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Con la crisi cambiano le abitudini al consumo
ECONOMIA E società Con la crisi cambiano le abitudini al consumo Il lungo periodo recessivo imporrà modificazioni importanti: molti consumi saranno rimpiazzati da stili di vita diversi Orietta Piazza Meno merendine e bibite gassate e più dolci fatti in casa. Gli italiani, secondo uno studio di Unioncamere, risparmiano sul cibo e hanno ridotto la spesa di 2 miliardi di euro l’anno. Si stima che nel 2013 i consumi alimentari siano tornati a livello degli anni ‘60, mentre nel 2014 è attesa una stabilizzazione (dati confermati anche dal Codacons). L’indagine Unioncamere riguarda gli ultimi sei anni, quelli della crisi, e il risultato più chiaro lo delinea l’Indis (l’Istituto nazionale distribuzione e servizi di Unioncamere): gli italiani hanno cambiato le loro abitudini di consumo. E se da un lato questa può essere un’ovvietà quotidianamente riscontrabile, dall’altro può essere interessante capire bene come. Poiché – certo - dietro quest’affermazione 50 PARMA economica si nascondono, e non troppo, aspetti negativi, ma forse anche qualcuno positivo, almeno considerando anche variabili come salute, ambiente e società. Variabili certo non misurate dal Pil, indicatore della ricchezza di uno Stato che non costituirebbe tanto uno stimatore della crescita dei beni prodotti Le stime per il quanto della quantità di prodotti 2013 rivelano che i scambiati con denaro. Esso non consumi per i generi misurerebbe, quindi, la crescita alimentari sono dei beni e del benessere, ma solo scesi al livello degli quella delle merci e degli scambi anni ‘60 di tipo mercantile. Sono concetti che, portati all’estremo, hanno creato la cosiddetta teoria della “decrescita felice”, e che da un po’ di tempo hanno trovato i loro spazi nei me- ECONOMIA E società dia, dalla radio al web alla carta stampata. Ma per ora cerchiamo di attenerci ai dati e di indagare come realmente cambiano le abitudini di consumo dei nostri concittadini. Ridotti e modificati gli alimentari… Certamente, le notizie degli ultimi mesi (relative non solo alle fasce sociali molto basse, ai pensionati o alle famiglie a cui sono venuti a mancare La maggior parte uno o più redditi) disegnano una degli italiani è situazione per certi versi dramormai orientata a matica. In non pochi casi si riuno stile d’acquisto ducono i consumi alimentari, ma improntato al non solo in riferimento a generi in fondo voluttuari e sostituibili risparmio come col casalingo come quelli citati nuova regola di vita da Indis: si mangia meno pesce, meno carne, meno frutta e verdura, tanto da poter parlare di declino della dieta mediterranea, ieri praticamente di massa. Quella fascia di italiani che ha ancora a disposizione uno o più redditi famigliari si dimostra sempre più cauta nella spesa e attenta agli sprechi. Sempre la stessa indagine Unioncamere ci dice come un italiano su due compra oggi solo l’essenziale, è attento a promozioni e offerte, riscoprendo il valore della cucina domestica e, poten- do, dell’orto casalingo. Un risparmio che si calcola arrivi (e superi) ai 2 miliardi l’anno, pari più o meno all’aumento totale dei prezzi alimentari. Se da un lato si può anche ravvisare in questi comportamenti un certo “virtuosismo” in grado di ridurre gli sprechi e il ricorso ai cibi industriali, esistono, d’altra parte, soprattutto aspetti negativi per i cittadini consumatori e anche per le imprese. Grosse sono le difficoltà in cui si dibatte il settore del commercio, specie quello al minuto in piccoli esercizi. Indubbiamente, la spropositata presenza sul territorio nazionale di strutture della grande distruzione organizzata non aiuta i commercianti tradizionali: dall’inizio della crisi si è accentuata la corsa degli italiani verso promozioni, offerte speciali, prodotti a marchio dei distributori. Tutto questo, come mette in guardia