Comments
Description
Transcript
Arrestate le donne del boss
Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs) Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003 Mercoledì 14 marzo 2012 www.ilquotidianodellacalabria.it Agricoltore freddato a colpi di lupara Riesplode la faida Madre e figlia recluse per una rara allergia Lotta al lavoro nero con una “centrale” Agguato a Oppido Mamertina 10 giorni dopo un altro delitto In una scuola della Piana parte una raccolta fondi Strumento previsto dalla legge regionale R. GANGI a pagina 17 A. MOLLO a pagina 11 MICHELE ALBANESE a pagina 10 L’auto su cui viaggiava la vittima al momento dell’agguato La Dda di Reggio ordina 18 fermi contro i fiancheggiatori di “Micu u pacciu” Arrestate le donne del boss La moglie, le sorelle e la zia di Domenico Condello dietro la sua lunga latitanza • La consorte gestiva i rapporti con banche e consulenti CRISI, SUD E OCCUPAZIONE Monti-Merkel asse economico Il premier «Superata la fase più critica» G.BALDESSARRO, C.CORDOVA F. TIZIANO e C. TRIPODI da pagina 6 a pagina 9 e in cronaca di SIMONA DALLA CHIESA Il segretario della Cgil a Reggio torna anche sulla questione della riforma del lavoro LE ultime immagini del film-documento che racconta la cattura di Provenzano scorrono sullo schermo. Le luci si riaccendono e l'ansia angosciosa che ha attraversato la sala per più di un'ora si scioglie in un applauso liberatorio, salutando così il successo delle forze dell'ordine sul latitante più ricercato in Italia da oltre 40 anni. E' un pubblico di ragazzi quello che gremisce il palasport di Folgaria, località turistica del Trentino. Ragazzi provenienti da diverse regioni italiane giunti qui per trascorrere, tra queste splendide montagne, una settimana di sport e di impegno civile. E così il fascino arido e assolato delle colline corleonesi si fonde con la pura bellezza delle Alpi ENRICO DE GRAZIA a pagina 13 continua a pagina 19 • La suocera dell’assessore destinataria di due pizzini • Dati in beneficenza i trecento capi di vestiario sequestrati A Folgaria la speranza in un applauso La Fornero sfida i sindacati «Senza il sì niente paccata di miliardi» Il segretario della Cgil Susanna Camusso ieri a Reggio (foto Sapone) Camusso: «Per lo sviluppo serve legalità» Terribile incidente sulla Jonio-Tirreno a Cinquefrondi. Il mezzo pesante è andato fuori strada in galleria Sombrero Trattativa CI fu una trattativa fra lo Stato e l'antistato per eccellenza, Cosa Nostra. Alcuni studiosi dicono da molti anni che le mafie non possono resistere nel tempo se non si accordano con pezzi dello Stato, fino a confondersi con essi. Ma stavolta è una sentenza che lo attesta. La strage dei Georgofili, e la cessazione delle stragi, trovano spiegazione in quella vicenda. E pure l'assassinio di Borsellino. Quel che colpisce, però, è che l'indagine poggia su pentiti, tutti appartenenti alla stessa parte, la mafia. Dell'altra, dei politici, dello Stato, non si è pentito nessuno. Il suo Tir si spezza in due, muore camionista TERRIBILE incidente sulla Jonio-Tirreno, a Cinquefrondi. Un camionista è morto. Il mezzo pesante su cui viaggiava si è spezzato in due. P. CATALANO e S. GERACE a pagina 16 20314 9 771128 022007 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ANNO 18 - N. 73 - € 1,20 In abbinata obbligatoria con Italia Oggi. 6 Primo piano Primo piano 7 Mercoledì 14 marzo 2012 IL FILM Mercoledì 14 marzo 2012 Giuseppa Cotroneo Caterina Condello Giuseppa Condello Mariangela Amato Margherita Tegano Il ruolo delle donne GIUSEPPA Coroneo è suocera del fratello di Domenico Condello. A lei il boss lasciò un pizzino per ringraziarla dell’ospitalità ricevuta durante la latitanza. CATERINA Condello, è una delle due sorelle del latitante. Era una delle titolari di “Pane, Pizza e Fantasia”, sequestrata dalla Dda di Reggio Calabria. GIUSEPPA Condello è la seconda sorella del super latitante. Eì moglie del boss Nino Imerti, detto “Nano feroce”, ristretto da 20 anni in carcere. MARIANGELA Amato è rimasta impigliata nella rete della Dda, in quanto ritenuta la persona che aveva fornito di energia elettrica, tramite un collegamento artigianale, il covo del latitante. MARGHERITA Tegano è la compagna di Domenico Condello era lei a gestire gli affari e le attività commerciali della famiglia, anche se risultava solo una dipendente. IL RUOLO delle donne è stato spiegato alla stampa dal Procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza, dal comandante del Ros, Mario Parente, dal comandate Pasquale Angelosanto e dai suoi ufficiali. Lo Moro sottolinea come in molti fanno la scelta giusta Lotta al crimine «Ma c’è chi si ribella» La Dda reggina ordina 18 fermi contro i fiancheggiatori del boss Mico Condello Manette ai polsi delle donne Arrestate anche la moglie, le sorelle e la zia del padrino sfuggito alle forze dell’ordine per oltre 20 anni di GIUSEPPE BALDESSARRO REGGIO CALABRIA - Ci sono le donne dietro la lunga latitanza del boss Domenico Condello, meglio noto come “Micu u pacciu”. Ed erano sempre le donne a gestire molti degli affari della “famiglia”. Non è una novità assoluta, nella ‘ndrangheta le madri, le figlie, le sorelle e le mogli, hanno sempre avuto un ruolo nell’organizzazione criminale, nel bene e nel male. L’operazione “Lancio” che ieri mattina ha portato al fermo di 18 persone ha quindi confermato un dato emerso più volte. Tanto che gli uomini del Comando provinciale dei carabinieri (all’operazione hanno lavorato il Ros, il Nucleo investigativo e la territoriale) hanno messo le manette ai polsi a sei “signore” che nella vita del clan Condello hanno avuto, per dirla con le parole del Procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza, «compiti di primissimo piano». Così sono finite in carcere su richiesta dei Pm della Dda Giuseppe Lombardo e Rocco Cosentino, la moglie del super latitante Margherita Tegano, le sue due sorelle Margherita e Giuseppina Condello (questa è la moglie di Nino Imerti) e Giuseppa Cotroneo (suocera di Pasquale Condello, fratello di Domenico e ominimo del “Supremo). A queste quattro persone vanno aggiunte la stessa zia di “Micu u pacciu”, Maddalena Martino, e Mariangela Amato. Tutte accusate, a vario titolo, di favoreggiamento della latitanza. Grazie a loro, secondo la Procura reggina, sono state protagoniste di quasi venti anni di latitanza del ricercato numero uno della ‘ndrangheta reggina. Reato che è stato contestato anche ad altri 12 uomini, tre dei quali sono anche indicati come Il ruolo primario svolto da Pina Cotroneo componenti dell’associazione a delinquere di stampo mafioso. Una vera e propria casta familiare. Una dinasty, nella quale ognuno faceva la sua parte. Le donne innanzitutto. Particolarmente importante il ruolo di Giuseppa Cotroneo. I carabinieri hanno scoperto che a lei erano indirizzati due pizzini trovati rispettivamente in casa della donna e in un covo nel quale Mico Condello aveva passato un periodo della sua latitanza. Bigliettini sui quali il Ris di Messina - come ha spiegato il colonnello Pasquale Angelosanto - ha effettuato perizie calligrafiche che ne comprovano l’originalità. «Cara commare Pina», scriveva il boss. «Io me ne sto andando. Mi diceva l’amico qui che ogni tanto per un paio di giorni posso venire. Lascio qui tutto quello che mi avete mandato perchè se torno mi può servire. Se avete bisogno mi fate sapere, salutate tantissimo Bruna, se Dio vuole ci rivedremo, vi ringrazio». Firmato, «compare M.». Il secondo messaggio il latitante lo indirizza sempre alla Cotroneo a cui fa gli auguri per la laurea in giurisprudenza della figlia Giampiera. Il biglietto porta la firma dei coniugi Mimmo e Margherita, che altri non sono che i nomi del boss e quello della moglie. Con la “commare Pina”, don Mico Condello ha un legame antico. La donna infatti è la suocera di suo fratello Pasquale (omonimo del boss detto il “Supremo” arrestato nel febbraio del 2008) che ne ha sposato la figlia Bruna Nocera. Giuseppa Cotroneo ha anche altre due figlie, una è appunto Giampiera, a cui era indirizzato il bigliettino di felicitazioni per la laurea appena conseguita e l’altra si chiama Maria | Ci sono anche Lea Garofalo, Giuseppina e Maria Concetta Uno dei due pizzini trovati nel covo di Condello (photo Sapone) Angela. La prima convive con Luigi Tuccio, assessore all’Urbanistica del comune di Reggio Calabria (figlio dell’ex giudice Giuseppe Tuccio, attualmente Garante dei diritti dei detenuti per conto dell’amministrazione comunale). La seconda è la moglie di Massimo Pascale, segretario amministrativo dell’ufficio di Gabinetto del governatore Giuseppe Scopelliti, già componente della segreteria dell’allora sindaco. Un intreccio familiare complesso dunque. Di cui, anche in quei casi per i quali non sono state rilevate condotte penalmente rilevanti, gli investigatori hanno ben chiaro il quadro. Un puzzle che porta, tra l’altro, anche ai collegamenti con Nino Imerti, (detto nano feroce), storico boss di Fiumara di Muro e alleato dei Condello, in carcere da un ventennio a seguito della guerra di L’ESORDIO DI SFERLAZZA mafia che ebbe luogo a cavallo della fine degli anni ‘80. Pasquale Condello (Il supremo) oltre ad essere cugini di Domenico è infatti cognato di Nino Imerti, a cui i carabinieri hanno arrestato la moglie Giuseppina Condello, considerata una delle anime imprenditrici della cosca. Con l’operazione di ieri gli inquirenti ritengono di avere ottenuto un doppio risultato. Il primo è relativo all’aggressione dei beni. L’altro, ancora più importante, è quello di avere creato terra bruciata attorno al fuggiasco che a questo punto sarà costretto a ricostruire, ammesso che ci riesca, una rete di fiancheggiatori in grado di continuare a garantirgli la latitanza. Ora Domenico Condello è stretto in una morsa, caduta buona parte della rete di protezione, gli investigatori puntano ad un suo passo falso. | Margherita Tegano manager della “famiglia” Il ruolo della consorte di Nino Imerti nella gestione dei rapporti con consulenti e banche Il procuratore facente funzioni Ottavio Sferlazza dre e il fratello per l’omicidio del giovane di cui si era innamorata. Un mese fa l’arresto della madre di Cetta Cacciolla, morta suicida nell’agosto del 2011, ha evidenziato la solitudine che accompagna la ribellione delle donne che abbandonano l’omertà familiare, spesso abbandonate se non addirittura vittime della loro stessa famiglia, madre compresa». «Alla luce dell’odierna operazione di polizia - conclude la parlamentare del partito democratico - che coinvolge un numero significativo di donne, il fenomeno delle donne capaci di ribellarsi assume un’importanza anche maggiore perchè dimostra che l’omertà non è un destino e che le donne possono diventare da punto di forza e di supporto punto di debolezza delle cosche e metterne in discussione le fondamenta. Alle donne che si schierano contro la ’ndrangheta la società e lo Stato devono apprezzamento e sostegno. L’augurio ovviamente è che il loro coraggio diventi contagioso e che prevalga in un numero sempre crescente di donne, anche se inserite in famiglie di ‘ndrangheta, l’amore per la vita che è negato dalla subcultura violenta e ‘ndranghetista». REGGIO CALABRIA - «Siamo riusciti a smantellare la fitta rete di fiancheggiatori che in tutto questo tempo non solo ha protetto la latitanza di Domenico Condello, ma ha partecipato attivamente alle attività della cosca, distribuendo indicazioni, recapitando messaggi e voleri del ricercato». Lo ha detto ieri il Procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza che ha esordito nel suo ruolo di reggente dell’Ufficio di Procura in attesa della scelta del nuovo capo degli inquirenti reggini. Sferlazza, ha anche tratteggiato il ruolo e la figura di Giuseppa Condello, moglie del boss Antonino Imerti, la quale «benchè formalmente estranea all’attività (di protezione del latitante) era il centro di imputazione delle responsabilità gestionali delle attivita imprenditoriali, intrattenendo relazioni sia con studi commerciali che con istituti di credito». «Margherita Tegano e Caterina Condello – si legge nella nota dell’Arma – si interfacciavano solo ed esclusivamente con Condello Giuseppa, che partecipava loro le decisioni assunte o da assumere». Secondo Sferlazza «La presenza ed il ruolo attivo delle donne della famiglia Condello, costituisce prova del loro coinvolgimento oltre gli aspetti operativi a servizio della cosca, ovvero, sono portatrici di un modello culturale che testimonia la sudditanza nei confronti dell’uomo che vengano trasmessi anche ai figli». Il procuratore aggiunto ha spiegato che come in Sicilia con la Mafia, anche in Calabria, nella ‘ndrangheta, le donne hanno un ruolo fondamentale e in molti casi persino operativo». Sa da una parte quindi esiste una responsabilità, per così dire culturale, dall’altra affiora quella di carattere esecutivo. La madre della compagna del politico avrebbe ospitato il super ricercato La suocera dell’assessore e i pizzini La donna, professionista con diversi incarichi, accusata di favoreggiamento di CATERINA TRIPODI REGGIO CALABRIA - Stavolta la spallata alla sua credibilità istituzionale e politica è davvero pesante e difficilmente l’assessore all’urbanistica Luigi Tuccio salverà la sua poltrona che in giunta si fa davvero sempre più rovente. L’amministratore, già coordinatore della Grande Città del Pdl, uomo fidatissimo del Governatore tanto da essere entrato in giunta da tecnico e non passando per l’esito delle urne, appare più che lambito dall’operazione “Lancio”che ha visto tra i diciotto fermi dei carabinieri, quello di sua suocera, Giuseppa Cotroneo. La donna, destinataria di due pizzini di Domenico Condello (il super latitante “Mico u pacciu”), è infatti la madre della compagna di Tuccio, Giampiera Nocera, avvocato e consulente “pigliatutto” del Comune di Reggio Calabria. La suocera dell’assessore, dunque, secondo quanto si legge nell’ordinanza dei carabinieri avrebbe, addirittura “ospitato” il super ricercato da vent’anni, in un casolare nella disponibilità propria e del marito Antonino Nocera. Sempre la suocera dell’assessore sarebbe stata destinataria di un pizzino di ringraziamento in cui il boss la definisce addirittura “commare”, la loda per il comportamento tenuto e la invita a fargli sapere se ha bisogno di qualche favore. «Cara Commare - scrive il “rispettoso”ed educato boss Condello - me ne sto andando. Lascio qui tutto quello che mi avete mandato perchè se torno mi può servire. Vi ringrazio di tutto. Salutatemi Bruna. Se avete bisogno fatemi sapere.... Vi abbraccio e se Dio vuole ci rivedremo». Insomma questo scrive il boss alla suocera dell’assessore Luigi Tuccio. La commare Giuseppina, però è mamma di altre due figlie, Bruna e Maria Angela. Bruna è sposata con Pasquale Condello (cugino omonimo del Supremo, cognato del superboss Nino Imerti), l’altra sorella, Maria Angela è la moglie di Massimo Pascale, braccio destrodel Governatore del quale fa parte dell’ufficio di Gabinetto alla Regione e già segretario particolare negli Luigi Tuccio anni in cui Scopelliti era sindaco di Reggio. Appare chiaro, quindi, dalla ricostruzione del ramo familiare, che entrambi i fedelissimi di Peppe Scopelliti, e cioè sia l’assessore Tuccio che Pascale siano i cognati di Pasquale Condello. Insomma una parentela che fa tremare i polsi e fa diventare quasi solo un pallido ricordo l’imbarazzo planetario scatenato dall’assessore Tuccio con un post su Facebook in cui definiva il Premio Oscar, Roberto Benigni, “comunista ebreo”. Una vicenda per la quale, a lungo ed inutilmente, larga parte della città e della politica, chiese a Tuccio le dimissioni dalla giunta e ad Arena che gli ritirasse quanto meno la delega all’urbanistica. Ora questa nuova patata bollente che vede peraltro la compagna dell’assessore coinvolta in prima persona. Ai Nocera, che ospitarono Condello, infatti i carabinieri hanno ritrovato un biglietto per Giampiera Nocera. Alla compagna dell’assessore veniva indirizzato personalmente un biglietto di felicitazioni per la propria laurea. Un augurio firmato Mimmo e Margherita, quindi, esattamente i nomi del boss latitante e quello della moglie. Insomma la ‘ndrangheta è familiarmente vicina a Giampiera Nocera, che badate bene però, non è solo la compagna dell’assessore Tuccio ma fa politica attiva. L’avvocato Nocera è stata a lungo consigliere di amministrazione della società mista del Comune “Fata Morgana”, quindi dentro la cosa pubblica. Per il Comune di Reggio Calabria e per le tre amministrazioni di centrodestra che si sono succedute a Palazzo San Giorgio (Scopelliti, Raffa e Arena) ha svolto, a tambur battente, ruolo di avvocatoe consulente.La Noceraappare direttamente coinvolta in politica, addirittura nella nascita della Lista “Scopelliti Presidente”, dei quali è tra i soci fondatori. Lo si rileva dall’atto costitutivo dell’associazione politica senza fini di lucro "Lista Scopelliti Presidente". Nata a Reggio Calabria in via Filippini 33, il giorno 8 febbraio 2010 alle ore 20.00. Tra i soci fondatori l’avvocato Antonio Barrile, capo di gabinetto del Comune di Reggio Calabria, Mario Caligiuri, Davide Rocca, Gaetano Picciotto e Giampiera Nocera. Presidente venne eletto Barrile. Giampiera Nocera vicepresidente della Lista Scopelliti che «mira all’affermazione dei principi e valori del Centrodestra Italiano ed Internazionale e tenderà a promuovere ogni forma di coordinamento con i gruppi politici, facendo proselitismo in tutta la Regione Calabria». Se la famiglia di Giampiera Nocera appare ampiamente coinvolta nelle vicende del clan di Archi, la famiglia dell’assessore all’Urbanistica Tuccio appareampiamente quindi“ospitata”dentro la casa comunale. Oltre alla compagna, avvocato di Palazzo San Giorgio, il suo braccio destro all’urbanistica è Sandro Dattilo, il cognato di suo cognato. Dal momento che la sorella di Tuccio ha sposato Carmelo Stracuzzi, il revisore dei conti indagato per falso nell’ambito del caso Fallara, la sorella di Stracuzzi ha sposato proprio Sandro Dattilo, neo braccio destro di Tuccio. Il padre di Tuccio, il magistrato Giuseppe è fin dal 2006 il garante dei diritti dei detenuti del comune di Reggio Calabria e che, sembra, sia stato confermato garante dei reclusi. Tra questi adesso c’è quindi, adesso, ironia della sorte, anche la propria consuocera. | LA REPLICA | «Non mi dimetterò e difenderò il mio onore» «ANTICIPO, per chi lo voglia intendere (killer e mandanti) che non mi dimetterò da Assessore Comunale, non defletterò dal mio impegno politico, ma soprattutto mi conserverò l’onore di un rapporto di fedeltà all’amicizia che dall’infanzia mi lega a Peppe Scopelliti!». L’assessore Luigi Tuccio reagisce in maniera netta a quanto emerso dall’inchiesta “Lancio” contro presunti favoreggiatori della latitanza di Domenico Condello. Ieri sera ha inviato una nota nella quale definisce le notizie trapelate come «strabilianti con un obbiettivo esclusivo, appetitoso ed assolutamente irraggiungibile, attraverso strategie diffamatorie: l’accerchiamento del Governatore Scopelliti». Aggiunge Tuccio: Se si ritiene che, colpendo il sottoscritto, si possa raggiungere tale obbiettivo, di sicuro ci si avventura dalla parte sbagliata. Ed alloram sento il dovere di una compiuta precisazione da non intendersi in ogni caso come rinuncia ad azioni giudiziarie. La mia compagna Giampiera, trentuno anni, avvocato, è sorella della Signora Bruna Nocera che oltre venti anni fa ha sposato, in carcere, il detenuto Pasquale Condello. A quell’epoca Giampiera aveva appena undici anni! Soltanto oggi ho appreso, a seguito del fermo della Signora Cotroneo Giuseppa Santa, questa triste vicenda coniugale rispetto alla quale, la stessa Giampiera ha mantenuto un totale distacco, evidentemente per la delicatezza estrema della vicenda, ormai caduta nell’oblio ventennale, mentre il Condello –apprendo oggi –è detenuto in una casa circondariale del Nord. E’ comunque certo che Giampiera non ha mai conosciuto l’anzidetto soggetto né appartenenti a qualunque livello al suo ambito familiare o amicale. Ma ciò premesso, assicuro che, con fermezza e perseveranza azionerò ogni iniziativa a tutela del mio nome, della mia reputazione e di una Storia familiare intatta ed intagibile». «La mia infanzia - conclude - è stata contrassegnata da esempi di elevatissimo valore per senso dello Stato, sacrifici non comuni e riconoscimenti ad ampio raggio per un impegno, quello di mio padre, ancora oggi portato ad esempio. Avevo appena dodici anni quando ho visto le macerie della nostra casa in Gambarie, oggetto di un attentato dinamitardo. Pochi mesi prima mio padre aveva presieduto la Corte che aveva condannato i rappresentanti i “casati”più illustri di Reggio Calabria, Archi, Cannavò e poi ancora Gioia Tauro, Taurianova, Palmi, Rosario». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - La presenza di sei donne tra i fermi dell’operazione della dda di Reggio Calabria, per Doris Lo Moro parlamentare del Pd «conferma il ruolo fondamentale che svolgono il contesto familiare e le donne nella tenuta della ’ndrangheta, che poggia la sua impenetrabilità sui vincoli omertosi e familistici». «Le donne fermate – dice ancora Doris Lo Moro – oltre ad avere favorito la latitanza di Domenico Condello, avrebbero svolto un ruolo di primo piano nell’intestazione fittizia di beni che erano, di fatto, nella disponibilità del boss. È una notizia che non può passare inosservata per il numero di donne coinvolte ma anche perchè molto si è parlato nei giorni scorsi di un altro tipo di donne, nate e cresciute nello stesso ambiente malavitoso, che hanno avuto il coraggio di rompere i vincoli familistici e di testimoniare in processi di ‘ndrangheta, pagando a caro prezzo la loro scelta di vita». E ancora: «Giovani donne, come Lea Garofalo, Cetta Cacciolla e Giuseppina Pesce, che sono diventate il simbolo di un riscatto possibile dalla ’ndrangheta, o come Simona Napoli che nei giorni scorsi ha testimoniato contro il pa- 8 Primo piano Mercoledì 14 marzo 2012 Primo piano 9 Mercoledì 14 marzo 2012 Il latitante che fece carriera Scovato nella frazione Pellaro Lotta al crimine La retata si intreccia con una precisa strategia investigativa Ore contate per la cattura L’inchiesta figlia della scoperta di un covo ancora “caldo” in una villetta al rione Catona La villetta al rione Catona dove l’11 gennaio 2010 è stato scoperto un rifugio “caldo” del latitante “Micu” Condello | NEL NASCONDIGLIO | Cyclette, champagne e foto della Madonna Parte del materiale sequestrato nel covo, tra cui una cyclette e immagini della Madonna REGGIO CALABRIA - Una casetta autonoma piccola e graziosa, con un ampio guardino alle spalle. Una villetta nel centro abitato di Catona, periferia nord di reggio Calabria attaccata a Villa San Giovanni, ed a pochi passi dal mare. Un posto ideale per vivere tranquilli e spensierati. Lì dentro, in quelle due stanze, un cucinino ed un bagno, ha vissuto per un lungo periodo Domenico Condello “U pacciu”, l'ultimo latitante di spicco della 'ndrangheta di Reggio Calabria che occupa ancora oggi un posto nella lista dei trenta ricercati più pericolosi a livello nazionale. Quando l'11 gennaio 2010 scattò il blitz dei carabinieri quella casetta che spunta al civico numero “3” sulla via Nazionale Bolano-Catona diede un paio di risposte «significative» ai segugi del raggruppamento operativo speciale dei carabinieri: quello era un covo “caldissimo”e tra quellequattro mura c'era stato proprio lui, Micu Condello, il cugino del “Supremo”, il padrino di Archi strappato ad una infinita latitanza nel febbraio 2008. Nel covo c'era di tutto. Il ricercato non si faceva mancare nulla. Ad ogni sua esigenza o volontà ci pensavano i picciotti, gli stessi che ieri sono finiti in manette nell'ambito della retata “Lancio”. I carabinieri hanno trovato occhialidavistae librisulcomodino.Ebottiglie di champagne in frigorifero, la cyclette per tenersi in forma, tante immagini della Madonna della Montagna, la venerata di Polsi chetrova traisuoifedeli ogni'ndranghetista ALL’OPERA DON ORIONE In beneficenza trecento capi di abbigliamento SU autorizzazione della Procura della Repubblica di Reggio Calabria i carabinieri hanno consegnato all’Opera Don Orione al rione Sant’Antonio a Reggio trecento capi d’abbigliamento (mai usati) sequestrati nel covo di Domenico Condello, detto 'u pacciò, nell’operazione denominata Lancio. «Cara comare io me ne sto andando. Mi diceva l’amico qui che ogni tanto per un paio di giorni posso venire. Lascio qui tutto quello che mi avete mandato perchè se torno mi può servire. Se avete bisogno mi fate sapere, salutate tantissimo Bruna, se Dio vuole ci rivedremo, vi ringrazio, compare M». Lo scritto, secondo gli inquirenti, è vergato di proprio pugno dal boss latitante Domenico Condello, cugino del “Supremo”, Pasquale Condello, e latitante dal 1990. I carabinieri del comando provinciale e del Ros lo avevano localizzato in contrada Bolano Catona, nella periferia nord di Reggio Calabria, qualche anno fa, ma il ricercato era sfuggito appena in tempo alla cattura. Nel corso della perquisizione in quell'abitazione, i carabinieri avevano sequestrato anche quel foglietto a quadri con cui Domenico Condello, prima di lasciare il covo, aveva avvertito 'l'obbligò di ringraziare “comare Pina”. La donna, identificata successivamente, è nell’elenco dei diciotto fermati dalla procura distrettuale: si tratta di Giuseppa Cotroneo, 66 anni di grande o piccolo cabotaggio, e di San Pio. Una montagna di materiale ed una miniera di informazioni per gli investigatori e per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Intanto il materiale sequestrato aiuta, ed anche tanto, sulle abitudini personali del latitante. Domenico Condello si tiene informato e conduce un certo tipo di vita. Soffre di colesterolo ed infatti su un comodino un paio di scatole