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Antonio Mura - Conseil de l`Europe
5 INTRODUZIONE ALLA RACCOMANDAZIONE Rec(2000)19 “SUL RUOLO DEL PUBBLICO MINISTERO NELL’ORDINAMENTO PENALE” Antonio Mura Roma, 4 luglio 2011 [email protected] Introduzione. La Raccomandazione adottata il 6 ottobre 2000 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, dedicata al «Ruolo del Pubblico Ministero nell’ordinamento penale», ha compiuto dieci anni. Difficilmente poteva immaginarsi un modo più concreto di quello scelto dal Consiglio Superiore della Magistratura italiano per rendere costruttivo il confronto su quepol testo: rivolgersi ai neo-magistrati, facendo sì che primi destinatari di questa iniziativa di studio – che registra la straordinaria presenza a Roma, nella sede del CSM, di rappresentanti delle istituzioni italiane ed europee – siano i giovanissimi colleghi della magistratura requirente e giudicante che hanno di recente intrapreso, con l’assunzione delle rispettive funzioni, il loro impegnativo percorso professionale. Alcuni spunti per la riflessione sono proposti in questo mio sintetico contributo personale (1) alla lettura critica – dopo un decennio dalla sua elaborazione – della Raccomandazione Rec(2000)19: una riflessione che al passato guarda per lo studio delle esperienze, ma si volge essenzialmente al futuro, in un’epoca nella quale, da un lato, la tensione ideale ad un’affermazione sempre più marcata dei diritti umani e delle libertà e, dall’altro, le tensioni istituzionali in materia di giustizia paiono attraversare tutto il nostro continente. 1 Il testo riproduce lo schema della relazione introduttiva alla Conferenza internazionale organizzata a Roma il 4 luglio 2011 dal Consiglio superiore della magistratura italiano, d’intesa col Consiglio d’Europa, per celebrare il decimo anniversario della Raccomandazione Rec(2000)19. L’autore, sostituto procuratore generale della Corte di cassazione italiana, è vicepresidente del Consiglio consultivo dei Procuratori europei, istituito dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. 1 Limiterò a pochi cenni, per definire la cornice della presente riflessione, i riferimenti all’istituzione dalla quale promana la Raccomandazione in esame. E’ noto che il Consiglio d’Europa, il cui Statuto fu adottato a Londra il 5 maggio 1949 (e fu ratificato quello stesso anno dall’Italia: legge 23 luglio 1949, n. 433), partendo da 10 Stati membri fondatori (tra cui l’Italia) è giunto oggi a raggruppare 47 Paesi: l’intera Europa in senso largo, fatta eccezione per Bielorussia e Vaticano. Il Consiglio d’Europa ha sede a Strasburgo e opera attraverso 2 organi: - il Comitato dei Ministri; - l’Assemblea parlamentare (2). Lingue ufficiali sono l’inglese e il francese. Mentre l’Assemblea parlamentare è l’organo deliberante (3) (4), il Comitato dei Ministri è l’organo competente ad agire in nome del Consiglio d’Europa. Ogni Membro del Consiglio d’Europa ha un rappresentante nel Comitato dei Ministri, con un voto (5). 2 E’ stata così rinominata, nel 1994, l’originaria “Assemblea consultiva”. 3 Si compone di Rappresentanti di ciascun Membro, eletti dal suo Parlamento o designati secondo una procedura da questo stabilita. Nessun Rappresentante può essere nello stesso tempo membro del Comitato dei Ministri. L’Italia ha diritto a 18 seggi nell’Assemblea (è il massimo di Rappresentanti: pari a quelli di Francia, Germania, Regno Unito, Russia). I Rappresentanti italiani sono eletti dalle due Camere, fra i propri componenti, a maggioranza assoluta, nella misura di nove per ciascuna. 4 In generale le risoluzioni dell’Assemblea sono prese a maggioranza dei due terzi dei voti espressi. 5 I rappresentanti nel Comitato sono i Ministri degli Affari Esteri. In luogo del Ministro degli Affari Esteri che non possa partecipare alle sedute, o qualora fosse opportuno per altre circostanze, può essere designato un supplente. Questi sarà possibilmente un membro del Governo del suo Paese. 2 Statuto del Consiglio d’Europa art. 15/b Le conclusioni del Comitato dei Ministri possono avere la forma di Raccomandazioni ai Governi. Il Comitato può invitare i Governi ad informarlo sull’applicazione da essi data alle Raccomandazioni. “SOFT-LAW” A seconda delle materie trattate, le decisioni che possono essere assunte dal Consiglio d’Europa richiedono differenti maggioranze. Le Raccomandazioni di cui all’art. 15/b (diverse da quelle dell’Assemblea parlamentare, che sono rivolte al Comitato dei Ministri con funzione propositiva) sono adottate ad unanimità dei voti espressi, sempre a condizione che sia presente la maggioranza dei rappresentanti aventi diritto di partecipare alle sedute del Comitato dei Ministri. Esse intervengono in quei settori nei quali c’è accordo entro il Comitato dei Ministri sull’adozione di una "common policy". Il Comitato dei Ministri può pure costituire comitati o commissioni consultive o tecniche. Le Raccomandazioni sono atti giuridici formali, che impegnano “programmaticamente” gli Stati (ma in forma attenuata rispetto alla precettività delle Convenzioni internazionali). Nonostante non siano, dunque, atti vincolanti, il Comitato dei Ministri può richiedere ai Governi informazioni sulle azioni intraprese in rapporto ad esse. In linea con la predetta natura dell’atto, così recita il Memorandum esplicativo della Rec(2000)19: «Non essendo la Raccomandazione giuridicamente vincolante, quando la formulazione sembra impositiva di obblighi verso gli Stati in realtà mira a suggerire (ma rimette ad ogni singolo Stato) l’attuazione del principio di cui si tratta». Siamo nel campo della cosiddetta “soft-law”: non fonte del diritto in senso proprio (ma pur sempre superiore al mero atto d’indirizzo: ad esempio, le Raccomandazioni sono spesso a base di valutazioni della Corte europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, circa l’esistenza di ambiti o principi giuridici comunemente riconosciuti dai Paesi membri del Consiglio d’Europa). Si tratta di disposizioni non sanzionate, nel caso di inadempimento dei Governi alle Raccomandazioni o di loro mancata risposta alle richieste di informazione 3 del Comitato dei Ministri, cui però si riconnette la possibilità per lo Stato inadempiente di perdere lo status di membro del Consiglio d’Europa. 4 Scopi del Consiglio d’Europa • maggiore unione fra i suoi membri • primato del diritto: • fondamento di qualsiasi vera democrazia • ruolo-chiave dell’ordinamento penale per la salvaguardia dello stato di diritto • contrasto alla criminalità a livello nazionale ed internazionale “Consideranda” della Raccomandazione Rec(2000)19: scopo del Consiglio d’Europa è di realizzare una maggiore unione fra i suoi membri; il Consiglio d’Europa ha anche lo scopo di promuovere il primato del diritto, fondamento di qualsiasi vera democrazia; l’ordinamento penale ha un ruolo-chiave per la salvaguardia dello stato di diritto; è necessità comune a tutti gli Stati membri quella di meglio combattere la criminalità a livello nazionale ed internazionale. 5 A tali fini, il CoE si propone di accrescere l’efficacia: • degli ordinamenti penali nazionali • della cooperazione penale internazionale nel rispetto dei principi definiti nella Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali A questo scopo – si legge in premessa, nella Raccomandazione – conviene accrescere l’efficacia sia degli ordinamenti penali nazionali sia della cooperazione penale internazionale, nel rispetto dei principi definiti nella Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il Pubblico Ministero ha un ruolo determinante: • nell’ordinamento penale • nella cooperazione penale internazionale opportunità di promuovere la definizione di principi comuni per i PM degli Stati membri 6 Rec(2000)19 adottata il 6 ottobre 2000 RACCOMANDAZIONE DEL COMITATO DEI MINISTRI AGLI STATI MEMBRI “SUL RUOLO DEL PUBBLICO MINISTERO NELL’ORDINAMENTO PENALE” Rec(2000)19 adottata dal Comitato dei Ministri il 6 ottobre 2000, nella 724^ riunione dei Delegati dei Ministri Raccomandazione DEL COMITATO DEI MINISTRI AGLI STATI MEMBRI “SUL RUOLO DEL PUBBLICO MINISTERO NELL’ORDINAMENTO PENALE” Definizione generale (punti 1-3): Per «Pubblico Ministero» s’intende l’autorità incaricata di vigilare, a nome della società e nell’interesse generale, sull’applicazione della legge quando quest’ultima è sanzionata penalmente, in considerazione da un lato dei diritti degli individui e d’altro lato della necessaria efficacia dell’ordinamento penale. 7 Recommendation REC(2000)19 ROLE OF PUBLIC PROSECUTION IN THE CRIMINAL JUSTICE SYSTEM Recommandation REC(2000)19 ROLE DU MINISTERE PUBLIC DANS LE SYSTEME DE JUSTICE PENALE Nello studio dei testi originari – inglese e francese – della Raccomandazione, così come delle loro traduzioni, non secondari sono i problemi linguistici dovuti anche alla non corrispondenza degli istituti giuridici, soprattutto ordinamentali e processuali, nelle diverse tradizioni europee. A mero titolo d’esempio, si noti la valenza più “soggettiva” della definizione del PM in inglese: ENG: «Public prosecutors» are public authorities who ... FRA: On entend par «ministère public» l'autorité chargée de ... ITA: Per «pubblico ministero» s’intende l’autorità incaricata di ... La traduzione italiana oggi disponibile nel sito del Consiglio d’Europa presenta qualche passo discutibile. Non si tratta, naturalmente, di testo ufficiale (tali essendo solo quelli inglese e francese). In prosieguo, mi discosterò in queste note da detta versione italiana, laddove una puntualizzazione della traduzione possa giovare a chiarire taluni concetti. Segnalo, comunque, l’opportunità di affrontare la materia direttamente in base ai due testi redatti nelle lingue ufficiali. 