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Capitolo 174 Febbre Keith R. Powell

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Capitolo 174 Febbre Keith R. Powell
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PARTE XVI
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Malattie infettive
Capitolo 174 ■ Febbre Keith R. Powell
La febbre è un aumento controllato della temperatura corporea rispetto ai valori normali per un determinato individuo. La
temperatura corporea è regolata da neuroni termosensibili, localizzati nell’ipotalamo preottico o anteriore, che rispondono alle
variazioni della temperatura del sangue come anche a connessioni
nervose dirette con recettori del caldo e del freddo situati nella
cute e nei muscoli. Le risposte termoregolatorie comprendono
lo spostamento del sangue nei letti vascolari cutanei o il suo
allontanamento da essi, un aumento o una diminuzione della
sudorazione, la regolazione del volume dei liquidi extracellulari
(mediante l’arginina vasopressina) e le risposte comportamentali,
come la ricerca di una temperatura ambientale più calda o più
fredda. Inoltre, la temperatura corporea normale varia ogni giorno secondo un pattern regolare. Questo ritmo circadiano della
temperatura o variazione diurna risulta in una minore temperatura corporea nel primo mattino e in temperature di circa 1 °C
più elevate nel tardo pomeriggio o nella prima serata.
PATOGENESI. La febbre è regolata nello stesso modo in cui la
temperatura normale viene mantenuta in un ambiente freddo
e la differenza consiste nel fatto che il “termostato corporeo”
è stato regolato a una temperatura più elevata (Fig. 174-1).
Indipendentemente dal fatto che la febbre sia associata o meno
a un’infezione, a una malattia reumatica o a una neoplasia maligna, il termostato viene regolato in risposta ai pirogeni endogeni,
compresi le citochine interleuchina 1(IL-1) e IL-6, il fattore di
necrosi tumorale-␣ (TNF-␣), l’interferone-␤ (IFN-␤) e l’IFN-␥.
I leucociti e altre cellule sottoposte a stimolazione producono
lipidi che servono anch’essi da pirogeni endogeni. Il mediatore
lipidico maggiormente studiato è la prostaglandina E2 (PGE2).
La maggior parte delle molecole di pirogeno endogeno è troppo
grande per attraversare la barriera ematoencefalica in modo
efficiente. Tuttavia, gli organi circumventricolari vicini all’ipotalamo non possiedono una barriera ematoencefalica e consentono
il contatto neuronale con i fattori circolanti attraverso capillari
fenestrati.
Microbi, tossine microbiche o altri prodotti microbici sono i “pirogeni esogeni” più comuni, sostanze che provengono
dall’esterno dell’organismo, stimolano i macrofagi e altre cellule
a produrre pirogeni endogeni provocando in questo modo la
febbre. Alcune sostanze prodotte all’interno dell’organismo non
sono pirogeni ma possono stimolare i pirogeni endogeni. Tali sostanze comprendono i complessi antigene-anticorpo in presenza
del complemento, le componenti del complemento, i prodotti dei
linfociti, gli acidi biliari e i metaboliti degli steroidi androgeni.
L’endotossina è una delle poche sostanze che possono influenzare direttamente la termoregolazione nell’ipotalamo e anche
stimolare il rilascio di pirogeni endogeni. La febbre può essere
causata da infezioni, vaccini, agenti biologici (fattore stimolante
le colonie di macrofagi-granulociti, interferoni, interleuchine),
danno tessutale (infarto, embolia polmonare, trauma, iniezioni
intramuscolari, ustioni), neoplasie maligne (leucemia, linfoma,
epatoma, malattia metastatica), farmaci (cocaina, amfotericina
B, febbre da farmaci), patologie reumatologiche-immunologiche
(lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide), malattie infiammatorie (per es. malattia intestinale infiammatoria), malattie
Cambiamenti comportamentali
CORTECCIA
NEURONI TERMOREGOLATORI
Termostato elevato
PGE2 e altri
metaboliti dell’acido
arachidonico
Centro vasomotore
*
ENDOTELIO IPOTALAMICO
PIROGENI ENDOGENI
PG
*
MACROFAGI, ENDOTELIO, ALTRI
+
MONOCHINE, LINFOCHINE, CITOCHINE
Efferenti periferici
Catena simpatica
Contrazione muscolare
Vasocostrizione
Produzione di calore Conservazione del calore
FEBBRE
PG
*
Macrofagi
Endotelio
Linfociti
Altre cellule
+
Infezioni
Tossine
Infiammazione
Risposte
immunologiche
Figura 174-1. Patogenesi della febbre. Varie tossine infettive e altri mediatori inducono la produzione di pirogeni endogeni da parte delle cellule infiammatorie
dell’ospite. I pirogeni endogeni comprendono le citochine interleuchina 1 (IL-1) e IL-6, il fattore di necrosi tumorale-␣ (TNF-␣), l’interferone ␤ (IFN-␤) e l’IFN-␥.