di “Primesin e delle ricette del Sevizio sanitario nazionale intestate ad un prestanome finito sul registro degli indagati Leggeva e si informava il latitante. Nel rifugio decine di libri, romanzi e religiosi soprattutto, e diversi giornali nazionali e soprattutto locali. Se poi la stampa gli dedicasse spazi e fotografie il ritaglio finiva nel cassetto. Nel covo c'era molta roba da mangiare, sia fresca che in scatola. Il freezer scoppiava si surgelati, mentre in frigorifero champagne e formaggi per ogni palato esigente. E poi la televisione, le immancabili sigarette marca “Merit”ed accendini. Indiversiarmadi capid'abbigliamento,sia invernali che estivi, comprese le scarpe. Tra questi trecento capi di abbigliamento nuovi sono stati sequestrati e girati ad un istituto di solidarietà della città. La conferma che si trattava di un covo utilizzato dalla primula rossa della 'ndrangheta in diversi mesi dell'anno e che considerava sicuro. Sicuro ma bruciato. f. t. Pasquale Condello il padrino di Archi incoronato da tutti “Il Supremo” REGGIO CALABRIA - È considerato la primula rossa della ‘ndrangheta reggina, latitante da 20 anni. La sua scheda personale lo descrive come un criminale di vertice della ‘ndrangheta calabrese. Domenico Condello, alias “Micu u Pacciu”, 55 anni, è latitante dal 1991, ed è inserito nell’elenco del Ministero dell’Interno dei trenta ricercati più pericolosi in campo nazionale. Lo cercano per fargli scontare l’ergastolo in virtù di un provvedimento del 2004. Le cronache dicono che la sua ascesa nel panorama criminale coincide con la clamorosa scissione tra i De Stefano e le famiglie Condello e Fontana di Archicon ilconseguente transitodi queste ultime nelle fila del gruppo facente capo a Nino Imerti, alias “nano feroce”. Un’alleanza mafiosa che, secondo i rapporti delle forze dell’ordine, si rafforzò durante la guerra di ‘ndrangheta anche attraverso il matrimoni tra Nino Imerti e Giuseppina Condello, sorella di Domenico. I due nuovi gruppi (De Stefano - Tegano e Imerti Condello) nella seconda metà degli anni 80, si contrapposero con i relativi alleati in un sanguinoso scontro per il controllo delle attività illecite nella città. Unoscontro armato che determinò l’egemonia nella zona nord della città del gruppo degli Imerti. Una stagione terribile, durante la quale “Micu i pacciu” ebbe un ruolo determinante. Ed infatti, non solo partecipò alla seDomenico Condello parazione dal gruppo malavitoso d’originema preseparte, il13 ottobre 1985, all’agguato che ad Archi portò all’omicidio di Paolo De Stefano, capo incontrastato dell’omonima famiglia e dell’autista Antonino Pellicanò. Episodio che venne considerato la risposta al fallito attentatonei confrontidiNino Imerti,verificatosi solo tre giorni prima a Villa San Giovanni. Le cronache giudiziarie si occuparono di Domenico Condello proprio nel 1985 quando venne arrestato per un duplice omicidio. E’ solo la prima di una serie di contestazioni che gli verranno mosse anche negli anni successivi. Il 19 novembre del 1990, Mico Condello viene scarcerato in quanto beneficiario di un provvedimento di decorrenza del termine massimo della custodia cautelare in carcere. Secondo la ricostruzione investigativa fatta negli anni, la lunga latitanza ha permesso a Condello non solo di evitare eventuali ritorsioni da parte dei De Stefano, ma di acquisire, in virtù anche del vincolo familiare che lo lega tutt’ora ad Antonino Imerti, una posizione apicale all’interno della ‘ndrangheta. Un ruolo che si è ullteriormente consolidato con la cattura di altri esponenti di quella che all’epoca costituiva la cosca Imerti - Condello. In questo senso basta ricordare che il 23 marzo 1993 erano stati tratti in arresto mentre trascorrevano insieme la propria latitanza - il capo indiscusso della cosca Nino Imerti e Pasquale Condello (classe 1963), quest’ultimo fratello di Domenico. L’ultimo evento è la cattura del cugino Pasquale Condello , alias “il Supremo”, che è del 18 febbraio 2008. REGGIO CALABRIA - Quando viene arrestato dai carabinieri del Ros, il 18 febbraio del2008,Pasquale Condellodevescontare, in seguito a sentenze definitive, diversi ergastoli per omicidio, associazione mafiosa e altri reati. Trentatrè anni prima però, nel 1975, Pasquale Condello è un giovane dai capelli ricci che si sa far rispettare molto bene, Nel 1975, il 20 gennaio del 1975, non ha nemmeno 25 anni. Di strada ne farà tanta, ma, a quei tempi, Condello non è ancora “Il Supremo”, non è ancora il capo indiscusso della ‘ndrangheta. Lo è invece don ‘Ntoni Macrì, patriarca di Siderno che, insieme con il proprio figlioccio, Mico Tripodo, rappresenta la vecchia ‘ndrangheta che, però, ben presto verrà scalzata dalle nuove generazioni che fanno capo alla famiglia De Stefano. Il 20 gennaio del 1975 don ‘Ntoni Macrì viene assassinato a Siderno, nel proprio regno. Aveva appena finito di giocare a bocce, la sua grande passione. Pochi mesi dopo toccherà anche a don Mico Tripodo, che verrà assassinato nel carcere di Poggioreale dove è detenuto. Don ‘Ntoni Macrì viene freddato da una raffica di piombo proveniente da un’Alfa Romeo rubata, nella zona del tribunale di Reggio Calabria, a un medico. E’ il pentito Giacomo Pasquale Condello Lauro a ricostruire, a distanza di vent’anni dal fatto, le dinamiche del delitto di don ‘Ntoni Macrì. Lauro parla e racconta che gli assassini del vecchio patriarca sarebbero Pasquale Condello e Giovanni Saraceno, con la copertura di Giuseppe Schimizzi e Giuseppe Cataldo, boss di Locri. E’ il primo, vero, atto eclatante di quello che diventerà uno dei più carismatici boss che la ‘ndrangheta abbia mai avuto. “Il Supremo” è ritenuto peraltro il mandante di uno degli omicidi più eclatanti masi commessi in Calabria: quello dell’ex presidente delle Ferrovie dello Stato, Lodovico Ligato, assassinato a Bocale il 27 agosto del 1989. “Il Supremo” verrà condannato all’ergastolo, in qualità di mandante, insieme con Paolo Serraino, Santo Araniti e ai due Diego Rosmini. In qualità di esecutori materiali verranno condannati Giuseppe Lombardo, detto “Cavallino”, e Natale Rosmini. E “Il Supremo” sarà, tra il 1985 e il 1991, uno dei protagonisti della seconda guerra di mafia di Reggio Calabria, che lo vedrà contrapposto, insieme alla famiglia Imerti, al cartello De Stefano-Tegano-Libri, in una mattanza da oltre seicento morti ammazzati. Schieramenti che, secondo le risultanze dell’indagine “Meta”, si sarebbero dissolti con la pax in nome degli affari, gestiti totalmente dalle grandi famiglie mafiose. Una convinzione che la Dda evince anche dalle celeberrime frasi intercettate del defunto boss Mico Libri, un tempo acerrimo avversario del “Supremo”, che definisce Condello: “E’ stato un mio carissimo amico, è stato il più perfido nemico. Oggi, ringraziando a Dio sono in buoni rapporti”. di CLAUDIO CORDOVA Antonino Imerti, da recluso, coinvolto nell’inchiesta per la gestione delle attività commerciali Il ritorno in auge del boss “Nano feroce” REGGIO CALABRIA - Nonostante sia detenuto da diversi lustri in carcere, il boss Nino Imerti, noto a tutti come “Nano feroce”, riesce a entrare nell’indagine “Lancio” dei pm Giuseppe Lombardo e Rocco Cosentino. Sebbene, dunque, sia ristretto all’interno del carcere di Nuoro, Imerti è tuttora considerato dagli inquirenti come il vero e incontrastato capo della cosca originaria di Fiumara di Muro. Insieme al latitante Domenico Condello, “Micu u pacciu”, il “Nano feroce” è posto ai vertici dello storico sodalizio Condello-Imerti, già attivo negli anni della seconda guerra di mafia. Le sue conversazioni in carcere, infatti, saranno utilissime agli investigatori per ricostruire l’appartenenza del negozio “Pane, pizza e fantasie”, sala operativa delle famiglie Condello e Imerti. Elemento di spicco del potente cartello condelliano Antonino Imerti Al pari di “Micu u pacciu”, dunque, Imerti avrebbe beneficiato delle condotte della rete di fiancheggiatori scoperta con l’operazione “Lancio”. Ma la figura del “Nano feroce”emerge soprattutto nella vicenda della presunta intestazione fittizia della ditta “Pane, pizza e fantasie”, formalmente nelle mani di Giuseppe e Maddalena Martino ma, secondo gli inquirenti, nelle mani delle famiglie Condello-Imerti: “La sede legale ed operativa erano state fissate - non a caso - nell’immobile di residenza dei nuclei familiari di Condello Giuseppa, sorella del latitante e coniuge del noto Imerti Antonino”. Nonostante la sua formale estraneità agli assetti societari, Giuseppa Condello avrebbe, di fatto, gestito l’ordinaria e la straordinaria amministrazione della ditta, curando i rapporti con il commercialista di riferimento, il dottor Bruno Inuso, e con gli istituti bancari: “Mi raccomando con i conti perché sei tu la responsabile …omissis… inquadra tutto, inquadra, tutte, qualsiasi cosa, per qual- siasi cosa stai attenta, mi raccomando perché sei tu la responsabile …omissis… si, ma la responsabilità è tua”. A parlare è proprio Nino Imerti, il “Nano feroce”, che avverte la moglie Giuseppa Condello di non lasciare nulla al caso nella gestione fittizia del negozio. Un controllo che le donne di ‘ndrangheta avrebbero messo in atto “sotto l’attenta e costante regia dell’Imerti”. Un apporto fattivo quello del “Nano feroce”, che si preoccupa che tutto quadri, soprattutto perché l’attività verrà aperta solo nel 2003, molti anni dopo il suo arresto: “;’interesse dell’Imerti – scrivono gli inquirenti - trova giustificazione non solo nel vincolo parentale che lo lega alla Condello ma anche nel fatto che l’attività economica venne avviata quand’egli era già detenuto e con fondi a lui riconducibili, anche al fine di giustificare con i proventi di attività lecita il proprio sostentamento e quello del suo nucleo familiare”. cla. cor. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro denti ancheoccultate otenute inluogo didepodi FRANCESCO TIZIANO sito». L'inchiesta “Lancio”è figliadella scoperta di REGGIO CALABRIA - Una retata che si intreccia in una precisa strategia investigativa. Per- un covo “caldissimo” di Domenico Condello. E' chéi carabinieridelRos,i mastinidelcolonnel- l'11 gennaio 2010 quando i carabinieri sfondalo Stefano Russo, hanno deciso di radere al suo- no la porta d'ingresso di una villetta al civico lo la cerchia dei fiancheggiatori del super lati- “3”dellavia Nazionale a Bolano-Catona,un antante Doemico Condello “Micu u pacciu”, il boss golo di Reggio nord al confine con Villa San cugino del “Supremo”ed oggi l'unico ricercato Giovanni che rientra nel perimetro di dominio di Reggio-città nella lista delle trenta “primule del casato Condello-Imerti. Pochi giorni prirosse”nazionali? Una scelta operativa evidente ma, forse poche ore prima, lì dentro c'era stato che è stata confermata, seppure a denti stretti, “U pacciu”. C'è la prova che aveva vissuto in dal generale Mario Parente, comandante del quella villetta come rilevato dagli esperti del Raggruppamento operativo speciale dell'Ar- Ris di Messina che hanno rilevato il profilo gema. Colpire al cuore la rete dei picciotti ed agita- netico. Ma soprattutto in quel nascondiglio gli uomini dell'Arma hanno ritrore l'universo che ruota intorno vato una montagna di indizi, al latitante. Non concedono affatto vantaggio i segugi dei ca- INTESTAZIONE FITTIZIA una caterva di imput che hanno ristretto il cerchio d'azione per rabinieri, non hanno affatto agguantare il fuggiasco d'èlite scelto di ricominciare da zero le Sequestro di “Pa n e della 'ndrangheta di Reggio Caindagini che porteranno alla labria e soprattutto per incacattura di Domenico Condello: Pizza e Fantasie” strare le basi del clan Condello, sono lì in agguato a cogliere il primo passo falso della nuova NEL provvedimento restrittivo familiari e picciotti, parenti e organizzazione allestita per eseguito ieri è stato sottoposto fiancheggiatori. E lì nel rifugio di Catona anmantenere in piedi la latitanza a sequestro per “intestazione dorata al boss di Archi. fittizia” l’attività commerciale che due “pizzini”, prove giganLa retata “Lancio”, il nome in “Pane Pizza e fantasie” per un tesche su chi operava a sostecodice dell'operazione che ha valore di circa un miione di eu- gno del capo. Due messaggi, scritti di pusottoposto a fermo diciotto per- ro. L’attività commerciale sul sone nell'orbita del casato Con- piano formale prevedeva un gno dal latitante: il primo per dello, non solo è una strategia assetto societario che faceva “comare Pina”, che secondo gli investigativa precisa e ponde- capo ai coniugi Maddalena e inquirenti sarebbe Giuseppa rata, ma anche collaudata. Una Giuseppe Martino, zii materni Cotroneo, 66 anni, suocera di prova di forza che proprio al del latitante. Gli investigatori Pasquale Condello, fratello del Ros dei carabinieri fruttò la cat- dell’Arma dei carabinieri hanno latitante ed omonimo del “Sutura di Pasquale Condello, il ricordato che si tratta delle premo”; il secondo indirizzato mammasantissima di Archi, stesse persone che nel corso al Giampiera Nocera, figlia di storica roccaforte della 'ndran- di una perquisizione domicilia- “comare Pina” con il quale si gheta a Reggio Calabria, nel re, eseguita lo scorso 22 giu- esprimevano felicitazioni per la febbraio 2008. Un colpo da ma- gno, gli erano stati trovati laurea conseguita. Neltesto del nuale che seguì la retata di po- 49.690 euro in denaro contan- primo “pizzino” ringraziamenchi mesi prima “Vertice”, quan- te, 52 mila euro e 10 milioni di ti per l'ospitalità; il secondo do fu sradicato il cordone pro- lire in buoni fruttiferi. Giuseppa messaggio per la laurea di Notettivo eretto per consentire di- Condello, moglie di Antonino cera portavala firmadi Mimmo ciotto anni di latitanza al capo Imerti il boss di Fiumara di Mu- e Margherita, quindi i nomi del clan. ro meglio conosciuto come boss latitante e quello della moTra i diciotto in manette una “Nano feroce”, «benchè for- glie. Entrambi i reperti sono decina erano uomini e donne, malmente estranea all’attività stati inviati e analizzati dai Ris tante donne, di fiducia del pa- era il centro di imputazione del- di messina che hanno anche drino di Archi. C'erano infatti la le responsabilità gestionali, in- provveduto alla comparazione moglie, gli zii, il nipote, il padre trattenendo relazioni sia con lo con altri messaggi rinvenuti e le sorelle del ricercato. Giova- studio di consulenza commer- durante diverse perquisizioni. ni ed anziani, tutti al servizio ciale sia con l’istituto di credi- Rimarca il colonnello Stefano Russo: «Era la calligrafia del ladel latitante. to». Nell'ordinanza di fermo, a Ed ancora, secondo la tesi titante,era laprova cheCondelfirma dei pm della Direzione di- degli inquirenti, Margherita Te- lo era stato lì dentro». Un ruolo diverso, e da vertice, strettuale antimafia di Reggio gano e caterina Condello, riCalabria, Giuseppe Lombardo e spettivamente compagna e invece era ricoperto da GiovanRocco Cosentino, si rimarcano sorella del latitante, «benchè ni e Giuseppe Barillà, e Francele accuse: «condotte di aiuto formalmente dipendenti si in- sco Genovese, i tre destinatari consistite nell'attività di assi- terfacciavano solo ed esclusi- delfardello piùpesante diaccustenza morale e materiale, con vamente con Giuseppa Con- se: associazione mafiosa. Nel la messa a disposizione di quan- dello, che partecipava loro le dettaglio per i pm Giuseppe to necessario alla protrazione decisioni assunte o da assu- Lombardo e Rocco Casentino evidenziano «fanno stabilmendello stato di latitanza ed alla mere». te parte della “cosca Condello”, creazionediuna retedisupporcommettendo una serie indeto e di tutelaanche mediante l'eliminazione dei sistemi tecnici di osservazione terminata di delitti contro la persona, il patrie controllo delle forze dell'ordine. Condotta po- monio e la Pubblica Amministrazione; acquisista in essere al fine di agevolare l'attività della re direttamente o per interposta persona fisica cosca di appartenenza, quale preminente arti- o giuridica la gestione o, comunque, il controlcolazione territoriale della ramificata organiz- lo di attività economiche (finanziate in tutto o zazione criminale di tipo mafioso denominata in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di “'ndrangheta” - ed in particolare della sua arti- delitti), di concessioni, di autorizzazioni, apcolazione territoriale denominata “cosca Con- palti e servizi pubblici; impedire od ostacolare il dello” oltre che avvalendosi del comportamen- libero esercizio del voto o procurare voti agli asto oggettivamente idoneo ad esercitare una sociati, ai concorrenti esterni, ai contigui; geparticolare coartazione psicologica sulle per- stire, attraverso il capillare controllo del terrisone in quanto dotato dei caratteri propri del- torio di competenza, un enorme bacino di voti l'intimidazione derivante dall'associazione di da offrire ad esponenti politici compiacenti a tipo mafiosoed armata,per averela immediata seconda degli accordi stipulati o dei favori acdisponibilità, per il conseguimento delle finali- cordati, o da accordare, all'associazione nel suo tà dell'associazione, di armi e materie esplo- complesso o a suoi singoli compartecipi». Mico Condello primula rossa dalla fuga nel 1991 e attuale reggente Mercoledì 14 marzo 2012 La guerra della Piana Ancora sangue a Oppido Mamertina ammazzato un ex sorvegliato Colpi di lupara per Ferraro Quando i sicari hanno fatto fuoco l’agricoltore era in compagnia di due extracomunitari L’ultimo fatto di sangue Il 2 marzo freddato Bonarrigo Magistrati senza tregua LA strada dove ieri si è consumato il delitto di Vincenzo (Cècè) Ferraro 42 anni, un ex sorvegliato speciale. L’agricoltore era in compagnia di due cittadini stranieri. IL 2 marzo a cadere sotto i colpi sparati dai killer fu Giuseppe Bonarrigo, padre di Domenico, anche lui assassinato sempre ad Oppido nel 1986. SANGUE che sa di faida quello che sta scorrendo negli ultimi tempi sulle strade di Oppido Mamertina. La Procura di Palmi costretta agli straordinari per risolvere i fatti di sangue. di MICHELE ALBANESE OPPIDO MAMERTINA – Nuovo agguato di mafia ad Oppido Mamertina. A distanza di una decina di giorni dall’omicidio di Domenico Bonarrigo caduto sotto i colpi della lupara ieri mattina è stato il turno di Vincenzo (Cècè) Ferraro 42 anni, un ex sorvegliato speciale a rimanere freddato anch’esso sotto i colpi della lupara. Due fatti che potrebbero essere legati tra di loro e che fanno ripiombare nel terrore i cittadini di Oppido Mamertina, città che sembra essere tornata teatro di uno scontro che non sembra conoscere fine. Questi due ultimi fatti tragici fanno ritornare, inutile negarlo, l’incubo della cruenta faida che qui tra gli uliveti delle colline aspromontane della Piana a visto scorrere il sangue a rivoli. Decine di morti ammazzati senza pietà in poco meno di 20 anni. Cecè Ferraro, sposato e padre di due bimbe, agricoltore di professione e titolare insieme al fratello di un frantoio, ieri mattina sistava recandoin terreno di sua proprietà nella zona di Oppido Vecchia Vincenzo Ferraro a bordo diuna Nissan Patrol. Insieme a lui due operai extracomunitari che Ferraro stava accompagnando in un uliveto. Dopo aver percorso alcuni chilometri nella stradina che conduce in campagna è sbucato davanti alla Nissan un individuo con il volto coperto da passamontagna che impugnava un fucile automatico dal quale a distanza ravvicinata sono partiti almeno tre colpi caricati a pallettoni che hanno inchiodato al sedile il Ferraro che è stato raggiunto dai pallettoni al torace e alla testa rimanendo esamine. Illesi i due operai che erano con lui che sono rimasti impietriti. Dopo aver compiuto l’agguato il sicario dal sangue freddo si è dileguato nelle campagne circostanti. L’orologio segnava le 7 e 30 di mattina. Sono stati gli stessi operai a lanciare l’allarme chiamando i Carabinieri che quando sono giunti sul posto hanno trovato Vincenzo Ferraro in un lago di sangue senza vita. Poco dopo sul luogo dell’agguato sono arrivati anche i militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Palmi con il capitano Maurizio De Angelis e il sostituto procuratore della Repubblica di Palmi Gianluca Gelso che insieme al Procuratore Capo Giuseppe Creazzo coordina le prime indagini. Infine il reparto di Investigazioni scientifiche del comando provinciale dell’Arma e il medico le- Similitudini con il delitto di Domenico Bonarrigo Il luogo dell’agguato a Vincenzo Ferraro gale. I primi accertamenti hanno fatto emergere similitudini con l’omicidio di Domenico Bonarrigo avvenuto undici giorni prima nella località Madonna dei Campi sempre ad Oppido: stesse modalità e stessa arma usata. Sono ancora pochi ancora gli elementi per capire se l’omicidio sia legato ad una vendetta maturata nel contesto della faida cittadina che punto potrebbe essere ritornata. Faida che nel corso degli anni ha visto contrapposte le famiglie Zumbo, Ferraro, Polimeni,Mazzagatti, Rustico, Bonarrigo, Gugliotta e Tallarida, alcune di esse quasi sterminate o seriamente decapitate. A seguito di quei fatti molti lasciarono la calabria trasferendosial nord.AncheaiFerraro ètoccata questa sorte: nel luglio del 1985 venne ucciso Giuseppe Ferraro zio di Cecèvecchiocapomafia diOppidoenel 1996 anche suo fratello Raffaele allora 21 enne perse la vita in un agguato compiuto in un bar di Oppido nel quale venne ferito anche unsuo cugino di cognome Barbaro. Una famiglia direttamente coinvolta, dunque, in questo sanguinoso scontro. Cecè Ferraro è anche cugino del latitante Giuseppe (Pepè) Ferraro uccel di bosco dal 1998 ed attualmente ricercato. I Carabinieri che conducono le indagini ovviamente inquadrano questo omicidio ma anche quello di Domenico Bonarrigo nell’ambito della faida pur non escludendo altre piste. Quella che però sembra essere più accreditata dalle altre è legata alla faida. Si sa che storicamente i Ferraro erano contrapposti ai Bonarrigo e quindi non viene esclusa l’ipotesi che forse l’uccisione di Pepè Ferraro possa essere la risposta all’omicidio di Domenico Bonarrigo. Se così dovesse essere allora l’ipotesi che la faida di Oppido possa essere nuovamente tragicamente ripresa sarebbe più che plausibile con tutto il carico di inquietudine e di paura che queste vicende si portano dietro. | LA RICOSTRUZIONE | La faida sta prendendo forma Il primo scontro di sangue avvenne negli anni Cinquanta OPPIDO MAMERINA – E’ ripreso a scorrere il sangue tra gli uliveti di Oppido Mamertina. Sangue che sa di faida, antica, tribale e spietata che qui ai piedi dell’Aspromonte in varie trance ha seminato morti a decine. Anche quest’ultimo agguato, quello di Vincenzo Ferraro secondo gli inquirenti, potrebbe costituire la ripresa dello scontro che forse non si è mai spento. Il fuoco è rimasto sotto la cenere proprio come accade ad un vulcano pronto ad eruttare quando meno te lo aspetti. La terza fase della faida di Oppido quelle che potrebbe essere iniziata con l’omicidio di Domenico Bonarrigo avvenuto il 2 marzo scorso e che è continuata con l’agguato di ieri che ha lasciato sul selciato Vincenzo Ferraro. Il primo scontro sanguinoso nella zona di Oppido iniziò negli anni 50 quando si affrontarono i Barbaro di Castellace ed i Mammoliti . Prima viene ucciso Francesco Mammoliti, allora capobastone al quale succede il figlio Vincenzo Mammoliti fino alla sua morte avvenuta nel 1988. Poi è la volta di Saverio Mammoliti che assume la leadership della ‘ndrina. I Barbaro vengono sconfitti. La seconda trance dello scontro arriva nel luglio del 1985 quando cade sotto i colpi della lupara Giuseppe Ferraro vecchio boss di Oppido, zio di Vincenzo Ferraro la vittima di ieri . Il clou della faida si registra a partire dal 1992 con l’uccisione di Santo Gugliotta. In quell’agguato rimasero feriti anche i fratelli: Giuseppe, poi ucciso il 30 aprile del 1995, assieme a Vincenzo Bonarrigo ed Antonio, poi ucciso il 12 agosto 1997, assieme alla madre, Angela Bonarrigo 54 anni (feriti in quell’agguato: Giuseppe Antonio Gugliotta 57 anni e Antonio Gangemi 29 anni. Mentre viaggiavano a bordo di una mercedes i killer crivellarono l' auto con decine di colpi di pistola e di fucile. Da allora i morti si contarono su più mani. Sono decine gli uomini, le donne e persino i ragazzi che caddero uno dietro l’altro. Sangue chiama sangue, vendetta segue vendetta. Una scia senza fine. Il picco più alto dello scontro si verifica la sera dell’8 maggio del 1998. Un commando armato fino ai denti irrompe in una macelleria uccidendo Giovanni Polimeni, 22 anni, e Vittorio Rustico, di 21. Durante la fuga il commando in- crocia una Fiat Croma e scambiandola per un’auto di altri parenti dei due ammazzati pochi prima apre ancora il fuoco uccidendo la piccola Mariangela Ansalone il nonno Giuseppe Maria Biccheri. In quella circostanza rimasero feriti gravemente il fratellino di Mariangela, Giuseppe, la mamma Francesca Ansalone e la nonna Annunziata Pignataro. Le indagini di carabinieri e polizia hanno stabilito che la strage e' stata una vendetta della famiglia Gugliotta nei confronti dei rivali Polimeni. Nell'agosto del 1999 infatti, i Gugliotta subirono un agguato dove morirono Antonio Gugliotta, fratello di Giuseppe, una ragazza, Angela Bonarrigo, e il fidanzato di quest'ultima, Antonio Gangemi. Da allora sia per i morti ammazzati che per le indagini della Procura di Palmi che e fece luce su molti omicidi arrestando numerose persone poi tutte condannate gli eccidi terminarono. Ma non tutti seppellirono definitivamente la lupara. Qualcuno forse l’ha tenuta ben oliata per usarla successivamente. Un momento che forse è arrivato adesso. mi. al. