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Erling Strudsholm
Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol II, pp. 373-376
Fra lessico e grammatica. Appunti per uno studio diacronico del verbo venire
Erling Strudsholm
Università di Copenaghen
Abstract
Oggetto di questa comunicazione è un solo lemma del lessico italiano, il verbo vedere, assai frequente sia in testi antichi che moderni.
Viene esaminato e discusso il processo di desemantizzazione e di decategorizzazione a cui è soggetto un verbo come venire nella
trasformazione da verbo lessicale a verbo grammaticale, cioè nel passaggio da unità lessicalmente piena a unità con funzione
grammaticale in quanto modificatrice di un altro verbo.
1. Introduzione
Il verbo venire appartiene al gruppo di verbi che oltre
al loro uso con significato lessicalmente pieno hanno
anche funzione come verbo ausiliare. Da una parte venire
ha il significato di muoversi e recarsi nel luogo dove si
trova chi parla o dove si trova la persona con cui si parla
(es. A), dall’altra fa le veci di ausiliare, seguito da una
forma verbale indefinita, o da un participio passato nella
coniugazione passiva dei verbi (es. B), dal gerundio di un
verbo in una perifrasi che indica un’azione ripetuta o in
via di svolgimento (es. C) ovvero dall’infinito (come
nell’esempio D):
A. Mio fratello viene spesso da me.
B. La partita verrà trasmessa in diretta.
C. La questione – come si viene dicendo – è di
ordine generale.
D. Gli infortuni nel tempo libero vengono a costare
cari.
Venire appartiene così come andare al gruppo di verbi
che si grammaticalizzano facilmente come ausiliari, e ci si
può porre il quesito se ci sia avvenuto un processo di
grammaticalizzazione. Le mie indagini sono basate su
spogli dei corpora elettronici della LIZ (Stoppelli &
Picchi, 2001) e del nuovo corpus di parlato spontaneo, il
C-ORAL-ROM (Cresti & Moneglia, 2005).
2. I vocabolari
Come punto di partenza ho consultato il Grande
dizionario italiano dell’uso di Tullio De Mauro del 1999
(Vol. VI: 987), dove sono elencati 18 significati del
lemma venire:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
recarsi nel luogo dove si trova o dove va la
persona con cui si parla o la persona che parla:
verrà a trovarmi in montagna
arrivare: viene da Roma
essere portato: dopo l’arrosto venne in tavola il
dolce
seguito dalla preposizione da, provenire: viene da
una famiglia nobile
di liquidi, scaturire: adesso l’acqua viene
di pioggia, di neve, cadere: quest’anno è venuta
molta neve
manifestarsi, presentarsi alla mente: mi è venuta
un’idea
seguito dalla preposizione da, sentire l’impulso:
mi viene da piangere
tornare in mente: non mi viene
10. riuscire: non mi viene la maionese
11. risultare, dare come risultato: facendo la somma
viene questo numero
12. costare: quanto viene?
13. nascere, (di piante) attecchire, crescere bene:
quest’anno il grano non viene
14. raggiungere l’orgasmo
15. uscire, staccarsi: il tappo non viene
16. seguito da un participio passato sostituisce
l’ausiliare essere nella coniugazione passiva dei
verbi, ma solo nei tempi semplici: viene
rispettato da tutti
17. seguito da un gerundio, indica azione ripetuta,
continuativa: mi vengo persuadendo che è
impossibile lavorare con lui
18. di nave, manovrare verso una certa direzione:
venire a dritta
Il significato fondamentale, di base, di venire è quello
che troviamo sotto 1: recarsi nel luogo dove si trova o
dove va la persona con cui si parla o la persona che
parla. Nella maggioranza degli altri usi elencati troviamo
tratti del significato di movimento concreto o figurato. È
interessante notare che mentre in 16 e 17 troviamo venire
come ausiliare nella coniugazione passiva e nella perifrasi
gerundivale, la combinazione con l’infinito esemplificato
sopra nel mio esempio D non risulta nel vocabolario di De
Mauro.
3. Le grammatiche
Infatti, nelle grammatiche in generale, ad esempio la
Grande grammatica italiana di consultazione di Renzi ed
altri e nella Reference Grammar of Modern Italian di
Maiden & Robustelli troviamo nell’indice analitico venire
inserito come ausiliare sia con il participio passato che con
il gerundio.
Nella diatesi passiva troviamo venire come uno dei
possibili ausiliari. Nella costruzione passiva la forma
verbale è composta da un ausiliare (essere o venire) e dal
participio passato - venire è usato come ausiliare nei tempi
non composti, e sempre con un significato di azione (a
differenza di essere, che favorisce un’interpretazione di
stato). La perifrasi gerundivale con venire, da Bertinetto
(1991) denominata “perifrasi continua”, che esprime
compimento graduale di un’azione, è di livello stilistico
piuttosto elevato in italiano moderno.
