascosta nei vostri
sempre di più su uno o due pro- prodotti?
dotti, smartphone, tablet… Per
«Il punto fondamentale è riuscire a comunicare il perché un
prodotto come, ad esempio, quelli
che permettono di fruire della cosiddetta alta risoluzione audio, sia
portatore di una grande esperienI contenuti
za. Nei negozi si deve poter riproStiamo supportando la
durre lo stesso tipo di dimostrazioni che sono possibili nelle fiere,
distribuzione di
in cui prodotti di diversa qualità
contenuti ad altissima
sono uno accanto all’altro. E c’è
definizione, anche Netflix qualcuno che ce li fa provare».
Il numero uno di Sony: così uniamo hardware e contenuti
DAL NOSTRO INVIATO
BERLINO — In un mondo in cui
il progresso tecnologico è sempre
più rapido il vero problema che
devono affrontare ora i grandi
player dell’elettronica è di trovare
il modo di realizzare o far realizzare i contenuti adeguati ai nuovi
standard che loro stessi hanno
contribuito a creare.
Poche persone sul pianeta sono
in grado di parlare con cognizione
di causa di questi temi più di
Kazuo Hirai, 53 anni, presidente
ed amministratore delegato di
Sony, l’unico grande operatore
dell’elettronica che, a livello globale, produce da un lato l’hardware e dall’altro i contenuti (cinema
fiction, ecc…).
Mr. Hirai l’industria dell’elettronica sta affrontando un problema di carenza di contenuti?
Pensando ad esempio all’altissima definizione video, la cosiddetta Ultra Hd, noi consumatori
possiamo acquistare gli apparecchi, ma i contenuti scarseggiano. Sony sta facendo qualcosa
per incrementarli?
«Assolutamente sì. Ci stiamo
muovendo in due direzioni. Da un
lato stiamo supportando tutte
quelle iniziative nel mondo che
permettono di distribuire contenuti in alta definizione, sia via satellite che attraverso la banda larga. Negli Stati Uniti abbiamo creato un sistema di distribuzione di
programmi e video in Ultra Hd,
ma supportiamo anche produttori
e distributori di contenuti come
Netflix, negli Usa e in altri Paesi,
La multinazionale giapponese
Il peso in % dei diversi business in cui opera
51,7
Semiconduttori Aziendale
46,5
Componenti
7,8 10,7
14,8
6,3
1,8
Altro
61,9
Prod. immagini
digitali
0,7
35,8
7,8
17,9
2013
10,8
8,6
14,6
58,5
40,8
0,7
Televisioni
Audio e video
Altro
mentre in Giappone stiamo testando un sistema di distribuzione di contenuti in altissima definizione via satellite. Ma i nostri concorrenti coreani fanno lo stesso e
sono convinto che anche in Italia
ci sia chi sta progettando di distribuire trasmissioni in Ultra Hd sia
attraverso il satellite che con la
❜❜
I formati
Dobbiamo essere
pazienti e non continuare
a parlare sempre di nuovi
formati all’orizzonte
Soluzioni
professionali
D’ARCO
Produzione
& soluzioni
immagini
Giochi
Produzioni
e comunicazioni
mobili
2,3 Altro
60,1
Intrattenimento
e suono casa
Comunicazioni
mobili
Dispositivi
39,4
Musica
Prod. personale
e mobile
0,5 Altro
Immagini
Servizi finanziari
Tutto il resto
banda larga. In secondo luogo ci
stiamo dando da fare nell’ambito
della produzione di contenuti in
Ultra Hd attraverso Sony Pictures:
abbiamo in programma e stiamo
producendo numerosi contenuti
in altissima definizione, dai film a
programmi per la tv. E’ l’unico
modo per far affermare questo tipo di formato».
I critici però dicono che l’elettronica progredisce troppo rapidamente, che ora abbiamo l’Ultra Hd, poi però tra due o 3 anni
avremo l’8k o Super Hi-Vision…
«Le transizioni tra un sistema
televisivo e un altro non avvengono in due o tre anni, ce ne vorranno molti di più prima che l’Ultra
Hd si affermi. Dobbiamo essere
pazienti e non continuare a parlare sempre di nuovi formati al-
❜❜
Marco Letizia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Industria Al via la nuova società Industria Italiana. Il nodo delle differenze nel costo del lavoro
Finmeccanica e King Long, nasce il polo degli autobus
Occupazione, ricollocati tutti gli addetti della Bredamenarini e dell’ex Irisbus
MILANO — La produzione
degli autobus urbani a Bologna nello stabilimento della
Bredamenarini, dove avrà sede anche la testa pensante della nuova società. La fattura dei
mini-bus per le città d’arte (i
nuovi “Pollicino”), gli scuolabus, la manutenzione del parco vetture ormai vetusto di regioni, comuni, province (sarebbero circa 25mila i mezzi
da risistemare in Italia perché
troppo inquinanti o poco sicuri) invece a Flumeri (Avellino)
nell’ex stabilimento Irisbus di
proprietà di Cnh (gruppo FiatChrysler) attualmente in dismissione.
Una volta – riempiendoci un
po’ il petto – le avremmo chiamate politiche industriali. Più
prosaicamente ora potremmo
dire che sta nascendo un polo
dell’autobus tricolore che va
sotto il nome di Industria Italiana Autobus, la newco partecipata con una quota minoritaria (20%) da Finmeccanica
(controllante della Bredamenarini) e per il restante 80%
dalla filiale italiana del colosso
cinese King Long delle fami-
20%
La quota detenuta da
Finmeccanica in Industria
Italiana Autobus, il
restante 80% è della filiale
italiana del colosso cinese
King Long
glie Del Rosso e Vinella (con
un peso paritetico al 40%).
La firma dell’intesa preliminare tra i due soggetti di Industria Italiana Autobus è finalmente arrivata venerdì dopo
mesi di trattative al ministero
dello Sviluppo con la regia del
viceministro Claudio De Vincenti e del responsabile dell’unità di crisi del dicastero
Giampiero Castano. E significa
– in attesa del via libera da parte di Cnh per Flumeri, i cui
vertici verranno convocati a
stretto giro a Roma per suggellare l’operazione di vendita
dello stabilimento campano –
la totale ricollocazione dei
quasi 500 lavoratori ora in cassa integrazione nei due impianti, quello emiliano e quello nella Valle Ufita, i cui ammortizzatori sociali sarebbero
scaduti a dicembre. A ben vedere per Finmeccanica c’è la
possibilità – messa nero su
bianco nell’accordo preliminare – di un’opzione put da
poter esercitare al termine del
terzo anno di uscita dalla
newco, ma è solo una delle
possibilità e comunque non
c’è da fare troppi distinguo. Il
piano industriale prevede il
pareggio di bilancio già al ter-
La riforma dei porti
Merlo (Genova):
più poteri
ai presidenti
delle Autorità
Il decreto Sblocca Italia ha gettato le basi per la
riforma dei porti e il presidente dello scalo di
Genova ha subito inviato al ministro Lupi la
sua proposta, presentata ieri sera alla Festa
dell’Unità. Proposta “a costo zero” a cui Merlo
lavorava da tempo e che non mancherà di far
discutere dal momento che il porto di Genova,
il principale in Italia con due milioni di
container movimentati all’anno, è uscito
polemicamente dall’associazione di categoria,
Assoporti. I punti essenziali. Più poteri ai
presidenti delle autorità che potranno autorizzare senza convocare i comitati portuali opere
al di sotto dei quattro anni (oggi si convoca il
comitato anche per alzare una gru o autorizzare un luna park). Tempi certi per le autorizza-
zioni e le concessioni degli spazi portuali, dai
90 ai 120 giorni, limiti che impegnano anche i
Comuni e oltre i quali vale il silenzio assenso,
competenza dell’Agenzia delle Dogane per tutti
i controlli (compresi quelli fitosanitari ecc.)
oggi frammentati fra più soggetti, più
possibilità di lavoro per le compagnie di
portuali (a Genova i camalli) che potranno
essere chiamati anche per le riparazioni navali
ed altro. Incentivi per le autorità portuali che
collaborino fra loro e per chi realizza
infrastrutture ferroviarie, infine una ridefinizione delle responsabilità dei piloti del porto
chiamati a manovrare navi sempre più grandi.
E.D.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
mine del 2015 anche sfruttando l’abbrivio dei 155 modelli
da customizzare (riverniciare
e rimettere in pista) eventualmente a Flumeri provenienti
dalla Cina e già prenotati dalla
filiale italiana di King Long.
Poi si potrà tornare operativi
anche nei bandi di gara degli
enti locali, considerando che
lo stabilimento campano – dove ci sono circa 290 maestranze – è fermo da più di tre anni,
mentre su quello di Bologna
c’è un’oggettiva sproporzione
tra impiegati e operai che pende a favore dei primi e che induce a qualche riflessione sulla necessità di rimodulare i costi (del lavoro) tra i due impianti, forse anche attraverso
un periodo di transizione attingendo agli ammortizzatori
sociali. Al netto dei tecnicismi
resta «la soddisfazione per le
prospettive di rilancio di
un’intera produzione», dice
Castano. Nonostante qualche
intoppo che stava rischiando
di far saltare tutto proprio all’ultimo metro.
Fabio Savelli
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
La storia
Il manager del
fondo moscovita
Vtb Capital, pronto
a rilevare le due
aziende tricolore
MILANO — Il suo nome è balzato all’attenzione delle cronache perché vuole portare sotto le
insegne di Mosca i due pezzi dell’argenteria nazionale in vendita
oggi nel mondo dell’abbigliamento di lusso e della gioielleria.
Ossia la Roberto Cavalli, di cui
sta negoziando l’acquisto del
60%, e la catena di negozi di oreficeria Stroili Oro in cordata con
il fondo Clessidra di Claudio
Sposito. Ma Timothy
Demchenko, 41 anni, per tutti
Tim, di strada e di affari ne ha
fatti parecchi ed è ben conosciuto dal parterre finanziario della
City di Londra e di Wall Street a
New York. Ma la sua cifra è sempre stata l’understatement. Anche quando ha convinto sei anni
fa il potente presidente esecutivo del colosso finanziario russo
Vtb Group, Andrey Kostin, a
fondare Vtb Capital, ossia il
braccio per gli investimenti di
private equity che avrebbe consentito alla casa madre di ramificare la presenza fuori dalle mura
di Mosca e creare nuove opportunità di guadagno ma anche di
relazioni. Una strategia condivisa appieno dal presidente Kostin
che siede anche nel board Pirelli
e in quello del suo nuovo socio al
13%, il gruppo Rosneft.
Na to a M o s c a n e l 1 9 7 3 ,
Demchenko non è figlio di un
oligarca russo, né è vicino alla
nomenklatura del Cremlino, anche se la banca per la quale lavora
è controllata al 40% dallo Stato
russo. Insomma, si è fatto da so-
Economia 31
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60%
la quota nella
società Roberto
Cavalli che Timothy
Demchenko sta
trattando per il fondo
Vtb Capital
4,7
miliardi di dollari, il
valore degli asset
gestiti dal fondo Vtb
Capital secondo gli
ultimi dati disponibili
relativi al 2012
Una sfilata a Milano della griffe Just Cavalli
Le mosse di Tim il russo
per comprare il lusso italiano
La carriera e gli obiettivi di Demchenko, da Cavalli a Stroili
Timothy Demchenko,
41 anni, detto Tim, manager del fondo Vtb
lo. Anche se il suo percorso di
studi tratteggia una famiglia di
origini dalle buone disponibilità
economiche: un master alla London business school, un dottorato in economia alla prestigiosa
Accademia russa di studi politici
un diploma al Chartered institute of management accountants
di Londra. Residente nella City
da oltre 20 anni, Tim ha subito
avuto come sfera d’azione il
mondo finanziario globale. Ha
lavorato per Ibm e Siemens sulle
sponde del Tamigi, sempre come
responsabile finanza e investimenti.Ha collaborato all’apertura degli uffici di Deutsche Bank a
Mosca. Poi è scattata la passione
per il private equity. E come vetrina ha scelto uno dei fondi più
reputati nel mondo anglosassone, la londinese Td capital fondata dagli ex banchieri Douglas
Smith e Gordon Thomson.
Insomma Tim è un business
man russo di nuova generazione.
Non ha dietro di sé il fardello dei
Il curriculum
Master a Londra, residenza
nella City, ha lavorato
per Ibm e Siemens
legami personali troppo stretti
con il premier Vladimir Putin,
non ha mai lavorato per imprese
russe del mondo statale e parla
molte lingue. Chi lo conosce dice
che è imbarazzato dalla questione delle sanzioni russe decise da
Stati Uniti e Unione Europea nei
confronti delle banche nelle quali il Cremlino detiene una quota
di riferimento: Sberbank, Gazprombank, Veb, Russian agricultural bank e lo stesso istituto per
cui lavora, la Vtb. Una situazione
che rischia di mettere in tensione
gli investimenti cui sta lavorando da mesi. Primi fra tutti Cavalli
e Stroili. Tanto che per diluire la
Il rapporto
presenza di capitali di Mosca cerca coinvestitori alleati tra le fila
di fondi pensioni e asset manager, già sottoscrittori di molti
private equity inglesi. Pur con la
volontà di assicurarsi la quota di
maggioranza relativa. Per cercare
di conquistare Stroili ha dovuto
tendere la mano a un altro pretendente alla più grande catena
di gioiellerie italiane: il fondo
Clessidra. Di moda e lusso non è
un esperto. Le aziende in cui il
colosso Vtb Capital ha fin qui investito spaziano dal retail (Burger King Russia e i ristoranti
Lenta) ai trasporti (Brunswick
rail). Ma Tim sa che i consumatori russi sono un mercato in
continua crescita per le griffe europee.
Certo, per convincere Kostin
ad affidargli la liquidità per investire nelle aziende più promettenti di Russia qualche buona relazione deve averla avuta. Visto
che Kostin, ex ambasciatore a
Londra , poi vice presidente della
Banca centrale russa e da dodici
anni presidente della Vtb, è molto vicino al governo di Mosca. Ne
ha preso le redini all’epoca in cui
la Banca centrale passò la proprietà di Vtb al Cremlino e poi la
fece approdare in Borsa. Anche
Kostin è appassionato di investment business e ha lasciato le
mani libere a Demchenko. Che
adesso è alla sua prima prova oltrefrontiera. Per la partita che ha
ingaggiato sulla Roberto Cavalli
il manager ha appena arruolato
Deloitte che adesso ha messo
sotto la lente i bilanci della griffe.
Ci vorrà un po’ più di tempo del
previsto prima che i consulenti
portino a termine la radiografia
dei conti. Occorrerà attendere
ottobre. Lo stilista Cavalli si è impegnato a vendere. La squadra di
Vtb Capital deve ancora decidere
se apporre le ultime firme.
Daniela Polizzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Caro benzina,
Italia in testa
tra i grandi
Paesi europei
Gli automobilisti italiani
quando vanno a fare il
pieno subiscono prezzi e
tassazione più alti se si
considerano i cinque
maggiori Paesi europei. A
denunciarlo sono Adusbef e
Federconsumatori che in
uno studio mettono a
confronto i costi in Italia,
Spagna, Francia, Germania
e Gran Bretagna e
sollecitano il Governo ad
intervenire rimuovendo «le
storture per avviare la
ripresa». «La perdurante
crisi e i nuovi equilibri di
mercato hanno portato ad
un abbattimento dei
consumi nazionali e ad un
aumento dei prezzi di
benzina e gasolio, anche
dovuti agli aumenti del
peso fiscale, comoda leva di
tutti i governi succedutisi
nei vari decenni» evidenzia
lo studio. Ad agosto 2014 il
prezzo alla pompa della
benzina italiana è
risultato il più alto rispetto
a quello praticato dagli altri
Paesi presi in esame
(1,74116 euro contro
1,61301 della Gran
Bretagna, 1,55700 della
Germania, 1,49470 della
Francia e 1,40689 euro della
Spagna), con una crescita
del +56,5% rispetto al 2009:
peggio di noi hanno fatto
Inghilterra (+67,9%) e
Spagna (+62,1%). Magra
consolazione.
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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UN INCONTRO ECCEZIONALE
TRA DUE GRANDI INTERPRETI DEL NOSTRO TEMPO
DAL
10 SETTEMBRE
IN LIBRERIA
CON BOMPIANI
*
E IN EDICOLA
CON CORRIERE
DELLA SERA
A € 5,90
*prezzo libreria €7,00
**in aggiunta al prezzo del quotidiano
**
“La grandezza misericordiosa
di questo pontefice si misura
nel suo rapporto con gli altri,
nella sua ostinazione a continuare
a voler fare il prete, di persona,
al telefono, in tutti i modi.”
FERRUCCIO DE BORTOLI
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
I sette giorni su Twitter
di Luca Dalisi
Ogni settimana un ospite suggerisce
un libro al giorno ai follower
de @la_Lettura. Ecco i consigli
dell’illustratore Luca Dalisi.
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Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Roberto Bolaño,
«2666».
Insegui tutte le tue
ossessioni. Guarda in
faccia i tuoi incubi e
fanne letteratura
assoluta.
D. Foster Wallace,
«Infinite Jest».
L’Amleto del Novecento
e l’Edipo americano
in un comico e
commovente
caleidoscopio di storie.
Beppe Fenoglio,
«Una questione privata».
Al centro del fuoco
un freddo perfetto.
Resistenza: epos corale
e tragedia individuale.
Anna Maria Ortese,
«Il cardillo addolorato».
Poesia declamata
in sogno, il canto
per un dolore
che non può essere detto.
Albert Camus,
«L’uomo in rivolta».
Accettare l’assurdo
è, alla fine, atto d’amore
verso il genere umano.
Ben Katchor, Julius Knipl,
«Real Estate
Photographer».
Poesia visiva pura
per racconti in una sola
tavola.
Philip K. Dick,
«Un oscuro scrutare».
Fissa abbastanza a lungo
uno specchio e ci vedrai
un estraneo: te stesso.
Cultura
Liberarsi dalle gabbie costruite da noi stessi: oggi è online sul
canale cultura del «Corriere» (www.corriere.it/cultura) il
testo dell’intervento che, nell’ambito della rassegna Jewish
and the City, lo psicanalista Luigi Zoja farà stasera alle 20.30 al
Teatro Parenti di Milano nella «maratona di pensiero, musica,
immagini» intitolata Da quale schiavitù dobbiamo liberarci?
Carta e tv
Andrea De Carlo
è nato a Milano
62 anni fa. Tra
l’altro, ha
collaborato con
Federico Fellini e
con Michelangelo
Antonioni e con il
musicista
Ludovico Einaudi.
Dal novembre
2013 al marzo
2014, assieme
agli scrittori
Taiye Selasi e
Giancarlo De
Cataldo, è stato
giudice su Raitre
a «Masterpiece»,
il primo talent
show letterario
(foto di
Malina De Carlo)
di CINZIA FIORI
S
Il tetto rotto sul matrimonio
Un danno notturno investe la vacanza italiana di una coppia
Andrea De Carlo innesca una resa dei conti intima e morale
d’essere accuditi implode in livore
raziocinante per Craig e diventa
smarrimento per Mara, che continua a porsi domande cui non sa rispondere e sfoga la sua confusione sulla pietra da scolpire.
Il narratore non esita a mettere a
nudo i sentimenti più bassi, in
particolare quelli di Craig, che crede di controllare la propria emotività con la ragione ma, in realtà, ha
l’intelletto governato da un ego
ipertrofico. C’è una spietatezza nel
riportarne i pensieri e le azioni
che ricorda quella di Moravia nei
confronti di alcuni suoi personaggi. Del resto, anche l’autore de Gli
indifferenti aveva scritto un romanzo, diverso ma altrettanto minuzioso sulla coppia, L’amore coniugale. Ad accomunare i due autori è il gusto dei rapporti complicati, l’inesausta indagine sulle
relazioni interpersonali e anche
l’uso di inserire protagonisti di segno contrario. Ma il paragone si
ferma qui. La preoccupazione,
non l’impossibilità appartiene a
Le scelte di Amedeo
Feniello, storico del
Medioevo, per i follower
de @La_Lettura
Il testo di Zoja su Corriere.it/cultura
Anticipazione Nel suo
diciottesimo romanzo,
«Cuore primitivo»
(Bompiani), l’autore
torna ai temi a lui cari
cene da un matrimonio in
crisi. Dopo la critica sociale
di Villa Metaphora, Andrea
De Carlo torna a scrivere di
rapporti di coppia. E lo fa soprattutto raccontando il sottaciuto,
l’inespresso, le domande e le parole non rivolte che turbinano nella testa dei protagonisti. Ossia
Craig, ex antropologo sul campo,
da tempo quasi inconsapevolmente seduto sugli allori della celebrità; e Mara, scultrice che ha
raggiunto la fama in Inghilterra,
dove vive con il marito, pur continuando ad amare il paese ligure in
cui abitava prima di incontrarlo. È
proprio lì, durante una vacanza
italiana, con il tetto di casa sfondato e gli operai che trapanano fin
dall’alba per ripararlo, che il carcere di cattivi pensieri e autoinibizioni si fa soffocante.
Il titolo del diciottesimo romanzo di De Carlo, Cuore primitivo
(Bompiani, pp. 364, 18), nasce
da una teoria di Craig Nolan, secondo il quale siamo ancora dominati dal cervello primordiale e,
nonostante lo sviluppo della corteccia, ogni nostro gesto è determinato da ragioni ataviche biologicamente codificate. L’autore coglie, ancora una volta e non acriticamente, la tendenza di pensiero
del momento, e impronta il monologo interiore all’antropologia
delle relazioni. Non foss’altro perché Craig continua a parametrare
le proprie riflessioni ai principi
della sua specialità e non compie
un atto senza analizzarlo alla luce
degli studi esistenti.
Il mondo è più che mai percezione soggettiva. La narrazione,
infatti, si sviluppa per punti di vista alternati, un capitolo ciascuno
per moglie e marito, con la minuziosa ricostruzione degli eventi,
ma soprattutto dei pensieri. Sensibilità in urto reciproco che generano rancori, insofferenze, rimpianti. L’impossibile matrimonio
tra risentimento e tacita richiesta
Amedeo Feniello
è il nuovo
#twitterguest
D e C a r l o , c h e t rova s e m p re
un’uscita vitalista.
Le bestie nere della sua poetica
sono il conformismo e l’inautenticità. Perciò il personaggio di segno contrario, Ivo, un costruttore
edile, incarna valori opposti. E
porta scompiglio nell’oppressivo
schema relazionale della coppia in
disamore. Ivo è un campione di
quella che Craig definisce la flessi-
bilità morale italiana. È un istintuale, intuitivo, con una sua etica
nonostante tutto. Ma è paradossale osservare come molte fondate
ragioni di Craig appaiano torti,
mentre gli indubbi torti di Ivo finiscano per esser percepiti come ragioni. È un frutto dell’accurata ricostruzione dei pensieri che mulinano nella testa dei tre. Dal settimo capitolo, infatti, il lettore viene
Appuntamenti con il pubblico
In libreria a Milano, poi Pordenone
Andrea De Carlo ha esordito nel
1981 con Treno di panna, che
venne pubblicato da Einaudi. I
suoi libri, ora editi da Bompiani,
sono stati tradotti in 26 Paesi.
Cuore primitivo esce appunto
per Bompiani (pp. 364, 18) e
sarà in libreria mercoledì 17
settembre. Il giorno stesso
l’autore incontrerà i suoi lettori a
Milano al Mondadori Store di
Piazza Duomo alle 18.30.
L’indomani, giovedì 18, De Carlo
parteciperà al festival letterario
Pordenonelegge dove sarà
protagonista di un reading alle
20.30 allo Spazio Itasincontra in
Piazza della Motta.
introdotto anche a quelli del costruttore. Bene e male sfumano i
loro incerti contorni. Nell’Italia del
malaffare i veri colpevoli sono altri.
Sempre rifuggendo la psicologia, attenendosi invece alla fenomenologia dei moti interiori, De
Carlo offre una base solida ai dialoghi e continua il suo peculiare
percorso di indagine sui personaggi inaugurato con LeieLui e
proseguito in Villa Metaphora.
Dall’ultimo romanzo riprende anche l’uso delle onomatopee che,
oltre a generare un effetto ironico,
finiscono per trasformarsi in dati
di realtà, in richiami oggettivi agli
eventi in corso.
A quasi sessantadue anni, dopo
oltre trenta di successi, De Carlo sa
quando ha in pugno il lettore. Il
suo, in fondo, è un dialogo a puntate, un rapporto quasi personale
che non può adagiarsi in un matrimonio «troppo maturo, intellettuale, esangue».
L’arte di creare
Murakami:
«Scrittori,
non risolvete
tutti i misteri»
dal nostro inviato
MICHELE FARINA
LONDRA — Lo scrittore
«stagnino» («Mi vedo come
artigiano, non come artista») si
alza presto la mattina: «Ascolto
un disco, un disco di vinile,
mentre scrivo. Dopo 15 minuti
non sento più la musica e penso
solo a scrivere». I libri di Haruki
Murakami, 65 anni, cominciano
con una musica e una scatola di
misteri. E così finiscono: «È
importante che il mistero più
importante in una storia venga
risolto, altrimenti i lettori restano
frustrati. Ma se un certo segreto
rimane segreto» oltre la fine del
libro, questo è un bene, dice
Murakami in una rara intervista
al «Guardian»: «Penso che i
lettori ne abbiano bisogno».
Forse è questo il traguardo dello
«stagnino perfetto», un artigiano
che non svela tutti i segreti: un
lavoro di cesello «sfiancante, una
discesa quotidiana nella cantina
della mente e poi di nuovo su»
alla ricerca della «frase giusta» o
del «giusto cassetto di ricordi».
L’autore di L’uccello che girava le
viti del mondo e dell’ultimo
L’incolore Tazaki Tsukuru e i
suoi anni di pellegrinaggio
tradotto quest’anno da Einaudi
(il titolo fa riferimento al disco di
Liszt che ascoltava durante la
stesura) ha pubblicato
quest’estate in Giappone una
raccolta di sei racconti scritti in
tre mesi: Uomini senza donne. In
questo periodo non lavora a
nulla. L’anno prossimo, dice,
potrebbe cominciare un nuovo
lungo romanzo. Dischi e scrittura
(«come diceva Raymond Carver,
una tortura») e poi riscrittura
(«la cosa che mi piace di più»).
Fino a quando arriva il momento
di dire fine: «Non mi pongo
scadenze. Però a volte, quando
non so smettere, ci pensa mia
moglie. Mi dice: “Dovresti finirla
qui”. E io obbedisco».
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Premi «Morte di un uomo felice» (Sellerio) batte Michele Mari, Mauro Corona, Giorgio Falco e Fausta Garavini. A Claudio Magris il riconoscimento alla carriera
Giorgio Fontana sorprende e stacca tutti, il Campiello è suo
da Venezia MARISA FUMAGALLI
V
ittoria annunciata, si era detto ipotizzando
che la Giuria popolare del Campiello 2014
convogliasse i suoi voti sull’uomo rude della montagne, il boscaiolo con la bandana. E cioè
Mauro Corona, nato a Erto, testimone della tragedia del Vajont, in gara con La voce degli uomini
freddi (Mondadori). Invece, le carte si sono sparigliate, come aveva auspicato Monica Guerritore,
presidente della Giuria dei Letterati di questa 52°
edizione. Corona si è piazzato al terzo posto, con
43 voti, su un totale di 291 validi. Il Super Campiello va a Giorgio Fontana, 33 anni, lombardo. Giovanotto smilzo, che, nel corso della Finale al Gran
Teatro La Fenice di Venezia, ha raccontato con garbo il senso di un libro difficile: Morte di un uomo
felice (Sellerio, 107 voti). Applausi a scena aperta
dalla «claque di amici», presenti in sala. «Un prestito di fiducia per lavoro futuro — commenta il
Il vincitore
Giorgio Fontana è nato
nel 1981 a Saronno. Vive
a Milano. È al 4° romanzo
vincitore —. Bisogna chiudere la porta dietro di sé
alla fine di un libro. Ma quando si riapre è importante ritrovare qualcuno che ti sostiene».
Il suo è un romanzo asciutto, che racconta l’ultima stagione del terrorismo in Italia (per il «Corriere» Ermanno Paccagnini lo ha recensito su «la
Lettura» #127 del 27 aprile scorso). Inizia nell’estate del 1981, anno di nascita dell’autore. I protagonisti sono due: il magistrato inquirente Giacomo Colnaghi, che non si accontenta di trovare
l’assassino di un politico democristiano ma vuole
capire le origini profonde del male dando un senso alla verità. E il padre partigiano, ribelle di una
famiglia cattolica conformista, presente nella memoria del magistrato. Un libro tormentato, nella
sintesi di Geppi Cucciari e Neri Marcorè, conduttori della serata, che andrà in onda mercoledì 17
su La7.
Travolgente, invece, l’opera di Corona. Pirotecnico il libro di Michele Mari, il secondo (Roderick
Duddle, Einaudi, 74 voti), che la Giuria dei Letterati aveva piazzato al primo posto della cinquina. Illuminante quello di Giorgio Falco (La Gemella H,
Einaudi, 36), figurativa invece l’opera di Fausta
Garavini (Le vite di Monsù Desiderio, Bompiani,
31).
Non c’è stato il verdetto fotocopia della Giuria
dei Letterati ma neppure il ribaltone com’è accaduto talvolta in passate edizioni da parte della
Giuria popolare dei 300, campione trasversale
della società italiana da nord a sud: 162 donne
(54%), 138 uomini (46%). Mix di casalinghe, imprenditori, lavoratori dipendenti, liberi professionisti e rappresentanti delle istituzioni, pensionati, studenti. Tra loro, alcuni volti noti: Carlo Cracco, Irene Grandi, Marco Paolini, Gianluigi Paragone, Stefania Rocca. Il romanzo di Giorgio Fontana
si consegna ora al giudizio di una platea più ampia dei lettori, che ne decretano il successo di vendite.
Tuttavia, il Campiello degli industriali veneti
coltiva ambizioni più alte. Lo dimostrano le iniziative che hanno preso corpo nel tempo, attraverso
altri riconoscimenti (per esempio, l’Opera Prima,
vinto quest’anno da Stefano Valenti con La fabbrica del panico, Feltrinelli) con lo scopo di valorizzare l’arte della scrittura puntando in particolare
sulle nuove generazioni. Non è forse questo il senso del Campiello Giovani che, al pari del premio
principale, porta in finale 5 narratori in erba? La
voglia di scrivere c’è se si considera che per la 19°
edizione sono stati valutati circa 500 racconti. Ecco, allora, prima tra i 5, farsi strada la diciottenne
pisana Maria Chiara Boldrini con Odore di sogni.
Il Premio Fondazione Campiello, invece, punta
su scrittori affermati, rappresentativi della cultura
del nostro Paese. Per questa edizione, il prescelto
è Claudio Magris, «voce molto riconoscibile nel
quadro della narrativa italiana. Al di fuori di ogni
moda i suoi romanzi e racconti coniugano la capacità di interrogarsi in modo originale sulle questioni ineludibili dell’esperienza umana».
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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LEADER
✒
Tra gli iscritti alle graduatorie
(GAE) che il governo vorrebbe assumere stabilmente come insegnanti, 916
persone sono nella lista di steno-dattilografia e trattamento testi. Lo ammette la proposta di riforma del governo chiedendosi che
cosa faranno questi nuovi docenti nella futura «Buona scuola». Difficile non vederli
come un rischio e fa bene Michele Pellizzari
(www.lavoce.info) a preoccuparsi se insegneranno ai nostri figli. Non è una questione di qualità: son pronto a credere che conoscano la stenografia perfettamente. Conoscono però altrettanto bene gli strumenti
più moderni di trattamento elettronico dei
testi che servono ai giovani d’oggi per essere
competitivi nel mercato del lavoro?
Certo questo è un caso estremo. Consideriamo allora gli insegnanti di francese, apparentemente numerosi tra i 150.000 precari che saranno assunti (la cui età media di 41
anni, tra l’altro, poco ringiovanisce la classe
docente). I giovani italiani hanno probabilmente più bisogno dell’inglese (o magari
dell’arabo e del cinese) nel mercato globalizzato. È quindi una buona idea obbligarli a
studiare Molière in lingua originale solo
perché ci sono laureati in francese che aspirano a diventare professori? Senza vincoli di
tempo certamente sì, ma dovendo scegliere
credo di no. Temo manchino invece, tra i
precari, laureati in matematica e fisica, materie per le quali abbondano docenti con
lauree affini, ma meno in grado di insegnare in questi campi. Fa bene il governo a tutelare l’aspirazione a insegnare di questi docenti, anche se non hanno le competenze
che davvero servirebbero e che difficilmente potrebbero acquisire dopo i quarant’anni? Ci sono, in alternativa, ottimi neolaureati
che sarebbero disponibili se pagati a sufficienza. Preferendo a questi gli iscritti alle
GAE, Renzi non aiuta i nostri figli e il futuro
del Paese.
La Ue ci vieta giustamente di fare del precariato l’unica forma di assunzione, ma questo non implica affatto un diritto per tutti all’inamovibilità. Le politiche scolastiche e
del lavoro non vanno confuse. Se il governo
vuole davvero che le scuole possano «schierare la squadra con cui giocare la partita»,
deve consentire loro di scegliere i propri docenti e l’offerta formativa in funzione di ciò
che gli utenti chiedono, anche a costo di
non impiegare i precari inadatti alla funzione didattica. Il diritto degli studenti a ricevere una buona istruzione deve contare di più.
Andrea Ichino
www.andreaichino.it
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L’ORA DEL PIANTO INVOCATA DA FRANCESCO
CONTRO LA CULTURA DEL «NON MI IMPORTA»
✒
Le parole di Dio a Caino — «la terra ha aperto la sua bocca per bere il
sangue di tuo fratello» — lette alla messa
del Papa a Redipuglia sono suonate potentissime. Ma non è stata meno potente
l’omelia di Francesco.
Essa s’inserisce nella riflessione sulla
guerra che il papato ha sviluppato in quest’ultimo secolo. Ne fa parte il discorso di
Paolo VI all’Onu, che invocò
«mai più la guerra», ma vaticinò il perpetuarsi dei
conflitti in ragione del peccato. Vi si colloca Wojtyla,
che teorizzò l’«ingerenza
umanitaria» nella ex Jugoslavia e nel catechismo, ma
fu isolato quando profetizzò la catastrofe a cui avrebbe portato la guerra in Iraq.
Ma all’inizio si trova Benedetto XV che nel 1917 bollò la Grande Guerra come «una inutile strage» e al suo culmine fino a ieri stava Giovanni XXIII, che dichiarò «folle» la guerra giusta nell’era atomica. Francesco ieri ha fatto un balzo avanti
con un discorso di estremo rigore biblico,
che per questo ha un enorme contenuto politico.
Ai piedi di un mausoleo, sul quale il fascismo aveva costruito una propaganda na-
zionalista, ha denunciato il mussoliniano
«me ne frego» (ovvero «che me ne importa») come matrice della guerra. È stato come se Francesco con la sua voce avesse ricoperto in un istante l’infinita serie dei «presente!» scolpiti dal nazionalismo sulle tombe dei centomila morti con un altra parola:
«follia!».
