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Sophie Scholl - Centro Ricerche Personaliste
Sophie Scholl “Le parole sono le nostre armi” Giulia Paola Di Nicola Un debito di memoria storica Non è bene ricordare del secolo passato solo Stalin, e Hitler, accordando ai tiranni un onore che non meritano e dimenticando i giusti. E’ un dovere nei confronti della storia far conoscere figure luminose, che non hanno temuto di pagare di persona e continuando a investire fiducia negli esseri umani, nella bellezza del mondo, in Dio. Busto di Sophie Scholl, scolpito da Nicolai Tregor, Università di Monaco. Il contesto secondo Wittenstein “Sono fermamente convinto che nessuna persona che viva negli Stati Uniti possa comprendere appieno che cosa significhi vivere sotto una dittatura assoluta.... Mai prima si era avuto un controllo così assoluto, eccetto che nell'Unione Sovietica, alla quale Hitler in parte si rifece. Il governo - o meglio il partito - controllava tutto: i mezzi d'informazione, le armi, la polizia, le forze armate, il sistema giudiziario, i viaggi, tutti i livelli dell'istruzione, dalla scuola materna all'università, le istituzioni religiose e culturali. L'indottrinamento politico iniziava in tenera età per continuare poi con la “Gioventù Hitleriana”, con l'obiettivo ultimo di raggiungere un controllo completo della mente”*. … Nelle scuole i bambini venivano esortati a denunciare perfino i propri genitori, se questi pronunciavano frasi negative nei confronti di Hitler o dell'ideologia nazista Una resistenza organizzata era praticamente impossibile. Nessuno poteva parlare apertamente, perfino coi propri amici più intimi, perché non si era mai sicuri che questi non fossero spie naziste o collaboratori del regime… Un controllo totale George J. Wittenstein “Nessuno deve poter dire che ci sarà per lui un momento in cui sarà lasciato solo con se stesso” (Hitler, Mein Kampf) Il Blockwart (guardiano di caseggiato) Il controllo e la sorveglianza da parte del partito erano così bene organizzati che ogni singolo caseggiato in città aveva un proprio funzionario di partito con il compito di spiare i vicini. Ufficialmente il "Blockwart" aveva l'incarico di garantire il benessere dei residenti… in realtà doveva sorvegliare, registrare e riferire le attività, le conversazioni e i commenti di ogni persona, oltre alle sue frequentazioni. Nemmeno la privacy in casa propria era garantita: era molto comune coprire il telefono con un copriteiera o un cuscino, come precauzione contro l'ascolto indebito mediante "cimici". Non era neppure possibile sapere quale corrispondenza fosse stata segretamente aperta. L’impossibile avventura Ricordo benissimo un evento accaduto in un cinema: qualcuno che era seduto alcune file davanti a me fu portato via dalla Gestapo. Pareva che avesse espresso un commento negativo nei confronti di Hitler… Chiunque l'avesse sentito, per compiere un dovere patriottico, doveva aver informato la polizia segreta. Certo, c'erano individui e piccoli gruppi locali che si opponevano al regime. In effetti oggi sappiamo che ce n'erano più di 300 ma… era praticamente impossibile stabilire dei contatti, e ancor più mantenere le comunicazioni. Pertanto i gruppi erano piccoli, isolati e non conoscevano l'esistenza gli uni degli altri. L'unica resistenza che avrebbe potuto avere successo sarebbe stata quella dei militari. Questi ci provarono, con grande ritardo, quel famigerato 20 luglio 1944, e fallirono miseramente… Come fu possibile per un piccolo gruppo di studenti universitari sfidare questo regime così potente e, con infiniti rischi, chiamare ad una resistenza aperta?”* La congiura di Claus von Stauffenberg Il legame etico-politico-culurale che caratterizza La Rosa Bianca, segna la differenza – come ha sottolineato H. Arendt – rispetto alla congiura di Claus von Stauffenberg, il generale ucciso dalla Gestapo, che per anni era stato connivente col regime, salvo poi distaccarsene e tentare di uccidere Hitler (20.VII.1944). I ragazzi della Rosa Bianca conservarono “intatta la capacità di distinguere il bene dal male” e decisero di combattere contro la retorica delle menzogne della propaganda”. Von Stauffenberg: «non fu ispirato da sdegno morale o dal rimorso per le sofferenze inflitte ad altri esseri umani», ma quasi esclusivamente «dalla certezza che ormai la sconfitta e la rovina della Germania erano inevitabili». Essi erano interiormente angosciati per il “problema dell’alto tradimento e della violazione del giuramento di fedeltà a Hitler»* Idee e coraggio Wittenstein elenca 3 caratteristiche che consentirono la nascita della Rosa Bianca: 1. Si trattava di studenti idealisti e ribelli, attratti dall’organizzazione nazionalsocialista, tipo boy scouts, e da ideali quali autodisciplina, romanticismo tedesco, adesione ai più alti principi morali ed etici. 2. Si trattava di giovani di famiglie borghesi, con genitori che si opponevano al nazismo 3. L’amore per le arti e la cultura, una significativa sensibilità religiosa li univa e li rendeva spontaneamente contrari ad azioni disumane quali la persecuzione degli Ebrei. un rotolo del Pentateuco: i primi 5 libri della Bibbia Tempio di Salomone Ci fu opposizione al nazismo? In Germania si registrano segnali di opposizione già nel 1933, con l’ascesa di Hitler al potere, nonostante la frammentazione dei gruppi Durante il nazismo il Volksgerichtshof da solo condannò a morte 5.300 persone. Si calcolano 3.000.000 di persone che nei 12 anni di regime passarono nei campi di concentramento (ne morirono 500.000) e che circa 800.000 mantennero un comportamento attivo di opposizione*. Secondo W. Churchill (1946): «In Germania c’è stata un’opposizione che appartiene alle più grandi e alle più nobili che siano mai state conosciute nella storia di tutti i popoli». La resistenza tedesca Si calcola che Oskar Schindler, conosciuto grazie al film di Spielberg "Schindler's List", abbia salvato 1200 ebrei dalla morte. Più volte, la resistenza tedesca contro Hitler mancò solo per un pelo la sua eliminazione fisica. Fallì un colpo di stato contro di lui. In diversi paesi d'Europa vi furono persone che rischiarono la vita per aiutare gli Ebrei. Banalità del male Tra coloro che si opposero, H. Arendt cita Friedrich Reck-Malleczewen, il filosofo Karl Jaspers, la vicenda di due contadini di cui non si conosce il nome e gli autori di un «atto disperato»: i fratelli Scholl**. Il male può essere «terribilmente normale»: incapacità di pensare, soffocamento della pietà, fuga nell’immaginazione, brama di potere. F. Reck-Malleczewen, scrittore tedesco (Prussia orientale,1884-1945), di famiglia protestante, si trasferì vicino Monaco dedicandosi alla musica e alla scrittura. Nel 1933 si convertì al cattolicesimo, considerato "l'ultimo baluardo contro la barbarie e la bestialità sempre più virulente". Vedeva nel nazismo una forma del demonismo moderno. Nel 1937 diede alle stampe un libro sugli anabattisti di Münster (in rivolta contro il dominio del clero). L'opera, sequestrata in tipografia dai nazisti e distrutta, segnò la sua sorte: sospettato di antinazismo, venne arrestato e avviato nel campo di concentramento di Dachau, dove morì. Karl Theodor Jaspers (1883-1969) ha dato notevole impulso alla psichiatria, alla filosofia, alla teologia e alla politica. Con l’avvento del nazionalsocialismo patì a causa della moglie ebrea. Gli fu imposto di scegliere tra divorziare ed emigrare. Non lo fece, ma dovette vivere da recluso, malato e tendente al suicidio. L'ordine di arresto arrivò il 14 aprile 1945, ma il 30 marzo gli Alleati liberarono Heidelberg. Deluso dalla ricostruzione espatriò a Basilea, dove morì. “Habeas animam” Dietrich Bonhoeffer, impiccato nel carcere di Flossemberg nell’aprile 1945, rivendicava l’importanza dell’azione responsabile e coerente: “Abbiamo imparato un po’ troppo tardi che l’origine dell’azione non è il pensiero ma la disponibilità alla responsabilità… Per noi pensare era molte volte il lusso dello spettatore”. Il compito che gli pareva doveroso non era “di cercare grandi cose, ma di salvare la nostra anima dal caos e vedere in essa l’unica cosa che possiamo trarre come ‘bottino’ dalla case in fiamme” (per I. Silone : “Habeas animam”). Echeggiano le parole di Geremia “Tu vai cercando grandi cose per te? Non le cercare! Perché, vedi, io manderò la sventura su ogni uomo. Ma a te darò la tua anima come bottino, ovunque tu vada” (Ger 45,4-5). Edith Stein, Lettera a Pio XI, 12.IV.1933 “Padre Santo, come figlia del popolo ebraico che per grazia di Dio è da 11 anni figlia della Chiesa cattolica, ardisco esprimere al Padre della cristianità ciò che preoccupa milioni di tedeschi… Per anni i capi del nazionalsocialismo hanno predicato l’odio contro gli Ebrei. Ora che hanno ottenuto il potere e hanno armato i loro seguaci – tra i quali ci sono molti elementi criminali – raccolgono il frutto dell’odio seminato. Questo boicottaggio, che nega alle persone la possibilità di svolgere attività economiche, la dignità di cittadini e la patria – ha indotto molti al suicidio… se la responsabilità in gran parte ricade su coloro che hanno li spinti a tale gesto, essa ricade anche su coloro che tacciono. Tutto ciò che è accaduto e che accade quotidianamente viene da un governo che si definisce “cristiano”….Questa guerra di sterminio contro il sangue ebraico non è un oltraggio alla santissima umanità del nostro Salvatore, della Beatissima vergine e degli Apostoli?”*. I ragazzi della Rosa Bianca Oggi il simbolo più noto della resistenza tedesca è quella del gruppetto di giovani, incuranti di sé, senza ambizioni di potere o di autocelebrazione, chiamati la “Rosa Bianca”, che sfidarono la tirannia, consapevoli del reale rischio di perdere la vita La vicenda divenne così popolare che Carl Orff (il compositore rimasto in Germania durante la guerra) sostenne di essere stato uno dei fondatori della Rosa Bianca e venne rilasciato. Carl Orff collaborazionista? Benché fosse personalmente in contatto con il prof. Huber, della Rosa Bianca, non ci sono prove che Orff fosse coinvolto nel movimento. E’ probabile che fece quella dichiarazione agli alleati che lo interrogavano per fugare i sospetti di complicità col nazismo e sfuggire alla carcerazione. Il compositore Carl Orff (Monaco di Baviera, 1895-1982) è famoso principalmente per i Carmina Burana (1937) e per i "Catulli Carmina” (1943). Si é occupato anche di pedagogia e didattica, influenzando l’educazione musicale attraverso il cosiddetto Orff-Schulwerk. I vescovi tedeschi Il 23 Agosto 1945, i vescovi nella Lettera pastorale fecero un bilancio in bianco e nero del comportamento dei cattolici: “Popolo cattolico, noi ci rallegriamo che tu ti sia mantenuto libero, in misura così vasta, dall’idolatria del potere brutale. Ci rallegriamo che così tanti della nostra fede non si siano mai e poi mai inginocchiati davanti a Baal. Noi deploriamo: nel profondo molti tedeschi, anche delle nostre fila, si sono fatti sedurre dai falsi insegnamenti del nazionalsocialismo, sono rimasti indifferenti rispetto ai crimini contro l’umanità libera e la dignità umana, molti hanno dato sostegno ai crimini con il loro comportamento, molti sono diventati essi stessi dei criminali”*. Cattolici coraggiosi “Avrò avuto appena sette o otto anni - ha raccontato P. Josef Cordes - Una Domenica di autunno del 1942 o forse del 1943… volevamo partecipare alla santa Messa nel piccolo santuario… dedicato alla Vergine… Il parroco, Peter Grebe, tenne una predica infiammata, con attacchi diretti contro i soprusi e i delitti ignominiosi del nazionalsocialismo; era turbato, adirato e si esprimeva a voce molto alta. Pensai tra me e me e chiesi poi sulla via del ritorno: “Ma non ha paura di dire quelle cose? In che modo verrà punito dal partito?” Quella stessa settimana la Gestapo venne ad arrestarlo”*. Dichiarazione Consiglio Chiese evangeliche Stoccarda, 19. X. 1945 Più critico il bilancio delle Chiese evangeliche: “Certamente abbiamo combattuto per anni nel nome di Gesù Cristo contro lo spirito che ha trovato la sua terribile espressione nel regime violento del nazionalsocialismo; ma ci rimpoveriamo che non ci siamo dichiarati più coraggiosamente, che non abbiamo pregato più fedelmente, che non abbiamo creduto più gioiosamente e che non abbiamo amato in modo più bruciante”*. Un popolo strumentalizzato e oppresso Per i tedeschi ancora oggi è problematico vivere sotto il peso delle colpe del nazismo. Benedetto XVI nella visita ad Auschwitz (28.V.2006) ha detto: “Sono qui come figlio del popolo tedesco – figlio di quel popolo sul quale un gruppo di criminali raggiunse il potere mediante promesse bugiarde in nome di prospettive di grandezza, di recupero dell’onore della nazione e della sua rilevanza, con previsioni di benessere e anche con la forza del terrore e dell’intimidazione, cosicché il nostro popolo poté essere usato ed abusato come strumento della loro smania di distruzione e di dominio”. Sophie Scholl Dagli anni ’70 in poi il gruppo della Rosa Bianca ha cominciato ad essere onorato come eroico nella resistenza passiva. Al cuore del gruppo: Sophie Scholl Il 9.V.2011 è stato il novantesimo anniversario della nascita di questa ragazza, figura luminosa della resistenza non-violenta contro il Reich. Come i suoi amici, Sophie voleva servire la patria, ma liberandola dal regime. Si augurava perciò la sconfitta della Germania (cf vol. V e VI). Sophie era la persona più giovane del gruppo “La Rosa Bianca”, il cui leader era Hans Scholl, suo fratello maggiore. Luogo di nascita Sophie Magdalena Scholl nacque a Forchtenberg, dove il papà era sindaco, il 9 maggio 1921, e morì a Monaco di Baviera, il 22 febbraio 1943,a 22 anni. Sophie era la quarta di sei figli (la sesta sorellina, nata nel 1925, morì a solo un anno). Sophie amava molto la natura: “I dintorni di Forchtenberg erano Forchtenberg incredibilmente belli…Passavamo intere giornate in quei boschi” (Inge) München, Baviera Fratelli e sorelle Inge Aicher-Scholl (1917– Municipio di Forchtenberg am Kocher, luogo natale di Sophie Scholl. 