il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, rischia anche di alimentare una spirale deflattiva se non si trovano sostegni certi per i redditi. Ma non è solo la distribuzione commerciale a risentire di questa situazione: il 59% dei nostri connazionali ha sacrificato anche pranzi e cene al ristorante. Quella che sembra non venire meno, o almeno a reggere meglio, è l’attenzione alla sicurezza del cibo: una ricerca Censis-Cia PARMA economica 51 ECONOMIA E società Non compro: condivido, scambio, baratto. È la sharing economy, bellezza! Complice la crisi, il 13% degli italiani ha utilizzato almeno una volta lo scorso anno i servizi che permettono di scambiare e condividere beni: ce lo dice una recente ricerca di Duepuntozero Doxa. Trovare un passaggio in auto, ma anche condividere auto e parcheggio, scambiare un appartamento per le vacanze o affittare un abito di gala. O, ancora, organizzare una partita di calcetto con sconosciuti o cercare fondi online per finanziare un proprio progetto. Tutte queste cose oggi si possono fare sul web, grazie alle piattaforme di scambio tra privati, nate negli Usa e diffuse rapidamente anche nel vecchio continente. Ce n’è veramente per ogni esigenza e il settore è in via di sviluppo: è la sharing economy. Spostarsi in auto Sempre più spesso gli italiani, e gli europei in genere, utilizzano il ride sharing per spostarsi: nel corso delle prime settimane di gennaio oltre 300.000 persone hanno utilizzato i siti in cui trovare offerte e richieste di passaggio come BlaBlaCar. Ma c’è anche Uber, un’app per il servizio di noleggio con conducente, per chi ha bisogno di un autista nelle grandi città. Trovare senza acquistare Si moltiplicano in rete, soprattutto negli Usa, i siti per condividere o scambiarsi articoli o utensili. Tra i tanti, ricordiamo Reoose (riutilizzo e baratto), NeighborGoods (condivisione articoli e utensili), TimeRepublik (community per lo scambio di servizi), RentTheRunway mostra come la trasparenza dell’etichetta sia giudicata di gran lunga il fattore più importante, condizionando la scelta del 42% delle persone intervistate; a seguire le caratteristiche nutrizionali (37%), mentre il 24% ritiene importante la confezione, il 23% guarda alla marca e solo l’11% si fa condizionare dalla novità del mercato. 52 PARMA economica (affitto abiti firmati), Thredup (scambio abiti), Zilok (affitto di tutto dagli sci, agli partamenti). Condividere, affittare e comprare casa Per condividere alloggi per le vacanze, tra i più utilizzati c’è AirBnb, una piattaforma nata negli Usa e molto utilizzata anche in Europa e in Italia. Chi cerca un appartamento da affittare o da comprare, invece, può utilizzare due siti made in Italy no agenzia: Casetraprivati e Casanoi. Idee per il tempo libero Certo interessanti le piattaforme di sharing economy dedicate agli hobby e al tempo libero. Per ritrovarsi in compagnia con i piedi sotto il tavolo, siti come Gnammo e EatWith aiutano a organizzare pranzi e cene, anche con sconosciuti, purché appassionati di cucina, a casa propria o da amici: è il social eating, in attesa di diventare vera e propria attività economica. Se si vuole praticare attività sportiva basta andare su Fubles, un sito per organizzare o partecipare a partite di calcio e calcetto nella propria città; si rivolge, invece, agli appassionati della vela Sailsquare, un sito per trovare amici con cui organizzare e condividere viaggi in barca. Social funding Sempre più giovani (e non solo) ricorrono alle piattaforme web per finanziare un particolare progetto o un’ iniziativa di carattere economico, sociale e culturale tramite una raccolta fondi online. Tra i più noti ricordiamo: Starteed, Smartika (prestito tra privati), Kickstarted (per progetti creativi) e Indiegogo. Infine l’8% è attento all’etica, oltre che alla qualità, e fa acquisti nel canale equo e solidale. Lo stesso rapporto Censis fornisce la conferma che la maggior parte degli italiani è