Piante 1 - Liceo Classico Psicopedagogico Cesare Valgimigli
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Piante 1 - Liceo Classico Psicopedagogico Cesare Valgimigli
1. L’evoluzione delle piante. Le piante rappresentano un gruppo monofiletico di organismi fotosintetici: «monofiletico» significa che esse hanno avuto origine da un unico antenato comune e formano una ramificazione a sé stante dell‟albero della vita. Si ritiene che le piante terrestri derivino dalle alghe verdi, con cui condividono diverse caratteristiche: entrambi i gruppi svolgono la fotosintesi, sono dotati sia di clorofilla a che di clorofilla b, accumulano amido come prodotto di riserva e possiedono pareti cellulari di cellulosa. Uno dei caratteri chiave esclusivo delle piante è la presenza di un embrione protetto dai tessuti della pianta madre; per questo motivo sono anche chiamate embriofite. Gli antenati delle piante terrestri hanno sviluppato adattamenti per vivere fuori dall’acqua. Numerosi studi filogenetici indicano che il gruppo più affine a quello delle piante è quello delle alghe verdi chiamate carofite. acquatiche Gli organismi del genere Chara (▶figura 1) sono membri delle carofite somiglianti alle piante per le sequenze del DNA, per la del cloroplasto e struttura per il meccanismo di divisione cellulare. trasporto dell‟acqua in tutto il corpo della pianta e un rivestimento in grado di limitare la perdita di acqua. Inoltre, in ambiente aereo veniva a mancare un sostegno di tipo meccanico: doveva perciò svilupparsi un sistema di supporto. Anche il meccanismo di dispersione dei gameti e della progenie dovette cambiare. I primi organismi terrestri che probabilmente erano simili ai muschi attuali, affrontarono tutte queste sfide. Le piante terrestri presentano alternanza di generazione. Una caratteristica condivisa dei cicli vitali di tutte le piante terrestri è l‟alternanza di generazione , le cui peculiarità sono (▶figura 2): · l‟alternanza di individui pluricellulari diploidi (2n) con individui pluricellulari aploidi (n); · la produzione normale divisione di gameti tramite mitosi (cioè cellulare) e la per produzione di spore tramite meiosi. Figura 1. I parenti più prossimi delle piante terrestri. Le piante terrestri si sono probabilmente evolute da un antenato comune condiviso con le carofite, un gruppo di alghe verdi. Le analisi del DNA indicano genere Chara costituiscono il che le gruppo carofite più del strettamente imparentato con le piante. Le alghe verdi antenate delle piante vivevano ai margini di stagni e paludi, orlando gli specchi d‟acqua con una spessa pellicola verde: fu a partire da questo habitat variabile, che secondo clima e stagioni poteva restare acquoso oppure seccare, che le prime piante cominciarono a evolversi. Le prime piante terrestri apparvero tra 400 e 500 milioni di anni fa; il cambiamento di habitat, tuttavia, impose l‟evoluzione di speciali adattamenti. Figura 2. L‟alternanza di generazioni nelle piante. Non più immersi nell‟acqua, sulla terraferma questi Lo sporofito (generazione diploide) produce spore tramite organismi meiosi e si alterna con il gametofito (generazione aploide) che erano potenzialmente esposti alla disidratazione: si rese perciò necessario un sistema di produce gameti mediante mitosi. Per descrivere il ciclo vitale di una pianta partiamo dallo stadio unicellulare, cioè dallo zigote. Da questa cellula diploide per successive divisioni si forma un embrione pluricellulare, destinato a svilupparsi nella pianta diploide matura chiamata sporofito (cioè la «pianta che produce le spore»). Nello sporofito, le cellule contenute negli sporangi vanno incontro a meiosi producendo spore aploidi unicellulari. Dividendosi per mitosi, la spora produce La comparsa della cuticola permise alle piante non vascolari di evitare la disidratazione in ambiente terrestre. Gran parte delle caratteristiche che distinguono le piante gametangio femminile è detto archegonio, ha forma di fiasco e produce un‟unica cellula uovo; il gametangio maschile, detto anteridio, produce invece numerosi riguarda gli la cuticola, una pellicola di rivestimento che i gametangi, involucri che racchiudono gli embrioni, cioè giovani piante mantenute particolari pigmenti che forniscono protezione dalle radiazioni ultraviolette; spore dotate di pareti spesse, in grado di resistere alla siccità; origine a una singola cellula diploide, lo zigote, e il ciclo ricomincia come si vede nella (▶figura 2). verdi all‟interno di strutture protettive; gameti