Il Papa, nipote di un reduce della Grande
Guerra, non ha lodato il bene fatto in divisa non perché non lo conosca (tant’è
che ha accolto e dato spazio
al ministro Pinotti, come
aveva fatto a maggio col ministro Giannini). Ha invece
voluto concentrarsi sulla indifferenza che corrompe il
cuore e rende impossibile il
dono del pianto, che ieri il
Papa ha propiziato per molti altri che hanno in mente i ricordi dei nonni e dei genitori, come lui. «Questa è l’ora
del pianto»: così Francesco ha finito la sua
prima omelia sulla «terza guerra mondiale
a capitoli»: perché il pianto, il collirio di
Dio, è la sola bevanda che giungendo a terra
chiude quella bocca ebbra e assetata dai
tempi di Caino.
Alberto Melloni
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LA GEORGIA NUOVO MEMBRO DELLA NATO?
LE PAURE OCCIDENTALI PER LE REAZIONI RUSSE
✒
Lo scorso weekend il capo del
Pentagono, Chuck Hagel, è stato
in visita in Georgia. Un importante gesto
di rassicurazione per la piccola repubblica
ex sovietica che si sente sempre più minacciata dall’espansionismo russo. Ma allo stesso tempo il segno di un dilemma
che America ed Europa si trovano ad affrontare nel momento in cui ricalibrano le
relazioni con Mosca.
Non è un mistero che l’obiettivo della
Georgia, ma anche dell’Ucraina e forse pure della Moldavia, è di entrare a far parte
della Nato in modo da poter usufruire dell’ombrello di sicurezza dell’Occidente: un
deterrente nei confronti di eventuali, ulteriori ambizioni di conquista del Cremlino.
Ma è altrettanto chiaro che l’ingresso di
territori già appartenuti all’Unione Sovietica nelle strutture militari atlantiche provocherebbe una reazione furibonda da
parte di Vladimir Putin. Che già non ha
esitato a scatenare una guerra di fronte alla prospettiva di una integrazione europea dell’Ucraina.
Non va dimenticato che l’attuale presidente russo, all’inizio del suo mandato, e
in particolare dopo l’11 settembre 2001, si
proponeva di instaurare un rapporto di
partnership con l’Occidente. E che solo
dopo l’avvio delle «rivoluzioni colorate»
nello spazio post-sovietico (in Georgia nel
2003, in Ucraina nel 2004 e in Kirghizistan
nel 2005) ha assunto un atteggiamento
antagonista, di reazione a una percepita
manovra di accerchiamento nei confronti
della Russia.
Ciò non toglie che Mosca non ha esitato
a ricorrere alle armi per tracciare la sua
«linea rossa» : prima in Georgia nel 2008
e oggi in Ucraina. La verità è che al Cremlino non sembrano aver capito che Yalta appartiene al secolo scorso e che nel XXI secolo non ha più senso parlare di«sfere di
influenza». Se una nazione, sia essa la Georgia, l’Ucraina o chi altri, non sa che farsene dell’autoritarismo euroasiatico e
preferisce volgersi a Occidente, sta all’Europa e all’America farsi garanti della loro
sicurezza. Senza fughe in avanti o inutili
provocazioni. Ma senza neppure cedere al
ricatto della forza.
Luigi Ippolito
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Capo del governo e segretario di partito
Normalità europea, eccezione italiana
di RICARDO FRANCO LEVI
È
utile che il capo del governo sia anche
e contemporaneamente leader del
proprio partito? O è meglio che i due
incarichi siano separati? Di questo, e
per la verità non solo di questo, si sta
discutendo all’interno del Partito democratico,
con esponenti di primissimo piano come Pier
Luigi Bersani e Massimo d’Alema che apertamente chiedono al presidente del Consiglio
Matteo Renzi di concentrarsi unicamente sul
proprio ruolo di governo lasciando ad altri la
guida del partito.
La questione ha un rilievo che va ben al di là
della disputa tra maggioranza e minoranza del
Pd, tanto che può essere utile proiettarla sul
più vasto orizzonte europeo per vedere quali
siano gli assetti prevalenti nelle democrazie
nostre vicine.
Ebbene, la prassi è che il leader del partito che,
solo o in coalizione con altre forze, vince le
elezioni diventi capo del governo conservando
la guida del partito.
È stato ed è così per Angela Merkel, per David
Cameron, per Mariano Rajoy e per quasi tutti i
capi di governo europei. Non per François
Hollande, ma questo si spiega col fatto che egli
ha conquistato la carica non di primo ministro
ma di capo dello Stato e a quel punto, come
presidente di tutti i francesi, è stato tenuto ad
abbandonare la guida del suo partito.
Che il leader del partito che abbia vinto le
elezioni diventi capo dell’esecutivo senza
cedere la sua posizione di comando alla testa
della propria forza politica non deve stupire.
Nelle democrazie compiute, verrebbe da dire
nei Paesi normali, i partiti, persino quelli più
piccoli, sono per loro natura «partiti di
governo», nel senso che hanno come obiettivo
la conquista del potere quale strumento per la
realizzazione dei propri programmi.
In questa prospettiva, essi scelgono i propri
leader non per la semplice attitudine ad essere
il primo degli iscritti ma in funzione della
capacità di condurli alla vittoria e, quindi, di
guidare il Paese. Con il «duplice cappello» di
capo dell’esecutivo e del partito, il leader
vittorioso è simbolo e garanzia del successo e
della promozione della linea politica del
partito che, con i propri voti e i propri eletti,
diventa naturalmente il «partito del premier»,
assicurandogli la forza e il tempo necessari per
realizzare, spesso nell’arco di più di una
legislatura, il programma presentato agli
elettori e da loro premiato.
L’eccezione a questa prassi si ebbe nella
Germania del 1998 quando i socialisti della Spd
si presentarono alle elezioni con Oskar
Lafontaine, esponente di punta della propria
ala sinistra, presidente del partito e Gerhard
BEPPE GIACOBBE
LASCIARE MAGGIORE LIBERTÀ ALLE SCUOLE
PER SCEGLIERE GLI INSEGNANTI PIÙ ADATTI
Schroeder, portatore di una politica più
moderata, candidato cancelliere. Dopo la
vittoria, che pose fine al lungo regno di
Helmut Kohl, il contrasto tra i due non tardò
ad esplodere con il conseguente abbandono di
tutte le cariche di governo (dove era ministro
delle Finanze) e di partito da parte di
Lafontaine che, pochi anni dopo, sarebbe
uscito dalla Spd per fondare una forza
dichiaratamente di sinistra.
Rivolte di partito determinate non da una
sconfitta elettorale ma da un normale
esaurimento della leadership, determinarono,
peraltro, nella Gran Bretagna culla della
democrazia, la fine della carriera politica di
due premier potentissimi come Margaret
Thatcher, prima, e Tony Blair, poi. A
dimostrazione che, per quanto il sostegno al
premier e alla sua politica diventi elemento
essenziale della vita del partito vittorioso e, in
particolare, della sua rappresentanza
parlamentare, questo, nella concreta
esperienza delle democrazie europee, non
comporti necessariamente e all’infinito lo
spegnimento del dibattito interno.
Rifiutare l’accoppiata premier-segretario è spia
di una scelta a favore di un partito non
pienamente «di governo» ma, piuttosto e
ancora, «di lotta e di governo». Di un partito,
cioè, che, pur di fronte a un governo
espressione della propria affermazione
elettorale, ritiene comunque di dover
mantenere spazi di manovra sufficienti per
dare voce a sensibilità, interessi, componenti
sociali che consideri non sufficientemente
rappresentati nell’azione dell’esecutivo e per
promuovere, quindi, misure e strategie diverse
e, se necessario, alternative a quelle sostenute
dal governo.
Tornando al punto di partenza, cioè al dibattito
attualmente in corso in seno al Pd, non si può
evitare di rilevare che questa posizione
contrasta con la logica delle primarie, parte
costitutiva, come spesso si dice, del DNA del
partito. Primarie aperte a tutti gli elettori, con
milioni di votanti, si giustificano ed hanno
senso perché la posta in gioco è il ruolo di
candidato premier. Se si trattasse solo di
eleggere il segretario del partito, basterebbero
e si dovrebbero chiamare al voto solo gli
iscritti.
Del resto, l’errore che, solo pochi mesi fa, finì
per costare il governo a Enrico Letta non fu
proprio quello di non presentarsi alle
primarie, pensando di poter tenere l’esecutivo
e il proprio ruolo di premier al di fuori della
contesa, e di non comprendere, o accettare,
che in palio, indissolubilmente legata alla
carica di segretario del partito, c’era la guida
del governo?
E, andando un poco più indietro negli anni,
non è forse vero che una fragilità di fondo dei
due governi di Romano Prodi fu il fatto che egli
era solo il premier e non anche il capo del suo
partito?
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L’INDIA CHE CAMBIA
Le ambizioni di Modi e il destino dei marò
di ANTONIO ARMELLINI
V
i sono delle interessanti somiglianze
fra lo stile politico e le vicende di governo a New Delhi e Roma. Narendra
Modi ha preso il controllo di un partito in crisi di identità, «rottamando» una intera generazione. Ha lanciato una
campagna elettorale imperniata sull’effetto di
annuncio, vincendola alla grande. Ha inaugurato uno stile di governo verticistico, ridimensionando il potere dei ministri. Ha dichiarato guerra alle inefficienze della burocrazia e lanciato
una crociata contro la corruzione. Ha proposto
un ambizioso programma di liberalizzazioni,
promettendo i primi risultati dopo cento giorni.
Ha annunciato una riforma epocale della scuola,
investimenti di ampio respiro per la modernizzazione di trasporti, infrastrutture e comunicazioni. Ha promosso una riforma del sistema bancario per portare «ogni famiglia ad avere un proprio conto corrente».
I cento giorni sono passati e l’asticella temporale è stata spostata più avanti. La fronda interna
al partito del BJP non è scomparsa. La politica
degli annunci dà segni di stanchezza. Privatizzazioni e liberalizzazioni procedono più lentamente del previsto. La rivoluzione annunciata nell’azione di governo si scontra con resistenze tanto al centro, come nelle burocrazie degli Stati
dell’Unione. Qualche risultato è arrivato: sarebbero oltre ottanta milioni i conti correnti aperti a
seguito della riforma; alcuni grandi progetti in-
frastrutturali sono stati lanciati; la corruzione
comincia ad essere percepita come un problema
anziché come un fatto ineluttabile; è stata abolita la Commissione centrale di pianificazione, ultimo residuo dello statalismo nehruviano. La luna di miele nei confronti di un governo ricco tanto di annunci come di rinvii si è appannata, mentre resta alto il consenso personale per il
Premier, la cui abilità retorica lo pone una spanna al di sopra di alleati ed avversari. Echi di casa
nostra, insomma.
Sulla politica estera Modi ha innovato in profondità. Partendo dall’assunto che per ottenere
lo status di Superpotenza globale l’India deve innanzitutto costruirsi un’area di influenza nella
regione, ha rilanciato la look East policy (politica
che guarda a Oriente) che languiva dagli anni
Novanta, con una azione diplomatica a tutto
campo in cui ha lasciato poco spazio ad Europa e
Occidente. Con un colpo di teatro ha invitato alla
sua cerimonia di inaugurazione i capi di governo
di tutti i Paesi vicini, ponendo fine a decenni di
cattivi rapporti. A Tokyo ha consolidato con
Shinzo Abe un rapporto che marcia sull’onda di
centinaia di milioni di investimenti giapponesi.
Con il primo ministro australiano Tony Abbott
ha firmato a Delhi un accordo vitale sul nucleare.
Con Xi Jinping, anche lui in arrivo a Delhi, potrà
discutere su come dare un taglio non conflittuale alla competizione con la Cina, che rappresenta
la vera ossessione della politica indiana. A New
York infine, lo attende un incontro con Obama, a
margine dell’Assemblea generale dell’Onu.
La creazione di un triangolo di sicurezza in
Asia con Giappone e Australia fa parte di un disegno geostrategico a trecentosessanta gradi, indice della volontà di un Paese che ragiona in termini di rapporti di forza, si sente pronto ad un ruolo globale e stenta a capire quale sia la natura e il
peso dell’Ue. Paradossalmente, tutto ciò potrebbe non tornare a sfavore di una soluzione della
vicenda di Latorre e Girone.
A parte l’arbitrato internazionale, abbiamo
poco da mettere sul piatto dei rapporti di forza
bilaterali. L’Italia è vista dall’India come un Paese
simpatico ma nell’insieme non rilevante; la querelle con noi ha un peso secondario e la stampa
le dedica attenzione solo quando viene agitato il
vessillo della dignità nazionale. Per contro, forte
è l’interesse indiano a non vedere scalfita la sua
ambizione a svolgere un ruolo di primo piano
sulla scena mondiale. La correlazione fra l’ interesse italiano a riportare a casa i marò, e quello
indiano di evitare inutili intoppi alla scalata verso il Consiglio di sicurezza, potrebbe aprire spazi
paralleli per un negoziato serio. Il permesso accordato a Massimiliano Latorre è un segnale positivo ma limitato: siamo pur sempre dinanzi ad
una sorta di libertà condizionata. Resta da capire
se Modi sia disposto a fare un passo avanti per
chiudere davvero questa vicenda.
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
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italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
IL CASO DI UN AVVENTURIERO
IN FRANCIA NEGLI ANNI TRENTA
Risponde
Sergio Romano
di Danilo Taino
Caro Ignoti,
leksandr Stavisky, meglio noto come il «bel
Sasha», nacque in
Ucraina nel 1886, fu naturalizzato francese nel 1910 e as-
DE GASPERI E GUARESCHI
TAGLI ALLE SPESE
DEFLAZIONE
PROGRAMMI DELLA RAI
Quel processo
Dinieghi ingiusti
Spirale pericolosa
Utenti inappagati
Recentemente si è
commemorato il 60°
anniversario della morte di
Alcide De Gasperi. Leggendo
della sua vita, ho ricordato
che Giovanni Guareschi
pubblicò due lettere attribuite
a De Gasperi. Le missive,
scritte durante la guerra,
erano indirizzate agli alleati
anglo-americani con la
richiesta di bombardare
Roma. La faccenda terminò in
tribunale e Guareschi finì in
carcere, condannato per
diffamazione. Le lettere
furono mai autentificate?
Renzi ha chiesto ai ministeri
di tagliare il 3 per cento del
budget, per recuperare risorse
per gli investimenti. Il
ministero della Sanità è
subito insorto: la sanità non
si tocca. Seguono le Regioni:
dal governo un atto di guerra,
vuole distruggere il sistema,
violato il patto d’onore, ecc.
ecc. Eppure si tratta di
eliminare gli sprechi e le
spese improduttive di cui essi
sono notoriamente portatori!
Attilio Lucchini
[email protected]
Con il termine deflazione gli
economisti intendono una
riduzione dei prezzi che non
innesca, però, l’acquisto di
beni e servizi. Nel lasso di
tempo in cui si verifica
l’abbassamento dei prezzi, gli
acquirenti non immettono
quattrini sul mercato perché
attendono che la decrescita
sia ancora più consistente.
Se le imprese non producono,
l’economia ristagna e la
disoccupazione sale. È una
evidente spirale pericolosa.
Solo in un caso la deflazione è
positiva: quando si manifesta
una diminuzione dei costi di
produzione per via di un
mercato più concorrenziale.
Ma, ahinoi, non è il caso
nostro!
Dopo 16 anni di Coppa Davis,
l’Italia del tennis approda alle
semifinali. Perché la Rai non
trasmette in diretta almeno
alcuni incontri? Spesso
l’utente rimane inappagato
dall’ente di Stato: parecchio
calcio non è in chiaro, il giro
ciclistico di Spagna è stato
snobbato, l’automobilismo
non di rado è in differita ecc.
A
Franca Arena, Sydney
CONTRIBUTIVO PER TUTTI
Vi furono perizie grafologiche che giunsero a conclusioni opposte, ma in un libro recente, recensito da Antonio
Carioti per la versione online
de «La Lettura» (Bombardare
Roma? Guareschi contro De
Gasperi: uno scandalo nella
storia repubblicana), un attento ricercatore, Mimmo
Franzinelli, giunge alla conclusione che Guareschi fu ingannato da due fascisti, di cui
uno era particolarmente versato nella contraffazione di
documenti.
Riforma impossibile
pressi di Chamonix.
Raccontata in questi termini, la storia terrena di Stavisky
sarebbe quella di una banale
truffa terminata con un banale suicidio. Ma la stampa, nel
frattempo, aveva scoperto che
il Ponzi ucraino era già stato
incriminato parecchi anni
prima, che il suo processo
aveva beneficiato di diciannove rinvii e che tutta la sua
vita professionale era costellata di autorevoli commendatizie provenienti da ambienti
politici, da quelli dell’alta burocrazia e persino della magistratura. La questione divenne ancora più imbrogliata
ricalcolate le pensioni con il
metodo contributivo. È il
centesimo che lo dice,
apparentemente pensando al
futuro dei giovani, ma non
capendo che si renderebbero
le leggi retroattive e verrebbe
meno un patto stabilito a suo
tempo con chi è in pensione
(come me). Se avessi saputo
(come i giovani di oggi) che
avrei avuto una pensione da
fame, invece di pagare i
contributi (lo potevo fare)
avrei agito diversamente.
Oggi non posso tornare
indietro, mentre i giovani lo
sanno e possono agire!
Antonio Fantini
antonio.fantini@
fastwebnet.it
Il presidente della Cassa
previdenziale Ragionieri
afferma che andrebbero
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Credete che oggi sia
ancora necessario
vietare il saluto
romano, come ha
deciso la Cassazione?
quando il corpo del giudice
Albert Prince, coinvolto nell’indagine, fu trovato, legato e
drogato, sui binari di una linea ferroviaria. Suicidio oppure, come molti sostenevano per la morte di Stavisky,
omicidio truccato da suicidio? Per la stampa di estrema
destra e, in particolare, per
l’Action Française (l’associazione monarchica fondata da
Charles Maurras e Léon Daudet), il caso Stavisky fu una
miniera d’oro, il segno evidente dello stato di degrado
morale e corruzione endemica in cui, ai loro occhi, era
precipitata la Francia democratica e repubblicana.
Straniero, ebreo, amico di
uomini politici e frequentatore di ambienti massonici, Stavisky era, per i nemici della
Repubblica, il migliore dei
bersagli possibili. La crisi
economica che il Paese stava
attraversando sin dalla fine
degli anni Venti favorì così la
crescita di una «antipolitica»
che minacciò a lungo le istituzioni della Repubblica. Fra
il febbraio del 1932 e il novembre del 1933 la Francia
ebbe sei governi. Il 6 febbraio
1934, un assalto al Parlamento, organizzato da tutte le Leghe dell’estrema destra, provocò 15 morti e 2.000 feriti. La
reazione, a sinistra, fu la nascita di un fronte popolare,
composto da socialisti e comunisti, che vinse le elezioni
del 1936. Ma non sorprende
che la sconfitta della II Repubblica, quattro anni dopo,
sia stata salutata dalla Francia
reazionaria come una «divina
sorpresa».
Fabio Sìcari, Bergamo
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Sì
Maroni sull’eterologa
a pagamento: «Decido
io come spendere
i soldi della Regione».
Siete d’accordo?
46
No
54
E-mail: [email protected]
oppure: www.corriere.it
oppure: [email protected]
Più o Meno
surse all’onore delle cronache
alla fine del 1933 quando venne accusato di avere costruito
una «piramide Ponzi», dal
nome di un famoso truffatore
italo-americano del primo
dopoguerra. Con un metodo
simile a quello usato da Charles Ponzi qualche anno prima,
Stavisky emetteva obbligazioni municipali della città di
Bayonne promettendo lauti
interessi che venivano pagati
grazie alla credulità di altri risparmiatori. Era un castello di
carta, destinato a crollare non
appena tutti i suoi clienti, insospettiti, si fossero presentati allo sportello per chiedere
la restituzione del loro denaro. Quando un suo complice,
impaurito, lo denunciò, il bel
Sasha fuggì e fu trovato morente, con due colpi di pistola
alla testa, in uno chalet nei
Ho sentito qualche vago cenno
dell’affare Stavisky, che ebbe
vasta risonanza in Francia nel
1934. Avvenne uno scandalo
per via di una truffa nella
quale era implicato Stavisky.
Alla morte di lui per cause
misteriose, (non si sa se sia
stato assassinato o si sia
suicidato) Albert Prince, capo
della sezione finanziaria del
tribunale della Senna, curò
l’inchiesta. Che risultati
diedero le indagini e quali
ripercussioni ebbero sulla vita
politica francese?
Abelardo Ignoti
[email protected]
@
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Carlo Radollovich
[email protected]
CERCATORI DI FUNGHI
Rischi inutili?
Apprendiamo notizie quasi
giornaliere di cercatori di
funghi ritrovati in fondo ai
dirupi. Sembra che questo
apparentemente innocuo
passatempo sia diventato,
improvvisamente, molto,
molto rischioso! Anche alla
luce della vicenda dell’orsa,
viene da pensare che, forse, il
desiderio di stupire ed
eccellere nella raccolta porti
queste persone a rischiare
eccessivamente la propria
incolumità.
Roberto Pons
Peschiera Borromeo (Mi)
Statistical Editor
Un milione di romeni
Record in Italia
P
er la prima volta nella storia, l’Italia ha una comunità
nazionale di immigrati ufficiali che supera il milione
di unità: sono i romeni, un milione e diecimila nel
2013. Una crescita straordinaria: nel 2010 erano 850
mila, nel 2000 solo 120 mila e nel 1990 circa 40 mila.
Si tratta — secondo la classificazione che ne fa la United Nations Population Division — di persone nate in Romania e che
vivono in Italia da un anno o più. Il dato è rilevante praticamente da ogni punto di vista. Da quello sociale, perché romeni e romene sono una presenza con la quale gli italiani entrano in relazione sempre più spesso. Da quello economico, perché gran
parte di loro è inserita nel mondo del lavoro. Da quello commerciale, in quanto una comunità di un milione di persone inizia a essere seriamente interessante per chi vuole offrirle servizi, ad esempio viaggi e istruzione, o prodotti, con pubblicità
annessa. Anche dal punto di vista politico, la spinta al rafforzamento di un rapporto tra Roma e Bucarest è quasi obbligata.
Questo tipo di considerazioni andrà fatto sempre più spesso
nei prossimi anni. Innanzitutto perché i residenti immigrati
complessivi crescono a un ritmo non indifferente: nel 1990 erano un milione e 430 mila, nel 2000 erano due milioni e 120
mila, nel 2010 erano saliti a quattro milioni e 800 mila e l’anno
scorso sono arrivati a cinque milioni e 720 mila. Ma anche per
il cambiamento di provenienza
di questi flussi migratori, negli
ultimi vent’anni fortissimo. Nel
1990, appena caduto il Muro di
Berlino e alla vigilia del crollo
Sono 16 le
dell’Unione Sovietica, la comucomunità di
nità di immigrati più consistente
stranieri con più era quella marocchina: 170 mila
persone. Seguivano i tedeschi,
di centomila
circa centomila. Tutte le altre comunità si contavano solo nelcomponenti
l’ordine delle decine di migliaia:
tunisini e filippini erano 70 mila, come i francesi; egiziani, albanesi, serbi, senegalesi erano
attorno ai 40 mila; e i cinesi 30 mila. L’immigrazione era decisamente poco visibile e poco significativa dal punto di vista sociale, del business e della politica.
Nel 2013, oltre a quella romena, altre comunità di immigrati
sono diventate importanti per numero. Gli albanesi sono diventati 450 mila, i marocchini 430 mila, gli ucraini 210 mila, i
cinesi 180 mila, i moldavi 150 mila, i filippini 130 mila (ci sono
anche 230 mila tedeschi, 210 mila svizzeri, 150 mila francesi,
ma si tratta di immigrazione diversa). Al momento, in Italia ci
sono 16 comunità di residenti nati all’estero con più di centomila componenti. (Questi dati — ordinati in forma interattiva
da Pew Research per l’intero pianeta su www.pewglobal.org —
non misurano la dimensione delle comunità etniche presenti
in un Paese, nel senso che considerano solo i nati all’estero,
non i figli degli immigrati).
I numeri e le tendenze raccontano che queste comunità sono
qui per restare e per crescere. Per politica, business, media,
pubblicitari, prenderne atto può essere un’opportunità.
@danilotaino
❜❜
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Interventi & Repliche
La proposta Alesina e Giavazzi
La proposta di Alesina e Giavazzi, rilanciata
sul Corriere del 12 settembre e riguardante
un piano di interventi composto da 30
miliardi di riduzione della pressione fiscale e
di altrettanti di tagli di spesa da realizzare,
questi ultimi, nell’arco di un triennio e che lo
sconfinamento, per tre anni, dal 3 per cento
del rapporto deficit/Pil si ripresenta come
una importante, seria alternativa al profluvio
di chiacchiere sulla flessibilità nel rispetto
delle regole europee, che è diventata una
vera araba fenice, indica un percorso difficile,
tutto da valutare, a cominciare dal tipo di
tagli della spesa da realizzare, ma si tratta
comunque di una proposta compiuta nel
mare magnum di discorsi «generalgenerici»
o di progetti esibiti l’uno separatamente
dall’altro, privi di coerenza e organicità, non
rispondenti alla necessità ed urgenza di un
programma coerente, e di respiro, di politica
economica. Detto ciò, tuttavia la proposta in
questione, al di là delle accennate doverose
riserve di merito, si pone in una rotta di
collisione frontale con le molto probabili
posizioni della Germania impegnata, per il
2015, a conseguire, con il bilancio, il deficitzero e con la stessa Bce, che ha sollecitato
l’Italia al rispetto del programmato obiettivo,
per il 2014, del 2,6 per cento. E sarebbe, il
nostro, un Paese che torna rapidamente
sotto procedura di infrazione, aggiungendosi
alla Francia e alla Spagna. Spaventano questi
ostacoli? Non dovrebbero; ma ciò
richiederebbe una robustezza
programmatica e politica e una saldezza di
iniziative — cruciali per portare avanti una
proposta della specie od opzioni alternative,
quale l’introduzione della «golden rule» per
gli investimenti pubblici — che non mi
sembra ora ricorrano, a meno che il fatto che
«il tempo si è fatto breve» ( evocando San
Paolo) e l’imminenza della preparazione
della legge di Stabilità non inducano a una
benefica e tempestiva riconversione.
Angelo De Mattia
[email protected]
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
DIRETTORE RESPONSABILE
PRESIDENTE Angelo Provasoli
Ferruccio de Bortoli
VICE PRESIDENTE Roland Berger
CONDIRETTORE
Luciano Fontana
VICEDIRETTORI
Antonio Macaluso
Daniele Manca
Giangiacomo Schiavi
Barbara Stefanelli
AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane
Andrea ParisI, [email protected]
Rischi e difficoltà delle forze dell’ordine
Il dipinto di Licini
L’episodio del clochard romano, arrestato
grazie al coraggioso e ponderato intervento
di 4 carabinieri che, pur di non coinvolgere i
passanti, sono stati raggiunti da numerosi
Il dipinto pubblicato ieri in Cultura, a pagina
52, «Alba su sfondo rosso», è di Osvaldo
Licini, e non Vicini come erroneamente
indicato. Ci scusiamo.
Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano
Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962
Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli
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Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306
Alessandro Bompieri
Marini Delfino, Enego (Vi)
Sempre a proposito delll’orsa uccisa vorrei
inoltrare alla signora Brambilla e ai
rappresentanti delle altre associazioni
animaliste, l’invito a organizzare una loro
Fulvio Conti, Teresa Cremisi, Luca Garavoglia,
Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti,
Laura Mengoni
DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA
fendenti ricordato anche da un lettore sul
Corriere del 12 settembre, mi ha riportato alla
memoria il massacro di Milano di 4 cittadini a
opera di un folle. Mi rendo conto della
difficoltà operativa della polizia in questi
frangenti dove non si può agire troppo
energicamente per non essere poi esposti al
pubblico ludibrio. Ma non è giusto nemmeno
che i poliziotti siano facili bersagli per i coltelli
e i martelli dei folli!
Altopiano di Asiago: le sortite di un orso
© 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI
FONDATO NEL 1876
visita di solidarietà presso i malgari
dell’Altopiano di Asiago e della Piana di
Marcesina dove dal 14 giugno a oggi le
sortite dell’orso M 4 (Gene) hanno causato la
morte di 31 capi di bestiame (di cui 2
gravide). L’orso è sempre presente e pronto a
colpire. Nessuno però ne parla, forse questa
notizia non è abbastanza appetibile per le
associazioni animaliste, oppure per loro
l’Altipiano di Asiago non è in Italia?
PUBBLICITÀ
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Bosquet - 1400 Nivelles - Belgium • Speedimpex USA, Inc. 38-38 9th Street Long Island
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FPS Fernost Presse Service Co. Ltd 44/10 Soi Sukhumvit, 62 Sukhumvit Road, Bang
Chark, Phrakhanong - Bangkok 10260 - Thailandia
na + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20. In Campania, Puglia, Matera e prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + € 0,47; m/m/g/d
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Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 +
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0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. A Firenze e
prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera + CorFi € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera +
Sette + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorFi € 0,62 + € 0,50 + €
0,78.
PREZZI: *Non acquistabili separati, il venerdì Corriere della Sera + Sette € 1,90 (Corriere €
1,40 + Sette € 0,50); il sabato Corriere della Sera + IoDonna € 1,90 (Corriere € 1,40 + IoDonna € 0,50). A Como e prov., non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + Cor. Como €
1,20 + € 0,20; ven. Corsera + Sette + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20; sab. Corsera + IoDon-
La tiratura di sabato 13 settembre è stata di 446.136 copie
ISSN 1120-4982 - Certificato ADS n. 7682 del 18-12-2013
Thailandia THB 190; UK Lg. 1,80; Ungheria Huf. 700; U.S.A. USD 5,00. ABBONAMENTI: Per informazioni sugli abbonamenti nazionali e per l’estero tel. 0039-0263.79.85.20 fax 02-62.82.81.41 (per gli Stati Uniti tel. 001-718-3610815 fax 001-718-3610815). ARRETRATI: Tel. 02-99.04.99.70. SERVIZIO CLIENTI: 02-63797510 (prodotti collaterali e promozioni).
* Con “Sette” € 2,90; con “Io Donna” € 2,90; con “Style Magazine” € 3,40; con “Living” € 5,30; con “La matematica come un romanzo” € 9,30; con “Faccio il prete, mi piace” € 7,30; con “Tutto Pratt” € 12,39; con “Le grandi storie Disney” € 9,39; con “La Biblioteca di Papa Francesco” € 12,30; con “Grandangolo” € 7,30; con “Lettere d'amore” € 8,30; con “Agatha Christie” € 8,30; con “I sentieri della
Grande Guerra” € 14,30; con “Alle radici del male” € 11,30; con “Skylander” € 11,30; con “Diabolik. Nero su nero” € 8,39; con “Grande Guerra. 100 anni dopo” € 12,39; con “Geronimo Stilton. Viaggio nel tempo” € 8,30; con “Tiziano Terzani” € 10,30; con “I capolavori dell’Arte” € 7,30; con “Ufo Robot” € 11,39; con “James Bond collection” € 11,39; con “English Express” € 12,39
36
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Eventi
Paglietta
Spugna in rame,
distribuita da Hay
UNA MOSTRA
A MILANO
Contenitori
Serie di vasi in
rame e vetro colorato «Stacking
vessels» di Pia
Wustenberg, 2013
Percorsi Alla Triennale la rassegna «Trame» svela in 250 pezzi, da musei e istituzioni, le molteplici applicazioni del materiale, dalla medicina al design
Rame La luce dentro
A
ttraente. Da usare in
tutte le sue sfumature
di colore, adatto a
qualsiasi espressione
artistica, perfetto nel Concetto
spaziale di Lucio Fontana come in Enfasi di Luciano Fabro.
Duttile, con infinite applicazioni industriali, dall’abitare
all’abbigliamento all’informatica. Tecnologico, sostenibile,
riciclabile, resistente. Lucente,
prezioso, antico. Il rame e le
sue molteplici forme. Create
per la vita di tutti i giorni e per
trovare nuovi linguaggi emotivi. In mostra con «TRAME Le forme del rame tra arte contemporanea, design, tecnologia e architettura». Alla Triennale di Milano dal 16 settembre fino al 9 novembre.
Opere finora mai uscite dalle collezioni private, pezzi unici, creati ad hoc. Capolavori
dell’arte. Ma anche divani,
avanzatissimi rilevatori di particelle, lampade, stampi per
budini, spugne. Oltre 250 pezzi selezionati e studiati da Elena Tettamanti, che con Antonella Soldaini ha curato la mostra: «In questo cammino —
spiega — è stato straordinario
scoprire come una porta aperta su un argomento rimandasse naturalmente a un’altra, in
una sequenza quasi senza fine». In cui il rame, filo conduttore — in tutti i sensi — accomuna autori e tecnici, approcci pratici ed estetici.
Purezza e duttilità
Il fascino del metallo
conquista artisti e
scienziati. E «parla»
con l’ambiente
Il personaggio Il designer Giacomo Ravagli adesso lavora in India
«Io, artista vagabondo, l’ho scelto
per il suo romanticismo vintage»
«È
ancestrale. Si modifica nel
tempo, acquista patine, sfumature, colori diversi. Insomma, è un materiale romantico e lo amo per questo». E dire che
Giacomo Ravagli al rame, nel suo percorso
tra arte e design, è arrivato quasi per caso.
«Studiavo lettere a Firenze ma lavoravo con
il marmo come scultore a Pietrasanta. Dopo due anni, la passione per creare era tale che decisi
di abbandonare gli studi e diventare artista», racconta. Esperienze a bottega («Indimenticabile quella con Pietro Cascella»),
le prime commesse che lo portano anche all’estero: «Sono stato
a lungo negli Stati Uniti, un soggiorno a cui devo la conoscenza
con il mondo degli architetti e
decoratori di interni. In realtà il
design è stata una scelta obbligata per avere altre commesse,
ma mi ha portato a scoprire una
vena creativa che non sapevo di
avere».
Così, rientrato in Italia, ecco la sua «prima
volta» con il metallo rosso: «Per gli oggetti
cercavo una soluzione più immediata del
marmo, da cui l’idea di combinarlo al rame», racconta. Nascono le lampade Barometro esposte alla galleria di design milanese Nilufar al fuori Salone 2011, su un blocco
di marmo levigato come base è fissato il paralume a fogli di rame piegato: «Ho intuito
subito le sue potenzialità espressive e il piacere di lavorarlo con totale libertà».
La storia prosegue ancora scritta dal caso:
«Con la scoperta, nel catalogo del produttore Kme, di una rete tridimensionale di rame:
duttile, spessori e trafori che permettevano
di inventare giochi di luce». Ed ecco, l’anno
Fantasia
Giacomo Ravagli,
32 anni, davanti
a una delle sue
creazioni in cui usa
il rame per creare
delle trame fitte
Legami
❜❜
Scelte di stile
Per gli oggetti
cercavo una
soluzione più
immediata del
marmo, così
l’ho combinato
all’oro rosso
dopo, Tunisia, lampada sfaccettata e componibile, ispirata — racconta — a quelle di
certi palazzi d’epoca milanesi. Storie da raccontare e potenzialità (nuove) da scoprire:
«Non ero appagato, da cui l’idea di creare un
tessuto di rame usando fili sottilissimi. Una
sfida impossibile, ma la ricerca mi ha fatto
scoprire l’esistenza di un intrecciato avvolto
in bobine che, stirato, diventa una superficie piana, non uniforme». Ed ecco nel 2013
prendere corpo, da queste lastre plasmabili,
lo scrittoio Isabò: «Difficilissimo dargli una
stabilità per renderlo funzionale. Facile invece l’estetica: la lavorazione regala al rame
una patina ossidata e il risultato è di un pezzo vintage».