Le citochine pirogene endogene stimolano direttamente l’ipotalamo a produrre prostaglandina E2 (PGE2), che quindi riequilibra il set point della regolazione
termica. La trasmissione neuronale dall’ipotalamo porta alla conservazione e alla generazione di calore, aumentando in tal modo la temperatura del nucleo
corporeo. (Da Dinarello CA, Cannon JG, Wolff SM: New concepts on the pathogenesis of fever. Rev Infect Dis 1988;10:168-189.)
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Capitolo 174
granulomatose (sarcoidosi), patologie endocrine (per es. tireotossicosi, feocromocitoma), patologie metaboliche (gotta, uremia,
malattia di Fabry, iperipidemia di tipo 1), patologie genetiche
(febbre mediterranea familiare) e altre entità patologiche sconosciute o poco conosciute.
La febbre fittizia, o febbre autoindotta, può essere dovuta
alla manipolazione intenzionale del termometro o all’iniezione
di materiale pirogeno.
L’aumento della temperatura corporea in risposta a microrganismi patogeni è una risposta che si osserva in rettili, pesci,
uccelli e mammiferi. Quando ai pesci viene somministrato un
pirogeno esogeno, essi tendono a nuotare in acque più calde per
aumentare la propria temperatura corporea. In un modo simile,
le lucertole alle quali è stata somministrata esotossina stanno
al sole fino a quando hanno aumentato la propria temperatura corporea nel range febbrile. Negli esseri umani, temperature
aumentate sono associate a una diminuzione della riproduzione
dei microrganismi e a un aumento della risposta infiammatoria.
La maggior parte delle evidenze suggerisce che la febbre è una
risposta adattativa e deve essere trattata soltanto in circostanze
selezionate. Tuttavia, la febbre aumenta il consumo di ossigeno,
la produzione di biossido di carbonio e la gittata cardiaca, e può
esacerbare l’insufficienza cardiaca nei pazienti con cardiopatia o
anemia cronica (per es. anemia a cellule falciformi), l’insufficienza cardiaca nei pazienti con pneumopatia cronica e l’instabilità
metabolica nei bambini con diabete mellito o difetti congeniti
del metabolismo. Inoltre, i bambini tra i 6 mesi e i 5 anni di età
hanno un aumento del rischio di convulsioni febbrili benigne,
mentre quelli con epilessia idiopatica possono avere un aumento
della frequenza di convulsioni associate a malattia febbrile (vedi
Capitolo 593.1).
MANIFESTAZIONI CLINICHE. Anche se i pattern della febbre spesso
non sono utili per determinare una diagnosi specifica, osservare
le caratteristiche cliniche della febbre può fornire informazioni
significative. In generale, un singolo picco febbrile isolato non è
associato a una malattia infettiva. Un picco febbrile di questo genere può essere attribuito all’infusione di emoderivati, ad alcuni
farmaci, all’esecuzione di alcune procedure o alla manipolazione
di un catetere a livello di una superficie corporea colonizzata o infetta. Allo stesso modo una temperatura che supera i 41 °C è più
spesso associata a cause non infettive. Le cause di temperatura
molto elevata (⬎41 °C) comprendono la febbre centrale (causata
da una disfunzione del sistema nervoso centrale che coinvolge
l’ipotalamo), l’ipertermia maligna, la sindrome maligna da neurolettici (malignant neuroleptic syndrome), la febbre da farmaci
o il colpo di calore. Temperature inferiori al normale (⬍36 °C)
possono essere associate a una sepsi fulminante ma sono più
comunemente correlate a esposizione al freddo, ipotiroidismo o
uso eccessivo di antipiretici.
