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Rallenta la subsidenza nella regione, ma il fenomeno resta

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Rallenta la subsidenza nella regione, ma il fenomeno resta
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Rallenta la subsidenza nella regione,
ma il fenomeno resta preoccupante
gestione della risorsa idrica sotterranea. La precisione di questa
nuova mappa permette anche di
individuare alcune aree subsidenti
molto localizzate, per le quali sarà
forse possibile determinare in
modo mirato la causa scatenante
dell’accelerazione del fenomeno.
Fra i diversi rischi che affliggono la nostra regione (idraulico, idrogeologico, sismico ecc) la subsidenza occupa un ruolo di particolare importanza, contribuendo ad aggravare le dinamiche naturali di altre tipologie
di rischio quali l’erosione costiera e le esondazioni. La duplice natura di
tale fenomenologia, naturale e antropica, obbliga a riflessioni non solo di
natura tecnica, ma anche politico-amministrativa.
Per quel che riguarda la pianura emiliano-romagnola, le cause naturali
sono da ricercarsi principalmente nelle spinte derivanti dai movimenti
della crosta terrestre ancora oggi in atto, che inducono il sollevamento
delle Alpi e degli Appeninini e allo stesso tempo l’abbassamento, cioè la
subsidenza, della pianura.
È molto diversa la velocità di subsidenza che si è osservata nel nostro
territorio di pianura negli scorsi decenni. Grazie alle misure topografiche
condotte nel tempo da enti diversi e implementate in modo sostanziale
dalla Regione Emilia-Romagna, alla fine degli anni Novanta è stato possibile disporre di una mappa di buon dettaglio della subsidenza della
pianura. Da questa carta risultano due zone critiche: la pianura bolognese (con i valori massimi) e la zona costiera.
La causa di questa decisa accelerazione della subsidenza è da ricercarsi
nell’estrazione dei fluidi dal sottosuolo praticata nei nostri territori
nelle ultime decine di anni; si tratta, principalmente, dell’estrazione di
acqua per usi potabili, industriali e irrigui e, in parte, dell’estrazione di
idrocarburi.
Gli effetti più negativi di questi forti abbassamenti del suolo sono il
cattivo drenaggio delle acque superficiali, che causa ristagni, fino
anche a esondazioni, e l’arretramento della linea di costa dovuto all’erosione del mare.
La Regione ha inoltre disposto la
realizzazione di studi specifici nei
territori più interessati, come ad
esempio la già menzionata pianura
bolognese. Qui la disponibilità di
un dettagliato studio geologico del
sottosuolo ha permesso di realizzare anche una simulazione modellistica
che ha verificato le relazioni tra i prelievi di acqua dal sottosuolo e la subsidenza. Gli ultimi dati rilevati mostrano un rallentamento del fenomeno, ma i valori sono in ogni caso ben superiori a quelli naturali: lungo
la costa, ad esempio, si osservano ancora valori medi di un centimetro
all’anno con punte fino a due centimetri. Tali valori – combinati con gli
scenari di possibile innalzamento del livello del mare dovuto ai cambiamenti climatici in atto – potrebbero avere importanti conseguenze per la
nostra zona costiera.
Consapevoli dell’importanza della posta in gioco, emerge quindi la
necessità di non aumentare il prelievo di acqua dal sottosuolo nei punti
più critici e di continuare a investire nel monitoraggio e nella conoscenza
del fenomeno e delle sue cause per definire sempre meglio gli interventi da effettuare nel breve e nel medio periodo.
Occorrerà da un lato favorire il risparmio e il riuso della risorsa, ma allo
stesso tempo individuare risorse idriche alternative. La possibilità di
reperire queste risorse nel sottosuolo andrà di certo valutata accuratamente, dato che gli acquiferi costituiscono sicuramente una risorsa significativa e strategica.
Il reperimento di nuove risorse dovrà essere estremamente oculato dal
punto di vista geologico per impedire che i nuovi prelievi possano causare delle accelerazioni della subsidenza o esaurire acquiferi non ricaricabili.
FOTO APT, RER
La Regione Emilia-Romagna ha di recente realizzato un nuovo monitoraggio della subsidenza fatto anche con accurate misure satellitari, che
permettono di disporre di un numero molto alto di punti di osservazione. Queste misurazioni hanno indicato un certo rallentamento del
fenomeno rispetto ai precedenti rilievi. Ciò è sicuramente da mettere in
relazione con le politiche messe in atto dalla Regione negli scorsi
decenni che, a partire dalla realizzazione del Canale emiliano-romagnolo
e della diga di Ridracoli, hanno incrementato l’uso delle acque superficiali e diminuito l’uso delle acque sotterranee.
Un’osservazione così dettagliata permette anche di individuare in modo
molto preciso gli areali subsidenti mettendo in evidenza la forte relazione tra le zone subsidenti e la distribuzione degli acquiferi nel sottosuolo, cosa che potrà dare interessanti indicazioni sulle modalità di
Come si evince da queste rapide note la problematica della subsidenza si
pone come complesso intreccio di fenomeni geologici e di azioni antropiche (in primo luogo riferibili allo sfruttamento del bene acqua), esigendo quindi un approccio integrato e lungimirante e un coinvolgimento
concorde dei diversi livelli di governo del territorio (Comune, Provincia,
Regione, Stato centrale). Un fenomeno irreversibile, ma da tenere sotto
strettissimo controllo, senza indulgere a pericolose sottovalutazioni, utilizzando tutti gli strumenti della programmazione territoriale.
Marioluigi Bruschini
Assessore alla Sicurezza territoriale,
difesa del suolo e della costa, protezione civile
Regione Emilia-Romagna
FOTO M.N. CASELLI, RER - AIUSG
Grazie alle azioni condotte per decenni dalla Regione Emilia-Romagna il fenomeno sta rallentando. A tal fine
sono risultate strategiche le opere e le politiche tese a utilizzare al massimo le acque superficiali, Canale emilianoromagnolo e Ridracoli in testa. L’impegno della Regione ha consentito anche di avere una conoscenza molto
approfondita del fenomeno e del trend. Proprio da questi dati giunge la conferma della necessità di non abbassare
la guardia.
3
La subsidenza in Emilia-Romagna
il monitoraggio tramite interferometria satellitare
Esperienze a confronto
Assessorato Ambiente e Sviluppo Sostenibile
Servizio Tutela e Risanamento Risorsa Acqua
Assessorato Sicurezza Territoriale,
Difesa del Suolo e della Costa Protezione Civile
Servizio Difesa del Suolo, della Costa e Bonifica
Bologna, 3 dicembre 2007
Pogramma
Saluto di apertura
Lino Zanichelli - Assessore Ambiente e sviluppo sostenibile Regione
Emilia-Romagna
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I sessione: Inquadramento generale
II sessione: esperienze su aree vaste a confronto
Presiede Gabriele Bitelli - Distart Università di Bologna
L'utilizzo della tecnica PSInSARTM come contributo per lo studio e l'analisi
dei processi deformativi in Piemonte
Alessio Colombo - Arpa Piemonte
Presiede Alessandro Bratti - Direttore generale Arpa Emilia-Romagna
Subsidenza: cause, effetti e alcuni casi di studio
Paolo Macini, Ezio Mesini - DICMA, Università di Bologna
La subsidenza in Emilia-Romagna
Raffaele Pignone, Ubaldo Cibin, Paolo Severi - Servizio geologico,
sismico e dei suoli, Regione Emilia-Romagna
Misurare le deformazioni del suolo con i radar satellitari
Claudio Prati - DEI Politecnico di Milano.
Il monitoraggio della subsidenza a scala regionale in Emilia-Romagna
Flavio Bonsignore - Arpa Emilia-Romagna
Verifica ed elaborazione dei risultati dell’analisi interferometrica
Gabriele Bitelli, Luca Vittuari - Distart Università di Bologna
La subsidenza della fascia costiera emiliano-romagnola: storia, problemi e
prospettive
Vinicio Ruggeri - Servizio Pianificazione di bacino e della costa,
Regione Emilia-Romagna
Mentino Preti - Arpa Emilia-Romagna
Misure altimetriche integrate, a terra e satellitari, per lo studio della subsidenza nel delta del Po. Prime considerazioni
Federico Toffoletto - Direzione Geologia e attività estrattive
Regione Veneto
Un sistema integrato per il monitoraggio della subsidenza nella pianura
costiera veneziana
Laura Carbognin, Luigi Tosi - Cnr, Ismar Venezia
Pietro Teatini - Dmmsa, Università di Padova,
Tazio Strozzi - Gamma Remote Sensing (Svizzera)
Analisi dei fenomeni di subsidenza nel bacino del fiume Arno tramite
l’utilizzo della tecnica di interferometria satellitare PSInSARTM
Marcello Brugioni, Giovanni Menduni - Autorità di Bacino dell’Arno
Linee guida per lo studio dei fenomeni di subsidenza nell'ambito di progetti
di sviluppo sostenibile di campi a olio o gas
Giuseppe Gambolati, Pietro Teatini, Massimiliano Ferronato
Dmmsa, Università di Padova
Conclusioni
Marioluigi Bruschini - Assessore Sicurezza territoriale, difesa del
suolo e della costa, protezione civile, Regione Emilia-Romagna
Lo studio e il monitoraggio della
subsidenza si rivelano di particolare
attualità se si considera la stretta
connessione di questo fenomeno
con alcuni degli effetti determinati
dai cambiamenti climatici in atto,
tra i quali la riduzione della disponibilità idrica appare al momento,
non solo nella nostra regione,
l’emergenza più evidente.
gia con la livellazione di alta precisione, al fine di acquisire
un’informazione molto più capillare dei movimenti verticali del suolo
rispetto alle possibilità offerte dai sistemi in precedenza utilizzati.
I dati acquisiti hanno permesso la realizzazione della Carta delle velocità di movimento verticale del suolo relativa al periodo più recente 20022006 che si configura come uno strumento fondamentale sia per successivi studi di approfondimento - rivolti soprattutto a evidenziare le
cause del fenomeno –, sia per lo svolgimento dei compiti istituzionali
precipui degli enti deputati alla gestione del territorio e delle risorse
idriche in particolare.
Le attività di monitoraggio della subsidenza da parte della Regione
Emilia-Romagna iniziano nel 1983 con l’istituzione e le successive
campagne di misura (1984, 1987, 1993) di una rete di livellazione che
riguarda, in particolare, il territorio costiero. A partire dal 1997, con
successivi incarichi ad Arpa, il monitoraggio viene esteso all’intera area
di pianura della regione con l’istituzione e la prima misura (1999) di
una rete di livellazione di alta precisione e di una rete di punti GPS.
Nel 2002 viene ripetuto il rilievo della sola rete GPS. Nel 2005-06 Arpa,
dopo aver testato le potenzialità dell’interferometria satellitare in precedenti esperienze, su incarico della Regione applica tale metodo, in siner-
Il convegno si pone come obiettivo principale la diffusione e la condivisione dei risultati del recente lavoro svolto. Inoltre, particolare
attenzione è rivolta all’illustrazione della tecnica satellitare utilizzata
e delle problematiche emerse in sede di analisi e validazione dei dati,
soprattutto in relazione alla inusuale vastità del territorio oggetto di
studio.
A tal proposito il convegno costituisce anche un importante momento
di confronto con esperienze simili portate avanti in altri ambiti territoriali nazionali.
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
L’attività di supporto di Arpa Emilia-Romagna
La Regione Emilia-Romagna ha assegnato all’Agenzia regionale prevenzione e ambiente la gestione della rete di
misura della subsidenza con l’obiettivo di disporre di un sistema integrato di monitoraggio ambientale.
Il monitoraggio si esplica nella rilevazione periodica del livello del suolo, su tutto il territorio regionale, effettuata
mediante le più attuali tecniche di misurazione e di elaborazione dei dati, i cui risultati sono a disposizione della
collettività. I dati più aggiornati delle campagne di misurazione, le novità di carattere tecnico-scientifico e le esperienze
regionali e nazionali sono stati presentati nel corso del convegno “La subsidenza in Emilia-Romagna” organizzato
da Arpa a Bologna il 3 dicembre scorso. L’inserto di ArpaRivista raccoglie i contributi dei relatori.
movimento del suolo sembra di
minor rilevanza.
Il suolo è infatti sempre stato
comunemente considerato come
qualcosa di fermo, stabile, tanto
da essere utilizzato come riferimento per la misura di altre grandezze fisiche quali velocità e
accelerazione dei fluidi, anche se,
in realtà, si muove anch’esso, in
particolare in senso verticale, pur
se lentamente e con velocità rilevabili solo con l’uso di apposita
strumentazione di precisione.
Nel territorio emiliano-romagnolo, ad esempio, l’entità dei
movimenti naturali rilevati negli
ultimi decenni è limitata a un
abbassamento, o subsidenza, stimabile in pochi millimetri
all’anno. Se ci limitassimo solo a
variazioni di livello della superficie per cause naturali, gli effetti
sull’ambiente, nella scala dei
tempi nei quali essi vengono
monitorati, sarebbero trascurabili
rispetto agli impatti di altre
matrici e non vi sarebbe la necessità di trattare la materia nell’ambito delle attività di Arpa.
Il fatto è che le cause naturali non
sono le uniche che incidono sulla
subsidenza, ma esse possono
essere fortemente amplificate da
FOTO F. BONSIGNORE
L’attività dell’Agenzia regionale
per la prevenzione e ambiente
dell’Emilia-Romagna è focalizzata sul controllo dei fattori di
pressione, sul monitoraggio delle
componenti ambientali e sul supporto tecnico agli enti locali per la
pianificazione territoriale, ovviamente sempre in tema di tutela
ambientale, con tutti i risvolti
interdisciplinari collegati (aspetti
sanitari, energetici, produttivi,
economici ecc.).
Trattando a parte l’attività legata
allo studio dei cambiamenti climatici, le scale spaziali di interesse sono pertanto principalmente di livello regionale, allargato alle componenti al contorno,
mentre quelle temporali coprono
di regola i fenomeni osservati
(percorso
sorgente-trasportopozzo) e vanno da analisi e misure
in tempo reale a studi e previsioni
che contemplano periodi di alcuni
anni.
Le matrici interessate da controlli
e monitoraggio (acqua, aria, suolo
ecc.) sono generalmente quelle
che, in tali periodi, mostrano
significativi mutamenti o che possono influenzare le variabili di
pressione e stato dell’ambiente.
In tale contesto la misura del
Antenna GPS, stazione della rete regionale di controllo della subsidenza
(ponte sul fiume Reno in località Traghetto - FE)
cause legate all’uso antropico del
territorio, e questo è ciò che si è
verificato in Emilia-Romagna.
Infatti, in particolare, l’estrazione
di acqua e, in misura minore, di
gas naturale, intorno al periodo tra
lo fine anni Settanta - inizio
Ottanta del secolo scorso hanno
fatto registrare in vaste aree della
regione (area bolognese, asse
della via Emilia, litorale costiero)
abbassamenti del suolo fino a
parecchi cm/anno, e successivamente, seppure ridotti grazie a
interventi pubblici della Regione
e delle Province (nel bolognese
nel 2006 l’abbassamento è sceso a
2,5 cm/anno), di valore comunque
superiore di un ordine di grandezza rispetto a quelli di origine
naturale.
In questi casi, gli effetti negativi
più sensibili, anche a livello economico, si sono evidenziati lungo
la costa dove, a causa della debole
inclinazione della superficie, la
diminuzione di livello verticale ha
comportato la perdita di ampi
tratti orizzontali di arenile.