Oltre a questi due usi “canonici” di venire come
ausiliare, cioè nella forma passiva e nella perifrasi
continua, troviamo altri esempi in cui non è conservato un
senso letterale di movimento, dove venire ha carattere
ausiliare: come ad esempio in viene a sapere. Questo uso
Erling Strudsholm
di venire a+infinito non viene descritto nei vocabolari e
nelle grammatiche in generale, ma viene menzionato
brevemente da Bertinetto (1991), che inserisce venire
a+infinito in una serie di “perifrasi risolutive”, mentre
Bazzanella (1994: 109) include venire+infinito fra le
forme perifrastiche usate al posto del futuro morfologico.
Nel Grande dizionario della lingua italiana di
Battaglia (2002, vol XXI: 739) si parla dell’uso di venire
in combinazione con un infinito: “in relazione con una
proposizione finale implicita o con un complemento che
indica lo scopo del movimento”, ma non si accenna ad un
uso senza il senso di movimento. Anche se non trova
nessuna menzione, quest’ultimo uso di venire a+infinito
non è per niente nuovo. Anzi si trova già nella lingua di
Dante, il che viene confermato dall’Enciclopedia
Dantesca (vol V, 1976: 940), dove sotto il lemma venire
possiamo leggere:
È sintagma assai frequente quello formato da v. e da un
infinito con valore finale o da un sostantivo retti dalla
preposizione ‘a’.
Nella maggioranza dei casi, […], il sintagma esprime
l’azione per cui si compie il movimento, l’azione alla quale
si procede o anche lo stato di fatto che ci si appresta ad
affrontare. […]
Altre volte indica l’inizio di uno stato o di un fatto.
4. Le grammatiche storiche
Secondo La grammatica storica di Rohlfs (1969: 12829) già presto si può notare uno slittamento del significato
letterale di venire nella direzione di diventare
(diVENIRE). Venire era pervenuto al significato di
‘diventare’, e da lì al nuovo passivo. Una forma che,
secondo Rohlfs, ha avuto una notevole estensione
nell’italiano, forse perché ha il vantaggio di una maggiore
chiarezza rispetto al passivo con essere. Da Maiden (1995:
167) risulta che la costruzione passiva con venire ha
origini incerte, e non è attestata prima del Duecento, al più
presto.
La struttura moderna si è sviluppata in seguito ad una
grammaticalizzazione del verbo lessicale venire, e con
questo sviluppo il significato ‘cambiamento di posizione’
arretra a favore del più generale ‘cambio di stato’,
‘divenire’ (oppure ‘finire per’). È questo senso
“dinamico” di ‘ingresso in uno stato’ che caratterizza il
moderno ausiliare passivo venire. Anche oggi esiste l’uso
di venire nel significato di diventare (cfr. Battaglia 2002:
741) in unione con un complemento predicativo, ad
esempio venir pazzo per impazzire e venir pallido per
impallidire.
5. Spogli elettronici
Per cercare di illustrare l’avvenuto processo di
grammaticalizzazione nel giro dei secoli ho fatto uno
spoglio di tutte le occorrenze di forme del verbo venire nei
testi di prosa del 1200 del corpus LIZ da una parte, e
dall’altra uno spoglio del nuovo corpus di parlato
autentico, il C-ORAL-ROM.
5.1 LIZ
Già nei testi del 1200 (tutti gli esempi sono della
seconda metà del secolo) troviamo esempi che
confermano tratti perifrastici, soprattutto con il gerundio
come negli esempi 19-21, ma in casi rari con il participio
passato come in 22-23:
19. e encomenzarasse lo tempo de la state; e sarà
venuto augmentando lo calore a passo a passo,
(Restoro D'Arezzo: La composizione del mondo,
I.23)
20. e molto si vegnono iscoprendo le carne a Blanor.
(Tristano riccardiano, Cap. 55.2)
21. La notte si venne appressimando e Braguina sì
incomincioe molto fortemente aùppiangere e,
(Tristano riccardiano; Cap. 68)
22. se lo regname vuole èssare abetato, che 'l
punitore vegna armato en sù in uno animale,
(Restoro D'Arezzo: La composizione del mondo,
II.2,3)
23. poi ne venne deviso per quarto, e poi ne venne
diviso ciascheduna de queste quatro parti per tre
parti, (Restoro D'Arezzo: La composizione del
mondo, II.8,5)
Per quanto riguarda la combinazione con l’infinito, la
grande maggioranza degli esempi esprime un movimento,
ma esempi di ristrutturazione (risalita del clitico) possono
essere interpretati come segno di grammaticalizzazione:
24. Ree Marko Tristano vi manda aùddire ke voi igli
vegnate aùpparlare. (Tristano riccardiano, Cap.