Il futuro, anzi, il presente, è qui, perché
Giacomo Ravagli ora è in India, nella zona
di Madras, a creare a fianco degli artigiani
locali: «Non ho mai avuto una mia bottega,
mi piace dire che il mio laboratorio è la mia
testa — sussurra —. Mi sposto di volta in
volta in luoghi diversi, in base ai materiali
da lavorare: Venezia e Milano per i metalli,
i marmi a Pietrasanta e Carrara, a Pistoia
le fusioni. E ora l’India». Alle prese con
bronzo, ottone, legno, granito: «Artigiani
bravissimi, lo scambio è alla pari. Posso
sperimentare partendo da un semplice
schizzo, e si entusiasmano vedendo gli
oggetti nascere dalle loro mani. Io vicino a loro». Per ora solo prove d’artista:
«Ma ho iniziato a impostare i prototipi per
una serie di arredi: console, sedute, lampade, un paravento, piccoli oggetti, fatti con
più materiali, legno, bronzo, ottone». E il rame? «Non me l’aspettavo ma l’ho ritrovato:
tecniche primitive, attrezzi rudimentali, ma
i risultati sono incredibilmente contemporanei. Ecco, sta qui il suo valore».
Silvia Nani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Calde tonalità
La scultura di Fausto Melotti
«Monumento al nulla», 1972; in
alto a sinistra, un’immagine
dell’allestimento; in alto a destra,
«Enfasi (Baldacchino)», 1982, di
Luciano Fabro, in rame, alluminio
e plastica (foto Duilio Piaggesi)
Quattro sezioni per sviluppare un progetto. Si parte con
l’arte contemporanea, circa
trenta capolavori dagli anni
Sessanta a oggi, dall’Arte Povera fino alla Minimal Art e alle tendenze degli ultimi anni.
Ecco allora che accanto ai pezzi
storici di Lucio Fontana e Fausto Melotti si incontrano i lavori di Paolo Icaro, Anselm
Kiefer, Remo Salvadori, Andrea Sala, Marisa Merz, Tatiana Trouvé, Danh Vo (suoi i
frammenti della Statua della
Libertà). Opere di dimensioni
gigantesche e altre piccolissime, lastre lucide, sfere, coni,
assemblaggi di fili, pannelli
che si susseguono negli spazi
della Triennale rivelando, attraverso il materiale, l’espressività di ogni artista.
Rame puro, niente leghe.
Ideale per l’abitare in tutte le
sue declinazioni come si vede
nella sezione design, con le
proposte (un centinaio) dei
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Buona lettura
«Libro» in rame
«Unter den linden»
di Anselm Kiefer,
2013
più grandi nomi della creatività, attratti dalla colorazione
calda del metallo, dal suo variare nel corso del tempo. Maestri del Novecento come Luigi
Caccia Dominioni e Gio Ponti.
E poi Antonio Citterio, Poul
Henningsen, Shiro Kuramata.
La Plopp Copper Family di
Oskar Zieta realizzata con un
sistema di «soffiatura», la
Cu29 di Tom Dixon con il rivestimento ottenuto grazie alla
deposizione elettrolitica di ioni di rame. Ambientazione domestica per oggetti utili e bellissimi. E per i gioielli disegnati da Eliseo Mattiacci e Donatella Pellini o per i capi firmati
da Romeo Gigli e Prada.
Rame per interni. E per
esterni. Nella parte dedicata
all’architettura sono esposti
modelli di progetti che portano la firma di Renzo Piano, Aldo Rossi, James Stirling. E fotografie che raccontano il lavoro di Alvaro Siza, dei BBPR
per la Torre Velasca di Milano,
di Herzog & de Meuron per il
Signal Box di Basilea. Archistar
che hanno usato «l’altro oro»
per la sua capacità di legarsi
all’ambiente, di adattarsi al
paesaggio, diventandone parte.
E in questa lunga traversata,
in cui il «filo rosso» del rame
unisce e caratterizza forme e
tratti, si arriva alla sezione tecnologia: trasporti, telecomunicazioni, elettronica, medicina, informatica. Macchine
elettromagnetiche, alternatori, interfacce di computer, tele-
La storia
Eventi 37
italia: 51575551575557
foni, collettori. Centinaia di
applicazioni presentate in collaborazione con il Museo della
Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano che,
al termine dell’esposizione,
accoglierà nei suoi locali parte
dell’allestimento. «La mostra
— continua la curatrice — sarà itinerante. Con tappe a Londra, a New York, in Giappone,
in Israele». Presentata dalla Eight Art Project di Elena Tettamanti e sponsorizzata da Kme,
oltre che dall’Istituto Italiano
del Rame, da Prysmian, Ducati
Energia, Ferrovie Nord e Aon,
l’esposizione ha in program-
Generazioni
Dai pezzi di Melotti
e Kiefer all’acceleratore
di particelle prestato dal
Museo della Scienza
ma, nel mese di novembre,
un’iniziativa a favore di Dynamo Camp, a sostegno dei bambini affetti da gravi patologie.
A proposito di piccoli: tutte le
proprietà del rame saranno
approfondite nei laboratori didattici della Triennale. Per
spiegare temi come sostenibilità e riciclabilità e vederne gli
effetti immediati: in mostra
Esource di Hal Watts, bicicletta
che separa dagli altri materiali
il rame contenuto nelle componenti elettroniche.
Annachiara Sacchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La guida Alla Triennale di Milano, dal
16 settembre fino al 9 novembre 2014,
la mostra «TRAME - Le forme del rame
tra arte contemporanea, design,
tecnologia e architettura». A cura di
Antonella Soldaini e Elena Tettamanti,
allestimento di Migliore + Servetto
Architects, è ideata e promossa da
Elena Tettamanti e coprodotta da Eight
Art Project con Triennale di Milano,
Triennale Design Museum, Istituto
Italiano del Rame e con il patrocinio
di European Copper Institute. Info: tel.
02 43982493, sito www.triennale.it
Scarica
l’«app»
Eventi
Informazione, approfondimenti,
gallery fotografiche e la mappa degli
appuntamenti più importanti in Italia.
È disponibile sull’App Store
di Apple la nuova applicazione
culturale del «Corriere della
Sera Eventi».
È gratis per 7 giorni.
Il mercato Il boom economico di un materiale duttile e sempre più prezioso
Addio vecchio «Dr Cooper»
L’oro rosso schizza alle stelle
Dal 2005 ad oggi il prezzo è aumentato del 300%
I
l rame è l’unico metallo ad
avere un PhD in economia.
Fino a qualche tempo fa,
«Dr Copper» era infatti
l’indicatore per eccellenza dell’andamento economico mondiale. Procedeva di pari passo
con il Pil mondiale. Ma oggi
non è più così.
«Dal 2011 la stretta correlazione tra rame ed andamento
delle borse si è interrotta», afferma Paolo Kauffmann, ceo di
Kauffmann & Sons, azienda
specializzata nel trading di
materie prime. «Dal 2003 in
poi, i fondi d’investimento che
volevano puntare sull’economia cinese, non avendo accesso al mercato finanziario asiatico, hanno iniziato ad acquistare quello che compravano i
cinesi».
E li è scattato il rally. «I prezzi sono schizzati ed il rame è
iniziato a diventare un metallo
del lusso», racconta Moriani
Diva, ceo di Kme AG, il più
grande gruppo italiano leader
in Europa nei semilavorati e
leghe in bronzo, le cui lastre
lucenti ricche di sfumature
rossicce sono richiestissime da
artisti del rame come Remo
Salvadori. «Nel 2005 il prezzo
del metallo era di 2.500 dollari
a tonnellata. Oggi, che è salito
a quasi 8 mila dollari, registra
un aumento del 300%». Di certo, la domanda mondiale che
negli anni è cresciuta, attestandosi a 25 milioni di tonnellate, «non giustifica un incremento così alto», continua
Diva.
«Né lo stagno né il piombo
hanno subito impennate di
questo tipo». L’oro rosso d’al-
Forme insolite
Il Nemo Museum ad Amsterdam,
progettato da Renzo Piano (1992-97)
25
milioni di tonnellate:
è attualmente la
domanda mondiale
del prodotto, il cui
prezzo è in crescita
500
le aziende europee
che lo trasformano
per un fatturato di 45
miliardi e con 50 mila
persone impiegate
tronde è indispensabile: trasporta luce ed acqua nelle case,
ma anche la voce. Allo stato
grezzo viene estratto principalmente nei giacimenti cupriferi in Cile, primo produttore al mondo (32%), seguito da
Cina (8%), Perù (8%) ed Africa
(Congo e Zambia).
«Mentre tra i Paesi che lo
raffinano, oltre alla Cina, ci sono gli Stati Uniti e la Germania». In Europa, sono circa 500
le aziende che lo trasformano,
con un fatturato di 45 miliardi,
impiegando 50 mila persone.
Per via dell’elevata duttilità,
malleabilità e le elevate prestazioni tecniche, le applicazioni
industriali sono tante e si adattano a svariati settori, che vanno dall’efficienza energetica
all’edilizia sostenibile, dal si-
stema dei trasporti alla sanità.
«Ma se la domanda italiana
di rame rimane sostenuta nel
settore elettrico, in quello dei
cavi e nella distribuzione energia — osserva Claudio De Cani,
direttore Assomet, l’Associazione di Confindustria che riunisce gli imprenditori della
metallurgia non ferrosa — è
però in calo quella di prodotti
in rame e semilavorati per
l’edilizia e le costruzioni, come
ad esempio le lastre per i tetti,
L’ascesa
Anche la domanda
mondiale è cresciuta
attestandosi a circa 25
milioni di tonnellate
le grondaie ed i tubi termosanitari. La rubinetteria cromata
in ottone (lega di rame e zinco)
invece, dopo due anni di crisi,
si sta lentamente riprendendo».
Oltre ad avere proprietà antibatteriche (non a caso riveste
monete, passamanerie e maniglie di ospedali e luoghi pubblici), è un minerale ecologico
«riciclabile fino a 100», continua Diva. «La nostra società
per il 50% acquista rottami. Ed
abbiamo tecnologie in grado
di trasformarlo rimettendo in
ciclo sempre nuovo materiale». Una delle applicazioni più
innovative sono le tegole fotovoltaiche in rame che uniscono funzionalità e design italiano. Quotato sulle piazze finanziarie di New York, Shangai e
Londra, «dall’inizio del 2014, il
metallo rossastro ha una performance del 4-5% e non dovrebbe subire eccesive variazioni da qui a fine anno», continua Kauffmann. Gli analisti
di Morgan Stanley prevedono
per il 2014 un valore medio di
6.971 dollari, in crescita a
7.397 nel 2015, per salire nel
lungo termine a 7.938.
«Quello che potrebbe incidere sul futuro non è tanto
l’impatto sui prezzi, quanto lo
scenario che si sta delineando»
continua l’analista. «La London Metal Exchange (LME), la
borsa dei metalli di Londra, di
proprietà delle case di brokeraggio inglesi, è stata venduta
ai cinesi della borsa di Hong
Kong. In pratica, gli asiatici che
acquistano il 50% del rame del
mondo, vogliono avere in mano anche lo strumento di riferimento del pricing — dove si
determinano i prezzi». Questo
contribuirà ad alterare non poco alcuni equilibri finanziari
mondiali. «E gli operatori europei dovranno infine sempre
più rivolgere l’attenzione verso il Sol Levante».
Barbara Millucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Un terzo del rame estratto nel mondo viene da qui. Grazie a un sistema misto pubblico-privato, lo Stato riceve numerosi benefici economici
«Lo stipendio di una nazione»
apre le porte ai sogni del Cile
Con le sue miniere il Paese è virtualmente tra i Grandi
«E
l sueldo de Chile» lo chiamano, lo stipendio di una nazione. È talmente decisivo il rame sul percorso economico e sociale del Cile che è difficile considerarlo appena come un minerale o una fonte di reddito. Gli inizi della sua estrazione
nell’Ottocento giustificarono una guerra fratricida con la Bolivia tra gli inospitali deserti
del Nord; la nazionalizzazione delle miniere
fu uno dei pochi sogni realizzati dal governo
socialista di Salvador Allende nei primi anni
Settanta, così come il loro parziale ritorno ai
privati e agli stranieri ha marcato l’epoca del
brutale regime militare venuto dopo il golpe.
Negli ultimi vent’anni di democrazia, infine,
l’impennata dei prezzi e della produzione del
rame hanno permesso la crescita tumultuosa del Cile e il suo virtuale ingresso nel club
dei Paesi sviluppati.
Un terzo del rame estratto nel mondo viene dal Cile. Qui c’è la più grande miniera della Terra, la Escondida, che in appena vent’anni di vita è arrivata a produrre quasi il 10
per cento di tutto il fabbisogno dell’umanità.
C’è la maggiore impresa mondiale, la Codel-
co, che è proprietà dello Stato. Il liberismo
sfrenato di Pinochet non arrivò a vendere
tutto, furono anzi i militari a volere un pezzo
della gallina dalle uova d’oro creando la holding pubblica, dopo aver aperto le concessioni alle multinazionali. Fecero anche scrivere nella Costituzione golpista del 1980 che
il 10 per cento del fatturato della Codelco
fosse destinato all’acquisto di armi per
l’esercito. Privilegio che i governi successivi
hanno fatto molta fatica a cancellare, riuscendoci appena due anni fa.
Il modello misto è rimasto in piedi in democrazia, creando tra royalties, imposte e introiti diretti una pioggia di denaro per lo Stato. Negli ultimi vent’anni le esportazioni di
rame si sono moltiplicate per undici e la fetta
del Cile nel mercato mondiale è raddoppiata,
grazie all’impennata dei prezzi e alla scoperta
di nuovi giacimenti. La domanda cinese ha
quindi accelerato il boom. Soltanto tra il 2009
e il 2011 i prezzi sui mercati mondiali sono
triplicati (poi si sono attestati, ma restando a
livelli ancora elevati) e non è un caso che i tubi e i cavi di rame siano diventati (persino da
Memoria
A sinistra un
manifesto per
celebrare la
nazionalizzazione del rame
avvenuta in
Cile con Allende nel 1972.
A destra, una
miniera di
rame cilena
(Foto: Corbis)
noi) obiettivo di quelli che una volta venivano chiamati i ladri di galline. Le previsioni finanziarie del governo di Santiago e la spesa
pubblica vengono stilati ogni anno sulla base
dei prezzi internazionali del rame: il metallo
rappresenta la metà di tutte le esportazioni
del Paese. E determina la pressione dell’opinione pubblica sugli investimenti nel sociale,
salute e istruzione.
Da qualche tempo economisti e sociologi
si interrogano sugli effetti a lungo termine
del cosiddetto oro rosso, se la «gran fiesta
del cobre» sia destinata a finire o se il Cile è
diventato troppo dipendente da un unico
prodotto. Nella storia gli esempi di maledizioni del petrolio, o di altri doni della Terra,
sono parecchi. La gestione della ricchezza
nazionale è stata finora talmente oculata da
non creare troppe preoccupazioni. Ma c’è un
vicino agguerrito, il Perù, le cui estrazioni di
rame stanno crescendo a ritmi impressionanti e promettono di raggiungere il trono
del Cile nei prossimi 15 anni. E le mai sopite
recriminazioni della Bolivia, che si ritiene
vittima di uno scippo storico.
Conquistando buona parte del deserto di
Atacama nella guerra del Pacifico, «il Cile ha
preso il nostro posto nel mondo — ha detto
di recente il vicepresidente boliviano —. Con
tutto quel rame, oggi saremmo noi una potenza continentale».
Rocco Cotroneo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
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Spettacoli
L’intervista
Un disco, il tour teatrale
e un ruolo in un film.
«Non mi fermo anche
se questo non è
un Paese per vecchi»
Ospite
Clooney reciterà in «Downton Abbey»
George Clooney sarà la guest star dello speciale natalizio della
quinta serie di Downton Abbey, al via dal 21 settembre in Gran
Bretagna. E sempre a dicembre, il quarto capitolo (in cui recita
Paul Giamatti), inedito per l’Italia, andrà in onda su Rete4.
Tra i caruggi
Un celebre scatto di Ornella Vanoni ritratta in
Liguria dal fotografo Mario
Dondero negli
anni 60, in cui si
fa conoscere come la «cantante
della mala»
A Broadway
Prima rappresentazione a Broadway del «Rugantino» di Garinei e
Giovannini nel
1964. Da sinistra,
Nino Manfredi, Ornella Vanoni, Marcello Mastroianni
e Aldo Fabrizi
Gli ottant’anni di Ornella Vanoni:
soffrivo per amore, il futuro è il jazz
Con Gino
Ornella Vanoni
durante la lunga
serie di concerti
in coppia con Gino Paoli nel 1985:
una tournée di
enorme successo
da cui viene registrato il doppio
disco «Insieme »
La carriera
«C’è grande affetto tra me e Paoli. Ormai siamo due superstiti»
«C
osa vuoi festeggiare a
80 anni? Ringrazio che
sono ancora viva». Lo
dice con ironia Ornella
Vanoni che lunedì 22 settembre giungerà al traguardo. L’ironia è da sempre
la sua arma vincente, «e pure l’autoironia». Si vede che è una donna che ha attraversato emozioni forti, amori intensi, gioie e dolori sconfinati. Senza che
nulla di tutto questo l’abbia davvero
cambiata. La incontriamo nella sua
nuova casa milanese. Naturalmente
non ha l’aria di una pensionata: sta girando un film, sta per tornare in scena
con il suo tour, sta per uscire un disco.
Ha ancora il fisico asciutto e grande
charme. Tiene sempre in braccio il suo
barboncino Why. «Sono la tua schiava»
gli dice affettuosamente.
È vero amore con Why?
«Non ci lasciamo mai. Due anni fa
mi sono innamorata del suo sguardo.
Dolce e malinconico».
Ci crede davvero quando dice che il
tour «Un filo di trucco, un filo di tacco» sarà l’ultimo?
«È molto pesante fisicamente. È uno
spettacolo intenso che ho scritto con
una ragazza bravissima, Federica Di Rosa: canto, recito, improvviso».
Sta anche girando un film, «Ma
che bella sorpresa», di Alessandro
Genovesi.
«Una piccola parte: sono la moglie di
Renato Pozzetto, la mamma di Claudio
Bisio».
Non è mai scattata la scintilla con
il cinema?
«Il produttore Peppino Amato si invaghì di me. Gli chiesi di fare Gilda del
Mac Mahon (di Testori, ndr). Poi Peppino morì. Io allora ero timida e insicura, mi venne a mancare la protezione e
alla fine rinunciai alla parte. Penso di
aver perso un treno importante. È un
dispiacere»
La musica è sempre la sua vita?
In posa Ornella Vanoni. Il 5 novembre la cantante metterà all’asta i suoi
abiti più belli, il ricavato servirà per costruire una scuola in Cambogia
«Sì perché mi fa volare. L’ho scelta
anche rispetto al teatro proprio perché
ha un valore aggiunto».
Il 22 come festeggerà?
«A Venezia dove ho una piccola casa.
Organizzerò una colazione con gli amici veneti su un’isoletta. Chiamerò il pescatore: quel che pesca si mangia».
Non ha pensato a un festone?
«Ci ho pensato, ma per non offendere nessuno avrei dovuto invitare 200
persone e non me la sono sentita».
Che nonna è lei?
«Vedo poco i miei nipoti ma credo di
essere una buona nonna. Sono felice
che ci siano nella mia vita».
Ha detto che dopo il tour si dedicherà al jazz...
«Vero. Ne ho parlato a lungo con Paolo Fresu. Mi ha detto: devi studiare. Lo
farò, ma io il jazz ce l’ho dentro. Quello
lineare di Billy Holiday, Amy Winehouse. Senza ghirigori».
Ha cantato migliaia di canzoni:
quella del cuore?
«Le canzoni del cuore sono sempre
quelle meno note. Come “La voglia di
sognare” che ancora mi commuove».
Però è contenta quando le chiedono quelle famose?
«Sì certo. Domani è un altro giorno,
La musica è finita, Averti addosso»
Con chi vorrebbe duettare?
«Con Sting».
Da una come lei ci si aspetterebbe
una presa di distanza dai talent. Invece li ama.
«Sì ad Amici seguivo Paolo Macagnino col batticuore. Ora continuo a lavorare con lui. Ma l’Italia è un Paese piccolo con esuberanza di cantanti».
Non le piace questa Italia?
«No. Penso spesso di andare via, poi
decido di restare. È umiliante vedere
l’Italia ridotta così. Se guardo Pompei
mi viene da piangere. Se penso ai soldi
buttati per il ponte sullo stretto di Messina mi intristisco»
Le origini
Ornella Vanoni è nata a
Milano il 22 settembre
1934. Terminati gli studi,
nel 1953 frequenta
l’Accademia di arte
drammatica del Piccolo
Teatro di Giorgio Strehler,
al quale si legherà
sentimentalmente
I successi
Negli anni 60 stringe un
sodalizio artistico (e
d’amore) con Gino Paoli
che le dedica la
celeberrima «Senza fine».
Alla musica alterna
palcoscenico (nel 1964
debutta a Broadway in
«Rugantino» di Garinei e
Giovannini) e importanti
collaborazioni artistiche, da
De Andrè a Dalla, da Conte
ai New Trolls e Vecchioni
Il nuovo album
Il 23 settembre uscirà il
triplo cofanetto antologico
«Più di me Più di te Più di
tutto» (nella foto)
Il tour
Nel febbraio scorso ha
girato l’Italia con la tournée
teatrale di successo «Un
filo di trucco, un filo di
tacco». Il tour riprenderà il
31 ottobre e si concluderà
il 10 febbraio a Milano
Cosa la fa ridere?
«Più che la comicità preferisco l’ironia. Ma Checco Zalone mi fa molto ridere: non per le battute, per la faccia».
Lei ha molto sofferto per amore.
Ne è sempre valsa la pena?
«È la vita. È così»
Gino Paoli dice che ridevate un
sacco ai tempi del vostro amore. Lei
invece dice che ha pianto molto.
«Adesso ridiamo tanto, allora no.
Ho sofferto molto per lui. Ora c’è grande affetto tra noi, abbiamo un bel rapporto. E poi io e lui ormai siamo superstiti. I miei grandi amici erano Fabrizio
De André, Bruno Lauzi, Lucio Dalla, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber».
Il ricordo più bello del suo amoremaestro Giorgio Strehler?
«Giorgio era bello ed era un genio. E
mi ha molto amata. Agli inizi della nostra storia, stava preparando “El nost
❜❜
Il progetto
La musica mi fa volare,
ho un progetto con
Fresu. L’Italia di oggi?
Non mi piace
Milan”. Mi telefonò nella notte e mi disse “Farò uno spettacolo stupendo perché ora ci sei tu nella mia vita”.».
La commuove ancora Milano?
«Mi commuove per come la stanno
conciando. È terrificante».
Alla fine, aveva ragione sua mamma a dirle «Prima di uscire sempre
un filo di trucco e un po’ di tacco»?
«Alla fine sì. Sul trucco aveva proprio ragione. Specie a una certa età».
Una donna che stima?
«Dacia Maraini. L’ho vista in situazioni dolorosissime, ma sempre con un
filo di leggerezza, senza mai cadere nel
dramma».
Cosa chiede alla vita?
«Vorrei vedere i miei nipoti che ce la
fanno, via da questo Paese»
E lei: cantare a 90 anni?
«Il jazz si può cantare anche a 90 anni. Perché no? Anche se questo non è
un Paese per vecchi...»
Maria Volpe
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Rubriche Compravendite immobiliari
Nel testo dell’inserzione è obbligatorio indicare la classe energetica di
appartenenza dell’immobile e il relativo indice di prestazione energetica
espresso in kWh/mqa o kWh/mca a
seconda della destinazione d’uso dell’edificio. Nel caso di immobili esenti
dall’indicazione, riportare la dicitura
“Immobile non soggetto all’obbligo di
certificazione energetica”.
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Spettacoli 41
italia: 51575551575557
Toronto Prova di bravura di Witherspoon in «Wild» scritto da Hornby. Protagonista anche di «The good lie»
La fuga di Reese, ribelle da Oscar:
rifletto le ansie della mia generazione
Il personaggio
Gli esordi
Reese Witherspoon (il cui vero
nome è Laura Jeanne Reese)
è nata a New Orleans, il 22
marzo del 1976. La prima
pubblicità arriva quando ha
solo 7 anni, poi il debutto al
cinema, nel 1991, in «L’uomo
della luna». Nello stesso anno
recita nel suo primo film per la
tv assieme a Patricia Arquette,
«Fiore selvaggio», diretto
da Diane Keaton
Il successo
La fama arriva nel 2001 con la
commedia «La rivincita delle
bionde», consacrazione con
l’Oscar nel 2006 (nella foto
sopra durante la cerimonia, a
fianco di Philip Seymour
Hoffman che lo stesso anno
ha vinto come miglior attore
per «Truman Capote - A
sangue freddo») per
«Quando l’amore brucia
l’anima»
Con lo zaino
Reese Witherspoon (38 anni) in una scena di «Wild» di
Vallée
pellicola di Paul Thomas Anderson, Inherent Vice. Ma il
ruolo della viaggiatrice le è rimasto nel cuore: «Cheryl
Strayed cerca il suo “altrove”.
Durante questi viaggi, se si
trova il coraggio di farli, si torna con la mente a relazioni
che erano state importanti e si
ritrovano anche i ricordi dell’infanzia. Accade al mio personaggio che ritorna ragazzi-
na nei flash back: figlia di Laura Dern, con un padre assente
e violento. Avevo amato il bel
libro di memorie da cui è tratto il film e ringrazio Nick Hornby per averlo reso vivo nei
G. Gs
dialoghi, nei pensieri, nel
cammino della protagonista».
Non bisogna pensare a nostalgie di tempi passati, assicura: «La mia non è una hippie fuori tempo massimo. Sono una donna in cerca della
sua maturità. Sono fiera di
aver prodotto il film con la
mia compagnia, la Pacific
Standard». E proprio la produzione è un’altra grande passione dell’attrice: «Ho tanti
progetti da produttrice: commedie degne della verve di Lucille Ball e un film diretto da
Todd Haynes al quale lavoravo
da anni con Nora Ephron, un
biopic su Peggy Lee».
Tutt’altri temi rispetto a The
good lie: «Interpreto una donna in carriera che conosce un
sudanese immigrato negli
Stati Uniti, scampato alla
guerra civile nel suo Paese. La
storia che viene raccontata
denuncia forme di razzismo
che, purtroppo, riguardano
tutti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovanna Grassi
Le altre dive
Julianne Moore commuove il Festival
nel ruolo di una malata di Alzheimer
TORONTO — Tra i tanti film (e molti
diretti da donne) al 39° Festival di Toronto
è stata sterminata la parata di attrici e dive.
Oltre alla doppia interpretazione di Reese
Witherspoon sono state protagoniste dei
tappeti rossi Jennifer Garner, Octavia
Spencer, Charlotte Gainsbourg, Keira
Knightley, Chloe Grace Moretz, Anna
Kendrick, Naomi Watts, Naomi Rapace,
Juliette Binoche, Kate Winslet, Jennifer
Aniston, Jane Fonda, Jessica Chastain in
Miss Julie diretto da Liv Ullmann.... Ha
colpito il pubblico in particolare Julianne
Moore, anche lei in un doppio ruolo. Ha
spopolato con la riproposta dopo Cannes
Set
Julianne Moore, 53
anni, in «Still Alice»
di Maps to the stars di Cronenberg e ha
commosso nei panni di una professoressa
di linguistica che scopre di avere
l’Alzheimer in Still Alice. Qui recita accanto
ad Alec Baldwin e a Kristen Stewart.
Beniamina dei più giovani è stata invece
Mia Wasikowska (ben tre film) e in prima
mondiale una nuova versione di Madame
Bovary diretto dalla francese Sophie
Barthes, venduto ovunque. Numerosi i
debutti da registi di alcuni divi, come
Chris Evans (il muscoloso Capitan
America) che ha presentato il suo Before
we go mentre la veterana Maggie Smith ha
conquistato sempre e ancora tutti con la
prima mondiale di My old lady dove
interpreta la madre di Kristin Scott
Thomas.
La Callas rivive
grazie ai restauri
di Abbey Road
V
«Noi trentenni immaturi, ancora in cerca di un’identità»
TORONTO — Ha 38 anni
Reese Witherspoon, ma il suo
aspetto resta sempre quello
della bionda fidanzatina
d’America. Eppure sono lontani i tempi di La rivincita delle bionde, commedia del 2001
a cui deve molta della sua popolarità. L’attrice — che ha già
vinto un premio Oscar, nel
2006 — ha ottenuto adesso al
Festival dell’Ontario un personale successo con due titoli,
Wild e The good lie.
Due film molto diversi tra
loro, ma che in comune — oltre al fatto di aver riempito le
sale con un pubblico di diverse generazioni — hanno la caratteristica di essere diretti
entrambi da autori canadesi:
Jean-Marc Vallée che firma
Wi l d d o p o i l s u o D a l l a s
Buyers Club e Philippe Falardeau, autore di The good lie.
E proprio Wild sembra aver
assicurato all’attrice una possibile nomination ai prossimi
Oscar per un ruolo che la vede
impegnata a ritrovare se stessa dopo la fine di un matrimonio. Come? Attraverso un
viaggio fatto in scarponcini e
sacco a pelo sulla Pacific Crest
Trail, tra vallate, montagne,
fattorie e incontri con altri
viaggiatori «on the road», anche loro accomunati dal desiderio di ridare un senso alle
loro esistenze o, semplicemente, in fuga da qualcosa.
«Ho sentito molto mia questa donna ancora giovane ma
che ha vissuto tanto e in fretta.
Credo che questo sia accaduto
alla mia generazione, in generale — dice Witherspoon —.
Rapporti instabili, ribellioni,
la costante ricerca del lavoro,
insoddisfazione cronica, inquietudine. Il suo viaggio, le
persone che incontra, i pensieri e gli interrogativi che
l’assillano hanno allargato anche le mie prospettive. E poi
sono convinta che accada a
tutti di pensare, a volte: lascio
ogni cosa, parto per andare
chissà dove». L’attrice presto
sarà sugli schermi del Festival
di New York, di nuovo al fianco di Joaquin Phoenix nella
Opere e recital
entisei opere complete più
13 recital per un totale di
69 dischi costituiscono il
«corpus» delle incisioni in studio
di Maria Callas, che le effettuò a
Londra, Milano, Parigi e in altri
studi/teatri tra il 1949 e il 1969.
Inutile dire che si tratta di un
lascito preziosissimo, vero e
proprio oggetto di culto per
migliaia di appassionati e fan
della «Divina», e che perciò è
stato riproposto più volte dalle
case discografiche (EMI ma non
solo) in versioni di volta in volta
più accettabili dal punto di vista
della qualità audio. Nulla di ciò è
però paragonabile alla nuova
edizione «Callas Remastered»
(Warner Classics) disponibile già
da ora su iTunes in formato
digitale e, a partire dal 22
settembre, nei negozi di dischi. Si
tratta del frutto di un lungo e
paziente lavoro di cinque
ingegneri del suono di Abbey
Road (i mitici studi di
registrazione di Londra, dove
lavorò il fior fiore dei musicisti del
Novecento, da Celibidache ai
Beatles), che permette di
riscoprire quel repertorio di
inestimabile valore storicomusicale con una qualità sonora
nemmeno paragonabile a quanto
si è ascoltato fino a oggi. Ciò è
stato possibile in virtù
dell’impiego di «Retouch», un
software di nuova generazione
creato a Cambridge che è capace,
dapprima di scomporre in
centinaia di linee il suono delle
fonti originali (nastri e
microsolchi conservati a Abbey
Road e da collezionisti privati), e
poi di sottrarre ad esse la pur
minima imperfezione: una
macchina sofisticata che sta alla
musica come la più evoluta
edizione professionale di
Photoshop sta alla fotografia.
Il cofanetto comprende apparati
critici, tecnologici, musicologici e
fotografici in gran parte inediti. E
a proposito di fotografia, in
occasione della pubblicazione di
«Callas Remastered», la casa
discografica allestisce alla libreria
Feltrinelli di Milano a partire da
ottobre (poi alle Feltrinelli di
Roma, Torino, Napoli e Bari), una
mostra di fotografie e documenti
(lettere, contratti, appunti) sulla
storia discografica del
leggendario soprano.
Enrico Girardi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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FictionFest Oggi l’anteprima a Roma della serie ispirata al successo cinematografico dei fratelli registi. Dieci episodi in arrivo su Sky Atlantic
Bob Thornton killer di «Fargo»: cedo alla tv dei Coen
ROMA — «Se mi fossi trovato nella tua situazione, io
l’avrei ammazzato: quello è
uno che non merita di stare al
mondo». Il killer professionista Lorne Malvo, interpretato
da un inquietante Billy Bob
Thornton, attacca così discorso con il povero frustrato Lester Nygaard (Martin Freeman) mentre, al pronto soccorso, aspetta di farsi medicare un brutta ferita sul naso che
gli ha inferto il suo ex compagno di liceo Sam Hess (Kevin
O’Grady), arrogante, volgare e
corpulento, di cui è vittima
sin da ragazzo. Da questo casuale incontro, prende il via
una catena di omicidi. Ed è
con questa scena che prende
il via anche la serie tv «Fargo»,
che sarà presentata in anteprima oggi al Roma Fiction Fest
e, da dicembre, in prima visione su Sky Atlantic HD.
Ispirata all’omonimo pluripremiato film dei fratelli Coen
(1996), qui produttori esecutivi, e vincitrice di 3 Emmy, la
miniserie in 10 episodi, una
Spietato
Billy Bob
Thornton
(59 anni) è
Lorne Malvo, lo spietato killer
di «Fargo»,
miniserie in
10 episodi
ispirata all’omonimo
film del
1996 dei
fratelli Coen (che figurano tra i
produttori
esecutivi).
«Fargo»
sarà in onda da dicembre su
Sky Atlantic HD
black comedy che mescola sapientemente dramma e grottesco, ricca di colpi di scena e
di sangue a fiotti, racconta in
maniera antologica una tranquilla — si fa per dire — ed
educata vita di provincia ambientata nel Minnesota.
Lester è un impiegatuccio,
lavora senza soddisfazione
presso un’agenzia assicurativa
nella piccola e gelida (nevica
in continuazione) cittadina di
Bernidji: un uomo mite, un
fallito, rassegnato alle vessazioni della moglie, che lo considera un inetto incapace, e
tormentato dall’imbarazzante
confronto con il proprio fratello minore, Chaz, che è invece un carrierista di successo,
uno che sfodera sempre incarichi di prestigio. L’incontro
con Lorne, misterioso straniero che sembra provenire da
un mondo remoto, cambierà
la sua vita. Un killer speciale,
quello impersonato da Thornton, spietato e lucido quanto
basta, che incarna il fascino
del male: a volte parla come
un filosofo («È una marea di
sangue la nostra vita»), altre
volte appare come una strana
sorta di angelo vendicatore
che, assistendo a certe evidenti ingiustizie, ristabilisce la
giustizia a modo suo, tra oppressi e oppressori, con efferati assassini. A cominciare
dall’atroce esecuzione del
perfido Sam (colto nell’amplesso con una prostituta),
per la quale Lester si ritroverà
catapultato al centro del ciclone («Tu pensi che ci siano delle regole — sussurra a Lester
— ma non ci sono regole. Una
volta eravamo tutti animali»).