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 10 Primo piano 24 ore Mercoledì 14 marzo 2012 L’ incidente sulla Jonio-Tirreno, a Cinquefrondi. L’uomo era diretto allo stabilimento dell’acqua Fabrizia Perde il controllo del Tir, muore Vittima un camionista. Il mezzo pesante va fuori strada in galleria e si spezza di SIMONA GERACE e PIERO CATALANO LA FAIDA DI SAN LUCA Strage di Duisburg Al processo di Locri spunta la pista turca CINQUEFRONDI - Una ennesima tragedia della strada si è verificata nel tardo pomeriggio di ieri sulla bretella che congiunge il Passo della Limina con la Strada di Grande Collegamento Jonio-Tirreno. Un drammatico incidente che è costato la vita ad un uomo, Giuseppe Fabbìo, autotrasportatore di 54 anni, residente a Misterbianco in provincia di Catania. Lo sfortunato camionista lavorava per la ditta di autotrasporti “Seitral” di Santa Venerina. Erano circa le 17 quando l'uomo, che si trovava alla guida di un autoarticolato “Scania Tiner Transport”, che stava portando in Sicilia un carico di acqua minerale “Fabrizia”, dopo averlo preso nello stabilimento della località vibonese, probabilmente a causa di un improvviso malore o di un guasto meccanico al mezzo, ha perso il controllo della situazione. In base ai primi rilievi Fabbìo dopo aver attraversato il Passo della Limina, mentre stava per immettersi sulla Sgc, sembrerebbe aver perso il controllo dell'autoarticolato che ha proseguito la sua corsa andando a sbattere con il gard rail. Poco prima dell'arrivo in galleria lo stesso forse per evitare qualche mezzo, è andato a sbattere violentemente contro un muro. Sembrerebbe che a questo punto il pesante mezzo si sia spezzato: la cabina di guida dopo aver urtato una Fiat “Punto” bianca con alla guida due insegnanti di Taurianova, si è capovolta, contenendo al suo interno il corpo ormai senza vita dell'uomo, mentre la parte mo- Catanzarese a Torino Nell’inchiesta sull’omicidio dell’elettrauto Pioli Tenta di riciclare 1,5 milioni CATANZARO – Nullatenente per il fisco, ha tentato di riciclare un milione e mezzo di euro, proventi di furti e truffe, facendoli rientrare dall’estero attraverso lo “scudo fiscale”. La Guardia di Finanza di Torino lo ha scoperto grazie alla segnalazione di un’operazione sospetta fatta da un istituto di credito alla Banca d’Italia e ha sequestrato il denaro. Nel febbraio 2010, all’uomo – Pino Mauro, di 55 anni, della provincia di Catanzaro – erano stati sequestrati immobili, auto e gioielli per due milioni di euro. L'uomo aveva accumulato all’estero un patrimonio milionario che voleva «rimpatriare» utilizzando lo scudo fiscale. Per questo motivo la sua convivente, una donna russa incensurata, era pronta a intestarsi i suoi beni. Il tentativo di riciclaggio è stato scoperto dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria Torino, coordinati dalla procura della Repubblica di Torino che ha disposto il sequestro del milione e mezzo che era pronto per essere investito in fondi azionari italiani ed esteri. Nel febbraio dello scorso anno, le stesse Fiamme gialle, insieme alla Procura della Repubblica di Torino, avevano già sequestrato all’uomo nove immobili in Piemonte e Lombardia, fra i quali un appartamento in pieno centro a Torino, del valore di 800 mila euro, disponibilità finanziarie per 50 mila euro, una Bmw da 70 mila euro, tre diamanti e quote di una società immobiliare intestata alla donna, che pure aveva dichiarato al Fisco redditi di poche migliaia di euro. Le bottiglie cadute giù dal camion che si è ribaltato sulla strada statale 106 trice carica di centinaia di casse di acqua minerale ha proseguito la sua corsa fino alla fine della galleria, dove si èpoi capovolta,incendiandosi. Sul posto sono i intervenuti i Vigili del Fuoco di Polistena guidati dal caposquadra Santo D'Amico e i colleghi del distaccamento di Siderno guidati dal caposquadra, Sebastiano D'Agostino. Tempestivamente sono giunti anche la Polizia Stradale di Si- derno, con il comandante Alberto Fossella, i Carabinieri della locale Stazione, guidati dal maresciallo Massimo Miozzo e gli agenti del Commissariato di Polizia di Polistena, guidati da Pierfranco Amati. Solo dopo diverse ore, il magistrato ha dato parere positivo per la rimozione del cadavere, che è stato trasportato nella sala mortuaria dell'Ospedale di Polistena per l'identificazione. Anche il figlio di Simona vivrà sotto protezione di DOMENICO GALATÀ MELICUCCO - Simona Napoli ha riabbracciato il suo bambino. La 24enne di Melicucco, tra i protagonisti, suo malgrado, della vicenda riguardante la scomparsa di Fabrizio Pioli, è stata raggiunta dal figlioletto di cinque anni nella località segreta dove si trova da alcune settimane in seguito alla decisione di collaborare con le forze dell'ordine. L'input per far ricongiungere madre e figlio è partito dalla Procura della Repubblica di Palmi, guidata dal Procuratore Giuseppe Creazzo, che ha segnalato ai magistrati del Tribunale dei Minori di Reggio Calabria la situazione in cui si trova la donna, principale accusatrice del padre Antonio, tutt'ora latitante, e del fratello Domenico, attualmente detenuto, sospettati di aver ucciso e fatto sparire il corpo di Pioli. Il procuratore Capo della Fabrizio Pioli Procura per i minori del capoluogo, Carlo Macrì, ha accolto la richiesta proveniente dagli uffici giudiziari di Palmi, disponendo che il bambino fosse prelevato e affidato alla madre. Una decisione che sarebbe stata materialmente eseguita sabato scorso da parte dei Carabinieri. La risoluzione presa dai magistrati allevia così la solitudine della Napoli, completamente isolata dopo aver aderito al programma di protezione proposto dagli inquirenti che stanno indagando sulla scomparsa del 38enne elettrauto di Gioia Tauro con cui la donna aveva intrapreso una relazione extraconiugale. A quasi tre settimane dalla scomparsa di Pioli, intanto, proseguono senza sosta le ricerche da parte dei militari dell'Arma. Non c'è giorno in cui i Carabinieri passano al setaccio le campagne che circondano Melicucco, paese dove Fabrizio è stato visto per l'ultima volta. Ricerche che, sino ad ora, hanno portato ad un nulla di fatto, sia per quanto riguarda il corpo di Pioli che la sua automobile, una Mini Cooper nera con il tettuccio bianco con la quale il 23 febbraio scorso si era recato a Melicucco per incontrare la Napoli. Parallelamente, i Carabinieri sono sulle tracce di Antonio Napoli, “uccel di bosco” sin dal primo giorno in cui è avvenuta la vicenda. Anche inquestocaso, lericerchesono per il momento vane. al processo in Germania di PASQUALE VIOLI per i presunti autori delSIDERNO - Sulla strage l'eccidio. Ed in quelle di Duisburg l'ombra del- carte la polizia tedesca pare inserì anche l'ipotela pista turca. E' quanto è venuto si investigativa di una fuori nell'udienza di ieri resa dei conti della crial processo contro Giu- minalità turca nei conseppe e Sebastiano Nirta fronti degli italiani. Una pista fino ad oggi che si sta celebrando davanti alla Corte d'Assise rimasta chiusa nei casdi Locri presieduta da setti della procura tedesca e che è stata tirata Alfredo Sicuro. fuori ieri in In video aula dall'avcollegamenvocato Antoto dalla Gernio Russo, dimania c'erafensore di no gli investiGiuseppe e gatori tedeSebastiano schi che hanNirta. Il legano preso parle ha parlato te alle indagialla Corte ni dopo l'eccid'Assise di dio del 15 queste carte e agosto del senza dubbio 2007, per cui adesso cerin primo gracherà di farle do è stato arrivare in condannato Il ristorante “Bruno” Italia per inall'ergastolo serirle nel diGiovanni battimento in Strangio ed corso. ora si proceIeri l'avvode nei concato Antonio fronti di GiuRusso ha anseppe e Sebache chiesto stiano Nirta, ad uno dei pocongnati di liziotti tedeStrangio, schi che ha che per l'acpartecipato cusa sarebbealle indagini ro componenti del commando che se fosse a conoscenza di nel ferragosto 2007 da- questi atti, l'investigatovanti al ristorante italia- re ha preferito parlare di no "Da Bruno" uccisero quello che materialmenTommaso Venturi, 18 te ha svolto come attività anni, Francesco Giorgi, investigativa. E in video 16 anni, Francesco Per- collegamento dalla Gergola, 22 anni, Marco mania i teste Shalk e BolPergola, 20 anni, Marco tz hanno riferito, riMarmo, 25 anni e Seba- spondendo anche alle stiano Strangio, 39 an- domande del pubblico ministero Federico Perni. La mattanza secondo rone Capano, di avere efla Dda di Reggio Cala- fettuato dei rilievi sul bria sarebbe da inqua- luogo del delitto immedrare chiaramente nella diatamente dopo la strafaida di San Luca tra i ge e di avere rinvenuto e Pelle-Vottari e i Nirta- sequestrato poco distanStrangio. Immediata- te dal ristorante "Da mente dopo la strage la Bruno", alcuni mozzicopolizia tedesca avviò le ni di sigaretta che seconindagini e dopo qualche do alcuni testimoni ventempo aprì un fascicolo nero lasciati qualche contro Giovanni Stran- giorno prima dagli uogio, che subito dopo il 15 mini che compirono la agosto 2007 risultò lati- mattanza mentre erano tante. Un fascicolo che appostati a studiare il avrebbe dovuto portare luogo dell'eccidio. La difesa vuole portare nuovi atti in dibattimento Crotone. La decisione dei giudici nei confronti di imputati nordafricani. Disposte anche 13 assoluzioni Dieci condanne per i trafficanti di esseri umani di ANTONIO ANASTASI CROTONE - Dieci condanne e 13 assoluzioni. E’ il verdetto emesso ieri sera dal Tribunale penale di Crotone nei confronti di imputati nordafricani che erano stati coinvolti nell’inchiesta che, nel gennaio 2005, portò alla maxioperazione Salib, che avrebbe fatto luce sul lucroso business del traffico di esseri umani e su una presunta holding criminale che avrebbe organizzato, dietro compenso, le fughe dal Centro d’accoglienza S. Anna di Isola Capo Rizzuto. I reati che venivano contestati agli imputati - per lo più provenienti dal Sudan e dall’Egitto ma in gran parte irreperibili o latitanti - sono, a vario titolo, quelli di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, sequestro di persona e favoreggiamento dell’immi- grazione clandestina. La pena più elevata è stata inflitta al presunto capo dell’organizzazione, Aly Ayman: 26 anni di reclusione. Per lui, ma anche per altri due imputati, il pm della Dda di Catanzaro Vincenzo Capomolla aveva chiesto condanne a 30 anni. Le pene più basse proposte dal pm non andavano al di sotto dei 9 anni, ma, a parte una a 17 anni, le condanne disposte dal collegio presieduto da Massimo Forciniti non superano gli otto anni. Folta la pattuglia dei difensori. Gli avvocati Luigi Frustaglia, Domenico Pietragalla, Fabrizio Salviati, Viviana Iuliano, Maria Claudia Conidi, Mario Sero, Pasquale Le Pera e altri hanno tentato di smontare la tesi di un’associazione a delinquere, al centro dell’impianto accusatorio originariamente elaborato dal pm Luigi De Magistris. L’indagine, pe- rò, era stata avviata sulla base di indizi relativi ad un’associazione sovversiva, sospettata di legami con ambienti fondamentalisti islamici. La strategia dell’organizzazione criminale era, secondo l’accusa, volta non solo a organizzare i viaggi della speranza sulle carrette del mare ma anche quella di creare il caos, con risse e rivolte, all’interno del Centro d’accoglienza per favorire le fughe. Una volta lasciato il S.Anna, iniziava la compravendita di esseri umani. Di 100, forse 150 euro era il riscatto chiesto alle famiglie dei disperati dagli aguzzini per rilasciare gli ostaggi che venivano sequestrati. A distanza di un anno dall’operazione Salib, analoghi scenari furono svelati con un’altra maxiretata, denominata Abid. Inflitti 26 anni al capo della gang E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 16 Calabria Nella Piana una raccolta di fondi promossa dalla preside di un istituto, contattata per un segno “divino” Vita da recluse per una rara allergia Madre e figlia affette da sensibilità chimica multipla curabile solo all’estero di ROSITA GANGI GIOIA TAURO - Vivere in un ambiente senza solventi, disinfettanti, insetticidi, pesticidi, fumo di sigaretta, di asfalto, di colle e vernici. Eliminare anche profumi, spray per i capelli, lattice, deodoranti o prodotti per le pulizie di mobili e pavimenti. E nessuna presenza di campi elettromagnetici. Un ambiente così, nella vita quotidiana, non esiste. Ed è per questo che Elisa e Raffaella (i nomi sono di fantasia), mamma e figlia di Taurianova, una vita normale non possono averla. Soffrono entrambe di una rarissima forma di allergia chiamata Mcs (Sensibilità chimica multipla) che le rende intolleranti a diversi elementi provocando disturbi che vanno dalle vertigini al broncospasmo, dalle infiammazioni alle violente cefalee e dolori muscolari, orticaria e amnesia a breve termine. A questo si aggiunge l'impossibilità di assumere la quasi totalità di farmaci che potrebbero alleviare tali disturbi, per intolleranza anche ai loro principi attivi. Più che un'esistenza, un calvario. Non esita a definirla così Elisa, questa vita in cui si dibatte da quando, dopo decine di diagnosi errate, ha scoperto che la sua malattia è rara. E come tale, poco interessante agli occhi della sanità pubblica. Basti pensare che in Italia è riconosciuta solo da alcune regioni tra cui la Toscana, l'Emilia Romagna, l'Abruzzo e il Lazio e solo in queste regioni, graze ad un accordo con il ministero della Salute, alcuni malati hanno già ottenuto l'invalidità civile al 100%. E in alcuni casi anche dei fondi per le cure. La donna ha dovuto lasciare il suo lavoro, ed è in attesa del riconoscimento dello stato di invalidità. La figlia ha dovuto lasciare gli studi e vive sotto una campana di vetro. In casa, gli ambienti sono sterilizzati e con schermi protettivi seminati ovunque, dal computer alla televisione. Curarsi è ancora possibile, ma costa tanto. Per dare un’idea, solo un colloquio con il direttore del cen- La sede di Londra del Breakspear Hospital Hertfordshire House tro londinese che si occupa di queste patalogie, si paga 250 euro all’ora. E dopo la diagnosi partono gli esami: 1800 euro solo per farne tre. Le cure, poi, hanno un prezzo esorbitante. Per questo Elisa chiede aiuto. Ma prima che per lei, lo fa per la figlia, che ha soli 17 anni, e potrebbe essere costretta a seguire questo buio tunnel dell'isolamento e della solitudine, senza contatti sociali, senza passeggiate all'aperto, senza amici e senza lavoro. Elisa ha pregato tanto per avere una soluzione da Dio, quella che gli uomini non potevano offrirle, e un giorno ha creduto di vedere un segno. Leggendo un articolo su un quotidiano siciliano ha scoperto che una giovane donna ragusana era affetta dalla sua stessa malattia, e quella giovane donna porta- va lo stesso nome e cognome di una preside che conosceva: Mariella Russo. Elisa ha così deciso di chiedere a lei aiuto per poter far partire una raccolta di fondi che permetterà a lei e a sua figlia di potersi curare a Londra, presso il Breakspear Hospital Hertfordshire House, diretto dalla dottoressa Jean Monro, che è uno dei pochi in Europa in cui questa malattia si cura. E così ha preso penna e carta (rigorosamente ecologica senza sbiancante e odori, perché anche quella è allergizzante) e ha scritto alla preside, confidando semplicemente in quel segno, in quell'omonimia. La preside, che è persona combattiva e sensibile, non ha perso occasione per dare la propria disponibilità e ha deciso di aprire una sottoscrizione di fondi per poter aiutare le due donne in difficoltà. Per consentire loro di prendere quell'aereo, che dovrà essere un mezzo speciale dello Stato, del tutto privo di qualsiasi agente scatenante, così come certificato e richiesto dal Policlinici Umberto I di Roma che segue la patologia di madre e figlia, e partire alla volta di Londra. La preside Mariella Russo ha quindi accolto la richiesta della donna e ha deciso di aprire una raccolta di fondi intestata all’Istituto d’istruzione superiore “R. Piria” di Rosarno presso la Banca Popolare del Mezzogiorno - Sede di Gioia Tauro Codice Iban IT80G052568137000 0000 902067. L’appello è lanciato. Ora tutto starà alla sensibilità della gente di Calabria. Il consiglio provinciale approva una mozione per non lasciarla sola Anche Firenze si stringe intorno ad Anna Maria Scarfò di FEDERICA LEGATO IL CONSIGLIO provinciale di Firenze «con voto unanime si stringe attorno ad Anna Maria Scarfò, la ragazza di San Martino di Taurianova che ha avuto il coraggio di denunciare prima il branco che l'ha violentata per tre anni» e poi alcuni suoi conterranei, che a seguito della sua denuncia l'hanno minacciata ed ingiuriata. Su proposta, infatti, della presidente della Commissione Pari opportunità, Loretta Lazzeri, l'Assemblea ha approvato una mozione «per non far sentire sola Anna Maria di fronte al branco e ai cittadini che l'hanno maltrattata». La coraggiosa donna, oggi 26enne, che attualmente vive in località protetta, è «la prima donna a cui lo Stato ha riconosciuto la protezione per la legge sullo stalking». Dopo anni di violenze, iniziate quando aveva appena 13 anni, Anna Maria ha intrapreso, circa 10 anni fa, «la sua battaglia per riappropriarsi della sua vita, da sola e contro tutti». Anna Maria continua a combattere la sua lotta ed «è riuscita a far condannare, con sentenza definitiva in rito abbreviato, 6 dei suoi 12 stupratori. Per gli altri 6 è in corso il processo d'appello (in primo grado sono stati condannati anche loro). Inoltre, è riuscitaafareammonire unadecinadipersone per stalking». Nell'ultimo mese, semplici cittadini, associazioni, donne e uomini, provenienti da tutta la Calabria, dalla Sicilia e dalla Campania si sono affiancate a lei, si sono mobilitati per rompere un silenzio lungo tredici anni. E, da oggi, accanto ad Anna Maria, si affianca anche la Provincia di Firenze. Anna Scarfò IN TV Il procuratore Macrì: «La mafia ha sdoganato i boss gay» CATANZARO – «La mafia ha sdoganato i boss gay. Ora non si nascondono più e se hanno potere le “cupole” li accettano». Lo ha detto il procuratore generale di Ancona, Enzo Macrì, ex Procuratore nazionale antimafia aggiunto, intervenendo a 'KlausCondicio», il talk show di Klaus Davi in onda su You Tube. «Non è che un boss –ha aggiunto il procuratore Macrì – possa fare coming out in modo plateale. L’omosessualità nella mafia è ancora un tabù sotto il profilo del costume, ma il grande boss può permettersi di essere omosessuale senza temere di essere ucciso. Dipende dai rapporti di potere: i mafiosi di piccolo calibro devono tenersi nascosti altrimenti vengono espulsi anche in maniera violenta. Ma se è un capo, allora se lo può permettere. Nessuno osa toccarlo: questa la vera novità. Si può essere gay e mafiosi». Sul tema, sempre sollecitato da Klaus Davi, è intervenuto anche il magistrato della Corte di cassazione, Raffaele Cantone, ex pm della Dda di Napoli. «La camorra – ha detto Cantone – è la meno omofoba tra le varie organizzazioni. Anche se non c’è una sola camorra. Diciamo che quella urbana è la più “aperta” sessualmente, ricalcando in questo senso un certo spirito napoletano da sempre tollerante verso le minoranze». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Calabria 17 24 ore Mercoledì 14 marzo 2012 Mercoledì 14 marzo 2012 Operazione Lancio. Diciotto persone fermate con l’accusa di associazione mafiosa e favoreggiamento Stroncata la rete di Condello Terra bruciata dei carabinieri reggini intorno al superlatitante di Archi IL PENTITO IANNÒ di GIUSEPPE BALDESSARRO GLI offrivano alloggi, vitto e supporto logistico. Ma anche un aiuto fondamentale per la gestione degli affari, facendo da tramite tra lui e gli affiliati o intestandosi i suoi beni. Erano le donne della cosca Condello che per anni hanno aiutato il boss latitante Domenico, diventato il numero uno del clan più potente della Calabria dopo l’arresto, avvenuto nel febbraio 2008 dopo 11 anni di latitanza, del cugino Pasquale Condello detto «il supremo». A svelare il circuito di relazioni e di sostegno economico e logistico a Domenico Condello, detto «mico u paccio», latitante dal 1991, condannato all’ergastolo e nell’elenco dei ricercati più pericolosi, è stata un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria che stamani ha portato i Carabinieri del Ros e del Comando provinciale a sottoporre a fermo 17 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, procurata inosservanza della pena, favoreggiamento ed intestazione fittizia di beni, aggravati dalle finalità mafiose. Gli uomini del Colonnello Pasquale Angelosanto hanno messo assieme un’inchiesta classica e solida. Fatta di pedinamenti, di cimici piazzate negli angoli più nascosti e telecamere in grado di registrare anche i più piccoli spostamenti dei fiancheggiatori di Condello. Incastrando ogni elemento ne è venuto fuori un puzzle complesso. I complici di “Micu u pacciu”, infatti erano particolarmente accorti ed usavano dei codici per comunicare tra di loro. L’inchiesta contiene il racconto di appuntamenti fissati con un solo squillo di cellulare, di lunghi viaggi in auto senza proferire parola, di auto nascoste su cui trasportare i familiari di Condello nascosti tra i sedili. Un dedalo di trucchi che tuttavia non sono serviti a nascondere connivenze e contatti. Tra i fermati nell’inchiesta che porta la firma dei pm Giuseppe Lombardo e Rocco Cosentini, ci sono, come accennato anche le donne. Secondo la Dda, per come riferito anche dagli investigatori e dal Procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza avevano un ruolo centrale nella rete dei fiancheggiatori. Tra queste Giuseppa Condello, sorella del latitante e moglie del boss Antonino Imerti «nano feroce». La donDomenico Condello na, secondo gli investigatori, benchè formalmente estranea all’attività di protezione del fratello, in realtà era al centro dell’apparato incaricato della gestione occulta delle attività imprenditoriali del boss intrattenendo relazioni sia con studi commerciali che con istituti di credito. Ed era sempre a lei, insieme ad altri congiunti, che era intestato il forno «Pane, pizza e fantasie», riconducibile, secondo l’accusa, direttamente a Domenico Condello. Con Giuseppa Condello, inoltre, si interfacciavano la sorella Caterina e Margherita Tegano, compagna del boss latitante, alle quali comunicava le decisioni prese o da prendere. In manette, oltre a loro, sono finite anche la zia di Condello, Maddalena Martino, Mariangela Amato (dalla cui abitazione era stato realizzato un allaccio elettrico per un covo destinato ad ospitare il latitante scoperto nel 2011) e Giuseppa Cotroneo. Quest’ultima avrebbe avuto un ruolo centrale nel favorire la latitanza. E’ infatti la suocera del fratello di Mico Condello, dal boss ricevette anche un messaggio di ringraziamento. «Cara commare – scriveva Domenico Condello in un pizzino sequestrato – io me ne sto andando. Mi diceva l’amico qui che ogni tanto per un paio di giorni posso venire, e io l’ho ringraziato. Lascio qui tutto quello che mi avete mandato perchè se torno mi può servire. Vi ringrazio di tutto». L’operazione di oggi, però, non ha colpito solo le donne, ma gran parte della famiglia del latitante. In carcere, infatti, sono finiti il padre, il fratello, lo zio ed il nipote. Un’operazione che ha avuto anche un risvolto sociale. I Carabinieri, infatti, hanno donato all’Opera Don Orione 300 capi d’abbigliamento mai usati trovati nel covo di Condello. L’unico che è riuscito nuovamente a sfuggire, è proprio lui, Domenico Condello. Ma il cerchio intorno alla sua latitanza si fa sempre più stretto. Giuseppa, donna al servizio del clan REGGIO CALABRIA - A riscontro di quanto scoperto sul conto di Giuseppa Cotroneo, gli inquirenti non hanno soltanto i pizzini indirizzati dal boss Mico Condello alla donna. Nelle carte dell’inchiesta si trovano infatti anche le dichiarazioni del pentito Paolo Iannò. Il quale spiega ai magistrati che la Cotroneo anche in altre occasioni si era resa disponibile ad accogliere i latitanti della cosca Condello-Imerti. Dice Iannò: «La Cotroneosi che abita a Catona. E ci ha dato un appoggio una volta in un attentato». Ilmagistrato adulteriore confermadi quanto esposto, chiedeva: “La signora?”