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LO VEDIAMO MEZZO PIENO
Supplemento a Tempi n°48 - 2 dicembre 2015 - Poste italiane spa - spedizione in a.p. D.L. 353/03 (conv. L.46/04) art. 1 comma 1, DCB Milano CAPITALE UMANO LO VEDIAMO MEZZO PIENO Primi segnali di riPresa da un mercato del lavoro inaridito da due crisi consecutive. dalle scuole alle imPrese, storie, idee e ProPoste Per valorizzare la risorsa Più imPortante che abbiamo. le Persone SOMMARIO TEMPI Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/06/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Supplemento a Tempi - Anno 21 - N. 48 dal 26 novembre al 2 dicembre 2015 GESTIONE ABBONAMENTI Tempi, Via F.Confalonieri, 38 20124 Milano, tel. 02/31923730, [email protected] DIRETTORE RESPONSABILE LUIGI AMICONE EDITORE Vita Nuova Società Cooperativa, Via F.Confalonieri, 38 20124 Milano A CURA DI Pier Giacomo Ghirardini PUBBLICITà Davide Scali PROGETTO GRAFICO Matteo Cattaneo FOTOLITO E STAMPA Reggiani spa via Alighieri 50, 21010 Brezzo di Bedero (Va) La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE Via F.Confalonieri, 38 20124 Milano, tel. 02/31923727, [email protected] CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà Editoriale Tempi Duri Srl 6 Lezioni di crescita. Così il modello lombardo offre una chance di ripartenza a tutto il paese 16 C’è un posto per te Col Jobs Act le Agenzie del lavoro diventano motore imprescindibile dell’incontro tra domanda e offerta di occupazione Hanno collaborato alla realizzazione del numero: REGIONE LOMBARDIA ITALIA LAvORO FORMA CNOS FAP CSL AEF ASSOLAvORO CISL CONFINDUSTRIA 22 Capitale umano La Buona Scuola raccontata dalla politica e dagli operatori della formazione. Ecco cosa cambia con il sistema duale 42 Il mestiere di contrattare Come si stanno attrezzando i sindacati dei lavoratori e degli imprenditori per sfuggire alla corsa globale che mette a rischio salari e produttività edItorIale DI pier giacomo ghirardini I vogliamo parlare di simile effetto del decreto Giovannini (governo Letta) lavoro, formazione e capitale umano, dando la che sblocca il ricorso ai contratti di lavoro dipendenparola agli uomini e alle donne che operano nel- te a tempo determinato, gravemente penalizzati dalle istituzioni, nelle agenzie del lavoro, negli enti di la precedente riforma Fornero, un “rimbalzo tecnico” formazione professionale, nelle scuole, nel sindaca- a cui si aggiungeranno, successivamente, gli effetti di to. Abbiamo però voluto mettere in premessa a que- un progressivo (ancora lento) miglioramento nel “clisto rapporto una breve riflessione sui “dati duri”, per ma” delle aspettative. Ad oggi (III trimestre 2015), si sono recuperati poter dar conto, in un certo senso, anche di una prospettiva più profonda. Tre milioni di disoccupati non 376 mila occupati (rispetto al record negativo di due anni prima): il 39 per cento del calo dovuto alla Dousaranno mai solo una statistica, per noi. Il governo Renzi, in carica dal 22 febbraio 2014, ble-Dip Recession italiana. Ma la cosa che sta passaneredita una situazione occupazionale disastrosa, do in secondo piano è che ben 259 mila unità di quecome conseguenza di una doppia immersioIl mercato del lavoro può essere eFFIcIeNtemeNte ne recessiva di inedita gravità, che ha cumulagoverNato solo a lIvello regIoNale e provINcIale. to gli effetti della granuN’IstItuZIoNe NecessIta dI polItIche sINtoNIZZate de recessione (2008) e IN base al prINcIpIo dI prossImItà aI verI bIsogNI della crisi dei debiti sovrani e delle politiche di austerità (2011): secondo i dati Istat più recen- sto recupero riguardano, in realtà, i dipendenti a terti (rilasciati il 30 ottobre 2015 e aggiornati a settem- mine: la crescita del lavoro a tempo determinato è tutbre 2015), il calo occupazionale intercorso fra il pun- tora il principale motore della ripresa del mercato del to di massimo raggiunto prima della crisi (II trime- lavoro, benché nel medesimo periodo, per effetto del stre 2008) e quello di minimo toccato a causa di que- Jobs Act e, soprattutto, di una forte decontribuzione sta (III trimestre 2013) si quantifica in poco meno di (scritta nella legge di stabilità 2015), i dipendenti perun milione di occupati (964 mila al netto dei feno- manenti (etichetta sotto cui ricadono anche i nuovi meni di stagionalità). Se si calcola il “trend di lungo contratti a tutele crescenti) siano aumentati di 157 periodo” (facendo ricorso al filtro di Odrick-Prescott) mila unità. Tale incremento di dipendenti permanendegli occupati (vedi figura), si coglie il punto di svolta ti si è realizzato in massima parte (per 135 mila unidel ciclo proprio all’insediamento dell’attuale esecuti- tà, raffrontando il III trimestre 2015 con il IV 2014) vo (I trimestre 2014): si tratta, sulle prime, di un vero- nei primi 9 mesi dell’anno in corso – ed il governo è 4 | | n questo numero monografico 3.200 23.000 3.000 22.800 2.800 22.600 2.600 22.400 2.400 22.200 2.200 22.000 2.000 21.800 1.800 21.600 disoccupati (in migliaia, dati destagionalizzati) C’è UN PAESE CHE NON SI ARRENDE AI DATI SULLA DISOCCUPAZIONE E MUOVE ALL’AZIONE E AL LAVORO IL SUO CAPITALE UMANO. ECCO PERCHé DOBBIAMO MANTENERE LA ROTTA DEL JOBS ACT E DELLE RIFORME 3.400 23.200 occupati (in migliaia, dati destagionalizzati) IL MOTORE CHE ACCENDE LA RIPRESA Occupati e disoccupati in Italia 23.400 1.600 21.400 1.400 occupati trend di lungo periodo (filtro di Hodrick-Prescott) disoccupati 21.200 1.200 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat (Rilevazione sulle forze di lavoro) pienamente legittimato ad ascriversene i meriti: se si considera infatti, con rigore ed equanimità, il bicchiere mezzo pieno di quello che è, ormai universalmente, considerato come il provvedimento più efficace delle attuali politiche, non si può non valutarne positivamente l’impatto sulla dinamica dell’occupazione e dei consumi, che hanno iniziato a riprendersi solo appunto nel 2015, riportando finalmente il Pil a crescere e producendo, nel medesimo arco di tempo, una riduzione nel numero delle persone in cerca di lavoro di 225 mila unità (tutti i confronti sono effettuati sui dati destagionalizzati). Ma occorre considerare, con altrettanto rigore ed equanimità, il bicchiere mezzo vuoto, non per guastare la festa, ma perché è tanto il terreno da recuperare. Restano ancora, al settembre 2015, 3 milioni 16 mila disoccupati, più del doppio di quelli che vi erano prima della crisi, e che sono da mettere in conto, in gran parte, alla Sovereign Debt Crisis e all’Austerity, un convitato di pietra che non è affatto scomparso dal nostro copione, ma che si è solo preso una pausa caffè con brioche. Dal momento che non si può pensare di fare una riforma del mercato del lavoro al mese e che i posti di lavoro li crea la crescita economica, il Patto di bilancio europeo resta il primo avversario. E sullo sfondo si aggira anche l’uomo nero del rallentamento della crescita a livello globale (si veda la nota mensile dell’Istat sull’andamento dell’economia italiana del 5 novembre 2015). Né sull’uno, né sull’altro possiamo alcunché. Ma c’è spazio anche per “farci del male da soli” e, almeno questo, va evitato. Qualsiasi onesto studioso vi dirà che un moderno mercato del lavoro può essere efficientemente governato solo a livello regionale e provinciale, perché esso è una istituzione e come tale necessita di politiche sintonizzate in base al principio di prossimità ai (veri) bisogni. E del fantasma di un rampante neocentralismo (e dei tagli insostenibili per le regioni virtuose) non si avverte proprio il bisogno. Neanche in tema di lavoro. | | 5 PROTAGONISTI I LEZIONI DI CRESCITA Foto: Ansa in un mercato del lavoro in cui Sono le iStituzioni locali a fare la differenza tra un SiStema ingeSSato e un modello che funziona, occorre “Studiare” le regioni per offrire una chance di ripartenza a tutto il paeSe. la parola a loro 6 | | l mercato del lavoro, più degli altri mercati, deve essere considerato una vera e propria istituzione sociale: è la lezione del premio nobel per l’economia Robert Solow, padre della moderna teoria della crescita economica. Il suo funzionamento dipende essenzialmente da quanto ritenuto mutualmente accettabile da entrambe le parti in causa nelle relazioni che interessano i diversi aspetti occupazionali: lavoratori e imprese. Ciò lo definisce, per l’appunto, come istituzione sociale. Se si va alla radice del problema dello sviluppo di una comunità, ad esempio quello di una regione, nel confronto con altre comunità, si finisce sempre per scoprire come al di là dell’apparente omogeneità sociale, i modelli di regolazione dell’economia, del mercato del lavoro e della partecipazione politica possano profondamente differire persino fra realtà limitrofe. “Localismo” è la parola chiave per arrivare a capire “ciò che fa la differenza” quando non si dovrebbero apprezzare differenze di sorta: l’agire economico, anche nella forma di mercato – e ciò vale ancor di più per il mercato del lavoro –, è prima di tutto un comportamento sociale, profondamente connotato dal “radicamento” delle istituzioni. La Lombardia è il primo mercato del lavoro italiano non solo per dimensione ma per specializzazione e divisione del lavoro: le forze di lavoro, al secondo trimestre 2015 (il dato più aggiornato disponibile), ammontano a 4 milioni 607 mila unità. Fenomeni sui quali, in altre parti di Italia, si possono solo esprimere congetture, qui sono realtà da anni. Questo numero monografico di Tempi rappresenta l’occasione per mettere al servizio del Paese questo “punto di osservazione”. Oggi, in mancanza di modelli di riferimento, di agende politiche che possano riportarci la passione per “cosa di tutti”, si torna a parlare di “modello lombardo” e di “Milano capitale morale”. Ma il nostro intento non è celebrativo. In ogni contributo si è invece cercato di comunicare il senso di un passaggio, nel travagliato panorama nazionale e internazionale: un “passaggio a Nord-Ovest”, in acque insidiose e ancora poco note e fra banchise che possono richiudersi intrappolando gli esploratori, ma che se venisse scoperto e mappato potrebbe diventare il passaggio anche per altri. Diamo la parola alle istituzioni convinti che sia la specificità della cultura regionale e dell’agire istituzionale a fare del mercato del lavoro lombardo un mercato del lavoro di successo. [pgg] | | 7 protagonisti LE AZIENDE COME AULE. E vICEvErsA AlternAnzA, lA svoltA dellA loMBArdIA La mia Legge contro La fuga dei cerveLLi (daLLe imprese) U na vita dentro la scuola, prima da insegnante, poi da dirigente pubblica e infine da politica, Valentina Aprea è assessore all’Istruzione della Lombardia dal 2012. La incontriamo che è ancora fresca la sua vittoria più recente: a fine settembre il Consiglio regionale ha approvato la legge proposta da lei per dare vita in Lombardia a un autentico «sistema duale tra scuola e lavoro». Assessore, perché si vuole ricreare appeal sul contratto di apprendistato? Noto, purtroppo, un “ri-” di troppo nella domanda. Da noi è dagli anni Cinquanta del secolo scorso che il contratto di apprendistato non tira più. Soprattutto dell’apprendistato formativo, quello che permette di acquisire titoli di studio, qualifiche e diplomi spendibili per la carriera professionale e scolastica. Eppure non devo essere io a ricordare che tutte le scienze dell’apprendimento e dell’educazione sono decenni che rilevano come la metodologia dell’apprendistato sia la più motivante, efficace e significativa per un apprendimento davvero formativo. Si tratta quindi, purtroppo, di “creare” appeal sul contratto di apprendistato, visto che da noi vige ancora il pregiudizio elitistico e gentiliano che chi studia non lavora e che chi lavora lo farebbe perché incapace di studiare, quasi che studio e lavoro siano due realtà incompatibili. Che senso ha, dopo i risultati registrati a livello nazionale negli scorsi anni, tornare a integrare orientamento, formazione e inserimento lavorativo intorno al binomio apprendistato-artigianato, nonostante le “lusinghe” del nuovo contratto a tutele crescenti? Anche in questo caso, mi pare impropria l’espressione “tornare a integrare” orientamento, formazione e inserimento lavorativo: è proprio ciò che è manca8 | | to dagli anni Cinquanta in Italia. Il gentilianesimo di destra e di sinistra che ha dominato la mentalità comune del nostro paese ha intenzionalmente separato i tre momenti, rendendo il nostro sistema formativo afflitto in maniera strutturale dal mismatch tra domande e offerte qualificate di lavoro, mismatch che oggi ha raggiunto traguardi patologici soprattutto tra i giovani (il 43 per cento senza lavoro!). Quindi, a 13 anni dalla riforma Moratti VALENTINA APREA Già sottosegretario del Miur con Letizia Moratti, deputata di FI e Pdl per cinque legislature, ha dedicato tutta la propria carriera politica ai temi della scuola. Da assessore all’Istruzione della Lombardia (prima con Formigoni e poi nella giunta Maroni) ha scritto la legge sull’alternanza scuola-lavoro approvata il 22 settembre dal Consiglio regionale «l’apprendistato formativo È Un’occasione d’oro per rilanciare il “miracolo manifattUriero italiano” e allo stesso tempo l’esperienza di Una formazione cUltUralmente alta e motivante dei giovani» – allora ero sottosegretario alla Pubblica istruzione – che aveva tentato di rilanciare la circolarità di questo trinomio, ben venga la sua concreta attuazione. Ben venga soprattutto se imperniata sull’apprendistato formativo, che rappresenta la risorsa nascosta ma più promettente sia per il rilancio della qualità delle nostre imprese sia per restituire i percorsi di istruzione e formazione ai loro veri fini: la crescita compiuta delle persone, non la tutela dell’apparato burosindacalamministrativoformativo che li gestisce. Ho parlato in genere di imprese, ma dovrei specificare: soprattutto delle imprese artigianali. Esse infatti contengono un sapere davvero integrale che purtroppo scompare con l’artigiano che va in pensione. Scoprire la straordinaria ricchezza di questo sapere e anzi implementarlo di nuove e innovative consapevolezze critiche di natura linguistica, scientifica, tecnologica, estetica, etica e organizzativa con un vero apprendistato formativo, costituirebbe un’occasione d’oro per rilanciare allo stesso tempo il “miracolo manifatturiero italiano” e l’esperienza di una formazione culturalmente alta e motivante dei giovani in autentiche “comunità di pratica”. È vero infine che il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti è un oggettivo disincentivo all’adozione dell’apprendistato formativo e anche di quello professionalizzante. Premia le imprese che non fanno nemmeno lo sforzo di capire che il futuro è di quelle che si innovano con e tramite la formazione continua di chi vi lavora. Ma questo fa parte delle contraddizioni delle nostre politiche del lavoro che risultano scoordinate con quelle dell’istruzione e formazione. L’alternanza scuola-lavoro in Lombardia è un caso di successo. La sua applicazione “universale” implica però numeri enormi, oltre al problema dell’accoglienza da parte delle imprese. Come si può pensare concretamente di applicare il modello su così vasta scala? L’alternanza scuola-lavoro in Lombardia non è soltanto stage, tirocini, impresa simulata, laboratori distribuiti a rete nelle imprese del territorio. Soprattutto dopo la legge recentemente approvata su mio impulso, essa è, in maniera strategica, adozione e diffusione dell’apprendistato formativo dai 15 anni in poi. Nessun Cfp lombardo, infatti, potrà avere meno del 5 per cento di ragazzi in apprendistato. Questo vincolo, insieme a quello della sperimentazione nazionale governata da Miur e Mlps su questa stessa strategia, porterà il numero di giovani apprendisti lombardi ad almeno il doppio già l’anno prossimo. Certo la Lombardia è la regione più avanzata non solo d’Italia, ma d’Europa. Con un tessuto imprenditoriale forte e diffuso, nonostante gli anni di crisi. La difficoltà a generalizzare le modalità dell’alternanza scuola-lavoro che la domanda rileva è reale. Ma è spesso un comodissimo pretesto accampato con furbizia o con ignoranza per negare o per non scommettere sull’intrinseco valore formativo del lavoro, di qualsiasi lavoro manifatturiero, sociale e di servizi. Per invertire questa tanto pericolosa quanto storica tendenza, sarebbe bastato, per esempio, che le recenti Linee guida del Miur sull’alternanza scuola-lavoro non fossero state scritte e pensate da esperti che non hanno mai lavorato e, soprattutto, mai verificato di persona quanto sia culturalmente e metodologicamente ricco e fecondo, se si è bravi e consapevolmente critico-rifles- sivi, accompagnare un giovane nell’organizzazione e nella produzione di un qualsiasi laboratorio artigianale o di una qualsiasi impresa per avere meno sospetti su quante imprese possiedano o non possiedano i requisiti ritenuti necessari per accogliere gli studenti in formazione. A forza di riserve mentali sulle imprese che sarebbero in sé un luogo nel quale si cade più che in altri nei peccati dell’alienazione, dell’estraniazione, della ricerca forsennata del profitto, si finisce per assolvere una scuola che, da questo punto di vista, non è certo migliore per il 50 per cento dei giovani a 15 anni, delle peggiori imprese. A maggior ragione se aggiungiamo che a guidare l’alternanza scuola-lavoro dovranno essere docenti che non conoscono nel dettaglio né scientifico né professionale i processi e i risultati accettabili del lavoro che fanno invece incontrare ai loro studenti in alternanza. L’incontro con il lavoro, infatti, non è formativo in maniera taumaturgica: ha bisogno di competenti e pazienti mediazioni interne alle imprese (il tutor aziendale) e di ancora più competenti e pazienti mediazioni di contenuto e di metodo da parte del cosiddetto tutor scolastico. Chi si è fin qui preoccupato di formare le une e le altre? Sappiamo, vero, come si formano e poi si reclutano i docenti in Italia? Per quanto riguarda i servizi pubblici del lavoro, come si pensa di armonizzare il ruolo dei centri per l’impiego con quello delle agenzie per il lavoro? E quale ruolo avrà l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro? Comincio a rispondere dal fondo. Speriamo che l’Agenzia nazionale sia davvero