«Mi piace la tv, ma non volevo impegnarmi in una lunga
serie, perché temevo di essere
coinvolto in qualcosa che poteva durare potenzialmente
troppo tempo, e invece io voglio fare anche altri film che
mi interessano — dice Thorn-
Feste negli Usa
I Simpson compiono 25 anni
I Simpson — Homer, Marge e i loro
tre figli Bart, Lisa e Maggie —
compiono 25 anni. Un evento
celebrato all’Hollywood Bowl con
una tre giorni di festa che si
concluderà oggi. I personaggi della
popolare sitcom animata creata alla
fine degli anni 80 dal fumettista
Matt Groening sono apparsi «dal
vivo» su un palco.
ton, al suo debutto sul piccolo
schermo —. Mi ha convinto il
copione: è molto vicino ai fratelli Coen, senza imitarli... e
poi sono solo 10 episodi». Riguardo al suo personaggio aggiunge: «Lorne non ha una
coscienza, è un personaggio
terrificante, sadico e al tempo
stesso divertente, un predatore la cui unica motivazione è
mangiare ciò che si trova davanti. È un provocatore e annusa la debolezza nelle persone».
Autore al vetriolo della serie è Noah Hawley: «Fargo, il
film, è più comico, è un ridicolo ritratto della provincia
americana. Io però non avevo
una storia di sole due ore, ma
di dieci e quindi dovevo essere
più realistico e drammatico.
L’obiettivo della mia satira è la
società educata di questo immaginario Minnesota, che
“preferisce uccidere qualcuno
piuttosto che offenderlo”, come si suol dire negli States».
Emilia Costantini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
42
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Sport
Le pagelle Juventus
da uno dei nostri inviati a Torino
Evra è très chic
S.V. BUFFON Prende uno spavento quando
Bubnjic irrompe nell’area piccola. Passa subito.
6,5 CACERES Esce dai blocchi sparato, trovando
subito un cross da applausi. Poi controlla bene.
6 BONUCCI Meno «regista» che in azzurro, del
resto la Norvegia non ha un Di Natale.
6,5 OGBONNA Fa capire presto a Muriel che non
è serata.
6,5 LICHTSTEINER Riapre a pieno regime la
cucina degli assist decisivi: croccanti per i compagni,
mattoni sullo stomaco per le difese avversarie.
7 PEREYRA Prima da titolare, contro la sua ex
squadra, decisamente convincente. È meno tosto
nei contrasti di Vidal, ma ha buona tecnica, i tempi
di inserimento già sincronizzati e la capacità di non
dare punti di riferimento agli avversari. Cala nella
ripresa.
7 MARCHISIO Il gol giusto al momento giusto:
un tiro da k.o. che stende l’Udinese che si stava
rialzando. Anche lui come mezza squadra dà il
meglio nel primo tempo, acquistando nel ruolo di
vice-Pirlo sempre maggiore autonomia.
6,5 POGBA Invocato a ripetizione dal popolo, che
vuole il suo tiro da fuori, ci prova tre volte, anche su
punizione. Meno devastante di altre occasioni, ma
ben presente.
7 EVRA La prima apparizione sulla fascia è très
chic: triangolazioni tutte francesi con Pogba e cross
che scavano già le gerarchie con Asamoah.
6 LLORENTE Colpi di tacco, sponde a piacimento,
duetti con Tevez. Ma al gol non va vicino e non è un
particolare da poco.
7 TEVEZ Non è al meglio, ma per mezza partita
non si vede: segna il 22° gol bianconero (in 50
gare) e cerca la doppietta con insistenza. Non la
trova, allora scarica a Marchisio il pallone del 2-0
prima di uscire.
6,5 ALLEGRI Come a Verona, la Juve ha
l’approccio dei momenti migliori, ma sbaglia molti
gol e cala alla distanza. Dettagli che anche stavolta
non incidono, ma che andranno tenuti in
considerazione.
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le pagelle Udinese
da uno dei nostri inviati a Torino
Di Natale abbandonato
6 KARNEZIS Nei passaggi, di mano e di piede,
è da brividi. Coi guantoni però se la cava,
respingendo due volte su Pogba e su Tevez. I
miracoli sui gol non sono previsti.
5,5 HEURTAUX Cerca di proteggere il malloppo,
sventa un cross di Evra con scasso. Ma poi alza le
mani e si arrende.
5,5 DANILO Con Llorente, armadio contro
armadio, se la gioca bene. Il problema è Tevez, che
brucia lui e Allan, sul gol che indirizza la partita.
5 BUBNJIC A proposito di armadi ecco un
quattro ante croato, classe ’92: di legno ancora
troppo grezzo.
6 WIDMER Coi piedi non può fare quello che
vuole. Ma quando si tratta di sradicare il pallone
da quelli altrui, anche di Pogba, non si tira indietro.
5,5 KONE Tanta corsa, è vero. Ma senza sbocchi,
anche nello spostamento a sinistra. Quando cerca
l’uno contro uno con Pogba, fa brutta figura.
5 GUILHERME Nel cuore del gioco, sarebbe
l’uomo chiave. E l’Udinese sta davanti al portone a
frugarsi le tasche, senza trovare niente nel mazzo.
5,5 ALLAN Lui è un motorino prezioso, ma
sembra un Ciao dei vecchi tempi. Solo
un’impennata d’orgoglio, quando strappa il
pallone a Tevez.
5 PASQUALE In difficoltà in difesa, quasi
inesistente in fase di spinta. Deludente.
4,5 MURIEL Chissà se avrà tratto qualche
insegnamento di 3-5-2 dalle due punte
juventine. Lui si muove troppo poco, non aiuta mai
i centrocampisti. Ed esce nell’intervallo.
5,5 DI NATALE Un pallone solo e pure in
controtempo non si può trasformare in oro. Nella
ripresa sembra crederci, ma è un’illusione.
6 BRUNO FERNANDES Il lavoro di raccordo
gli viene sicuramente meglio di Muriel. Ma non
abbastanza.
5 STRAMACCIONI L’Udinese sembra
scollegata, troppo lenta, rinunciataria. E certe
scelte, come Muriel e Pasquale, sono un
boomerang.
p. tom.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nfl: frusta il figlio, arrestato
Contador prenota la Vuelta
La Nfl, la lega del football Usa, è sempre più nella bufera. Dopo lo
scandalo che sta travolgendo Ray Rice, colpevole di aver picchiato in un
ascensore la moglie, un’altra stella, Adrian Peterson, dei Minnesota
Vikings, è stata arrestata per aver frustato con un ramo il figlio di 4 anni. Una punizione, ha spiegato, con fini esclusivamente educativi.
Alberto Contador vince la tappa più dura (Santo Estevo de Ribas de SilPuerto de Ancares, 185 km) e ipoteca la Vuelta: solo 10 km a cronometro
a Compostela dividono lo spagnolo, che ha 1’37’’ di vantaggio su Froome, dal trionfo. Ieri ha staccato di 16’’ proprio Froome, di 57’’ Valverde e
di 1’21’ l’azzurro Aru (5° al traguardo e nella generale a 4’46’’ dal leader).
Bianconeri avanti
Con una rete per
tempo i campioni
d’Italia battono
l’Udinese. E ora
si pensa alla sfida
di martedì
con il Malmoe
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
TORINO — Molto in una sera. I due gol all’Udinese (subito
Tevez, Marchisio dopo 75’), dicono che: la Juve ha risposto alla
Roma; la squadra ha ripreso da
dove aveva lasciato Conte (19
vittorie in 19 partite allo Stadium nell’ultimo campionato),
raccogliendo 3 punti all’esordio
in casa; Allegri, al quale i tifosi
bianconeri non hanno riservato
nemmeno mezzo coro, ha battuto per la prima volta in carriera Stramaccioni, che lo aveva
battuto due volte su tre nei derby milanesi (più un pareggio) e
che il 3 novembre 2012, da allenatore dell’Inter, aveva interrotto la serie di 49 partite utili consecutive, vincendo 3-1. Di fronte a un’Udinese ancora in fase di
assemblaggio (molte novità da
far crescere, tanto lavoro), la
squadra di Allegri ha dimostrato
di avere un impianto di gioco e
Allegri, c’è Tevez
una maturità di gruppo supercollaudati e ha superato senza
grandi impacci anche il problema legato alle assenze (Pirlo, Vidal, Chiellini). Adesso può pensare serenamente all’esordio di
martedì in Champions League
con il Malmoe.
La Juventus ha subito raccolto il credito di un avvio rabbioso, passando in vantaggio dopo
otto minuti: palla di Lichtsteiner
per Tevez che in mezzo all’area
non ha sbagliato la conclusione.
Si è creata così la situazione ideale per i campioni d’Italia, abituati da tre anni a spingere sull’acceleratore alla ricerca di altri
gol, accorciando il campo a
55/60 metri e costruendo molto
Recuperato in extremis, realizza il primo gol
Marchisio raddoppia, Juve a punteggio pieno
soprattutto sulla catena di sinistra (Evra-Pogba). L’Udinese ha
opposto una flebile resistenza:
piuttosto che sprecare energie
nel pressing ha preferito aspettare gli avversari negli ultimi
venti metri, sperando nell’errore altrui e cercando di difendere
la sconfitta in attesa di tempi
migliori. Qualche volta si è creata una situazione interessante
per ripartire, ma mantenendo
6
punti
dopo le prime
2 partite: è la prima
volta per Allegri.
Juventus per la 35ª
volta a punteggio
pieno dopo
le prime 2 partite
7/8 uomini dietro alla linea della
palla, lanciare Di Natale o Muriel
sempre lontanissimi è diventata
un’impresa complicata, anche
perché Bonucci e Ogbonna hanno «murato» gli attaccanti dell’Udinese, nelle poche occasioni
in cui hanno cercato di minacciare Buffon (da lontano).
La colpa della Juve, se di colpa
si può parlare, è stata quella di
non mettere un po’ più di preci-
Il dopopartita
Max: «Soddisfatto, ma possiamo fare di più
Lo Stadium? È una grande emozione»
TORINO — Ricomincio da Tevez.
L’Apache apre, Marchisio chiude il
discorso e per Allegri diventa dolce il
debutto allo Stadium. Così la legge
dello stadio-fortino si conferma anche
con il nuovo allenatore: vittoria
consecutiva numero 20 per la Juve in
casa e gol numero 20 in serie A per
l’argentino. E anche Gigi Buffon,
praticamente inoperoso in campo, ci ha
messo del suo con un discorso da
capitano prima della gara:
«Ricordiamoci l’anno scorso, la fatica
che abbiamo fatto il primo mese. Siamo
stati anche fortunati, abbiamo vinto
delle partite e non sappiamo neanche
come. Non facciamo il solito errore».
Detto, fatto. E Allegri, che da tecnico
non aveva mai vinto le prime due gare
in campionato, si mostra soddisfatto.
«È stata una emozione particolare
entrare allo Stadium da allenatore della
Juve — dice —, ero curioso di vedere
come si sarebbe svolta la serata e se
saremmo riusciti a vincere. Non mi
sorprende questo avvio di campionato:
la squadra ha qualità fisiche e tecniche
e può migliorare ancora soprattutto
❜❜
Andrea Stramaccioni
Peccato per la rete
annullata per pochi
centimetri, ma la
Juventus ha meritato
nella gestione della palla, nei tempi di
gioco, nel gestire i ritmi della partita». È
sembrata la Juve di Conte. «Abbiamo
iniziato molto bene — conferma il
tecnico — volevamo sbloccare in fretta
la partita. I ragazzi stati bravi a non
concedere niente. Nella ripresa
abbiamo sofferto soprattutto all’inizio,
ma è normale che ci siano cose da
migliorare». Ad Andrea Stramaccioni
con l’Udinese non riesce il bis del
colpaccio compiuto con l’Inter due
stagioni fa allo Stadium: «La Juve ha
fatto un grandissimo primo tempo
dove meritava di capitalizzare le
occasioni create; dopo lo svantaggio
abbiamo sbandato. Peccato per il gol
annullato per pochi centimetri».
Filippo Bonsignore
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sorriso Allegri ha debuttato ieri allo Juventus Stadium (LaPresse)
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Sport 43
italia: 51575551575557
Basket: finale tra Usa e Serbia
Atletica, Bondarenko il più alto Rugby: All Blacks imbattibili
La Serbia proverà a fermare gli Stati Uniti nella finale del Mondiale di
basket in programma stasera alle 21 (Sportitalia): la squadra di Sasha
Djordjevic si affida ancora al suo giocatore più rappresentativo, Milos
Teodosic, finora decisivo. Ieri, nella finale per il 3° e 4° posto, la Francia
si è imposta in volata sulla Lituania: 95-93 il risultato.
Nella prima giornata della Continental Cup Marrakech, ultimo appuntamento della stagione, Libania Grenot, unica italiana selezionata nella
squadra europea, ha chiuso 4ª in 50’’60 nei 400 vinti dall’americana McCorory in 49’’94. Nell’alto maschile, la gara più attesa, vittoria dell’ucraino Bondarenko con m 2,37. Barshim e Ukhov si sono fermati a 2,34.
Con una meta nel secondo tempo del capitano Richie McCaw, gli All
Blacks hanno battuto 14-10 il Sudafrica nel Quattro Nazioni e allungato
a 36 la serie di vittorie casalinghe consecutive (ultima sconfitta proprio
con gli Springboks nel 2009). Nell’altra partita: Australia-Argentina 3225. Classifica: Nuova Zelanda 16; Sudafrica e Australia 10; Argentina 3.
Giallorossi A Empoli decide un tiro del belga deviato in porta dal portiere Sepe
Apache
Carlos Tevez, 30 anni,
ha segnato il gol
del vantaggio già all’8’.
Nella passata stagione,
l’attaccante argentino
aveva realizzato 19 reti
(Ansa)
Roma «lunga» e distratta
ma ci pensa Nainggolan
allo Stoccarda, Gotze e Ribéry) sia il Borussia
D. (3-1 al Friburgo). In Francia il Psg pareggia
1-1 contro il Rennes: oggi il Bordeaux (sfida il
Guingamp) può andare a +3 dal St. Etienne.
L’Atletico vince 2-1 contro il Real nel derby di
Madrid: a Tiago replica Cristiano Ronaldo su
rigore, ma Turan chiude i conti. Il Barcellona
doma l’Athletic Bilbao (2-0, doppietta di
Neymar). Il Cska Mosca, eurorivale della
Roma, vince 2-1 contro l’Arsenal Tula. Il
Malmoe, avversaria della Juventus in
Champions, pareggia 3-3 contro l’Hacken.
Fiorentina, si è ripetuto: il suo
tiro da fuori area, nel recupero
del primo tempo, ha incocciato prima nel palo e poi nella
schiena del portiere Sepe, che
ha fatto da involontaria sponda per l’1-0. Ma il Ninja non si
è limitato al gol decisivo, è
stato anche il più continuo
della sua squadra. Ha giocato
molto bene Kostas Manolas,
concentrato e veloce, che sta
riuscendo in poco tempo a far
dimenticare Benatia.
Garcia ha ammesso che
«soprattutto una volta passati
in vantaggio si poteva fare di
più. Dovevamo attaccare meglio l’Empoli, che è stato bravo
a pressarci e che, se continuerà a giocare così, si salverà di
sicuro. Ci è mancata un po’ di
qualità nei passaggi, ma l’importante era vincere e abbiamo vinto. Non sono soltanto i
tifosi ad aspettare la Champions League e fare 6 punti
prima dell’esordio europeo è
comunque un bel risultato».
Qui si dividono le strade dei
giudizi. Per gli ottimisti è proprio vincere le partite come
quella di ieri, nelle quali non si
brilla, che porta allo scudetto.
La Roma di Spalletti, ad esempio, vinceva solo quando giocava meglio dell’avversario.
Totti ha condensato il concetto: «Sono tre punti buoni come il pane». Per i pessimisti
c’è ancora molta strada da fare
per essere al top e un attacco
meno spuntato di quello dell’Empoli, a partire da quello
del Cska Mosca, non avrebbe
perdonato i tanti errori in disimpegno. Garcia, che è un
pragmatico, sa che sono vere
tutte e due le cose.
Quello che è certo è che con
Totti, Gervinho e Iturbe la Roma ha un attacco molto più
pericoloso negli spazi e che
Ljajic e Destro devono sfruttare meglio le occasioni che
vengono loro concesse. Ma è
altrettanto sicuro che solo a
Roma si distruggono in poco
tempo i calciatori — come nel
caso anche di Ashley Cole —,
andando sempre alla ricerca
di un capro espiatorio. Farlo
quando le cose vanno male è
cattivo ma comprensibile, farlo da primi in classifica è un
esercizio a metà tra il protagonismo del commento da bar e
il masochismo. Per vincere, la
Roma dovrà battere anche
questo avversario.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Luca Valdiserri
Garcia: «I tifosi non sono i soli ad aspettare la Coppa»
sione nel cercare il secondo gol
e chiudere la partita, dopo averla dominata. Molti gli sprechi,
da Pereyra a Tevez (alto), da Pogba (Kone ha molto ballato per
contenerlo), che ha offerto due
conclusioni troppo tenere a Lichtsteiner (a lato) a Llorente
(controllo precario in area).
Stramaccioni ha cambiato un
interprete (Bruno Fernandes
per Muriel), nel tentativo di accorciare la squadra, ma non è
cambiato il tema del match, con
la Juve ancora avanti alla ricerca
del raddoppio, anche se con minore intensità rispetto al primo
tempo e a ritmi più bassi. Ha
DAL NOSTRO INVIATO
EMPOLI — I tifosi della Roma, vista la differenza delle
forze in campo, anche se i
giallorossi hanno risparmiato
Totti, Iturbe e Gervinho per la
Champions, non pensavano
di dovere chiedere «quanto
manca?» al vicino di posto nel
finale. E invece così è successo, perché L’Empoli ha fatto
una partita coraggiosa, mettendo in difficoltà gli avversari con un pressing alto e continuo. Però il calcio è fatto anche e soprattutto di qualità.
Non avere attaccanti che fanno la differenza in serie A è un
fardello pesante.
La Roma si presenta alla
Champions, mercoledì all’Olimpico contro il Cska Mosca, avendo fatto il suo dovere
nelle due gare di campionato:
6 punti e nessun gol subito sono un buon bottino. La qualità
di gioco era stata più alta contro la Fiorentina che ieri, a
Empoli, ma di sicuro il pensiero dell’Europa ha avuto il suo
peso. Lo dimostrano due cose:
1) le scelte di Garcia, che in attacco ha schierato Ljajic, Destro e Florenzi, ricevendo
qualcosa di utile solo dall’ultimo; 2) l’uscita dal campo di
Castan, dopo 45’, per un risentimento muscolare alla coscia
destra che lo tiene in dubbio
per mercoledì sera; Garcia
parla di «precauzione», lo
staff medico e il giocatore non
sembrano al 100% in sintonia
sull’entità del pericolo di una
ricaduta.
La Roma è stata troppo
«lunga» e, soprattutto, ha
sbagliato troppi passaggi. Pjanic è stato insolitamente impreciso, Ljajic non ha trovato
lo spunto da ala pura ed è stato un po’ ignorato dai compagni, Destro è un finalizzatore
che soffre, per primo, se la
manovra non è fluida. Per fortuna di Garcia, però, Nainggolan è in uno stato di forma
araldica e, dopo il gol contro la
Unica pecca
I bianconeri dominano
la partita: unica pecca la
scarsa precisione nella
ricerca del secondo gol
Juventus
Udinese
2
0
Marcatori: Tevez 8’ p.t.; Marchisio
30’ s.t.
JUVENTUS (3-5-2): Buffon s.v.;
Caceres 6,5, Bonucci 6, Ogbonna
6,5; Lichtsteiner 6,5, Pereyra 7
(Padoin s.v. 40’ s.t.), Marchisio 7,
Pogba 6,5, Evra 7; Llorente 6
(Morata s.v. 44’ s.t.), Tevez 7
(Coman s.v. 36’ s.t.). All.: Allegri
6,5
UDINESE (3-5-2): Karnezis 6;
Heurtaux 5,5, Danilo 5,5, Bubnjic
5; Widmer 6, Kone 5,5 (Thereau
s.v. 36’ s.t.), Guilherme 5 (Pinzi
s.v. 28’ s.t.), Allan 5,5, Pasquale
5; Muriel 4,5 (Fernandes 6 1’ s.t.),
Di Natale 5,5. All.: Stramaccioni 5
Arbitro: Damato 6
Ammonito: Pasquale
Recuperi: 0’ più 3’
provato a segnare Pogba su punizione (risposta di Karnezis),
mentre Tevez è stato preso in
controtempo dall’assist di Llorente e Caceres anticipato da
Kone. Questo per riassumere le
difficoltà dei campioni a individuare la strada per passare, con
il rischio di esporsi al contropiede, come nell’azione che ha dato
origine al 21’ ad un doppio calcio d’angolo. E sul secondo, Bubnjic è andato in gol (correzione
sul tiro di Danilo), ma è stato
pescato in fuorigioco dall’assistente Musolino. In riserva di
energie, ma risvegliata dalla paura di essere raggiunta (come
era capitato con l’Inter due anni
fa), la Juve è tornata ad attaccare
andando vicino al raddoppio,
sulla conclusione di Tevez, messa in angolo da Karnezis. È stato
il prologo al 2-0, firmato da
Claudio Marchisio (30° gol in
serie A), con un esterno destro
dal limite forte e preciso, a chiusura di un’azione «alla mano» di
grande efficacia (30’). Sipario.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Serie A
Ieri
Empoli-Roma
Juventus-Udinese
Oggi, ore 12.30
Sampdoria-Torino
Ore 15
Cagliari-Atalanta
Fiorentina-Genoa
Inter-Sassuolo
Lazio-Cesena
Napoli-Chievo
Ore 20.45
Parma-Milan
Domani, ore 20.45
Verona-Palermo
Partite in
tempo reale
e tutti i gol e
le immagini
della
giornata su
Roma
Marcatore: Sepe (autogol) 46’
p.t.
EMPOLI (4-3-1-2): Sepe 6;
Laurini 6, Rugani 6,5, Tonelli 6,5,
Hysaj 5,5; Vecino 6 (Moro 5,5
16’ s.t.), Valdifiori 6, Croce 5,5
(Zielinski s.v. 35’ s.t.); Verdi 5,5
(Pucciarelli 5,5 17’ s.t.); Tavano
6, Mchedlidze 6,5. All.: Sarri 6
ROMA (4-2-3-1): De Sanctis 6;
Maicon 6, Manolas 7, Castan 6
(Astori 6 1’ s.t.), Cole 5;
Nainggolan 7,5, De Rossi 6;
Florenzi 6,5, Pjanic 5,5 (Keita 6
22’ s.t); Ljajic 5,5 (Gervinho s.v.
37’ s.t.); Destro 5. All.: Garcia 6
Arbitro: Gervasoni 5
Espulso: Sarri 25’ s.t.
Ammonito: De Rossi
Recuperi: 1’ più 4’
Protagonista
Radja Nainggolan, 26 anni.
Da un suo tiro è nato il gol
della Roma. Aveva già segnato
contro la Fiorentina (Ansa)
Estero, doppietta di Pellè
Balotelli flop, Real ancora k.o. nel derby
Con Mario Balotelli in campo dall’inizio
(sostituito da Lambert al 26’ s.t.) il Liverpool
perde 1-0 ad Anfield Road contro l’Aston Villa
(gol di Agbonlahor). Vola il Chelsea,
vittorioso 4-2 sullo Swansea grazie a una
tripletta di Diego Costa. Arsenal e Manchester
City regalano spettacolo (2-2): Citizens avanti
con Aguero; i Gunners ribaltano il risultato
con Wilshere e Sanchez, ma Demichelis
pareggia a 7’ dalla fine. C’è un po’ di Italia
nella vittoria del Southampton sul Newcastle
(4-0) grazie alla doppietta di Pellè. In
Bundesliga vincono sia il Bayern Monaco (2-0
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2a giornata
0-1
2-0
Prossimo turno
Cagliari
Atalanta
Fiorentina
Genoa
Inter
Sassuolo
Lazio
Cesena
(4-3-3)
1 Colombi
14 Pisano
15 Rossettini
32 Ceppitelli
8 Avelar
4 Crisetig
5 Conti
20 Ekdal
17 Farias
9 Sau
7 Cossu
(4-4-1-1)
57 Sportiello
22 Zappacosta
20 Biava
29 Benalouane
93 Dramé
18 Estigarribia
21 Cigarini
17 Carmona
7 D’Alessandro
11 M. Moralez
19 Denis
(4-3-1-2)
1 Neto
40 Tomovic
2 Gon. Rodriguez
15 Savic
28 Alonso
10 Aquilani
7 Pizarro
20 Borja Valero
11 Cuadrado
33 Mario Gomez
30 Babacar
(3-4-3)
23 Perin
4 De Maio
8 Burdisso
15 Marchese
21 Edenilson
88 Rincon
69 Sturaro
13 Antonelli
16 Lestienne
32 Matri
10 Perotti
(3-5-2)
1 Handanovic
6 Andreolli
23 Ranocchia
5 Juan Jesus
55 Nagatomo
88 Hernanes
18 Medel
10 Kovacic
22 Dodò
9 Icardi
7 Osvaldo
(4-3-3)
47 Consigli
23 Gazzola
5 Antei
13 Ariaudo
31 Peluso
8 Biondini
4 Manganelli
7 Missiroli
25 Berardi
10 Zaza
17 N. Sansone
(4-3 -3)
1 Berisha
8 Basta
3 De Vrij
18 Gentiletti
5 Braafheid
16 Parolo
20 Biglia
19 Lulic
87 Candreva
11 Klose
14 Keita
(4-3-1-2)
1 Leali
25 Capelli
14 Volta
6 Lucchini
33 Renzetti
8 De Feudis
34 Cascione
10 Coppola
11 Brienza
89 Marilungo
9 Rodriguez
Arbitro: CERVELLERA di Taranto
Tv: ore 15 Sky Sport 5,
Premium Calcio 5
Arbitro: ORSATO di Schio
Tv ore 15, Sky Calcio 4
Premium Calcio 3
Arbitro: CALVARESE di Teramo
Tv: ore 15, Sky Calcio 1,
Premiun Calcio
Napoli
Chievo
Parma
Milan
Sampdoria
Torino
(4-2-3-1)
1 Rafael
11 Maggio
33 Albiol
25 Koulibaly
18 Zuniga
8 Jorginho
88 Inler
7 Callejon
17 Hamsik
24 Insigne
9 Higuain
(4-3-1-2)
25 Bardi
21 Frey
3 Dainelli
12 Cesar
34 Biraghi
13 Izco
14 Cofie
74 Mangani
56 Hetemaj
10 Maxi Lopez
43 Paloschi
(4-3-3)
87 Mirante
2 Cassani
29 Paletta
6 Lucarelli
11 De Ceglie
30 Acquah
21 Lodi
18 Gobbi
17 Palladino
99 Cassano
10 Belfodil
(4-3-3)
23 Diego Lopez
20 Abate
33 Alex
25 Bonera
2 De Sciglio
16 Poli
34 De Jong
4 Muntari
10 Honda
7 Menez
28 Bonaventura
(4-3-3)
2 Viviano
29 De Silvestri
28 Gastaldello
26 Silvestre
86 Cacciatore
21 Soriano
17 Palombo
14 Obiang
11 Gabbiadini
9 Okaka
23 Eder
(3-5-2)
30 Padelli
5 Bovo
25 Glik
24 Moretti
36 Darmian
23 Nocerino
20 Vives
7 El Kaddouri
3 Molinaro
22 Amauri
27 Quagliarella
Arbitro: GIACOMELLI di Trieste
Tv: ore 15 Sky Calcio 2,
Premium Calcio 2
Arbitro: MASSA di Imperia
Tv ore 20.45 Sky Sport 1 e Calcio 1
Premium Calcio
Arbitro: MAZZOLENI di Bergamo
Tv: ore 12.30 Sky Calcio 1, Premium
Calcio
0
1
Empoli
Arbitro: IRRATI di Pistoia
Tv: ore 15.00 Sky Calcio 3
Premium Calcio 4
Serie B
Sabato 20/9, ore 18
Cesena-Empoli
Ore 20.45
Milan-Juventus
Domenica 21/9, ore 12.30
Chievo-Parma
Ore 15
Genoa-Lazio
Roma-Cagliari
Sassuolo-Sampdoria
Ore 18
Atalanta-Fiorentina
Udinese-Napoli
Ore 20.45
Palermo-Inter
Torino-Verona
Il Perugia vince ancora
Il Bari beffato al 96’
Classifica
JUVENTUS*
ROMA*
UDINESE*
NAPOLI
CESENA
MILAN
CAGLIARI
PALERMO
SAMPDORIA
SASSUOLO
Bomber Higuain (LaPresse)
* una partita in più
6
6
3
3
3
3
1
1
1
1
ATALANTA
INTER
TORINO
VERONA
GENOA
CHIEVO
PARMA
LAZIO
EMPOLI*
FIORENTINA
3a giornata
1
1
1
1
0
0
0
0
0
0
Venerdì
Pescara-Bologna
2-3
Ieri
Avellino-Spezia
0-0
Crotone-Carpi
1-1
Entella-Brescia
0-1
Frosinone-Bari
1-1
Modena-Pro Vercelli
1-0
Perugia-Catania
1-0
Trapani-Cittadella
2-1
Varese-V. Lanciano
1-1
Oggi, ore 18
Vicenza-Ternana (Baracani)
Domani, ore 20.30
Livorno-Latina (Chiffi)
Il Perugia continua a stupire. Nella 3ª giornata
di campionato, gli umbri vincono anche
contro il Catania. Di Falcinelli il gol vittoria; il
Perugia sbaglia un rigore con Taddei. Dopo
tre gare, i siciliani rimangono fermi a un
punto. Secondo posto solitario per il Trapani
che si impone in rimonta contro il Cittadella:
Mancosu e Lombardi replicano a Coralli.
Classifica
Virtus Lanciano rallentata dal pareggio a
9; Trapani 7; Carpi e LanVarese: abruzzesi avanti con Vastola, ma Neto Perugia
ciano 5; Cittadella, Ternana*, Livorfirma il pari. Il Capri segna in pieno recupero no*, Latina*, Bologna, Bari, Frosinone,
Spezia,
Avellino e Modena 4;
(46’ s.t.) e riprende il Crotone, passato in
Varese**, Pro Vercelli e Brescia 3;
vantaggio con Claiton. I calabresi arrivavano Pescara 2; Catania, Vicenza*, Entella
e
Crotone
1
da due sconfitte consecutive. Un gol di Di
*: una partita in meno; **: un punto
Cesare al 32’ s.t. regala la vittoria al Brescia in di penalizzazione
casa dell’Entella. Successo su misura anche
turno
per il Modena, che si impone sulla Pro Vercelli Prossimo
Venerdì 19/9 (ore 19): Carpi-Tracon la rete di Granoche (46’ s.t.). Il Frosinone pani; ore 21: Spezia-Entella. Sabato 20/9 (ore 15): Bari-Livorno;
riacciuffa il Bari addirittura al 51’ s.t. con
Bologna-Crotone;
Paganini, che replica a Donati. Pari senza reti Brescia-Ternana; Catania-Modena;
Cittadella-Pescara; Latina-Avellitra Avellino e Spezia.
no; Perugia-Vicenza; Pro Vercelli© RIPRODUZIONE RISERVATA
Varese; V. Lanciano-Frosinone
44
italia: 51575551575557
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Sport 45
italia: 51575551575557
Le milanesi L’Inter a San Siro col Sassuolo vuole riscattare l’esordio così così, il Milan a Parma cerca continuità di prestazione e di risultati
Mazzarri, il dubbio
delle punte
e il ritorno di Guarin
«Adesso ritmi alti e tiri in porta»
Staffetta Palacio-Osvaldo
MILANO — Patti chiari, amicizia lunga e gruppo vincente?
Interno dello spogliatoio della
Pinetina, il giorno dopo la chiusura del mercato. Walter Mazzarri tiene a rapporto tutti i giocatori e parla a ruota libera. Concetti chiari che condivide da
tempo e che hanno toccato le
corde giuste di Icardi e soci.
«Abbiamo fatto una sorta di patto e si sta creando un gruppo solido, un gruppo che quando va
in campo dà l’anima, non ho
dubbi al riguardo», ha sottolineato il tecnico interista dispensando serenità. La sensazione è
che, giorno dopo giorno, Mazzarri senta questa squadra sempre più sua, con i giocatori che si
sentono più responsabilizzati e
coinvolti dopo l’addio di Cambiasso e degli altri argentini.
Con Fredy Guarin, invece,
l’allenatore ha parlato in separata sede, provando a fissarlo negli occhi. «Gli ho detto: azzeriamo tutto, come se fosse il tuo
primo giorno all’Inter. Inizia oggi la tua vera storia con questa
maglia: hai doti incredibili e sai
bene quello che voglio da te».
Guarin ricomincia dalla panchina perché non c’è fretta di
mandarlo in campo, però il colombiano in questi ultimi giorni
è sembrato molto carico e motivato. Nessuno in squadra si considera un intruso dopo essersi
sentito ripetere dall’allenatore
che «il numero dei componenti
della rosa è giusto: per me i titolari sono 23 e ognuno di voi deve dimostrarmi di essere meglio
degli altri».
Per il debutto in campionato
a San Siro contro il Sassuolo di
Zaza e Berardi, meglio Palacio
dal 1° minuto e poi staffetta con
Osvaldo nel secondo tempo? O
viceversa? Ecco il tormentone
che ha scandito le ore della vigilia in casa Inter. Anche l’allena-
Premessa indispensabile:
nessuno dei due attaccanti
scoppia di salute. Don Rodrigo
non ha ancora giocato neppure
un minuto, dopo il Mondiale,
tormentato da problemi a una
caviglia. Osvaldo, invece, ha un
buon minutaggio nelle gambe,
ma ha avuto qualche problemino muscolare, che ha impedito
al tecnico interista di schierarlo
dall’inizio contro il Toro e costretto Conte a rispedirlo subito
a casa dopo la convocazione in
Nazionale.
La trasferta di Torino è ormai
un ricordo, ma il tecnico, dopo
essersi rivisto parecchie volte la
gara in tv, sembra essersi reso
conto che molte delle critiche
alla squadra non erano proprio
campate in aria. «Contro il Sassuolo vorrei vedere ritmi più alti
in fase di possesso palla, qualche verticalizzazione e qualche
tiro in porta in più. In definitiva:
spero che i miei riescano a fare
quello che non sono riusciti a
combinare nel debutto in campionato» ha ammesso Mazzarri.
Il bicchiere, insomma, non
era proprio mezzo pieno come
aveva sentenziato alla fine della
L’imprevisto
Il tecnico si frattura
la mano sinistra
cadendo sulla scala
che porta agli spogliatoi
mento di rifinitura, con partitina finale a San Siro per provare il
nuovo campo, non ha risolto del
tutto i dubbi del tecnico. Che poi
al termine della seduta è scivolato scendendo la scaletta che
porta dalla panchina agli spogliatoi, procurandosi una frattura di un metacarpo della mano sinistra.
Tecnico
Walter
Mazzarri,
52 anni,
alla seconda stagione sulla
panchina
dell’Inter
(Ansa)
partita di Torino. L’ Inter deve e
può fare meglio. E per riuscirci il
tecnico vuole che la squadra abbini qualità ed equilibrio. «Questo è il mio obiettivo. Per realizzarlo è fondamentale che tutti
capiscano che quando la palla ce
l’hanno gli avversari, bisogna
andare a recuperarla il prima
possibile. Siamo la squadra che
manda in campo il maggior numero di giocatori con caratteristiche offensive e di qualità:
dobbiamo solo migliorare nella
fase di interdizione».