Ma non possono comunque
essere trascurati nemmeno i fenomeni di dissesto idrogeologico
dovuti alla marcata subsidenza di
aree urbane e industriali della pianura emiliano-romagnola.
Si è così di fronte a una criticità
reale, anche senza considerare gli
effetti amplificativi legati al
potenziale cambiamento climatico che, seppure di difficile quantificazione, potrebbe comportare,
nel prossimo futuro, da una parte
l’innalzamento del livello del
mare, dall’altra la necessità di
nuovi emungimenti di acqua
quale conseguenza di lunghi
periodi siccitosi.
L’impatto sull’ambiente della
subsidenza nella nostra regione è
quindi divenuto rilevante ed evidenzia la necessità di mantenere
un capillare sistema di osservazione del livello del suolo, anche
perché si tratta di un fenomeno
irreversibile, che consente solo
interventi di mitigazione, spesso
costosi, ma non di ripristino, e
impone pertanto scelte oculate di
pianificazione nell’uso delle
risorse naturali.
Le implicazioni sull’attività dell’Agenzia, che supporta in materia
tecnica gli enti del territorio, sono
infatti molteplici e riguardano i
controlli sulla gestione di scarichi
e rifiuti, il monitoraggio, i pareri
ambientali sulle acque, su piani
urbanistici, su VIA e VAS; va
ricordato inoltre che Arpa gestisce
tutte le principali reti di monitoraggio ambientale della regione e
quindi, in coerenza con le sue
competenze, la Regione EmiliaRomagna le ha assegnato la
gestione della rete regionale di
misura della subsidenza al fine di
disporre di un vero e proprio
sistema integrato di monitoraggio
ambientale.
Il monitoraggio della subsidenza si
esplica nella rilevazione periodica
del livello del suolo, su tutto il territorio
regionale,
effettuata
mediante le più attuali tecniche di
misurazione (telerilevamento ecc.)
e di elaborazione dei dati, i cui
risultati vengono messi a disposizione della collettività attraverso
pagine dedicate del sito internet
dell’Agenzia (www.arpa.emr.it).
In questo inserto di ArpaRivista si
mostrano i risultati dell’ultima
campagna
di
misurazione,
insieme alle novità di carattere
tecnico-scientifico e alle esperienze di enti regionali e nazionali, presentate nel corso del
seminario La subsidenza in EmiliaRomagna organizzato da Arpa a
Bologna il 3 dicembre scorso.
Francesco Fortezza
Arpa Emilia-Romagna
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Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Le cause, gli effetti e un metodo di studio
Solo dal contributo di diverse discipline potrà discendere la profonda comprensione del fenomeno subsidenza in tutti i
suoi aspetti. Le strategie che ne potranno discendere per perseguire uno sviluppo sostenibile dovranno essere basate
sull’analisi di compatibilità ambientale, sulla valutazione di vulnerabilità ambientale, su valutazioni socio-economiche
e sulla valutazione dei sistemi di mitigazione, compensazione e rimedio dei danni ambientali. L’esperienza di ricercatori
del Dipartimento di Ingegneria chimica, mineraria e delle tecnologie ambientali dell’Università di Bologna.
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Negli ultimi cinquant’anni si è verificata una forte concentrazione di
attività produttive e un massiccio insediamento di abitanti in aree sedimentarie di età geologica recente. Questa forte antropizzazione ha
spesso indotto problemi di abbassamento del suolo (subsidenza) che, in
qualche caso, hanno arrecato gravi danni sia alle costruzioni, sia all’ambiente (arretramento della linea di costa, disturbi a opere di bonifica,
risalita della falda freatica ecc.). In generale, le aree sedimentarie sono
caratterizzate da alternanze di strati a bassa permeabilità (argille, argilloscisti ecc.), e da strati permeabili, sede degli acquiferi (in sabbie
sciolte e/o cementate o in rocce fratturate) oppure, a maggiore profondità, sede di giacimenti di idrocarburi. Ogni elemento del sottosuolo,
prima dell’estrazione dei fluidi che lo saturano, è in equilibrio statico o
dinamico con le tensioni trasmesse dagli elementi circostanti (figura 1).
La produzione dei fluidi di strato causa la diminuzione della loro pressione nel punto di prelievo, diminuzione che si propaga a tutto il mezzo
circostante con una velocità che è funzione della sua permeabilità e
della viscosità del fluido prodotto. In ogni elemento, quindi, si verifica
una diminuzione di volume che, trascurando la compressibilità della
fase solida rispetto alla diminuzione del volume dei pori, dipende dalla
variazione delle sole tensioni efficaci, e cioè dalle tensioni trasmesse
dall’esterno sull’elemento, detratta della pressione interstiziale. Chiaramente la deformazione degli elementi depressurizzati (compattamento) si trasmette a tutti gli elementi circostanti provocando, in particolare, in superficie deformazioni verticali (subsidenza, figura 2).
Le tecniche di misura della subsidenza sono ben note e hanno oggigiorno raggiunto grande precisione.
Gli abbassamenti possono manifestarsi per cause diverse che agiscono
a diverse profondità, tra le quali si ricordano:
- l’aumento del carico agente sul terreno dovuto alla costruzione di edifici o rilevati
- la variazione di salinità dell’acqua di strato, che provoca una variazione
di volume nei terreni argillosi
- la creazione di vuoti in sotterraneo (scavi di caverne o gallerie, lavori
minerari ecc.)
- la variazione della pressione interstiziale nei terreni (abbassamento
della falda freatica, estrazione dal sottosuolo di acqua o idrocarburi).
Quest’ultima causa è forse la più frequente e provoca i fenomeni arealmente più estesi. Ciononostante, è possibile che su di uno stesso sito
agiscano contemporaneamente più cause, a profondità diverse; un
esempio è il caso di un terreno ove siano costruiti degli edifici, ubicato
al tempo stesso al di sopra di un acquifero in emungimento e di un giacimento di idrocarburi in produzione.
È evidente che per studiare l’evolversi della subsidenza e programmare
gli eventuali interventi, è necessario conoscere il contributo di ogni singola concausa: per giungere a tale risultato possono essere intrapresi
studi ove varia il metodo con cui si ricavano le caratteristiche meccaniche del mezzo. Un primo metodo utilizza misure in laboratorio eseguite
su campioni rappresentativi del mezzo stesso (carote); un secondo
metodo risale alle caratteristiche meccaniche misurando direttamente
in situ (mediante estensimetri o log geofisici specializzati) la variazione
di lunghezza o la variazione di distanza su riferimenti inseriti nel terreno.
tot
eff
pori
Fig. 1 Compattamento dei mezzi porosi: tensioni trasmesse in un elemento di volume
(Legge di Terzaghi: σtot = σeff + Ppori = const)
Note in tal modo le caratteristiche meccaniche, nota la legge temporale
dei prelievi di fluido, e nota la geometria del dominio oggetto di studio,
si giunge ad avere tutti elementi utili per potere pervenire – per mezzo
di modelli matematici di simulazione – alla stima della subsidenza.
Questi valori stimati dovranno poi essere confrontati con i valori di subsidenza misurati in superficie con le tecniche di rilievo topografico-geodetico. La bontà o meno di questa stima sarà indice di bontà o meno
della simulazione numerica, in termini sia di affidabilità del modello
impiegato, sia, soprattutto, della qualità dei dati di ingresso al modello.
Per quanto riguarda le misure in laboratorio, le maggiori fonti di errore
sono i disturbi nel prelievo dei campioni e nella preparazione dei provini; di solito, le apparecchiature dei pochi laboratori specializzati sono
sufficientemente affidabili. La letteratura mostra che i risultati ottenuti
in laboratorio sono notevolmente conservativi. Si consiglia quindi di
concentrare l’attenzione sulle tecniche di campionamento. Le misure
di laboratorio usualmente impiegano celle a pressione uniforme (detta
anche cella idrostatica), celle edometriche, ove il provino è soggetto alla
tensione assiale e la dilatazione radiale è impedita, oppure celle triassiali,
ove il provino è sottoposto a una tensione assiale e a una tensione
radiale.
I parametri meccanici usualmente ottenibili in laboratorio sono:
- la compressibilità totale (o bulk), nel caso di tensioni effettive eguali
in tutte le direzioni
- la compressibilità monoassiale, nel caso di dilatazione laterale impedita
- il coefficiente di Poisson (determinato mediante la cella triassiale)
Per quanto riguarda le misure in situ, si usano distinguere: le attrezzature estensimetriche fisse, installate in pozzo (pozzi estensimetrici, o assestimetri), atte a misurare la variazione di distanza tra la superficie e uno
o più punti, siti nel foro a differenti profondità; le apparecchiature atte a
misurare le variazioni di distanza tra due o più punti del sottosuolo,
calando in pozzo una sonda munita di un adatto sensore (tecnica analoga a quella dei log).
Le prime vengono impiegate fino a profondità di 400-500 m (valore
massimo raggiunto 1.000 m circa), mentre le seconde non hanno limite
di profondità, e sono principalmente impiegate nei giacimenti di idrocarburi. In Italia il primo estensimetro per rilievi di subsidenza fu
impiegato nel Polesine negli anni 60 a cura del Corpo delle Miniere.
Successivamente, a partire dalla metà degli anni 80 furono installati
estensimetri a Bologna e a Ravenna.
Più precisamente a Bologna, per conto del Comune e della Regione
Emilia-Romagna, si installarono tre estensimetri a barre in due pozzi
profondi l’uno 300 m, l’altro 75 m. In entrambi i pozzi si installarono
piezometri a varie profondità. Nei dintorni di Ravenna (Lido Adriano),
in base a una convenzione tra il Comune ed Eni, nel periodo 1994-1998
sono state installate tre stazioni estensimetriche e piezometriche, raggiungendo profondità massime di circa 370 m. Infine, nel 2005 sono
stati installati due assestimetri nel Comune di Castelmaggiore ancorati
alle profondità di 100 e 200 m di profondità. Fra i metodi atti a misurare compattamenti degli strati profondi mediante sonde geofisiche si
ricorda il radioactive bullet log, ove si posizionano nelle formazioni di cui
si vuole misurare il compattamento nel tempo dei proiettili contenenti
pastiglie radioattive (marker), e si rilevano periodicamente le variazioni
di distanza tra tali marker.
Le misure in situ, come ogni tecnica di misura, presentano punti deboli;
si ritiene tuttavia che tra le maggiori cause di errore vi siano sia gli attriti
tra cavo (o barra) di misura e rivestimento (inevitabili, vista
l’impossibilità pratica di perforare pozzi perfettamente verticali), sia le
sensibili variazioni di lunghezza di tali cavi o barre al variare delle tensioni applicate (variazione di velocità di risalita del cavo durante i log,
instabilità delle aste nei tratti eventualmente in compressione degli
estensimetri ecc.). Inoltre, nelle misure mediante marker radioattivi,
rimane il problema dell’individuazione del picco del segnale e, conseguentemente, dell’elaborazione statistica delle misure.
Da un punto di vista teorico le misure in laboratorio e quelle in situ possono essere utilizzate separatamente; tuttavia, poiché ognuna di esse
compattamento
subsidenza
Fig. 2 La produzione di fluidi del sottosuolo può generare compattamenti dei livelli
produttivi, che possono trasmettersi alle formazioni sovrastanti e provocare
subsidenza della superficie topografica.
Geologia
Monitoraggio
Modellistica
Laboratorio
Geofisica
Interferometria
Geomatica
Territorio
Idrogeologia
Geomeccanica
Fig. 3 Approccio multidisciplinare allo studio della subsidenza
FOTO ARCH. ARPA IA
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
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presenta limiti e incertezze, si ritiene che i risultati più attendibili possano essere raggiunti secondo un approccio che preveda la loro integrazione. È quindi consigliabile effettuare la misura di entrambe e procedere poi al confronto dei risultati con i dati ottenuti dalle misure geodetiche e/o satellitari. Sarà solo dopo aver effettuato una simile analisi
comparativa che potrà essere caratterizzato dal punto di vista del comportamento meccanico con sufficiente precisione il sottosuolo, e da
questo punto poter giustificare l’impiego di modelli di calcolo numerico
sofisticati negli studi di previsione della subsidenza.
L’estrazione di fluidi sotterranei può produrre significativi fenomeni di
subsidenza nel territorio. Al fine di analizzare il fenomeno, per meglio
comprenderne l’origine e gli aspetti evolutivi, è consigliabile utilizzare
un approccio multidisciplinare basato:
- sulla definizione della geometria e delle caratteristiche meccaniche
del sottosuolo
- sul controllo delle quote piezometriche dei pozzi
- sull’implementazione di modelli matematici per la simulazione fluidodinamica e geomeccanica del mezzo
- sui sistemi integrati di controllo degli spostamenti temporali della
superficie topografica (interferometria, geomatica, GPS permanenti e
non ecc.)
- sul confronto e la taratura dei modelli matematici sulla base degli spostamenti effettivi della superficie topografica
Tutto ciò potrà apparire, forse, come un ciclo virtuoso (figura 3), ma sarà
solo attraverso l’apporto di diverse discipline che potrà discendere la
comprensione del fenomeno subsidenza in tutti i suoi aspetti, nel tentativo di perseguire uno sviluppo sostenibile con attente strategie
ambientali basate, in particolare, sull’analisi di compatibilità ambientale, sulla valutazione di vulnerabilità ambientale, su valutazioni socioeconomiche e sulla valutazione dei sistemi di mitigazione, compensazione e rimedio dei danni ambientali.
Paolo Macini, Ezio Mesini
Dipartimento di Ingegneria chimica, mineraria e delle tecnologie ambientali,
Università di Bologna
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Pianura bolognese e costa le aree più critiche
Su ampie zone della pianura i valori attuali della velocità di abbassamento evidenziano un contributo significativo
della componente antropica. Praticamente ovunque si registra un certo rallentamento del fenomeno. A scala regionale
due aree risultano particolarmente critiche, la parte della pianura bolognese in cui si posiziona la conoide del fiume
Reno, e la fascia costiera e del delta del Po. La zona più subsidente della Regione è la conoide alluvionale del
fiume Reno i cui acquiferi sono intensamente sfruttati per le esigenze acquedottistiche del capoluogo; l’estrazione
d’acqua dal sottosuolo induce una subsidenza che ancora oggi raggiunge valori massimi di circa 40 mm/anno.
Anche la costa emiliano-romagnola è un’area critica per la subsidenza con valori medi attorno a 10 mm/anno.
LA
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SUBSIDENZA NATURALE
La pianura padana è un bacino sedimentario subsidente compreso tra le
Alpi e l’Appennino, le spinte tettoniche in atto sollevano le due catene
montuose e contemporaneamente inducono in modo naturale la subsidenza nella pianura. Nella pianura emiliano-romagnola la subsidenza
naturale non è omogenea, ma è influenzata dalle strutture tettoniche
profonde che individuano delle zone in cui essa è più o meno intensa
(rispettivamente nelle sinclinali e nelle anticlinali sepolte). Questa differenza di subsidenza causa forti variazioni nello spessore dei sedimenti,
dal quale si calcola che il valore della subsidenza strutturale della pianura è compreso tra 0,5 e 1 mm/anno per gli ultimi 600.000 anni.
Se si considerano intervalli di tempo più brevi altri fattori entrano in
gioco nel determinare il valore della subsidenza naturale come, principalmente, la compattazione dei sedimenti superficiali. In letteratura i
valori di subsidenza naturale nella nostra pianura sono generalmente
indicati tra 1 e 2 mm all’anno.