1998) Hans (1918–1943) Elisabeth Scholl Hartnagel (nata nel 1920), moglie del fidanzato di Sophie, Fritz Hartnagel. Sophie Scholl (1921–1943) Werner (1922–1944) Thilde (1925–1926), morta per una epidemia di morbillo. “La più brava non sono, la più bella non voglio essere, ma la più intelligente sì” La storia di Sophie è quella di tutta la famiglia, che ha difeso con coraggio la libertà di pensiero, i valori morali e civili, l’unità degli affetti contro uno Stato che distruggeva le coscienze per esaltare la patria Se Hans e Sophie hanno potuto dare la vita è perché avevano imparato in famiglia a dare importanza a ciò che conta, ad agire secondo coscienza e intelligenza Se hanno avuto coraggio, virtù che si radica nel pensiero greco e attraversa la storia, è perché credevano fortemente nei valori da perseguire. Una famiglia nella storia Robert e Magdalene con I figli*. In casa Scholl ciascuno veniva educato a mantenersi libero da condizionamenti e a pensare e agire in modo creativo e coerente. Sophie ha un'infanzia spensierata e serena, a contatto con la natura Frequenta la scuola dall'età di sette anni, segnalandosi positivamente Nel 1930 la famiglia si trasferisce a Ludwigsburg e due anni dopo a Ulm, dove il papà fonda una società di consulenza in materia fiscale. La contemplazione della rugiada sullo stelo delle rose le fa dire: “Tutto ciò esiste nonostante che l’uomo nel mezzo dell’intera creazione si comporti così disumanamente… Tutto ciò è già una grande grazia” (Sophie) Ulm Ulm è una città del BadenWürttemberg, del distretto governativo di Tubinga, con 121.648 abitanti. Ricordo di un testamento Sophie cresce custodendo un suo mondo di affetti, valori, riflessioni. Racconta la sorella Inge: “Un giorno Sophie rimase a letto – noi tre sorelle dormivamo insieme in una grossa camera da letto – e pensai che non si sentisse bene. Invece stava seduta appoggiata ai cuscini e scriveva. Le domandai: "Che fai?" Mi rispose: "Scrivo il mio testamento!" Suonava così buffo, pensando a quelle che erano allora le nostre ricchezze! Eppure oggi, quando penso a questo elenco di effetti personali, penso anche: in fondo si trattava davvero di un testamento. Poi lo mise in un cassetto del comodino. Oggi quel foglio non esiste più”*. L’amore per la natura e la patria “Come non posso vedere un torrente limpido senza bagnarvi i piedi, così non posso passare davanti a un prato a Maggio senza fermarmi. Non c’è niente che mi attiri di più di questa terra profumata… Senza più pensare a niente altro, mi arrampico su per la scarpata e mi trovo immersa fino ala vita nei fili d’erba rigogliosa e nei fiori… Abitanti di ogni genere mi brulicano intorno, mi si arrampicano sulla fronte e sul naso, lungo le gambe e la schiena. Oggi lascio fare con pazienza, anzi, in un certo senso mi sento onorata che mi prestino la loro attenzione… Se mi giro la mia testa tocca lo scabro tronco di un melo. Come allarga protettivo i suoi buoni rami sopra di me! Non avverto forse la linfa che sale incessante dalle sue radici per provvedere anche alla più minuscola fogliolina?Non sento forse come un segreto battito di polso?Premo la faccia contro la sua calda corteccia e penso: terra mia, patria e provo un sentimento immenso di riconoscenza in quel momento ”*. Una ragazza normale Sophie non riusciva ad accettare la discriminazione. Si domandava perché due sue compagne ebree avessero un aspetto decisamente “ariano” (mentre lei era bruna) e perché un professore fosse sparito all’improvviso dalla scuola. A Ulm c’era un campo di concentramento per “politici”. Oltre i legami di sangue La famiglia Scholl è stata straordinaria nell’inculcare nei figli il valore degli affetti, della cittadinanza e della cultura Una fede sincera, luterana, senza dogmatismi e confessionalismi univa tutti, rafforzando la convinzione che non bisognasse anteporre i legami familiari ai valori più alti né assoggettarli alla patria, alla Volksgemeinschaft, identificata col partito-tutto. Il regime nazista si opponeva all’autonomia locale a favore dell'accentramento dello Stato, iniziato con l'unificazione tedesca. La deposizione illegale del democratico governo della Prussia nel 1932 aveva spianato la strada ai nazisti, che avevano immediatamente tolto ogni autonomia ai Länder, prima imponendo un coordinamento, poi sopprimendoli. Il rifiuto del centralismo dei ragazzi di Monaco era un rifiuto alla Prussia conforme allo spirito liberale di Ulm, dove gli Scholl avevano fatto gli studi classici e che ha ospitato gruppi di resistenza fino al 1944. Quando le elezioni sancirono il trionfo del nazismo a Ulm e si festeggiò il nuovo Reichstag, Sophie assistette alla parata. Anche il pastore e il parroco parlarono di nuova vita e lodarono il Führer. L’efficacia della propaganda Il nazismo non mostrò subito il suo volto demoniaco, anzi era particolarmente attento all’educazione di giovani entusiasti che poi si ritrovavano «irreggimentati». Il nazismo stornava l’amore per la natura nella deificazione della Vaterland. Papà Robert, con la sua esperienza politica, non si fidava delle organizzazioni “per” i giovani, ma lasciava che i figli facessero la loro esperienza e imparassero ad essere autonomi. “La mia anima ha fame e nessun libro potrà più saziarla…è solo la natura che mi dà nutrimento, il cielo e le stelle e la terra silenziosa” (Sophie, Diario) A 12 anni Sophie frequentava la scuola secondaria per ragazze quando Hitler andò al potere La Lega delle ragazze Sophie aderì ai gruppi seguendo la pressione della propaganda, il fascino della natura, dello sport, delle escursioni nonché l’influsso di Hans, da lei molto ammirato Si unì volentieri al Bund Deutscher Mädel (Lega delle ragazze tedesche). Dopo la presa del potere (1933) divenne chiaro che la HJ voleva “prendere in pugno la totalità della gioventù, e allo stesso modo l’intero spazio vitale del giovane tedesco”. La Lega faceva perno sull’attrazione esercitata dall’associazionismo, dalle divise, dalle marce… Si apprendevano disciplina e obbedienza e si veniva trasformati in combattenti. Com’era Sophie Nonostante l’adesione alla Bund Deutscher Mädel, in cui divenne Schaftführerin, Sophie mantenne la sua personalità. Il carattere forte e dolce, la passione per la natura, gli interessi artistici, scientifici, teologici ne delineavano il fascino Le foto mostrano un viso piccolo e fiero, uno sguardo riflessivo, capelli alla maschietto, una personalità decisa. Le organizzazioni pre-naziste venivano destrutturate, a partire da quelle ebraiche e socialiste. Quelle cattoliche furono difese dai vescovi e sopravissero inizialmente grazie al Concordato. Nel 1939 la HJ aveva raggiunto la quasi totalità dei giovani: 8 milioni e 700 mila su 8 milioni e 870 mila. Molti altri gruppi potevano vivere solo nella clandestinità. Andare fino in fondo F. J. Müller l’ha descritta così: “Era piccolina, bruna come un’italiana, era la sorella più giovane del nostro mito Hans… Le Chiese non erano più le istituzioni che, come prima, garantivano tenuta e protezione, erano troppo compromesse. Questi esercizi spirituali Sophie li affrontava con grande serietà, con acuta intelligenza… Rendere vera la conoscenza sembra la chiave per comprendere l’evoluzione di Sophie, la spinta per il suo agire nella resistenza… *. “…Era tipico di Sophie, che non era una persona fredda e calcolatrice, ma poteva essere traboccante di sentimento, il portare fino in fondo le conseguenze delle cose”. “Diventare persone” “Un senso della vocazione o qualcosa di simile non ce l’ho. Ma se si vuole diventare artisti si deve pure, prima di ogni cosa, diventare persone. Venendo su dal profondo. Voglio cercare di lavorare su di me. E’ molto difficile” (Lettera a Inge, 8.VII.1938) La compagna di studi Susanne la descrive così: “scura di capelli e di occhi, per me era una figura solare. Critica e curiosa... aveva una intelligenza lucida e un giudizio coraggioso. Una così era una rarità preziosa… come sua madre aveva una voce lieve a tratti quasi dolce… sapeva ache essere sfacciata e sfrenata come un ragazzo… Un mio compagno di classe disse: ‘Vedrai gli Scholl finiranno sulla forca’”*. Dissenso politico Sophie come Gradualmente l’entusiasmo scemò, cedendo il posto alla critica, che la avvicinava al padre e al fratello. Diversi episodi lei aveva 16 annile fecero aprire gli occhi sul nazismo membro della Hitler Jugend, riuscì anche a ottenere ruoli guida, come quello di Führerin Curiosare tra i libri Il primo distacco dal nazismo fu culturale ed estetico. Sophie voleva essere libera di spaziare con la mente, mentre la dittatura guardava con sospetto ogni espressione di creatività personale. Sophie scriveva fiabe, disegnava, suonava il piano. “Potrei piangere per come la gente media è e per come denuncia i suoi simili, forse per vantaggio personale. È’ abbastanza per spingere una persona a scoraggiarsi talvolta. Desidero spesso vivere su un isola come Robinson Crusoe”. Un’appassionata lettrice di autori come Stefan Zweig, Hans Carossa, Stefan George, Thomas Mann – quasi tutti censurati – non poteva sopportare un regime che giudicava “degenerati” scrittori per lei preziosi. “Di recente ho sognato che ero in una cella del carcere prigioniera per tutta la guerra. Avevo un grosso anello di ferro intorno al collo, il che era la cosa più spiacevole del sogno” Sete di cultura alternativa Sophie amava le scienze, ma anche filosofia e teologia, grazie all’amico Otl Eicher, che la introduceva nella tradizione cristiano-cattolica; Werner allargava lo sguardo alle altre religioni (Lao-Tse, Corano, confucianesimo, buddhismo) Attenta alle tematiche delle donne, ma non femminista, nella primavera del 1940 prese il diploma con una tesina sul tema: “La mano che muove la culla muove il mondo”. 3 i filoni culturali principali: Nietzsche (individuo, libero pensiero, amicizia), i russi (Dostoevskij, Berdjiaev del Nuovo Medioevo), i cattolici con Maritain (terza via e quello che Aicher definiva “Erotica intellettuale”). Comune la critica alle istituzioni ecclesiali, che sembravano tollerare il nazismo e – come diceva Aicher – “distribuivano ad ognuno colpa e grazia come fossero tessere alimentari”. L’esperienza del carcere Nel Novembre del 1937, nell’ambito di una vasta operazione contro i gruppi giovanili vietati, furono arrestati Sophie, Werner e Inge. Sophie, inizialmente scambiata per un ragazzino, a causa della giovane età – 16 anni – fu liberata qualche ora dopo. I fratelli restarono in carcere 8 giorni Fortunatamente la madre, sentendo il campanello che annunciava la Gestapo per la perquisizione, aveva fatto scomparire libri “compromettenti”. Successivamente anche Hans venne arrestato e poi rilasciato. Un accordo impossibile Nel 1939 le fu tolto il titolo di Führerin -come due anni prima a suo fratello – per aver usato un simbolo non autorizzato per i gagliardetti. Durante una serata di lettura alla Hitler Jugend, Sophie propose un libro di Heinrich Heine, «quando vide che tutte le altre ragazze erano rimaste rigide e senza parola, perché Heine era un poeta ebreo, aveva detto in un sussurro: “Chi non conosce Heine, non conosce la letteratura tedesca”». E’ di Heine la frase: «Laddove si bruciano libri, si bruciano anche esseri umani». Sophie voleva confrontarsi con i grandi interlocutori del passato sui temi esistenziali: Platone, Socrate (L’apologia di Socrate), Agostino (Confessioni), Pascal (Pensieri), Dostoevskij (La Leggenda del grande inquisitore), i personalisti francesi e tedeschi: Georges Bernanos, Emmanuel Mounier, Etienne Gilson, Jacques Maritain, Paul Claudel, Friedrich Schiller, Rainer Maria Rilke, Ernst Wiechert, Romano Guardini. Il contrasto tra nazismo e cristianesimo le appariva inconciliabile. Grandi interlocutori Per Sophie l’unica via possibile era una resistenza attiva non violenta. Considerava irrinunciabile il rispetto della dignità di ogni persona, anteposta allo Stato. Fritz, il ragazzo di Sophie Come le altre ragazze, anche Sophie aveva un ragazzo da amare e che l’amava: Fritz Hartnagel, allievo scuola ufficiali a Potsdam, orientato politicamente (almeno all’inizio) all’opposto di Sophie Lo aveva conosciuto in una festa da ballo in casa di amici nel 1937. Avevano organizzato piccole fughe all’insaputa dei genitori Sophie era stata abituata a non tacere le sue idee e a rispettare quelle degli altri. Non avrebbe sopportato una relazione superficiale e solo sentimentale. Le lettere dei due ragazzi manifestano un rapporto franco, senza ipocrisie, arricchito da lucide analisi politiche. Sophie sentiva che Firtz viveva un dissidio interiore e la condivideva. “Sogno volentieri, infatti vivo in uno strano mondo, in cui non sono mai del tutto felice. Non metterti in testa adesso che io sia stravagante e sentimentale, lo nego con tutte le mie forze, anzi sono addirittura pesantemente materialista” (Sophie, Lettera del 26.II.’38). “Ormai non c’è nient’altro che la politica… Probabilmente sorridi e pensi che sono una ragazza… Ma siamo stati appunto educati politicamente” Chi era Fritz Fritz Fritz era un tenente della Wehrmacht, spedito nel 1942 al fronte russo di Mariopol (città di Maria). (Friedrich) Hartnagel (Ulm 1917Stuttgart 2001) era un avvocato, la cui corrispondenza con Sophie (analizzata da Gunter Biemer e da Jakob Knab nel giornale, “Newman Studien”), é stata pubblicata nel LX anniversario dell’esecuzione. La corrispondenza La buona disposizione di Fritz è attestata dalle lettere alla fidanzata: “Che inganno prendere la natura a nostro modello per le nostre azioni e descrivere come ‘grande’ la sua crudeltà… Ma noi sappiamo da chi siamo stati creati e che siamo in un rapporto di obbligo morale con il nostro Creatore. La coscienza ci dà la capacità di distinguere tra bene e male”. “Spero di poterti mandare presto delle foto. Ma anche dai fotografi i lavori militari hanno la precedenza” “Se ti racconto di quanto sono ancora belli i colori dei fiori in giardino: tutto questo ti è terribilmente lontano, eh?” (Sophie a Fritz) Autocontrollo emotivo Il rapporto di affettuosa amicizia con Fritz veniva gestito con lucidità da Sophie, senza soffocare la sua direttrice di marcia: “Io posso pensare tranquillamente a te. E sono contenta di poterlo fare così come voglio, senza alcun obbligo. E’ bello quando due camminano insieme senza promettersi… Così fanno semplicemente un tratto insieme e quando succede che le loro strade si dividono, ognuno prosegue tranquillamente nella propria direzione” L’adolescenza comportava altre turbolenze: Sophie accenna a Schurik (soprannome di Schmorell) in una pagina del Diario, poi strappata: “…ma perché devo strapparmelo dal cuore? Voglio solo pregare Dio che gli assegni il giusto posto qui dentro. Per questo anche lui deve tornare ad esserci nel Quaderno. E ogni sera voglio includere lui, come Fritz e tutti gli altri, nella mia