Per il debutto in campionato
a San Siro sono previsti 35mila
spettatori (ancora top-secret i
dati della campagna abbonamenti che chiuderà a fine mese): chiusa per squalifica la Curva Nord che deve scontare la seconda giornata senza ultrà per i
cori contro Balotelli nel derby
del 4 maggio.
Franco Fiocchini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Inzaghi, la certezza
è Berlusconi
«Fa la differenza»
Bonaventura verso il debutto
Torres pronto a partita in corso
MILANO — Un passaggio tra
i dubbi per costruire qualche
certezza. Il Milan sta scrivendo il
suo romanzo di formazione:
vuole conoscersi e mettersi alla
prova, crescere e costruirsi
un’identità. Come in tutti i romanzi di formazione ci sono
tappe da affrontare, difficoltà da
superare, viaggi da cui tornare
più maturi: «Sarà bello valutare
a che punto siamo lontani da
San Siro» dice Pippo Inzaghi qui
nella veste di capitano, mio capitano. Il Parma di Donadoni
che l’anno scorso conquistò sei
punti su sei, del ritrovato presidente Ghirardi («Sono felice che
abbia ritirato le dimissioni, il
calcio ha bisogno di persone
con la sua passione», l’omaggio
dell’allenatore del Milan) e di un
Cassano che quando vede rossonero si scatena, è di sicuro un
bel banco di prova. Dopo l’entusiasmo scatenato dall’esordio
con la Lazio, serve continuità. Di
risultati e di rendimento. «Oltre
al risultato che è fondamentale,
bisogna anche vedere come cerchiamo di raggiungerlo. Io so
che il cammino sarà difficile e
pieno di intoppi, e che al primo
risultato negativo cambierà il
giudizio su di noi, ma io non
posso andare dietro al vento,
devo guardare la prestazione.
Vediamo dove siamo a dicembre, lì daremo dei giudizi».
Romanzo ma anche dubbi di
formazione, che tengono sulla
corda un allenatore già insonne
di suo. «Quando mi sembra di
avere un’idea, poi la squadra
delle cosiddette riserve si allena
a mille per farmela cambiare. È
così che si fa, devo ringraziare i
miei giocatori per questo spirito, lo spirito del Milan». Filippo
Inzaghi però mantiene una certa tranquillità, anche dopo il
forfait di El Shaarawy («Peccato,
era in un ottimo momento»):
trambi in ottima condizione.
Torres? Sta impressionando tutti, ha carica, voglia: è uno tosto». Però Inzaghi sembra intenzionato a inserirlo a partita
in corso. «Non è detto che i migliori siano quelli che giocano
dall’inizio, a volte potranno entrare nell’ultima mezz’ora. Nel
mio modo di giocare i cambi saranno fondamentali».
È, questa, una delle due o tre
cose che il Milan ha già capito di
se stesso. Un’altra è il modulo,
per ora 4-3-3: «Sarei stato incosciente a proporre diversi schemi di gioco, bisognava prima
impararne uno decentemente.
Ma rispetto alle squadre che
l’anno scorso ci hanno dato 40
punti noi siamo in costruzione,
anche se le fondamenta sembrano buone». Un’altra ancora è
la vicinanza del presidente Silvio Berlusconi: «Il suo entusiasmo è incredibile, può fare la
differenza».
Un’ultima certezza ce l’ha
Adriano Galliani, non riguarda
il campo, ma la politica sportiva
ed è un’entrata a difesa dell’amico e alleato Claudio Lotito.
«Quello di Lotito non è presen-
La politica
Galliani: «Lotito? Il suo
non è presenzialismo,
è attivismo. Agisce con
il mandato della Lega»
che quella di oggi a Parma sia la
serata del signor Bonaventura
(come è quasi certo, titolare a sinistra nel tridente d’attacco) o
del forever young, el niño Fernando Torres (che dovrebbe entrare nell’ultima mezz’ora, con
Ménez falso nove e a destra
Honda), l’allenatore del Milan
ha già delle certezze. «Sono en-
Deciso
Filippo
Inzaghi,
41 anni,
alla prima
stagione
sulla panchina
del Milan
(Ansa)
zialismo, è attivismo. Quello
che fa non lo fa per se stesso, ma
perché rappresenta la Lega calcio, che ha votato in un certo
modo proprio perché voleva
che si realizzassero le riforme
che propongono Lotito e Tavecchio». Insomma, una risposta a
chi ha insinuato che Galliani si
fosse defilato: «Non mi sono affatto defilato, sono vicepresidente di Lega e, per esempio, la
proposta sulla multiproprietà è
mia». Cioè, meglio un presidente proprietario di più società,
che le seconde squadre (es Milan A e Milan B): «Certo, perché
l’Italia è il Paese dei campanili e
le multiproprietà li tutelano. Se
il Monza diventasse il Milan B si
perderebbe qualcosa». Diciamo
che sul piano politico il Milan
non ha mai smesso di essere
protagonista, ora vediamo in
campo.
Arianna Ravelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Coppa Davis Gli azzurri approfittano del «riposo» di Federer e conquistano il doppio. Oggi si parte dal 2-1, ma per conquistare la finale servono due miracoli
Bolelli e Fognini allungano la vita all’Italia del tennis
DAL NOSTRO INVIATO
GINEVRA — «Finché non
suona la campana, vai». Capitan
Barazza è della generazioneMorandi. Uno su mille ce la fa, a
battere Federer a casa sua, ma
vincendo il doppio in questa semifinale di Coppa Davis non abbiamo prolungato l’agonia. Un
successo è sempre un successo
e questo vale un punto, aiuta il
morale, impedisce il cappotto,
costringe gli svizzeri a impegnarsi. Oggi, dopo il giorno di
vacanza, tornerà in campo herr
Roger, tenuto (o auto-sistemato) a riposo. «Finché non è finita, bisogna crederci». In ogni
caso questa squadra ha dimostrato di essersi meritata questa
semifinale di Davis» sentenzia
Corrado Barazzutti. Ci siamo,
c’è Simone Bolelli che sta giocando benissimo, c’è Fabio Fognini un po’ strascicato, spesso
in preda ai suoi spleen, ma importante in certi passaggi di
questo lungo match: 7-5, 3-6,
5-7, 6-3, 6-2, 3 ore e 57’.
Si ripete la stessa situazione
di Valletta Cambiaso, Genova,
settembre 2009, playoff. Sul 2-0,
il doppio rossocrociato viene affidato a Stan Wawrinka e Marco
Risultati
Svizzera-Italia
2-1
(Ginevra, PalaExpo,
rebound ace indoor)
Federer b. Bolelli
7-6, 6-4, 6-4
Wawrinka b. Fognini
6-2, 6-3, 6-2
Bolelli/Fognini
b. Chiudinelli/Wawrinka
7-5, 3-6, 5-7, 6-3, 6-2
Così oggi
ore 12: Federer c. Fognini
a seguire: Wawrinka c. Bolelli
Così in tv
diretta Supertennis,
canale 224 Sky
Quartetto Fognini (a sinistra) e Bolelli impegnati contro gli svizzeri Chiudinelli, la riserva amico di Federer, e Wawrinka (Afp)
Chiudinelli. E come allora i due
perdono. Marco è gemello di
Federer: nati entrambi a Basilea
nel 1981, Roger l’8 agosto, Marco il 10 settembre. Il tennis li ha
avvicinati umanamente e divisi
tecnicamente. Mentre Roger
viaggia ancora in prima classe,
Marco, che non si perde un concerto di rock pesante, ha imboccato da tempo la strada del de-
clino. Però sono cresciuti insieme, sono grandi amici e spesso
si ritrovano sulle tribune di St
Jacob Park a tifare per il Basilea.
Un tempo giocavano a pallone
insieme. Roger, dalla panchina
svizzera, incoraggia l’amico che
l’ha battuto solo quando erano
bambini. Da allora sono molto
legati. «Mi rattrista sapere che
un campione come Roger abbia
solo pochi anni di carriera». Più
che per sé, Marco è triste per
l’amico e per lo sport che lo perderà, prima o poi.
Il fatto più eclatante della carriera, Marco lo divide, però, con
Wawrinka. Non un bel ricordo.
Proprio qui, a Ginevra al Palexpo, nel 2013, con un doppio
fallo di Chiudinelli sul match
point, la coppia svizzera venne
sconfitta da quella ceca RosolBerdych al termine della più
lunga partita di doppio della
storia della Coppa Davis: 6-4,
5-7, 6-4, 6-7, 24-22 per i cechi in
7 ore e 2’. I due hanno perso tutti i precedenti match (3) giocati,
due volte in Davis e uno in torneo, ma non è che la coppia Federer-Wawrinka sia andata meglio (oro olimpico del 2008 a
Francia-Rep. Ceca
3-0
(Parigi, Roland Garros,
terra battuta)
Gasquet b. Berdych
6-3, 6-2, 6-3
Tsonga b. Rosol
6-2, 6-2, 6-3
Tsonga/Gasquet
b. Stepanek/Berdych
6-7, 6-4, 7-6, 6-1
Così oggi
ore 10.30: Tsonga c. Berdych
a seguire: Gasquet c. Rosol
parte): quattro sconfitte, l’ultima, nei quarti, con il Kazakistan. Qualche informatore svizzero sostiene che Federer sia
stanco, qualche altro che ci siano ragioni commerciali: sul 3-0
e senza l’adrenalina della sfida
le gigantesche tribune di ferrotubi rischiavano di restare semi-deserte. Troppo complottistica. In ogni caso Fabio Fognini
e Simone Bolelli entrano bene
nel match e vanno avanti 7-5,
poi gli svizzeri ritornano aiutati
anche dal riapparire dei soliti
«momenti» dell’eroe di Napoli.
Bolelli trascina la coppia, è solido al servizio, risponde in modo
devastante e anche quando
l’Italia va sotto nel secondo e nel
terzo, tiene la barra al centro.
Fognini si aggrappa alla zattera
soprattutto sul 2-1 del quinto:
appena strappato il servizio a un
Chiudinelli in preda al panico,
Fabio fa di tutto per mollare il
suo ma alla fine il duo Italia annulla 4 palle break e a mantiene
il vantaggio. Solo due volte
(1956, Francia; 1960 Stati Uniti)
abbiamo recuperato da uno 0-2
in Davis. Tutto ora è nelle mani
di Fognini con Federer. Fabio
conferma un intervento di San
Gennaro per il doppio. «E se con
Roger si presenta anche la Madonna di Lourdes… ».
Roberto Perrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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italia: 51575551575557
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Sport 47
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MotoGp Per la prima volta Marquez non parte in prima fila: Lorenzo il più veloce davanti a Iannone e Valentino
Mondiali di volley
Time out Mauro Berruto, 45, c.t. azzurro (Epa)
Berruto: «Colpa mia
ma non siamo brutti
come è sembrato»
Ottimista Valentino Rossi, 35 anni, nel Gp di San Marino parte in terza posizione alle spalle di Jorge Lorenzo, 27 anni, e Andrea Iannone, 25 anni (Reuters)
Il Dottore e il suo passo antico
A Misano per il primo successo
Rossi: «Ho perso la pole perché ho esagerato. Ora sono pronto»
DAL NOSTRO INVIATO
MISANO ADRIATICO — La
parola d’ordine per la festa in
riviera è «passo». Segnatevelo. Passo inteso come ritmo
gara, il migliore di tutti, quello che permette a Valentino di
scattare oggi da favorito nel
giardino di casa a 14 chilometri da Tavullia. La chiave sta lì,
più ancora che nella prima fila dalla quale il campione
mancava dal 20 ottobre 2013,
terzo tempo a Phillip Island.
«Io nel giro secco soffro sempre e ho perso la pole perché
ho esagerato in frenata alla
curva 4. Ma va bene lo stesso». Rossi ne ha viste troppe
per dare eccessiva importanza al terzo posto in griglia.
Oggi è altro ciò che conta:
consistenza, durata, affidabilità: «In realtà sono soddisfatto soprattutto per l’ultimo
turno di prove del pomeriggio, da tempo non ne facevo
uno così. Il passo è molto
buono, il migliore, ed è molto
buono anche il setting della
moto. Ci sono due o tre dettagli da sistemare, ma siamo
pronti».
È senza dubbio il migliore
Valentino del 2014 («Mai come oggi quest’anno»), e la
sua prima volta in prima fila
si intreccia con altre prime
volte. Intanto, la prima pole
2014 della Yamaha ufficiale,
che è poi la prima di Lorenzo,
bravissimo a sferrare il gancio finale in una qualifica bel-
14
24
I Gp
dall’ultima 1ª fila
conquistata
da Valentino Rossi
I Gp
dall’ultima volta
che Marc Marquez
ha fallito la 1ª fila
la e equilibrata (il sesto, Dovizioso, è a soli 201 millesimi).
Jorge sta benone e su questo
asfalto sfrutta anch’egli la
storica superiorità tecnica
della M1 sulla Honda. Non a
caso PorFuera ci vince da tre
anni consecutivi e punta
apertamente al poker: «Il giro
è stato spettacolare, la pole ci
voleva. È un weekend molto
buono...».
E mentre ormai non è una
novità la seconda posizione
del ducatista Iannone («Il
passo successivo sarebbe trovare un podio, direi che me lo
merito») è invece la prima
volta che nessuna Honda parte davanti. Nel caso di Marquez, addirittura, si tratta di
un avvenimento storico perché era dal 15 giugno 2013 a
Barcellona (sesto) che non
partiva nei primi tre. Di lì in
poi — per 24 gare (e 19 pole)
— MM aveva beneficiato con
merito di un vitalizio in prima fila da parlamentare ita-
Così al via
MotoGp
1. Lorenzo (Spa) Yamaha
in 1’33’’238
2. Iannone (Ita) Ducati a 0’’051
3. Rossi (Ita) Yamaha
a 0’’064
4. Marquez (Spa) Honda a 0’’122
5. Pedrosa (Spa) Honda a 0’’180
6. Dovizioso (Ita) Ducati a 0’’201
Mondiale piloti
1. Marquez (Spa)
288
2. Pedrosa (Spa)
199
3. Rossi (Ita)
189
Moto2
1. Kallio (Fin) Kalex in 1’38’’043
2. Rabat (Spa) Kalex
a 0’’067
Moto3
1. Miller (Aus) Ktm in 1’42’’974
2. Ajo (Fin) Husqvarna a 0’’004
I Gran premi di oggi
ore 11: Moto3
ore 12.20: Moto2
ore 14: MotoGp
Così in tv
diretta SkySportMotoGp, Cielo
liano. Sembrava dovesse essere eterno. Invece ieri è scaduto per cause miste: mancanza di grip e difficoltà nel
praticare le consuete acrobazie. La cosa, in sé, non autorizza a dare il gatto per sconfitto «perché lui — scherza
Rossi — è un noto bastardo».
Intanto però MM dovrà faticare un po’ più del solito, anche se la sua idea (ma chissà
se ci crede davvero) è di non
rischiare tutto come sempre:
«L’impossibile lo farò ad Aragon dove voglio conquistare
il titolo».
Sotto il sole ritrovato, spinto dal solito delirio dei tifosi
in adorazione e con in testa il
casco speciale (scritta «Misano ci dà una mano», tante
mani colorate, le labbra a
cuoricino della fidanzata Linda e di mamma Stefania, le
impronte dei cani Cesare e
Cecilia e del gatto Rossano), a
Rossi ora manca la più importante delle prime volte: il
primo successo del 2014. Lui
ci pensa, ma preferisce non
dirlo: «Voglio divertirmi e
combattere. Io sto bene, poi
però si sa che i valori in MotoGp cambiano ogni giorno…».
Vero, ma non stupitevi se oggi rimarranno gli stessi: gli
occhi di Valentino, ieri, brillavano.
Alessandro Pasini
La Formula E parte col botto: paura per Heidfeld
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
225
km all’ora
la velocità
di Heidfeld
e Prost jr al
momento
dello
scontro nel
giro finale
della Virgin Racing (4° ma promosso grazie alla retrocessione
del tedesco Daniel Abt).
Una gara vera, cattiva, dunque. Proprio come speravano
Jean Todt e Alejandro Agag, i paladini della nuova formula verde,
pensata per appassionare il pubblico giovane ai motori elettrici e
per spingere lo sviluppo della
tecnologia che inquina meno dei
motori tradizionali. Hanno par-
tecipato dieci scuderie, con
sponsor importanti, star come
sir Richard Branson e Leonardo
DiCaprio. Motori uguali per tutti
(Renault) e telai costruiti dalla
Dallara che hanno dimostrato la
loro sicurezza nell’incidente di
Heidfeld.
I colori italiani in questa prima stagione sono difesi dal team
Trulli. Jarno oltre a essere il proprietario della scuderia corre e
Giorni fallimentari
Ieri nuova sconfitta con l’Argentina
«Ma 12 giorni fallimentari
non ne cancellano 350 di successi»
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pechino Nella prima gara per monoposto ecologiche incidente tra Prost jr e il tedesco all’ultimo giro. Vince Di Grassi
PECHINO — È cominciato
con il fruscio suggestivo dei motori elettrici; è finito con un botto
pauroso all’ultimo giro il gran
premio d’esordio della Formula
E, il nuovo campionato del mondo per monoposto ecologiche.
Sul circuito cittadino di Pechino,
intorno al Nido d’Uccello, lo stadio dell’Olimpiade, ha vinto a
sorpresa il brasiliano Lucas Di
Grassi: perché poco prima dell’ultima curva, dopo aver dominato la gara, il francese Nicolas
Prost si è toccato a quasi 225 all’ora con Nick Heidfeld che cercava un sorpasso da brivido. La
vettura del tedesco è decollata, è
andata a sbattere sulle protezioni
della pista e si è schiantata a terra
rovesciata. Attimi di terrore, poi
Heidfeld è riuscito a strisciare
fuori e si è rialzato. Allontanandosi a piedi ha scambiato qualche parola e sguardo non proprio
amichevoli con Prost. E Prost figlio non ha esitato a parlare di
«tentativo suicida» da parte di
Nick e di «vittoria rubata».
Quindi, 1° Di Grassi su Audi
Sport ABT, 2° il francese Franck
Montagny su Andretti Autosport, 3° il britannico Sam Bird
La situazione dell’Italia del volley, che oggi
conclude contro l’Australia un Mondiale
deludentissimo (ieri un’altra sconfitta, 3-1
con l’Argentina di Velasco), è un po’ come la
vicenda dell’Apollo 13, la missione spaziale
rovinata da un grave guasto: si tratta di
trasformare un fiasco conclamato in un
insuccesso di valore. Nel caso degli astronauti
Usa fu il fatto di aver salvato la pelle; in quello
dei pallavolisti sta nel costruire qualcosa di
positivo sulle ceneri di una spedizione
pessima. «Houston, we’ve had a problem»:
pare di sentirlo, Mauro Berruto, pronunciare
la frase di James Lovell.
Berruto, adesso che cosa succede?
«Succede che partirà un’analisi/riflessione
molto profonda con chi due anni fa mi affidò
un incarico, rinnovandolo poi con un piano
calibrato sui Giochi di Rio».
Hanno cominciato a sparare sul pianista,
cioè lei.
«Mi assumo la responsabilità di quanto è
accaduto. Ma non parteciperò al giochino di
dare la caccia al colpevole e di puntare il dito
contro questo o contro quello. Il mio dito è
puntato solo verso uno specchio, davanti al
quale c’è esclusivamente il sottoscritto».
Ma lei sa quel che occorre per il rilancio?
«Sì, ho le idee chiare. Serviranno dei
cambiamenti, ma siamo meno brutti di quello
che è apparso: dodici giorni fallimentari non
ne cancellano 350 di lavoro e di successi».
Appunto: perché un flop dopo sei medaglie
consecutive?
«Perché questo gruppo, giovane e costruito
ha dato una chance alla giovane
Michela Cerruti, 27 anni, più che
una promessa. La scuderia si è
formata solo tre mesi fa, rilevando il progetto del vulcanico lord
Paul Drayson, un famoso politico
laburista con la passione matta
per la velocità. Trulli ha trovato
un appoggio economico importante con il partner cinese Jihua,
potenza nel campo dell’abbigliamento professionale, sportivo e
Volo A fianco in una immagine tv l’auto
di Heidfeld rovesciata sulla pista dopo il
cozzo contro quella di Prost, che sta sopraggiungendo. Sopra i due piloti discutono dopo l’incidente (Reuters)
tecnologico, con molte idee anche per il mercato italiano. In
tutti i test la Trulli era stata molto
competitiva, ma ieri è incappata
in una giornata maledetta. Sia
Jarno sia Michela hanno rotto il
cambio in prova e sono dovuti
partire dalle ultime due file.
«Prima di salire in macchina uno
della Tesla mi ha fatto gli auguri,
ma dimmi tu...», abbiamo sentito sospirare il campione abruzzese mentre guardava i meccanici
impotenti davanti
al suo povero motore. Qualche polemica anche nei
confronti della
Renault, perché i
cambi rotti ieri a
Pechino sono stati
otto: troppi.
Il Mondiale
Formula E prosegue il 22 novembre in Malesia, poi
tappe tutte cittadine da Buenos
Aires a Berlino e
gran finale a Londra. Il sibilo
elettrico diventerà familiare.
Guido Santevecchi
@guidosant
© RIPRODUZIONE RISERVATA
anche su ragazzi pescati in A2, era meno
avanti del previsto. Quattro delle sei medaglie
sono state vinte dopo Londra e al via del
piano di rinnovamento: probabilmente il
frutto non è ancora maturo».
Questo risultato è anche figlio delle
difficoltà dei club e di un campionato che
non ha più i mezzi degli anni d’oro?
«Io mi occupo solo di chi può essere
convocato in Nazionale».
Zaytsev è un campione. Ma a volte è anche
un problema?
«Ivan è il primo a sapere che non basta una
straordinaria individualità a rendere forte un
gruppo. La squadra cresce grazie al contributo
che ciascuno si sente di dare a una causa: può
anche basarsi, semplicemente, sull’essere
titolare per 20 partite di fila».
Travica ha perso smalto in regia?
«Non era al meglio della forma. Ma dato che il
nostro è uno sport che perdona poco sul
piano mentale, le difficoltà aumentate di
giorno in giorno hanno caricato lui e la
squadra di uno zaino sempre più pesante».
E Berruto ha ruotato poco una rosa non
contata...
«Ho fatto la cresima e sono da anni nello
sport. Sono consapevole che qualsiasi cosa
adesso dica, non andrà bene».
Sul famoso progetto chiederà il voto di
fiducia?
«Non pongo alcuna condizione. Mi basta
avere il confronto produttivo che ho sempre
avuto nel passato. Io ho varato un percorso,
ma guai se non si è pronti a correggerlo».
Flavio Vanetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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a cura di RCS MediaGroup Pubblicità
graficocreativo
MEDICINA RIGENERATIVA E RICOSTRUTTIVA
Ricerca medica e innovazione tecnologica sviluppano nuovi trattamenti per la cura delle ferite
Lesioni e ferite: nuove tecnologie
per una guarigione più rapida
L’impegno di un’azienda medicale leader nel fornire soluzioni avanzate ai pazienti di tutto il mondo
A
elity è il nuovo brand
che unisce tre Società leader nella cura
delle ferite e nella
medicina rigenerativa, che
offre un portfolio di soluzioni volte a migliorare i risultati legati alla guarigione dei pazienti e a ridurre
in modo sostanziale i costi a
carico del sistema sanitario.
Il progressivo invecchiamento
demografico rappresenta una
delle sfide più significative
per i Paesi industrializzati,
e questo investe molte aree
della medicina, inclusa quella della gestione delle lesioni
acute e croniche.
Presentata al mercato a inizio
settembre e con un fatturato complessivo superiore ai
2 miliardi di dollari, Acelity
nasce dall’unione delle forze e
della expertise di KCI, LifeCell
e Systagenix.
Alla guida dei mercati internazionali (Europa, Australia,
Nuova Zelanda e Singapore)
una manager italiana, Laura
Piccinini, forte di un solido
background in diverse multinazionali del settore medicale.
“Sono molto orgogliosa di
annunciare la nascita di Acelity – dichiara Piccinini. - La
sinergia fra tre aziende leader
nella tecnologia medica rappresenta un’opportunità unica per i nostri clinici, i nostri
impiegati e i nostri pazienti.
dall’esterno. Queste terapie
rimuovono i fluidi in eccesso e mantengono l’ambiente
perfettamente isolato, stimolando l’organismo e favorendo
inoltre la chiusura dei lembi
della ferita.
Per quanto riguarda le lesioni
croniche, Acelity ha recentemente introdotto un nuovo
dispositivo che prevede un
prelievo autologo (cioè dal
proprio organismo) di cellule
cutanee, che vengono trasferite nella parte anatomica che
fatica a guarire. Una tecnologia che combina ridotta invasività e facilità d’uso, offrendo un’alternativa agli innesti
cutanei, spesso complessi e
dolorosi.
Questo sistema sta ottenendo
risultati estremamente entusiasmanti.
“La mission di Acelity – aggiunge Laura Piccinini – “è
cambiare insieme la pratica
medica con soluzioni che
velocizzano la guarigione,
riducono le complicanze e
generano valore economico,
migliorando la vita dei nostri
pazienti.”
“Acelity è fortemente
orientata
all’innovazione,
con l’impegno
di innalzare gli
standard di cura
nella gestione
delle ferite e
delle incisioni
chirurgiche”
Laura Piccinini
Acelity è fortemente orientata all’innovazione, con l’impegno di innalzare gli standard di cura nella gestione
delle ferite e delle incisioni
chirurgiche. Inoltre, non dimentichiamo la congiuntura
che stiamo vivendo, in parti-
colare in Italia: ecco perché
è nostro obiettivo lavorare in
ambito sanitario per offrire
un vantaggio anche a livello
economico”.
Il trattamento dei pazienti
sottoposti ad interventi chirurgici può essere infatti mol-
to complesso, sotto il profilo
sia clinico sia assistenziale,
con ripercussioni sul piano
economico e sociale.
L’introduzione e l’evoluzione
di protocolli terapeutici basati sull’utilizzo della pressione
negativa hanno condotto a
nuovi scenari di trattamento, con benefici sia clinici
sia economici.
È evidente l’importanza di
proteggere e gestire attivamente l’incisione chirurgica
nella fase post-intervento,
prevenendo contaminazioni
“
Le tecnologie sviluppate da Acelity nell’ambito della cura delle ferite
aprono nuovi orizzonti terapeutici: il sistema di trattamento delle incisioni
chirurgiche Prevena fornisce un supporto attivo nella gestione delle ferite,
tenendo le infezioni sotto controllo e stimolando i processi rigenerativi
del tessuto circostante, mentre CelluTome rappresenta un approccio
rivoluzionario nell’ambito della chirurgia plastica e ricostruttiva.
“
Professor Roy De Vita, primario Divisione Chirurgia Plastica Ricostruttiva
presso l’Istituto dei Tumori di Roma “Regina Elena”
PRESSIONE NEGATIVA E INNESTO EPIDERMICO AUTOLOGO
Metodologie innovative semplici da usare
non invasive e non dolorose
CELLUTOMETM: UN PROCESSO SEMPLICE, UNA PROCEDURA VELOCE
La protezione attiva
delle ferite con il sistema
di pressione negativa
ha lo scopo di accelerare
i tempi di guarigione
delle incisioni
chirurgiche.
Il sistema di innesto
epidermico autologo
rappresenta
un’innovazione
rivoluzionaria per
la guarigione delle lesioni
croniche complesse.
Un Summit
internazionale
a novembre,
a Roma
“U
n esempio del nostro impegno
ad essere partner di valore
per i professionisti in ambito
sanitario - spiega Laura Piccinini - è
rappresentato da un summit internazionale
che terremo a Roma dal 6 all’8 novembre.
L’evento scientifico, “Make Better Summit”
sarà un’occasione unica di incontro
e d i c o n f ro nt o t ra p ro f e s s i o n i s t i i n
ambito sanitario. Vi sarà la possibilità di
condividere esperienze cliniche, analizzare
la congiuntura economica e sociale che
sta investendo l’Europa e valutare come
sta evolvendo il profilo degli operatori in
sanità, inclusi amministratori, farmacisti
e direzioni sanitarie. Avremo interventi di
alto profilo da parte di leader riconosciuti
in ambito internazionale, e più di 400
p a r t e c i p a nt i p rove n i e nt i d a t u t t o i l
mondo, che potranno avere la possibilità
di accrescere le proprie conoscenze e di
lavorare insieme per migliorare gli standard
di cura esistenti”
Meno di 1 ora
Prelievo di tessuto epidermico
Il sistema di prelievo viene
posizionato sul sito donatore ed una
combinazione di leggero calore e
di pressione negativa consentono
il sollevamento delle microcalotte
epidermiche.
Acquisizione dell’innesto
Le microcalotte sono raccolte
e poi fissate su medicazione
Processo automatico uniforme
La procedura di prelievo è precisa e riproducibile, solleva
microcalotte uniformi.
Procedura di prelievo
Il sistema CelluTome™ raccoglie in modo efficace l’epidermide
dal sito donatore fino allo strato basale, includendo i
cheratinociti basali.
Make Better - A Summit for Healthcare
Innovators”, Roma 6/8 novembre 2014
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
49
italia: 51575551575557
CorriereSalute
LE PAGINE DEL VIVERE BENE
www.corriere.it/salute
Medicina
Diritto
Medicina
Alimentazione
Medicina
Le possibili cause
del dolore
al ginocchio
Le detrazioni
per le donazioni
alla ricerca
Da un tumore
si può «guarire»
Ora è ufficiale
Come e quando
mangiare frutta
per dimagrire
Anoressia
giovanile
e osteoporosi
a pagina 53
EDUCAZIONE
CIVICA APPLICATA
di LUIGI RIPAMONTI
R
isparmiare in modo intelligente e relativamente
facile sulla spesa farmaceutica è possibile.
Lo si evince chiaramente dal servizio alle pagine
che seguono. Un insieme di misure ispirate
dal buon senso e dalla buona volontà dimostrano
di essere in grado, da sole, di sgravare di centinaia
di milioni di euro il peso dell’assistenza sanitaria alla voce
«medicine». E lo straordinario è che non c’è quasi niente
di straordinario in queste iniziative, bensì solo
l’applicazione non ottusa di criteri e di gesti che potrebbero
essere ascritti alla voce «educazione civica applicata»,
e che coinvolgono tutta la filiera dell’utenza farmaceutica:
dal prescrittore (il medico) attraverso l’erogatore
(il farmacista) fino all’utente finale (il malato).
L’impegno a «fare le cose bene» a questi tre livelli dimostra
di poter fare una differenza significativa. E gli esempi
che vengono portati, se applicati su scala generale,
produrrebbero effetti
davvero sensibili in termini
di spending review,
contribuendo a
scongiurare, o perlomeno
ridurre, il rischio
I tagli alla Sanità
dei famigerati e temuti
si evitano anche
«tagli lineari».
Il rovescio della medaglia
con risparmi
è la triste constatazione
che richiedono
che quando affidati alla
solo buon senso
responsabilità dei singoli
appropriatezza nella
prescrizione, adesione
corretta alla terapia eccetera, sembrano inesorabilmente
destinate in molti casi a rimanere lettera morta.
A farlo pensare sono gli sconfortanti dati relativi ad alcune
regioni, che «gridano vendetta» non solo in termini di una
buona gestione economica, ma anche di salute pubblica:
basti come esempio quello dell’incremento (ancora!)
dell’uso inappropriato di antibiotici, che porta con sé
non solo un aggravio in bilancio, ma anche un incremento
del fenomeno della resistenza batterica, che, a sua volta,
comporta il ricorso ad antibiotici più potenti e più costosi,
in una spirale viziosa. Un’osservazione, insieme ad altre
su singoli sprechi locali, che dà pericolosi argomenti
a chi si oppone alla revisione almeno di alcuni aspetti
del federalismo sanitario, ostacolando così gli sforzi
di correggerlo per porre fine a ingiuste sperequazioni
nell’accesso alle cure in base al diverso luogo
di residenza nella stessa Nazione.
❜❜
a pagina 57
a pagina 52
a pagina 55
Non
sprechiamo
i farmaci
Indagini mostrano che usiamo
le medicine con leggerezza,
commettendo molti errori.
Che paghiamo.
Per recuperare milioni di euro
ogni anno, da reinvestire in altre
forme di assistenza, basterebbe
che i medici prescrivessero
in modo più accurato
e che i pazienti si impegnassero
a rispettare con scrupolo
le loro indicazioni
di M. GIOVANNA FAIELLA
alle pagine 50-51
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il numero
Giornata mondiale Alzheimer
Obiettivo riduzione del rischio
Nel mondo ogni 68 secondi una persona si ammala di Alzheimer. Nel 2013
le persone affette da demenza erano 44
milioni, con una previsione di raggiungere i 76 milioni nel 2030 e i 135 milioni
nel 2050. In Italia si stima che la demenza colpisca circa un milione di persone, e che di queste circa 600 mila soffrano della malattia di Alzheimer. Per questo,
il tema della XXI
È la stima del numero
Giornata Mondi persone colpite
diale Alzheimer,
da demenza in Italia.
che sarà celebraDi queste, circa 600 mila
ta il 21 settemsoffrirebbero di Alzheimer.
bre prossimo, è
Nel mondo, i malati
«Demenza: è
di demenza sono
possibile ridurre
circa 44 milioni
il rischio?».
( )
1 milione
Per riflettere su questo tema, conoscere e capire la malattia di Alzheimer
e che cosa significa affrontare e gestire
la vita a fianco di una persona malata,
la Federazione Alzheimer Italia, in collaborazione con ASP Golgi-Redaelli,
Fondazione Golgi Cenci e Unamsi
(Unione Nazionale Medico Scientifica
di Informazione) organizza sabato 20
settembre, dalle ore 9 alle ore 17, a Milano (Palazzo Marino, piazza della
Scala 2), il convegno scientifico in
chiave divulgativa dal titolo «Capire e
rispondere ai comportamenti del malato di Alzheimer».
PER SAPERNE DI PIÙ
Federazione Alzheimer Italia
www.alzheimer.it
a pagina 59
50 Salute
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Per saperne di più
Rapporto OsMed 2013 «L’uso
dei farmaci in Italia» (luglio 2014)
www.agenziafarmaco.gov.it
dossier diritto
di MARIA GIOVANNA FAIELLA
Stop agli sprechi I medici devono prescrivere in modo accurato. I pazienti devono rispettare le loro indicazioni
Milioni di euro da recuperare
usando al meglio i farmaci
Che troppo spesso «buttiamo via»
F
armaci di cui si fa uso
eccessivo, o al contrario
lasciati inutilizzati nell’armadietto anche se il
dottore li ha prescritti;
medicine non assunte nel modo giusto perché possano dare
benefici — abusandone, o viceversa, in dosi insufficienti — o,
ancora, terapie interrotte non
appena si sta un po’ meglio, anche se la malattia è cronica e va
tenuta sotto controllo. Tutti errori che si pagano, non solo in
termini di salute, ma anche in
termini di soldi “buttati via”, in
un modo o nell’altro.
In Europa i costi della non
aderenza alle terapie farmacologiche, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, si aggirano intorno ai
125 miliardi di euro l’anno. E se
le condizioni di salute peggio-
rano, bisogna fare ricorso nel
migliore dei casi ad altre medicine, ma aumentano anche gli
accessi al pronto soccorso, i ricoveri, le morti premature.
