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Aspettando... che qualcosa si muova in Area vasta

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Aspettando... che qualcosa si muova in Area vasta
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Edizione di Ascoli Piceno - n. 3 del 30/04/2012
Aspettando... che qualcosa si
muova in Area vasta
Teatro dell’assurdo
o rappresentazione della sanità marchigiana?
Dentisti, prestazioni
“low cost”
Diagnosi dell’infarto
del miocardio
La salute ci sta a
cuore
Un punto di vista istituzionale
Trovati nuovi biomarcatori
Agenas promuove a pieni voti
la cardiologia di Ascoli Piceno
Chi più spende meno spende? Sì,
se non si parla solo di soldi ma di
qualità. Diffidare dei prezzi troppo
convenienti, ma con un occhio al
portafoglio.
Il tempo può fare la differenza
fra la vita e la morte. Uno studio
marchigiano Inrca-Univpm trova
una via per intervenire prima e più
efficacemente.
intervista al Dott. Luciano Moretti,
direttore dell’unità con prestazioni
eccellenti rilevati dal PNE
a pag. 12
a pag. 14
a pag. 17
Periodico trimestrale
Testata registrata il 27 ottobre 2011
al n. 497 del Registro Stampa
del Tribunale di Ascoli Piceno
Direttore responsabile
Italo Paolini
Vice direttore
Francesca Gironelli
Direttore editoriale
Benedetto Liberati
Coordinamento Editoriale
Astrelia srl
Hanno collaborato:
Filippo Altilia
Roberto Antonicelli
Antonio Avolio
Giuseppina Bardini
Bruno Borioni
Federica Lombardi
Antonio Orlacchio
Albino Emidio Pagnoni
Lucio Sotte
Enea Spinozzi
Progetto grafico e impaginazione
Astrelia srl
Via Mattei, 1 - S. Benedetto del Tr.
(Ascoli Piceno)
Tel +39 0735 659362
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Editore
Ordine dei Medici Chirurghi e
Odontoiatri di Ascoli Piceno
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63100 Ascoli Piceno
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Orari di apertura
dal lunedì al venerdì: 10-15
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Materiale e fotografie ricevuti in redazione, pubblicati
o non pubblicati, non verranno restituiti.
Intro
in questo numero
Area vasta, c’è ma non si vede
alcune considerazioni e un po’ di numeri per ripensare la Sanità regionale
Malattie renali, quando l’alimentazione fa la differenza
l’irc cronica si combatte anche con la dietoterapia
Asimmetria informativa fra medico e paziente
quando è giusto prendere la misura
Dentisti e prestazioni
un punto di vista istituzionale
Diagnosi dell’infarto del miocardio
trovati nuovi biomarcatori
Paraplegia spastica ereditaria
identificato un gene coinvolto nella malattia: colpisce una persona ogni 10mila
La salute ci sta a cuore
Agenas/Pne, promossa a pieni voti la cardiologia di Ascoli Piceno
Enpam sotto inchiesta
l’ente previdenziale a rischio accorpamento Inps?
Medici e previdenza
per chi vuole rinfrescarsi la memoria
Agopuntura. una terapia veramente di punta
appunti di taccuino e approfondimenti
Medicina antiaging
previsione, prevenzione e comportamento
Smart doctor, le app consigliate
tenersi aggiornati con servizi gratuiti
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Per proporre i tuoi commenti o segnalare un argomento da
sottoporre alla redazione scrivici a [email protected]
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Intro
di Italo Paolini
Il terzo numero di Doc’s arriva online in un momento critico.
Il recente clamore sollevato dall’inchiesta sull’Enpam, che vede coinvolto il Presidente Parodi,
ha avuto ampio spazio sui media. Vogliamo occuparcene anche noi, non per aumentare il
rumore informativo di fondo, ma per affrontare la questione con la nostra prospettiva, quella
di professionisti della sanità toccati direttamente dalla vicenda. Soprattutto ne diamo
informazione nella speranza che, presto e bene, siano chiarite le responsabilità.
L’auspicio è che vengano restituite trasparenza all’Ente e tranquillità ai medici.
I temi trattati in questo numero di Doc’s sono diversi, con molti approfondimenti anche
tramite link e pdf collegati. Fra questi, il contributo della ricerca scientifica, tasto dolente
nel nostro Paese ma che porta soddisfazioni sicure per l’Italia e per la nostra regione.
Sono di poco tempo fa le pubblicazioni delle ottime performance degli ospedali di
Ancona e Ascoli Piceno nel PNE di Agenas.
Un ultimo pensiero personale: il Presidente dell’Ordine di Ascoli Piceno, Antonio Avolio,
ha partecipato alla Conferenza dei Sindaci di Area vasta. Nella rubrica Local riporta
il suo commento. Dire che per la sanità picena si stenta ad intravedere la strada è
un puro eufemismo. L’Area vasta, introdotta nel primo numero di Doc’s con quanto
previsto dalla revisione normativa regionale, è ancora un oggetto per il quale
comprendere contorni precisi, progettualità e responsabilità è impossibile.
La mancanza di una progettazione chiara per offerta ospedaliera, sviluppo
dell’assistenza primaria e interconnessione tra livelli assistenziali può
significare il colpo decisivo per la sopravvivenza del nostro sistema sanitario
pubblico. Soprattutto in una prospettiva di ulteriori tagli ai sistemi sanitari
regionali e con l’aumento progressivo delle esigenze assistenziali, a causa
dell’invecchiamento della popolazione e della cronicità.
C’è un grande malessere tra i medici e gli operatori del mondo sanitario
per le condizioni di lavoro e di organizzazione, aggravati dalla mancanza
di prospettive chiare, di analisi oggettive e di proposte operative per
risolvere i tanti problemi che crescono di numero e peso.
Disagio sociale e crisi economica, associate ad un peggioramento
della risposta sanitaria, costituiscono un mix micidiale. Il problema
di valutare la qualità della risposta assistenziale in ogni settore, per
garantirne l’uniformità e il livello, è ineludibile.
Nelle settimane scorse ho avuto notizia di una circolare che
vieta ai medici del sistema sanitario nazionale, dipendenti, di
esprimere proprie valutazioni ed eventuali critiche su organi
di stampa e sui media senza il preventivo assenso della direzione
Asur Marche.
Questa decisione, grave e discutibile, rischia di ridurre gli spazi
di conoscenza e di dibattito libero. E forse denota uno stortura
Italo Paolini
nel gestire la cosa pubblica.
Direttore responsabile
A mio modo di vedere, Doc’s dovrà sviluppare propri
strumenti di inchiesta e approfondimento per colmare un
possibile deficit informativo e di denuncia.
Per questo rinnovo il mio appello a diffondere la
conoscenza del nostro e-magazine e a collaborare
attivamente ai suoi contenuti. Appello stavolta più
pressante: riguarda tutti.
Aprile 2012 n. 3 - 5
Local
Area vasta, c’è ma non si vede
alcune considerazioni per ripensare la sanità
regionale
di Antonio Avolio*
...
Il 6 aprile scorso, a Castel di Lama (AP), si è tenuta
la Conferenza dei Sindaci di Area vasta delle
Marche.
È stata una assemblea aperta la pubblico, ma senza
possibilità di intervento.
Presenti le massime autorità sanitarie: l’assessore
regionale alla sanità Almerino Mezzolani, il direttore generale dell’Asur Piero Ciccarelli e il direttore
dell’ARS Carmine Ruta. Era presente, ovviamente,
anche il direttore Giovanni Stroppa dell’Area vasta 5
di Ascoli Piceno.
Tra gli astanti, l’on. Amedeo Ciccanti, l’assessore
regionale al Piceno Antonio Canzian e il consigliere regionale Valeriano Camela e i sindaci diretti
interessati, in primis Guido Castelli di Ascoli Piceno e
Giovanni Gaspari di San Benedetto del Tronto.
Oltre agli addetti ai lavori, ho dovuto registrare una
scarsa partecipazione di pubblico, in particolare
molto pochi erano i medici presenti.
L’aspettativa era alta, per la ventilata presentazione
del piano attuativo dell’organizzazione socio-sanitaria in Area vasta. Io ero presente in considerazione
delle ovvie implicazioni che tale ristrutturazione
comporta per la nostra professione, sia per i colleghi
ospedalieri, sia per i colleghi del territorio e cure
primarie.