preghiera”. Sophie inviò a Fritz al fronte orientale (1942), due volumi dei sermoni di John Henry cardinale Newman, nella traduzione tedesca di Theodor Haecker Era un libro da condividere perché ritenuto particolarmente importante Fritz, in trincea, dopo averlo letto, le fu grato per avergli donato “gocce di vino prezioso” sul piano spirituale e filosofico (Newmann era un antidoto a Nietzsche). Newmann John Henry Newman, ritratto nel 1824 John Henry Newman (1801 –1890), teologo, filosofo, cardinale, è considerato uno dei più grandi prosatori inglesi e il più autorevole apologista della fede, apprezzato anche dai non cattolici. In ambito cattolico, è stato definito uno dei «padri assenti» del Concilio Vaticano II. La coscienza Era stato Theodor Haecker a far conoscere ai ragazzi Newman, perché, da credente, riteneva che la coscienza, come “voce di Dio”, fungesse da scudo contro le dottrine idolatriche ed atee del regime. La "teologia della coscienza“, risulterà centrale nella difesa di Sophie, stando alle trascrizioni degli interrogatori che portarono all’esecuzione. Fritz Hartnagel venne evacuato da Stalingrado nel Gennaio 1943 e rimpatriato con l’ultimo volo. Al ritorno in Germania, scoprì che Sophie era morta da poco. Successivamente sposò la sorella di Sophie, Elizabeth. Il risveglio cattolico francese degli anni Venti aveva provocato in Germania “il ritorno del cattolicesimo dall’esilio”. La Konvertirten Generation comprendeva tra gli altri: M. Scheler, Gertrud von Le Fort, Th. Haecker, E. Stein, S. Undset (premio Nobel Norvegese). I racconti di Fritz Sophie e i suoi compagni rimasero sconvolti dai racconti di Fritz circa il comportamento dei tedeschi sul fronte orientale: soldati sovietici uccisi a colpi di fucile in un pozzo, ebrei sfruttati, oppressi e uccisi impunemente… Sophie temeva che in Fritz e in lei stessa si spegnesse la fame di giustizia: un’esistenza insipida le pareva equivalente all’inferno. Nel contempo tra gli studenti cresceva il malcontento. Volontari della divisione SS Galizien marciano a Sanok,, Maggio 1943 “Così come scrive Sophie nel suo Diario: ‘Meglio un dolore insopportabile che un apatico vegetare. Meglio una sete bruciante, preferisco chiedere dolore, dolore, che sentire un vuoto’. Ma allora non è forse anche il dolore un dono i Dio?” (Fritz Hartnagel) Non diventare indifferenti! Si legge in una lettera di Sophie al fidanzato: “Basta che tu non diventi un tenente arrogante e indifferente (Scusami!). Ma il pericolo di diventare indifferenti è grande. E se potessi, continuerei sempre più a pungolarti contro l’indifferenza che potrebbe assalirti, e vorrei che i pensieri rivolti a me fossero una spina costante contro l’indifferenza”. Come i suoi amici della R. B. cercava una soluzione alla tragedia del suo tempo, ma non voleva perdere i valori spirituali e culturali. Hans disse dopo la condanna: “Non c’è odio in me. Mi sono lasciato tutto, tutto dietro le spalle”. Erano giovani che si erano preparati a lungo, avevano consapevolezza del destino che li attendeva e non volevano fuggire. Sentivano il dovere di combattere il male e tutto ciò che inquina la coscienza. Divieti insensati Hans aveva avuto dalla prima infanzia una particolare influenza su Sophie, affettiva, culturale e politica. Il loro rapporto si rafforzò col tempo. Fu significativa per Sophie l’esperienza del fratello Hans. Questi, caposquadra di una sezione della Hitler Jugend, mal sopportava imposizioni insensate, come la proibizione di cantare canzoni popolari russe e norvegesi. Aveva riso pubblicamente di questo divieto ed era stato minacciato di punizione. L’intera famiglia Scholl, sia pure con modalità diverse, dissentiva dal nazionalsocialismo. Dalla parte di Hans Nella H.J., la bandiera era consacrata al Führer e i ragazzi le giuravano fedeltà. Come capo drappello, Hans confezionò una bandiera diversa per il suo gruppetto, con un simbolo di grosso animale leggendario. Una sera un gerarca ne pretese la consegna, sostenendo che occorreva attenersi alla bandiera prescritta per tutti. Hans non fu più capo drappello perché reagì con uno schiaffo al gerarca. Un altro giorno, uno dei comandanti tolse di mano ad Hans il libro “proibito” del suo autore preferito, ebreo, Stefan Zweig (Ore siderali dell’umanità). 1937: “Una famiglia sospetta” Come portabandiera al Congresso del partito a Norimberga, nel 1935, Hans fu contrariato dal fatto che «non v’erano state che esercitazioni e un’uniformità che si estendeva anche alla vita privata”. L’omosessualità, la promiscuità diffusa (con circa 900 ragazze della Lega che rimasero incinte), nonostante le organizzazioni fossero separate, turbarono Hans, che cominciò a frequentare un gruppo alternativo, “dj.1.11”, più attento alle dimensioni interiori della coscienza. Era un andersdenken. Nel 1942 nella cassetta della posta di casa Scholl venne trovata copia della predica del vescovo di Münster Clemens August, conte di Galen, detto “il leone”, a difesa dei diritti dell’uomo contro il nazionalsocialismo. Hans esclamò: “Finalmente uno che ha il coraggio di parlare. Serve subito una macchina da scrivere!” Un servizio obbligatorio Nel 1940 Sophie, che amava i bambini, trovò lavoro come maestra d'asilo al Fröbel Institute di Ulm (inizio alle 7 e termine alle 21,30 con le pulizie). Con ciò sperava di evitare il periodo di servizio obbligatorio cui tutti i giovani erano obbligati: il Reichsarbeitsdienst, condizione indispensabile per iscriversi all’Università. Non fu così: proprio per la sua esperienza con i bambini, nel 1941 fu impiegata come ausiliaria di guerra per sei mesi nella scuola materna statale di Blumberg. Il regime militare di quell’istituto rafforzò la sua critica politica. Scrivendo ad Hans si firmava “la tua sorella duramente provata”. Non mancavano momenti di trasgressione: con l’amica Gisela usciva la sera dal campo di Krauchenwies per andare a suonare a 4 mani le fughe di Haendel e Bach sull’organo della parrocchia (il parroco le aveva dato le chiavi). “Trovavo il servizio noioso e sbagliato da un punto di vista pedagogico, quindi brutto e ingiusto, perché mortificava l’individualità personale”* “A costo della vita” Papà Robert conobbe il carcere per 4 mesi nel 1942, denunciato da una collaboratrice per aver definito Hitler “un flagello di Dio per l’Europa”. Venne rilasciato, ma il fascicolo su di lui restò aperto. La mamma stilò la domanda di grazia e chiese anche a Hans e Werner di redigerne una. Hans appuntò sul Diario: “…non lo farò. Non chiederò la grazia. So distinguere il falso orgoglio da quello vero…”. Hans ha raccontato di aver sognato una valle con un ponte altissimo e pericoloso da attraversare: “All’improvviso mi è stato chiaro: devi attraversare questo ponte, a costo della tua vita…”. Una ragazza granitica A fronte di una società cieca e addormentata, Sophie amava la solitudine. Senza trascurare le amicizie selezionate e lo sport (montagna, sci, nuoto), cominciò a privilegiare l’impegno cultural-politico. Le doti di natura, la fedeltà agli ideali e agli amici ne facevano una ragazza insieme dolce e granitica, cui era insopportabile il modello di donna presentato dal regime. Sapeva che come donna doveva dare una dimostrazione aggiuntiva di capacitò. Lo si capisce dal giudizio dato sulla la pittrice Paula Modersohn-Becker, conosciuta nel mare del Nord: “Per essere una donna ha lavorato in modo mostruosamente indipendente, nei suoi quadri non si è ispirata a nessuno”. La musica “La musica è la cosa migliore per risvegliare il tumulto del mio cuore ottuso” “La musica ammorbidisce il cuore; mette in ordine la sua confusione, scioglie la sua rigidità e crea così la condizione per l’azione dello Spirito nell’anima, lo Spirito che prima ha bussato invano al suo portone sprangato. Sì, silenziosamente e senza violenza, la musica apre le porte dell’anima. Ora sono aperte! Ora è pronta ad accogliere. Questo alla fine l’effetto che esercita su di me la musica, che me la rende indispensabile in questa vita. E così come non mi lavo le mani a beneficio dell’acqua, ma perché mi serve, così non ascolto la musica per la musica in sé”*. La passione per la giustizia Quando il Reich la trasferì a Krauchenwies, nell’Alto Danubio, per l’ennesimo periodo di lavoro (RAD) necessario per l’Università, Sophie era ormai decisa alla resistenza. Rifletteva sulle insidie del nazionalismo: in una lettera a Fritz di quei mesi sostiene che un padre non dovrebbe prendere sempre e comunque le difese del figlio punito dall’insegnante e fa il parallelo con il patriottismo: «Allo stesso modo trovo ingiusto che un tedesco o un francese, o un qualunque altro, difendano il proprio popolo solo perché è il loro. [...] Io credo che la giustizia venga sempre per prima, prima anche dei valori affettivi»*. I pensieri affidati al Diario ci dicono di meditazioni profonde. «La sera, quando le altre scherzano tra loro, io leggo S. Agostino. Devo leggere lentamente, faccio molta fatica a concentrarmi. Ma continuo a leggere. Anche quando non ho abbastanza luce. Stamattina ho letto anche La montagna incantata di Th. Mann»** Una “stanza” per sé* Agostino, Simone Martini “Poiché siamo inseriti in questo mondo contraddittorio, dobbiamo ubbidire alle sue leggi. E paradossalmente, questo modo ben poco cristiano di vedre le cose si ritrova proprio spesso nei cosiddetti ?cristiani? Come ci si può aspettare allora, che il destino conceda una vittoria a una causa giusta, quando nessuno è pronto a sacrificarsi pienamente per essa?... Esistono ancora uomini che non si stancano mai di dedicare il proprio pensiero e la propria volontà ad un’unica causa? “Io non voglio mettermi dalla parte di tutto ciò che è banale”*** Nel Maggio 1942 finalmente Sophie poté iscriversi all'Università di Monaco, a biologia e filosofia e raggiungere il fratello Hans, studente di medicina. Aveva scritto ad un’amica: “Diventerò vecchia prima di poter cominciare a studiare. Ma non abbandono così in fretta la battaglia. Piuttosto mangio veleno” I familiari si sarebbero aspettati che scegliesse l'Accademia delle Belle Arti, ma lei sostenne: "L'arte non è una cosa che si può imparare. Mi iscrivo a Biologia“*. 1942: Università! Il 5.VI.1942, Pasqua, Sophie scrive all’amica Lise di aver partecipato alla liturgia cattolica e averla preferita alle conferenze evangeliche, ma di non essere ancora capace di aderire. Monaco Monaco era una città ideale per gli amanti della cultura. Sophie incontrò artisti, scrittori e filosofi che influirono decisamente sul suo orientamento Voleva capire quale dovesse essere il comportamento del cristiano in un regime dittatoriale. Era l’anno in cui il papà venne arrestato e condannato ad un breve periodo di detenzione. Atrio dell'Università Ludwig Maximilian di Monaco, nella "Geschwister-Scholl-Platz" (piazza fratelli Scholl). Sempre sotto tiro L’università di Monaco era completamente assoggettata al regime. Il rettore aveva la divisa delle SS. Studenti e professori erano sotto osservazione. Vi si studiava “Teoria della razza”. Wittenstein racconta: “FritzJoachin von Rintelen era un professore di filosofia molto popolare, le cui lezioni venivano seguite da studenti di discipline diverse. Un giorno non si presentò per la lezione programmata e cominciarono a circolare voci che gli fosse stato revocato il diritto di docenza… Willi Graf, cattolico della R. B., scrisse dalla prigione ai famigliari (1943): “non dovremmo essere lieti di portare in questo mondo una croce… che a volte sembra superare qualsiasi misura umana? In un certo senso è sequela “letterale” di Cristo… Per noi la morte non è la fine, ma un passaggio, l’ingresso nella vita vera. Io cerco di diventare sempre più cosciente di questo e chiedo la forza e la benedizione perché accada”. L’insofferenza degli studenti …Concordammo di incontrarci di nuovo per la lezione successiva, la settimana seguente. Quando von Rintelen non comparve, l'intera classe si recò nell'ufficio del Rettore dell'Università per domandare spiegazioni. Dopo un po', il Rettore, pallido ed evidentemente scosso, socchiuse la porta e disse: "Non intendo fornire alcuna informazione", e richiuse la porta sbattendola. Capeggiati da un pittore amico mio, Remigius Netzer, e da me, decidemmo allora di recarci all'appartamento del professor von Rintelen per una dimostrazione di solidarietà. E fu così che nel pieno della guerra, alla luce del giorno, un'ottantina e più di studenti, alcuni perfino in uniforme, marciarono lungo il viale principale di Monaco, sotto gli occhi assolutamente increduli dei passanti... Innere Emigration …Certamente tutti avevamo le medesime convinzioni politiche, contrarie a Hitler e al regime nazista. Ma, come era tipico di milioni di tedeschi all’epoca, ci rifugiavamo nella nostra sfera privata, nel nostro caso le arti, la filosofia, il nostro circolo di amici. Questo percorso fu intrapreso da molti di coloro che non poterono emigrare e fu propriamente denominato Innere Emigration (emigrazione interiore). Tuttavia, man mano che le atrocità naziste divenivano più evidenti... il nostro distacco cedette il passo alla certezza che non bastava più tenere per sé le proprie convinzioni e i propri standard etici, ma che era venuto il momento di agire»*. I volantini: Rendere edotto il popolo Le Università sono sempre focolaio di ribellione, così fu Monaco. Hans, incapace ormai di sopportare, cercava consensi “Il malcontento studentesco ribolliva… - scrive Wittenstein - Il capo dell'organizzazione studentesca nazista dello Stato di Baviera ci convocò per informarci che ci era stato ordinato di impiegare le nostre vacanze nel lavoro agricolo, altrimenti non ci sarebbe stato permesso di iscriverci al semestre autunnale. Ci furono dimostrazioni; gli studenti della facoltà di chimica esplosero bombe puzzolenti e fu chiamata la Gestapo”. Gli amici di Hans In quell’ambiente effervescente per Sophie cominciava una nuova vita, impegnata, interessante, densa di avvenimenti. Hans la introdusse nel circuito degli studenti appassionati di arte (concerti, mostre, teatro), letteratura, filosofia e teologia, ma stette bene attento a non rivelarle i progetti politici, volendola proteggere. Hans Scholl Nasce un gruppo Contemporaneamente Hans radunava gli amici più sensibili politicamente in quella che chiamò “Rosa Bianca”, costruendo legami di solidarietà reciproca nell’intento di progettare alternative al regime. Erano d’accordo nell’incitare il popolo al rifiuto del