Ma questa è solo una delle
due facce della «appropriatezza
delle cure farmacologiche»:
l’altra è la prescrizione adeguata, ed è compito dei medici. Nel
suoi due aspetti l’appropriatezza delle cure è, specie in un periodo di scarse risorse e in cui
aumentano popolazione anziana e malattie croniche, una sfida per tutti i Servizi sanitari,
compreso il nostro.
Ma quali farmaci “sprechiamo”? Ce lo dice il “Rapporto
OsMed 2013”, elaborato dall’Osservatorio nazionale sull’impiego dei Medicinali, istituito presso l’Aifa-Agenzia italiana del farmaco. Il Rapporto, per
esempio, segnala ancora una
volta l’annosa questione degli
antibiotici: l’anno scorso il loro
consumo è cresciuto del 3,5%
rispetto al 2012. Se ne assumono di più, indicano i dati
OsMed, in Campania, Puglia,
Calabria e Sicilia. L’impiego non
appropriato di antibiotici supera il 20% in tutte le condizioni
cliniche, ma si arriva al 49,3%
per la laringotracheite e al
36,3% per la cistite non complicata. E a poco sono serviti finora
i moniti degli esperti, che ripetono, come fa una volta di più il
direttore dell’Aifa, Luca Pani:
«L’uso inappropriato degli antibiotici non rappresenta solo un
problema di costi a carico del
Servizio sanitario, ma soprattutto un problema di salute
pubblica, poiché favorisce l’insorgenza di resistenze batteri-
che con una progressiva perdita
di efficacia di questi farmaci».
Dall’analisi dei dati delle
Aziende sanitarie locali, poi,
emergono bassi livelli di aderenza alle prescrizioni principalmente per i medicinali utilizzati nei disturbi ostruttivi
delle vie respiratorie, per gli antidepressivi e i farmaci per la
prevenzione del rischio cardiovascolare. In quest’ultimo caso,
secondo il Rapporto OsMed,
pur essendo circa 16 milioni gli
italiani che soffrono di ipertensione (uno dei più importanti
fattori di rischio per malattie
cardiovascolari, ictus e insufficienza renale), ad assumere antipertensivi sono in meno di 8
milioni, sebbene abbiano ricevuto la diagnosi e quindi la prescrizione.
A causare una minore aderenza alle terapie ci si mettono
anche, stando almeno ad alcuni
studi, i costi dei ticket. «L’aumento dei ticket sui medicinali
in fascia A (a carico del Servizio
sanitario), soprattutto in alcune
Regioni con piani di rientro, è
un “ostacolo” nell’accesso alle
cure segnalato sempre più dai
cittadini — sottolinea Tonino
Aceti, coordinatore nazionale
del Tribunale per i diritti del
malato-Cittadinanzattiva, che
ha promosso la campagna “I
due volti della sanità: sprechi e
buone pratiche” — . Per esempio, il Rapporto OsMed rileva i
bassi livelli di aderenza ai farmaci di chi soffre di bpco, la
broncopneumopatia cronica
ostruttiva. Perché? Forse perché, pur essendo una malattia
cronica, non è ancora riconosciuta come tale dalla nostra Sanità, per cui il malato non ha diritto all’esenzione e deve pagare
i ticket, per molti troppo onerosi. E così si rinuncia ai farmaci
prescritti».
C’è poi, come si è detto, il fattore “inappropriatezza delle
prescrizioni”. Per esempio, in
base agli indicatori di appropriatezza utilizzati nel Rapporto, per il 46,5% dei pazienti che
assumono inibitori di pompa
per il trattamento dell’ulcera e
dell’esofagite (a carico del Servizio sanitario) non ci sono i requisiti di rimborsabilità fissati
dalle note Aifa, ovvero si tratta
di «consumi altamente inappropriati». La stessa Associazione italiana gastroenterologi
ed endoscopisti ospedalieri (Aigo) pensa che siano troppi, per
citare un caso, i 20 milioni di
euro spesi in un anno nel solo
Lazio per farmaci contro il bruciore di stomaco e il reflusso gastrico. «Spesso si prescrivono
gli “inibitori di pompa” come
“copertura” quando il paziente
deve assumere antinfiammatori o antibiotici: lo fanno anche
otorini, dentisti, ortopedici —
dice il presidente di Aigo, Anto-
per esempio per il glaucoma,
l’artrosi e la bronchite, spetta
poi al medico di famiglia fare la
sintesi, perché conosce le condizioni cliniche generali del paziente e può verificare anche se i
farmaci interagiscono tra loro».
Strumenti per assicurare
l’appropriatezza d’impiego dei
farmaci, ma anche per contenere la spesa farmaceutica, già esistono: dalle “Note Aifa”, al “Documento programmatico per la
valutazione dell’uso dei farmaci
nelle cure primarie” predisposto dall’Agenzia insieme ai medici di famiglia; dai registri di
monitoraggio, ai piani terapeutici. Alcune Regioni hanno redatto anche proprie linee d’indirizzo per l’uso di specifici farmaci, altre hanno avviato report
mensili della spesa farmaceutica. «Le linee guida vanno applicate — ricorda Corti —. In alcune Regioni, nell’ambito della
Errori ripetuti
L’utilizzo
inappropriato
di antibiotici
supera il 20%
in tutte le malattie
Regole disattese
Spesso si seguono
trattamenti
al di fuori delle
limitazioni fissate
dalle «note Aifa»
nio Balzano — . In molti casi
potrebbe bastare un semplice
sciroppo. Per migliorare l’appropriatezza delle prescrizioni
abbiamo avviato uno specifico
studio, prendendo come riferimento proprio il caso del Lazio».
E i medici di famiglia? «Tutto
sta nel rapporto di fiducia tra il
medico - che non è un semplice
“prescrittore” - e l’assistito —
sottolinea Fiorenzo Corti della
Federazione italiana medici di
medicina generale — . Se ogni
specialista prescrive farmaci,
“medicina di iniziativa”, i medici di famiglia in collaborazione
con le Asl hanno attivato meccanismi di controllo sull’appropriatezza delle terapie, coinvolgendo i pazienti. Ma servono
interventi più strutturati anche
in altre realtà del Paese».
Nel consumo e nella spesa
per farmaci pesano anche le differenze tra Regioni, che «non
sempre sono spiegabili alla luce
delle evidenze epidemiologiche» segnala il Rapporto
OsMed. «A spendere meno in
assistenza farmaceutica territo-
riale sono proprio le Regioni
che garantiscono anche gli altri
livelli essenziali di assistenza —
commenta Giovanni Bissoni,
presidente uscente di Agenas
—. Ridurre le inefficienze in
quelle meno “virtuose”, quindi,
non significa tagliare la spesa
sanitaria, ma ridistribuire i risparmi in altri servizi per i cittadini, come indica anche il nuovo Patto per la Salute 20142016, approvato in Conferenza
Stato-Regioni nel luglio scorso».
«Gli sprechi — incalza Aceti
— andrebbero individuati anche nella burocrazia, in inutili
doppioni di centri decisionali,
come le Commissioni territoriali per i prontuari farmaceutici».
Ci sono poi sprechi più “banali”, dai quali si può recuperare non poco. Secondo le stime
di Assosalute, Associazione nazionale dei produttori dei farmaci di automedicazione, ogni
anno si distruggono circa 12
milioni di confezioni di farmaci
da banco, per un valore di circa
30 milioni di euro. Le cause? Diverse, e riguardano anche gli altri medicinali. «Per esempio, —
spiega il presidente Gaetano
Colabucci — si riscontra un difetto del packaging, per cui le
scatole non vengono messe in
commercio; altri farmaci sono
ritirati dal mercato perché
prossimi alla scadenza. Ma soprattutto, fino a pochi mesi fa,
migliaia di confezioni integre
venivano ritirate per aggiornare
i foglietti illustrativi». Solo nel
2013 sono state circa 5 mila le
variazioni dei “bugiardini”. Da
giugno, però, la specifica delle
modifiche approvate viene consegnata in farmacia al momento dell’acquisto del medicinale.
Fino all’esaurimento delle scorte delle “vecchie” confezioni.
Che così non finiscono buttate
vie.
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Strategie Le Regioni incentivano l’impiego di prodotti a brevetto scaduto
Anche la scelta degli equivalenti
può farci risparmiare
S
ono in aumento i consumi dei farmaci a brevetto scaduto, sia dei cosiddetti originator, sia degli equivalenti (a base
degli stessi principi attivi), anche se per questi ultimi siamo
lontani dalla diffusione che hanno in altri Paesi europei.
Da alcuni anni esistono le liste
di trasparenza dell’Aifa, con i
prezzi di riferimento per tutti i
farmaci a brevetto scaduto: chi
sceglie un medicinale con prezzo
uguale o inferiore alla soglia di
rimborsabilità garantita dal Servizio sanitario, non paga nulla;
chi, invece, preferisce un altro
prodotto più costoso deve pagare la differenza. «I prezzi degli
originator a brevetto scaduto sono ormai bassi, a volte superiori
solo di pochi centesimi rispetto
agli equivalenti — fa notare Federico Spandonaro, professore
aggregato di economia dell’Università di Tor Vergata a Roma —.
E comunque, in termini di risparmio per il Servizio sanitario
non cambia nulla, perché la differenza è a carico del cittadino».
Solo nel 2013, gli italiani hanno
speso 861 milioni di euro per pagare la differenza tra un ex griffato a brevetto scaduto e un generico “puro”, secondo i dati di Assogenerici, l’associazione che raggruppa i produttori di farmaci
equivalenti e biosimilari (simili
ai biotecnologici in commercio
di cui è scaduto il brevetto, ndr).
Molte Regioni hanno scelto di
incentivare l’uso degli originator
a brevetto scaduto e degli equivalenti per contenere la spesa di
farmaci di fascia A. «Se tutte raggiungessero i risultati delle Regioni più virtuose –— dice il presidente di Assogenerici, Enrique
Häusermann — i risparmi sarebbero di 767 milioni di euro l’anno per 18 categorie terapeutiche,
come segnala il documento dell’Aifa “Indicatori di programmazione e controllo dell’assistenza
farmaceutica convenzionata”».
Quanto ai biosimilari, il loro
impiego è limitato rispetto ad altri Paesi europei, ma sta crescendo. Per esempio, segnala il Rap-
porto OsMed, i pazienti avviati al
trattamento con epoetina alfa
biosimilare nel 2013 sono stati il
41%. Inoltre, per i soli biosimilari
a base di epoetina, il miglioramento degli indicatori di appropriatezza ha fatto risparmiare al
Servizio sanitario circa 8 milioni
di euro.
Nel 2015 ne scadranno i brevetti di altri medicinali molto
utilizzati per diverse malattie.
Sulle modalità di prescrizione
dei biosimilari, però, secondo il
recente rapporto sul “Federalismo in sanità” di Cittadinanzattiva, co sono difformità di interventi e interpretazioni da Regione a Regione.
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Salute 51
italia: 51575551575557
Massimi e minimi dei consumi
La mappa della spesa
Sulla base del Rapporto annuo dell’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei medicinali (OsMed), ecco, per 5 classi di farmaci, le 3 regioni con i consumi annui
di medicine più alti e viceversa le 3 con quelli più bassi, rispetto alla media nazionale. I consumi sono espressi in dosi prescritte ogni mille abitanti (dati 2013)
Dati in milioni di euro
Maggior numero di prescrizioni (dosi\mille abitanti)
Media nazionale in dosi\mille abitanti
FARMACI
PER IPERTENSIONE
E SCOMPENSO CARDIACO
ANTIACIDI
E ANTIULCERA
372,78
Media nazionale
Media nazionale
ANTIAGGREGANTI
E ANTICOAGULANTI
84,8
Media nazionale
IPOLIPEMIZZANTI
Lombardia
ANTIDIABETICI
4.019
(Per ridurre colesterolo
e trigliceridi)
89
Media nazionale
76,9
Media nazionale
62,6
P.A. Trento P.A. Bolzano Friuli V.G
188
Minor numero di prescrizioni (dosi\mille abitanti)
Veneto
1.935
Emilia R.
1.866
Liguria
790
Sicilia
461
Emilia-Romagna
121
Calabria
405,8
Lazio
111,7
Lazio
102,9
389,3
P.A. di Bolzano
302,8
P.A. di Trento
332,9
Valle d’Aosta
337,2
P.A. Bolzano
41,5
Toscana
65,5
Lombardia
65,9
Emilia-Romagna
109,9
Toscana
103,2
Umbria
100,2
Sardegna
Campania
Valle d’Aosta
55,9
P.A. di Bolzano
57,1
Molise
62,9
71,9
P.A. di Bolzano
77,8
Lombardia
78,8
94,5
Sicilia
81,4
Calabria
86,3
Lazio
79,1
Campania
84,7
61,7
P.A. Bolzano
42,5
Marche
49,3
P.A. di Trento
50
692
391
Abruzzo
Molise
125 583
Lazio
2.661
778
Puglia
1.847
Campania
2.447
ITALIA
26,1
miliardi di euro
Marche
Umbria
Regione
per regione,
Toscana
a quanti milioni
di euro ammonta
la spesa annuale
totale (del Servizio
Sardegna
sanitario
e dei cittadini)
per l’acquisto
di farmaci
1.732
Sicilia
527
52
Piemonte
1.923
Umbria
188
Valle
d’Aosta
Calabria Basilicata
Sicilia
2.213
234
866
Fonte: Rapporto OsMed, dati 2013
D’ARCO
Uso consapevole Ogni anno montagne di confezioni inutilizzate e ancora efficaci finiscono nella spazzatura
Perché non siamo «aderenti» alle terapie
C’è chi riduce le dosi, chi sospende la cura. Ma anche chi non ce la fa a pagare il ticket
A
iutare i pazienti ad
assumere correttamente il farmaco
p r e s c r i t to , n e i
tempi e nei modi
indicati dal medico. È l’obiettivo del primo studio pilota
avviato in Italia nell’ambito
della Medicine Use Review
(MUR), promosso da Federazione degli ordini dei farmacisti (Fofi) e dalla Medway
school of pharmacy dell’Università del Kent, in collaborazione con i medici di famiglia
e le Asl in 15 Regioni. Il progetto si focalizza sull’asma, il
cui trattamento si basa su farmaci per via inalatoria che richiedono l’impiego non semplice di dispositivi. Studi
scientifici hanno dimostrato
che, con la revisione dell’uso
dei medicinali grazie al supporto del farmacista, dopo
soli sei mesi il numero dei pazienti in grado di usare correttamente i dispositivi è passato dal 24 al 93% e sono migliorate le loro condizioni di
salute. «Il primo spreco che il
farmacista può contribuire a
eliminare è proprio la mancata aderenza alla terapia —
spiega il presidente di Fofi,
Andrea Mandelli — . Favorire
il suo successo significa anche ridurre costi economici,
sociali, per l’aggravamento
della malattia e i ricoveri».
Nella prima fase della ricer-
ca, è emerso che su 900 pazienti circa la metà non aderiva alla terapia: dimenticavano
di assumere il farmaco , o modificavano arbitrariamente il
dosaggio prescritto. Oltre a
spiegare al paziente come assumere il medicinale, i farmacisti hanno inviato circa mille
segnalazioni ai medici di famiglia.
«Laddove la distribuzione
mano le confezioni di cui il
paziente necessita, evitando
prechi di medicinali inutilizzati se il farmaco viene cambiato».
Si stima che ogni anno svariati milioni di medicinali ancora non scaduti finiscano
nella spazzatura. Da uno studio è emerso che in una città
con una popolazione di 300
mila abitanti vengono smalti-
Poco scrupolosi
Secondo uno studio
su 900 asmatici
oltre la metà
«disobbedisce»
al dottore
Scarsa attenzione
Bisognerebbe
considerare anche
le spese per lo
smaltimento delle
medicine scartate
dei farmaci previsti dai piani
terapeutici avviene nella farmacia sotto casa, piuttosto
che in quella dell’Asl o dell’ospedale, — sottolinea Annarosa Racca, presidente di
Federfarma — non solo si
evitano disagi a pazienti a
volte non autosufficienti, con
più patologie e diversi piani
terapeutici da seguire, ma si
ottengono anche risparmi.
L’accesso del farmacista al
piano terapeutico, tramite la
piattaforma informatica, infatti, permette di erogare man
ti sotto forma di rifiuti circa
320 mila chili di medicinali in
un anno: più di un chilo per
cittadino. Considerando che
per lo smaltimento si spende
mediamente 1,5 euro al chilo,
si tratta di circa 480 mila euro
all’anno. «Se si presume che
ogni cittadino butti in media
circa un chilo di farmaci non
utilizzati l’anno — fa notare
Marco Malinverno, direttore
del Banco farmaceutico — si
arriva a 60 milioni di chili di
rifiuti, con un costo per il solo
smaltimento intorno ai 90
milioni di euro. Un enorme
spreco di farmaci che potrebbero essere donati a persone
non in grado di acquistarli o
di pagare i ticket».
A Roma, grazie a un’iniziativa pilota che si sta estendendo in altre città, promossa
dalla Fondazione Banco Farmaceutico onlus in collaborazione con i farmacisti, in sole
43 farmacie sono state recuperate in un anno 27 mila
confezioni di medicinali non
scaduti, integre e correttamente conservate, donate poi
a chi ne aveva bisogno. Valore
delle confezioni: 300 mila euro. «Se solo si estendesse il
progetto a tutte le 800 farmacie della Capitale — dice Malinverno — in un anno si potrebbero reperire medicine
per un valore di 5,5 milioni.
Solo a Roma».
Mira proprio a sensibilizzare i cittadini sull’«uso consapevole e senza sprechi dei
farmaci», anche per ridurre il
loro impatto ambientale, la
campagna «Green Health, fai
la differenza», promossa da
Apmar-Associazione persone
con malattie reumatiche, col
finanziamento della “Fondazione con il Sud” e il coinvolgimento dell’Agenzia italiana
del farmaco. Spiega Antonella
Celano, presidente di Apmar:
«Tra le varie iniziative stiamo
preparando un opuscolo su
La sfida Garantire i preparati all’avanguardia, non trascurando la sostenibilità
Innovativi, ma molto costosi
Rimborsati solo se hanno funzionato
N
ei prossimi due anni arriveranno nel
nostro Paese nuove
terapie tanto innovative quanto costose per i tumori, le malattie
infettive e del sistema nervoso
centrale. Per garantire cure
sempre migliori la scommessa
è coniugare l’innovazione farmacologica con la sostenibilità economica. «Occorrerebbe
ragionare con un’ottica globale quando si parla di spesa sanitaria — sottolinea Tonino
Aceti, coordinatore nazionale
del Tribunale per i diritti del
malato-Cittadinanzattiva —.
Per esempio, il nuovo farmaco
per l’epatite C è di fatto soste-
nibile perché la guarigione
della malattia significa evitare
trapianti di fegato, abbattere i
costi per altre cure, ricoveri,
invalidità civile».
Gianpiero Fasola, presidente di Cipomo, il Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri, aggiunge «In
oncologia diminuisce la mortalità da tumori, sempre più
pazienti hanno prospettive di
vita migliori e possono essere
curati grazie alle nuove terapie; purtroppo crescono anche i costi. E la velocità di questi cambiamenti è superiore
alle risposte date dalle istituzioni».
Per introdurre farmaci in-
novativi costosi e non sprecare risorse “mirando” il più
possibile le cure, si stanno
sperimentando modelli di
rimborso condizionato, come
per esempio cost sharing o
risk sharing epayment by result, cioè il pagamento della
terapia innovativa da parte
dello Stato solo per i pazienti
che effettivamente ne traggono beneficio.
«In tutto il mondo si sta discutendo su come valutare i
benefici delle terapie innovative e, rispetto ad essi, qual è il
costo che può essere sostenuto dal Servizio sanitario» sottolinea Fasola. Da noi anche il
nuovo Patto della Salute va in
questa direzione. «Lo Stato —
commenta il presidente di Cipomo — può sostenere il rapporto costo-efficacia valorizzando, in base a criteri scientifici riconosciuti dalla comunità internazionale, i benefici
della terapia innovativa rispetto ai trattamenti standard
e definendo il costo sostenibile per il nostro Paese: questi
trattamenti potranno essere a
carico del Servizio sanitario.
Ma occorre applicare subito le
nuove regole a livello nazionale, altrimenti la “partita” resta oggetto di razionamento
occulto, con ogni Asl che può
fare a modo suo».
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come usare e smaltire correttamente i farmaci».
Notevoli risparmi per il
Servizio sanitario, poi, sarebbero possibili col passaggio
alla ricetta digitale. In Veneto,
poco meno di 5 milioni di
abitanti e 40 milioni di prescrizioni farmaceutiche all’anno, da settembre agli assistiti viene consegnato dal
medico di famiglia solo un
promemoria col quale possono ritirare il medicinale prescritto in farmacia, cui arriva
la prescrizione al computer.
«Abbiamo calcolato che il sistema sanitario regionale risparmierà oltre 3,2 milioni di
euro l’anno con la dematerializzazione delle ricette» dice
Claudio Saccavini, direttore
tecnico di Arsenàl.IT, consorzio per la sanità digitale di
tutte le Ulss e aziende ospedaliere del Veneto. La ricetta digitale è resa possibile grazie al
collegamento telematico tra
medici, azienda sociosanitaria di riferimento, farmacie,
Regione e Ministero dell’Economia.
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52 Salute
medicina
Oncologia
Un termine
che ora si può
usare (e si deve)
per sempre più
pazienti
N
on più solo «lungosopravviventi o survivors», ma anche
guariti. È ormai
tempo che questa
parola venga utilizzata, che il
concetto sia sdoganato, perché
i numeri e le statistiche lo dicono: guarire dal cancro è possibile.
Lo sostengono gli esperti internazionali che si sono riuniti
di recente a Siracusa per la
quinta Conferenza europea sui
pazienti oncologici lungosopravviventi e cronici, che hanno steso un documento (Carta
di Siracusa) in cui sono riassunti i dati a disposizione, che
indicano quando, per determinate forme di tumore, si è autorizzati a pronunciare la parola “guarigione”.
«È fondamentale, con tutte
le cautele necessarie, che il termine entri a far parte del mondo oncologico — dice Paolo
Tralongo, direttore dell’Oncologia dell’Ospedale Umberto I
di Siracusa, fra gli organizzatori del convegno —. Oggi trop-
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Dopo il cancro alla prostata
L’American Cancer Society ha rilasciato di recente nuove linee guida per la gestione del «dopo»tumore alla prostata. Un «manuale» rivolto a medici ed ex-malati , per far loro capire l’importanza
del loro ruolo.«Evitare sovrappeso e obesità, fare attività fisica (in base alle proprie possibilità),
non fumare: l’abc della prevenzione anticancro parte da qui — dice Giario Conti, presidente della
Società Italiana di Urologia Oncologica —. Visto che di tumore alla prostata si guarisce sempre di
più è indispensabile promuovere fra gli uomini uno stile di vita che li tenga lontani dalle ricadute».
Prospettive Oltre il concetto di lungo-sopravviventi
La parola «guarigione»
non è più un tabù
per chi ha avuto un tumore
po spesso familiari e medici
sono riluttanti ad usare la parola guarigione, con conseguenze negative sia per gli ex
malati che finiscono per sentirsi sempre inutilmente preoccupati, sia per il Servizio sanitario, che spreca invano denaro per visite e controlli che
potrebbero non essere più necessari».
La premessa è una soltanto:
il via libera si ha nel momento
in cui l’aspettativa di vita dell’ex paziente (ovvero il suo rischio di morte) diventa uguale
a quella del resto della popolazione del suo stesso sesso ed
età. Ovviamente, tutto dipende
dal tipo di neoplasia, dallo stadio al momento della diagnosi
e dal successo delle terapie.
«Importanti studi condotti
su numeri molto grandi di persone — spiega Tralongo —
hanno dimostrato che le persone curate efficacemente per
un tumore al colon o alla cervice uterina possono essere definite guarite dopo otto anni di
controlli in cui non si è avuta
Il traguardo
L’aspettativa
di vita deve essere
pari a quella
dei coetanei dello
stesso sesso
Le variabili
Tutto dipende
dal tipo
di neoplasia,
dallo stadio alla
diagnosi, dalle cure
alcuna ripresa della malattia. Si
sale, per ora, a 10 anni per chi
ha avuto un carcinoma della tiroide o dei testicoli, il cui tasso
di sopravvivenza a cinque anni
dalla diagnosi oggi è già superiore al 90 per cento. E anche
per il cancro al seno sappiamo
che ben l’80 per cento delle
donne operate per un nodulo
di piccole dimensione non ha
alcuna ricaduta nei successivi
15 anni: per precauzione,
quindi, teniamo la soglia della
guarigione a 20 anni, anche in
virtù dei molti tipi diversi di
carcinoma mammario e consapevoli del fatto che per alcune
forme le recidive si presentano
a tanti anni di distanza. Un discorso simile può essere fatto
per gli uomini con un tumore
alla prostata, tenendo presente
che viene diagnosticato in
un’età più avanzata rispetto a
quello al seno».
Sentirsi guariti è un passo
determinante per il reinserimento sociale, lavorativo, per il
benessere psicologico e la sfera
più intima e sentimentale, per
Quanto al Psa: «Il test andrebbe fatto ogni 6 mesi per i primi 5 anni dopo le cure — aggiunge
Conti —. Se è stabile, meglio evitare ulteriori esami, che sono più dannosi (causano agitazione)
che utili». Durante il controllo semestrale l’urologo dovrebbe invece valutare le eventuali
conseguenze del tumore a livello fisico (problemi urinari, vescicali, sessuali) e psicosociale. «I
pazienti talvolta si “sentono” malati ma in realtà non lo sono, o hanno una patologia che di per sé
non sarebbe in grado di alterare la qualità della vita e tanto meno accorciarla. E aumentare il
numero degli esami , lungi dal rassicurare il paziente ansioso o depresso, peggiora la sua
condizione. Sta al medico, se si accorge di una fragilità psicologica, trovare una strada per agire».
Persone in Italia
che vivono avendo avuto
una diagnosi di tumore
2.250.000
Forme per cui il tasso di sopravvivenza
dopo 5 anni è maggiore
Testicoli
91%
Tiroide
90%
Prostata
88%
Sarcoma Kaposi
87%
Seno
1.300.000
sono i cosiddetti lungo-sopravviventi
(cioè hanno avuto la diagnosi almeno 5 anni prima)
85%
Melanoma
85%
Linfoma di Hodgkin
Vescica
Di questi
78%
Utero
maschi
49%
83%
76%
femmine
Leucemia linfatica cronica
60%
Rene
72%
68%
Cervice uterina
68%
Fonte: Rapporto 2011 Airtum, La sopravvivenza dei pazienti oncologici in Italia
un ritorno pieno alla quotidiana normalità (basti pensare alle tabelle di rischio per stipulare un’assicurazione, che valutano la pratica in base al rischio
di morte della persona, o a tutti
quei lavori che necessitano un
certificano di piena salute).
Certo, purtroppo, ci sono tumori da cui ancora oggi non si
guarisce e gli esperti non vogliono in alcun modo accelerare in modo «sbrigativo» il momento in cui i pazienti abbandonano l’iter di controlli. Fermo restando che anche gli ex
malati dovranno sempre partecipare, come tutti gli altri,
agli screening per la diagnosi
precoce con la mammografia
per il cancro al seno, il test del
sangue occulto delle feci per
quello del colon e il Pap o Hpv
test per quello dell’utero.
«La comunicazione va fatta
con gradualità nel rapporto fra
medico e paziente — precisa
Gabriella Pravettoni, docente
di Psicologia all’Università degli Studi di Milano e direttore
della Psiconcologia all’Istituto
Europeo di Oncologia —, senza dare false speranze da un lato né, dall’altro, far sentire le
persone malate, e a rischio, all’infinito. Bisogna far capire,
CORRIERE DELLA SERA
quando è il caso, che la guarigione è un concetto realistico e
sostenere gli ex pazienti e i loro
familiari nel passaggio fra i
controlli sempre meno frequenti e il ritorno alla normalità. Ad esempio, può rivelarsi
molto utile coinvolgerli in un
nuovo progetto di vita sano,
con educazione a stili di vita
corretti (nutrizione, attività fisica, astensione da fumo e alcol), che li incentivi a un pensiero positivo, oltre ad essere
concretamente valido per tutelare la salute».
Vera Martinella
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Salute 53
italia: 51575551575557
Per saperne di più
sui problemi delle ossa e delle
articolazioni si può consultare il sito
www.corriere.it/salute/reumatologia
medicina pratica
Mi spieghi dottore I guai al ginocchio finiscono sempre dal chirurgo?
Lo specialista
Il dolore al ginocchio è un sintomo comune
che può essere passeggero o diventare anche
invalidante. A volte è chiaramente imputabile
a un trauma, in altri casi è invece più difficile
riconoscere la causa che lo scatena
Il bisturi serve
in casi selezionati
Spesso il dolore
passa da solo
Quella del ginocchio è un’articolazione
molto complessa che deve garantire
una vasta gamma di movimenti.
Diversamente da altre articolazioni
non è dotata di un’intrinseca stabilità:
la superficie quasi piatta della tibia deve,
infatti, interfacciarsi con le due parti
convesse terminali del femore
(condili femorali). Da qui la necessità
della presenza di due «ammortizzatori»,
i menischi, e dei legamenti crociati
e collaterali
I
l dolore alle ginocchia prima
o poi può capitare a tutti nella
vita, ma non sempre c’è da
preoccuparsi. «Quella del
ginocchio è un’articolazione che
non ha un’intrinseca stabilità e ciò
la espone con più facilità a disturbi
che possono riguardare una delle sue
Roberto
numerose strutture (menischi,
D’Anchise
legamenti, rotula, cartilagine) —
Un. Op. Chirurgia
spiega Roberto D’Anchise
del Ginocchio,
responsabile dell’Unità Operativa
Ist. Ortopedico
di Chirurgia del Ginocchio, Istituto
Galeazzi Irccs,
Ortopedico Galeazzi Irccs di Milano
Milano
—. Sollecitazioni anomale possono
infiammare l’articolazione, ma non bisogna allarmarsi
al primo dolorino. Spesso il fastidio così come arriva
se ne va. Se però il dolore diventa troppo insidioso
è meglio cercarne la causa».
Quali sono le cause più comuni del dolore?
«A parte i traumi, un motivo comune è l’artrosi, dovuta
a usura della cartilagine che riveste l’articolazione,
un processo che può essere accelerato dall’esito
di traumi, compresi interventi al ginocchio, o da
alterazioni congenite, come tibia vara o valga. Comuni
sono anche le patologie degenerative dei menischi,
specie dopo i 35 anni. Il dolore al ginocchio può derivare
anche dalla rotula, che di norma scorre allineata in una
sorta di “gronda” ossea: se l’allineamento viene meno,
ad esempio per alterazioni ossee, tendinee o muscolari,
la rotula si sposta verso l’esterno, causando dolore e,
talora, cedimenti. Ci sono poi le borsiti prerotulee,
legate a microtraumi ripetuti, come il frequente
inginocchiamento su superfici dure. È tipica in alcuni
lavoratori, per esempio nei piastrellisti, ma anche
negli sportivi che rischiano di cadere sul ginocchio».
Cause meno frequenti, ma da non sottovalutare?
«Senz’altro l’osteonecrosi nell’anziano, anche perché
spesso si corre il rischio di confonderla con un danno
meniscale per analogie nei sintomi. A confondere
concorre il fatto che la risonanza magnetica non mostra
nulla, se non, appunto, eventuali degenerazioni
meniscali che potrebbero non essere le vere responsabili
dei disturbi. Il danno osteonecrotico è visibile solo dopo
un po’ di tempo dalla comparsa del dolore. E così
non di rado capita che i pazienti vengano sottoposti
a un intervento sul menisco, per poi scoprire che il vero
problema era l’osteonecrosi: un buon motivo in più
per non ricorrere al bisturi con troppa leggerezza.
Una patologia che, invece, si può riscontrare nei giovani
è l’osteocondrite dissecante che comporta una
sofferenza più o meno estesa della cartilagine».
Che cosa fare in caso di dolore al ginocchio?
«Se non è un dolore passeggero, bisogna cercare
di stabilirne i motivi con anamnesi, esame obiettivo
(la «visita») ed esami strumentali, in genere radiografia
e risonanza magnetica, a volte ecografia, raramente Tac.
E le cure quali sono? Serve sempre il chirurgo?
«Il trattamento è in genere conservativo. Sono utili
antinfiammatori e fisioterapia. In caso di lesioni
meniscali degenerative spesso c’è una finestra
di guarigione spontanea e l’intervento chirurgico va
preso in considerazione in casi selezionati, tenendo
presente che a volte, soprattutto negli anziani, può
peggiorare le cose. La protesi di ginocchio in presenza
di un’artrosi importante è indicata solo quando il dolore
limita la qualità di vita. Comunque, come regola
generale, bisogna sempre cercare di personalizzare la
terapia».
LEGAMENTO
COLLATERALE
LATERALE
LEGAMENTO
CROCIATO
POSTERIORE
LEGAMENTO
CROCIATO
ANTERIORE
MENISCO
MEDIALE
LEGAMENTO
COLLATERALE
MEDIALE
MENISCO
LATERALE
TENDINE
ROTULEO
Le principali patologie non traumatiche in grado di provocare dolore al ginocchio
LE CAUSE
Artrosi del ginocchio
Sindrome dolorosa
femoro-rotulea
Borsite prerotulea
Questa condizione è spesso legata
a esiti di traumi o ad alterazioni
congenite (tibia vara o valga).
La cartilagine che riveste l’articolazione
del ginocchio cede poco per volta:
perde di elasticità, si indurisce,
si assottiglia, si frammenta. Le ossa
non riescono così più a scorrere
agevolmente le une sulle altre
Ha origine da un difettoso
scorrimento della rotula nella sua
sede che la porta a spingere verso
l’esterno. Spesso è legata a una o più
alterazioni ossee, muscolari e tendinee.
L’aumento degli attriti nella zona
di contatto tra rotula e femore, a lungo
andare favorisce l’usura della
cartilagine che ricopre queste ossa
È conseguenza di un’infiammazione
della borsa sierosa prepatellare,
una piccola sacca chiusa collocata
tra la rotula e la pelle, che serve
per ridurre l’attrito tra osso e cute.
Questa patologia è il risultato
di microtraumi ripetuti con il frequente
inginocchiamento su superfici dure
(da cui deriva il nome «ginocchio
della lavandaia»)
Patologie degenerative
dei menischi
I menischi sono strutture
fibrocartilaginee soggette a usura.
Con il passare degli anni possono
diventare più fragili e meno elastici.
Il problema è più frequente
dopo i 35 anni
Menisco
mediale
Perone
Articolazione
femororotulea
normale
Cartilagine
usurata
FEMORE
Menisco
laterale
Borsa
prerotulea
infiammata
FEMORE
I SINTOMI
I SINTOMI
I SINTOMI
Talvolta il dolore insorge dopo
uno sforzo leggero, in assenza
di traumi importanti
Il dolore è acuto e insorge
soprattutto a livello del menisco
mediale (sul lato interno
del ginocchio)
Il dolore è maggiore alla massima
flessione
A volte si hanno difficoltà
nell’estensione della gamba
Spesso gonfiore
Il dolore aumenta se si eccede
nel movimento
Progressiva limitazione
del movimento
Con il passare del tempo impotenza
funzionale con difficoltà soprattutto
alla «messa in moto» e riduzione
della durata del cammino
Il dolore è localizzato nella parte
anteriore del ginocchio, a livello
della rotula o poco sotto questa
struttura ossea
Il ginocchio fa male soprattutto in
occasione di sollecitazioni sportive
(salti, corsa, ecc.) o lavorative
Il dolore si accentua quando si sta
a lungo seduti con le gambe flesse,
come al cinema, o quando
si cammina in discesa
L’eventuale cedimento
del ginocchio può essere
un segnale di instabilità di rotula
Il primo passo per capire l’origine di un dolore
persistente al ginocchio è valutarne
le caratteristiche come, per esempio, da quanto
tempo è presente, quanto è invalidante,
se risponde alla terapia con antinfiammatori.