maschili, ciascuno dotato di due flagelli. La fusione dei gameti, chiamata fecondazione, dà alghe i gameti prevenendone la disidratazione; I gameti si formano all‟interno di organi sessuali specializzati chiamati gametangi. Nel caso dei muschi, il dalle protegge dal disseccamento; una pianta aploide, chiamata gametofito (cioè la «pianta che produce i gameti»). terrestri adattamenti evolutivi alla vita fuori dall‟acqua: associazioni con i funghi per migliorare l‟assorbimento dei nutrienti dal suolo. La generazione sporofitica parte quindi dallo zigote per arrivare alla pianta pluricellulare adulta, mentre la generazione gametofitica parte dalla spora per arrivare Probabilmente la cuticola rappresenta la più importante, ai gameti attraverso la pianta pluricellulare aploide. Il e anche la prima a comparire, tra queste caratteristiche. passaggio tra le due generazioni è contrassegnato dalla Composta da una sostanza cerosa che riveste le foglie e fecondazione e dalla meiosi. In tutte le piante terrestri, i fusti delle piante terrestri, la cuticola svolge numerose sporofito e gametofito differiscono geneticamente: lo funzioni, sporofito è costituito da cellule diploidi, il gametofito da l‟idratazione della pianta proteggendola dall‟eccessiva cellule aploidi. evaporazione dell‟acqua. principalmente quella di mantenere Nel corso dell‟evoluzione, uno degli aspetti chiave è la progressiva riduzione di dimensioni del gametofito Le divisioni delle piante. rispetto allo sporofito. Osservando una piantina di muschio, le parti verdi che vediamo a occhio nudo sono Il Regno delle piante viene generalmente suddiviso in i gametofiti, che sono di taglia maggiore, più longevi e tre divisioni: autonomi dal punto di vista nutritivo. Lo sporofito è Briofite (piante non vascolari) collegato grazie a un peduncolo attraverso cui riceve Pteridofite (piante vascolari prive di semi) acqua e nutrienti. Al contrario, nei gruppi più recenti è Spermatofite (piante vascolari dotate di semi) invece del tutto dipendente dal gametofito, al quale è lo sporofito a essere più grande, duraturo e autosufficiente: se guardiamo una felce, un pino oppure una pianta di rose, siamo di fronte allo sporofito. Le parole: Le parole: Nelle piante, prodotte per per spore intendiamo meiosi, che daranno cellule origine aploidi, a un organismo aploide (gametofito); per gameti intendiamo cellule aploidi, prodotte per mitosi, destinate a fondersi per formare un organismo diploide (sporofito). Archegonio deriva dal greco arché, «principio», e gónos, «generazione», nel senso di «organo in cui ha inizio la vita»; mentre anteridio deriva da anthós, «fiore», che è l‟organo sessuale delle piante superiori. Briofita deriva dal termine greco brýon, che significa proprio «muschio», e phytón, «pianta». Pteridofita deriva dal greco pterón, «ala», e phytón, «pianta», in riferimento all‟aspetto delle grandi foglie delle felci, che sembrano penne di uccelli. Spermatofita deriva dal greco spérma, «seme», e phytón, «pianta», per indicare che queste piante sono dotate di semi. 2. Le Briofite sono piccole piante non vascolari. Si ritiene che le più antiche piante terrestri dovessero assomigliare molto alle attuali piante non vascolari, cioè epatiche, antocerote e muschi. La maggior parte di esse forma cuscinetti e tappeti di piantine di pochi centimetri di lunghezza o di altezza, solitamente in habitat umidi, mentre le più grandi non superano il mezzo metro di altezza. Il motivo di questa taglia ridotta probabilmente risiede nella mancanza di un sistema efficiente di conduzione dell‟acqua e dei minerali dal suolo. Le piante non vascolari sono prive di vere foglie, fusti e radici, cioè delle strutture che caratterizzano le piante vascolari, anche se spesso possiedono strutture analoghe. Le loro modalità di crescita permettono all‟acqua di spostarsi per capillarità, mentre fronde simili a foglioline assorbono l‟acqua e la trattengono; inoltre, le piantine sono abbastanza piccole da permettere la distribuzione di minerali per diffusione. La maggioranza delle piante non vascolari vive sul suolo o su altre piante, mentre alcune crescono sulla roccia nuda, su tronchi morti e caduti e persino su manufatti. Questi organismi sono ampiamente diffusi in tutti i continenti, dimostrando il loro successo evolutivo e l‟ottimo adattamento ai loro ambienti. Esistono tre classi di Briofite: le epatiche, le antocerote e i muschi, ma come esempio di ciclo vitale, prendiamo in considerazione quello dei muschi