nazismo e alla diserzione e cercavano una via d’azione che potesse sfuggire al controllo della Gestapo. Concordarono sul metodo di volantini anonimi, che rendessero edotti degli orrori che si stavano consumando ai danni della Germania e degli Ebrei e annunciassero realisticamente la inevitabile sconfitta militare. I componenti del gruppo: Christof Probst (1919-1943) “Christl” è l’autore del VII volantino trovato nella tasca di Hans Era figlio di un cultore di religioni orientali e un appassionato di arte (amico di Klee), con un talento per la letteratura e l’astronomia. Frequentava Medicina. La seconda moglie del padre era una “mezza ebrea”, il che gli aveva fatto sperimentare forme di antisemitismo A 21 anni si era sposato con Herta, figlia di un intellettuale avverso al regime, che sarà fucilato con il cognato. Conobbe Hans grazie a Schmorell (compagno di ginnasio) e stabilì con lui un’intensa sintonia politica, culturale, sportiva. Venne arrestato a Innsbruck, un giorno dopo Hans, mentre ritirava la licenza per far visita alla moglie malata, dopo il parto del terzo figlio. Christof venne ghigliottinato insieme a Sophie e Hans il 25 Aprile 1945, poche ore prima della capitolazione della Germania Chiese di farsi battezzare dal cappellano cattolico del carcere. Gli amici che raccolsero fondi per la vedova e il figlio di Christl, vennero condannati con pene tra i 6 mesi e i 10 anni. Alexander Schmorell Alex viene così descritto da Wittenstein: „Era un giovane di molti talenti, uno scultore molto dotato, con un profondo interesse per la musica e la letteratura; era nato in Russia da padre tedesco (un medico) e madre russa. Presto scoprimmo le nostre tendenze politiche affini e diventammo intimi amici…. Alex Schmorell mi disse indicandomi la porta della nostra caserma: „Forse, fra dieci anni, ci sarà una targa su quella porta, con la scritta: „Da qui ebbe inizio la rivoluzione“„. apprese dell’arresto degli amici in tram, mentre si recava all'università e cambiò rotta. Alex Schmorell Alex Quando Alex saprà dell’arresto degli amici, si darà alla fuga, ma non avrà fortuna. Infatti la notizia si era diffusa rapidamente e allora con uno stratagemma l’amico Wittenstein aveva lasciato la caserma dove si trovava dopo gli arresti per andare ad incontrare il padre di Alex nel suo ufficio e suggerirgli di nascondere il figlio nella casa di campagna per poi contrabbandarlo in Svizzera. Così fu fatto, ma Alex dovette arrendersi per la durezza del percorso verso la Svizzera. Esausto di stenti, freddo e neve tornò indietro, verso Monaco, ma la città era sotto un raid aereo. Alex cercò riparo in un rifugio e vi trovò l'ex fidanzata cui chiese invano aiuto. Aicher Otl (1922-1991) Era l’amico cattolico di Werner, il primo dei fratelli Scholl a lasciare le H.J. Proprio per solidarietà a Otl, che in quanto non iscritto alla HJ era stato escluso dagli esami di maturità. Rispetto alla cultura liberale di papà Robert e al luteranesimo di Magdalene, Otl faceva conoscere ai fratelli Scholl il cattolicesimo antinazista e faceva leggere i grandi autori cattolici I ragazzi notavano la differenza: mentre tra nazisti e Chiesa evangelica vigeva una tregua, la Chiesa cattolica era in guerra. Il parroco F. Weiss progettava una organizzazione clandestina di preti, ma nel ’39 fu condannato al carcere e bandito dalla diocesi. Otl, che pure sperimentò il carcere, partecipava al gruppo Quickborn (sorgente di vita, con R. Guardini). Tale gruppo aveva 3 parole chiave: “Gioventù, libertà, gioia”. Sappiamo che Sophie trascorse con lui un fine settimana a Münster, per parlare di tutto, condividendo la stanza matrimoniale in spirito fraterno. Chiamato alle armi nel 1941, Otl si rifiutò di intraprendere la carriera e nell’estate del ’44 disertò avventurosamente. Dopo la morte di Hans e Sophie, Otl si prese cura dei loro genitori e sposò Inge (1952 ). “In mezzo ai flutti della Braune Weltanschaung noi stavamo su una roccia” (Otl) Jürgen Wittenstein Jürgen Wittenstein, di Tübingen, tra i sopravvissuti del gruppo dei fondatori, presentò Hans Scholl a Schmorell, di cui era compagno di studi. Fu compagno di Graf e Scholl sul fronte russo. Scrisse slogan antiHitler sui muri dell’università e collaborò alla revisione del III e IV volantino Non fu arrestato. Emigrò negli Stati Uniti dopo la fine della guerra. Insegnò alla University of California a Los Angeles ed esercitò la professione di cardiochirurgo. Jurgen Wittenstein a Monaco nel 1943 Ha raccontato: «Quella che oggi è nota come la “Rosa Bianca”, nacque dall’amicizia personale, sempre più profonda, tra giovani che condividevano un grandissimo interesse per la medicina e altri campi…”* Un professore amico Nato in Svizzera da genitori tedeschi, si laureò a Monaco, dove divenne prof. di Filosofia e musicologia (studioso di canti popolari tradizionali e amico del compositore Carl Orff) E’ stato uno dei pochi prof. a prendere posizione contro il nazismo, nonostante inizialmente fosse iscritto al Partito. Hans e Sophie seguivano le sue frequentate lezioni, fino a diventare amici e condividere le azioni della Rosa Bianca. Kurt Huber (1893-1943) Un docente emarginato Facendo lezione sul filosofo ebreo Leibniz, Huber contrapponeva il concetto antiassolutista di Stato dei filosofi al nazionalsocialismo. Huber non fu promosso a docente di ruolo, nonostante il suo impegno didattico e la sua produzione scientifica come filosofo e musicologo. Una delle ragioni fu: "... Noi possiamo avere solo professori che possano anche agire come ufficiali ...". Riusciva a stento a mantenere la famiglia di quattro persone con 300 marchi al mese. Dopo aver a lungo esitato, Kurt si coinvolse con la Rosa Bianca. Scrisse la bozza del V volantino e fu estensore del VI, l’ultimo. Fu condannato a morte nel II processo e decapitato il 13 Luglio 1943. Lasciò la moglie Clara, privata della pensione, e due bambini: Birgit e Wolf. Nella cella lavorò fino all’ultimo al suo libro su Leibniz. Hans Leipelt Hans Leipelt, (1921-1945). Dopo la condanna di Huber, Leipelt e l’amica Marie-Luise Jahn organizzarono una colletta per aiutare la famiglia del prof. ridotta in miseria. Ciò provocò l’arresto dei due giovani. Anche la madre e la sorella vennero arrestate. Hans venne condannato a morte e ghigliottinato nel carcere di Monaco il 29 gennaio 1945. Marie-Luise venne condannata a dodici anni di prigione. Suo padre era ingegnere e sua madre era laureata in chimica. Benché di fede protestante, sua madre proveniva da una famiglia ebraica progressista. Nel 1935 con le leggi di Norimberga sua madre venne discriminata come “ebrea privilegiata” in quanto moglie di un ariano. Hans da parte sua venne dichiarato “Mischlinge” (“mezzo ebreo”). Nel 1938, quando l’Austria venne annessa al Reich, i suoi nonni fuggirono in Cecoslovacchia, mentre suo zio si suicidò. I genitori allora presero con loro la nonna e si trasferirono ad Amburgo. Qui Hans subì l’umiliazione di vedere sua madre con la stella gialla cucita sul petto. Nel 1941 venne espulso dall’Università a causa delle sue origini e si trasferì a Monaco. Sua nonna venne deportata nel campo di concentramento di Theresienstadt e uccisa. Nello stesso anno morì il padre e la madre fu inviata in un campo di concentramento. Hans si avvicinò alla"Rosa Bianca" e, dopo l’arresto di Hans e Sophie, distribuì il VI volantino ad Amburgo e Monaco. Chiusa la facoltà di medicina di Bonn, Willi si trasferì a Monaco, dove frequentava le lezioni di Huber. Conobbe dapprima Probst, che gli presentò Hans e Schmorell. Nel ’38 fu accusato di attività vietate, ma si salvò con l’amnistia dovuta all’annessione dell’Austria (di cui beneficò anche Hans) Fece esperienza di servizio sanitario in vari paesi e poi, nell’estate del 1942 in Russia, insieme a Hans e Schmorell. Al ritorno, si coinvolse con la Rosa Bianca Fu arrestato insieme alla sorella Annelise, poche ore dopo la cattura di Hans e Sophie e, dopo essere restato sei mesi in carcere, fu condannato a morte insieme a Schmorell e Huber, senza rivelare alla Gestapo altri nomi. Fu ghigliottinato il 12 ott. 1943. Willi Graf (1918-1943) “Ogni singolo porta l’intera responsabilità” Willi era il componente cattolico della rosa Bianca. Cresciuto a Saarbrucken, era stato membro dei gruppi “Neue Deutschland” e “Grauen Orden”, orientati contro la cultura nazionalsocialista. Il ruolo di Sophie Il gruppo ha avuto come leader informale Hans Inizialmente Hans prese tutte le precauzioni per proteggere la sorellina dai rischi dell’attività clandestina Sophie però, che condivideva le idee politiche del fratello, nell'estate del 1942, scoprì la Rosa Bianca e non si rassegnò al suo ruolo “femminile”. E’ sua la frase: “Se adesso qui mi venisse incontro Hitler e avessi una pistola, lo ucciderei. Se non lo fanno gli uomini, allora deve farlo una donna”*. Monumento dedicato al gruppo della Rosa Bianca nell'Università Ludwig Maximilian di Monaco. Sophie è vissuta in un’epoca di cultura nazista fortemente discriminante per le donne e ha lottato contro i pregiudizi. Donna combattente Wittenstein ci racconta che quando Sophie si rese conto che Hans stava svolgendo attività segrete, dovette pregarlo insistentemente di includerla nel gruppo Infine Hans cedette e Sophie divenne a tutti gli effetti una cospiratrice attiva e preziosa, dato che poteva muoversi a rischio più contenuto come donna, essendo meno controllata dalle SS. Uguaglianza delle razze I concetti di partecipazione e di responsabilità erano radicati nella coscienza di questi ragazzi. L’eguaglianza delle razze umane, la pace come scopo della politica erano continuamente calpestati nei libri banditi dal regime. Willi Graf e Hans Scholl (a sinistra) nella divisa per il "Frontbewaerung". Frontbewaerung Nell'estate del 1942 le autorità si trovarono ad affrontare un dilemma: cosa fare di migliaia di studenti di medicina in uniforme durante le vacanze estive? Inventarono il concetto della "Frontbewaerung": inviare tutti gli studenti di medicina sul fronte russo per un periodo di tre mesi, per fare esperienza di cure mediche sotto il fuoco e lavorare come assistenti medici negli ospedali da campo. In Russia si ritrovarono Hans, Alex, J. Wittenstein e Willi Graf. Una volta tornati a Monaco, il gruppo era nato. Varsavia L'esperienza del lungo viaggio e dei tre mesi in Russia lasciò su tutti una profonda impressione. Sulla via del fronte, videro Varsavia che, benché dichiarata città aperta dal governo polacco, in spregio della Convenzione di Ginevra, fu parzialmente distrutta dai bombardamenti. L’esperienza del ghetto, con i diversi isolati circondati da mura e sorvegliati da soldati ucraini, fu impressionante: per un pacchetto di sigarette, quegli ucraini avrebbero sparato per divertimento a chiunque si fosse affacciato a una finestra. Constatarono che le SS picchiavano alcuni ebrei con dei frustini da cavallo senza essere stati provocati. Russia nemica, Russia amica Alex, che parlava correntemente il russo, stabiliva diretti contatti con i contadini russi e passava con gli amici delle belle serate di canti e danze in spirito di amicizia. Quando Alex rimproverò una guardia che aveva picchiato a sangue un lavoratore russo per poco non subì la corte marziale. Hans diede la sua intera razione di tabacco, un bene di grandissimo valore, a un ebreo in una colonna di lavoratori forzati. Wittenstein: “In Russia maturammo la convinzione che bisognava fare qualcosa e arrivammo a comprendere la terribile verità che la Germania si poteva salvare soltanto perdendo la guerra: una conclusione estremamente dolorosa per qualcuno che ami il proprio Paese, la propria patria - e noi di certo l'amavamo”. Sembrava venuto il tempo “Era nostra convinzione – scrisse Sophie dopo la sconfitta di Stalingrado e i bombardamenti – che la guerra per la Germania fosse perduta e che ogni vita umana offerta per questa guerra perduta fosse sacrificata invano. In particolare, le vittime di Stalingrado ci hanno indotto a intraprendere qualcosa contro questo spargimento di sangue, a nostro parere insensato” La situazione oggettiva induceva questi ragazzi a pensare che l'umore della gente fosse cambiato e che fosse possibile agire In quel periodo al gruppo si unì Huber, 50 anni. Sembrava zoppicare e non era sempre comprensibile, ma le sue lezioni trascinavano. Gli studenti intuivano nei commenti sarcastici la sua distanza dal nazismo. Huber era di tendenze conservatrici e cominciò col contestare la bozza del V volantino scritto da Hans, "troppo comunista“. Hans e Sophie Scholl, francobollo della Germania dell’Est, 1961 Studenti e rivoluzioni Hans in bici Sonno e responsabilità Avvertivano il dovere di dire la verità, per riscattare l’onore dell’intera nazione ed erano convinti della possibilità di raccogliere attorno alla Rosa Bianca quanti rifiutavano il sonno complice ed erano disposti a costruire un nuovo progetto: «Tutti vorrebbero liberarsi da questa complicità, ciascuno cerca di farlo, ma poi ricade nel sonno con la più grande tranquillità di coscienza. Ma non è possibile scagionarsi: ciascuno è colpevole, colpevole, colpevole!». Bisognava prendere coscienza della corresponsablità di ciascuno rispetto alla dittatura «Non dimenticate che ogni popolo merita il governo che tollera!». Bellezza e cattiveria Sophie vedeva tutta la cattiveria del regime e tuttavia conservava un animo poetico: “Nonostante l’orrore, tutto è così bello” L’esperienza della bellezza provocava in Sophie il desiderio di proteggerla dal male e - per contrasto – di valorizzare il “canto” del creato: Lo stupore per la bellezza si trova costantemente nel diario e nelle lettere, fino all’ultima, indirizzata all’amica Lisa Remppis, datata 17 febbraio ’43. “Le creature, create e incolpevoli lodano con la loro bellezza. Solo la cattiveria dell’uomo col rombo dei cannoni può distogliere da questo canto di lode”. Unirsi al canto di lode del creato Un giorno, prima di essere arrestata, cinque prima di essere decapitata, Sophie indugia sulle impressioni ricevute dall’ascolto del “Quintetto della trota” di F. Schubert. «Non è anche questo un mistero, che tutto sia così bello? Nonostante l’orrore, continua ad essere così. Nel mio godere della bellezza si è inserito un elemento sconosciuto, un presagio del Creatore, che ogni creatura innocente loda la sua bellezza. Per questo soltanto l’uomo è capace di essere veramente crudele, perché è libero di dissociarsi da questo canto di lode. E adesso si