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Terapie con Cellule Staminali per le Malattie Neurodegenerative

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Terapie con Cellule Staminali per le Malattie Neurodegenerative
Sala Zuccari - Palazzo Giustiniani
Senato della Repubblica
Roma, 10 novembre 2015
Terapie
con Cellule Staminali
per le Malattie
Neurodegenerative
evento promosso e organizzato
dal consorzio europeo di ricerca
Neurostemcellrepair
coordinato da
Università degli Studi di Milano
Questo incontro pubblico segue un evento scientifico organizzato dal consorzio
europeo Neurostemcellrepair (2013-17), i cui ricercatori si sono riuniti l’8 e 9
Novembre, a Roma, insieme a colleghi di altri istituti e consorzi internazionali
per condividere, finalizzare e rafforzare gli studi e i risultati prima della loro
pubblicazione nella direzione dell’impiego di staminali per il Parkinson e altre
malattie neurodegenerative.
All’incontro hanno partecipato i seguenti ricercatori provenienti da 5 Paesi nel
mondo e 15 differenti Istituti di Ricerca: Ernest Arenas (Svezia), Roger Barker
(Gran Bretagna), Abdellatif Benraiss (U.S.A.), Dario Besusso (Italia), Ida
Biunno (Italia), Anders Björklund (Svezia), Andreas Bosio (Germania), Vania
Broccoli (Italia), Oliver Brüstle (Germania), Annalisa Buffo (Italia), Elena
Cattaneo (Italia), Paola Conforti (Italia), Charles ffrench-Constant (Gran
Bretagna), Pasquale De Blasio (Italia), Jonas Doerr (Germania), Steve Dunnett
(Gran Bretagna), Andrea Faedo (Italia), Claire Henchcliffe (U.S.A.), Catherine
Jomary (Gran Bretagna), Mariah Lelos (Gran Bretagna), Meng Li (Gran
Bretagna), Malin Parmar (Svezia), Daniella Rylander (Svezia), Alessandro
Vercelli (Italia).
2
Indice
Testo introduttivo di Charles Sabine
Programma
Introduzione ai lavori
Cosa sono le malattie neurodegenerative?
I consorzi europei, fare insieme, fare prima, per la collettività
I trapianti con le cellule staminali embrionali umane per le
malattie di Parkinson e Huntington e l’approccio del consorzio
di ricerca europeo Neurostemcellrepair
I trapianti con le cellule fetali dopaminergiche e l’approccio
del consorzio di ricerca europeo Transeuro
Gforce – un’alleanza planetaria per il Parkinson
Cellule staminali in biologia e nella medicina rigenerativa
Cronologia essenziale della ricerca sulle cellule staminali e
della regolamentazione dei trattamenti con farmaci
Elenco dei relatori e cenni biografici
Selezione di articoli e interviste apparsi sulla stampa
Glossario
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Nancy Wexler, neuropsicologa e ricercatrice – pioniere nello studio dell'Huntington, con un
ragazzo affetto dalla malattia, Venezuela – anni 80’
4
Testo introduttivo di Charles Sabine
Per generazioni le famiglie come la mia hanno sofferto la totale mancanza di trattamenti
in grado di prevenire o rallentare i devastanti effetti che la Còrea di Huntington porta
con sé. Oggi, uno sforzo collaborativo senza precedenti, che travalica i confini delle
discipline scientifiche ha acceso la prima reale speranza di una terapia per il futuro. La
Còrea di Huntington mette a dura prova lo spirito, perché sprofonda la speranza in un
vortice. Eppure, questo stesso spirito non ne è mai uscito sconfitto perché il meglio
dell’umanità lo circonda. L’infinita pazienza degli affetti, la straordinaria devozione dei
ricercatori e dei medici, tutto questo è frutto del desiderio istintivo e della necessità degli
uomini di dedicarsi e cercare di migliorare le condizioni di salute di pazienti e cari.
Questo è il campo di battaglia su cui le più grandi qualità dello spirito umano brillano
maggiormente, e così facendo, ci regalano ogni ragione di esistere.
Il diritto alla salute dei malati e la tensione spesa nel tentativo di assicurare loro una vita
migliore non è meno sacra del diritto di generare. Nessuno e nessuna organizzazione può
ergersi ad autorità morale se si frappone al raggiungimento di obiettivi di chi potrebbe
offrire una migliore qualità di vita.
Più di una dozzina di guerre, cinque rivoluzioni, quattro terremoti e più attacchi suicidi di
quanti ne possa contare mi hanno condotto a una cruda verità sull’umanità: gli esseri
umani perdono la propria bussola morale – il proprio equilibrio sociale – quando
vengono privati di due cose: la dignità e la speranza. La privazione della dignità con la
quale la Corea di Huntington ha colpito mio padre, non era né più né meno vivida di
quella di ciascun altro malato. Mio padre, il fiero soldato di una volta ora vede amici e
familiari trasalire ogni volta che il suo corpo e la sua mente si torcono fino a divenire
irriconoscibili. Mia madre, i cui polsi si sono entrambi rotti nel sollevarlo ogni giorno,
prima che trovasse nella morte il beato sollievo dal tubo che lo alimentava. E dunque che
ne è della speranza? Le nostre famiglie Huntington ne hanno?
La risposta è nelle mani dei ricercatori, i custodi della scienza, e in quelle dei Parlamenti,
dei Governi e delle Confessioni che disporranno dei modi in cui le nostre società si
prenderanno cura degli infermi nel XXI secolo. Nessuno dovrebbe sottovalutare ciò che
la ricerca significa per le famiglie nel mondo che soffrono di malattie incurabili, famiglie
che scrutano ogni angolo di giornali, TV e siti internet alla ricerca del più piccolo
frammento di notizia dai laboratori. In un mondo di completa oscurità, il più indistinto
barlume di luce rincuora e ci permette di andare avanti. Abbiamo un debito di gratitudine
nei confronti di coloro che hanno il coraggio di non piegarsi di fronte ai dogmi e che
dovrebbero essere oltremodo fieri di spingere le frontiere della medicina sempre in avanti
grazie anche alla ricerca con le cellule staminali.
Per conto di quella generazione di malati di Huntington che ancora deve nascere, e per
conto di coloro che se ne prenderanno cura, vorrei dire a questi pionieri: grazie.
Charles Sabine
per 25 anni corrispondente di guerra per la NBC News,
Rappresentante della Comunità dei malati Huntington, UK
5
Programma
Sala Zuccari, Palazzo Giustiniani - Senato della Repubblica
Roma, 10 novembre 2015
Terapie con Cellule Staminali
per le Malattie Neurodegenerative
Programma dei lavori della mattinata
Apertura
9.00 – 9.30
Saluti delle Autorità presenti
Elena Cattaneo e Anders Björklund
Prospettiva storica dei trapianti cellulari per le malattie neurodegenerative
Università degli Studi di Milano, Senato della Repubblica, IT
Lunds Universitet, SE
I – Ricerca per i pazienti
9.30 – 9.55
Charles Sabine
Perché i pazienti necessitano di OGNI progresso scientifico
Corrispondente di guerra NBC News
Rappresentante della Comunità dei malati Huntington, UK
9.55 - 10.20
Roger Barker
Terapie con le cellule staminali per il Parkinson nel 2015
University of Cambridge, UK
10.20 – 10.45
Tom Isaacs
Le percezioni dei pazienti: fatti, finzioni e l’importanza della comunicazione
The Cure Parkinson’s Trust, UK
10.45 – 11.10 Coffee Break
II – Nuove tecnologie e nuove regole. Dove si situa l’Europa nel XXI
secolo?
11.10 – 11.35
Oliver Brüstle
Cellule staminali da pazienti per studiare i meccanismi della malattia
Universitätsklinikum Bonn, DE
6
11.35 – 12.00
Ruxandra Draghia-Akli
Ricerca e innovazione per la salute – Una priorità dell’Unione Europea
Directorate Health, DG Research and Innovation, European Commission, BE
12.00 – 12.25
Guido Panté
Dai test clinici all’autorizzazione alla vendita attraverso le necessità dei
pazienti: l’approccio italiano ai prodotti medicinali per le terapie avanzate
Agenzia Italiana del Farmaco, IT
12.25 – 14.00 Pausa lavori
Programma dei lavori pomeridiano
III – Malattie Neurodegenerative: le nuove frontiere delle cellule staminali
e della medicina rigenerativa
14.00 – 14.25
Vania Broccoli
Riprogrammazione cellulare diretta: dalla ricerca di base alle nuove terapie
CNR-Institute of Neuroscience/Istituto Scientifico San Raffaele, IT
14.25 – 14.50
Malin Parmar
Generare nuovi neuroni per riparare le lesioni cerebrali
Lunds Universitet, SE
14.50 – 15.15
Gianvito Martino
Plasticità terapeutica delle cellule staminali neurali nelle malattie
neurologiche
Istituto Scientifico San Raffaele, IT
15.15 – 15.40
Giuseppe Testa
Uno sguardo molecolare alle terapie personalizzate: ripensare l’innovazione
in medicina con le cellule staminali
Università degli Studi di Milano, Istituto Europeo di Oncologia, IT
15.40 – 16.00
Considerazioni conclusive e chiusura lavori
L’evento si svolge in lingua inglese con servizio di traduzione simultanea.
7
Diagramma che illustra le reti di ricerca scientifica e le collaborazioni sulle staminali
tra i principali istituti di ricerca nel mondo
8
Introduzione ai lavori
Negli ultimi anni, la ricerca sulle malattie neurodegenerative ha reso possibile
scoperte in grado di sviluppare approcci di medicina rigenerativa con le cellule
staminali embrionali umane per il potenziale trattamento terapeutico di malattie
quali il Parkinson. È stato infatti dimostrato che esse possono generare neuroni
autentici, la cui qualità e quantità non è paragonabile e ottenibile da nessuna
altra staminale. Questo genere di scoperta non sarebbe stata possibile, o si
sarebbe prodotta molto più lentamente, in assenza di un coordinamento della
ricerca a livello internazionale e intercontinentale. Riveste una grande
importanza in tal senso, l’operato congiunto delle istituzioni a livello Europeo,
poiché in gioco vi è la lotta contro la sofferenza dei malati.
Risulta cruciale non abbandonare gli studi sulle cellule staminali e sulle loro
potenzialità ora che sono state sviluppate e consolidate le strategie per istruirle
in modo millimetrico affinché divengano il tipo di cellula specializzata del
corpo di cui si ha necessità.
Tra i diversi tipi di cellule staminali che potranno essere utili nelle diverse
applicazioni di medicina rigenerativa, le cellule staminali embrionali si
distinguono perché sono le uniche in grado di generare i neuroni che muoiono,
per esempio, nel Parkinson o nell’Huntington. Lo fanno seguendo un percorso
di sviluppo in vitro che deve mimare, il più fisiologicamente possibile, il
normale sviluppo neuronale umano. Far sì che ciò avvenga è oggetto del lavoro
dello studio degli scienziati.
Poiché nessuna strada razionale viene lasciata intentata, alcuni studi sfruttano
l’espressione forzata di alcuni marcatori neuronali per convertire cellule del
cordone in neuroni, riuscendoci anche se la qualità, solidità e funzionalità delle
cellule ottenute resta sotto la lente dell’indagine scientifica. Altri studiosi
analizzano le potenzialità delle staminali di rilasciare molecole antiinfiammatorie.
Ogni laboratorio, ciascuno con le proprie competenze, contribuisce ad
aggiungere un pezzo di conoscenza nel complesso studio finalizzato alla
comprensione e riparazione di un tessuto danneggiato. È grazie a questo sforzo
planetario congiunto che si risparmiano risorse, tempo, si alimenta la speranza.
I parlamenti nazionali e quello europeo e le istituzioni che finanziano la ricerca
hanno il potere di decidere del destino di finanziamenti ingenti e degli sforzi
per la conoscenza realizzati dalla comunità scientifica internazionale per il
futuro delle società. Questo potere reca con sé la responsabilità di decidere
delle speranze di chi oggi soffre, speranze alle quali si vuole rispondere
continuando a impiegare i pensieri, i talenti, la creatività e la volontà di
condividere per aumentare le possibilità di successo.
9
Immagine tridimensionale del cervello umano
10
Cosa sono le malattie neurodegenerative?
Le malattie neurodegenerative costituiscono un insieme di patologie a carico
del sistema nervoso centrale caratterizzate da un processo cronico e selettivo di
morte cellulare dei neuroni, le cellule specializzate del sistema nervoso.
Il deterioramento neuronale è causa di un inevitabile danno delle funzioni
cerebrali che si manifesta, a seconda del tipo di malattia, con deficit cognitivi,
demenza, alterazioni motorie e disturbi comportamentali, più o meno gravi.
Anche se la sintomatologia e alcune fasi della progressione patologica sono
spesso sovrapponibili, si distinguono tuttavia patologie ben definite, tra cui si
annoverano il morbo di Parkinson, la malattia di Alzheimer, la malattia di
Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica.
Il morbo di Parkinson, dal nome del medico inglese che per primo la descrisse
nel 1817, si deve alla degenerazione dei neuroni della substantia nigra, una
particolare regione del cervello importante per la produzione di dopamina.
L’assenza di questo neurotrasmettitore ha profonde ripercussioni su
comportamento, cognizione e movimento involontario. I soggetti affetti da
morbo di Parkinson manifestano tremore, rigidità, lentezza dei movimenti e
instabilità di posizione.
La malattia è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Si riscontra in
entrambi i sessi, con una lieve prevalenza, forse, in quello maschile, con un’età
media di esordio intorno ai 58-60 anni. La patologia può presentare
occasionalmente un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni.
La malattia di Alzheimer pregiudica progressivamente la funzionalità delle
cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace
di una vita normale e provocandone alla fine la morte. La malattia è dovuta a
una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla proteina betaamiloide che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante,
inglobando placche e grovigli “neurofibrillari”. In Italia ne soffrono circa
492 000 persone e 26,6 milioni nel mondo secondo uno studio americano.
Anche se il decorso clinico della malattia di Alzheimer è in parte specifico per
ogni individuo, la patologia causa diversi sintomi comuni alla maggior parte
dei pazienti, tra cui l'incapacità di acquisire nuovi ricordi, la difficoltà nel
ricordare eventi osservati recentemente, confusione, irritabilità e aggressività,
sbalzi di umore, difficoltà nel linguaggio.
La còrea di Huntington è una malattia genetica neurodegenerativa ad
insorgenza tardiva che colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un
declino cognitivo. La mutazione della proteina Huntingtina, coinvolta nel
processo di sviluppo del sistema nervoso, porta alla distruzione delle cellule di
11
una particolare regione del cervello, definita striato, nota per il suo ruolo nella
pianificazione e nella modulazione dei movimenti e coinvolta in una varietà di
processi cognitivi che coinvolgono la funzione esecutiva. I primi sintomi
esordiscono tipicamente tra i 35 e i 44 anni, con sottili problemi di umore o di
cognizione, a cui segue una generale mancanza di coordinazione e un’andatura
instabile. Con l’avanzare della malattia, i movimenti non coordinati del corpo
diventano sempre più evidenti e si accompagnano ad un netto calo delle
capacità mentali con problemi comportamentali e psichiatrici, che determinano
un’aspettativa di vita generalmente non superiore ai 20 anni dall’insorgenza dei
primi sintomi.
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) colpisce i motoneuroni, cioè le fibre
nervose che collegano il sistema nervoso ai tessuti muscolari, provocando una
paralisi progressiva dei muscoli, volontari e involontari. Le origini della SLA
sono ancora in fase di studio, trattandosi di una patologia la cui insorgenza
dipende da una serie di concause, tra cui una probabile predisposizione
genetica, la carenza di alcuni fattori di crescita neuronali e la possibile
esposizione ad agenti tossici. La SLA colpisce circa una persona su 20mila,
con una incidenza di circa 1000 nuovi casi all’anno in Italia.
La sclerosi multipla (SM) è una malattia neurodegenerativa con lesioni a carico
del sistema nervoso centrale. Alla base della SM dunque vi è un processo di
demielinizzazione che determina danni o perdita della mielina e la formazione
di lesioni (placche) che possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a
una fase cronica, in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici, da cui deriva
il termine «sclerosi». La SM può esordire a ogni età della vita, ma è
diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e nelle donne, che risultano colpite
in numero doppio rispetto agli uomini. Per frequenza è la seconda malattia
neurologica nel giovane adulto e la prima di tipo infiammatorio cronico. La
causa o meglio le cause sono ancora in parte sconosciute, tuttavia la
ricerca ha fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce,
permettendo così di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce che
consentono alle persone con SM di mantenere una buona qualità di vita per
molti anni. La SM è complessa e imprevedibile, ma non riduce l’aspettativa di
vita, infatti la vita media delle persone ammalate è paragonabile a quella della
popolazione generale.
