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L`acquisizione dell`italiano come lingua seconda
L'acquisizione dell'italiano come lingua seconda: problemi e metodi (D00201) Cecilia Andorno – Anna Giacalone Ramat Università di Pavia Pisa, 2002 ISBN: 978-88-6725-025-7 Ultima revisione 24 Settembre 2012 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Presentazione del modulo Il modulo affronta i principali temi della linguistica acquisizionale. Il fenomeno dell'acquisizione di seconde lingue viene innanzitutto definito e individuato rispetto ad altri fenomeni di apprendimento (apprendimento di lingua materna) e di formazione di lingue (come la formazione di creoli e pidgin). Vengono passati in rassegna i principali approcci storicamente adottati nell'analisi delle seconde lingue, in particolare l'approccio dell'analisi degli errori e delle varietà di apprendimento, con indicazioni dei paradigmi teorici cui questi metodi fanno riferimento. Si illustrano i principi universali di funzionamento delle lingue umane, responsabili delle caratteristiche proprie delle varietà di apprendimento e delle somiglianze e differenze di queste rispetto ad altre varietà linguistiche. La parte centrale del modulo descrive più dettagliatamente le caratteristiche dell'italiano come seconda lingua, sia dal punto di vista morfosintattico sia dal punto di vista testuale. Il testo è corredato da esempi che illustrano i fenomeni descritti. Infine, sono esaminati i fattori responsabili della variazione individuale e vengono indicate le direzioni e i limiti della variazione. 2 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Guida al modulo Scopo del modulo Scopo del modulo è far comprendere che cosa significa apprendere, conoscere e usare una seconda lingua fornendo gli strumenti teorici e metodologici per analizzare e riflettere criticamente su materiali di apprendenti di italiano come seconda lingua. In particolare il modulo intende: - introdurre lo studente al fenomeno dell'acquisizione delle seconde lingue; - presentare i diversi metodi e modelli che sono stati proposti per descrivere il fenomeno dell'acquisizione delle seconde lingue; - illustrare le posizioni teoriche riguardanti i principi universali del linguaggio e altre proprietà di tipo cognitivo rilevanti per l'apprendimento; - situare le interlingue e in particolare l'italiano L2 in relazione ad altre varietà semplificate e in confronto ad altri processi di apprendimento; - definire i principi organizzativi ed evolutivi della morfosintassi dell'italiano lingua seconda; - presentare i principi organizzativi ed evolutivi del testo e dell'enunciato dell'italiano lingua seconda; - presentare i principali fattori coinvolti nella variazione individuale dei percorsi di apprendimento. Contenuti del modulo Il modulo è composto da: 1. il testo delle unità didattiche; 2. alcune schede di approfondimento: - L’approccio ambientalista - Ferdinand de Saussure - Fonologia segmentale e fonologia soprasegmentale - Foreigner talk e teacher talk: tra elaborazione e semplificazione - Krashen, la SLAT e le cinque ipotesi - Marcatezza - Motivazioni allo studio dell’italiano - L’ordine delle parole in italiano - La Scuola di Praga 3 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… 3. Tipi di errore, da Anna Cattana e Maria Teresa Nesci, Analizzare e correggere gli errori, Perugia, Guerra Edizioni: 54-57L; 4. un glossario di linguistica (utile per definire alcuni dei termini utilizzati nel corso del modulo). Attività richieste Lettura e studio dei materiali che compongono il modulo. Svolgimento degli esercizi. 4 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Indice delle unità didattiche UD 1 - Concetti di base L’unità didattica inquadra lo studio del fenomeno dell’acquisizione di una seconda lingua, identificandolo rispetto ad altri fenomeni relativi al linguaggio; illustra i principali fattori coinvolti nel fenomeno, definisce le principali dicotomie terminologiche e prepara alla discussione dettagliata di singoli aspetti svolta nelle unità didattiche successive. 1.1 - La madrelingua e le altre lingue 1.2 - Conoscere una seconda lingua 1.3 - I fattori coinvolti 1.4 - Comunicare e apprendere UD 2 - Modelli e metodi di analisi L’unità didattica descrive i principali approcci storicamente adottati per l’analisi dei dati di seconde lingue e introduce alle principali ipotesi esplicative sui meccanismi di acquisizione. 2.1 - L’approccio contrastivo 2.2 - L’analisi degli errori: una tassonomia descrittiva 2.3 - L’analisi degli errori: un'interpretazione delle cause 2.4 - Interlingua e varietà di apprendimento 2.5 - Teorie del comportamento psicolinguistico 2.6 - Teorie funzionaliste UD 3 - Acquisizione e teorie linguistiche Questa unità fornisce una breve presentazione di alcuni concetti generali che hanno rilevanza per l’acquisizione di lingue seconde, facendo riferimento principalmente ai modelli teorici della linguistica generativa e della tipologia. 3.1 - Gli universali linguistici 3.2 - Gli universali tipologici 5 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… 3.3 - Principi universali e apprendimento: la marcatezza 3.4 - Principi universali e apprendimento: naturalezza e iconicità 3.5 - Tipologia linguistica e distanza tipologica UD 4 - Acquisizione e contesto L’unità mostra come lo sviluppo di lingue seconde possa variare a seconda dell’ambiente sociale (fino alla situazione speciale dei pidgin e dei creoli) e delle condizioni culturali. L’unità istituisce inoltre un confronto tra l’acquisizione da parte dei bambini e quella da parte degli adulti. 4.1 - Lo stadio iniziale: proprietà e principi organizzativi 4.2 - Modificazioni dell’input e semplificazione 4.3 - Il confronto con pidgin e creoli 4.4 - L’insuccesso nell’apprendimento di L2 4.5 - Il confronto con l’acquisizione infantile UD 5 - Principi organizzativi ed evolutivi nell’italiano L2: morfosintassi In questa unità viene descritta l’acquisizione di aspetti significativi della grammatica dell’italiano L2, tenendo d’occhio i collegamenti con i principi teorici e le condizioni descritti nelle UD 3 e 4. L’esposizione è basata sui risultati di ricerche empiriche svolte prevalentemente nell’ambito del "Progetto di Pavia". 5.1 - Sequenze di acquisizione 5.2 - L'espressione di nozioni temporali 5.3 - La modalità 5.4 - Lo sviluppo della subordinazione 5.5 - Morfologia nominale: le categorie del genere e del numero UD 6 - Principi organizzativi ed evolutivi nell’italiano L2: testo e lessico In questa unità sono descritti i principi organizzativi ed evolutivi del testo e dell'enunciato in italiano L2, con particolare riferimento alla gestione dell'interazione, all'ordine delle parole, all'espressione di legami anaforici. 6 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… 6.1 - L’organizzazione dell'enunciato nel dialogo 6.2 - L'ordine delle parole 6.3 - L'organizzazione del testo 6.4 - I riferimenti anaforici UD 7 - Fattori di variazione nell’apprendimento Questa unità descrive i modi della variazione individuale nei percorsi di acquisizione e passa in rassegna i principali fattori chiamati in causa per spiegare tale variazione. 7.1 - Parametri di variazione 7.2 - L’età 7.3 - L’input 7.4 - L’ambiente e l'atteggiamento dell'apprendente 7.5 - Il ruolo della prima lingua 7.6 - Distanza soggettiva e consapevolezza metalinguistica 7 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… UD 1 - Concetti di base L’unità didattica inquadra lo studio del fenomeno dell’acquisizione di una seconda lingua, identificandolo rispetto ad altri fenomeni relativi al linguaggio; illustra i principali fattori coinvolti nel fenomeno, definisce le principali dicotomie terminologiche e prepara alla discussione dettagliata di singoli aspetti svolta nelle unità didattiche successive. 1.1 - La madrelingua e le altre lingue 1.2 - Conoscere una seconda lingua 1.3 - I fattori coinvolti 1.4 - Comunicare e apprendere 1.1 - La madrelingua e le altre lingue Imparare a usare il linguaggio è una delle abilità che l'uomo sviluppa nei primi anni di vita. Ogni essere umano alla nascita è "infante", cioè non parla, ma impara a servirsi del linguaggio venendo a contatto con una lingua umana, quella parlata dai genitori o dalle persone che si occupano di lui. La lingua attraverso cui un individuo impara il linguaggio umano è detta "lingua materna" o "madrelingua", o anche la "prima lingua" di quell'individuo (indicata con la sigla L1). Un individuo può apprendere, e frequentemente accade che apprenda, più di una lingua nel corso della propria vita. Le situazioni in cui questo si verifica sono numerose e danno origine a fenomeni parzialmente diversi fra loro. Si può essere esposti fin dall'infanzia a più lingue: ad esempio quando i genitori parlano lingue diverse, quando ciascuno di essi conosce e si serve di più lingue, o quando essi abitano in una comunità linguistica diversa dalla propria. In questo caso il bambino potrà sviluppare contemporaneamente la capacità di linguaggio in più lingue: si parla allora di "bilinguismo", termine che descrive il possesso di più lingue come lingue materne. Si possono poi apprendere nuove lingue quando lo sviluppo del linguaggio nella madrelingua è ormai a stadi avanzati. Queste lingue, che vengono apprese dopo aver già sviluppato la capacità di linguaggio primaria, sono quelle che vengono chiamate seconde lingue o lingue straniere. Fra questi due termini si fa spesso una distinzione d'uso, a seconda del contesto in cui una lingua non materna viene appresa e usata: si parla di "seconda lingua" quando essa è appresa e usata prevalentemente nel contatto e nell'interazione con una comunità di parlanti nativi di quella lingua; si parla di "lingua straniera" quando essa è appresa prevalentemente in un contesto in cui non è usata come lingua di interazione quotidiana. In questo caso la lingua verrà appresa prevalentemente attraverso altre forme di contatto, ad esempio l'insegnamento o la frequentazione di mezzi di comunicazione come la televisione, i giornali. 8 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… In questo modulo parleremo di seconda lingua (indicata con la sigla L2) per riferirci in generale a una lingua diversa da quella materna, senza riferimento particolare alle condizioni in cui questa viene appresa e usata. 1.2 - Conoscere una seconda lingua La nostra competenza in una lingua è composta di aspetti diversi e si manifesta in modi diversi. Il linguista Ferdinand de Saussure (vedi la scheda Ferdinand de Saussure) ha evidenziato la compresenza di due livelli di esistenza di una lingua: il livello della langue, ovvero il sistema linguistico astratto, il codice composto di strutture e forme, e il livello della parole, ovvero gli effettivi scambi comunicativi che avvengono fra parlanti. La competenza in una lingua si realizza, in misura variabile da parlante a parlante, a entrambi i livelli: si parla di "competenza strutturale", ovvero conoscenza del sistema linguistico, e di "competenza comunicativa", ovvero abilità di usare il sistema in modo appropriato in una specifica situazione comunicativa. Ferdinand de Saussure A seconda poi del modo in cui si manifesta la conoscenza di una struttura linguistica si distingue fra "competenza implicita", ovvero conoscenza che si manifesta nell'effettivo uso di una struttura, ma di cui il parlante non ha consapevolezza e non è in grado di rendere conto, e "competenza esplicita", ovvero conoscenza consapevole dell'esistenza di una struttura e capacità di descriverla, che non necessariamente si riflettono nell'impiego nella produzione linguistica. I due livelli di competenza possono essere indipendenti: è possibile, ad esempio, usare in maniera appropriata il sistema degli articoli italiani senza saper indicare le regole cui ci si attiene nel farlo (questa situazione caratterizza probabilmente la maggioranza dei parlanti nativi di italiano); d'altro lato è possibile conoscere e declinare il sistema flessionale temporale e modale del verbo italiano senza però essere in grado di usarne correttamente le forme quando si parla (questa situazione caratterizza molti parlanti non nativi di italiano). Per questa opposizione si usano anche i termini di "competenza linguistica" (capacità di usare una struttura nella comunicazione) e "competenza metalinguistica" (capacità di descrivere le regole d'uso di una struttura). È fonte di discussione l'effettiva separazione di questi due livelli di conoscenza linguistica: mentre la prassi dell'insegnamento, pur consapevole di una differenza fra di essi, è tacitamente fiduciosa che essi si influenzino reciprocamente, alcuni modelli descrittivi vedono i due sistemi come nettamente separati. A partire dalla "teoria del Monitor" di Krashen (Dulay e altri 1982) si distingue fra "acquisizione" (acquisition) di una lingua, che avviene in modo implicito e "naturale", spontaneo, attraverso l'uso e la pratica di essa, e "apprendimento" (learning), che avviene attraverso la presentazione formale di regole e strutture (vedi la scheda Krashen, la SLAT e le cinque ipotesi). 9 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… I due meccanismi di apprendimento sono, nell'ipotesi di Krashen, abilità mentali separate: nella pratica comunicativa solo le strutture acquisite vengono effettivamente usate; le strutture apprese sono usate solo se viene attivato il Monitor, il dispositivo mentale che presiede all'apprendimento. L'attivazione del Monitor è legata alla disponibilità di tempo sufficiente per sorvegliare la propria produzione linguistica e al fatto che l'attenzione dell'apprendente-parlante sia centrata sulla forma del messaggio anziché (o oltre che) sul suo contenuto. In questo modulo, a meno che non si segnali esplicitamente una distinzione d'uso, i termini di acquisizione e apprendimento vengono usati indifferentemente per indicare lo sviluppo della competenza in una lingua, che si manifesta nell'uso linguistico di un apprendente-parlante. Un'ultima distinzione che torna utile per descrivere il fenomeno dell'apprendimento è la discrepanza che può esistere fra la "competenza" che si ha in una lingua (ciò che si sa e si sa fare con una lingua) e l'"esecuzione", ovvero ciò che effettivamente si fa in un determinato momento comunicativo. Fattori contingenti, come l'ansia, la stanchezza o altri legati alla situazione comunicativa (un contesto informale, un argomento di conversazione più coinvolgente o complesso) possono portare, per motivi diversi, a un'esecuzione qualitativamente inferiore rispetto alla competenza dimostrata in altri contesti o momenti comunicativi. Le produzioni linguistiche inoltre possono essere rese frammentarie, e quindi formalmente meno corrette, dall'intervento di altri parlanti, da esitazioni, cambiamenti di progetto comunicativo, lapsus, eccetera. 