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Analisi finanziaria Interazione fra leva operativa e flussi finanziari

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Analisi finanziaria Interazione fra leva operativa e flussi finanziari
Leva operativa
Analisi
finanziaria
Interazione fra leva operativa
e flussi finanziari
di Roberto Moro Visconti (*)
a leva operativa indica il grado di traslazione dell’incremento dei ricavi sul risultato
L
operativo e dipende, oltre che dai volumi, anche dal mix tra costi fissi e variabili. La
variazione del risultato operativo ha un impatto diretto sui flussi di cassa della gestione
economica e può essere utilmente collegata con la leva finanziaria.
La leva operativa di un’azienda indica il grado di
traslazione dell’incremento dei ricavi sul risultato
operativo (EBIT) e rappresenta la sua differente
sensibilità manifestata in termini di risultati economici al variare dei volumi di attività; tale sensibilità
altro non è che il rischio di natura operativa a cui si
espone l’azienda adottando una struttura dei costi
più o meno rigida.
La scalability, tipica di imprese con elevati costi
fissi, indica l’attitudine di un modello di business a
generare domanda incrementale (ricavi aggiuntivi)
in maniera economica, senza incrementare sensibilmente i costi.
La leva operativa ha inoltre un’interazione con il
flusso di cassa operativo ed influenza anche il costo
del capitale; c’è pertanto una relazione mediata anche con la valutazione delle aziende (1).
Se aumentano le vendite, anche la capex (2) e il capitale circolante netto commerciale tendono a crescere, assorbendo cassa. A livello economico, gli
ammortamenti associati alla capex si posizionano
sotto l’EBITDA (3) (corrispondente al Margine
Operativo Lordo, MOL) ma sopra l’EBIT (4), che
rappresenta il punto di arrivo della leva operativa.
Vi può essere un collegamento funzionale tra la leva
operativa e la leva finanziaria, quest’ultima ricompresa nell’equazione della redditività che esprime il
costo medio ponderato del capitale (WACC) (5).
L’analisi dell’impatto della leva operativa e delle simulazioni di scenario va convenientemente effettuata
tenendo conto anche delle implicazioni finanziarie:
un’elevata traslazione sull’EBIT di un incremento
delle vendite tende infatti di norma ad incrementare
la liquidità prodotta dalla gestione reddituale.
La leva operativa
La leva operativa (6) (LO) esprime il rapporto tra la
variazione percentuale del risultato operativo (Ear-
ning Before Interests and Taxes, EBIT) e la variazione percentuale delle vendite (V):
La relazione causale parte dal denominatore e arriva al numeratore (è la variazione delle vendite a determinare una variazione dell’EBIT).
Si tratta di una grandezza che varia in ragione delle
principali determinanti del conto economico di un’azienda o una singola attività (i prezzi di vendita, i volumi, i costi variabili ed i costi fissi), consentendo
Note:
(*) Dottore commercialista in Milano, docente di Finanza Aziendale
nell’Università Cattolica
(1) Il metodo finanziario, in una delle sue accezioni, rapporta il
flusso di cassa operativo al costo del capitale medio ponderato
(WACC).
(2) La capital expenditure corrisponde agli investimenti, pari all’incremento netto delle immobilizzazioni.
(3) Corrispondente all’EBIT (si veda la nota seguente), cui vengono sommati i costi operativi non monetari, che nello schema civilistico di conto economico (art. 2425) corrispondono alle voci
10, 12 e 13 (ammortamenti e accantonamenti).
(4) L’EBIT (Earning Before Interests and Taxes) corrisponde alla
differenza tra valore e costi della produzione (A – B civilistico),
ex art. 2425 c.c.
(5) Il costo medio ponderato del capitale o WACC (Weighted
Average Cost of Capital) rappresenta il rendimento medio richiesto dai soggetti che intendono finanziare l’impresa (azionisti e
terzi finanziatori).