Al momento, non esiste una cura per le malattie neurodegenerative ma sono
disponibili trattamenti farmacologici in grado di contrastarne alcuni sintomi.
Lo sforzo della comunità scientifica è quello di comprendere i meccanismi
molecolari alla base di queste patologie, al fine di intervenire con nuovi
approcci terapeutici anche genetici. Lo studio delle cellule staminali e
12
l’avvento di nuove metodiche in grado di indurne il differenziamento
neuronale, sta avendo in questi anni un notevole impatto in questo senso,
offrendo la prospettiva di trapianti di cellule sane e perfettamente funzionali, in
grado di sostituire quelle malate.
Tuttavia, è bene ricordare che, come per ogni esplorazione di ciò che non si
conosce, nessuno può fornire garanzie di successo prima della disponibilità
delle prove. E’ quindi doveroso perseguire ogni ambito della ricerca alla sola
condizione che si tratti di studi razionali, verificabili e metodologicamente
appropriati.
13
14
I consorzi europei
Fare insieme, fare prima, per la collettività
La biologia non è come la meccanica. Per capire il comportamento delle cellule
sane e di quelle malate, dobbiamo studiare come rispondono ai differenti
stimoli e nei diversi ambienti, a partire dai primi istanti della vita. È importante
comprenderne i meccanismi di sviluppo che le accompagneranno per tutto il
ciclo vitale. Le cellule staminali rappresentano il portone d’ingresso alla
comprensione di come ci formiamo e di come i nostri tessuti ad un certo punto
degenerano ed è per questo motivo che sono al centro del panorama degli
investimenti in ricerca di tutti i Paesi industrializzati. Rappresentano altresì una
grande opportunità di ricerca per il potenziale trattamento di malattie oggi
incurabili.
Ne consegue che da molti anni ormai, la Commissione Europea supporta la
ricerca e l’innovazione promuovendo le collaborazioni internazionali che
nascono nei consorzi di ricerca. Imprese dalla vita breve e il cui impatto si
riverbera invece molto a lungo: i consorzi di ricerca europei riuniscono
scienziati di tutto il mondo, leader comprovati in settori che l’Unione ritiene
strategici, sia nel settore delle ricerche pubbliche, sia in quello industriale e
della piccola e media impresa private. Per un numero limitato di anni, i
ricercatori all’interno di un consorzio lavorano insieme, come se facessero
capo ad un solo Istituto. L’obiettivo è dunque quello di aumentare la
condivisione, lo scambio, ridurre gli sprechi e l’isolamento e ottimizzare gli
sforzi per migliorare la competitività europea rispetto a quella di altri
continenti.
Nel 2013, L’Unione Europea ha avviato il nuovo programma quadro per la
ricerca, lo sviluppo e l’innovazione Horizon2020 allo scopo di promuovere
l’eccellenza e stimolare la crescita. Si tratta del più grande programma quadro
di investimento in ricerca mai realizzato che prevede uno stanziamento di circa
80 miliardi di euro per la durata del programma – 7 anni.
Di primaria importanza nella vita dei consorzi europei è l’obbligo morale e
contrattuale della comunità scientifica di informare il pubblico sugli sviluppi e
gli avanzamenti delle ricerca promossa e sostenuta con investimenti pubblici.
15
Proiezioni da neuroni umani ottenuti da staminali embrionali dopo trapianto nel
cervello di un modello murino di Parkinson (gentile concessione di Malin Parmar,
Svezia)
16
I trapianti con le cellule staminali embrionali umane
per le malattie di Parkinson e di Huntington e
l’approccio del consorzio di ricerca europeo
Neurostemcellrepair
Neurostemcellrepair è un consorzio di ricerca composto da 12 laboratori da 4
Paesi europei che lavorano insieme per 4 anni grazie a un finanziamento della
Commissione Europea di 6 milioni di euro nell’ambito del 7° programma
quadro, coordinato dalla Prof. Sen. Elena Cattaneo. Le attività prevedono
ricerche congiunte, scambi di risultati e prodotti, attività di disseminazione e
divulgazione.
Il consorzio Neurostemcellrepair ha l’obiettivo di migliorare le conoscenze e le
tecniche di impiego delle cellule staminali sino alla fase pre-clinica, passaggio
obbligato prima che le stesse possano essere utilizzate per curare i pazienti
affetti da malattia di Parkinson (PD), così come per realizzare progressi
importanti nel loro utilizzo per la terapia della Còrea di Huntington (HD). Gli
studi per l’applicazione di cellule staminali per il trattamento di queste due
malattie sono a due stadi diversi di conoscenza, ma hanno un obiettivo
comune: dare un giorno un beneficio ai pazienti e alimentare una solida e
unitaria base di conoscenza capace di fornire istruzioni per il trattamento di
altre patologie neurodegenerative.
La malattia di Parkinson è presa come prototipo, in quanto esistono prove
sull’animale che dimostrano l’efficacia del trapianto di neuroni fetali umani da
tessuto abortito in pazienti parkinsoniani.
L’esperienza proveniente dagli studi clinici condotti dal trapianto di cellule di
mesencefalo dopaminergico di origine fetale (DA), ha dimostrato che c’è un
effettivo beneficio proveniente dal tessuto trapiantato.
In particolare, i neuroni DA trapiantati riescono ad inserirsi correttamente nello
striato danneggiato, ripristinano il rilascio di dopamina e, in alcuni pazienti,
inducono miglioramenti clinici a lungo termine (Politis, Sci Transl Med, 2010;
Barker, Lancet Neurology, 2013). Studi più recenti hanno individuato un
protocollo da applicare alle cellule staminali per ottenere neuroni di qualità e
renderle potenzialmente applicabili al trattamento dei pazienti.
Allo stesso tempo, il consorzio sviluppa strategie esistenti per favorire
l’integrazione delle cellule da trapiantare nel tessuto ospitante e ne individua di
nuove.
Le scoperte recenti dei membri del consorzio, hanno portato all’identificazione
di elementi critici per l’ottenimento di specifiche tipologie di neuroni e per il
loro potenziale uso a livello terapeutico. Queste scoperte hanno permesso di
mettere a punto protocolli di differenziamento che, in questo momento,
rappresentano il “gold standard” per la terapia cellulare con i neuroni ventrali
17
mesencefalici DA (Kriks, Nature, 2011; Kirkeby, Cell Reports, 2012). Ispirato
a questo lavoro, è stato sviluppato dai membri del consorzio, un protocollo per
generare neuroni GABAergici medi spinosi (MSN) (Delli Carri, Development,
2013) e identificata una fonte espandibile di progenitori neurali in grado di
maturare in neuroni funzionali (Koch, PNAS, 2009). Con l’avvento delle
cellule pluripotenti inducibili e la riprogrammazione diretta di cellule
somatiche, sono diventate disponibili ulteriori risorse di cellule trapiantabili. Il
consorzio ha aperto la strada della riprogrammazione di fibroblasti in neuroni
DA (Pfisterer, PNAS, 2011), e dell’identificazione di molecole che aumentano
l’efficienza della conversione neurale (Ladewig, Nat Methods, 2012).
Neurostemcellrepair riunisce i gruppi leader mondiali negli studi di medicina
rigenerativa per le malattie neurodegenerative basati sull’impiego di cellule
staminali. Pertanto, obiettivo ultimo è quello di ottimizzare e standardizzare i
protocolli attuali per generare cellule e incorporare strumenti, metodi e
tecnologie per garantire che i trapianti di neuroni derivati da cellule staminali
umane siano sicuri, efficaci e funzionali al fine di promuovere la riparazione
cerebrale e il recupero funzionale nel Parkinson e nella malattia di Huntington.
Maggiori informazioni sono disponibili sul sito del consorzio di ricerca.
www.neurostemcellrepair.org
18
I trapianti con le cellule fetali dopaminergiche e
l’approccio del consorzio di ricerca europeo Transeuro
Transeuro è un consorzio di ricerca composto da 16 laboratori da 5 Paesi
europei che hanno lavorato insieme per 5 anni grazie a un finanziamento della
Commissione Europea nell’ambito del 7° Programma Quadro. Costituitosi nel
2010 sotto il coordinamento del Prof. Roger Barker dell’Università di
Cambridge e formato dai maggiori esperti internazionali del settore, il
consorzio è focalizzato sullo sviluppo di approcci innovativi per il trattamento
del morbo di Parkinson.
I sintomi motori della malattia sono provocati dalla morte delle cellule che
generano la dopamina, nella zona del cervello chiamata substantia nigra. Al
momento, non esistono cure per il Parkinson, anche se alcuni trattamenti
farmacologici, possono alleviarne i sintomi.
Uno degli approcci più promettenti si basa sul trapianto di cellule fetali
dopaminergiche, cioè produttrici di dopamina. I primi studi in tal senso non
hanno fornito tuttavia risultati univoci, mostrando spesso variabilità nell’esito
del trapianto ed effetti collaterali.
L’obiettivo principale del consorzio Transeuro è quindi quello di sviluppare
metodiche e trattamenti sicuri che consentano il trapianto di cellule staminali
fetali nei soggetti affetti dal morbo di Parkinson. I risultati fin qui ottenuti
includono un metodo per la dissezione e la preparazione del tessuto fetale,
ottenuto da donazioni spontanee in seguito ad aborti, che assicura la massima
sopravvivenza delle cellule dopaminergiche durante il trapianto.
Per favorire lo scambio di informazioni e l'ottimizzazione delle ricerche future,
Transeuro ha costituito un database sulla dissezione dei tessuti fetali, in cui i
parametri riferiti ai diversi gruppi possono essere confrontati, favorendo così il
processo di convalida dei protocolli.
I ricercatori hanno inoltre ottimizzato i supporti di ibernazione dei tessuti
derivati dalle cellule ventrali mesencefaliche prima dell'uso clinico, con
l’utilizzo di specifici fattori neuroprotettivi. Transeuro ha già avviato la
selezione per il programma clinico che prevede soggetti con meno di 65 anni e
senza altre malattie mediche o deficit cognitivi significativi. Dopo 12 mesi di
monitoraggio in uno studio di osservazione, i partecipanti potranno accedere a
un innesto neurale. Gli scienziati sono riusciti a raggiungere gli obiettivi della
prima parte del programma, che mira al continuo perfezionamento della terapia
19
basata sulle cellule staminali, nella speranza di migliorare le condizioni di vita
tanto difficili dei pazienti affetti da malattia di Parkinson e delle loro famiglie.
Maggiori informazioni sono disponibili sul sito del consorzio di ricerca.
http://www.transeuro.org.uk
20
G-Force – un’alleanza planetaria per il Parkinson
Ricercatori che partecipano al G-Force (New York 2015)
La ‘Parkinson’s Disease Global Force’ o ‘G-Force’ nasce come iniziativa
globale che riunisce i gruppi di ricerca leader nel mondo nella messa a punto di
una terapia basata sul trapianto neuroni derivati da cellule staminali per la cura
del Parkinson. Ideato e promosso dal consorzio Neurostemcellrepair nel 2014,
ne fanno parte gruppi di ricerca in Europa, America e Giappone
(Neurostemcellrepair, Transeuro, Nystem, Cira e Cirm). Il G-Force si è già
riunito in 2 occasioni, a Londra nel 2014 e a New York nel 2015, per discutere
aspetti di ricerca comuni e per armonizzare a livello planetario le possibili
strategie, delineando una roadmap verso la clinica. Il meeting di New York ha
messo in luce quanto sia importante - per affrontare in maniera efficace una
sfida ambiziosa quale la terapia cellulare per il Parkinson - riunire le energie,
condividere competenze e conoscenza e organizzare gli sforzi su una sfida
comune. Un tale approccio da una parte consente di rallentare e prevenire trials
clinici prematuri, dall’altra persegue che le ricerche con solida base razionale
procedano in maniera più efficiente e rapida. Un tale sforzo collaborativo
consente di conseguire gli obiettivi di ricerca con maggiore consenso della
comunità scientifica, per il beneficio di tutti.
21
Coltura di cellule staminali embrionali umane
22
Cellule staminali in biologia e nella medicina
rigenerativa
“La medicina rigenerativa oggi”
Appendice al Documento a cura dei relatori Cattaneo e Lettieri approvato
dalla 12a Commissione Permanente Senato della Repubblica (Igiene e sanità)
a conclusione dell’indagine conoscitiva su origine e sviluppo del cosiddetto
caso Stamina (18 Febbraio 2015).
Il termine «medicina rigenerativa» identifica quella branca della medicina il cui
obiettivo e` portare al recupero permanente dei tessuti e degli organi
danneggiati sfruttando le potenzialità rigenerative delle cellule staminali. Gli
avanzamenti della medicina rigenerativa sono quindi strettamente correlati ai
progressi delle conoscenze sulla biologia di base delle cellule staminali in
quanto le cellule staminali ed i loro derivati specializzati, naturali o
ingegnerizzati, forniscono le componenti funzionali di un regime terapeutico
rigenerativo.
Due sono le strategie di intervento della medicina rigenerativa sulle quali la
comunità scientifica sta lavorando. Il primo, meno perseguito, prevede
l’approccio in vivo e si basa sulla stimolazione farmacologica delle cellule
staminali residenti nei tessuti endogeni di interesse, al fine di stimolarne il
potenziale riparativo. Il secondo approccio, ex vivo, mira al trapianto di cellule
staminali, o progenitrici, espanse e/o modificate geneticamente in vitro, in
laboratorio, che vadano a colonizzare il distretto di interesse e ne sostengano
l’aspetto rigenerativo-riparativo. Questo secondo approccio si basa quindi
sull’innesto di nuove cellule nel tessuto malato e mira soprattutto a rimpiazzare
le cellule degenerate presenti con cellule specializzate ottenute in laboratorio
partendo da staminali. Il termine «medicina rigenerativa» si intende quindi
mirato a «rigenerare circuiti» immettendo nuove cellule al posto di quelle
morte. L’impianto di cellule tuttavia potrebbe anche generare una risposta
positiva nel tessuto circostante semplicemente come conseguenza
dell’eventuale rilascio di molecole benefiche da parte delle cellule donatrici
che sarebbero, quindi, in grado di preservare o migliorare lo stato del tessuto.
Questo secondo meccanismo, i fattori rilasciati (benefici o meno), e la sua
stabilità nel tempo sono ancora poco chiari.
In questa sezione ci focalizzeremo principalmente sugli aspetti di terapia
cellulare in medicina rigenerativa, tralasciando le strategie in vivo in quanto
ancora difficili da immaginare a scopo terapeutico per la maggior parte delle
malattie. In questa sezione sono riassunte alcune sperimentazioni innovative e
un caso di successo, la cura delle lesioni alla cornea, cui si è giunti dopo anni di
23
lavoro su un ceppo particolare di staminali.
Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento delle lesioni degli
epiteli di rivestimento. Uno degli ambiti con sicure applicazioni cliniche oggi
è quello della riparazione degli epiteli squamosi. Questi includono l’epidermide
e la cornea. In questi casi, già da diversi anni è possibile effettuare dei trapianti
di pelle autologa. Il nuovo tessuto cutaneo viene generato in vitro su matrici di
collagene e matrigel, a partire da progenitori e staminali cutanee derivanti da
piccole biopsie della cute del paziente. Pioniere di questo filone di ricerca è
stato Howard Green. Fu proprio Green, a Boston nel 1983, a eseguire il primo
trapianto di pelle coltivata su tre bambini ustionati gravi1. Da allora centinaia di
pazienti hanno beneficiato di questo trattamento salvavita che viene applicato
ai pazienti con ustioni di terzo grado. Tuttavia, ancora oggi predire l’efficacia
di un trapianto è impossibile e le linee guida per il trapianto non si sono evolute
in modo significativo negli ultimi 25 anni.
Ciononostante nel 1987 uno studio di Yann Barrandon ha proposto una
metodologia efficiente per la crescita di cellule staminali della pelle in vitro e
la produzione di cheratinociti a partire da esse, anche se i costi elevati e la
necessità di diversi mesi per ricostruire lembi di pelle estesi, di fatto ne
limitano la piena diffusione in clinica. In aggiunta, sebbene questo oggi
rappresenti uno straordinario trattamento salvavita, i malati trapiantati
chiedono una vita migliore. La pelle così rigenerata, infatti, non e` ottimale in
quanto priva di ghiandole sudoripare e di bulbi piliferi. La pelle inoltre è secca,
provocando anomalie nella termoregolazione e nella fisiologia di questo
importante tessuto. Ecco quindi che è necessario capire la normale fisiologia di
sviluppo e rigenerazione della pelle e capire la biologia delle staminali della
pelle. Oggi sappiamo che le staminali cheratinocitiche sono localizzate in
diverse zone dell’epidermide. Queste cellule si propagano generando olocloni
che possono sostenere anche 200 divisioni e che quando trapiantati riescono a
rigenerare pelle o cornea. Altre staminali sono presenti nel bulbo pilifero e
nelle ghiandole sudoripare. Quelle del bulbo pilifero sembra partecipino
attivamente anche alla riparazione dell’epidermide in seguito a danno.