20)
25. reina e madonna Isotta e dame e damigelle assai
lo vegnono a servire e cominciano aùssollazzare
koùllui ed aùffare grande festa (Tristano
riccardiano, Cap. 37.2)
26. e paventando assai, imaginai alcuno amico che
mi venisse a dire: ”Or non sai? (Alighieri, D.
Vita nuova, Cap. 23.1)
Troviamo anche esempi senza movimento concreto, in
cui venire ha di sicuro la funzione di ausiliare:
27. Isotta sì domanda s'ella disse neuna kosa
quand'ella
venne
a
morire.
(Tristano
riccardiano, Cap. 67)
28. e quando elli vene a nàsciare, secondo lo termine
cheùlli è dato (Restoro D'Arezzo: La
composizione del mondo, II.6,4,5)
29. SSPON.\... Ma molto è picciola cosa dire
dell’arte”, ciò viene a dire ch’al parliere non
s’apartiene dare insegnamenti (Latini, B. La
rettorica, Argom. 26.2)
5.2 C-ORAL-ROM
Una ricerca nel corpus annotato sul lemma VENIRE
ha dato 812 occorrenze lemmatizzate come forme di
venire. Di queste 812 occorrenze 314 (ovvero il 39%)
sono seguite da una forma verbale indefinita: 235 dal
participio passato e 79 da a+infinito. Non c’è nessuna
occorrenza delle perifrasi gerundivali, il che conferma
quanto già indicato da Bertinetto.
Gli spogli hanno invece dato un considerevole numero
di forme passive con venire come ausiliare.
Appunti per uno studio diacronico del verbo ‘venire’
Nella maggioranza degli esempi di diatesi passiva
troviamo come ausiliare venire, che in questa veste può
sostituire essere, ma solo nei tempi semplici:
30. i rientreranno i bassi + cioè / non penso / che
verrà collegato / il basso / o la &chi [/] o la
chitarra / al <mixer> // (ifamcv02)
31. oppure / quando / questa stessa forma / non
veniva mai usata / in un contesto non adeguato
(inatco02)
La perifrasi infinitivale con il modificatore venire
presenta le stesse proprietà notate a proposito degli esempi
del 1200.
Anche qui possiamo constatare che in gran parte degli
esempi il senso di base di movimento è ancora presente
come in 32 e 33, cioè possiamo parlare di un movimento
fatto con lo scopo di eseguire l’atto dell’infinito (cfr.
Battaglia):
32. / lei l' ho [/] l' ho vista / col suo ragazzo //
vennero a mangiare al mio ristorante //
(ifamcv04)
33. è molto conveniente // vieni a vedere // poi /
'nsomma (ifamdl11)
Parallelamente con gli esempi del 1200 troviamo
anche occorrenze con risalita del clitico come segno di
grammaticalizzazione del costrutto:
34. senti / oh / inizia alle due e mezzo ... mh // a che
ora ti vengo a prendere ? (ipubdl03)
35. e lei lo viene a dire> / con mezze verità a questa
difesa // (inatla03)
36. ho detto / di levarti la possibilità / di venirmi a
fare i' corteo / all' aeroporto (ifamdl10)
Ma troviamo anche altri esempi in cui non si tratta più
di un movimento intenzionale. Che non si tratti di un
movimento intenzionale, viene anche sottolineato da
esempi con soggetto inanimato:
37. questa fratellanza è venuta a mancare // anche
perché so' venuti a mancare certi ideali / certi
principi / certe cose // (ifammn02)
38. sul di più / <lei viene a> perdere il beneficio
fiscale (inatbu01)
39. come una delle caratteristiche / della situazione
che si è venuta a creare recentemente nel nostro
paese / (inatpd01)
5.3 LIZ e C-ORAL-ROM a confronto
In questa sede non ci sarà spazio e tempo per analisi
quantitative approfondite, ma un breve paragone (nella
misura in cui sono paragonabili i due corpora) dei due
spogli mostra una frequenza molto più alta di usi
perifrastici di venire nei testi moderni. Come risulta dalla
tabella (Tab. 1):
Venire
occorrenze totali
+forma indefinita
+gerundio
+participio passato
+a+infinito
LIZ
1454
130 (9,0%)
45 (3,1%)
10 (0,7%)
75 (5,2%)
C-ORAL-ROM
812
314 (38,6%)
0 (0%)
235 (28,9%)
79 (9,7%)
Tabella 1
il 9 % delle occorrenze della LIZ è seguito da una
forma verbale indefinita, mentre la percentuale di questa
combinazione nel C-ORAL-ROM è di 38,6. Nei testi del
1200 della LIZ il 3,1% delle occorrenze è seguito dal
gerundio, mentre nel C-ORAL-ROM questa perifrasi è
inesistente.