Nei bacini sedimentari il fenomeno naturale della subsidenza viene
compensato dalla sedimentazione. Nelle pianure alluvionali, come
quella padana, la sedimentazione avviene durante le alluvioni: le esondazioni interessano proprio le aree a quota più bassa in modo che
nuovo sedimento viene accumulato sulla superficie della pianura
innalzando il livello topografico precedentemente depresso. Sino a
pochi secoli fa, le esondazioni erano un fenomeno frequente e ampie
aree della pianura erano perennemente allagate. Poi le grandi opere di
bonifica e le arginature fluviali hanno permesso di drenare e rendere
vivibili e coltivabili migliaia di chilometri quadrati di territorio, ma allo
stesso tempo hanno fortemente ridimensionato i fenomeni naturali
che compensano la subsidenza.
PRIME
CONSIDERAZIONI GEOLOGICHE
SUI NUOVI DATI INTERFEROMETRICI
La disponibilità dei nuovi dati di monitoraggio (figura 1) permette di
analizzare in modo dettagliato il fenomeno della subsidenza. Così
come risultava dai precedenti rilievi, su ampie zone della pianura i
valori attuali della velocità di abbassamento del suolo sono molto maggiori (oltre un ordine di grandezza), rispetto alla subsidenza naturale a
testimonianza di un contributo significativo della componente antropica. Va tuttavia sottolineato che questi ultimi valori registrano praticamente ovunque un certo rallentamento del fenomeno.
A scala regionale due aree risultano particolarmente critiche, la parte
della pianura bolognese in cui si posiziona la conoide del fiume Reno,
e la fascia costiera e del delta del Po. Allo stesso tempo è interessante
notare che le aree geologicamente attive del sottosuolo della pianura
(le “pieghe emiliane” e le “pieghe ferraresi”) influenzano la distribuzione delle velocità di abbassamento del suolo a testimonianza della
loro importanza sulla dinamica dei movimenti verticali del terreno.
LA
CONOIDE DEL FIUME
RENO
La zona più subsidente della Regione è la conoide alluvionale del fiume
Reno i cui acquiferi sono intensamente sfruttati in gran parte per soddisfare i bisogni acquedottistici di Bologna. L’estrazione d’acqua dal sottosuolo ha determinato un abbassamento della superficie piezometrica di
oltre 50 metri generando una forte depressurizzazione del sistema idrogeologico e inducendo una subsidenza che ancora oggi raggiunge punte
massime di circa 40 mm/anno. L’abbassamento del suolo, prolungato nei
decenni, ha favorito la variazione della pendenza dei corsi d’acqua alterandone il naturale deflusso e favorendo il pericolo di esondazioni.
Fig. 1 Risultato della nuova campagna di monitoraggio interferometrica della subsidenza 2002-2006 (dati forniti da Arpa Emilia-Romagna, 2007) in relazione con
l’andamento delle strutture geologiche sepolte della pianura. In evidenza le due principali aree critiche della Regione
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
La criticità del fenomeno ha spinto la Regione a promuovere uno studio specifico sulla subsidenza dovuta al prelievo idrico, realizzato dall’ente con Provincia di Bologna, Comune di Bologna, Autorità di
bacino del Reno ed Hera, con il supporto tecnico di Arpa EmiliaRomagna.
Nello studio è stato ricostruito il modello geologico di sottosuolo attraverso sezioni e mappe. I dati geologici, piezometrici, i prelievi idrici e
ricarica idrica della conoide hanno consentito di definire prima il
modello concettuale del flusso idrico nell’acquifero e poi i modelli
matematici di flusso e subsidenza. La taratura del modello subsidenza
avviene attraverso il monitoraggio in continuo dell’abbassamento del
suolo a diverse profondità con due assestimetri installati a 100 e 200 m
nel sottosuolo della zona più subsidente, accoppiati a due piezometri
per la lettura in continuo dei livelli delle falde più superficiali.
Attraverso gli strumenti modellistici e di monitoraggio abbiamo acquisito ora la possibilità di tenere sotto controllo i diversi fattori che
influenzano il fenomeno e di progettare così i rimedi possibili e la loro
efficacia, anche sul medio e lungo periodo. Fra i risultati già acquisiti
si segnala che:
• la subsidenza non è omogeneamente distribuita nel sottosuolo, ma
risulta prevalentemente a carico dell’acquifero A1 (24% della compattazione totale) e dell’acquifero B (22%), questo suggerisce
l’attivazione di azioni per una più equilibrata ridistribuzione dei prelievi della conoide, considerando anche che la ricarica dell'acquifero B
è molto più lenta rispetto agli acquiferi più superficiali
• il fiume Reno, anche nel suo tratto apicale, fornisce un contributo
piuttosto limitato alla ricarica degli acquiferi di sottosuolo; per progettarne un incremento bisognerebbe agire sulla capacità di infiltrazione
del fiume.
LA
COSTA
I nuovi rilievi satellitari confermano che la costa emiliano romagnola è
un’area critica per la subsidenza: i valori medi sono attorno a 10
mm/anno con punte di 15-20. Nelle aree costiere le quote topografiche
sono basse con ampi settori al di sotto del livello del mare e il fenomeno rappresenta un importante fattore di rischio che favorisce
l’ingressione marina.
La subsidenza della costa emiliano romagnola ha una molteplicità di
cause che agiscono anche simultaneamente:
• l’estrazione di gas in pozzo nel ravennate (a terra e offshore) che
favorisce la perdita di volume del sedimento nel sottosuolo e genera
abbassamento della superficie
http://www.regione.emilia-romagna.it/geologia/
• la riduzione della sabbia trasportata dai fiumi non consente alle foci
di accrescere impedendo la compensazione dell’abbassamento del
suolo con l’apporto di nuovo materiale
• il delta del Po è accresciuto rapidamente in tempi recentissimi; i
sedimenti deltizi ricchi d’acqua sono soggetti a forte compattazione
naturale che genera abbassamento del suolo; la bonifica artificiale dei
terreni accentua il fenomeno
• i forti prelievi d’acqua dal sottosuolo del riminese e cesenate determinano un impoverimento delle falde che favorisce la compattazione
del sedimento.
I rischi per la costa legati alla subsidenza vanno esaminati insieme alle
previsioni di risalita del livello del mare. L’analisi modellistica effettuata nell’area ferrarese (Progetto PLANCOAST) ha messo in luce che,
con i dati disponibili di topografia, trend storici della subsidenza e previsione di innalzamento del livello del mare, al 2090 si prevede un
forte avanzamento del mare con perdite di spiaggia che localmente
possono raggiungere i 100 m provocando serie minacce alle strutture
urbane, l’aumento dell’impatto delle mareggiate e delle piene fluviali
sul territorio urbano, l’incremento dell’erosione costiera.
CONCLUSIONI
La subsidenza è un fenomeno critico per la nostra regione ed è cruciale
continuare a investire nella sua conoscenza per definire e migliorare gli
interventi. Occorre aumentare la disponibilità d’acqua nel sottosuolo
attraverso l’individuazione di nuove risorse strategiche, la ricarica artificiale delle falde, la riduzione dell’impermeabilizzazione del suolo
nelle zone di ricarica.
È necessario ridurre le azioni antropiche che inducono il fenomeno
nelle aree critiche (prelievo di gas e di acqua dal sottosuolo). È auspicabile agire anche sul lungo periodo favorendo quei processi naturali
che compensano la subsidenza quali l’apporto di sedimento fluviale a
mare e le esondazioni in aree controllate per favorire l’innalzamento
del piano topografico.
Raffaele Pignone
Ubaldo Cibin
Paolo Severi
Servizio Geologico, sismico e dei suoli, Regione Emilia-Romagna
9
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Misurare le deformazioni del suolo
con i radar satellitari
La tecnica dei Permanent Scatterer o PS, brevettata dal Politecnico di Milano nel 1999, costiuisce un miglioramento
sostanziale e ben collaudato delle tecniche classiche di interferometria utilizzate per il monitoraggio ambientale e
la misura degli spostamenti superficiali del suolo con immagini radar satellitari. Tra le principali applicazioni
la misura di abbassamenti del suolo causati da estrazione di fluidi, il controllo delle deformazioni crostali causate
da faglie attive e il controllo degli spostamenti di singoli manufatti.
10
Il Politecnico di Milano ha brevettato nel 1999 una tecnologia innovativa per il monitoraggio ambientale e la misura degli spostamenti superficiali del suolo utilizzando immagini radar satellitari. Nota con il nome
di tecnica dei Permanent Scatterer o PS (marchio registrato PSInSAR™),
questa è stata concessa in licenza esclusiva a Tele-Rilevamento Europa,
TRE, società di spin-off dello stesso Politecnico.
La tecnica PS costituisce, di fatto, un miglioramento sostanziale e ben
collaudato delle tecniche classiche di interferometria SAR (Synthetic
Aperture Radar) satellitare, il cui obiettivo principale consiste nella ricostruzione di modelli altimetrici digitali e di mappe di deformazione
della superficie terrestre con precisione millimetrica. Tra le principali
applicazioni di questa tecnica citiamo la misura di abbassamenti del
suolo causati da estrazione d’acqua, di gas o di petrolio, l’identificazione
e controllo di frane lente, la misura di rigonfiamenti del terreno causati
da iniezioni d’acqua o di gas, il controllo delle deformazioni crostali causate da faglie attive e il controllo degli spostamenti di singoli manufatti.
I SENSORI RADAR
A partire dagli anni 90 i primi dati della superficie terrestre forniti dai
sensori radar, montati a bordo dei satelliti dell’Agenzia spaziale europea
(Esa), hanno impresso una svolta significativa al settore dell’osservazione della Terra, aprendo nuove prospettive di analisi, fino a quel
momento impensabili. I sistemi radar satellitari forniscono immagini
elettromagnetiche (a frequenze comprese tra 1 e 10 GHz) della superficie terrestre, con risoluzione spaziale di qualche metro. Rispetto ai più
noti sistemi ottici, operano con continuità: possono acquisire dati in
presenza di copertura nuvolosa, di giorno e di notte, perché sono dei
sistemi attivi e illuminano, con le radiazioni elettromagnetiche emesse,
la superficie terrestre.
In particolare, i radar di tipo SAR consentono di ottenere immagini
della superficie terrestre ad alta risoluzione (pochi metri), pur utilizzando antenne di piccole dimensioni (ca. 10 m). Un sensore di tipo SAR
è progettato in modo che la stessa porzione di territorio venga osservata
sotto diversi angoli di vista dal sensore in moto lungo la propria orbita;
combinando tutte le riflessioni provenienti dello stesso bersaglio al
suolo, si “sintetizza” a calcolatore un’antenna di grandi dimensioni in
grado di ottenere elevate risoluzioni.
L’analisi degli spostamenti è resa possibile sfruttando le misure di
distanza tra il sensore e il bersaglio “illuminato”. Nel caso specifico,
ripercorrendo la stessa orbita con cadenza regolare (35 giorni per i satelliti dell’Esa e 24 per quelli dell’Agenzia spaziale canadese - Csa), i radar
sono in grado di generare una sequenza temporale di immagini della
stessa area di interesse. L’idea di base è quella di procedere a un confronto tra immagini successive, quindi tra misure di distanza sensorebersaglio successive, al fine di rilevare eventuali variazioni dovute agli
spostamenti del terreno.
Partendo dai primi approcci basati sui classici concetti dell’interferometria, che utilizza il confronto tra coppie di immagini, si è passati, nel
corso di un decennio, allo sviluppo di algoritmi sempre più complessi,
che analizzano contemporaneamente lunghe sequenze di dati. Il perfe-
Fig. 1 Immagine delle deformazioni del suolo prodotte da un terremoto. L’immagine
è stata ottenuta con tecniche interferometriche da un radar montato su un satellite
dell’Agenzia spaziale europea (Envisat) che orbita a circa 850 km dalla superficie
terrestre. Ogni ciclo di colore corrisponde a una deformazione di 28 mm. L’area
osservata ha le dimensioni di 100x100km2. Dati elaborati da PoliMi
zionamento della tecnologia ha permesso di raggiungere oggi precisioni, nella stima degli spostamenti, dell’ordine del millimetro; questo,
unito alla capacità dei satelliti di coprire da remoto vaste aree della
superficie terrestre, ha di fatto messo a disposizione un nuovo strumento di misura per analisi di carattere geologico, geotecnico e geofisico, nonché per lo studio della stabilità di strutture. Sono presenti
archivi di immagini radar satellitari che permettono oggi analisi retroattive, a partire dal 1992.
LE TECNICHE
Ciascuna immagine radar si compone di modulo e fase. Il modulo è
legato all’intensità delle riflessioni misurate dal radar, mentre la fase
racchiude l’informazione relativa alla distanza sensore-bersaglio.
Le tecniche interferometriche convenzionali si basano sul confronto
dell’evoluzione del valore di fase tra due distinte acquisizioni, sulla
medesima area di interesse. Il confronto fra le due immagini genera un
interferogramma, che riassume in sé i diversi aspetti responsabili delle
variazioni di fase. I più importanti sono: la topografia, gli eventuali
fenomeni di movimento e le variazioni delle condizioni dell’atmosfera
terrestre.
Visivamente, poiché i valori di fase sono legati alla lunghezza d’onda
del radar e dunque variano ciclicamente con essa, ne risultano delle
immagini costituite da “frange” (figura 1), cioè da colorazioni ciclicamente ripetute, in cui ogni ciclo corrisponde a una variazione di
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
distanza dal radar uguale a metà della lunghezza d’onda utilizzata (2.8
cm nel caso dei satelliti dell’Esa e della Csa). La lettura degli interferogrammi è tuttavia complicata dai fenomeni di decorrelazione causati
principalmente dalla variazione della riflettività dei bersagli nel tempo
(come, ad esempio, le zone coperte da vegetazione fitta che muta nel
tempo) e, in secondo luogo, dalla distanza tra le due orbite effettivamente percorse dal sensore durante passaggi ripetuti a distanza di
tempo.
Infine, è rilevante il disturbo del segnale causato dalla presenza dell’atmosfera terrestre che, variando sensibilmente tra un’acquisizione e la
successiva, può determinare sfasamenti significativi, tali da sovrapporsi
a quelli dovuti agli spostamenti e a renderne impossibile la stima.
I limiti pratici dell’interferometria SAR classica sono dunque legati ai
fenomeni di decorrelazione e al contributo atmosferico di fase, che
spesso genera effetti difficili da distinguere dai fenomeni di movimento
del terreno e/o dai profili altimetrici che s’intendono misurare.
L’APPROCCIO PS
Tutte queste difficoltà sono state superate dall’approccio multi-immagine della tecnica PS, che ha permesso di ottenere misure quantitative
e puntuali di bersagli naturali e antropici depurate dalla maggior parte
degli effetti atmosferici. L’osservazione di base è che in ogni immagine
radar esistono, con buona probabilità, dei sottoinsiemi di bersagli radar
praticamente immuni dagli effetti di decorrelazione. Essi mantengono
la stessa “firma elettromagnetica” nel tempo, sia al variare delle condizioni climatiche, sia della geometria di acquisizione, preservando
l’informazione di fase nel tempo. Tali bersagli sono stati denominati
Permanent Scatterer, o PS, e possono essere utilizzati per ricostruire e
compensare efficacemente il disturbo atmosferico sull’intera immagine
radar, sfruttando il fatto che le condizioni atmosferiche variano lentamente nello spazio. Chiaramente è necessario che la densità spaziale
dei PS sia sufficientemente elevata (>5-10 PS/km2), vincolo sempre
verificato in aree urbane, dove si raggiungono valori di densità di qualche centinaio di PS per km2, ma anche in aree non urbane dove siano
presenti rocce esposte o manufatti.