Un altro epitelio che è possibile rigenerare completamente è l’epitelio corneale.
In caso di lesioni alla cornea, l’epitelio congiuntivale, che costituisce la parte
visibile bianca dell’occhio, prende il sopravvento portando alla formazione di
quello che in termini clinici si chiama «pannus» e che copre tutto il bulbo,
causando cecità. In molti casi, è possibile ricostruire la cornea partendo da
staminali presenti a livello del limbus dell’occhio, una striscia di cellule, di cui
circa il 10% con caratteristiche staminali, che circonda la cornea. Sebbene il
prelievo non possa essere mirato al prelievo delle sole staminali limbari, il
sistema di espansione in vitro studiato dai ricercatori seleziona le staminali
corrette le quali, una volta messe in coltura, sono in grado di ricostruire in circa
3-4 settimane un lembo di epitelio corneale che viene impiantato al posto di
24
quello compromesso. Tra i pionieri di questa tecnologia vi sono Graziella
Pellegrini e Michele De Luca ora all’Università di Modena e Reggio Emilia
che nel 1997 pubblicarono il primo studio sulla coltivazione e la
caratterizzazione della cornea a partire da staminali. Più di recente, questi
ricercatori, insieme a Paolo Rama, del San Raffaele di Milano hanno
perfezionato la tecnica arrivando a confermare il recupero totale della vista
anche 6 anni dopo il trapianto2.
Staminali e terapia genica. Due ulteriori esempi di terapie attraverso le
staminali e la terapia genica per due gravi malattie genetiche, la sindrome di
Wiskott-Aldrich raro disordine genetico che causa immunodeficienza e
trombocitemia, e la leucodistrofia metacromatica, una severa malattia
neurodegenerativa dell’infanzia causata da mutazioni nel gene ARSA,
provengono dal San Raffaele di Milano e dal lavoro condotto dal gruppo di
Luigi Naldini insieme ad Alessandro Aiuti e Alessandra Biffi. I ricercatori
hanno utilizzato cellule staminali ematopoietiche dai pazienti e usato un vettore
lentivirale per introdurre la versione sana del gene responsabile della malattia.
Poi hanno infuso le staminali di nuovo nei pazienti dopo una preparazione con
chemioterapia. L’osservazione dei primi pazienti trattati a oltre 3 anni
dall’inizio della sperimentazione e` favorevole. Nel caso della leucodistrofia
metacromatica le staminali geneticamente modificate e la loro progenie hanno
trasportato l’enzima ARSA nel sistema nervoso e arrestato così precocemente
la progressione della malattia nei bambini trattati. Nella sindrome di WiskottAldrich le manifestazioni della malattia si sono attenuate o scomparse dopo la
terapia genica. Anche queste strategie terapeutiche derivano da anni di studio
di queste malattie e degli strumenti idonei per affrontarle, con risultati
pubblicati sulle maggiori riviste internazionali3.
Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento delle disfunzioni
cardiache. Il cuore è uno degli organi che si pensava dispensato da processi
rigenerativi. In realtà, alcuni studi hanno suggerito che nel miocardio umano
potrebbero risiedere dei progenitori, evidenziabili grazie all’espressione di
marcatori quali ad esempio c-kit o sca-1, i quali potrebbero rigenerare, in
condizioni normali, l’intero gruppo di miocardiociti di un cuore adulto in circa
4-5 anni. Tuttavia questi risultati sono molto dibattuti, sia per quel che riguarda
l’effettiva capacità rigenerativa sia per la presenza concreta di progenitori nel
cuore adulto4. Nonostante ciò, l’utilizzo delle cellule staminali per riparare il
tessuto cardiaco rappresenta uno degli ambiti applicativi che ha attratto i
maggiori interessi, anche se non e` ancora chiaro come ottenere cellule del
miocardio che siano il più possibile simili a quelle della sede cardiaca
lesionata.
Le cellule cardiomiocitiche differiscono infatti tra loro a seconda della zona del
25
cuore da esse popolata e della specifica funzione. Per esempio, le cellule
cardiache che conducono lo stimolo elettrico e sono responsabili del battito
cardiaco sono diverse da quelle che si contraggono. Ad oggi, l’unico tipo di
cellule da cui si possono ottenere i cardiomiociti sono le cellule staminali
embrionali (e le loro omologhe surrogate, le iPS). Altre tipologie, quali le
staminali adulte, non sono in grado di formare cardiomiociti ma, se trapiantate,
si pensa possano aiutare la ripresa della funzionalità cardiaca con un’azione
comunque molto limitata nel tempo e attraverso meccanismi ancora ignoti.
Tuttavia il campo non ha ancora fornito prove convincenti.
Fu uno studio del 1992, firmato dal gruppo di Piero Anversa a stimolare
l’interesse verso il trapianto di staminali come terapia per l’infarto al cuore.
Quello studio proponeva infatti che le cellule del midollo osseo fossero in
grado di trasformarsi in cellule cardiache. Subito iniziarono le prime
sperimentazioni sull’uomo. Tuttavia, studi successivi smentirono il dato
originale. Oggi, e in assenza di solide evidenze precliniche, alcuni ospedali
offrono trapianti di staminali (di diverso tipo) post-infarto. Guardando ai più
recenti risultati di sperimentazioni controllate sembra che l’effetto, se presente,
sia modesto, specialmente a lungo termine. Si presume inoltre che le staminali
trapiantate possano limitare il danno ischemico successivo all’infarto
miocardico o stimolare l’angiogenesi e quindi aumentare l’afflusso di sangue al
muscolo cardiaco5. Tutto ciò non sminuisce il concetto e l’importanza di
investire su strategie che stimolino la rigenerazione intrinseca o estrinseca del
cuore, basando ogni approccio su solide basi biologiche.
In questo panorama, le cellule embrionali (ES) umane (o le iPS) offrirebbero
una marcata capacità di trasformarsi nel tipo cellulare corretto. Tuttavia, una
volta differenziate in vivo, potrebbero contrarsi spontaneamente, producendo
aritmie. A queste problematiche si aggiunge la necessità di eliminare ogni
rischio che una quota di cellule donatrici rimaste indifferenziate produca
teratomi. Infine, non essendo autologhe, esse rendono necessaria una terapia
immunosoppressiva. Le cellule iPS potrebbero risolvere quest’ultimo aspetto,
come del resto succede al caso di molti trapianti d’organo. Tuttavia è bene
ricordare che l’impiego delle iPS prevede modalità di terapia cellulare
personalizzata, la quale, anche laddove si riveli efficace, resterebbe
probabilmente per lungo tempo inaccessibile ai più.
Il successo delle ES (o delle iPS) a livello preclinico sembra comunque passare
da protocolli che permettano l’isolamento prospettico delle tipologie di
progenitori cardiaci desiderati e in grado di crescere e differenziare in modo
omogeno. Il primo trapianto di cardiomiociti ottenuti da ES fu effettuato nel
cuore del maiale. In questo studio si dimostrò che le cellule donatrici potevano
funzionare da pacemakers biologici e quindi da veri cardiomiociti in grado di
«battere» dopo trapianto. Tuttavia evidenziò anche il potenziale rischio di
aritmie locali. I successivi studi, estesi al tentativo di riparare l’intero
miocardio infartuato, dimostrarono la capacità di sopravvivenza delle cellule
26
donatrici ma anche la formazione di sincizi tra le cellule umane donatrici che
non si connettevano con quelle dell’ospite roditore.
In conclusione, diverse tipologie cellulari sono in studio per la terapia del cuore
infartuato6. Uno dei primi obiettivi sarà garantire la sopravvivenza delle cellule
donatrici al fine di ottenere un effetto rilevante e a lungo termine. L’efficacia
potrebbe derivare dall’inserimento delle nuove cellule nel circuito cardiaco ma
anche dalla formazione di nuovi vasi e da effetti paracrini. Sarà necessario
studiare il meccanismo al fine di migliorarne l’eventuale beneficio. Potrebbe
inoltre essere interessante concepire strategie combinate con le staminali
disposte in matrici cellulari al fine di «preallineare» i cardiomiociti in modo da
garantire una corretta contrazione dopo il trapianto. L’effetto della terapia
cellulare potrebbe anche essere prolungato attraverso l’impiego di cocktails
composti da fattori di sopravvivenza oppure effettuando il trapianto dopo la
fase postinfiammatoria iniziale. Tutti questi studi e l’interpretazione dei
risultati dipendono comunque dalla risposta ad una semplice domanda: i
roditori sono modelli utili per le patologie del cuore? Il cuore del roditore batte
400-600 volte al minuto mentre quello dell’uomo presenta 60-100 battiti. È
quindi probabile che cellule umane trapiantate degenerino o muoiano per
tachicardia locale, anche qualora riescano a creare sincizi con le cellule
endogene. In ambito preclinico, alcuni laboratori perseguono il trapianto in
animali di grossa taglia e quindi con una fisiologia cardiaca più simile
all’uomo.
Approcci di medicina rigenerativa nel diabete. L’interesse sulle staminali si
estende al diabete e l’idea di sostituire le cellule producenti insulina per trattare
il diabete di tipo 2 è addirittura del 1894. Tuttavia il primo trapianto efficace di
cellule delle isole pancreatiche nel ratto è del 1972. Ma furono Shapiro e
collaboratori nel 2000 a pubblicare il primo dato di successo sull’uomo usando
isole da tre donatori. I risultati, buoni inizialmente, tornavano pero` allo stato di
insulina dipendenza dopo 5 anni, anche se si stima che l’80 per cento dei
pazienti conservava una funziona residua del trapianto. Ancora piu`
rimarchevoli sono gli esempi di pazienti in cui la sopravvivenza e funzione
permaneva a lungo termine (> 10 anni), dimostrata con la capacita` di
mantenere una normale glicemia. Nonostante le ragioni di questa efficacia sia
ignota, questi esempi dimostrano che e` possibile ottenere indipendenza
dall’insulina a lungo termine attraverso il trapianto allogenico di isole di
Langherans. Tuttavia, il maggior problema di questa strategia risiede nella
scarsa disponibilitaà del tessuto donatore essendo derivato da cadaveri.
In ambito di staminali in grado di produrre cellule beta pancreatiche insulina
producenti, esistono alcune possibilità ma nessuna completata ad oggi7. Alcuni
studi iniziali dimostrarono la capacità di cellule staminali adulte di generare
cellule beta. Tuttavia queste dimostrazioni non includevano prove di
27
funzionalità convincenti così come non discutevano l’espandibilità delle
cellule, requisito necessario al fine di una applicazione clinica. Ma la speranza
risiede nella possibilità di ricapitolare in vitro lo sviluppo normale delle cellule
beta a partire dell’endoderma, utilizzando le cellule ES. Alcuni studi recenti
mostrano che è possibile ottenere endoderma a partire dalle cellule ES. Queste
vengono poi convertite in progenitori pancreatici e cellule simili alle beta
pancreatiche che si dimostrano responsive ai livelli di glucosio dopo trapianto.
Un risultato importantissimo è stato ottenuto di recente dal gruppo di Doug
Melton, e pubblicato su «Cell» a ottobre del 2014, in cui si dimostra di avere
ottenuto cellule Beta pancreatiche umane funzionali in vitro. Altre strategie,
per ora sperimentali, dimostrano che e` possibile convertire cellule esocrine
acinari in cellule endocrine beta pancreatiche attraverso l’espressione forzata di
tre fattori di trascrizione. E con un solo fattore di trascrizione sembra possibile
trasformare in vitro cellule alfa che producono glucagone in cellule beta
insulina secernenti. Altre strategie sperimentali parlano in favore della
conversione di fibroblasti in cellule beta insulina producenti8.
Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento del muscolo
scheletrico. Il muscolo scheletrico è il tessuto preponderante del corpo umano
e contiene una popolazione di progenitori muscolari, le cosiddette «cellule
satellite» che sono in grado di provvedere al riparo fisiologico di questo tessuto
mediante l’aggiunta di nuove fibre muscolari. Per il trattamento delle patologie
degenerative del muscolo sono state analizzate diverse cellule staminali con
attività miogenica. Tra queste vanno annoverate le cellule satellite, ma anche le
cellule CD133+ estratte dal muscolo scheletrico o dal midollo osseo, oltre ai
progenitori endoteliali e ai «mesangioblasti». Tutte queste popolazioni
mostrano capacità miogenica in vitro; tuttavia una vera e consistente capacità
miogenica in vivo in seguito a trapianto è stata evidenziata solo per le cellule
satellite ed i mesangioblasti, anche se le prime sono caratterizzate da una
limitata sopravvivenza. I mesangioblasti, isolati dal topo nel 2003 dal gruppo
di Giulio Cossu, sono cellule capaci di differenziare in diversi tipi cellulari del
mesoderma, incluso il muscolo scheletrico. Il loro trapianto, per via
endovenosa, in topi distrofici produce un recupero funzionale dei muscoli
iniettati e un miglioramento clinico nel cane spontaneamente distrofico. Sulla
base di queste evidenze pre-cliniche sull’animale è stata di recente avviata la
prima sperimentazione clinica su un ristretto numero di pazienti distrofici9.
Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento del sistema nervoso
centrale (SNC). Le malattie del SNC sono un’eterogenea famiglia di malattie
con caratteristiche ezio-patologiche e sintomatologiche ben distinte tra loro e
prive di cura. Gli approcci saranno quindi diversi e le staminali più o meno
indicate a seconda della malattia. Detto questo, è importante sottolineare come
negli ultimi vent’anni, l’approccio trapiantologico in clinica, mediante
28
l’utilizzo di tessuto nervoso fetale umano, sia stato sperimentato per il Morbo
di Parkinson e per la Corea di Huntington ottenendo risultati eterogenei in
termini di sopravvivenza del materiale e di recupero funzionale per il paziente.
Questo anche come conseguenza della limitata standardizzazione della
procedura che, come nel caso del trapianto di isole nel diabete, poteva produrre
risultati ottimi in alcuni limitati casi di pazienti ai quali fu addirittura sospesa la
terapia farmacologica ma nessun risultato o peggioramenti in numerosi altri
pazienti. Negli ultimi anni, grazie alla possibilità di isolare ed espandere in
vitro cellule staminali neurali umane ottenute da cervello fetale o adulto o da
cellule pluripotenti (ES ed iPS), le speranze di raggiungere risultati più
soddisfacenti si sono moltiplicate. Probabilmente la malattia candidata al
trapianto di staminali è il Parkinson. Questo per la selettività della lesione e per
il numero relativamente limitato (solo un milione, nel cervello umano) e
circoscritto di neuroni (dopaminergici) da sostituire. Diverse staminali sono
state proposte, a partire dalle mesenchimali o dalle cordonali, ma le evidenze
disponibili in ambito preclinico non parlano a favore di un loro impiego10. Gli
unici risultati consolidati e via via migliorati nel tempo nel modello animale
sono stati ottenuti con i progenitori dopaminergici ottenuti da cellule ES, dalle
quali nel 2011 e nel 2012 è stato possibile ottenere neuroni dopaminergici
autentici funzionalmente attivi. Sulla base di queste scoperte ulteriori risultati
ottenuti nel 2014 da gruppi svedesi par-lano a sostegno di queste strategie per il
Parkinson ed è probabile che una sperimentazione clinica venga avviata presto
nell’uomo. I risultati pubblicati il 6 novembre 201411 dimostrano infatti che
neuroni dopaminergici autentici ottenuti da staminali embrionali sono in grado,
dopo trapianto nell’animale Parkinson, di maturare rigenerando connessioni
neurali con aree bersaglio distanti e inducendo un recupero comportamentale
nell’animale lesionato.
Tuttavia è bene sottolineare che gli eventuali successi di una staminale per una
malattia non potranno mai garantire che le staminali possano diventare una
panacea per tutte le malattie. È certamente possibile che alcune (molte)
malattie non saranno mai candidate o mai trattabili con staminali. Ed è quindi
altrettanto importante che ogni altra strategia che prescinda dalle staminali
venga egualmente perseguita in base alla sua forza sperimentale e ai risultati
ottenuti.
Già nel 2008 la ISSCR (International Society for Stem Cell Research)
esprimeva le preoccupazioni della comunità scientifica relativamente ad un
apparente eccesso di ottimismo nelle informazioni che spesso si rendono
disponibili attraverso web e si è organizzata per fornire tutte le informazioni
disponibili, anche sui rischi relativi per il paziente che intende avvicinarsi a una
di queste strategie. Emblematico è il caso, riportato recentemente, di un
bambino israeliano di 9 anni con una malattia rara del cervello (atassia
29
telangectasica) trattato con (presunte) cellule staminali fetali in una clinica
russa. Quattro anni dopo i ripetuti trapianti, in seguito all’insorgenza di una
sintomatologia neurologica grave, una TAC evidenziava lo sviluppo di un
tumore al cervello e al midollo spinale provocato dall’eccessiva proliferazione
delle cellule trapiantate12. Altri rischi emersi a seguito di trattamenti
improbabili riguardano casi di encefalopatie fulminante o di formazione di
tessuto osseo a seguito dell’iniezione nella palpebra di presunte staminali per
uso estetico13.