8 TESTI CONSIDERATI dal Comitato dei Ministri • • • • • • • • • • • • • Risoluzione(1977)27: Risarcimento delle vittime di reati Rec(1980)11: Detenzione preventiva Rec(1983)7: Partecipazione del pubblico alla politica penale Rec(1985)11: Posizione della vittima in diritto e procedura penale Rec(1987)18: Semplificazione della giustizia penale Rec(1987)21: Assistenza alle vittime e prevenzione della vittimizzazione Rec(1992)17: Coerenza nella determinazione delle pene Rec(1994)12: Indipendenza, efficacia e ruolo dei giudici Rec(1995)12: Gestione della giustizia penale Rec(1997)13: Intimidazione dei testimoni, diritti della difesa Rec(1996)8: Sulla politica penale in un’Europa in fase di trasformazione Risoluzione(1997)24: Venti principi direttivi per la lotta contro la corruzione Rec(191999)19: mediazione penale La Rec(2000)19 cita in premessa una serie di testi del Consiglio d’Europa dei quali ha tenuto conto. Prevalentemente si tratta di Raccomandazioni: da quelle dei primi anni ’80 sulla detenzione cautelare, sulla partecipazione del pubblico alla politica penale, sulla posizione della vittima del reato, a quelle degli anni ’90 sull’indipendenza dei giudici. Segnalo che, oltre a quelli indicati nelle premesse, alcuni altri testi sono citati nelle note della Raccomandazione e altri, specificamente, al punto 33. E’ importante notare che nessun testo europeo era stato dedicato specificamente al Pubblico Ministero prima della Raccomandazione del 2000. Di quest’ultima è, pertanto, evidente il significato, anche quale punto di partenza per l’elaborazione successiva in materia, assai nutrita. 9 I TESTI SUL PUBBLICO MINISTERO • Linee-guida ONU sul ruolo del PM (L’Avana, 1990) • Rec(2000)19 • Pareri del CPGE (2000-2008) – “The Budapest Guidelines”: Linee-guida europee sull’etica e la condotta del PM (2005) • Pareri del CCPE (2007-2011) – CCPE+CCJE: “The Bordeaux Declaration”: Giudici e PM in una società democratica (2009) • Rapporto della Venice Commission sugli standard europei circa l’indipendenza del giudiziario (2010) – Parte II: Il Pubblico Ministero Nel quadro dell’elaborazione specificamente inerente al PM, cui ho fatto cenno, meritano segnalazione i testi sopra menzionati, notando che: - - l’intero decennio conclusivo del XX secolo ha visto impegnati gli organismi facenti capo al Consiglio d’Europa (dei quali fornirò in prosieguo alcuni elementi d’inquadramento): dapprima le Conferenze dei Procuratori generali (CPGE), nell’ambito delle quali particolarmente significativa è l’approvazione delle “Linee-guida europee sull’etica e la condotta del PM” (Budapest, 2005); successivamente i pareri del Consiglio consultivo dei Procuratori d’Europa (CCPE), tra i quali quello approvato unitamente all’omologo Consiglio consultivo dei Giudici europei (CCJE) nel 2009: la c.d. Dichiarazione di Bordeaux, intitolata “Giudici e Pubblico Ministero in una società democratica”, che definisce i svariati aspetti del rapporto Giudice-PM e presenta peculiare significato in ragione proprio della sua elaborazione congiunta da parte dei due organismi; è intervenuta pure, nel 2003, la Raccomandazione n. 1604 dell’Assemblea Parlamentare, sul ruolo del PM in una società democratica regolata dal principio del primato del diritto; merita menzione anche l’art. 42 dello Statuto della Corte penale internazionale (Roma, 1998), soprattutto per quanto attiene alla espressa considerazione dell’indipendenza/imparzialità del Procuratore; 10 - per altro verso, entra nello scenario anche l’art. 86 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sull’istituzione di una Procura europea «a partire da Eurojust». 11 Il Comitato dei Ministri RACCOMANDA ai Governi di ispirarsi nelle legislazioni e nelle prassi relative al ruolo del PM nell’ordinamento penale, ai seguenti princìpi Tenendo conto dell’insieme di princìpi e di norme che emergono dai testi che il Consiglio d’Europa ha adottato nel settore penale, il Comitato dei Ministri “raccomanda” ai governi degli Stati membri di ispirarsi nelle loro legislazioni e nelle prassi relative al ruolo del Pubblico Ministero nell’ordinamento penale, ai princìpi enunciati nel documento. Con l’espresso richiamo alle prassi, il riferimento è alla dimensione concreta dell’azione. Ciò è tipico, com’è ben noto, del campo operativo del Consiglio d’Europa: basta menzionare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, per la inequivoca definizione della obbligazione “di risultato” che incombe sugli Stati membri, ben al di là del mero rispetto formale dei principi. 12 STRUTTURA TESTO DELLA RACCOMANDAZIONE: Mandati del PM (punti 1-3) Garanzie riconosciute al PM per l’esercizio delle sue attività (4-10) Rapporti fra il PM ed i poteri esecutivo e legislativo (11-16) Rapporti fra il PM ed i giudici (17-20) Relazioni fra il PM e la polizia (21-23) Doveri e responsabilità del PM nei confronti degli individui (24-36) Cooperazione internazionale (37-39) ESPOSIZIONE DEI MOTIVI Introduzione Considerazioni generali Commenti su ciascun punto della Raccomandazione La Raccomandazione Rec(2000)19 si articola, secondo la struttura sopra rappresentata, in 39 punti. Il modello di trattazione adottato mostra per qualche aspetto i segni “dell’età”: sono parimenti ampie tanto la prima parte, che enuncia principi ed indicazioni concrete, quanto la seconda parte, esplicativa (ma a volte un po’ ripetitiva); e qualche difetto di coordinamento affiora tra i testi inglese e francese (peraltro, verosimilmente, in ragione anche di difficoltà di raggiungimento di un pieno consenso tra visioni ordinamentali assai distanti). Oggi, modelli in certa misura più efficaci sono stati sperimentati: ne è un esempio la Dichiarazione di Bordeaux, che – con enunciati di principio sintetici ed una successiva, più dettagliata esplicazione – è giunta a compimento dopo un percorso che non è eccessivo definire arduo, per la varietà di prospettive degli autori (giudici e pubblici ministeri), derivante non soltanto dalla diversità delle tradizioni giuridiche, ma anche dalle differenti sensibilità che si registrano nei 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa riguardo alla posizione e ai rapporti tra i protagonisti della giurisdizione. 13 Il Pubblico Ministero a nome della società e nell’interesse generale vigila sull’applicazione della legge penale, tenendo in considerazione: • i diritti degli individui • l’efficacia dell’ordinamento penale Circa la definizione generale del Pubblico Ministero, che già ho richiamato, è interessante registrare che il Memorandum esplicativo della Raccomandazione insiste sul fatto che il PM deve essere guidato nell’esercizio del suo mandato dall’interesse generale. A questo riguardo, si prescrive che la sua azione sia rispettosa di «due imperativi di pari importanza»: i diritti individuali delle persone e l’efficacia dell’ordinamento penale nel suo insieme. La prospettiva è, evidentemente, protesa verso una funzione “di giustizia” assai più avanzata di ogni riduttiva concezione del Pubblico Ministero come “avvocato dell’accusa”. Oggi, per una definizione del PM in prospettiva europea condivisa, è ineludibile il riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo: dal caso Schiesser c. Svizzera del 1979, al recentissimo Moulin c. Francia del 23 novembre 2010 (su cui avrò modo di tornare in prosieguo). Qui rinvio alla “Biblioteca minima del Pubblico Ministero europeo”, che la Procura generale presso la Corte di cassazione italiana ha predisposto in occasione della Conferenza delle Rete dei Procuratori generali delle Corti supreme dei Paesi membri dell’Unione europea, tenutasi a Roma – sotto la presidenza italiana – nel maggio 2011. Oltre a tutti i testi europei (CoE e UE) che concernono il PM, essa contiene la giurisprudenza delle Corti europee (di Strasburgo e Lussemburgo) specificamente inerente alla materia. Secondo il nostro progetto, questa biblioteca elettronica è destinata ad essere costantemente aggiornata. 14 Attualmente è ospitata nel sito www.giustizia.it http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_1_4_1_3.wp all’indirizzo: Diverrà parte del sito della Procura generale presso la Corte di cassazione, in allestimento. 15 Le culture dell’Europa giudiziaria • matrici: Ministère Public / anglosassone • procedura: inquisitoria / accusatoria + differenze su: giuria, azione penale privata, costituzione di parte civile, rapporti PM-p.g. • azione penale: «legalità» / «opportunità» • PM-Esecutivo: indipendenza / subordinazione • PM-Giudiziario: corpo unico / corpi separati L’Europa giudiziaria è divisa fra due impostazioni culturali di base: - nel modello che informa la procedura penale: inquisitorio / accusatorio; - nelle modalità di avvio dei procedimenti: sistemi di “legalità” / di “opportunità”. Tale divisione storica tuttavia tende a ridursi (in tal senso orienta anche il diffuso rispetto della CEDU): molti indicatori convergono in questo senso e ne ha dato recentemente conferma la Venice Commission (6), dieci anni dopo la Raccomandazione Rec(2000)19, nel suo Rapporto del 2010 sugli standard europei circa l’indipendenza del giudiziario. Interessanti, peraltro, le sollecitazioni che da varie fonti spingono a «vedere le differenze non come una minaccia, ma come una ricchezza» (così , ad esempio, Thomas HAMMARBERG, Commissario CoE per i diritti dell’uomo, in occasione della Conferenza della Rete dei Procuratori generali delle Corti supreme UE, tenutasi a Roma nel maggio 2011). In sintesi: proficui gli avvicinamenti tra i sistemi, ma illusorio ritenere agevole una completa armonizzazione sul piano continentale. 