per le politiche attive del lavoro e non il solito artificio con cui, come ricordava don Luigi Sturzo già negli anni Cinquanta, tutto ciò che è centralizzato e statale cambia, e addirittura in sé, la natura delle cose. Il rischio infatti che l’Agenzia chiami politiche attive del lavoro ciò che in realtà è e resta esercizio delle politiche passive (accoglienza, profilatura e formazione dei disoccupati) è alto. Il paradosso sarebbe che, tra Agenzia nazionale e centri statali per l’impiego sparsi sul territorio, si abbia l’ennesima struttura amministrativa centralizzata che serve benissimo per mantenere il lavoro (magari perfino a tempo determinato) a chi vi lavora, ma che non è in grado, poi, per competenze ed efficienza, di trovarlo a chi non l’ha e/o di stimolare imprenditorialmente a crearlo quando non ci fosse. Noi in Lombardia anche in questo campo abbiamo un vantaggio. Sono anni che grazie a Dote Unica Lavoro non premiamo più, distribuendo soldi pubblici immeritati, centri pubblici per l’impiego o agenzie accreditate per il lavoro che si limitano alle politiche passive, ancorché ben fatte. Paghiamo infatti a risultato, cioè a tirocini extracurricolari o a contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato assicurati al disoccupato. Chi trova lavoro a un senza lavoro, tanto più se quest’ultimo è disoccupato da tempo, merita, per noi, molto di più di chi si limita a fare colloqui di accoglienza e magari a definire percorsi personalizzati di formazione che finiscono per non essere frequentati dagli stessi interessati perché inutili o non convenienti. Più in generale, sarebbe importante che Regione Lombardia riuscisse a delineare gli elementi di forza del modello di formazione e lavoro e le sfide che si presenteranno nei prossimi anni. Gli elementi di forza del nostro modello sono presto detti: a) continua alternanza tra studio e lavoro per l’intero arco della vita e unità di orientamento, formazione e lavoro; b) superamento della tradizionale autoreferenzialità della scuola promuovendo i poli tecnico-professionali che coinvolgono a rete scuole, imprese e privato sociale; c) sviluppo a sistema delle pratiche non solo di autovalutazione, ma di valutazione tecnica, sociale e professionale esterna, con riferimento costante ai costi standard e ai rating di risultato; d) valorizzazione del sistema duale, ovvero assialità dell’apprendistato formativo di I e III livello dai 15 ai 29 anni, facendo orbitare attorno ad esso le pratiche dell’alternanza (stage, tirocini, scuole bottega, imprese simulate, laboratori collocati a rete nelle imprese e nei servizi del territorio) al fine di diffondere sempre di più la pratica dell’acquisizione di qualifiche, diplomi, diplomi di Ifts e diplomi superiori di Its in apprendistato e in alternanza; e) nutrire di sostanza una concezione del merito che non sia soltanto tradizionalmente scolasticistica, ma anche e non meno professionale (i mestieri come capolavori delle proprie attitudini e delle complessive competenze personali di ciascuno); f) libertà di scelta e pluralismo educativo. | | 9 misure straordinarie protagonisti il nuovo welfare del governatore la regione decolla con il reddito di autonomia U si giudica dalle azioni concrete, dai cambiamenti che è in grado di operare nella quotidianità dei suoi cittadini. Deve saperlo fare nella tempistica più efficace possibile, senza ragionare a compartimenti stagni ma concependo i bisogni della persona nella sua completezza. E senza cedere alla logica assistenzialista «abbiamo stanziato e ai finanziamenti a piog50 milioni fino al gia che sono stati la rovina di tanti sistemi, in particotermine dell’anno lar modo rispetto all’occue ne stanzieremo pazione. Per questo – subito altri 200 nel 2016. e dopo l’approvazione della cifra aUmenterà la Legge di Evoluzione se il governo del Sistema sociosanitario regionale, che ridiseintrodUrrà gna il concetto di Welfare i costi standard» sul territorio e introduce quello di presa in carico globale della persona – ho costituito un team specifico. La squadra riunisce tutti gli Assessori coinvolti dal tema del sostegno alle famiglie in difficoltà, agli ultimi della società, a chi non ha un tetto sulla testa o non riesce a pagare le bollette. E già dall’8 di ottobre è partito uno dei progetti più importanti della legislatura, vero esempio di un governo che funziona: il Reddito lombardo di Autonomia. Si tratta di un insieme di misure di aiuto in materia di lavoro, casa, non autosufficienza e famiglia, superando la solita politica di interventi statali che abbiamo osservato (e subìto) negli ultimi decenni. La via lombarda al Welfare si concentra quindi sui cittadini fragili e formula una proposta immediatamente operativa. Si parte dal lavoro, con il Progetto di Inserimento Lavorativo (PIL): offriamo ai cittadini lombardi un contributo economico per il loro impegno attivo alla ricerca di una occupazione, pari a un massimo di 1.800 euro in sei mesi. Questa misura si pone nel solco della preziosa unicità della Dote Unica Lavoro, lanciata in Lombardia nel 2013 e unica in Italia: una tipologia di intervento di Politiche Attive sul lavoro, unitaria e su larga scala, destinata a giovani inoccupati, disoccupati e cassaintegrati. La Dote Lavoro, infatti, con oltre 136 milioni di euro assegnati sinora, si basa su servizi personalizzati sul destinatario e sulla assistenza continua. Si tratta, in pratica, di un percorso individuale di inserimento lavorativo basato sulla fruizione gratuita (perché a spese della Regione) di servizi offerti da un operatore accreditan governo che funziona DI roberto maronI Presidente della Regione Lombardia dove, l’8 di ottobre, è stato varato il Reddito lombardo di Autonomia, un pacchetto di cinque misure straordinarie a sostegno di chi è in difficoltà to. La Dote Unica si distingue anche perché punta al risultato: un lavoro. Solo a risultato raggiunto gli operatori hanno diritto a una remunerazione. Allo stesso modo il “PIL” è un’indennità riconosciuta ai lombardi (residenti o domiciliati) disoccupati da oltre 36 mesi, non percettori di ammortizzatori sociali e con un ISEE fino a 18mila euro, a condizione che fruiscano attivamente dei servizi della Dote Unica Lavoro. Alla fine del percorso il cittadino riceverà un contributo pari al valore dei servizi di formazione e lavoro utilizzati. Dal 15 ottobre al 10 novembre sono già stati prenotati oltre 140 “PIL”. Insieme con le politiche attive per il lavoro, il Reddito di Autonomia prevede anche altre misure a favore dei più deboli, che puntano a rendere autonomi i cittadini lombardi dallo stato di bisogno. Perché se il peggio della crisi internazionale è alle nostre spalle, l’Istat ci ha da poco reso noto che l’11,7 per cento delle famiglie italiane è in ritardo con il pagamento di mutuo o bollette. Quindi abbiamo lanciato anche il bonus affitti, il bonus bebè, l’abolizione dei ticket sanitari per i redditi fino a 18 mila euro e l’assegno di autonomia – a favore di persone anziane, disabili o non autosufficienti o a forte rischio di esclusione sociale. In molti credevano che non ce l’avremmo fatta, invece anche questa volta abbiamo mantenuto una promessa nei tempi annunciati. Abbiamo stanziato 50 milioni fino al termine dell’anno e ne stanzieremo altri 200 nel 2016 per queste misure. Una cifra che potremo aumentare, se il Governo ritornerà sui suoi passi e a sua volta manterrà le promesse fatte circa l’inserimento dei costi standard nella Legge di Stabilità, grazie ai quali la Regione Lombardia, in forza della sua virtuosità, avrà risorse aggiuntive da investire a favore dei cittadini. | | 11 protagonisti l’appuntamento in fiera L’ASSESSORE DELLA REgiOnE VEnETO IL LAVORO, UNA REALTà CHE EDUCA, UNA SFIDA POLITICA a lla Fiera di Verona dal 26 al 28 novembre, andrà in scena la 25ª edizione di JOB&Orienta, il salone nazionale dell’orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro, promosso da VeronaFiere e Regione del Veneto, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il ministero del Lavoro e «aumentiamo delle Politiche Sociali. l’occupazione E anche quest’anno, l’assessorato all’Istruguardando ai zione, alla Formazione fabbisogni del e al Lavoro della Regione del Veneto sarà preveneto. con azioni sente a questo importandi politica attiva, te appuntamento ormai orientamento, consolidato negli anni. “Il lavoro, una realtà che promozione educa. Conoscere, speridi autoimpiego» mentare, apprendere” è il tema scelto per questa edizione, a porre l’accento sull’importanza degli strumenti in grado di avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro, a partire dall’alternanza scuola-lavoro e dell’apprendistato. La Regione del Veneto, ancora una volta, sarà presente con il proprio contributo di competenze, idee e strumenti, con passione ed entusiasmo. Con la consueta voglia di ascoltare e affiancare i giovani nella scelta dei percorsi di formazione professionale, riqualificazione, inserimento o re-inserimento lavorativo che decideranno di intraprendere. Con la reale volontà di far scoprire le soluzioni più consone alle loro aspirazioni e metterli al corrente delle sfide da cogliere per dare slancio al proprio futuro, con determinazione, costanza e ottimismo. Nello stand della Regione, infatti, sarà possibile ricevere 12 | | DI ElEna Donazzan Assessore all’Istruzione, alla Formazione e al Lavoro della Regione del Veneto. La Regione è presente a JOB&Orienta, Fiera di Verona 26-28 novembre 2015 informazioni su Garanzia Giovani, il programma comunitario che rivolge ai giovani fino a 29 anni, che non studiano e non lavorano, un ventaglio di opportunità che variano da offerte di lavoro qualitativamente valide a percorsi di apprendistato, da percorsi di tirocinio ad altre e molteplici misure di formazione. Nello stand, inoltre, sarà possibile dialogare direttamente con le aziende e i professionisti presenti ai vari focus group e con gli operatori delle Agenzie per il Lavoro, disponibili a dare consigli e suggerimenti, avendo ben presente gli obiettivi che la Regione persegue: aumentare l’occupazione dei giovani tenendo conto dei fabbisogni professionali e formativi del mercato del lavoro e del sistema produttivo veneto. Con azioni di politica attiva, orientamento e promozione di autoimpiego e autoimprenditorialità. Con la consapevolezza, altresì, che il tessuto economico del Veneto è da sempre capace di innovarsi nella tradizione, un ossimoro capace di esprimere al meglio quella peculiarità atavica che lo contraddistingue e che raggiunge l’apoteosi, per molte imprese, nel passaggio di consegne generazionale da padre-madre in figlio-figlia. I dati ci confortano, nonostante gli anni di una congiuntura economica non certo favorevole, e per questo continueremo a fare la nostra parte. Con grande responsabilità. Quella responsabilità che ogni persona deve avere per gettare le basi del proprio futuro, per costruire un saldo e coerente progetto di vita. Coerente con le proprie ambizioni e con le opportunità che si presentano quotidianamente. protagonisti italia lavoro/1 LA PICCOLA GRANDE RIVOLUZIONE La fase sTarT-uP Trecento centri selezionati per aprire la strada al sistema duale con la riforma vince l’alleanza tra scuola e lavoro. ecco perché non possiamo non prendere parte al mutamento straordinario che sta orientando il sistema verso le imprese L 107/2015 sulla scuola e il sistema educativo/formativo è una delle riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno. Non passa giorno senza che venga pubblicata una ricerca che descriva la situazione di estrema arretratezza del nostro sistema educativo o che non venga pubblicato un rapporto di un’organizzazione internazionale da cui risulti evidente la posizione (piuttosto da bassa classifica) delle competenze dei nostri lavoratori (e non solo giovani). È dall’inizio di questo secolo che si è tentato, con alterne fortune, di disegnare una riforma del sistema educativo italiano che potesse ovviare a questi gap strutturali. Una riforma che potesse collegare in maniera organica e coerente il sistema della scuola e della formazione a quello del lavoro, contribuendo in questo modo alla crescita del valore del capitale umano e dunque della produttività in Italia. A questa visione, peraltro comune a tutti i paesi industrializzati, si è sempre contrapposto un fronte – cieco e culturalmente arretrato – che in nome della (falsa) sacralità dell’istruzione ha costruito tutta una serie di possibili ostacoli, costringendo la scuola italiana in una condizione di assoluta marginalità e arretratezza. Ancora oggi siamo un paese che vede i giovani conseguire la laurea magistrale a 27 anni, quasi sempre senza mai aver 14 | a nuova legge | fatto un’esperienza di lavoro, mentre nei paesi del Nord Europa i sistemi educativi sono maggiormente “job oriented” e le transizioni scuola-azienda sono brevi ma efficaci, i sistemi educativi e il mercato del lavoro dialogano già a partire dalla scuola superiore. Nondimeno, alla fine, ha vinto la visione di una attiva collaborazione tra scuola e lavoro. Oggi ci troviamo nella felice situazione per cui è in corso un mutamento straordinario del nostro sistema educativo-formativo, ormai orientato in maniera strutturale verso il sistema del lavoro e delle imprese. È un cambiamento che necessita di essere sostenuto per per- DI Paolo ReboanI Presidente e ad di Italia Lavoro, l’agenzia tecnica del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali inserita nella rete dei servizi coordinati dall’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive (decreto Jobs Act). IL collabora con Regioni, Province, enti locali, pubblico e privato per garantire servizi uniformi ai cittadini e supporta azioni per il reinserimento lavorativo, la formazione, il sostegno allo sviluppo economico. dobbiamo essere in grado di definire Le competenze utiLi per L’itaLia di questo miLLennio, una misceLa di conoscenze e attitudini necessarie per Lo sviLuppo personaLe, iL Lavoro e La cittadinanza attiva vadere diffusamente tutta la nostra società e per permettere un salto di paradigma all’Italia. Sul terreno delle politiche attive del lavoro, in questi anni Italia Lavoro non è stata semplice spettatrice ma operosa protagonista nel contribuire a questo mutamento strutturale. Attraverso la promozione del programma FiXO – oggi alla sua seconda tornata (vedi pagina 34) – ha operato una decisa sterzata a favo- re dell’alternanza scuola-lavoro, per dare risposte sia alle esigenze del mondo produttivo sia a quelle dei giovani maggiormente in difficoltà, che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione (i cosiddetti Neet). Il protagonismo di Italia Lavoro ha permesso di costruire una più robusta rete universitaria di placement, per aumentare l’offerta di servizi di orientamento al lavoro, e di iniziare a struttura- La costruzione di una via italiana al sistema di formazione duale è uno degli obiettivi della nuova stagione di riforma del mercato del lavoro. In questo ambito il ministero del Lavoro ha avviato una ampia sperimentazione che coinvolge il sistema dell’Istruzione e Formazione professionale, affinchè sia in grado di promuovere un’offerta formativa di tipo innovativo che faciliti le transizioni tra formazione e mondo del lavoro. Il programma prevede, infatti, l’organizzazione, da parte dei Centri di formazione professionale adeguatamente preparati, di nuovi corsi caratterizzati dall’utilizzo di strumenti di alternanza tra momenti formativi in aula ed esperienze professionali sul campo e il coinvolgimento di imprese e di un’ampia platea di giovani disponibili ad intraprendere tale modello formativo. Italia Lavoro ha un ruolo attivo nella fase di start-up dell’intera sperimentazione, che è stata avviata nello scorso mese di ottobre. Si occupa, infatti, della selezione di 300 Centri di formazione professionale, dislocati sull’intero territorio nazionale, che posseggano già alcune esperienze nell’utilizzo di metodi e strumenti di transizione istruzione-lavoro. Garantirà, quindi, assistenza tecnica a questi Centri per la costituzione e la qualificazione dei propri servizi di orientamento e placement e per l’acquisizione delle competenze necessarie per utilizzare strumenti di transizione come l’alternanza scuola-lavoro, l’impresa formativa simulata e il contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale. Tutto ciò al fine di rendere possibile l’avvio di azioni di orientamento dei giovani, inseriti o da inserire nei corsi, affinché siano indirizzati verso esperienze formative caratterizzate da periodi alternati di formazione in aula e lavoro in azienda e finalizzate ad un più rapido e soddisfacente inserimento nel mondo del lavoro. re le scuole quali attrici del mercato del lavoro, in un rapporto costante con il territorio e con le imprese. E oggi l’aria nel mercato del lavoro è cambiata: la riforma del Jobs Act ha impresso un’accelerazione evidente al versante delle politiche del lavoro, la collaborazione tra ministero del Lavoro e ministero dell’Istruzione si è consolidata e Italia Lavoro è il perno fondamentale attraverso cui si delinea l’attuazione della riforma “la Buona Scuola” in relazione al rapporto tra scuola e lavoro. D’altra parte, per restare competitivi e per offrire (soprattutto ai giovani) nuove opportunità di lavoro dobbiamo investire sulle competenze e sul rapporto – Un tempo servivano lavoratori esecUtivi e obbedienti, ora si cercano collaboratori intraprendenti, capaci di nUove competenze sempre di più inflUenzate dal nUovo mondo delle tecnologie digitali stretto – tra mondo della formazione e mondo delle imprese. Infatti, per essere pronti ad affrontare le importanti sfide che ci attendono dobbiamo essere in grado di definire le competenze utili per l’Italia di questo millennio, una miscela di conoscenze e attitudini necessarie per lo sviluppo personale, il lavoro e la cittadinanza attiva. Quali saperi, quali professioni e per quale futuro? Il mondo della scuola e quello del lavoro spesso in passato sono apparsi sordi e concentrati su se stessi, incapaci di comunicare, e troppo spesso la domanda delle imprese si è scontrata con l’impossibilità di trovare i profili professionali richiesti: secondo i dati Excel- sior e Istat la difficoltà nel reperimento di numerose