1.3 - I fattori coinvolti Possiamo raggruppare gli elementi coinvolti nel fenomeno dell'acquisizione di seconde lingue intorno a tre poli: un polo è costituito dall'apprendente-parlante, con il suo specifico bagaglio di competenze e attitudini; il secondo polo è costituito dall'ambiente sociale in cui l'apprendente è immerso; il terzo polo è costituito dalla produzione linguistica effettiva, derivante dall'interazione fra l'apprendente e gli altri parlanti. Gli studi sull'apprendimento hanno fondamentalmente seguito due orientamenti: un filone di studi ha avuto come ambito di interesse il polo linguistico, sia come oggetto in sé (studio delle produzioni dell'apprendente o dell'interazione fra apprendente e altri parlanti), sia come manifestazione della competenza del parlante, che di per sé non è osservabile direttamente; un secondo filone di studi si è occupato delle relazioni esistenti fra il polo linguistico e gli altri due (studio dei fattori di variazione extralinguistici coinvolti nel processo di apprendimento e della loro influenza su di esso). Per quanto riguarda il parlante-apprendente, caratteristiche individuali che sono state riconosciute come rilevanti e influenti sul fenomeno dell'apprendimento sono l'età, il sesso, la personalità, le specificità intellettive e cognitive, l'educazione ricevuta e le conoscenze pregresse, l'atteggiamento nei confronti della lingua che si sta imparando ("lingua di arrivo") e della comunità e della cultura che essa rappresenta (vedi il modulo Modelli teorici sull’apprendimento di una L2, UD 6). Un fattore rilevante è poi naturalmente la competenza in altre lingue, in particolare nella madrelingua: tutte queste sono dette "lingue di partenza". Per quanto riguarda l'atteggiamento dell'apprendente nei confronti dell'apprendimento si parla di "motivazione integrativa" e "motivazione strumentale", intendendo rispettivamente la spinta all'apprendimento di una lingua legata all'intenzione o al bisogno di inserirsi e integrarsi nella comunità dei parlanti, e la spinta all'apprendimento motivata dall'intenzione o dal bisogno di comunicare con i parlanti in situazioni comunicative limitate (vedi la scheda Motivazioni allo studio dell’italiano). Esempi di motivazioni strumentali sono quelli dei lavoratori del turismo, che devono comunicare con turisti stranieri, o quello di uno studioso che deve comunicare con colleghi stranieri; esempio di motivazione integrativa è, di solito, quello 10 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… dell'immigrato che si trasferisce stabilmente in un paese straniero (ma non mancano casi in cui la motivazione è solo strumentale). All'interno del polo "ambientale" possono essere annoverati fattori quali il ruolo sociale e le relazioni interpersonali dell'apprendente nella comunità dei parlanti, il tipo di lingua con cui l'apprendente viene a contatto, le occasioni di comunicazione, la frequenza, la durata e le modalità dell'esposizione alla seconda lingua. Una fondamentale distinzione a questo riguardo è quella fra l'apprendimento "naturale" o "spontaneo" di una lingua, che avviene a seguito del contatto e dell'interazione con la comunità nativa, e l'apprendimento "guidato" attraverso forme diverse di insegnamento ed esposizione alla lingua. 1.4 - Comunicare e apprendere L'apprendente di una lingua è immerso in un paradosso (Klein 1986): deve apprendere la lingua per comunicare con i parlanti competenti, e deve comunicare con i parlanti per apprendere la lingua. L'idea soggiacente a questo paradosso è che comunicazione e apprendimento siano meccanismi che si stimolano e modificano reciprocamente: il materiale linguistico prodotto dai parlanti della seconda lingua con cui l'apprendente viene a contatto, detto "input", costituisce l'innesco del meccanismo di apprendimento, che mette in grado l'apprendente progressivamente di produrre a sua volta enunciati in quella lingua, ovvero di produrre un "output" in quella lingua. L'input e l'output linguistici sono i soli materiali osservabili dell'intero fenomeno dell'apprendimento; come dall'uno si arrivi all'altro, ovvero che cosa avvenga nella "scatola nera" della mente dell'apprendente, non può che essere oggetto di ipotesi e, allo stato attuale delle ricerche, oggetto di dibattito acceso. Di seguito indichiamo alcuni punti dati ormai per consolidati dalle diverse prospettive. Tutte le ipotesi teoriche concordano ormai sul fatto che il processo di apprendimento non consista nella semplice percezione, memorizzazione e riproduzione di input linguistici: fra la fase di percezione e quella di produzione si frappongono processi di analisi, rielaborazione e riorganizzazione del materiale linguistico. Un primo processo di selezione è operato dall'apprendente in fase di ricezione: le produzioni dei parlanti vengono recepite e analizzate secondo strategie legate alla salienza percettiva e alla significatività contestuale del messaggio. I primi nuclei linguistici che vengono isolati sono cioè legati ai segmenti maggiormente salienti dal punto di vista fonico e più facilmente ancorabili a un significato ricavabile dal contesto. All'interno della sequenza fonica continua (resa in caratteri dell'alfabeto fonetico e corrispondente alla frase: "Scusi, può passarmi il sale?"): /'skuzipwopas'sarmil'sale/ l'apprendente, guidato dal contorno prosodico (vedi la scheda Fonologia segmentale e fonologia soprasegmentale) dell'enunciato e dalla situazione comunicativa in cui l'enunciato è pronunciato, riconosce dei nuclei di significato organizzati intorno a sequenze foniche. Ad esempio, può imparare che la sequenza /'sale/ corrisponde al significato "sale". È quella che Wolfgang Klein (Klein 1986) chiama l'attività di "analisi". Il materiale così analizzato, che si è talvolta denominato "intake" (vedi il modulo Modelli teorici sull’apprendimento di una L2, UD 7), per sottolineare lo scarto fra l'input prodotto dal parlante e la sua percezione da parte dell'ascoltatore, costituisce la base su cui l'apprendente formula, in modo più o meno consapevole, ipotesi per ricostituire criteri di organizzazione dei materiali linguistici della seconda lingua, ovvero per costruirne una "grammatica transitoria" (attività di "sintesi"). 11 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Per costruire a propria volta degli enunciati nella seconda lingua, l'apprendente deve svolgere un'attività di "interazione" e "integrazione" fra ciò che vuole e sa dire e l'informazione reperibile attraverso il contesto linguistico ed extralinguistico: si tratta dell'embedding problem o "problema dell'integrazione" secondo Klein (Klein 1986). L'interazione comunicativa fra il parlante competente e l'apprendente sostiene il progresso della competenza e l'avanzamento dell'apprendimento, il quale, a sua volta, consente una migliore e maggiore comunicazione. Il confronto costante fra le proprie produzioni e quelle dei parlanti competenti può inoltre innescare un ulteriore fattore di apprendimento, ovvero lo stimolo a rendere la propria lingua somigliante a quella del nativo: è il matching problem o "problema dell'adeguamento" nei termini di Klein (Klein 1986). 12 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… UD 2 - Modelli e metodi di analisi L’unità didattica descrive i principali approcci storicamente adottati per l’analisi dei dati di seconde lingue e introduce alle principali ipotesi esplicative sui meccanismi di acquisizione. 2.1 - L’approccio contrastivo 2.2 - L’analisi degli errori: una tassonomia descrittiva 2.3 - L’analisi degli errori: un'interpretazione delle cause 2.4 - Interlingua e varietà di apprendimento 2.5 - Teorie del comportamento psicolinguistico 2.6 - Teorie funzionaliste 2.1 - L'approccio contrastivo I primi studi sistematici dedicati al fenomeno dell'acquisizione di seconde lingue, sviluppati negli anni Quaranta-Sessanta dai linguisti americani Fries e Lado, hanno osservato le produzioni degli apprendenti sullo sfondo del confronto, cioè dell'analisi contrastiva, fra le strutture della lingua di partenza, ovvero la lingua già posseduta e conosciuta dall'apprendente, e quelle della lingua di arrivo, ovvero la lingua oggetto di apprendimento. L'ipotesi soggiacente a questa impostazione è che l'apprendimento di una seconda lingua consista nella progressiva sostituzione nella competenza dell'apprendente di strutture linguistiche proprie della lingua di partenza con quelle proprie della lingua di arrivo. Le produzioni linguistiche devianti degli apprendenti sarebbero risultato di "interferenza" (vedi 7.6), ovvero di indebito uso di elementi della lingua di partenza non corrispondenti a strutture della lingua di arrivo. Viceversa, il trasferimento di strutture può avere un ruolo positivo, facilitante, quando fra una struttura della lingua di partenza e la corrispondente nella lingua di arrivo vi sia identità. Sulla base dei rapporti di corrispondenza fra strutture delle lingue di partenza e di arrivo, si possono prevedere aree e gradi di difficoltà nell'apprendimento e tipologie di errore. Questo tipo di tassonomia prende in considerazione e mette a confronto sottosistemi superficiali e isolati dei sistemi linguistici di partenza e di arrivo. Sono state prese in considerazione però anche comparazioni basate su approcci linguistici diversi, come quello generativo o quello tipologico (vedi UD 3). Benché l'ipotesi contrastiva abbia un suo indiscutibile peso nel giustificare difficoltà di apprendimento specifiche per coppie diverse di L1/L2, l'analisi contrastiva non riesce a render conto di tutte le devianze osservabili nelle produzioni degli apprendenti e non sempre fa previsioni corrette sugli errori riscontrabili in apprendenti di lingue materne particolari. Da queste difficoltà sono scaturiti nuovi approcci osservativi e modelli interpretativi, che hanno ridimensionato il ruolo dell'analisi contrastiva, almeno nella sua formulazione originaria, nel panorama degli studi sull'apprendimento. 13 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… 2.2 - L'analisi degli errori: una tassonomia descrittiva L'analisi degli errori è un metodo di osservazione che consiste nel confrontare sistematicamente gli enunciati prodotti da un apprendente in L2 e corrispondenti enunciati nella varietà dei nativi, e nello studiare poi le differenze che si osservano, ovvero gli errori prodotti dagli apprendenti. Proponiamo qui di seguito una tassonomia degli errori individuati, servendoci di esempi tratti dalla banca dati di Italiano L2 raccolta dall'Università di Pavia. Tutti gli esempi proposti in questo modulo si servono delle seguenti convenzioni di trascrizione: - la sigla iniziale fra barre oblique individua un apprendente: \MK\, \FR\; \IT\ indica un interlocutore italiano; - i segni + e - individuano delle pause rispettivamente lunghe e brevi; - il segno / indica una interruzione e autocorrezione; - il segno : indica allungamento della vocale; - le parentesi tonde indicano suoni poco udibili; - le parentesi quadre indicano glosse e commenti del trascrittore. Volendo adottare una tassonomia degli errori individuati si può dunque proporre la seguente: - omissione, ovvero mancata realizzazione di strutture della lingua di arrivo. In italiano L2, errori di omissione delle varietà iniziali sono la mancanza della copula o dell'ausiliare, dell'articolo, dei clitici. - inserzione di elementi non richiesti nella lingua di arrivo. Il seguente enunciato di italiano L2 presenta un errore di inserzione di copula: \MK\ lei era sta giocando (Banca Dati di Italiano L2) - disposizione errata degli elementi. Errori di questo tipo riguardano la posizione di elementi particolari, come la posizione della negazione o, nel caso seguente, dell'avverbio sempre: \TU\ quanti no capisco lingua italiana sempre perde tempo (Banca Dati di Italiano L2) - sostituzione di elementi. Ad esempio l'uso di una forma verbale al posto di un'altra, o l'alternanza libera di desinenze, come nelle forme verbali dell'esempio precedente. Questo metodo di analisi, che ha caratterizzato un vasto filone di ricerche (citiamo per tutti il volume di Dulay e altri 1982, che raccoglie e sistematizza i risultati delle ricerche degli anni precedenti), si è rivelato particolarmente fecondo sia per il contributo portato al raffinamento della nozione di errore, sia per aver messo in luce sistematicità fondamentali nelle produzioni degli apprendenti. Accanto a "errori isolati", ovvero che si manifestano in modo irregolare, si è osservata infatti la presenza di "errori sistematici", ricorrenti regolarmente nella produzione di apprendenti diversi. 14 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Nonostante il considerevole contributo apportato dagli studi basati sull'analisi degli errori in fatto di risultati e osservazioni, da più parti sono state nel tempo avanzate obiezioni ai metodi descrittivi adottati e ai criteri di classificazione proposti per i dati raccolti. Un primo difetto riguarda le tassonomie di errore tracciate, che peccano talvolta di coerenza e omogeneità, mischiando categorie descrittive, relative ai modi di manifestazione dell'errore, ed esplicative, relative all'interpretazione dell'errore. In secondo luogo, la classificazione descrittiva degli errori basata sulle sole forme impedisce talvolta di vedere devianze relative alle funzioni che le forme esprimono (ad esempio, la selezione errata di tempi del paradigma verbale di una lingua, se visto come "sostituzione" di forme, non descrive adeguatamente gli errori a livello di distinzioni funzionali). Infine, come è stato osservato, ridurre l'osservazione delle produzioni degli apprendenti ai soli fenomeni di devianza non ne consente una descrizione completa e internamente autosufficiente. 2.3 - L'analisi degli errori: un'interpretazione delle cause La constatazione che esistono errori che si riscontrano sistematicamente nelle produzioni degli apprendenti ha dato vita a diversi tentativi di giustificazione. A giustificazione non può essere sempre chiamata in causa l'interferenza della lingua di partenza, dato che si osservano errori sistematici simili in apprendenti di lingue di partenza diverse. Ad esempio, l'omissione della copula del predicato nominale è un errore sistematico che si riscontra in italiano L2 in apprendenti di diversa madrelingua, indipendentemente dal fatto che questa possieda o meno una copula. Accanto agli "errori interlinguistici", già osservati dagli studi contrastivi, si è riconosciuta quindi l'esistenza di "errori intralinguistici", indipendenti dalle condizioni in cui l'apprendimento avviene e che sembrano connaturati al processo stesso di apprendimento (chiamati perciò anche "errori evolutivi"). Gli errori evolutivi sembrano soggiacere a criteri comuni di ricerca di regolarità, trasparenza e biunivocità del rapporto forma/funzione nelle strutture. Ad esempio, errori di sostituzione o di errata disposizione di elementi possono essere causati da "sovraestensione", ovvero dall'applicazione di una regola oltre i suoi contesti di applicazione. Errori di questo tipo sono le formazioni analogiche, come nell'italiano L2 presato, prendato, prenduto per "preso". Gli errori di omissione sembrano rispondere a strategie di "semplificazione", ovvero di evitamento di strutture di difficile percezione e comprensione. Errori di questo tipo sono l'omissione di elementi di morfologia libera come gli articoli, gli ausiliari, i clitici nell'italiano L2; l'omissione di morfologia legata, come la desinenza -s del plurale o della terza persona dell'inglese L2; l'uso per ogni verbo di un'unica forma, priva di valore distintivo per i valori di tempo, aspetto, persona, fenomeno questo che si riscontra in modo sistematico nelle prime fasi di apprendimento di diverse L2 (vedi la scheda Tipi di errore). Volendo risalire oltre una lettura puramente linguistica dell'errore, ci si può interrogare sulle cause che portano all'esistenza di tali deviazioni sistematiche. Esse possono rispondere (Meisel in Pidginization and creolization as language acquisition 1983) ad almeno due possibili strategie. È possibile vedere gli errori come l'effetto di una ricerca di efficacia comunicativa, che mira a ottenere l'effetto comunicativo voluto minimizzando lo sforzo di elaborazione necessario a produrlo; in questo senso gli errori sarebbero dovuti a strategie, eventualmente temporanee, di gestione di un sistema linguistico troppo complesso per essere dominato nel suo insieme. È possibile altrimenti vedere gli errori come l'effetto di strategie di apprendimento, ovvero come la manifestazione dell'elaborazione di ipotesi, eventualmente temporanee, relative al funzionamento del sistema linguistico di arrivo. Meisel distingue in questo senso una semplificazione "restrittiva" da una semplificazione "elaborativa". 