6 Col nome di Commissione di Venezia, o Venice Commission, si indica la «European Commission for Democracy through Law», istituita nel maggio 1990 quale organismo consultivo del Consiglio d’Europa su temi costituzionali. Composta di giuristi esperti in diritto costituzionale e internazionale, membri di assemblee parlamentari nazionali e giudici appartenenti a corti supreme e costituzionali di diversi Paesi, la Commissione è dedita a promuovere il patrimonio giuridico tradizionale europeo ed è oggi generalmente riconosciuta quale think-tank internazionale indipendente nel settore del diritto. 16 Da evitare, in ogni caso, gli accostamenti superficiali. Tale, ad esempio, quello – a volte proposto – tra Italia e Francia: è vero che il modello italiano è di matrice francese per vari profili, ma si colloca agli antipodi di quello quanto all’indipendenza del PM dall’Esecutivo [si vedano le recentissime sentenze (2010) della Corte europea di Strasburgo Moulin c/ Francia e Medvedyev c/ Francia, che hanno escluso che il PM francese abbia condizioni d’indipendenza che lo legittimino ad agire – in sede di convalida dell’arresto – in alternativa ad un giudice, quale «pubblico ufficiale autorizzato ad espletare funzioni giudiziarie» ai sensi dell’art. 5, comma 3, CEDU]. Riguardo al PM, il panorama europeo presenta una varietà di soluzioni istituzionali, sostanzialmente rapportabili a due grandi matrici: - il modello francese del « Ministère Public », che affida il quasimonopolio dell’azione penale ad agenti pubblici in un ambito inquisitorio; - il modello anglosassone, in cui i procedimenti sono tradizionalmente intentati dietro sollecitazione o della vittima o della polizia, in un ambito accusatorio. Differenze significative tra i diversi Paesi, per profili che direttamente o indirettamente coinvolgono posizione e ruolo del PM, si registrano anche sui rapporti tra il Pubblico Ministero e la polizia giudiziaria, sull’ammissibilità dell’azione penale privata, sulla possibilità di costituzione della parte civile nel processo penale. E’ noto, peraltro, che i sistemi processuali si sono evoluti e si vanno evolvendo con molteplici momenti di commistione, sì da rendere ormai inesistente un modello “puro” (7). Oggi può dirsi che tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa riconoscono una pubblica autorità qualificata a procedere penalmente. Il quadro si presenta, peraltro, in continua evoluzione, che specificamente concerne lo statuto ed il ruolo dei PM in numerosi ordinamenti. Emblematiche, ad esempio, le dinamiche – circa il ruolo e l’ampliamento delle competenze – che hanno interessato il CPS («Crown Prosecution Service») per l’Inghilterra e il Galles, dalla sua creazione nel 1985 ai nostri giorni (8). La collocazione istituzionale riconosciuta al PM varia notevolmente da uno Stato all’altro (senza una corrispondenza necessaria tra determinati modelli processuali e la posizione istituzionale del PM): 7 Ad esempio, in ambito propriamente processuale, il tema della giuria popolare (che è tipica della tradizione anglosassone) offre – secondo la Venice Commission (2010) – un esempio tipico di compenetrazione reciproca dei 2 sistemi, se si guarda alle corti d’assise francesi e italiane. 8 V., per una sintesi: http://www.cps.gov.uk/about/history.html 17 - rispetto al potere all’indipendenza; esecutivo: si va dalla subordinazione - rispetto ai giudici: i due poli sono costituiti dagli ordinamenti che prevedono un corpo (giudiziario) unico e da quelli che conoscono corpi interamente distinti per le magistrature giudicante e requirente (9). Riguardo alle due grandi matrici ed alle linee culturali diversificate delle quali s’è detto, è importante una considerazione di fondo: la Raccomandazione del Consiglio d’Europa non propone né un’eventuale «terza via», né l’unificazione degli ordinamenti, né un modello sopranazionale cui gli Stati debbano ispirarsi nel definire la struttura istituzionale del Pubblico Ministero. Emerge, piuttosto, dal testo – «all’alba del terzo millennio» – la volontà di estrapolare i grandi principi direttivi e di raccomandare gli obiettivi concreti da perseguire «per giungere ad un equilibrio istituzionale da cui dipendono in gran parte la democrazia e il primato del diritto in Europa». Il percorso verso questa meta è oggi assai avanzato, ampia essendo la condivisione nei diversi ordinamenti nazionali dei princìpi enunciati nella Raccomandazione. 9 Se ne riscontrano riflessi addirittura sul piano lessicale: «Judiciary» – nella lingua e nella cultura inglesi – è vocabolo (e concetto) in linea di massima inerente alla giurisdizione in senso stretto, e dunque alla sola magistratura giudicante. 18 MANDATO COMUNE AI GIUDICI E AI MEMBRI DEL PM applicare e far applicare la legge ma: GIUDICI: in modo “reattivo” PM: in modo “pro-attivo” E’ importante, per la qualificazione del Pubblico Ministero quale organo promotore di giustizia, il fatto che la Raccomandazione indichi il suo principale mandato istituzionale come comune a quello dei giudici. Si tratta del potere-dovere di applicare e far applicare la legge, che viene poi specificato in rapporto alle peculiarità delle rispettive funzioni istituzionali: - per i giudici, la modalità tipica di espletamento di tale missione è definita “reattiva”, nel senso che la funzione ha modo di esplicarsi sempre (e soltanto) nei giudizi dei quali essi vengono investiti; - per il Pubblico Ministero la modalità è, invece, qualificata come “pro-attiva”, perché ha riguardo precipuamente al mandato di “vigilare” sull’applicazione della legge e adottare le iniziative conseguenti: il PM osserva–agisce–investe la giurisdizione. 19 Mandati del PM in tutti gli ordinamenti penali: • decide se promuovere (o continuare) l’azione penale »il “nocciolo duro” della funzione • esercita l’azione dinanzi ai tribunali • può impugnare le decisioni giurisdizionali In tutti gli ordinamenti penali il Pubblico Ministero ha il compito di: - decidere se è il caso di promuovere o di continuare l’azione penale; - esercitare l’azione penale dinanzi ai tribunali; - proporre, se lo ritiene, impugnazione contro tutte o alcune decisioni giurisdizionali. Queste competenze costituiscono – secondo il Memorandum esplicativo – il «nocciolo duro» della funzione. In alcuni ordinamenti penali, inoltre, il PM: - attua la politica penale nazionale, adattandola se del caso alle realtà regionali o locali; - conduce, dirige o sovrintende all’indagine; - ha un ruolo attivo nella ricerca delle illegalità (mentre in altri ordinamenti agisce solo su stimolo dell’autorità di polizia incaricata dell’inchiesta); - si accerta che le vittime ricevano un aiuto ed un’assistenza effettivi; - decide riguardo a misure alternative all’azione penale; - sovrintende all’esecuzione delle decisioni giudiziarie; - ecc. 20 Per la corretta comprensione del riferimento al potere di decidere se è il caso di promuovere o di continuare l’azione penale, occorre porsi nella prospettiva di un testo avente caratteri davvero generali. Vanno, dunque, evitate interpretazioni terminologiche condizionate dall’ottica di un singolo sistema nazionale, tenendo presente la complessità che discende dalle marcate differenze a seconda che in esso si applichi il principio di legalità o quello di opportunità (10). Quanto alla facoltà d’impugnare le decisioni giurisdizionali, secondo il Memorandum esplicativo annesso alla Raccomandazione si tratta di uno dei mezzi offerti al PM per vigilare sull’applicazione della legge, concorrendo contestualmente a ricercare l’efficacia dell’ordinamento (in modo particolare la coerenza della giurisprudenza) e, dunque, la repressione del crimine. 10 Solo in tale prospettiva la definizione accolta nella Raccomandazione circa il potere inerente alla promozione e alla prosecuzione dell’azione penale è pertinente rispetto all’Italia in quanto, altrimenti, occorrerebbe una serie di specificazioni incompatibili con le caratteristiche di una Raccomandazione europea (come la precisazione che in Italia la decisione del PM di non avviare l’azione penale è soggetta a verifica giudiziale e lo spazio decisionale del PM sul se proseguire l’azione in realtà non è pieno, non potendo egli discrezionalmente abbandonarla, data la prescrizione di un momento giurisdizionale ineludibile). 