La febbre intermittente rappresenta un’esagerazione del ritmo
circadiano che comprende un periodo di temperatura normale
per la maggior parte delle giornate; fluttuazioni estremamente
ampie possono essere denominate febbre settica. La febbre persistente o sostenuta è per l’appunto persistente e non varia di più
di 0,5 °C al giorno. La febbre remittente è persistente e varia di
più di 0,5 °C al giorno. La febbre ricorrente è caratterizzata da
periodi febbrili separati da intervalli di temperatura normale; la
febbre terzana si presenta il 1° e il 3° giorno (malaria causata
dal Plasmodium vivax), mentre la febbre quartana si presenta il
1° e il 4° giorno (malaria causata dal Plasmodium malariae). Le
malattie caratterizzate da febbre ricorrente (Tab. 174-1) devono
essere distinte da quelle malattie infettive che presentano una
tendenza a recidivare. La febbre bifasica caratterizza una singola
malattia con due periodi distinti (febbre a dorso di cammello); la
poliomielite ne è l’esempio classico. Un decorso bifasico è caratteristico anche della leptospirosi, della febbre dengue, della febbre
gialla, della febbre da zecche del Colorado, della febbre spirillare
da morso di ratto (Spirillum minus) e delle febbri emorragiche
africane (febbri di Marburg, Ebola e Lassa). Il termine febbre periodica è usato limitatamente alla descrizione di sindromi febbrili
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Febbre
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TABELLA 174-1. Tipi di febbre con tendenza alle ricorrenze
CAUSE INFETTIVE
Febbre ricorrente (Borrelia recurrentis)
Febbre delle trincee (Rochalimaea quintana)
Febbre Q (Coxiella burnetii)
Febbre tifoide (Salmonella typhi)
Sifilide (Treponema pallidum)
Tubercolosi
Istoplasmosi
Coccidioidomicosi
Blastomicosi
Melioidosi (Pseudomonas pseudomallei)
Coriomeningite linfocitaria (LCM), virus della
Febbre dengue
Febbre gialla
Meningococcemia cronica
Febbre da zecche del Colorado
Leptospirosi
Brucellosi
Febbre di Oroya (Bartonella bacilliformis)
Febbre reumatica acuta
Febbre da morso di ratto (Spirillum minus)
Leishmaniosi viscerale
Borreliosi di Lyme (Leptospira burgdorferi)
Malaria
Babesiosi
Virus respiratori non influenzali
Virus di Epstein-Barr
CAUSE NON INFETTIVE
Malattia di Behçet
Morbo di Crohn
Malattia di Weber-Christian (panniculite)
Angiite leucoclastica
Sindrome di Sweet
Lupus eritematoso sistemico
SINDROMI CON FEBBRE PERIODICA
Febbre mediterranea familiare
Neutropenia ciclica
Febbre periodica, stomatite aftosa, faringite, adenopatia (PFAPA)
Sindrome da iper IgD
Febbre iberniana (sindrome della superfamiglia del fattore di necrosi tumorale IgA-associata [TRAPS])
Sindrome di Muckle-Wells
Modificata da Cunha BA:The clinical significance of fever patterns. Infect Dis Clin North Am 1996; 10:33-44.
con periodicità regolare (neutropenia ciclica e febbre periodica,
stomatite aftosa, faringite e adenopatia [PFAPA]), oppure in modo più ampio per patologie caratterizzate da episodi ricorrenti di
febbre che non presentano un pattern strettamente periodico (febbre mediterranea familiare, febbre iberniana, sindrome periodica
associata al recettore del TNF [TRAPS]), sindrome da iper-IgD,
sindrome di Muckle-Wells).