professionalità, sia nei servizi sia nell’industria, arriva fino al 35-40 per cento. Un tempo servivano lavoratori esecutivi e obbedienti, ora si cercano collaboratori intraprendenti, capaci di prendere decisioni e ascoltare, negoziare, collaborare. È questo il nuovo mondo delle competenze, su cui sta per influire in maniera assai significativa il nuovo mondo delle tecnologie digitali. Più valore al made in Italy Ed è questa la scommessa (vinta) di Italia Lavoro. Con l’alternanza scuola-lavoro parte una piccola rivoluzione. I giovani devono imparare a mettersi in gioco già nel percorso scolastico senza attendere la maggiore età: la nuova alternanza interesserà nel nostro paese circa 520 mila studenti delle terze classi dei licei, istituti tecnici e professionali, a cui si aggiungono gli oltre 200 mila degli ultimi anni. Nello stesso tempo i programmi di Italia Lavoro vogliono valorizzare i “mestieri”, quella capacità tecnica, creativa e artigianale che ha reso il Made in Italy famoso nel mondo, le eccellenze che vanno dalla moda all’alimentare, dal calzaturiero alla cantieristica navale. Così come altri nostri progetti guardano a un futuro già vestito di presente: attraverso Make your Job gli artigiani digitali, i cosiddetti makers, hanno un’opportunità imprenditoriale per trasformare quelle che credevamo fantasie in realtà. Scuola e imprese devono prepararsi a una rivoluzione organizzativa, il cui scopo è migliorare l’offerta formativa e l’occupabilità dei giovani. Quello che serve è un cambio di mentalità, bisogna lottare contro la dispersione scolastica, arrivare a costruire un sistema formativo che offra a ciascun territorio un progetto educativo e a ciascuna persona un’opportunità formativa che la conduca a trovare un lavoro come compimento di un percorso. | | 15 LAVORO GLI SPECIALISTI DELLA RICERCA I C’È UN POSTO PER TE Foto: Ansa un mILIonE E TRECEnTomILA ConTRATTI ATTIvATI In un Anno. SEGuEnDo un TREnD In foRTE CRESCITA E Con foRmuLE SEmPRE PIù STAbILI. ECCo PERChé LE AGEnzIE PER IL LAvoRo Sono oRmAI un moToRE ImPRESCInDIbILE DELL’InConTRo TRA DomAnDA E offERTA DI oCCuPAzIonE. «IL JobS ACT? È quELLo ChE ASPETTAvAmo» 16 | | l mercato del lavoro, come ci insegnano gli studi più recenti ed avanzati quali quelli dei premi nobel Diamond, Mortensen e Pissarides, è un search market, ossia un mercato dove occorrono tempo e risorse economiche per far incontrare domanda e offerta di lavoro. Dopo anni di (sostanzialmente passivo) monopolio pubblico e di grande arretratezza come sistema Paese, su cui hanno scarsamente inciso (a livello nazionale) le riforme che si sono succedute, in questa sezione si ha l’occasione di ascoltare dalla viva voce degli operatori di mercato quale sia l’attuale stato dell’arte di quella infrastruttura (in gran parte immateriale) che rende possibile l’incontro (intermediato) fra posti di lavoro vacanti nelle imprese e persone in cerca di occupazione. L’elevato grado di specializzazione e di divisione del lavoro, raggiunto in particolare nel mercato del lavoro lombardo, rende possibile tratteggiare l’inviluppo degli aspetti più innovativi di questa trading technology, nonché il funzionamento di un “sistema duale” fondato sussidiariamente sull’integrazione fra agenzie del lavoro private e servizio pubblico. La posta in gioco, a parità di crescita effettiva delle opportunità di lavoro, è infatti alta: si tratta di massimizzare la probabilità di trovare un buon candidato per le imprese che devono coprire una posizione vacante e la probabilità di trovare un buon lavoro per le persone in cerca di occupazione. Una missione impossibile? [pgg] | | 17 LAVORO GLI SPECIALISTI DELLA RICERCA Le principaLi agenzie per iL Lavoro STEFANO SCABBIO, PRESIDENTE DI ASSOLAVORO «coniugare tutele e Flessibilità? siamo qui per questo» O ffrono servizi integrati per il lavoro, rispondono tempestivamente alle richieste delle imprese per qualsiasi figura professionale, favoriscono la competitività delle aziende clienti, come emerge da una indagine Ipsos dello scorso anno. Sono le Agenzie per il Lavoro, gli operatori privati autorizzati dal Ministero del Lavoro iscritti in un apposito Albo e che operano su territorio nazionale con una rete capillare costituita da 2.500 filiali e circa 10 mila dipendenti diretti. Con risultati di rilievo: oltre un milione e trecentomila i contratti di lavoro attivati in un anno, 338 mila la media mensile dei lavoratori in somministrazione impiegati. E un trend fortemente in crescita, specialmente per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato. «Fino ad agosto 2015 sono 22.895 le assunzioni stabili, con un balzo del +54 per cento rispetto a dodici mesi prima», sottolinea Stefano Scabbio, Presidente di Assolavoro, l’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro. Come emerge dai dati di Assolavoro Datalab, l’Osservatorio sul settore, si attesta così al 5,7 per cento l’incidenza della somministrazione a tempo indeterminato sul totale dei rapporti di lavoro tramite Agenzia per l’anno in corso, a confermare l’esplosione delle assunzioni stabili nel settore, che nel 2008 pesavano solo l’1 per cento sul totale dei lavoratori in somministrazione. Formazione e welfare Si allunga, inoltre, la durata delle missioni: la media di ore lavorate su base annua per lavoratore (+19,5 per cento), infatti, cresce più del numero degli occupati. «L’aumento della durata media delle missioni e la crescita esponenziale delle assunzioni a tempo indeterminato sono il 18 | | STEFANO SCABBIO Presidente di Assolavoro, l’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro segnale più evidente del ruolo nuovo che le Agenzie per il Lavoro hanno assunto da tempo», aggiunge il Presidente di Assolavoro. «Le esigenze di continuità – da una parte – per chi lavora e di flessibilità – dall’altra – da parte delle aziende, trovano nei servizi specializzati delle Agenzie per il Lavoro un modello funzionante e con tutte le garanzie previste per i lavoratori dipendenti». Il mix di servizi integrati per le imprese e di tutele per i lavoratori è infatti la carta vincente del sistema delle Agenzie per il Lavoro. Le aziende possono contare su una ricerca di tutte le figure professionali attraverso ampi database continuamente aggiornati, su selezioni affidate a personale competente, sulla somministrazione di lavoro per il tempo che occorre all’impresa. E poi ancora su servizi per l’outplacement e su un sistema formativo che fa da modello in Europa: Forma.Temp, il fondo dedicato alla formazione dei lavoratori in somministrazione e alimentato da risorse tutte private. Attraverso Forma.Temp, infatti, le Agenzie per il Lavoro destinano annualmente al finanziamento di percorsi formativi il 4 per cento calcolato sulle retribuzioni erogate. Nel corso del 2014, il fondo ha finanziato oltre 29 mila progetti formativi per un totale di 135 milioni di euro. I partecipanti ai corsi sono stati circa 196 mila, le ore di formazione quasi 1 milione e 110 mila. E i lavoratori in somministrazione, dal canto loro, godono di tutti i diritti, del- le tutele e della retribuzione prevista per i contratti di lavoro dipendente. A partire da un sistema di welfare aggiuntivo dedicato, anch’esso finanziato con risorse esclusivamente private e gestito grazie a Ebitemp, l’ente bilaterale nazionale per il lavoro temporaneo. Nel 2014 Ebitemp ha erogato oltre 9,5 milioni di euro per le prestazioni di welfare previste dal Ccnl e, in particolare, per contributi per asili nido, per la mobilità territoriale, per piccoli prestiti, per polizza infortuni, per sostituzione maternità, sostegno al reddito e tutela sanitaria. Le richieste approvate dall’ente bilaterale durante lo scorso anno sono state quasi 11.500. Inoltre, le Agenzie per il Lavoro hanno il vantaggio di operare a stretto contatto con le imprese di tutti i settori, intercettando per prime i segmenti di attività che vantano le migliori performance sul mercato. Oltre all’industria, infatti, sono fortemente presenti anche nel settore del commercio e del terziario (con una crescita che ha punte anche del 70 per cento nel primo semestre 2015 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), i trasporti e logistica (con un aumento del 58,3 per cento) e in mercati di nicchia come l’estrazione di minerali (+34 per cento). Lotta allo sfruttamento Senza sottovalutare un ulteriore elemento: il lavoro in somministrazione rappresenta un baluardo contro le forme di lavoro sommerse, irregolari, spurie. «Le Agenzie per il Lavoro – continua Scabbio – sono in prima linea nella lotta contro tutti i fenomeni di lavoro irregolare e sottopagato, in primis per tutelare chi è sfruttato, ma anche per escludere dal mercato i veri nemici del nostro settore. Sotto questo profilo sono numerose le evidenze di natura scientifica e statistica, anche in ambito internazionale, che evidenziano il nostro ruolo nella lotta ad ogni forma di “undeclared and/or illegal work”. Dove le Agenzie sono più presenti, infatti, si riscontrano minori irregolarità». Numerosi, inoltre, gli obiettivi per i prossimi mesi. A partire dagli effetti dell’implementazione della nuova Agenzia unica nazionale per il lavoro, che valorizzi interazioni virtuose tra operatori pubblici e operatori privati, come già avviene in alcuni casi su base territoriale. «Una novità che va nella direzione giusta», agenzia Adecco Italia S.p.A. ADHR Group S.p.A. Agenzia Più S.p.A. Aizoon S.r.l. AreaJOb S.p.A. Atempo S.p.A. AXL S.p.A. Best Engage S.r.l. CooperJob S.p.A. E-Work S.p.A. Elpe Global Logistic Services S.C.P.A. Etjca S.p.A. ETS Nexus S.p.A. Eurointerim S.p.A. Experis S.r.l. Generazione Vincente S.p.A. GI Group S.p.A. Idea Lavoro S.p.A. In Job S.p.A. Infor Group S.p.A. Intempo S.p.A. ISS International S.p.A. Job Italia S.p.A. Kelly Services S.p.A. Lavoropiù S.p.A. LifeIn S.p.A. Love for Work S.r.l Manpower Italia S.r.l. Manutencoop Soc. Coop. MAW Men At Work S.p.A. Mediatica S.p.A. Obiettivo Lavoro S.p.A. Oggi Lavoro S.r.l. Opportunity Job S.r.l. Orienta S.p.A. Page Personnel Italia S.p.A. Quanta Italia S.p.A. Quintiles Staff Services S.p.A. Randstad Italia S.p.A. Risorse S.p.A. Sapiens S.p.A. Synergie Italia S.p.A. Trenkwalder S.r.l. Umana S.p.A. indirizzo Località Via Tolmezzo, 15 Milano Via Pio La Torre, 10 Castel Maggiore (Bo) Via Cavallotti, 145 Sesto S. Giovanni (Mi) Via Po, 14 Torino P.zza del Bianello, 7/a Bibbiano (Re) Strada Torino, 43 Orbassano (To) Via V. Veneto, 82/i Bonate Sotto (Bg) Via Elio Chianesi, 134 Roma Via Brennero, 246 Trento Via I. Rossellini, 12 Milano Via C. Colombo, 1 Torino Corso Sempione, 39 Milano Via per Novara 112 Cameri (NO) V.le dell’Industria, 60 Padova Via. G. Rossini, 6/8 Milano Via L. Spallanzani, 15 Milano Piazza IV Novembre, 5 Milano V.le della Civiltà del Lavoro, 84 Roma Via Germania, 1 Verona Via A. Rizzoli, 4 Milano Via Palmanova, 67 Milano Via Magna Grecia 117 Roma Via A. Benedetti, 4 Legnago (Vr) Via Spadolini, 7 Milano Via dell’Indipendenza, 67/2 Bologna Via Creta, 31 Brescia P.le delle Medaglie d’Oro, 46 Roma Via Rossini, 6/8 Milano Via Poli, 4 Zola Predosa (Bo) Via Corfù, 50 Brescia Via Silvio D’Amico, 40 Roma Via Palmanova, 67 Milano Via Torino, 52 Cuorgnè (To) Via della Giuliana, 63 Roma Viale Schiavonetti, 270/300 - Pal. B Roma Via Spadari, 1 Milano Via Assietta, 19 Milano Cassina Plaza, ed. F, scala 2, via Roma 108 Cassina de’ Pecchi (MI) Via R. Lepetit, 8/10 Milano Via E. Ponti, 18 Milano Via G. Gaber, 2 Mantova Lungo Dora Colletta, 75 Torino Via Ferruccio Lamborghini, 79 Modena Via Colombara, 113 Marghera (Ve) commenta il Presidente di Assolavoro. «Ora è necessario che prenda forma una sperimentazione delle politiche attive efficace ed efficiente, valorizzando i punti di forza di ciascuno degli operatori. L’obiettivo deve essere quello di gestire al meglio le fasi di transizione sempre più frequenti: dalla scuola al lavoro, da un lavoro a un altro, dal “non lavoro” a una occupazione. Tenendo conto della complessità del mercato e delle esigenze». «Le sfide del mercato del lavoro in una economia in continua trasformazione si affrontano soltanto con la capacità di coniugare le esigenze di flessibilità delle imprese e quelle di continuità per il lavoratore, e i servizi specializzati delle Agenzie per il Lavoro sono un elemento centrale per vincere la sfida della competitività, dell’occupazione e della crescita», conclude Scabbio. Telefono 02 88141 051 19938540 02 58325752 011 19507211 0522 883405 011 9027088 035 4995700 06 5073327 0471 441877 02 673381 011 4306111 02 22150159 032 1641711 049 8934994 02 230031 02 20520019 02 444111 06 72672063 045 8287611 02 668141 02 281751 06 45228201 045 8287611 02 880731 051 4075832 030 2061300 06 43400123 02 230031 051 3515111 030 2428345 06 546411 02 281751 0124 652910 06 6693064 06 724391 02 36260606 02 833871 02 957941 02 6764261 02 8180821 0376 1880875 011 2359499 059 511288 041 2587311 Sito internet www.adecco.it www.adhr.it www.agenziapiu.com www.aizoon.it www.areajob.it www.atempospa.it www.aperelle.it www.bestengage.it www.cooperjob.it www.e-work.it www.elpe.it www.etjca.it www.etsspa.it www.eurointerim.it www.experis.it www.generazionevincente.it www.gigroup.it www.idealavoro.it www.injob.it www.inforgroup.eu www.intempolavoro.it www.iss-international.it www.jobitalia.net www.kellyservices.it www.lavoropiu.it www.lifein.it www.loveforwork.it www.manpower.it www.manutencoop.coop www.maw.it www.mediaticaspa.it www.obiettivolavoro.it www.oggilavoro.eu www.opportunityjob.it www.orienta.net www.pagepersonnel.it www.quanta.com www.quintiles.com www.randstad.it www.risorse.it www.sapienslavoro.it www.synergie-italia.it www.trenkwalderitalia.it www.umana.it PRESENTE E FUTURO SECONDO GLI OPERATORI «CHIUSA L’ERA DEI CO.CO.PRO, ABBIAMO OBIEttIvI AMBIzIOSI» S 650 mila i contratti di collaborazione a progetto che, a partire dal 2016, dovranno evolversi in forme contrattuali più stabili e tutelanti. E in un momento in cui il mercato del lavoro sta vivendo una nuova grande evoluzione, anche per effetto del Jobs Act, le Agenzie per il Lavoro si presentano pronono circa te a raccogliere le sfide da affrontare per soddisfare le richieste di aziende, candidati, mercato del lavoro. «Tempo indeterminato per 10 mila» Ne è convinto Andrea Malacrida, Amministratore Delegato di Adecco e vice presidente di Assolavoro, che spiega: | | 19 LE NUOVE REGOLE LAVORO GLI SPECIALISTI DELLA RICERCA LAVORO PARLA UN AUTORE DELLA RIFORMA «Come attori di questo mercato dobbiamo avere l’ambizione di far ripartire il nostro Paese, dando un contributo importante all’innovazione di questo settore, con risposte e progetti concreti. Questo, per noi di Adecco, significa tre cose: innanzitutto prenderci l’impegno di arrivare a offrire lavoro a tempo indeterminato a 10 mila persone entro il 2015, aiutando le imprese e i candidati in questo percorso». Continua Malacrida: «Vuol dire, inoltre, indirizzare e orientare i giovani al mondo del lavoro, attraverso un approccio coerente con l’innovazione digitale che stiamo vivendo e portando le aziende a scuola. Ma significa anche cogliere il valore della somministrazione (a tempo determinato o indeterminato) come unico strumento in grado di assicurare ai lavoratori parità retributiva e garanzia di uno stipendio, mentre le aziende potranno contare su modelli agili, efficienti e nel rispetto del welfare dei candidati». «1.500 assunti già quest’anno» D’accordo anche Alessandro Ramazza, Presidente di Obiettivo Lavoro e membro del Consiglio Direttivo di Assolavoro, che afferma: «L’entrata in vigore del Jobs Act ha dato ulteriore spazio a un’iniziativa che Obiettivo Lavoro perseguiva da tempo: l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori da parte dell’Agenzia per il Lavoro. Esprimiamo un giudizio positivo sulla legge e sui relativi decreti attuativi e l’apprezzamento per l’azione del Governo in questo campo. L’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori da inviare in missione presso le imprese, infatti, è una delle strade principali per soddisfare gli interessi delle imprese clienti e dei lavoratori. Già prima dell’entrata in vigore della norma avevamo assunto più di mille persone a tempo indeterminato; nel corso del 2015 abbiamo fatto altre 1.500 assunzioni. Ora circa il 25 per cento dei lavoratori che somministriamo è assunto con questo contratto». Questo strumento, insiste Ramazza, è «utile sia per i lavoratori che per le imprese. Alle persone, infatti, oltre a dare una continuità temporale del rapporto di lavoro, offre garanzie “di cittadinanza”, come accendere un mutuo o accedere al prestito al consumo. Alle imprese questo contratto offre la garanzia di avere lavoratori con alta qualità professionale, di 20 | | poter contare sulla flessibilità della prestazione lavorativa e anche di produrre un rapporto di fidelizzazione». Il rapporto pubblico-privato A cogliere le nuove opportunità offerte dal Jobs Act è anche Giuseppe Garesio, Amministratore Delegato di Synergie Italia e vicepresidente di Assolavoro, che osserva: «Il Jobs Act rappresenta un importante atto del Governo, che ci impone molteplici sfide: la sua impostazione va verso una struttura di flexsecurity che può generare un mercato del lavoro finalmente moderno. Con il provvedimento, in particolare, ci aspettiamo che finisca lo sregolato abuso del precariato intorno ai co.co.pro, così come le false partite Iva e le false cooperative. Parliamo di centinaia di migliaia di posti di lavoro. C’è, poi, la partita speculare delle politiche attive, un grande mutamento della cultura del ricollocamento. Su questo fronte è evidente che, se vogliamo praticare un sano rapporto pubblico-privato, occorre che il lavoro dei nostri impiegati possa essere retribuito e non solo agganciato a una success fee. Entrambe le partite – flessibilità ro ha attribuito un ruolo ancora più centrale alle Agenzie per il Lavoro. È importante sottolineare che chi ottiene un lavoro attraverso la somministrazione, e quindi le Agenzie, è garantito due volte perché sia le Agenzie sia l’azienda rispondono per il lavoratore. La somministrazione, in altre parole, deve essere considerata un forte strumento di flessibilità buona che può andare a sostituire quelle forme contrattuali ibride (contratti a progetto, partite Iva…) che non danno garanzie ai lavoratori. Ci aspettiamo, per il prossimo anno, una crescita ulteriore di queste formule contrattuali». «Guardiamo con fiducia al 2016» Ottimismo anche per Stefano Colli-Lanzi, Ceo di GI Group e vicepresidente di Assolavoro: «Il 2015 – spiega – è stato un anno positivo per Gi Group, così come in generale per tutto il settore. Siamo fiduciosi anche per il 2016, per il quale è previsto un aumento del Pil dell’1,4 per cento a fronte di un +0,9 per cento che si registrerà quest’anno. A un favorevole scenario macroeconomico si aggiungeranno inoltre gli effetti del Jobs Act: prevediamo per- «A unO scenARiO mAcROecOnOmicO fAVOReVOLe si AggiungeRAnnO gLi effetti deL JObs Act: pReVediAmO un meRcAtO mOLtO AttiVO dOVe LA disOccupAziOne, ci AuguRiAmO, pOssA diminuiRe in mOdO decisO» buona e politiche attive – possono vedere le Agenzie per il Lavoro protagoniste: siamo certi di esserne all’altezza e crediamo che la crescita del settore possa consentirci di diventare soggetti indispensabili della modernizzazione in atto. Speriamo che i sindacati ci seguano in questo sforzo». «La somministrazione fa bene» Francesca Contardi, Managing Director di Page Personnel e vicepresidente di Assolavoro, sottolinea, invece, le ottime performance dell’andamento del settore: «Secondo gli ultimi dati a nostra disposizione – dichiara – i contratti di lavoro sottoscritti tramite Agenzie sono aumentati del 17 per cento rispetto all’anno precedente. È la dimostrazione che stiamo andando nella giusta direzione, quella cioè della semplificazione e della flessibilità buona. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la recente riforma del lavo- tanto un mercato del lavoro molto attivo dove il tasso di disoccupazione, ci auguriamo, possa scendere in modo deciso». In questo contesto, conclude Colli-Lanzi, «le Agenzie per il Lavoro stanno affrontando un percorso di maturazione ed evoluzione del loro ruolo. Sono soggetti che lavorano sul workforce management e sulle competenze delle persone per renderle continuamente impiegabili, anche grazie al fondo bilaterale Forma.Temp, che consente di reinvestire risorse economiche sullo sviluppo professionale dei lavoratori, attraverso un nesso particolarmente efficace tra formazione e posto di lavoro. Inoltre, quanto più le Agenzie saranno coinvolte e centrali nella gestione della flessibilità, tanto più saranno in grado di ricollocare numeri sempre crescenti di persone nel mercato, minimizzando i tempi di inoccupazione e massimizzando l’efficacia dei servizi al lavoro». n «Così si ABBATTe LA seGReGAZioNe PeR i NoN GARANTiTi» T ommaso NaNNiciNi, ordiNario di EcoNomia politica all’Università Bocconi e consigliere economico della Presidenza del Consiglio, è stato il più importante consulente nella stesura del Jobs Act. Gli abbiamo rivolto alcune domande in occasione della sua partecipazione a un dibattito sulla nuova legge organizzato da Adapt, il centro di ricerche sul diritto del lavoro e le politiche industriali fondato da Marco Biagi, e «peR LA pRimA VOLTA dall’Ordine dei consulenti dA Anni, nOn c’è del lavoro. Professore, qual è la vera novità del Jobs Act dopo venti anni o quasi di riforme del lavoro? sfAsATuRA fRA OccupAziOne e ecOnOmiA: quesTA cResciTA, che deVe esseRe RAffORzATA, nOn è “jObLess”» Il Jobs Act è una riforma moderna non perché imponga dall’alto un’idea astratta di “modernizzazione” dei rapporti nel mercato del lavoro, ma perché è sanamente pragmatica. Risolve alcuni problemi, ovviamente non tutti. E lo fa sulla base di una visione ben precisa delle evoluzioni del mercato del lavoro italiano negli ultimi decenni. I sistemi produttivi sono certamente cambiati rispetto all’epoca del fordismo, ma questo non ha messo ToMMAso fuori gioco il rapporto di lavoro dipenden- NANNICINI te. In Italia abbiamo un problema: il nostro Ordinario di tasso di lavoro autonomo è nettamente più Economia politica alla Bocconi, alto di quello dei grandi paesi industrializ- consigliere di zati (Stati Uniti, Germania, Francia) e pros- Matteo Renzi simo a quello di economie emergenti come Messico e Turchia. In buona parte è vero lavoro autonomo, a cui il collegato alla legge di stabilità si appresta a dare precise tutele, ma c’è anche una parte di lavoro subordinato mascherato. Il Jobs Act interviene su questa situazione spazzando via alcuni tabù e allo stesso tempo portando una nuova filosofia, divenuta necessaria dopo venti anni di riforme del lavoro al margine. Cioè riforme che hanno lasciato invariate le condizioni di chi aveva già un lavoro stabile e hanno concentrato la flessibilità su chi entrava in quel momento. Quelle riforme hanno sorretto i tassi occupazionali, ma hanno anche creato una situazione di marcato dualismo e segregazione all’interno del mondo del lavoro, con una disparità di tutele. Il Jobs Act cerca di offrire a tutto il lavoro subordinato le stesse tutele. La ragion d’essere di questo intervento non va cercata in primo luogo nella creazione DI RoDoLfo CAsADeI di posti di lavoro aggiuntivi: la riforma serve anche a questo, ma non va misurata principalmente su questo. La ragion d’essere è il superamento del dualismo. Un ex presidente del consiglio ha criticato il Jobs Act dicendo che in tempi di vacche magre non si fanno riforme come questa. Pissarides, premio Nobel per l’economia, sostiene esattamente il contrario: interventi come questo servono proprio nelle fasi iniziali di una ripresa economica. Ma la nuova legge sta producendo qualche risultato nella lotta alla disoccupazione? È troppo presto per rispondere a una domanda come questa. Le statistiche di cui disponiamo sono perlopiù congiunturali. Due cose però si possono dire. La prima è che per la prima volta da molto tempo non c’è sfasatura fra la crescita economica e la crescita occupazionale. Per quanto ancora da rafforzare, la crescita economica a cui stiamo assistendo non è “jobless”. La seconda cosa, è che se guardiamo ai dati Inps sui contratti di lavoro, vediamo che nella prima parte del 2015 le accensioni di contratti a tempo indeterminato o trasformazioni del tempo determinato in tempo indeterminato, al netto dei rapporti cessati risultano triplicate rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il contratto a tempo indeterminato è tornato al centro delle dinamiche del mercato del lavoro. Anche per effetto degli sgravi contributivi per chi assume previsti dalla Legge di stabilità di quest’anno, probabilmente. Certamente. Quello è stato un intervento congiunturale che non potrà essere mantenuto in vigore a lungo perché precarizzerebbe il lavoro gonfiando il turnover, ma di cui c’era bisogno in quel momento. Comunque se anche togliessimo dai dati dell’Inps i nuovi contratti a tempo indeterminato legati agli sgravi contributivi, scopriremmo che il dato resta comunque il doppio di quello dell’anno scorso. La ragion d’essere del Jobs Act è più ampia della generazione di nuovi posti di lavoro, che non può dipendere solo dai regimi contrattuali. Il contratto a tutele crescenti con l’anzianità del rapporto del lavoro, la certezza dei costi di separazione quando il rapporto deve interrompersi, il concetto di eteroorganizzazione per definire un lavoro come subordinato, la riforma organica degli ammortizzatori sociali, le politiche attive per tutelare il lavoratore sul mercato: questi sono gli ingredienti qualificanti del Jobs Act. E sull’ultimo, le politiche attive, c’è ancora molto da lavorare, anche se il percorso è tracciato. | | 21 capitale umano una sfida educativa S L’X FACTOR DELLO SVILUPPO Foto: Ansa è fattore di produzione, crescita endogena, progresso. viaggio nelle fucine del bene più prezioso per l’economia, la società e la politica di un paese moderno. dai centri di formazione alla scuola, ecco chi lavora ogni giorno all’incremento del capitale umano 22 | | pesso si sente parlare di “capitale umano” a sproposito. Il termine è diventato uno dei luoghi comuni dei conferenzieri. E come tutti i luoghi comuni, qualunque fosse il suo significato originario, rischia di essere screditato. Ciò che gli economisti chiamano Human capital può essere definito come lo stock di conoscenze, abitudini, attributi sociali e personali, compresa la creatività, che danno corpo all’abilità di eseguire un lavoro in modo da produrre un valore economico. Come lo stock di “capitale fisico” (macchinari, attrezzature, immobili eccetera) si incrementa attraverso il flusso degli investimenti, lo stock di “capitale umano” aumenta attraverso un flusso particolare: tutte le volte che dedichiamo un’ora del nostro tempo all’istruzione o alla formazione professionale (o, più in generale, quando coltiviamo, in qualsiasi modo, la nostra cultura, la nostra preparazione). Il “capitale umano”, secondo la moderna teoria della crescita economica di Lucas, che continua a trovare robusti riscontri empirici nella comparazione internazionale, è un fattore di produzione tanto quanto lo sono gli input di lavoro e di capitale fisico: è un motore di crescita endogena, come il progresso tecnico e la specializzazione produttiva. Strategico, dato che non poche volte, assieme allo stato della tecnologia, fa la differenza fra sviluppo e sottosviluppo. Lo accumuliamo nel contesto dell’istruzione formale (a scuola o all’università), nella formazione “al lavoro” (sia essa iniziale, in apprendistato o si parli di formazione superiore o di alta formazione), “sul lavoro” (la formazione continua rivolta alle imprese, il cosiddetto on-the-job training) o “permanente” (la formazione rivolta alle persone sull’intero arco della vita, lo spesso citato lifelong learning). Lo accumuliamo nell’“alternanza scuola-lavoro”, uno strumento destinato ad assumere un ruolo ancora più importante nel prossimo futuro, riallineando il modello italiano su esperienze, come quella tedesca, dove si è rivelato un fattore di successo per l’economia e il lavoro. Senza mai dimenticarne la missione educativa, l’istruzione e la formazione rappresentano infine lo strumento per rendere più “occupabili” le persone quando esse sono a rischio di disoccupazione o per “integrarle” quando esse sono a rischio di esclusione sociale. In questa sezione si dà la parola ai protagonisti della formazione professionale e della scuola, gli unici forse veramente titolati a raccontarsi, soprattutto in Lombardia, dove si sono sviluppate in anticipo le esperienze più significative e innovative. [pgg] | | 23 capitale umano la via italiana al sistema duale parla il sottosegretario luigi bobba un FROnTE COMunE ha daTO una SVOLTa aLL’aPPREndISTaTO S ono stati stanziati i primi finanziamenti per sperimentare il sistema duale all’italiana da parte del ministero del Lavoro. Il fatto che tale sperimentazione abbia voluto coinvolgere anche il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) lascia pensare che le attività avranno un “sicuro” successo. Come immaginare che dopo la sperimentazione si possa arrivare a costruire un sistema stabile e sempre a disposizione? Per Luigi Bobba, sottosegretario di Stato presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, «la sperimentazione nasce dalla consapevolezza che rilanciare l’apprendistato formativo e dare a tutti gli studenti della IeFP l’opportunità di percorsi di alternanza rafforzata rimane un’impresa complesssa. Non dobbiamo infatti dimenticare le condizioni precarie in cui versa il vecchio apprendistato, che nei suoi due profili formativi, escludendo Bolzano, rappresenta meno di mille contratti. Inoltre la scelta compiuta dal ministero del Lavoro di ancorare fortemente il nascente sistema duale alla filiera della IeFP, ha posto la necessità di promuovere la sperimentazione anche per armonizzare le diverse esperienze esistenti. Essa si regge su risorse straordinarie che ne accompagneranno lo svolgimento nel prossimo biennio, ma anche «tutte le Regioni su un riposizionamenhanno adeRito alla to delle tradizionali risorse dedicate all’apprendiSpeRimentazione stato. Queste ultime, in del SiStema duale. caso di successo, hanno le caratteristiche per essere queSto impegno dedicate permanentemencomune non Si te, rendendo quindi stabivedeva da molti le questa nuova filiera formativa». anni. è un Segnale Cosa cambia rispetimpoRtante» to al passato e quali princìpi richiama la responsabilità collettiva introdotta dalla sperimentazione? Il cambiamento è rilevante: sui sistemi formativi che dovranno riorganizzare il curriculum dei percorsi in modo che metà dell’orario e dell’apprendimento possa avvenire in contesto lavorativo; nelle imprese che dovranno dotarsi di una organizzazione idonea a realizzare i nuovi contratti di apprendistato formativo e i percorsi di alternanza rinforzata che ammonta a 400 ore annue. Non mancheranno tuttavia adeguati incentivi per le aziende: nel caso di assun24 | | LUIgI BoBBA Sottosegretario di Stato presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Come è stato accolto dagli addetti ai lavori l’avvio della sperimentazione volta a dare forma concreta alla “via italiana del sistema duale” di apprendimento? Quali questioni restano ancora aperte? Nelle pagine seguenti Tempi propone un approfondimento sul tema con i principali operatori della formazione in Italia. dI CAteRInA gIojeLLI 1 zione con contratto di apprendistato esse potranno beneficiare di un costo del lavoro abbattuto di oltre il 60 per cento rispetto a quello dell’apprendistato professionalizzante. Inoltre sia nel caso di avvio di un nuovo contratto di apprendistato, sia nel caso di attivazione di percorsi di alternanza rinforzata le imprese potranno beneficiare di un bonus a parziale copertura dei costi sostenuti per il tutor aziendale. Quale ruolo del ministero del Lavoro e del ministero dell’Istruzione vede nella fase sperimentale e, soprattutto, successivamente? Quali sfide e quali impegni avete raccolto con l’avvio della sperimentazione che ambisce a dare forma concreta alla “via italiana del sistema duale” di apprendimento? Esiste una sorta di continuità ideale con le esperienze già maturate sul territorio nel campo del raccordo tra scuola e lavoro? Quali questioni restano aperte? Non è casuale che il Jobs Act e la Buona Scuola abbiano camminato insieme arrivando all’approvazione parlamentare nel volgere di pochi mesi. La Buona Scuola introduce l’alternanza universale nel sistema della secondaria e il Jobs Act vara il duale tramite la riforma dell’apprendistato. La sperimentazione inoltre verrà accompagnata e monitorata da una cabina di regia congiunta tra i due ministeri. Sono finiti i tempi delle rivalità e delle sovrapposizioni: una stagione nuova sta nascendo. Alla luce delle ultime iniziative legislative, verrà consegnato un ruolo alle Regioni? Tutte le Regioni hanno dato l’adesione alla sperimentazione del sistema duale. Va sottolineato che questo impegno comune non si vedeva da molti anni. Aver deciso insieme nel vivo del dibattito parlamentare sulla riforma costituzionale, con i conseguenti cambiamenti di competenza che essa va ridisegnando, è un ulteriore segnale di uno sforzo di coesione e cooperazione veramente importante. Lei ha parlato di una “forte valenza educativa” che il sistema duale vuole assolvere restituendo nuova centralità al lavoro nei percorsi formativi. Che idea si è fatto del contesto culturale e del significato del “lavoro” nel processo di crescita dei giovani? L’intero sistema scolastico e formativo sta riscoprendo il ruolo educativo del lavoro; in tal modo riannodando i contenuti culturali alle competenze. Per l’Italia, con il 40 per cento di disoccupazione giovanile e con circa due milioni di Neet, riscoprire il significato del lavoro sia sul piano educativo che su quello dell’apprendimento è certamente una svolta importante. Servirà a ridurre la lunga transizione tra studio e lavoro e sarà utile anche per favorire il matching tra domanda e offerta di lavoro generando più occupazione. Paola Vacchina è presidente di FORMA (Associazione Enti Nazionali di Formazione Professionale) Paola Vacchina Da tempo esprimiamo la necessità di consolidare in un’ottica di sistema duale e a dimensione nazionale la IeFP, quella che, purtroppo ci è permesso di praticare veramente quasi solo nelle Regioni del Nord. Per questo raccogliamo ben volentieri la sfida della sperimentazione e la vediamo in una logica di continuità, come sviluppo di un modello formativo già ampiamente orientato alla dualità e alla cooperazione con le imprese, oltre che già arricchito da funzioni di orientamento professionale e di supporto all’inserimento lavorativo dei giovani svolte di fatto in tutti i centri di formazione IeFP, in molti casi anche formalmente accreditati presso i sistemi regionali dei servizi per l’impiego, in alcuni casi anche con l’autorizzazione all’intermediazione. Comunque la sperimentazione consentirà ai centri di formazione professionale, del resto in gran parte già attrezzati per la sperimentazione, di compiere un’ulteriore evoluzione, consolidando ed espandendo da un punto di vista sia pedagogico e didattico sia organizzativo le funzioni IeFP non solo di ponte di transizione dalla scuola all’accesso al lavoro per i giovani, ma anche di veicolo per percorsi verticali verso l’istruzione superiore, anche in risposta alla domanda del mercato del lavoro di sempre più elevati livelli di qualificazione professionale. Ma restano ovviamente molte questioni aperte, tra le quali, anzitutto, quella della inderogabile urgenza della istituzione strutturata di una forte filiera di formazione professionale fino all’istruzione tecnica superiore post diploma (ma si potrebbe anche fino all’università). In Italia manca un forte sistema di formazione professionale, peraltro diffuso su tutto il territorio nazionale, che integri, magari anche con una riforma degli istituti professionali, competenze dei ministeri nazionali dell’Istruzione e del Lavoro e competenze costituzionali delle Regioni. Non bisogna sottovalutare quanto questa integrazione contribuirebbe a dare corpo alla linea della cosiddetta alternanza scuola-lavoro della “Buona Scuola”. Del resto in tutti i paesi germanofoni nei quali il sistema duale è tout court la forma del sistema di formazione professionale, esso si basa su un forte sistema di istituzioni formative, oltre che su imprese capaci di partecipare alla formazione. Da noi una seconda grande questione è