In corrispondenza dei PS è inoltre possibile separare il termine di fase
dovuto alla topografia da quello dovuto al movimento.
Per ogni singolo PS si ricava il trend medio di deformazione, con
un’accuratezza compresa tra 0.1 e 1 mm/anno, e l’intera serie temporale
di deformazione con le precisioni millimetriche su ogni singola misura
Fig. 2 Progressivo abbassamento del terreno causato dall’estrazione
di petrolio. La sequenza d’immagini è ottenuta utilizzando dati
radar satellitari aggiornati ogni 24 giorni per un periodo di 3 anni.
Dati elaborati da TRE
(figura 2), per i PS migliori, tali, per esempio, da far apprezzare fenomeni di dilatazione termica stagionale di singole strutture.
Si può pensare alla griglia dei PS come a una sorta di rete geodetica
naturale utilizzabile sia per conoscere lo spostamento puntuale, sia per
ricostruire, tramite tecniche di interpolazione, l’andamento areale dei
movimenti superficiali (figura 3). L’aggiornamento del dato è mensile e
la densità dei punti di misura estremamente elevata.
È bene precisare che le misure di spostamento e velocità dei PS sono
sempre relative e mai assolute, ovvero riferite spazialmente a un punto
di riferimento a terra di elevazione e movimento noti a priori, e temporalmente a una data definita (ad esempio la prima acquisizione disponibile nell’arco temporale analizzato). Inoltre, gli spostamenti sono rilevati lungo la linea di vista del sensore (ossia la congiungente sensorebersaglio o LOS), che risulta essere inclinata, rispetto alla verticale, di
un angolo che dipende dal satellite utilizzato (da ca. 20 a 45 gradi).
Da quanto detto sembrerebbe che con la tecnica PS si possano misurare le deformazioni del suolo solo lungo la linea di vista del radar. Tuttavia, dato che tutti i satelliti radar seguono un’orbita quasi polare (dal
Polo Nord al Polo Sud e viceversa), è possibile utilizzare due differenti
geometrie di acquisizione e distinguere le componenti verticali della
deformazione da quelle orizzontali disposte lungo la direttrice estovest.
Come tutte le tecnologie, anche la tecnica PS presenta dei limiti.
Il primo è legato alla necessità della presenza di una densità sufficiente
di PS nell’area d’interesse (quantomeno una modesta urbanizzazione,
oppure la presenza di rocce esposte). Nel caso in cui non ci siano PS di
tipo naturale, è comunque possibile installarne di artificiali costituiti da
semplici triedri rettangolari metallici.
Il secondo limite è invece dovuto alla limitata cadenza dei passaggi
satellitari (circa mensile con i satelliti attuali). Anche per questo, tuttavia, i sistemi di prossima generazione (tra cui la costellazione dei 4
satelliti italiani Cosmo Sky-Med, di cui 2 già oggi in orbita) potrebbero
ridurre gli intervalli di rivisitazione fino a pochi giorni, consentendo la
misura di fenomeni di movimento superficiale con evoluzione particolarmente rapida come, ad esempio, alcuni tipi di frane.
Claudio Prati
Ordinario di Telecomunicazioni
Politecnico di Milano
Fig. 3 L’immagine mostra i movimenti superficiali dell’area di Berkeley causati sia da frane (zone in
rosso = 5 mm/anno), sia dallo slittamento della crosta terrestre in corrispondenza di una faglia attiva
(linea di discontinuità di colore che attraversa in diagonale l’immagine). Dati elaborati da TRE
11
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Il monitoraggio in Emilia-Romagna
La prima rete regionale di monitoraggio della subsidenza è stata realizzata a partire dal 1997 dalla Regione
Emilia-Romagna con il supporto di Arpa e dell’Università di Bologna. La rete di livellazione geometrica di alta
precisione risulta oggi costituita da oltre 2300 capisaldi e la rete GPS da circa 60 punti. I dati delle rilevazioni
periodiche sono raccolti in un unico sistema informativo e sono tradotti in carte tematiche del movimento verticale
del suolo. Tra i risultati più significativi delle ultime rilevazioni si registra un miglioramento nella provincia di
Bologna, area ancora particolarmente sensibile al fenomeno, e un peggioramento nel riminese.
FOTO F. BONSIGNORE
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Il monitoraggio della subsidenza a scala regionale è stato avviato dalla
Regione Emilia-Romagna nel 1997 incaricando Arpa dell’istituzione
della prima rete regionale di monitoraggio della subsidenza. Nella fase
di progettazione – realizzata in collaborazione con il Distart della
Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna – il criterio principale
al quale ci si è attenuti è stato il massimo utilizzo delle reti già presenti
sul territorio.
Abbiamo dovuto confrontarci quindi con una situazione estremamente
caotica, in quanto si trattava di reti o semplicemente linee di livellazione istituite da enti diversi, in tempi diversi, con cadenze di misura,
specifiche tecniche e spesso punti di riferimento diversi. Tuttavia si
trattava di un patrimonio di conoscenze che non poteva essere ignorato
e che, anzi, bisognava cercare di recuperare e valorizzare nella maggior
misura possibile, con un’operazione di selezione e integrazione in funzione di una rete regionale.
Le principali reti selezionate sono la rete fondamentale Igmi (Istituto
geografico militare italiano); le linee del Magistrato per il Po e dell’Autorità di bacino del Reno; le reti comunali di Ravenna, Modena e
Bologna; le reti dei Consorzi di bonifica; le linee Agip; la rete costiera
istituita da Idroser nel 1983 su incarico della Regione.
Uguale operazione di selezione e integrazione è stata compiuta al fine
di istituire anche una rete di punti GPS, da rilevare con la modalità atta
a fornire la maggior precisione possibile ossia il posizionamento relativo statico.
La rete di livellazione geometrica di alta precisione risulta costituita da
oltre 2300 capisaldi e la rete GPS da circa 60 punti. Entrambe le reti
sono state misurate per la prima volta nel 1999.
Il rilievo della rete di livellazione ha permesso di attribuire a ogni
caposaldo una quota assoluta sul livello medio del mare riferita, in particolare, a un caposaldo ritenuto stabile sito nei pressi di Sasso Marconi
(Appennino bolognese) e collegato alla rete di livellazione di alta precisione Igmi.
Nell’ambito dello stesso lavoro sono stati realizzati i primi confronti fra
le quote ottenute nel 1999 e le quote relative ai capisaldi storici presenti nella rete. A tal fine, in collaborazione con il Dipartimento di
Ingegneria dell’Università di Ferrara, si è proceduto all’omogeneizzazione dei piani di riferimento. È stato così possibile realizzare, già nella
fase di rilievo “zero” della rete, una carta a isolinee di velocità di
abbassamento del suolo relativa al periodo 1970/93-1999.
Tale rappresentazione, tuttavia, risulta inevitabilmente lacunosa e fortemente disomogenea data la diversa copertura spaziale e temporale
dei dati storici. In particolare, le velocità di movimento sono riferite a
periodi diversi – a seconda delle linee di livellazione – compresi tra il
periodo 1970-1999 e il periodo 1993-1999.
Parallelamente è stato realizzato, in collaborazione con il Distart, un
sistema informativo su database relazionale al fine di gestire l’enorme
patrimonio storico che la rete possiede. Dal 2002, parte di tale sistema
è stato reso disponibile su un sito web, in cui è possibile visualizzare e
scaricare gli elementi fondamentali della rete ovvero le monografie dei
capisaldi di livellazione e dei punti GPS.
Emilia-Romagna, carta delle velocità di movimento verticale del suolo (subsidenza), periodo 2002-2006
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Nel 2002, su incarico della Regione, è stato ripetuto il rilievo della sola
rete GPS aggiornando così le conoscenze sui movimenti del suolo nel
periodo 1999-2002 relativamente ai punti della rete stessa.
Nel periodo 2005-2007 Arpa, su incarico della Regione e con un contributo della provincia di Bologna, ha realizzato l’aggiornamento delle
conoscenze geometriche relative al fenomeno della subsidenza, tramite l’interazione di due tecniche: la livellazione geometrica di alta
precisione di un sottoinsieme della rete regionale (circa il 50% della
rete) e l’analisi interferometrica di dati radar satellitari con tecnica
PSInSARTM estesa all’intero territorio di pianura della regione, circa
11.000 km2. Le misure di livellazione realizzate nel 2005 hanno interessato una rete costituita da un migliaio di km di linee e oltre 1000
capisaldi in funzione di supporto all’analisi interferometrica. È stato
adottato lo stesso caposaldo di riferimento utilizzato nel 1999 mantenendone invariata la quota.
Nel 2006 è stata realizzata, in collaborazione con TRE-TeleRilevamento Europa, spin-off del Politecnico di Milano, l’analisi interferometrica e sono state compiute, in collaborazione con il Distart, le operazioni necessarie per la validazione e la messa a punto dei dati radar, al
fine del loro utilizzo per la redazione della nuova carta delle velocità di
movimento verticale del suolo. In particolare, sulla base della disponibilità dei dati satellitari, sono state realizzate due diverse cartografie a
curve isocinetiche: la prima, relativa al periodo 1992-2000, fa riferimento all’elaborazione dei dati provenienti dai due satelliti dell’Agenzia spaziale europea (Esa) ERS1 e ERS2 e si basa sulle velocità di
movimento relative a circa 160.000 punti.
La seconda riguarda il periodo più recente 2002-2006, fa riferimento
all’elaborazione dei dati provenienti dai satelliti Envisat (Esa) e Radarsat (Agenzia spaziale canadese) e si basa sulle velocità di movimento
relative a circa 140.000 punti.
Dall’osservazione dei risultati ottenuti si evidenzia, nel periodo più
recente (2002-2006), una sostanziale assenza del fenomeno nelle province di Piacenza e Parma, una riduzione degli abbassamenti per le
province di Reggio Emilia e Modena, soprattutto per quanto riguarda
i capoluoghi ora in buona parte esenti da movimenti significativi, mentre alcune aree di media pianura di tali province, tra cui Correggio,
Carpi, Ravarino continuano a essere interessate da abbassamenti medi
intorno a 10 mm/anno.
Un miglioramento rispetto agli anni 90 si registra nella provincia di
Bologna, sebbene tale territorio sia, in ambito regionale, ancora il più
soggetto al fenomeno con una vasta area di oltre 600 km2 che presenta
abbassamenti medi intorno a 20 mm/anno. Una diminuzione degli
abbassamenti si evidenzia anche nell’area tra Faenza e Cotignola e a
nord di Savignano sul Rubicone con valori ora compresi tra 10 e 20
mm/anno. Il territorio ferrarese presenta, in generale, movimenti
molto piccoli con una progressiva accentuazione approssimandosi all’area deltizia con valori tra 5 e 10 mm/anno. Per il litorale, infine, non si
registrano variazioni significative rispetto al periodo precedente: a
fronte di qualche leggero miglioramento locale si evidenzia anche
qualche peggioramento, come nel riminese, per cui, in sostanza, questo delicato paraggio continua a perdere mediamente poco meno di 1
cm di quota all’anno.
L’utilizzo del metodo satellitare ha permesso di acquisire
un’informazione molto più diffusa e capillare rispetto al rilievo terrestre tradizionale: un numero di punti di ben due ordini di grandezza
superiore al numero dei capisaldi di livellazione sui quali poteva contare la precedente cartografia. I dati di livellazione, d’altra parte, si
sono dimostrati fondamentali sia per garantire una serie storica omogenea e coerente su un ampio numero di punti riconoscibili sul territorio (a differenza dei diffusori permanenti radar), e adottabili quindi
anche per altri scopi di rilevamento altimetrico, sia per fornire una base
su cui verificare e vincolare al dato interferometrico PSInSARTM. Quest’ultima tecnica, rigorosamente integrata con la livellazione, ha confermato le sue notevoli potenzialità e se ne può prevedere l’utilizzo
La provincia di Bologna, carta delle velocità di movimento
verticale del suolo, periodo 2002-2006
13
Pur evidenziandosi un miglioramento rispetto agli anni 90, è ancora il territorio più
soggetto al fenomeno; in particolare si distinguono alcune zone di massimo
sprofondamento in corrispondenza di Sala Bolognese, Bonconvento (oltre 3 cm/anno),
Cadriano, Lavino di Mezzo, e Castel S. Pietro (circa 3 cm/anno)
anche per i prossimi aggiornamenti che dovrebbero avvenire con
cadenza almeno quinquennale.
Un’altra attività di monitoraggio è stata avviata nel 2005 con il posizionamento, in comune di Castelmaggiore (BO), di 2 assestimetri, alle
profondità di 100 e 200 m, nell’ambito di uno studio sulla conoide del
fiume Reno realizzato con una collaborazione tra Servizio geologico
della Regione, Arpa, Provincia di Bologna e Autorità di bacino del
Reno. Arpa e Provincia di Bologna gestiscono attualmente la strumentazione che in quasi tre anni di funzionamento ha già fornito dati estremamente interessanti sulle caratteristiche della compattazione degli
strati osservati. Attualmente sono in corso progetti finalizzati sia ad
approfondire le relazioni esistenti tra gli abbassamenti del suolo evidenziati e i prelievi di fluidi dal sottosuolo sia alla realizzazione di
simulazioni modellistiche.
Flavio Bonsignore
Arpa Emilia-Romagna
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Verifica ed elaborazione dei risultati
dell’analisi interferometrica
Distart-Università di Bologna e Arpa collaborano da tempo per lo studio del fenomeno a livello regionale. Di seguito
sono descritte alcune caratteristiche dei risultati dell’analisi interferometrica e alcune delle elaborazioni di verifica
e omogeneizzazione effettuate al fine di utilizzare questo prodotto nell’ambito del monitoraggio condotto a scala
regionale, in connessione con i risultati di altre tecniche di indagine geometrica sui movimenti del suolo.
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L’attività realizzata dal Distart-Università di Bologna nell’ambito della
recente campagna di misura del fenomeno della subsidenza regionale
si inserisce all’interno di un’attività storica su questo settore e di una
lunga collaborazione con Arpa.
Nel recente passato questa collaborazione si è concretizzata nel progetto, nella messa a punto e nel calcolo della rete regionale di livellazione geometrica (campagne 1999 e 2005), nel progetto, nella misura e
nel calcolo della rete GPS associata (1999 e 2002) e nel progetto e predisposizione di un sistema informativo per la gestione dell’ampio patrimonio costituito da questi dati e dai dati storici.
L’attività qui descritta si riferisce alla verifica e all’elaborazione dei
risultati dell’analisi interferometrica condotta con tecnica PSInSARTM
da TRE sull’intero territorio di pianura dell’Emilia-Romagna; allo stato
attuale si tratta di un caso di studio molto interessante, sia per l’impiego
del dato SAR interferometrico differenziale a una scala regionale, sia
per la disponibilità di un importante archivio di misure geodetiche, praticamente contestuale a una parte del dataset radar, derivato dalle
misure di livellazione geometrica di alta precisione.
L’intervento del Distart ha riguardato in particolare l’analisi numerica
delle campagne di livellazione geometrica e la verifica e
l’omogeneizzazione dei dataset radar interferometrici, effettuate anche
attraverso il confronto con i risultati dalla livellazione geometrica, al
fine di predisporre carte di uguale abbassamento della pianura emiliano-romagnola per i periodi coperti dalle osservazioni radar.
L’attività condotta ha comportato la messa a punto e l’esecuzione di un
vasto numero di procedure di analisi, a scala generale o di dettaglio,
spesso complesse e laboriose vista la grande mole di dati in gioco (in
figura si riporta a titolo di esempio la disposizione dei 160000 punti derivanti da dati ERS); non è possibile darne conto per esteso in questa
sede, ma solo riportare alcuni temi.