ormai orientata a uno stile d’acquisto improntato al risparmio: l’85%, infatti, ricerca nella spesa l’eliminazione degli sprechi ECONOMIA E società e degli eccessi e il 72,8% afferma che la famiglia ha completamente riorganizzato la spesa alimentare orientandola su offerte e alimenti più convenienti. Se questo forse potrà non stupirci molto fa più riflettere quello che lo stesso rapporto assicura: si tratta per molti quasi di una nuova regola di vita. Il 57% degli intervistati afferma, infatti, che indipendentemente dalle proprie disponibilità economiche avverte meno, rispetto al passato, il desiderio di spendere e comprare. E certo questa nuova consapevolezza non potrà che riflettersi sull’attitudiIl lungo periodo ne al consumo degli italiani: da recessivo imporrà spreconi a consapevoli e selettivi? modificazioni Pensando ai consumi, i primi che importanti: molti vengono alla mente con ansia in consumi saranno un periodo di crisi sono quelli dei rimpiazzati da stili generi alimentari, che hanno carattere di indispensabilità e sono di vita diversi anche in qualche modo anticiclici, perché si comprimono, certo, ma sono ineliminabili (a meno, ovviamente, del precipitare del Paese in una situazione drammatica). D’altra parte vi sono moltissimi beni e servizi che fanno parte del paniere dei consumi di una società evoluta come la nostra che subiscono tagli e riaggiustamenti più o meno pesanti. … ma non solo La spesa degli italiani non si è solo ridotta: è anche cambiata. Infatti, come evidenzia uno studio di Confesercenti, la complessiva contrazione dei consumi registrata in Italia tra il 2007 e il 2012 (-5,4%, circa 47 miliardi in meno) si è accompagnata a un cambiamento permanente della composizione del carrello o, per meglio dire, della destinazione percentuale di stipendi e pensioni: una quota sempre maggiore dei consumi si è indirizzata verso le spese obbligate (bollette, manutenzione e gestione casa) cresciute nel periodo di oltre 4,6 miliardi (+2,6%). Ma gli italiani hanno speso di più anche per la sanità, la comunicazione, la ricreazione e la cultura, mentre, per contro, calano le spese per istruzione, mobilità, vestiario e persino per i generi alimentari. Se si pensa che il periodo della crisi ha coinciso con il boom, anche in Italia, delle vendite di smartphone, tablet e accessori, non sembra azzardato parlare di un vero e proprio “cambiamento culturale”, che ha portato il comparto “telefoni ed equipaggiamenti” a registrare un aumento record del 62% dal 2007, aumento che ha trainato il miglioramento complessivo delle performance del comparto comunicazioni (+5,7%, pari a circa 1,5 miliardi di euro). Sono del resto tutti i consumi tecnologici a crescere: la spesa per gli articoli audiovisivi, i computer e gli accessori aumenta del 20,1%. Tuttavia, il calo del potere d’acquisto, comunque una realtà per una larga fascia di cittadini, ha fatto sì che gli italiani abbiano tagliato alcune spese, in testa quelle più legate all’Italian way of life: dai motori alla moda alla buona tavola. La contrazione più significativa è quella della spesa per i trasporti, che tra il 2007 PARMA economica 53 ECONOMIA E società e il 2012 si è ridotta di 24,7 miliardi di euro (-22,7%). A pesare è soprattutto la contrazione dell’acquisto di mezzi di trasporto (-55% tra il 2007 e il 2013). Se si sa che l’acquisto di una nuova automobile è tipicamente una spesa pro-ciclica (aumenta nel ciclo di crescita economica e diminuisce nelle fasi di crisi), a impressionare è l’ampiezza della caduta: le immatricolazioni di autovetture si sono praticamente dimezzate negli ultimi cinque anni. È il comparto “vestiario e cal- E l’usato spopola anche nel mercato dell’auto Gli italiani che hanno bisogno di un’auto si rivolgono sempre più spesso al mercato dell’usato e spulciano, in cerca del buon affare, gli annunci di vendita online. Ma cosa cercano? Utilitarie, soprattutto. Una tendenza che emerge da