che sono sicuramente i rappresentanti più conosciuti di questa divisione (▶figura 3). Figura 3. Il ciclo vitale dei muschi. Il ciclo vitale di queste piante dipende dalla presenza di acqua perché possa aver luogo la fecondazione. La «piantina» verde corrisponde al gametofito. Le epatiche sono i rappresentanti odierni del gruppo più antico di piante. Le antocerote possiedono gli stomi e hanno cloroplasti particolari. Sono note circa 9000 specie di epatiche, la maggior dall‟aspetto di piccole corna che spuntano da un parte delle quali possiede gametofiti fogliacei (▶figura 4A). Altre epatiche, genere Marchantia, come quelle chette dello spessore di poche cellule. gametofiti Le Antocerote sono come le epatiche provviste di gametofiti molto semplici, formati da un tallo laminare I gametofiti più semplici sono piccole placche di cellule, dello spessore di poche cellule. Esse possiedono però lunghe all‟incirca 1 cm, che producono anteridi oppure due caratteristiche che le distinguono dalle altre archegoni briofite. I loro archegoni si sviluppano infatti all„interno superficie invece al tappeto verde (▶figura 5); i loro gametofiti sono plac- formati da strati verdi appiattiti sul terreno (▶figura 4B). sulla presentano appartenenti Il gruppo delle antocerote comprende circa 100 specie, superiore e filamenti chiamati rizoidi sulla superficie inferiore, con funzione del di ancoraggio e di assorbimento dell‟acqua. peduncoli. I loro sporofiti sono inoltre capaci di una Gli sporofiti delle epatiche, più brevi di quelli dei crescita quasi illimitata, a differenza di quanto avviene muschi e delle antocerote, raramente superano i pochi millimetri di lunghezza. Sullo sporofito delle epatiche non sono presenti stomi, ovvero aperture per gli scambi gassosi tra l'atmosfera e i tessuti interni della pianta, e le capsule sono costituite da un involucro molto semplice di forma globulare che circonda una massa di spore. In alcune specie le spore non vengono rilasciate dallo sporofito fintanto che lo sporangio che le circonda non si decompone. In altre, invece, le spore vengono «lanciate» da speciali strutture dello sporangio che, tessuto del gametofito, anziché all'apice di nelle altre briofite. Sia nelle epatiche che nei muschi, infatti, la crescita del peduncolo termina con la formazione della capsula, cosicché l'allungamento dello sporofito è alquanto limitato. In una pianta come Anthoceros, invece, non esiste peduncolo, bensì una regione divisioni basale della cellulari. Ciò capsula capace determina di una illimitate formazione continua di nuovo tessuto e questo produce a sua volta spore. Alle Antocerote appartengono le briofite di maggiori dimensioni, e fra queste esistono specie i cui disseccandosi, rilasciano le spore in tutte le direzioni. sporofiti possono raggiungere un'altezza di 20 cm. Fra le epatiche più comuni vi sono varie specie del Rispetto alle epatiche, le antocerote mostrano un genere Marchantia che è facilmente riconoscibile per le particolari strutture sulle quali i gametofiti maschili e femminili recano gli anteridi e gli archegoni. Come accade per la maggior parte delle epatiche, anche le varie specie di vegetativamente Marchantia per semplice possono riprodursi frammentazione del gametofito, oppure mediante propaguli, strutture a forma lenticolare contenute entro speciali alloggiamenti a forma di coppa. adattamento in più alla vita terrestre: sono infatti provviste di semplici stomi, cioè di aperture che facilitano gli scambi gassosi tra l‟ambiente esterno e i tessuti della foglia. Un'altra caratteristica che rende queste piante diverse sia dalle altre briofite che dalle piante vascolari è la presenza, all'interno delle loro cellule, di un singolo cloroplasto di grandi dimensioni, mentre le cellule fotosintetiche delle altre piante possiedono generalmente molti piccoli cloroplasti. Esse possiedono inoltre cavità piene di mucillagine, che spesso ospitano cianobatteri capaci di compiere l'azoto-fissazione, ovvero la trasformazione dell'azoto atmosferico in una forma utilizzabile dalla pianta ospite. Figura 4. La struttura delle epatiche. (A) I gametofiti di un‟epatica carnosa. (B) Questa epatica carnosa sviluppa archegoni all‟interno di strutture che somigliano a minuscoli caschi di banane. La stessa pianta produce inoltre strutture a coppa contenenti gemme in grado di formare nuove piantine. Figura 5. Le antocerote. Gli sporofiti di queste piante assomigliano a delle minuscole corna. Nei muschi sono presenti semplici