15 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… 2.4 - Interlingua e varietà di apprendimento Il concetto di "interlingua" (IL) si sviluppa fra gli anni Sessanta e Settanta all'interno degli studi linguistici sugli errori degli apprendenti per fare riferimento alla lingua degli apprendenti. Il termine si deve a uno scritto di Selinker (Selinker 1972), ma lo stesso concetto si trova in Corder, che in un saggio del 1967 parla di built-in syllabus (ovvero sillabo interno innato; con riferimento al fatto che gli apprendenti seguono uno specifico percorso di apprendimento anche se non hanno ricevuto un insegnamento esterno esplicito, basato su un sillabo) e di "idioletto" (termine solitamente usato per fare riferimento a una varietà di lingua come viene parlata da un individuo o da un gruppo ristretto); più recentemente (Klein 1986) è stato proposto il termine di "varietà di apprendimento". In tutte queste denominazioni è contenuta l'idea che quella usata dagli apprendenti sia una vera e propria lingua, con caratteristiche specifiche e principi di sviluppo e di organizzazione propri. L'approccio all'acquisizione di seconde lingue in termini di interlingua si appoggia sui risultati ottenuti dall'analisi degli errori osservando la sistematicità delle produzioni degli apprendenti, ma rispetto a questa impostazione modifica profondamente la prospettiva di osservazione e gli obiettivi di ricerca. L'uso del termine di interlingua per designare la lingua degli apprendenti postula infatti l'ipotesi che le produzioni degli apprendenti vadano considerate non solamente come riproduzioni "degenerate" di enunciati della lingua di arrivo, ma come manifestazioni di veri e propri sistemi linguistici, anche se instabili e transitori: l'analisi delle interlingue, in quanto analisi di sistemi, diventa allora indipendente dal confronto con la lingua di arrivo e mira piuttosto alla ricostruzione, a partire dagli enunciati prodotti dagli apprendenti in ogni fase, delle coppie di forme/funzioni e delle regole che costituiscono tale sistema. Rispetto agli approcci precedenti, lo studio delle produzioni degli apprendenti in termini di interlingua comporta quindi due importanti novità: una visione sistematica, poiché l'obiettivo del ricercatore non è più il confronto fra produzioni di apprendenti e produzioni di nativi, ma la ricostruzione del sistema linguistico soggiacente alle produzioni degli apprendenti in una determinata fase del percorso di apprendimento; una visione dinamica, poiché l'attenzione è rivolta non solo all'analisi dei sistemi transitori, ma anche ai processi che ne regolano l'evoluzione, ovvero ai meccanismi di (ri)costruzione e rielaborazione progressiva del sistema. La nozione di interlingua o di varietà di apprendimento è stata fatta propria da tutta la ricerca attuale sull'acquisizione di seconde lingue e viene adottata anche nell'illustrazione dell'acquisizione dell'italiano L2 presentata qui. Diversi sono però i modelli teorici che sono stati elaborati a partire da essa, sia relativamente alle forze che sono state chiamate in causa per spiegare la direzione del percorso evolutivo delle interlingue, sia relativamente all'interpretazione che è stata data di tale evoluzione. Riguardo alle forze chiamate in causa come possibili motori dell'evoluzione delle interlingue possiamo distinguere fra approcci di tipo "mentalista", di cui la “teoria del monitor” di Krashen con le sue cinque ipotesi (vedi la scheda Krashen, la SLAT e le cinque ipotesi) e la Grammatica Universale di Noam Chomsky (vedi 2.5) sono le due più note teorie di riferimento nell’ambito dell’acquisizione della L2, approcci di tipo "ambientalista", che adducono motivazioni legate alle condizioni ambientali in cui le interlingue si sviluppano (vedi la scheda L’approccio ambientalista) e approcci di tipo "funzionalista" o "interazionale" che adducono motivazioni legate alle caratteristiche dell'interazione e della comunicazione umana (vedi 2.6). 16 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… 2.5 - Teorie del comportamento psicolinguistico L'approccio contrastivo alle varietà di apprendimento ha trovato un sostegno teorico nella coeva psicologia comportamentista di Skinner, secondo la quale l'apprendimento, e quindi anche l'apprendimento linguistico, è il risultato della formazione di abitudini comportamentali. Il comportamento viene descritto in termini di risposta a stimoli ambientali; nel caso dell'apprendimento di una seconda lingua, nuove abitudini comportamentali, ovvero le produzioni nella seconda lingua, devono essere fissate in risposta a stimoli linguistici nuovi, ovvero le produzioni dei nativi o dei parlanti la seconda lingua, e devono sostituire abitudini linguistiche già formate relative alle lingue già conosciute. Noam Chomsky Questa lettura del comportamento linguistico è stata, a partire dalle posizioni di Noam Chomsky (Chomsky 1959), duramente criticata, perché ritenuta non adeguata a spiegare l'aspetto creativo dell'abilità linguistica. Nella prospettiva chomskiana, imparare una lingua significa piuttosto ricostruirne le regole di funzionamento a partire dagli stimoli linguistici proposti dai parlanti già competenti; la facoltà di (ri)costruire e usare creativamente un sistema linguistico è una delle capacità innate dell'uomo. Il modello chomskiano si spinge oltre la semplice constatazione dell'aspetto creativo e propriamente umano del linguaggio, postulando l'esistenza di un dispositivo mentale specificamente preposto all'acquisizione del linguaggio (LAD: language acquisition device), il quale guida l'apprendente nel lavoro induttivo di ricostruzione del sistema linguistico, sulla base di una grammatica universale che dà forma a tutte le lingue umane (vedi 3.1): ciò spiegherebbe la relativa rapidità con cui le lingue vengono apprese, a partire da stimoli giudicati insufficienti dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Non tutti i modelli che chiamano in causa abilità mentali umane nel dare forma al processo di apprendimento seguono il paradigma chomskiano. A partire da studi sull'apprendimento di lingue materne e lingue seconde, Dan Slobin ha elaborato un sistema di "principi operativi" che guidano l'apprendente nella elaborazione dell'input, nella costituzione di ipotesi provvisorie sul sistema linguistico e nella produzione. Esempi di principi operativi agenti nella processazione dell'input sono: "presta attenzione agli elementi dotati di accento"; "presta attenzione alla parte iniziale delle parole". Principi che rimandano a criteri di facilità di processazione sono anche quelli poi tradotti nell'"ipotesi di apprendibilità", o "insegnabilità", di Manfred Pienemann (Pienemann 1984), per il 17 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… quale l'apprendimento delle strutture linguistiche segue percorsi dipendenti dalla quantità e dal tipo di regole di processazione necessarie a produrle e decodificarle: ogni grammatica transitoria dell'apprendente è composta di determinate regole di processazione e può dar luogo solo a produzioni che soggiacciono a tali regole; una struttura che richieda regole non ancora proprie della grammatica transitoria posseduta non potrà essere né compresa né prodotta; l'ordine di acquisizione delle regole di processazione è inoltre indipendente dalle lingue di partenza e arrivo e non può essere modificato. Esempi di regole di processazione ordinate per difficoltà crescente sono: il mantenimento di un ordine lineare di base dei costituenti; l'abilità di spostare un costituente in posizione iniziale o finale; l'abilità di spostare un costituente in posizione interna, interrompendo l'ordine di base. 2.6 - Teorie funzionaliste Sotto l'etichetta di "approcci funzionalisti" raduniamo alcuni modelli che motivano le caratteristiche costanti dell'apprendimento linguistico a partire dalle funzioni universali che il linguaggio ha nella comunicazione. Le produzioni linguistiche di qualsiasi parlante, in quanto strumenti di comunicazione, condividono funzioni universali come l'articolazione informativa in "topic" o "tema" (cioè "ciò di cui si parla", il soggetto psicologico o punto di partenza dell'enunciato) e "comment" o "rema" (cioè la predicazione, "ciò che si dice del topic"), la segnalazione di elementi noti ed elementi nuovi, l'esistenza di elementi deittici e anaforici, mezzi per il riferimento spaziale, temporale, personale, mezzi per il riferimento a oggetti e processi ecc. A partire dall'analisi di queste funzioni è possibile descrivere e giustificare le somiglianze osservate interlinguisticamente. Un approccio particolarmente fecondo è quello funzionale/tipologico di Talmy Givon (in Language universals 1984): questo approccio confronta sistemi linguistici diversi sia in sincronia sia in diacronia per individuare dei principi funzionali costanti del mutamento in fenomeni diversi di dinamismo linguistico, come il mutamento diacronico, l'apprendimento del linguaggio e l'apprendimento delle seconde lingue. La nascita di strutture linguistiche specifiche, che si osserva nel mutamento sia sul piano individuale (nell'evoluzione della capacità linguistica del singolo individuo) sia sul piano sociale (nell'evoluzione storica delle lingue), è vista come un processo in cui funzioni linguistiche universali si fissano nelle diverse lingue in forme grammaticali specifiche. Ad esempio, la necessità funzionale universale di porre in evidenza il topic di un enunciato ha portato in diverse lingue (per esempio il latino) a un sistema di marche linguistiche che sono diventate marche di soggetto: infatti di solito il soggetto di una frase è anche il topic dell'enunciato. Fenomeni di grammaticalizzazione di questo tipo sarebbero alla base anche dell'apprendimento linguistico. Su basi funzionali è impostato anche il modello delle varietà di apprendimento proposto dai progetti della European Science Foundation (Perdue 1993), che non parte da prospettive di comparazione linguistica, ma è più precisamente orientato all'acquisizione di seconde lingue. Sulla scorta delle regolarità osservate nei percorsi di apprendimento dei mezzi di espressione di alcune funzioni linguistiche (ad esempio il riferimento personale o temporale) in apprendenti di diverse lingue di partenza e arrivo, il modello individua un costante percorso attraverso varietà linguistiche successive, improntate rispettivamente a principi di tipo pragmatico, semantico e morfosintattico. Di questi, solo l'ultimo stadio è più specificamente orientato alla lingua di arrivo: l'acquisizione di una lingua è vista quindi come un percorso di avvicinamento alle specifiche strutture morfosintattiche della lingua di arrivo, a partire da varietà iniziali impostate su più generali principi pragmatico-semantici. Il fatto che le varietà di apprendimento iniziali non siano ritratte da un 18 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… sistema linguistico specifico, se non per la selezione del materiale lessicale, spiega la loro considerevole somiglianza, che viene a perdersi mano a mano che l'apprendente, nel processo acquisitivo, "riorienta" il proprio sistema di interlingua verso quello della lingua di arrivo. 19 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… UD 3 - Acquisizione e teorie linguistiche Questa unità fornisce una breve presentazione di alcuni concetti generali che hanno rilevanza per l’acquisizione di lingue seconde, facendo riferimento principalmente ai modelli teorici della linguistica generativa e della tipologia. 3.1 - Gli universali linguistici 3.2 - Gli universali tipologici 3.3 - Principi universali e apprendimento: la marcatezza 3.4 - Principi universali e apprendimento: naturalezza e iconicità 3.5 - Tipologia linguistica e distanza tipologica 3.1 - Gli universali linguistici Chi apprende una seconda lingua possiede già conoscenze generali sulla natura del linguaggio e anche conoscenze specifiche sulla propria lingua madre. Gli universali linguistici sono le proprietà comuni a tutte le lingue umane. La ricerca sugli universali ha adottato nelle recenti teorie linguistiche due impostazioni diverse: una associata alla linguistica generativa e all’opera di Noam Chomsky, l’altra associata alla linguistica tipologica e all’opera di Joseph Greenberg. Joseph Greenberg Secondo i generativisti gli universali sono innati. La Grammatica Universale consiste di principi molto generali e astratti (come, ad esempio, il principio della "dipendenza dalla struttura", secondo il quale la conoscenza del linguaggio si fonda sulle relazioni strutturali che sussistono all’interno delle frasi) e di parametri che prevedono un sistema ristretto di opzioni predeterminate. La Grammatica Universale è una componente innata della facoltà di linguaggio umana: essa è presente nel bambino che apprende la lingua materna come insieme di principi e parametri. I dati dell’ambiente linguistico del bambino interagiscono con la Grammatica Universale e stabiliscono la grammatica centrale (core grammar) che assegna i valori ai parametri producendo lingue umane diverse. 20 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… La conoscenza del linguaggio è dunque strettamente collegata al problema dell’acquisizione della prima lingua. Chi impara una seconda (o una terza) lingua dispone già di un esempio di realizzazione della Grammatica Universale nelle forme della sua prima lingua. Un lungo dibattito si è aperto tra i linguisti generativi per stabilire il ruolo della Grammatica Universale nell’apprendimento di una lingua seconda. Si possono distinguere tre opzioni: gli apprendenti di una L2 hanno accesso diretto e possono quindi assegnare direttamente i valori ai parametri senza fare riferimento alla L1; gli apprendenti passano attraverso la realizzazione dei parametri della loro L1 (accesso indiretto): nel caso che la L1 e la L2 si comportino diversamente rispetto a un certo parametro ci si aspetta che all’inizio gli apprendenti preferiscano i valori della lingua madre; infine, altri studiosi ritengono che l’apprendimento della L2 non metta in gioco la Grammatica Universale, ma sia basato su altre proprietà della mente e su abilità diverse, come la capacità di imitazione, di memorizzazione ecc. Il dibattito è ancora aperto, ma in realtà tutti i modelli sono possibili e possono essere veri per diversi contesti di apprendimento. Ricordando tuttavia che le varietà di apprendimento sono lingue naturali, sembra necessario ritenere che la Grammatica Universale sia in qualche modo accessibile, almeno per definire i limiti entro i quali le lingue possono variare: infatti le interlingue non violano quei principi della Grammatica Universale che definiscono le proprietà delle lingue umane possibili. 3.2 - Gli universali tipologici Nel quadro teorico di Greenberg e della tipologia linguistica, la ricerca sugli universali prende le mosse da un campione vasto e rappresentativo di lingue da cui vengono ricavati induttivamente universali o tendenze universali. In un noto lavoro del 1966, Greenberg ha proposto 45 universali riguardanti la grammatica e l’ordine delle parole nella frase semplice, molti dei quali sono tendenze universali a cui la gran maggioranza delle lingue si conforma, ma sono ammesse eccezioni. Di particolare interesse per definire i limiti della variazione tra le lingue è la nozione di "universale implicazionale". Gli universali implicazionali pongono in relazione la presenza di una determinata struttura di una lingua con quella di un’altra struttura nella medesima lingua. Un esempio di universale implicazionale assoluto è: "se una lingua ha come ordine basico delle parole VSO (Verbo Soggetto Oggetto), allora è preposizionale" (ovvero usa delle preposizioni, meglio dette adposizioni, che precedono il nome o il verbo cui si riferiscono); un esempio di tendenza universale implicazionale è: "se una lingua ha ordine basico SOV, sarà probabilmente posposizionale" (ovvero usa delle adposizioni che seguono il nome o il verbo cui si riferiscono). Sulla base delle relazioni implicazionali sono state individuate tipologie complesse riguardanti la collocazione reciproca di verbo e oggetto. In questa classificazione è fondamentale la nozione di "testa", ovvero di elemento reggente: il verbo è l'elemento reggente rispetto al suo oggetto, il nome rispetto al suo aggettivo, la preposizione rispetto al nome o al verbo cui si riferisce e così via. Sono stati riconosciuti due tipi fondamentali: - lingue VO che costruiscono a destra (dette anche "a testa iniziale"), in cui l’oggetto segue il verbo, l’aggettivo segue il nome, il genitivo segue il nome da cui dipende, la relativa segue il nome testa. - lingue OV che costruiscono a sinistra (dette anche "a testa finale"), in cui l’oggetto precede il verbo e i vari determinanti, aggettivi, genitivi, le relative precedono il nome testa. 