————————
1
Rochat A., Claudinot S., Nicolas M. et al. Stem cells and skin engeneering.
Swiss Med Wkly. 2007; 155:49S-54S.
2
Rama P., Matuska S., Paganoni G. et al. Limbal stem-cell therapy and longterm corneal regeneration. N Engl J Med. 2010; 363:147-55; Chien KR. Lost
and found: car- diac stem cell therapy revisited. J Clin Invest. 2006;116:183840.
3
Naldini L., Biffi A., Montini E. et al. Lentiviral hematopoietic stem cell gene
the- rapy benefits metachromatic leukodystrophy. Science. 2013 Aug
23;341(6148):1233158. doi: 10.1126/science.1233158. Epub 2013 Jul 11.
4
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human di- sease. Nature.
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lessons from the heart. Nature. 2008; 453:322-9.
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2009; 21:727-32.
8
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2013.
9
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10
Dyson SC, Barker RA. Cell-based therapies for Parkinson’s disease. Expert
Rev Neurother. 2011;11: 831-44; Brundin P, Barker RA, Parmar M. Neural
grafting in parkin- son’s Disease: Problems and Possibilities. Prog.Brain Res
2010; 184: 265-294.
30
11
Grealish et al., Human ESC-Derived Dopamine Neurons Show Similar
Preclinical Efficacy and Potency to Fetal Neurons when Grafted in a Rat
Model of Parkinson’s Di- sease, Cell Stem Cell, 15, 653-665, 2014.
12
Amariglio N, Hirshberg A, Scheithauer BW et al. Donor-derived brain tumor
follo- wing neural stem cell transplantation in an ataxia telangiectasia patient.
PLoS Med. 2009;6(2):e1000029; Goldring CE, Duffy PA, Benvenisty N et al.
Assessing the safety of stem cell therapeutics. Cell Stem Cell. 2011;8: 618-28.
13
Scientific American, Dec 17, 2012.
31
Cronologia essenziale della ricerca sulle cellule
staminali e della regolamentazione dei trattamenti con
farmaci
Adattato e modificato da P.Bianco, M. Capocci, G. Corbellini, Cronologia della ricerca sulle
cellule staminali mesenchimali (MSC) in rapporto agli sviluppi della scienza delle
staminali e della ricerca medica. In M. Capocci e G. Corbellini (a cura di), Le cellule della
speranza. Il caso Stamina tra inganno e scienza. Codice Edizioni, Torino, 2014.
1868
Cronologia Staminali
Ernst Haeckel usa il termine stamzell per
indicare un “organismo ancestrale
unicellulare” da cui sono derivati gli
organismi multicellulari.
Cronologia regolamentazioni
1892
1896
Theodor Boveri e Valentin Hecker usano il
termine stamzell per identificare le cellule
cui maggiormente è ascrivibile lo sviluppo
ontogenetico. Nel 1894 Jacob Keller associa
le stamzellen anche alla rigenerazione e alla
riproduzione asessuale nella planaria.
Edmund Wilson usa il termine inglese
“stem cell” in The Cell in Development and
Inheritance.
1906
1930
1938
Hans Spemann immagina per la prima
volta l'esperimento di clonazione per
trasferimento nucleare.
1945-
Gli effetti delle bombe atomiche lanciate su
Hiroshima e Nagasaki, aprono la strada a
ricerche finanziate pubblicamente sugli
effetti
delle
radiazioni
e
sulla
radioprotezione: studi strategici finanziati
dal Department of Defense danno inizio agli
studi che porteranno all’identificazione della
cellula staminale ematopoietica (HSC,
hematopoietic stem cell). Studi simili
condotti per la stessa ragione in URSS,
porteranno al lavoro di Alexander
32
US Pure Food and Drug Act: lo scopo è di
smascherare farmaci adulterati e con
etichette ingannevoli. L’incarico di
controllare viene affidato al Bureau of
Chemistry
del
Dipartimento
dell’Agricoltura.
Viene creata la Food, Drug and Insecticide
Organization
del
Dipartimento
dell’Agricoltura statunitense, che nel 1927
aveva incorporato il Bureau of Chemistry,
assume il nome di Food and Drug
Administration (FDA).
Il US Food, Drug and Cosmetic Act,
accentua i controlli sui farmaci che sono
commercializzati sul piano della sicurezza,
e amplia i poteri dell’FDA.
Friedenstein, allievo di Maximow e alla
scoperta delle staminali mesenchimali
(MSC, mesenchymal stem cell).
1947
1952
1957
19611963
1962
Il tribunale di Norimberga condanna i
medici nazisti sulla base di un codice etico
che diverrà noto come Codice di
Norimberga, e che giudica illecito
sperimentare su soggetti umani in
assenza di “consenso volontario”.
Briggs e King realizzano l’esperimento
immaginato da Spemann e ottengono girini
normali trapiantando nuclei da cellule della
blastocisti in oociti enucleati di Rana
pipiens.
Edward Donnall Thomas pubblica i dati dei
primi trapianti di midollo osseo nell’uomo.
Ernest A. McCulloch e James E. Till
dimostrano l’esistenza di progenitori
multipotenti nel midollo osseo (CFU-S):
prima prova (incompleta) dell’esistenza
della cellula staminale ematopoietica.
John Gurdon ottiene la nascita di rospi
(Xenopus laevis) mediante trapianto
nucleare di cellule differenziate in oociti
enucleati.
1964
1968
1978
Il 25 luglio nasce Louise Brown, la prima
bambina concepita in vitro. L’equipe di
Edwards è in grado di coltivare un embrione
umano.
1980
1981
1984
Il caso della talidomide induce gli Stati
Uniti a integrare il Food, Drug and
Cosmetic Act del 1938, con un
emendamento
che
richiede
una
“substantial evidence” di efficacia dei
farmaci per cui si chiede l’autorizzazione.
La World Medical Association emana la
Helsinki Declaration, che aggiorna le basi
etiche della sperimentazione clinica
sull’uomo, periodicamente aggiornata e
oggi alla sesta edizione. La Dichiarazione
di Helsinki stabilisce gli standard etici che
devono essere rispettati per garantire la
protezione dei soggetti arruolati nelle
sperimentazioni cliniche.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità
inizia a elaborare delle linee guida
internazionali per la valutazione clinica
dei farmaci.
Viene approvato negli USA il Bayh-Dole
Act, che permette il brevetto di invenzioni
realizzate con fondi federali. Ciò consente
anche alle università pubbliche di
brevettare i propri risultati.
Martin Evans e Matt Kaufman isolano e
coltivano cellule staminali derivate da
blastocisti di topi.
Eugene Bell del MIT conia il termine “tissue
33
19851993
engineering”.
Maureen Owen contribuisce a formulare il
concetto di “sistema stromale” e “cellula
staminale stromale”, in analogia con
l’ematopoiesi. Definisce “sistema stromale”
l’insieme delle vie (lineage) generate da un
progenitore stromale comune (adipociti,
cartilagine, osso, fibroblasti), e il progenitore
comune come una putativa cellula
staminale. Alla fine degli anni Ottanta
Alexander Friedenstein si trasferisce in
sabbatico a Oxford, da Owen, e ipotizza che i
progenitori multipotenti da lui identificati
siano delle possibili cellule staminali
osteogeniche.
1987
1988
Europa e Giappone sviluppano le loro
linee guida di good clinical practice. Le
differenze tra US, Europa e Giappone sul
piano regolatorio comportano una perdita
di efficienza economica per le imprese
farmaceutiche che devono investire in
trials diversi se vogliono vendere un
farmaco su un mercato che è globale.
La Congregazione per la Dottrina della
Fede rilascia l’istruzione Donum Vitae – Il
rispetto della vita umana nascente e la
dignità della procreazione.
Elaine Gluckman esegue in Francia il primo
trapianto di cellule staminali emopoietiche
del cordone ombelicale per curare un
bambino seienne con anemia di Fanconi. Il
risultato è possibile grazie alle ricerche di
Edward A. Boyse, che lavorando negli anni
Ottanta allo Slona-Kettering Institute di
New York dimostra che le cellule del
cordone ombelicale possono essere
trapiantate al posto del midollo per
ricostituire il sistema immunitario umano.
L’uso delle staminali del cordone ombelicale
ha dei limiti tecnici, che non giustificano
l’eccitazione circa l’utilità di bancare i
cordoni ombelicali come riserva “personale”
di staminali per il titolare biologico, se non
in rari casi molto selezionati.
1994
L’NIH Human Embryo Reearch Panel
dichiara che la creazione di embrioni
umani solo per scopi di ricerca non
incoraggerà gli aborti, e sull’onda delle
reazioni pubbliche il Presidente Clinton
annulla il documento NIH e ribadisce la
moratoria sui finanziamenti alla ricerca su
cellule derivate da embrioni umani.
Con il Dickey-Wicker Amendment, il
Congresso degli Stati Uniti mette al bando
il finanziamento federale della ricerca su
cellule ottenute da embrioni umani.
Nasce la International Conference on
Harmonisation (ICH) che riunisce le
autorità regolatorie di Europa, US e
Giappone, insieme a esperti dell’industria
farmaceutica, per uniformare gli standard
per l’accettazione dei risultati degli studi
1995
1996
34
clinici.
1997
1998
19992000
2001
2002
Il 23 febbraio viene annunciata su Nature la
nascita di Dolly, il primo mammifero
clonato utilizzando il nucleo di una cellula
somatica adulta.
Michele De Luca e Graziella Pellegrini
pubblicano su Lancet di avere ottenuto la
rigenerazione di un epitelio corneale
funzionale trapiantando cellule staminali
limbali coltivate in pazienti con ustioni che
hanno distrutto il limbus.
James Thomson isola e coltiva cellule
embrionali pluripotenti umane (Science
1988). Il suo lavoro è stato finanziato da
Geron Corporation, che acquisisce, insieme
alla Wisconsin University, i relativi brevetti
per sviluppare commercialmente le “cellule
staminali embrionali umane”.
Vengono
pubblicati
studi
che
dimostrerebbero la “transdifferenziazione”
di staminali del sangue in neuroni o di
staminali neurali in cellule del sangue
attraverso semplice impianto delle cellule.
Gli studi non sono confermati e/o vengono
abbandonati.
Un gruppo di medici e ricercatori cinesi, con
appoggi universitari e governativi, effettua il
primo trattamento di un caso di SLA con
staminali
da
cordone
ombelicate
manipolate, e nel 2005 darà vita a Beike
Biotech, un’impresa privata che ha ricevuto
però oltre 100 milioni di dollari di
finanziamento governativo, e che rifornisce
diversi ospedali cinesi con preparati a base
di staminali da cordone ombelicale per
trattare un’amplissima gamma di malattie.
Non esistono studi controllati e nemmeno
un razionale scientifico relativamente
all’efficacia e agli effetti di questi trattamenti.
Nasce l’International Society for Stem Cell
Research
(ISSCR),
un’organizzazione
indipendente
per
promuovere
la
comunicazione pubblica e professionale
35
Il biologo, imprenditore e filantropo
William A. Haseltine utilizza l’espressione
“medicina rigenerativa”, inventata nel
1992 da Leland Kaiser, per raggruppare le
tecnologie (dalla terapia genica alla
terapia con staminali all’ingegneria
tissutale alla prostetica biomeccanica) che
hanno il comune obiettivo di ripristinare
la funzione normale di organi, tessuti e
cellule danneggiati da traumi, malattie e o
“consumati” dal tempo.
Il 9 agosto, dal suo ranch in Texas, George
W. Bush emette la prima ordinanza del
suo mandato presidenziale, vietando il
finanziamento con fondi federali di
ricerche che impiegano cellule staminali
embrionali umane prodotte dopo quella
data, comunicando che erano disponibili
circa 64 linee cellulari per fare ricerche su
staminali embrionali, tutte derivate da
embrioni soprannumerari abbandonati in
cliniche ginecologiche. Analisi successive
dimostrarono che le linee di cellule
effettivamente
disponibili
erano
nell’ordine di alcune unità.
sulla ricerca di base e applicativa delle
cellule staminali.
2003
2004
2005
2006
2007
Esplode il caso di Woo Suk Hwang della
Seul National University, che sostiene di
aver trovato il modo di ottenere la
clonazione terapeutica – cioè cellule
staminali embrionali umane geneticamente
identiche ai pazienti che necessitano la
terapia cellulare – ma gli scienziati indagano
e i risultati si rivelano manipolati. Hwang
verrà estromesso dai circuiti scientifici,
processato e espulso dall’Università.
Shinya Yamanaka pubblicando su Cell,
dimostra che i geni Oct4, Klf4, Sox2, Myc
(OKSM) riprogrammano cellule somatiche
adulte in cellule pluripotenti.
Giulio Cossu e collaboratori pubblicano su
Nature i risultati di studi su cani distrofici,
dimostrando
che
le
staminali
mesangioblastiche producono beneficio
dopo trapianto. Gli studi aprono alla
sperimentazione clinica tuttora in corso.
I ricercatori dell’Oregon National Primate
36
L’Unione Europea vara il il VI programma
quadro della ricerca con l’obiettivo di
formare grandi consorzi di ricerca e
aumentare la competitività dell’eurozona.
Il Programma parte però con un anno di
“moratoria” per quanto riguarda le
ricerche che includono staminali
embrionali. Alcuni ministri – tra cui
quello italiano - degli allora 15 stati
membri chiedevano tempo per definire
una politica comunitaria sulla ricerca che
faceva uso di queste cellule affascinanti e
controverse. Al termine, durante il
semestre italiano, l’ex Ministro Moratti si
presentò a Bruxelles con un nulla di fatto.
La Commissione UE diede quindi seguito
al mandato del Parlamento Europeo di
finanziare anche la ricerca che include
cellule staminali embrionali umane, nel
rispetto di linee guida tuttora in vigore e
sono adottate da tutti i ricercatori che
fanno parte dei consorzi di ricerca
finanziati dai fondi comunitari.
Nello stato della California viene
approvata la Proposition 71, attraverso un
referendum che si tiene il 2 novembre e
con il 59% di voti favorevoli. La
Proposition 71 autorizza quello stato a
finanziare con 3 miliardi di dollari per un
periodo di 10 anni la ricerca su cellule
staminali embrionali.
Il 25 maggio entrano in vigore le norme
previste dalla Good Tissue Practice della
US Food and Drug Administration.
L’ultimo aggiornamento risale al
dicembre 2011.
Prima designazione di FDA per un iter
Fast Track (che accorcia i tempi per l’uso
clinico di un farmaco) assegnato a un
prodotto a base di cellule staminali.
Il
13
novembre
l’Unione
Europea
Research Center pubblicano su Nature il
risultato di esperimenti in cui ottengono
embrioni clonati di scimmia e cellule
staminali embrionali dagli stessi.
2008
2009
All’università di Bristol viene effettuato in
una giovane donna il primo trapianto di una
trachea ottenuta ingegnerizzando le cellule
staminali della stessa paziente.
.
2010
2011
2012
2012
2013
Lorenz Studer dello Sloan-Kettering di New
York pubblica su Nature il primo studio che
dimostra la produzione di neuroni
dopaminergici autentici da staminali
embrionali umane e da cellule iPS. I
progenitori dopaminergici trapiantati in
modelli animali di Parkinson (topo e ratto)
funzionano con risultati nell’animale mai
visti prima. Il trapianto nella scimmia
dimostra la sopravvivenza e la maturazione
delle cellule trapiantate.
Paolo Rama del S.Raffaele di Milano e
Graziella Pellegrini insieme a Michele De
Luca dell’Università di Modena e Reggio
Emilia pubblicano su New England Medical
Journal i risultati dei loro trapianti di
staminali limbari nelle lesioni della cornea,
dimostrando il recupero della vista anche
molti anni dopo il trapianto.
Su Lancet sono riportati i miglioramenti
della visione in due pazienti colpiti da
degenerazione maculare, che da quattro
mesi hanno ricevuto impianti di cellule
epiteliali pigmentate retiniche ottenute a
partire da staminali embrionali umane.
Il team di Luigi Naldini del San Raffaele di
Milano pubblica due lavori su Science,
dimostrando l’efficacia della terapia genica
in staminali in due malattie genetiche.
37
ribadisce che le cellule estensivamente
modificate ex vivo sono medicinali per
terapie avanzate (e non trapianti
cellulari): Regulation EC (No) 1394/2007
on advanced therapy medicinal products
and amending Directive 2001/83/EC and
Regulation (EC) No 726/2004.