quella del sistema delle imprese, soprattutto della moltitudine delle microimprese, che rappresentano circa il 95 per cento delle imprese italiane e circa la metà dell’occupazione, e che nell’insieme hanno scarsa tradizione e attitudine alla formazione. La sperimentazione dovrebbe essere accompagnata da un’azione di sup- porto alle imprese, a cominciare dalla formazione, anche pedagogica, dei maestri professionali delle imprese. Inoltre è da considerare la necessità di un ampliamento dell’offerta di qualificazioni di una nuova filiera nazionale/regionale di formazione professionale in considerazione delle nuove domande del mercato del lavoro e della costante rivoluzione tecnologica, questione che richiede anche investimenti nelle strutture formative, investimenti improbabili per le Regioni, che già tendono a ridurre la spesa corrente dei loro sistemi regionali IeFP. Ma richiede anche una verticalizzazione dei livelli di qualificazione offerti dalla formazione professionale. Per questo intendiamo utilizzare la sperimentazione per la diffusione del 4° anno per il diploma professionale, cominciando a pensare anche al raggiungimento di un diploma di maturità professionale che consenta l’accesso ai livelli a filiere dell’istruzione superiore di livello terziario, in particolare non accademiche, ma anche accademiche. Le previsioni sui livelli di qualificazione richiesti dal mercato del lavoro a livello europeo indicano un crollo della domanda dal 21 per cento di oggi al 14 per cento del 2025 di manodopera con qualifiche triennali come quelle dell’IeFP attuale e, sempre per il 2015, una domanda del 47 per cento di manodopera con livelli superiori di qualificazione professionale. Sembrerebbe una sfida per la scuola in generale, in realtà è una sfida rivolta a un forte sistema di formazione professionale, più facilmente affrontabile in una logica di sistema duale. Infine, ma non da ultimo, è da considerare il valore e il riconoscimento sociale che si attribuiscono al lavoro professionale. Veniamo e restiamo in una stagione di svalutazione del lavoro in generale e del lavoro professionale in particolare, nell’illusione che solo le tecnolo | | 25 capitale umano la via italiana al sistema duale gie e la finanza siano motore di sviluppo, quello che noi vorremmo sostenibile ed equo. C’è una piccola rivoluzione culturale da fare, a favore della dignità del lavoro professionale a tutti i livelli. Questa dignità richiama anche il valore delle competenze personali, sociali e culturali che l’IeFP deve sviluppare, non solo perché si fa carico anche dell’assolvimento dell’obbligo scolastico decennale, ma perché ha un’importante funzione educativa per i giovani. Mario Tonini è direttore amministrativo di CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane/Formazione Aggiornamento Professionale) ruolo, potranno svolgere attività formative distinte e complementari. Va sottolineato, tuttavia, che la sperimentazione della “via italiana del sistema duale” parte nel momento in cui gli enti sono più in difficoltà rispetto al passato, a causa della progressiva riduzione dei finanziamenti attuati dalle Regioni. È noto, infatti, che questa particolare offerta formativa, che ha registrato la soddisfazione dei giovani e delle famiglie perché non è stata sostenuta dalla sola attività di docenza ma anche da azioni di supporto a monte e a valle, oggi soffre maggiormente a causa dei finanziamenti che, in questi anni, sono stati progressivamente ridotti a scapito delle misure di accompagnamento. Dario Odifreddi è presidente di CSL (Consorzio Scuole Lavoro) mario tonini Considero la proposta di dare vita ad una “via italiana del sistema duale” una grande sfida per gli enti di formazione professionale e per il (sotto)sistema di Istruzione e formazione professionale (IeFP) nel suo complesso. La proposta si ispira al sistema tedesco che numerosi esperti, in più circostanze, hanno detto non essere applicabile al contesto socioeconomico italiano, connotato, a differenza di quello tedesco, prevalentemente da piccolissime, piccole e medie imprese. Nell’avviare questa sperimentazione il (sotto)sistema di IeFP italiano, tuttavia, non parte da zero; realizza da tempo una offerta formativa strettamente connessa con l’apporto delle imprese del territorio, dove lo stage è una delle forme più mature e strutturate. Io penso che questa sperimentazione, se debitamente accompagnata, potrà rafforzare questo modello: i due soggetti, il Centro di formazione professionale (Cfp) e l’impresa, ciascuno secondo il proprio 26 | | Dario oDifreDDi Da anni nel dialogo con le istituzioni il CSL spinge per la realizzazione di un sistema duale; un sistema capace di prendere quanto già fatto di buono in altri paesi e di adattarlo alla situazione italiana. Ci sono esperienze come quella della Piazza dei Mestieri nata 10 anni fa a Torino in cui, per ogni filone di attività educativa, si è dato vita a un settore di produzione e di vendita, così da permettere ai giovani coinvolti di sperimentare una vera e propria situazione lavorativa già negli anni del percorso formativo. È questa la strada maestra verso la costruzione del sistema duale italiano in cui la dimensione molto piccola della stragrande maggioranza delle imprese richiede una forte capacità dei soggetti educativi di affiancarle nel percorso di inserimento al lavo- ro dei giovani; senza quest’alleanza ben difficilmente si potranno realizzare sia il sistema duale, sia la stessa alternanza scuola e lavoro. Riferendosi più specificatamente all’avvio della fase di sperimentazione promossa dal ministero del Lavoro è interessante notare che essa prevede come forma privilegiata per il raggiungimento della qualifica e del diploma professionale l’utilizzo del contratto di apprendistato di primo livello. Si tratta di un istituto che esiste da anni (anche se come spesso accade in Italia riformato di continuo) e che non ha mai funzionato; con la sperimentazione per la prima volta c’è l’opportunità di far decollare davvero l’apprendistato per i giovani; le semplificazioni e le agevolazioni previste dai decreti attuativi del Jobs Act a favore delle imprese che accolgono giovani apprendisti e l’aver finalmente compreso che il sistema su cui investire non può che essere prioritariamente quello della formazione professionale iniziale (IeFP) – storicamente abituato a interagire con le imprese – è una buona base di partenza per vincere la sfida. Una sfida che riguarda in primis le realtà formative, perché se è vero che esse sono radicate nei territori è anche vero che devono fare un salto di qualità nei rapporti con le imprese. Bisogna che la progettazione dei percorsi formativi scaturisca sempre più da questo dialogo e al tempo stesso vanno rafforzate le reti con tutti gli attori del territorio per generare quelle sinergie che rendono competitivo un sistema produttivo o un’area territoriale. Un esempio concreto di questa capacità è quello di Aslam che ha saputo coniugare ai più alti livelli professionali la formazione in alternanza di tecnici specializzati nel settore dell’aereonautica creando partnership stabili con tutti gli stakeholder di riferimento. Tra le tanti questioni aperte la più rilevante è quella lega- ta al passaggio dalla sperimentazione a un sistema strutturato; il grande limite del sistema educativo italiano è quello di vivere di sperimentazioni che poi non si trasformano in modelli e percorsi strutturali. Questa è anche la più grande sfida del Jobs Act e del tema delle politiche attive che in Italia, da sempre, sono state sottovalutate e che invece sono uno strumento essenziale per combattere seriamente la disoccupazione e aumentare i tassi di occupazione. 2 Guardando all’evoluzione dell’offerta formativa della vostra realtà, quali sono state le trasformazioni e le esperienze che trovate più significative per raccontarvi e caratterizzarvi? Come si suscita un’attrattiva reale per i giovani, senza ridurre l’orizzonte aperto dall’alternanza scuolalavoro a una sola e contingente risposta alla disoccupazione? Paola Vacchina Tra le nostre caratterizzazioni dovrei cominciare dalla funzione educativa in generale, perché siamo educatori di cittadini lavoratori, non solo formatori tecnici, convinti che ciò serva anche a un buon mercato del lavoro e a uno sviluppo “buono”, ma rinvio all’accenno appena fatto. Mi limito a sottolineare anzitutto l’aderenza e la coerenza territoriale/settoriale dei nostri centri IeFP, che vivono in simbiosi con i contesti sociali ed econo- mici dei loro territori di riferimento. La bontà di questa simbiosi è testimoniata dal livello elevato di occupazione dei giovani che escono dai nostri centri. In secondo luogo devo ricordare la pedagogia professionale e la didattica basata su una sapiente combinazione di teoria e pratica nei laboratori del centri e nei tirocini curriculari in imprese. Pedagogia e didattica caratterizzano la nostra proposta formativa; non sono un contorno decorativo, ma elementi pregnanti della nostra IeFP, condizioni per l’efficacia formativa nel centro di formazione e nell’impresa e per un inserimento lavorativo qualificato. Soprattutto, sono condizioni per una professionalizzazione intesa come sintesi di saper fare, saper essere e sapere. Esse sono state in passato condizioni anche per l’emancipazione culturale e professionale di giovani svantaggiati, quelli provenienti dall’abbandono scolastico, disabili, stranieri non ancora integrati. Basti ricordare che dal 2003 la percentuale dell’abbandono scolastico è significativamente diminuita soprattutto grazie alla IeFP, ma le percentuali dell’abbandono scolastico da qualche anno restano ferme appena al di sotto del 18 per cento; forse non è una coincidenza che lo stallo duri da quando si è conclusa l’espansione della nostra IeFP, a causa non della diminuzione della domanda ma di uno stallo e, talvolta, della riduzione dei finanziamenti per l’IeFP. Non è una coincidenza che nel Sud i tassi di abbandono scolastico restino più elevati della media nazionale: ormai nel Sud la IeFP è affidata prevalentemente agli istituti professionali del Miur nella forma della sussidiarietà integrativa, riconosciuta ormai inadeguata anche dallo stesso ministero. Peraltro gli istituti professionali, assieme a quelli tecnici, sono la fonte principale dell’abbandono scolastico. Anche per questo non fa meraviglia che l’indagine Ocse Pisa evidenzi come, quanto a competenze di base, soprattutto quelle matematiche, gli allievi della IeFP se la cavino meglio dei loro coetanei degli istituti professionali del Miur. Infine, quanto all’attrattiva della IeFP per i giovani, registriamo da alcuni anni una crescita, ormai a più del 50 per cento degli iscritti, dei giovani che scelgono l’IeFP in alternativa a percorsi strettamente scolastici, attratti da una accogliente proposta educativa e professionalizzante che più di altre offre sbocchi concreti, non solo in termini di occupazione, ma anche di identità personale, sociale e professionale. Non è più vero, se mai lo è stato, che nella formazione professionale arrivano i giovani che non hanno voglia di andare a scuola e di studiare. Questi giovani nella IeFP studiano, magari anche imparando a leggere, scrivere, parlare e far di conto come non sono riusciti a fare nella scuola, oltre a professionalizzarsi. Non è rarissimo il caso di giovani che, espulsi dalla scuola, attraverso la formazione professionale rientrano a testa alta nell’istruzione tecnica e professionale dalla quale erano stati spinti fuori o alla quale non avevano potuto accedere. Mario Tonini I giovani che frequentano i Cfp del CNOS-FAP sono molto soddisfatti. Lo attesta il monitoraggio che la Federazione compie ogni anno, telefonando a tutti gli allievi qualificati e diplomati a distanza di 12 mesi, per conoscere la loro situazione formativa e occupazionale. Le motivazioni più sottolineate dai giovani e dalle famiglie sono la presenza della comunità educativa nel Cfp, il clima familiare creato da tutti gli operatori, la formazione attraverso il fare sostenuta anche da laboratori attrezzati ed aggiornati, grazie ai rapporti ormai strutturali con | | 27 capitale umano la via italiana al sistema duale aziende leader di settore (come FCA, CNH Industrial, Schneider, DMG Mori Seki, Bosh, Siemens, Heidenhain, Sandwik) che sostengono l’aggiornamento ricorrente dei formatori, l’innovazione didattica, ecc. I Rapporti di monitoraggio realizzati dal ministero del Lavoro, peraltro, hanno mostrato l’attrattività di questa particolare offerta formativa improntata a una metodologia induttiva intrisa di pratica, di esperienze laboratoriali, di stage, ecc. Il Rapporto sul sistema IeFP presentato dall’Isfol il 23 settembre 2015 evidenzia come la presenza di molti di questi aspetti renda attraente questa offerta. Per questo sottolineo come anche questa sperimentazione deve far in modo di non perderli di vista. Dario oDifreDDi La sfida è non separare l’educazione dal lavoro. La vecchia concezione che si debba andare prima a scuola e all’università e poi approcciare il lavoro è perdente, è figlia di una mentalità e di una cultura che aveva qualche ragion d’essere quando il problema era l’alfabetizzazione del paese, quando le carriere erano statiche e si sviluppavano prevalentemente in una sola azienda e in un solo settore. Per questo da oltre 20 anni i soci del Consorzio Scuole Lavoro hanno strutturato un rapporto stabile con il sistema delle imprese con cui condividiamo i programmi formativi, le attività di stage e di tirocinio e l’inserimento lavorativo. Molti giovani sono attratti dal mettere le mani in pasta perché vedono concretamente cambiare la realtà attraverso il lavoro delle loro mani e questo li stimola, li rende curiosi e allo stesso tempo gli fa tornare il desiderio di imparare e di studiare. Questo vale per gli adolescenti che frequentano i corsi di qualifica e di diploma professionale, 28 | | come per quelli che frequentano gli ITS che sono percorsi biennali di formazione terziaria non accademica. Quello che ora la “Buona Scuola” inizia a introdurre, la “Buona Formazione Professionale” lo realizza da sempre. È questo rispetto per l’unità della persona, nel suo saper essere e saper fare, che affascina i giovani, che li introduce alla realtà e che gli fa percepire il lavoro come amico, come strumento per mettere alla prova i propri talenti, come desiderio di costruzione. La prima risposta alla disoccupazione è sostenere la crescita di una personalità nei giovani che li abiliti a sentire la realtà, anche quella lavorativa, come una sfida alla propria libertà. La vera trasformazione delle nostre realtà formative è stata negli anni quella di approfondire il contenuto dell’originalità di questa impostazione unitamente a una accanita ricerca dell’eccellenza professionale. 3 dal 2008 ad oggi due inedite fasi recessive hanno notevolmente aggravato gli scenari delle “nuove povertà” e del rischio di esclusione sociale che già si presentavano prima della recessione, legati alla disabilità, all’immigrazione, alla “liquidità” e fragilità sociale dei rapporti primari e delle famiglie, all’emersione di nuovi soggetti svantaggiati. Quanto e come sono impegnati i vostri enti in iniziative fortemente connotate all’integra- zione sociale? Quali sono i limiti e le nuove difficoltà incontrate, specie in rapporto con i nuovi “ultimi” che si affacciano nella nostra realtà? paola Vacchina In fondo ho già risposto a questa domanda, soprattutto, ma non solo, parlando del nostro pensiero pedagogico e didattico, almeno nel senso che alla “liquidità” sociale noi rispondiamo con la “solidità”, anche in termini pratici, di una proposta pedagogica e professionale e che ai processi di esclusione rispondiamo con pratiche di inclusione. Posso solo aggiungere che la nostra proposta formativa è costitutivamente accogliente e che l’accoglienza dei più deboli, assieme e non alternativa alla qualità della formazione offerta e al rapporto con il mercato, è una delle ragioni fondative del nostro essere. Ma mi preme precisare che la nostra non è una scuola ghetto per i più disgraziati e che abbiamo una proposta formativa attraente per tutti i giovani che vogliono immaginare in modo responsabile e coerente il loro futuro. L’efficacia della nostra proposta si manifesta soprattutto ai margini della domanda di emancipazione attraverso il lavoro professionale e pensiamo che questa efficacia sia coerente con la capacità di fare tout court una buona formazione per tutti. Ma c’è qualcosa in più nella coerenza menzionata, data dalla capacità di accoglienza e di cura, ferme restando le proposte pedagogiche, culturali e didattiche. Per questo non è un caso che a noi si rivolgano famiglie e giovani che non trovano altrove la stessa capacità di accoglienza e di cura e le stesse opportunità di crescita personale e professionale. Il carattere inclusivo della IeFP regionale è confermato anche dall’incidenza di stranieri e disabili sugli iscritti, che è per i primi del 19,1 per cento (il 6,6 per cento nella istruzione secondaria di secondo grado) e per i secondi del 5,8 per cento, contro il 2 per cento nelle stesse classi di età della scuola. Vorrei concludere con un’ultima considerazione: tutti gli studi internazionali e nazionali rilevano una connessione stretta tra i bassi livelli di studio e la povertà in età adulta: investire in IeFP dunque, sconfiggendo l’abbandono scolastico e recuperando alla formazione alta quanti più giovani possibili, è anche un investimento sul futuro sociale ed economico del paese, un investimento che darà frutti di benessere e di vita buona per decenni. Mario Tonini I Rapporti del ministero del Lavoro hanno mostrato che il (sotto)sistema di IeFP si è rivelato un sistema complessivamente inclusivo. Infatti, ha “rimotivato” all’apprendimento giovani italiani con fallimenti scolastici alle spalle, ha facilitato, attraverso una metodologia soprattutto induttiva e laboratoriale, l’inserimento e la professionalizzazione dei giovani immigrati, ha dato a questi giovani una formazione da spendere non solo in termini di occupabilità ma anche di vera occupazione. Certamente questa offerta formativa da sola non può rispondere a tutte le nuove povertà; tuttavia, nei territori dove è stata messa a regime, ha dato risposte positive