. E Iannò confermava: «Sì. Non so se al corrente lei ah, del fatto ma noi siamo stati nella casa abbiamo messo la macchina rubata dentro il garage, una “Fiat Uno”uguale bianca alla sua…». Nella sostanza, negli anni della guerra di mafia, la cosca aveva programmato un agguato, che poi tra l’altro non era andato a buon fine (la vittima non si era fatta viva) ed aveva ottenuto sostegno logistico dalla Cotroneo. In altri termini il commando di killer si era sistemato in un garage nella disponibilità della donna in attesa di entrare in azione. Scrivono gli inquirenti: «Ad ulteriore conferma dell’identità di Cotroneo Giuseppa, il collaboratore di giustizia aggiunge: “Ah, suo marito è ferroviere il Cotroneo è ferroviere e noi siamo… Il marito lavora in ferrovia, lei appoggiava Nino Imerti quando mancava il marito si trovava al lavoro, quando telefonava il maritodicesta venendodomani,dacasa non si poteva stare, noi abbiamo dormito in una stanza sopra, che una stanza, oggi sarà una stanza grande a tipo ripostiglio, lei metteva le lenzuola ». Gli indagati comunicavano con un linguaggio in codice Margherita Tegano lascia la caserma dei carabinieri Le cimici scoperte da Richichi LAVORANO sodo i segugi del Ros per incastrare il latitante Domenico Condello. Tappa obbligato il monitoraggio dei fiancheggiatori, dei giovanotti delle 'ndrine sul taccuino dei carabinieri perché ritenuti il possibile gancio per arrivare alla cattura del boss di Archi. Tra questi Massimiliano Richichi che in due occasioni, il 23 e 24 dicembre 2010, evidenziano i pm nel decreto di fermo «individuava e disattivava tre microspie installate su tre autovetture (Hyundai IX35, Fiat Panda, Fiat Croma) al fine di tutelare la latitanza di Condello Domenico dai controlli delle forze dell'ordine». E lo stesso Massimiliano Richichi è stato pizzicato dai carabinieri della sezione anticrimine insieme a un nipote di Pasquale Condello “Il Supremo”, presso l'aeroporto di Milano «dove i due venivano prelevati da Giulio Lampada che con il fratello Francesco emergeva nel corso dell'indagine convenzionalmente denominata “Meta” quale soggetti collegati all'organizzazione criminale Condello”. f. t. I FERMATI Roberto Richichi Pasquale Richichi Massimiliano Richichi Cosimo Morabito Maddalena Martino Mariangela Amato Giuseppa Cotroneo Bernardo Pedullà Giuseppa Condello Caterina Condello Francesco Condello Francesco Genoese Giuseppe Martino Giovanni Barillà Giuseppe Barillà Demetrio Romeo E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 22 Reggio La Squadra mobile chiude un’inchiesta partita dalla denuncia di un reggino cui era stato rubato il motorino Cavallo di ritorno, 4 arresti Gli agenti hanno verificato le pressioni per far ritrattare le dichiarazioni E' STATA conclusa alle prime ore di ieri un'articolata operazione della Polizia di Stato, condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria, diretta da Gennaro Semeraro, che ha interessato il territorio di Reggio Calabria. La prima esecuzione di ordinanze cautelari in carcere emesse dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura della Repubblica, per i reati di estorsione, furto, falsa testimonianza ed altro. In manette sono finiti: Antonio Bevilacqua, reggino di 23 anni; Mario Bevilacqua, 43enne di Reggio Calabria; Mohamed Benrachid, marocchino di 48 anni e Abdelmjid Hanoun nato in Marocco di 38 anni. Il provvedimento restrittivo cautelare si innesta nella prosecuzione dell'attività investigativa condotta sempre dalla Squadra Mobile che aveva portato il 5 maggio e l'11 maggio 2009 all'arresto di Mario e Antonio Bevilacqua, per i reati di ricettazione ed estorsione ai danni del proprietario di un ciclomotore al medesimo sottratto e restituitogli dietro compenso. La dettagliata denuncia della vittima, le cui dichiarazioni avevano già consentito l'arresto degli omonimi Bevilacqua, unitamente agli esiti delle indagini condotte da dalla Polizia determinavano l'emissione, e la conseguente odierna esecuzione, di una nuova misura cautelare che consentiva l'arresto dei soggetti prima menzionati i quali, in più riprese, avevano mirato a spingere la persona offesa affinchè ritrattasse le sue dichiarazioni in sede di incidente Antonio Bevilacqua Mario Bevilacqua Abdelmjid Hanoun Mohamed Benrachid Per gli investigatori della polizia avrebbero preso di mira una rivendita di via Reggio Campi Colpo in tabaccheria, in manette Domenico Condello e Sacha Ubaldo Ruggeri finiscono dietro le sbarre LA Squadra mobile di Reggio Calabria ha chiarito i contorni della rapina alla tabaccheria di via Reggio Campi. La notte scorsa, infatti, gli uomini di Gennaro Semeraro hanno tratto in arresto Sacha Ubaldo Ruggeri, giovane reggino di 20 anni e Domenico Condello, 21enne di Reggio Calabria. I due indagati sono ritenuti responsabili del delitto di rapina effettuata con una pistola giocattolo presso la “Tabaccheria numero 9”sia in via Reggio Campi II tronco di Reggio Calabria. Nello specifico, mentre Ruggeri avrebbe assunto il ruolo di palo, rimanendo al di fuori del predetto esercizio commerciale al fine di coprire l'azione del complice, Domenico Condello, con il volto coperto da un cappellino ed una sciarpa, introdottosi nella tabaccheria, puntava l'arma contro la cassiera intimandole di consegnare l'incasso di 600 euro. Le indagini della Squadra mobile di Reggio Calabria avrebbero accertato nei confronti degli stessi ulteriori attività criminose tra cui condotte di furto aggravato ed utilizzo indebito di carte bancomat provento di furti con le quali venivano effettuati, altresì, documentati prelievi di danaro contante presso alcuni sportelli bancari. Dopo le formalità di rito gli arrestati sono stati associati presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria. Domenico Condello Rideterminata la pena per Antonio Pelle Accolto l’appello dell’accusa 18 anni per la “mamma” di CLAUDIO CORDOVA ACCOLTO l'appello dell'accusa, la condanna per Antonio Pelle, “la mamma”, passa dai tredici anni inflitti in primo grado ai diciotto comminati ieri pomeriggio dalla Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria. Per Pelle, attualmente latitante dopo essere evaso alcuni mesi fa dall'ospedale di Locri, la Corte presieduta da Bruno Finocchiaro, al termine di una camera di consiglio di circa quattro ore, ha riconosciuto la transnazionalità delle contestazioni mafiose, accogliendo così la richiesta formulata il 24 gennaio scorso dal sostituto procuratore generale Adriana Fimiani. Pelle è evaso dall'ospedale di Locri alcuni mesi fa, dopo la scarcerazione avvenuta per motivi di salute. La sua posizione venne stralciata dal maxiprocedimento “Fehida”, che ha visto cadere una pioggia di condanne sulle cosche di San Luca. L'uomo, dopo una latitanza di oltre un anno, fu arrestato dalla Squadra Mobile di probatorio, in relazione al delitto di estorsione commesso dai Bevilacqua. La Squadra mobile di Reggio Calabria riusciva a documentare che, in data 20 e 23 maggio 2009, gli odierni arrestati, minacciavano la vittima dell'estorsione e la sua famiglia, rubando altresì nuovamente il medesimo ciclomotore per costringere il denunciante a ritrattare le proprie dichiarazioni in sede di incidente probatorio, che si sarebbe tenuto da li a breve. Infine, nel mese di giugno 2009, sempre gli odierni arrestati promettevano alla vittima la somma di denaro di 1500 euro per indurlo a commettere il reato di falsa testimonianza con l'intento di essere scagionati dalle accuse di estorsione. Reggio Calabria, a quei tempi diretta da Renato Cortese, nell'ottobre del 2008. E' ritenuto dagli inquirenti il capo dello schieramento che avrebbe portato all'omicidio di Maria Strangio, avvenuto nel giorno di Natale del 2006: il bersaglio designato, il marito della donna, Giovanni Luca Nirta, si salvò, ma la faida di San Luca, iniziata per futili motivi all'inizio degli anni '90, si riacutizzò con la mattanza di Duisburg, avvenuta nel Ferragosto del 2007, allorquando sul suolo tedesco rimasero in sei, al termine, probabilmente, di un compleannoaffiliazione alla 'ndrangheta. Dopo l'arresto, Pelle ha trascorso solo poco tempo in carcere, avendo prima ottenuto gli arresti domiciliari e poi la sospensione del procedimento a suo carico. Da qui la scarcerazione e continui viaggi in ospedale per le precarie condizioni fisiche, fino all'ultimo ricovero, non comunicato ai Carabinieri, culminato con la rocambolesca fuga. “La mamma”, infatti, riuscì a tagliare la corda sfruttando uno Gli era stata inflitta una condanna a undici anni di reclusione dei pochi attimi di distrazione delle forze dell'ordine che, nonostante le condizioni di salute malmesse, lo tenevano costantemente d'occhio. Pelle, infatti, è affetto da anoressia, una patologia che il boss si sarebbe procurato da solo, in maniera intenzionale, proprio per ottenere gli arresti domiciliari. Stando ai L’arresto di Antonio Pelle medici che hanno visionato la sua cartella clinica, primo che in secondo grado però, dalla condizione iniziale per l'omicidio di Maria Strandi volontarietà, Pelle avrebbe gio, avvenuto nel Natale 2006. Nello stralcio di abbreviati, poi perso il controllo della situazione, finendo inghiottito Antonio Pelle fu il soggetto punito, in primo grado, con la nel tunnel della malattia. Una situazione che avrebbe condanna più pesante inflitta compromesso anche alcune dal Giudice per le udienze predelle sue funzioni psicologi- liminari Francesco Petrone, che. Dal momento della fuga, tredici anni di reclusione. Al boss di San Luca, però, il comunque, si sono perse totalmente le tracce dell'uomo, no- sostituto pg Fimiani, al terminostante fin da subito le forze ne della propria requisitoria, dell'ordine si siano rimesse in aveva contestato l'aggravante della transnazionalità, riformoto per riacciuffarlo. Il processo a suo carico si ce- mulando dunque la pena con lebra al cospetto della Corte la dura richiesta di diciotto and'Assise d'Appello vista la con- ni di reclusione. Una richiesta testazione di omicidio nei con- che la Corte, prendendosi alcufronti di uno degli imputati, ne ore per la decisione, ha acSanto Vottari, assolto sia in colto in pieno. Sacha Ubaldo Ruggeri BREVI LA PROCURA AL LAVORO Indagini sulle frodi fiscali NOVE Procure della Repubblica, tra le quali quella di Reggio Calabria in azione per una maxi operazione su scala europea antriciclaggio e antifrode fiscale. L'indagine è della Guardia di finanza. A Palermo sono coinvolti armatori che, attraverso l'acquisto fittizio di 6 navi in Corea del Sud, avrebbero ottenuto indebitamente un rimborso Iva di 20 milioni di euro. Il valore complessivo della frode al fisco in Italia viene quantificato in 100 milioni di euro. A Palermo sono stati perquisiti gli uffici degli armatori Pietro, Givoanni, Alfredo e Federica Barbaro. Le Procura interessate oltre a Palermo sono quelle di Genova, Bologna, Cagliari, Milano, Reggio Calabria, Prato, Roma e Firenze, che hanno agito in raccordo con i rappresentanti olandese e italiano in Eurojust. NOTA DELLA PREFETTURA Presidenti di seggi e richieste LA Prefettura di Reggio Calabria ha comunicato che, per le consultazioni amministrative del 6/7 maggio 2012 riguardanti i comuni di Africo, Antonimina, Bivongi, Bova Marina, Calanna, Campo Calabro, Caraffa de Bianco, Caulonia, Ciminà, Ferruzzano, Grotteria, Laganadi, Laureana di Borrello, Melito Porto Salvo, Motta San Giovanni, Palmi, Placanica, Platì, Portigliola, Rizziconi, San Procopio, Sant'Eufemia in Aspromonte, Staiti, Terranova Sappo Minulio e Varapodio, gli iscritti all'albo dei presidenti di seggio dei comuni sopra elencati, interessati ad espletare tali funzioni, dovranno far pervenire la relativa istanza all'ufficio elettorale della Corte di Appello, perentoriamente dal 14 marzo 2012 al 23 marzo 2012. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 23 Mercoledì 14 marzo 2012 Terminator 3. Al pm Luberto: «Non l’ho detto prima perché non mi è stato mai chiesto» «Bruni ucciso da Lanzino» Oreste De Napoli spiazza tutti e indica il latitante come uno dei due killer 20 MARZO di ROBERTO GRANDINETTI «FRANCESCO BRUNI è stato ucciso da Ettore Lanzino e Mario Gatto. I mandanti sono stati lo stesso Lanzino e Cicero». Lo ha detto ieri ai giudici della Corte di Assise di Cosenza il collaboratore di giustizia Oreste De Napoli, ascoltato in merito al procedimento “Terminator 3”, concentrato sull’omicidio dello stesso Bruni e dell’altro boss cosentino Antonio Sena. De Napoli ha spiazzato un po’ tutti. Finora, infatti, non aveva mai indicato il latitante Lanzino come esecutore materiale dell’assassinio del boss soprannominato “Bella-Bella”. «Nessuno me lo aveva mai chiesto» ha risposto, giustificandosi, alla relativa contestazione del pm Vincenzo Luberto, della Dda di Catanzaro, titolare del procedimento. Un piccolo colpo di scena, ora al vaglio dei giudici presieduti da Antonia Gallo. Nel corso dell’udienzanon sonomancati momenticoncitati, che hanno visto oggetto di contestazione i collaboratori di giustizia. A Francesco Amodio, che ha raccontato le sue verità prima di De Napoli, il giudice Gallo ha ricordato i suoi doveri di pentito: «Lei - ha più o meno detto ieri al collaboratore, che sembrava reticente - è pagato dallo Stato per dire quello che sa...». Quindi ha sospeso per qualche minuto l’udienza. Si è poi ripreso, con Amodio che avrebbe dovuto deporre sul delitto Bruni. Alla fine si è però stabilito di non utilizzare le sue dichiarazioni in merito, in quanto ritenute intempestive. Gli è stata data così la parola solo inmerito all’assassiniodi Sena.E quiAmodio ha detto che l’omicidio fu deciso all’interno del Bar San Francesco di piazza Europa. Il pentito ha aggiunto che la sera prima dell’agguato mortale gli fu dato l’incarico di seguire l’auto del boss. Sena fu ucciso alle 12.30 del 12 maggio del 2000 a Castrolibero. La sua auto, una Rover, fu affiancata da una Lancia Thema. “Don Antonio” fu ucciso a colpi di pistola, coi killer che risparmiarono la vita al figlio e al conducente. «L’omicidio - riferì Amodio nel corso di un interrogatorio reso il 29 gennaio del 2003 - è maturato per via dei rapporti che Sena aveva con i Bruni. Si presumeva che Sena doveva comparire nelle copiate dei Bruni». Così facendo «faceva riconoscere i Bruni in tutta la Calabria, perchè il Sena aveva molte conoscenze.... Quindi l’omicidio di Sena doveva rappresentare il sigillo finale al preEttore Lanzino dominio della città di Cosenza...».Amodio haricordatodi esserestato chiamato al telefono da Vincenzo Dedato, che gli disse di recarsi al bar San Francesco: «Lì ad attendermi - ha detto il collaboratore di giustizia - trovai anche Benito Aldo Chiodo, Franco Presta, Giuseppe Perri, Mario Gatto e Tommaso Gentile». Ad Amodio fu detto - appunto - di andare sotto casa di Sena e di memorizzare la sua Rover bordeaux. «Una settimana prima che si doveva fare l’omicidio - ha detto Amodio ai magistrati della Dda - fui incaricato da Chiodo di andare a tagliare il lucchetto di un cancello di fronte all’auto demolizione dove Chiodo lavorava... Andai a tagliare il lucchetto e l’indomani avvisai il Chiodo di aver provveduto ... In quel capannone - ha spiegato - si doveva custodire l’auto per effettuare l’omicidio...». Per l’occasione sarebbero stati acquistati, dallo scomparso Carmine Pezzulli, dei telefonini, da usare però solo il giorno dell’omicidio. Nel corso degli interrogatori a cui è stato sottoposto, Amodio ha precisato che l’eliminazione di Sena, «episodio eclatante e che scrisse il gip Macrì nell’ordinanza di “Terminator” - avrebbe duramente segnato il gruppo Bruni», non fu deliberata unicamente in seno al suo gruppo criminale, ma ebbe anche l’assenso di altri noti esponenti della malavita cosentina, quali Carmine Chirillo, Ettore Lanzino e Domenico Cicero. Amodio ha raccontato che Dedato subito dopo l’omicidio dovette andare a Reggio per dare dei chiarimenti ai boss del posto. Oltre agli omicidi dei boss cosentini “Terminator 3” contempla anche quello, particolarmente efferato, di Primiano Chiarello e il tentato omicidio di Umile Esposito. Sei gli imputati: Francesco Abbruzzese; Ettore Lanzino, latitante dal settembre 2009; Nicola Acri; Francesco Presta, originario di Roggiano Gravina, latitante dal maggio 2009; Vincenzo Dedato e Francesco Bevilacqua, entrambi collaboratori di giustizia. Amodio richiamato dal giudice «Lei è pagato per collaborare» Slitta la sentenza “Terminator 2” DA UN “Terminator” all’altro. Ieri pomeriggio - sempre dinanzi ai giudici della Corte di Assise presieduti da Antonia Gallo - si è infatti svolto anche il processo “Terminator 2”, quello sugli omicidi di di Marcello Calvano e Vittorio Marchio. Sotto accusa ci sono Ettore Lanzino, Domenico Cicero, e i collaboratori di giustizia Vincenzo Dedato, Francesco Amodio, Giuliano e Ulisse Serpa. I primi quattro dell’accusa di omicidio. I due Serpa di estorsione ai danni di due imprenditori del Tirreno. La particolarità di questo processo è che, per quanto riguarda i due omicidi, ci troviamo di fronte a persone accusate solo di aver deliberato e organizzato gli assassinii. Il pubblico ministero Vincenzo Luberto nelle scorse udienze ha formulato le richieste di pena. In particolare ha sollecitato l’ergastolo per Ettore Lanzino e Domenico Cicero; quattordici anni con le attenuanti generiche per Vincenzo Dedato, vent’anni per Francesco Amodio, per il quale ha chiesto l’arresto e la revoca della misura di protezione; quattro anni per Giuliano e Ulisse Serpa. Ieri la Corte ha accolto la richiesta degli avvocati Manna e Garritano, disponendo la trascrizione di alcune intercettazioni (datate 28 settembre del 2009) che vedono come protagonista Romeo Calvano. Il processo è stato quindi rinviato al 20 marzo, giorno della sentenza. L’auto nella quale viaggiava Francesco Bruni, ucciso all’uscita del carcere Delitti di mafia. La parola ripassa al pg Facciolla Appello “Missing”, ultimate le arringhe difensive SI SONO svolte ieri, davanti ai giudici della Corte di Appello di Catanzaro, le ultime arringhe difensive del procedimento antimafia denominato “Missing”, con al vaglio una quarantina di omicidi commessi durante la guerra di mafia nel Cosentino. Hanno preso la parolagli avvocatiMarcelloManna eConcetta Santo. L’udienza è stata quindi rinviata al prossimo 20 aprile per le repliche del pg Eugenio Facciolla. La Corte comunicherà poi la data della sentenza. In primo grado il processo si concluse il 17 maggio 2010 con quattro ergastoli e 32 condanne comprese tra i 12 e i 29 anni di reclusione e 11 assoluzioni. Facciolla ha chiesto la conferma delle condanne e il non luogo a procedere per Osvaldo Bonata e Michele Bruni, deceduti. Chieste le conferme dell’ergastolo per Romeo Calvano, Gianfranco Ruà, Pasquale Pranno e Franco Perna. Facciolla ha poi chiesto l’ergastolo per Giancarlo Anselmo (in primo grado condannato a 25 anni per gli omicidi del piccolo Pasqualino Perri e di Carmine Luce), Lorenzo Brescia (in primo grado condannato a 27 anni per tre omicidi), Santo Carelli, per Franco Muto (che in primo grado era stato assolto), Edgardo Greco (a 25 anni per il duplice omicidio Bartolomeo) e Giuseppe Ruffolo (era stato condannato a 29 anni per quattro omicidi). Le altre richieste avanzate dall’accusa sono per Domenico Cicero 30 anni; per Mario Baratta 30 anni di reclusione; per Gianfranco Bruni 30 anni; per Pasquale Bruni 30 anni; per Enzo Castiglia 30 anni; per Giulio Castiglia 30 anni, per Silvio Chiodo 30 anni; per Salvatore D’Andrea 30 anni; per Giuseppe Iirillo 30 anni, per Rinaldo Mannarino 30 anni; per Mario Musacco 30 anni, per Sergio Prezio 30 anni; per Fioravante Abbruzzese 30 anni, per Giovanni Abbruzzese 30 anni. Con- ferme di condanna per l’ex boss dagli occhi di ghiaccio Franco Pino (14 anni e 6mesi). Conferme di pena anche per i collaboratori di giustizia: Aldo Acri 15 anni e mezzo, Umile Arturi 14 anni; Nicola Belmonte 12 anni e mezzo; Pierluigi Berardi 12 anni; Vincenzo Dedato 12anni; FrancoGarofalo 14anni e mezzo; Dario Notargiacomo 12 anni; Giuliano Serpa 13 anni; Francesco Tedesco 13 anni e mezzo; Ferdinando, Francesco Saverio e Giuseppe Vitelli, 12 anni e mezzo, 19 e 18 anni e mezzo. Molto folto il collegio difensivo, formato tra gli altri dagli avvocati Luca Acciardi, Aldo Cribari, Nicola Rendace, Filippo Cinnante, Cesare Badolato, Paolo Pisani, Piergiuseppe Cutrì, Rosario Maletta, e Rossana Cribari, L’avvocato Marcello Manna ha tenuto le ultime arringhe insieme alla collega Santo Il processo. «Da allora non si è più ripresa. E’ stata toccata davanti al fratello» Abusi dal maestro, parla il padre della vittima «MIA FIGLIA non si è più ripresa dopo quegli abusi. Praticamente sviene ogni giorno e le telefonate al 118 non si contano più. Al più presto la porteremo a Pisa presso un centro specializzato...», Lo ha detto ieri in aula il padre di una di una delle due ragazzine sulle quali si sarebbero concentrate le morbose attenzioni del maestro di musica Salvatore De Marco, 32 anni di Belsito, ora imputato a piede libero dopo un periodo di privazione della libertà. L’udienza si è svolta dinanzi ai giudici deltribunale collegiale di Cosenza (Garofalo presidente, Ferrucci e Cosenza a latere) e al pm Tridico. Il genitore ha ricordato che la figlia quattordicenne trovò il coraggio di raccontare alla madre degli abusi (risalenti al settembre del 2008) solo nel maggio del 2009. «Le inviò un sms con su scritto “Luca e un maniaco”. Dopo aver parlato con mia moglie, dalla quale ero separato, si confidò anche con me. Ci disse che il maestro la toccava nelle parti intime e che si strofinava su di lei. Il tutto accadeva durante le lezioni di musica, alle quali partecipava anche il fratellino, che però non si è mai accorto di nulla. Il maestro, infatti, si metteva di spalle e a volte portava mia figlia in un’altra stanza con una scusa». In udienza c’era anche De Marco. Difeso dagli avvocati Maurizio Nucci e Gabriele Volpe, si è sempre dichiarato innocente e vittima di equivoci. Fu arrestato il 18 ottobre del 2009 dagli agenti della polizia giudiziaria, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Cosenza, Piero Santese, su richiesta del pm L’avvocato di parte civile Amelia Ferrari Tridico. I fatti contestati spaziano tra il settembre del 2008 e il maggio 2009. Le violenze contestate si sarebbero verificate nella sede dell’ex Comune di Grimaldi, dove il professor teneva le sue lezioni pomeridiane private di pianola, fisarmonica e quant’altro. Oltre alla quattordicenne (i cui familiari sisono costituiti parte civiletramite l’avvocato Amelia Ferrari) ci sarebbe un’altra vittima. Ascoltata in incidente probatorio ha anche lei confermato di essere stata “avvicinata”dal prof. Lei però non si è costituita parte civile. Come parte offesa compare anche il Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino”, rappresentato dall’avvocato Marina Pasqua. Il processo riprenderà il prossimo 12 aprile. Come testi d’accusa compariranno la madre della quattordicenne e il cognato della seconda presunta vittima. r. gr. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Cosenza 27 Mercoledì 14 marzo 2012 Provincia Mercoledì 14 marzo 2012 Acri. Non si esclude la matrice dolosa. Sul posto i vigili del fuoco. Indagano i carabinieri Auto del comandante in fiamme Distrutta la Panda del dirigente della polizia municipale, Ventarola di PIERO CIRINO ACRI – Un inquietante episodio ha turbato ieri il risveglio degli acresi. Nellanotte tra lunedì e martedì infatti l'auto del comandante della Polizia Municipale, Antonio Ventarola, è stata distrutta dalle fiamme. E' stata la centrale operativa, intorno alle 3:40, a sollecitare l'immediato intervento dei Vigili del Fuoco, sia dei volontari di Acri che di quelli di Cosenza. Sono bastati pochi minuti per spegnere le fiamme, anche se l'auto, una Fiat Panda verde,4X4, vecchiomodello,è andata completamente distrutta. Sono intervenuti prontamente anche i Carabinieri della stazione di Acri, che, giunti sul posto quasi in contemporanea con i Vigili del Fuoco, hanno avviato le indagini del caso. Allo stato, sembra che la matrice dolosa possa essere presa in considerazione. Non ci sono elementi che la possano escludere, ma, in attesa di riscontri, non vene sono nemmeno che possano determinarla con certezza. L’auspicio generale è che si sia trattato, come già avvenuto anche nel recente passato in altre circo- Una sezione a Longobucco Il luogo dove era parcheggiata la Panda del comandante della Municipale stanze, di un problema legato all’impianto elettrico dell’automobile o qualcosa di simile. In ogni caso, per saperne di più, bisognerà attendere gli esiti degli esami sull’auto. Solo allora sarà possibile identificare con certezza le fattezze di questo episodio. Forse, proprio in virtù dell’incertezza che caratterizza i contorni di questa vicenda, ieri nessuno ha voluto commentarla ufficialmente. Certo, la sola ipotesi di dolo, in una comunità come Acri, crea apprensione e forte inquietudine. Da queste parti l'incendio di un'auto a scopo intimidatorio è una notizia quasi sempre collocabile in contesti estranei, magari appresa dai media. L'auto del comandante dei Vigili Urbani era parcheggiata sotto casa, in via Cavour, in una zona residenziale di nuova espansione, popolata da vil- lette. Antonio Ventarola è stato nominato comandante facente funzioni dellaPolizia Municipale lo scorso 30 giugno, dal sindaco Gino Trematerra. Ha 57 anni, una lunga carriera alle spalle nella Polizia Municipale ed è, dal 2007, Cavaliere dellavoro, connomina firmata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.Suo figlioPino èconsigliere comunale di maggioranza. Luzzi. L’annuncio del Comune dopo l’approvazione dell’atto deliberativo Una via per Dalla Chiesa Lo slargo antistante alla nuova stazione dell’Arma avrà il suo nome di ROBERTO GALASSO LUZZI - Lo slargo antistante alla nuova sede della stazione dei Carabinieri di Luzzi sarà intitolato al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. La notizia è stata ufficializzata da un comunicato stampa di “Palazzo Vivacqua”. Il commissario straordinario dell’ente municipale, il viceprefetto Maria Carolina Ippolito, ha approvato con un proprio atto deliberativo, immediatamente eseguibile, l’intitolazione del tratto di strada comunale compreso tra l’incrocio della strada di circonvallazione di Via Pedale e l’intersezione di Piazza Kennedy, all’indimenticato generale. La decisione di intitolare lo slargo al Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, nella ricorrenza del 30° anniversario della tragica scomparsa, è stata adottata anche in considerazione dell’imminente inaugurazione della nuova caserma della Benemerita. Sono ormai quasi ultimati, infatti, i lavori di adeguamento e ristrutturazione dell’ex mercato ortofrutticolo copertoche sorgeall’ingresso della cittadina. Si avvia a conclusione, appunto, una problematica annosa che ha visto imilitari dell’Arma operare in una situazione di notevole precarietà non solo per ciò che concerne lo sfratto, esecutivo dal 2005, quanto nell’indecenza e nell’inadeguatezza dei locali che ora ospitano la caserma. Una dura battaglia in tal direzione è stata portata avanti in tutti questi anni in particolar modo da Michele Coppa, ex coordinatore cittadino del Pdl, affinché a Luzzi si potesse godere ancora della sicurezza e della legalità che soltanto una stazione dei Carabinieri con la sua presenza può dare. Coppa aveva altresì chiesto nel 2006 rassicurazioni anche al Presidente della Repubblica. Per il completa- La nuova caserma dei carabinieri di Luzzi mento della nuova caserma, il cui iter aveva preso il via con l’amministrazione dell’ex primo cittadino Gianfranco D’Angelo, notevole e fondamentale è stato l’impulso in questi ultimi anni dato dall’esecutivo municipale guidato fino all’ottobre scorso dal sindaco Manfredo Tedesco.A