L’ISSCR pubblica le nuove Guidelines for
the Clinical Translation of Stem Cells. Alla
loro stesura partecipano alcuni scienziati
italiani.
Il 9 marzo il nuovo presidente USA
Barack Obama, come primo atto del suo
mandato presidenziale firma l’Ordine
Esecutivo che rimuove il veto al
finanziamento pubblico della ricerca su
staminali derivate da embrioni.
FDA
approva
le
prime
due
sperimentazione cliniche di cellule
staminali embrionali, condotte da Geron e
da Advanced Cell Science. La
sperimentazione di Geron viene interrotta
per dichiarati problemi economici.
In maggio viene chiusa dalle autorità
tedesche l’XCell Center di Dusseldorf, che
somministrava trattamenti a base di
staminali derivate da cordone ombelicale
per trattare diversi tipi di malattia, al costo
di circa 25mila € a trattamento. Nel 2010
nella clinica tedesca si era verificato un
caso di morte in un bambino di 18 mesi
appena sottoposto alla procedura.
Esplode in Italia il caso Stamina. Un
ospedale del nord Italia autorizza un ente
non medico e un professore di lettere
indagato dai NAS a iniettare preparati
ignoti in pazienti con malattie rare e
degenerative incurabili. L’ordinanza di
In Gennaio, Nature Medicine pubblica
un’articolata discussione sulla natura e
possibile funzione terapeutica di MSC
(Bianco et al Nat Med 2013), che è
fortemente critica dell’uso indiscriminato di
infusioni di MSC per malattie diverse, del
proliferare di trial clinici senza fondamento
scientifico, e della confusione concettuale e
metodologica in tema di MSC.
blocco dell’AIFA e dei NAS è aggirata da
diversi tribunali che ordinano all’ospedale
la somministrazione del “trattamento”
non controllato. Un decreto ministeriale
(57/2013) sancisce la continuazione del
trattamento non provato per coloro che
l’hanno iniziato. Dopo una serie di
vicissitudini il Parlamento approva la
sperimentazione clinica del preteso
“metodo Stamina”, che nel frattempo si
scopre essere copiato da artefatti russi,
oltre che respinto dall’ufficio brevetti USA.
Una commissione scientifica voluta dal
Ministero della Salute dirà, si spera,
l’ultima parola, insieme alle indagini del
PM di Torino Guariniello.
Intanto il 24 maggio tredici studiosi di
staminali pubblicavano un articolo su The
EMBO Journal in cui partendo dalle
vicende del caso Stamina italiano,
avvertono che anche in Europa la
regolazione delle terapie con cellule
staminali è sotto attacco, come negli Stati
Uniti, e ribadiscono le ragioni e le prove
per cui si dovrebbe continuare a regolare
queste terapie come farmaci (Paolo
Bianco et al., Regulation of stem cell
therapies under attack in Europe: for
whom the bell tolls, The Embo Journal
2013, 32, 1489-1495).
2014
2014
Dal 2006 ad oggi la ricerca sulla
riprogrammazione di cellule adulte ha
compiuto enormi passi attraverso verifiche e
convalide multiple, e ha dimostrato che è
possibile riprogrammare anche una cellula
specializzata (fibroblasto) in un’altra
specializzata (esempio in un neurone)
direttamente, senza “passare” per lo stadio
di pluripotenza e attraverso l’espressione
forzata di geni specifici del destino cellulare
desiderato.
Il gruppo di Malin Parmar (Svezia) pubblica
su Cell Stem Cell che neuroni dopaminergici
da staminali embrionali sono in grado di
sopravvivere, differenziare, migliorare
l’anomalia motoria e ricostruire circuiti lesi
nell’animale Parkinson. Questi studi hanno
aperto alla programmazione di trial clinici
nell’uomo.
38
Elenco dei relatori e cenni biografici
Roger Barker
Department of Clinical Neurosciences - Cambridge
Centre for Brain Repair
Anders Björklund
Wallenberg Neuroscience Center - Division of
Neurobiology - Lund University
Vania Broccoli
CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto
di Neuroscienze, Milano & unità di ricerca Cellule
staminali e Neurogenesi dell’Istituto Scientifico San
Raffaele
Oliver Brüstle
Institute of Reconstructive Neurobiology, LIFE &
BRAIN Center, University of Bonn
Elena Cattaneo
Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e
Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative –
Università degli Studi di Milano
Ruxandra Draghia-Akli Health, DG Research and Innovation, European
Commission
Tom Isaacs
The Cure Parkinson’s Trust
Gianvito Martino
Istituto Scientifico San Raffaele
Guido Pantè
Agenzia Italiana del Farmaco (A.I.F.A.)
Malin Parmar
Wallenberg Neuroscience Center, Division of
Neurobiology and Lund Strategic Center for Stem
Cell Biology and Cell Therapy Lund University
Charles Sabine
HD Advocate
Giuseppe Testa
Università degli Studi di Milano, Istituto Europeo di
Oncologia
39
Roger Barker
Roger Barker è professore di Scienze
Neurocliniche all’Università di
Cambridge e Principal Investigator al
John Van Geest Centre for Brain Repair
(Cambridge).
Studia medicina all’Università di Oxford
e alla St Thomas’ Medical School di
Londra. Nel 1991 a Cambridge, lavora
con James Fawcett e Stephen Dunnett allo
sviluppo di metodiche per il trapianto di
cellule neurali.
Si specializza in neurologia e concentra la propria attività sugli xenotrapianti
neurali. Nel 2000, insegna Neurologia all’Università di Cambridge per poi
diventare Professore di Scienze Neurocliniche.
Leader del Consorzio di Ricerca Europeo TRANSEURO e partner nei
Consorzi Neurostemcell (2008-13) e Neurostemcellrepair (2013-17), il suo
gruppo studia la malattia di Parkinson e la Córea di Huntington, focalizzandosi
in particolare sullo studio dei deficit clinici connessi alle due patologie e la
variabilità della loro insorgenza, al fine di determinare un modello accurato
della progressione della malattia, al fine di sviluppare approcci terapeutici
mirati. Le strategie di ricerca del gruppo di Barker vanno dallo sviluppo di
protocolli per i trapianti cellulari, alla terapia genica e allo studio di potenziali
nuovi farmaci.
Presidente della commissione giudicatrice per i bandi ERC Advanced Grants
per le Neuroscienze, è autore di libri e di oltre 250 pubblicazioni scientifiche e
membro dei board editoriali di prestigiose riviste scientifiche.
40
Anders Björklund
Anders Björklund è professore di Istologia al
Wallenberg Neuroscience Center dell’Università
di Lund.
Dopo gli studi in medicina e il dottorato in
istologia, intraprende la carriera accademica e di
ricerca
nel
campo
delle
neuroscienze,
focalizzando i propri interessi verso lo sviluppo di
approcci per la terapia cellulare e trasferimento
genico a scopo neuroprotettivo e riparativo del
cervello.
Già sul finire degli anni ’70, il suo gruppo compì studi pioneristici per il
trapianto cellulare a livello cerebrale, ottenendo risultati fondamentali su
sopravvivenza, integrazione e connettività dei neuroblasti fetali trapiantati nel
cervello di ratti e in modelli animali delle malattie di Parkinson e Huntington.
Questi studi, insieme agli importanti risultati ottenuti nei decenni successivi,
costituiscono oggi la base degli attuali progetti volti ad ottenere precursori dei
neuroni dopaminergici da cellule staminali embrionali e neurali allo scopo di
sviluppare efficaci strategie per il trapianto cellulare in pazienti affetti dalla
malattia di Parkinson.
Björklund è stato vice coordinatore del progetto europeo Neurostemcell, al
quale ha contribuito profondamente con la generazione di popolazioni di
cellule neuronali da utilizzare nei nuovi approcci terapeutici per il morbo di
Parkinson, attraverso la messa a punto di protocolli sicuri e efficaci in grado di
consentire la sopravvivenza delle cellule trapiantate, al fine di correggere i
difetti motori e contribuendo attraverso la messa a punto delle tecniche per il
differenziamento di cellule staminali in neuroni dopaminergici.
41
Vania Broccoli
Vania Broccoli è leader dell’unità di ricerca
Cellule staminali e Neurogenesi dell’Istituto
Scientifico San Raffaele.
Autore di numerose e importanti pubblicazioni
sulle principali riviste scientifiche del settore, il
suo gruppo si interessa da anni dei meccanismi
molecolari che controllano il differenziamento
dei neuroni e lo sviluppo del cervello, la cui
deregolazione è causa di malattie cerebrali
complesse. Un risvolto di questi studi è stata l’individuazione di una
combinazione di geni capace di indurre il differenziamento di cellule della
pelle in neuroni dopaminergici attivi capaci di produrre e secernere dopamina,
neurotrasmettitore essenziale per la trasmissione degli impulsi nervosi connessi
al comportamento e al movimento volontario.
Tali studi rappresentano una nuova possibilità di cura per la sostituzione
cellulare dei neuroni dopaminergici, la cui degenerazione è la causa principale
dei severi deficit motori caratteristici della malattia di Parkinson. L’obiettivo
principale delle sue attività di ricerca è quello di raffinare ulteriormente questi
approcci, al fine di ottenere neuroni umani pienamente funzionali, da utilizzare
per trapianti in soggetti affetti da disturbi neurologici o malattie
neurodegenerative.
42
Oliver Brüstle
Oliver Brüstle è professore di Neurobiologia
Ricostruttiva all’Università di Bonn. È inoltre cofondatore e direttore scientifico di Life & Brain
GmbH, impresa nata come hub dell’Università di
Bonn per gli approcci traslazionali.
Medico, Brüstle ha focalizzato la sua iniziale
attività di ricerca e clinica nel campo della
neuropatologia e neurochirurgia, all’Università di
Zurigo e Erlagen. Nel 1993 è nel gruppo di ricerca
di Ron McKay, a Bethesda (USA), dove studia le
cellule staminali neurali. Nel 1997 torna in
Germania per aprire il proprio laboratorio; nel
2002, diviene infine direttore del nuovo istituto di
Neurobiologia ricostruttiva.
Le sue attività si concentrano principalmente sulla ricerca sulle cellule
staminali e sul loro utilizzo come modelli per lo studio di malattie
neurodegenerative e dei meccanismi di riparazione del sistema nervoso.
Nel 2013, Brüstle è eletto presidente del neonato Network tedesco sulle cellule
staminali. È inoltre membro del consiglio direttivo dello Stem Cell Network
North Rhine Westphalia, membro dell’Organizzazione Europea di Biologia
Molecolare (EMBO) e senatore dell’accademia Leopoldina tedesca delle
scienze.
Primo ricercatore tedesco ad aver lavorato sulle cellule staminali, Brüstle
contribuisce in maniera determinante al dibattito sul tema, sensibilizzando
l’opinione pubblica sull’importanza e il potenziale della ricerca in questo
campo.
Il suo impegno lo ha portato a condurre numerose battaglie per la libertà di
ricerca (caso Brüstle vs. Greenpeace e le battaglie presso la Corte di Giustizia
Europea).
43
Elena Cattaneo
È Professore Ordinario dell’Università degli Studi
di Milano dove dirige il Laboratorio di Biologia
delle Cellule Staminali e Farmacologia delle
Malattie Neurodegenerative.
Ha lavorato presso il Department of Brain and
Cognitive Sciences, M.I.T. (USA), nel laboratorio
del Prof. Ronald Mckay, dove ha avviato studi sul
differenziamento delle cellule staminali e
successivamente nel laboratorio del Prof. Anders
Björklund, imparando tecniche sperimentali di
trapianto intracerebrale di cellule staminali.
È cofondatrice e direttore di UniStem, Centro di
Ricerche sulle Cellule Staminali dell’Università di
Milano, attivo anche nell’integrare, coordinare e promuovere l’accesso alle
informazioni relative allo studio delle cellule staminali e del loro potenziale
applicativo.
Da oltre vent’anni il laboratorio studia la malattia di Huntington con l’obiettivo
di contribuire alla comprensione dei meccanismi patogenici e allo sviluppo di
strategie farmacologiche, geniche e cellulari in grado di interferire con la
malattia. E’ autrice di oltre 160 articoli pubblicati su riviste scientifiche peerreview.
Elena Cattaneo è stata coordinatore del progetto europeo Neurostemcell (20082013) e attualmente coordina il consorzio europeo Neurostemcellrepair, (20132017), promotore dell’evento.
Elena Cattaneo è attiva nell’organizzazione di eventi di divulgazione e di
training diretti alla comunità scientifica, agli studenti delle scuole superiori e
alla società civile.
44
Ruxandra Draghia-Akli
Ruxandra Draghia Akli è il direttore del
Direttorato Generale per la ricerca e l’innovazione
della Commissione Europea.
Laureata in medicina alla Carol Davilla medical
school, ottiene il dottorato all’Accademia Rumena
delle Scienze Mediche. Lavora in Francia
all’Università Descartes di Parigi e negli Stati
Uniti, al Baylor College of Medicine di Houston,
conducendo attività di ricerca nel campo della
biologia molecolare, con particolare riferimento
agli sviluppi della terapia genica e di nuove
metodiche vaccinatorie, divenendo un’esperta di
livello
internazionale.
Un
passato
da
vicepresidente della VGX (ora Inovio) e VGX
Animal Health, membro onorario dell’Accademia Rumena per le Scienze
Mediche, è autrice di numerosi articoli scientifici e proprietaria di oltre cento
brevetti. È inoltre attiva come valutatore per enti finanziatori e membro di
board editoriali di giornali scientifici europei e americani.
45
Tom Isaacs
Tom Isaacs scopre a soli 27 anni di essere
affetto dal morbo di Parkinson.
Da quel momento, si impegna attivamente
allo scopo di raccogliere fondi per la ricerca
ed
aumentare
la
consapevolezza
dell’opinione pubblica sul morbo di
Parkinson, al fine di trovare una cura. Nel
1999, intraprende un viaggio che lo porta a
percorrere a piedi, nonostante i disturbi
legati alla malattia, oltre 1250 miglia lungo
le coste della Gran Bretagna, per raccogliere
fondi. Nel 2002 lascia il suo lavoro di direttore di una compagnia immobiliare
londinese per proseguire nel suo progetto. Dall’aprile 2003, Tom percorre oltre
4500 miglia lungo le coste britanniche, attraversando le più alte montagne di
Inghilterra, Galles e Scozia, correndo anche una maratona e riuscendo
nell’intento di raccogliere oltre 350.000 sterline. Nel 2006 fonda, insieme a un
altro paziente affetto da Parkinson, The Cure Parkinson’s Trust, associazione
che nel corso di questi anni ha già distribuito oltre 9 milioni di dollari nel
mondo per la ricerca contro il morbo di Parkinson. Tom è stato membro dal
2005 al 2010 del comitato direttivo dell'Associazione europea per la malattia di
Parkinson, ed ha presieduto quello a sostegno dei pazienti per il congresso
mondiale sul Parkinson nel 2010 e nel 2013, tenendo in totale ben 15 discorsi
nel corso dei due eventi. Isaacs è anche il principale promotore del progetto
Sense Park, iniziativa finanziata dall’Unione Europea, che offre ai pazienti con
il Parkinson ed ai loro medici strumenti personalizzati per le loro esigenze.
Inoltre, è anche co-fondatore del Parkinson’s Movement, organizzazione che
rappresenta un punto di riferimento importante e indipendente per i malati e
che ha contribuito significativamente ai progressi della sperimentazione
clinica, per il reclutamento dei pazienti e le misure dei risultati ottenuti. Nel
2012 Tom ha ricevuto il prestigioso premio Dr Rana International Parkinson's
Community e l’onore di essere tedoforo in occasione delle Olimpiadi di
Londra.
Isaacs è autore del libro “Shake Well before Use”, dove racconta, con passione,
ottimismo ed umorismo, la sua vita affetta da Parkinson. Parla spesso della sua
condizione e della vita dei pazienti con il Parkinson per cercare di progredire
nella ricerca e nello sviluppo di nuove terapie per la clinica. Ha pubblicato vari
articoli sulle riviste Lancet Neurology, Journal of Clinical Investigations e
Journal of Parkinon's disease, del cui comitato editoriale fa parte.
46
Gianvito Martino
È professore ordinario di Biologia Applicata
presso l’Università Vita-Salute di Milano e
professore onorario presso la School of Medicine
and Dentistry della Queen Mary University di
Londra.
È stato tra i fondatori dell’Associazione Italiana
di Neuroimmunologia (AINI), di cui è stato
Presidente dal 2009 al 2012, e dell’European
School of Neuroimmunology (ESNI) e della
Global Schools of Neuroimmunology (GSNI)
delle quali è tutt’ora il coordinatore scientifico.