21 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… È difficile trovare lingue del tutto coerenti dal punto di vista tipologico: un caso di lingua OV molto coerente è il turco. L’italiano è fondamentalmente VO, tuttavia ammette anche tratti coerenti col tipo OV, come l’aggettivo davanti al nome, il possessivo anch’esso davanti al nome, l’avverbio davanti all’aggettivo. Uno dei modelli teorici più conosciuti e più fecondi per la ricerca tipologica è la "gerarchia di accessibilità" del sintagma nominale individuata da Keenan e Comrie. La possibilità di formare frasi relative nelle lingue del mondo è strettamente collegata al ruolo svolto dall’elemento relativizzato nella frase relativa. Come si può vedere, i ruoli sintattici si collocano gli uni rispetto agli altri nella seguente gerarchia implicazionale: S > OD> OI> OBL >GEN La gerarchia asserisce che è più frequente e più facile formare relative sul soggetto (S) che sull’oggetto diretto (OD), che, a sua volta, sull’oggetto indiretto (OI), che sull’oggetto obliquo (OBL), che sul genitivo di possesso (GEN). Si asserisce inoltre che esiste in tutte le lingue del mondo una strategia di relativizzazione del soggetto. Gli esempi seguenti illustrano le possibilità previste dalla gerarchia: l’uomo che ha ucciso il serpente (relativa sul soggetto) il serpente che l’uomo ha ucciso (relativa sull’oggetto diretto) la donna a cui l’uomo ha dato il libro (relativa sull’oggetto indiretto) l’amico col quale ho fatto un viaggio (relativa sull’obliquo) l’uomo il cui cane è fuggito (relativa sul genitivo di possesso). Questa "gerarchia tipologica", che ha una validità psicologica nella maggior facilità di comprensione della relativizzazione dei ruoli sintattici più accessibili, è stata verificata anche su dati di apprendenti di diverse lingue seconde e ha mostrato interessanti possibilità di interazione tra generalizzazioni tipologiche e strategie di apprendimento. 3.3 - Principi universali e apprendimento: la marcatezza Nelle ricerche sulle lingue seconde sono state utilizzate nozioni teoriche che trovano posto in diverse teorie linguistiche. Una di queste è la nozione di "marcatezza", usata dalla Scuola di Praga (vedi la scheda La Scuola di Praga) , dalla linguistica tipologica e dal generativismo, che fa riferimento a un insieme di fenomeni molto comuni nelle strutture delle lingue umane. Nella prospettiva tipologica sono stati proposti criteri per distinguere forme marcate e non marcate (vedi la scheda Marcatezza). In linea di massima i valori non marcati sono più semplici in termini di complessità strutturale (numero dei morfemi) di quelli marcati; sono inoltre più frequenti, in quanto occorrono in un numero maggiore di lingue. Ad esempio, il singolare è di solito non marcato rispetto al plurale: questo risulta chiaro in inglese, dove il plurale è marcato da un morfema aggiunto al singolare: book/book-s, meno chiaro nell’italiano, in cui anche il singolare è marcato da 22 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… un suo morfema: libr-o/libr-i. Il singolare inoltre occorre in un maggior numero di lingue (ci sono lingue che non marcano il plurale). Le relazioni di marcatezza sono state usate spesso nelle ricerche su L2 e anche su L1: è stata formulata l’ipotesi che le forme non marcate siano più facili da apprendere. Questo assunto consente di fare previsioni sull’ordine di acquisizione e sulle strategie utilizzate dagli apprendenti. Ad esempio, il processo di acquisizione delle desinenze verbali e nominali dell’italiano ha inizio con una forma non marcata, che corrisponde spesso alla terza persona singolare del presente indicativo per il verbo e alla forma del maschile in –o per il nome (vedi 5.2 e 5.5). Le relazioni di marcatezza possono essere espresse in termini di universali implicazionali (vedi 3.2). Ad esempio, esistono diversi modi per costruire una frase relativa, che in parte dipendono dal modo in cui il sintagma relativizzato viene ripreso nella frase relativa. L'italiano, per esempio, si serve di un pronome relativo: Ho appena incontrato la persona di cui mi stai parlando, dove la persona è il sintagma relativizzato e di cui il pronome relativo. Esistono altre strategie di ripresa, ma hanno probabilità di esistenza diverse nelle lingue. Una "gerarchia di accessibilità" per i diversi ruoli sintattici che un elemento relativizzato può ricoprire è stata stabilita dai tipologi Keenan e Comrie sulla base dell'osservazione di un consistente campione di lingue. La strategia in cui un pronome dimostrativo o anaforico segnala il ruolo sintattico del sintagma relativizzato è usata più facilmente per i ruoli sintattici più bassi (cioè meno accessibili) della gerarchia (ad esempio, il genitivo di possesso) che per quelli più alti e più facili da relativizzare, come il soggetto. Le ricerche sull’acquisizione dell’italiano hanno confermato che le posizioni meno marcate di soggetto e oggetto sono acquisite più facilmente dagli apprendenti, mentre le posizioni più basse sono scarsamente usate (ma i dati di apprendenti guidati possono essere diversi come effetto dell’istruzione). In conclusione, la tipologia linguistica e la nozione di gerarchia implicazionale proposta per scopi descrittivi e basata sulla nozione di marcatezza ha fornito spiegazioni parziali all’acquisizione, poiché, come abbiamo detto, gli apprendenti seguono l’ordine non marcato > marcato. 3.4 - Principi universali e apprendimento: naturalezza e iconicità Gli apprendenti di lingue seconde, al pari dei bambini che apprendono la lingua materna, mettono in atto strategie di regolarizzazione nell’acquisizione della morfologia, che hanno l’effetto di creare forme semanticamente e formalmente (più) trasparenti. Ad esempio, i bambini italiani creano parole come negoziaio sul modello frequente di "fornaio", oppure regolarizzano i verbi irregolari formando uscio da "uscire" sul modello di "parto" da "partire". Anche nell’italiano di stranieri si trovano spesso esempi di formazioni analogiche. Per il participio passato, al posto di forme irregolari vengono create forme regolari per analogia con i participi della prima coniugazione, di gran lunga la più frequente in italiano: respondato per "risposto", distruggiato per "distrutto" ecc. In verbi irregolari come "andare" si può trovare vadòno per "vanno", formato sulla prima persona "vado". La preferenza per forme regolari e trasparenti è motivata dal fatto che tali forme possono essere segmentate in parti alle quali l’apprendente è in grado di attribuire un significato e che sono quindi 23 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… più facili da analizzare e da memorizzare. Naturalmente gli apprendenti imparano anche le forme irregolari, come faccio o il presente del verbo "essere" sono/è; tuttavia le forme irregolari sono probabilmente apprese e memorizzate come elementi non analizzati, a differenza di quanto avviene per le forme regolari. Le strategie di cui abbiamo parlato fanno parte dei principi della "naturalezza". Le forme naturali in fonologia e in morfologia sono più frequenti, più salienti, sono apprese prima e non sono colpite da disturbi del linguaggio. La teoria della naturalezza è stata proposta dal linguista austriaco Wolfgang Dressler come una teoria che consente di fare predizioni sia sull’uso linguistico che sull’acquisizione delle lingue, oltre che sulla direzione del mutamento linguistico. La trasparenza si ricollega al principio semiotico generale dell’"iconicità": una "icona" è un segno linguistico che presenta una qualche somiglianza tra la forma e la sostanza, o l’oggetto che il segno rappresenta. Ne sono un esempio le onomatopee, come ticchettio, rimbombare, chicchirichì, in cui la forma imita il rumore o il suono designato. L’iconicità è un carattere presente nelle lingue umane, peraltro un po’ marginale rispetto all’arbitrarietà, che è la proprietà fondamentale dei segni linguistici. Vi sono altri principi di natura iconica che gettano luce sulle strategie mediante le quali gli apprendenti analizzano ed elaborano l’input. Uno di questi è il principio dell’"isomorfismo", che asserisce la tendenza ad associare a una forma un solo significato (one-form-one-meaning). Della relazione univoca tra forma e significato sono stati portati molti esempi dall’apprendimento di L2 diverse. 3.5 - Tipologia linguistica e distanza tipologica Lo studio della diversità linguistica è importante e proficuo anche per l’acquisizione delle lingue. Infatti, studiando come parlanti che hanno lingue prime tipologicamente diverse imparano una certa lingua si ricavano indicazioni utili non solo a conoscere meglio le strategie e i percorsi dell’apprendimento, ma anche a verificare ipotesi teoriche su come sono organizzate le lingue umane. Per orientarsi nel numero assai elevato di lingue del mondo (circa 5000, o anche più, il numero preciso è difficile da stabilire) i linguisti hanno proposto delle classificazioni basate su diversi parametri. Ci baseremo sulla tipologia morfologica (elaborata già nel XIX secolo da Wilhelm von Humboldt e Friedrich Schlegel, che sono fra i fondatori della linguistica storica moderna) che riconosce tre tipi linguistici fondamentali: isolante, agglutinante e flessivo (a cui si aggiunge un quarto tipo, il polisintetico, che qui lasceremo da parte). Nelle "lingue isolanti" (di cui sono esempi il cinese e il vietnamita) le parole sono di solito costituite da un solo morfema e non hanno marche esplicite di categorie grammaticali. In altre parole, i verbi non hanno distinzioni di tempo o di persona, i nomi non hanno distinzioni di genere e numero. Nelle "lingue agglutinanti" (di cui il turco è un esempio) le parole hanno molti morfemi aggiunti al morfema radicale, e ciascun morfema indica una sola categoria grammaticale: ad esempio ler/lar è 24 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… il morfema del plurale, a il morfema del dativo, quindi adam-asta per "all’uomo", adam-lar-a sta per "agli uomini". Nelle "lingue flessive" o "fusionali" un singolo morfema grammaticale reca molteplici informazioni. Le lingue europee appartengono a questo tipo, in misura diversa: ad esempio, l’italiano bambin-i ha un morfema –i che indica sia il maschile sia il plurale, la forma verbale ved-i indica la seconda persona singolare del presente indicativo (ossia persona + tempo). In latino troviamo homin-ī (all’uomo), homin-ibus (agli uomini; i valori di dativo e plurale sono fusi in un’unica desinenza -ibus, a differenza del turco). La distanza tra il tipo isolante e il tipo flessivo (che si traduce in pratica in assenza di morfemi grammaticali contro ricchezza di distinzioni grammaticali) fa prevedere che gli apprendenti cinesi dovranno concettualizzare, ossia acquisire la consapevolezza della necessità di segnalare nella parte finale di nomi e verbi le distinzioni grammaticali appropriate. Si può ipotizzare che la distanza tipologica avrà delle ripercussioni sul processo di acquisizione, sulla lentezza e difficoltà nell’apprendimento dell’italiano da parte di gruppi di apprendenti. La distanza tra le lingue può essere percepita anche in modo soggettivo dall’apprendente, che su di essa può talvolta costruire strategie di apprendimento (vedi 7.6). In conclusione, le caratteristiche della lingua di origine permettono di formulare ipotesi sull’articolazione del processo di apprendimento. 25 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… UD 4 - Acquisizione e contesto L’unità mostra come lo sviluppo di lingue seconde possa variare a seconda dell’ambiente sociale (fino alla situazione speciale dei pidgin e dei creoli) e della condizioni culturali. L’unità istituisce inoltre un confronto tra l’acquisizione da parte dei bambini e quella da parte degli adulti. 4.1 - Lo stadio iniziale: proprietà e principi organizzativi 4.2 - Modificazioni dell’input e semplificazione 4.3 - Il confronto con pidgin e creoli 4.4 - L’insuccesso nell’apprendimento di L2 4.5 - Il confronto con l’acquisizione infantile 4.1 - Lo stadio iniziale: proprietà e principi organizzativi L’apprendimento di una seconda lingua è un processo evolutivo di carattere sistematico, che si sviluppa per stadi e tende per approssimazione graduale verso la conoscenza nativa della L2 (vedi 1.4, 2.3, 4.4). È utile distinguere nel processo uno stadio iniziale, in cui le produzioni degli apprendenti sono di solito costituite da formule fisse, saluti, formule di cortesia (non lo so, per favore, come si dice) che vengono memorizzate senza essere analizzate nelle parti che le compongono. Nella frase seguente si osserva come l'apprendente usa la formula come si chiama per segnalare una generica difficoltà di espressione (la frase significa: "lei vuole che lui salga sull'albero a prendere il pesce"): \TU\ lei volio lui andare a +++ come si chiama? + andare sopra a prendere pesce (Banca Dati di Italiano L2) Le produzioni iniziali degli apprendenti comprendono vari elementi lessicali (nomi, verbi, avverbi, ma l’assegnazione a una categoria grammaticale specifica è talvolta incerta) che vengono usati di solito in una forma "basica", priva di distinzioni grammaticali (vedi 5.2). Caratteristica fondamentale è l’assenza di distinzioni morfologiche, per cui si può affermare che la grammatica non è ancora sviluppata. Si veda l'esempio seguente, in cui non si saprebbe assegnare una categoria grammaticale alle espressioni vado e ritorno (la frase significa: "paghiamo solo il viaggio") \MK\ noi paghiamo solo pasaggio - vado e ritorno così (Banca Dati di Italiano L2) Nell'esempio seguente, l'uso delle diverse forme verbali non marca stabilmente una distinzione temporale o aspettuale e si possono avere informazioni al riguardo solo sulla base degli avverbi temporali e dei pronomi: \TU\ io fatto speciale media + di medico + finito poi +++ io adeso come univesità ++ però no univesità pechè io fato ++ capisci cosa dimi, no? +++ finito media + dodici ani di scuola +++ poi io imp(a)rare imp(a)rare come cras (xxx) ++ univesità (Banca Dati di Italiano) 26 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… (il brano riportato significa "io ho fatto una scuola media speciale, di medicina, poi ho finito, adesso faccio una scuola come l'università, ma non è proprio l'università perché ho fatto - capisci cosa dico, no? - ho finito la media, dodici anni di scuola, poi ho studiato in una classe come l'università"). Come mostra l'esempio precedente, gli enunciati sono accostati o collegati per mezzo di particelle coordinative come e, e poi, ma, mentre mancano quasi del tutto strutture gerarchiche di subordinazione. L’organizzazione delle produzioni iniziali è più pragmatica (pragmatic mode) che sintattica: in altre parole gli elementi lessicali sono messi insieme sulla base di principi organizzativi semantici e pragmatici. Ad esempio, l’informazione nota precede l’informazione nuova (vedi la scheda L’ordine delle parole in italiano); inoltre la distribuzione degli argomenti del verbo segue un principio semantico in base al quale il sintagma nominale il cui referente ha maggior controllo sul verbo viene per primo (tale è l’agente di un verbo come "picchiare" in Giovanni ha picchiato il suo amico). Viene in genere osservato il principio dell’ordine naturale, per cui in una narrazione gli eventi vengono presentati in modo da seguire l’ordine in cui sono accaduti nella realtà (vedi 6.2). Sulla base delle ricerche finora condotte si assume che i principi suddetti si riscontrino in tutte le interlingue, qualunque sia la lingua di arrivo e di partenza. Alle varietà di apprendimento o interlingue che rispondono a tali caratteristiche è stato dato il nome di "varietà basica" (basic variety; Klein e Perdue 1997). Alcuni parlanti si fossilizzano a questo livello (vedi 4.4), mentre altri proseguono il cammino verso la lingua di arrivo. 