cellule conduttrici. I muschi costituiscono il gruppo più importante delle Briofite e comprendono circa 15 000 specie. Si tratta di piantine che si trovano in quasi tutti gli ambienti terrestri, spesso su substrati umidi e freschi, dove formano spessi tappeti e cuscinetti (▶figura 6). L'accrescimento dello sporofito si verifica soltanto in corrispondenza dell'estremità apicale del filamento, nella zona in cui si formerà anche la capsula. Nello sporofito dei muschi sono di regola presenti stomi che rendono possibili gli scambi gassosi con l'atmosfera. Quando lo sporofito è maturo, dallo sporangio posto alla sua estremità si liberano le spore che vengono disperse nell‟aria. Alcuni muschi sono così estesi che il trasporto dell‟acqua per sola diffusione risulta impossibile. Così, i gametofiti e gli sporofiti di molti muschi contengono un particolare tipo di cellula conduttrice, chiamata idroide, che morendo lascia un sottile canalicolo in cui l‟acqua può fluire. I muschi appartenenti genere Sphagnum, al detti comunemente sfagni, sono muschi molto diffusi negli ambienti palustri dei paesi nordici e nella tundra dove costituiscono le torbiere e possono vivere persino in certe regioni dell'Artico. In termini di biomassa, superano la totalità di tutti gli altri muschi. Le piante morte si decompongono nell‟acqua e, man mano, formano spessi depositi di torba (▶figura 7B); l‟ambiente delle torbiere a sfagni occupa all‟incirca l‟1% della superficie terrestre. Figura 6. I muschi formano estesi tappeti verdi. Questi muschi sono piante non vascolari che formano un tappeto continuo in una vallata della Nuova Zelanda. Il ciclo vitale ha inizio con lo sviluppo del gametofito, che si forma da una spora aploide ed è costituito da un'esile struttura filamentosa definita protonema, molto simile a un'alga verde filamentosa. Alcuni dei filamenti che costituiscono il protonema contengono cloroplasti e sono capaci di compiere la fotosintesi, mentre altri, definiti rizoidi, ne sono privi e servono ad ancorare il Figura 7. I muschi. protonema al substrato (riguardare la ▶figura 3). I (A) Le pianticelle verdi che vedi nella fotografia sono i rizoidi consentono inoltre l'assorbimento dell'acqua e gametofiti, da cui spuntano gli sporangi, che costituiscono la delle sostanze minerali. Dopo un periodo di crescita, le cellule situate in prossimità dell'apice dei filamenti generazione sporofitica. (B) Un contadino estrae torba, formata da antichi depositi di muschi parzialmente decomposti del genere Sphagnum. In alcune parti del mondo, come nell‟Irlanda fotosintetici iniziano a dividersi, formando gemme meridionale, la torba costituisce un‟importante combustibile, dalle quali si origina il gametofito maturo, la pianta di ma viene usata anche come concime. muschio a tutti familiare. All'estremità delle strutture frondose in tal modo formatesi, si sviluppano gli organi Le parole: sessuali. In alcuni casi si sviluppano sia anteridi che archegoni, mentre in altri casi soltanto uno dei due. Gli In latino hepaticus, (come epatico in italiano), significa anteridi producono gameti maschili che, una volta «riguardante il fegato». Queste piante devono il loro liberatisi, si muovono attraverso il mezzo acquatico fino nome al fatto che nella tradizione si riteneva che a raggiungere gli archegoni dove fecondano i gameti femminili. Lo sporofito è generalmente costituito da una potessero curare le malattie del fegato, perché la loro forma ricorda questo organo. struttura basale che rimane ancorata all'archegonio Antoceróte deriva dal greco anthós, «fiore», e da kéros, mediante un sottile peduncolo, o filamento, alla cui «corno», alludendo proprio al loro aspetto. Il genere più estremità si forma una capsula. comune prende il nome di Ceratophyllum, «foglia cornuta». 3. Generalità sulle piante vascolari. L‟avvento delle piante vascolari è segnato dalla comparsa, avvenuta 440 milioni di anni fa, di un innovativo tipo di cellula, la tracheide. Questo evento portò all‟evoluzione di un sistema vascolare che fornisce sostegno alla pianta e permette di trasportare acqua e nutrienti in tutti i distretti dell‟organismo. In seguito, come vedremo, comparvero vere foglie e radici. Le piante vascolari, proprio per la presenza di un sistema conduttore, vengono definite Tracheofite. La comparsa delle tracheidi ha portato allo sviluppo di un sistema vascolare. Il sistema vascolare delle piante attuali è costituito da due tipi di tessuti conduttori, lo xilema e il floema: 1. Le tracheidi (▶figura allungata con pareti 9) sono spesse cellule e di lignificate; forma oltre alla cellulosa, infatti, è presente che la lignina, una sostanza che conferisce maggiore rigidità e resistenza alla struttura. Catene di tracheidi disposte in colonne verticali formano un sistema di tubi che trasporta l‟acqua dalle radici ai fusti e alle foglie. Questi tubi sono Lo xilema conduce acqua e minerali dalle radici cavi perché le tracheidi allo stadio di maturità sono verso le parti aeree della pianta; inoltre, grazie alla cellule morte, delle quali resta solo la parete cellulare rigidità delle pareti delle sue cellule impregnate di costellata di minuscoli fori attraverso i quali avviene il lignina, fornisce anche sostegno meccanico alla passaggio dell‟acqua. pianta. 2. Il floema trasporta invece gli zuccheri prodotti dalla fotosintesi nelle foglie a tutti i distretti della pianta in cui essi sono consumati o immagazzinati. Le piante vascolari che ci sono familiari comprendono i licopòdi, gli equiseti, le felci, le gimnosperme (cioè le piante con semi nudi) e le angiosperme (ovvero le piante con fiori) (▶figura 8). Sebbene si tratti di un gruppo straordinariamente vasto e diversificato, si ritiene che le piante vascolari derivino da un unico evento evolutivo risalente a 440 milioni di anni fa, quando nello sporofito di un‟antica pianta comparve un nuovo tipo di cellula, la tracheide. Figura 9. Le tracheidi nel fusto di una pianta. Le pareti lignificate delle tracheidi sono colorate in rosso. La tracheide costituisce il principale elemento conduttore dello xilema, presente in tutte le piante vascolari a eccezione delle angiosperme (dove tuttavia esiste un sistema conduttore ancora più specializzato). L‟evoluzione delle tracheidi ebbe due importanti conseguenze. Prima di tutto, fornì una via per il Figura 8. L‟evoluzione delle piante attuali. trasporto di acqua e nutrienti dalla fonte all‟intero corpo Questo albero filogenetico rappresenta le tappe fondamentali della pianta. Secondo, le pareti inspessite delle tracheidi dell‟evoluzione delle piante attualmente presenti sulla terra. fornirono un sostegno meccanico alle piante terrestri. Fuori dall‟acqua, la presenza di una struttura di sostegno si rivelò una strategia vincente, poiché permise alle piante di competere in altezza per Nelle piante vascolari compaiono vere foglie. catturare più luce solare e migliorare la dispersione In senso stretto, una foglia è una struttura fotosintetica delle spore. Per tutti questi motivi, le tracheidi hanno che emerge lateralmente da un asse principale, o stelo, rappresentato un evento evolutivo fondamentale per la e possiede un vero tessuto vascolare. A questo colonizzazione della terraferma da parte delle piante. proposito occorre precisare che esistono due diversi tipi di foglie, che hanno avuto probabilmente una diversa origine evolutiva: microfilli e macrofilli (▶figura 11). Le parole: Il primo tipo di foglia, detto microfillo, è generalmente In greco xýlon significa «legno» e phloème «corteccia». una struttura di piccole dimensioni e soltanto In passato il floema veniva anche chiamato libro (in raramente, almeno nelle piante attualmente viventi, latino liber), perché da questa parte della pianta si possiede più di un singolo canale vascolare (vaso). otteneva un tipo di carta. Foglie di questo tipo sono presenti in due categorie di piante, i licopodi e gli equiseti, dei quali soltanto pochi Nelle piante vascolari lo sporofito diventa indipendente e si evolvono le radici. Oltre alle tracheidi, altre due importanti novità che caratterizzano le piante vascolari sono l‟indipendenza nutrizionale dello sporofito dal gametofito e la presenza delle radici. Per quanto riguarda lo sporofito, si osserva che esso diventa più longevo rispetto ai muschi (nelle felci può sopravvivere per centinaia di anni), si accresce in dimensioni e assume un aspetto ramificato: può quindi produrre più spore e può anche svilupparsi in modi complessi. In tutte le piante vascolari, dunque, lo sporofito è la pianta vera e propria che osserviamo. Le radici probabilmente furono originate dalla ramificazione di una porzione aerea di un fusto oppure di un rizoma, vale a dire una porzione orizzontale e generi sono ancora viventi. L'evoluzione di questo tipo di foglia sembra correlata a un progressivo sviluppo del tessuto vascolare all'interno di piccole protuberanze, a forma di squama, dello stelo. La principale caratteristica del microfillo consiste nel fatto che il canale