Alcune considerazioni
Ogni ragionamento sulle ipotesi di riassetto organizzativo - in nome della efficacia, efficienza e migliore utilizzo delle risorse - risulterebbe solo
mero esercizio intellettuale senza valutare
alcune informazioni.
Il valore complessivo delle manovre
economiche nel 2011 sono passate
dai 57 miliardi di euro del Governo
Berlusconi a circa 80 miliardi con la
manovra “Salva Italia” del Governo
Monti.
I dati Istat del 15 febbraio
pongono il nostro Paese
tecnicamente in recessione:
-1,12% di Pil per il 2012,
stagnazione per il 2013
6-
Aprile 2012 n. 3
(0% del Pil), ma
con previsioni al ribasso.
Sui servizi sanitari regionali gravano i tagli di 8
miliardi delle manovre di luglio e agosto 2011, più i
tagli già in atto con il Patto della salute 2011-13, portando una riduzione complessiva del finanziamento
alla sanità di 17,5 miliardi nel triennio 2012-2014.
Slitta al 31 ottobre il termine per siglare il Patto per
la salute 2013-2015.
Al centro della discussione, l’ulteriore taglio di 7,5
miliardi di euro alla sanità. Ma non basta.
(Dati estratti dall’ “ Ageing Report 2009”)
Proiezioni sui 27 Paesi UE dal 2008 al 2060:
• oggi metà della popolazione UE è over 40 anni, nel
2060 la metà sarà over 48 anni;
• gli over 65, oggi pari a 85 milioni, nel 2060 saranno
151 milioni, gli over 80 passeranno da 22 milioni a 61
milioni.
Ovvie le implicazioni in termini di aumento della
domanda di prestazioni e servizi sanitari orientati
dall’invecchiamento della popolazione.
Ma cosa succederà nelle Marche?
Il CeRM, Istituto di ricerche economiche e di mercato, ha pubblicato nel 2011 uno studio che collega
costi e invecchiamento. Nel costruire un modello di
simulazione dei costi standard ha predisposto i profili di spesa di tre Regioni “virtuose” dal punto di vista
economico-sanitario: Lombardia, Emilia-Romagna
e Marche. Le conclusioni: “Fermo restando
gli attuali LEA, al netto delle spese in conto
capitale e di quelle connesse alla Long
Term Care, nell’ipotesi più favorevole la
spesa standardizzata sulle migliori
performance salirà d 1 p.p. del
Pil dal 2011 al 2030, e cioè
da 106 a 156 miliardi;
nell’ipotesi più impegnativa crescerà di
2,4 p.p. e cioè a 186
miliardi di euro.”
Tali proiezioni
ed esercizi di
simulazione
vanno sicuramente presi “cum grano salis”, ma servono
per contestualizzare di cosa e come dobbiamo ragionare.
Non è azzardato pensare che la manovra più semplice da fare (e purtroppo la più probabile) sia un taglio
drastico e lineare a personale, servizi e prestazioni
sanitarie, nonché una diminuzione dei LEA, ma se
vogliamo che il nostro sistema di welfare continui ad
essere universale, equo e solidale è necessaria una reale
trasformazione della nostra sanità, abbandonando posizioni di comodo, facili rendite, clientelismi, tornaconti
politici e campanilismi, e non ultimo il nostro modo di
pensare e di agire. Altrimenti dal 2013 tutte le Regioni,
le Marche incluse, dovranno attuare piani di rientro,
ossia “commissariamento”.
Bisogna avere coraggio
La classe politica deve volere il cambiamento, i professionisti devono favorirlo nell’equità, nell’autonomia e
nelle competenze e i cittadini devono volere un utilizzo
corretto e senza sprechi di risorse economiche
che sono di tutti.
Alcune cose di cui tener conto senza le quali non si può
procedere:
• le famigerate Eccellenze e Superspecialità hanno
bisogno di un determinato bacino di utenza e casistica
(come indicano le società scientifiche) per poter essere
tali ed erogare servizi secondo gli standard EBM, altrimenti non hanno senso;
• i piccoli ospedali vanno riconvertiti in strutture assistenziali di bassa intensità;
• i P.O. della stessa Area sanitaria vanno messi in rete
secondo profili di complessità funzionale e per diversificare l’offerta;
• le cure primarie vanno organizzate in Unità Operative
territoriali multidisciplinari con supporto tecnologico e
di personale;
• bisogna spostare attività sanitarie laddove costa
meno, coinvolgendo tutti i profili professionali che
operano nel sistema;
• bisogna investire in qualificazione e riqualificazione
del personale in modo concreto, guidati dai bisogni
emergenti della popolazione, perché il personale
sanitario è la prima e più grande risorsa dell’azienda
sanitaria.
Ripensare radicalmente la Sanità
Dall’aziendalizzazione mai compiuta, ai rapporti di convenzione e di dipendenza con servizi sanitari regionali
che, vecchi di oltre 40 anni, così come sono non sembrano più reggere le dinamiche del nuovo welfare e dei
cambiamenti vorticosi epidemiologici e demografici
della nostra società. Dal rapporto con la sanità privata
che oltre a tener conto dei suo profitto deve essere
coerente e congrua con le finalità della sanità pubblica,
se con essa vuole integrarsi, ricavandone opportunità e
utili. Da questo bisogna partire, e ripensare la sanità.
Ma queste cose le sanno tutti.
È giunto ineludibile il momento di agire.
Altrimenti anche nei governi regionali avverrà quello
che sta avvenendo nel governo dello Stato: il fallimento della politica e il ricorso ai tecnici per una manovra
“Salva Sanità”.
Bisogna che la dirigenza politica e sanitaria sia facilitatrice del cambiamento, con il coinvolgimento di tutti,
indicando chiaramente dove si è e dove si vuole andare.
Cronaca di una rivelazione mancata
La Conferenza dei sindaci di Area vasta del 6 aprile 2012
ha deluso le aspettative del poco pubblico presente, e
ancor più dei sindaci che attendevano una rivelazione,
che non c’è stata.
Si è parlato di situazione economica, tendenze e metodi, ma non si è entrati nel specifico operativo.
L’ufficializzazione del piano attuativo della
riorganizzazione socio-sanitaria in Area vasta avverrà
entro fine aprile, con una precedente condivisione con
la Conferenza dei sindaci. Stavolta senza pubblico.
*Presidente dell’Ordine dei Medici di Ascoli Piceno
Aprile 2012 n. 3 - 7
Focus
Malattie renali, l’alimentazione
fa la differenza
l’irc cronica si combatte anche con la dietoterapia
di Giuseppina Bardini
È sempre più diffuso il desiderio
di potersi curare con rimedi
naturali, senza ricorrere a terapie
farmacologiche o invasive,
trattamenti prolungati o cronici.
Sicuramente la dieta è il fondamento
di questi rimedi naturali, intendendo
per dieta non solo alimentazione,
ma anche stile di vita, attività fisica,
esclusione di abitudini voluttuarie.
...
Le malattie renali, come del resto tutte le patologie,
sono legate nel tempo a tre fasi: prevenzione,
diagnosi, terapia.
La prima fa parte del nostro vissuto: fattori di rischio,
fattori ambientali, dieta, ma anche genetica, età,
comorbidità, tutto ciò che precede e in un certo
senso prepara la manifestazione clinica di un qualsiasi
evento patologico. Potremmo dire che questa prima
fase “è nelle mani di ognuno” soprattutto quando si
parla di sana alimentazione.
La manifestazione della malattia, che di solito
coincide con la diagnosi - precoce, tempestiva o
tardiva che sia - è l’evento drammatico che a volte
comporta un cambiamento esistenziale.
Infine la terapia: somministrata dal medico, a volte
intensiva e di breve durata, altre volte cronica per
tutta la vita. In questa fase ritorna il “trattamento
dietetico”, specialmente per le malattie renali: per i
nefrologi non è limitato solo alla prevenzione ma è
stato per molti anni la sola terapia nell’insufficienza
renale, quando ancora non esistevano le terapie
dialitiche o il trapianto di rene. Continua ad essere un
pilastro della terapia dell’insufficienza renale cronica
(IRC) nelle sue fasi iniziali e nella litiasi renale.
Per IRC si intende un progressivo deficit
quantitativo della massa nefronica funzionante,
indipendentemente dalle cause che lo hanno indotto.