potrebbe spesso pensare che lo faccia, coprendo questo canto col rumore di cannoni, di maledizioni e di bestemmie. Ma il canto di lode ha il sopravvento… ed io voglio fare tutto quello che è possibile per associarmi alla sua vittoria» Sophie. “Entartete Kunst” Dotata di talento per il disegno e la pittura, Sophie amava frequentare artisti e mostre di arte anche se catalogata come degenerata (in tedesco entartete Kunst, il contrario di evoluta) Tale arte - l'Espressionismo era la corrente più presente - era bollata come ebraica o bolscevica. Gli artisti erano soggetti a sanzioni. Nel 1937 le autorità epurarono i musei dall'arte "degenerata”, da cui selezionarono 650 opere che esposero in una speciale mostra itinerante. Adolf Hitler and Adolf Ziegler visitano la mostra “Entartete Kunst”, 1937. Nella Germania nazista si indicavano quelle forme d'arte che riflettevano valori o estetiche contrarie alle concezioni naziste, le quali si opponevano a molte forme di arte contemporanea, nell'intento di conservare i valori creduti tipici della razza ariana e della sua tradizione culturale. Non solo studenti Tra il 1940-41 a Monaco, Hans, sebbene luterano, aveva incontrato e ammirato due letterati cattolici, Carl Muth e Theodor Haecker, che influirono sul suo desiderio irrealizzato di convertirsi al cattolicesimo e che impressero un nuovo indirizzo alla sua vita, al punto che Hans incominciò a trascurare la medicina per immergersi nella religione e nella filosofia. Theodor Haecker (1879, Eberbach - 1945 Ustersbach) era scrittore, traduttore e critico. Ha tradotto Kierkegaard e gli scritti del card. Newmann. Carl Borromäus Johann Baptist Muth (1867, Worms –1944, Bad Reichenhall) era uno scrittore noto per aver fondato la rivista di cultura e religione Hochland. Il primo contatto epistolare fu preso da Otl, che gli spedì un saggio sui Sonetti di Michelangelo. Tra Hans (23 anni) e Muth (74) si Carl Borromäus instaurò una solida amicizia, nutrita di infinite discussioni e numerose letture Johann Baptist Muth (Platone, Claudel, Bernanos). Hans catalogò e ordinò i libri della biblioteca di Muth. Anche le sorelle Inge e Sophie partecipavano agli incontri e si prendevano cura di lui, portandogli del cibo e tenendogli compagnia. Sophie vedeva negli incontri con C. Muth e Th. Haecker la possibilità di un’altra Germania, quella migliore, fondata sul cristianesimo. Interrogato dopo l’arresto della “Rosa Bianca”, Muth riuscì a sfuggire all’imputazione. Con la sua rivista “Hochland”, fondata nel 1903 Muth rappresentava la voce del progressismo cattolico, messa al bando dai nazisti nel 1941. Studiando soggetti storici come l’antica Grecia, il Medioevo, l’Illuminismo, Muth muoveva attacchi indiretti al regime. Grazie all’incontro con Muth e dopo aver visto la Sindone di Torino, Hans scrisse nel Diario:”La fame dell’anima si placa solo in Dio”. Theodor Haecker Haecker era apprezzato dai ragazzi della Rosa bianca per il saggio Was ist der Mensch? in cui analizzava il rapporto tra cristianesimo, potere e politica. Faceva una apologia dell’Europa cristiana. Theodor Haecker (18791945), amico di C. Muth ed ex collaboratore di “Hochland”, è stato uno dei primi studiosi di Kierkegaard, noto per il saggio Il concetto di verità in Søren Kierkegaard. Poche settimane dopo l’ascesa al potere nazionalsocialista, nel 1933, Haecker fu arrestato e condannato a sei mesi di carcere, che evitò grazie all’intercessione del suo editore. Nel 1935 gli fu imposta la censura totale e nel 1938 il divieto di pubblicazione. Con Sophie e alcuni amici, Hans diede inizio alle "Lesenabende" (serate di lettura), durante le quali si leggevano testi di letteratura moderna e classica. I contenuti venivano discussi fino a tarda notte, senza toccare direttamente l'argomento politico. Si approfondiva la conoscenza di ogni genere di arte, di musica e di filosofia. Si assisteva spesso a “Lesenabende” concerti e spettacoli teatrali. La Rosa Bianca non era un'organizzazione sul modello della Resistenza italiana (diffusa, strutturata, con collegamenti internazionali); non implicava l’adesione ad un'ideologia politica; era la reazione spontanea e irrinunciabile di ragazzi incapaci di piegarsi alla menzogna, disposti a sacrificare la loro giovinezza per difendere i principi umani e cristiani di fratellanza e giustizia. Quale organizzazione La Rosa Bianca è da considerare un fenomeno atipico nella storia della lotta ai totalitarismi del '900. Resistenza passiva Si formava una rete di amici legati da ideali condivisi e dall’uso di un linguaggio, che suonava diverso dalla retorica del regime, il quale aveva persino ideato un “gergo” (Sprachregelung) per gli addetti alla “questione ebraica” (i “depositari di segreti”). Come notò Hannah Arendt, un tale linguaggio “fu di enorme utilità per mantenere l’ordine e l’equilibrio negli innumerevoli servizi in cui la collaborazione era essenziale”* Con il gruppo Hans scelse il nome “La Rosa bianca”, che evoca spiriti integri, contrari alle guerre, capaci di non cedere al demoniaco del potere**. La sintonia con R. Guardini Con tutta probabilità Sophie e i suoi amici conoscevano le riflessioni sull’importanza della parola in politica di uno dei “loro” scrittori: Romano Guardini*. La parola – secondo Guardini - crea la comunicazione e fonda la politica, che è legata alla virtù della veracità. La politica autentica (al contrario di quella inautentica) è fondata sulla parola autentica, che si afferma quando una persona sostiene ciò di cui è convinta e se ne fa interiormente garante. Far politica significa dunque «ridare valore alle parole, essere fedeli alle parole, rispettare la verità delle cose e delle persone, sentire dentro di sé l’autorità della coscienza»* Si comprende come i giovani volessero rispondere alla propaganda con parole vere affidate a dei semplici volantini che dovevano lasciare il segno nei cuori e nelle intelligenze. Occorreva informare il popolo «chiuso in una prigione spirituale mediante una violenza lenta, ingannatrice e sistematica» (vol. I) del fatto che ogni parola che usciva dalla bocca di Hitler era menzogna: «Quando egli parla di pace, pensa alla guerra, quando egli in modo blasfemo pronuncia il nome dell’Onnipotente, si riferisce invece alla potenza del Male» (vol. IV). Guerra di parole Romano Guardini (Verona 1885Monaco 1968), 1920 Sacerdote cattolico, filosofo e teologo Sophie e i suoi compagni erano consci dei rischi che correvano ma decisero all’unanimità di stampare e divulgare volantini contrari al regime. Erano ragazzi dalla coscienza integra, che non voleva cedere ai compromessi. Sentivano di avere quasi una “missione” in nome della libertà: «La libertà è il più prezioso tesoro che abbiamo». «Si deve agire da uomini di pensiero e pensare da uomini d’azione» Missione Hans Scholl (a sinistra), Sophie (al centro), e Christoph Probst (destra), leaders di “La Rosa Bianca” Monaco, 1942 Volontà di potenza I volantini suscitarono nei lettori curiosità e paura; non solo per la presenza di parole critiche verso il regime, ma anche per lo stile sobrio e per la scelta di termini desueti. Già il primo volantino rivelava un vero e proprio rovesciamento dei termini: il sacrificio dei giovani tedeschi in guerra e le città distrutte erano viste come la conseguenza della Hybris del Führer, designato come Untermenschen, termine utilizzato da Hitler per gli Ebrei e i Polacchi. Nel secondo volantino si indica come Untermenschtum – “sottospecie umana”– il regime nazionalsocialista*. La cosa più difficile era trovare persone disponibili a collaborare e rischiare. Riappropriarsi dei significati Il nazionalsocialismo aveva supportato il suo potere stravolgendo il significato delle parole e creandone di nuove. Per riappropriarsi del significato vero occorrevano riflessione, discernimento, coraggio. «Libertà e onore! Per dieci lunghi anni Hitler e i suoi seguaci hanno spremuto fino alla nausea queste due magnifiche parole tedesche, le hanno svuotate, alterate come possono fare soltanto i dilettanti che gettano ai porci i più alti valori di una nazione». Huber ha confermato dinanzi al Tribunale del popolo, prima di essere condannato a morte, che il gruppo mirava al «risveglio degli ambienti studenteschi… attraverso semplici parole, per provocare non un gesto di violenza, ma la comprensione morale dei gravi mali presenti della vita politica»*. Falsificazioni verbali Durante la guerra il regime utilizzò lo slogan “Lotta fatale” (der Schicksalskampf des deutschen Volkes) per incitare e unire la nazione tedesca. Come notò Hannah Arendt, non solo convinse le persone che «la guerra non era guerra» o che «la guerra era venuta dal destino e non dalla Germania», ma anche che «era una questione di vita o di morte: o annientare i nemici o essere annientati»* Il concetto della Heldentod – “morte eroica” con cui il partito identificava i caduti in battaglia– fu modificato dai ragazzi sin dal primo volantino, a favore di coloro che, avendo compreso “la rovina incombente”, pagavano con la morte “i loro eroici ammonimenti” (heroisches Mahnen). “Non solo compassione per gli Ebrei” La Rosa Bianca decise di non tacere sullo sterminio degli Ebrei: «Anche gli Ebrei sono creature umane! [...] Si tocca qui una questione che ci riguarda tutti profondamente, e che deve dare da riflettere a tutti. [...] E (i tedeschi) non devono solo provare compassione per questo dolore, ma molto di più: devono sentirsi corresponsabili [...] Ciascuno è colpevole, colpevole, colpevole!» (Vol. II)*. Una donna anziana ed alcuni bambini avviati alle camere a gas ad Auschwitz Volantino Rosa Bianca Una lotta pacifica I 5 amici riuscirono ad acquistare un ciclostile e una macchina da scrivere, e a munirsi di carta, buste e francobolli, raccogliendo i soldi a loro disposizione Tra il 27 giugno e il 12 luglio 1942 i giovani distribuirono, in centinaia di copie, 4 fogli scritti a macchina spedendoli a indirizzi scelti a caso dagli elenchi telefonici, lasciandoli in luoghi frequentati: nelle fermate degli autobus, nei cinema, gettandoli dai tram di notte o abbandonandoli nelle cabine telefoniche. Con tutta probabilità non fu Sophie a stilare i volantini, ma unanime è il riconoscimento determinazione nello scegliere e appoggiare questo metodo di “guerra”, il suo contributo alla preparazione e soprattutto alla distribuzione. “Appello ai tedeschi!” I volantini facevano un’analisi spietata del baratro verso cui il nazismo conduceva la Germania, invitavano al rifiuto del militarismo e alla resistenza passiva, lanciavano idee per politiche future (Germania federale, Europa unita, conciliazione tra diritti dei lavoratori e civiltà liberal democratica), riportavano citazioni della Bibbia e dei libri preferiti, davano una testimonianza cristiana di opposizione al regime e di obbedienza alla coscienza. Il metodo pacifico di lotta richiedeva un investimento di fiducia nella comunicazione: dire la verità. Fu Sophie a prendere la decisione di salire in cima alle scale dell'atrio dell’università e lanciare da lì gli ultimi volantini Controcorrente Il grido della Rosa bianca fu una cascata di parole definite da Thomas Mann nel 1943 - in diretta radiofonica alla BBC – «positive»*, poiché affermavano il valore della persona sulla massa, della coscienza sul fanatismo, della fede in Dio sul paganesimo nazista, della bellezza sulla crudeltà, della amicizia e della fraternità sugli assemblamenti costrittivi, razzisti, gerarchici e burocratici. La libertà personale era ritenuta «il bene più prezioso dei tedeschi»**, in un periodo in cui occorrevano persone capaci di disobbedire alla dittatura, per supportare i valori personalistici e comunitari. La voce della cattiva coscienza I ragazzi della Rosa Bianca si premuravano di avvisare i lettori che la loro azione voleva incidere sullo “spirito”, Geist, e dunque agire dall’interno, non cercare alleanze straniere: «La Rosa Bianca non è al soldo di nessuna potenza straniera. Pur sapendo che il potere nazionalsocialista deve essere spezzato militarmente, noi cerchiamo un rinnovamento dall’interno dello spirito tedesco, così gravemente ferito». «Noi non taceremo, noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza; la Rosa Bianca non vi darà pace». Widerstand Una parola fondamentale per i giovani della Rosa bianca – citata ripetutamente nei volantini – fu “resistenza”: Widerstand (maschile), parola formata da due suffissi: Wider – che significa contro – e Stand – stare in piedi. Widerstand è dunque ergersi. Si adatta bene quanti hanno saputo restare diritti in mezzo ai tanti che piegavano la schiena e il capo. Come ha notato M. Nicoletti: “Per ogni Creonte c’è un Antigone, per ogni Enrico VIII c’è un Tommaso Moro, per ogni Hitler c’è una Sophie Scholl e molti altri. Non c’è tirannide che non sia stata sconfitta da una coscienza in piedi”*. «Il regime di Hitler prima di crollare sotto i colpi delle armate alleate, era qui spiritualmente crollato»*. Libertà La libertà, come è intesa dal personalismo comunitario, non poteva allignare in un regime in cui – come affermò Sophie durante il processo – «La libertà spirituale dell’uomo viene limitata in un modo che contrasta con il mio essere interiore». Freiheit (libertà) fu la parola finale della vita dei due fratelli, scritta da Sophie sul retro dell’atto di imputazione qualche minuto prima di essere condotta a morte e gridata da Hans non appena ebbe appoggiato il capo sul ceppo della ghigliottina. Nel Gennaio 1943, usando un ciclostile, il gruppo duplicò tra 6.000 e 9.000 copie del V volantino, “Appello ai tedeschi!”