21 Garanzie riconosciute al PM per l’esercizio delle sue attività: • di status • di organizzazione • di mezzi appropriati (“in particolare il budget”) » da determinare (al pari delle altre condizioni) “in stretta concertazione con i rappresentanti del PM” Agli Stati membri del Consiglio d’Europa è raccomandata l’adozione di specifiche garanzie per l’adeguato espletamento delle funzioni del Pubblico Ministero. Deve essere emanato «ogni provvedimento utile» a consentire ai membri di quell’ufficio di adempiere ai loro doveri ed alle loro responsabilità professionali in condizioni di statuto, di organizzazione e con i mezzi appropriati: in particolare le dotazioni economiche. Anche alle modalità di determinazione delle predette condizioni operative si presta espressamente attenzione, raccomandando che esse siano determinate in stretta concertazione con i rappresentanti del Pubblico Ministero. E’ immediata la percezione del rilievo di queste prescrizioni nella prospettiva dell’efficace espletamento delle funzioni. Ma non può sfuggire come la materia si riconnetta altresì al canone dell’indipendenza. Ciò può essere utilmente rimarcato soprattutto in relazione all’elaborazione italiana. Certamente all’avanguardia per molteplici aspetti della garanzia d’indipendenza assicurata al Pubblico Ministero, la nostra riflessione è in generale meno sensibile al tema “economico”, che pure può essere condizionante – e talora decisivo – per l’operatività effettiva delle garanzie. Nel promuovere, quindi, modalità procedimentali che prevedano che i rappresentanti del PM possano interloquire nella determinazione delle concrete dotazioni (di uomini, mezzi, finanze) funzionali alle loro attività, il testo europeo offre uno spunto che presenta spazi consistenti di sviluppo nel sistema italiano. 22 Procedure eque ed imparziali + criteri noti ed obiettivi per: • reclutamento • carriera • trasferimenti dei membri del PM Il reclutamento dei membri del Pubblico Ministero, la loro carriera ed i trasferimenti devono avvenire mediante procedure eque ed imparziali, in base a criteri obiettivi, resi noti preventivamente (11). Il Memorandum esplicativo fa riferimento anche alla possibile istituzione di Consigli superiori della magistratura o del Pubblico Ministero. Riguardo alla materia dei trasferimenti di sede – tema delicato, per i potenziali condizionamenti che vi si possono riconnettere – l’auspicio è che si tengano in considerazione le esigenze di servizio ma si valorizzino, ad un tempo, anche la competenza e l’esperienza professionale. Seppure non si giunga a prescrivere una garanzia d’inamovibilità analoga a quella tipicamente riferibile ai giudici (qual è presente nell’ordinamento italiano), anche per i membri del PM le indicazioni predette convergono nel senso che la mobilità «non deve dipendere da atti arbitrari del governo». In materia disciplinare si prevede che la procedura normativamente definita garantisca decisioni giuste ed obiettive, suscettibili di esser sottoposte ad un controllo indipendente ed imparziale. 11 Nel richiamato parere del 2010 la Venice Commission distingue la nomina del vertice del PM da quella degli altri procuratori: il vertice è escluso dalla (raccomandata) designazione a vita. Si segnala, peraltro, l’opportunità che il suo mandato, seppur a termine (ma predeterminato), non coincida con la durata della legislatura. Si tratta, in tutta evidenza, di un presidio dell’indipendenza dell’organo. 23 Di tutte le decisioni sullo status dei membri del PM dev’essere garantita l’impugnabilità (anche in sede giudiziaria). «Ragionevoli» e conformi «all’importanza dei mandati esercitati» devono risultare le garanzie legislative su statuto, retribuzione e trattamento pensionistico dei membri dell’ufficio del PM. La protezione rispetto a minacce connesse alle funzioni dev’essere garantita a livello sia personale sia familiare. Deve essere effettiva la garanzia del diritto alla libertà di espressione, di opinione, di associazione e di riunione. Possibili limitazioni possono essere previste soltanto dalla legge, quando ciò sia necessario per garantire il ruolo statutario del Pubblico Ministero. Il Memorandum esplicativo precisa, a questo riguardo, che questa raccomandazione s’ispira in modo particolare all’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e deve essere interpretata alla luce dei doveri del Pubblico Ministero, in particolare quello di riservatezza. Si tratta, com’è noto, della disposizione della CEDU dedicata alla libertà di espressione: diritto fondamentale di ogni persona, rispetto al quale la Convenzione precisa però che, trattandosi di libertà che importa doveri e responsabilità, la legge – quando necessario in una società democratica – può subordinarlo a formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni, a determinati scopi. Rientrano tra questi, oltre a varie esigenze di sicurezza, i fini di impedire la diffusione di informazioni riservate e di garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario. 24 Formazione professionale: • iniziale • continua E’ DIRITTO-DOVERE La Raccomandazione Rec(2000)19 qualifica la formazione professionale come diritto e, allo stesso tempo, come dovere di ogni membro del Pubblico Ministero, tanto al principio della carriera quanto in tutto il corso del suo sviluppo. Tra le materie d’interesse, comprensive di proiezioni pratiche ma anche di riflessioni di principio: deontologia; diritti dell’uomo e libertà, quali enunciati dalla CEDU (in particolare artt. 5 e 6), alla luce della giurisprudenza della Corte di Strasburgo; diritti degli indiziati, delle vittime, dei testimoni; teoria e prassi dell’organizzazione e della gestione delle risorse; fattori influenti sulla coerenza delle attività; formazione specialistica, sulle caratteristiche della criminalità (soprattutto quella organizzata), sui metodi di contrasto (ad esempio mediante la creazione di équipe di specialisti, ovvero di squadre “pluridisciplinari”, quali è possibile creare con l’inserimento di esperti contabili, doganieri, specialisti bancari, ai fini della lotta contro la delinquenza finanziaria ed il riciclaggio), sulla cooperazione internazionale in materia penale. La Dichiarazione di Bordeaux (2009), dianzi citata, è in sintonia con la Raccomandazione, sul tema della formazione, ma per certi aspetti la supera. Essa muove da una considerazione di fondo: il più alto livello di capacità professionale è “pre-requisito” per la fiducia dei cittadini nei giudici e nei membri del Pubblico Ministero (12). E’, dunque, l’elemento sul quale principalmente si fondano la loro legittimazione ed il loro ruolo. La Dichiarazione di Bordeaux compie, poi, un significativo passo in avanti sul tema della formazione definendo come essenziale, per il migliore svolgimento 12 Particolare rilievo ha questa notazione rispetto all’ordinamento italiano, nel quale manca una investitura “politica” dei magistrati: sicché, appunto, sono le loro qualità professionali a legittimarli, unitamente al necessario grado elevato di integrità morale. 25 dell’attività giudiziaria, che tutti i professionisti che sono in vario modo protagonisti del procedimento condividano non soltanto i principi giuridici ma anche valori deontologici comuni. «Ogni qualvolta ciò sia appropriato, la formazione comune per giudici, membri del Pubblico Ministero e avvocati, su temi di interesse comune, può contribuire al raggiungimento di una giustizia di qualità elevata» (13). 13 E’ prospettiva, questa, da rimarcare particolarmente in Italia, ove i meccanismi di selezione dei magistrati fanno sì che solo occasionalmente essi dispongano di una pregressa esperienza forense: sicché particolarmente auspicabile – nell’interesse dell’amministrazione della giustizia – è a mio avviso l’incremento di ogni possibile spazio di formazione comune alla magistratura ed all’avvocatura, per lo sviluppo della più ampia comunanza delle basi culturali sui quali sono costruite le diverse figure professionali. 26 Organizzazione degli uffici Assegnazione dei fascicoli Impostazione gerarchica, con precise garanzie: • condizioni d’imparzialità e di indipendenza • qualificazione e specializzazione • non inefficienza burocratica • criteri generali per evitare arbitrii Scopi: • correttezza, coerenza, efficacia dell’azione Sul versante organizzativo interno agli uffici di Procura, il modello prevalente sul piano europeo è certamente quello gerarchico, preferito in molti Paesi per ragioni connesse essenzialmente ad obiettivi di efficienza e di coerenza nell’azione. Precise sono, però, le garanzie delle quali la Raccomandazione n. 19 del 2000 circonda l’impostazione gerarchica, così da assicurare condizioni d’imparzialità nell’esercizio dell’azione penale e, in funzione di esse, condizioni d’indipendenza dell’organo che ne è titolare, col fine esclusivo del miglior funzionamento del sistema penale. Anche la valorizzazione della qualificazione professionale e della specializzazione nelle diverse materie è funzionale ai medesimi scopi. In quest’ottica, le indicazioni in tema di organizzazione del PM mirano, espressamente, a fini di correttezza, efficacia dell’azione e coerenza: esigenza, quest’ultima, che il Memorandum esplicativo indica come tanto più sentita quanto più il Pubblico Ministero è indipendente o dispone di una forte autonomia (14). Occorre evitare che l’organizzazione gerarchica porti all’instaurazione di strutture burocratiche inefficienti o paralizzanti. Una gerarchia, dunque, “intelligente”: che bandisca ogni effetto “perverso” di tipo burocratico, ciascun membro dell’ufficio del PM dovendosi sentire responsabile delle proprie 14 Difficilmente possono rinvenirsi nel panorama continentale condizioni di effettiva indipendenza d’azione maggiori di quelle proprie del PM nell’ordinamento italiano. Da ciò la particolare importanza della correlazione “indipendenza-coerenza”, teorizzata nella Raccomandazione. Acquisisce significato in questa prospettiva la recente disciplina legislativa italiana in tema di verifica dell’«uniforme esercizio dell’azione penale» (art. 