La relazione tra frequenza del polso di un paziente e temperatura può dare molte informazioni. La tachicardia relativa,
quando la frequenza del polso è elevata in modo non proporzionato alla temperatura, è dovuta di solito a malattie non infettive
o a malattie infettive in cui una tossina è responsabile delle
manifestazioni cliniche. La bradicardia relativa (dissociazione
polso-temperatura), quando la frequenza del polso rimane bassa
in presenza di febbre, suggerisce una diagnosi di febbre tifoide,
brucellosi, leptospirosi o febbre da farmaci. La bradicardia in
presenza di febbre può essere inoltre dovuta alla presenza di un
difetto di conduzione derivante dall’interessamento cardiaco in
corso di malattia reumatica, borreliosi di Lyme, miocardite virale
o endocardite infettiva. La maggior parte delle infezioni è causa
di qualche tipo di danno che induce una risposta infiammatoria
e successivamente il rilascio di pirogeni endogeni. La somministrazione di agenti antimicrobici può causare una rapida eliminazione di batteri, ma se il danno tissutale è esteso, la risposta
infiammatoria e la febbre possono continuare per giorni anche
dopo l’eradicazione di tutti i microrganismi.
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Malattie infettive
TRATTAMENTO. Una febbre con temperature inferiori a 39 °C in
un bambino sano generalmente non richiede trattamento. Con
l’aumento della temperatura, i pazienti tendono ad avvertire maggiore disagio e la somministrazione di antipiretici spesso migliora
lo stato generale. A parte il miglioramento sintomatico, la terapia
antipiretica non modifica il decorso delle malattie infettive. La
terapia antipiretica è utile nei pazienti ad alto rischio con malattie cardiopolmonari croniche, patologie metaboliche o malattie
neurologiche, e nei soggetti a rischio di convulsioni febbrili.
Un’iperpiressia (⬎41 °C) indica un maggiore rischio di infezioni severe, patologie ipotalamiche o emorragia del sistema nervoso
centrale, e deve essere trattata con antipiretici. Una febbre elevata
in corso di gravidanza può essere teratogena.
Paracetamolo, acido acetilsalicilico e ibuprofene sono inibitori
della cicloossigenasi ipotalamica e inibiscono così la sintesi della
PGE2. Questi farmaci sono agenti antipiretici di efficacia equivalente. Dal momento che l’acido acetilsalicilico è stato associato alla
sindrome di Reye in bambini e adolescenti, non è raccomandato
per il trattamento della febbre. Il paracetamolo, 10-15 mg/kg per
os ogni 4 ore, non è associato a effetti avversi significativi; tuttavia,
l’uso prolungato può causare danno renale e un sovradosaggio
massivo può causare insufficienza epatica. Anche l’ibuprofene,
5-10 mg/kg per os ogni 6-8 ore, è efficace e può provocare dispepsia, emorragia gastrointestinale, riduzione del flusso renale e,
raramente, meningite asettica, tossicità epatica o anemia aplastica.
Un danno severo da sovradosaggio di ibuprofene è raro. È efficace
anche l’alternanza di paracetamolo e ibuprofene ogni 4-6 ore o la
somministrazione di entrambi i farmaci nello stesso momento. Un
altro metodo raccomandato per ridurre l’iperpiressia da infezione
o l’ipertermia da cause esterne (colpo di calore) è costituito dalle
spugnature con acqua tiepida (non alcol). Il declino della temperatura corporea dopo terapia antipiretica non differenzia le infezioni
batteriche severe da quelle virali, meno severe.
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Capitolo 175 ■ Febbre senza focolaio
localizzato Keith R. Powell
La febbre è una manifestazione comune delle malattie infettive
ma non è predittiva della severità. Molte comuni infezioni virali
(rinite, faringite, polmonite) e batteriche (otite media, faringite,
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impetigine) sono di solito benigne in ospiti normali e rispondono bene a una terapia antibiotica appropriata o alla terapia di
sostegno. Altre infezioni (sepsi, meningite, polmonite, infezioni
osteoarticolari, pielonefrite), se non trattate, possono avere una
morbilità o una mortalità significative. La maggior parte degli
episodi febbrili in un ospite normale può essere diagnosticata
con un’anamnesi e un esame obiettivo accurati e richiede pochi esami di laboratorio o non ne richiede affatto. Esistono
ben definiti gruppi ad alto rischio che, sulla base dell’età, delle
malattie associate o di una condizione di immunodeficienza,
richiedono una valutazione più estesa e, in certe situazioni,
una pronta terapia antibiotica prima dell’identificazione di un
patogeno (Tab. 175-1).