Uno degli aspetti critici che accomuna le reti di livellazione geometrica
ripetute nel tempo e l’interferometria SAR è la scelta del punto o dei
punti origine delle quote da ritenersi fissi nelle successive elaborazioni.
Questi punti di vincolo fissano il datum altimetrico di ciascuna campagna di misura e, se correttamente scelti, permettono di interpretare le
indicazioni di movimento, per loro natura relative, in termini “assoluti”;
qualora i riferimenti ritenuti stabili nel tempo di fatto non lo siano, i
confronti tra successive misure possono contenere effetti sistematici
indesiderati e fornire una indicazione non corretta del fenomeno di
movimento verticale. Per quanto riguarda le campagne di livellazione
geometrica 1999 e 2005, l’origine delle quote è stata fissata a un valore
determinato dall’Istituto geografico militare italiano (Igm) per un caposaldo posto a Sasso Marconi (Bologna), in area collinare e in posizione
longitudinale pressoché baricentrica rispetto alla rete complessiva.
Prima di procedere ai confronti con i dati di velocità ottenuti per via
interferometrica è stata effettuata una preliminare verifica circa la
sostanziale stabilità del punto origine, mediante l’analisi di un collegamento altimetrico alle serie temporali GPS e Very Long Baseline Interferometry (VLBI) acquisite presso l’Osservatorio di radioastronomia di
Medicina. A questo fine è stato espressamente richiesto, nell’ambito
della campagna di livellazione 2005, di connettere la rete regionale
Arpa a una rete locale topografica presso l’Osservatorio di Medicina, per
consentire le misure di collegamento tra il punto di riferimento geometrico dell’antenna parabolica, la stazione permanente GPS (MEDIASI) e la rete di livellazione regionale. La verifica tra le velocità di
abbassamento misurate attraverso la tecnica della livellazione geometrica e le stime di velocità verticale desunte dall’elaborazione dei dati
di geodesia spaziale GPS e VLBI ha mostrato, considerando gli intervalli di confidenza di ciascuna tecnica, un sostanziale accordo tra le due
determinazioni indipendenti di velocità e quindi, in ultima analisi, è
stata ritenuta plausibile l’ipotesi di stabilità assunta per il caposaldo di
Sasso Marconi.
Al termine della fase di elaborazione del dato PSInSARTM, che è stata
in una prima fase condotta per ogni dataset separatamente per aree
Disposizione dei PS derivanti da elaborazione di immagini ERS (1992-2000); la densità media sul territorio regionale di pianura è di 8 PS/km2, ed è evidente la
concentrazione in corrispondenza dei centri abitati
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
(siti), è stato selezionato per ciascun sito e sensore (ERS, Envisat,
Radarsat) un solo punto di riferimento. La scelta del punto di riferimento per la tecnica interferometrica è stata effettuata sulla base di
considerazioni legate prettamente all’elaborazione del segnale radar,
ma è stata confermata a posteriori sulla base di considerazioni esterne
legate ai dati di livellazione.
È stata condotta un’operazione di screening generale dei singoli dataset radar al fine di evidenziare la presenza di bersagli non rappresentativi di reali spostamenti del suolo, in genere oggetti che appaiono come
permanent scatterers (PS) isolati caratterizzati da velocità significativamente diverse dai PS circostanti (ad es. silos metallici affetti da condizioni di carico variabili nel tempo, punti posti in campi aperti e senza
evidenza di manufatti ecc.). La loro individuazione è stata condotta con
procedure realizzate in ambito GIS e suffragata da verifiche dirette su
ortofoto ad alta risoluzione; per il carattere del lavoro e per la tipologia
di elaborazione dei dati SAR, la verifica si è rivolta ai casi più evidenti
per un’analisi a scala regionale.
Sono stati considerati, sia a livello di sito che a livello complessivo, i
valori di deviazione standard e coerenza derivati dal processamento
interferometrico e associati alle velocità dei PS per le tre tipologie di
sensore e sono stati prodotti parametri statistici per le corrispondenti
popolazioni; come da attendersi, i valori relativi al periodo recente
(2002-2006) mostrano un margine di errore associato superiore rispetto
ai precedenti a causa del ridotto numero di immagini disponibili.
Con specifici test si sono inoltre confrontate su punti praticamente
coincidenti (o meglio in ambiti molto ristretti) le velocità dedotte da
orbite ascendenti e discendenti (dato Envisat), in modo da verificare
l’ipotesi di sostanziale trascurabilità di movimenti orizzontali, al fine di
poter riproiettare nella sola direzione verticale le velocità misurate
lungo la line-of-sight.
Un aspetto critico è stato quello inerente l’individuazione di procedure
di confronto tra i dati di velocità desunti per i PS mediante la tecnica
PSInSARTM e quelli desunti sui capisaldi mediante livellazione geometrica di alta precisione. Si tratta di dataset non coincidenti dal punto di
vista planimetrico e la comparazione è stata effettuata mediante differenti tecniche, su base locale con metodi deterministici (per prossimità
o attraverso l’attribuzione al caposaldo della velocità media dei PS rica-
denti in un predeterminato raggio di cattura funzione del gradiente di
velocità verticale) o mediante interpolazione con metodi geostatistici
(kriging). Per il dato ERS non sono disponibili dati topografici riferiti
allo stesso periodo e che siano con certezza omogenei e confrontabili su
tutta l’area di indagine; per quanto riguarda invece i dati Envisat e
Radarsat, avendo a disposizione dei dati di livellazione omogenei tra
loro (derivati dalle due campagne regionali) e quasi contemporanei ai
dati radar, è stato possibile verificare un ottimo accordo d’insieme dei
risultati radar con le misure topografiche.
Considerando l’alta densità spaziale dei PS e il prodotto richiesto, si è
proceduto infine a una interpolazione dei dataset componendo due
griglie della velocità di movimento, rispettivamente per il periodo
1992-2000 e 2002-2006, al fine di fornire una lettura d’insieme immediata del fenomeno della subsidenza alla scala dell’intera pianura emilano-romagnola.
Va sottolineato che il risultato del lavoro va considerato alla scala regionale per cui è stato concepito, e in questa direzione sono state indirizzate le elaborazioni PSInSARTM condotte; il prodotto ottenuto non può
essere cioè spinto verso investigazioni specifiche locali che richiederebbero altre modalità di elaborazione e di verifica puntuale.
L’analisi effettuata, con i risultati di grande interesse raggiunti, ha confermato le potenzialità del metodo interferometrico per la mappatura
del fenomeno della subsidenza (purché ovviamente contenuto entro le
velocità massime rilevabili con queste tecniche, dell’ordine di 60-70
mm/anno per ERS ed Envisat), nonché l’importanza dell’integrazione
e complementarità di questa metodologia con le altre tecniche topografiche della livellazione geometrica e della geodesia spaziale; proprio
l’integrazione e la complementarietà, insieme agli sviluppi della
ricerca interferometrica che si possono già oggi intravedere e con la
disponibilità di nuovi sensori, potranno essere la base su cui continuare
questo tipo di monitoraggio.
Gabriele Bitelli
Luca Vittuari
Dipartimento di Ingegneria delle strutture, dei trasporti, delle acque, del rilevamento, del territorio (Distart), Università di Bologna
La sovrapposizione su una ortofoto ad alta risoluzione della posizione dei PS (colorati secondo la velocità di abbassamento) e dei capisaldi di livellazione della rete regionale
mostra chiaramente la diversa densità dei primi tra loro e in relazione ai capisaldi
15
Subsidenza
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Un problema storico per la costa emiliano-romagnola
lontano dalla soluzione
Nel corso del Novecento i 130 km di costa emiliano-romagnola hanno subito una trasformazione profonda che ne
ha frammentato e ridotto le caratteristiche naturali. In pochi decenni la maggior parte dei cordoni dunosi è stata
spianata e molte valli sono state bonificate per far posto ad attività economiche e infrastrutture legate al turismo.
Tra le criticità sul piano ambientale si registra l’abbassamento del suolo dovuto all’eccessiva estrazione di acqua
e di gas dal sottosuolo, oltre che a cause naturali. Dopo i risultati dei primi monitoraggi, adottate azioni per
contenere il prelievo di acque dal sottosuolo.
16
Il litorale dell’Emilia-Romagna ha uno sviluppo di 130 km ed è interamente costituito da costa bassa e sabbiosa.
Nel corso del Novecento questo sistema naturale di grande valore paesaggistico ambientale, in quanto costituito da larghe spiagge orlate da
dune, pinete, stagni e lagune salmastre, ha subito, a opera dell’uomo,
una trasformazione profonda che ne ha stravolto i caratteri originari.
Nel giro di qualche decennio infatti la maggior parte dei cordoni dunosi
è stata spianata e molte valli bonificate per far posto a migliaia di stabilimenti balneari, alberghi e infrastrutture legate al turismo.
Lo sviluppo dell’economia turistica, che ha portato all’occupazione di
Litorale emiliano-romagnolo: carta delle velocità di movimento verticale del suolo
nel periodo 2002-2006, ottenuta tramite rilievo interferometrico
più di 80 km di costa, e in misura minore quello di agricoltura e industria, ha provocato però una tale serie di ricadute negative sul sistema
ambientale da determinarne il rischio di collasso.
Ad esempio, per soddisfare la fortissima domanda idrica proveniente
dalle nuove attività, le falde acquifere sono state sfruttate in maniera
intensiva; allo stesso modo, per far fronte alla forte domanda di energia
richiesta dal boom economico italiano, sono stati messi in coltivazione
molti giacimenti di metano presenti lungo la fascia costiera.
La conseguenza è stata un forte incremento della velocità di abbassamento del suolo, o subsidenza, lungo tutta la costa.
Essendo costituita da terreni di deposizione recente, quindi soggetti a
costipamento naturale, l’area in esame è da sempre subsidente. Lo provano i pavimenti e i manufatti di epoca etrusca e romana a Ravenna,
attualmente qualche metro sotto il livello del mare.
La subsidenza naturale ha comunque valori che variano dai 0.5
mm/anno del tratto Cattolica-Riccione ai 3.5 mm/anno dell’area deltizia.
Nel 1981, il primo Piano costa effettuato da Idroser per conto della
Regione, ha evidenziato come la subsidenza dovesse essere considerata
come una delle principali cause dell’erosione delle spiagge. La mancanza di dati specifici rendeva comunque difficile quantificare l’entità
del fenomeno, le cui cause venivano comunque individuate, sulla base
della letteratura esistente, nell’estrazione di fluidi dal sottosuolo (acqua
e metano).
Per disporre di dati precisi e seguire il trend del fenomeno il Piano
poneva la necessità di istituire una apposita rete di monitoraggio della
subsidenza lungo tutta la costa.
Con lungimiranza la Regione accolse la richiesta, per cui la rete venne
progettata nel 1983 e rilevata nel 1984. In seguito sono stati effettuati,
prima da Idroser e poi da Arpa, altri 4 rilievi: nel 1987,1993, 1999 e 2005.
Il patrimonio di dati ottenuto è risultato determinante per la definizione
delle strategie di intervento per la difesa della costa.
La subsidenza si è rivelata infatti come la più seria minaccia alla stabilità
del litorale emiliano-romagnolo; un sistema ambientale reso molto fragile dallo sviluppo economico del Novecento, ma nel contempo estremamente importante in quanto sede di una industria turistico-balneare
ai primi posti in Europa. Va anche considerato che questa sistemazione
del litorale impedisce al mare di invadere più di 100.000 ettari di territorio delle province di Ravenna e Ferrara posti a quote di alcuni metri
inferiori al livello del mare.
Nel 1987, al termine della seconda livellazione della rete, i dati hanno
dimostrato come l’entità del fenomeno superasse ogni pur pessimistica
previsione. La massiccia estrazione di acqua da migliaia di pozzi distribuiti lungo tutto l’arco costiero e lo sfruttamento dei numerosi giacimenti di metano presenti a terra e in mare nell’area centro-settentrionale, aveva portato, a partire dal 1950, a tassi di abbassamento del suolo
lungo tutta la costa anche dieci volte superiori a quelli naturali.
L’area di Cesenatico risultava quella con il più alto tasso di subsidenza:
40-50 mm/anno.
La drammaticità della situazione a Cesenatico è stata confermata tre
subsidenza (m)
FOTO M. PRETI
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
17
FOTO M. PRETI
Lido di Dante
via Marabina
via Marabina
via Marabina
via Marabina
via Marabina
Alcune linee della rete di livellazione della subsidenza passano infatti a
ridosso di due importanti giacimenti in attività di coltivazione da più di
20 anni (Dosso degli Angeli, nelle valli di Comacchio e Angela-Angelina, davanti a Lido di Dante).
In particolare risulta che:
- la coltivazione di un giacimento di metano produce un abbassamento
di 7-9 mm/anno nella zona corrispondente alla proiezione in superficie
del suo perimetro
- l’abbassamento si riduce progressivamente allontanandosi dal giacimento
- la diffusione del fenomeno non è radiale, ma irregolare
- l’area interessata dalla subsidenza indotta è compresa tra i 5 e i 10 km
dal giacimento
- per quel che riguarda invece il riscontro fornito dall’ultima livellazione
risulta che il trend della subsidenza è decisamente aumentato (2–5
mm/anno) nei circa 10 km di litorale che risentono degli effetti indotti
dalla coltivazione del giacimento Angela-Angelina; questo fattore è stato
determinante nel rendere il Lido di Dante la località a più alta velocità
di abbassamento dell’intero litorale regionale.
Diverso il trend riscontrato nel giacimento di Dosso degli Angeli. Qui
negli ultimi 6 anni la velocità di abbassamento si è ridotta di 5
mm/anno. Questo risultato positivo va messo in relazione o con
l’esaurimento ormai prossimo del giacimento o con il blocco della pro-
via Marabina
anni dopo dall’Istituto geografico militare (Igm): il caposaldo sul faro,
istituito nel 1970, si era abbassato infatti in 20 anni di 71 cm.
Questi dati, e più in generale quelli relativi a tutta la costa, hanno spinto
Regione e Comuni a occuparsi attivamente del problema. Sono così
state messe in campo azioni per ridurre il prelievo di acqua dai pozzi, per
contenere la realizzazione di nuovi pozzi e per favorire la costruzione di
grandi opere acqedottistiche in grado di rifornire la costa con acque di
superficie. Tra queste vanno menzionate l’acquedotto di Romagna, che
utilizza l’acqua della diga di Ridracoli e il Canale emiliano-romagnolo
(Cer), che deriva acqua dal Po.
Ed è proprio in seguito all’allacciamento alla diga di Ridracoli degli
acquedotti comunali da Ravenna a Cattolica, avvenuto tra il 1988 e il
1992, e conseguentemente alla riduzione dei prelievi da falda che si è
avuta una forte riduzione della subsidenza su questo tratto costiero.
Come era già accaduto in passato a Venezia, nel delta del Po e in molti
altri casi nel mondo, a una drastica riduzione dei prelevi di acqua dalle
falde è seguita anche in questo caso un’altrettanto rapida riduzione della
subsidenza.
Una risposta analoga si ritiene pertanto possa avvenire anche nel caso
dell’estrazione di metano da giacimenti profondi alcune migliaia di
metri. Per quanto gli effetti prodotti da questa attività siano sempre stati
controversi, l’analisi dei dati raccolti con il monitoraggio periodico della
rete costiera, ha permesso di ricavare alcune importanti conclusioni, in
parte già descritte nel Piano Costa 1996.
via Marabina
Cesenatico. Diagramma di abbassamento del caposaldo 123410
Ravenna
(Chiesa di
S. Maria in Porto)
Cesenatico si è abbassata di oltre 1m in 55 anni. Gli effetti sono evidenti durante un
normale evento di acqua alta.