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006). 27 decisioni ed in grado di prendere le iniziative richieste dall’esercizio del suo mandato. Per altro verso, è essenziale che siano definite linee direttrici generali relative all’attuazione della politica penale, con principi e criteri che costituiscano riferimento chiaro per le decisioni nei singoli casi, al fine di evitare qualsiasi arbitrio nel processo decisionale. Stante la molteplicità dei modelli ordinamentali, per l’indicazione di principi, criteri e linee direttrici si va dalla possibile competenza del Parlamento o del Governo alla ipotesi della definizione ad opera degli stessi rappresentanti del Pubblico Ministero, laddove il diritto nazionale ne sancisce l’indipendenza. In ogni caso, si raccomanda – sempre in ossequio alla prospettiva pragmatica, attenta all’efficacia ed all’efficienza – che i criteri siano determinati in modo che possano effettivamente produrre gli effetti attesi, senza presentare rigidità «ed in modo da non poter essere utilizzati da delinquenti per agire impunemente ai margini del sistema». Essenziale, infine, è l’informazione pubblica tanto circa il profilo organizzativo, quanto riguardo ai richiamati principi, linee direttrici e criteri generali. Gli spunti offerti dalla Raccomandazione del 2000 trovano consistente e significativo sviluppo nella (più recente) Dichiarazione di Bordeaux, il cui Memorandum esplicativo definisce l’indipendenza del Pubblico Ministero come «corollario indispensabile dell’indipendenza del giudiziario». Il testo precisa, a questo riguardo, che il ruolo del PM nell’affermare e tutelare i diritti della persona – tanto quella sospettata o accusata di un reato, quanto quella che di esso sia stata vittima – può essere svolto meglio quando il processo decisionale proprio del Pubblico Ministero sia indipendente dai poteri esecutivo e legislativo e quando, nello stesso tempo, sia correttamente osservata la distinzione delle funzioni dei giudici. In una democrazia fondata sullo stato di diritto, le basi delle linee d’azione nel perseguire i reati devono essere offerte dalla legge. La maggiore valorizzazione del concetto d’indipendenza del Pubblico Ministero è accompagnata dalla considerazione che essa – al pari dell’indipendenza dei giudici – non è conferita nell’interesse di chi ne è titolare, bensì quale forma di “garanzia”, nell’interesse di un’amministrazione della giustizia che sia equa, imparziale ed efficace, per la protezione degli interessi – pubblici e privati – di tutte le persone coinvolte nel procedimento penale. 28 Se impartite “istruzioni”: • scritte • procedura per eventuale sostituzione del PM assegnatario [così Rec(2000)19] Alla dimensione gerarchica cui s’è dianzi fatto cenno si connette direttamente – quale aspetto particolarmente qualificante e di evidente delicatezza – l’eventualità che nell’ambito della struttura del Pubblico Ministero vengano impartite “istruzioni”. Ad ogni membro del Pubblico Ministero compete, secondo la Raccomandazione del 2000, il diritto di chiedere che esse gli siano date per iscritto («affinché la gerarchia si assuma senza ambiguità le sue responsabilità», precisa il Memorandum). E, se esse dovessero sembrargli illegali o contrarie alla sua coscienza, l’ulteriore diritto di dar corso ad una procedura interna, anche ai fini di un’eventuale sostituzione come assegnatario del caso. L’ottica è quella di evitare quelli che vengono definiti “due eccessi”: da un lato, quello di riconoscere genericamente ad ogni membro dell’ufficio del Pubblico Ministero un «diritto di disobbedienza» che potrebbe essere foriero di eccessi, non rimediabili con meccanismi di ricorso (i quali, inoltre, darebbero luogo ad una «giudiziarizzazione» dei rapporti gerarchici, suscettibile d’intralciare la corretta operatività dell’ordinamento); d’altro lato, esplicitamente si definisce non umanamente accettabile, né scevro di pericoli per le libertà, il fatto di costringere qualsiasi membro del PM ad eseguire un’istruzione che gli sembra contraria alla legge o alla sua coscienza. Le garanzie qui raccomandate sono viste come corrispondenti all’interesse sia dei membri del PM, sia della società in generale. Se ne prevede l’applicazione “solo a titolo eccezionale”, precisando che non devono essere utilizzate per fini “abusivi”: ad esempio per intralciare il buon funzionamento del sistema. In nessun caso, comunque, l’esercizio di tali diritti e garanzie da parte di un membro del PM deve comportare conseguenze negative per la sua carriera. La prospettiva auspicata è che l’organizzazione gerarchica lasci ampio spazio alla concertazione ed allo spirito collettivo. 29 Sulle istruzioni: garanzie insufficienti in Rec(2000)19 secondo la Venice Commission occorrono pure: • motivazione (quando si contrasta il punto di vista di un procuratore di rango “inferiore”) • pronunzia di un organo indipendente (tribunale / CSM …) sull’eventuale illegalità dell’istruzione Un vero e proprio superamento della prospettiva or ora esaminata si rinviene nel richiamato Rapporto della Venice Commission sugli standard europei circa l’indipendenza del giudiziario (2010). In esso si definisce inadeguata, sul punto, la Raccomandazione n. 19 del 2000, reputandosi in particolare insufficiente che ad un’ipotetica istruzione illegale del “superiore” gerarchico consegua solo la possibilità per l’inferiore di essere sostituito. Si esprime, pertanto, l’esigenza che sia sempre enunciata una motivazione, quando ad un livello gerarchicamente sovraordinato viene contrastato il punto di vista di un procuratore di rango “inferiore”, e che per quest’ultimo sia possibile ottenere la pronunzia di un organo indipendente (tribunale, CSM, Consiglio dei Procuratori o altro) sull’eventuale illegalità dell’istruzione. Emerge all’evidenza che si tratta di un passo in avanti significativo nel percorso in atto, di rafforzamento dell’autonomia e delle garanzie d’imparzialità. Questa notazione, e varie altre proposte in questa presentazione, offrono uno spunto per cogliere l’esigenza – a dieci anni dalla redazione – di una riflessione approfondita sull’attualità della Raccomandazione n. 19 del 2000, a fini soprattutto di aggiornamento e di integrazione. Una tale riflessione potrebbe propiziare la definizione di un modello di Pubblico Ministero (non unitario, a livello ordinamentale, ma) rispettoso di principi condivisi di indipendenza, imparzialità, responsabilità. Ciò varrebbe anche a colmare in parte il divario esistente rispetto alla cospicua elaborazione internazionale sull’indipendenza dei giudici (basta menzionare, di 30 recente, la c.d. «Magna Carta», adottata dal Consiglio consultivo dei giudici europei nel decimo anniversario della sua fondazione). si tratterebbe di un obiettivo da perseguire nell’interesse generale della giustizia, pur sempre ribadendo la differenza fra le funzioni del giudice e del PM: parte, quest’ultima, del processo penale, rispettosa del contraddittorio e del principio di “parità delle armi” rispetto alla difesa. 31 Relazioni PM / Esecutivo e Legislativo Modelli: • PM indipendente • subordinazione ad uno degli altri poteri » ma sempre margini di autonomia • soluzioni intermedie Garanzie comuni nell’adempimento del mandato: • non interferenze ingiustificate » valenza reciproca » non impedimenti a procedere contro pubblici ufficiali • limiti ragionevoli alla responsabilità Doveri correlati: • resoconto pubblico sull’insieme delle attività svolte Il Memorandum esplicativo della Raccomandazione n. 19 del 2000 definisce le relazioni fra il Pubblico Ministero ed i poteri esecutivo e legislativo come «questione-chiave», sulla quale l’Europa giudiziaria è divisa fra due tipi di ordinamenti giuridici: quelli che preservano la totale indipendenza del Pubblico Ministero nei confronti dei poteri legislativo ed esecutivo, e quelli in cui il PM rimane subordinato all’uno o all’altro di questi poteri, pur beneficiando di un margine di autonomia più o meno ampio. Considerando «alquanto prematura» l’idea di un’armonizzazione europea sulla base di un unico concetto di PM, la Raccomandazione si sforza di analizzare i due tipi di ordinamento in vigore, «per definire le condizioni idonee a creare un equilibrio, al fine di evitare eccessi in ogni direzione». Garanzie essenziali per il PM nell’adempimento del mandato sono ritenute quelle nei confronti di interferenze ingiustificate e la previsione di limiti ragionevoli alla responsabilità. Riguardo al pericolo di ingerenze indebite, il Memorandum esplicativo offre un’interessante puntualizzazione, laddove chiarisce che il riferimento ai rapporti del PM con altri poteri chiama in causa anzitutto quelli esecutivo e legislativo, ma anche il potere economico e quello politico locale. Precisa altresì che l’ingerenza sull’attività del PM può assumere forme insidiose e derivare, ad esempio, da risorse insufficienti per il Pubblico Ministero. Gli Stati devono pure fare in modo che i membri dell’ufficio del PM possano adempiere al loro mandato senza rischiare di incorrere – al di là, appunto, di quanto ragionevole – in responsabilità civili, penali o di altra natura (15). 15 Si noti come l’espressione echeggi, quasi testualmente, le linee-guida ONU del 1990. 