(6) Per approfondimenti, si veda: Amigoni F., (1988), Misurazioni
d’azienda, Giuffrè, Milano; Chionne R., (1999), Leva finanziaria e leva operativa. Un utilizzo combinato, Guerra ed, Perugia; Baraldi S.,
De vecchi C., (1995), I sistemi di pianificazione, programmazione e
controllo, Giappichelli, Torino; Invernizzi G., (1986), Le determinanti
del reddito operativo della gestione tipica: concetti e metodologie applicative, Rivista dei dottori commercialisti, 1; Mella P. , (1990), Indici di bilancio, Pirola, Milano; Pisani M., (1992), Il grado di leva
operativa: valore informativo e possibilità di utilizzo, Rivista italiana di
ragioneria e di economia aziendale, 3.
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Analisi
Leva operativa
finanziaria
così di valutare l’andamento economico in termini di
flessibilità ed elasticità sia operativa sia strategica.
Gli elementi che influenzano la leva operativa sono:
– i prezzi di vendita,
– i volumi,
– i costi variabili
– i costi fissi.
Il mix costi fissi/variabili dipende in modo rilevante
dal settore cui l’azienda appartiene; elevati costi fissi sono tipici di settori ad alta intensità di capitale
e/o di fattore lavoro, con conseguenti barriere competitive all’ingresso.
Il mix costi fissi/costi variabili consente di valutare
il grado di traslazione di incremento di ricavi sull’EBIT. Tra i costi fissi, vi sono anche gli ammortamenti dello stock di immobilizzazioni esistente.
Una società con un alto livello di costi fissi arriva
più difficilmente al punto di break even (pareggio
economico tra ricavi e costi operativi) ma poi, una
volta superata tale soglia, ha una maggior traslazione dell’incremento delle vendite sul risultato operativo; viceversa, una società con elevati costi variabili è più flessibile, raggiunge molto prima il pareggio economico ma ha un business molto meno scalabile, a più bassa marginalità incrementale.
La leva operativa di un’azienda rappresenta la sua
differente sensibilità manifestata in termini di risultati economici al variare dei volumi di attività; tale
sensibilità altro non è che il rischio di natura operativa a cui si espone l’azienda prescegliendo una
struttura dei costi più o meno rigida.
La leva operativa è espressione di un rapporto causa-effetto che vede al denominatore la variazione
delle unità di vendita e al numeratore la variazione
del risultato operativo; in altri termini, essa indica
la misura in cui i risultati economici variano al variare dei volumi di produzione/vendita.
È importante verificare la relazione causa-effetto
fra variazione delle vendite ed incremento dell’EBITDA.
Il rapporto è esprimibile anche in termine di elasticità del margine operativo netto al variare dei ricavi
di vendite, data una determinata struttura aziendale:
variabili sono separati dai costi fissi (limitatamente
ai componenti negativi di reddito che vanno inclusi
nell’EBIT):
Ricavi
(costi variabili)
= Margine di contribuzione (1-2)
(costi fissi)
= Reddito operativo = EBIT (3-4)
Il margine di contribuzione complessivo è dato dal
prodotto tra il margine di contribuzione unitario e le
quantità prodotte/vendute (o i servizi erogati). Il
margine di contribuzione unitario è a sua volta determinato principalmente dalla relazione «prezzi-ricavo» dei prodotti venduti e dai «prezzi-costo» dei
fattori di produzione variabili.
Quanto più un’impresa ha una struttura di costi fissi
(invarianti all’aumentare delle quantità prodotte e
vendute), tanto più crescerà il valore della leva operativa. Se invece un’impresa ha solo costi variabili,
la leva operativa sarà di valore unitario: il margine
di contribuzione tenderà a coincidere con l’EBIT e
per raddoppiare l’EBIT bisognerà raddoppiare le
vendite (che crescono allo stesso tasso dei costi variabili e del margine di contribuzione).
Si ipotizza, nei ragionamenti sopra riportati, che vi
sia una costanza del prezzo di vendita e della struttura dei costi al variare della quantità prodotta/venduta.