0
-2
-4
-6
mm/anno
-8
-10
-12
-14
-16
-18
-20
-22
Velocità di abbassamento lungo le linee da Ravenna a Lido di Dante nel periodo
1999-2005. Avvicinandosi a Lido di Dante la subsidenza aumenta per la presenza
del giacimento Angela-Angelina
Litorale ravennate. Opere di difesa dall’ingressione marina
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Milano Marittima
Pinarella di Cervia
Cesenatico
Cesenatico
S. Mauro
Bellaria
Igea Marina
Torre Pedrera
Viserba
Rimini
Miramare
Fogliano Marina
Cattolica
Casalborsetti
Marina Romea
Porto Corsini
Marina di Ravenna
Punta Marina
Lido Adriano
Lido Adriano
Pineta di Classe
Lido di Classe
Lido di Savio
Faro di Goro
Argine Sacca di Goro
Idrovora Romanina
Volano
Borgo manara
Lido di Pomposa
Portogaribaldi
Lido di Spina
Dosso degli Angeli
Valli di Comacchio
I costi derivati sono stati fino a ora altissimi. Si può stimare infatti in circa
100 milioni di mc il quantitativo di materiale sottratto nell’ultimo secolo
dalla subsidenza a tutto il litorale e in circa 1 milione di mc la sottrazione
annuale dell’ultimo periodo.
Il costo del materiale da ripascimento che ogni anno occorrerebbe portare per compensare il quantitativo sottratto dagli abbassamenti del
suolo è stimabile in circa 15 milioni di euro.
A questi costi vanno sommati quelli derivanti dalla necessità di rialzare
0
-2
-4
-6
mm/anno
18
duzione attuato, assieme a tutti quelli del nord Adriatico, dalla magistratura di Rovigo nel 2004.
Le novità emerse dal quinto rilievo della rete dei capisaldi lungo costa
(2005) e dalla successiva verifica e integrazione con il sistema dell’interferometria differenziale (1992-2006), che si basa sui dati raccolti dai
radar satellitari, non sono di poco conto. L’interferometria in particolare
fornisce un contributo decisivo nell’individuazione delle cause all’origine dei processi erosivi, perché grazie all’alto numero di punti riflettenti il segnale radar satellitare e alla loro diffusione sul territorio, è possibile evidenziare nelle carte isocinetiche i “crateri” determinati dai
massicci prelievi di acqua o metano.
Risulta così che tra il 2000 e il 2006 la subsidenza media dell’intera fascia
costiera, per una larghezza di 5 km dalla battigia, è pari a circa 8
mm/anno, lo stesso valore del periodo 1992-2000.
Ciò sta a significare che, dopo le sensibili riduzioni del fenomeno avvenute tra il 1988 e il 1992, interventi significativi per ridurre la subsidenza
antropica non ne sono stati più effettuati.
Anzi, in alcune località, in particolare a Rimini, la velocità di abbassamento del suolo è aumentata negli ultimi 6 anni. Il che lascia supporre
che anche i prelievi di acqua da falda siano aumentati. Ciò è molto grave
perché la città di Rimini negli ultimi 55 anni si è abbassata rispetto al
livello del mare di 70 cm. Un dato di cui nessuno sembra tenere conto.
Un’altra vasta area con diversi “crateri” causati dagli emungimenti di
acqua, e i cui effetti si estendono a un lungo tratto di costa, è il quadrilatero Cesena-Cesenatico-Torre Pedrera-Sant’Arcangelo di Romagna.
Gli emungimenti sembrano in questo caso da imputare agli usi industriali e agricoli, in relazione alla presenza di numerose fabbriche e per
la vasta superficie dedicata a coltivazioni orticole e frutticole.
In sintesi, il litorale emiliano-romagnolo risulta affetto, da più di 50 anni,
da un vero e proprio cancro che ha prodotto abbassamenti che vanno dai
70 cm di Rimini agli oltre 100 di Cesenatico, Ravenna e di tutto il litorale più a nord e che a lungo andare ne ha minato la stabilità.
La subsidenza infatti:
• è un fenomeno irreversibile
• sottrae alla spiaggia 1 milione di m3 di sabbia ogni anno
• aumenta il rischio e i danni da ingressione marina
• favorisce l’ingressione del cuneo salino
• squilibria le reti idrauliche e fognarie.
-8
-10
FOTO APT, RER
Subsidenza
decine di chilometri di argini, banchine e moli portuali e quelli per la
protezione degli abitati sempre più esposti all’azione del mare.
Gli esempi al proposito sono le decine di miliardi di vecchie lire stanziate dalla legge speciale 845/80 per la protezione del territorio del
Comune di Ravenna dagli effetti della subsidenza e quelli più recentemente spesi per la costruzione di opere a difesa dell’abitato di Cesenatico, tra cui le porte vinciane lungo il portocanale.
Vanno aggiunti i costi per adeguare i sistemi fognari ai nuovi livelli e
quelli per il sollevamento delle acque dai terreni sempre più bassi dell’entroterra.
Si può stimare, quindi, in circa 20 milioni di euro il costo che ogni anno
occorre affrontare per contrastare gli effetti della subsidenza. Un costo
altissimo che non contempla ancora quello che potrebbe succedere nel
caso in cui si verificasse il temuto innalzamento del livello del mare
dovuto ai mutamenti climatici in corso. La somma di subsidenza ed
eustatismo porterebbe infatti nel lungo periodo al collasso del sistema
costiero emiliano-romagnolo.
Mentino Preti
Arpa Emilia-Romagna
Confronto tra le velocità di abbassamento nel periodo
1987-1999 e le velocità di abbassamento nel periodo 1999-2005
ID Caposaldo
Abbassamento
nel periodo
1984-2005
(cm)
Velocità di
abbassamento nel
periodo
1987-1999
(mm/anno)
Velocità di
abbassamento nel
periodo
1999-2005
(mm/anno)
Località
122350
8
2
4
Cattolica
122030
21
6
9
Rimini
123120
14
2
6
Torre Pedrera
123250
-
9
10
Bellaria
123330
31
12
10
Gatteo a Mare
123410
33
10
9
Cesenatico
123590
22
6
8
Pinarella di Cervia
111011
28
9
10
Milano Marittima
111061
24
9
10
Lido di Savio
128040
21
8
12
Foce Bevano
000770
32
12
19
Lido di Dante
130070
31
13
15
Lido Adriano
130190
25
11
10
Punta Marina
130280
22
10
8
Marina di Ravenna
104012
33
15
13
Porto Corsini
104101
25
11
10
Casalborsetti
102030
36
18
13
Dosso degli Angeli
097010
18
8
8
Portogaribaldi
097090
25
13
10
Lido delle Nazioni
140030
21
11
7
Boscone della Mesola
140080
32
17
10
Goro
140181
-
-
9
Foce del Po di Goro
-12
-14
-16
-18
-20
-22
Velocità di abbassamento lungo il litorale emiliano-romagnolo nel periodo 1999-2005
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Lo studio dei processi deformativi in Piemonte
con il contributo della tecnica PSInSARTM
La tecnica PSInSARTM è stata applicata al territorio piemontese per evidenziare i fenomeni di deformazione in
atto e, in particolare, i fenomeni franosi. È stato quindi implementato un database delle cosiddette aree “anomale”
attraverso il quale le deformazioni vengono interpretate in relazione all’insieme delle possibili cause fisico-geologiche.
Il database con i risultati dello studio potrà essere consultato anche da utenti esterni.
Nel 2006 Arpa Piemonte ha finanziato un’indagine che ha comportato
l’acquisizione della copertura dei dati interferometrici ottenuti tramite
la tecnica dei Permanent Scatterers (Politecnico di Milano PS TecniqueTM – PSInSARTM) per l’intero territorio regionale pari a circa 25000
km2. . Questo il primo caso in Italia di una superficie così vasta coperta
con questa tecnica che permette di valutare con alta precisione fenomeni di deformazione della superficie terrestre o di manufatti (legati a
frane, subsidenze, deformazioni neotettoniche, attività mineraria,
deformazioni di edifici ecc). I dati PS disponibili si riferiscono all’intervallo di tempo compreso tra gli anni 1992 e 2001 e provengono dalle
piattaforme satellitari ERS1 ed ERS2 dell’Agenzia spaziale europea
(figura 1).
Essendo la tecnica particolarmente idonea all’identificazione e alla
definizione delle deformazioni a evoluzione lenta, l’intervallo di tempo
compreso tra gli anni 1992 e 2001 è particolarmente significativo per il
Piemonte, essendo stato interessato da almeno sette eventi alluvionali
principali (settembre/ottobre 1993, giugno 1994, novembre 1994, luglio
1996, ottobre 1996, giugno 2000, ottobre 2000).
La tecnica di interferometria radar differenziale legata ai diffusori permanenti (PSInSARTM) consente di ottenere delle misure di deformazioni superficiali del terreno molto precise e offre un importante mezzo
di analisi nello studio dei fenomeno deformativi (figura 2). Questa tecnica permette di:
- valutare le deformazioni della superficie terrestre lungo la direzione di
vista del satellite con precisioni dell’ordine del millimetro, ottenute da
acquisizioni di immagini in periodi differenti per una determinata area
- caratterizzare il trend evolutivo della deformazione grazie al dataset
completo di immagini storiche (dal 1992 al 2001), con una cadenza
media di circa 6-7 immagini all’anno per qualsiasi area di studio
- mettere in luce settori di deformazione caratterizzati da movimenti
locali differenziali, non altrimenti percepibili se non con una fitta rete
di monitoraggio tradizionale
- analizzare delle deformazioni su aree relativamente ampie
- non risentire delle condizioni atmosferiche o del grado di insolazione
del territorio.
A questi vantaggi tuttavia, si associano una serie di limitazioni di
seguito descritte.
- Non è utilizzabile per fenomeni deformativi caratterizzati da un
eccessivo gradiente di spostamento (movimenti più rapidi di alcuni
centimetri all’anno). L’analisi di immagini di un’area in cui siano occorsi
movimenti superiori anche a pochi centimetri tra due immagini
sequenziali determina l’insorgere di problematiche di “decorrelazione”
(perdita di coerenza) a causa degli eccessivi cambiamenti topografici.
L’impiego di tecniche di interferometria satellitare risulta invece molto
utile in quei siti dove la velocità di movimento ha valori così bassi da
risultare di difficile individuazione anche all’occhio di un rilevatore
esperto, o inferiori al limite della scala di risoluzione degli strumenti di
monitoraggio convenzionali.
- Impossibilità di un monitoraggio in “tempo reale”: frequenza del dato
è di 35 giorni (determinata dal passaggio del satellite).
- Deformazioni intrinseche alle modalità di acquisizione del satellite: i
19
Fig.1 Distribuzione del seminato PS (territorio regionale, analisi PSInSARTM, periodo
1992-2001). Elaborazione delle immagini interferometriche fornite dalle piattaforme
satellitari ERS1 ed ERS2 dell’Agenzia spaziale europea. Il dato è la base di partenza
per le valutazioni delle deformazioni superficiali tramite approccio radar-satellitare
versanti paralleli alla direzione di vista del sensore non sono analizzabili
con queste tecniche; sensibili distorsioni prospettiche dei versanti a
elevata energia di rilievo; versanti non illuminati in quanto coperti da
altri; presenza di vegetazione.
- Scarsezza di misure in aree poco urbanizzate e quindi nasce la necessità di installare capisaldi artificiali su versanti in cui mancano.
- Le immagini radar sono immagini ad alta risoluzione e un pixel di
un’immagine corrisponde a una area di circa 20x20 metri sulla superficie terrestre. Questo implica comunque che con tale metodo non è possibile eseguire indagini su aree troppo ristrette come ad esempio su
frane di piccole dimensioni.
- Costi legati all’acquisto di immagini radar.
Scopo della ricerca promossa da Arpa Piemonte è la qualificazione geologica dei PS presenti sul Piemonte per identificare, qualificare e quantificare (spazialmente e temporalmente) fenomeni deformativi in senso
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Fig. 2 L’approccio PS si basa sull’osservazione di un piccolo sottoinsieme di bersagli
radar, costituito dai diffusori permanenti (Permanent Scatterers, PS), che sono praticamente immuni dagli effetti di decorrelazione, tipici dell’interferometria tradizionale.
Essi mantengono la stessa “firma elettromagnetica” in tutte le immagini, al variare
della geometria di acquisizione e delle condizioni climatiche, preservando
l’informazione di fase nel tempo. I PS sono tipicamente parti di edifici, strutture metalliche, rocce esposte, in generale elementi già presenti al suolo, le cui caratteristiche elettromagnetiche non variano sensibilmente di acquisizione in acquisizione; questo non
accade invece alla vegetazione, il cui aspetto muta di continuo. In particolare questa
immagine (fonte TRE Europa) mostra una rappresentazione schematica delle basi teoriche della tecnica PS che permette di valutare le deformazioni della superficie terrestre
lungo la direzione di vista del satellite con precisioni dell’ordine del millimetro, ottenute da acquisizioni di immagini in periodi differenti per una determinata area
Pericolosità
Dati
PSInSAR
Database
dbradar
Aree
Anomale
GIS
Monitoraggio
Analisi
Visuale
Interpretazione
di dettaglio
Il sistema di analisi per il trattamento del seminato PS ha come obiettivo primario l'estrazione di aree anomale, verosimilmente in movimento per motivi geologico-geofisici (figura 3).
L’interpretazione delle aree “anomale” dipende dalla tipologia di fenomeno (attività neotettonica, subsidenza per estrazione di fluidi, attività
mineraria, ritiro-rigonfiamento dei terreni argillosi, frane, cedimento
del terreno), che a sua volta è funzione della velocità e del tipo di movimento (lineare e non). Per area “anomala” intendiamo un settore sul
quale uno o più PS indichino fenomeni di deformazione rispetto a una
media definita di “riposo”. Il prodotto dell'integrazione dei dati interFOTO ARCH. ARPA IA
20
lato manifestatisi nell'arco temporale campionato dai PS attraverso lo
sviluppo di procedure di analisi raccolta e interpretazione del dato SAR.
Le attività promosse comprendono essenzialmente:
• predisposizione di specifiche linee guida per la validazione delle
risultanze del metodo PS, preparazione degli opportuni metadati e
documentazione necessaria per la gestione e interpretazione del dato
PS nonché valutazione dei limiti del metodo
• sviluppo di un sistema di analisi per il trattamento automatico del
seminato PS capace di individuare e perimetrare ambiti con comportamento anomalo
• predisposizione di una base-dati geografica dei settori con comportamento “anomalo”, sul modello di un analogo prodotto già realizzato
dalla Regione Lombardia
• compilazione della base-dati per tutte le aree anomale identificate sul
territorio piemontese di cui al punto precedente risultanti dall’indagine
PSInSARTM dell’intero territorio piemontese
• sviluppo di una procedura per la definizione ex ante delle aree ove la
tecnica PSInSARTM possa essere applicata
• predisposizione di linee di indirizzo per l’utilizzo dei metodi interferometrici satellitari nel riconoscimento dei movimenti franosi e per la
definizione del loro “stato di attività”
• confronto tra le risultanze derivanti dalla tecnica PSInSARTM e quelle
derivanti dalla rete regionale di controllo sui movimenti franosi gestita
da Arpa (circa 300 frane controllate)
• utilizzo della tecnica PSInSARTM per analisi di lineamenti neotettonici
• utilizzo della tecnica PSInSARTM come supporto per caratterizzazioni
di tipo geotecnico.