breve,quindi,l’inaugurazione e la consegna dei nuovi locali all’Arma. Nell’attesa il tratto di strada antistante alla caserma è stato denominato “Largo Carlo Alberto Dalla Chiesa”. L’apposito atto è stato trasmesso al Prefetto Raffaele Cannizzaro per i successivi adempimenti. Questa sera per la rielezione del consiglio direttivo Gli avisini di Torano in assemblea TORANO CASTELLO - L’assise straordina- senza cadere negli errori del passato che, ria dell’Avis comunale è stata convocata per pur nella totale buona fede e con grande senoggi, alle 18, presso la sala polifunzionale di so di sacrificio di chi mi ha preceduto, hanno Torano Centro, per la rielezione del consi- ingenerato grande confusione alimentando glio direttivo. L’organismo dirigenziale del incomprensioni e malumori non degni di sodalizio eletto a seguito dell’assemblea del un’organizzazione di volontariato”. Per il di14 giugno dell’anno scorso, infatti, è deca- namico presidente Amodio nel 2011 è stato duto a seguito della mancata approvazione confermato a grandi linee l’importante traguardo dell’anno precedendel Bilancio 2011. Nel corso te, incentrando le attività sul dell’assemblea ordinaria del principale obiettivo che è il 29 febbraio scorso, appunto, il fondamento stesso documento contabile non è nell’Avis, cioè il dono del sanpassato. “Un bilancio redatto gue, la sua propaganda e il tenendo conto di quello che è conseguente incremento dei stato il precedente e perciò che donatori e delle donazioni mi riguarda dalla giacenza di che hanno raggiunto la quocassa alla data del mio insediata di 323 sacche. “Un risultamento - aveva spiegato il presito ottenuto grazie all’impedente Umile Amodio nella sua gno di tutti i donatori attivi relazione - poiché la vita assopone l’accento il presidente ciativa degli ultimi mesi ha suAmodio - e alla collaboraziobito un piccolo rallentamento Il presidente Umile Amodio ne dei diversi soci sostenitonelle attività associative e burocratiche, è mia intenzione rientrare a regi- ri. Le attività di sensibilizzazione, svolte anme nel rispetto delle regole vigenti, soprat- che con il semplice passaparola hanno portutto nella gestione amministrativa e orga- tato ben 50 promesse di donazioni, per lo più nizzativa dell’associazione, per le quali non fatte da giovani, cosa che fa particolarmente si conoscevano le legittime indicazioni a far onore alla nostra associazione che conta tra i bene ma solo del puro nozionismo acquisito donatori attivi numerosi giovani sotto i 30 sommariamente e sufficientemente appa- anni di età. ganti le esigenze legislative del sodalizio; r. gal. Un momento del convegno con Occhiuto e Trematerra L’Udc pronta per le elezioni di FRANCESCO MADEO LONGOBUCCO - E’ stata inaugurata alla presenza del deputato Roberto Occhiuto e dell’assessore regionale all’Agricoltura Michele Trematerra la nuova sezione dell’Udc a Longobucco. E’ avvenuto durante il convegno-dibattito sul tema “L’Udc verso le elezioni amministrative 2012”. Hanno preso parte all’iniziativa, oltre a numerosi iscritti e simpatizzanti, dirigenti e amministratori del comprensorio, i giovani rappresentanti dei Movimenti per le frazioni e per il centro. «Abbiamo preferito un incontro pubblico per parlare di politica – ha affermato Giovanni Ioele, consigliere comunale - e del percorso che sta portando l’Udc alle elezioni amministrative. La presenza dell’Udc a Longobucco è un fatto ormai consolidato e anche i risultati elettorali negli anni sono stati sempre lusinghieri. Questo ha fatto maturare in noi l’idea di riaprire la sezione per avere un luogo di incontro, di confronto, aperto a quanti vogliono impegnarsi in una politica di centro che guarda soprattutto ai valori caratterizzanti il nostro partito, in primis la famiglia e la solidarietà. Non essendo interessati ad occupare facili poltrone – ha affermato Ioele parlando delle elezioni amministrative - abbiamo fatto una proposta volta a creare un’alleanza quanto più ampia possibile per il bene della comunità. Abbiamo costruito una interessante civica fatta dai giovani di Longobucco e delle frazioni, dagli amici del Gruppo Democratici fino in fondo interno al Pd, e con gli amici del Pdl. E abbiamo scelto quale candidato sindaco Eugenio Celestino”. L’assessore Trematerra si è soffermato sui temi della montagna e delle possibili direttrici di sviluppo del territorio anche guardando al problema del dissesto idrogeologico, ricordando che è sempre meglio prevenire che curare, e di prevenzione idraulico-foresta- le che negli ultimi anni ce n’è stata fatta poca. Ha ricordato inoltre che «non solo il governo Loiero, ma anche i precedenti, troppo spesso non hanno affrontato in modo organico e risolutivo le tante problematiche calabrese, non avendo mai avuto il coraggio di scelte decisive, o ancora la falsa risoluzione dei problemi di Afor, Arssa ecc, che con un rigo di Legge Regionali sono stati, dall’oggi al domani, commissariati e chiusi solo su carta, con le conseguenze che l’attuale Governo Regionale sta affrontando con una nuova legge organica il riordino degli stessi». Occhiuto ha accennato ad una sua proposta di legge a favore dei giovani del meridione che prevede aiuti ed incentivi alle imprese che assumono giovani disoccupati, mediante contratti di apprendistato finalizzati poi ad avere dei contratti a tempo indeterminato. Infine ha terminato il suo intervento con l’augurio e l’auspicio che questa giovane compagine, supportata anche da componenti provenienti dal Pd, possa affermarsi alle prossime elezioni amministrative e porsi alla guida del Comune di Longobuccco. Eugenio Celestino - candidato a sindaco della lista “Per Longobucco Centro e Frazioni”- ha ringraziato l’Udc per il lavoro svolto nei cinque anni di opposizione sottolineando l’impegno, la moderazione e la coerenza dell’attività politica. Si è soffermato sulle caratteristiche principale che contraddistinguono lo schieramento: «dialogo, confronto, democrazia, partecipazione, unità al fine di costruire una nuova classe dirigente che possa far rialzare la testa e recuperare forza e speranze per chi ha deciso di continuare a vivere a Longobucco. Unità e condivisione nelle scelte fra Centro e Frazioni; non più divisi ma uniti! Anche per questo si è deciso di puntare su due giovani donne che rappresentano l’asse portante della nostra alleanza e della nostra comunità». Le strategie e le alleanze del candidato a sindaco Celestino E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 28 Cosenza Provincia Mercoledì 14 marzo 2012 Sersale. Il ricordo del padre: «Mio figlio era un bambino che giocava a calcio e amava l’allegria» Lo sport avrà il nome di Dodò Il centro polivalente sarà dedicato al piccolo di Crotone vittima della criminalità di MARIA FRANCESCA BUFFA SERSALE - Sono stati il prefetto di Catanzaro Antonio Reppucci e i genitori del piccolo Dodò Gabriele, vittima innocente della criminalità organizzata, i testimoni d’eccezione dell’iniziativa “Io gioco leGale” attraverso la quale il comune di Sersale è riuscito a farsi finanziare dal Ministero dell’Interno il progetto per la realizzazione di un centro sportivo polivalente coperto. Nell’ambito della manifestazione, il sindaco Vera Scalfaro ha voluto ricordare Dodò Gabriele e specificare il senso dell’intitolazione alla sua memoria del futuro centro sportivo e rivolgendosi ai genitori ha asserito che «nessuna parola è adeguata per voi che avete subito la più atroce delle mutilazioni. Dedicare questa struttura a vostro figlio è un onore attraverso il quale vogliamo rendere omaggio alla pienezza dei suoi anni, all’allegria, ai sogni interrotti e soprattutto al suo amore per lo sport». In risposta le parole semplici di Giovanni Gabriele, papà del piccolo Dodò, il quale emozionato ringrazia l’amministrazione per aver pensato al figlio «un bambino che giocava a calcio e amava lo sport e che il 25 giugno 2009, mentre assisteva ad una partita di calcetto, restava ferito insieme ad altre sedici persone per poi spegnersi in ospedale tre mesi dopo». «Per questo il mio messaggio va ai giovani che devono comprendere il valore della legalità e ci auguriamo che questa intitolazione farà si che nostro figlio non sia dimenticato». A seguire, la presentazione del progetto da parte del vicesindaco Salvatore Torchia che ha illustrato nel dettaglio la nuova struttura e l’intervento del consigliere Carmine Capellupo che ha sottolineato la presenza del prefetto Antonio Reppucci, definito dallo stesso: «vero uomo di strada, vicino alle problematiche della gente, un caso di istituzione in grado di dire no alle infiltrazioni criminose». E proprio il prefetto Reppucci, partendo dalla vicenda che ha colpito la famiglia Gabriele ha specificato come «il progetto che viene presentato deve essere un’occasione per parlare di legalità, solidarietà e senso civico. Il cittadino non può assistere passivamente di fronte a determi- nate situazioni, deve contribuire a creare una rete di solidarietà che la criminalità non può spezzare. Se riuscissimo a fare più squadra, più sistema, una terra come la Calabria riuscirebbe a fare un salto di qualità» e prosegue «siamo di fronte a una società che sta perdendo i veri valori e per questo noi dobbiamo suggerire ai ragazzi le vie virtuose per stare sulla terra, il sacrificio, la fatica».ù Un incontro fondamentale soprattutto per i piccoli giovani sportivi che in conclusione hanno omaggiato il prefetto con un simbolico gagliardetto del Sersale. Una cerimonia che resterà nel cuore di molti. Presente il prefetto Reppucci In prima fila i genitori del piccolo Dodò Gabriele, alle spalle il sindaco Scalfaro e il prefetto Reppucci Le stilettate del gruppo di minoranza “Squillace nuova” In piazza per protestare contro la mancanza di illuminazione SONO stati tanti i cittadini di Squillace lido scesi in piazza domenica sera per protestare contro la mancanza di illuminazione pubblica. La protesta spontanea nasce dal profondo disagio e pericolo a cui, da quasi un mese, sono sottoposte le famiglie che risiedono in diverse aree del quartiere marinaro, lasciate letteralmente al buio. Il gruppo di minoranza Squillace nuova era presente alla manifestazione di protesta popolare, con tutti i suoi cinque consiglieri. Singolare la protesta inscenata dai cittadini , dotati di fiaccole e candele hanno illuminato le strade da troppo tempo lasciate nell’oscurità. Il corteo ha percorso tutte le vie pri- ve del servizio di illuminazione esterna scandendo slogan e manifestando la loro irritazione per lo stato di abbandono e di degrado in cui sono costretti a vivere. «Abbiamo inteso assicurare il nostro sostegno alle famiglie dimenticate dal Comune- ha precisato il capogruppo Franco Caccia- perché riteniamo sia un dovere di chi amministra sapere ascoltare le istanze dei cittadini ed adoperarsi per risolvere i problemi prioritari della popolazione . Non riusciamo a comprendere e tantomeno a giustificare l’enorme ritardo con cui il Comune di Squillace ha affrontato il problema dell’illuminazione pubblica di Squillace Lido. Fra gli slogan e gli interventi pronunciati durante il corteo sia dai cittadini che dai consiglieri di opposizione un tema era ricorrente evitare sprechi di denaro pubblico per destinarlo per assicurare servizi ai cittadini». «Un’amministrazione seria ed affidabile – aggiunge il consigliere di minoranza Pasquale Muccari- si misura anche dal modo e dalla tempestività con cui riescono ad affrontare e risolvere i problemi dei cittadini, specie se causati da carenze dei servizi comunali». Fra le iniziative in programma dalle famiglie in stato di protesta, anche una diffida al Comune per il disservizio. Sellia Marina. I portalettere monitorano le consegne e gli arrivi con un palmare Fare impresa, con la Posta si può Aperto un ufficio postale privato grazie all’inventiva del giovane Cosentino di ENZO LUCA’ SELLIA MARINA - Un investimento su una idea imprenditoriale per certi aspetti innovativa. Un pallino fisso, il suo. Un sogno che parte da lontano. Coltivato da quando, più o meno, anche in Italia cominciano a prendere forma e concretezza i servizi postali privati. Una storia come tante, quella di Antonio Cosentino, un giovane selliese con un diploma di ragioniere in tasca. Due mesi addietro la sua decisione. Aprire un ufficio di servizi postali a Sellia Marina. Ha deciso di mettersi in gioco. Con spirito imprenditoriale e con una idea che spera sia vincente. Aveva studiato per fare tutt’altro. Avrebbe potuto entrare nello studio di consulenza aziendale del padre. Un’attività ben avviata. E, forse, più redditizia e sicura. Invece ha deciso di mollare tutto per una scelta più rischiosa. Ha deciso di buttarsi su un’attività che non sia, per lui, un semplice lavoro. Lo attendono nuovi sistemi e nuovi ritmi. Lo sa bene. Tutto, però, in piena autonomia. E si lavora per i servizi di conto corrente Antonio Cosentino con il collaboratore Luca Tallarico L’occasione è partita da un contratto in franchising con due delle società leader del settore: la Mail Express e la City poste. Un’opportunità che Antonio Cosentino ha colto a volo. Detto fatto, da quando l’idea si è ufficializzata. Tempi da record, anche, per adeguare i locali di proprietà. Nel rispetto delle normative vigenti in materia. Anche e soprattutto in termini di sicurezza del luogo di lavoro. Martedì pomeriggio, Antonio Cosentino ha dato appuntamento a tanti parenti e amici per l’inaugurazione della sede in via Mercato. Da lunedì mattina, si parte. Tutti i servizi postali diventano operativi, tranne il servizio dei conto correnti per il quale l’avvio è previsto, al massimo, entro trenta giorni. Il servizio di recapito è assicurato anche a domicilio. Questo significa che, a richiesta, saranno i collaboratori dell’ufficio a ritirate la posta da inviare, semplice o per raccomandata, o i pacchi, in Italia e all’estero, direttamente presso le famiglie interessate. A spiegare gli tutti vantaggi del servizio postale privato è lo stesso Cosentino. «Innanzitutto, l’ufficio resterà aperto anche di pomeriggio. Inoltre, i costi sono assolutamente ridotti rispetto al servizio offerto da Poste Italiane. In più, tutto si svolge in maniera telematica senza che l’utente perda tempo nella compilazione di moduli cartacei o ricevute di alcun genere». Inoltre, «i portalettere sono sempre in possesso di un palmare che, al momento della consegna dei pacchi o della corrispondenza registrerà in tempo reale luogo, data ed ora della posta consegnata e visualizzata su mappa. In paese, il recapito avverrà entro il giorno successivo. Infine, a richiesta, sarà emessa regolare fattura dei pagamenti effettuati». Insomma, un giovane selliese che ha deciso di scoprirsi le spalle. Con coraggio ed inventiva. E con la speranza di poter dimostrare si saper trasformare una idea in realtà. Perchè oggi in un momento di crisi economica generalizzata è davvero difficile inseguire ancora la chimera del posto fisso, e allora spazio alle nuove idee. A Squillace Tecnologie e sistema viario di SALVATORE GUERRIERI SQUILLACE - “Nuove tecnologie di qualità delle infrastrutture stradali” è stato il titolo del convegno organizzato da Pr.As. consulting in collaborazione con Anas compartimento della viabilità per la Calabria e la partecipazione presso il villaggio Club Porto Rhoca – Centro Congressi di Squillace. I lavori sono iniziati col saluto del presidente della Provincia di Catanzaro Wanda Ferro. «Le alluvioni che si sono succedute – ha detto il presidente Ferro - in questi anni hanno fatto riscontrare che molte pavimentazioni non erano all’altezza dei lavori fatti». A seguire Domenico Petruzzelli che ha indicato come la prevenzione «dovrebbe essere prioritaria per evitare i disastri», soffermandosi sulle novità per quanto riguarda la riparazione delle buche con sistemi innovativi che hanno maggiore durata. Poi l’intervento di Giovanni Laganà che ha evidenziato come occorra ottimizzare le risorse, fare piani di manutenzione seri, sfruttare le nuove tecnologie, ricordando che la regione ha messo in campo grandi progetti per la viabilità, evidenziando come l’Anas sia un’azienda seria e all’avanguardia. Quindi il sindaco di Squillace Guido Rhodio, che ha porto un grazie all’Anas per la grande collaborazione con il comune e per essere stata vicina con tanti interventi importanti. «Speriamo, si è augurato Rhodio, che si apra presto lo svincolo della nuova statale 106 e che si avvii il traforo della montagna di Stalettì». Infine il saluto di Salvatore Saccà, presidente Ordine ingegneri di Catanzaro, che ha voluto sottolineare l’importanza della nuova produzione tecnologica anche per la sicurezza della viabilità. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 28 Catanzaro Mercoledì 14 marzo 2012 35 REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected] Processo Pandora. Il collaboratore di giustizia indica alcuni esecutori dei due omicidi «Ecco la risposta al bazooka» Per il pentito Bonaventura il delitto Tipaldi è da collegare all’agguato agli Arena di ANTONIO ANASTASI L’OMICIDIO di Pasquale Tipaldi, avvenuto a Isola Capo Rizzuto nella tragica vigilia diel Natale 2005? Fu «la risposta» all’omicidio di Mario Manfredi. L’omicidio di Carmine Arena, assassinato con un bazooka nell’ottobre 2004? Sarebbe stato commesso da Vincenzo Corda (defunto) e da «un Capicchiano». Ha confermato quello che sa della guerra di mafia di Isola Capo Rizzuto il pentito crotonese Luigi Bonaventura, interrogato ieri, davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, dal pm Antimafia Pierpaolo Bruni. Deponendo in videoconferenza, Bonaventura ha detto che, secondo quanto riferitogli dall’ex reggente del clan Megna del quartiere Papanice, Luca Megna (assassinato anch’egli in un agguato di ‘ndrangheta la vigilia di Pasqua 2008), il delitto Tipaldi è stata «una risposta organizzata dalla cosca Nicoscia». Il delitto fu eseguito volutamente la notte di Natale «anche da un componente della famiglia Manfredi», in particolare da un figlio di Mario Manfredi (il semilibero assassinato mentre rientrava in carcere nel novembre 2005), del quale il pentito non conosce il nome, anche se nella fase delle indagini preliminari ha fornito una descrizione fisica che corrisponderebbe a quella di Luigi Manfredi. Circa il delitto Arena, sempre secondo quanto riferitogli da Megna (sulle sue fonti di conoscenza il pentito è stato incalzato dagli avvocati Gregorio Viscomi e Giancarlo Pittelli), Bonaventura ha confermato che fu materialmente comesso da “Cecè” Corda e da «un Capicchiano», il cui fratello era stato ucciso anni prima in risposta al duplice omicidio di Rocco Corda e Bruno ranieri, il primo figlio di Cecè, ma anche come risposta all’omicidio di «un Capicchiano» avvenuto alcuni anni prima. La famiglia Capicchiano, al momento della frattura interna alla cosca Arena, si era legata, infatti, alla famiglia Nicoscia. A conclusione dell’udienza il difensore Bonaventura, l’avvocato Giulio Calabretta, ha dichiarato che il suo assistito continua ad essere scortato soltanto per i suoi impegni giudiziari da una località all’altra in cui si svolgono i processi nei quali sta testimoniando e che né lui né la sua famiglia ricevono dallo Stato una protezione adeguata ma, nonostante ciò, Bonaventura continuerà a collaborare con la giustizia. Il pentito ieri ha sostanzialmente confermato il contenuto di alcuni interrogatori svoltosi nell’aprile e nel maggio 2007. In quei verbali Bonaventura parla dei rapporti tra l’organizzazione criminale crotonese facente capo alle L’auto su cui viaggiava il boss Carmine Arena perforata da un bazooka famiglie Vrenna Bonaventura Corigliano e le famiglie Arena, Nicoscia, Capicchiano e Corda di Isola, rapporti storici, al punto che il boss Pasquale Nicoscia era presente al momento del battesimo di mafia del collaboratore di giu- stizia. Ma Bonaventura in quei verbali parlò anche dell’alleanza tra i Nicoscia e la cosca Grande Aracri di Cutro, nata in contrapposizione all’alleanza tra gli Arena di Isola e i Dragone di Cutro. Una contrapposizione ar- mata il cui inizio fu bagnato nel sangue con l’omicidio di Franco Arena, ucciso nel marzo 2000 in un bar di Isola. In tale contesto, il pentito riferì della vicinanza del gruppo facente capo a Pantaleone Russelli, boss scissiononista del quartiere Papanice di Crotone, con i Grande Aracri. Mentre il gruppo Megna, la storica famiglia che un tempo aveva il comando indiscusso a Papanice, era alleato con gli Arena Dragone. Bonaventura si soffermò anche sul duplice omicidio Corda Ranieri del maggio 2004 (riferendo di essere a conoscenza che a sparare materialmente sarebbero stati Franco Gentile e Paolo Lentini detto “Pistola”, considerati dagli inquirenti esponenti di spicco della cosca Arena, e, in particolare, uomini di fiducia di Carmine Arena, reggente della cosca essendo allora detenuto lo storico capo Nicola Arena). Arena avrebbe deciso l’omicidio del giovane Corda non solo perché affiliato ai Nicoscia, ma anche perché aveva appreso che lui stesso andava dicendo che avrebbe ucciso personalmente Carmine Arena, tutte circostanze riferite al pentito da Vincenzo Marino, l’uomo che, all’interno della consorteria a cui egli stesso apparteneva, aveva lo specifico incarico di mantenere i rapporti con gli Arena. I delitti incrinarono le trattative per la pax, appoggiata anche da “Zio Antonio Pelle”, di San Luca, detto anche la “mamma” (è il boss della scenografica fu- ga dall’ospedale di Locri) che Bonaventura aveva conosciuto in carcere nel ’93. Esponenti di potenti famiglie della ‘ndrangheta calabrese avevano presenziato agli incontri riappacificatori, stabilendo che le fazioni si sarebbero dovute reciprocamente astenere dall’attaccarsi: «né uno può aggredire all’altro né l’altro può aggredire all’altro». Nel corso della prossima udienza dovranno essere sentiti altri collaboratori di giustizia: Vincenzo Marino e Domenico Bumbaca, che si autoaccusano di far parte della cosca Vrenna Bonaventura Corigliano nell’ambito della quale Luigi Bonaventura avrebbe scalato la gerarchia criminosa fino ad assumere la reggenza del sodalizio, e Angelo Cortese, che ha più volte riferito di essere stato il «braccio destro» del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri. Sono tre i processi scaturiti dall’operazione che nel novembre 2009 decimò le cosche di Isola con 35 arresti. Nel troncone dell’associazione mafiosa, lo scorso 7 marzo sono state nove le condanne inflitte agli imputati; il processo celebratosi col rito abbreviato, invece, nel luglio scorso portò ad altre 14 condanne. In un interrogatorio ripercorse le dinamiche criminali di Isola Capo Rizzuto «Avvisai Megna del probabile agguato» Bonaventura: So che hanLUIGI Bonaventura l’aveva detto che i giorni di Carmine no usato un bazooka e dei kaArena «erano finiti». L’aveva lashnikov. So che a fare l’agdetto a Luca Megna durante guato fu un Capicchiano e Ceuna festa di matrimonio pro- cè Corda e altri. So che questo prio nel giorno in cui al reg- Capicchiano rispondeva angente della famiglia di ‘ndran- che alla risposta di qualche algheta fu teso un agguato col tro… di un fratello che gli era bazooka. Un’arma, secondo il stato ammazzato… Pm: Anni pripentito, in dotama? zione a molte coBonaventura: sche del CrotoneTanti anni prima se perché «segno sì. La risposta fu di potenza». Meall’omicidio del figna disse che non glio diCecè Corda era possibile. Ma e del Ranieri, e in la “zinnata” (nel piùdi unaltroCagergo ‘ndranghepicchiano amtistico la soffiata) mazzato anni priche Bonaventura ma. gli propose era Pm: Senta, ma fondata. Ecco alquesto bazooka cuni stralci di un Luigi Bonaventura sa di chi era, sa da interrogatorio reso da Bonaventura nell’aprile dove veniva, chi l’aveva portato? 