vascolare che lo percorre si diparte direttamente dal sistema vascolare principale dello stelo, e non determina alcuna modifica nella conformazione di questo. Tale caratteristica si ritrova peraltro anche nei licopodi e negli equiseti fossili risalenti al periodo Carbonifero, molti dei quali possedevano microfilli di alcuni centimetri di lunghezza. Il secondo tipo di foglia, definito macrofillo, è presente nelle felci e nelle piante a seme (Spermatofite). Il macrofillo sembra essersi originato da un appiattimento delle ramificazioni dicotome dello stelo e da un esteso sviluppo di tessuto fotosintetizzante fra le ramificazioni stesse. spesso sotterranea del fusto. Questa nuova parte, a sua volta sotterranea e ramificata, aiutava a mantenere in posizione la pianta e contribuiva all‟assorbimento di acqua e sostanze minerali (▶figura 10). Figura 11. L‟origine delle foglie. Nelle figura viene mostrata in alto l‟origine di un microfillo, in _ basso quella di un macrofillo. Figura 10. L‟origine delle radici. Lo Secondo l'ipotesi di Lignier, le radici si sono originate da rami penetrati nel terreno e che hanno assunto nel tempo nuove caratteristiche. sviluppo di questo tipo di foglia è inoltre accompagnato da una notevole trasformazione della struttura del sistema vascolare centrale, dove, in corrispondenza della base della foglia, si forma un'interruzione definita lacuna fogliare (▶figura 12). in maniera indipendente, nelle piante vascolari derivate dalle Psilopside (Divisione estinta), che erano invece isosporee. Questo fatto, unito alla constatazione che la successiva evoluzione delle piante è stata caratterizzata da una crescente specializzazione della condizione di eterosporia, ha suggerito l'idea che tale strategia possa comportare vantaggi selettivi nei confronti dell'isosporia. (▶figura 14) Figura 12. Lo sviluppo di un macrofillo. La figura a destra mostra la lacuna fogliare che è tipica di un macrofillo. Isosporia ed eterosporia. Nelle piante vascolari più primitive, il gametofito e lo sporofito possono risultare indipendenti l'uno dall'altro, Figura 14. L‟eterosporia. ed entrambi capaci di compiere la fotosintesi. Le spore Attraverso prodotte dagli sporofiti sono di un tipo unico, e da microspore. l‟eterosporia vengono prodotte megaspore e queste si sviluppa un solo tipo di gametofito recante organi riproduttivi sia maschili che femminili. L'organo femminile di queste piante, che possono essere definite isosporee, è costituito da un archegonio pluricellulare contenente una sola cellula uovo, mentre l'organo maschile è un anteridio, che reca molti gameti maschili. (▶figura 13) Le piante vascolari si sono evolute per almeno mezzo miliardo di anni. I primi fossili di piante vascolari risalgono al tardo Siluriano, un periodo in cui questi vegetali erano alti al massimo pochi centimetri. Le piante vascolari più primitive sopravvissute ai giorni nostri non producono semi e comprendono i licopodi, le felci e gli equiseti e vengono comprese nella divisione delle Pteridofite. Si tratta di piante con grossi sporofiti (che in alcune felci sono alti anche 15-20 m), indipendenti e longevi, e con gametofiti ridotti (raramente oltre 1-2 cm di lunghezza) e dalla vita breve, a loro volta indipendenti dallo sporofito. Nel loro ciclo vitale, le piante vascolari senza semi necessitano di acqua allo stato liquido in un passaggio cruciale del ciclo vitale, cioè Figura 13. L‟isosporia. Attraverso l‟isosporia vengono prodotte spore tutte identiche l‟incontro del gamete maschile con la cellula uovo. Le piante con semi, ossia le Spermatofite (gimnosperme tra loro. e angiosperme, si sono invece affrancate da questa neNel corso dell'evoluzione sono tuttavia comparse anche cessità, e l‟incontro dei loro gameti avviene senza la altre piante, definite eterosporee, dotate di due diversi presenza di acqua. tipi di spore: le megaspore e le microspore. Dalle prime si origina un gametofito femminile o megagametofito, capace di produrre soltanto gameti femminili, mentre nelle microspore si formano gametofiti di tipo maschile Classificazione vascolari delle o microgametofiti. Le megaspore vengono inoltre Le prodotte Tracheofite, comprendono due divisioni: in piccola quantità all'interno di un megasporangio, mentre le microspore vengono formate in gran numero entro un microsporangio. Nel corso dell'evoluzione l'eterosporia si è realizzata varie volte, piante vascolari, definite piante complessivamente A) Pteridofite (piante vascolari prive di