32 Sul piano della responsabilità, l’equiparazione del PM agli altri cittadini è indicata soltanto in una prospettiva: «... resta fermo che spetta all’agente rispondere, come qualsiasi altro cittadino, dei reati commessi». E’ ritenuto, peraltro, «evidente» che la responsabilità «è maggiore nella misura in cui il membro dell’ufficio del PM gode di una totale indipendenza», e queste condizioni «vanno di pari passo con una esigenza di trasparenza»: su un piano generale, «ogni PM, in quanto agisce a nome della società, deve rendere conto delle sue attività a livello locale, regionale ovvero centrale, se è organizzato a quest’ultimo livello», con un «resoconto periodico ... diretto al pubblico», che permette una migliore percezione dell’azione del Pubblico Ministero e può includere un rapporto, statistiche che spiegano l’attività svolta, i fondi pubblici spesi, gli obiettivi conseguiti e, se del caso, il modo con cui la politica penale è stata messa in opera rispetto ai margini di discrezionalità di cui l’ufficio dispone. S’introduce, così, un importante dovere del PM correlato alle condizioni sopra delineate: quello del periodico resoconto pubblico sull’insieme delle attività svolte, con particolare riguardo alle modalità di attuazione delle priorità che gli competono (16). E’ opportuno notare che si parla di resoconto «sull’insieme» delle attività. La Venice Commission ancor più esplicitamente ha, da parte sua, escluso che la responsabilità (segnatamente quella di fronte al Parlamento, dove ammessa per il capo del Pubblico Ministero) possa riferirsi ad «affari individuali». Sancendo che il Pubblico Ministero non deve interferire nelle competenze del potere legislativo e del potere esecutivo, la Raccomandazione del 2000 ribadisce per un altro aspetto – rispetto al punto precedente – il principio di separazione dei poteri (17). 16 In quest’ottica si registra forse, nell’esperienza italiana, un qualche ritardo. Soltanto un numero ristretto di Procure della Repubblica ha sinora manifestato una sensibilità sul tema, provvedendo ad aprire alla conoscenza pubblica determinati dati salienti circa la propria azione. Positivo, quindi, il ruolo che in proposito ha assunto la Procura generale presso la Corte di cassazione, che ha interpretato i poteri attribuitile dall’art. 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006 anche quale occasione di raccolta di elementi e di veicolazione delle best practices sperimentate dalla magistratura requirente dei diversi distretti. Viene da chiedersi se non sia stata frutto di eccessiva superficialità la soppressione delle relazioni annuali che i Procuratori generali italiani svolgevano in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario: attività che, se non interpretata quale occasione di mera forma o semplice adempimento burocratico, avrebbe potuto divenire uno strumento importante di trasparenza, trattandosi dell’unica sede in cui il rappresentante della magistratura requirente aveva occasione di parlare ufficialmente in ambito non processuale. 17 Occorre prestare attenzione, a questo riguardo, ad una sfumatura testuale: laddove nella versione italiana che si rinviene nel sito web del Consiglio d’Europa si legge «Anche se il Pubblico ministero può raccomandare modifiche legislative o rilasciare pareri interpretativi, egli non può, di sua propria autorità, interpretare la legge», deve intendersi non già una 33 In caso di subordinazione del PM all’Esecutivo, le necessarie garanzie sono così definite: - precisazione per legge dei poteri del governo; - esercizio dei poteri del governo: trasparente; in conformità ai trattati internazionali; nel rispetto della legge e dei principi generali del diritto; - istruzioni emanate dal governo: se di carattere generale: scritte; pubblicate; quando impartite su singoli casi, siano accompagnate da: garanzie di trasparenza; garanzie di equità, in conformità alle prescrizioni di legge, con specifica previsione di un parere scritto preliminare del PM competente o dell’organo rappresentativo, motivazione scritta delle istruzioni (in particolare quando divergono dal parere sopra menzionato) e inserimento delle istruzioni stesse e dei pareri nel fascicolo della procedura, con possibilità di contraddittorio su detti atti; libertà di argomentare oralmente in giudizio, anche in caso di presentazione di azione proposta per iscritto in conformità alle istruzioni ricevute (18). E’ enunciato il divieto – in linea di massima – di istruzioni negative, ossia che impongano di non procedere, in riferimento a singoli casi. In ipotesi eccezionali, ove siffatte istruzioni siano tuttavia emanate, la loro adozione deve essere comunque sempre assistita dalle garanzie sopra delineate, particolarmente rafforzate per quanto attiene alla trasparenza. Il Memorandum esplicativo chiarisce che occorre in ogni caso garantire che le istruzioni, in particolare ove si tratti di non procedere per una determinata preclusione dell’attività interpretativa, ma soltanto che non compete al PM ma al giudice dare l’interpretazione finale di ogni norma. Così, a sua volta, il testo francese: « il ne peut pas, de sa propre autorité, faire oeuvre d’interprétation de la loi », a fronte del (più puntuale) testo inglese: «it does not have the authority to impose a legal interpretation». 18 L’enunciato s’ispira in modo evidente al noto principio vigente nel sistema gerarchico del «ministère public» francese, secondo il quale «la plume est serve mais la parole est libre». 34 categoria di fatti, rispettino rigorosamente l’equità e l’uguaglianza «e che, col pretesto delle istruzioni generali, non s’intenda invece fornire copertura ad un determinato caso». Le istruzioni di natura individuale sono poi ritenute fonte di maggiori difficoltà, per il rischio che il potere esecutivo privilegi soluzioni di parte: perciò si raccomanda che siano vietate le istruzioni che ingiungono l’archiviazione del caso. Da evitare ogni impedimento a procedere penalmente contro pubblici ufficiali: divieto che è particolarmente marcato in rapporto ai reati di corruzione, abuso di potere, violazioni dei diritti dell’uomo e altri delitti riconosciuti a livello internazionale. Ove il PM è indipendente dall’Esecutivo, la natura e la portata dell’indipendenza devono essere specificate dalla legge, al fine di evitare sia prassi clandestine tali da pregiudicare l’indipendenza, sia ogni rischio di deviazione di parte dello stesso Pubblico Ministero. E’ generale il dovere del PM di cooperare con le altre istituzioni (che ordinariamente dipendono in gran parte dal potere esecutivo), a fini di giustizia e di efficacia della politica penale. A sua volta, l’organizzazione interna del Pubblico Ministero deve essere idonea ad assicurare la coerenza globale dell’azione dei vari membri dell’ufficio (19), in particolare per quanto riguarda la politica penale effettivamente messa in opera degli stessi, nel quadro della discrezionalità loro riconosciuta (la quale non è limitata all’eventuale applicazione del principio di opportunità nell’esercizio dell’azione penale). 19 Può ancora richiamarsi, in questa prospettiva, l’introduzione nell’ordinamento italiano della sorveglianza, da parte del Procuratore generale, sull’«uniforme esercizio dell’azione penale», ai sensi del già citato art. 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006. 35 Relazioni PM / giudici • garanzie di non interferenza • divieto di contestuale esercizio di funzioni requirenti e giudicanti • passaggio da una funzione all’altra: » se consentito dall’ordinamento » garanzia di attuazione concreta La legge nazionale che disciplina status, competenza e ruolo procedurale dei PM deve garantire che essi non esercitino interferenze sull’indipendenza e sull’imparzialità dei giudici. E’ correlata a questo fine la previsione di una chiara distinzione tra le funzioni requirenti e giudicanti, con divieto di contestuale esercizio. Il Memorandum esplicativo ha poi cura di escludere che quest’ultima prescrizione contrasti con un altro punto del testo nel quale si ammette la possibilità del passaggio fra le due funzioni al fine di consentire ad un membro del Pubblico Ministero, nel corso della sua carriera, di divenire giudice o viceversa (nel testo francese: «... favoriser la création de passerelles entre les deux fonctions ...»). La Raccomandazione prevede, infatti, che «se l’ordinamento giuridico lo consente, gli Stati devono adottare provvedimenti concreti al fine di consentire ad una stessa persona di svolgere successivamente le funzioni di pubblico ministero e quelle di giudice, o viceversa. Tali cambiamenti di funzioni possono intervenire solo su richiesta espressa della persona interessata e nel rispetto delle garanzie». E spiega: «La possibilità di “passerelle” fra le funzioni di giudice e quelle di pubblico ministero si basa sulla constatazione della complementarità dei mandati degli uni e degli altri, ma anche sulla similitudine delle garanzie che devono essere offerte in termini di qualificazione, di competenza e di status. Anche ciò costituisce un’ulteriore garanzia per i membri del pubblico ministero». La prescrizione del dovere dei membri dell’ufficio del Pubblico Ministero di rispettare l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici è pure specificata nel senso 36 che il PM non esprime dubbi sulle decisioni giudiziarie salvo quando esercita il diritto d’impugnazione. Nella sua azione processuale, il PM ispira la sua azione ad obiettività e correttezza [fairness]. In particolare, si accerta che il giudice disponga di tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per una corretta amministrazione della giustizia. Evidenti le implicazioni in ambito processuale, nella discovery e rispetto alla fairness in generale. Il Memorandum esplicativo non si limita a sancire che la «prossimità» dei magistrati del PM e dei giudici non deve pregiudicare l’imparzialità di questi ultimi. Considera, anzi, «ovvio» che esiste pure una reciprocità ed i giudici «devono rispettare i rappresentanti della società, che sono i membri del Pubblico Ministero, e non immischiarsi nell’esercizio delle loro funzioni». 