FEBBRE SENZA SEGNI DI LOCALIZZAZIONE
Una febbre senza segni o sintomi di localizzazione, di solito con
esordio acuto e presente per ⬍1 settimana, è un comune dilemma diagnostico per i pediatri che seguono bambini ⬍36 mesi di
età. I lattanti ⬍4 settimane di vita possono acquisire patogeni in
comunità ma sono anche a rischio di malattie batteriche neonatali a esordio tardivo e di un’infezione da virus herpes simplex
acquisita in epoca perinatale. I bambini più piccoli presentano
segni limitati di infezione, rendendo spesso difficile distinguere
clinicamente tra un’infezione batterica severa e una malattia virale autolimitata.
LATTANTI ⬍3 MESI DI ETÀ. È possibile identificare un agente infettivo, di solito virale, nel 70% dei lattanti ⬍3 mesi di vita con febbre;
si ritiene che i rimanenti abbiano infezioni virali autolimitate ma
non diagnosticate. Tuttavia, la febbre in un lattante ⬍3 mesi di
vita deve sempre suggerire la possibilità di una malattia batterica
severa. Infezioni batteriche severe sono presenti nel 10-15% dei
lattanti a termine precedentemente sani con temperatura rettale
ⱖ38 °C. Queste infezioni comprendono sepsi, meningite, infezioni
delle vie urinarie, enterite, osteomielite e artrite suppurativa. Una
batteriemia è presente nel 5% dei lattanti febbrili ⬍3 mesi di vita;
i microrganismi responsabili di batteriemia comprendono lo streptococco di gruppo B, la Listeria monocytogenes (sepsi neonatale
TABELLA 175-1. Pazienti febbrili con rischio aumentato di infezioni
batteriche severe
GRUPPO A RISCHIO
CONSIDERAZIONI DIAGNOSTICHE
PAZIENTI IMMUNOCOMPETENTI
Neonati (<28 giorni)
Sepsi e meningite da streptococco di gruppo B, Escherichia coli, Listeria
monocytogenes e virus herpes simplex
Lattanti <3 mesi
Infezione batterica severa nel 10-15%, compresa batteriemia nel 5%
dei lattanti febbrili; comune l’infezione delle vie urinarie
Lattanti e bambini di 3-36 mesi
Batteriemia occulta nel <0,5% dei bambini vaccinati sia con il vaccino
per l’Haemophilus influenzae di tipo b sia con il vaccino
pneumo-coccico coniugato; comune l’infezione delle vie urinarie
Iperpiressia (>40 °C)
Meningite, batteriemia, polmonite, colpo di calore, shock emorragico;
sindrome shock-encefalopatica
Febbre con petecchie
Batteriemia e meningite da Neisseria meningitidis, H. influenzae di tipo
b e Streptococcus pneumoniae
PAZIENTI IMMUNOCOMPROMESSI
Malattia a cellule falciformi
Sepsi, polmonite e meningite da S. pneumoniae, osteomielite da
Salmonella e Staphylococcus aureus
Asplenia
Batteriemia e meningite da N. meningitidis, H. influenzae di tipo b
e S. pneumoniae
Deficit di complemento/properdina Sepsi da N. meningitidis
Agammaglobulinemia
Batteriemia, infezioni sinopolmonari
AIDS
S. pneumoniae, H. influenzae di tipo b e infezioni da Salmonella
Cardiopatie congenite con shunt
Endocardite infettiva; ascesso cerebrale
da destra a sinistra
Linea venosa centrale
Staphylococcus aureus, stafilococchi coagulasi-negativi, Candida
Neoplasie maligne
Batteriemia da batteri enterici Gram-negativi, S. aureus e stafilococchi
coagulasi-negativi; fungemia da Candida e Aspergillus
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