. Si rendeva più esplicito il progetto politico della Rosa Bianca: «Libertà di parola, libertà di fede, difesa dei singoli cittadini dall’arbitrio di stati criminali fondati sulla violenza: queste sono le basi della nuova Europa». Il volantino si concludeva con un appello: «In nome della gioventù tedesca esigiamo dallo Stato di Adolf Hitler la restituzione della libertà personale, il bene più prezioso dei tedeschi che egli ci ha tolto nel modo più spregevole». Restituiteci la libertà Destinatari scelti a caso Tutti i volantini venivano inviati a destinatari scelti a caso dall’elenco telefonico e anche ai membri della "Rosa Bianca", in modo da poter controllare se venivano intercettati. Dei primi 100 volantini, 35 furono consegnati alla Gestapo. Copie dei volantini apparvero a Stuttgart, Cologne, Vienna, Freiburg, Chemnitz, Hamburg e Berlin. Huber aveva scritto i due volantini finali. “Chi si scopriva destinatario di materiale tanto pericoloso, – scrive Wittenstein - temeva con ragione di essere sulla lista del mittente e, se il materiale fosse stato intercettato dalla polizia segreta, lo avrebbe messo in gravissimo pericolo. Consegnando i volantini alla polizia segreta, si sperava di distogliere da sé ogni sospetto. Viaggi rischiosi “Qualcuno avrebbe perfino potuto pensare… che i volantini potessero essere stati prodotti e spediti dalla stessa Gestapo, per mettere alla prova la sua fedeltà…Produrre e distribuire questi volantini oggi può sembrare semplice, ma in realtà… era estremamente pericoloso. La carta era scarsa, come pure le buste, e se qualcuno ne acquistava in grandi quantità, o comperava più di qualche francobollo, immediatamente diveniva sospetto. Portare i volantini in un'altra città comportava grossi rischi, perché i treni erano costantemente pattugliati… Alcuni di noi viaggiavano in abiti civili, sperando per il meglio; altri con documenti di viaggio falsi. Anch'io ho viaggiato con una carta d'identità falsa (quella di mio cugino, col quale avevo una certa somiglianza). Lasciavamo le cartelle con i volantini in uno scompartimento diverso, in quanto i bagagli venivano regolarmente perquisiti. Ma la maggior parte dei volantini veniva trasportata da studentesse, le quali non erano sottoposte a tali controlli”*. Cristo fratello Ha scritto la sorella maggiore degli Scholl, Inge, ricordando la paura e la solitudine: “Cristo divenne per essi in quel periodo il singolare fratello maggiore che era sempre vicino, ancor più vicino della morte: la via che non consentiva ritorno, la verità che dava una risposta a tante domande e la vita, vita piena!”* “Dittatura del maligno” Non è il caso di sopravvalutare o sottovalutare la funzione di controinformazione dei volantini. Essi hanno fatto conoscere dati – non sempre esatti – circa l’eccidio ebraico in Polonia, i soldati morti a Stalingrado, i campi di concentramento Dubbi, curiosità, timori venivano raccolti dai più avveduti, ma la maggioranza prendeva le distanze – almeno pubblicamente - da scritti che osavano definire il regime «dittatura del Maligno» basato su «l’inganno del cittadino», ossia l’opposto della civitas Dei, cui i ragazzi facevano riferimento. Federalismo europeo La Rosa Bianca non aveva un progetto di chiara rifondazione politica, ma voleva affermare alcuni principi guida di un nuovo assetto europeo Al nazionalismo che idolatrava l’Heimat veniva opposto l’ideale di un’Europa federalista, sostenuta dalla «collaborazione di molti uomini convinti e attivi», che sentissero innanzitutto come un «dovere morale» rovesciare il sistema, distinguendosi dalla «massa vile e ottusa». Un improvvido Gauleiter Il 13.I.1943, un dirigente nazista, il “Gauleiter” della Baviera, presso il Museo Tedesco di Monaco, sostenne che le studentesse sprecavano tempo e denaro studiando, mentre sarebbe stato loro dovere dare un figlio al Führer. Giunse ad offrire alle ragazze non abbastanza attraenti degli stalloni tra i suoi dipendenti. Non poche studentesse protestarono e tentarono di abbandonare l'aula. Il Gauleiter ne ordinò l’arresto, ma gli studenti assaltarono il podio e presero in ostaggio il leader studentesco, fino a quando tutte le donne non furono rilasciate. Fritz Wächtler, Gauleiter, Baviera La notizia dell'accaduto si sparse per tutta Monaco e rafforzò la convinzione che i tempi fossero maturi per azioni trasgressive cui il popolo si sarebbe unito. Slogan sui muri Quasi contemporaneamente fu scritto e distribuito il quinto volantino, con una tiratura di 5000-6000 copie. Stranamente, né Hans né Alex, che volevano verificare se la corrispondenza venisse intercettata, presero atto che le copie che si erano autospediti non erano arrivate a destinazione. Progettarono allora un’azioni più incisiva: nelle notti del 4, 8 e 15 febbraio, scrissero slogan sui muri, lungo la strada principale di Monaco, in 29 punti, tra cui l'università, consapevoli del rischio per la presenza di pattuglie della polizia, Gli abitanti poterono leggere: "Libertà", "Abbasso Hitler" e videro molte svastiche cancellate col catrame. Scritto prevalentemente da Hans col supporto di Huber, il V volantino avvertiva che Hitler stava portando la Germania verso una terribile, certa sconfitta. Il lettore veniva invitato a supportare il movimento di resistenza e a lottare per ottenere: “libertà di parola, libertà di religione, protezione della cittadinanza individuale rispetto all’azione arbitraria di Stati criminali e dittatori ". Erano i principi base per la fondazione della “nuova Europa”. V volantino Il professore Kurt Huber, antinazista benché conservatore e ammiratore della Prussia “Hitler conduce alla rovina” Nel V volantino si legge: «Con sicurezza matematica Hitler conduce il popolo tedesco alla rovina. Hitler non può vincere la guerra, può soltanto prolungarla! La sua colpa e quella dei suoi collaboratori hanno superato ogni limite». Il volantino usa la parola Schuld, colpa, sconosciuta al nazionalsocialismo, poiché – come affermò Adolf Eichmann - «dove tutti o quasi tutti sono colpevoli, nessuno lo è»*. Un’azione ad alto rischio Hans e Sophie decisero di alzare il tiro. Frequentando gli ambienti dell’opposizione e dopo gli eventi dell’Università, pensarono di diffondere proprio all’interno dell’Università – dove i controlli della Gestapo si erano notevolmente accentuati - e in pieno giorno, durante l’ora di lezione, quello che sarebbe stato il loro ultimo volantino su cui era scritto senza mezzi termini o giri di parole: Pensavano che fosse finalmente giunto il momento favorevole alla rivolta studentesca. Si sbagliavano. «Ogni parola che esce dalla bocca di Hitler è una menzogna…». L’ultimo volantino Il VI volantino fu l’ultimo Il 18 febbraio, Hans e Sophie arrivarono all'università con una valigia piena di volantini, e ne lasciarono delle pile fuori da ogni aula. Mentre stavano lasciando l'edificio, si accorsero che nella valigia erano rimasti molti volantini. Risalirono le scale fino all'ultimo pianerottolo sopra il cortile. Sophie rovesciò il contenuto della valigia. I due fratelli furono notati. La svolta nella guerra, con la caduta di Stalingrado nel febbraio 1943, convinse il professor Huber, su richiesta di Hans, a scrivere un nuovo volantino, approvato dal gruppo con qualche piccola modifica Il bidello Jakob Schmid chiamò la polizia. La brutta copia del VII volantino, scritta da Probst, fu trovata nelle tasche di Hans il quale cercò inutilmente di ingoiarla. La Gestapo la distrusse. Sophie fu sottoposta per 4 giorni a interrogatorio da parte della Gestapo, riconosciuta colpevole di tradimento e processata insieme a Hans e Probst. Un bidello allineato Sophie Scholl insisté nel descrivere alla Gestapo gli altri ragazzi della Rosa bianca come persone impolitiche, unicamente dedite all’arte e alla cultura, sperando, invano, di proteggere gli amici del circolo. Non salvarsi singolarmente Durante l’interrogatorio, dapprima Sophie cercò di negare, ma, una volta capito che la Gestapo aveva trovato in casa le prove, ammise e si prese in toto la responsabilità. Sophie rifiutò di salvarsi singolarmente, di tradire gli ideali e gli amici. Fece il possibile anche per difendere il padre, sostenendo che non li aveva mai esortati ad uscire dalle associazioni hitleriane. Il funzionario della Gestapo, insistendo sui finanziatori, cercava di offrirle qualche via di uscita. Nella sua visione maschilista, non si irrigidiva se si trattava di ragazze, considerate di per sé indifferenti alla politica e “sedotte” da maschi. Nel processo successivo, contro Huber, tre compagne meno coinvolte, furono condannate ad un solo anno di reclusione in onore del compleanno del Führer, che cadeva il giorno seguente. Una di esse era tipicamente “ariana” (occhi azzurri e capelli biondi). Il VI volantino Interrogatorio di Sophie Scholl I I documenti (verbali della polizia, testimonianze) attestano il coraggio di Sophie nell’affermare le sue ragioni. Robert Mohr: Mi chiedo come mai vostro padre vi abbia permesso di entrare nella Lega delle Ragazze Tedesche. Sophie Scholl: Lui non ha mai influenzato le nostre scelte. Robert Mohr: [Ridendo] Tipico dei democratici... Ma voi perché vi siete iscritta? Sophie Scholl: Dicevano che Hitler avrebbe donato alla Patria gloria, fortuna e benessere, e che avrebbe assicurato a tutti un lavoro e del cibo perché fossero liberi e felici… “La libertà spirituale dell’uomo viene limitata in un modo che contrasta con il mio essere interiore”. Interrogatorio di Sophie Scholl II Robert Mohr: Allora signorina, secondo i nostri calcoli la cosiddetta Rosa Bianca sarebbe riuscita a procurarsi ben diecimila fogli e duemila buste da lettera soltanto nel mese di Gennaio: chi se ne occupava? Sophie: Io e mio fratello. Robert Mohr: Potrebbe anche essere vero. Dei primi quattro volantini c'erano solo cento copie. Ma mi saprebbe spiegare com'è possibile che voi e vostro fratello siate riusciti a stampare migliaia di copie dell'ultimo e poi a distribuirle ovunque? Sophie: Abbiamo lavorato giorno e notte. Robert Mohr: I miei complimenti. Dopo le lezioni che frequentavate assiduamente? Sophie: Sì. Dovevamo far credere che la resistenza avesse delle ampie basi. Interrogatorio di Sophie Scholl III Mohr: A cosa dovrei affidarmi se non alla legge? Sophie: Alla coscienza. Sophie “Per quanto riguarda la mia persona non voglio avere nulla a che fare con il nazionalsocialismo”. Sophie: “Ritenevamo che gli studenti fossero rivoluzionari e propensi all’entusiasmo”. Non era così: circa un migliaio di studenti, la sera della esecuzione, si radunò nell’Aula magna dell’università per festeggiare il bidello che li aveva fatti arrestare. “Non rinnego nulla” L’ufficiale, che alternava intransigenza e umanità, le avrebbe offerto una via d’uscita se avese tradito o anche solo se avesse detto che non si rendeva conto di ciò che faceva, che era plagiata dal fratello…. «Non rinnego nulla. Sono convinta di aver agito nell’interesse del mio popolo. Non mi pento e ne accetterò tutte le conseguenze» (Sophie). Di fronte ad un uomo di potere, che avrebbe fatto paura a chiunque, Sophie ripeteva: «Ripeterei quello che ho fatto, perché non io, ma lei ha una falsa visione del mondo». Così aveva scritto nel Diario: «Meglio un dolore insopportabile che un apatico vegetare. Meglio una sete bruciante, preferisco chiedere dolore, dolore, che sentire un vuoto. Non è forse anche il dolore un dono di Dio?». "Mi aggrapperò alla corda che Dio ha gettato a me in Gesù Cristo, anche quando le mie mani intorbidite non riusciranno più a sentirla”. Sophie fu torturata? Secondo F. J. Müller: “La Gestapo torturò Sophie per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio 1943. Sophie era la persona più forte all'interno del gruppo della Weisse Rose, la più determinata, la più sincera e la più attiva. […] Il cappellano del carcere che la vide poco prima dell'esecuzione testimonia che era calma”. Roland Freisler le chiese alla fine: "Signorina Scholl, non si rammarica, non trova spaventoso e non si sente colpevole di aver diffuso questi scritti e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattevano a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?", "No, al contrario ! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e assumo la pena!"». Sophie durante il processo I fratelli Scholl e Probst furono i primi ad affrontare il processo, il 22 febbraio 1943 presso il Volksgerichtshof («Tribunale del Popolo»), un tribunale politico speciale, presieduto da Roland Freisler. Sophie e Hans si assunsero immediatamente la piena responsabilità dei volantini e destarono grande ammirazione nei funzionari della Gestapo La Gestapo iniziò la ricerca di tutti i collaboratori. Un tribunale speciale Christoph Probst con il figlio Michael e la moglie Herta Un’azione fatale per il gruppo Nel giro di pochi giorni più di 80 persone furono arrestate. Ci si domanda: • Hans e Sophie erano coscienti del fatto che la Gestapo era già sulle loro tracce? • Avevano ragioni sufficienti per credere di poter suscitare una rivolta tra gli studenti? • Perché decisero questa azione non programmata senza rendere partecipi gli amici? Sentenza annunciata Si ritiene che Hitler in persona abbia scelto il famigerato Roland Freisler come giudice per i processi ai ragazzi della Rosa bianca, e che Heinrich Himmler abbia deciso la modalità della loro esecuzione. In tal caso emerge appieno la debolezza intrinseca di un regime che temeva pochi ragazzi. Il giudice Roland Freisler fu il presidente del Tribunale del Popolo che condannò a morte i resistenti della "Rosa Bianca". La reazione di Hitler fu crudele e fulminea, per la fretta di schiacciare una rivolta che considerava una minaccia seria. Solo quattro giorni dopo l’arresto, fu convocata la Corte Popolare. Al termine del processo durato solo quattro ore, i due fratelli vennero condannati a morte per decapitazione. Stroncare la Rosa Bianca Wittenstein seppe dell’arresto e riuscì a chiamare i genitori Scholl, che arrivarono da Ulm, mentre il processo era già in corso. I tre furono giustiziati il pomeriggio stesso. Darsi per una giusta causa In attesa del processo, mentre camminava nella cella, Sophie sussurrò alla compagna detenuta con lei: «Una giornata di sole così bella, e io me ne devo andare». Lo sconforto lasciò poi il posto alla risolutezza: «Ma quanti sono quelli che anche oggi muoiono sul campo di battaglia... Non mi importa di morire se le nostre azioni saranno servite a scuotere e risvegliare gli uomini”* “Che importanza ha la mia morte, se attraverso noi migliaia di persone si risvegliano e sono coinvolte ad agire?” Motivazioni della sentenza Nel corso di un breve dibattimento, durato cinque ore, i tre furono reputati colpevoli di Alto tradimento e ghigliottinati il giorno stesso. Queste le motivazioni: «Gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte». “Alto tradimento” Il 22 febbraio 1943, Sophie Hans e Christoph vennero decapitati dal boia Johann Reichhart, nelle carceri di Monaco (Stadelheim) poche ore dopo la sentenza, alle 17:00, sotto la supervisione del Dott. Walter Roemer. Gli addetti hanno descritto la scena, dando risalto alla dignità dei tre e al coraggio con cui Sophie camminava verso il luogo della esecuzione. Pochi passi prima di giungere alla ghigliottina, Christof disse: "Ci rivedremo tra pochi minuti", Hans gridò: "Viva la Libertà!