2007. (a. a.) Bonaventura:No, non lo so Pm:Lei ha fatto riferimento all’omicidio di Carmine Are- questo. Pm: Che lei sappia, lei ha na come omicidio da collocare nell’ambito di questa contrap- operato per tanto tempo nelle cosche crotonesi, il bazooka posizione tra queste fazioni. Bonaventura: L’omicidio era un’arma chele coscheavedi Carmine Arena fu una ri- vano? Bonaventura: Sì, che le cosposta anche all’omicidio del figlio di Cecè Corda e del Ra- sche hanno. Pm:E chi ce l’ha? nieri. Bonaventura: Ce l’ha la faPm:Ranieri Bruno? Bonaventura: Sì. Non so il miglia Megna, ce l’ha la faminome, però so che è Ranieri, sì. glia Russelli, ce l’ha Nicoscia… Cioè il bazooka, il tubo Fu una risposta. Pm: Una risposta. E sa chi lo chiamano, anche se non serve bisogna averlo per diha sparato? mostrare che sei ben organizzato. Ormai è diventato un qualcosa da avere, il kalashnikov e il bazooka. Il kalashnikov non viene usato perché qualcuno ha il giubbino antiproiettile o la macchina blindata. Pm: Come segno di potenza. Bonaventura: Come segno di potenza, esatto. So che per parecchi anni li hanno reperiti da albanesi. Pm: Ma in che zona di Italia li andavano a prendere? Bonaventura: Non lo so. Io sapevo che gli albanesi erano capaci… sono stati capaci di fare arrivare a casse di kalashnikov a Isola. Pm: Noi stavamo parlando dell’omicidio di Arena Carmine commesso, abbiamo detto, da Cecé Corda e da un Capicchiano. Bonaventura: E altri naturalmente. Non erano soltanto due persone. Pm:Ecco, sa quanti erano? Bonaventura: No, non so il numero. Pm: Da chi lo ha saputo che sono stati Cecè Corda… Bonaventura: L’ho appreso sempre da Luca Megna, da altri personaggi dell’ambiente, da Vincenzo Marino…Io su queste notizie non posso essere abbastanza chiaro nel dire dove le ho avute queste informazioni, il giorno tot… non è cosÏ, perché si passano delle novità frammentate. Pm:Ha parlato anche di collegamento con un altro omicidio subito da uno della famiglia Capicchiano? Bonaventura:Sì. Pm: Dal fratello di questo che ha sparato? Bonaventura: Sì, un fratello sì. Pm: Quindi questo collegamento con questo omicidio gliel’ha fatto Luca Megna? Bonaventura: Sì, Luca Megna è stata una delle fonti principali. Anche se le devo dire che…unoche meneparlòil giorno prima della morte di Carmine Arena fu Pino Frisenda. Il Frisenda mi disse che i giorni di Carmine Arena erano finiti. Lui stava molto a contatto con un certo Raffaele Truglio di Isola…Infatti il giorno della sua morte io andai al matrimonio di Antonio Basile, sempre un altro membro della mia famiglia… era invitato anche Luca Megna. Io ne parlai nel primo pomeriggio con lui, e gli dissi: “Luca, guarda, senti, io ho avuto una “zinnata”, dicono che i giorni di CarmineArena sono finiti”. Luca Megna disse che era impossibile, apprezzava…vantava molto a Carmine Arena e lo reputava molto forte, molto potente. In serata subì l’agguato dove nella macchina c’era pure l’altro cugino, Pino Arena, Tropiano, fratello di Franco Tropiano, quello ucciso. Pm: E sa se l’obiettivo era soltanto Carmine Arena o se volevano uccidere entrambi? Bonaventura:Sì, sì, volevano uccidere entrambi. COMUNE DI ISOLA DI CAPO RIZZUTO SEZIONE PATRIMONIO AVVISO PUBBLICO Oggetto: Costituzione di una cooperativa sociale per la gestione dei beni confiscati alla ‘ndrangheta. E’ pubblicato, sul sito del Comune di Isola di Capo Rizzuto e del Comune di Cirò, l’avviso di relazione pubblica - con allegati - relativo alla costituzione di una cooperativa sociale per la gestione dei beni confiscati alla “ ‘ndrangheta ”. Le domande dovranno pervenire, entro il giorno 16/04/2012 – pena l’inammissibilità –, alla Prefettura di Crotone - Via G. Palatucci – 88900 Crotone. Per informazioni rivolgersi allo 0962/797914. Il Responsabile del Servizio Firmato Dr. Agostino Biondi E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Crotone dal POLLINO alloSTRETTO Freddato tra gli ulivi di Oppido MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 PAGINA 5 regionale quotidiano d’informazione regionale calabria ora quotidiano d’informazione Visita il nuovo sito Visita il nuovo sito di Calabria Ora di Calabria Ora www.calabriaora.it www.calabriaora.it Cinque fucilate contro Ferraro. E il paese ripiomba nell’incubo della faida OPPIDO MAMERTINA (RC) Il corpo è riverso sullo sterzo del suo fuoristrada, sul viso e sul torace i segni dei pallettoni che l’hanno ucciso. Il teatro è quello classico degli ultimi morti ammazzati a Oppido Mamertina, quegli ulivi secolari che davano sostentamento a Vincenzo Ferraro, il bracciante agricolo di 42 anni freddato nella mattinata di ieri, mentre si stava recando al suo frantoio. Nell’agguato sono rimasti miracolosamente illesi due lavoratori rumeni che viaggiavano insieme a Ferraro sulla Nissan Patron grigia. È morto sul colpo, invece, il pregiudicato del piccolo centro aspromontano, ammazzato con 5 fucilate calibro 12 che non gli hanno lasciato scampo. E Oppido Mamertina, dopo due morti in meno di due settimane, ripiomba di colpo negli anni bui della faida, quello scontro tra clan che per 10 anni aveva tenuto sotto scacco questo piccolo centro che sembrava essere tornato a una normalità, almeno apparentemente. Secondo gli inquirenti, infatti, sia Domenico Bonarrigo - ucciso il 2 marzo scorso - che Ferraro, sarebbero legati al clan Mazzagatti. L’omicidio del bracciante “ricorda” quello di Bonarrigo di 14 giorni fa L’agguato tra gli ulivi Come tutte le mattine, Vincenzo Ferraro anche ieri stava percorrendo la piccola arteria interpoderale che dal centro di Oppido Mamertina porta fino al sito archeologico di Mella. Una strada sterrata, costretta tra gli uliveti che la percorrono ininterrottamente fino alle rovine dell’antica città. Intorno alle 7.15, secondo la prima ricostruzione dei fatti operata dai carabinieri, Ferraro era a bordo del suo fuoristrada insieme a due cittadini rumeni che lavoravano per il bracciante agricolo. Il suo AGGUATO In alto la vittima,Vincenzo Ferraro; a sinistra il fuoristrada a bordo del quale viaggiava insieme a due lavoratori rumeni frantoio, infatti, dista solo 200 metri circa dal luogo del delitto, avvenuto in contrada Rocca, e a poco meno di un chilometro dal centro di Oppido. Con ogni probabilità, il killer stava aspettando la vittima acquattata nel canalone di scolo delle acque che percorre sulla sinistra la strada in salita. Pochi attimi, cinque colpi sparati da distanza molto ravvicinata che hanno attinto l’uomo al volto e al torace uccidendolo all’istante. A guardare la Nissan Patrol di Ferraro non si può credere che i due lavoratori stranieri siano usciti incolumi dall’agguato. Il killer ha sparato davanti, il terreno accidentato non permette infatti di guidare a velocità sostenuta. I fori dei pallettoni erano visibili sia sul parabrezza che sui finestrini anteriori. Interrogati per tutto il pomeriggio di ieri dai carabinieri della Compagnia di Palmi, coordinati dal capitano Maurizio De Angelis e dal comandante del Nucleo operativo Mario Ricciardi, i due rumeni avrebbero sostenuto di non avere visto chi ha sparato. I militari dell’Arma di Oppido Mamertina, guidati dal maresciallo Marino, che per primi sono giunti sul luogo dell’agguato, dopo circa un quarto d’ora dopo della sparatoria, li hanno trovati in contrada Rocca sotto shock. Le indagini Intanto, anche i carabinieri di Palmi hanno raggiunto Oppido Mamertina insieme ai colleghi del reparto scientifica Sis di Reggio Calabria che hanno opera- to i rilievi per cercare elementi utili agli investigatori. Le indagini sono coordinate dalla procura di Palmi, diretta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo, e affidate a sostituto procuratore Gianluca Gelso. Il corpo senza vita di Vincenzo Ferraro è rimasto dentro la macchina per diverse ore, fino a quando intorno alle 11 è stato estratto dall’auto e coperto con da un lenzuolo bianco. Secondo quanto appreso ieri, gli investigatori escludono, in base a come hanno ricostruito la sparatoria, che a fare fuoco sia stato più di un uomo. Sulla scena del delitto, infatti, sarebbero stati trovati bossoli solo di un’arma. FRANCESCO ALTOMONTE [email protected] le indagini OPPIDO MAMERTINA (RC) Se di faida si tratta lo potranno dire con certezza solo le indagini. Una cosa, però, appare chiara: pare difficile anche agli investigatori che i due omicidi avvenuti a meno di due settimane a Oppido Mamertina non siano collegati tra loro. Così come sembra acclarato che sia Domenico Bonarrigo, sia Vincenzo Ferraro fossero legati al clan Mazzagatti, l’ultimo anche da rapporti di parentela. Un legame che inquieta gli investigatori, che temono ormai il ritorno al tragico valzer delle lenzuola bianche e dei nastri bicolori. E a guardare il passato delle due vittime, la strada che porta dritti alla riapertura della vecchia faida sembra essere più che un presentimento. Il padre di Bonarrigo in quella faida era rimasto ucciso. L’assassinio di Giuseppe Bonarrigo fu inquadrato all’epoca nella scontro che contrappose per diversi anni la famiglia della vittima a quella degli Zumbo. Punto di non ritorno fu la sparizione del boss Saverio Zumbo, scomparso senza lasciare traccia. Più lungo, invece, il rosario dei morti ammazzati nella famiglia di Vincenzo Ferraro, figlio del presunto boss Giuseppe, deceduto per Il clan Mazzagatti accomuna i due delitti morte naturale qualche tempo fa. Lo zio An- l’interno della Piana di Gioia Tauro che negli tonio fu freddato nel 1986 nella frazione di ultimi anni stava tentando di ritornare alla Trisilico, sotto la storica torre dell’orologio, normalità. mentre suo fratello Raffele fu freddato daDue giorni fa, a seguito dell’omicidio di Bovanti a un bar nel pieno centro cittadino, a po- narrigo, l’amministrazione comunale e la parchi passi dal palazzo municirocchia avevano indetto una pale. Era il 1996 e si combatfiaccolata per rigettare la vioLe vittime tevano gli ultimi scampoli di lenza. La violenza criminale, degli ultimi quella faida che durò in tutto però, ha risposto nella giorpiù di 10 anni. Una lotta sennata di ieri con altro sangue due agguati za regole che l’8 maggio 1998 alla richiesta di pace che veavevano legami mieteva le ultime due vittiniva dalla comunità. L’omicon la cosca me, Mariangela Ansalone, di cidio di Vincenzo Ferraro, ex soli 8 anni, e suo nonno Giusorvegliato speciale, nipote seppe Bicchieri, agnelli sacrificali immolati del latitante quasi ventennale Giuseppe Fersull’altare dello scontro tra clan per il domi- raro detto “Pepè”, rigetta nel panico un’intenio del territorio. La famiglia Ferraro, quin- ra città e allo stesso tempo preoccupa gli indi, è stata coinvolta in pieno nella faida che ha quirenti, per le possibile conseguenze che i segnato per sempre in negativo la storia di due fatti di sangue potrebbero portarsi dietro. Oppido Mamertina. Un piccolo centro delfral Il luogo in cui è avvenuto l’omicidio 6 MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 D A L P O L L I N O A L L O calabria ora S T R E T T O operazione “lancio” RESTA SOLO l’ultimo padrino Margherita Tegano Smantellata la rete che proteggeva Domenico Condello: 17 in manette Si stringe il cerchio attorno al superboss reggino, latitante dal 1990 REGGIO CALABRIA Mariangela Amato Giovanni Barillà Giuseppe Barillà “Compare M.” contava molto su di loro. Sapeva che erano gli unici in grado di garantirgli un’adeguata rete di protezione. Ma i carabinieri del Ros e del comando provinciale gli hanno fatto attorno terra bruciata. Ha ormai le settimane contate il superboss della ’ndrangheta Domenico Condello alias “u pacciu”, inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità. Nella giornata di ieri, infatti, i militari dell’Arma hanno proceduto all’esecuzione di un provvedimento di fermo d’indiziato di delitto emesso dal procuratore Ottavio Sferlazza e dai sostituti Giuseppe Lombardo e Rocco Cosentino. In manette sono finite 17 persone (Domenico Condello è ancora latitante) accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, favoreggiamento aggravato ed intestazione fittizia di beni. L’operazione ISOLATO Domenico Condello “Lancio”, questo il nome convenzionale, ha portato in cella la moglie, gli zii, i sta rete di favoreggiatori che ha concognati, il nipote, il padre e le sorelle sentito a “Micu u pacciu” di essere ad del latitante. Tra gli indagati (ma non oggi ancora latitante. Erano tantissime fermati perché già in carcere) vi sono le cautele adottate dai soggetti fermati, anche i due cognati di “Compare M.”, volte a consentire a Tegano ed ai conossia Antonino Imerti (inteso “nano fe- giunti più stretti di poter far visita alla roce”) e Bruno Tegano (tratto in arresto primula rossa della ’ndrangheta. Ne è nell’ambito dell’operazione “Reggio un esempio tipico l’episodio dell’11 genNord”), il primo marito di una sorella di naio 2010, quando proprio seguendo Tegano, i carabinieri Mico Condello ed il sesono riusciti ad arrivacondo fratello della In cella la moglie re al civico 3 di via namoglie dello stesso lae i parenti del zionale a Catona, al cui titante. L’inchiesta, cointerno furono ritrovaordinata dal sostituto capocosca ti dei medicinali chiaprocuratore della Dda Sequestrati auto ramente riconducibili Lombardo, è una nae locali al latitante, nonché alturale prosecuzione di cuni manoscritti, la cui “Reggio Nord”, che aveva messo in luce gli appoggi di cui perizia ha detto chiaramente che l’autogodeva Domenico Condello, ed i suoi re è proprio Domenico Condello. Tale interessi economici per il locale “Il li- certezza è stata raggiunta anche grazie moneto”, con tanto di intestazione fit- alla comparazione degli stessi con altri tizia dello stesso. E dalle indagini del due manoscritti ritrovati nell’estate sucRos è emerso chiaramente come fosse- cessiva nella disponibilità di Giuseppa ro costanti i rapporti che legavano Bru- Cotroneo, suocera dell’ergastolano Pano Tegano a Condello, così come è ap- squale Condello, in cui il mittente si parsa in tutta la sua complessità la va- identifica ancora una volta in “Compa- re M.”. Si tratta di uno scritto in cui Condello ringrazia la donna per le utilità che gli aveva messo a disposizione; l’altro, invece, è un messaggio di felicitazioni per la laurea di Giampiera Nocera, figlia della Cotroneo, con firma “Mimmo e Margherita”, da identificarsi appunto nel latitante e sua moglie. Ma i Ris di Messina hanno estrapolato, da alcuni reperti, anche un profilo genetico che, posto a confronto con quello del padre del ricercato, ha consentito di capire con certezza che quegli oggetti sono riconducibili al latitante. Il covo “caldo” di Condello ha poi fatto capire che il rifugio era fornito di energia elettrica, tramite un collegamento realizzato artigianalmente con l’immobile sito al civico 1, e riconducibile al nucleo familiare Amato-De Carlo. Il provvedimento restrittivo emesso ieri, inoltre, riguarda anche l’ipotesi di “intestazione fittizia di beni” per quanto concerne l’esercizio commerciale “Pane Pizza e Fantasie”, di proprietà degli zii materni del latitante, ma di fatto nella disponibilità di Giuseppa Condello, moglie di Antonino Imerti “nano feroce”. Il valore dell’attività commerciale sequestrata è di circa 1 milione di euro. Sigilli anche ad autovetture e motocicli, utilizzati dai fiancheggiatori per gestire la latitanza di “Micu u pacciu”, che da ieri è un uomo isolato o quasi. Carabinieri e Dda gli stanno dando la caccia senza soluzione di continuità e hanno la ragionevole certezza di poter arrivare a lui in un tempo non troppo lontano. L’aver fatto tabula rasa attorno ai suoi favoreggiatori ricorda molto quanto fatto con il “Supremo” Pasquale Condello, quando con l’operazione “Vertice” fu messa a dura prova la sua resistenza. Poco dopo, infatti, venne catturato. Gli investigatori si augurano che questo sia davvero il… “lancio” verso la cattura dell’ultimo padrino dall’indiscussa caratura criminale rimasto alla macchia dal lontano 1990. Giuseppa Condello Francesco Genoese Giuseppe Martino, domiciliari Maddalena Martino, domiciliari CONSOLATO MINNITI [email protected] l’iniziativa E i vestiti trovati nel covo finiscono in beneficienza Trecento capi d’abbigliamento sono stati consegnati all’opera “Don Orione” Caterina Condello Francesco Condello, domiciliari Cosimo Morabito REGGIO CALABRIA Dalle indagini alla solidarietà so dell’incontro con la stampa, inoltre, i militari dell’Arma concreta. È accaduta una cosa inusuale ieri nel corso della hanno avuto modo di illustrare la bontà dell’operazione porconferenza stampa convocata al comando provinciale dei tata a termine che ha di fatto azzerato i fiancheggiatori più carabinieri. Il comandante del Ros, colonnello Stefano Rus- attivi del latitante. Dopo il saluto del neo procuratore capo so, infatti, ha comunicato che il suo reparto, su autorizzazio- reggente, Ottavio Sferlazza, è stato il turno del colonnello Pane della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, squale Angelosanto, comandante provinciale dell’Arma, il ha consegnato all’opera “Don Orione” di Reggio Calabria quale ha esaltato il ruolo dei suoi uomini e le sinergie opeben trecento capi d’abbigliamento sequestrati nel covo di rative che hanno permesso il raggiungimento di un traguardo così importante come l’aver tagliato tutDomenico Condello. Si tratta ovviamente te le “risorse umane” a disposizione di Condi vestiario, di attrezzatura sportiva e di teL’annuncio dello. È stato poi il vicecomandante del Ros, sti vari, che non sono stati ritenuti utili per durante la generale Parente, a spiegare come questo tile indagini e che prima di essere consegnapo d’indagine sia fondamentale e propeti sono stati analizzati dagli esperti dell’Arconferenza al deutica alla cattura dei latitanti più difficili ma. Un momento nel quale la cittadinanza comando dei da scovare. si “riappropria” di qualcosa che le è stato carabinieri c. m. tolto dall’azione della ’ndrangheta. Nel cor- Bernardo Vittorio Pedullà 7 MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O operazione “lancio” Massimiliano Richichi Pasquale Richichi Roberto Richichi DONNA DI ’NDRANGHETA Margherita Tegano, la moglie del boss Domenico Condello, in manette (foto Cufari) la cosca in rosa Margherita e le altre Tutte le donne di “Micu u pacciu” REGGIO C. Margherita, Mariangela, Caterina, Giuseppa, Giuseppa Santa e Maddalena. Sono loro il volto rosa della cosca Condello. Sono mogli, sorelle o comunque parenti di boss e gregari di una delle più potenti consorterie mafiose. A volte ricevono direttive da impartire agli altri associati, altre volte si preoccupano solo di prestare assistenza, in qualche caso curano direttamente gli affari per conto dei loro prossimi congiunti. Sbaglia chi pensa che le donne di ’ndrangheta svolgano dei ruoli marginali all’interno della consorteria mafiosa a cui appartengono o comunque sono vicine. C’è chi, come Margherita Tegano – moglie del latitante Domenico Condello – si reca da lui per fargli visita, ma anche con finalità operative: toccava a lei, secondo i magistrati, ricevere e mettere in circuito le direttive strategiche per la cosca. Su di lei ruotava un circuito di fiancheggiatori che le permettevano di arrivare al marito in tutta sicurezza. Tanto che si utilizzavano spesso uscite secondarie, cambi di autovetture per vanificare i pedinamenti. Ma le quote rosa delle ’ndrine non svolgevano soltanto il ruolo di intermediarie. Mariangela Amato, ad esempio, metteva a disposizione la fornitura di energia elettrica che permetteva al covo del boss latitante di avere luce e comodità varie. E se questo sembra anche poco, non bisogna dimenticare che ci sono poi pure le donne che gestiscono direttamente gli affari dei loro parenti. È il caso dell’esercizio commerciale “Pane, Pizza e Fantasie”, con sede ad Archi, quartier generale dei Condello, che seppur intestato fittiziamente a Maddalena e Giuseppe Martino, era di fatto gestito anche da tre donne, Margherita Tegano, Caterina Condello e Giuseppa Condello, che continuavano ad esserne i reali proprietari assieme a Domenico Condello e Francesco Condello. Un ruolo di primo piano, dunque, è quello riservato al volto rosa. Un ruolo fatto di attenzioni, decisioni e responsabilità, abbandonando quell’assunto ormai arcaico secondo cui le donne dovevano rimanere fuori dagli affari illeciti. (c. m.) Demetrio Romeo In carcere la suocera dell’assessore Tuccio Lui si difende: la mia compagna non sapeva niente REGGIO CALABRIA Nuova grana per i fragili equilibri politici in riva allo Stretto. Dopo le indagini in corso sui conti del Comune, le inchieste sulla società partecipata Multiservizi, l’arresto di un consigliere comunale e l’arrivo della commissione d’accesso, l’operazione “Lancio” fa finire agli onori delle cronache, e per la seconda volta in pochi mesi, l’assessore all’Urbanistica, Luigi Tuccio. Appena terminate le polemiche per aver apostrofato Roberto Benigni come “comunista ed ebreo”, ieri mattina è stata arrestata sua suocera, Giuseppa Santa Cotroneo. Per lei un’accusa gravissima: quella di aver favorito la latitanza di Mico Condello, ospitandolo anche in una delle sue proprietà. La Cotroneo è la madre di Giampiera Nocera, attuale compagna dell’assessore a cui ha dato un figlio. Giampiera, legale parecchio stimata dalle parti di palazzo San Giorgio, tanto da aver ricevuto numerosi incarichi fiduciari dall’ente, ha due sorelle. Bruna, da oltre una ventina d’anni, è sposata con Pasquale Condello (omonimo del Supremo) e attualmente recluso nel carcere di Voghera. La terza sorella, Maria Angela, è sposata con un altro uomo vicino al centrodestra calabrese e al suo leader, Peppe Scopelliti, Massimo Pascale, già segretario particolare del sindaco più amato dagli italiani, e attualmente segretario amministrativo dell’ufficio di gabinetto del governatore. Ma la stessa Giampiera ha ricoperto un ruolo attivo in politica. In passato è stata vicepresidente della lista Scopelliti presidente che, per oggi, come reso noto dal capogruppo in consiglio regionale Giovanni Bilardi, ha convocato una conferenza stampa a palazzo Campanella. Giampiera, in occasione del conseguimento della sua laurea in giurisprudenza, avrebbe ricevuto il biglietto d’auguri dallo stesso boss Mico Condello. Ma, incredibilmente, nella serata di ieri, è arrivata anche una “strabiliante” nota da parte dello stesso assessore Tuccio. Per lui «fonti giornalistiche lanciano notizie strabilianti con un obbiettivo esclusivo, appetitoso ed assolutamente irraggiungibile, attraverso strategie diffamatorie: l’accerchiamento del governatore Scopelliti». In maniera del tutto singolare, poi, Giuseppa Santa Cotroneo Tuccio afferma di essere venuto soltanto ieri a conoscenza di avere un cognato (Condello, ndr) in carcere. «Soltanto oggi ho appreso, a seguito del fermo della signora Cotroneo Giuseppa Santa, questa triste vicenda coniugale rispetto alla quale, la stessa Giampiera ha mantenuto un totale distacco, evidentemente per la delicatezza estrema della vicenda, ormai caduta nell’oblio ventennale, mentre il Condello – apprendo oggi – è detenuto in una casa circondariale del Nord. È comunque certo che Giampiera non ha mai conosciuto l’anzidetto soggetto né appartenenti a qualunque livello al suo ambito familiare o amicale». Tuccio, annunciate azioni legali contro chicchessia, aggiunge: «Non mi dimetterò da assessore comunale, non defletterò dal mio impegno politico, ma soprattutto mi conserverò l’Onore di un rapporto di fedeltà all’Amicizia che dall’infanzia mi lega a Peppe Scopelliti!» Intanto tra gli arrestati anche Roberto Richichi, candidato al Comune di Reggio nel 2007 nella lista di An. Natale Iracà Riccardo Tripepi la lettera Così la “primula rossa” ringraziava la Cotroneo per l’ospitalità REGGIO C. «Cara commare io me ne sto andando». Con queste parole il latitante Domenico Condello saluta Giuseppa Cotroneo, suocera dell’ergastolano Pasquale Condello cugino omonimo del “Supremo”. La lettera è stata rinvenuta all’interno dell’abitazione dove risiedevano la donna ed i suoi figli, tra cui anche Bruna Nocera (la moglie di Pasquale Condello). Si tratta, secondo gli investigatori, di un formidabile riscontro al ruolo tenuto dalla Cotroneo, in seno alla consorteria mafiosa, quale soggetto che si sarebbe messo a disposizione degli associati. E la lettera di Micu u pacciu non lascia molto margine di dubbio: «Cara commare io me ne sto andando. Mi diceva l’amico qui che ogni tanto per un paio di giorni posso venire, e io lo ringraziato. Lascio qui tutto quello che mi avete mandato perché se torno mi può servire. Vi ringrazio di tutto. Se avete bisogno mi fate sapere, salutate tantissimo Bruna. Vi abbraccio e se Dio vuole ci rivedremo. Ciao. Compare M…». I magistrati non hanno dubbi: la Cotroneo si è adoperata per fare avere del materiale utile a Condello e così un altro soggetto («l’amico qui») il quale – pur essendo non identificabile – aveva manifestato disponibilità ad accoglierlo negli stessi luoghi anche in futuro. Ecco perché Condello decide di non portare con sé quanto dato dalla Cotroneo. E sulla donna vi sono anche delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, come Paolo Iannò e Rocco Buda, che la indicano quale persona a disposizione per ospitare i latitanti, trattamento riservato sia allo stesso Iannò, che ad Antonino Imerti ed al genero Pasquale Condello (classe ’63). (c. m.) 8 MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 D A L P O L L I N O A L L O calabria ora S T R E T T O il caso MELICUCCO (RC) Dopo circa una settimana Simona Napoli ha potuto riabbracciare suo figlio. La 25enne, che nelle scorse settimane grazie alle sue dichiarazioni aveva mandato in galera suo fratello e accusato suo padre della scomparsa di Fabrizio Pioli (nella foto), da venerdì scorso si è ricongiunta con il figlio minorenne nella località protetta dove risiede dal giorno delle sue rivelazioni ai carabinieri. La notizia è trapelata solo nella giornata di ieri, segno della delicatezza della situazione in cui si trova la giovane di Melicucco e della serietà con cui gli inquirenti stanno gestendo l’intera vicenda. La segnalazione per il ricongiungimento era partita dal Sotto protezione anche il figlio di Simona Caso Pioli, il bambino ha raggiunto la madre in una località segreta procuratore capo di Palmi Giuseppe Creazzo che aveva fatto presente al procuratore dei minori di Reggio Calabria Carlo Macrì la situazione del bambino. Questi ha presentato un’istanza al Tribunale dei minori che, in tempi molto stretti, ha accolto la richiesta. Il bambino è stato affidato, quindi, all’ufficio centrale di protezione, che venerdì sera della scorsa settimana, infine l’ha affidato alla madre. Il movente dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere del 38enne di Gioia Tauro, per gli inquirenti sarebbe il “delitto d’onore”, l’impossibilità per Antonio Napoli di potere sopportare la relazione extraconiugale della figlia. I sospetti dell’uomo si sarebbero trasformati in realtà nel pomeriggio del 23 febbraio scorso, quanto vide la Mini Cooper di Pioli posteggiata davanti all’abitazione di Simona. Quel pomeriggio attese l’uscita del giovane, lo inseguì in auto bloccandolo nei pressi dell’uscita di Rosarno dell’A3. I particolari dell’inizio della tragedia, che vede protagonista il 38enne elettrauto di Gioia Tauro, sono raccontati dalla Napoli ai carabinieri della città del porto e ai magistrati palmesi. Secondo il racconto della giovane che passò in auto dalla svincolo di Rosarno, Antonio Napoli impugnava una pistola mentre litigava con il suo compagno. Da quel pomeriggio si sono perse le tracce dei due uomini e per la donna. Proprio per questo motivo gli inquirenti, che ritengono morto Pioli, avevano deciso di met- tere sotto protezione Simona Napoli. FRANCESCO ALTOMONTE [email protected] La “fuitina” della giovane romena Ritrovata a Botricello una 17enne: viveva in una roulotte con il suo ragazzo BOTRICELLO (CZ) Quel che è certo è che questa fuga d’amore si concluderà con un rimpatrio che stavolta