La relazione tra quantità (volumi) e margini di redditività deve essere analizzata caso per caso, a seconda della tipologia di società considerata: in alcuni casi, all’aumentare dei volumi, diminuiscono i
margini (si fa lo sconto a chi compra di più), mentre
in altri la politica di pricing è rigida, soprattutto se
l’azienda gode di un monopolio tecnologico o strategico (da first mover o price maker…).
Il margine di contribuzione può essere incrementato:
– ampliando il margine di redditività (forbice)
«prezzo-costo/prezzo-ricavo»,
– migliorando l’efficienza dell’utilizzo dei fattori
produttivi variabili,
– incrementando i volumi (la quantità prodotta/venduta).
Una volta considerato il margine di contribuzione,
bisogna analizzare la seconda determinante dell’EBIT: i costi fissi (7).
ove P sono i prezzi, Q le quantità vendute, CV i costi variabili e CF i costi fissi.
Alcune variabili che determinano l’EBIT sono
«controllabili» dalla direzione, altre sono «non controllabili» o solo «parzialmente controllabili».
Si consideri un conto economico nel quale i costi
Nota:
(7) Si definiscono «fissi» quei costi che non variano al variare
della produzione ovvero quei costi che definiscono la capacità
produttiva aziendale nel medio/breve periodo. Fra i costi generalmente compresi in questa categoria, si considerano: i costi di
struttura industriali amministrativi e commerciali, i costi di ricerca e di sviluppo, di pubblicità e gli ammortamenti.
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Leva operativa
Analisi
finanziaria
La scalabilità
Nell’analisi della leva operativa, rilevano anche le
considerazioni sulla scalabilità del modello di business, incrementata in presenza di elevati costi fissi,
che consentono una più elevata traslazione dei maggiori ricavi sull’EBIT.
La scalability indica l’attitudine di un modello di
business a generare domanda incrementale (ricavi
aggiuntivi) in maniera economica, vale a dire senza
incrementare sensibilmente i costi.
Il concetto può essere interpretato, in termini di leva operativa, enfatizzando il ruolo della minimizzazione dei costi variabili: in tale caso l’aumento dei
ricavi crea un circolo virtuoso e si riflette quasi integralmente sull’EBIT.
Se la domanda incrementale si riferisce a prodotti
della stessa famiglia, si ha una scalability verticale;
se i prodotti sono eterogenei, la scalability è orizzontale.
Il concetto di scalability è anche agevolmente applicabile a livello geografico, dal momento che
molti modelli di business di singoli paesi possono
agevolmente essere replicati altrove, sostenendo limitati costi addizionali.
In presenza di un business scalabile, la leva operativa agisce da moltiplicatore dell’EBIT.
Un classico esempio di impresa scalabile è rappresentato dai portali Internet, che possono incrementare i ricavi (pubblicitari …) in maniera anche
consistente, con un modesto aumento dei costi
fissi.
netario legato agli impegni scadenti entro i dodici
mesi. Il CCN evidenzia la capacità dell’impresa di
far fronte agli impegni finanziari di prossima scadenza.
Il CCN può assumere valori positivi, negativi o
nulli:
– se le attività correnti sono maggiori delle passività correnti il CCN è positivo e l’azienda opera in
condizioni di equilibrio finanziario; gli impieghi
circolanti sono finanziati in parte ricorrendo al capitale permanente;
– se le attività correnti sono minori delle passività
a breve il CCN è negativo. Questa situazione evidenzia una condizione di squilibrio finanziario
dell’azienda in quanto al finanziamento degli impieghi durevoli concorrono anche le passività correnti;
– se le attività correnti coincidono con le passività
correnti il CCN è nullo; l’impresa presenta un equilibrio precario in quanto l’attivo corrente e i debiti
scadenti entro l’anno coincidono.
In presenza di una marginalità positiva, i crediti (e
talora il magazzino) tendenzialmente crescono in
modo più che proporzionale rispetto ai debiti.