Dal 2010 al 2012 è stato Vice Presidente e dal
2012 al 2014 è stato Presidente dell’International Society of Neuroimmunology
(ISNI). È membro del consiglio scientifico di numerose società scientifiche
nazionali ed internazionali e ha conseguito negli anni numerosi premi
scientifici tra i quali il Premio Rita Levi-Montalcini. È autore di oltre 250
pubblicazioni scientifiche. I suoi interessi scientifici vanno dallo studio dei
meccanismi patogenetici alla base dei disturbi del sistema nervoso centrale di
tipo immunomediato allo sviluppo di strumenti di terapia genica e di
innovative terapie utilizzanti cellule staminali neurali per il trattamento di
questi disturbi.
Attivo nel campo della divulgazione scientifica, è stato tra i fondatori di
associazioni no-profit – SINAPSI e BergamoScienza – attive
nell’organizzazione di eventi e iniziative per la diffusione della cultura
scientifica. La sua attività divulgativa si è poi concretizzata nella pubblicazione
di vari libri tra i quali “Il cervello. La scatola delle meraviglie” (2008), “La
medicina che rigenera. Non siamo nati per invecchiare” (2009), “Identità e
mutamento. La biologia in bilico” (2010), libro vincitore del Premio Fermi
Città di Cecina 2011 per la divulgazione scientifica, e “Il cervello gioca in
difesa: storie di cellule che pensano (2013)”, libro vincitore del 1° Premio per
la Divulgazione Scientifica dell’Associazione Italiana del Libro.
47
Guido Pantè
Consulente per l'Agenzia Italiana del Farmaco
AIFA dal 2009 presso cui ha contribuito ad
organizzare e monitorare le sperimentazioni
cliniche finanziate dall'AIFA.
Dal 2012 ricopre il ruolo di assessor di qualità
dei medicinali biotecnologici sperimentali e dei
medicinali per terapia avanzata. Nel 2012 è
nominato componente della commissione per
l’ammissibilità alla Sperimentazione Clinica di
fase I dell'Istituto Superiore di Sanità ed esperto
del Comitato per le terapie avanzate (CAT)
presso l'Agenzia Europea per i Medicinali.
Attualmente ricopre il ruolo di dirigente
biologo dell'AIFA: si occupa principalmente
della valutazione, e scientific advice, della parte
di
qualità
dei
prodotti
sperimentali
bioteconologici e dei medicinali per terapia avanzata. Da circa un anno ricopre
il ruolo di ispettore osservatore di Good Manufacturing Practice (GMP).
L’AIFA è l’agenzia che in Italia svolge tutte le attività connesse alla
registrazione e autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci,
inclusa la verifica della sicurezza e appropriatezza d’uso delle sostanze e della
qualità della fabbricazione.
L’AIFA ha inoltre un ruolo fondamentale nel controllo della spesa
farmaceutica nazionale e nel garantire l’equo accesso ai farmaci da parte della
popolazione.
L’Agenzia promuove con impegno costante la diffusione di un’informazione
corretta e indipendente, dialogando con la comunità delle associazioni dei
malati e con il mondo medico-scientifico e delle imprese produttive e
distributive, anche attraverso il ricorso a campagne di comunicazione e
sensibilizzazione all’uso consapevole e responsabile dei farmaci.
48
Malin Parmar
Malin Parmar dirige il Laboratorio di
Neurobiologia Rigenerativa e dello
Sviluppo, all’Università di Lund in
Svezia.
Il suo gruppo studia da anni i
meccanismi
alla
base
del
differenziamento cellulare nel cervello
in via di sviluppo, allo scopo di
identificare metodi sicuri ed efficienti
per indurre il differenziamento delle
cellule
staminali
in
specifiche
popolazioni di neuroni.
Appassionata fin dall’infanzia di scienza e tecnologia, dedica i suoi studi
dapprima ai meccanismi di sviluppo del cervello, per poi concentrarsi sulle
potenzialità delle cellule staminali, ottenendo da subito risultati affascinanti.
Membro dei Consorzi Europei Transeuro e Neurostemcellrepair, il suo lavoro
ha portato allo sviluppo di protocolli sperimentali che consentono di produrre
neuroni dopaminergici perfettamente funzionali in grado di sostituire il tessuto
danneggiato e di creare nuove connessioni nervose nei modelli animali della
malattia di Parkinson. Risultati che aprono interessanti prospettive terapeutiche
per i malati.
Nel 2014 è autrice e coordinatrice di un importante studio pubblicato su Cell
Stem Cell che apre alla sperimentazione clinica delle staminali neuralizzate per
il Parkinson.
Il suo obiettivo è ora quello di risolvere i problemi connessi alla sicurezza ed
efficacia dei trattamenti e migliorare i protocolli di differenziamento per
ottenere cellule neuronali su larga scala, al fine di avviare i necessari trial
clinici.
49
Charles Sabine
Charles Sabine, giornalista televisivo
vincitore di numerosi riconoscimenti,
ha lavorato per 26 anni per l’emittente
televisiva americana NBC. Nella
fotografia, con il fratello John, affetto
da Còrea di Huntington.
Nella
sua
lunga
carriera
da
corrispondente, iniziata negli anni ’80,
ha raccontato e vissuto in prima
persona dodici guerre, sei rivoluzioni
e quattro gravi terremoti, oltre ai
principali fatti di cronaca di Europa,
Medio Oriente, Africa ed Asia.
La sua esperienza in prima linea lo porta ben presto a comprendere quali siano
i limiti estremi verso i quali lo spirito umano può spingersi di fronte ad una
tragedia, sia questa naturale o causata dall’uomo.
Nel 2008, decide di mettere a frutto gli insegnamenti derivanti dalle esperienze
accumulate nel tempo per un uso diverso, a favore della ricerca scientifica,
divenendo pioniere e portavoce per la libertà della ricerca, e per quelle persone
che soffrono di malattie neurodegenerative - in particolare la Corea di
Huntington, che ha devastato la sua famiglia e di cui porta il gene che scatenerà
la malattia.
Questo ruolo ha portato Sabine a parlare in sedi prestigiose in tutto il mondo,
tra le quali il Parlamento Europeo e Britannico, alla Royal Institution e al
Congresso mondiale per la libertà e la ricerca scientifica.
50
Giuseppe Testa
Giuseppe Testa è il direttore dell’Unità di
Epigenetica delle cellule Staminali
dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano
e docente all’Università degli Studi di
Milano.
Il suo gruppo studia i meccanismi alla base
della programmazione e riprogrammazione
cellulare, che consentono di conferire a
ciascuna cellula la sua specificità, con
l’obiettivo di sviluppare nuovi modelli
sperimentali per lo studio del cancro e delle
malattie del sistema nervoso.
Si laurea in medicina a Perugia e consegue il dottorato conseguito all’EMBL,
prestigioso istituto europeo di biologia molecolare, svolgendo poi significative
esperienze di ricerca al Max Planck di Dresda e negli Stati Uniti. Nel 2013,
Testa ha ottenuto un significativo finanziamento europeo per lo sviluppo dei
cosiddetti disease avatars, unendo la riprogrammazione cellulare ai più
avanzati strumenti di ingegneria genetica, per generare un modello cellulare
della Sindrome di Williams (una malattia neurologica che causa disabilità
mentale, preservando tuttavia gran parte delle capacità linguistiche e di
socializzazione), partendo dalle cellule prelevate dalla cute dei bambini malati.
Simili approcci sono particolarmente rilevanti per le malattie del cervello,
perché consentono di ottenere quantità illimitate di cellule portatrici del difetto
genetico, che non sarebbe possibile prelevare direttamente dai pazienti.
Attraverso lo studio di questi avatars, sarà quindi possibile definire i
meccanismi responsabili delle malattie e identificare possibili nuove terapie.
Attivo anche nel campo della bioetica, Testa è autore di varie pubblicazioni sui
delicati rapporti tra etica, politica e ricerca, tra cui “Geni a nudo” (2012)
riflessione sulle conseguenze sociali del progresso scientifico.
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Selezione di articoli e interviste apparsi sulla stampa
Che cosa si può fare davvero
con le staminali per la sclerosi multipla
Corriere della Sera, 26 Novembre 2013
di Gianvito Martino
Riuscire a raggiungere i tessuti cerebrali danneggiati per “ripararli”: è questa la
promessa delle cellule staminali, ma che cosa si può fare già oggi con queste
cellule? «Innanzitutto bisogna fare chiarezza, - risponde Gianvito Martino,
direttore della Divisione Neuroscienze dell’Ospedale San Raffaele di Milano,
tra i ricercatori italiani più impegnati in questo settore - non esiste un solo tipo
di cellule staminali: ci sono le ematopoietiche, le mesenchimali e le neurali. Le
staminali ematopoietiche sono state le prime ad essere utilizzate nella sclerosi
multipla come terapia immunosopressiva. In pratica queste cellule, estratte dal
sangue, e iniettate per via endovenosa, vengono usate per “sedare” l’attività di
un sistema immunitario fuori controllo che distrugge quello che dovrebbe
difendere, in questo caso, la guaina mielinica deputata a proteggere le fibre
nervose. Sono circa 500 i pazienti che, in tutto il mondo, sono stati trattati con
questa tecnica e i risultati sono buoni: in circa il 60% dei malati, almeno per
qualche anno, la progressione della patologia rallenta, ma poiché prima di
trattare i pazienti con queste cellule bisogna “azzerare” l’attività del loro
sistema immunitario, rendendoli fragilissimi nei confronti delle infezioni, la
procedura non è esente da rischi. Si calcola che la percentuale di mortalità
possa raggiungere l’1,5-2%, ecco perché questo tipo di trapianto va riservato a
quel 5% di malati, in genere giovani, in cui la sclerosi progredisce molto
rapidamente».
MESENCHIMALI - Come si opera invece con le staminali mesenchimali e che
cosa sono ?
“Le staminali mesenchimali, estratte dal midollo osseo - risponde Martino vengono pure iniettate per via endovenosa, e a tutt’oggi ,sempre nel mondo,
sono una cinquantina i malati trattati in questo modo. Anche in questo caso,
come per le cellule ematopoietiche, si utilizza “materiale” proveniente dallo
stesso malato e quindi non ci sono problemi di rigetto. Le cellule mesenchimali
dovrebbero ridurre l’infiammazione che danneggia i tessuti cerebrali. Il limite
di queste cellule sta nel fatto che possono appunto proteggere i tessuti ma non
rigenerarli. Per ora sappiamo solo che questa metodica è sicura, ma per sapere
se è anche efficace dovremo attendere. È in corso un grande studio
multicentrico guidato dal collega italiano, Antonio Uccelli dell’Università di
Genova e i risultati sono attesi tra un paio di anni”.
NEURALI - E le staminali neurali? Già il loro nome fa ben sperare…
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“Utilizzare cellule neurali per riparare il sistema nervoso dovrebbe essere più
efficace che ricorrere a cellule del sangue o del midollo osseo, ma le difficoltà
non mancano - sottolinea Martino. Cellule neurali trapiantabili oggi si possono
ottenere solo da tessuti fetali e quindi il paziente dovrebbe sottoporsi a un
trapianto eterologo con tutti i problemi di rigetto che comporta. Però, si è visto
che - con la tecnica del giapponese Yamanaka, vincitore del Nobel nel 2012 anche le cellule adulte della pelle si possono riprogrammare, facendole
diventare staminali neurali. Con il mio gruppo di ricerca, qui al San Raffaele di
Milano, abbiamo trasformato cellule delle pelle di topo prima in embrionali e
poi in cellule neurali che, somministrate con una procedura simile alla puntura
lombare e arrivate a livello cerebrale hanno cominciato a secernere una
molecola capace di proteggere le cellule che producono la mielina. E
soprattutto di stimolarne la produzione di nuova. Certo senza pretendere di
ricostruire i neuroni danneggiati irreversibilmente dalla malattia”.
“È facile capire - continua Martino - che se questo metodo funzionasse anche
sull’uomo avremmo a disposizione cellule neurali autologhe , facilmente
prelevabili dalla cute, che grazie al fatto di essere immesse con una puntura
lombare (e non per via sistemica, endovena) andrebbero ad agire direttamente
là dove servono, senza dispersioni».
TEMPI - Ma quando queste tecniche arriveranno al paziente?
“Per l’utilizzo delle neurali da tessuti fetali - conclude Gianvito Martino - è
lecito ipotizzare due o tre anni di attesa per iniziare a testarne la sicurezza,
decisamente di più per le neurali ottenute dalla cute che richiedono
procedimenti assai complessi di lavorazione, ma molti laboratori in tutto il
mondo sono oggi impegnati in questo tipo di ricerche”.
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Mai più disperati: la lezione inizia da Dallas Buyers Club
Come le organizzazioni dei malati possono influenzare
(bene) la ricerca
TuttoScienze – La Stampa 20 Febbraio 2014
Giuseppe Testa, intervistato da Gabriele Beccaria
A metà della conversazione spunta la figura scheletrita di Matthew
McConaughey. Il professor Giuseppe Testa evoca “Dallas buyers club”: il film
racconta la storia vera di Ron Woodroof, il cowboy ammalato di Aids che negli
Anni 80 ingaggia una guerra privata per la sopravvivenza, quando del virus si
sapeva pochissimo. Tra scene di strazio e violenza c’è il frammento di una
storia più grande, altrettanto autentica: quella di alcuni gruppi di attivisti
americani - racconta il direttore del laboratorio di Epigenetica delle Cellule
Staminali dell’Istituto Europeo di Oncologia - che si trasformarono in esperti al
punto di spingere la Food & Drug Administration (l’ente che dà luce verde ai
farmaci) a ridefinire i criteri per la sperimentazione clinica e quindi a
velocizzare l’approvazione di nuove terapie.
«Un caso da manuale», sottolinea Testa nel suo ufficio milanese, che dimostra
come la scienza sia una macchina più sofisticata rispetto agli stereotipi a cui
hanno creduto tanti italiani, vittime del truffaldino metodo Stamina. «Il caso
americano, in effetti, fa da contraltare al caso italiano. L’uno, un successo di
inclusione intelligente dei non addetti ai lavori, l’altro un fallimento che ha
diviso il Paese sul nulla».
Stamina, tuttavia, resta per molti un’ossessione e Testa è lo studioso giusto per
riflettere su uno scandalo del quale non ci si è ancora liberati. Di lui si è parlato
nelle scorse settimane per il progetto, finanziato dall’UE, che punta a
trasformare proprio le staminali in «cavia perfetta» con cui studiare cure
innovative contro alcune malattie neurologiche. Sempre lui ha contribuito al
libro considerato la bibbia sul tema, «Stem cells: from basic research to
therapy»: lì, in un capitolo alla frontiera tra ricerca, etica e politica, Testa
spiega perché le staminali siano il caso-simbolo di come le bio-scienze - che
promettono di riparare le parti di noi che non funzionano più e di svelare la
logica delle malattie che ci angosciano, dal cancro all’Alzheimer - richiedano
una logica innovativa, che coinvolga scienziati, cittadini e politici. «Una
scienza che sia più inclusiva dei bisogni di una cittadinanza sempre più
consapevole».
Professore, lei sostiene che la qualità di una democrazia si misura anche dal
modo in cui affronta le questioni aperte dalla scienza: perché l’Italia fa fatica
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a gestirla, tra l’indifferenza per i tagli alla ricerca e le psicosi per le cure
miracolose?
«Per un problema che si sintetizza sotto una formula oscura solo in apparenza:
epistemologia civica».
Spieghi cosa significa.
«Ho intitolato il mio capitolo “Democrazia della staminalità” perché analizzo
come le staminali siano state affrontate e regolamentate e cosa rivelino di una
società: non si riflette abbastanza su come una collettività decida - con la
scienza e sulla scienza - organizzando il processo con cui si arriva a conoscere
attraverso il contributo di tanti. Uso quindi il concetto di “epistemologia
civica” per indicare come si stabiliscono gli standard del sapere, come vengono
definiti e da chi, e attraverso quali canali vengono certificati in modo pubblico.
Ecco perché l’epistemologia è civica: viviamo nella “knowledge intensive
society”, la società ad alta intensità di conoscenza, che richiede l’esercizio di
questa virtù - civica, appunto - di confronto e scambio. E gli scontri sulle
staminali sono significativi per capire quanto diversa sia l’Italia da molti altri
Paesi: da noi l’epistemologia civica è frammentata, non rodata e vive con
inquietante regolarità momenti di crollo».
Come nel caso Stamina?
«Sì ed è emblematico: mancano evidentemente quei canali di tipo istituzionale
che permettono di fare della conoscenza una pratica orgogliosamente vissuta
come patrimonio comune. E così è successo che Stamina sia entrata nel sistema
sanitario, aggirando una serie di soglie che sono sia di affidabilità scientifica
sia, appunto, di responsabilità civica. E, una volta esplosa nello spazio
pubblico, ha creato un’enorme controversia. Tanto che si era inizialmente
arrivati, per volontà di un governo, a proporre una sperimentazione - atto che è
per antonomasia parte del processo della ricerca - seguendo un percorso
radicalmente diverso da ciò che è codificato come corretta pratica scientifica.