4.2 - Modificazioni dell’input e semplificazione I parlanti nativi di una lingua, quando parlano con apprendenti, mettono in atto varie strategie di semplificazione o modificazione dei loro enunciati, allo scopo di farsi capire meglio da ascoltatori non esperti. All’insieme di queste strategie si dà il nome inglese di foreigner talk (in italiano si può dire "varietà straniera"; vedi la scheda Foreigner talk e teacher talk: tra elaborazione e semplificazione e il modulo La gestione della classe: dall'interazione docente/allievo all'analisi e gestione dell'errore, UD 2). È stato osservato che le strategie di semplificazione nei foreigner talk di lingue diverse sono sostanzialmente le stesse: si tratta di strategie universali. Alcune modificazioni ricorrenti sono: - a livello fonologico: enunciazione lenta, marcata, a voce alta; - a livello morfosintattico: riduzione della complessità delle frasi, coordinazione; - a livello lessicale: scelta di parole più comuni, uso di perifrasi; - a livello pragmatico: riformulazioni, domande volte a verificare la comprensione, uso di gesti. Nell’interazione conversazionale si instaura una negoziazione del significato tra nativo e apprendente (vedi 6.1). 27 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Gli stessi fenomeni si possono trovare nell’input facilitato che l’insegnante di lingua straniera offre ai suoi allievi in classe (teacher talk; vedi la scheda Foreigner talk e teacher talk: tra elaborazione e semplificazione e il modulo La gestione della classe: dall'interazione docente/allievo all'analisi e gestione dell'errore, UD 2 e 3) e nell'input che un genitore rivolge al proprio bambino nei primi anni di vita (baby talk). In generale, questi input facilitati mirano ad agevolare la comprensione del parlante inesperto e non sono di impedimento al raggiungimento di una piena competenza. La semplificazione in questi casi va nella direzione di una riduzione della complessità di codificazione, ma non arriva all'eliminazione di regole morfosintattiche necessarie. Ci sono però varietà del foreigner talk in cui compaiono strutture non ammesse dalla grammatica dell’italiano: ad esempio vengono omessi articoli e preposizioni, i pronomi clitici sono sostituiti da forme toniche e i verbi non sono coniugati: tu dare a me tuo biglietto, cioè "dammi il tuo biglietto". A questo foreigner talk sgrammaticato che usa i verbi all’infinito, che può essere interpretato come un tentativo di imitare il presunto modo di parlare di uno straniero, sembra che ricorrano più frequentemente persone di stato sociale inferiore per rivolgersi a stranieri; esso viene interpretato come indizio di atteggiamento condiscendente e coloro a cui è indirizzato possono avere una reazione di rifiuto. 4.3 - Il confronto con pidgin e creoli È stato notato che le produzioni degli apprendenti mostrano somiglianze con i pidgin e creoli: tali somiglianze sono state spiegate col fatto che in entrambi i casi si attua un processo di genesi linguistica. Esaminiamo quali sono le basi per il confronto. Pidgin e creoli si sono sviluppati in comunità in cui era presente una maggioranza di schiavi provenienti da località diverse dell’Africa, che per interagire tra loro usavano una forma semplificata della lingua dei padroni. L’interazione conversazionale, nelle particolari condizioni delle piantagioni coloniali delle Antille e dei Caraibi, tra parlanti lingue europee (come francese, inglese, olandese) e parlanti diverse lingue africane è quella che ha dato origine ai pidgin. È stato sostenuto che i creoli traggono origine dai pidgin, quando essi diventano prime lingue dei figli di parlanti pidgin. Il processo di creolizzazione, che avviene anch’esso in particolari condizioni sociali, è caratterizzato dall’espansione del lessico e da una elaborazione, in diverso grado a seconda dei casi, della grammatica. Allo stato attuale della ricerca è emersa un’ampia varietà di condizioni storiche e sociali che hanno differenziato la genesi dei creoli in Africa, nei Carabi e nel Pacifico. Sembra comunque chiaro che i pidgin e in parte anche i creoli siano il risultato dell’acquisizione di lingue seconde da parte di adulti in circostanze particolari. Però non si può escludere nel processo di creolizzazione anche l’influenza dell’acquisizione di L1 da parte di bambini. I pidgin e i creoli sono stati di solito considerati lingue con alto grado di iconicità (vedi 3.4) e di analiticità. Il lessico dei pidgin è caratterizzato da elementi che possono avere funzione di nomi, verbi e aggettivi a seconda del contesto, un tratto di polifunzionalità che di per sé è opaco e che i pidgin espansi e i creoli superano sviluppando elementi morfologici e morfologia derivazionale che distinguono nomi e verbi. Lo sviluppo di strutture grammaticali che si può osservare nei pidgin espansi e nei creoli (ad esempio nel Tok Pisin, parlato in Nuova Guinea, e nel West African Pidgin English, parlato in Nigeria) suggerisce un confronto con quanto succede nelle interlingue, nelle quali troviamo assenza di morfologia allo stadio iniziale e sviluppo graduale di tratti grammaticali. 28 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Alcuni sviluppi non trovano però riscontro nelle interlingue. Questo è il caso delle marche di tempo e aspetto (vedi 2.3), che in lingue come l’inglese e l’italiano sono indicate da suffissi verbali: italiano parl-av-o, dove –av è la marca dell’imperfetto, ossia tempo passato e aspetto imperfettivo. Mentre i sistemi degli apprendenti di L2 generalmente mostrano il graduale sviluppo di morfemi suffissali, nei pidgin e creoli tempo e aspetto sono espressi (non obbligatoriamente) da elementi preverbali autonomi: bin (dall’inglese been, ovvero "stato") per indicare il passato o il cosiddetto anterior, ossia ciò che precede il momento dell’enunciazione, go (dall’inglese go, ovvero "andare"), marca di tempo e di modo per indicare futuro o intenzionalità. Per i pidgin e creoli, e anche per le interlingue, si è parlato di codici semplificati: in effetti, se si confrontano le lingue lessificatrici (cioè le lingue che forniscono ai pidgin il materiale lessicale, ad esempio l'inglese per il Tok Pisin e il West African Pidgin English) e le lingue di arrivo, si notano strutture più semplici e minor elaborazione grammaticale, ma in realtà l’interesse di questi casi è che essi consentono di seguire dagli stadi iniziali lo sviluppo linguistico e possono far comprendere meglio la natura e le proprietà delle categorie linguistiche e degli universali linguistici. 4.4 - L’insuccesso nell’apprendimento di L2 Il percorso dell’acquisizione tende verso un aumento delle conoscenze di L2 ai diversi livelli: fonetico, morfosintattico, lessicale. Tuttavia alcuni apprendenti, o gruppi di apprendenti, manifestano a un certo momento un blocco del processo evolutivo, detto "fossilizzazione". Non si tratta di un fenomeno occasionale dovuto a stress o a rilassamento psicologico, ma di un tratto stabile, che può essere collegato in molti casi alla scarsa integrazione di gruppi di immigrati con pochi contatti con i parlanti nativi (tale è il caso dei cinesi in Italia). Secondo una prospettiva psicosociolinguistica, il conflitto tra il bisogno di integrazione nella nuova società e la volontà di mantenere l’identità originaria è un fattore che può ostacolare l’apprendimento spontaneo di L2. Altri fattori potenzialmente rilevanti sono l’età degli apprendenti: infatti è opinione diffusa che i bambini imparino la lingua meglio degli adulti, un dato confermato dagli studi su famiglie immigrate, non solo nei paesi anglofoni, ma anche in Italia, i quali mostrano che i genitori, anche quando imparano la seconda lingua, la parlano con vistose differenze rispetto ai nativi, mentre i figli in tempo breve imparano la L2 tanto da essere spesso indistinguibili dai nativi (vedi 4.5). Anche un input quantitativamente limitato può favorire la fossilizzazione (una situazione che in parte rimanda alle condizioni che hanno favorito lo sviluppo dei pidgin e creoli: vedi 4.3); l’input limitato può dipendere da fattori di inserimento nella società e dal tipo di attività lavorativa, che rimandano a loro volta alla dimensione sociale già considerata. Si noti infine che la fossilizzazione non colpisce necessariamente l’intera competenza del parlante: all’interno di una data varietà di apprendimento si possono trovare sia elementi "dinamici", in via di evoluzione verso la L2, sia zone fossilizzate. Ad esempio, accade che la pronuncia si fossilizzi precocemente a un livello anche sensibilmente divergente dai parlanti nativi, mentre la morfologia e la sintassi continuano a evolvere verso la lingua di arrivo. In molti apprendenti, fossilizzati per quanto riguarda le conoscenze grammaticali, l’accrescimento lessicale prosegue speditamente: il risultato sarà una buona fluenza nel parlato con mezzi grammaticali fortemente limitati. Col termine di "regressione" (backsliding) si indicano invece fenomeni non sistematici, occasionali, di ritorno a uno stadio precedente e già superato dell’acquisizione. Tali fatti sono dovuti in genere a stanchezza o a stress e rientrano tra i fenomeni di performance, cioè tra i fenomeni legati alle caratteristiche particolari del momento in cui viene prodotto un enunciato. 29 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… 4.5 - Il confronto con l’acquisizione infantile Numerosi studi hanno suggerito che l’acquisizione di una L2 è simile nei bambini e negli adulti per quanto riguarda il percorso, ma che ci possono essere differenze sensibili sia nella velocità sia nel livello raggiunto (vedi 7.2). Una delle ragioni per cui i bambini ottengono risultati migliori è che di solito non si fossilizzano come succede agli adulti (vedi 4.4). Bambine all’asilo Bisogna tener presente che i risultati dell’acquisizione bilingue, che si verifica quando due lingue vengono apprese simultaneamente fin dalla prima infanzia, sono diversi da quelli ottenuti quando una lingua è appresa successivamente all’altra. Per quanto riguarda il discusso problema delle differenze tra apprendimento della L1 e della L2 (cioè sulla validità dell'ipotesi dell'identità fra apprendimento di L1 e L2: vedi 3.1 e 3.5), occorre mettere in evidenza che, ancora una volta, il livello raggiunto e la velocità di apprendimento sono i principali fattori di divergenza fra i due fenomeni: la prima lingua viene appresa in tempi relativamente brevi, in maniera sostanzialmente uniforme per i bambini di una stessa L1 e senza, di norma, grosse difficoltà per quanto riguarda i principi e le regole generali della grammatica. Viceversa, il processo di apprendimento di una L2 è più impervio e raramente porta a una competenza pienamente sviluppata, confrontabile con quella nativa. Per questo motivo è stato ipotizzato che nei due processi di apprendimento siano chiamate in causa abilità cognitive diverse o che, in termini innatisti, i dispositivi che presiedono all'acquisizione del linguaggio non siano più attivi in età adulta (vedi 3.1 e 7.2). Per quanto riguarda i percorsi di acquisizione, tuttavia, è possibile osservare dei fenomeni convergenti. Diamo qui di seguito alcuni esempi che riguardano l’acquisizione della morfologia del nome e del verbo e che mostrano tendenze convergenti e divergenze tra adulti e bambini. I bambini apprendono precocemente e sbagliano raramente la formazione dei femminili in –a basata sull’opposizione –o, -a (nonno, nonna), talvolta estesa (fratella per "sorella"); negli adulti si riscontrano formazioni analoghe. I bambini mostrano di cogliere il principale tipo di formazione del plurale dei nomi italiani in –i e lo estendono: i diti per "le dita", dui palli per "due palle"). Anche se non tutte le produzioni sono corrette (una fantasma, la problema), i bambini non hanno difficoltà con l’intreccio tra numero e genere e classe flessiva. La grammatica infantile mostra una precoce sensibilità per la sintassi, manifestata dalle regole di accordo. In conclusione, i bambini sbagliano raramente nell’assegnare il genere ai nomi, mentre gli adulti fanno errori di genere per lungo tempo (gli stessi dei bambini: la problema). Tanto i bambini quanto gli adulti, tuttavia, mostrano di applicare principi generali a base semiotica e cognitiva, come la preferenza per forme trasparenti, analizzabili, produttive e la conformità precoce ai parametri tipologici della lingua di arrivo: lingua flessiva (vedi 3.5), desinenze in vocale. 30 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… UD 5 - Principi organizzativi ed evolutivi nell’italiano L2: morfosintassi In questa unità viene descritta l’acquisizione di aspetti significativi della grammatica dell’italiano L2, tenendo d’occhio i collegamenti con i principi teorici e le condizioni descritti nelle UD 3 e 4. L’esposizione è basata sui risultati di ricerche empiriche svolte prevalentemente nell’ambito del "Progetto di Pavia". 5.1 - Sequenze di acquisizione 5.2 - L'espressione di nozioni temporali 5.3 - La modalità 5.4 - Lo sviluppo della subordinazione 5.5 - Morfologia nominale: le categorie del genere e del numero 5.1 - Sequenze di acquisizione L’apprendimento di una lingua è graduale e segue un certo ordine che in alcuni ambiti (ad esempio la negazione, l’ordine delle parole) è stato indagato con successo e confermato da ricerche su lingue diverse. La nozione di "sequenza di acquisizione" è basata su alcuni assunti fondamentali: - lo sviluppo dell’acquisizione è visto come un continuo, in cui si possono individuare punti cruciali che chiamiamo stadi; - il passaggio da uno stadio all’altro è segnalato dalla comparsa e dall’uso produttivo, non sporadico, di una nuova struttura che fa parte della sequenza; - esiste tra gli stadi un rapporto di implicazione in base al quale la presenza di una struttura a un dato stadio implica la presenza delle strutture che la precedono nella sequenza. Esaminando casi concreti si constata che il passaggio da uno stadio all’altro non avviene in maniera brusca, che la nuova struttura richiede tempo prima di essere generalizzata, anzi talvolta si verificano fenomeni di regressione a stadi precedenti. Si nota quindi molta variazione, non solo tra apprendenti diversi, ma anche nello stesso apprendente, la cui motivazione può essere ricondotta ai fattori trattati in 4.4. La sequenza è motivata su basi psicologiche e cognitive, sul modo in cui la mente analizza ed elabora il linguaggio: essa permette di fare predizioni su come gli apprendenti sviluppino certi aspetti della grammatica (vedi 4.1). 