“. Nessuna notizia dell'evento fu fatta filtrare fino ad esecuzioni avvenute. Anche dopo, i comunicati furono scarni e di parte. Legami oltre la morte La prima reazione del papà fu: “Non sarebbe meglio che ci tagliassimo tutti le vene? Che ci unissimo anche noi a loro?”*. I legami familiari erano forti, ma la famiglia condivideva valori in grado di resistere al dolore Dopo l’uccisione di Sophie, “la nostra piccola”, e di Hans, tutta la famiglia ebbe a soffrire per la Sippenhaft (carcerazione preventiva, senza processo, dei familiari dei condannati). Ormai gli “amici” avevano tolto loro il saluto. 5 giorni dopo la sepoltura di Sophie e Hans, anche Robert Magdalene, Inge e Elisabeth furono presi. Si salvò Werner, che vestiva l’uniforme dell’esercito Dato che Robert era stato trasferito altrove “per reati radiofonici” (ascolto radio alleati), i familiari, con la complicità dei carcerieri, si scambiavano bigliettini (kassber) pieni di tenerezza e forza. Il secondo processo Il 19 aprile si svolse il secondo processo, durante il quale Schmorell, Graf e Huber vennero condannati a morte, mentre altri amici ebbero una pena inferiore: lavori forzati. Gli appelli alla clemenza furono vani e i condannati dovettero attendere un tempo sfibrante Schmorell e Huber vennero giustiziati il 13 luglio 1944; Willi Graf (dal quale la Gestapo sperava di ottenere altre informazioni) dovette attendere il 12 ottobre. Nella lettera che Huber scrisse dalla prigione a suo figlio di quattro anni per spiegargli che suo padre non era un traditore si legge:"... Io sono morto per la Libertà della Germania, per la Verità e per l'Onore. Fedelmente ho servito queste tre cose fino all'ultimo palpito del mio cuore...". L’autodifesa di Huber Nel discorso pubblico di autodifesa, Huber proclamò le ragioni del suo comportamento: “Mio obiettivo era il risveglio degli ambienti studenteschi, servendomi non di una organizzazione, ma di semplici parole… Il ritorno a principi chiari, morali, allo stato di diritto, alla fiducia reciproca, non è un atto illegale, ma, al contrario, il ripristino della legalità… Io ho agito come se fossi chiamato a farlo da una voce interiore” "... Io chiedo la restituzione della libertà al popolo tedesco .. " e, citando Fichte: "... voi dovete agire come se l'intero destino della Germania dipendesse da voi e dalle vostre azioni e la responsabilità fosse vostra e vostra soltanto..."*. La signora Clara Huber si vide recapitare una fattura di 600 marchi per "usura della ghigliottina". Quando rispose all'ufficiale che non disponeva di una tale somma, che corrispondeva al doppio dello stipendio del marito, l'ufficiale le rispose: "Forse potremmo farle uno sconto\quantità... Dopotutto ne abbiamo talmente tanti in questi giorni...". Ci furono altri arresti e altre esecuzioni di persone anche solo lontanamente collegate alla "Rosa Bianca". A Monaco e Amburgo furono condannate e tradotte in carcere 38 persone appartenenti al gruppo e 15 furono condannate a morte. I carcerati alla fine della guerra furono liberati dalle truppe americane. Pagare per la ghigliottina Modello di ghigliottina tedesca Con la ghigliottina si concluse l'avventura del gruppo portante de “La Rosa Bianca“ (Sophie e Hans Scholl, Christopher Probst, Alexander Schmorell e Wilhelm Graf, più il prof. Huber) Sophie era la più giovane e l’unica donna del gruppo. Si era conquistata la stima e l’amicizia dei suoi compagni e ne era divenuta quasi l’anima. Ghigliottinati Christof Probst Hans Scholl “Una fine nel terrore è preferibile Secondo quanto ci è dato di conoscere, Hans scrisse il I e il IV a un terrore senza fine” “Non è stato tutto inutile” (Else) volantino, mentre Schmorell partecipò alla redazione del II e del III e Wittenstein fece la revisione del III e del IV. Wittenstein si salvò Wittenstein si salvò, nonostante la Gestapo lo sospettasse fin dall'inizio e sorvegliasse il suo comportamento. Il comandante della sua compagnia venne sottoposto a interrogatorio a suo riguardo ma, benché sospettasse di Wittenstein, depistò la Gestapo, forse per ragioni umanitarie o perché egli stesso era oppositore del regime, o infine perché non sopportava che l'autorità militare venisse continuamente sottoposta ai capricci del Partito. Diede al ragazzo persino il permesso di usare l'arma in dotazione, se la Gestapo avesse tentato il suo arresto (ciò sarebbe stato un suicidio). Wittenstein pensò bene di chiedere il trasferimento al fronte, dove rimase ferito sul fronte italiano. “Il manifesto degli studenti” Dopo la morte di Sophie, attraverso la Scandinavia, una copia del sesto volantino venne introdotta di contrabbando nel Regno Unito dall’avvocato Helmuth James Graf von Moltke e utilizzato dalle forze alleate. Verso la metà del 1943, sulla Germania caddero milioni di copie di propaganda del volantino, ribattezzato “Il manifesto degli studenti di Monaco di Baviera” Era un documento di dissenso e di anticonformismo che si diffondeva oltre il gruppo e la nazione tedesca. Non diventare indifferenti! I ragazzi della Rosa Bianca si erano preparati a lungo, consapevoli della possibile sorte, non avevano pensato a fuggire Avevano cercato una soluzione possibile alla tragedia che stavano vivendo. Sono riusciti a mantenere la pace dell’anima. Hans, dopo la condanna: “Non c’è odio in me. Mi sono lasciato tutto, tutto dietro le spalle”. Sophie al fidanzato: “Basta che tu non diventi un tenente arrogante e indifferente (Scusami!). Ma il pericolo di diventare indifferenti è grande. E se potessi, continuerei sempre più a pungolarti contro l’indifferenza che potrebbe assalirti, e vorrei che i pensieri rivolti a me fossero una spina costante contro “Alzati per ciòl’indifferenza.” che credi, anche se sei il solo ad alzarti” La notte prima della sua esecuzione Sophie fa un sogno: sta portando un bambino a battesimo, si sente sprofondare, ma lo mette in salvo, mentre lei cade nel baratro. Ella stessa dà un’interpretazione: «Il bambino simboleggia le nostre idee… trionferanno dopo la nostra morte». Se inizialmente Sophie è influenzata dal fratello, man mano assume una sua propria fisionomia Quando è sola di fronte all’ufficiale è ormai una donna matura, consapevole delle conseguenze delle sue scelte, coraggiosa e serena. «Le leggi cambiano, la coscienza resta» Il bambino Sophie è stata più volte accostata ad Antigone, a Socrate, e agli altri eroi della coscienza. Nuova Antigone Come Antigone, Sophie rifiuta di tradire suo fratello non solo per solidarietà familiare e di sangue*. Non accetta un potere statale che vuole recidere ogni legame considerato di per sé sovversivo e pretende di legare a sé l’individuo in modo assoluto. “Anche se non capisco molto di politica, e non ho nemmeno l’ambizione di capirla, tuttavia possiedo un pochino il senso di cosa è giusto e di che cosa è ingiusto, perché questo non ha nulla a che fare con la politica e la nazionalità. E mi viene da piangere, per come sono crudeli gli uomini nella grande politica, come tradiscono i loro fratelli solo per averne un vantaggio”. La sete universale di giustizia Come Antigone Sophie svela la natura demoniaca del potere, che pretende di essere al di sopra di ogni giustizia Creonte: “Colui che la città si è scelto per guida, lui bisogna ascoltare, anche nelle cose di minor conto, e in ciò che è giusto e che giusto non è (..perché) non esiste danno più grande dell’anarchia.” Antigone: “Le leggi di Ade sono uguali per tutti“ Creonte: “Il nemico non è un amico, neppure da morto”. Antigone: “Io non credevo che i tuoi divieti fossero tanto forti da permettere a un mortale di sovvertire le leggi non scritte, inalterabili, fisse degli dei: quelle che non da oggi, non da ieri vivono, ma eterne”. “Io sono nata per l’amore, non per l’odio”. Fede e politica Per i ragazzi della Rosa Bianca, Sophie in primis, la resistenza al nazismo era un atto intenzionalmente politico, ma inestricabilmente intrecciato con la fede. Il quarto volantino infatti recita: «Vi è forse, chiedo a te che sei cristiano, in questa lotta per mantenere i tuoi beni più preziosi, una possibilità di esitare, di trastullarsi con intrighi, di rimandare la decisione in attesa che altri prendano le armi per difenderti? Non ti ha forse Dio stesso dato la forza e il coraggio per combattere?». Considerano il cristianesimo l’antitesi della pace stagnante: «Noi non taceremo. Noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza. La Rosa Bianca non vi darà pace» (Vol. IV). Il diario di Sophie riporta evocazioni religiose che attestano un progressivo approfondimento del rapporto con Dio, sulla scia di S. Agostino e di Pascal. Anche le lettere contengono spesso riflessioni metafisiche e riflettono un faticoso momento esistenziale: «Mi sento così impotente, e certo lo sono. Non posso pregare per niente altro che di essere capace di pregare» Invocazioni Più i ragazzi approfondivano il cristianesimo, più vedevano il contrasto con il socialismo nazionalista e sentivano l’urgenza di azioni coraggiose. Rendere conto a Dio La riflessione su cosa significhi essere cristiani assorbì per lungo tempo Sophie e i suoi amici; Gesù appariva loro una figura assolutamente inconciliabile con l’antisemitismo e il paganesimo nazista. Sophie era convinta che fosse inderogabile dovere morale di ogni uomo - e in particolare di un cristiano, che sa di dover rispondere a Dio – impegnarsi nella lotta. «L’uomo – si domandò nella sua ultima estate –, qualunque sia l’epoca in cui vive, non deve forse tenere sempre presente che Dio gli può chiedere conto delle sue azioni nell’istante successivo?»*. La meditazione sulla natura e sul Creatore la convinse che la libertà è un dono da difendere ad ogni costo, fedeli alla massima adottata dalla lettura di Maritain: «Uno spirito inflessibile e un cuore tenero»** Ecumenismo La Rosa Bianca era ecumenica di fatto, rispettosa delle diverse culture religiose e delle scelte di ciascuno: Hans e Sophie erano evangelici, Willi Graf cattolico, Alex Schmorell ortodosso e Christopher Probst non aveva ricevuto un’educazione religiosa, ma la conquistò sino a farsi battezzare nella chiesa cattolica prima di morire. Alex Schmorell Christoph Probst L’influsso dei cattolici Benchè Sophie e Hans fossero luterani, essi erano aperti all’universalismo religioso e stavano maturando un progressivo avvicinamento al cattolicesimo. E’ noto che la Rosa Bianca venne fondata dopo aver letto il sermone anti-Nazi del cardinale Clemens August Graf von Galen, vescovo cattolico di Münster (il “Leone di Münster). Gli studiosi concordano nel ritenere che Hans e Sophie, sotto l’influsso di Aicher, Muth e Haeker, subivano il fascino del cattolicesimo. Il fascino del cattolicesimo E’ opinione comune che la ghigliottina troncò il cammino verso il cattolicesimo, cui avevano intenzione di aderire (come fece la sorella Inge nel 1945). Dal Diario di Sophie (Venerdì Santo): “Andrei molto volentieri in Chiesa, ma non in quella evangelica, dove ascolto criticamente le parole del pastore. Ma nell’altra, dove soffro ogni cosa, devo solo essere aperta e accogliere. Ma sarà la strada giusta?” Hans e Sophie avrebbero voluto un prete cattolico in punto di morte, per non averne uno “nazi”, ma si confessarono e celebrarono la Santa Cena con un cappellano evangelico, perché - disse Hans “non c’era più tempo per la conversione” e del resto Battesimo evangelico valeva anche per la Chiesa cattolica. Non ebbero il tempo di approfondire questa esigenza dell’anima, cosa che invece poté fare Inge, nella primavera del 1945*. Hans chiese al prete di leggere il Salmo 89 “Rendici la gioia per i giorni di afflizione, per gli anni in cui abbiamo visto la sventura” e il passo della Lettera ai Corinzi sulla carità. Frasi memorabili - Sophie “Il vento ha i nostri sogni” “Io non rinnego nulla, siete voi che vedete il mondo in modo sbagliato” (a Mohr) “Il sole è meraviglioso” “Forti nello spirito, teneri nel cuore”, diceva mio fratello* “Il bambino simboleggia le nostre idee, è sopravvissuto”. “Il popolo vorrebbe Dio, conoscenza, compassione” “Mi sforzo di mantenermi il più possibile intatta dagli influssi del momento. Non da quelli ideologici e politici, che certo non mi fanno più effetto, ma anche dagli influssi di umore. Il faut avoir un esprit dur e le cœur tendre » Ripeteva spesso le parole di Goethe ”A dispetto di ogni violenza resistiamo” e lavorava su di sé per corazzare lo spirito. Frasi memorabili - Sophie “So che la vita è una porta per l’eternità, eppure il mio cuore si perde ancora così spesso nelle piccole ansie. Dimentica la grande strada verso casa che le sta davanti” "Il danno reale è fatto da quei milioni che vogliono sopravvivere. Gli uomini onesti che vogliono solo essere lasciati in pace. Coloro che vogliono che le loro piccole vite non siano intralciate da qualche cosa di più grande… Quelli per i quali la libertà, l’onore, la verità ed i principi sono soltanto letteratura… È l’approccio riduzionista alla vita: se rimani piccolo riesci a tenere le cose sotto controllo… Ma è tutta un'illusione… La vita è sempre sul bordo della morte… una piccola candela brucia esattamente come una torcia ardente. Scelgo da me il modo di bruciare”. "Molta gente pensa al nostro tempo come l'ultimo prima della fine del mondo. L'evidenza dell’orrore intorno lo fa sembrare possibile. Ma non é un'idea di importanza secondaria? Ogni essere umano, non importa in che epoca viva, non deve sempre dare conto come essere responsabile di fronte a Dio in qualsiasi momento? Posso sapere se domani mattina sarò viva? Una bomba potrebbe distruggerci tutti stasera. Ed allora la mia colpa non sarebbe niente affatto inferiore che se perissi insieme alla terra e alle stelle”. Un’isola contro la massa “…Mi viene da piangere per come sono crudeli gli uomini nella grande politica, per come tradiscono i loro fratelli solo per averne un vantaggio… Spesso non mi auguro nient’altro che di vivere in un’isola da Robinson Crusoe. A volte sono tentata di considerare l’umanità come una malattia della pelle della terra. Ma solo qualche volta, quando sono molto stanca, e mi vedo davanti uomini così grandi che sono peggiori delle bestie. In fondo però si tratta solo di tener duro, di resistere, nella massa che non tende a null’altro che al proprio tornaconto. Per loro, per raggiungere questo obiettivo, ogni mezzo è giusto. Questa massa è così travolgente, che si deve essere già cattivi semplicemente per restare in vita. Probabilmente solo un uomo finora è riuscito a percorrere tutta la strada, dritto fino a Dio. Ma chi la cerca ancora, oggi?”