Va analizzato anche, a tal fine, l’ageing (scadenziario) e il tasso di rotazione di crediti commerciali, magazzino e debiti v/fornitori. Gli indici di bilancio normalmente utilizzati a tal fine sono i seguenti:
(Crediti verso clienti/ ricavi di vendita) * 365
(Rimanenze/Costi di produzione) * 365
Leva operativa e collegamento
patrimoniale-economico-finanziario
Lo schema riportato in Tavola 1 evidenzia il collegamento funzionale esistente a livello di conto economico, di stato patrimoniale e di rendiconto finanziario:
La leva operativa consente di misurare la variazione
dell’EBIT, legata alla liquidità generata dalla gestione economica.
Un incremento delle vendite genera un incremento
degli acquisti, con un impatto sul Capitale Circolante Netto commerciale (CCN commerciale), rilevato in stato patrimoniale come:
– aumento dei crediti commerciali;
– aumento del magazzino;
– aumento dei debiti verso fornitori.
Il capitale circolante netto corrisponde alla differenza fra l’attivo corrente e le passività a breve ed ha
lo scopo di verificare se nel breve periodo la combinazione impieghi-fonti è in grado di produrre flussi
monetari in entrata tali da coprire il fabbisogno mo-
(Debiti verso fornitori/Acquisto di prodotti e servizi) * 365
Se aumentano le vendite, anche la capex di norma
tende a crescere (maggiori investimenti consentono
di vendere di più), così come il capitale circolante
netto commerciale (con un incremento di crediti
commerciali e magazzino tipicamente più che proporzionale rispetto all’aumento dei debiti verso fornitori) assorbendo cassa. A livello economico, gli
ammortamenti associati alla capex si posizionano
sotto l’EBITDA (che quindi non ne subisce l’influenza) ma sopra l’EBIT, che rappresenta il punto
di arrivo della leva operativa.
Leva operativa e leva finanziaria
Vi può essere un collegamento funzionale tra la leva operativa e la leva finanziaria, quest’ultima ricompresa nell’equazione della redditività che esprime il costo medio ponderato del capitale.
Il ROI è dato dal rapporto tra reddito operativo e
capitale investito e il numeratore di tale indice
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Analisi
Leva operativa
finanziaria
costituisce il «punto di arrivo» della leva operativa.
La leva finanziaria (meglio nota come leverage) è
espressa dal rapporto tra debiti finanziari e patrimonio netto e rappresenta la proporzione esistente fra
risorse proprie e risorse di terzi utilizzate per finanziare gli impieghi. Essa esprime pertanto il grado di
dipendenza da terzi finanziatori.
L’equazione della redditività esprime la relazione
tra ROE e ROI, mettendo in luce alcuni aspetti fon-
Tavola 1 - Collegamento tra conto economico, stato patrimoniale e rendiconto finanziario
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Leva operativa
Analisi
finanziaria
damentali della redditività di impresa, contrapponendo il rendimento del capitale investito, espresso
dal ROI, al costo dell’indebitamento (i) cui si è fatto ricorso per finanziare gli investimenti che hanno
portato alla formazione del capitale investito. Su tale differenza agisce la leva finanziaria (d), che può
amplificare o ridurre la differenza tra ROI e i. L’equazione, nella sua formulazione completa, considera anche l’effetto delle imposte e delle gestioni
accessorie.
La formula è così rappresentabile:
ROE = [ROI + (ROI - i ) * d ] Rn/Rn»
ove:
Rn = risultato netto
Pn = patrimonio netto medio
Ro = risultato operativo (EBIT)
Ci = capitale investito medio
Ofimp = oneri finanziari impliciti
Oftot = oneri finanziari totali (espliciti + impliciti)
D = indebitamento medio (D = Ci - Pn)
Rn’’ = risultato prima delle imposte, delle gestioni
accessorie e dei proventi finanziari
La chiave di lettura per interpretare la formula deve
partire dai due valori posti tra le parentesi tonde; la
differenza (ROI - i) è infatti l’espressione del divario esistente tra il rendimento del capitale investito
(ROI) ed il tasso di interesse dell’indebitamento (i):
il primo esprime quanto rende l’investimento e il
secondo quanto costa indebitarsi presso terzi per
realizzare quell’investimento; un confronto tra questi due valori, entrambi espressi in termini percentuali, può consentire un giudizio sulla convenienza
o meno ad effettuare l’investimento.