un sondaggio commissionato a Human Highway dal sito di compravendita tra privati Subito.it. L’indagine è stata condotta su un campione di 850 persone, tra acquirenti e venditori. L’usato sembra essere una soluzione ideale in tempi di ristrettezze economiche: infatti, il 46% dei buyer dichiara di voler acquistare un’auto usata da privato e il 32% da concessionario, mentre solo una minoranza di casi propende per una vettura a km zero, nuova o in leasing. Sono compratori di fascia di reddito medio-bassa (il 41% di loro possiede un’utilitaria e quasi la stessa percentuale consulta il web cercando un’auto della medesima tipologia). 54 PARMA economica La domanda e l’offerta risultano allineate, visto che il 37% delle vetture in vendita appartiene al segmento utilitarie, seguito dal 14% di annunci relativi a berline. Molto ricercato è anche il Suv: il 18% degli acquirenti ne comprerebbe uno, mentre solo il 10% lo possiede già. Oltre al prezzo, l’attenzione di chi vuole comprare è indirizzata ai consumi, che si trovano al primo posto tra i criteri di scelta (47%). In seconda battuta, si considera il rapporto qualità/prezzo (46%) e infine l’affidabilità e la sicurezza del mezzo (fondamentali rispettivamente per il 37% e per il 31% del campione). Tuttavia, nella scelta di un’auto contano anche i servizi: la garanzia è quello più importante per il 44% del campione, seguito dalla possibilità di fare tagliandi a costi contenuti, poi dalla supervalutazione dell’usato e infine dall’assistenza post vendita. ECONOMIA E società zature” ad assicurarsi il secondo posto di questa scomoda classifica con un secco -12,5% in cinque anni, per un totale di circa 8,6 miliardi in meno, mentre la spesa per “mobili, elettrodomestici e manutenzione della casa” Nel breve periodo, contiene la perdita a 6,8 miliardi la crisi dei consumi (un comunque poco rassicurante favorisce l’ambiente -10,5% nello stesso periodo). Si domestico per perde anche buona parte della trascorrere il tempo propensione alla buona tavola? stesso periodo si registra, libero e concedersi Nello infatti, un calo sensibile anche piccoli “premium” per la voce “alimentari e bevande non alcoliche”, che si contrae di quasi 11,8 miliardi, pari a 9,3 punti percentuali, tenendo presente le considerazioni fatte sopra a favore del “casalingo”. Crisi e post-consumi Il consumatore sarà sempre più attento e critico rispetto al valore reale dei prodotti. Il lungo periodo recessivo imporrà modificazioni di lungo periodo; molti consumi saranno rimpiazzati da stili di vita diversi: valore e posizionamento di prodotto sembrano i fattori di sopravvivenza, sono assiomi sul cui valore siamo obbligati a riflettere. Al di là delle elucubrazioni che riempiono quotidianamente i media sulla durata di quella che si rivela una delle più profonde crisi del sistema capitalista, vale forse la pena di porre l’accento sul fatto che, a prescindere da un possibile spiraglio di ripresa, il terremoto in atto modificherà i consumi anche oltre la sua fase parossistica. La conferma di quest’affermazione si ha, del resto, dalla mancanza di ripresa dell’occupazione che nel nostro Paese, e non solo, lascia pochi margini di ottimismo sulla ripresa di redditi e consumi. Un quadro più preciso del fenomeno viene dalla società di consulenza strategica e organizzativa Bain & Company, la cui ricerca Impact of today’s turbulence on tomorrow’s consumer mette sotto la lente otto macrocambiamenti globali di tipo socio-economico, già in essere e precedenti alla crisi. Questi determinano due categorie di trend di consumo: la prima racchiude i trend principali, la seconda i trend emergenti. La dinamica “crisi vs. consumi” è complessa: vi è un impatto sui macrocambiamenti e poi, con una reazione a catena, sui trend di consumo. Alcuni cambiamenti saranno a corto raggio, altri a più lungo termine. Ma entriamo nel dettaglio. I macrocambiamenti sui quali la crisi impatta marginalmente (o per nulla) sembrano essere tre: l’invecchiamento della popolazione; PARMA economica 55 ECONOMIA E società il mescolamento dei popoli con l’avanzamento demografico delle etnie migranti verso i Paesi con economie sviluppate; e il depauperamento delle risorse naturali. Si tratta di fenomeni epocali ineludibili con misure economiche o politiche dei governi; paradossalmente, la crisi può regalare qualche giorno in più di autonomia al pianeta grazie al rallentamento dei consumi di energia e risorse naturali. Due macrocambiamenti subiranno, invece, una decelerazione repentina: la mobilità globale di beni e persone (da non confondere con le migrazioni) e il potere di acquisto, condizionato dal calo del reddito e dalla disoccupazione. Altri due macrocambiamenti in atto a causa della crisi, si modificheranno profondamente: il primo è il boom delle economie asiatiche, e del loro contributo al Pil mondiale, che non reggerà i ritmi degli ultimi anni; un altro è la regolamentazione dei mercati liberi, che diverrà più stringente per impedire il ripetersi di manovre speculative e piratesche come quelle realizzatesi negli ultimi anni. L’ottavo macrocambiamento è tecnologico: l’incremento di banda nelle connessioni internet spingerà i consumatori a spendere più tempo in casa e da lì ad acquistare beni e servizi. La ricerca di Bain & Company evidenzia 56 PARMA economica i trend di consumo coinvolti dalla crisi: quattro muteranno radicalmente la loro natura, tre subiranno un’accelerazione nel lungo periodo e due nel breve. Vediamo i trend che cambieranno natura. Salute e benessere, oggi inseguiti in modo ossessivo, saranno ricercati con maggiore equilibrio, compensando i consumi ridotti con stili di vita più adatti allo scopo. Anche il concetto di comodità dei consumi (contenuto di servizio dei prodotti) cambierà incidendo sulle scelte dei cibi pronti, sulle monodosi e multiuso ma anche sui canali. Tutto migrerà verso una possibile biforcazione dove da un lato aumenterà la riluttanza a spendere per questo tipo di prodotti e dall’altra si incrementerà la richiesta di saving di tempo. Per quanto riguarda i temi ecologici, etici e sociali la consapevolezza del consumatore non muterà; emergerà tuttavia un rifiuto a spendere di più in questa direzione. Ancora una volta saranno gli stili di vita a incidere con una marcata propensione al risparmio. Salute e benessere, comodità dei consumi e coscienza ecologica fanno parte dei trend principali. Un trend emergente che cambierà natura è la considerazione dei prodotti premium: il valore dovrà emergere realmente e non passeranno più certe proposte basate su prodotti intrinsecamente senza Foto di Ursula Boschi ECONOMIA E società valore aggiunto come le acque minerali, il pet food, ecc. Due invece i trend consolidati, e uno di tendenza, ai quali la crisi dei consumi incrementerà la velocità di consolidamento nel lungo periodo. Il primo consolidato è la crescente esigenza di qualità nella customer experience che il consumatore cercherà maggiormente (le marche dovranno offrire di più a minor prezzo se vorranno tenere il mercato). Il secondo trend consolidato a imporsi con maggiore profondità in tempi lunghi è la dipendenza dalle tecnologie per comunicare e intrattenersi. Passando ai trend emergenti, prenderà piede la polarizzazione dei consumi che genererà il trading-up/down sugli acquisiti: prodotti low cost e premium acquistati dal medesimo consumatore in alternanza o contemporaneamente. Passiamo infine al breve periodo. In questo caso la ricerca di Bain & Company individua due trend emergenti che saranno confermati subitaneamente. Il primo è la scelta dell’ambiente domestico per trascorrere il tempo libero, con conseguente calo dei consumi fuori casa. Il secondo, dalle caratteristiche significative rispetto al momento attuale, è la crescente tendenza a piccole concessioni su prodotti specifici o di tipo premium. Un esempio nel food sono