37 Rapporti PM / polizia giudiziaria Sistemi differenti: • autorità del PM su polizia / indagini • indipendenza della polizia In ogni caso, doppio mandato per il PM rispetto all’azione della p.g.: – verifica della legalità delle indagini – controllo del rispetto dei diritti umani Riguardo ai rapporti Pubblico Ministero-polizia giudiziaria sussistono tra i vari ordinamenti diversità radicali, definite nel Memorandum esplicativo «un altro scoglio che si frappone alla volontà di armonizzazione europea». In linea generale, comunque, si definisce un doppio mandato del PM rispetto all’azione poliziesca: - per principio generale, comune a tutti gli ordinamenti, al PM compete il potere-dovere di controllare la legalità delle inchieste condotte dalla polizia, almeno quando decide d’intentare o di proseguire l’azione penale; - il PM deve, in particolare, controllare il modo in cui la polizia rispetta i diritti dell’uomo. Nei Paesi in cui ha autorità sulla polizia o sulle indagini, il PM deve essere messo in grado di: - assegnare ogni inchiesta al servizio di polizia che ritiene adeguato; - dare istruzioni efficaci (20); - verificare il rispetto delle sue indicazioni e della legge; - sanzionare (o far sanzionare) eventuali violazioni; In ogni caso, anche ove la polizia è indipendente dal Pubblico Ministero, gli Stati devono assicurare che PM e polizia cooperino in modo adeguato ed efficace. 20 Si nota, fra l’altro, nel Memorandum esplicativo: «i poliziotti saranno tanto più in grado di applicare effettivamente le istruzioni del PM quanto più quest’ultimo parteciperà al loro addestramento». 38 Doveri e responsabilità del PM nei confronti degli individui • • • • • • • • • correttezza, imparzialità, obiettività rispetto e tutela dei diritti dell’uomo massima celerità possibile vigilanza attiva sul principio di eguaglianza considerazione di tutti gli elementi, a favore o a carico arresto dell’azione di fronte all’infondatezza delle accuse non utilizzo di prove ottenute con metodi illegali rispetto attivo del principio di parità delle armi preservazione del carattere riservato delle informazioni, in particolare se è in gioco la presunzione d’innocenza • interessi dei testimoni • opinione e preoccupazioni delle vittime A proposito di doveri e responsabilità del Pubblico Ministero, si riprendono e si sviluppano i due imperativi già menzionati nel punto 1 della Raccomandazione: è prescritto il rispetto dei diritti degli individui e, ad un tempo, la ricerca di un’azione efficace (21). Il Pubblico Ministero (funzione alla quale vari atti europei raccomandano siano destinate persone della più alta integrità morale, oltre che tecnica): - agisce con correttezza, imparzialità, obiettività (la Venice Commission parla oggi, addirittura, di procuratore che deve «agir comme un juge»); - rispetta e tutela i diritti dell’uomo come enunciati dalla CEDU; - vigila sulla «massima celerità possibile» dell’ordinamento penale; - evita ogni discriminazione; - vigila sull’uguaglianza di ciascuno davanti alla legge; - considera tutti gli elementi rilevanti, a favore o a carico della persona sospettata (è interessante la correlazione fra questo dovere – ripreso in Italia dall’art. 358 c.p.p. – e il principio di eguaglianza: secondo il Memorandum esplicativo il PM è innanzitutto il custode della legge, e proprio da ciò discende il dovere di comportarsi in modo assolutamente imparziale; non attiva né prosegue il procedimento 21 Una discrasia si registra tra il testo in francese, che specificamente menziona doveri e responsabilità nei confronti dei singoli «giudicabili», e quello in inglese, che adotta una locuzione più ampia: nei confronti degli «individui». Il riferimento, secondo il Memorandum esplicativo, è agli indiziati, alle vittime dei reati e anche ai testimoni. La versione inglese risulta, dunque, più pertinente al senso complessivo della trattazione. 39 quando un’indagine imparziale ha dimostrato l’infondatezza delle accuse); - non utilizza prove che sa (o che può ragionevolmente supporre) essere state ottenute con metodi contrari alla legge: e il Memorandum esplicativo precisa che per «metodi contrari alla legge» s’intendono non tanto le irregolarità formali, quanto le illegalità che attentano ai diritti fondamentali; - vigila sul rispetto del principio della “parità delle armi” tra le parti del processo: in particolare, trasmette alle altre parti – salvo eccezioni previste dalla legge – ogni informazione suscettibile di incidere su un equo svolgimento del processo (22); - preserva il carattere riservato delle informazioni raccolte, in particolare quando è in gioco la presunzione d’innocenza, a meno che tali informazioni debbano essere comunicate nell’interesse della giustizia o in base alla legge (da notare che si parla espressamente di «presunzione d’innocenza», non semplicemente di «presunzione di non colpevolezza»); - tiene conto degli interessi dei testimoni e, in particolare, si dà carico di tutelare la loro sicurezza; - tiene conto dell’opinione e delle preoccupazioni delle vittime e si accerta che esse siano informate dei loro diritti e dell’andamento della procedura. Rispetto all’eventuale decisione del PM di non promuovere l’azione penale, alle parti interessate è riconosciuto il diritto di contestare la conclusione. Si tratta di un diritto (eventualmente subordinato alla preventiva verifica gerarchica della decisione del PM) che, a seconda dei sistemi nazionali, può essere variamente definito ed esercitabile, dunque, o in via giurisdizionale o autorizzando le parti a promuovere esse stesse l’azione. Parti interessate, titolari del diritto a contestare la decisione del PM, sono in modo particolare le vittime del reato. Ma dal Memorandum esplicativo emerge con chiarezza che con questa espressione non ci si riferisce soltanto alle vittime dirette (individuali o collettive, ma pur sempre identificabili): vengono in considerazione anche quei reati (come la corruzione, o gli illeciti che danneggiano gli interessi finanziari dello Stato o di una collettività territoriale), per i quali pure occorre garantire – anche in assenza di vittime «dirette», che agiscano come tali – il «controllo democratico sull’azione del PM in settori particolarmente sensibili». 22 Com’è noto, il principio dell’uguaglianza delle armi, contenuto nell’art. 6.1 della CEDU, costituisce in effetti un aspetto del concetto più ampio di equo processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale. 40 Indipendenza e autonomia maggiore responsabilità • “Codice di condotta” per i membri del PM – possibilità di sanzioni – con garanzie procedurali • Controllo interno sull’esercizio delle funzioni I membri dell’ufficio del PM devono “dar prova di eccellenza nelle loro decisioni e nella loro condotta professionale” Il tema dei controlli è articolato in rapporto alla necessità di un codice di condotta per i membri del Pubblico Ministero (23), debitamente sanzionato, nonché ad un meccanismo di controllo interno sull’esercizio delle funzioni. Gli Stati devono vigilare affinché l’esercizio delle funzioni di membro del Pubblico Ministero sia in tal modo regolamentato, con previsione di sanzioni appropriate per le inadempienze. Interessante l’indicazione, nel Memorandum esplicativo, che i membri dell’ufficio del Pubblico Ministero devono «dar prova di eccellenza nelle loro decisioni e nella loro condotta professionale». La loro appropriata responsabilizzazione è necessaria in correlazione col continuo rafforzamento dell’indipendenza e dell’autonomia. 23 Laddove si tratta del «codice di condotta», tale dizione – di carattere ovviamente generale – pare doversi leggere come idonea a ricomprendere anche la normativa disciplinare italiana. 