L’esame obiettivo permette poi di vedere
se il ginocchio si muove bene o meno,
se la muscolatura è adeguata o, infine,
se c’è un versamento o un difetto posturale
ILLUSTRAZIONE DI MIRCO TNGHERLINI
Rotula
che spinge
verso
l’esterno
ROTULA
Tibia
LA DIAGNOSI
© RIPRODUZIONE RISERVATA
È un’articolazione senza un’intrinseca
stabilità e ciò la espone facilmente
a disturbi delle sue numerose strutture
TENDINE
DEL QUADRICIPITE
PATELLA (rotula)
di ANTONELLA SPARVOLI
❜❜
CONDILI
FEMORALI
Le indagini strumentali che si utilizzano
con maggiore frequenza sono la radiografia,
per escludere fratture e valutare l’eventuale
presenza di artrosi, e la risonanza magnetica
che consente di vedere menischi, legamenti
e lo stato della cartilagine. L’ecografia
può essere utile in casi selezionati,
per esempio qualora si sospetti una borsite.
Meno usata la Tac
I SINTOMI
Gonfiore: se la borsa si infiamma,
cresce la produzione di liquido
sinoviale in essa contenuto
e quindi c’è un aumento di volume
che porta alla formazione
di una bolla di alcuni centimetri
di diametro
Altri sintomi caratteristici sono
il dolore, la zoppia e la limitazione
funzionale
Se si preme sulla borsa o si eseguono
movimenti di flessione ed estensione
del ginocchio, i sintomi aumentano
LE CURE
L’approccio terapeutico al dolore al ginocchio di origine non traumatico è in genere di tipo conservativo
In fase acuta, per alleviare il fastidio si consiglia di mettere del ghiaccio e far riposare l’articolazione, senza
compiere sforzi. Per alleviare il dolore si possono inoltre utilizzare farmaci antinfiammatori per qualche giorno
Se nonostante questi accorgimenti il dolore persiste o si ripresenta a distanza di tempo, è bene fare un controllo
ortopedico ed eventuali accertamenti per poter poi intervenire in modo mirato. Il tipo di trattamento dipende
infatti dalla causa del dolore
Nelle patologie meniscali di tipo degenerativo, in almeno il 20-30 per cento dei casi è possibile
una «guarigione» spontanea in cui il dolore scompare da solo o con terapie conservative,
come la tecar-terapia o gli antinfiammatori. In generale è meglio ricorrere all’intervento chirurgico in casi
selezionati in cui permane dolore perché spesso non consente di avere un recupero immediato.
Non solo, c’è il rischio che il dolore persista o addirittura peggiori
In presenza di un’artrosi del ginocchio tale da compromettere, per dolore e difficoltà di movimento,
la qualità di vita del paziente, il trattamento raccomandato è l’impianto di una protesi
Se i fastidi al ginocchio derivano dalla sindrome femoro-rotulea si può intervenire con una riabilitazione
che rafforzi la muscolatura locale per mantenere in asse il ginocchio e risolvere il dolore.
Quando, però, è evidente un notevole spostamento della rotula, occorre stabilizzarla chirurgicamente
La borsite prerotulea può essere trattata in prima battuta con antinfiammatori. È inoltre utile ricorrere
a una protezione della zona con ginocchiera per evitare ulteriori traumi. Se il problema persiste, l’unica
alternativa è chirurgica con la pulizia e l’eventuale rimozione della borsa
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
❜❜
alimentazione
Niente «scorciatoie»
A
Frutta
meno zuccherina
Kcal
(per etto)
Frutta mediamente
zuccherina
Kcal
(8,8-11,1 g di zucchero per etto)
(per etto)
Frutta
più zuccherina
Ingredienti per 4 persone: un chilo di pomodori perini molto maturi,
un mazzetto di basilico fresco, due cipolle rosse, due foglie di alloro,
tre cucchiai di olio extravergine d’oliva, sale.
Preparazione: lavare e sbucciare i pomodori, tagliare la polpa a pezzi,
metterla in una ciotola a marinare con il basilico sfogliato e solo un
pizzico di sale. Nel frattempo pulire le cipolle e affettarle, condirle con
2 cucchiai di olio, l’alloro spezzettato e poco sale, metterle in una
padella, coprirle e, a fuoco molto basso, lasciarle stufare lentamente
per circa 20 minuti fino a farle quasi caramellare e mescolandole
poche volte. In una casseruola riunire la cipolla senza l’alloro e la
polpa di pomodori senza il basilico, scaldare solo 5 minuti e frullare
regolando di sale. Aggiungere basilico fresco spezzettato e
completare con un filo d’olio .
Valori nutrizionali per porzione: proteine g 3 , grassi g 8 (di cui saturi
g 1) , carboidrati g 10, energia kcal 121
Ricetta suggerita dallo chef Giuseppe Capano
Kcal
(11,2-17,6 g di zucchero per etto)
(per etto)
16
Pere
35
Fichi
47
Pompelmo
26
Ciliegie
38
Uva
61
Pesche
27
Ananas
fresco
40
Cachi
65
Fragole
27
Prugne
42
Banane*
65
Melone
33
Mele delizia
43
sulle calorie giornaliere e sulla
glicemia, perciò il suo apporto
va controllato, specie in caso di
glicemia alta o di ipertrigliceridemia. La verdura, invece, è “a
L’avvertenza
I diabetici,
in particolare,
devono prestare
attenzione
al carico glucidico
volontà”, perché ha un apporto
calorico minimo e un alto potere saziante. Delle 5 porzioni al
giorno fra frutta e verdura raccomandate dalle linee guida
ne, — concede Ambra Morelli,
responsabile dell’Associazione
Nazionale Dietisti per la Lombardia — ma friggere espone
l’alimento ad altissime temperature con un effetto negativo
su quantità e qualità dei nutrienti. Per non compromettere i contenuti di vitamine e acidi grassi è molto meglio cuci-
Accorgimenti
L’elevata
temperatura
della frittura
ha effetti negativi
sui nutrienti
nare il pesce per tempi brevi e
senza raggiungere temperature troppo alte: in questo modo
si riducono i rischi che potrebbero derivare dal consumo a
crudo, si mantiene più sapore
e soprattutto si fa il pieno dei
preziosi nutrienti, primi fra
tutti gli omega-3».
Questi acidi grassi, che si
trovano in abbondanza in pesce, crostacei e frutti di mare,
Mandarini
*g zucchero per etto 12,8
italiane, nelle diete ipocaloriche, io consiglio che due siano
di frutta (150 grammi l’una) e
tre di verdura, di almeno 200
gr.ammi a porzione. E suggerisco di limitare la frutta più zuccherina (vedi tabella) e di preferire verdura che si può consumare senza condimento (finocchi, cetrioli) o di condirla con
un cucchiaio da cucina, a porzione, d’olio extravergine d’oliva, meglio se a crudo».
E chi, per dimagrire un po’,
pensasse di ricorrere a pasti di
sola frutta? «I pasti di sola frutta
possono essere consumati occasionalmente, per esempio
fuori casa, — risponde Carbonelli — ma non devono essere
la regola, specie per pazienti
diabetici, per il carico solo glucidico, e per quelli che devono
Erbe al posto dei condimenti
72
CORRIERE DELLA SERA
perdere peso, perché carenti di
proteine e poco sazianti. Meglio
associare la frutta a un piccolo
panino con prosciutto o bresaola, accompagnato da una carota o un finocchio. Così, il pasto è
più equilibrato e saziante».
C. F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Quali accorgimenti possono aiutare
a limitare i condimenti grassi nelle
verdure? In uno studio, pubblicato
su Appetite, si è visto che l’aggiunta
di erbe aromatiche in un menu a base
di pasta, carne, cavolfiore e broccoli
ne migliorava l’accettabilità, in
particolare quella delle verdure,
che hanno ottenuto un punteggio
di “gradevolezza” superiore nella
versione con aglio e cipolla in polvere,
e aneto, rispetto a quella “normale”,
con condimento grasso, senza aromi.
Per ridurre le calorie può essere utile
anche usare le verdure (abbondanti)
come prima portata.
Lo indicano due studi della
Pennsylvania State University:
nel primo (su Appetite), si è notato
che iniziando il pasto con una zuppa si
riduceva l’apporto calorico del 20%;
nel secondo (Journal al American
Dietetic Association) si è visto che
consumando come primo un’insalata
poco condita, si riducevano le calorie
del pasto rispettivamente del 7%
se la porzione d’insalata era piccola,
del 12% se la porzione era grande.
a cura di
Carla Favaro
nutrizionista
CANCELLIAMO DAGLI OCCHI DI AHMED
L’ORRORE DEL VIAGGIO CHE HA AFFRONTATO
PER FUGGIRE DALLA GUERRA.
La sua famiglia sta fuggendo da una guerra sempre più feroce, da un Paese in cui non può più
immaginare un futuro per sé, ma soprattutto per Ahmed e i suoi fratelli. Hanno bisogno di tutto e non
ci chiedono niente: solo di aiutarli a ripartire, per cercare in altre nazioni nuova vita e nuova speranza.
Mangiare pesce
fa bene al cervello
M
Questo piatto, gustoso e leggero, fornisce, grazie ai pomodori, buone dosi
di vitamina C, di potassio, di acido folico, nonché di carotenoidi. Tra questi
è importante soprattutto il licopene, sostanza che è un potente antiossidante
Cocomero
Fonte: Tabelle di composizione degli alimenti INRAN agg. 2000
L’esperto risponde
Alle domande dei lettori sugli argomenti
di nutrizione all’indirizzo Internet
http://forum.corriere.it/nutrizione
La ricetta della salute
A confronto
(3,7-7,4 g di zucchero per etto)
WEB
Crema rossa con cipolle
Non di sola frutta
e verdura
si dimagrisce
Scoperte Conta però anche il modo in cui si cucina
amme e nonne lo
ripetono spesso
ai bambini:
«Mangia il pesce,
così diventi intelligente». Hanno ragione, con
un piccolo distinguo: stando a
uno studio pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine consumare pesce
almeno una volta a settimana
aumenta il volume della materia grigia, a patto però di cuocerlo con metodi salutari, evitando le fritture.
Secondo i dati, raccolti su
260 persone che oltre a fornire
informazioni sulle proprie abitudini alimentari si sono sottoposte a una risonanza magnetica del cervello, mangiare pesce cotto alla griglia o in forno
fa “allargare” dal 4 al 14% aree
cerebrali connesse alla memoria e alla cognitività. Ma l’effetto positivo si perde se si predilige il pesce fritto, anche se si
opta per le specie più ricche dei
preziosi omega-3, i maggiori
responsabili dei benefici del
pesce sul sistema nervoso. «In
un’alimentazione equilibrata e
sana non si deve vietare niente,
perciò anche una frittura di pesce ogni tanto può andare be-
I frutti sono ricchi di zuccheri
semplici che incidono sulle
calorie giornaliere; gli ortaggi
hanno un apporto energetico
limitato e alto potere saziante
Perdere peso Per sostituire cibi più calorici, ma scegliendo bene
Per la linea
meglio puntare
su un menu
equilibrato
nel suo insieme
chi ha problemi di
sovrappeso si raccomanda spesso di
mangiare più verdura e frutta. Ma questa
strategia, che può certamente
avere effetti salutari, è davvero
efficace anche per dimagrire?
Per rispondere, ricercatori americani (dell’Alabama University
di Birmingham e della Purdue
University di West Lafayette)
hanno condotto una revisione
di sette studi, riguardanti più di
1.200 individui. La conclusione: aumentare il consumo di
frutta e verdura non ha, di per
sé, effetti di rilievo sulla perdita
di peso, ma non sembra neppure favorire un aumento. Ovvero:
è probabile che dando più spazio a frutta e verdura lo si tolga
ad altri alimenti più calorici,
però, non è detto che questo avvenga sempre, e soprattutto in
misura tale da portare a una riduzione delle calorie sufficiente
a perdere peso. «Questi studi
confermano ciò che diciamo
sempre ai pazienti — commenta Maria Grazia Carbonelli, direttore dell’Unità operativa dietologia e nutrizione, al S. Camillo Forlanini di Roma —. Per dimagrire non ci si può
focalizzare su un solo alimento
su un solo gruppo: bisogna ridurre l’apporto calorico e aumentare l’attività fisica».
«Riguardo alla frutta e alla
verdura, — prosegue l’esperta
— va distinta la prima dalla seconda. La frutta è ricca di zuccheri semplici che incidono
Salute 55
italia: 51575551575557
Da aprile noi di Progetto Arca, in Siria, in Sicilia, a Milano abbiamo assistito più di 6000 siriani,
tra cui più del 30% bambini. Altri ne arrivano ogni giorno. Aiutaci ad accogliere famiglie come quella di Ahmed,
a farle ripartire più serene di come sono arrivate. Anche una piccola donazione farà tanto; falla subito così:
ma anche in mandorle e noci,
hanno effetti antiossidanti e
migliorano la composizione
delle membrane delle cellule
cerebrali. Salmone e pesce azzurro (come acciughe, sgombri, sardine) ne sono particolarmente ricchi.
La ricerca appena pubblicata
indica che si dovrebbero mangiare almeno una volta alla settimana. Come spiega Morelli:
«È il minimo, una “dose” che
può essere utile, per avvicinare
al pesce chi non è abituato a
mangiarlo. Meglio sarebbe
portarlo in tavola almeno due o
tre volte alla settimana, l’ideale
è consumarlo quattro volte».
Posto che conta molto come
si cucinano, esistono, comunque, in assoluto, pesci “migliori” di altri? «Di fatto no, si può
spaziare fra le diverse varietà
includendo nella dieta anche i
frutti di mare, pure se meno
ricchi di omega-3, o seppie, calamari e polpi, più lunghi da
digerire per la qualità delle loro proteine ma ugualmente validi» conclude la dietista.
Elena Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
con carta di credito
sul sito
www.progettoarca.org/siria
con bonifico bancario
c/c Credito Valtellinese
IBAN IT06 P052 1601 6180 0000 0001 166
Aiutaci ad accogliere i profughi siriani, aiutaci a farli ripartire verso la pace.
Fondazione Progetto Arca onlus - Via degli Artigianelli 6 -20159 Milano
Per informazioni: tel. 02 69002965 - www.progettoarca.org
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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S P E C I A L E
a cura di RCS MediaGroup Pubblicità
graficocreativo
ACTRIMS-ECTRIMS SCLEROSI MULTIPLA
Si moltiplicano gli sforzi della ricerca mondiale sulle cause della malattia e sui nuovi trattamenti
Nuove risposte ai bisogni di cura del paziente
Ha chiuso i battenti a Boston il meeting congiunto Actrims-Ectrims che
riunisce i comitati americano ed europeo contro la sclerosi multipla
L
a sclerosi multipla
(SM), definita anche
sclerosi “a placche”, è
una malattia autoimmune cronica demielinizzante che colpisce il sistema
nervoso centrale, rendendo
difficoltosa la comunicazione
tra cervello e midollo spinale
e causando un ampio spettro
di segni e sintomi neurologici che, con la progressione della malattia, riducono
notevolmente l’autonomia
e rischiano di peggiorare la
qualità di vita del paziente
dei suoi familiari.
Purtroppo ciò che accomuna la
SM ad altre malattie croniche
degenerative come le demenze, la malattia di Parkinson, la
sclerosi laterale amiotrofica
(Sla) è la difficoltà ad identificare le cause precise della
sua insorgenza. Un problema
sul quale se ne innesta un secondo di dimensioni altrettanto preoccupanti che riguarda il
sostegno alla ricerca, tuttora
carente nel nostro Paese, volta
a scoprire le cause di malattie
neurologiche particolarmente
complesse e rilevanti sul piano
sociale.
«La SM è una malattia di origine
complessa da due punti vista»
spiega Giancarlo Comi, past
president della Società italiana
di neurologia (Sin) e direttore
del Dipartimento di neurologia
IRCCS dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
«Da una parte esiste una complessità genetica, confermata
dagli oltre cento geni isolati dai
ricercatori che evidenziano una
forte correlazione con la malattia attraverso il coinvolgimento
del sistema immunitario.
La seconda complessità riguarda
l’ambiente e, in particolare, gli
effetti derivanti dall’interazione
tra fumo, vitamina D e abitudini
comportamentali, quest’anno al
centro dell’attenzione mondiale
al meeting congiunto del comitato americano (Actrims) e di
quello europeo (Ectrims) per il
trattamento e la ricerca sulla
SM di Boston, che ha appena
chiuso i battenti».
MICROBIOTA INTESTINALE
E FATTORI AMBIENTALI
Ma se in questo campo uno dei
massimi esperti è lo svedese Tomas Olsson, che dirige il gruppo
di ricerca di neuroimmunologia
clinica e sperimentale del Karolinska Institutet di Stoccolma,
non va dimenticata un’altra
ipotesi ambientale interessante nella genesi della malattia:
l’interazione della flora batterica intestinale (microbiota)
con l’ambiente, portate avanti
da un altro peso massimo della ricerca internazionale, cioè
David Hafler della Yale School of Medicine di New Haven.
«Evidentemente non si tratta
di un problema specifico della
SM – precisa Comi – trattandosi di una condizione generale
delle patologie disimmuni, ma
Anche sodio
e flora batterica
intestinale
nel mirino
dei ricercatori
ha chiaramente un contesto rilevante da non sottovalutare.
Soprattutto se lo analizziamo
da un punto di vista ancora più
sottile di recente speculazione
scientifica: il ruolo del sodio
nella modulazione della flora
batterica intestinale con l’ambiente».
NUOVI TRATTAMENTI
E MODALITÀ DI CURA
Anche sul fronte della terapia
farmacologia contro la SM le
novità non mancano. Si va
dagli immunosoppressori di
nuova generazione, dotati di
una maggiore selettività di
recezione, che hanno il compito di sequestrare una parte
dei globuli bianchi, i linfociti,
dei linfonodi impedendo loro
di migrare nel sistema nervoso
centrale e scatenare le reazioni
di difesa contro il proprio corpo; fino al trattamento prolungato con anticorpi monoclonali
(vengono ottenuti da un’unica
cellula) nel tentativo di contrastare la riduzione del tessuto
cerebrale (atrofia) alla quale
Atlas 2013 of SM, è in aumento il numero
complessivo dei malati in tutto il mondo
Ma il trend in salita della patologia dipende anche dai migliori
risultati ottenuti con le strategie terapeutiche odierne
I
Teva, ricerca
e sviluppo
centrate
sul paziente
della malattia si attesta tra 2.8 e 4.6 per 100.000
dati epidemiologici mondiali sulla sclerosi
abitanti, mentre in Europa è compresa nella stessa
multipla (SM) sono raccolti nell’ultima
fascia per i paesi del bacino Mediterraneo con
edizione dell’Atlas of MS 2013, che rappresenta
tendenza ad aumentare nei paesi nordeuropei, in
l’unico database contenente tutti i numeri
particolare nell’area scandinava, dove l’incidenza
esistenti sulla malattia in ogni paese del mondo.
di SM mostra un picco compreso
La prevalenza globale di malattia
tra 6.4 e 8.2/100.000 abitanti. Tra le
risulta così aumentata da 2.1 milioni
In Sardegna
regioni italiane a detenere la palma
nel 2008 a 2.3 milioni di pazienti colpiti
si registra
del tasso più elevato è la Sardegna
nel 2013. Va sottolineata a questo
che, sulla base di un recente studio
proposito la differenza concettuale
la prevalenza
condotto dai ricercatori sardi in
tra “prevalenza” (che indica il numero
più alta d’Italia
un’area circoscritta dell’isola,
globale di malati in un certo momento
ha evidenziato una prevalenza
di osservazione: poiché dipende dalla
superiore a 210 casi su 100.000 abitanti:
sopravvivenza, risulta aumentata nel caso della
considerando che in Sardegna sono presenti circa
SM) e “incidenza” della malattia, che misura
1.600.000 abitanti, il tasso di prevalenza stimata è
invece i nuovi casi di SM osservati in un preciso
di circa 3400 malati.
momento di osservazione. In Italia l’incidenza
vanno incontro i pazienti colpiti dalla malattia. Non ultimi i
cannabinoidi sintetici utilizzati
per contrastare la spasticità in
questa popolazione di pazienti
con problemi della deambulazione. «Alquanto interessanti
sono anche gli studi clinici
presentati a Boston sui nuovi
schemi terapeutici utilizzati
nel trattamento della SM con
farmaci iniettabili consolidati
come gli interferoni e il glatiramer acetato» sottolinea il
clinico milanese.
«In particolare per il glatiramer
acetato la somministrazione a
dosaggio doppio tre volte la
settimana, invece che a dosaggio standard tutti i giorni, ne
migliora la tollerabilità e l’aderenza da parte del paziente,
confermando una strategia terapeutica che dimostra ancora
un ampio margine di sicurezza».
Se da un lato l’introduzione di
nuovi farmaci nello strumentario a disposizione del neurologo va incontro alle esigenze e
alle aspettative del paziente,
dall’altro ha però una ricaduta
inevitabile sulla bilancia economica della spesa sanitaria.
Costi più alti
sono giustificati
da una migliore
cura e gestione
del paziente
«Purtroppo si tratta di una faccia della medaglia comune a
tutta la medicina odierna, dove
vale la regola del “paymentfor-performance” (principio di
remunerazione in funzione dei
risultati) a tutti i livelli, pur
di migliorare l’impatto della
malattia sul paziente grazie a
farmaci e servizi migliori e più
efficaci» afferma Comi. «Ma tale
aggravio è legato anche ad una
più attenta gestione del malato cronico, ad un monitoraggio più preciso della risposta
terapeutica con un uso più
consapevole degli strumenti
diagnostici di controllo e ad
un maggiore approccio riabilitativo. Quello che spesso non
rivelano gli studi sono i reali
vantaggi ottenuti dai pazienti
con un incremento della spesa
sanitaria sotto il profilo della
qualità della vita».
Tra le prime aziende
al mondo nel settore
farmaceutico,
Teva è da sempre
impegnata nel rendere
accessibili terapie di
cura di alta qualità
attraverso lo sviluppo,
la produzione e la
commercializzazione
di farmaci equivalenti
e innovativi, specialità
farmaceutiche e
principi attivi. Grazie
al suo know-how e
alla sua esperienza,
Teva ha introdotto
soluzioni originali
in aree terapeutiche
quali la neurologia,
l’oncologia e la salute
della donna. Soluzioni
che non riguardano
esclusivamente la
formulazione chimica
dei farmaci, ma
anche i meccanismi
d’azione, le vie di
somministrazione
e, soprattutto, la
sicurezza. Mettere
il paziente al centro
non significa solo
perfezionare i farmaci
e crearne di nuovi, ma
anche rispondere alle
necessità dei cittadini ,
semplificare le terapie,
aumentarne l’aderenza
massimizzandone
l’efficacia. Inoltre,
investire nella ricerca
e nell’innovazione per
Teva significa non solo
fornire ai pazienti cure
adeguate, mirate e
accessibili, ma anche
garantire sostenibilità
al Sistema Sanitario del
Paese. Nell’ambito delle
malattie neurologiche,
Teva è impegnata
nello sviluppo di
farmaci a marchio e
innovativi in grado di
rispondere ai bisogni
reali dei pazienti affetti
da malattie croniche
degenerative come la
sclerosi multipla.
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
diritto
Terzo settore
Continua a tenere banco sul web la campagna #NoProfitNoIva, lanciata da
Corriere Social e La7 per chiedere una detassazione dell’Iva per le organizzazioni
non lucrative. In un sondaggio dell’Istituto Italiano della Donazione, quasi il 50%
del campione intervistato chiede che il non profit non paghi l’Iva, mentre
un 36% si dice d’accordo ad un’Iva molto più agevolata. Un dato ampiamente
confermato dal successo che sta avendo, anche via social media, la campagna.
Donazioni al non profit Le associazioni chiedono maggiori sgravi fiscali
Data “storica”, il 29 settembre
prossimo: a Milano sarà
presentata al pubblico la nuova
Fondazione Italia per il Dono
Onlus, una struttura di
intermediazione filantropica
a livello nazionale, la prima del
genere in Italia. Il modello sono
enti come la Fondation de
France, in Francia appunto,
o la Fondazione Re Baldovino in
Belgio. «L’idea è quella di dare
al donatore le garanzie che oggi
non vengono assicurate dal
livello pubblico — spiega il
presidente Stefano Zamagni —.
Vogliamo inoltre lavorare per la
raccolta di donazioni anche da
chi magari può donare solo 100
euro, per poi destinare i fondi a
chi li utilizza secondo i parametri
di valutazione che ci siamo
dati». Il Comitato promotore,
nato due anni fa, è riuscito a
creare 11 fondi, raccogliendo
283 donazioni e erogando più di
117.000 euro a favore di
progetti di utilità sociale. La
Fondazione introdurrà anche
nuovi strumenti (oltre a quelli
previsti dalle leggi vigenti) per
consentire al donatore di
verificare l’operato, sia dell’ente
che delle Organizzazioni
beneficiarie. «Abbiamo deciso
di metterci la faccia — dice
Stefano Zamagni —. Il controllo
avverrà attraverso la
reputazione. Pubblicheremo
anno per anno i modi di utilizzo
dei fondi raccolti, cioè
dichiareremo gli obbiettivi che
abbiamo raggiunto. Se non lo
faremo, perderemo in
reputazione e quindi
non riceveremo niente».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’iniziativa Più informazione
I pochi incentivi frenano
la generosità degli italiani
D
La Fondazione
al servizio
della trasparenza
Per saperne di più
Su donazioni e lasciti testamentari
www. istitutoitalianodonazione.it
www.testamentosolidale.org
La campagna per la detassazione Iva
Un appello
a migliorare
la normativa
e favorire ricerca
e solidarietà
Garanzie
Salute 57
italia: 51575551575557
onazioni e lasciti testamentari
rappresentano una voce sempre più consistente nei bilanci
di organizzazioni e associazioni impegnate nel campo sanitario e nella ricerca. Basta guardare alle
dichiarazioni del 5 per mille, che premiano soprattutto le realtà che operano in
questi settori. Ma gli italiani sono davvero
sensibili e quanto al tema delle donazioni? Il “World Giving Index 2013” di Charities Aid Foundation, assegna all’Italia il
21esimo posto nella speciale classifica
che misura la propensione alla donazione
di 153 Paesi nel mondo. Un buon risultato, se si considera che nell’anno precedente ci eravamo fermati al 57esimo gradino.
«Nonostante la crisi e pur avendo registrato una flessione nell’ultimo anno —
spiega Edoardo Patriarca, presidente dell’Istituto Italiano della Donazione, — la
voglia di donare degli italiani è rimasta
abbastanza intatta. Questo, secondo noi,
dà la percezione di un Paese poco raccontato che di fronte alla possibilità di sostenere progetti di solidarietà tiene ancora».
L’ultima rilevazione dell’indagine
“L’andamento delle raccolte fondi: stime
2013 e proiezioni 2014” realizzata dall’Osservatorio di sostegno al Non Profit sociale dell’Istituto Italiano della Donazione
(IID) in collaborazione con l’Associazione
Italiana Fundraiser (Assif) sembra confermare una buona predisposizione alla
donazione. I dati raccolti su un campione
di oltre 200 Organizzazioni Non Profit
(ONP) - statisticamente non rappresentativo, ma significativo dell’intero Terzo
Settore italiano - mostrano un andamento positivo in controtendenza come le
precedenti edizioni, dando così una ventata d’ossigeno e di speranza a tutto il terzo settore.
Ma quanto donano gli italiani in un anno? Da un sondaggio dell’Istituto Italiano
della Donazione (su un campione di
4mila intervistati) risulta che quasi un
quarto non dona affatto, mentre il 60%
dona una cifra inferiore a 100 euro. «È importante però sottolineare — nota Patriarca — che quasi l’80% si dichiara disposto ad aumentare questa cifra se solo
potesse godere di maggiori agevolazioni
fiscali».
Eppure la generosità degli italiani fa
ancora fatica a trovare la sua strada, costretta tra diffidenze ataviche e appunto
un regime fiscale che non premia a sufficienza i donatori e chi riceve. «Si dice che
gli italiani non donino e quindi siano egoisti, — aggiunge Stefano Zamagni, presidente della Fondazione Italia per il Dono
Cosa c’è di Nuovo
INCENTIVI DIVERSI ALLE DONAZIONI
PERSONE FISICHE
IMPRESE
IN ITALIA
Detrazione del 26% della donazione
(dall’imposta lorda), fino a 2.065,83 euroo
OPPURE
Deduzione (dal reddito)
fino al 10% del reddito complessivo,
ma non oltre 70.000 euro l’anno
Deduzione dal reddito di impresa
fino a 2.065,83 euro
o fino al 2% del reddito d’impresa
OPPURE
Deduzione fino al 10% del reddito
complessivo, ma non oltre 70.000 euro
Nel resto del mondo
Molti i Paesi prevedono incentivi fiscali per le donazioni a enti di pubblica utilità,
ma con criteri diversi. Ecco, in sintesi, alcuni esempi, per le persone fisiche
SPAGNA
Deduzione
del 25%
oppure
detrazione
fino al 10%
del reddito
imponibile
GERMANIA
FRANCIA
Riduzione fiscale
Deduzione
fino al 66%
fino al 20%
della donazione,
del reddito
il resto in 5 anni.
imponibile,
O riduzione della
l’eccedenza
patrimoniale fino
si può dedurre,
fino 1 milione al 75% della donazione,
di euro, in 10 anni entro i 50.000 euro
REGNO UNITO
STATI UNITI
Chi ha donato
può chiedere
un rimborso
fiscale
se è soggetto
a un’aliquota
maggiore
del 40%
Deduzione
fino al 50%
del reddito lordo
per erogazioni
in denaro e fino
al 30% del reddito
lordo per donazioni
di altri beni
Fonte: Elaborazione da European Foundation Centre; IRS (Usa)
— ma non è vero. Il problema è che l’italiano è disincentivato e demoralizzato».
Secondo Zamagni (“padre” della legge
istitutiva delle onlus, la 460 del 1997), oltre a ragioni di natura culturale, le donazioni in Italia non riescono a raggiungere
il livello di altri Paesi anche per colpa di
un vuoto normativo: «Esiste una generale
diffidenza nei confronti dei modi di utilizzo delle donazioni — dice — . Se non
c’è un’autorità di settore in grado di certificare il buon uso delle somme ricevute
dalle onlus, il cittadino medio non si sente garantito. L’Agenzia per il Terzo Settore,
di cui sono stato presidente, è stata chiusa
dal governo Monti nel 2012 e da allora le
cose sono molte peggiorate». Le difficoltà
sul cammino di chi opera nel Terzo Settore riguardano sia gli sgravi concessi ai donatori, sia il regime fiscale per le attività
svolte dalle organizzazioni stesse. L’esempio più clamoroso è quello dell’Iva, che le
organizzazioni non lucrative sono costrette a sborsare nonostante operino per
la pubblica utilità.
«Il nostro sistema fiscale in generale —
argomenta Patriarca — non ha previsto
mai con chiarezza una fiscalità premiante
per tutti i soggetti che agiscono per il bene comune. Le misure di detrazione e deduzione di donazioni esistono, ma sono
molto, per così dire, frastagliate (vedi grafico, ndr). Bisogna invece dare un segnale
netto, che faccia capire come la donazione
a organizzazioni controllate sia un gesto
positivo e comporti in qualche modo un
vantaggio per chi dona».
Le contraddizioni e la scarsa omogeni-
C.D.S.
tà in materia di fisco non riguardano solo
il nostro Paese, ma si riscontrano anche a
livello di Unione Europea. Lo confermano
i dati dello European Foundation Centre
(un’associazione con sede a Bruxelles formata da 233 Fondazioni provenienti da 40
Paesi), che ha messo a confronto i diversi
trattamenti fiscali in Europa: tutti i Paesi
esaminati prevedono qualche forma di
trattamento fiscale speciale per fondazioni e associazioni con finalità di pubblica
utilità. Tuttavia, non esiste un approccio
comune per definire i criteri di pubblica
utilità che possono portare a sgravi fiscali
e le stesse procedure per l’ottenimento di
privilegi fiscali variano notevolmente.
Proprio per questo motivo, secondo Patriarca, sull’Iva occorrerebbe agire anche
a livello di Unione europea.
«Il nostro regime fiscale è forse tra i più
avanzati — sostiene Zamagni — perchè
prevede la detassazione totale se l’organizzazione non profit non svolge attività
commerciale, fa cioè del volontariato puro. I problemi nascono però dalle situazioni intermedie, quando l’ente decide
cioè di svolgere attività commerciali con
le quali raccogliere ulteriori risorse per finanziarsi. Questa “zona grigia” è già oggi
dominante e nei prossimi anni lo sarà
sempre di più. È su questo che dobbiamo
aprire un dibattito pubblico serio, mettendo in evidenza anche i potenziali rischi. Qualcuno infatti potrebbe abusarne.
Non possiamo però impedire a chi vuole
fare bene il bene, di poterlo fare».
Ruggiero Corcella
Testamento sociale,
opportunità
da conoscere meglio
A
ccampiamo pure tutte le giustificazioni possibili: le
radici giuridiche del nostro Paese; le questioni culturali e di religione; l’atavica diffidenza e una diffusa
forma di superstizione. Sta di fatto che in Italia la
parola “testamento” innesca quasi sempre una sequela di scongiuri e una di automatica rimozione mentale. Proprio
per diffondere una conoscenza più ampia intorno al cosiddetto
“lascito solidale” - ovvero la donazione con il testamento di
propri beni a organizzazioni non profit - e superare le barriere
psicologiche e culturali, nel 2013 è nato il Comitato “Testamento
Solidale”, che unisce 6 grandi organizzazioni promotrici (Action
Aid, AIL, AISM, Fondazione Don Gnocchi, Lega del Filo d’Oro e
Save the Children, alle quali si sono aggiunte Amref, Università
Campus Bio-Medico di Roma, Cesvi e Fondazione Operation
Smile Italia Onlus) e il Consiglio Nazionale del Notariato.
In occasione della Giornata internazionale del Lascito solidale
(celebrata ieri, 13 settembre) il Comitato ha lanciato la prima
campagna di informazione e sensibilizzazione per riflettere sul
lascito solidale, un modo di fare del bene agli altri attraverso un
gesto che può cambiare la vita delle persone bisognose in Italia e
nel mondo. «Abbiamo deciso di unire le forze per due motivi: —
spiega Stefano Malfatti presidente di Testamento Solidale —
abbiamo capito che prima di chiedere un lascito per le nostre
singole associazioni dobbiamo spiegare bene a tutti di cosa
stiamo parlando. Già “lascito testamentario” è un’espressione
tecnica. A noi piace parlare di “dono nel testamento”. Inoltre il
lascito testamentario, a differenza di altri sistemi di raccolta,
porta di per sé delle cifre e dei beni molto significativi, che
quindi garantiscono una sostenibilità di lungo periodo per l’associazione. Certo negli ultimi cinque anni è anche cambiato il
modo di fare testamento: prima ne arrivavano alcuni che destinavano tutto a un solo beneficiario. Oggi, invece, il patrimonio è
frazionato tra 5 o 6 ,e a volte anche 10, realtà diverse».