il cioccolato, i liquori e altri prodotti; i cosmetici saranno sempre più considerati un lusso accessibile. Considerazioni finali Se non si scorge, quindi, un grande spazio per l’ottimismo dei cittadini che spesso non arrivano all’ultima - ma a volta nemmeno alla seconda - settimana del mese; se le aziende dovranno seriamente riflettere per dotarsi di strategie di produzione e marketing che consentano loro di non uscire dal mercato, o delocalizzare producendo senza né etica né qualità per i mercati emergenti; se consumi e stili di vita sembrano davvero cambiati in modo irreversibile, a meno di vedere fantomatiche “luci in fondo al tunnel”; se tutto questo sta già ragionevolmente avvenendo, quello che si può tentare di fare come cittadini è quanto segue (si veda anche il riquadro Non compro: condivido, scambio, baratto. È la sharing economy, bellezza!): tramontata la società dei consumi di massa a ogni costo, si fa largo la sharing economy o, per dirlo all’italiana, l’economia della condivisione, dello scambio, del baratto. Si acquista l’indispensabile (e magari lo status symbol o lo strumento di comunicazione come il cellulare o l’iPad) e per il resto ci si arrangia frugando tra siti internet alla ricerca di promozioni, iscrivendosi a portali, acquistando coupon. Un’organizzazione privata che comporta la conoscenza e l’uso di strumenti informatici è certo più consona ai giovani, ma rappresenta per tutti una strada per resistere con poco denaro in tasca. Foto di Ursula Boschi PARMA economica 57 ECONOMIA E società Foto di Ursula Boschi Possiamo andare più in là e ipotizzare una futura società meno schiava del consumismo, più dedita all’autoproduzione, all’associazionismo spontaneo così che “attraverso processi di autoconsumo, di risparmio energetico e di relazioni di scambio che non transitino necessariamente per il mercato, si verifichi un incremento della qualità della vita materiale associata ad una diminuzione del Pil”, come sostengono movimenti tipo quello della “decrescita felice” (nato in Italia nel 2000 sulla scorta del pensiero di economisti come Serge Latouche che criticano l’approccio ideologico occidentale sia dal punto di vista economico che da quello culturale)? Il tema è affascinante e certo offre uno spunto di attenta riflessione sulle conseguenze ambientali (ormai date da molti scienziati come praticamente irreversibili) del consumismo acritico sullo stato delle risorse del pianeta, ma ci sono molte considerazioni da fare. Considerazioni che attengono all’occupazione: se il sistema produttivo rimane quello attuale dove i mercati sono dominati da grandi imprese multinazionali che detengono la buona parte dei fattori produttivi, un calo dei consumi significa calo dell’occupazione per salvaguardare i profitti, cui si accompagna anche un calo generalizzato del livello dei servizi pubblici nei Paesi 58 PARMA economica dell’occidente europeo e americano, non compensato dalla capacità di accedere all’offerta privata di sanità, scuola, cultura. Si profila quindi una società che anziché tornare a un consumo critico e consapevole viene rigettata indietro? A quale fase del suo sviluppo? Come si evolveranno la frustrazione e la rabbia di giovani, disoccupati, esodati, cittadini sempre meno tutelati? Quali periodi di instabilità sociale ci aspettano? Webgrafia www.helpconsumatori.it/acquisti/consumi/ confesercenti-consumi-ridotti-e-modificati/78693 www.channelcity.it/retail-corner/1281/ crisi-si-riduce-la-spesa-ma-e-boom-per-lhi-tech.html www.mark-up.it/articoli/0,1254,41_ ART_2209,00.html www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-11-16/la-crisi-porta-consumilivelli-anni-sessanta-meno-due-miliardi-2013-180616.shtml?uuid=AB9Dndd economia.panorama.it/tech-social/consumisiti-web-fai-da-te w w w. ga z z e t ta . i t / Pa s s i o n e - M o t o r i / Auto/27-02-2014/auto-usate-internetricerca-web-online-subito-utilitarie-mercato-80139676211.shtml