Mancano, quindi, i meccanismi con cui arrivare a una conoscenza condivisa e
pubblica, in cui scienza e politica dialoghino, generando un percorso comune
che includa le priorità dei cittadini e sia radicato nell’evidenza».
E i cittadini? Come li si coinvolge?
«Quando si parla di scienza e democrazia - il tema di questa serie di
“Tuttoscienze” - si deve partire dal fatto che i luoghi del sapere si moltiplicano
e non sono più solo università e laboratori. Un esempio è l’azienda californiana
“23andMe”, che vende test genetici online ed è al centro di molte controversie
su come regolare la distribuzione di questo tipo di informazioni. Creata dall’ex
moglie di Sergey Brin, uno dei fondatori di Google, incarna - non a caso - la
convergenza tra ricerca genetica e tecnologie digitali. Partita tra l’incredulità
generale, ha raccolto così tanti dati da trasformarsi, al punto che oggi produce
55
anche ricerche di punta sulle basi genetiche delle malattie. È uno dei modi, pur
non esente da problemi, attraverso cui la conoscenza sta diventando “scienza
partecipata”. Il punto è farla bene».
Che cosa insegnano i casi americani?
«Di fronte all’Hiv molti attivisti si trasformarono in esperti tra gli esperti,
influenzando i criteri di ricerca e sperimentazione. Ma non è il solo caso. Nei
Paesi a forte vocazione scientifica diverse organizzazioni di pazienti hanno
smesso di essere semplici associazioni che raccolgono soldi: lavorano fianco a
fianco con gli studiosi e divengono parte integrante del processo della ricerca.
In Italia, invece, è successo che il dolore dei malati finisse stravolto e
strumentalizzato, come con Stamina».
Come si rimedia?
«In due modi. Il primo è l’inclusione. È impensabile che un dibattito sulla
scienza ponga i pazienti con la ricerca. Un esempio è stata l’Authority inglese
per la fertilizzazione e l’embriologia (Hfea), che coinvolge nei propri pareri
tanti pezzi della società civile. Il secondo è la responsabilità. Ogni decisione
dev’essere tracciata con un iter istituzionale chiaro e trasparente per tutti».
E i verdetti spesso sconcertanti della magistratura?
«Quando c’è di mezzo la “biopolitica”, la magistratura non può agire come se
fosse avulsa dalla sfera decisionale della scienza. Il diritto deve incontrare le
scienze della vita. Cito ancora l’Inghilterra. Quando, un decennio fa, il caso
della pecora Dolly suscitò una serie di interrogativi sulle somiglianze e sulle
differenze tra cloni ed embrioni, fu la Camera dei Lord a decidere, ma lo fece
con un processo che integrava prove scientifiche e ragionamenti giuridici».
Perché in Italia gli scienziati non fanno il primo passo?
«A volte lo fanno, ma mi piacerebbe che si offrissero sempre di più come
risorsa civica, di “civil servants”. E che trovassero, tra i politici più illuminati,
non solo una sponda, ma un vero e proprio attracco».
Perché sulle staminali abbondano equivoci e litigi?
«Perché spesso non si capisce che c’è bisogno di tempo, almeno 15-20 anni. La
riprogrammazione cellulare apre orizzonti unici. Di fronte a queste sfide è
necessario costruire un consenso diffuso e rigoroso. Solo così si ridurranno le
probabilità di nuovi e pericolosi scollamenti nella società».
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Neuroni umani dalle staminali nuova frontiera per il
Parkinson
La Repubblica 7 Novembre 2014
di Elena Cattaneo
L'ipotesi di rimpiazzare i neuroni persi in una specifica malattia
neurodegenerativa, il morbo di Parkinson, con nuovi neuroni preparati in
laboratorio, è da oggi più vicina. Su Cell Stem Cell, i colleghi dell'Università di
Lund, in Svezia, guidati dalla giovane scienziata Malin Parmar, dimostrano di
poter ottenere in laboratorio i neuroni dopaminergici che degenerano nel
Parkinson, partendo da staminali embrionali umane. Le studiano da anni con il
consenso e il supporto dei loro governi e quello consapevole e correttamente
informato dei loro concittadini. Le derivano da blastocisti soprannumerarie,
embrioni umani in un piattino di laboratorio, composti da poche centinaia di
cellule indifferenziate, prodotti da fecondazione in vitro e non utilizzati dalla
coppia, che li destina alla ricerca invece che alla distruzione. Dalle staminali
embrionali si possono ottenere tutte le cellule dei nostri tessuti. I ricercatori
hanno capito come "convincerle" a diventare specificamente i neuroni
dopaminergici che muoiono nel Parkinson. In tanti ci avevano provato prima e
hanno ottenuto neuroni: ma non erano "autentici".
Mancavano di alcuni "vestiti" specializzati, e dopo trapianto erano poco
efficaci. C'era anche il rischio che potessero sfuggire al controllo e proliferare.
Oggi questi due problemi sembrano risolti. Si è quindi affrontato il terzo.
Possono quei neuroni umani "autentici", ottenuti in un piattino di laboratorio,
funzionare dopo trapianto nel modello animale di Parkinson come se fossero i
neuroni "naturali"? E saranno in grado di ristabilire le connessioni e i circuiti in
un tessuto danneggiato dalla malattia? Sta qui l'avanzamento conoscitivo
svedese. I colleghi dimostrano che le cellule trapiantate funzionano così bene
da generare una straordinaria rete di ramificazioni nervose che si dipartono dai
nuovi neuroni innestati. Nell'esperimento le cellule trapiantate sono umane,
mentre il tessuto ospite è ratto. Utilizzando un marcatore per cellule umane è
possibile vedere questa fitta rete di connessioni che irradiano le aree cerebrali
corrette e distanti. Questo significa la possibilità di ricostituire i circuiti
cerebrali lesionati dalla malattia.
Il lavoro del gruppo di Malin Parmar prova che è possibile ottenere in
laboratorio, neuroni umani, bellissimi, veri e della tipologia desiderata (per
quello che la ricerca ci consente di dimostrare), che funzionano esattamente
come ci aspettiamo. Di neuroni il nostro cervello ne contiene centinaia di
tipologie diverse, ciascuna con una sua storia e una funzione. A secondo dei
tipi di neuroni che muoiono si hanno diverse diverse malattie. È la ricerca di
base che ci spiega come generarne di nuovi partendo dalle staminali. È dalla
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ricerca di base che ci aspettiamo le conoscenze su come si sviluppano, per
esempio, i neuroni dei sei strati della corteccia cerebrale, che stanno nella parte
più dorsale del cervello. O i neuroni più basali, che muoiono nella malattia di
Huntington o nel Parkinson, o quelli più posteriori, quelli motori, che
degenerano nella Sclerosi Amiotrofica Laterale. Abbiamo imparato che via via
che queste cellule si specializzano acquisiscono abiti aggiuntivi, che tracciamo,
riconosciamo, studiamo. Queste conoscenze le trasferiamo poi in vitro. E sono
state applicate a un tipo particolare di staminale, quella capace di rispondere a
queste sollecitazioni come nessun'altra staminale ha mai saputo fare: la
staminale embrionale umana.
Aggiungiamo a queste cellule in vitro quella manciata di "morfogeni" che la
ricerca di base ci consegna con dettagli inimmaginabili fino a pochi anni fa, e
che scopriamo al timone della formazione del nostro cervello. Ed è in base alle
loro combinazioni e dosi che succede qualcosa di meraviglioso: le staminali
embrionali si specializzano in neuroni dorsali o basali o più posteriori come se
seguissero una mappa stradale in grado di portarle verso la giusta destinazione
e funzione. È ancora un enigma come questo accade. Ma capirlo vale la vita di
studio di un ricercatore, anche se lui o lei non dovesse mai arrivare a curare
alcunché, perché consegnerà altre solide prove a chi raccoglierà il testimone.
Stiamo parlando di momenti entusiasmanti per la ricerca di base in medicina
rigenerativa. Il caso svedese dimostra quanto la strada della scienza sia lunga e
difficoltosa, e quanto importante sia spiegare le conquiste, la fatica, i fallimenti
e il tempo necessario per studiare ciò che ancora non si conosce. E che si lavori
come scienziati per mantenere credibilità e fiducia. Bisogna continuare a
parlare ai cittadini, piedi per terra ed "ego" sotto controllo. Ai cittadini e alla
politica. Non basta studiare una cellula o un atomo o il Big Bang in laboratorio
per essere scienziati: la scienza è per tutti. Forse, così facendo, un giorno anche
noi avremo un Governo e un Parlamento che sapranno investire nella
conoscenza, incorporando scienza e innovazione nelle maglie legislative. Lo
avremo tanto prima quanto più i cittadini saranno informati e potranno far
sentire la loro voce e il loro supporto alla scienza, quella che studia per
conoscere, capace di catalizzare cambiamenti. Ambiziosa, visibile, dimostrata,
pubblica e di tutti.
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Dal fronte dell’Huntington
Il corrispondente di guerra della Nbc ha scoperto di avere il gene di questa
malattia, letale per sé e per i suoi familiari. Le sue speranze e le sue paure,
confrontate con quelle del suo difficile mestiere
Il Sole 24 Ore – 22 marzo 2009
di Charles Sabine (traduzione di Sylvie Coyaud)
Nel 2005, mentre l’inverno romano lasciava il posto alla primavera, mi sono
ritrovato spesso di sera davanti al Vaticano, sotto la pioggia. Il corpo di
Giovanni Paolo II si arrendeva al tempo, alla malattia e alla pallottola di un
assassino. Da giornalista, avevo visto finire il comunismo nella sua patria e
respirato fumi d’incenso mentre lo seguivo nel suo ultimo pellegrinaggio in
Terra Santa. Nonostante queste affinità non stavo pensando alla sua salute ma
alla mia: dovevo fare un esame che avrebbe determinato il corso della mia vita.
Ne ho trascorso più di metà come inviato della televisione Nbc, spesso in posti
dove i dogmi religiosi si scrivono nel sangue, di recente anche a Baghdad dove
la buona salute non è mai scontata. I miei non la davamo più per scontata dal
1994, quando avevamo saputo che mio padre era affetto dal morbo di
Huntington. Non ne avevamo mai sentito parlare, ci dissero che era incurabile,
e da allora ogni giorno ha avuto il sapore di quella rivelazione. Non solo è
incurabile, è di origine genetica. Avevo un 50% di probabilità di soffrirne
anch’io dopo dieci o quindici anni. L’indipendenza che avevo coltivato così a
lungo mi era caduta dalle spalle all’improvviso, lasciandomi vulnerabile e
fragile come non ero mai stato prima.
Per descrivere il morbo di Huntington, i superlativi non bastano. Per un uomo,
qual è la perdita di dignità peggiore? Vedere gli amici trasalire davanti al suo
corpo e alla sua mente che si contorcono, mentre il suo cuore grida aiuto e
nessuno lo sente? No. Sono certo che mio padre avrebbe sopportato volentieri
un’indegnità cento volte peggiore se gli fosse stato risparmiato un dolore
ancora più grande: la consapevolezza di aver trasmesso quell’incubo ai suoi
figli.
Mio fratello John ha cinque anni più di me e lavora in uno dei più prestigiosi
studi legali d’Inghilterra. Adesso, prima di andare dalla sua neurologa, si allena
a camminare in linea retta perché sa che lei gli chiederà di farlo, e gli riesce
sempre più difficile.
Nessuno pensi che la ricerca su una malattia come quella che ha colpito la mia
famiglia non lo riguardi. Le vite distrutte dalla demenza di un parente sono
molte, nascoste in una comunità che si vergogna, che ha perso la stima di sé. È
più vasta di quanto si pensi e crescerà ancora. Tra quarant’anni, prevedono
alcuni esperti, metà della popolazione europea soffrirà di una forma di
demenza prima di morire.
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Venticinque anni passati a osservare gli uomini uccidersi l’un l’altro mi hanno
insegnato che le società perdono la propria bussola morale quando sono private
di dignità e di speranza. Chi soffre di demenza perde ogni dignità. E la
speranza? Ecco, siamo a una svolta potenziale nella storia della medicina. È
possibile, per esempio, che il morbo di Huntington abbia le risposte a molte
domande che riguardano il futuro di tutti. Se mutazioni genetiche consentissero
di prevedere altre patologie, trattarne i sintomi potrebbe diventare l’ultimo
ricorso. Le cellule staminali promettono molto di più, come ha riconosciuto il
nuovo governo statunitense quando ha deciso di abrogare una legge arcaica che
limitava le ricerche.
In Europa, qual è l’ostacolo? Sempre lo stesso, una cappa accecante, fatta di
paura e di disinformazione. Quando 150 anni fa Charles Darwin pubblicò
l’Origine delle specie, venne accusato dai teologi cattolici di aver insultato la
specie umana. Ma come ebbe a dire, «preferirò sempre la reverenza indotta
dalla conoscenza alla reverenza indotta dall’ignoranza». Oggi la Chiesa ha
paura della ricerca sulle cellule staminali. La paura ormai, so riconoscerla. Nel
marzo 1996, erano gli ultimi giorni della guerra nell’ex-Jugoslavia, sono stato
catturato insieme alla troupe televisiva da un commando di mojahidin. Al
tramonto, lanciarono razzi contro le linee serbe, due chilometri più a nord, poi
uno di loro chiamò alla preghiera. Dal finestrino della nostra auto blindata,
potevo vedere il sangue sul muro contro il quale due stranieri di un’agenzia
internazionale per lo sviluppo erano stati uccisi il giorno prima. Il giovane
guerrigliero che per cinque ore mi aveva puntato contro un AK 47 tolse la
spoletta di una bomba a mano che mi appoggiò sulla testa mentre chiudeva gli
occhi e pregava Allah. Ho provato paura vera, ma né quel momento né altri che
ho vissuto installano un terrore simile al morbo di Huntington. Sono andato via
da Roma, ho fatto quell’esame e ho scoperto che la malattia che ha colpito mio
padre e che comincia a colpire mio fratello colpirà anche me. Non passa ora
senza che m’immagini il degrado della mia vita, o mi chieda se potrò ancora
ballare quando mia figlia più piccola compirà 16 anni.
Ogni giorno, migliaia e migliaia di persone si rendono conto che forse i frutti
della ricerca arriveranno troppo tardi per aiutarle e scivolano in una
disperazione senza ritorno. Non sottovalutate il significato di quella ricerca per
tutti quelli che nel mondo soffrono di malattie simili, e per quelli ancora più
numerosi che li amano e li accudiscono: leggono avidamente i giornali, i siti
internet, in cerca di qualche briciola di notizia uscita da un laboratorio. In un
mondo di tenebre il minimo bagliore di luce è un incoraggiamento per lo
spirito.
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Nel 2003, ho voluto capire cos’era successo ai malati di mente durante
l’invasione dell’Iraq. Nell’unico asilo psichiatrico del Paese, le porte erano
state rubate, la maggior parte dei malati se n’erano andati, restavano solo le
donne, senza né acqua né farmaci, e molte erano state violentate dai ladri. Tutto
il personale era fuggito, meno un’infermiera chiamata Leyla che per non essere
scoperta aveva indossato la divisa da paziente pur di continuare ad assistere le
donne che, senza di lei, non sarebbero sopravvissute. Mi è venuta in mente
l’espressione "abbandonate da Dio" e mi parve quella giusta.
Ripensandoci però, mi sono reso conto che non lo era. Un dio personale era
manifesto nel coraggio, nella bontà, nel puro e semplice amore di
quell’infermiera. Nel tempo delle tenebre, sono queste qualità dello spirito
umano a illuminarci e a darci speranza. È nella nostra natura accudire gli
invalidi, cercare di aiutarli e nessuna autorità al mondo ha il diritto di frustrare
questo istinto. Il morbo di Huntington è un attacco allo spirito umano, ma sarà
respinto perché contro di esso si mobilita l’umanità migliore. Coloro che in
nome di qualunque organizzazione provano a intralciarla, saranno puniti dalla
propria coscienza: posso solo pregare perché né loro, né un loro familiare
soffra mai di una malattia per la quale vogliono proibire la ricerca di terapie.
Gli scienziati sono capaci di mutare quella sentenza definitiva. Sappiamo di
cos’è capace lo spirito umano. Alla fine di un’altra guerra che non rimosse
Saddam, sono andato alla frontiera con l’Iran verso il quale, si diceva,
fuggivano i curdi. E ho visto una marea umana superare le montagne, un
milione di persone, in maggioranza donne e bambini, che scappavano dai
bombardamenti con le armi chimiche. Era inverno, il freddo era tremendo,
nessuno avrebbe creduto a quello che stava accadendo se non l’avessimo
filmato. Mi è rimasta in mente una ragazzina, di dodici anni forse, che si issava
sulle rocce con in spalla la sorella di tre anni che aveva perso conoscenza e
sembrava non respirare più. L’aveva portata così per quasi centocinquanta
chilometri. Siamo capaci di fare anche di più, se pensiamo di procedere verso
un mondo migliore. Forse per me è troppo tardi, ma non per i bambini di oggi e
per quelli che devono ancora nascere. Anche in Europa esiste una comunità che
ha perso la stima di sé e tutti noi abbiamo la responsabilità morale di restituirle
dignità e speranza.