*. Pronti al sacrificio Come poterono dei ragazzi trovare il coraggio di opporsi ad una simile dittatura? Secondo K. Rahner «la pura passione politica della Rosa Bianca è nata dall’amara esperienza della vita quotidiana e al contempo dalla familiarità con le più illustri menti della storia»* L’impegno politico era un dovere morale per Sophie: “Come ci si può aspettare che il destino conceda vittoria ad una causa giusta, quando nessuno è pronto a sacrificarsi pienamente per essa?»**. Alex Schmorell e Hans Scholl “Inseriti in questo mondo contraddittorio dovremmo adattarci. Stranamente proprio presso i cosiddetti cristiani si riscontra spesso questo modo ben poco cristiano di vedere le cose…” (Sophie a Fritz) “Qualcuno doveva pur iniziare” Di fronte al Tribunale del popolo e al giudice Roland Freisler, il 21 febbraio 1943, Sophie disse : “Qualcuno, dopo tutto, doveva pur iniziare. Ciò che abbiamo scritto e detto del resto è condiviso da molti altri. Solo che essi non osano esprimersi come abbiamo fatto noi”. Tomba di Hans Scholl, Sophie Scholl e Christoph Probst, a Perlacher Friedhof, vicino alle carceri di Monaco. “Il sole splende ancora” Riconoscimenti tardivi Al gruppo della Weiße Rose, alla loro pacifica e attiva opposizione al nazismo e al loro amico professore che teneva pericolose lezioni su Leibniz, oggi aumenta il numero di coloro che riconoscono il merito del coraggio, l’eccellenza di spiriti liberi a fronte di una maggioranza silenziosa e connivente, complice della follia hitleriana*. Una Fondazione La fondazione "Weisse Rose" è stata costituita nel 1986 a Monaco da componenti superstiti e parenti del gruppo, con lo scopo di promuovere la conoscenza del movimento di resistenza antinazista. Il nome è stato utilizzato da diversi movimenti culturali e politici. Alla Rosa Bianca è intitolato l'istituto di istruzione superiore di Cavalese in Trentino-Alto Adige. L'aula dello Justizpalast dove ebbe luogo il processo. Onore Francobollo tedesco, 1944 Tomba di Christoph Probst, Sophie e Hans Scholl a Friedhof am Perlacher Forst (Monaco) Una piazza per Scholl Geschwister-Scholl-Platz, Monaco Tra i “Giusti” della storia Il 7 Aprile è la giornata che Milano dedica ai giusti di tutto il mondo, a coloro che hanno denunciato i genocidi. Ricorda: Romeo Dallaire, Jan Karski, Sophie Scholl, Alexandr Soljenicyn, Armin T. Wegner Search S Links Search FORID:11 http://www www.en.un uandcFunctions he n L’Università non dimentica E’ in corso l’impegno per rinominare la Ludwig Maximilians University di Monaco come "Geschwister Scholl University of Munich" ("Scholl Siblings University") ad opera del Comitato studentesco. Monaco (1826-1945) Il nuovo re Ludwig I tra i suoi primi atti portò l’Università a Monaco nel 1826. Nel 1840 fu collocata nell’edificio disegnato dall’architetto Friedrich von Gärtner Per ricordare Negli ultimi decenni molte scuole e vie sono state intestate a Sophie, “La Giovanna D’Arco tedesca” e a suo fratello. Nel 2003, è stato organizzato un concorso nazionale dalla televisione ZDF per scegliere i dieci tedeschi ritenuti più importanti di ogni tempo. Gli elettori sotto i 40 anni hanno posto Sophie e Hans al quarto posto, prima di Bach, Goethe, Gutenberg, Bismarck, W. Brandt ed A. Einstein. Con i voti dei soli giovani, Sophie e Hans sarebbero risultati primi. Nel 2000 i lettori di “Brigitte”, una delle riviste femminili principali, hanno votato Sophie come la donna più significativa del XX secolo, anteponendola a Marie Curie, Simone de Beauvoir, Madeleine Albright, Madonna… Sophie ha un busto nel Walhalla temple, che ospita eminenti tedeschi. E’ in stile neo-classico, sul Danubio. E’ chiamato così per recuperare la mitologia tedesca del Valhalla. E’ stato realizzato nel 1807 dal principe Ludwig, asceso al trono di Baviera (re Ludwig I). Il tempio espone 65 targhe e 130 busti che coprono 2,000 anni di storia. La prima persona é Arminius (18/17 BC- 21 A. D.), vittorioso contro i Romani nella battaglia “Teutoburg Forest”. Onore a Sophie Febbraio 2003. Il busto di Sophie Scholl è stato posto dal governo della Baviera nel Walhalla temple. Il film di Rothmund Alla storia della Rosa Bianca è dedicato il film: La rosa bianca (2005). Non è il primo film tedesco sul tema, ma è il primo che ha potuto servirsi dei verbali degli interrogatori trascritti e rimasti nascosi nella Germania dell’Est fino al 1990. Il processo risulta chiaramente una farsa, dominata dalla figura arcigna del giudice Roland Freisler, inquisitore hitleriano omologo a quelli staliniani. La Germania ha designato il film all’Oscar nella categoria del miglior film straniero. Il regista Marc Rothemund, nato nel ’68, si è fortemente impegnato in quest’opera e l’ha presentata in giro per il mondo, ottenendo il riconoscimento come miglior film in lingua straniera nel gennaio 2006. L’attrice Jentsch ha vinto il premio come migliore attrice al German Film Awards, all’European Film Awards e l’Orso d’argento al Berlin Film Festival. Ha considerato un onore poter recitare quel ruolo. Un film accurato Sophie Scholl - Die letzten Tage di Marc Rothemund Deutschland 2005 (in lingua tedesca) La rosa bianca - Sophie Scholl Titolo originale: Sophie Scholl - Die letzten Tage, 2005. Regia: Marc Rothemund Il risveglio degli anni Ottanta Ha spiegato Rothemund: «Negli anni del dopoguerra i tedeschi avevano poco interesse a ricordare, erano occupati dalla ricostruzione. E anche quando sono stati realizzati quei film, il governo era ancora contrario a rivangare il passato, mentre le ferite cominciavano a rimarginarsi. Bisogna sapere che le sentenze del “tribunale del popolo” nazista sono state dichiarate illegali e criminali, soltanto nel 1985. Dopodiché è arrivata la riunificazione, qualcosa che di nuovo ci ha distratti dalla conoscenza e dalla riflessione sul passato. Ora invece c’è una generazione che è interessata alla nostra storia, che ha pienamente superato la coscienza sporca e i sensi di colpa che facevano tacere i nostri nonni, e al contempo la mia è l’ultima generazione che ha la possibilità di porre domande dirette ai testimoni ancora in vita. E sentiamo di avere una responsabilità». Non mancano le discussioni sul film: non poche testimonianze raccontano che Sophie venne torturata per quattro giorni, che tra l'altro le venne rotta una gamba e si presentò al processo ed alla successiva esecuzione reggendosi sulle stampelle, mentre nel film non compaiono maltrattamenti, Sophie indossa i propri abiti, sta in una cella a due letti, riceve la visita dei genitori, quella di un pastore, le vengono offerte sigarette e caffè, …. Come fu trattata Sophie? Alexander Schmorell Il risveglio degli anni Ottanta Agli inizi degli anni ‘80 sono stati prodotti altri due film: Die Weisse Rose di Michael Verhoeven e Gli ultimi cinque giorni di Percy Adlon. Die Weiße Rose di Michael Verhoeven Germania, 1982 (lingua tedesca) Dittatura e svuotamento delle anime Le dittature sono tuttora in atto in vari punti della terra e ovunque sono ancora possibili regressi della storia. Chi crede che l’incubo del nazionalsocialismo sia stato sconfitto dopo quei dodici duri anni e che si siano ormai sviluppati gli anticorpi, sottovaluta la realtà e manifesta una concezione ingenua del progresso umano. C’è un legame ricorrente tra l’affermarsi dello Stato totalitario e lo svuotamento delle anime e – come nota M. Nicoletti * –, oggi, che non abbiamo uno Stato totalitario, nondimeno siamo soggetti a rischi. Dobbiamo affrontare e resistere ad un’opera sottile e penetrante di svuotamento delle anime. “Alle forze contrarie..sempre resistere” (da un Lied di Goethe) “Il totalitarsimo che viene dal di dentro” Nel 1958, Guardini all’Università di Monaco, commemorando la R. B., sostenne: «C’è un totalitarismo che viene dall’alto, ma anche un totalitarismo che viene dal di dentro», contro il quale bisogna lottare. Nel confronto con le situazioni date e nelle risposte personali, ciascuno gioca il proprio destino. Anche oggi la persona nella società totale non è libera, ma sottosta alle necessità dell’«apparato della cultura tecnologica» – che essa stessa ha creato –, il quale mina la vita «così apparentemente libera» delle democrazie, attraverso una forma di coercizione più o meno indiretta. «Se non vogliamo scivolare fuori dalla storia, dobbiamo impegnarci ad analizzare ciò che accade con rettitudine e coraggio. Da questa analisi il futuro uscirà più puro e più giusto»**. Lo splendore “E vorrei dirti di alzare gli occhi e guardare la felicità di Sophie e Hans, insieme ai quali anche noi dobbiamo essere felici se vogliamo amarli. Perché credo che lo splendore dei loro volti nell’ora della morte, non fosse altro che l’inizio e il riflesso della grande beatitudine in cui vivono adesso” (Inge) Bad Cannstatt, 22.1.1938 Mia cara mamma, grazie per la tua lettera! Sento il dovere di risponderti. La tua fiamma silenziosa, questo calore sicuro, è quanto di più prezioso si possa sperimentare nella propria vita. Io sono ancora giovane, e non voglio fare il saggio né l'uomo vissuto; ma sulle fiamme tremanti di un animo giovane a volte mi capita di percepire il soffio perpetuo di un qualcosa di infinitamente grande e di silenzioso. Dio. Il destino. Quanto la tua lettera mi parla di questo rifugio sicuro! Non credo che mai lascerò cadere queste parole in me. Ciò che ci dice una madre ci rimane attaccato per sempre, che lo si voglia oppure no. Saluti “Sophie e Hans sono sempre con noi” (Inge) “La vie, c’est une grande aventure vers la lumière” (Paul Claudel) Il tuo Hans Micro e macro storia. Cronologia I* 6 aprile 1941: inizio della campagna contro Jugoslavia e Grecia. Vi partecipa anche Graf, che poi sarà destinato al fronte orientale. Fine maggio: in casa di A1exander Schmorell, Huns Scholl fa la conoscenza di Christoph Probst. 31 luglio: Heydrich è incaricato di definire i preparativi per una soluzione finale della questione ebraica in Europa. 19 settembre: imposizione della stella di David per gli ebrei che risiedono nel territorio del Reich. Autunno 1941: Hans legge le coraggiose prediche del vescovo di Münster, Clemens August von Galen, contro lo sterminio dei "Nichtmenschen": zingari, handicappati, malati. Il testo era arrivato con la posta, nella casa di Ulm. Inge ricorda che Hans disse: “Bisognerebbe avere un ciclostile". Sempre nell'autunno 1941, Scholl comincia a frequentare la casa di Carl Muth e la sua biblioteca cattolica 11 dicembre: la Germania dichiara guerra agli Stati Uniti d'America. Cronologia II 21 gennaio 1942: controffensiva di Hömmel in Libia 3 Giugno 1942: Hans e Sophie Scholl, Probst e Schmorell parlano a lungo con il prof. Huber, in una serata presso la signora Martens. Nello stesso mese Graf incontra Scholl e Schmorell nella Studentenkompanie di Monaco e a fine giugno viene diffuso il primo volantino, seguito - fino al 12 luglio - dagli altri tre, in una tiratura molto limitata: circa 100 copie per ogni volantino 23 Luglio: partenza di Scholl, Graf e Schmorell per il fronte russo. 20 Agosto: la Wehrmacht raggiunge il Volga e Dubovka e tocca le difese esterne di Stalingrado. 30 ottobre: Scholl, Graf e Schmorell tornano dal fronte russo; si intensificano gli incontri e i progetti. Cronologia III XI Novembre: le truppe tedesche occupano il territorio francese controllato dal governo di Vichy. 23 novembre: accerchiamento della sesta armata tedesca a Stalingrado. Fine novembre: Scholl e Schmorell vanno a Stoccarda, da Eugen Grimminger, un commercialista amico del padre di Scholl, per procurarsi del danaro 17 dicembre: Huber decide di collaborare ai testi I gennaio 1943: Hitler si rivolge alla nazione: «Popolo tedesco, nazionalsocialisti, nazionalsocialiste, compagni di partito! Per la quarta volta il destino mi obbliga a rivolgere l'appello del nuovo anno al popolo tedesco in uno stato di guerra. In questi quattro anni è però diventato chiaro che ... si tratta davvero di essere o non essere. Noi siamo decisi, dopo che la guerra non é più evitabile, a condurla con tutto il fanatismo di cui noi nazionalsocialisti siamo capaci... Il singolo deve passare e come sempre passerà, solo il popolo deve rimanere». Vacanze di Natale 1942-1943: Graf a Saarbriickcn, i fratelli Scholl a Ulm, cercano compagni per la causa. Cronologia IV 4 Gennaio 1943: Göbbels chiede alla stampa di sostenere il morale della popolazione. 6 Gennaio: il comandante delle SS Himmler invia una circolare sulle modalità di esecuzione capitale nei campi di concentramento. 7 Gennaio: comincia la diffusione del quinto volantino a Monaco, Ulm, Stoccarda, Augsburg. Centinaia di copie partono da Salisburgo, Vienna e Linz, indirizzate a persone di Francoforte. Alcuni esemplari vengono portati anche a Berlino. 13 Gennaio: con decreto del Führer, sull'impiego di tutti gli uomini e le donne, comincia la "mobilitazione totale" del popolo tedesco. 13 Gennaio: tumulti al Deutsches Museum per il discorso maschilista del Gauleiter. Anneliese Graf ne riferisce al fratello Willi, agli Scholl e agli amici: il gruppo decide di accelerare approfittando delle prime, apparenti crepe nel consenso al regime. Nella notte 17-18 gennaio, bombardieri tedeschi attaccano Londra. Cronologia V 20 Gennaio: prime deportazioni dal ghetto di Terezin al campo di Auschwitz. 3 febbraio: annuncio della disfatta di Stalingrado. Nella notte tra il 3 -4 febbraio, Scholl e Schmorell scrivono con vernice al catrame sui muri del centro di Monaco, a caratteri cubitali, slogan antiregime 5 Febbraio: a Berlino, conferenza di tutti i quadri del partito nazionalsocialista in vista della mobilitazione totale del popolo. La notte tra l'8 e il 9 Febbraio, ancora slogan sui muri XI Febbraio: arruolamento degli studenti di 15 anni come aiutanti contraerea. 12-15 febbraio: produzione e diffusione del sesto volantino, redatto da Huber. 16 febbraio: nuovo '‘raid'' notturno di Scholl, Graf e Schmorell 18 febbraio: Joseph Gobbels al pubblico di spettatori entusiasti pone dieci domande. La prima suona: “Credete con il Führer e con noi alla definitiva, totale vittoria del popolo tedesco?” Una ovazione accompagna le risposte. Nel Diario, Göbbels annoterà: «Quell'ora di idiozia. Se io avessi detto loro che dovevano buttarsi dal terzo piano della Columbus Haus, l'avrebbero fatto”, 18 febbraio: distribuzione del VI volantino e arresto dei fratelli Scholl.