ormai ampiamente documentate. Restano, come problemi aperti da risolvere, i territori del Sud dove questa offerta è quasi assente e la dispersio- ne scolastica è molto elevata e i finanziamenti che, per essere efficaci, devono essere maggiormente correlati alla domanda dei giovani e delle famiglie per non rendere questa offerta “contingentata”. Dario oDifreDDi La rete del CSL nasce in Italia quasi sempre dal tentativo di rispondere alla povertà e al rischio di esclusione sociale; tante realtà sono sorte come risposta gratuita al bisogno e nel tempo si sono trasformate in vere e proprie realtà sociali. Una realtà che nel 2015 ha formato oltre 40.000 persone attraverso l’erogazione di oltre 6 milioni di ore/allievo di formazione. Un caso emblematico è quello di Cometa a Como che nasce come luogo di accoglienza attraverso lo strumento dell’affido e dell’adozione e solo nel tempo inizia una attività professionale in campo educativo per dare continuità al cammino delle persone accolte. Galdus a Milano ha la sua origine in un’opera di risposta al bisogno emergente nei quartieri più difficili, Dieffe in Veneto è fortemente legata al reinserimento delle persone cadute nella spirale della micro criminalità, Filos a Novara sviluppa da sempre progetti per l’integrazione di persone in condizioni di disagio, Immaginazione e Lavoro a Torino è punto di riferimento per le scuole per la lotta alla dispersione e al bullismo, In-Presa a Carate Brianza accompagna i giovani in difficoltà non solo nel percorso professionale, ma in tutto l’arco del passaggio dall’adolescenza all’età adulta, Educo a Brescia ha una collaborazione strutturata con le cooperative sociali che seguono i giovani disabili in obbligo di istruzione. E poi ci sono gli eroi del Centro - Sud, Scuole lavoro in Molise, Archè in Sicilia, Cosvip e E.I.T.D in Campania, Ascla in Puglia, Escla in Basilicata, che mantengono vivo il lumicino della speranza, spesso in contesti in cui non solo la povertà sociale e più forte, ma in cui le istituzioni paiono incapaci di sostenere i tentativi di risposta che nascono dal privato sociale. Ma è tutta la rete del CSL che diviene sempre più punto di riferimento del territorio; le scuole, i tribunali dei minori, la rete degli assistenti sociali, le parrocchie e, sempre di più, le singole famiglie cercano nei nostri enti un aiuto e una risposta. Da noi il significativo coinvolgimento di giovani provenienti da situazioni di guerra e di povertà assoluta è un fatto normale, come lo sono i progetti specifici per la lotta al bullismo o a ogni altra forma di povertà. Il limite più grande è la difficoltà culturale e politica in cui si dibatte il nostro paese. Culturale perché non si capisce che la soluzione del problema delle nuove povertà non è il reddito di cittadinanza o la cassa integrazione, ma creare opportunità di lavoro e al contempo sfidare la libertà delle persone, soprattutto dei più giovani. Politica perché sono troppo pochi i territori in cui vi è una programmazione ragionevole degli interventi per la lotta al disagio, per combattere la dispersione scolastica, per ridurre il lungo tempo della transizione tra scuola e lavoro. Infine vale la pena notare che tutto il dibattito sulla riforma del titolo V della Costituzione e dell’attribuzione di competenze ai diversi livelli di governo resta confuso ed è fortemente viziato da un antistorico e incomprensibile sospetto verso la sussidiarietà orizzontale. La storia del Consorzio Scuole Lavoro, ma più in generale di tutta la IeFP, mostra che è proprio dal privato sociale che sono nate le più rilevanti innovazioni in campo educativo e che si sono costruite eccellenze che hanno permesso l’integrazione sociale, valorizzando i talenti dei giovani e offrendo risposte adeguate alle imprese. n | | 29 capitale umanO enti di formazione regionale testimonianze L’imprenditore, lo stagista, il pasticciere il modello aef lombardia «Fino a qualche anno fa i ragazzi potevano maturare esperienza in azienda perché il mercato era in grado di remunerare la formazione. Quando un giovane entrava nelle nostre aziende, veniva affiancato da un tecnico per tutto il periodo necessario. Adesso non è più possibile. I ragazzi devono uscire dalla scuola già pronti. La domanda che ci siamo posti è: come aiutare loro e noi? Abbiamo deciso di anticipare alcuni aspetti tecnici necessari per fare il nostro lavoro al periodo di formazione scolastica, mettendo a disposizione le nostre conoscenze e il nostro personale». Gianluca De Giovanni, imprenditore tanti centri dedicati a riMettere in MOtO Le idee e Le PerSOne O gni giorno in Lombardia oltre 50.000 giovani varcano i cancelli dei centri di formazione professionale. Altrettanti gli adulti che cercano una occupazione o la formazione per riqualificarsi, reinserirsi… Per tutti l’orizzonte è il lavoro. Per dare una risposta positiva ed efficace, 16 anni fa è nata AEF Lombardia, l’Associazione degli Enti di formazione regionale, la più rappresentativa per numeri, storia, esiti formativi e occupazionali. Centralità della persona, protagonismo, personalizzazione, orientamento ai bisogni professionali delle persone e delle imprese, attenzione alle fasce più deboli, sussidiarietà, integrazione divengono il metodo condiviso dagli enti associati. AEF ha costanti relazioni con le istituzioni, le organizzazioni sindacali dei lavoratori, le associazioni di categoria, collabora con analoghe associazioni nazionali, promuove, informa, sostiene progetti di studio/ricerca, di dibattito pubblico sui temi della formazione e del lavoro. “Perché nessuno si perda” è il titolo della campagna di cui si è fatta portavoce nel 2013, per sostenere l’importanza del sistema di istruzione e formazione professionale all’interno del sistema educativo italiano. Negli ultimi mesi l’associazione ha sostenuto la proposta di sperimentazione sul sistema duale. Le Filiere formative L’istruzione e formAzione professionALe (ifep). Un numero sempre maggiore di famiglie si rivolge ai centri di AEF per avere risposta adeguata all’educazione dei figli e alle esigenze del mercato del lavoro. La formazione che offre fornisce ai giovani le necessarie competenze tecnico-professionali, senza rinunciare alla cultura, sostenendo l’innovazione e includendo tutti i soggetti fragili (Neet, ragazzi disabili, con bisogni educativi speciali, in 30 | | carico ai servizi sociali, con provvedimenti penali ecc.). Vincente nella IFeP è un modello didattico centrato sull’apprendere attraverso il fare: laboratori didattici, alternanza scuola-lavoro, tirocini curricolari, formazione in assetto lavorativo. Vi è inoltre una attenzione specifica alla personalizzazione del percorso formativo e all’arricchimento della proposta formativa (orientamento, attività integrative, mobilità). Le scommesse che AEF intende affrontare vanno in direzione della costruzione di filiere di formazione professionale che, oltre ai percorsi triennali e IV anno, comprendano anche percorsi di Formazione superiore di livello terziario (IFTS e ITS) e la formazione in apprendistato di I e III livello. Si rafforzerà un forte nali. Gli enti di formazione aderenti ad AEF sono coinvolti, insieme ad università, istituzioni scolastiche, imprese ed enti locali, nelle 18 fondazioni ITS che gestiscono più di 60 annualità di corsi ITS (circa 1.200 iscritti), nelle 35 ATS che gestiscono i corsi IFTS (circa 700 iscritti) e nei 56 Poli Tecnico Professionali formalmen- Oggi il mercatO è una giungla di cOntratti atipici e nuOve prOfessiOnalità. cOsì gli enti aderenti ad aef hannO allargatO l’Offerta fOrmativa all’attività di accOmpagnamentO alla ricerca attiva del lavOrO intreccio tra forme di alternanza scuola/ lavoro e apprendistato. L’obiettivo rimane quello di garantire l’inserimento lavorativo o consentire la prosecuzione del percorso formativo verso livelli superiori. LA formAzione superiore. La Lombardia è la regione dove è più sviluppata la formazione superiore di livello terziario non accademica; eppure è ancora ai primi passi. Il Miur, in accordo con le Regioni, ha sostenuto in questi ultimi anni la creazione del canale dell’Istruzione tecnica superiore, prima attraverso la promozione dei corsi IFTS (specializzazione post-diploma di durata annuale - IV Livello EQF) e, più recentemente, attraverso la costituzione delle Fondazioni ITS (qualifica di tecnico superiore di durata biennale- V livello EQF) dei Poli Tecnico Professio- te costituitisi. Nonostante gli ottimi risultati, gli interventi di formazione superiore risultano sensibilmente inferiori alle richieste del mercato del lavoro che vede proprio nel segmento dei quadri/tecnici specializzati il maggior fabbisogno da parte delle imprese. L’ApprendistAto. L’apprendistato, proprio per il suo significato di “condizione dell’apprendere” un mestiere, è da sempre connesso con la formazione professionale. L’evoluzione della disciplina dell’apprendistato (Dgls 81/2015) e l’approvazione della sperimentazione nazionale sul sistema duale (Dlgs 150/2015) spingono verso un rilancio del nuovo apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazio- ne tecnica superiore (art. 43). La nascita di un sistema duale in Italia non può che poggiare sulle gambe dei sistemi regionali di formazione professionale, dell’apprendistato e dei servizi al lavoro. Agli enti di AEF spetta il compito di incrementare i contatti e la collaborazione con le aziende sul territorio e di fornire efficaci servizi formativi e di supporto alla gestione dell’apprendista in azienda. La Formazione per i soggetti deboLi. L’attenzione all’integrazione sociale e lavorativa dei soggetti fragili è sempre stata presente nella mission di molti enti associati ad AEF. Farsi carico di una persona con difficoltà significa prestare maggiore attenzione progettuale, capacità di mettere in campo risposte didattico-formative personalizzate, gestione attenta e intelligente delle risorse (umane, strutturali e strumentali) a disposizione. Per molte di queste persone la formazione professionale rappresenta l’unica strada di autonomia e di ingresso nel mondo del lavoro. Si conferma l’impegno degli enti di AEF a garantire servizi formativi e servizi al lavoro di qualità per questo target di utenti, che rischia di essere messo in secondo piano da altri operatori, maggiormente connotati in senso profit. La Formazione continua e permanente. Compie 20 anni il Libro bianco sulla Società della conoscenza di Jacquet Delors. Ma l’idea della formazione per valorizzare il capitale umano è sempre più attuale e rappresenta per le imprese la chiave per affrontare la competizione globale. Il sistema della formazione continua è oggi sostenuto principalmente dai fondi interprofessionali e dai finanziamenti pubblici previsti dalla L 236/93 e dal FSE. Gli enti aderenti ad AEF operano in questa filiera per sostenere lo sforzo delle imprese e dei lavoratori nell’innovazione tecnologica ed organizzativa, nell’internalizzazione dei mercati, nella progettazione e produzione di nuovi prodotti/servizi. La Formazione per iL Lavoro e i servizi aL Lavoro. Per guardare il bicchiere mezzo pieno, il 7,7 per cento della disoccupazione del II semestre 2015è in miglioramento rispetto all’8,2 per cento del 2014, ma è cresciuta di oltre 4,5 punti dal 2008. A farne le spese sono soprattutto i giovani, fra i quali si registra una disoccupazione al 20 per cento. Oggi il mercato del lavoro è una giungla nella quale è difficile districarsi: nuove professionalità, contratti atipici, alternanza di transizioni lavoro-non lavoro, riqualificazione per restare a galla, necessità di riconvertirsi, reinventarsi un lavoro. Gli enti aderenti ad AEF hanno accettato la sfida di promuovere nelle proprie strutture i servizi al lavoro, “allargando” la tradizionale vocazione formativa ed orientativa all’attività di accompagnamento alla ricerca attiva del lavoro. «L’insegnamento è sempre stato molto pragmatico. Grazie all’ente ho svolto un lungo stage in azienda. Il mio tutor ha individuato imprese del settore nelle quali potessi sperimentare un’attività che davvero mi piaceva. Poi ho deciso di proseguire con gli studi: la quarta, la quinta e il diploma, la laurea. I lati più positivi della formazione professionale: i docenti, la didattica laboratoriale e la spinta ad apprendere continuamente. Infine gli stage obbligatori: c’è un collegamento tra quello che si impara e quello che si fa sul lavoro». Stefano, ex corsista di un Centro partner di AEF «Dopo aver frequentato il triennio come panificatore e pasticciere, aver fatto alcune esperienze professionali presso diverse realtà ristorative, mi viene proposto un impiego nella pasticceria dove ancora lavoro e dove continuo a coltivare la passione per la letteratura incontrata a scuola. Non si sa mai abbastanza e l’unico modo per stare al passo con la pasticceria, è continuare appunto a leggere e stimolare la fantasia». Nicholas, ex corsista di un Centro partner di AEF | | 31 capitale umano ITALIA LAVORO/2 UN PONTE TRA I BANCHI E LE IMPRESE PER NON ABBANDONARE GLI STUDENTI RIduRRe I TempI dI AccessO AL meRcATO e fAVORIRe L’ATTInenzA TRA cOmpeTenze AcquIsITe e I fAbbIsOgnI dI pROfessIOnALITà. LA dOppIA sfIdA deL pROgRAmmA fIxO nel 2014 risultavano “dispersi” in lombardia circa 25 mila ragazzi delle scuole superiori, pari al 29,8 per cento del totale nazionale. oggi un progetto li rimette in gioco i l Programma FIxo-Formazione e Innovazione per l’Occupazione è l’intervento di Italia Lavoro sulla transizione scuola-lavoro, volto a favorire la riduzione dei tempi di accesso dei giovani nel mercato del lavoro e la migliore attinenza possibile tra le competenze da loro acquisite e i fabbisogni di professionalità delle imprese. Italia Lavoro agisce per conto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in sinergia con il ministero dell’Istruzione, in attuazione dei provvedimenti legislativi via via emanati fino alle ultime due rilevanti riforme, rappresentate dal Jobs Act e dalla legge sulla Buona Scuola. Dal 2006, anno Di avvio Di Fixo, aD oggi sono stati realizzati circa 100.000 percorsi che hanno consentito aD altrettanti Diplomati, laureati o Dottori Di ricerca Di trovare la propria straDa riguarda la costruzione di un ponte solido tra istruzione e lavoro. Oggi, in attuazione delle azioni promosse dall’Unione Europea e delle nuove Hanno collaborato ai testi sulle attività di Italia Lavoro: Massimo Lo Re, Adriano Meucci, Agostino Petrangeli, Cristiano Santori, Alessandro Vaccari. fessionale, di specifici servizi di orientamento e placement in grado di assistere giovani e imprese nella realizzazione di percorsi efficaci di transizione dal mondo | riforme nazionali, FIxO ha accettato una doppia sfida. La prima, supportare scuole e università nella partecipazione al Programma comunitario sulla Garanzia per i Giovani con l’obiettivo di coinvolgere nell’azione oltre 300.000 Neet (diplomati, laureati e giovani in obbligo formativo) e di erogare i servizi di orientamento e accompagnamento al lavoro ad almeno un terzo di questi. La sinergia con le Regioni La seconda sfida è affiancare i Centri di formazione professionale, in attuazione della sperimentazione promossa dal ministero del Lavoro per la diffusione di una via italiana all’adozione del sistema di formazione duale, nella realizzazione di corsi di formazione innovativi che prevedano l’utilizzo dell’alternanza scuola-lavoro, dell’impresa formativa simulata e, soprattutto, dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale. Tutto ciò, in stretta sinergia con le Regioni con le quali FIxO definisce, nell’ambito della stipula di specifiche convenzioni, le strategie e le modalità operative per sviluppare le azioni previste in modo differenziato a seconda delle caratteristiche di ogni territorio. Una fitta rete di servizi Asse portante dell’intervento di Italia Lavoro è un’azione sul sistema degli attori del mercato del lavoro, volta a supportare la costituzione e la qualificazione continua, nelle scuole secondarie superiori, nelle università e nei centri di formazione pro- 34 dell’istruzione al mondo del lavoro. Una rete di servizi che adesso annovera in tutte le Regioni italiane 650 scuole superiori, 75 università e 300 centri di formazione professionale e in cui più di 4.500 operatori qualificati lavorano quotidianamente per proporre percorsi personalizzati volti all’inserimento positivo dei giovani nel mercato del lavoro, anche mediante l’utilizzo di dispositivi di politica attiva quali il contratto di apprendistato e il tirocinio di formazione e orientamento. Dal 2006, anno di avvio di FIxO, ad oggi sono stati realizzati circa 100.000 percorsi che hanno consentito ad altrettanti giovani diplomati, laureati o dottori di ricerca di trovare la propria strada verso il lavoro. Scuole, università e centri di formazione professionale stanno così assumendo, a fianco dei centri per l’impiego e degli altri attori del mercato del lavoro, un nuovo ruolo che, oltre alla missione specifica di formare e istruire i nostri giovani, | F avorire l’inserimento di 2.000 giovani in corsi di istruzione e formazione professionale. Con questo obiettivo la Regione Lombardia, attraverso il coinvolgimento degli enti di formazione e di Italia Lavoro nell’ambito del programma FIxO, lancia il progetto “Dispersione Lombardia”. Alla base del progetto la rilevanza che la dispersione scolastica assume in Lombardia, dove nel 2014 risultavano “dispersi” circa 25 mila ragazzi delle scuole superiori, pari al 29,8 per cento del totale nazionale (dati Tuttoscuola/Miur 2014). Il fenomeno è strettamente connesso con l’integrazione e l’inclusione sociale degli alunni di origine straniera, principalmente a Milano e nelle province a forte sviluppo industriale (Como, Lecco, Bergamo, Brescia), dove si concentrano rilevanti insediamenti di famiglie di origine straniera. L’impegno primario di Italia Lavoro nell’ambito del progetto “Dispersione Lombardia” è quello di mettere i ragazzi che non riescono a terminare il ciclo di studi al centro del percorso di recupero, accompagnandoli e sostenendone le motivazioni, affinché il loro rientro in gioco sia un successo. Un metodo auspicato di recente anche dal professor Alessandro Rosina, dell’Università Cattolica, nel suo intervento in occasione della presentazione del