41 Cooperazione internazionale • contatti diretti fra PM dei diversi Paesi • contatti personali periodici » CPGE CCPE • formazione professionale • magistrati di collegamento Non va dimenticato che la Raccomandazione n. 19 del 2000 fu elaborata quando la moderna cooperazione giudiziaria (soprattutto europea) era agli albori. Il testo va, dunque, apprezzato per il meritorio sforzo anche su questo versante, ma innegabilmente necessita oggi di aggiornamento al riguardo. Esso muove da un’opzione di favore per i contatti diretti fra i membri dell’ufficio del PM nei diversi Paesi, nel quadro di convenzioni internazionali o, se queste mancano, in forza di intese pratiche. Per favorire i contatti diretti fra i Pubblici Ministeri, linee di sviluppo sono individuate in rapporto a: - diffusione di documentazione (ad esempio, legislazione applicabile nei vari Paesi); - compilazione di liste di contatti e di indirizzi (con nomi degli interlocutori competenti nelle varie Procure, loro specializzazione, settore di responsabilità etc.); - contatti personali periodici: tra essi s’inquadravano, in particolare, le già menzionate Conferenze dei Procuratori generali (CPGE), successivamente evolutesi nel senso della creazione del Consiglio consultivo dei Procuratori d’Europa (CCPE), istituzione che continuativamente opera oggi nella prospettiva in questione (del CCPE si illustreranno appresso i dati salienti); - corrispondenza elettronica; 42 informazioni sulla - formazione professionale e seminari (24); - promozione della consapevolezza che costituisce necessità comune la partecipazione attiva alla cooperazione internazionale e la promozione di forme di specializzazione in materia; - formazione linguistica; - istituzione di “magistrati di collegamento”, nei diversi Stati (25); - possibilità per il PM dello Stato richiedente di rivolgere domande di assistenza giudiziaria direttamente alla competente autorità dello Stato richiesto e, correlativamente, per l’autorità richiesta di rimandare direttamente al PM richiedente gli elementi di prova raccolti. Il Memorandum esplicativo suggerisce, fra l’altro, di favorire lo scambio spontaneo d’informazioni fra gli uffici del PM dei vari Paesi, oltre ad indicare come obiettivo a medio termine la creazione di una rete giudiziaria “paneuropea”. 24 Proprio nel relativo punto 38 della Raccomandazione s’inquadra l’iniziativa del CSM italiano del 4-5 luglio 2011, per la quale questa presentazione è stata predisposta. 25 Com’è noto, l’Italia ha propri magistrati, espletanti tale funzione di collegamento (vitale per la proficua cooperazione), a Bucarest, Londra, Madrid, Parigi; corrispondenti sono le presenze dei magistrati di collegamento stranieri a Roma. 43 Il tema della cooperazione giudiziaria europea, or ora menzionato, induce ad alcune considerazioni complementari, specificamente riguardo al Consiglio consultivo dei Procuratori europei (CCPE – Consultative Council of European Prosecutors). E’ questo un organismo deputato ad esprimere pareri a richiesta del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che ne deliberò l’istituzione con la Decisione assunta il 13 luglio 2005. L’istituzione del CCPE quale organismo permanente costituisce il momento culminante di un percorso intrapreso all’inizio dello scorso decennio mediante l’organizzazione di conferenze pan-europee dei vertici del Pubblico Ministero dei Paesi membri del Consiglio d’Europa. Queste – di solito indicate con l’acronimo CPGE (Conferences of Prosecutors General of Europe) – presero le mosse dall’evento inaugurale tenuto a Strasburgo nel maggio 2000 e dedicato al tema «Quale pubblico ministero in Europa nel XXI secolo?». Con la creazione del Consiglio consultivo dei Procuratori europei, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa intese istituzionalizzare la sede di confronto tra Pubblici Ministeri in ambito continentale, dando ad essa stabilità e definendone gli obiettivi. Al CCPE furono, dunque, affidati i seguenti compiti: - redigere pareri (“Opinions”) per il Comitato europeo sui problemi criminali (CDPC – European Committee on Crime Problems), soprattutto riguardo all’applicazione della Raccomandazione Rec(2000)19; 44 - promuovere l’applicazione della predetta Raccomandazione n. 19 del 2000; - raccogliere informazioni sul funzionamento dei servizi di procura nei Paesi membri del Consiglio d’Europa. Il Consiglio consultivo può pure ricevere da singoli Stati membri del Consiglio d’Europa la richiesta di studiare temi concernenti un determinato sistema di procura, anche al fine di aiutare gli Stati a rispettare gli standard europei in materia. Nel Consiglio consultivo dei Procuratori – che ha base a Strasburgo ed il cui Segretariato è costituito presso la Direzione generale del Consiglio d’Europa per i Diritti umani e gli Affari legali – hanno diritto di essere rappresentati tutti i 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa (26). I rappresentanti nazionali sono designati dalle competenti autorità dei relativi Stati, le quali devono sceglierli tra magistrati del Pubblico Ministero in servizio che si caratterizzino per il più elevato grado d’integrità personale e per una profonda conoscenza del funzionamento del sistema giudiziario. Tra i rappresentanti dei 47 Paesi membri del Consiglio d'Europa sono eletti annualmente il Bureau direttivo del CCPE (composto dal presidente, dal vicepresidente e da altri due membri) e un “Gruppo di lavoro” incaricato della redazione dei documenti da sottoporre alla discussione ed all'approvazione del Consiglio consultivo in seduta plenaria. 26 In rappresentanza dell'Italia hanno partecipato ai lavori del CCPE, dalla sua costituzione, i sostituti procuratori generali della Corte di cassazione Vito Monetti (2005-2008) e Antonio Mura (dal 2009), attuale vicepresidente. Il CSM è stato rappresentato dai consiglieri Antonio Patrono e Alfredo Pompeo Viola. 45 Nel sito web del Consiglio superiore della magistratura italiano compaiono pagine specificamente dedicate al Consiglio consultivo dei Procuratori europei (CCPE): http://www.csm.it/ccpe/index.html 46 Strasburgo, 22 maggio 2000 Conferenza pan-europea “QUALE PM IN EUROPA PER IL XXI SECOLO?” Rec(2000)19 Caserta Bucarest Lubiana Bratislava Celle Budapest Mosca Varsavia San Pietroburgo Bordeaux Yerevan Roma, 4 luglio 2011 ... QUALE PM IN EUROPA PER IL XXI SECOLO? Portando a sintesi la ricca serie di spunti offerti dalla Raccomandazione n. 19 del 2000, che s’è esaminata nelle sue linee generali, possono proporsi alcune notazioni di fondo: a) la finalità dell’azione del Pubblico Ministero – «autorità incaricata di vigilare, a nome della società e nell’interesse generale, sull’applicazione della legge quando quest’ultima è sanzionata penalmente» – è l’interesse generale all’efficacia del sistema penale e, ad un tempo alla tutela dei diritti individuali; b) tutti i sistemi nazionali hanno piena legittimazione: non può definirsi un modello unico di PM, neppure come preferenza né come linea tendenziale; c) è però individuabile una generale tendenza, sul piano europeo, all’incremento delle garanzie concernenti il Pubblico Ministero: di status, di organizzazione, di mezzi (anche con specifico riguardo alla determinazione del budget del quale il PM è dotato per la sua azione); d) la corrispondenza degli ordinamenti nazionali agli standard delineati nella Raccomandazione del 2000 è ampia, e risulta in crescita la sensibilità su alcuni punti di rilievo (esempio significativo è offerto dagli spunti della Venice Commission circa la necessità di adeguati rimedi ad eventuali istruzioni gerarchiche illegali); e) vi è una diffusa propensione per un modello organizzativo strutturato gerarchicamente, ma che: - non deve diventare burocrazia paralizzante; 47 - deve ispirarsi all’efficienza del servizio di giustizia penale (27); f) il rapporto tra il PM ed i poteri legislativo ed esecutivo continua a costituire tutt’oggi «questione-chiave»; g) va riconosciuta una responsabilità diretta del PM in rapporto al «giusto processo» (fair trial): - nelle indagini (anche a favore dell’accusato); - nella verifica della legittimità dell’operato della polizia giudiziaria; - nella discovery (mettendo a disposizione tutte le risultanze); - in tutte le scelte discrezionali: da compiere con imparzialità (28). 27 La Venice Commission sintetizza in 25 punti finali le indicazioni perché non vi sia indebita ingerenza nell’azione del PM: interessa qui segnalare che il sistema italiano soddisfa tutte e 25 le prescrizioni. Spazi di progresso per l’Italia possono individuarsi sui temi del coordinamento nell’azione delle procure, della trasparenza/pubblica responsabilità sull’azione complessiva del PM, dell’attenzione per la vittima del reato, dei metodi di determinazione e gestione delle dotazioni di budget per l’azione del PM. 28 Viene definitivamente sfatato il luogo comune (che spesso affiora nel dibattito italiano sulla giustizia) che vorrebbe il PM di altri sistemi (soprattutto di common law) depositario di poteri di scelta arbitrari e di finalità “agonistiche” svincolate dal fine di giustizia. 48 CONCLUSIONE: La Conferenza dei Procuratori generali d’Europa organizzata a Strasburgo nel maggio 2000, con un titolo tanto impegnativo quanto stimolante, poneva l’interrogativo su come l’Europa concepisce il Pubblico Ministero nel XXI secolo. Dieci anni dopo, la portata di quel quesito è intatta, anzi rafforzata: siamo nel bel mezzo di un percorso importante per la democrazia, per la Rule of Law, per lo stato di diritto, per la tutela dei diritti umani e delle libertà. Il mio auspicio è che la tappa di Roma – col seminario dedicato alla Raccomandazione Rec(2000)19 dal CSM italiano il 4-5 luglio 2011 – sia proficua in questo cammino. Mi permetto, in questa prospettiva, anche in qualità di vicepresidente del Consiglio consultivo dei Procuratori d’Europa, di enunciare la speranza (che, in realtà, vuole nella sostanza essere anche una precisa proposta): che da questa Conferenza venga lo stimolo al Consiglio d’Europa per un rinnovato impegno a portare pienamente ad effetto, ma anche ad aggiornare la Raccomandazione n. 19 del 2000, nell’interesse comune della giustizia. Roma, 4 luglio 2011 Antonio Mura Vicepresidente del CCPE Sostituto procuratore generale della Corte di cassazione italiana 49