31 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… 5.2 - L’espressione di nozioni temporali La capacità di esprimere le relazioni temporali è di grande importanza comunicativa per gli apprendenti, che devono situare i loro enunciati nel presente, nel passato o nel futuro rispetto al momento dell’enunciazione. Infatti fin dagli inizi appaiono elementi linguistici che permettono di situare nel tempo l’enunciato, tuttavia si nota la tendenza a preferire i morfemi lessicali (avverbi di tempo o espressioni temporali: oggi, domani, l’anno scorso, nel 1960 ecc.). La preferenza per la strategia lessicale non sorprende, poiché la morfologia verbale è assente nelle prime fasi. L’apprendimento delle marche esplicite per segnalare le relazioni temporali sul verbo (vedi 2.3), ossia in altre parole delle desinenze del verbo, segue un ordine determinato, chiamato sequenza, che si presenta così: presente > (ausiliare) + participio passato > imperfetto > futuro Nel primo stadio i verbi appaiono in una "forma basica" che corrisponde spesso alla terza persona singolare del presente indicativo, ma si possono trovare anche altre forme, la prima o la seconda singolare, o l’infinito. Nessuna forma è però in questo stadio portatrice di distinzioni morfologiche, si tratta di varianti della forma lessicale del verbo, non marcate dal punto di vista temporale e prive di accordo di persona. L’infinito al posto del verbo flesso è usato da alcuni gruppi di apprendenti, quali i cinesi, con maggior frequenza che da altri: si veda l’esempio seguente, di un’apprendente cinese che parla della vita in Cina: \TU\ con amici stare insieme + mangiare fuori + vedere film + molto libere + non come Italia + qua lavorare sempre (Banca Dati di Italiano L2) Il secondo stadio è caratterizzato dall’uso del participio passato preceduto dall’ausiliare, forma corrispondente al passato prossimo del sistema verbale italiano. L’ausiliare però può mancare, specialmente negli apprendenti cinesi, ma anche in altri, meno spesso negli apprendenti con L1 francese, inglese, tedesca, svedese, lingue che hanno tempi verbali formati in modo analogo al passato prossimo italiano (anche se le funzioni non sono esattamente le stesse). La funzione di questo tempo è di indicare il tempo passato, e di solito anche l’aspetto perfettivo: è interessante peraltro rilevare che la sensibilità alla distinzione aspettuale perfettivo/imperfettivo appare a volte prevalere sull’espressione della relazione temporale. Sembra che gli apprendenti affrontino l’acquisizione del sistema verbale italiano, come anche di quello spagnolo (questo sviluppo è forse meno chiaro per altre lingue), associando in maniera stretta l'aspetto con la natura semantica del verbo: è la cosiddetta "azionalità", che permette di distinguere verbi durativi e puntuali, telici e non telici (i verbi telici contengono un momento finale, di raggiungimento dell'azione, a differenza del verbo non telico: arrivare è telico, camminare no). Infatti nei livelli intermedi gli apprendenti usano preferibilmente il passato prossimo con verbi telici e aspetto perfettivo, mentre l’imperfetto è usato con verbi durativi atelici, con aspetto imperfettivo: entrambe le forme esprimono la relazione temporale di passato, ma, a differenza dei parlanti nativi, gli apprendenti sembrano restii a usare la combinazione di telicità e aspetto imperfettivo, di staticità e aspetto perfettivo. Il futuro non viene usato frequentemente; questo del resto riflette l’uso dell’italiano parlato, in cui il presente spesso sostituisce il futuro per fare riferimento a un momento successivo all’enunciazione (uso deittico). Un’altra classe di usi del futuro è costituita dagli usi epistemici, che modificano non 32 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… il riferimento temporale, ma il grado di certezza dell'asserzione (saranno le tre; Giovanni sarà partito, perché non vedo la sua macchina): si tratta del "futuro epistemico", che esprime delle supposizioni ed è usato da apprendenti avanzati più esperti. 5.3 - La modalità La modalità è una categoria semantica molto ampia che segnala l’atteggiamento del parlante verso il contenuto proposizionale. Distinguiamo ai nostri fini la "modalità deontica", che riguarda l’obbligo o il permesso di compiere qualcosa da parte di un agente moralmente responsabile (devi partire stasera; in questa stanza è permesso fumare) e la "modalità epistemica", che si riferisce al grado di coinvolgimento da parte del parlante in quello che dice. La modalità epistemica riguarda opinioni, credenze, conoscenze dirette o per sentito dire: può darsi che sia arrivato, sarebbe stato ucciso da un agente segreto. Nelle lingue del mondo la modalità è espressa da molteplici mezzi: in italiano dai verbi modali potere, dovere e anche volere. Potere e dovere possono assumere valore deontico (devi partire stasera, i bambini possono scendere a giocare) ed epistemico (dev’essere partito stamattina, può essere vero). La modalità può essere espressa anche da avverbi (forse, probabilmente), da particelle pragmatiche (mah…) e da mezzi non grammaticali come l’intonazione, le esitazioni. Nei dati di italiano L2 le forme dell’imperativo sono scarse e tarde, così come il condizionale (tranne vorrei, forma appresa precocemente e non analizzata, che serve per fare richieste, per esprimere intenzioni ecc.). Tuttavia, la conoscenza dei mezzi per modalizzare un enunciato è di grande importanza per il successo della comunicazione: non sorprenderà trovare molto presto segnali di modalizzazione negli apprendenti non guidati. Si tratta spesso di modalità implicita, ossia ricavabile dal contesto, dalle battute dialogiche dell’interlocutore, dall’intonazione interrogativa o sospensiva, dalle esitazioni. Riportiamo qui sotto un esempio di modalità implicita resa esplicita dall’interlocutore nativo: \IT\ e quindi tu sei venuto via e non to/ non torni (in Etiopia)? \MK\ sì io + Milano \IT\ mh mh stai-vuoi stare a Milano? \MK\ sì sì (Banca Dati di Italiano L2) Anche i verbi modali appaiono presto nelle produzioni degli apprendenti, di solito nell’ordine volere > potere > dovere. Si noti che, analogamente ai bambini, gli apprendenti usano dapprima potere e dovere con valore deontico e solo più tardi li usano con valore epistemico. Nelle fasi iniziali la modalità epistemica viene espressa prevalentemente mediante avverbi (forse) o verbi di opinione (penso, mi sembra) che esprimono il giudizio del parlante su un evento o situazione (From Pragmatics to syntax 1995). Le funzioni della modalità nel discorso dipendono dai tipi di testo considerati. Prendiamo come esempio il tipo di testo "dare istruzioni" (testo regolativo), su cui sono stati raccolti dati. Agli apprendenti venivano assegnati compiti specifici, ad esempio dare istruzioni su percorsi stradali, o su come preparare un caffè o fornire una ricetta. In questo tipo di testi sono state riscontrate varie 33 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… espressioni modali, innanzitutto i verbi modali (devi, dovete, bisogna), inoltre l’infinito, il presente indicativo, l’imperativo, secondo usi non molto diversi da quelli dei nativi. Un esempio dalle istruzioni su come preparare un caffè: \MI\ prendere quasi pieno ma: abastanza aqua qui (xxx) \IT\ sì \MI\ dopo prende questa: [rumore] mettere questa: ++ prendiamo caffé: pieno qui: (Banca Dati di Italiano). 5.4 - Lo sviluppo della subordinazione Nelle fasi iniziali dell’apprendimento le connessioni logico-semantiche tra proposizioni non vengono spesso segnalate. Gli apprendenti producono enunciati giustapposti, collegati con connettori coordinativi come l’italiano e, e poi. Gli studi compiuti sull’italiano hanno mostrato che si può individuare, in linea di massima, un percorso di apprendimento dei mezzi per collegare le proposizioni tra loro, che si presenta come segue: giustapposizione di proposizioni > sviluppo di connettori di subordinazione avverbiale > sviluppo di mezzi per indicare l’incassamento (proposizioni completive e relative) Nel determinare questo ordine giocano un ruolo molti fattori di natura logica, cognitiva, semantica e anche formale. Consideriamo dapprima le cosiddette subordinate esplicite, che sono introdotte da una congiunzione e hanno il verbo di modo finito, indicativo o congiuntivo. Per quanto riguarda le proposizioni avverbiali (ad esempio causali, temporali, condizionali), i dati degli apprendenti mostrano di solito che l’espressione della causalità mediante perché precede (di poco) quella della temporalità (quando) e di frasi ipotetiche (se). In questa sequenza si inseriscono anche le proposizioni finali, che gli apprendenti esprimono fin dall’inizio mediante per + infinito, come richiesto dall’italiano (a condizione di identità di soggetto con la principale). Le completive, ossia le proposizioni che stanno al posto di un argomento, il soggetto o l’oggetto, del verbo principale, sono rette da verbi di dire, di opinione (credere, pensare), di percezione (vedere) e sono per lo più introdotte da che (complementatore) e seguite dal verbo finito. Tuttavia, nelle produzioni iniziali e post-iniziali il complementatore che può essere omesso: \CH\ [questo cane] ha visto eh nel cesto ha visto eh c’era pane (Banca Dati di Italiano L2) (la frase significa: "il cane ha visto che nel cesto c’era del pane") Le relative sono introdotte da un elemento invariabile che uguale al complementatore visto sopra, mentre i pronomi relativi cui e il quale sono assenti nei dati degli apprendenti spontanei, almeno fino a livelli molto avanzati. Le posizioni che vengono relativizzate più facilmente sono quelle di soggetto e oggetto nella frase relativa, le altre hanno frequenza molto inferiore. Risultati simili sono stati segnalati per altre lingue, in particolare per quanto riguarda la facilità ad apprendere la 34 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… relativizzazione dei soggetti. Questo risultato degli studi sull’acquisizione è un riscontro della gerarchia di accessibilità proposta da Keenan e Comrie come generalizzazione universale (vedi 3.2). La relativa può essere introdotta, anziché dal che, da un pronome anaforico, una strategia che si ritrova nei pidgin e nei creoli (vedi 4.3): \MK\ c’è un mio amico lui si chiama: Lorenzo eh lui abita in Gresietto (Banca Dati di Italiano L2) o può essere giustapposta senza marca esplicita alla frase principale: \CH\ prendi mio una diario p/ io porto eh cinese (Banca Dati di Italiano L2) (la frase significa: "prenderei un diario che ho portato con me dalla Cina") Per quanto riguarda lo sviluppo delle forme non finite, la presenza dell’infinito con funzione di verbo principale è persistente in alcuni gruppi di apprendenti come i cinesi, mentre in altri apprendenti il fenomeno è marginale: la distanza tipologica (vedi 3.5) può spiegare questi diversi comportamenti. Si sviluppano con precocità in tutti gli apprendenti gli infiniti retti da verbi modali, di volontà e frasali (cominciare, finire) accompagnati da incertezza sull’uso delle preposizioni richieste, un campo del resto tra i più difficili per gli apprendenti. Il gerundio compare invece in varietà più avanzate, dapprima come parte della perifrasi progressiva stare + gerundio (sto lavorando). Il gerundio che introduce una subordinata si trova ai livelli intermedi, specialmente nei valori modali e temporali, mentre è più raro il gerundio cosiddetto di frase, con valore causale o concessivo. Per concludere, lo sviluppo della subordinazione è un processo lento, che conduce a risultati diversi a seconda degli apprendenti. Alcune relazioni come quelle di concessività o consecutività, che sono complesse dal punto di vista cognitivo e morfosintattico, vengono di solito espresse mediante proposizioni coordinate, secondo una strategia ammessa anche dall’italiano: \AN\ la situazione in Germania est adesso è difficile penso ma: non questo è non è un motivo per parlare solo: di soldi (Banca Dati di Italiano L2) Anche la distanza tipologica tra le lingue in gioco favorisce lingue tipologicamente vicine, come ad esempio italiano e spagnolo, che dispongono di un sistema di subordinazione simile e di congiunzioni subordinanti anche formalmente simili: italiano perché, quando, spagnolo porqué, cuando. 5.5 - Morfologia nominale: le categorie del genere e del numero In italiano quasi tutti i nomi hanno una marca esplicita di numero (singolare, plurale) e di genere (maschile, femminile). Si tratta di marche morfologiche plurifunzionali: in libr-o, –o segnala il genere maschile e il numero singolare, in opposizione a libr-i, maschile plurale. Il genere e il numero sono assegnati dal nome (la testa del sintagma nominale) ad altre categorie interne ed esterne al sintagma stesso: l’articolo, il dimostrativo, l’aggettivo, il participio passato. Le regole dell’accordo vengono apprese con facilità e usate correttamente dai bambini (vedi 4.5), mentre 35 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… rappresentano un motivo di difficoltà e una fonte considerevole di errori per gli apprendenti di L2. La distanza tipologica è un fattore rilevante (vedi 3.5): le lingue di tipo isolante, come il cinese, non segnalano le categorie di genere e numero sul nome, ma nemmeno l’inglese ha marche di genere nel nome, solo nei pronomi. Pertanto l’apprendente spagnolo o tedesco si aspetta che le categorie del genere e del numero siano segnalate nel nome e nei suoi determinanti e deve solo apprendere le desinenze appropriate, l’apprendente cinese invece deve innanzitutto concettualizzare il diverso trattamento delle due categorie rispetto alla sua lingua nativa e imparare a segnalarle con le desinenze appropriate sui nomi, aggettivi, articoli. Gli apprendenti formulano dapprima l’ipotesi di una forma base indifferenziata, in seguito, per l’assegnazione del genere ai sostantivi, si orientano verso l’uso di forme non marcate assunte come prototipiche, che sono le forme in –o per il maschile e in –a per il femminile. Si trovano nei dati bicchiero per "bicchiere", la problema per "il problema". Le regole che controllano l’accordo vengono apprese con gradualità, seguendo un ordine governato dalla distanza dell’elemento da accordare rispetto alla testa nominale (detta anche "controllore"): articolo (definito e indefinito) > aggettivo attributivo > aggettivo predicativo > participio passato (Chini 1995) È interessante rilevare che la distinzione di genere nei pronomi (lui/lei) viene appresa precocemente ed è usata di solito correttamente. Anche se in italiano le categorie di genere e numero sono espresse dalle stesse marche morfologiche, nei dati degli apprendenti si trovano degli indizi che fanno ritenere che il numero sia appreso prima del genere: vediamo ad esempio che il plurale in –i è usato più frequentemente e più correttamente del plurale femminile in –e. Un universale tipologico afferma che "se una lingua ha la categoria del genere ha sempre la categoria del numero", in altre parole questo significa che il numero è non marcato rispetto al genere. Le forme non marcate sono di solito apprese prima (vedi 3.3). 36 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… UD 6 - Principi organizzativi ed evolutivi nell’italiano L2: testo e lessico In questa unità sono descritti i principi organizzativi ed evolutivi del testo e dell'enunciato in italiano L2, con particolare riferimento alla gestione dell'interazione, all'ordine delle parole, all'espressione di legami anaforici. 