L’entità delle lesioni renali croniche, cioè irreversibili,
8-
Aprile 2012 n. 3
provoca una riduzione del volume del filtrato
glomerulare (VFG) che nell’uomo sano è 120 ml/min
circa.
Ridurre l’apporto di proteine con la dieta, per ridurre
i sintomi uremici, era una pratica empirica in uso fin
dagli inizi del Novecento. Solo negli anni Sessanta,
grazie soprattutto a due nefrologi italiani (Giovannetti
e Giordano), si è cominciato a studiare il metabolismo
delle sostanze azotate, per dare un fondamento
scientifico al trattamento dietetico basato sulla
riduzione di scorie azotate, garantendo un adeguato
apporto di calorie e di aminoacidi essenziali.
Fino ad allora la restrizione proteica era usata per
correggere i sintomi tardivi propri della sindrome
uremica (nausea, inappetenza, vomito, astenia,
diarrea, dimagrimento, edemi, sonnolenza fino al
coma uremico). Con la dieta si poteva migliorare
di poco la sintomatologia, ma non si poteva
offrire una soluzione completa e duratura alla IRC,
inesorabilmente progressiva. Sintomi come la gastrite
uremica, in contrasto con la necessità di assumere un
altissimo apporto di calorie, ne limitavano l’efficacia
nel tempo a prezzo di sviluppare una sindrome da
malnutrizione.
Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta la
diffusione a livello clinico della dialisi e del trapianto
renale ha indubbiamente migliorato la sopravvivenza
e risolto il problema di accumulo di tossine, ma si
sono evidenziati altri problemi metabolici di tipo
nutrizionale come quelli legati al metabolismo del
calcio-fosforo-paratormone o alle carenze marziali che
interessano non solo i dializzati ma anche i nefropatici
nelle fasi dell’IRC.
Negli anni Ottanta con la teoria dell’iperfiltrazione
si riprende a parlare della dietoterapia come
trattamento nelle varie fasi dell’IR per rallentare e/o
evitare l’evoluzione della nefropatia stessa.
Questa volta l’intervento è molto più precoce, nelle
fasi iniziali della IR: esistono presupposti sperimentali
e fisiopatologici di oltre 20 anni di studi. Brenner, con
la definizione di iperfiltrazione, introduce il concetto
secondo il quale la superalimentazione proteica
impone un superlavoro al rene e gli fa bruciare la
riserva di glomeruli sottocorticali. Le conseguenze
sono che il rene sano, non affetto da nefropatie
convenzionali, invecchia più velocemente - si calcola
CLASSI DI INSUFFICIENZA RENALE
E APPORTO PROTEICO CONSIGLIATO
Fase 1
Funzione
renale
normale
1g/pro Kg di
peso
ideale/die
Apporto
calorico 35
Kcal/Kg
Fase
educativa
Fase 2
Creatin. tra
1,5 e 2,5mg/dl
0,85 g di cui
0,50 g di
origine animale
Garantire
apporto di AA
Essenziali
Prevenire
l’osteo
distrofia
Fase 3
Creatin. tra
2,5 e 8 mg/dl
0,6 g
Pasta e pane
aproteici
Ridurre
proteine
vegetali
Evitare
malnutrizione
Fase 4
Creatin. >
8 mg/dl
Come fase 3
o Dieta
vegetariana
Integratori AAE e
chetoanaloghi
Predialisi
Calcio e vit.
che a 80 anni il filtrato sia circa la metà o i 2/3 di
quello del giovane, con un aumento progressivo
e proporzionale della sclerosi glomerulare - e il
rene malato deperisce, per la somma delle
due componenti: per la nefropatia e la
superalimentazione.
Dagli anni Ottanta in poi gli obiettivi
nutrizionali preventivi principali in
nefrologia sono stati:
• dieta ipoproteica per evitare
l’iperfiltrazione e prevenire la
sclerosi glomerulare • dieta ipofosforica per prevenire
l’iperparatiroidismo, oltre che
prevenire l’osteodistrofia uremica ha
un effetto protettivo sul parenchima
renale
• adeguato apporto calorico per prevenire la
malnutrizione.
A tal fine la restrizione dell’apporto
proteico (fino al limite di 0,6gr/ pro kg
di peso corporeo ideale /die) viene
effettuata precocemente, quando
ancora più del 50% della funzione
renale è conservata.
Nella pratica clinica diverse sono le
scuole di pensiero che orientano il
comportamento dei nefrologi. Alcuni
sostengono una terapia sostitutiva
precoce (inizio della dialisi anche per
valori non elevati di creatininemia e
azotemia) senza ricorrere a particolari
restrizioni dietetiche, altri fanno uso di
diete ipoproteiche in presenza solo di nefropatia
(proteinuria) senza insufficienza renale.
Al di là di questi estremismi, occorre iniziare
precocemente un discorso di educazione
alimentare che faccia comprendere
come l’alimentazione usuale, a base di
eccessivo consumo proteico, oltre 100
grammi al giorno in genere, è inutile e
dannosa.
L’ambizioso obiettivo per
quanto riguarda il ruolo della
dietoterapia nel trattamento
dell’IRC è “evitare l’iperfiltrazione
per prevenire la sclerosi progressiva”.
Può essere il nuovo modo per vincere la
battaglia contro l’inesorabile evoluzione
dell’insufficienza renale che da sempre
nefrologi e nefropatici hanno cercato
di vincere riportando successi assai
modesti (vedi Gentile, Dietetica nelle
malattie renali, 7- 251).
Ci sono numerosi suggestivi studi
in letteratura su modelli animali,
tantissime revisioni dei gruppi
di studio su nefropatici, molti
ricercatori segnalano l’effetto
protettivo della restrizione proteica.
Anche se ancora mancano studi e
trial randomizzati e controllati, i vari
gruppi di pazienti hanno beneficiato
di un rallentamento significativo
dell’evoluzione dell’insufficienza renale.
Aprile 2012 n. 3 - 9
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Asimmetria informativa fra
medico e paziente
quando è giusto prendere la misura
di Filippo Altilia
La distanza fra conscenze e saperi diversi,
di chi cura e di chi è curato, è indice di
un rapporto corretto quando si tratta di
salute.
...
Si usa dire che il buon medico deve avere tre qualità: sapere,
saper fare e saper essere.
Il sapere è per primo perché è il fondamento di ogni professione intellettuale, quale è quella del medico.
La laurea e l’esame di Stato attestano che il medico sa
quanto è necessario per esercitare la sua professione, ma
questa attività può durare anche cinquanta anni e più dopo
la laurea. Nel frattempo la scienza progredisce e i contenuti
del sapere cambiano: per questo è necessaria l’Educazione
Continua Medica. Il medico responsabile non può sottrarsi a
questo obbligo, che è anche un obbligo verso i suoi pazienti.
Hanno il diritto di avere un medico aggiornato.
Accade spesso, però, che l’ammalato cerchi di informarsi per
conto suo, testimone di come va con i diritti al giorno d’oggi.
Non mancano i mezzi, anzi i “media”. Così accade che, prima
di andare dal medico, il paziente cerca di ricordarsi che cosa
si è detto del suo problema in televisione o sulla stampa, si
collega a Internet e di sicuro troverà le notizie che gli interessano, insieme a informazioni della cui validità non può
giudicare. Alla fine si forma una sua personale convinzione
e questa il medico non la potrà ignorare.
Quello che il paziente non sa è che il proprio medico possiede quella che si chiama “asimmetria informativa”, che non
è solo il fatto di saperne più del paziente che sul problema
specifico potrebbe addirittura essere anche più aggiornato
del dottore.
L’asimmetria informativa (il termine lo usava Aldo Pagni, presidente della FNOM negli anni Novanta) consiste nel fatto
che solo il medico sa se
quelle informazioni sono quelle giuste per quel determinato
paziente.
Ad esempio, se una persona ha una epatite cronica potrà
trovare su Internet quale è oggi la cura migliore, ma il medico forse non gliela prescriverà: probabilmente perché ha il
sospetto che il paziente sia un po’ depresso e quel farmaco
potrebbe scatenare un depressione seria e, l’epatite, in fondo, tanto grave non è.
Oppure, riesaminando il paziente potrà accorgersi che la situazione è diventata grave e vale la pena di correre qualche
rischio. In questo caso dovrà parlarne col paziente e ottenere quello che si chiama il “consenso informato”, anche
semplicemente verbale.