Frane
Analisi
Automatica
Geologia
Modelli
Litologia
Satellite ERS2 utilizzato per le misure interferometriche
Identificazione delle “Aree anomale”
Interpretazione preliminare
Interpretazione di dettaglio
Fase 1
Fase 2
Fase 3
Fig. 3 Diagramma di flusso che mette in evidenza le fasi salienti del processo di analisi
e interpretazione del dato PSInSARTM. Le fasi descritte sono da considerarsi
propedeutiche per il raggiungimento dell’interpretazione del fenomeno deformativo.
Il dato di base PS viene analizzato validato ed elaborato in ambiente GIS al fine di
estrapolare le porzioni di territorio che sono soggette a deformazioni superficiali rispetto
a una media definita di riposo (aree anomale). Successivamente l’area anomala che
non ha nessun carattere di tipo fisico-geologico viene associata a un effettivo fenomeno
geologico attraverso l’incrocio e l’analisi delle differenti basi dati disponibili (SIFRAP,
modelli digitali del terreno, geologia, archivi storici, foto aeree ecc.) nella fase di prima
interpretazione. A questo punto il fenomeno identificato viene analizzato in modo
quantitativo sulla base dei valori oggettivi di spostamento in una definitiva analisi e
interpretazione di dettaglio
pretati manualmente e automaticamente è stato trasferito verso il cosiddetto DB-RADAR (figura 4).
Le specifiche di implementazione di questo database – che risulta
essere l’evoluzione del database sviluppato in precedenza dalla
Regione Lombardia – e delle relative interfacce tengono conto delle
diverse utenze che utilizzeranno questo strumento di aggancio della
realtà geologica con appunto il prodotto dell'individuazione delle aree
anomale. Di queste ultime proprio in DB-RADAR viene, ove possibile,
data una prima possibile chiave di lettura relazionando l'insieme dei PS
individuati nell'area a specifici processi geologici.
Il soggetto chiave di questo DB è l’area anomala, definita come aggregato di PS, privo di significato geologico, che per caratteristiche fisiche
e spaziali (velocità superiori o inferiori alla classe di velocità considerata
stabile, e distanza interpunti e numerosità) possa rappresentare indizi
di geo-processi. Tale geometria deve essere in prima analisi descritta e
associata a un reale fenomeno fisico-geologico di riferimento attraverso
una fase di prima interpretazione. Conseguentemente sarà il fenomeno
fisico-geologico a essere dettagliatamente interpretato sulla base di
tutte le conoscenze disponibili.
La struttura di questo strumento tiene conto da una parte delle specificità insite nel dato PSInSARTM che accompagnano il dato grezzo e
vengono ereditate dall’area anomala, dall’altra della possibilità di legare
i movimenti descritti dall’analisi interferometrica all’effettivo fenomeno.
Di fondamentale importanza, inoltre, la possibilità di archiviare una
serie di informazioni indirette legate alla tecnica PSInSARTM. Tra queste si possono annoverare le informazioni legate ai bersagli che identificano PS, la loro posizione nello spazio, la tipologia dell’elemento fisico
o antropico ecc.
Il DB-RADAR è strutturato secondo schede descrittive e di prima
interpretazione.
Il fine di produrre un sistema di questo genere è quello di avere uno
strumento immediato e flessibile, compatibile con gli altri strumenti di
FOTO F. BONSIGNORE
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
21
Stadia su caposaldo di livellazione della rete regionale di controllo della subsidenza
(località Porticino - FE)
archiviazione informatica in dotazione ad Arpa Piemonte (es. SIFRA) e
che permetta un approccio biunivoco all’informazione SAR. Sarà possibile infatti in questo modo ampliare e aggiornare la conoscenza dei
fenomeni franosi sia partendo dall’analisi PSInSARTM, sia partendo dal
fenomeno franoso già rilevato, apportando il valore aggiunto che
l’analisi PSInSARTM ci fornisce. Le potenzialità reportistiche di un database relazionale inoltre mettono in condizione Arpa Piemonte di fornire
all’esterno tramite la consultazione online le risultanze del lavoro legato
alla prima interpretazione delle suddette aree anomale.
Alessio Colombo
Centro regionale per le ricerche territoriali e geologiche
Arpa Piemonte
Fig. 4 Il sistema di analisi di Arpa Piemonte si compone di due strutture collegate che identificano il soggetto principale di studio
che è l’area anomala. La parte geografica identifica le caratteristiche spaziali dell’area anomala nonché la distribuzione del seminato
PS relativo alla deformazione, la parte alfanumerica (DB_RADAR) raccoglie e archivia tutte le informazioni relative all’area
anomala. Le principali informazioni contenute nel DB_RADAR si riferiscono alle caratteristiche intrinseche del dato PSInSARTM
(valori metadocumentali dei PS), alle statistiche di analisi ed elaborazione per la costruzione dell’area anomala in oggetto, le
valutazioni e la metodologia di prima interpretazione nonché la possibilità di collegamento al sistema di gestione e archivio dei
fenomeni franosi (SIFRAP) dove effettuare l’interpretazione di dettaglio dei fenomeni identificati
Subsidenza
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Un sistema integrato per il monitoraggio
nella pianura costiera veneziana
Diversi fattori hanno contribuito all’abbassamento di Venezia nel secolo scorso (circa 23 cm); tra questi la subsidenza
naturale, la subsidenza per estrazione d'acqua di falda, l'innalzamento del medio mare. Le nuove tecniche di
monitoraggio altimetrico permettono un controllo dettagliato dei movimenti, non solo del centro storico, ma
dell'intera fascia costiera. Tuttavia la mole di dati forniti dalle diverse tecniche richiede una laboriosa fase di
omogeneizzazione/calibrazione e un opportuno filtraggio di movimenti connessi a instabilità strutturali locali non
rappresentative della subsidenza propriamente detta.
22
Fino a metà degli anni 1990, le livellazioni geometriche sono state il
solo sistema di rilievo altimetrico che consentisse di quantificare la
magnitudo della subsidenza del comprensorio veneziano. Successivamente sono state affinate le tecniche basate su misure satellitari con il
GPS, sia esso differenziale (DGPS) o in continuo (CGPS), e l'analisi di
immagini radar di tipo SAR, allargando così il numero dei tecnologie
utilizzabili per il monitoraggio della subsidenza di quest’area.
Ciascuna tecnica presenta qualità e limiti diversi. Le livellazioni geometriche forniscono misure di alta precisione su un numero limitato di
capisaldi; per la copertura di vasti territori di terraferma richiedono
tempi di esecuzione lunghi e hanno costi elevati. Sono ancora molto
valide per ristrette aree di particolare interesse, dove le distanze tra i
capisaldi sono ridotte.
Le misure DGPS sono più veloci ed economiche delle livellazioni, ma
meno accurate e, in genere, riferite a una rete dove i punti di misura
sono tra loro molto distanti. L'applicazione del DGPS è particolarmente utile per il collegamento di una rete locale in aree subsidenti a
un caposaldo stabile di riferimento, o per effettuare monitoraggi altimetrici speditivi quale strumento di ausilio a pianificazioni territoriali
o, ancora, per verificare rapidamente trend di subsidenza noti e dell'ordine dei centimetri/anno.
Il CGPS è molto costoso e quindi in genere può essere utilizzato su
pochissimi punti di misura. È comunque di grande utilità in quanto
fornisce valori "assoluti" delle componenti verticale e orizzontali dello
spostamento.
Fig. 1 Velocità media di spostamento (mm/anno) nel decennio 1992-2002 ottenuta
nell'area veneta integrando livellazioni, misurazioni GPS e analisi interferometriche di
dati satellitari radar. Sono delineate le principali cause degli abbassamenti misurati
Nell’interferometria SAR convenzionale (InSAR), effetti di decorrelazione spaziale e temporale limitano la sua applicabilità alle aree urbanizzate. Il principale vantaggio di questa tecnica è che con costi ridotti
è possibile analizzare aree anche molto estese e quindi effettuare una
caratterizzazione dei movimenti del suolo a livello regionale.
Uno sviluppo della tecnica interferometrica è rappresentata dall’analisi
su diffusori puntuali (Interferometric Point Target Analysis, IPTA). In
questo caso l’interferometria radar viene applicata solo su alcuni punti
selezionati in base alla stabilità particolarmente elevata del segnale
riflesso lungo le successive riprese da satellite, permettendo così di
ovviare in parte al problema della decorrelazione. IPTA richiede per
contro l'uso di un data-set di immagini radar più consistente (almeno
25-30) rispetto a InSAR; il maggiore costo che ne deriva è compensato
dalla maggiore accuratezza, dalla possibilità di misurare i movimenti
verticali anche su aree poco urbanizzate e addirittura in settori privi di
riflettori già rilevabili con il radar (ad es. in zone umide e/o agricole)
tramite l'installazione di riflettori “artificiali persistenti” ad hoc.
Livellazioni e CGPS risultano comunque ancora oggi di notevole
importanza per calibrare i risultati delle tecniche interferometriche
che, su analisi a grande scala, risentono di problemi di determinazione
accurata delle configurazioni orbitali (flattening).
Con l'intendimento di potenziare le possibilità e la qualità del monitoraggio, sia in specifiche aree di interesse che a più ampia scala, è stata
quindi sviluppata un'originale procedura di integrazione dei risultati
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
23
Fig. 2 Velocità medie di spostamento (mm/anno) nel periodo 1992-2000 lungo il margine lagunare
da Mestre a Jesolo ottenute con la livellazione e il metodo IPTA
forniti dalle diverse metodologie in modo da superare i limiti di ogni
singola tecnica di rilevamento.
Tale sistema di monitoraggio integrato (SIMS) ha permesso di ricostruire gli spostamenti verticali del territorio costiero veneto nel
decennio 1992-2002 con elevata risoluzione spaziale e precisione verticale millimetrica (P. Teatini, L. Tosi, T. Strozzi, L. Carbognin, U.
Wegmüller and F. Rizzetto, Mapping regional land displacements in the
Venice coastland by an integrated monitoring system, Remote Sens. Environ., 98(4), 403-413, 2005). I dati utilizzati sono costituiti dalle livellazioni condotte nel periodo 1993-2000 (210 capisaldi), i rilievi DGPS
del 1999 e 2004, i trend di spostamento sulle tre stazioni CGPS del
Magistrato alle acque di Venezia (MAV) ubicate a Chioggia, Cavallino
e Padova, le analisi InSAR e IPTA su rispettivamente 11 e 59
immagini dei satelliti ERS-1/2 che hanno permesso di individuare la
velocità di spostamento di 380.000 pixel e 120.000 riflettori.
Tutti i dati altimetrici considerati sono stati omogeneizzati e riportati
alla quota di riferimento del caposaldo di Treviso. È stata eseguita la
verifica di congruità delle misure di livellazione e GPS eliminando
quelle relative a capisaldi abbandonati e di nuova istituzione. I dati
SAR sono stati inizialmente calibrati rispetto alle misure altimetriche
tradizionali. Successivamente, i dati InSAR sono stati pre-processati su
una griglia di 250-250 m mentre quelli forniti da IPTA sono stati filtrati per eliminare gli spostamenti connessi a possibili cedimenti locali
delle strutture riflettenti e non ai processi di subsidenza. Tutti i dati
Fig. 4 Uno dei riflettori artificiali installati nella laguna di Venezia per la misura della
subsidenza con tecniche di interferometria SAR
Fig. 3 Analisi dello spostamento delle isole dell’area lagunare attraverso
il metodo IPTA
sono stati quindi integrati in un unico dataset per procedere alla loro
interpolazione. La procedura utilizzata per la mappatura della subsidenza ha previsto l’applicazione di un metodo di gridding per generare
tramite interpolazione un valore della variabile di interesse in ogni
cella di un griglia regolare a partire dalle misure disponibili.
In ambito geologico gli errori presenti nei valori da analizzare, la loro
limitatezza, irregolarità e non simultaneità di registrazione richiedono
generalmente l’utilizzo di tecniche di interpolazione statistica tipo kriging, piuttosto che tradizionali metodi di interpolazione deterministica.
Inoltre i metodi geostatistici, oltre a elaborare in modo obiettivo tutte
le informazioni disponibili per mezzo di funzioni tipo variogramma o
covarianza, forniscono anche una valutazione sull’attendibilità del
valore ricostruito.
Dopo opportune elaborazioni preliminari, si è stabilito di utilizzare una
griglia regolare con maglie di 500 m di lato ottenendo la mappa riportata in figura 1.
La figura 2 fornisce un esempio di confronto tra i risultati della livellazione e del metodo IPTA lungo la linea, da cui si può osservare la
coerenza nei trend rilevati e la presenza di diffusori radar affetti da spostamenti localizzati non imputabile a processi a scala regionale.
Il metodo IPTA si è dimostrato particolarmente efficace per caratterizzare gli spostamenti delle isole ubicate all'interno dell'area lagunare
difficilmente monitorabili con altre tecniche (figura 3).
I risultati ottenuti hanno evidenziato che, benché le velocità di abbassamento non raggiungano più i valori preoccupanti degli anni Settanta,
sono presenti delle porzioni dell'area costiera veneta ancora oggi caratterizzate da una subsidenza non trascurabile.
Il continuo monitoraggio del territorio è pertanto di grande importanza. In quest'ottica, il MAV ha recentemente finanziato un nuovo
studio (Progetto INLET) per estendere il monitoraggio della subsidenza fino a fine 2009 utilizzando le acquisizioni del nuovo satellite
Envisat e per integrare le misurazioni IPTA all'interno della laguna di
Venezia tramite l'installazione di una rete di riflettori artificiali (figura
4). A questo si aggiunge il progetto ERA che, supportato dalla Provincia di Venezia e dal MAV, focalizzerà l'attenzione sulla porzione centrale della provincia di Venezia dove sono ancora oggi presenti forti
emungimenti d'acqua per uso potabile.
Laura Carbognin, Luigi Tosi
Istituto di scienze marine
Consiglio nazionale delle ricerche, sede di Venezia
Pietro Teatini
Dipartimento Metodi e modelli matematici per le scienze applicate
Università di Padova
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Il delta del Po, primi risultati
delle misure altimetriche integrate
Le prime indicazioni dello studio della subsidenza nel delta del Po recentemente effettuato dalla Regione Veneto
mostrano in linea generale una convergenza tra il confronto dei dati delle livellazioni e quelli dell’analisi satellitare.
Dalle diverse misure e dall’ uso delle diverse tecniche sarà possibile comprendere lo sviluppo del fenomeno in aree di
pianura, consentendo la trasposizione del dato da lineare ad areale.
INQUADRAMENTO GENERALE E LIVELLAZIONI GEOMETRICHE
Nel 2005, nell’ambito di un progetto generale di ripetizione delle principali linee di livellazione del Veneto per la revisione della Carta tecnica regionale, con la direzione dell’UP per il SIT e la cartografia, con
il contributo di diverse strutture regionali della Segreteria all’Ambiente
0,0 0
2,50
5,0 0
7,50
0
10,0
0
12,5
0
15,0
0
17,5
0
20,0
0
22,5
0
25,0
0
32,5
0
30,0
0
27,5
20
Progressiva chilometrica
15
-25
-21,730
-20
Fig. 1 Delta del Po, confronto fra le livellazioni di alta precisione, linea 174 D2 Porto Viro-Pila
-17,379
Pila
-13,221
-15
-7,570
-10
-9,522
-5
-7,309
0
-5,370
5
Porto Viro
10
-8,452
Differenza quote (2005-1993) in cm
FOTO ARCH. ARPARIVISTA
24
L’apparato del delta del Po è il risultato di una serie di processi, in parte
naturali e in parte indotti dagli interventi antropici, che hanno dato origine alle forme morfologiche attuali.