6.1 - L’organizzazione dell'enunciato nel dialogo 6.2 - L'ordine delle parole 6.3 - L'organizzazione del testo 6.4 - I riferimenti anaforici 6.1 - L'organizzazione dell'enunciato nel dialogo La diversa competenza linguistica degli interlocutori in uno scambio comunicativo fra parlante non nativo e parlante nativo fa sì che l'interazione assuma caratteristiche peculiari. In particolare, il parlante nativo assume di solito il ruolo di regista della comunicazione guidando la scelta degli argomenti, gestendo l'alternanza dei turni, controllando il mantenimento del canale di comunicazione e della comprensione reciproca, mettendo in atto una serie di strategie compensatorie atte a salvaguardare l'efficienza e l'efficacia della comunicazione. Caratteri spesso osservati nel discorso del parlante nativo sono, a livello fonico, il rallentamento dell'enunciazione, l'accentuazione dei contorni prosodici (vedi 1.4), l'inserzione di pause fra i costituenti maggiori, l'articolazione più accurata delle sillabe. A livello lessicale, si osserva una scelta di vocaboli tratti dal lessico di base (vale a dire da quel nucleo centrale dei vocabolari attivi e passivi posseduti da tutti i parlanti, costituito dalle parole che ricorrono con più frequenza nella lingua e che sono maggiormente disponibili), l'evitamento di termini complessi, la ripetizione e la giustapposizione di sinonimi, l'ampio uso di indicazioni deittiche e parafrasi. A livello morfosintattico, si osservano l'evitamento di strutture incassate (ovvero di sequenze conversazionali al cui interno è stata inserita un’altra sequenza, autonoma nella sua struttura interazionale, che provoca una temporanea rottura della continuità tematica del discorso) e complesse e, in parte, la riduzione della morfologia (vedi 4.2). Tuttavia, le maggiori differenze rispetto all'interazione fra parlanti nativi intervengono a livello testuale e di organizzazione complessiva del discorso. Particolarmente importanti e consistenti nell'interazione fra apprendente e parlante competente sono le sequenze dette di "negoziazione del significato", in cui lo sforzo comunicativo è volto al superamento di una difficoltà di comprensione o di produzione: in queste sequenze il parlante competente, se ha un atteggiamento collaborativo, fornisce all'apprendente possibili soluzioni ai diversi problemi e controlla costantemente il progresso della comunicazione. Tipici interventi di aiuto alla comprensione sono la ripetizione e la riformulazione del messaggio attraverso una sua segmentazione in nuclei informativi più semplici o una sua espansione in forme più esplicite; interventi di controllo della comprensione sono la ripetizione in tono interrogativo; un aiuto alla produzione e alla strutturazione del messaggio è fornito dal frequente ricorso a domande chiuse, attraverso le quali l'informazione viene fornita 37 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… integralmente all'interlocutore, che deve solamente confermare o negare l'asserzione proposta. L'esempio seguente mostra all'opera alcune di queste strategie: \IT\ e avevi degli animali? + avevi qualche animale in Cina? \CH\ +++ \IT\ non capisci? \CH\ no \IT\ no? + avevi + un gatto + un cane + capisci? \CH\ sì ++ no \IT\ e qui in Italia? \CH\ no \IT\ neanche (Banca Dati di Italiano L2) 6.2 - L'ordine delle parole Il significato degli enunciati nelle varietà di apprendimento iniziali, in assenza di mezzi di marcatura formale (flessione, coniugazione, uso di preposizioni) per esprimere la funzione delle parole (vedi 4.1), dipende fondamentalmente dall'intonazione e dall'ordine delle parole. L'accento prosodico segnala generalmente la struttura pragmatica dell'enunciato, marcando la parte che è in "focus", cioè che contiene l'informazione principale che si vuole trasmettere. La struttura pragmatica è segnalata anche dall'ordine delle parole (Bernini 1995) che, almeno nelle prime fasi, segue generalmente un andamento dal topic (cioè dall'argomento, dal tema dell'enunciato, ciò di cui si parla) al comment (cioè al commento, ciò che si dice del topic), con il focus in posizione finale. Nella frase seguente "stare a Milano" è il topic, già proposto come argomento dall'interlocutore, mentre "a me piace" è il comment, con il verbo in posizione focale: \IT\ ti trovi bene a Milano? \TU\ - sì + stare Milano a me piace (Banca Dati di Italiano L2). Il topic, specie se mantenuto rispetto all'enunciato precedente, viene omesso, come si osserva nel dialogo seguente in cui l'apprendente racconta la storia di una donna: \TU\ donna ha perso vista \IT\ come mai? \TU\ forsa caduta (Banca Dati di Italiano L2). 38 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Anche principi di tipo semantico concorrono nella strutturazione lineare dell'enunciato. Rispetto all'azione espressa dal verbo l'agente viene espresso per primo, mentre gli altri partecipanti all'azione seguono il verbo. Le informazioni di sfondo, come quelle temporali e spaziali, tendono a disporsi ai margini dell'enunciato: \AB\ inverno + in Asmara- metiamo solo un golfino non mettiamo così tantë robe (Banca Dati di Italiano L2). Un altro principio di tipo semantico prevede che un elemento modificatore preceda l'elemento che questo modifica: ad esempio, in italiano un avverbio di quantità che modifica un aggettivo precede l'aggettivo stesso (molto bello). Nell'esempio seguente, la posizione degli avverbi poco, sempre e non è motivata sul piano semantico dal fatto che ognuno di questi avverbi precede la porzione di frase che modifica ("si verifica poco che vado al cinema perché si verifica sempre che non c'è tempo"): \TU\ io poco vedere cinema perché sempre non c'è tempo (Banca Dati di Italiano L2). I principi sintattici propri della lingua di arrivo, quando si discostino da quelli pragmatico-semantici visti o siano internamente incoerenti (ad esempio prevedano eccezioni), sono appresi più tardi. Ad esempio, la posizione interausiliare, cioè fra il primo e il secondo ausiliare del verbo, di avverbi come sempre (è sempre stato sconfitto) è una posizione poco usata per gli avverbi italiani: contrasta con il principio semantico di precedenza del modificatore rispetto al modificato e viene perciò appresa con ritardo (Andorno 2000). Analogamente, il percorso di apprendimento della negazione è regolato da criteri di naturalezza pragmatica e semantica e, solo nelle fasi più avanzate, da principi sintattici specifici della lingua di arrivo (Bernini in Grammatik und Diskurs 1999). 6.3 - L'organizzazione del testo L'organizzazione degli enunciati nelle varietà di apprendimento iniziali è fortemente dipendente dal contesto discorsivo e dialogico: l'apprendente di livello iniziale, nell'impossibilità di strutturare autonomamente il proprio discorso, si appoggia a quello dell'interlocutore nativo o al contesto, ricorrendo massicciamente a mezzi non linguistici o paralinguistici (indicazione gestuale, mimica, intonazione espressiva). Successivamente, l'abilità di strutturazione autonoma dei testi si sviluppa secondo linee peculiari per i diversi tipi testuali. Per descrivere la struttura di diversi tipi testuali in modo unificato è stato proposto dagli studiosi Klein e von Stutterheim (Klein e von Stutterheim 1987) il modello della "Quaestio". Secondo questo modello, ogni tipo testuale può essere identificato a partire dalla domanda (quaestio) 39 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… fondamentale a cui esso risponde: le sequenze centrali di un testo narrativo, ad esempio, rispondono a domande del tipo "Chi ha fatto che cosa nel momento x?", mentre le sequenze centrali di un testo descrittivo rispondono a domande del tipo "Dove è l'oggetto x rispetto al luogo y?". Un testo narrativo è quindi strutturato intorno a una sequenza di eventi temporalmente ordinati relativi a personaggi ricorrenti, mentre un testo descrittivo è strutturato intorno a una serie di oggetti, di luoghi e di relazioni spaziali. In entrambi i casi, i testi possono appoggiarsi su principi di "organizzazione iconica": nelle narrazioni, la successione degli eventi può essere rispecchiata nella loro enunciazione successiva; nelle descrizioni, le relazioni spaziali di contiguità possono essere riprese da enunciati contigui. Il discorso degli apprendenti sopperisce alla povertà di mezzi espressivi di tipo linguistico appoggiandosi a tali principi iconici, da cui l'apprendente può gradatamente affrancarsi a mano a mano che acquisisce mezzi linguistici che gli consentono di segnalare esplicitamente le relazioni fra gli enunciati prodotti. Ad esempio, è possibile segnalare le relazioni temporali fra gli enunciati di una narrazione, senza rispettare l'ordine iconico, sfruttando connettivi come prima, dopo, quando, non appena ecc., o il diverso valore temporale dei tempi verbali (vedi 2.3). Durante il percorso di apprendimento, l'abilità di strutturazione autonoma dei testi si sviluppa quindi con diversa rapidità per tipi testuali diversi (Strutture testuali 1988). Ciò sembra essere dovuto a: - priorità comunicative e funzionali. L'esigenza di narrare sembra prioritaria e si sviluppa prima delle altre. La narrazione può inoltre essere usata per sopperire alla difficoltà di costruzione di altri tipi testuali: ad esempio, la volontà di motivare una decisione (argomentazione) può essere risolta nel racconto dei motivi che hanno portato a una decisione, mentre una sequenza di istruzioni può risolversi nella narrazione-descrizione di ciò che l'ascoltatore sta facendo; - diversa complessità dei mezzi espressivi necessari all'esecuzione di un compito testuale. Lo sviluppo di mezzi per l'espressione della temporalità, come i connettivi temporali e la flessione temporale-aspettuale del verbo precede lo sviluppo di altri connettivi e altre forme flessive; - diversa possibilità di ricorrere a principi di organizzazione iconica. 6.4 - I riferimenti anaforici Un altro importante settore studiato nello sviluppo dell'abilità di organizzazione testuale è quello del riferimento nominale: le lingue si servono normalmente di mezzi linguistici diversi per distinguere diversi tipi di movimento referenziale, ovvero il riferimento, in enunciati successivi, a elementi (individui, oggetti): - di nuova introduzione nel discorso; - reintrodotti da fasi precedenti del discorso; - mantenuti e ripresi dal discorso immediatamente precedente. L'italiano dispone, per costruire le catene anaforiche, di alcune classi di pronomi (personali tonici e atoni, dimostrativi, relativi), della strategia della ripetizione di sintagma con l'alternanza di articoli indeterminativi e determinativi e della cancellazione del referente. Ad esempio, per fare riferimento a una giovane donna si può ricorrere ai sintagmi una donna giovane, la donna, la ragazza, questa 40 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… ragazza, ai pronomi lei, quella, ai clitici la, le, ai relativi che, cui, quale. Il riferimento alla donna può essere inoltre segnalato dal possessivo suo o da un semplice accordo di terza persona singolare del verbo. In generale, valgono anche in questo caso principi iconici, per cui mezzi maggiormente salienti sono usati per riferirsi a elementi nuovi o reintrodotti, mentre mezzi poco salienti sono usati quando si fa riferimento a un elemento mantenuto dal discorso immediatamente precedente. La disponibilità di mezzi di ripresa varia però da lingua a lingua. L'uso di mezzi appropriati, propri della lingua di arrivo, viene appreso gradatamente dall'apprendente: un settore di particolare difficoltà per gli apprendenti di italiano L2 è quello della ripresa clitica (Berretta in L'apprendimento spontaneo di una seconda lingua 1986, Chini in Strutture testuali 1998). Le varietà iniziali di apprendimento possono quindi dar luogo a fenomeni di ridondanza o scarsa perspicuità del riferimento, portando a fraintendimenti o difficoltà di comprensione. Si osservi l'esempio seguente, in cui, nonostante l'uso incerto delle forme verbali e l'assenza dell'ausiliare, è possibile seguire lo sviluppo della storia grazie a mezzi di ripresa pronominali (i protagonisti sono chiaramente identificati con lui, lei e non vengono confusi fra loro e rispetto agli altri personaggi). Resta però incerta l'attribuzione del possessivo suo: si tratta del padre di lei o di lui? \TU\ un donna, lagazza + giovane ++ vuole sposarsi con n altro innamorato, no? + un lagazzo suo genitore ++ no con piacere + non d'acordo + sempre fare casino […] fare due bambini + uno femina, uno maschio ++ c'è natro uomo, inamorato lei + lui geloso + lui an/ fare natra fidanzata + così ++ dopo l'ultima + fa tutti bene, familia + perchè suo padre morto (Banca Dati di Italiano L2). In questo come in altri settori specifici della competenza testuale, l'influenza della lingua materna sembra essere più consistente (Chini in Strutture testuali 1998). 41 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… UD 7 - Fattori di variazione nell’apprendimento Questa unità descrive i modi della variazione individuale nei percorsi di acquisizione e passa in rassegna i principali fattori chiamati in causa per spiegare tale variazione. 7.1 - Parametri di variazione 7.2 - L’età 7.3 - L’input 7.4 - L’ambiente e l'atteggiamento dell'apprendente 7.5 - Il ruolo della prima lingua 7.6 - Distanza soggettiva e consapevolezza metalinguistica 7.1 - Parametri di variazione È esperienza comune che la competenza linguistica venga appresa in modo diverso da apprendenti diversi. Una teoria dell'apprendimento non può non tener conto di ciò e non interrogarsi sui motivi che causano queste differenze. Questo è tanto più importante quando si ritiene che i fenomeni di acquisizione non siano casuali, ma guidati da principi. Le ipotesi che esistano percorsi comuni di apprendimento delle lingue devono quindi essere integrate in modelli che tengano conto dei fattori di variazione. Allo stato attuale delle ricerche, non si sono raggiunti risultati condivisi su questo punto, ovvero su quanti e quali fattori intervengano a provocare diversi modi di apprendimento, e in che modo ciascuno di essi agisca. Possiamo distinguere diversi livelli ai quali l'apprendimento si differenzia. Possono esserci differenze nella velocità di apprendimento (si può imparare più o meno rapidamente); nel grado di competenza raggiunto (si può arrivare a una competenza quasi nativa o fossilizzarsi su livelli più o meno bassi); nel tipo di competenze raggiunte (si può avere una perfetta padronanza del sistema morfologico e scarsa padronanza del sistema fonologico); nel percorso attraverso il quale si arriva a determinati livelli di competenza (si può imparare prima l'uso degli articoli e poi l'uso dei dimostrativi o viceversa); nel modo in cui tale competenza si manifesta (si può saper usare il sistema verbale perfettamente nello scritto, ma con difficoltà nell'orale). Un'analisi accurata dei modi in cui l'apprendimento cambia individualmente sembra indicare (Larssen-Freeman e Long 1991) che gli apprendenti spontanei possono differenziarsi nella velocità e nel livello raggiunto, ma non nei percorsi di acquisizione, che restano identici. Può accadere, cioè, che un apprendente proceda più velocemente attraverso certe fasi rispetto a un altro, oppure che non raggiunga mai certi livelli, ma non accade che inverta l'ordine in cui le tappe si succedono. Più controverso è il discorso sugli apprendenti guidati, ovvero sull'influenza dell'insegnamento nel mutare i percorsi di acquisizione. Controverso è anche il peso attribuito a fattori diversi come cause del cambiamento: sembrano sicuramente influenti l'età, la lingua materna e le altre lingue conosciute, mentre è meno chiaro in che modo intervengano il tipo di input ricevuto e le condizioni sociali in cui l'apprendimento avviene. Importante è poi anche il ruolo giocato dall'atteggiamento 42 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… dell'apprendente nei confronti della lingua seconda e della comunità dei nativi, oltre che il suo personale stile di apprendimento, la sua attitudine alla riflessione metalinguistica, la sua personalità. 7.2 - L'età Gli studi sull'acquisizione delle seconde lingue hanno messo a confronto i percorsi di apprendimento osservati con quelli relativi all'apprendimento delle lingue native, evidenziando le somiglianze fra i due fenomeni e arrivando a supporre che alla base vi risiedano gli stessi meccanismi (ipotesi di identità, vedi 3.1 e 3.5). L'influsso dell'età sulle modalità di apprendimento delle seconde lingue resta tuttavia un punto controverso negli studi sull'acquisizione, anche perché diversi parametri possono essere presi in considerazione. Se si considerano separatamente i dati relativi alla rapidità di apprendimento e al livello complessivo di competenza raggiunto, sembra valere il principio per cui older is faster and younger is better, ovvero i bambini sembrano in grado più degli adulti di raggiungere una competenza nelle lingue seconde più simile ai parlanti nativi, ma gli adulti sembrano acquisire le lingue più rapidamente. Adulti e bambini ottengono poi risultati diversi a seconda dei campi di competenza testati: gli adulti avanzano più rapidamente attraverso le prime fasi di sviluppo morfosintattico, mentre i bambini sono più abili nell'acquisizione dei livelli fonologico-prosodico. Il maggior successo riscontrato negli apprendenti giovani ha portato all'ipotesi dell'esistenza di un periodo critico per l'apprendimento delle lingue (Bickerton in Language universals 1984) limitato ai primi anni di vita, oltre il quale la competenza linguistica non si sviluppa completamente. Le motivazioni di questa impossibilità avrebbero, in questa ipotesi, basi neurologiche, legate alla maturazione cerebrale e in particolare al funzionamento dei dispositivi che presiedono all'acquisizione del linguaggio. La diversa velocità di apprendimento, poi, può trovare motivazioni legate al diverso stile di apprendimento, a una maturazione cognitiva generale, al diverso grado di motivazione. I risultati in questo campo sono controversi, ma sembrano portare alla conclusione che alla base dello sviluppo della competenza linguistica in età adulta e infantile vi siano stili di apprendimento, e forse dispositivi cognitivi, diversi. 