Questo accade perché su Internet si possono trovare, in
genere, delle “linee guida” aggiornate su cosa fare per una
malattia, ma non si può trovare cosa fare per ogni singolo e
specifico paziente. In più, oggi, la maggior parte dei pazienti
è anziana e con più di una malattia: queste condizioni spesso causano l’esclusione dei soggetti dai grandi “trial clinici”
dai quali derivano le linee guida stesse.
Il paziente può arrivare a conoscere la patologia, ma il medico a questa conoscenza può, e deve, aggiungere la clinica.
Si tratta di due conoscenze messe a confronto.
L’asimmetria che ne risulta deriva dal fatto che ad una di
esse viene aggiunta una dimensione diversa, non nozionistica, cioè il giudizio clinico.
È importante che il medico mantenga un buon grado di
asimmetria informativa nei riguardi dei suoi assistiti e lo
può fare coltivando i due elementi che ne sono la base: la
formazione continua e la conoscenza clinica e umana di
ogni assistito.
L’asimmetria informativa serve al medico non per riaffermare una superiorità sull’ammalato, ma per convincere il
paziente a fare quel che il medico dice di fare.
Per il suo bene, la salute.
Aprile 2012 n. 3 - 11
Dentisti e prestazioni
“low cost”
un punto di vista istituzionale
di Emidio Albino Pagnoni*
Vorrei proporre un
ragionamento. E in
tre punti descrivere
lo scenario
dell’odontoiatria
italiana in questi anni.
Il punto
...
Primo punto. L’odontoiatria italiana è ai
vertici mondiali per la qualità degli operatori
e delle prestazioni. Il sistema italiano
privatistico è di alto contenuto tecnologico
e le prestazioni sono somministrate
in assoluta sicurezza, con protocolli
standardizzati, come peraltro in quasi
tutti i Paesi occidentali. Il modello italiano
viene assunto da tutte le nazioni emergenti
dell’est e del sud del mondo.
Secondo punto. Il settore pubblico non è
mai riuscito ad elargire prestazioni complesse
di qualità senza il contributo diretto del cittadino per
spese di materiali o di dispositivi protesici. Si fa anche
carico delle spese del personale medico, paramedico
e degli amministratori.
Lo scorso marzo, su un quotidiano
nazionale fra i più diffusi in Italia, è
stato pubblicato un articolo sulle
prestazioni low cost. A mio avviso,
in questo ultimo periodo la testata
giornalistica in questione ha preso di
mira la categoria odontoiatrica libero
professionale, quasi come a volerla
screditare. Nell’articolo si propongono
i prezzi unitari di alcune prestazioni
(la visita, la cura semplice e l’impianto)
effettuate presso studi professionali privati,
presso ambulatori low cost e nel servizio
sanitario pubblico prendendo come esempio la
Regione Toscana. Anche un non addetto ai lavori
può cogliere le improbabili cifre messe a confronto.
Si fa l’esempio di un impianto: in uno schema
l’autore dell’articolo “incriminato” fissa il prezzo di
un impianto applicato nel settore pubblico pari a €
250, nell’ambulatorio low cost a euro € 500 e nel
settore privato a € 1.800. Il primo pensiero che
potrebbe sovvenire guardando i prezzi sarebbe
quello di considerare la Regione Toscana come
l’opera di S. Vincenzo de’ Paoli, gli ambulatori low
cost come accettabili e gli ambulatori privati gestiti
da rapinatori. E invece entriamo nel dettaglio, perché
così forse non è.
Terzo punto. Le società low cost operano da tempo
nel settore odontoiatrico, sono prevalentemente
società di capitali e, sebbene svolgano un ruolo
sociale avvicinando alle prestazioni fasce di
popolazione che non troverebbero soddisfazione se
non ricorrendo al settore pubblico, come in ogni altra
attività economica si cerca di guadagnare.
Per un impianto in Toscana si richiede al paziente un
contributo extra di euro 250 ma già nei costi a carico
della Regione sono compresi quelli del personale
medico, paramedico e amministrativo, che non sono
pochi. In passato, e per altre vicende, sono stati
calcolati: superano quelli di uno studio privato.
Il centro low cost applica un impianto al costo di
€ 500 (ndr. con o senza componentistica protesica?).
La crisi impegna molti a trovare mezzi e sistemi
per continuare a vivere, impegna molti altri ad
arrabattarsi per sopravvivere. In questo clima critico
possono trovare terreno fertile il qualunquismo
e la demagogia; si può sparare sul mucchio giornalisticamente parlando - per ricavarne
una pubblicità gratuita o per apparire paladini
dell’interesse del cittadino.
Poniamoci alcune domande: che tipo di impianto
è stato inserito? Le voci che contraddistinguono le
prestazioni sono le stesse? Oppure il costo di una
prestazione è la sommatoria di più costi?
Queste domande servono per difendersi da una
informazione incompleta, o da una pubblicità
ingannevole, che presenta il costo di una prestazione
molto basso alla quale però devono aggiungersi altre
12 -
Aprile 2012 n. 3
prestazioni necessarie - che hanno un altro costo - come medicazioni e controlli
- arrivando, dunque, ad un prezzo plausibile. C’è anche chi offre visita, lastra e
detartrasi a 1 euro. Questo accade su Internet con gruppi di acquisto.
Ma al di là della ridicolizzazione di una prestazione essenziale come la visita, chi
può credere che una lastra e una prestazione odontoiatrica possano costrare 1
euro, senza nutrire seri dubbi sulla qualità? È lo specchietto per le allodole utile
a conquistare nuova clientela.
Ma è possibile che nel campo della salute, un “bene primario”, sia necessario
ricorrere a questi mezzucci da supermercato? Chi compra impianti, come noi
dentisti privati, sa che la gamma di offerta è enorme. Il costo presso il fornitore
va da poche decine a centinaia di euro per impianto completo di tutte le sue
componenti, di cui la metà è il costo della parte endossea e l’altra metà della
componentistica protesica. Le stesse ditte produttrici hanno diverse linee
implantari destinate all’Europa, all’America, al terzo e quarto mondo.
Naturalmente il costo più basso è contraddistinto da scarsa tecnologia e qualità.
Se ci mettiamo a cercare, troviamo sempre qualcuno che produce a minor
costo. Ma facciamo attenzione.
Che non sia come per le tristemente famose protesi mammarie - il produttore
usava silicone industriale per abbattere i costi - o le altrettanto famose protesi
d’anca, che rilasciano sabbie metalliche tossiche.
Si può obiettare che anche i dentisti privati possano spacciare per impianti
supertecnologici delle semplici “sòle”. Il dentista libero professionista presta
la sua opera nel suo studio in maniera continuativa, inserisce l’impianto e la
protesi: in qualsiasi momento del lavoro implantoprotesico, se si presenta un
problema, ne risponde direttamente e per almeno dieci anni.
Nel centro low cost, dove spesso c’è un ricambio continuo di odontoiatri, è
difficile ritrovare il professionista che ha effettuato il primo lavoro e altrettanto
difficile attribuire responsabilità, soprattutto quando si avvicendano o
subentrano diversi professionisti nel lavoro già avviato.
Per questo ritengo che perseguire la qualità sia l’unico obiettivo: non tradisce
l’operatore ed è garanzia per il paziente.
Ultima postilla. A fine marzo, nello stesso quotidiano che sembra volesse
sostenere le cure low cost, esce una nota a firma di un diverso autore, che
laconicamente richiede maggiori controlli e regole più severe per il low cost: è
morta a 28 anni una donna di Barletta. Per un farmaco acquistato online.
*Albino Emidio Pagnoni Presidente Albo Provinciale Odontoiatri di Ascoli Piceno.
Aprile 2012 n. 3 - 13
Logos
Diagnosi
dell’infarto del miocardio
trovati nuovi biomarcatori
di Roberto Antonicelli*
L’infarto, malattia legata
all’invecchiamento, rappresenta un
problema sanitario rilevante: dato il
costante incremento dell’età media
degli italiani, la sua prevalenza è
particolarmente alta.
Le probabilità di un intervento efficace
e, a volte, di sopravvivenza a questa
malattia sono fortemente legate
alla rapidità dell’intervento. È quindi
rilevante poter disporre di strumenti
sensibili e specifici.