progetto Neetwork della Fondazione Cariplo: «I giovani “dispersi” sono persone segnate da profonde “cicatrici” che vanno cura- te con un accompagnamento personalizzato, allo scopo di prevenire nuovi abbandoni che potrebbero essere irreversibili». Il Progetto FIxO, impegnato a fianco delle Regioni nella realizzazione di “Garanzia Giovani”, dedica uno spazio rilevante all’attivazione di misure destinate al più orientati all’aspetto operativo, favoriscono il recupero dei giovani dispersi in percorsi di formazione, orientati all’acquisizione di un titolo di studio. A livello nazionale, secondo i dati del dossier Tuttoscuola/Miur (2014), uno studente italiano su tre abbandona la scuo- un italiano su tre lasCia la sCuola statale superiore senza aver Completato i Cinque anni. un dato Che in alCune regioni, Come nelle isole, arriva a quota 35–36 per Cento (dossier tuttosCuola/miur 2014) target dei giovani “dispersi”, prevedendo il coinvolgimento delle scuole, degli enti di formazione professionale, della rete dei soggetti del privato e del privato sociale, ognuno con un ruolo diverso ma tutti con il medesimo scopo: favorire il reinserimento dei giovani che hanno abbandonato la scuola in percorsi d’istruzione o formazione professionale, finalizzati al conseguimento di un titolo di studio superiore. Gli Istituti Secondari Superiori possono giocare un ruolo importante nella prevenzione della dispersione scolastica, utilizzando una didattica non tradizionale e offrendo agli studenti dei servizi di orientamento che li accompagnino negli studi, sostenendo o reindirizzando le motivazioni all’apprendimento. Un ruolo altrettanto importante lo possono giocare gli enti di formazione professionale, che con i loro corsi la statale superiore senza aver completato i cinque anni. Un dato che in alcune regioni, come le isole, arriva a quota 35–36 per cento. Nel 2000 i ragazzi non arrivati al diploma del quinto anno erano stati 216.805, cioè il 36,8 per cento di quelli che erano presenti al primo anno. Nel 2014 si è scesi a 167 mila unità, pari al 27,9 per cento. Di questi, 69 mila sono usciti dopo il primo anno, 22 mila dopo il secondo, 39 mila dopo il terzo e 37 mila prima dell’ultimo anno. In Europa sul fronte dell’abbandono scolastico le percentuali più basse si riscontrano in Croazia (3,7 per cento), Slovenia (3,9), Repubblica Ceca (5,4) e Polonia (5,6), mentre i paesi dove i giovani tra i 18 e i 24 anni abbandonano maggiormente gli studi sono Spagna (23,5 per cento), Malta (20,9) e Portogallo (19,2). L’Italia si ferma al 17 per cento. | | 35 CAPITALE UMANO QUANDO SI VOLTA PAGINA GABRIELE TOCCAFONDI Deputato di Ncd, è sottosegretario al ministero dell’Istruzione, università e ricerca dal 2013, con delega alle scuole del secondo ciclo di istruzione e formazione, sistema delle scuole paritarie e non, istruzione e formazione tecnica e professionale e i rapporti con i sistemi formativi delle Regioni DI DANIELE GUARNERI LA RIVOLUZIONE È ALLA PRIMA ORA OBBLIGO DI ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO. VALUTAZIONE DEGLI ISTITUTI E PREMIAZIONE DEI DOCENTI MIGLIORI. LA RIFORMA RENZI-GIANNINI ENTRA IN CLASSE CON LE SUE NOVITÀ. «SIAMO ALL’INIZIO, I PROBLEMI NON MANCANO, MA ABBIAMO ROTTO COL PASSATO. DA OGGI SI RAGIONA SU MERITO E QUALITÀ» A rriva l’autunno, cominciano gli scioperi. È sempre stato così, non quest’anno. Le proteste di studenti, docenti, amministrativi e personale Ata sono cominciate a maggio, quando la Buona Scuola entrava in parlamento. «A inizio novembre siamo arrivati al 220 per cento di scioperi in più rispetto allo scorso anno», fa sapere Gabriele Toccafondi, sottosegretario al Miur ed esponente del Nuovo Centrodestra. Lezioni saltate in tutta Italia, traffico in tilt, fumogeni, cariche della polizia e qualche ferito: è questo il resoconto dell’ultima protesta del mondo della scuola contro la riforma Renzi-Giannini, a pochi giorni dall’assunzione degli ultimi 55 mila docenti, il cosiddetto organico di potenziamento previsto dalla 107. Ma Toccafondi non sembra preoccupato: «Tutto ciò che è nuovo, all’inizio non funziona perfettamente. Siamo solo all’inizio ma con questa riforma abbiamo rotto gli schemi». Foto: Ansa Sottosegretario, come mai così tanti scioperi? Quali sono le novità che introduce la Buona Scuola? 36 | | Le proteste sono tante perché sono molte le novità introdotte dalla riforma. Questo governo crede nella scuola e nei ragazzi. Crede nella scuola in quanto luogo di crescita e maturazione dei futuri adulti. E per questo ha investito molto a livello economico: 3 miliardi di euro. Ha assunto quasi 100 mila insegnanti; ha aumentato il fondo di dotazione per le scuole, da 100 a 230 milioni di euro. Trovato 100 milioni in più per premiare i docenti migliori e altri 100 milioni l’anno per l’alternanza scuola-lavoro, grandissima novità culturale per il nostro paese. Senza dimenticare le detrazioni per le scuole paritarie. A fronte di tante novità, siamo stati ripagati con il 220 per cento di scioperi in più rispetto allo scorso anno, e ancora manca poco più di un mese alla fine dell’anno. Ma non c’è solo l’aspetto economico. Oltre all’alternanza scuola-lavoro resa obbligatoria in tutti gli istituti, abbiamo inserito il concetto di merito e quindi promosso la qualità. I comitati di valutazione interni alle scuole stabiliranno secondo loro parametri quali siano i migliori insegnanti da premiare. La valutazione delle singole scuole, un parametro molto utile per l’utenza finale. Queste sono alcune delle novità che hanno generato incomprensioni e tensioni. Novità che sembrano voler dare maggiore responsabilità e quindi autonomia alle scuole e a chi le dirige. È così? È proprio così. Le risorse che abbiamo trovato non saranno distribuite in modo uguale, ma in base a una attenta valutazione. C’è quella complessiva delle scuole | | 37 cApitAle umAno QUANDO SI VOLTA PAGINA POLO FORMATIVO DEL LEGNO Quando l’azienda si fa attore educativo e crea opportunità Quali sono i problemi e le lamentele che state riscontrando? Il primo problema è quello di portare a compimento la riforma. Ad esempio, i comitati di valutazione non si sono ancora insediati anche perché osteggiati dai sindacati di categoria. In moltissimi, poi, si sono lamentati degli aumenti salariali troppo bassi, ma è pur sempre vero che abbiamo assunto migliaia di docenti precari, ed era da sei anni che lo stipendio era bloccato. Siccome il Miur ritiene che l’aggiornamento professionale sia fondamentale ha deciso di pagare 500 euro in più il nostro corpo docente. Ma anche in questo caso siamo stati criticati. I problemi non mancano, certo. Siamo i primi a dir38 | | lo, ma non possiamo pensare di risolvere tutto con una riforma. Abbiamo disegnato una strada e la stiamo percorrendo. Finora il Miur doveva gestire tagli, da quest’anno gestiamo risorse che vengono distribuite secondo i criteri di qualità e merito. Sul tema dei 500 euro in più in busta paga: molti chiedono come controllerete che il denaro sia effettivamente speso per un aggiornamento professionale. I maligni dicono che sono soldi spesi per ottenere voti alle prossime elezioni. nanza, perché crediamo che il lavoro ha una dignità come metodo di conoscenza. Chi lavora impara, cresce, diventa grande. Far dialogare questi due mondi fa bene al ragazzo e allo stesso sistema produttivo. In classe un ragazzo studia inglese sul libro o, se gli va bene, con la professoressa madrelingua, ma quando va a lavorare in un museo o in una azienda parlando costantemente inglese con clienti o visitatori, fa scuola a tutti gli effetti e impara molto più in fretta. Dopo un periodo di lavoro di «AbbiAmo Assunto quAsi 100 milA docenti, trovAto 100 milioni di euro in più per premiAre gli insegnAnti migliori e Altri 100 per AvviAre l’AlternAnzA. e siAmo stAti premiAti con il 220 per cento di scioperi in più» Ma quando sono le prossime elezioni? Non certo a fine anno. I soldi invece sono già stati versati. Comunque, quest’anno non ci sono stati i tempi tecnici per trovare una soluzione diversa. Ma dall’anno prossimo i 500 euro saranno dati con dei voucher, in questo modo il Miur vedrà in tempo reale come saranno spesi. Oggi i docenti devono presentare le fatture di spesa alle proprie scuole e già lì si può vedere che spese sono state fatte. I furbi ci sono sempre e qualcuno eluderà i controlli. In futuro sarà più difficile imbrogliare. Però, vede, anche questa è una piccola rivoluzione: il ministero sa che l’aggiornamento professionale è fondamentale, ma lascia che sia l’insegnante a decidere come formarsi perché si fida di lui. Noi crediamo nel nostro corpo docente. Perché avete puntato così tanto sull’alternanza scuola-lavoro? Per decenni, dagli anni Settanta, abbiamo teorizzato e messo in pratica con ogni strumento possibile che scuola e lavoro fossero mondi totalmente separati: prima si va a scuola, si impara qualsiasi cosa, poi si cerca lavoro. Noi abbiamo abbattuto questo muro inserendo l’obbligo dell’alter- questo tipo, i ragazzi tornano in classe più motivati. In azienda gli studenti incontrano problemi veri, e la soluzione operativa attiva meccanismi di apprendimento che nessun libro o laboratorio potrà mai dargli. Il lavoro offre questo, ti insegna a cavartela, e questo non lo impari a scuola. Per questo abbiamo reso obbligatoria l’alternanza scuola-lavoro in tutti gli istituti: 400 ore nei tecnici e 200 nei licei. Criticano una cosa che fino all’altro ieri non c’era, ma nessuno si lamentava. Adesso c’è, ma dicono che non basta. Mi vien da ridere. Comunque, il modello tedesco non lo definirei “alternanza”. Alternanza è un periodo di scuola fatto in azienda. In Germania è l’inverso: si fa qualche ora a scuola e il resto in azienda. Ma noi non siamo la Germania, non abbiamo quel tessuto produttivo che investe in modo pesante nella scuola; noi siamo l’Italia, abbiamo la nostra storia, la nostra cultura, dobbiamo costruire la nostra via che non so nemmeno se diventerà mai uguale al modello tedesco. L’alternanza è utile perché è importante per i ragazzi. Abbiamo una disoccupazione giovanile altissima, bisognava agire subito. E su questo ci tengo anche a sottolineare l’importanza di avere introdotto i contratti di apprendistato e la novità è che le aziende che accetteranno questa sfida godranno di una importante defiscalizzazione. Anche in questo caso, però, i problemi non mancano. Le cose non cambiano dalla sera alla mattina. Avvertiamo che nei licei non sanno come fare alternanza, molti non ne capiscono nemmeno le ragioni e le potenzialità. Noi ci stiamo muovendo con le aziende, le associazioni di categoria, i musei, i comuni, le camere di commercio, perché si può fare alternanza in tanti modi e in tanti luoghi, basta essere seguiti. Ci stiamo inventando una strada che è ancora in costruzione. Ma noto che c’è una maturità che fino a qualche anno fa non vedevo. In molti stanno criticando questo sistema, ancora «troppo lontano da quello tedesco», dicono. Il ministero ha chiesto un cambio di mentalità: alle scuole e alle imprese. Foto: Ansa che comprende anche lo stabile: vogliamo che questa valutazione sia comunicata all’esterno. Non è semplice? Lo sapevamo, ma si deve fare, deve esserci trasparenza perché i genitori devono avere gli strumenti per decidere in quale scuola mandare i propri figli. Altra novità è che tutto il sistema scolastico viene valutato, anche gli istituti non statali. Dare informazioni oggettive di tutto il sistema di istruzione nazionale può far capire che fra statale e non statale forse non sempre ci sono grandi differenze. Poi c’è la valutazione degli insegnanti: i migliori saranno premiati economicamente. E chi deve giudicare, viale Trastevere? No. Abbiamo chiamato in causa il leader educativo della scuola, il preside, che insieme a tre docenti, rappresentanti dei genitori e degli alunni e un componente esterno all’istituto dovranno decidere i criteri per stabilire quali saranno i migliori insegnanti da premiare. E ogni scuola avrà il suo quid economico da destinare ai più bravi. È una rivoluzione perché per la prima volta abbiamo inserito il tema della valutazione, della qualità, della premialità. E probabilmente i docenti saranno invogliati a rendere di più, a fare ancora meglio il proprio mestiere, anche solo per ottenere il premio economico. Da novembre, unico caso in Italia, un’intera classe di studenti del percorso di formazione di base del Polo Formativo del legno arredo a Lentate sul Seveso verrà inserita per un anno in apprendistato di primo livello all’interno di alcune importanti imprese del territorio. È questa la grande novità lanciata durante la visita del sottosegretario del Miur Gabriele Toccafondi al Polo di Lentate, che segna anche la prima visita ufficiale di un componente del governo alla scuola di FederlegnoArredo. Le aziende di FederlegnoArredo hanno sempre scelto di porsi come attori educativi a tutti gli effetti, e ora il Polo è in grado di offrire opportunità di lavoro concrete. «Il Polo – spiega il presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero – è una sfida che sta generando un entusiasmo diffuso tra i nostri imprenditori. I ragazzi che hanno iniziato a frequentare la scuola possono testimoniare l’efficacia della proposta che viene loro fatta, dal punto di vista umano ed educativo, e al tempo stesso a livello professionale». Al termine della giornata, il sottosegretario ha annunciato la scelta del ministero di voler privilegiare quegli istituti in grado di offrire maggiore efficacia di intervento: «Basta fondi a pioggia, per quest’anno il 30 per cento delle risorse nazionali e regionali destinate agli Its verrà dato su quota premiale». Dobbiamo farlo per migliorare il nostro sistema. In alcuni istituti tecnici si fanno fin troppe materie. In un indiriz- «Per anni abbiamo fatto di tutto Per dividere scuola e mondo del lavoro. abbiamo riconosciuto l’errore e ora stiamo favorendo questo dialogo. che fa bene ai ragazzi e alle stesse imPrese» zo meccanico, soprattutto i primi anni, a cosa serve studiare diritto o economia? Facciamolo in quinta e spieghiamo ai ragazzi cos’è un contratto di lavoro. Ma anche le aziende devono cambiare perché il problema dell’alternanza non è solo della scuola. È un tema che riguarda tutti in questo paese. Molte aziende la vedono come una scocciatura, ma cambiano idea se sentono parlare di incentivi economici. È un modo di ragionare che non mi piace: gli imprenditori devono capire l’importanza dell’alternanza per i ragazzi e per la stessa azienda. Noi come ministero stiamo organizzando incontri tra scuole e aziende, musei, camere di commercio. I due mondi devono parlarsi, devono conoscersi in modo diretto. Dobbiamo scambiarci idee e conoscenze, solo così qualcosa di buono può nascere. Le camere di commercio, ad esempio, stanno compilando un registro in cui è possibile trovare le imprese che fanno alternanza, strumento utilissimo per tutte le scuole. Alle scuole abbiamo mandato una guida di poche pagine, semplice e operativa, fatta da chi l’alternanza già la fa. E poi si può mettere in pratica in diversi modi: ci possono essere esperienze diverse, dove sono imprenditori o capi reparto a entrare in classe. Con loro si possono fare aziende simulate, ma vere: dalla costituzione della società alla realizzazione del prodotto e, perché no, fino alla vendita dello stesso. Il ministero ha messo a disposizione 100 milioni di euro all’anno per attivare l’alternanza. Però è un fondo a disposizione solo delle scuole statali. È vero, purtroppo. È la solita questione delle scuole paritarie che vengono concepite come un ente non pubblico. Ma questo è un problema a livello europeo: laddove ci sono bandi che prevedono investimenti strutturali, e l’alternanza è uno di questi, lo Stato non può usare soldi pubblici per enti non statali. I soldi che arrivano alle paritarie, infatti, non sono finanziamenti ma contributi. Bisogna affrontare definitivamente questa questione. In parlamento vedo che abbiamo raggiunto una certa maturità e il tema delle detrazioni lo dimostra. Ma occorre fare un altro passo altrettanto fondamentale: andare in Europa e fare capire che noi siamo molto orgogliosi del nostro sistema scolastico formato da scuola statale e scuola paritaria. Finché non sciogliamo questo nodo sarà difficile cambiare le cose. Entro fine legislatura occorre affrontare il problema, perché oggi lo Stato se prova a finanziare le paritarie con bandi su laboratori, strutture digitali, alternanza, eccetera riceve parere contrario da parte dell’Europa. Quindi con l’obbligo dell’alternanza avete messo in difficoltà le paritarie. Sì. Oggi ogni obbligo in più al sistema scolastico, come appunto l’alternanza, le mette in difficoltà. È la verità. Per questo sono convinto che sia il governo a doversi far carico del problema, non soltanto il ministero dell’Istruzione. Siamo all’inizio di un percorso che ha introdotto grandissime novità, è una rivoluzione che ha richiesto dei cambiamenti di mentalità, le cose stanno migliorando ma ci vuole tempo per renderle perfette. n | | 39 CAPITALE UMANO QUANDO SI VOLTA PAGINA «N on è possibile che sia tutto sbagliato. La riforma della Buona Scuola qualcosa di buono ce l’ha. Altre cose andrebbero corrette, o perlomeno chiarite. Ma è inevitabile che quando si inizia un percorso nuovo non tutto vada liscio». È questo il primo commento alla 107/2015 di Roberto Pasolini, preside dell’Istituto europeo Leopardi, scuola paritaria con sede a Milano. Che a Tempi spiega qual è stato l’impatto della riforma sul suo istituto. Abbonati, fai abbonare i tuoi amici, rinnova subito il tuo abbonamento a Tempi 1.000 500 60 DENTRO L’ISTITUTO LEOPARDI GRANDE PASSO AVANTI MA LE PARITARIE SONO SEMPRE IN DIFFICOLTÀ e Che impatto ha avuto sul vostro istituto? ROBERTO PASOLINI Preside dell’Istituto Europeo Leopardi, scuola paritaria con sede a Milano Per quanto riguarda la questione delle assunzioni dei nuovi insegnanti, devo dire che «L’ALTERNANZA LA la cosa non ci ha colpiFACCIAMO DA VENTI to molto. I numeri delle assunzioni, alla fine, non ANNI, MA RENDERLA sono stati quelli ventilati OBBLIGATORIA PER all’inizio. E nel mio caso TUTTI GLI ISTITUTI HA non c’è stata una fuga verso le scuole statali, anche UN COSTO. DEI 100 se questa chiamata era MILIONI DELLO STATO stata