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Una pizza pericolosa

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Una pizza pericolosa
la casella
Una pizza
pericolosa
Dalla mailing list dell’ApPAL (www.apalweb.it)
Il dibattito si è svolto tra la fine di dicembre 2007 e l’inizio di gennaio 2008
Bruno, il mio figlio decino, sviene quando passiamo davanti ad una
pizzeria al taglio. Mica perché si sente male, badate bene, ma perché
è stremato dallo sforzo di resistere al desiderio di entrarvi e divorare
tutta la pizza (soprattutto margherita) che c’è sul bancone. Ma non è
sempre così, esiste l’allergia alla pizza! O comunque, qualcosa di molto vicino. E dove poteva capitare se non nella capitale mondiale della
pizza? Volete saperne di più? Leggete quanto ha scatenato la lettera
di Fabio da Napoli.
Fabio Antonelli, Napoli
IL CASO
Vorrei un vostro parere sul seguente caso clinico. Una ragazza di 12
anni viene a ricovero presso il reparto ospedaliero presso cui presto
servizio per orticaria importante, angioedema e difficoltà respiratoria.
La sintomatologia si risolve dopo alcune ore a seguito di terapia con
antistaminico e cortisonico per via endovenosa. La ragazza aveva
mangiato circa 30 minuti prima dell’insorgenza dei sintomi una pizza
margherita al ristorante. Pratichiamo il dosaggio delle IgE sieriche specifiche per alimenti durante il ricovero. La ragazza viene dimessa prima dell’acquisizione del suddetto risultato e dopo alcuni giorni torna
nello stesso ristorante, mangia la stessa pizza. Dopo circa venti minuti
presenta rinorrea, lacrimazione e modica difficoltà respiratoria con risoluzione spontanea nel giro di un’ora. Arriva il risultato del dosaggio
(con ImmunoCAP) delle Immunoglobuline E (IgE sieriche specifiche:
granoturco 62,2 kUA/l, grano 9,35. Abbastanza incredulo, ripeto il suddetto dosaggio allargandolo ad altri cereali e faccio un prick test per
inalanti, frumento ed un prick by prick con mais in scatola. Risultati: prick test = dermatophagoides pt 10 mm; graminacee 10 mm; parietaria
7 mm; frumento 6 mm; mais 8 mm; dosaggio (con ImmunoCAP) delle
IgE sieriche specifiche = grano saraceno 5,34 kUA/l; grano 9,35 kUA/l;
orzo 7,65 kUA/l; avena 15,5 kUA/l; granoturco 69,2 kUA/l; gramigna dei
prati 2,15 kUA/l; erba mazzolina 2,40 kUA/l. Sottolineo che la bambina
ha sempre mangiato tutto senza problemi e si è fatta scorpacciate di
pannocchie di granturco arrostite e bollite.
Che fare? Io ho invitato la madre a chiedere al pizzaiolo che farina usa
per la pizza. Chi mi aiuta?
Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica • 01/2008 • 8-11
Stefano Miceli Sopo
Clinica Pediatrica,
Policlinico A. Gemelli,
Roma
[email protected]
Giorgio Longo, Trieste
Bel caso, una volta ipotizzavo che nella pizza
il frumento non fosse ben cotto (3 minuti contro gli almeno 30 del pane) oppure che i panetti fossero pieni di acari; ma da Roma qualcuno ha sottolineato anche l’importanza del
grano saraceno. Spero comunque che fino a
prova contraria continui a mangiare quello
che già mangiava abitualmente senza farsi
condizionare acriticamente dal RAST.
Stefano Miceli Sopo, Roma
Caro Fabio, la ragazza ha avuto due episodi
di anafilassi nelle stesse condizioni ambientali, se una causa esterna esiste va cercata
prima di tutto nella pizza. Il fatto che ne siano
accaduti due, di episodi, mi fa immaginare
che, se la pizza è coinvolta, essa sia preparata sempre allo stesso modo (anche come
grado di cottura). Allora dovrebbe andar
bene farsi fare, nello stesso ristorante, una
pizza margherita preparata come al solito, e
praticare dei prick by prick pungendo la pizza in almeno 10 (per dire) punti diversi. E poi
comunque effettuare un test di provocazione orale (TPO) con la stessa pizza. Giustifico
l’esecuzione del TPO, nonostante la diagnosi
di anafilassi* e la positività della ricerca delle
IgE specifiche per alimenti sospetti, per il fatto che una relazione plausibile con i suddetti
(gli alimenti sospetti) non è stabilibile, come
tu stesso giustamente lamenti. Se il TPO risultasse positivo, riprenderei a farmi le domande che hai appena posto. Se no, cambierei
indirizzo.