Mentre il passivo con venire è molto raro nei testi
spogliati del 1200 (il 0,7%), lo troviamo con una
frequenza molto più alta (il 28,9%) nel parlato
contemporaneo. Per ciò che riguarda l’infinito esiste con
una certa frequenza, il 5,2%, nella LIZ, e quasi con il
doppio, il 9,7% nel C-ORAL-ROM. Si deve però
sottolineare che un paragone dei due spogli va preso con
riserva, in quanto si può discutere se i due corpora siano
del tutto paragonabili. Non sono solamente “estremi” in
diacronia (1200 versus 2000), ma anche in diamesia, ed è
ovvio che le differenze registrate non dipendano
solamente dalla diacronia, ma anche da differenze
diamesiche: mentre i testi del 1200 sono scritti, il
materiale del 2000 è costituito da trascrizioni di parlato
spontaneo. Ma anche se non sono direttamente
paragonabili, i due corpora danno un chiaro indizio di
alcuni cambiamenti.
6. Conclusioni
Che conclusioni si possono trarre? Da una parte, con le
riserve già avanzate sulla diamesia, si può constatare che
le differenze più evidenti sono la scomparsa totale delle
perifrasi gerundivali e un notevole aumento della forma
passiva con venire e della perifrasi infinitivale venire
a+infinito, cioè una crescente grammaticalizzazione di
venire come ausiliare nella diatesi passiva e nella perifrasi
infinitivale. Dall’altra parte si può affermare che anche
negli usi grammaticali di venire è conservata una buona
parte del significato lessicale. Come risulta da Vanelli &
Renzi (1995: 278-83), il verbo venire è deittico in quanto
il suo uso è determinato dal luogo in cui si trovano il
parlante e l’ascoltatore.
Il movimento è indirizzato verso un “centro deittico”,
nel senso che il punto d’arrivo del movimento coincide
con il luogo in cui si trova il parlante o l’ascoltatore o
entrambi nel momento in cui viene pronunciato
l’enunciato. È mia impressione che quest’orientamento
deittico sia parzialmente conservato anche quando venire
è usato come ausiliare. Nella diatesi passiva ”il
movimento” è diretto verso il soggetto grammaticale della
frase, non si tratta più di un cambiamento di posizione, ma
di stato, ed è il soggetto che subisce questo cambiamento.
Futuri studi, con uno spoglio di testi di tutti i secoli,
serviranno sicuramente a confermare queste preliminari
osservazioni e a stabilire meglio il percorso diacronico di
venire.
Erling Strudsholm
7. Riferimenti
Battaglia, S. (2002). Grande dizionario della lingua
italiana, Vol. XXI. Torino: UTET.
Bazzanella, C. (1994). Le facce del parlare. Un approccio
pragmatico all’italiano parlato. Firenze: La Nuova
Italia.
Bertinetto, P. (1991). Il verbo. In L. Renzi, G. Salvi (a
cura di), Grande grammatica di consultazione, vol. II.
Bologna: Il Mulino, pp. 13-161.
De Mauro, T. (1999). Grande dizionario italiano dell’uso.
Vol VI. Torino: UTET.
Cresti, E. e M. Moneglia (2005). C-ORAL-ROM.
Integrated Reference Corpora for Spoken Romance
Languages. Amsterdam/Philadelphia: John Benjamins
Publishing Company.
Enciclopedia Dantesca (1970-76). Roma: Istituto della
Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani.
Maiden, M. (1998): Storia linguistica dell’italiano.
Bologna: il Mulino.
Maiden, M. e C. Robustelli (2000). A Reference Grammar
of Modern Italian. London: Arnold.
Rohlfs, G. (1969): Grammatica storica della lingua
italiana e dei suoi dialetti. 3: Sintassi e formazione
delle parole. Torino: Einaudi.
Stoppelli, P. & E. Picchi (2001) (a cura di). LIZ 4.0.
Letteratura italiana Zanichelli. CD-ROM dei testi della
letteratura italiana. Quarta edizione per Windows.
Bologna: Zanichelli.
Vanelli, L. e L. Renzi (1995). La deissi. In L. Renzi, G.
Salvi, A. Cardinaletti (a cura di), Grande grammatica di
consultazione, vol. III. Bologna: Il Mulino, pp. 261-375.
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