semi) B) Spermatofite (piante vascolari dotate di semi) 4. Le Pteridofite sono piante vascolari prive di semi. Le piante vascolari che non producono semi vengono definite complessivamente Pteridofite e sebbene siano state le piante che hanno costituito la vegetazione dominante verso la fine del Paleozoico, sono attualmente molto meno importanti rispetto alle piante a seme che invece hanno colonizzato anche ambienti più estremi. Il loro ciclo vitale è simile a quello delle Briofite, con la differenza che in queste piante prevale la generazione diploide dello sporofito. Le Pteridofite attuali sono rappresentate dai licopodi, dagli equiseti e dalle felci. I licopodi furono tra le piante dominanti del Carbonifero. I licopòdi, di cui si conoscono circa 1200 specie odierne, comparvero prima di tutti gli altri gruppi oggi viventi di piante vascolari. Questi organismi possiedono radici e microfilli e hanno una disposizione del tessuto conduttore più semplice rispetto alle altre piante vascolari. Possiedono sia specie isosporee che specie eterosporee e, come tutte le pteridofite, mostrano alternanza di generazioni eteromorfe con uno sporofito grande ed indipendente e un gametofito di minori dimensioni, ma pur sempre autonomo. Le foglie sono disposte a spirale nello stelo e gli sporangi si presentano come strutture a forma di pigna, definite strobili. La crescita della pianta dipende dall‟azione di un gruppo di cellule in continua moltiplicazione, localizzato all‟estremità degli steli. (▶figura 15). Queste piante comparvero nel periodo Devoniano; la loro espansione rese man mano l‟ambiente terrestre più ospitale per gli animali e, in effetti, i primi anfibi e i primi insetti colonizzarono la terraferma contemporaneamente ad esse. Nonostante siano oggi soltanto un elemento marginale della vegetazione, durante il periodo Carbonifero i licopodi rappresentavano uno dei due gruppi di piante dominanti (▶figura 16). I resti di queste estese foreste carbonifere, caduti nelle acque paludose e quindi gradualmente ricoperti da sedimenti, nel corso di milioni di anni furono soggetti a pressioni intense e temperature elevate, dando origine al carbone fossile (mentre petrolio e gas naturale derivano dai resti del plancton di antichi oceani); poiché i depositi non sono infiniti, va da sé che il carbone fossile è da considerarsi una risorsa «non rinnovabile». Oltre ai licopodi, gli altri grandi protagonisti della vegetazione carbonifera furono altre pteridofite, come gli equiseti e le felci. Figura 16. Ricostruzione di un‟antica foresta del Carbonifero. Durante il Carbonifero, foreste simili a questa coprivano vaste aree dell‟attuale America del Nord. Gli «alberi» a sinistra e in secondo Figura 15. I licopodi. La fotografia mette in evidenza gli strobili a forma di cono di un licopodio. piano corrispondono a licopodi del genere Lepidodendron, mentre a destra sono visibili numerose felci. La pianta in primo piano è un parente degli equiseti. Anche gli equiseti furono piante dominanti nel Carbonifero. (sporangiofori) incurvati verso lo stelo e la crescita della Gli equiseti noti anche come “code di cavallo”, sono anello di foglie; tale crescita determina l‟allungamento rappresentati oggi soltanto da una quindicina di specie, di ciascun segmento delle stelo a partire dalla base. pianta deriva in massima parte da strati di cellule mitoticamente attive, localizzate al di sopra di ogni tutte classificate nel genere Equisetum; queste piante sono tipiche per l‟aspetto «a scopino» e la consistenza coriacea dovuta a depositi di silice nelle loro pareti cellulari. Anch‟essi, come i licopodi, possiedono sia specie isosporee che specie eterosporee, mostrano alternanza di generazioni eteromorfe con uno sporofito grande ed indipendente e un gametofito di minori dimensioni, ma pur sempre autonomo. Gli equiseti crescono sui cigli delle strade, vicino a corsi d‟acqua e presentano radici a forma di ciuffi che si diramano dal rizoma il quale costituisce la parte ipogea del fusto. Da questo, si formano in successione due tipi di fusti: quelli primaverili e quelli estivi. I primi (▶figura 17) sono fertili ma incapaci di eseguire la fotosintesi e sono pertanto adibiti esclusivamente alla riproduzione, i secondi (▶figura 18), invece sono sterili ma sono verdi, fotosintetici. Figura 18. Gli equiseti: fusti estivi. Nella fotografia si vedono fusti estivi di Equisetum essi sono sterili ma fotosintetici. Gli equiseti vengono usati a scopo farmacologico in quanto ricchi di sostanze