Tre sono, ad evidenza, i casi possibili:
1) ROI > i cioè (ROI - i) > 0
2) ROI = i cioè (ROI - i) = 0
3) ROI < i cioè (ROI - i) < 0
Si noti che il costo dell’indebitamento o costo del
capitale di terzi, noto anche come return on debt (i
= Oftot/D) rappresenta, in ultima analisi, il «ROI
dei finanziatori», essendo l’espressione della redditività del capitale investito di coloro che hanno prestato denaro all’impresa.
Sulla differenza (ROI - i) agisce - come una «leva»,
per esprimere l’effetto in termini «fisici» - il rapporto di indebitamento d, che viene moltiplicato per
il risultato di tale differenza.
Anche per d, evidentemente, sono tre i casi possibili:
1) d = 0 quando D/Pn = 0, uguaglianza che risulta
verificata per D = 0 (il significato economico è
quello di un’impresa priva di debiti).
Se d = 0, il patrimonio netto coincide con il capitale
investito e la redditività del patrimonio netto coincide con la redditività del capitale investito; pertanto
si ha ROE = ROI.
2) d > 1 quando D > Pn, cioè quando i debiti,
espressione del capitale di terzi, superano il patrimonio netto. È questa l’ipotesi maggiormente ricorrente, soprattutto per le imprese sottocapitalizzate.
In questo caso, la leva d agisce come moltiplicatore
sulla differenza (ROI - i), amplificandone l’ammontare.
3) d < 1 quando D < Pn, vale a dire quando i debiti
sono minori del patrimonio netto e la leva d agisce
da divisore, smorzando l’effetto della differenza
(positiva o negativa) tra ROI e i.
Quando il differenziale (ROI - i) è positivo, può nascere la tentazione di incrementare, talora anche in
maniera rilevante, la leva finanziaria (aumentando
l’indebitamento finanziario e mantenendo invariato
il patrimonio netto ovvero aumentando l’indebitamento finanziario in maniera più che proporzionale
rispetto all’incremento del patrimonio netto ovvero
ancora lasciando invariato l’indebitamento finanziario e riducendo il patrimonio netto, ad esempio
pagando dei dividendi ai soci).
Si noti come, in questo caso, l’incremento della leva finanziaria, dovuto ad un incremento dei debiti
finanziari rispetto ai mezzi propri, comporta un incremento del denominatore di i e anche dell’intero
costo del capitale di terzi, se gli oneri finanziari aumentano oltre certe soglie di debito ritenute pericolose dai finanziatori e tali da richiedere una remunerazione addizionale a titolo di premio per il rischio.
L’incremento della leva finanziaria ha però un impatto anche sul ROI: ciò appare evidente ove si
consideri che il denominatore di tale indice è dato
dal capitale investito o raccolto, a sua volta espresso dalla somma del patrimonio netto più i debiti finanziari che aumentano.
Aumentando la leva finanziaria, normalmente si incrementa anche il capitale raccolto e quindi l’impresa ha a disposizione più risorse finanziarie (fonti di
finanziamento), che si traducono in maggiori impieghi (capitale investito in immobilizzazioni, crediti
commerciali, magazzino …); se all’incremento del
capitale investito o raccolto, espresso al denominatore del ROI, non corrisponde un incremento almeAmministrazione & Finanza 11/2008
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Analisi
Leva operativa
finanziaria
no proporzionale del risultato operativo (EBIT), allora si ha una diluizione del ROI e l’incremento della leva finanziaria rende l’intero business d’impresa
più rischioso e assottiglia la differenza (inizialmente
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considerata positiva) ROI-i, talora fino al punto di
farla diventare negativa, moltiplicandola per una leva finanziaria che nel frattempo è cresciuta. In tale
caso, si verifica un pericoloso effetto boomerang.
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