La diagnostica dell’infarto si basa
su sintomatologia, alterazioni
dell’elettrocardiogramma e degli
enzimi miocardio specifici. Ma nei
pazienti geriatrici colpiti da infarto
acuto del miocardio sono spesso
presenti sintomi atipici: anche l’analisi
del tracciato elettrocardiografico non
sempre consente di arrivare ad una
diagnosi certa in tempi rapidi. L’attuale
marcatore circolante d’elezione, la
troponina cardiaca, non è sempre
un valido supporto diagnostico nei
pazienti anziani. Sfortunatamente,
infatti, anche patologie diverse
dall’ischemia cardiaca come lo
scompenso cardiaco acuto (CHF),
patologia molto frequente in questa
fascia di popolazione, possono
determinare elevazioni della
troponina.
Queste sono le motivazioni che
hanno spinto ad approfondire la
ricerca di altri nuovi biomarcatori, più
sensibili e più specifici nell’individuare
precocemente questa patologia.
I ricercatori della U.O. di Cardiologia
dell’Istituto Scientifico Inrca di Ancona
insieme a quelli del Dipartimento di
Patologia Generale dell’Università
Politecnica delle Marche, hanno deciso
d’intraprendere uno studio finalizzato
a stabilire se i microRNA circolanti
potessero essere marcatori idonei a
questo fine diagnostico.
14 -
Aprile 2012 n. 3
I microRNA sono piccole molecole
di RNA prodotte da tutte le cellule,
compresi i cardiomiociti, che
possono essere rilasciate nel torrente
circolatorio. I microRNA presenti in
circolo nel plasma sono recentemente
stati individuati come nuovi marcatori
d’infarto, ma il loro potenziale
diagnostico fino ad oggi non era stato
stimato in pazienti anziani affetti da
infarto del miocardio di tipo NSTEMI,
la forma più diffusa della patologia
infartuale nella popolazione anziana.
Per eseguire questo studio,
recentemente pubblicato sulla
prestigiosa rivista “International
Journal of Cardiology”, al momento
della presentazione al pronto soccorso
della struttura ospedaliera dell’Inrca di
Ancona, sono stati arruolati 92 pazienti
affetti da infarto del miocardio di tipo
NSTEMI con un’età media di 82.6±6.9
anni (per il 74% dei casi complicati da
scompenso cardiaco) e 81 pazienti
affetti da scompenso miocardio acuto
senza concomitante ischemia cardiaca
(CHF) con un’età media di 81.3±6.8
anni. Sono stati arruolati anche 99
soggetti sani di età comparabile a
quella dei pazienti affetti da NSTEMI e
CHF.
In tutti i soggetti arruolati sono stati
misurati i livelli plasmatici dei seguenti
microRNA: miR-1, -21, -133a, -208a,
-423-5p e -499-5p.
I microRNA chiamati miR-1, -21 -133a e
-423-5p hanno mostrato un aumento
dalle 3 alle 10 volte negli infartuati
rispetto ai controlli sani, mentre il
microRNA denominato mir-499-5p
ha addirittura mostrato un aumento di
circa 80 volte rispetto ai controlli sani.
I microRNA denominati miR-499-5p e
-21 hanno mostrato un significativo
aumento nei NSTEMI anche rispetto ai
pazienti affetti da CHF.
Il risultato più interessante ha
comunque riguardato il
mir-499-5p. Questa molecola
circolante ha mostrato performance
diagnostiche comparabili a quelle
della troponina cardiaca nel
discriminare NSTEMI da CHF. La sua
accuratezza diagnostica è risultata
addirittura superiore a quella della
troponina nel differenziare NSTEMI
da CHF che mostravano al momento
della presentazione al pronto soccorso
un modesto aumento di troponina,
tale da non permettere una rapida
diagnosi e lasciare così in dubbio per
diverse ore la scelta terapeutica.
Il microRNA circolante miR-499-5p si
è dimostrato un marcatore sensibile
di NSTEMI acuto negli anziani, con
un’accuratezza diagnostica addirittura
superiore a quella del marker
circolante d’elezione, in pazienti che
al momento della presentazione
al pronto soccorso mostravano
elevazioni di troponina tali da rendere
la diagnosi difficoltosa e incerta la
scelta terapeutica. Ma proprio la
rapidità della scelta terapeutica ha,
in questi casi, notevoli ripercussioni
sulle probabilità di sopravvivenza
all’evento infartuale acuto.
*Prof. Roberto Antonicelli
Direttore U.O. di CardiologiaUTIC, Centro di Telemedicina
Istituto Scientifico Inrca Ancona
Docente Scuola di
Specializzazione in
Cardiologia
Università
Politecnica delle
Marche
identificato un gene coinvolto nella malattia:
colpisce una persona ogni 10mila
di Antonio Orlacchio* e Federica Lombardi**
I primi sintomi di solito sono la
debolezza muscolare alle gambe
e una spasticità che progredisce
lentamente, ma inesorabilmente.
Con il passare del tempo,
camminare diventa sempre più
difficile e, in alcuni casi, si possono
presentare anche altri disturbi
come anomalie della vista, sordità
e ritardo mentale. La paraplegia
spastica ereditaria è una malattia
degenerativa di origine genetica
che colpisce, anche durante
l’infanzia, circa una persona ogni
diecimila.
Il primo a descriverla, nel 1880, fu
il neurologo tedesco Ernst Von
Strümpell studiando il caso di
due fratelli che mostravano
una sindrome piramidale
bilaterale confinata
alle gambe. Alla fine
del secolo il medico
francese Maurice
Lorrain individuò
altri tre casi simili. Per
questo, la paraplegia
spastica ereditaria
è nota anche come
sindrome di StrümpellLorrain.
Da qualche mese ne
conosciamo meglio le
cause, grazie ad una ricerca
internazionale condotta anche
in Italia e finanziata da Telethon,
dall’Università di Roma “Tor Vergata”
e dal Ministero dell’Istruzione,
Università e Ricerca. Lo studio,
pubblicato sulle pagine del Journal
of Clinical Investigation e svolto da
ricercatori della Fondazione Santa
Lucia e dell’Università “Tor Vergata”,
ha permesso di identificare
un nuovo gene coinvolto
nell’insorgenza della malattia.
Si tratta di RTN2 ed è associato,
quando alterato, alla forma pura
della paraplegia spastica ereditaria,
cioè a quella più comune e
caratterizzata esclusivamente da
disturbi di forza e spasticità agli arti
inferiori.
Il gene RTN2 contiene le
informazioni per una proteina,
il reticulone 2, importante per
assicurare una forma corretta
al reticolo endoplasmatico,
struttura cellulare essenziale per la
produzione delle proteine.
Grazie ad un’intensa collaborazione
fra importanti centri internazionali
di ricerca come le Università di
Miami (Stati Uniti), Cambridge
e Galles (Regno Unito), Tubinga
(Germania), Tokyo (Giappone) e
Anversa (Belgio), è stato possibile
raccogliere un’ampia casistica di
pazienti su cui effettuare gli studi di
genetica molecolare. È emerso che,
quando il reticulone 2 è difettoso,
si ha una degenerazione delle
cellule nervose. Un risultato che
Logos
Paraplegia spastica ereditaria
sostiene ulteriormente l’ipotesi che
la paraplegia spastica ereditaria
sia dovuta proprio ad alterazioni
nella morfologia del reticolo
endoplasmatico.
Grazie a questo lavoro, salgono
in totale a 26 i geni che, se
mutati, possono essere coinvolti
nell’insorgenza della malattia.
Identificarli è fondamentale
per comprendere i meccanismi
patologici che si osservano nei
pazienti.
I risultati di questa ricerca su RTN2
consentiranno d’ora in avanti
di diagnosticare con maggiore
precisione la paraplegia spastica
ereditaria a partire dai sintomi
clinici e pianificare così con
tempestività gli interventi più
adeguati. Inoltre, il reticulone
2, la proteina codificata
da questo gene, potrà
rappresentare un bersaglio
molecolare per lo sviluppo
di nuovi farmaci e dare
quindi maggiori speranze
a chi soffre di questa
patologia.
* Prof. Antonio Orlacchio
- Direttore del Laboratorio
di Neurogenetica dell’Istituto
di Ricovero e Cura a Carattere
Scientifico (IRCCS) Santa Lucia presso
il Centro Europeo di Ricerca sul
Cervello (CERC) di Roma e Docente di
Neurologia presso il Dipartimento di
Neuroscienze dell’Università di Roma
“Tor Vergata”, è autore senior della
ricerca.