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Il viaggio. Dalla diagnosi alla cura del Parkinson
Epdaplus – Winter 2014
di Tom Isaacs
Vincere la battaglia psicologica contro il Parkinson e superare lo shock della
diagnosi è possibile. Tom Isaacs, malato e co-fondatore del Movimento
Parkinson, descrive il suo personale viaggio: dalla diagnosi, all’introspezione,
alla negazione, fino alla completa accettazione della patologia.
Per me, il Parkinson è uno strano viaggio, caratterizzato da momenti di
profondo sconforto e da altri davvero straordinari. Ho vissuto la maggior parte
dei miei momenti difficili nei primi anni successivi alla diagnosi, quando i
sintomi della malattia erano solo lievemente invalidanti e non avevano alcuna
ripercussione sul mio stile di vita. Riflettendo su questo e confrontandomi con
le esperienze di altri pazienti che ho incontrato negli anni ho creato il
“viaggio”, che ritengo possa rappresentare un positivo e ragionevole percorso
comune a tutti quelli che vivono questa condizione.
1. Diagnosi
La diagnosi è il punto di partenza, anche se a precederla, naturalmente, ci sono
molti sintomi. Credo, tuttavia, che il viaggio inizi proprio quando la diagnosi
viene effettuata, perché è in quel momento che viene attribuito un nome alla
propria condizione e si ha l’idea di ciò che ha in serbo il futuro.
2. Shock, rabbia, negazione
Comune all’esperienza di tutti, credo che molte persone con il Parkinson, in
realtà, non vadano mai oltre questa fase. Lo shock, la rabbia, la negazione sono
momenti di profonda introspezione. Costruiamo delle barriere attorno a noi
stessi, pensando di curare così le “ferite” inflitte dalla diagnosi. Tutto pesa sulle
nostre spalle e, in una certa misura, ci rendiamo egoisti, perché pensiamo che
nessun altro capisca cosa stiamo attraversando. Viviamo quotidianamente la
tragedia, o quello che noi pazienti percepiamo come tale.
3. Comunicazione
Questo è il momento chiave nella transizione dalla disperazione alla
ricostruzione di una nuova vita. Lentamente, ma inesorabilmente, si comincia a
condividere con la gente vicino a noi la propria condizione, ci si apre. Si
comincia a realizzare, forse inconsciamente, che l'unico motivo per cui la gente
non comprende quello che stai attraversando è perché non lo hai mai esternato.
La comunicazione è una buona terapia, perché un problema condiviso è un
problema dimezzato. Si comprende inoltre che chi ci è vicino, ma anche chi
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non lo è poi così tanto, è pronto ad ascoltare e a condividere senza in alcun
modo avere pietà della nostra condizione, e senza trattarci in modo diverso
rispetto a prima della diagnosi. In effetti è l'atto stesso di condividere lo stato
d’animo con gli amici e la famiglia, che vi garantisce di essere trattati allo
stesso modo.
4. Consolidamento
A poco a poco, si inizia ad affrontare il futuro e ad imparare un po’ di più sul
Parkinson. Se ne parla in termini più costruttivi e, ci si abitua all'idea e ci si
predispone mentalmente al lungo periodo di degenerazione neurologica che ci
aspetta.
5. Accettazione
Accettare la malattia è un altro momento chiave della propria condizione.
Consapevoli di non essere più la persona di una volta, si accetta l’irrimediabile
cambiamento, a modificare le proprie ambizioni per il futuro in funzione della
malattia. Si comincia così a concentrarsi sugli aspetti positivi della nuova vita,
interessandosi di più alle cose che si possono ancora fare, piuttosto che a quelle
che il Parkinson ci impedirà di fare.
6. Impegno
Questa è la fase in cui il morbo di Parkinson diventa un problema più ampio,
che non interessa più solo il singolo individuo. Si comincia a parlare con altre
persone, a confrontare le proprie storie, ascoltare le esperienze di altri. Si
comincia a guardare oltre il proprio destino personale e a rendersi conto che le
proprie esperienze potrebbero effettivamente aiutare gli altri.
7. Partecipazione
In questa fase si comprende come contribuendo costruttivamente alla
“comunità Parkinson”, si possa aiutare se stessi e gli altri, per sentirsi meglio. È
così che ci si avvicina ad associazioni o ci si interessa ad un aspetto particolare
della propria condizione o alla ricerca scientifica per lo sviluppo di nuovi
trattamenti.
8. Supporto
A questa fase si può essere un punto di riferimento per la comunità e per tutti
gli altri malati. La gente è pronta ad ascoltare quello che hai da dire e tutti
sono grati per il tuo contributo. Si è sempre più occupati e questo costituisce
una carica positiva.
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9. Influenza
Ora si è parte di un gruppo che può fare la differenza. La passione, la
partecipazione, la capacità di sensibilizzare gli altri e di raccogliere fondi
possono avere un’influenza diretta sul futuro della ricerca e sulla cura delle
persone affette da Parkinson. Ecco perché è stato costituito il Movimento
Parkinson.
10. Cambiamento/cura
Questo è ciò che il Movimento Parkinson spera di raggiungere.
Conclusioni
Questa, quindi, è la mia percezione del viaggio che inizia con la diagnosi del
Parkinson. Stranamente, più passa il tempo dalla diagnosi e peggiorano i miei
sintomi, più divento determinato e positivo. L’accettazione della malattia non è
uguale per tutti – il Parkinson si manifesta in modo diverso in ognuno di noi. Il
mio, in particolare, è caratterizzato da molti sintomi visibili, che sono bilanciati
perfettamente dal mio forte ed allegro atteggiamento che molti descriverebbero
come “cieco ottimismo”. Cieco ottimismo o no, io sono ancora qui e in forma!
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Glossario
Termini e locuzioni comunemente in uso nella ricerca su cellule staminali
pubblicata sul sito web del consorzio Europeo EuroStemCell
(www.eurostemcell.org), finanziato dall’Unione Europea, Horizon2020.
Analisi clonale: analisi delle proprietà delle singole cellule. Essenziale per la
dimostrazione formale della potenza e della capacità di auto-rinnovamento.
Vedi anche: potenza, auto-rinnovamento.
Auto-rinnovamento: capacità di una cellula staminale di dividersi e produrre
copie di se stessa per un periodo di tempo indefinito. Questa è una capacità
caratteristica delle cellule staminali. Vedi anche: analisi clonale, nicchia,
cellula staminale.
Blastocisti: uno stadio precoce dell’embrione di circa 100 cellule che non si è
ancora impiantato nell’utero. La blastocisti è una sfera costituita da uno strato
esterno di cellule, una cavità piena di liquido ed una formazione cellulare
all’interno, definita massa cellulare interna
Cellula figlia: una delle due o più cellule che derivano dalla divisione di una
singola cellula. Vedi anche: divisione asimmetrica.
Cellula iniziatrice del tumore: cellula che produce un nuovo tumore a seguito
di trapianto. E’ una proprietà chiave delle cellule staminali tumorali. Vedi
anche: cellula staminale tumorale.
Cellula progenitrice: termine generico per una cellula senza capacità di autorinnovamento che contribuisce alla formazione di un tessuto. In alcuni casi
genera le cellule staminali del tessuto stesso. Sinonimo: precursore.
Cellula progenitrice: termine generico per ogni cellula in divisione che ha la
capacità di dare origine ad un altro tipo cellulare. Il termine si può riferire
anche a probabili cellule staminali delle quali la capacità di auto-rinnovamento
non è stata ancora dimostrata. Sinonimi: progenitore, cellule progenitrici,
progenitori.
Cellula somatica: qualunque cellula di una pianta o di un animale diversa dalle
cellule germinali (cellule riproduttive). Vedi anche: cellule staminali
pluripotenti indotte (iPS).
Cellula staminale: una cellula che può produrre continuamente cellule figlie
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uguali a se stessa oppure cellule con proprietà differenti e più ristrette. Vedi
anche: auto rinnovamento, staminalità.
Cellula staminale embrionale: linee cellulari staminali pluripotenti derivate
dall’embrione prima della formazione dei tre foglietti germinativi. Vedi anche:
pluripotente.
Cellula staminale tissutale: cellula staminale derivata o residente in un tessuto
fetale o adulto con capacità di differenziamento limitata all’ambito delle cellule
che appartengono al suddetto tessuto. Queste cellule sostengono il
mantenimento e la riparazione durante il corso della vita in alcuni tessuti.
Sinonimo: cellula staminale adulta.
Cellula staminale tumorale: cellula dotata di capacità di auto-rinnovamento
responsabile del mantenimento del tumore e che dà origine ad una progenie
differenziata costituente la maggior parte del tessuto neoplastico. Le cellule
staminali tumorali identificate nelle leucemie ed in alcuni tumori solidi
rappresentano target terapeutici critici. Vedi anche: cellula tumorale di origine,
cellula iniziatrice del tumore.
Cellula tumorale di origine: cellula pre-cancerosa che dà origine ad una
cellula staminale cancerosa. Può essere una cellula staminale mutata o un
precursore che ha acquisito proprietà di auto-rinnovamento attraverso una
mutazione. Vedi anche: cellula staminale tumorale
Cellule germinali: cellule riproduttive in organismi multicellulari. Vedi anche:
zigote.
Cellule staminali emopoietiche: cellule staminali che danno origine a tutte le
cellule del sangue.
Cellule staminali pluripotenti indotte (iPS): un tipo di cellula staminale
pluripotente derivata da una cellula non pluripotente, tipicamente una cellula
somatica adulta, attraverso la manipolazione di alcuni geni. Leggi in nostro
documento sulle cellule iPS. Vedi anche: pluripotente, cellula somatica.
Sinonimi: cellule iPS, pluripotenza indotta.
Clonazione terapeutica: produzione di cellule staminali embrionali da cellule
adulte ottenute da un paziente. Ciò viene ottenuto tramite una tecnica chiamata
trasferimento del nucleo da cellula somatica.
Coltura cellulare: crescita delle cellule in supporti da laboratorio, per ricerca
sperimentale. Le cellule vengono fatte crescere in una soluzione o terreno di
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coltura che contiene nutrienti e fattori di crescita. Diversi fattori possono
essere aggiunti al terreno per indurre cambiamenti nel comportamento
cellulare. Vedi anche: linea cellulare.
Determinazione: coinvolgimento in un programma mirato al differenziamento.
Per una cellula staminale questo implica la perdita della capacità di
autorinnovarsi. Vedi anche: differenziamento.
Differenziamento: processo attraverso il quale le cellule diventano
differenziate per eseguire delle funzioni particolari. Vedi anche:
determinazione.
Discendenza (Lineage): termine utilizzato per descrivere cellule con un
progenitore comune, cioè originate dallo stesso tipo di cellula immatura.
Divisione asimmetrica: divisione cellulare che dà origine a due cellule figlie
con proprietà differenti. Osservata in alcune ma non in tutte le cellule
staminali, può verificarsi anche in altri tipi di progenitori. Vedi anche: cellula
figlia, filamento immortale.
Epatocita: la cellula funzionale del fegato. Gli epatociti producono enzimi per
la detossificazione dai cataboliti, sintetizzano le proteine del plasma,
producono la bile e contribuiscono al controllo dei valori ematici degli zuccheri
entro limiti ristretti.
Epitelio: un tipo di tessuto che riveste le superfici e le cavità del corpo. Esempi
di epitelio includono la cornea dell’occhio, gli strati della pelle e le pareti dei
polmoni. Il tessuto epiteliale può anche formare le ghiandole. In greco, “epi”
significa “sopra”, mentre “theli” significa “tessuto”.
Fattore di trascrizione: una proteina che si lega a specifiche sequenze del
DNA e quindi attiva o reprime la formazione di RNA messaggero (processo
conosciuto come trascrizione del DNA a RNA). L’RNA messaggero porta il
codice per la produzione di nuove proteine. Vedi anche: proteina.
Filamento immortale: ipotesi del mantenimento del filamento di DNA
parentale durante la divisione asimmetrica. Rappresenta un potenziale
meccanismo per la protezione delle cellule staminali dalle mutazioni associate
alla replicazione. Vedi anche: divisione asimmetrica.
Linea cellulare: una popolazione di cellule che esprimono gli stessi geni,
espanse in laboratorio per diversi cicli di crescita e divisioni cellulari. Vedi
anche: coltura cellulare.
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Macrofago: un tipo di cellula bianca del sangue ed un componente versatile
del sistema immunitario. Costantemente in ricognizione, i macrofagi sono in
grado di individuare ed uccidere diversi tipi di batteri. Rappresentano
solitamente la prima risposta ad ogni attacco all’organismo.
Medicina rigenerativa: ricostituzione di un tessuto malato o compromesso
attraverso l’attivazione di cellule residenti, oppure attraverso il trapianto di
cellule. Vedi anche: terapia cellulare sostitutiva.
Multipotente: capace di formare la moltitudine di cellule mature che
costitituiscono un intero tessuto o più tessuti. Esempio cellule staminali
emopoietiche (del sangue). Vedi anche: potenza.
Nicchia: Microambiente cellulare che fornisce il supporto e gli stimoli
necessari per sostenere l’auto-rinnovamento. Vedi anche: auto-rinnovamento.
Oligopotente: Capace di formare due o più cellule mature in un tessuto. Ad
esempio, le cellule staminali neurali che possono dare origine a diversi tipi di
neuroni nel cervello sono oligopotenti. Vedi anche: potenza.
Plasticità: nozione non ancora dimostrata secondo la quale le cellule staminali
di un tessuto possono dare origine ai tipi cellulari di un altro tessuto in alcune
condizioni.
Pluripotente: capace di formare tutte le discendenze cellulari dell’organismo,
incluse le cellule germinali ed alcune, se non tutte, le cellule degli annessi
extraembrionali. Esempio: cellule staminali embrionali. Vedi anche: cellula
staminale embrionale, cellule staminali pluripotenti indotte (iPS).
Potenza: insieme di opzioni per la specificazione disponibile per una cellula.
Vedi anche: analisi clonale, multipotente, oligopotente, totipotente, unipotente.
Proteina: vedi anche: fattore di trascrizione.
Ricostituzione a lungo termine: la capacità di cellule trapiantate di rinnovare
continuamente un tessuto. Rappresenta il test definitivo per le cellule staminali
emopoietiche, epiteliali e spermatogoniali.
Riprogrammazione: incremento nella potenza. Si verifica naturalmente negli
organismi con capacità rigenerative (dedifferenziamento). Si può indurre
sperimentalmente nelle cellule di mammifero attraverso il trasferimento
nucleare, la fusione cellulare, la manipolazione genetica o la coltura in vitro.
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Staminalità: nozione non dimostrata secondo la quale diverse cellule staminali
sono regolate da geni e meccanismi comuni. Vedi anche: cellula staminale.
Terapia cellulare sostitutiva: ricostituzione di un tessuto attraverso
l’integrazione funzionale di una progenie di cellule staminali trapiantate.
Diverso
da
effetto
trofico
“bystander”,
anti-infiammatorio
o
immunomodulatorio delle cellule trapiantate. Vedi anche: medicina
rigenerativa.
Totipotente: sufficiente per formare un intero organismo. Lo zigote è
totipotente; non dimostrato per le altre cellule staminali dei vertebrati. Vedi
anche: potenza, zigote.
Traslazione clinica: processo che prevede l’applicazione clinica della
conoscenza scientifica attraverso una ricerca attentamente controllata e diversi
passaggi di approvazione.
Trial clinico: studio in soggetti umani per rispondere a specifiche domande su
vaccini, nuove terapie o nuovi metodi per utilizzare trattamenti già conosciuti. I
trial clinici sono utilizzati per determinare se nuovi farmaci o trattamenti sono
efficaci e sicuri. I trial si svolgono in quattro fasi: nella Fase I il nuovo farmaco
viene testato su un piccolo gruppo; la Fase II espande lo studio ad un gruppo
più grande di persone; la Fase III estende lo studio ad un gruppo di persone
ancora più ampio. La Fase IV ha luogo dopo che il farmaco o trattamento è
stato brevettato e messo in commercio.
Unipotente: che dà origine ad una singola cellula matura. Ad esempio le
cellule staminali spermatogoniali sono unipotenti, dal momento che possono
dare origine solo agli spermatozoi. Vedi anche: potenza.
Zigote: una singola cellula che risulta dalla fusione dei gameti maschili e
femminili (spermatozoo ed oocita) durante la fecondazione. Vedi anche: cellule
germinali, pluripotente.
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Note
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