Iride Dello Iacono, Benevento
Caro Fabio, in casi simili al tuo il mio comportamento è stato il seguente. Ho invitato
la madre a recarsi dal pizzaiolo, come tu hai
proposto, a farsi dire, con assoluta precisione, tutto ciò che utilizza, abitualmente, per
la preparazione della pizza in oggetto. Per
esempio, quale marca di farina? È solo di frumento o anche di mais o di grano saraceno?
Quali ingredienti ha usato per il condimen-
to? Ha utilizzato spezie? Nel momento in cui
ti saranno forniti questi elementi, scarta dal
sospetto quegli alimenti che abitualmente la
ragazza ha assunto senza aver mai presentato alcuna sintomatologia e concentrati su
quelli in cui la certezza assoluta che la ragazza li abbia già assunti senza problemi non
l’hai. In tal caso ti dovresti trovare di fronte ad
uno-due alimenti sospetti, nei confronti dei
quali cercare le IgE specifiche. E con questi,
poi, dovresti effettuare un TPO. Ma quando?
Subito forse no, perché la ragazza ha presentato due episodi che dobbiamo definire
anafilassi (orticaria, angioedema e difficoltà
respiratoria) e, pertanto, il TPO dovrebbe essere procrastinato. In un caso, molto simile al
tuo, ho concluso per un’anafilassi da grano
saraceno. Ovviamente, anche la via proposta da Stefano Miceli Sopo è percorribile, ma
forse è un po’ rischioso un TPO subito se hai
il prick by prick positivo, in una ragazza che
ha recentemente presentato due episodi di
anafilassi. Perché, fino a prova contraria, di
anafilassi si tratta, o no?
la casella
Il DIBATTITO
Guglielmo Scala, Napoli
Bel caso davvero. E sintomi respiratori? Mai?
Era in terapia con qualcosa? Aveva sospeso
qualche terapia? La seconda volta niente
orticaria/angioedema? Aveva assaggiato la
birra? Aveva già fatto prick nel suo passato?
Perché?
Fabio Antonelli, Napoli
Rispondo a Guglielmo. Non assumeva alcuna terapia, non ha mai presentato altri sintomi a detta della madre; la seconda volta non
ha presentato né orticaria né angioedema.
Sulla birra non lo so, ma indagherò.
Giuseppe Pingitore, Roma
Prenderei in considerazione la possibile
presenza di acari nella farina. Sarebbe utile disporre di un po’ di farina usata dal pizzaiolo per esaminarla con una forte lente
di ingrandimento o microscopio o, anche,
diluirla in acqua per fare un prick by prick
(usando una farina fresca come controllo).
Sono stato io a parlare del grano saraceno,
* Ho scritto infatti che i sintomi descritti da te sono compatibili con la diagnosi di anafilassi. Ti assicuro, tuttavia,
che da un po’ di tempo ciò non mi è più ben chiaro.
Una pizza pericolosa
la casella
oggi è sempre più frequente il suo utilizzo in
miscele di farine, e credo che lo sarà sempre
di più, visti i prezzi del grano. Potrebbe quindi
rendersi necessario un TPO con grano saraceno.
Mauro Calvani, Roma
La storia ricorda molto un caso che vidi qualche anno fa. In quel caso dimostrai che il
bambino era allergico ad un inibitore della
alfa-amilasi. Non feci indagini molecolari.
Feci un TPO con la farina imputata, che risultò negativo. Probabilmente commisi un errore, in quanto gliela feci bere diluita in acqua,
solo in seguito ho letto che questo allergene
è idrosolubile. Tuttora, come giustamente sottolinea Giorgio, mangia pasta e ogni alimento contenente cereali, ma evita di mangiare
la pizza e di respirare la farina.
Giorgio Longo, Trieste
Mi piacerebbe che Mauro ci dicesse anche
se l’inibitore della alfa-amilasi è un allergene
termolabile. O la sua è soltanto una ipotesi?
E ancora, l’inibitore della alfa-amilasi si trova anche nel riso e nel granoturco? Questo
per spiegare le RAST positività al riso e granoturco. E ancora, in un caso come quello
riportato, nella scaletta delle ipotesi l’allergia
all’acaro la metterebbe prima o dopo, in ordine di probabilità, rispetto a quella dell’allergia verso l’inibitore delle alfa-amilasi? Ma
il bambino (il paziente di Mauro) era allergico agli acari?