sarà applicato in maniera intransigente. Sospensione del Trattato di Schengen a parte, infatti, ad aggravare l’accaduto c’è la minore età di uno dei protagonisti. Lei appena diciassettenne, P.M. di nazionalità rumena appunto, lui connazionale di ventisette anni. Qualche tempo fa di lei nel suo paese non si avevano più notizie. Semplicemente sparita e nessuna certezza sul dove potesse essere ma forti sospetti sul motivo dell’improvvisa assenza. Motivo che i carabinieri di Sellia, agli ordini del comandante Natale Malagrinò, hanno accertato proprio nei giorni scorsi nel corso di un controllo ordinario. I due, infatti, vivevano in una roulotte nel Comune di Botricello e, giunti i militari per la verifica dei documenti, la verità è venuta fuori: una fuga d’amore appunto. La minorenne si era infatti allontanata dal suo Paese proprio a causa del connazionale con cui intratteneva una relazione, anche se ancora non è chiaro se i due siano partiti insieme o lei abbia raggiunto lui qui in Italia, come sembra emergere finora. A far luce sulla vicenda un mandato di ricerca diramato a livello internazionale a seguito della denuncia dei genitori – a conferma che la destinazione era rimasta fi- andrà in una casa famiglia La ragazza è stata trovata in buone condizioni Viveva grazie ai lavoretti saltuari del suo compagno no ad allora sconosciuta nel paese d’origine – che riguardava proprio la giovane rumena. Una ricerca conclusasi proprio in terra calabrese e fortunatamente senza conseguenze peggiori. P.M. sta bene, è in buone condizioni di salute e viveva grazie ai lavori saltuari del suo compagno. L’autorità giudiziaria, però, ha già disposto l’affidamento ad una casa famiglia della Provincia. È lì che si trova ora la giovane in attesa che il Tribunale dei Minori decida sul da farsi e che i genitori vengano a riprenderla. Un mistero che si è dunque svelato in maniera inaspettata e che ha toccato da vicino la comunità rumena presente nella zona. Una fuitina in salsa internazionale di cui nella zona ancora si sa poco o nulla. Una comunità abbastanza chiusa, quella rumena, che non aveva finora lasciato uscir fuori nulla della vicenda, che ancora oggi viene avvertita come cosa estranea dagli abitanti stessi “fuitina” in salsa internazionale La storia tra i due potrebbe non risolversi con il classico matrimonio riparatore Una roulotte (foto d’archivio) del Comune. «Qui la comunità rumena è numerosa ma di loro non si mai nulla», ci spiega una residente. Quel poco che si sa, a questo punto, è solo che la tanto famosa fuitina non pare proprio patrimonio esclusivo del sud Italia. E quanto sia vero che tutto il mondo è paese, soprattutto in campo amoroso, lo dimostra forse più di ogni altra cosa questa singolare storia scoperta quasi per caso in una regione che, insieme alla Sicilia, ha finora mo- nopolizzato i racconti. Peccato che in questo caso appare difficile che la fuitina possa aver messo fine alle resistenze dei genitori di lei ed, al posto del matrimonio consumato di nascosto da tutti che risolve le cose mettendo tutti di fronte al fatto compiuto, questa volta pare che la situazione per i due amanti fuggitivi sia leggermente più complessa. P.M. certamente tornerà in patria e per lui, oltre al danno – ma questo si vedrà - potrebbe esserci la beffa, visto che l’art. 537 del Codice penale prevede proprio il reato di sottrazione di minore consenziente, una fattispecie applicata già in passato dal Tribunale di Ancona. EMMANUEL RAFFAELE [email protected] l’interrogatorio Oggi sarà sentito Scopelliti l’accreditamento dei centri socio riabilitativi per disabili, e la riconversione dei servizi Siad, relativi alla Fondazione Betania Onlus. Provvedimenti assunti senza preventivo parere del Tavolo Massicci. Insieme al presidente Scopelliti Indagati risulta indagato insieme anche il Dirigente Generale della al governatore Presidenza Frananche Zoccali co Zoccali. Per la e Orlando convenzione con l’Università Magna Grecia, risultano inoltre indagati il direttore generale del Dipartimento salute Antonino Orlando e per la delibera relativa alla Fondazione Betania, l’assessore al lavoro Francequisiti minimi per l’autorizzazione al scantonio Stillitani ed una dirigente funzionamento e le procedure per del dipartimento. Sanità, contestato al presidente il tentato abuso d’ufficio CATANZARO Sarà interrogato oggi il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, indagato dalla Procura di Catanzaro per il reato di tentato abuso d’ufficio in qualità di commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro della sanità. Scopelliti doveva essere sentito il 23 febbraio scorso ma l’interrogatorio era slittato perché il presidente era impegnato con i lavori del Consiglio regionale. A Scopelliti vengono contestati la stipula del “Patto di Legislatura” tra la Regione e l’Aiop, la delibera di giunta relativa al rinnovo del protocollo d’intesa tra Regione Calabria e l’Università Magna Grecia e l’appro- vazione con delibera di giunta del regolamento attuativo contenente i re- 9 MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 D A L REGGIO CALABRIA La scure della corte d’assise d’appello si abbatte sul fuggitivo Antonio Pelle, “la Mamma”. Nella giornata di ieri i giudici di piazza Castello hanno emesso il dispositivo di sentenza con il quale hanno condannato l’uomo a 18 anni di prigione. È stata quindi accolta pienamente la richiesta del sostituto procuratore generale Adriana Fimiani che, nel corso della sua requisitoria, aveva invocato una condanna pesantissima per il boss evaso dall’ospedale di Locri, dove si trovava ricoverato in ragione delle sue condizioni di salute. Sono servite poche ore di camera di consiglio alla corte d’appello per decidere sulla colpevolezza di Pelle (difeso dall’avvocato Giulia Dieni) che, in primo grado era stato condannato a 13 anni di prigione. Il pg Fimiani non aveva fatto sconti ed aveva chiesto a chiare lettere l’accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero. I giudici di prime cure, infatti, non avevano riconosciuto la trasnazionalità del reato di associazione mafiosa, pur trattandosi di un procedimento - “Fehida” - che riguardava anche la storia del- P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O Condannato a 18 anni il boss fuggitivo Pelle La corte d’appello accoglie le istanze del sostituto procuratore A sinistra, il boss evaso Antonio Pelle, detto “la Mamma”. A destra, la dese della corte d’assise d’appello la faida di San Luca culminata con la strage di Duisburg. Ma sulla decisione dei giudici di piazza Castello ha pesato – e non poteva essere diversamente – l’evasione di Antonio Pelle, avvenuta diversi mesi fa dall’ospedale di Locri. Una fuga che ha destato stupore, perplessità ed anche qualche polemica. Secon- do le certificazioni Pelle era caduto in un regime di anoressia indotta che ne ha minato talmente tanto lo stato fisico da essere posto, lui presunto boss e capo dell’omonima cosca, agli arresti domiciliari. L’uomo, infatti, sembrava non essere in condizione neppure di reggere pochi giorni fuori da casa e dalle cu- re dei suoi cari ed invece, da quel che si capisce, Antonio Pelle “la mamma” ha trovato la forza di andare via ed iniziare un periodo di latitanza. Del resto, le cartelle cliniche parlavano chiaro indicando una «patologia psichiatrica ed internistica di natura ed intensità grave; disturbo d’adattamento con umore depresso cronico (con intensità sintomatologia sovrapponibile al disturbo depressivo maggiore), deperimento organico in condizioni di cachessia da disturbo del comportamento alimentare, polineuropatia assonale con deficit motorio agli arti inferiori, gastrite cronica con metaplasma intestinale». Una pa- “La Mamma” evase dall’ospedale di Locri dov’era ricoverato tologia molto pesante, che ha addirittura convinto i giudici d’appello a concedere al superboss gli arresti domiciliari. Ma, alla luce di quanto è avvenuto, c’è da ritenere che si sia trattato di una strategia molto ben preparata, curata nei minimi dettagli da Pelle che ha veramente avuto un dimagrimento fuori dalla norma, con tanto di situazione certificata. Secondo qualcuno, però, quella strategia la si conosceva già. È per questo che la fuga di Pelle ha lasciato l’amaro in bocca agli inquirenti che lo hanno visto “evaporare” in grande stile. Di lui, infatti, non vi è ancora nessuna traccia. Ora che sulla sua testa pende una condanna pesantissima a 18 anni, le ricerche saranno ulteriormente intensificate, anche se c’è da scommettere che il mammasantissima farà anche l’impossibile pur di sfuggire alle maglie della giustizia. CONSOLATO MINNITI [email protected] Fortugno, il 3 ottobre l’udienza Si svolgerà in Cassazione la tappa fondamentale del processo REGGIO CALABRIA È stata litto che scosse l’opinione pubblica fissata per il 3 ottobre prossimo in e richiamò in Calabria i massimi Cassazione l’udienza del processo rappresentanti delle istituzioni. A per l’omicidio del vicepresidente del distanza di qualche tempo le indaconsiglio regionale Francesco For- gini portarono ad individuare i pretugno. La data è stata decisa nei sunti responsabili del gravissimo giorni scorsi dai giudici del Palaz- fatto di sangue. Dell’omicidio del vicepresidente del zaccio. Sarà questa una tappa fondaIl vicepresidente Consiglio regionale furono accusati mentale nella storia del consiglio Giuseppe Marciagiudiziaria del pronò, Alessandro cesso nato dalregionale Marcianò, Salvatore l’omicidio che ha fu ucciso il 16 Ritorto e Domenico cambiato il corso ottobre del 2005 Audino. Secondo della politica in Cal’accusa fu Ritorto a labria. Era il 16 ottobre del 2005, quan- sparare e Giuseppe Marcianò ad acdo a palazzo Nieddu del Rio, a Lo- compagnarlo. Così come Audino cri, in occasione delle primarie del- accompagnò il killer per gli appol’Unione, Fortugno veniva attinto stamenti precedenti all’omicidio. da diversi colpi di arma da fuoco Per i quattro, dopo la decisione delche ne causavano la morte. Un de- la corte d’assise di Locri, arrivò an- In alto, la sede della Cassazione, a sinistra, Fransceso Fortugno che in appello la condanna alla pena dell’ergastolo, mentre il secondo grado ha riservato anche due assoluzioni ed una riduzione di pena. Dall’accusa di associazione mafiosa furono assolti Carmelo Dessì (in primo grado 4 anni) e Vincenzo Cordì (in primo grado 12 anni) difesi dall’avvocato Giovanni Taddei. Venne esclusa l’aggravante dell’agevolazione mafiosa nei confronti di Domenico Audino e Antonio Dessì (per i reati di minacce e favoreggiamento), con la conseguente condanna per Audino alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per un anno e quattro mesi e per Dessì a 5 anni e 8 mesi di reclusione e 1.370 euro di multa (in primo grado 8 anni). Adesso, dopo le motivazioni che hanno confermato come si trattò di un omicidio politico-mafioso, sono arrivati i ricorsi in Cassazione. Se ne parlerà ad ottobre e quella sarà l’ultima tappa, quella che potrebbe segnare le condanne definitive. cons. minn. dalla prima SE UN MAFIOSO È GAY CAMBIA QUALCOSA PER LA LEGGE? (...) «L'omosessualità nella mafia - ha spiegato Macrì - è loro si nascondono per paura di esser licenziati, malmenaancora un tabù sotto il profilo del costume, ma il grande ti, discriminati. Invece i potenti, di tutte le caste e risme, posboss può permettersi di essere omosessuale senza temere di sono permettersi persino di difendere pubblicamente i valori tradizionali e conservatori, e poi fare nel essere ucciso. Dipende dai rapporti di poteprivato ciò che vogliono, sapendo che mai re: i mafiosi di piccolo calibro devono tener«Non capisco nessuno li toccherà, li disturberà, anche se la si nascosti altrimenti vengono espulsi anche il nesso loro omosessualità è ampiamente conosciuin maniera violenta. Ma se è un capo, allora se lo può permettere». Si tratta davvero tra la condizione ta. Detto che preferirei non ci fossero omosesmafiosi, mi domando: il dato che ci siadi una notiziona. In sintesi se sei potente, fai sessuale e le loro suali no gay dentro mafia, ’ndrangheta, camorra, quello che ti pare se invece non conti nulla, azioni criminali» è rilevante dal punto di vista delle indagini? devi nasconderti. Non è necessario in questo Ci sono statistiche? Sì è indagato anche sulle Paese esser mafiosi per vivere questa condizione, grazie alla politica, tutti gli omosessuali operai, me- preferenze sessuali dei boss e dei picciotti? E soprattutto perdici, studenti, idraulici, metalmeccanici, ecc. non sono tute- ché? Faccio queste domande perché queste continue dichialati, devono vivere in posizione di minorità, quindi, molti di razioni d’inquirenti un po’ m’inquietano, perché non capisco il nesso tra la condizione sessuale di questi delinquenti e le loro azioni criminali. Il pregiudizio positivo per cui i gay sarebbero più sensibili e pacifici, oltre che a essere ridicolmente rassicurante per gli eterosessuali, è per fortuna una bufala. Così come la rappresentazione che ci vuole tutti effemminati, che poi fa equazione con deboli e inadatti può convincere i telespettatori distratti. Gli omosessuali sono guardie e ladri, cattivi e buoni, pelosi o glabri, come tutti, rassegnatevi e andate oltre, anche nelle stanze dei Tribunali. Certo forse abbiamo buon gusto e ci laviamo di più, ma non c’entra nulla l’orientamento sessuale, lo abbiamo imparato in millenni di oppressione, che seguire le regole dell’igiene e dell’estetica, un po’ allunga la vita. Aurelio Mancuso presidente di Equality Italia 15 MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 calabria ora R E G G I O Le misure adottate per non far arrivare gli investigatori al latitante erano semplici ed efficaci: cambiare più volte mezzo, utilizzare delle uscite secondarie, lasciare qualsiasi cellulare in luoghi lontani e mettere in atto quella che tecnicamente viene definita come attività di “spedinamento”. In buona sostanza, i fiancheggiatori di Domenico Condello mettevano in atto una serie di controlli per evitare di essere seguiti dagli appartenenti alle forze dell’ordine. Erano pochissimi i soggetti che potevano incontrare “Micu u pacciu”. Tra questi sicuramente la moglie, Margherita Tegano ed il fratello Bruno Tegano, almeno fino al giorno del suo arresto nell’operazione “Reggio Nord”, altro procedimento volto ad azzerare i favoreggiatori del latitante. Il modus operandi era sempre lo stesso, anche se si avvaleva di più persone che facevano una sorta di staffetta per permettere all’intermediario di turno (Bruno o Margherita) di poter arrivare senza grossi patemi ad incontrare l’uccel di bosco. Ed uno degli incontri più significativi è sicuramente quello avvenuto l’11 gennaio 2011, quando ad allontanarsi è Bruno Tegano. È in quel caso che gli inquirenti riescono a scoprire un covo “caldo” dove aveva trovato rifugio il latitante. «Uscito dall’abitazione alle ore 17.22 e risalito a bordo del proprio veicolo – scrivono i carabinieri – il Pedinamenti e satellite Così fu trovato il covo Ecco come si muovevano i fiancheggiatori di Condello Massimiliano Richichi nel momento in cui viene trasferito in carcere Tegano si recava nei pressi della facoltà di Giurisprudenza, sita nel quartiere Cep di Archi e, parcheggiata l’autovettura nei pressi delle cabine telefoniche, alle ore 17.27, utilizzava l’apparato pubblico avente utenza n. 096545322, inviando il seguente messaggio di testo a Massimiliano Richihi: “tesoro per la pizza andiamo domani perché mi sono venute le mestu ai capito e non mi sento bene ciao mi dispiace per tua cognata a dopo tvb”. Sul punto venivano svolte le seguenti considerazioni: tra il Tegano ed il Richichi sussisteva uno strutturato rapporto personale che aveva loro consentito di prestabilire codici di cifratura, come quelli utilizzati nel messaggio in argomento. Dopo una serie incredibile di giri e scambi tra scooter e auto, con la complicità di Massimiliano Richichi, Bruno Tegano, alle 18.15, dunque, giunge nei pressi dello svincolo che conduce all’attività commerciale denominata “Kalura” ed imbocca la via Nazionale Bolano, strada sterrata e priva di illuminazione. «Alle ore 20.05 – annotano i carabinieri – personale di questo Reparto notava che dal primo cancello sito sul lato destro della via Nazionale Bolano - si tratta di quello relativo all’abitazione sita al civ. 1 - usciva un’autovettura Fiat Idea, con alla giuda Amato Mariangela, moglie di De Carlo Pasquale, seguita immediatamente dallo scooter utilizzato dal Tegano». Dopo altri giri volti a distogliere qualsiasi tipo di sospetto i carabinieri giungono alla conclusione che il latitante si trovi nel punto dove Tegano si ferma dalle 18.15 alle 20.05 e per questo si effettuano numerose perquisizioni domiciliari, culminate nell’individuazione del civico 3 in località Catona. Da quel sopralluogo si capisce subito che Condello è appena riuscito a fuggire. La caccia continua, ma da ieri “Micu u pacciu” è decisamente più solo. Consolato Minniti I Richichi e le tante microspie Gli apparecchi furono rinvenuti dai due fratelli e poi distrutti I Richihi non sapevano di essere sotto controllo, almeno fino a quando non scoprirono che sulle loro auto vi erano installate delle microspie. Sono soggetti molto interessanti dal punto di vista investigativo. Massimiliano, tra l’altro, secondo gli inquirenti diede supporto a Bruno Tegano in almeno due occasioni. «La sera del 23 dicembre 2010 Richichi Massimiliano – raccontano gli investigatori – unitamente all’amico Gullì Carmelo si recava a cena presso il pub - ristorante “Mamas” sito in via Quattronari di Pellaro. Alle ore 23.10 i due giovani salivano a bordo dell’autovettura Hyundai IX-35 e si dirigevano in direzione della via Nazionale di quel quartiere. Alle ore 23.17 il Richihi, alla guida del mezzo, imboccava la via Seconda Torrente Filici e sostava per qualche istante nei pressi dello stabile ove il 18 febbraio 2008 era stato tratto in arresto Condello Pasquale cl. 50. In quel frangente il Richihi raccontava le circostanze che avevano portato alla localizzazione del luogo in cui il latitante si era rifugiato, non sottacendo il fatto di averlo incontrato per una decina di volte durante la latitanza». «Dopo la sosta, il Richihi si dirigeva verso la zona nord della città ed a bordo del veicolo venivano registrati commenti relativi al ritrovamento di apparati di intercettazione. Intorno alle ore 23.30, infatti, il Richihi notava la presenza del microfono della microspia installata sull’autovettura. Dall’analisi del rilevamento della posizione satellitare del veicolo era possibile accertare che al momento esso era in sosta in via Croce Cimitero di Archi. Alle ore 23.37, il Richihi contattava, il fratello Roberto, al quale in un primo momento aveva chiesto dove si trovasse, mentre alle ore 23.39, gli chiedeva di riferire al padre di non utilizzare quel veicolo l’indomani. Veniva infatti intercettato l’invio del sms recante il testo: “Scrivi a papà di nn prendere la macchina domani!!!!!” e dopo pochi minuti nuovamente: “è pienaaaaaa”. La mattina seguente, Richihi Massimiliano mostrava al padre la microspia rinvenuta». cronaca Rapina con pistola giocattolo Arrestati due ventenni Sasha Ubaldo Ruggeri Domenico Condello Sacha Ubaldo Ruggeri (20 anni) e Domenico Condello (21) sono stati arrestati dal Polizia perché ritenuti responsabili della rapina effettuata con una pistola giocattolo nella “Tabaccheria nr.9” di via Reggio Campi II tronco, dove, mentre Ruggeri faceva da palo, rimanendo al di fuori della tabaccheria al fine di coprire l’azione del complice, Condello, all’interno con il volto coperto da un cappellino ed una sciarpa, puntava l’arma contro la cassiera intimandole di consegnare l’incasso di 600 euro. Le indagini hanno accertato nei confronti dei due ulteriori attività criminose tra cui condotte di furto aggravato ed utilizzo indebito di carte bancomat provento di furti con le quali venivano effettuati, altresì, documentati prelievi di danaro contante presso alcuni sportelli bancari. Nel pomeriggio, «dopo una breve sosta, il Richihi si dirigeva presso la propria abitazione dove provvedeva a disinstallare l’apparato di intercettazione presente a bordo della Hyundai IX-35 che, infatti, alle ore 15.26 cessava di funzionare». c. m. Roberto Rechichi cronaca/2 Gli rubano la moto, denuncia e gli impongono di ritrattare Estorsione, furto, falsa testimonianza ed altro. Queste le accuse nei confronti di Antonio e Mario Bevilacqua, Mohamed Benrachid e Abdelmjid, destinatari di 4 ordinanze cautelari in carcere emesse dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura della Repubblica. Il provvedimento restrittivo arriva al termine dell’attività investigativa della Squadra Mobile reggina che il 5 e l’11 maggio del 2009 aveva portato all’arresto di Mario e Antonio Bevilacqua per i reati di ricettazione ed estorsione ai danni del proprietario di un ciclomotore, al medesimo sottratto e restituitogli dietro compenso. La dettagliata denuncia della vittima, le cui dichiarazioni avevano già consentito l’arresto dei due Bevilacqua, unitamente agli esiti delle indagini condotte dalla Poli- zia determinavano l’emissione, e la conseguente esecuzione, di una nuova misura cautelare che consentiva l’arresto dei due soggetti i quali, in più riprese, avevano provato a costringere la persona offesa affinchè ritrattasse le sue dichiarazioni in sede di incidente probatorio, in relazione al delitto di estorsione commesso. È stato accertato anche che i due Bevilacqua il 20 e il 23 maggio 2009, avevano minacciavano la vittima dell’estorsione e la sua famiglia, rubando nuovamente il medesimo ciclomotore per costringere il denunciante a ritrattare le proprie dichiarazioni in sede di incidente probatorio, che si sarebbe tenuto da li a breve.Infine, nel mese di giugno 2009, promisero alla vittima la somma di denaro di 1500 euro per indurlo alla falsa testimonianza. Mario Bevilacqua Antonio Bevilacqua MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 PAGINA 23 l’ora della Piana Piazza Primo Maggio 17, Palmi Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected] PORTO AUTORITA PORTUALE SANITÀ 0966 766415 CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911 0966 765369 DOGANA GUARDIA DI FINANZA 0966 51123 FARMACIE OSPEDALE GIOIA TAURO OSPEDALE PALMI 267611 OSPEDALE CITTANOVA 660488 OSPEDALE OPPIDO 86004 942111 POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610 CARABINIERI 0966 52972 OSPEDALE POLISTENA VIGILI DEL FUOCO 0966 52111 OSPEDALE TAURIANOVA ROSARNO Una vera e propria stangata quella disposta dai giudici della Corte dei conti di Catanzaro nei confronti del gruppo imprenditoriale Vecchio di Rosarno. Una stangata arrivata in seguito ad un’operazione della guardia di finanza che si accorse dello strano giro di fatturazioni impazzite relative a due differenti finanziamenti erogati nell’ambito del “Pacchetto integrato agevolazioni” e che è finita col costare quasi 8,5 milioni di euro di risarcimento agli imprenditori coinvolti in un fantomatico progetto per la realizzazione di un stabilimento di produzione di ceramiche con annesso avanzato studio di “ricerca e sviluppo”, che avrebbe dovuto rivoluzionare il sistema stesso di produzione delle ceramiche. Una storiaccia, l’ennesima in questo pezzo di meridione, fatta di “prenditori” di finanziamenti e agevolazioni pubbliche, che dopo avere avuto accesso ai fondi agevolati garantiti per i territori “depressi” come nel caso della Piana di Gioia Tauro, hanno utilizzato gli stessi fondi, per fini che con l’azienda in questione non avevano nulla a che fare. Una storiaccia che inizia nel giugno del 2009 quando, a seguito degli arresti e dei sequestri preventivi sulle aziende del gruppo Vecchio effettuati dalle fiamme gialle, il Procuratore regionale presso la Corte dei conti ha citato in giudizio Giuseppe Vecchio (in qualità di rappresentante legale della “Vecchio prodotti in ceramica” e della “Tourist residence”), Domenico Vecchio (come amministratore “di fatto” della prima società), Elisabetta, Rita, Luigi Roberto Vecchio in qualità di soci delle aziende, chiedendo un risarcimento mostre di oltre 12 milioni di euro da rimborsare al Ministero dello sviluppo economico. I magistrati contabili si sono mossi su due piani paralleli, legati a due diversi finanziamenti, relativi ad un unico progetto che si è dimostrato però completamente «truffaldino». Fatture false, finti conferimenti per gli aumenti di capitale (necessari per le ulteriori tranche di finanziamenti approvati dallo stesso ministero), fino a compensi stratosferici erogati dalle società interessate dall’indagine e rivolti verso gli stessi indagati in una Babele di soldi, che finivano dovunque meno che dove avrebbero dovuto essere investiti. Nella paradossale vicenda (approdata, almeno per la parte relativa all’industria di ceramiche, davanti al tribunale di 52203 618911 Rosarno Ioculano Rechichi Tripodi Alessio Borgese Cianci Paparatti 51909 52891 500461 Palmi Barone Galluzzo Saffioti Scerra Stassi 773237 712574 774494 773046 Taurianova 479470 22742 22692 22897 22651 Ascioti Covelli D’Agostino Panato Truffe alla 488 Il Gruppo Vecchio risarcirà 8,5 mln Rosarno, la Corte dei conti ha condannato aziende a rifondere il ministero allo Sviluppo Palmi) ci finisce, suo malgra- che dagli inerti dell’edilizia, e do, anche l’Università della che si è invece miseramente riCalabria che avrebbe dovuto dotto ad un paio di ricerche generiche su Googarantire gle e a qualche le compeNell’inchiesta relazione tecnica tenze per il sono finiti anche curata dal figlio reparto di del professore “ricerca e un docente Nastro (docente sviluppo” Unical e i suoi Unical) che però da cui i due figli il proprio percorVecchio so di studi non avrebbero dovuto ricevere le tecnologie l’aveva ancora terminato, e ad necessarie a sfruttare un nuo- altre relazioni orali a cura delvo modo di costruire