venduta come l’ulA NOI NON ARRIVA tima chance di iniziare a lavorare alle dipendenze NEMMENO UN EURO» dello Stato. Nel mio caso solo due insegnanti hanno accettato l’incarico statale, tutti gli altri sono rimasti. E questo mi fa essere orgoglioso, perché vuol dire che l’ambiente che abbiamo creato è appetibile e di soddisfazione professionale. Cosa ne pensa dell’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro a partire dalle classi terze di tutti gli istituti? Sono molto contento. Sono un estimatore del sistema svizzero, quindi totalmente favorevole alla decisione del governo. Noi nell’ambito tecnico è da venti anni che facciamo alternanza, e siamo stati tra i primi licei socio psicopedagogici ad attivare questi percorsi. Crediamo molto a questa impostazione, ma nonostante questo non posso far notare alcune criticità. L’alternanza per le scuole ha un costo. Il Miur ha messo a disposizio- ne 100 milioni di euro l’anno, il dramma è che come al solito ci si dimentica che il sistema d’istruzione italiano è formato dalle scuole statali e paritarie. E naturalmente quei fondi sono destinati solo alle prime. Fare alternanza non vuol dire soltanto mandare gli studenti nelle aziende. Chi si occupa di tenere i rapporti con le imprese? Chi ne trova di nuove? Chi compila tutte le carte? Nel nostro caso, da quest’anno, un docente è occupato a tempo pieno. E chi paga questo lavoro? Il mio istituto, non lo Stato. Altra criticità, almeno ora, è quella di trovare aziende disposte a fare lavorare gli studenti. Anche in questo caso, forse, con dei finanziamenti le cose sarebbero state più facili e veloci. Il sistema duale aiuterà a risolvere il problema della disoccupazione giovanile? In Svizzera e Germania le ore fatte in azienda sono molte di più, i ragazzi hanno il tempo per acquisire una professionalità e una competenza che un domani faciliteranno l’ingresso nel mondo del lavoro. I nostri ragazzi, invece, faranno circa un’ottantina di ore, troppo poche per imparare un lavoro. Ma l’approccio è corretto, era giusto partire. I ragazzi imparano una modalità di approccio alle richieste che è utile anche quando tornano a scuola. Cerco di spiegarmi: gli studenti considerano spesso le richieste o i richiami del docente come delle pignolerie. Quando vanno in azienda capiscono che, o le cose si fanno giuste, o si fanno giuste. Gli errori possono costare caro, la vita è così. Allora si rendono conto che le richieste dell’insegnante non sono più una pretesa narcisistica, ma servono per affrontare in modo serio il mondo di domani. Le aziende hanno bisogno di persone serie che fanno le cose in un certo modo, in un determinato tempo e con la massima precisione possibile. | | abbonamento ORDINARIO e Un anno di abbonamento COMPIlARE Il MODUlO qUI sOTTO E sPEDIRE INsIEME A UNA COPIA DEllA RICEVUTA DI PAgAMENTO NEllE sEgUENTI MODAlITà: • • via e-mail ad [email protected] oppure in busta chiusa a Vita nuova Società Cooperativa - Servizio abbonamenti, via Federico Confalonieri, 38 - 20124 milano Servizio abbonamenti: tel: 02.31923730 nome e Cognome* Codice Fiscale* E-Mail* telefono* data di nascita indirizzo Mi abbono a TEMPI - desidero la rivista cartacea Città Sì CaP no Quali sono le attese delle famiglie nei confronti della scuola? Le esigenze delle famiglie sono aumentate. Chiedono servizi migliori, maggiore attenzione ai propri figli, esigono una preparazione del personale molto alta. È giustissimo, ma tutto questo ha un costo che molto spesso è più alto delle rette che chiediamo. Su questo aspetto, sempre di più, vedo una sorta di pretesa, perché questi genitori non pagano un servizio, ma una differenza di servizio. Questa “differenza di servizio” si traduce in rette molto alte. Oggi non vedo una grande consapevolezza delle nostre difficoltà economiche, o almeno non sempre. Una volta le persone erano più sensibili al tema della parità e della libertà di educazione. Questi temi, vent’anni fa riempivano il Palavobis. Oggi faremmo fatica a radunare mille persone. [dg] Pago con C/C postale n° 1025579226 intestato a Vita nuova Società Cooperativa via Federico Confalonieri, 38 - 20124 milano. 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Ha delle aperture innovative notevoli: maggiore autonomia e poteri gestionali del dirigente scolastico, come ad esempio le assunzioni dirette dei docenti, sono solo un paio esempi. Da un punto di vista culturale il nostro sistema ha poco da invidiare agli altri paesi. Ma su autonomia e gestione siamo notevolmente indietro e questa legge segna un cambio di marcia. Certo non mancano i problemi: nel testo della 107 quando si parla degli aspetti organizzativi non si fa nessun distinguo tra statale e paritaria. Questo ci obbliga ad adeguarci a modelli che per noi non vanno assolutamente bene. Ecco, su questi punti vorremmo avere qualche delucidazione in più. abbonamento BENEFATTORE Firma data RAPPRESENTANZE C’ IL MESTIERE DI CONTRATTARE Foto: Ansa COME SI STANNO ATTREZZANDO I SINDACATI DEI LAVORATORI E DEGLI IMPRENDITORI PER SFUGGIRE ALLA CORSA GLOBALE AL RIBASSO CHE METTE A RISCHIO SALARI E PRODUTTIVITÀ? LO ABBIAMO CHIESTO AL SEGRETARIO DELLA CISL GIGI PETTENI E AL DIRETTORE AREA LAVORO DI CONFINDUSTRIA PIERANGELO ALBINI 42 | | che è nel cambiamento. Probabilmente al di fuori degli stereotipi, oggi assai di moda, che lo pretenderebbero o in ginocchio, a fare sostanzialmente da “sindacato giallo” (per intenderci, i sindacati finti creati e controllati dagli imprenditori negli Stati Uniti negli anni Venti, messi poi fuorilegge), o condannato a battaglie “di retroguardia”, perse in partenza, in un “ridotto” di Fort Alamo – che “si riduce” sempre di più, ad ogni successivo lancio di dadi, nel gioco dell’oca della mondializzazione. Questo sindacato, che non è né l’una né l’altra di queste due cose, continua oggi a fare il “suo mestiere”, rileggendo lo strumento della contrattazione collettiva, interrogandosi sulla rappresentanza, cercando modalità non rituali di interlocuzione con l’impresa, mettendo nel paniere della negoziazione un welfare aziendale rapportato agli effettivi bisogni dei lavoratori. E che quando protegge, ad esempio, i lavoratori dai rischi di dumping salariale aiuta anche le imprese dal rischio della concorrenza sleale. Un sindacato che non ha smarrito, nella sua visione del lavoro, l’originario sapore della centralità personale del “diritto”, per rincorrere le mode consumistiche dei “diritti”. Forse l’unica formula per sfuggire a una corsa globale al ribasso che distrugge tanto i salari quanto la produttività, e che non ha alternative solo per chi sostiene, sbagliando clamorosamente, che non possa esserci ancora un futuro per il “saper fare” e per l’industria nel nostro Paese. [pgg] è un sindacato | | 43 RAPPRESENTANZE TRA VECCHI RITI E NUOVE URGENZE 1 Crollato il totem del contratto nazionale, avete in programma un nuovo modello di contrattazione oppure vale il “modello Marchionne”, ovvero il modello che ha cancellato il contratto nazionale? Gigi Petteni è segretario confederale della Cisl GIGI PETTENI Nell’ambito di relazioni industriali moderne non c’è posto per i totem e il contratto nazionale nella visione della Cisl non è un totem ma un necessario strumento di regolazione del rapporto di lavoro rispetto alle normative di base comuni per tutti i lavoratori. In particolare il contratto nazionale fissa i minimi retributivi in modo più efficace – in perfetta sintonia col dettato costituzionale – di quanto non possa fare la legge, perché lo fa non col metodo della livella ma in riferimento alle caratteristiche dei singoli settori e articolando i minimi salariali per livelli di inquadramento professionale e nell’ambito di un orario di lavoro definito: proprio come dice la nostra Costituzione. Il contratto nazionale è, inoltre, uno strumento di governance del sistema di relazioni a livello di ogni singolo settore favorendo lo sviluppo di una contrattazione di secondo livello a misura dei differenti contesti aziendali e territoriali, ma evitando i rischi di dumping 44 | | nei confronti dei lavoratori e di concorrenza sleale nei confronti delle imprese. Pierangelo Albini è direttore area lavoro e welfare di Confindustria PIERANGELO ALBINI Francamente dissento dalla premessa: in tutti i documenti del sistema di Confindustria viene riaffermato il ruolo centrale dei contratti nazionali di categoria. Questo non significa conservazione, perché nella nostra visione il Ccnl è fondamentale quale punto di riferimento per l’azione di promozione della contrattazione aziendale, che così potrà svilupparsi in modo ordinato. In altre parole, il Ccnl dovrebbe svolgere un ruolo di garanzia a livello nazionale dei minimi contrattuali e fornire alle imprese strumenti e parametri per una contrattazione aziendale orientata al miglioramento della produttività e della competitività. 2 Le nuove forme di contrattazione pongono il problema della rappresentanza. Pensate di fare un accordo tra rappresentanze/rappresentanti o aspettate/auspicate l’intervento del governo con una legge ad hoc che regoli le nuove forme di rappresentanza? GIGI PETTENI Il tema è già stato affrontato con una serie di accordi che ad oggi hanno interessato Confindustria, Confservizi, Alleanza Cooperative e Confcommercio. Questi accordi prevedono la certificazione della rappresentanza dei sindacati e regole chiare di approvazione dei contratti ai vari livelli. Questo garantisce l’esigibilità e l’efficacia degli accordi ed è un segnale di fiducia per chi vuole investire e lavorare nel nostro paese. Un eventuale intervento di legge potrebbe essere utile solo se fosse molto leggero e assumesse la forma del combinato disposto. L’affidamento alla contrattazione da parte della legge sarebbe, infatti, indispensabile perché una ricetta uguale per tutti non potrebbe mai funzionare. Tanto per fare un esempio: le varie proposte di legge in campo partono tutte dall’assunto che la rappresentanza del sindacato vada misurata dalla ponderazione tra i dati degli iscritti e quelli dei voti per le Rsu (le rappresentanze sindacali unitarie). Questo va bene per il mondo di Confindustria (e rispecchia infatti quell’accordo), ma ci sono settori, che contano milioni di lavoratori, nei quali le Rsu non ci sono e quindi non esiste un dato elettorale da censire. Per quei settori la contrattazione dovrà adottare soluzioni adeguate che garantiscano l’obiettivo di certificare la rappresentanza. PIERANGELO ALBINI L’accordo su questo tema l’abbiamo già fatto e lo stiamo attuando. I problemi che abbiamo dovuto affrontare e risolvere nella fase di impostazione operativa sono stati molteplici e ora siamo arrivati alla fase di raccolta ed elaborazione dei dati. Il modello di accordo è valido, tant’è che è stato ripreso sia dal mondo delle cooperative che dai rappresentanti delle aziende municipalizzate. A nostro avviso, ogni eventuale intervento legislativo in materia dovrebbe rispettare i contenuti e la volontà espressa dal nostro accordo che si fonda su una adeguata ponderazione tra il dato delle iscrizioni alle singole associazioni sindacali e i voti espressi dai lavoratori nelle elezioni delle rappresentanze aziendali. 3 Un’altra abitudine andata in soffitta è la concertazione nazionale. Come evolveranno i rapporti tra sindacati e governo? Quali le valutazioni interne ai vostri mondi? stesso stile di governo. Il nostro paese – tra i fondatori dell’Unione Europea – non può rischiare di diventare su questo terreno fanalino di coda. Soprattutto in una fase in cui i processi e gli strumenti di governance economica della Commissione europea assumono un peso sempre maggiore. Ma questo pone un problema di sostanza, non di riti: lo stile di confronto non può più avere le lungaggini, la farraginosità e la ritualità che hanno caratterizzato passate stagioni. L’economia e la finanza globali corrono, oggi anche la politica è più veloce, la Chiesa ha messo con papa Francesco una marcia in più. O il sindacato è in condizione di reggere il passo e di focalizzarsi sul merito delle questioni, o rischia di essere fuori gioco. PIERANGELO ALBINI GIGI PETTENI La concertazione: questa sì che ha rischiato di diventare un totem (non il contratto nazionale!). A noi non interessano i riti e le riunioni nella sala verde col “cerimoniale di corte”. Vogliamo un confronto di merito su tutte le questioni che interessano il mondo del lavoro, non per porre veti ma per contribuire con le nostre proposte a trovare soluzioni adeguate per i lavoratori nell’ambito degli interessi generali del paese. E la priorità in questo momento è la ripresa della crescita economica e sociale di cui il lavoro è una componente fondamentale. Nell’ambito del Jobs Act e della legge di stabilità per il 2016 ci siamo mossi come Cisl con questo spirito, formulando proposte a partire dalle audizioni parlamentari e in tutte le sedi possibili. Siamo convinti che il ruolo delle parti sociali sia una componente fondamentale dello stesso tessuto democratico del paese e un elemento di ricchezza per lo La concertazione è un metodo, tra molti, con il quale governo e parti sociali possono interloquire. Non è quindi un valore in sé, ma ha un senso secondo le circostanze e i problemi da risolvere: la cosa essenziale è che l’interlocuzione non venga meno. Non c’è dubbio che in passato si è arrivati a situazioni in cui a questo metodo si è chiesto troppo rischiando la paralisi decisionale, come non c’è dubbio che anche in questi mesi l’interlocuzione c’è stata, in varie forme. Il punto, che spesso si fa fatica a cogliere, è che vi sono a volte contingenze che richiedono una particolare tempestività di assunzione di responsabilità da parte di governo e parlamento: in questo senso va letta anche la vicenda della riforma istituzionale. 4 Si è aperta una nuova fase nella contrattazione che introduce il tema del welfare aziendale. Come vi interroga questa novità? Tornerete ad essere associazioni fornitrici di servizi? Verrà rivalutata la bilateralità o anche questa è destinata a tramontare? GIGI PETTENI L’articolo 12 contenuto nella legge di stabilità apre il beneficio fiscale anche al welfare di genesi contrattuale. È un provvedimento positivo che coglie una realtà che per noi è già un versante strategico d’iniziativa. La strada maestra non è tanto diventare fornitori di servizi su questo terreno ma rafforzare l’intervento contrattuale per sviluppare piani di welfare aziendale rapportati agli effettivi bisogni dei lavoratori. La bilateralità è uno strumento essenziale per gestire l’offerta di prestazioni e servizi tanto ai lavoratori quanto alle imprese nei settori caratterizzati da piccole e micro aziende nelle quali non sarebbe gestibile un intervento singolo. Ma è sempre la contrattazione che determina il ruolo della bilateralità. PIERANGELO ALBINI Anche la bilateralità è un metodo, non un valore assoluto, e c’è quella che dà buoni risultati e quella che si trasforma in autopreservazione. Il welfare aziendale si presta a essere gestito con forme di bilateralità e non a caso ha una lunga storia nel nostro sistema di relazioni industriali. Se ne parla di più oggi, perché la politica sta mostrando una rinnovata attenzione alla necessità di | | 45 RAPPRESENTANZE TRA VECCHI RITI E NUOVE URGENZE la Scuola per Crescere Il nostro Liceo Scientifico offre agli studenti una nuova possibilità formativa nell’ambito della scuola secondaria superiore dare una risposta a nuovi bisogni sociali. Rinnovata attenzione che condividiamo e giudichiamo positivamente. 5 Fondando le sue radici sulla qualità degli apprendimenti, sul “nostro modo di fare scuola” basato sull’attenzione alla persona ed ai bisogni formativi dei singoli studenti, sulla forte preparazione nell’ambito scientifico, su un quadro orario equilibrato a misura liceale con ampi spazi e numerose ore di pratica sportiva. Il titolo acquisito al termine degli studi sarà di “Diploma di Liceo Scientifico”, al pari di quello di ordinamento, con l’indicazione “sezione ad indirizzo sportivo” e permette l’accesso a tutte le Facoltà Universitarie ed agli Istituti di Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica nonché ai percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore come sancisce il decreto attuativo (DPR n. 52 del 5 marzo 2013). Se e quale autoriforma state pensando per la vostra organizzazione per accompagnare i cambiamenti in corso? A rischio di risultare noioso: un’organizzazione capace di portare la contrattazione in ogni angolo del territorio e in ogni impresa. Quindi un grande progetto di decentramento di ruoli, di poteri, di risorse. Un’organizzazione di impronta moderna, basata sulla trasparenza, su una comunicazione più efficace e con un ruolo crescente delle competenze e della conoscenza più in generale. A questo scopo verrà potenziata la leva della formazione e modernizzata quella che una volta chiamavamo la “cassetta degli attrezzi” del sindacalista. Oggi basta uno smartphone tascabile con cui essere sempre connessi e collegabili con tutti gli strumenti di conoscenza che la Cisl mette a disposizione dei propri operatori: le banche dati delle imprese, l’Osservatorio sulla contrattazione, l’Osservatorio sulla rappresentanza, tutte le informazioni di tipo organizzativo eccetera. A questo fanno riscontro operazioni di sinergia che si realizzano attraverso accorpamenti tra categorie e strutture confederali sul territorio realizzando economie di scala, ottimizzazione di risorse eccetera. Insomma, anche il sindacato è in ristrutturazione permanente. 46 | | PIERANGELO ALBINI Il cambiamento dell’organizzazione è già partito, in attuazione delle proposte elaborate dalla commissione presieduta da Carlo Pesenti. L’obiettivo – che si sta già realizzando – è ridurre sensibilmente, attraverso aggregazioni, il numero del- le associazioni, con la contestuale riduzione dei costi totali, senza però ridurre l’efficacia della rappresentanza dei territori e dei settori. La riforma ha semplificato anche il numero e la composizione degli organi direttivi della confederazione e prevede il rafforzamento delle attività di rappresentanza a livello europeo. n Foto: Ansa GIGI PETTENI Sedi Superiori: Via del Carroccio, 9 - Via D. Crespi, 9 - 20123 Milano Sede Infanzia Elementari e Medie: Via Arena, 13 - 20123 Milano www.istitutoleopardi.it