** Dott.ssa Federica Lombardi Ricercatrice presso il Laboratorio di
Neurogenetica dell’IRCCS Santa Lucia
presso il CERC di Roma, si occupa
dello studio della paraplegia spastica
ereditaria.
Aprile 2012 n. 3 - 15
La salute ci sta a cuore
Agenas/Pne, promossa a pieni voti la cardiologia di
Ascoli Piceno
di Francesca Gironelli
PNE è l’acronimo di “Programma
Nazionale valutazione Esiti”, un
documento stilato dall’Agenzia Nazionale
per i Servizi sanitari regionali. Una
sigla che vuol dire sanità, valutazione e
comparazione. Un’indagine che serve per
fare il punto della situazione sul servizio
sanitario, capire cosa non va, quali sono
le eccellenze e dove bisogna recuperare
terreno. Non si tratta di una classifica,
ma di uno strumento per comparare e
valutare le prestazioni di strutture sanitarie
pubbliche e private, ma convenzionate.
Le Marche possono mettersi il fiore
all’occhiello - in riferimento alle prestazioni
del 2010 - visto che i dati pubblicati nel
PNE dicono che, per diversi indicatori
utilizzati nell’indagine, la nostra Regione si
pone al di sopra della media italiana. Due
i punti di eccellenza: gli Ospedali riuniti
di Ancona per la sostituzione delle valvole
cardiache, l’Ospedale “Mazzoni” di Ascoli
Piceno per la bassa mortalità da infarto
miocardico.
Abbiamo intervistato il direttore del
reparto di cardiologia di Ascoli Piceno, il
dottor Luciano Moretti, che ci ha spiegato
come si è giunti a questi risultati.
...
Per iniziare, può dirci in breve cos’è esattamente
l’Agenzia Nazionale per i Servizi sanitari regionali?
L’Agenas, questo il suo nome abbreviato, è un ente
con personalità giuridica di diritto pubblico. Svolge
un ruolo di collegamento e di supporto decisionale
per il Ministero della Salute e le Regioni sulle
strategie di sviluppo del Servizio sanitario nazionale.
L’Agenzia svolge la sua attività in stretta
collaborazione con il Ministero della Salute e con le
Regioni sulla base degli indirizzi
della Conferenza Stato-Regioni
Unificata. Quest’ultima, con
delibera del 20 settembre 2007,
ha indicato come obiettivo
prioritario dell’attività dell’Agenas
il supporto tecnico-operativo alle
politiche di governo condivise tra
Stato e Regioni per lo sviluppo
e la qualificazione del Servizio
sanitario nazionale.
Da un paio di anni Agenas
elabora il PNE. Qual è il suo
scopo?
Obiettivo generale è la valutazione degli esiti degli
interventi e dei trattamenti sanitari, attraverso
un’ampia analisi comparativa tra strutture ospedaliere
e aree territoriali di residenza, a supporto di
programmi di auditing clinico e organizzativo, per il
miglioramento dell’efficacia delle cure e una maggiore
equità nella tutela della salute.
Fra gli indicatori di prestazione più rilevanti, quale
potrebbe citare in stretta correlazione con le
performance dell’Ospedale di Ascoli Piceno?
Il PNE ha utilizzato 32 indicatori di performance tra cui
la mortalità a 30 giorni dal ricovero per un episodio
di Infarto Miocardico Acuto. Per questo indicatore la
mortalità media italiana è pari al 10.94% mentre per
l’ospedale Mazzoni è del 4.26%.
Cosa ha permesso il conseguimento di questi
risultati?
Sicuramente l’applicazione sistematica dei 13
indicatori di performance internazionali e l’attivazione,
dal 1 settembre 2009, della rete dello STEMI con
impiego dell’angioplastica primaria in tutti i pazienti
eleggibili. Lo STEMI (la forma più grave di infarto)
trattato con angioplastica primaria, nella nostra
casistica presenta una mortalità totale del 3.63% ad un
anno e una mortalità cardiovascolare del 3.2%.
Per i non addetti ai lavori, elenco in breve quali
sono gli indicatori di performance che tanto hanno
contribuito ad ottenere una mortalità così bassa. L’uso
degli antiaggreganti, dei betabloccanti, degli inibitori
del sistema RAAS e delle statine; la valutazione della
funzione VSx e un tempo di riperfusione meccanica
(il cosiddetto door to ballon) pari a 101.2 minuti
contro i 120 minuti accettati dala Società Europea di
Cardiologia.
Un’altra importante novità è rappresentata dalla
riabilitazione cardiologica alla quale accedono ormai
più del 50% degli infartuati.
Per approfondire il tema PNE, vi rimandiamo al nostro
link box.
Aprile 2012 n. 3 - 17
Enpam sotto inchiesta
l’ente previdenziale a rischio accorpamento Inps?
di Italo Paolini
È di questi giorni la notizia che il
presidente dell’Enpam, Eolo Parodi,
è indagato per truffa aggravata.
Circa 150 uomini del nucleo di
polizia valutaria della Guardia di
Finanza hanno svolto, su delega
della Procura, 47 perquisizioni nelle
province di Roma, Milano, Genova,
Firenze, Ferrara e Frosinone.
L’inchiesta della Procura di Roma
attiene agli investimenti in titoli
strutturati dell’ente previdenziale.
Gli inquirenti ipotizzano perdite
per circa 500 milioni di euro.
Oltre a Parodi, risultano indagati
nell’inchiesta anche l’ex consigliere
esperto e docente universitario,
Maurizio Dallocchio, l’ex direttore
generale Leonardo Zongoli e l’ex
responsabile degli investimenti
finanziari dell’Enpam, Roberto
Roseti.
Secondo gli inquirenti, Parodi e
gli altri indagati, in concorso tra
loro e “mediante artifizi e raggiri”,
hanno sostanzialmente aggirato
le regole interne dell’Enpam che
imponevano prudenza negli
investimenti, al fine di realizzare
massicci investimenti in strumenti
derivati, “inducendo, tra l’altro,
- si legge in un uno dei decreti di
perquisizione - in errore i membri
del cda della Fondazione Enpam
che decidevano l’acquisto dei titoli,
le successive ristrutturazioni dei
medesimi, nonché il pagamento di
onerose commissioni a consulenti e
intermediari finanziari”.
Anche se la tempistica dell’inchiesta
e il grande dispiegamento
mediatico, nel particolare momento
di autoriforma dell’ente in difesa
della sua autonomia, induce
preoccupazioni sul tentativo
di accorpare all’Inps gli enti
previdenziali autonomi, siamo
fiduciosi di una rapida
definizione di responsabilità
da parte della magistratura.
Doc’s seguirà gli sviluppi
della vicenda anche
nei prossimi numeri.
Per ora riportiamo le
dichiarazioni ufficiali
che arrivano dall’ente.
Nell’autosospendersi
dalla carica di
Presidente, Eolo Parodi ha
affermato: “Con questi chiari di luna
non posso dire di essere tranquillo
nell’apprendere di essere stato
accusato in maniera così infamante.
Naturalmente – lo dichiaro con
profonda sincerità – sono più
che disponibile a fornire notizie,
delucidazioni e anche un po’ di
storia dell’Ente che presiedo con
orgoglio. Non accetto che sulla mia
persona vi sia anche l’ombra di un
dubbio”.
E aggiunge: “I medici italiani si
tranquillizzino: non ho mai pensato
di sottrarre denaro all’Enpam, come
non penso che questa iniziativa
legale abbia lo scopo di colpire
me per togliere alla Fondazione
l’autonomia di cui finora ha goduto”.
Alberto Oliveti, vice Presidente
vicario, aggiunge che “L’Enpam
difenderà i medici nel loro diritto
alle pensioni nei riguardi di tutti
coloro per i quali venisse accertato
un comportamento fuori legge.
L’indagine in corso, che riconosce
l’Enpam come parte lesa, mira ad
accertare presunte responsabilità
da parte di chi avrebbe raggirato il
consiglio di amministrazione nella
scelta di alcuni investimenti fatti
in passato. Tuttavia nessuna delle
persone coinvolte gestisce ancora
il patrimonio della Fondazione. Il
nuovo consiglio di amministrazione,
che si è insediato nell’estate 2010,
ha fatto una serie di scelte di
campo”. E ancora: “In questi due
anni di lavoro il nuovo consiglio
di amministrazione ha sempre
fatto scelte chiare e tempestive,
operando con trasparenza e nel
totale rispetto delle regole della
politica e degli scopi istituzionali.