7.3 - L'input Tutte le situazioni di apprendimento naturale, che avvengono cioè attraverso l'interazione con i parlanti competenti, mostrano nel parlante competente meccanismi spontanei di modificazione dell'input: è il caso del baby talk e del foreigner talk (vedi 4.2 e 6.1). Ci si può chiedere quindi se e quanto questo fattore sia rilevante nei meccanismi di acquisizione. Un esempio evidente dell'importanza del tipo di input è quello delle lingue pidgin (vedi 4.3), varietà fortemente semplificate di lingue native, che sono state infatti considerate lingue di acquisizione con input ristretto. I risultati relativi all'acquisizione di gruppi di apprendenti con diverso tipo di input non sono tuttavia omogenei. I parametri presi in considerazione sono stati la quantità e il grado di 43 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… semplificazione dell'input, la possibilità da parte dell'apprendente di intervenire per semplificare o chiarificare l'input ricevuto, la quantità e la qualità dell'interazione con i parlanti nativi. Nessuno di questi fattori sembra essere necessario per l'apprendimento (è possibile, ad esempio, imparare una lingua esclusivamente attraverso l'esposizione televisiva), ma è necessario che l'input sia comprensibile per innescare il meccanismo di analisi, ovvero l'associazione di significanti (cioè espressioni foniche: la sequenza di suoni /pasta/) e significati (cioè concetti: il significato di "pasta"). Osserviamo ancora che input semplificato non significa input scorretto: l'input semplificato non sembra interferire con il processo di acquisizione, mentre un input scorretto porta a una competenza scorretta. Controverso è poi il ruolo dell'interazione. La comunicazione fra parlante non nativo e parlante nativo è prototipicamente un esempio di "interazione asimmetrica", in cui gli interlocutori hanno "accesso diseguale ai poteri di gestione dell'interazione" (Orletti 2000). È stato osservato come l'atteggiamento peculiare mantenuto dal parlante nativo nelle comunicazioni interlinguistiche non ha sempre uno scopo facilitatorio: può anche mirare a mantenere le distanze fra sé e il parlante non nativo, per porlo in condizione di inferiorità sottolineandone lo svantaggio linguistico. D'altronde, l'assunzione di ruoli asimmetrici nell'interazione non è una scelta obbligata: il parlante non nativo può scegliere di assumere un ruolo maggiormente attivo nella comunicazione, controllando passaggi dell'interazione per vari motivi, fra gli altri per ottenere un successo comunicativo o di apprendimento o per salvaguardare il proprio status (ovvero per "salvare la faccia"). 7.4 - L’ambiente e l'atteggiamento dell'apprendente Il fenomeno dell'apprendimento di seconde lingue può essere considerato come parte di un più ampio fenomeno di avvicinamento a una diversa cultura o, anche, come parte di un più ampio fenomeno di apprendimento. È logico perciò chiedersi quanto i fattori legati a questi fenomeni più ampi influenzino il processo di acquisizione. Lavoratori immigrati Per analizzare il ruolo dei fattori sociali si misura solitamente il grado di "distanza sociale" fra il gruppo degli apprendenti e la comunità dei parlanti nativi (calcolato su diversi fattori, quali la parità socio-economica, la capacità di assimilazione verso l'esterno, la coesione interna, la dimensione dei gruppi, l'atteggiamento reciproco). Accanto a questa misura, altri fattori rilevanti sono considerati l'atteggiamento del singolo apprendente verso la comunità nativa e le sue motivazioni all'apprendimento (vedi 1.3). Se alcuni casi estremi confermano l'importanza indiscutibile delle variabili sociali nell'apprendimento (si pensi al caso delle lingue pidgin: vedi 4.3), i risultati degli studi correlazionali non sono di lettura univoca. Ad esempio, il ruolo delle motivazioni è senz'altro fondamentale, ma è legato all'intensità della motivazione e non al tipo di motivazione: una motivazione integrativa porta generalmente a un maggiore e più rapido apprendimento rispetto a 44 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… una motivazione strumentale, a parità di altre condizioni (ad esempio nel confronto fra apprendenti immigrati); d'altronde, una motivazione strumentale non ha come risvolto necessariamente un minor apprendimento: è il caso di apprendenti che imparano le lingue come lingue straniere e possono essere fortemente motivati all'apprendimento da motivi lavorativi. Anche l'atteggiamento favorevole verso la comunità dei parlanti nativi è generalmente correlato positivamente con l'apprendimento, ma un atteggiamento sfavorevole non porta necessariamente al non apprendimento. Sul versante dei fattori psicologici individuali, sono stati indagati il ruolo dell'autostima, della tendenza all'ansia, dell'estroversione, dell'accettazione del rischio e altri. Questi fattori non si correlano in maniera univoca con il successo o la velocità di apprendimento, ma possono influire sullo stile di apprendimento (vedi il modulo Modelli teorici sull’apprendimento di una L2, 6.3 e 6.5), ad esempio modificando l'atteggiamento dell'apprendente verso l'input o influendo sulla sua esecuzione in compiti comunicativi diversi. Tra i fattori cognitivi sono stati considerati la riflessività, la memoria, l'attitudine al ragionamento logico o alla manipolazione spaziale e altri. I risultati di questi studi sono però ancora limitati e non generalizzabili con sicurezza. Problemi metodologici ancora aperti sono, per tutti i casi discussi, quello di individuare metodi di misura oggettivi delle variabili sociali e psicologiche, e quanto il rapporto di influenza debba essere considerato unidirezionale (i fattori psico-sociali condizionano l'apprendimento) o piuttosto non si debba pensare a effetti di feedback o "informazione di ritorno" (i fattori psico-sociali condizionano l'apprendimento e l'apprendimento modifica i valori dei parametri psico-sociali). 7.5 - Il ruolo della prima lingua Il ruolo della prima lingua è stato oggetto di molti dibattiti (vedi 2.1). È stata adottata una distinzione tra influenza o transfer della madrelingua "positivo", che facilita l’acquisizione di strutture simili tra le due lingue, e influenza o transfer "negativo" di strutture divergenti, che crea problemi all’apprendimento ed è alla base del complesso di fenomeni detto "interferenza". È certamente vero che un apprendente, nello sforzo di capire o di produrre enunciati, utilizza qualunque tipo di conoscenza a disposizione, tra cui appunto quelle che gli derivano dalla prima lingua. Ad esempio, l’interferenza dal tedesco per quanto riguarda l’ordine delle parole traspare in un'apprendente tedesca: tedesco caffè; tedesca grammatica pesant(o), ovvero "la grammatica tedesca è difficile". Anche nel caso di lingue tipologicamente distanti troviamo casi di interferenza: un apprendente cinese che dice davanti Fiat porta, ovvero "davanti alla porta della Fiat", riflette l’ordine delle parole della sua prima lingua. L’interferenza è un fenomeno pervasivo riscontrabile a livelli iniziali e avanzati: anzi, nelle prime fasi i principi generali semantici e pragmatici sono prevalenti nel determinare la forma delle varietà basiche (vedi 3.4; 4.1; 5.1), mentre man mano che aumenta la conoscenza della seconda lingua cresce anche il repertorio delle forme a disposizione e la possibilità che le scelte dell’apprendente siano influenzate dalla L1. Ad esempio, le varietà iniziali di italiano L2 sono prive di imperfetto; quando esso compare, gli apprendenti anglofoni e tedescofoni si trovano in difficoltà a scegliere tra imperfetto e passato prossimo (vedi 2.3) per fare riferimento al passato. Gli errori sono dovuti all’interferenza con le distinzioni grammaticali che in questa area nozionale sono pertinentizzate nelle due prime lingue: ad esempio, il tedesco non fa distinzione tra aspetto perfettivo e imperfettivo. Un'apprendente tedesca dice: \FR\ quando io prima non avuto questo lavoro io fatto una passeggiata vicino di lago 45 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… (la frase significa: "prima quando non avevo questo lavoro, facevo una passeggiata vicino al lago") A livello fonologico l’interferenza della prima lingua è forte: uno straniero che parla italiano ha un "accento", talvolta vistoso, altre volte meno evidente. L’accento straniero è determinato sia dall’andamento della curva intonativa, sia dalla particolare realizzazione di fonemi e allofoni influenzata dalla L1. Ad esempio, vi sono apprendenti che all’inizio non realizzano le consonanti geminate, assenti nelle loro L1; gli apprendenti tedescofoni realizzano la bilabiale sonora [b] con un’articolazione rilassata che all’orecchio italiano suona come una sorda: [pam'pino]; gli arabofoni invece di solito pronunciano la bilabiale sorda [p] come sonora e dicono ['bjatsa] per "piazza". Negli studi più recenti prevale una visione del transfer che accentua il ruolo attivo dell’apprendente e riconosce che le conoscenze della L1 possono contribuire in modi anche empiricamente non osservabili alla costruzione della L2. È stato anche sostenuto che il transfer agisce in sintonia con i principi naturali dell’acquisizione (vedi 3.3 e 3.4), in base ai quali gli apprendenti preferiscono forme semplici, libere, analizzabili. Queste considerazioni suggeriscono che certe costruzioni devianti nelle varietà di apprendimento che sembrano dovute a transfer possano avere cause e spiegazioni diverse. La prima lingua ha anche influenze sottili nell’organizzazione testuale, che si rilevano in apprendenti molto avanzati e corretti dal punto di vista della grammatica. Ad esempio, è stato mostrato che i parlanti nativi francofoni e italofoni per introdurre nuovi referenti tendono a usare costruzioni presentative in cui la formula c'è ha il semplice ruolo di introdurre il soggetto, diluendo l'espressione (c’è un cane che corre sul marciapiede), mentre gli anglofoni introducono il referente nuovo in prima posizione: gli apprendenti di L2 tendono a conservare gli schemi concettuali ereditati dalla prima lingua nell’organizzazione dell’informazione per costruire i testi (Strutture testuali 1988). 7.6 - Distanza soggettiva e consapevolezza metalinguistica La distanza soggettiva rientra tra i fattori psico-sociali che incidono sull’acquisizione di una seconda lingua e al tempo stesso tra i fattori individuali legati alla personalità. Essa va quindi distinta dalla distanza tipologica tra la L1 e la L2 (vedi 3.5), basata su parametri strutturali oggettivi. L’apprezzamento soggettivo della distanza tra la propria varietà di apprendimento e la varietà nativa influenza il comportamento e gli atteggiamenti dell’apprendente, e condiziona gli sforzi di ridurre tale distanza cercando di adeguarsi. Può darsi che un apprendente sia consapevole delle proprie insufficienze ma non sia in grado di superarle, come spesso accade con la pronuncia. Nel confronto più o meno consapevole con la varietà di arrivo gli apprendenti sviluppano una attività metalinguistica di cui si ha spesso traccia nei dati di apprendenti spontanei. Si osservi come questa apprendente cinese valuti il proprio livello di competenza e formuli giudizi sulle difficoltà della lingua italiana facendo un confronto col cinese: \TU\ verbo no cambia niente + metono n picolo come italiano articolo sempre uguale [intende il pronome personale che precede il verbo] no come qua [in italiano] cambiare tropo de l’ultima sempre cambiare… (Banca Dati di Italiano L2). La consapevolezza della distanza, o anche una percezione inconscia, può tradursi in strategia di apprendimento: ad esempio, nell’apprendimento di lingue strettamente imparentate, come l’italiano e lo spagnolo, è stato rilevato che gli apprendenti formulano l’ipotesi che vi siano vaste aree identiche nel lessico delle due lingue e anche nelle regole della grammatica. Queste valutazioni 46 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… possono essere fonte di errori, come quando gli apprendenti spagnoli trasferiscono nelle loro interlingue morfemi grammaticali e dicono amicos per amici, o elementi lessicali che non esistono nello spagnolo. La percezione della vicinanza è tuttavia fonte anche di molti transfer positivi (vedi 7.5). La consapevolezza metalinguistica può avere un ruolo positivo nell’acquisizione anche quando un immigrato riconosce le dinamiche di variabilità della situazione linguistica italiana. Gli immigrati di solito stabiliscono un legame tra uso del dialetto e condizioni socioculturali negative e manifestano un orientamento verso l’italiano standard, anche se l’analisi delle produzioni mette in luce elementi dialettali o comunque non standard (Vedovelli 1990, Bernini in stampa): \FR\ io- + !!imparo italiano!! + e nessuno parli qui in in L. italiano solo dialetto [RIDE] + non mai capisco non mai \IT\ niente? \FR\ niente niente anche brutta pronuncia mi no piace (Banca Dati di Italiano L2). L’importanza dell’italiano ai fini dell’attività lavorativa è riconosciuta dagli immigrati. Ecco ancora l'apprendente cinese: \TU\ perché io vengo Italia vivere Itali/ bisogna imparare bene lingua italiana ++ quanti non capisco lingua italiana + sempre pe(r)de tempo ++ no trovato lavoro bene + giusto? (Banca Dati di Italiano L2). 47 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Fonti Banca Dati di Italiano L2, a cura di C. Andorno, Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Linguistica, 2001. Franca Orletti (2000), La conversazione diseguale, Roma, Carocci. Bibliografia Language universals and second language acquisition (1984), a cura di W. Rutherford, Amsterdam, Benjamins. Pidginization and creolization as language acquisition (1983), a cura di R. Andersen, Rowley Mass, Newbury House. Anna Cattana e Maria Teresa Nesci, Analizzare e correggere gli errori, Perugia, Guerra Edizioni. Noam Chomsky (1959), Review of Verbal behaviour by B.F. Skinner, in "Language", 35: 26-58. Stephen Pit Corder (1967), The significance of learner's errors, in "International Review of Applied Linguistics", 5: 161-70. Heidi Dulay e altri (1982), Language two, New York, Oxford University Press (traduzione italiana La Seconda lingua, a cura di A. Giacalone Ramat, Bologna, il Mulino, 1985). 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Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… Grammatik und Diskurs. Studien zum Erwerb des Deutschen und des Italienischen (1999) / Grammatica e discorso. Studi sull'acquisizione dell'italiano e del tedesco, a cura di N. Dittmar e A. Giacalone Ramat, Tübingen, Stauffenburg Verlag: 13-54. Strutture testuali e principi di organizzazione dell'informazione nell'apprendimento linguistico (1988), a cura di M. Chini e A. Giacalone Ramat, "Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata", XXVII, 1. La temporalità nell'acquisizione di lingue seconde. (Materiali Linguistici 2) (1990), a cura di G. Bernini e A. Giacalone Ramat, Milano, Franco Angeli. Cecilia Andorno (2000), Focalizzatori fra connessione e messa a fuoco. Il punto di vista delle varietà di apprendimento, Milano, Franco Angeli. Giuliano Bernini (1995), Au debut de l'apprentissage de l'italien. L'enoncé dans une varieté prébasique, in "Acquisition et Interaction en Langue Etrangère", 5: 15-45. 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Sitografia - Aggiornato e ampio sito di materiale didattico di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi della Scuola d'Italiano Roma: http://www.scudit.net/mdindice.htm - Indice ragionato dei materiali e dei corsi in italiano L2 liberamente scaricabili dalla rete: http://www.dienneti.it/risorse/italiano/stranieri.htm 49 ICoN – Italian Culture on the Net C. Andorno, A. Giacalone Ramat – L’acquisizione dell’italiano… - Sito del progetto "Io parlo italiano", promosso da: Dipartimento per gli Affari Sociali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Pubblica Istruzione, Rai Educational e centri territoriali per l'educazione permanente degli adulti. Anche se un pò datato, è interessante per i numerosi materiali e le interviste video liberamente fruibili dal sito: http://www.educational.rai.it/ioparloitaliano - Per le interviste: http://www.educational.rai.it/ioparloitaliano/real/interviste.htm 50