terapeutiche usate a vari scopi: emostatiche (bloccano la fuoriuscita di sangue in caso di emorragia), diuretiche (facilitano il rilascio dell'urina), astringenti (limita la secrezione dei liquidi), antitubercolari e remineralizzanti. Sono indicate anche per combattere l'osteoporosi, in caso di fratture e di rachitismo. Gli equiseti vengono utilizzati anche in cucina. In passato, presso le famiglie contadine, i germogli di alcune specie del genere venivano occasionalmente impanati e fritti o conditi con aceto. L'equiseto può essere aggiunto a zuppe o minestroni come integratore di sali minerali. Ma si deve fare attenzione alle varie specie in quanto alcune non sono eduli o addirittura tossiche. Gli antichi romani usavano l‟equiseto come sostituto del Figura 17. Gli equiseti: fusti primaverili. Nella fotografia si vedono fusti primaverili di Equisetum essi sapone e anche oggi esso viene utilizzato in cosmetica come ingrediente di creme antirughe (sembra che sono fertili ma non fotosintetici. rallenti l'invecchiamento della pelle in genere). Inoltre Le foglie, sono inserite nel fusto ad anelli distinti, gli granuli sporangi sono posti all‟estremità di corti peduncoli queste piante, in quanto provviste superficialmente di levigare di silicio, anticamente (sgrassare metalliche. e venivano lucidare) usate superfici per anche sia anteridi Le felci sono caratterizzati dalla presenza di macrofilli. I Le felci, apparse nel periodo Devoniano, comprendono cellule oggi circa 12000 specie. Lo sporofito delle felci archegoni, spesso su quelli di altri gametofiti, dove si possiede radici, fusti e foglie ben strutturati e le foglie uniscono alle cellule uovo: lo zigote risultante dalla sono dei macrofilli. Alcune foglie si modificano in fecondazione diventa il nuovo sporofito in forma di organi arrampicatori che possono allungarsi fino a 30 embrione. Il giovane sporofito produce una radice e m. cresce in autonomia dal gametofito. Nel ciclo vitale di una felce, lo sporofito maturo produce Nell‟alternanza di generazione di una felce il gametofito deglisporangi dove, per meiosi, si originano le spore. è quindi piccolo, delicato ed effimero, mentre lo Queste possono essere trasportate a grande distanza sporofito può essere molto esteso e vivere per molti dal anni (▶figura 19). vento e, germinando, formano gametofiti gametofiti possono sviluppare sia archegoni, sebbene non necessariamente nello stesso momento o sullo stesso gametofito. I gameti maschili, o spermatiche, nuotano nell‟acqua verso gli indipendenti. Figura 19. Il ciclo vitale di una felce. Lo stadio più evidente del ciclo vitale delle felci è quello dello sporofito diploide. Nella fotografia è illustrata la pagina inferiore di una fronda contenente i sori, ciascuno dei quali ospita numerosi sporangi produttori di spore. Proprio perché necessitano della presenza di acqua per la fecondazione, la maggior parte delle felci vive in ambienti ombrosi e umidi. Gli sporangi delle felci si trovano sulla superficie inferiore delle foglie, dove talvolta sono così estesi da ricoprirla interamente. Nella maggior parte delle specie gli sporangi sono aggregati in strutture chiamate sori (▶figura 20). Esiste una grande varietà di felci che differiscono tra loro per le dimensioni e per la morfologia della fronda (▶figure 21, 22, 23). Figura 23. Capelvenere. Adiantum capillus veneris, nota come Capelvenere, è una felce molto comune nella nostra flora. Molte felci sono isosporee ma alcune sono eterosporee. Alcune felci sono acquatiche (▶figura 24), altre sono arboree e possono raggiungere altezze di 20 m, non sono piante rigide come gli alberi e hanno apparati radicali poco sviluppati (▶figura 25). Figura 20. Sori in una felce. I sori sono raggruppamenti di sporangi che si trovano nella pagina inferiore della fronda di una felce. Figura 24. Felci acquatiche. Marsilea quadrifolia è una felce acquatica. Figura 21. Le foglie delle felci possono assumere vari aspetti. Le foglie di questa felce formano un caratteristico disegno. Figura 25. Felci arboree. Le felci arboree sono specie tropicali. Tutte le piante vascolari di cui abbiamo parlato si Figura 22. Le strutture a chiave di violino. La struttura a «riccio di violino», corrispondente a una foglia in via di sviluppo, si srotolerà ed espanderà dando origine alla complessa fronda matura come quelle della fig.21. diffondono per mezzo di spore. Nei prossimi paragrafi studieremo invece le piante con semi, che costituiscono l‟attuale vegetazione dominante.