cerami- l’altra figlia del professore. E CINEMA Gioia Tauro ancora pagamenti gonfiati sempre a favore dei membri della famiglia Vecchio finiti nella rete degli inquirenti, anche per prestazioni mai realmente effettuate: tutti “magheggi” finanziari che hanno portato i giudici a condannare Giuseppe e Domenico Vecchio «al pagamento della somma di 1,14 milioni di euro stante la connotazione dolosa della condotta resa evidente dalla ricostruzione dei fatti». Una somma forte a cui si de- 643269 610700 611944 638486 Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498 Chiuso Cittanova “Gentile” 0966 661894 Chiuso Polistena “Garibaldi” 0966 932622 Chiuso Laureana “Aurora” Chiuso ve aggiungere il capitolo relativo all’altrettanto fantomatico “Programma di industrializzazione” che prevedeva un finanziamento che superava i 21 milioni di euro per la realizzazione di un capannone industriale per la produzione di mattonelle in ceramiche, che era poi strettamente collegato con il reparto di Ricerca e sviluppo. Ma anche in questo caso, la finanza prima e i giudici dopo, hanno scoperto un’altra verità fatta di «una serie di ardite triangolazioni finanziarie per cui le somme percepite a titolo di anticipazione sono state utilizzate per adempiere all’obbligo di aumento del capitale sociale che doveva essere effettuato per ottenere le ulteriori tranche di contributo, ovviamente utilizzando capitali propri mentre l’apporto effettivamente conferito si è attesta ad un livello molto inferiore a quello dovuto, 450 mila euro in luogo di 4,35 milioni». Fatti che, aggiunti alle altre operazioni fittizie, sono costate al gruppo la condanna al risarcimento per 7,12 milioni di euro ripartiti per metà a Giuseppe Vecchio (nella qualità di amministratore di di diritto) e per metà al resto dei soci. Vincenzo Imperitura TAURIANOVA Vandali in azione alla Monteleone Oggi marcia di protesta di alunni e docenti lungo le vie cittadine TAURIANOVA Aule devastate, banchi capovolti, estintori svuotati e scritte minacciose, è questo lo scenario che si è presentato la mattina del 13 marzo ai 500 alunni ed al corpo docente della scuola elementare Alessandro Monteleone di Taurianova. E’ l’ennesimo raid vandalistico a danno dell’istituto che ha seguito quello verificatosi nella notte di venerdì scorso. Tuttavia, in quest’ultima occasione, i danni sono risultati molto più gravi tanto da costringere gli insegnanti a riaffidare i 500 bambini della scuola ai propri genitori in quanto impossibilitati a tenere regolarmente lezione. Nella mattinata stessa i carabinieri hanno svolto un sopralluogo e hanno allertato anche il commissariato di polizia per gestire i controlli notturni con maggiore frequenza. La dirigente dell’istituto, Aurora Placanica, ha sostenuto che la cosa più preoccupante è stato leggere su alcune lavagne la scritta “deruberemo la scuola fino a quando non la chiuderete”. «La scuola è un servizio alla comunità - ha dichiarato la dirigenteè per questo che l’atto va considerato in tutta la sua gravità». Molte le dichiara- DISASTRO Una delle aule devastate dal raid notturno di vandali zioni di rammarico per la vicenda da parte del mondo politico e dalla società civile tra cui quella del sindaco di Taurianova Domenico Romeo e di Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio dei diritti sui minori, che ha commentato «attentare ad una scuola significa voler pregiudicare il futuro delle giovani generazioni e ciò è da considerarsi un atto indegno e deplorevole». Nel corso del collegio straordinario tenutosi nell’istituto, è emerso un forte dispiacere per questo atto e la convinzio- ne che chiunque abbia agito lo abbia fatto per distruggere e non per rubare. Per la mattinata di oggi, è stato organizzato un corteo alle 9.30 con i bambini, i genitori e gli insegnanti del Primo circolo che partirà dall’istituto sino ad arrivare alla sede del Comune. Al termine della manifestazione è prevista la lettura di una dichiarazione congiunta elaborata nel corso del collegio degli insegnanti riunitosi ieri pomeriggio. VALENTINA AMUSO [email protected] CINQUEFRONDI Camionista muore dopo uno schianto in galleria Forse un colpo di sonno, forse un malore o l’alta velocità: tante sono le ipotesi su cui sta lavorando la Procura di Palmi per capire le dinamiche alle base dello spaventoso incidente che ieri pomeriggio è costato la vita al cinquantaquattrenne Giuseppe Fabio, autotrasportatore di Mister Bianco, cittadina a due passi da Catania. Agli uomini della stradale di Siderno e dei vigili del fuoco di Polistena che sono accorsi sulla provinciale che collega Cinquefrondi alla strada di grande comunicazione JonioTirreno si è presentato uno spettacolo agghiacciante, con la cabina del camion guidato da Fabio, andata completamente distrutta dall’impatto con il muro di una galleria. Dai primi rilievi condotti dalle forze dell’ordine, sembra che l’autotrasportatore abbia perso il controllo del mezzo finendo prima su un’utilitaria (al cui interno viaggiano due donne che sono rimaste, fortunatamente, illese) e poi sul muro portante del traforo: un urto tremendo che ha causato il distaccamento del cassone dell’automezzo che ha continuato la sua folle corse per oltre un centinaio di metri prima di fermarsi. La strada è rimasta chiusa al traffico per diverse ore, visto che a causa della violenza dell’impatto, i vigili del fuoco hanno impiegato diverse ora per estrarre il cadavere del malcapitato autista dalle lamiere contorte del mezzo. Ilario Filippone Angelo Siciliano 29 MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 P A O L A - C E T R A R O calabria - S A N Processo al clan Muto I colloqui in albanese COSENZA Nominato un perito per trascrivere le intercettazioni CETRARO Sono una ventina (telefonate e discussioni) le comunicazioni intercorse tra alcuni albanesi e gli appartenenti al clan di Franco Muto di Cetraro, registrate agli atti dell’operazione denominata Azimuth che vede imputate quindici persone. Una situazione insolita che ieri mattina ha costretto il collegio penale del tribunale di Paola a nominare un esperto di albanese per procedere alla trascrizione di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Il perito sarà chiamato ad affincare un altro esperto nominato dai giudici, nell’iudienza del 7 marzo, per la traduzione delle restanti intercettazioni in lingua italiana. Il termine fissato per la consegna del materiale in tribunale, salvo proroghe, era stato fissato, in quest’ultimo caso, in 90 giorni. Le operazioni, lo ricordiamo, sono state in tutto tre (Goodfather, Stardust e, appunto, Azimuth). La prima era partita nel mese di luglio del 2001 grazie alla denuncia di un imprenditore. Da qui erano state avviate tutte le indagini del caso che avevano spinto gli investigatori a mettere sotto controllo i telefoni dell’imprenditore e di colui che gli aveva concesso il prestito usuraio, nonchè di tutte le linee finanziarie di ambo le parti. Al termine di tut- La costa cetrarese ti gli accertamenti, nel 2002, scattò la prima operazione. Poi, però, vi fu la denuncia ad opera di un altro imprenditore che tirò in ballo altri cravattari collegati, in qualche modo, a quelli già noti alle forze dell’ordine. Pertanto erano state avviate nuove indagini che culminarono in nuovi arresti. Infine, a seguito della perquisizione effettuata all’interno di una cartolibreria, vennero rinvenute cambiali, assegni ed altri documenti utili per la riapertura del caso, culminato PAOLA “Il giardino che vorrei” Iniziativa per le scuole “Il giardino che vorrei”. E’ questo il nome dell’iniziativa promossa dall’azienda “Green service giardini” di Paola che si terrà martedì 24 maggio presso la sede della stessa. L’evento vedrà la premiazione della gara di creatività. «Si tratta di un’iniziativa da noi voluta per sensibilizzare i giovani e non solo al rispetto dell’ambiente attraverso la cura degli spazi verdi - spiega Francesco De Luca responsabile della “ Green service giardini” - Infatti, nei mesi scorsi, abbiamo invitato gli istituti scolastici a partecipare ad una grande gara di espressione sul tema “il giardino che vorrei”. E’ stato chiesto agli alunni di immaginare il giardino dei loro sogni, così come vorrebbero che fosse lo spazio verde della scuola, di casa o del quartiere, e descriverlo utilizzando la tecnica espressiva del disegno. Il primo classificato vincerà la realizzazione di un’ aiuola o di uno spazio verde di 20mq, il più possibile simile a quello disegnato per la propria scuola, realizzati dagli esperti della “Green service giardini” dopo un sopralluogo». Il 20 marzo è il termine ultimo per partecipare alla gara, gli elaborati vanno spediti a: Gara Green service giardini “Il giardino che vorrei” via Calopietro, 40 proprio con l’operazione Azimuth. A giudizio per usura erano finiti: Franco Muto, Walter De Seta, Delfino Lucieri con la moglie Carmelina Cesareo, Ariosto Artese, Mario Giuliano e la moglie Rosa Santoro, Carlo Drago, Angelo Mosciaro, Giuseppe D'Elia, Patrizia Cesario e Antonio Di Dieco. Tra questi Franco Muto, Walter De Seta, Ariosto Artese e Carlo Drago insieme a Giuseppe Nigro, e Giovanni Giuseppe Vulcano. Stefania Sapienza Carta di credito clonata Risarcito dalla Carime La Banca Carime Spa dovrà risarcire 2000 euro e le spese processuali a un suo cliente che ha subito la clonazione della sua carta di credito. Il tribunale di Paola ha accolto il ricorso presentato in appello dall’avvocato Pasquale Sciammarella. Il suo assistito, F. V., titolare di un conto corrente nell’istituto di credito, si era accorto di una serie di prelievi da lui mai effettuati con il suo bancomat. I fatti risalgono al 2004 e i prelievi erano in tutto otto da 250 euro ciascuno. La vittima della frode denunciò al direttore della filiale Carime di San Lucido l’uso “strano” della sua carta di credito da parte di un terzo. Tutto questo avvenne dopo che F. V. aveva chiesto l’estratto conto. E i numeri parlavano chiaro: nel periodo che va dal 28/06/2004 e l’11/08/2004 erano state effettuati tali prelievi che sono risultati subito sospetti per il cliente della banca. Il responsabile della filiare consigliò alla vittima della frode di chiedere ai familiari se avessero utilizzato la carta di credito. Ma nessuno dei congiunti era responsabile degli otto Un’aula di giustizia prelievi effettuati. Nel dispositivo si legge che il direttore ha consigliato al cliente della banca di presentare «regolare domanda ai carabinieri, facendosene rilasciare una copia da riportare in banca per la procedura di rimborso». Per il tribunale di Paola F. V. ha «subito una una frode sulla propria carta Bancomat». I prelievi «erano stati sistematici ed eseguiti all’insaputa del titolare della carta di credito» E pertanto condanna la «Banca Carime Spa al pagamaento di 2000mila euro oltre agli interessi di mora maturati dal 2004 sino al saldo effettivo». Alfonso Bombini Gli ex lavoratori: «Siamo stati abbandonati dalla Regione» Un gruppo di disoccupati del Tirreno cosentino, lamemntano di essere stati abbandonato dalla Regione Calabria. «Avevamo intravisto la possibilità di un sostegno al reddito perchè dovevamo essere impegnati nel progetto "Pia- 87027 Paola. I disegni non devono superare le dimensioni di un foglio formato A3 (297 x 420mm), indicando la classe, il nome della scuola, e dell’insegnante di riferimento, il telefono della scuola. L’aiuola/spazio verde sarà allestita in ottobre, dove i ragazzi, i veri protagonisti, affiancheranno i giardinieri della “Green service giardini” nella realizzazione dello spazio verde. Altre 20 classi, scelte dalla giuria della Green service giardini, riceveranno il libro “Il giardino delle farfalle”, contenente quattro tipi di semi utili alla nutrizione e alla riproduzione delle farfalle. Una giuria composta da esperti paesaggisti, valuterà i lavori pervenuti al concorso al quale hanno partecipato gli alunni delle scuole dell’infanzia, scuole primarie e secondarie del comprensorio». (m. f. s.) SAN LUCIDO Disoccupati senza sostegno CETRARO Scorcio di Paola ora L U C I D O no di inserimento occupazionale" promosso dalla Regione Calabria - affermano i disoccupati in una nota - Ci eravamo illusi che l'avvio di questa esperienza a dicembre 2011 ci avrebbe dato una buona opportunità di riscatto, anche sociale, e di intravedere finalmente uno spiraglio di pro- spettiva per il nostro futuro. Ma ci siamo sbagliati perchè non siamo stati più richiamati e nessuno ci sa dare indicazioni sulle prospettive di ripresa del nostro impegno». Il gruppo accusa l'assessorato regionale al lavoro e dei suoi più alti dirigenti «che, non utilizzano nel modo giusto i fon- PAOLA/2 Memorial di calcio ai licei in ricordo di Miki Monte dj Ieri mattina, il Liceo di Paola (scientifico, pa. Il trofeo è stato donato alla madre di “Miclassico, linguistico, tecnologico) ha ricorda- kiMontedj” (Michelangelo era un appassioto Michelangelo Montefusco, giovane dj di nato di musica), unitamente ad un mazzo di San Lucido, morto nel mese di febbraio del rose, mentre al fratello dello stesso, Riccardo 2011. Per l’occasione Montefusco, è stato è stato organizzato consegnato un atteun Memorial dove stato. Visibilmente quattro squadre di commossi i familiari calcio si sono condello sfortunato lifrontate al campo ceale. La mamma, in sportivo ubicato nelparticolar modo, nel la località Tina a suo discorso, ha Paola. I gruppi di esortato i giovani giocatori (divisi con i presenti all’evento a colori blu, nero, gialnon tenere nulla lo e rosso) erano tutdentro di loro, a conti formati da studenfidarsi con i propri ti del liceo, fatta ecce- Michelangelo Montefusco genitori onde evitare zione per la presenza che, sulla scorta di di qualche docende e di quattro figure femmi- problemi di poco conto, possano verificarsi nili. Al termine delle partite la prima classifi- delle vere e proprie tragedie. cata, ovvero la squadra blu, ha vinto una copStefania Sapienza di messi a disposizione dalla Comunità europea. Assistiamo solo a dichiarazioni di principio ed a tanta propaganda mediatica mentre qui, sul nostro territorio, ed in tutta la Calabria aumentano disoccupazione e povertà. Noi non rinunciamo alla possibilità che ci può essere data con quel progetto e faremo di tutto per riprendere quel nostro impegno lavorativo. Speriamo che ci sia ancora qualche sensibilità nella Regione Calabria e che almeno il Presidente si renda conto del dramma che tutti noi stiamo vivendo. Speriamo anche che il sindacato, che ha sostenuto finora le iniziative per i disoccupati, prenda a cuore la nostra situazione e spinga la Regione a promuovere iniziative per l'occupazione e soprattutto per la ripresa del nostro progetto. Troppo tempo sta passando inutilmente e noi stiamo pensando che a questo silenzio dobbiamo rispondere con la mobilitazione e con azioni di lotta, se necessario anche eclatanti, presso l'assessorato al lavoro a Catanzaro e presso la prefettura. Solo così - conclude il gruppo - probabilmente sarà possibile smuovere questa situazione stagnante. Speriamo che il sindacato non ci lascerà da soli in questa battaglia per la nostra sopravvivenza e per la nostra dignità». Fiorella Squillaro 30 MERCOLEDÌ 14 marzo 2012 calabria ora AMANTEA - FUSCALDO - GRISOLIA Clan, 4 testi dal giudice Nepetia è al capolinea COSENZA Ieri la discussione sulla posizione di tre imputati AMANTEA Il processo “Nepetia-Enigma” è in dirittura d’arrivo. Ieri mattina, infatti, presso il tribunale di Paola, innanzi il collegio penale, sono stati sentiti altri testimoni della difesa. Il 27 marzo, pertanto, si dovrebbe chiudere l’istruttoria dibattimentale, come hanno evidenziato i giudici in aula. Successivamente si darà spazio alla discussione conclusiva di pubblico ministero, parti civili e, infine, le arringhe della difesa. Sarà poi il collegio penale a sentenziare sui ventitrè imputati che stanno seguendo il rito ordinario. Ma, ritornando al processo di ieri, sono stati sentiti in tutto quattro testi, i quali sono stati chiamati ad esprimersi sulla posizione di Roberto Di Lauro, Armando Mendicino e Natale Rizzo. Attraverso le loro domande, i difensori hanno fatto emergere come, negli anni 2006/2007 (cioè quando è scattata l’operazione “Nepetia-Enigma”), Di Lauro si trovasse al porto esclusivamente per questioni di lavoro. Lo stesso, così come hanno raccontato i testi, era responsabile della biglietteria della Motonave Benedetta II che garantiva viaggi da e per le isole Eolie durante il periodo estivo. Nessun contatto diretto sarebbe mai avvenuto tra il Di Lauro e gli appartenenti alla consorteria locale (Tommaso Gentile, Guido e Il boss Tommaso Gentile Massimo Africano, Pasqualino Besaldo). Altra posizione oggetto di analisi è stata quella del sovrintendete dell’Arma Armando Mendicino, accusato di aver fornito il proprio “contributo” alla cosca, consegnando al cap clan Tommaso Gentile una lettera anonima ritrovata al di fuori dell’esercizio delle sue competenze, contenente denunce contro alcuni affiliati al FUSCALDO/2 Appello a Napolitano per i diritti dei disabili Il comitato “Mamme indispensabili” continua la sua battaglia di civiltà e di tutela dei diritti dei disabili e dei loro familiari che vedono continuamente calpestati i propri diritti ed i propri bisogni. Proprio sul problema dei diritti dei disabili nei giorni scorsi, la portavoce del Comitato “Mamme indispensabili” Stella Marcone ha rivolto un'accorata missiva, direttamente al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Tanti ed importantissimi i temi contenuti nella lettera - afferma la portavoce del comitato Stella Marcone - dall'esigenza di sempre più numerose strutture per disabili ad una maggiore tutela per quanto riguarda l'inclusione nel mondo lavorativo». Le famiglie del comitato, a nome del loro portavoce, Marcone, si sono rivolte anche al presidente del Consiglio Mario Monti e all'onorevole Antonio Guidi, che da anni segue con attenzione e disponibilità tutte le problematiche che gli sono state sempre segnalate. «La lettera al Presidente,a cui si è chiesto anche di ricevere una nostra delegazione per un costruttivo confronto, è un appello alle istituzioni affinchè esse siano vicine e presenti alle problematiche della nostra Regione.E' importante mettere in clan medesimo e collaborando con lo stesso per identificare il probabile autore». Ebbene, il teste (un graduato appartenente sempre ai carabinieri) della difesa ha sottolineato come tale stato di cose era già stato segnalato dal Mendicino ad un suo superiore, diverso tempo prima che gli venisse notificato l’avviso di garanzia per la vicenda giudiziaria in corso. Infine, l’ultimo testimone, responsabile di una cooperativa di pescatori ad Amantea, è stato chiamato a discutere sulla gestione del Porto di Campora San Giovanni negli anni in cui lo stesso è stato attenzionato dalle forze dell’ordine (2006/2007). Dalla discussione è emerso che il primo ad essersi occupato dell’area portuale e di tutto ciò ad essa connessa era stato tale Furgiuele al quale ha fatto seguito Giannetti. Natale Rizzo, all’epoca dei fatti, si occupava degli ormeggi delle barche da pesca a da diporto. Il porto, a quei tempi, funzionava bene. Oggi, invece, l’imbocco è insabbiato da ben sei mesi. Al termine dell’escussione dei testimoni il collegio penale si è congedato ricordando che alla prossima udienza saranno sentiti i testi per le posizioni di Tommaso Signorelli, Antonio Coccimiglio, Beniamino Molinaro, Franco La Rupa e Concetta Schettini. STEFANIA SAPIENZA [email protected] FUSCALDO Gravina ricorda Silipo deceduto in Canada «La scomparsa dell’ex ministro canadese Tony Silipo ci riempie di profondo dolore e di tristezza, anche e soprattutto in virtù del forte e solido legame tra lo stesso, nella sua qualità di presidente dei calabresi dell’Ontario, e la comunità di Fuscaldo». E’ quanto si legge in una nota stampa redatta dal movimento politico “Fuscaldo europea”, subito dopo aver appreso della prematura scomparsa di Tony Silipo, già ministro dell’Istruzione canadese e presidente della federazione dei calabresi della regione dell’Ontario. “Ricordiamo gli anni in cui, per volontà della passata amministrazione comunale guidata dal nostro attuale capogruppo, Davide Gravina, si era inteso dar vita ad un progetto di ampio respiro internazionale che ci portò a conoscere proprio Tony Silipo e ad instaurare, con lui - proclamato amico della città di Fuscaldo e ricevuto ufficialmente in Municipio - un solido legame ed una sinergica collaborazione che si concretizzò con la visita e la permanenza, a Fuscaldo, di una folta delegazione di studenti provenienti dal Canada. Questo ambizioso progetto di scambio L’ha nominata il Presidente della Repubblica. S’insedierà a breve Maria Chiellino, Vito Laino e Domenico Giordano sono i componenti della Commissione straordinaria di liquidazione, del comune di Fuscaldo, per l’amministrazione della fase di dissesto finanziario che, lo ricordiamo, è stato votato, nello scorso mese di novembre, dal consiglio comunale per volontà della maggioranza consiliare e con i voti contrari delle minoranza. La nomina, per come viene sottolineato in una comunicazione della Prefettura di Cosenza, è giunta direttamente dalla Presidenza della Repubblica, at- traverso il decreto firmato dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. A renderlo noto è la stessa amministrazione comunale di Fuscaldo ed il sindaco Gianfranco Ramundo, il quale, nella giornata di ieri, ha provveduto ad inoltrare la comunicazione di nomina dei Commissari ai capigruppo GRISOLIA atto tutte le iniziative possibili per realizzare quanto ancora stiamo aspettando: una maggiore partecipazione alla vita sociale e una maggiore collaborazione tra gli enti pubblici e le famiglie. Il comitato raccoglie e fa proprio l'invito che giustamente il Presidente della Repubblica, lo scorso dicembre ha rivolto a tutti: “vigilare affinchè la crisi economica non riduca i diritti delle persone con disabilità,delle strutture e delle famiglie che li assistono». Il comitato “Mamme Indipensabili”, con sede a Fuscaldo continuerà ad attuare le finalità che si è proposto: sensibilizzare, coinvolgere e mobilitare l'opinione pubblica su queste tematiche fondamentali: il rispetto e lo sviluppo dei disabili. Sul problema si attende, la risposta del capo dello Stato. m. f. s. culturale (unitamente all’ottima intuizione del Borgo della Sapienza), che vide la comunità fuscaldese al centro e protagonista di percorsi internazionali sino allo scorso anno, fu altresì merito della volontà, da parte dell’amico di Tony e della sua energica consorte, Anna Maria Miraglia, di stringere forti relazioni con la loro terra d’origine: la Calabria. Il nostro ricordo per Tony Silipo, pertanto, è ricco di affetto e di eterna stima. Di lui rammenteremo il fatto di non aver mai rinnegato le proprie origini calabresi e, in particolare, l’orgoglio di sentirsi figlio di questa terra. Ci stringiamo attorno alla sua famiglia, alla moglie Anna Maria ed a tutti coloro i quali hanno avuto la fortuna di conoscerlo». Giovanni Folino Dissesto, c’è la commissione FUSCALDO Stella Marcone Davide Gravina Parco nazionale del Pollino Sequestrati 18 cinghiali Sequestri cautelativi sanitari nel Parco na- le stanno effettuando all’interno della area zionale del Pollino e multe ai trasgressori per protetta calabro-lucana. I 18 cinghiali sono 20mila euro. Nei giorni scorsi gli uomini del stati rinvenuti in due distinte aziende, in una comando stazione della Guardia forestale di 11 ed in un'altra sette, tutti privi degli obbliGrisolia hanno effettuato gatori marchi auricolari. due sequestri cautelativi dai controlli è risultato sanitari di 18 cinghiali che gli animali erano non privi di profilassi. Contierano stati sottoposti ai nuano i controlli del Corprevisti piani di profilaspo forestale dello Stato alsi veterinaria. Le guardie l’interno del parco Nazioforestali, pertanto, hanno nale del Pollino. Nei giorprovveduto al sequestro ni scorsi gli uomini del cautelativo degli animali. Comando Stazione di I 18 cinghiali verranno Grisolia hanno effettuato ora identificati e sottopodue sequestri cautelativi sti a prove diagnostiche Gli animali nel recinto sanitari di 18 cinghiali. da parte del servizio veteGli animali interessati a rinario competente per tale controllo sono stati rinvenuti in località territorio, mentre ai proprietari responsabili “Mezzane” del comune di Grisolia in zona “1” le violazioni descritte sono stati elevati verbadel parco Nazionale del Pollino a seguito di li amministrativi per 20mila euro. accurati controlli che gli uomini della ForestaMaria Fiorella Squillaro consiliari Nicola Cosentino (La Nostra Fuscaldo), Davide Gravina (Fuscaldo europea) e Giacomo Middea (Uniti per Fuscaldo). Nel decreto firmato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano si legge: «Considerato che il comune di Fuscaldo ha adottato la deliberazione di dissesto e che, pertanto, è necessario procedere alla nomina di una Commissione straordinario di liquidazione per l’amministrazione della gestione e dell’indebitamento pregresso e l’adozione di tutti i provvedimenti per l’estinzione dei debiti e vista la proposta del Ministero dell’Interno, si decreta la nomina del dott. Domenico Giordano (dirigente di seconda fascia), della dott.ssa Maria Chiellino (funzionario economico e finanziario) e del dott. Vito Laino (funzionario economico e finanziario) quali componenti della Commissione straordinaria di liquidazione, la gestione e dell’indebitamento pregresso, nonché per l’adozione di tutti i provvedimenti per l’estinzione dei debiti dell’ente». La Commissione straordinaria di liquidazione, opera in posizione di autonomia e totale indipendenza dalle strutture dell’ente; è legittimata a sostituirsi agli organi istituzionali nell’attività propria della liquidazione e, soprattutto, può auto-organizzarsi. g. f.