Mauro Calvani, Roma
Il caso di cui vi ho detto è rimasto per me
poco chiaro. Palosuo et al. riportano che l’inibitore della alfa-amilasi appartiene alla frazione idrosolubile. Non so se tale proteina è
presente anche nel riso o nel granoturco. La
prima volta che vidi il bambino di cui vi ho
detto pensai all’acaro nella farina, ma dopo
il secondo episodio questa ipotesi mi sembrò
meno probabile. Comunque non è allergico
agli acari, lo è alle graminacee.
Giuseppe Pingitore, Roma
L’inibitore delle alfa-amilasi è idrosolubile (in
acqua e soluzioni saline deboli), ma non è
termolabile.
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Stefano Miceli Sopo, Roma
Caro Fabio, cosa proporrai alla ragazza
quando la rivedrai? Le hai già detto di non
mangiare più la pizza? O di non mangiare
“quella” pizza? Te lo chiedo per sapere se
i suggerimenti ricevuti ti hanno chiarito le
idee o no. Il problema, insomma, sta nel basso grado di cottura della pizza? Di “quella”
pizza? È questa la conclusione del caso?
L’idrosolubilità dell’enzima di cui ci ha detto
Mauro può compromettere la sua allergenicità tenendo conto che nell’impasto per la
pizza l’acqua ci si mette? Forse è poca? E il
grado di cottura della pizza (considerando
anche il suo spessore) è minore o maggiore di quello della pasta fresca che abitualmente si fa cuocere per 2-3 minuti? Questa
ragazza non ha mangiato di recente pasta
fresca? Si mette più acqua nell’impasto per
la pasta fresca rispetto a quello per la pizza?
Perché si possa definire anafilattica, una reazione avversa IgE-mediata ad un alimento
deve essere caratterizzata anche da sintomi
respiratori (per esempio) gravi? Come stridore, broncospasmo, ipossiemia, cianosi? O
bastano ostruzione nasale e relativa difficoltà respiratoria “nasale”?
Io farei il TPO con “quella” pizza domani.
Fabio Antonelli, Napoli
Caro Stefano, spero che il pizzaiolo mi possa
dire innanzitutto che farina usa per la pasta
per poter fare, come consigliava Giuseppe,
un prick by prick con la suddetta farina. Il grado di cottura della pizza è di difficile valutazione, ma pensavo che un forno a legna sviluppasse comunque temperature molto elevate.
Inoltre, mi pare che il primo episodio (con sintomi respiratori, orticaria ed angioedema imponenti) possa essere definito anafilassi. Sul
secondo non saprei, sicuramente sono implicati gli stessi allergeni. Un TPO lo vorrei fare,
per adesso le ho consigliato di non mangiare la pizza.
Giorgio Longo, Trieste
È questo della pizza un problema ricorrente,
che sempre mette in difficoltà, sarebbe molto
utile per me saperne di più, anche solo in via
di ipotesi. La pizza, contrariamente a quanto
diceva qualcuno, è certamente un alimento
dove la farina può risultare molto poco o per
nulla cotta: la parte che sottostà al compaUna pizza pericolosa
p.m. di 15 kDa, ed è noto per giocare un
ruolo nella sensibilizzazione allergica.
Personalmente, come ho già scritto, considererei, in questi casi, anche il ruolo del grano
saraceno, si può vedere in proposito il case
report di anafilassi di Heffler et al. (J Investig
Allergol Clin Immunol 2007).
Iride Dello Iacono, Benevento
Giuseppe Pingitore, Roma
Caro Giorgio, gli inibitori di proteasi ed alfaamilasi sono contenuti in tutti i cereali. In particolare:
- una proteina di 4.5 kDa, di 132 aminoacidi, presente nell’endosperma dell’orzo e
messa in relazione con l’asma dei fornai,
è stata designata come Hor v1;
- una proteina di 13.5 kDa, omologa a quella dell’orzo, è stata isolata dalla segale,
Sec c1;
- anche il riso contiene un inibitore dell’alfaamilasi di 14.8 kDa;
- l’inibitore dell’alfa-amilasi del grano ha un
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natico rimane infatti più fredda che i bordi
liberi. La scarsa cottura è anche il motivo per
il quale spesso risulta indigesta (lenta da digerire). Richiedo se l’inibitore della alfa-amilasi si trova anche nel riso e nel granoturco,
questo per spiegare le RAST positività al riso
e granoturco.
Il lavoro di Simonat et al. (J Agric Food Chem
2001) dimostra che gli allergeni del grano
non sono termolabili, anzi la cottura ne aumenterebbe addirittura la resistenza alla digestione proteolitica.
Giorgio Longo, Trieste
Allora l’ipotesi della pizza poco cotta cade.
Per queste reazioni occasionali alla pizza
dobbiamo quindi considerare sempre e solo
l’ipotesi grano saraceno o quella per contaminazione da acari. Dico giusto?
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