I dati di partenza non sono confortanti: secondo un’indagine
GFK Eurisko, commissionata dal Comitato, in Italia gli over 55
hanno una bassa propensione al testamento (15,8%), di gran
lunga inferiore ad esempio alla Gran Bretagna dove si attesta
intorno all’80% e agli Usa con il 50%. Soltanto l’8% degli italiani
over 55 ha fatto testamento, mentre il 5% è intenzionato a farlo e
il 6% è incerto. Per questo, il Comitato ha preparato una guida
scaricabile dal sito (www.testamentosolidale.org) e in futuro si
prevedono iniziative sul territorio. «La cultura del testamento
comincia ad avere un’inversione di tendenza anche da noi —
puntualizza Albino Farina, responsabile dei rapporti con il Terzo
Settore e con le Associazioni dei Consumatori del Consiglio
Nazionale del Notariato — . La sensibilità cresce». Cosa vuole
sapere la gente? «Chiedono consigli — risponde il notaio Raffaele Vannini, che affianca la Fondazione ANT (Associazione Nazionale Tumori) di Bologna negli incontri sul tema dei lasciti
solidali — su come lasciare qualcosa ad associazioni benefiche,
sostenendo magari di non avere parenti stretti. Poi si scopre che
invece i parenti ci sono. Però spieghiamo che, esclusi alcuni
parenti (coniugi, figli, genitori) che hanno diritti ereditari per
legge, una persona può disporre dei propri beni a favore di qualcun altro senza fare torti». Il Comitato, inoltre, vuole sfatare il
luogo comune che solo chi ha un patrimonio ingente può donare. Un sondaggio di Testamento Solidale e Consiglio Nazionale
del Notariato su un campione di 700 notai indica che la metà
delle donazioni attraverso lasciti è sotto i 20 mila euro. «Non
bisogna essere ricchi per lasciare qualcosa a enti non profit —
sottolinea Farina —. Basta poco, per aiutare le associazioni meritevoli di continuare la loro opera».
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notizie dalle aziende
R.Co.
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a cura di RCS MediaGroup Pubblicità
ALL’ISTITUTO ZACCAGNINI
SI DIVENTA OTTICI ABILITATI
I NUOVI SPAGHETTI
SHIRATAKI PESOFORMA
OKITASK: CONFEZIONE
DOPPIA DA 20 BUSTINE
IL MESE DELLA PREVENZIONE
DENTALE È LUNGO UN ANNO
UN INVITO
DA SPAZIOTIROIDE.IT
“A fronte di una
media annuale
di 50 0 abilitati,
la domanda delle aziende della
filiera ottica è di
700 nuovi posti di
lavoro” afferma
G. Righetti direttore dell’Istituto Zaccagnini di Bologna, la
prima scuola di Ottica d’Italia per numero
di iscritti “Il settore non ha subito la crisi in
quanto l’acquisto di occhiali e lenti a contatto è determinato dalla necessità di vedere bene e il numero di persone che devono
correggere la vista in Italia cresce anche con
il progressivo invecchiamento della popolazione. Il diploma è l’unico che abilita, per legge,
all’esercizio della professione e si consegue,
in possesso di un titolo di scuola media superiore, dopo 2 anni di frequenza in un istituto
specializzato”. Per fissare un appuntamento si
può chiamare la segreteria, tel. 051 480994,
o scrivere a [email protected]
Da oggi ci si può concedere fantastici primi
piatti senza sensi di colpa: con gli Shirataki
Pesoforma, spaghetti sottili giapponesi a base
di Konjac, una pianta originaria dell’Asia di
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ricchi in fibra e per natura a basso contenuto
calorico. Una porzione di Shirataki da 150
grammi contiene infatti solo 16 kcal! Il loro
gusto neutro li rende ideali per sposarsi con
qualsiasi condimento, di cui prendono il sapore, e rimangono sempre al
dente. Hanno un ridotto
contenuto di carboidrati
(-97% rispetto alla pasta
tradizionale) e un ridotto
apporto calorico (-94%
rispetto alla pasta tradizionale). Basta scolarli,
sciacquarli e cuocerli
per 2 minuti in pentola,
padella o microonde.
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qualche malessere
come un fastidioso mal
di testa, magari dovuto allo stress o agli
sbalzi di clima, e naturalmente si vorrebbe passasse rapidamente per non soffrire e per poter continuare la
propria giornata e portare a termine i propri
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percorso preventivo e correttivo, da portare
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dei solchi a 30 euro per
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mentadent.it oppure
chiamare il numero verde gratuito 800 800 121.
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verrà effettuato presso i Poliambulatori del
Gruppo LARC di Torino. La campagna di
screening si estenderà ulteriormente in seguito ad altre località. www.spaziotiroide.
it è il nuovo portale di riferimento per la
salute della tiroide. All’interno è possibile
trovare informazioni utili, consigli sul corretto stile di vita per prevenire i disturbi tiroidei e per preservare la migliore qualità
di vita in caso di patologia, oltre anche alla
possibilità di prendere contatto con uno
staff qualificato di esperti che rispondono
tempestivamente a domande sulla tiroide.
58
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
S P E C I A L E
a cura di RCS MediaGroup Pubblicità
graficocreativo
SCLEROSI MULTIPLA
Una terapia orale che unisce efficacia a comodità di assunzione
Disponibile un farmaco che
agisce alle radici della malattia
Agisce in modo selettivo sulle cellule immunitarie nella fase acuta
Q
uando arriva la diagnosi di sclerosi multipla - una malattia
neurodegenerativa di
cui sono affetti circa 68.000
italiani, con 2000 nuovi casi
l’anno – la maggiore preoccupazione di medici e pazienti è come evitare che
eventuali crisi lascino dietro
di sé danni neurologici permanenti. Dal momento che
la malattia, con le attuali
conoscenze, non può essere
curata definitivamente, è
essenziale poter contare su
farmaci che ne rallentino il
decorso.
Oggi vi è un’arma in più: la
prestigiosa rivista Lancet Neurology ha pubblicato recentemente i risultati dello studio
TOPIC che ha coinvolto 618
pazienti da 20 Paesi diversi,
suddivisi in tre gruppi trattati
rispettivamemte con teriflunomide alla dose di 7 mg, 14
mg o placebo.
Teriflunomide è un nuovo
immunosoppressore selettivo
(cioè tiene sotto controllo
il sistema immunitario che,
nella sclerosi multipla, attacca la mielina, il rivestimento
esterno dei neuroni, danneggiando la trasmissione dei segnali nervosi), somministrato
per via orale (contrariamente
alla maggior parte dei farmaci
finora disponibili) e messo a
punto da Genzyme, azienda
biotech del Gruppo Sanofi
dedicata allo sviluppo di terapie innovative per pazienti
con patologie rare e disabilitanti. Il farmaco è disponibile
anche in Italia dal 1 settembre
scorso, dopo approvazione da
parte degli enti regolatori.
I pazienti coinvolti nello studio TOPIC erano tutti nella fase
iniziale della malattia (con un
solo episodio sintomatico nei
90 giorni precedenti la cura e
almeno due lesioni da demielinizzazione rilevabili alla risonanza magnetica). La durata
totale dello studio è risultata
superiore ai 4 anni, mentre
ogni paziente era tenuto sotto osservazione per un intervallo di tempo superiore ai 2
anni. I risultati dimostrano
che teriflunomide alla dose di
14 mg al giorno riduce significativamente la percentuale
di coloro che sviluppano una
forma definita e conclamata
della malattia rispetto a un
trattamento con placebo.
UN FARMACO
PER TUTTE LE FASI
“Il nostro lavoro estende il
periodo di malattia per il
quale esistono benefici dimostrati nell’uso di teriflu-
nomide” spiegano gli autori
su Lancet Neurology. In effetti, il farmaco è approvato
al momento per la cura della
sclerosi multipla recidivante
remittente nell’adulto. Gli studi precedenti (TEMSO e TENERE) hanno dimostrato la sua
utilità nelle forme definite di
sclerosi multipla, mentre l’ultima ricerca coinvolge le forme iniziali. Non solo: in tutte
le ricerche, la semplicità della
somministrazione orale rende
la cura molto più gestibile per
In prima linea anche nella lotta alla Sclerosi Multipla
Genzyme, società del Gruppo Sanofi, è una delle più importanti società al mondo nel campo delle biotecnologie
farmaceutiche e concentra la propria attività nello sviluppo di soluzioni terapeutiche per gravi malattie ancora
prive di una risposta clinica adeguata, in particolare Malattie Rare e Sclerosi Multipla. Per quest’ultima, ad oggi, non
esiste una cura definitiva e il suo decorso può essere solo rallentato. Nella Sclerosi Multipla recidivante remittente
Genzyme ha sviluppato due farmaci: una terapia orale che unisce efficacia terapeutica a comodità di assunzione
per la quale AIFA ha recentemente definito tutte le modalità per il suo utilizzo in Italia e un anticorpo monoclonale
somministrato per infusione endovenosa, già approvato dall’EMA. Quest’ultimo ha dimostrato di poter raggiungere
risultati significativamente superiori, in termini di efficacia, al trattamento attualmente considerato quale standard
di riferimento e richiede uno schema di somministrazione che, pur prevedendo un monitoraggio mensile in stretta
collaborazione con il Centro di cura, libera il paziente da un trattamento cronico. Vi sono inoltre significative evidenze circa la possibilità di poter ridurre la disabilità già acquisita, aspetto estremamente rilevante nel panorama
delle opzioni terapeutiche disponibili.
i pazienti, aumentando così la
loro adesione ai trattamenti e
la qualità della vita.
Teriflunomide è una delle poche terapie per via orale in
grado di interferire con i meccanismi che causano la malattia, come spiega Giancarlo
Comi, docente di neurologia
presso l’Università Vita-Salute
San Raffaele di Milano. “A differenza di altri farmaci immunosoppressori meno specifici,
abbiamo oggi a disposizione
una cura per bocca che non
agisce sopprimendo in modo
indiscriminato la risposta
immunitaria, ma colpisce in
modo selettivo le cellule immunitarie coinvolte nella fase
acuta della malattia”.
In questi stessi giorni,
Genzyme ha diffuso anche i risultati di uno studio di quattro
anni su pazienti trattati con
alemtuzumab, un anticorpo
monoclonale che l’azienda ha
sperimentato per la prima volta nella terapia della sclerosi
multipla, con ottimi risultati
in termini di riduzione delle
recidive.
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Salute 59
italia: 51575551575557
corriere.it/salute
Inviate le vostre segnalazioni,
i vostri quesiti, i vostri dubbi,
all’indirizzo di posta elettronica
a cura di Daniela Natali
[email protected]
WEB
Chiedete agli esperti Oltre 160 medici
specialisti rispondono online
alle domande dei lettori in 50 forum
VIVERE CON IL WEB
Segnalato da voi
Dal forum dei nostri esperti
Perdere il ciclo mestruale
per eccessiva magrezza
può danneggiare le ossa?
Ho una figlia ventenne con la mania per la linea e per la dieta. Questa sua
ossessione l’ha già portata a una condizione di severo sottopeso, che si protrae
ormai da cinque anni. Alle tante conseguenti preoccupazioni che mi ha dato,
e mi sta dando mia figlia con questa sua fissazione, si è aggiunta ora anche
la scomparsa delle mestruazioni. Visto che la menopausa comporta un
aumento della fragilità ossea, non accadrà lo stesso anche per prolungati
periodi di assenza del ciclo? E se la risposta è affermativa, che cosa si può fare?
Risponde
Maria Luisa Brandi
Ordinario Endocrinologia e
Malattie Metabolismo,
Università di Firenze
www.corriere.it/salute/forum
Chi si sottopone a pesanti restrizioni alimentari va incontro a lunghi periodi di perdita dei
cicli mestruali, cioè ad amenorrea. Se una donna non si assicura sufficienti calorie, proteine e
minerali, il suo corpo cerca di risparmiare le
energie non indispensabili alla sopravvivenza,
come quelle legate all’emorragia mensile che
Il sito della settimana
www.sonoundonatore.it
Trapianti, appello in Rete
Richiamare l’attenzione di ogni cittadino
sull’importanza di dichiarare in vita la volontà di
donare organi e tessuti. è l’obiettivo del sito
www.sonoundonatore.it realizzato nell’ambito della
campagna di sensibilizzazione, promossa dal Ministero
della Salute in collaborazione con il Centro Nazionale
Trapianti e le Associazioni nazionali di settore.
La sezione «Non servono superpoteri» contiene
informazioni su che cosa vuol dire donare, perché
un gesto semplice, come una firma, può salvare la vita
di qualcun altro. Cliccando su «Come funziona?»
si trovano gli step che portano al processo
di donazione. Nell’area «Ho deciso» sono elencate
le modalità per manifestare la propria volontà, mentre
in «Cosa posso donare?» si accede all’«Atlante degli
organi, dei tessuti e delle cellule» che possono essere
donati, alcuni anche da viventi.
In «Una vita tutta nuova» si possono consultare, infine,
le percentuali di pazienti tornati a una vita piena
proprio grazie ai trapianti.
La più cliccata
Terapie
La «marijuana di Stato»
sarà prodotta dall’Esercito
La notizia non è ancora certa, ma dovrebbe essere
ufficializzata entro settembre: l’Istituto farmaceutico
militare di Firenze sarà quasi sicuramente la sede identificata
dagli organi competenti per produrre marijuana «di Stato»
a scopo terapeutico. Lo stabilimento toscano,
nato con l’obiettivo di produrre farmaci per il mondo
militare, ha infatti esteso la sua attività anche al settore civile.
Il video
Pediatria
Miopia nei bambini, sperimentate
nuove cure farmacologiche
Non solo occhiali, ma anche lenti a contatto e nuove cure
farmacologiche come l’atropina in bassi dosaggi
per correggere la miopia, difetto sempre più diffuso
tra le nuove generazioni. Ne parla il professor Paolo Nucci,
direttore della clinica oculistica universitaria
al San Giuseppe di Milano, in una videointervista
online da domani su Corriere.it/salute da lunedì.
caratterizza il ciclo. La riduzione dei livelli di
estrogeni dovuta all’amenorrea, il ridotto introito calorico, l’insufficiente quantità di proteine e minerali nella dieta sono, come lei giustamente teme, una vera minaccia per lo scheletro.
E poiché spesso i disordini alimentari si presentano nell’adolescenza, periodo critico per il raggiungimento del picco di massa ossea, non solo
il danno incide sulla perdita del tessuto scheletrico, ma impedisce il raggiungimento del potenziale genetico di quantità ossea. Che cosa fare? Riacquistare peso prima possibile. Solo laddove le condizioni non lo permettessero, si potrà utilizzare una terapia sostitutiva ormonale,
evitando la terapia anticoncezionale, utile solo a
ripristinare una pseudo-mestruazione e non
certo la funzionalità ovarica. Farmaci come i bifosfonati dovrebbero essere usati pesando bene
rischio e beneficio. Andrebbe poi prescritta vitamina D nei soggetti con carenza e calcio nella
dieta, ad esempio con il ricorso ad acque minerali ricche in calcio. Chi dovesse rimanere in
stato interessante informi il ginecologo su pregressi o attuali disordini alimentari da restrizione, perché in questi casi il rischio di fratture in
gravidanza e allattamento aumenta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mal di testa
Nevralgia trigemino-occipitale
Ci sono terapie efficaci?
La cefalea a grappolo è sparita anni fa, ora
ho una nevralgia trigemino-occipitale. Sto
bene un mese, poi un ciclo di attacchi, fino
a 12 ogni 24 ore. Inutile la Oxcarbazepina.
Risponde
Alberto Proietti
Centro Cefalee, Istituto Nazionale
Neurologico Carlo Besta, Milano
Non è infrequente incontrare casi di dolore
nevralgico trigeminale od occipitale che
evolvono con caratteristiche tipo-grappolo,
e viceversa, fino a forme miste di difficile
inquadramento diagnostico, dette anche
trigemino-autonomiche.
Tale evenienza si attribuisce a una
convergenza funzionale, a livello del
sistema nervoso centrale, della sensibilità
dolorifica di questi distinti territori
periferici. Il suo caso potrebbe rientrare tra
questi: la relativamente lunga durata dei
parossismi dolorosi occipitali, circa
mezz’ora, la ricorrenza degli attacchi
notturni e diurni, e le fasi attive di 2-3
settimane seguite da periodi di remissione
di oltre un mese, che lei riferisce nella sua
lettera (ridotta qui per ragioni spazio,
n.d.r.) sono caratteri che ricordano la sua
«vecchia» cefalea a grappolo. Ma, dato il
ripresentarsi improvviso dei disturbi dopo
anni di remissione e con modalità almeno
in parte differenti dal passato, è bene
escludere che si tratti di una cefalea
che dipende da altre patologie. Anche ai fini
diagnostici possono essere utili
infiltrazioni occipitali con anestetico e
steroide, un test di risposta
all’indometacina e anche all’ossigeno.
Se il tentativo terapeutico con
oxcarbazepina non ha avuto successo,
tenga presente che sono disponibili varie
altre terapie farmacologiche, fino alle più
recenti tecniche di neurostimolazione
occipitale. Il mio consiglio è quello
di sottoporsi nuovamente all’osservazione
dello specialista, per ridiscutere ogni
possibile intervento terapeutico.
60
italia: 51575551575557
Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
Ha raggiunto i suoi cari nella casa del Padre
Francesco Morazzoni
Franca Silvestri Ribero
I funerali si terranno il giorno 15 settembre alle
ore 11 presso la parrocchia San Pietro in Sala
piazza Wagner. - Milano, 13 settembre 2014.
Carla, Olivia e Ilaria, Tiziano e Francesco si
uniscono a Giovanni Karin e Giulia nel grande
dolore per la perdita della loro mamma
Franca
- Milano, 14 settembre 2014.
Dedico a mia sorella
Franca
Paolo e Orsola Mereghetti si stringono con
grande affetto a Irene e le sono vicini nel dolore
per la perdita di
14 settembre 1991 - 14 settembre 2014
Gigi Melega
Sei sempre nei nostri cuori.- I figli Claudio e Magda con le famiglie.- Italo sarà ricordato oggi, durante la Santa Messa delle ore 18, in Santa Maria
Madre della Chiesa a Buccinasco.
- Assago, 14 settembre 2014.
Ne dà l’annuncio con infinita tristezza e profondo
affetto la sorella Giovanna vedova Rossi, confidando di trovare conforto al proprio grande dolore nella speranza cristiana.- Un particolare vivissimo ringraziamento a Ruggero per l’assidua,
affettuosa assistanza prestata.- Il funerale avrà
luogo lunedì 15 settembre alle ore 14.45 presso
la parrocchia di Sant’Ildefonso, piazza Damiano
Chiesa Milano; quindi, dopo la cremazione,
Francesco riposerà nella cappella di famiglia al
cimitero di Meda.
- Milano, 12 settembre 2014.
amico grande di una vita e abbracciano Irene,
Michele, Barbara e Giovanni.
- Roma, 13 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Angelo Raimondi e famiglia.
Massimo e Lorenza Magrì ricorderanno sempre con affetto l’amico
Marisa e Sergio con Francesco, Barbara, Federica e con Silvana e Tino piangono con Giovanna
il caro indimenticabile cugino
- Venezia, 13 settembre 2014.
- Milano, 13 settembre 2014.
Nicola e Rossella, Jas e Elisabetta ricordano
con affetto
Luigi Melega
Francesco Morazzoni
Si è spento prematuramente il
Si stringono con tanto affetto alla sua amatissima
sorella Giovanna condividendone il dolore ed assicurando preghiere.
- Milano - Rho, 12 settembre 2014.
"Dove vai non camminerai mai sola"
Franca
dott. Giuseppe Mirabile
socio fondatore della ACA Srl Insurance Brokers.I colleghi e i collaboratori della società ACA rammentano con emozione l’abnegazione, la passione, la disponibilità e la professionalità esemplare. - Milano, 12 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– I cugini Rosaria Tesoro e Aldo Pasquarelli con
Annapaola Gualtiero e Iris.
piccola mia per sempre nel mio cuore.- Fabrizio.
- Milano, 13 settembre 2014.
Alessandro, Francesca e Angelica Bernasconi
profondamente addolorati per la scomparsa di
Gianfranco e la famiglia Bettetini partecipano
con affetto e preghiera al lutto per il grande amico e grande artista
Umberto Lisa Alessandro e Roberta Bussolati
Dell’Orto sono vicini a Giovanna Morazzoni e ai
familiari in questo triste momento
Franca Silvestri
Franca Silvestri
Profondamente commossa, mi unisco al grande dolore di Vittorio per la scomparsa della cara
sorella
Francesco Morazzoni
- Milano, 12 settembre 2014.
Leopoldina Paladini
Antonio e Franca, Gianni e Bice, Tullio e Anna
Luisa, Gianpaolo e Carla, Franco e Piera con le
loro famiglie piangono con Giovanna il carissimo
vecchio amico
Franca
Carla Croci, con Mario.
- Milano, 13 settembre 2014.
I condomini e l’amministratore di via Battaglia
33 Milano partecipano al dolore della famiglia
per la scomparsa di
Francesco Morazzoni
- Milano, 13 settembre 2014.
- Milano, 14 settembre 2014.
Giancarlo Ferrari
Giorgio, Cinzia e Stefano partecipano con affetto al grave lutto di Karin Giulia e Giovanni per
la scomparsa della cara mamma
Ieri 13 settembre è mancato all’affetto dei suoi
cari
Franca Silvestri Ribero
Adalberto Bazzoni
- Milano, 13 settembre 2014.
A un anno dalla scomparsa, la Federazione
Nazionale della Stampa Italiana ricorda
Lo annunciano infinitamente addolorati i figli
Paolo con la moglie Ting, Alberto con la moglie
Paola, le nipoti Anjelica e Maria.- I funerali saranno celebrati nella parrocchia di Santa Maria
alla Fontana - Milano.- Per conferma del giorno
e dell’ora si prega contattare il n. 02.6435494.
- Milano, 13 settembre 2014.
- Milano, 13 settembre 2014.
Partecipa al lutto:
– La famiglia Castelli.
Con immensa tristezza annunciano la scomparsa dell’
Ing. Ugo Amagliani
Giorgio Santerini
giornalista, leader sindacale, protagonista di lotte per la dignità e libertà del lavoro e dell’infornazione.- Segretario della FNSI (1991 - 1996).La sua figura sarà ricordata con ALG, nella sala
Valsecchi dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti in via Monte Santo 7, a Milano, domani 15
settembre alle ore 12.
- Roma, 14 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Bruna Belgiovine e Monica Panciera.
– Graciela Paredes.
la figlia Paola e i nipoti Miranda e Thomas.- Le
esequie si terranno a Milano martedì 16 settembre presso la chiesa San Giovanni Battista alla
Creta.- Per l’orario del funerale contattare il n.
02.5276381 lunedì 15 settembre dopo le ore 12.
- Milano, 13 settembre 2014.
L’Associazione Lombarda dei Giornalisti a un
anno dalla scomparsa ricorda
Ciao
One
Giorgio Santerini
resterai sempre con noi.- Nelly con Franco, Alberto, Micaela con Luca, Lalla con Daniele e tutti
i tuoi nipotini. - Milano, 13 settembre 2014.
Piero Pinto e Beppe Modenese sono vicini a
Diego, Luca e Dario nel ricordo della loro mamma
per dodici anni Presidente Alg e per sei anni Segretario Generale FNSI che ha diretto con determinazione e lungimiranza.
- Milano, 14 settembre 2014.
Ti ricorderò sempre con tanto affetto caro
Elisa Rossetti
14 settembre 2013 - 14 settembre 2014
A un anno dalla scomparsa Stampa Democratica ricorda
nonno One
- Milano, 13 settembre 2014.
un bacio, Anjie.- Con Laura e Caterina, Luisa e
Gianni Terenzi. - Milano, 13 settembre 2014.
Onorio Anzani, Anna e Diletta sono vicini a
Diego, Dario e Luca per la perdita della cara
mamma
Giorgio Santerini
proprio leader e fondatore e rammenta quanto
fece per i giornalisti italiani.
- Milano, 14 settembre 2014.
Marco Goidanich
Lisetta Rossetti
Ti ricorderemo sempre come un grande caro amico.- Pier Luigi e Natalina.
- Santa Margherita Ligure, 13 settembre
2014.
- Parabiago, 13 settembre 2014.
La famiglia Bruneri, memore della fraterna
amicizia di un tempo, partecipa al dolore di Diego Dario e Luca Rossetti per la grave perdita della
loro mamma signora
Lisetta
- Desio, 13 settembre 2014.
Marco e Giulia ricordano con infinito amore e
rimpianto
Roberto e Laura Franceschini con Massimo e
Barbara, Alfredo e Federica piangono la scomparsa di
Flavia Personé
Donà dalle Rose
Marco Goidanich
Una santa messa sarà celebrata lunedì 15 settembre alle ore 11, a Roma, nella chiesa di Santa
Teresa via Gaspare Spontini 17.
- Roma, 14 settembre 2014.
amico caro e compagno indimenticabile di giorni
felici e sereni e stringono in un forte abbraccio
Irene e i familiari tutti.
- Milano, 13 settembre 2014.
Stefano, Claudia e Flavio insieme a Maria Pia,
Nicoletta e i nipoti Francesca Edoardo e Filippo
annunciano la scomparsa di
Sergio Salvischiani
14 settembre 2011 - 14 settembre 2014
Con amore Anna ricorda il
N.H.
Ciao cugino
Adesso finalmente potrai riprendere a dipingere.- I funerali si terranno lunedì 15 alle ore 15
presso la chiesa San Carlo piazza De Gasperi,
Bresso. - Milano, 12 settembre 2014.
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Partecipano al lutto:
– Mariavittoria e Franca Zucchelli.
Alba Betta e Elena piangono con Giovanna
l’amico carissimo
Luciana Fumagalli e famiglia con affetto e infinita amicizia sono vicini all’amica Carla e famiglia per la perdita della sorella
SERVIZIO
ACQUISIZIONE NECROLOGIE
- Milano, 13 settembre 2014.
rimarrà nei nostri cuori.
- Milano, 13 settembre 2014.
Cari Giovanni Sergio Giulia e Maurilio profondamente commossi le nostre più vive condoglianze
uniti all’affetto che ci ha sempre contraddistinti.Famiglia Picchi. - Prato, 13 settembre 2014.
dalla famiglia e dalla Galleria d’Arte Gavioli.
- Milano, 14 settembre 2014.
Enrico Tovaglieri
Franceschino
sono affettuosamente vicini ai figli Karin, Giulia
e Giovanni in questo triste momento.
- Milano, 13 settembre 2014.
Bruno Gavioli
I tuoi familiari e i tuoi amici porteranno sempre
in loro con nostalgia il ricordo dell’umanità e della bontà che hanno contraddistinto la tua persona.- La famiglia Mirabile.
- Lodi, 12 settembre 2014.
I cugini Morazzoni con le rispettive famiglie ricordano con affettuosa simpatia i momenti indimenticabili trascorsi insieme al carissimo
Franca
Dopo trentacinque anni, un ricordo affettuoso
e costante per
Giuseppe Mirabile
- Milano, 13 settembre 2014.
tutte le persone che ti hanno curata per te erano
degli angeli, ora tu sei il nostro angelo.- Annamaria con Piero Raffaella e Carlo.
- Milano, 14 settembre 2014.
14 settembre 2012 - 14 settembre 2014
Dott. Federico Colombo
Con molta commozione ti ricordiamo perché avevi intelligenza, attenzione e coraggio.- Sei sempre con noi.- Mamma e Cristina.
- Legnano, 14 settembre 2014.
Gigi
Francesco
così forte e coraggiosa tutti i pensieri più belli.Carla. - Milano, 14 settembre 2014.
Rag. Italo Petroncini
Design A+G
Cara mamma i tuoi figli ti lasciano raggiungere
il papà, sapendo che sarà lui a proteggerti e ad
accoglierti come un tempo.- La tua forza, il tuo
coraggio e il tuo amore saranno sempre un
esempio per tutti noi.- Ciao mamma, granzie del
tuo amore.- Giovanni con Ricardo ed Edoardo,
Karin e Giulia annunciano la scomparsa di
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fondazionecorriere.it
Antonello Zunino
Petros Papavassiliou
Caro, quanto mi manchi.
- Milano, 14 settembre 2014.
Franco Nicoletta Fulvio Raffaella.
- Dormelletto, 12 settembre 2014.
Il Tempo
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER SORRIDERE
PER CONOSCERE
Simona con grinta Jennifer combatte
tra le Miss
per sopravvivere
Finale di miss Italia con
Simona Ventura (foto) al
comando. La sua grinta
potrebbe fare il miracolo e
riportare lo show un po’ fané
agli antichi fasti. In diretta
da Jesolo le 24 ragazze si
sfideranno per il titolo di più
bella d’Italia. Tra le novità di
questa edizione: l’età
massima di partecipazione è
stata estesa fino ai 30 anni
ed è stato dato spazio anche
alle ragazze «curvy» (le
taglia 44). Una serata che
Simona ha promesso
frizzante e «smart» proprio
come dovrebbe essere la
vincitrice. In giuria, tra gli
altri, Alessandro Preziosi e
Alena Seredova.
Stasera in onda il film che
all’esordio americano ha
registrato gli incassi più alti di
tutti i tempi, oltre a diventare
una pellicola-manifesto delle
nuove generazioni «social». In
un futuro fanta-politico alla
Orwell, la nazione di Panem è
formata dalla ricca Capitol
City. Ogni anno in ogni
distretto vengono scelti un
ragazzo e una ragazza tra i 12
e i 18 anni per partecipare agli
Hunger Games, un evento nel
quale i «prescelti» devono
combattere per sopravvivere.
Il kolossal diretto da Gary
Ross ha consacrato
nell’immaginario l’attrice
protagonista Jennifer
Lawrence (foto).
Miss Italia
La7, ore 21.10
Hunger Games
Italia1, ore 21.10
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Film e programmi
Buzzanca indaga
Statham vuole
su stupratore seriale riprendersi il cuore
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Nell’episodio «La trappola», un
antico paravento giapponese
conduce Basilio (Lando
Buzzanca, foto) sulle tracce di
uno stupratore seriale. A
seguire «Codice d’onore».
Il restauratore 2
Rai1, ore 21.30
Il killer (Jason Statham, foto)
in cerca di redenzione del
primo film («Crank», 2006)
ora deve riprendersi il cuore,
al posto del quale ha degli
impulsi elettrici.
Crank - High Voltage
Cielo, ore 21
Banksy, il re
della street art
Viaggio nella storia
della tv italiana
Grazie all’archivio di un
eccentrico videoamatore
francese, il film ripercorre la
storia dello «street artist» più
famoso del mondo: Banksy.
Exit through the gift shop:
Banksy
Rai5, ore 21.15
Un percorso nella storia degli
ultimi 20 anni del piccolo
schermo: un viaggio che incrocia
grandi personaggi e il contesto
culturale, politico e legislativo in
cui si è evoluta la tv italiana.
Interferenze
Rai Storia, ore 21.30
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Corriere della Sera Domenica 14 Settembre 2014
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Pay Tv
Film
e programmi
Barrymore e Long
amore a distanza
Due ragazzi (Drew Barrymore e
Justin Long, foto insieme) per sei
settimane vivono felici il loro
amore. Ma lei è di San Francisco,
lui di New York. La loro relazione
reggerà alla distanza?
Amore a mille... miglia
Cinema Emotion, ore 21.15
Bisio eletto presidente
della Repubblica
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In un paesino di montagna vive
un uomo semplice ma dal nome
impegnativo: Giuseppe Garibaldi
(Claudio Bisio, foto). Un uomo
che per errore diventa Presidente
della Repubblica.
Benvenuto Presidente!
Sky Cinema Comedy, ore 21
L’agente Cruise
richiamato in missione
Alla vigilia della cerimonia di
fidanzamento con Julia, che ignora
la vera identità del futuro sposo,
l’agente Ethan Hunt (Tom Cruise,
foto), ritiratosi a vita privata, è
chiamato per una nuova missione.
Mission: Impossible III
Sky Cinema Max, ore 21
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a riflettori spenti
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Con il suo stile unico, inimitabile,
Freddie Mercury ha segnato con i
Queen la storia della musica rock
mondiale. Ma chi era davvero
questo «grande commediante»
una volta spenti i riflettori?
Freddie Mercury
History Channel, ore 21
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La televisione
in numeri
Il rilancio dei Cesaroni
fiction per giovani
L
a stagione della televisione, e della fiction nazionale,
riparte dai «Cesaroni». Il mercoledì sera, simbolica
riaccensione del prime time di Canale 5 con la sesta
stagione della commedia familiare basata sul format
spagnolo «Los Serranos» ma ormai giunta a un livello di «localizzazione» tale da renderla un prodotto più che
italiano. La sfida dei «Cesaroni» era quella di re-inventarsi in
parte le proprie linee narrative, a seguito di una sostanziale
trasformazione del cast (ne abbiamo scritto qualche giorno
fa).
L’episodio di rilancio —
Top & Flop
intitolato «Giulio e i suoi
fratelli», con riferimento alNorvegia - Italia (I tempo)
l’ingresso in scena di un
In campo la squadra di Conte
nuovo fratello di Claudio
Amendola — ha esordito
più che bene, considerato il
ricambio di cast: mercoledì
4 settembre sono stati davanti al teleschermo
«Norvegia - Italia (I tempo)»:
4.781.000 spettatori medi,
9.746.000 spettatori, 37,96%
per uno share del 20,9%. Il
di share. Rai1, martedì 9
mercoledì successivo, l’episettembre, ore 20.45. Minuto
sodio «Due cuori e una spepicco: 10.528.000 spettatori,
ranza» ha visto un (fisiologiin campo la squadra di Conte
co?) calo del proprio ascolper la qualificazione agli
to, totalizzando 4.152.000
Europei (ore 21.14)
spettatori. Con la domesticità della commedia familiare
Grey’s Anatomy
nazionale Canale 5 ha coEllen Pompeo rimette il camice
munque superato abbondantemente la serie spagnola «Velvet – Il sacrificio»
(con l’approdo di questi
prodotti «soapeggianti» anche sulla prima rete Rai si
«Grey’s Anatomy»: 328.000
fatica ancora di più a distinspettatori, 1,49% di share.
guere le specificità del serviLa7, mercoledì 10 settembre,
zio pubblico, ma tant’è…).
ore 22.16. Minuto picco
La caratteristica più intenegativo: 280.000
ressante dei «Cesaroni» —
spettatori, comincia il nuovo
confermata anche da questa
episodio (in replica) con
Ellen Pompeo (ore 22.18)
sesta ripartenza — è che
questa fiction attrae particolarmente il target commerciale, ed è questo il principale valore aggiunto per Mediaset.
La commedia familiare della Garbatella funziona perché
«colpisce” un pubblico giovane o giovanissimo: 30% di share
fra i bambini, addirittura 37% fra gli adolescenti. Sono dati
più che insoliti per un genere, la fiction italiana, solitamente
più amata da adulti e anziani. (a.g.)
In collaborazione con Massimo Scaglioni,
elaborazione Geca Italia su dati Auditel
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Domenica 14 Settembre 2014 Corriere della Sera
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