Perché per l’Enpam le pensioni dei
medici sono e restano sacre.
Credo che i medici sapranno
discernere il grano dal loglio.”
Medici e previdenza
per chi vuole rinfrescarsi la memoria
di Enea Spinozzi
La cassa dei medici e degli
odontoiatri è il primo ente
previdenziale privatizzato a mettersi
in regola con i nuovi requisiti
introdotti dal “Decreto Salva Italia”.
La Fondazione Enpam ha approvato,
in questi giorni, la riforma delle
pensioni che garantisce una
sostenibilità a oltre 50 anni del suo
sistema previdenziale. La riforma
verrà consegnata ai ministeri
vigilanti che dovranno esprimere il
loro nulla osta.
Ma cos’è l’Enpam? È l’ente di
previdenza e assistenza dei Medici
e Odontoiatri. Si è trasformato
in Fondazione con autonomia
gestionale, organizzativa e
contabile, secondo il
decreto legislativo
n. 509/94 che ha
privatizzato gli enti
previdenziali dei
liberi professionisti.
Il sistema
previdenziale
dell’Enpam,
come ogni
altro sistema
previdenziale
obbligatorio, ha caratteristiche di
servizio pubblico ed è organizzato
in diversi Fondi, tutti ad iscrizione
obbligatoria e automatica (art. 21
del D.Lgs.13 settembre 1946 n. 233).
In particolare:
• sono iscritti obbligatoriamente
al Fondo di Previdenza generale
Enpam tutti i medici e gli
odontoiatri, come conseguenza
della loro iscrizione all’Albo
Professionale Provinciale;
• sono iscritti obbligatoriamente
ai Fondi Speciali di Previdenza
Enpam tutti i medici e gli
odontoiatri che prestano la loro
attività professionale in regime
di convenzione con gli Istituti del
Servizio Sanitario Nazionale.
Secondo la disciplina derivante
da Statuto e Regolamenti dei vari
Fondi, il mancato adempimento
contributivo è sanzionato. Il medico
o l’odontoiatra inadempiente
all’obbligo di contribuzione è
tenuto a versare il contributo
evaso aumentato degli specifici
importi a titolo di sanzione. La
sanzione comunque non può essere
superiore al 40% dell’importo dei
contributi non corrisposti entro la
scadenza di legge.
In tema di prescrizione del diritto
alla riscossione dei contributi
vigono le seguenti regole:
i
contributi
previdenziali a pagamento
periodico si prescrivono nel termine
breve di cinque anni dall’insorgenza
dell’obbligo (art. 2934 c.c.);
il diritto alla prescrizione dei contributi previdenziali a carattere
non periodico si estingue per
prescrizione nel termine ordinario di
dieci anni (art. 2946 c.c.).
La normativa previdenziale
dell’Enpam, come del resto quella
degli altri enti di previdenza
privatizzati, in situazioni particolari
prevede l’obbligo di restituzione dei
contributi all’iscritto che non maturi
il diritto al trattamento di pensione.
In caso di cancellazione o radiazione
dall’Albo professionale prima del
raggiungimento del 65esimo
anno di età e con maturazione di
anzianità contributiva inferiore
a 15 anni (Regolamento Fondo
Previdenza Generale), oppure in
caso di cessazione del rapporto
professionale con tutti gli Istituti
convenzionanti o accreditanti
e con maturazione di anzianità
contributiva inferiore a 15 anni
(Regolamenti Fondi Speciali),
all’iscritto spetta la restituzione dei
contributi versati in ciascun anno,
al netto di una quota pari al 12%
dei contributi medesimi, relativi
alla copertura di rischi di invalidità
e premorienza, maggiorati degli
interessi composti al tasso annuo
del 4,5%.
La Fondazione Enpam attua la
previdenza e l’assistenza a
favore degli iscritti, dei
loro familiari e superstiti,
gestendo quattro fondi
di previdenza:
• il Fondo di
Previdenza
Generale per
tutti i medici e gli
odontoiatri;
• il Fondo Speciale
di Previdenza per
i medici di medicina
generale, i pediatri di libera scelta e i
medici addetti ai servizi di continuità assistenziale;
• il Fondo Speciale di Previdenza
per i medici specialisti ambulatoriali
• il Fondo Speciale di Previdenza
per i medici specialisti convenzionati
(o accreditati) esterni.
Anche in presenza di Fondi e
Regolamenti distinti e differenziati,
è opportuno parlare dei Fondi di
Previdenza Enpam come di un
“Unico Sistema Previdenziale”,
soprattutto con il proposito di
evidenziare che la previdenza dei
medici e degli odontoiatri iscritti
alla Fondazione realizza un “unico
regime previdenziale autonomo”.
Salute 360°
Agopuntura, una terapia
veramente di punta
appunti di taccuino e approfondimenti
di Lucio Sotte
Nel mondo occidentale
l’agopuntura è la tecnica di terapia
non convenzionale che negli
ultimi decenni ha conquistato
la validazione scientifica, a
seguito delle prove di efficacia
dimostrata tramite evidence
based medicine.
Il percorso di validazione è
iniziato nel secondo dopoguerra
e si è realizzato gradualmente, a
mano a mano che lavori scientifici
randomizzati e controllati ne
hanno dimostrato l’efficacia in un
ventaglio sempre più ampio di
malattie.
Il vero giro di boa si è verificato
negli Anni ’90 negli Stati Uniti. Le
compagnie di assicurazioni private
di malattia chiesero ai National
Institutes of Health N.I.H. (Istituti
Nazionali di Sanità) di formulare un
giudizio sull’affidabilità ed efficacia
dell’agopuntura per decidere
se renderla “convenzionabile”
e, dunque, “assicurabile”. Il
giudizio positivo della Consensus
Conference degli N.I.H. organizzata
a Bethesda nel 1997 fu l’esito
dell’analisi dei risultati di migliaia
di lavori scientifici sull’efficacia
dell’agopuntura pubblicati fino
ad allora. Questo è stato l’inizio
di un ulteriore percorso sul quale
si sta ancora avanzando mano a
mano che nuovi lavori scientifici,
realizzati in Cina e in Occidente,
dimostrano l’efficacia di questa
metodica di terapia in patologie
che in precedenza non erano state
esaminate.
Uno degli effetti dimostrati
dell’agopuntura riguarda il
trattamento analgesico e
antinfiammatorio di patologie
dolorose, sia in ambito reumatico
che di interesse neurologico, come
le nevralgie e cefalee. Sembra
utile riprendere una citazione
tratta dalla Consensus Conference
dei N.I.H. in cui - affrontando
proprio alcune patologie
reumatiche e la fibromialgia - si
afferma che: “Queste condizioni
dolorose sono spesso trattate
con farmaci antinfiammatori
(acido acetilsalicilico, ibuprofene)
o con iniezioni di steroidi. Questi
trattamenti presentano potenziali
effetti collaterali deleteri, tuttavia
sono ancora largamente utilizzati
e sono considerati un trattamento
accettabile. Le prove di efficacia
dimostrabili per queste terapie
non sono migliori di quelle che
si ottengono per l’agopuntura”.
Questa affermazione sottolinea
l’efficacia dell’agopuntura e ne
evidenzia anche un ulteriore punto
di forza: la scarsa associazione di
effetti collaterali.
Vale la pena di ricordare che fin
dagli Anni ’80 l’Organizzazione
Mondiale della Sanità ne
raccomanda l’utilizzo per il
trattamento di numerose
malattie ad alta diffusione sociale,
tra cui quelle reumatiche, le
cefalee, le nevralgie, le radicoliti, la
stipsi, la colite acuta e cronica, la
rinite allergica, l’asma bronchiale, la
congiuntivite.
Un’ultima precisazione va
fatta sull’insegnamento
dell’agopuntura nel suo Paese
di origine. In Cina esistono
due percorsi di studi del tutto
paragonabili tra loro per
durata e complessità: quello in
medicina occidentale - analogo
al nostro italiano - e quello in
medicina tradizionale cinese.
Quest’ultimo comprende lo studio
dell’agopuntura e quello della
farmacologia, della dietetica, del
massaggio e delle ginnastiche
mediche cinesi. Si tratta di
tecniche antichissime di terapia
che hanno il pregio di essere
state “sperimentate” per secoli
o adirittura per millenni, che
ora vengono sottoposte anche
al vaglio della ricerca clinica e
sperimentale per certificarne
l’efficacia, i limiti e integrarle
positivamente con quelle
biomediche.
Per approfondimenti visita i link a
pagina 26
Aprile 2012 n. 3 - 21
previsione, prevenzione e comportamento
di Bruno Borioni
La medicina antiaging (antiinvecchiamento) si propone
di mantenere un’età biologica
più giovane rispetto a quella
cronologica, contrastando
l’insorgenza di patologie
correlate alla senescenza.
Una medicina della salute e
della vita in benessere, che si
mantengono solo con uno stile
di vita adeguato.
Si parla di corretta
alimentazione, attività fisica,
corretta integrazione, lotta allo
stress, attenzione estetica, ai
quali si possono aggiungere,
per una valutazione dei
biomarker dell’antiaging, esami
ematochimici e test genetici.
Il test genetico è un semplice
esame non invasivo e indolore,
si fa una volta nella vita e valuta
gli SNPs, “polimorfismi di singolo
nucleotide”. Ci dà informazioni
sulla nostra costituzione fisica e
sulla predizione alla suscettibilità
e al rischio di possibili patologie.
Oggi i test genetici sono parte
integrante di strategie di
prevenzione personalizzata
e forniscono una valutazione
comprensibile e modulabile
di tutti i più comuni rischi
di sviluppare malattie, che
possono potenzialmente
portare a morte prematura o
invalidità. Fra queste, patologie
cardiovascolari e ictus, cancro,
obesità, diabete, ipertensione
arteriosa, osteoporosi,
patologie neurodegenerative,
resistenza all’insulina e processi
metabolici coinvolti nello
specifico dell’invecchiamento,
come ossidazione, glicazione,
metilazione, infiammazione e
riparazione del DNA.
Ma il messaggio all’interno del
polimorfismo non dà certezze
assolute e diviene attivo o
inattivo, dall’informazione che
arriva al DNA, in base allo stile di
vita del soggetto: alimentazione,
attività fisica, integrazione
multimodale, profilo ormonale,
livello di stress e altro ancora.
Tutti fattori che sono sotto il
controllo individuale diretto e
quindi modificabili.
Possiamo condizionare le nostre
predisposizioni e intervenire su
di esse.
La medicina antiaging si prefigge
di non aspettare che la persona
si ammali, ma di espandere e
stabilizzare la salute, ridurre
i rischi di malattia, garantire
in parallelo longevità e qualità
della vita.
Utilizzando le recenti scoperte
in campo biomedico, informa
e cerca di stimolare un
“comportamento proattivo”
del paziente, aiutandolo a
gestire i cambiamenti delle varie
fasi della vita, con interventi
mirati, da effettuare prima della
comparsa dei sintomi.
Così si arriva all’healthy
aging, cioè all’intervento
attivo sui meccanismi
regolatori dell’invecchiamento.
Operando in modo circolare e
pluridirezionale, ha lo scopo
di prevedere e prevenire lo
sviluppo di malattia, utilizzando
precisi marker genomici e
molecolari, e personalizza
l’approccio: tutto viene fatto su
misura per le caratteristiche del
soggetto, sul piano molecolare
e psicologico, attuando una
trasformazione della relazione
medico-paziente in una
“patnership” per la salute.
Il check-up antiaging può essere
fatto da tutti, in ogni momento
della vita.
I benefici che vengono indicati
riguardano l’energia e la
resistenza fisica, la memoria e la
concentrazione, lo skin-aging,
il riequilibrio massa grassa/
massa magra, il controllo dello
stress e dell’umore, l’efficienza
sessuale e la prevenzione
C-V e neurodegenerativa, il
rafforzamento del sistema
immunitario.
La consulenza antiaging prevede
una fase preventiva e una
fase correttiva e di riequilibrio,
con percorsi terapeutici
personalizzati e quindi un
monitoraggio nel tempo.
La medicina antiaging è
considerata “predittivapreventiva” e “funzionalerigenerativa” e torna all’origine
fisiopatologica delle malattie.
Un paradigma che vede la
salute non solo come assenza di
malattia, ma come una funzione
integrata di biologia, ambiente
e comportamenti.
Aprile 2012 n. 3 - 23
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Contiene rassegna
stampa nazionale,
regionale,
internazionale,
industrie
farmaceutiche,
legislazione nazionale
e comunitaria, concorsi
sanitari farmaceutici,
notizie varie di
interesse sanitario
farmaceutico.
Farmaco
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e Internazionali
Comunicati e note
informative importanti
di AIFA e Ministero
della Salute, Dear
Doctor Letter dalle
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scientifiche (Effetti
collaterali Medicinali
- Reazioni Avverse Interazioni - Lotti).
Gazzetta Ufficiale,
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RCP: AIFA Agenzia
Italiana del Farmaco,
FDA Food and Drug
Administration, EMA
Agenzia Europea per i
Medicinali.
Linee Guida
Ad opera delle
principali società
scientifiche.
Veterinaria
Farmaci e legislazione
riguardanti il settore
veterinario.
Leg. Sanitaria
Regionale
(BUR)
Sezione interessante
nel panorama
dell’autonomia
sanitaria regionale
e delle relative
differenziazioni nei
modelli sanitari.
Tutti i link e gli approfondimenti di questo numero
• Il sito di Astrelia
pagina 3
• Proiezioni sui 27
Paesi UE in tema di
invecchiamento
pagina 6
• I punti della manovra
“Salva Italia” del
governo Monti.
pagina 6
• Insufficienza renale
cronica e dietoterapia,
una tabella per
l’educazione alimentare
pagina 9
• irlsolutions.com
pagina 13
• Lo studio sulla
diagnosi dell’infarto
miocardico e i
nuovi biomarcatori,
International Journal of
Cardiology
pagina 14
• Sito istituzionale
dell’Inrca
pagina 14
• Portale dell’Università
Politecnica delle
Marche
pagina 14
• Sito dell’International
Journal of Cardiology
pagina 14
• La ricerca su nuovo
gene della paraplegia
spastica ereditaria
pubblicata sul Journal
of Clinical Investigation
pagina 15
• Sito del Laboratorio
di Neurogenetica
dell’Irccs Santa Lucia
pagina 15
• Il sito del MInistero per
il Programma Nazionale
Valutazione Esiti (PNE)
pagina 17
• Sito del PNE riferito
al 2010 con dati
pubblicati nel 2012.
pagina 17
• Sito dell’Agenzia
Nazionale per i Servizi
sanitari regionali
pagina 17
• PNE, gli indicatori
dell’indagine
pagina 17
• La Rassegna stampa
nel sito dell’Enpam
pagina 18
• Sito ufficiale della
Fondazione Enpam
pagina 19
• Il vademecum
previdenziale della
professione medica.
pagina 19
• A randomized trial
of acupuncture
for vasomotor
symptoms in postmenopausal women,
Complementary
Therapies in Medicine,
Elsevier
pagina 21
• A Randomized
Trial Comparing
Acupuncture, Simulated
Acupuncture, and Usual
Care for Chronic Low
Back Pain - Archives of
Internal Medicine
pagina 21
• Acupuncture and dryneedling for low back
pain (Cochrane Review)
pagina 21
• Acupuncture for
chronic pain within
the research program
of 10 German Health
Insurance Funds—
Basic results from an
observational study
- Complementary
Therapies in Medicine,
Elsevier
pagina 21
• Acupuncture for
migraine prophylaxis
(Cochrane Review)
pagina 21
• Acupuncture for
tension-type headache
(Cochrane Review)
pagina 21
• Ceaedizioni, Evidenze
cliniche in Italia per
l’agopuntura - Indice
pagina 21
• Ceaedizioni, Evidenze
cliniche in Italia
per l’agopuntura Prefazione
pagina 21
• Agopuntura e artrosi
del ginocchio, Foglio
informativo INTESA
pagina 21
• Annali Istituto
Superiore di Sanità,
intervento di Lucio
Sotte sull’agopuntura.
pagina 21
• World Health
Organization,
Acupuncture: review
and analysis of reports
con controlled clinical
trials
pagina 21
• Stimulation of the
wrist acupuncture
point P6 for preventing
postoperative nausea
and vomiting (Cochrane
Review)
pagina 21
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