I motivi strutturali geologici sepolti e le varie fasi climatiche succedutesi nel tempo hanno comandato l’idrografia superficiale e la formazione di dossi e depressioni, fino agli apparati di dune lungo la linea di
costa adriatica.
D’altra parte, la realizzazione da parte dei veneziani all’inizio del 1600
del “Taglio di Porto Viro” – con il quale venne deviato verso sud il ramo
più importante del Po – portò alla formazione dell’attuale delta, che ha
avuto un avanzamento fino a 25 km. L’area del Polesine è stata in tempi
successivi soggetta a estese e importanti opere di bonifica. (v. anche:
Fabio Trincardi, Ismar-Cnr, La fragilità delle aree costiere, Ravenna,
2005).
Il fenomeno di abbassamento della superficie del suolo, la subsidenza,
assume una particolare gravità in questa area di pianura alluvionale di
recente formazione, che si trova per lo più sotto il livello del mare.
La subsidenza di origine naturale è derivata dalla costipazione dei terreni di recente deposizione, dall’ossidazione delle torbe, dai movimenti
tettonici a scala regionale. Ma è stata la subsidenza di origine antropica,
determinata dall’estrazione dal sottosuolo di “acque metanifere”, avvenuta tra gli anni trenta e cinquanta, che ha indotto con tutta la sua gravità sul territorio un notevole abbassamento della superficie del suolo,
culminato con la disastrosa alluvione del 1951. Verificata la connessione
fra le estrazioni e la subsidenza, tali attività furono interrotte nei primi
anni sessanta (v. anche Progettare la terra. Progettare la società. L’attività
dell’Ente Delta Padano negli anni ’50. Ente Parco regionale Veneto del
delta del Po. Ariano nel Polesine, 2004).
e territorio (Direzione Difesa del suolo, Genio civile di Rovigo, Direzione geologia e attività estrattive) e con il coordinamento e controllo
dell’Istituto geografico militare di Firenze è stata effettuata una nuova
livellazione di alta precisione che ha interessato tra l’altro l’area del
delta del Po.
I rilievi topografici sono stati effettuati secondo le specifiche tecniche
per la progettazione, ricognizione, segnalizzazione e misura di linee di
livellazione geometrica di alta precisione appartenenti alla rete altimetrica fondamentale, del capitolato d’appalto dello stesso Istituto geografico militare. La livellazione è partita dal caposaldo IGM storico di
Treviso, collocato in un’area considerata dal punto di vista dei movimenti geologici tendenzialmente stabile, ha interessato i centri di
Mestre, Venezia, Lido, Chioggia, Padova, Monselice, Rovigo, Adria,
Loreo, Codigoro, Ferrara, collegandosi ai rilievi dell’Emilia-Romagna.
Verso est sono stati rilevati tre sbracci che hanno attraversato il delta del
Po: Loreo-Foce Po di Goro, Porto Viro-Porto Levante, e Contarina-Pila,
aperti verso la costa. Le compensazioni sono state effettuate dallo
stesso IGM.
I grafici relativi ad alcuni capisaldi storici (Adria, Rovigo, Loreo)
mostrano l’entità degli abbassamenti registrati dal 1950 al 2005 e il loro
andamento; si può evidenziare la forte subsidenza legata alle estrazioni
metanifere e il trend degli ultimi decenni ben più modesto.
Dal primo confronto fra le livellazioni di alta precisione (1986 o 1993
con 2005) si possono evidenziare gli attuali trend dei movimenti altimetrici, che per il delta del Po mostrano una generale tendenza al progressivo abbassamento di quota, in particolare a partire dall’antica linea
di costa all’attuale (es. figura 1). Tale fenomeno determina problemi di
erosione delle coste, di risalita del cuneo salino, e in generale alla rete
di bonifica. L’arretramento per erosione delle linee di costa del delta è
in modo particolare evidenziato dal confronto fra le foto aeree del volo
GAI del 1954 e quelle dei voli recenti; in alcune zone l’arretramento
risulta di qualche centinaio di metri, mentre alcune aree a ridosso delle
coste, all’epoca coltivate, appaiono ora in buona parte sommerse.
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
ANALISI INTERFEROMETRICA E CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
25
Riccardo Campana
Savino Cimarosto
Anna Galuppo
Enrico Schiavon
Narciso Tasinato
Dario Tosoni
Federico Toffoletto
Angela Zanco
Direzione Geologia e attività estrattive
Guido Selvi
UP Genio civile di Rovigo
Regione del Veneto
FOTO G. NALDI
Nell’ambito del Progetto MONITOR-INTERREG IIIB CADSES, “Monitoraggio del pericolo per l’analisi e la comunicazione del rischio”, è stato
possibile effettuare lo studio dei fenomeni di deformazione superficiale
mediante l’elaborazione con tecnica PS di dati satellitari, in un’area di
oltre 3000 kmq. Per il progetto sono stati utilizzati i dati del sensore
ERS-1/2 dell’Agenzia spaziale europea, dati discendenti, acquisiti nel
periodo 1992-2000. I risultati dello studio sono tratti dal Rapporto di
elaborazione della Tele-Rilevamento Europa (TRE srl), spin–off del
Politecnico di Milano, appositamente incaricata.
Nella figura 2 è riportato il quadro generale del campo di velocità ottenuto dall’analisi del dato ERS discendente, nell’area indicata, nell’elaborazione è stato tenuto conto del dato della livellazione che indicava
come tendenzialmente stabili per le diverse immagini le località di
Monselice da una parte e Chioggia dall’altra. La scala dei colori utilizzati per visualizzare le velocità dei bersagli radar presenti al suolo identifica con i colori giallo, arancione e rosso gli allontanamenti degli stessi
dal sensore satellitare, con il verde elementi sostanzialmente stabili
(valori di velocità compresi fra -1 e 1 mm/anno) e con tonalità blu gli
avvicinamenti al sensore.
La figura mostra un aspetto prevalente stabile sulla Provincia di Rovigo,
a eccezione di alcune aree localizzate in cui sono presenti evidenze di
movimento. Inoltre si rileva che i PS sono concentrati soprattutto sui
centri urbani (ad es. la città di Rovigo) o sulle aree antropizzate, mentre i PS sono pochi o addirittura assenti in corrispondenza delle zone
agricole. Il delta del fiume Po risulta essere l’area maggiormente soggetta a deformazione e come si può osservare dalla figura la fascia
costiera è quella che presenta i fenomeni deformativi più intensi, raggiungendo velocità di deformazione dell’ordine dei – 20 mm/anno. Procedendo verso l’entroterra, tuttavia, l’entità degli spostamenti sembra
attenuarsi. Altre evidenze sono rappresentate dall’allineamento dei
riflettori secondo la linea di costa antica, pre-deviazione del fiume, che
seguono gli apparati dunali con direzione NNE-SSW, per il particolare
sviluppo dei manufatti sui terreni sabbiosi di maggiore consistenza e
portanza, stabili con esclusione di quelli a cavallo del fiume Po.
Le prime indicazioni dello studio della subsidenza, che andranno maggiormente valutate e approfondite, mostrano in linea generale una convergenza tra il confronto dei dati delle livellazioni e quelli dell’analisi
satellitare, con una tendenza confrontabile per progressività lineare ed
entità.
Si ritiene pertanto possibile conoscere da queste diverse misure e tecnologie lo sviluppo del fenomeno della subsidenza in aree di pianura,
consentendo la trasposizione del dato da lineare ad areale. Tuttavia, nel
delta del Po per la presenza di vaste aree agricole a copertura vegetale
o di valli da pesca, la quantità dei dati rilevati dall’analisi interferometrica risulta notevolmente inferiore rispetto a quelli nell’entroterra densamente abitato. Per coprire anche queste aree è possibile far ricorso
all’installazione di appositi riflettori artificiali.
Al momento, sono stati descritti i primi risultati del confronto fra livellazioni e analisi interferometrica, approfondimenti e informazioni sull’andamento attuale del fenomeno della subsidenza nel delta del Po
potranno essere ottenuti con sopralluoghi per identificare i riflettori PS
e collegarli con i capisaldi topografici, con l’analisi interferometrica dei
dati satellitari estesa agli anni successivi al 2000, con lo studio delle
cause del fenomeno stesso e delle eventuali possibilità di attenuazione.
mm/anno
-5
0
5
Fig. 2 Delta del Po, quadro generale del campo di velocità ottenuto dall’analisi del dato ERS discendente
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
Lo studio del bacino dell’Arno
con interferometria satellitare PSInSARTM
Al fine di esaminare l'andamento spaziale e temporale dei fenomeni di subsidenza nel bacino del fiume Arno, sono
stati considerati i dati puntuali di deformazione del terreno derivati da interferometria radar differenziale da
satellite nel periodo 1992-2007. Sono state utilizzate le immagini radar acquisite dai satelliti ERS1 ed ERS2
dell’Agenzia spaziale europea (1992-2002) e dal satellite canadese Radarsat1 (2003-2007). Sono state
spazializzate le velocità medie di subsidenza su tutte le aree di pianura e per due aree particolarmente attive sono
stati ricostruiti i modelli digitali degli abbassamenti del terreno relativi a ogni anno delle serie storiche considerate.
Le verifiche sui risultati sono molto soddisfacenti e confermano l’affidabilità della tecnica interferometrica.
26
Da qualche anno l’Autorità di bacino del fiume Arno, in collaborazione
con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli studi
di Firenze, ha avviato alcune attività finalizzate allo studio dei fenomeni di deformazione del terreno a scala regionale individuati tramite
interferometria differenziale su serie storiche di immagini radar acquisite da satellite.
Una recente tecnica di elaborazione dell’informazione interferometrica, sviluppata e brevettata dal Politecnico di Milano – per i dettagli
si rimanda a Colesanti et al. (2003) e Ferretti et al. (1999, 2001) – permette di ottenere dati puntuali di deformazione del terreno con precisione millimetrica selezionando, sull’intera serie storica delle immagini considerate, l’insieme di bersagli radar caratterizzati da una firma
elettromagnetica particolarmente stabile durante tutto il periodo di
analisi. Gli oggetti puntuali selezionati sono denominati Permanent
Scatters (PS) e sono, di solito, parti di edifici, rocce esposte o strutture
metalliche esistenti. La tecnica PS prevede la possibilità di effettuare
due tipologie di elaborazione; la prima, denominata Standard Permanent Scatters Analisys (SPSA), permette di ottenere il valore della velocità di deformazione media di ogni PS nell’intervallo di tempo considerato, mentre la seconda, denominata Advanced Permanent Scatters
Analisys (APSA), consente di rilevare, per ogni data di acquisizione dell’immagine, anche gli spostamenti avvenuti rispetto a una data (immagine) di riferimento.
L’obiettivo principale del lavoro qui illustrato, è stato quello di determinare, sull’intero bacino idrografico del fiume Arno, la distribuzione
spaziale delle velocità medie di deformazione del terreno riferibili a
fenomeni di subsidenza, in modo da creare una cartografia di riferimento su cui poter verificare l’interazione del fenomeno studiato con
le principali attività antropiche presenti sul territorio. Inoltre, su due
aree storicamente interessate da fenomeni di subsidenza, sono stati
utilizzati i dati interferometrici elaborati secondo la tecnica APSA in
modo da poter esaminare, nel dettaglio, l’evoluzione degli abbassamenti a ogni data di acquisizione della immagini radar utilizzate,
ovvero circa ogni 35 giorni.
DISTRIBUZIONE
SPAZIALE
DEI FENOMENI DI SUBSIDENZA A SCALA DI BACINO
Per effettuare l’analisi dei fenomeni di subsidenza nel bacino idrografico del fiume Arno sono stati acquisiti, per l’intero territorio di pianura, i dati vettoriali di tipo puntuale dei PS elaborati secondo la tecnica SPSA effettuata sulle immagini SAR (Synthetic Aperture Radar)
registrate dai satelliti ERS1 e ERS2 nel periodo 1992-2002, in modo da
valutare la velocità media di deformazione del terreno e definire spazialmente le aree maggiormente interessate da fenomeni di subsidenza su cui svolgere successivi approfondimenti d’indagine. La densità spaziale dei PS è risultata più che soddisfacente, con una media di
circa 225 PS/km2, raggiungendo ovviamente la massima concentrazione nelle aree maggiormente antropizzate. È stata quindi effettuata
Fig. 1 Distribuzione delle velocità medie di abbassamento del terreno nel periodo
1992-2002 ottenute tramite spazializzazione dai dati PS elaborati secondo la
tecnica SPSA
un’interpolazione spaziale del dato puntuale PS, in modo da ottenere
una mappa della distribuzione della velocità media di deformazione su
tutto il territorio di pianura del bacino potenzialmente interessato da
fenomeni di subsidenza del terreno (figura 1).
Questa prima elaborazione del dato PS ha permesso di individuare le
aree del bacino maggiormente interessate da fenomeni di subsidenza.
La mappa del tasso medio di abbassamento del terreno nel periodo
1992-2002 è stata impostata raggruppando le velocità di deformazione
in quattro classi, di cui la prima, in colore verde, individua le aree stabili o al limite soggette a movimenti “ordinari”, mentre le restanti tre,
con i colori giallo, arancione e rosso, mettono in evidenza situazioni di
squilibrio via via crescente, con cedimenti variabili da 0,5 a 3 centimetri l’anno per l’intero decennio considerato.
In particolare tali aree risultano collocate nella pianura Firenze-PratoPistoia, nell’area della Piana Empolese-Padule di Bientina, in Provincia di Lucca, e nella pianura Pisana-Livornese, tutte aree in cui sono
da tempo noti dissesti legati a cedimenti del terreno.
EVOLUZIONE
SPAZIO-TEMPORALE
DELLA SUBSIDENZA NEL
PADULE
DI
BIENTINA (LU)
Nell’area del Padule di Bientina (LU), storicamente interessata da
importanti fenomeni di subsidenza del terreno chiaramente visibili
dalla distribuzione spaziale ricavata, sono stati acquisiti anche i dati
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
vettoriali dei PS elaborati secondo la tecnica APSA effettuata sulle
immagini SAR registrate dai satelliti ERS1 e ERS2 nel periodo 19922002 e dal satellite Radarsat1 nel periodo 2003-2007, in modo da ottenere, per ogni PS, la differenza di quota tra successive acquisizioni per
tutto l’intervallo di tempo considerato (1992-2007). In questo modo è
stato possibile ricostruire un modello digitale della quota del terreno
per ogni anno della serie storica considerata, in modo da poter valutare
nel dettaglio gli abbassamenti annuali del terreno rispetto al 1992.
In figura 2 è riportata la rappresentazione tridimensionale del modello,
amplificato nella visualizzazione, riportante gli abbassamenti del terreno registrati a gennaio 2007 rispetto al maggio 1992. Nella stessa
figura viene inoltre riportato il grafico dell’andamento della subsidenza
nel tempo, registrato lungo la sezione AB, prendendo come riferimento una data di acquisizione dell’immagine SAR per ogni anno
della serie storica considerata, in modo da poter evidenziare eventuali
variazioni spaziali e temporali del tasso di subsidenza.
Come possiamo osservare si è avuto un graduale abbassamento del ter-
reno nel tempo, anche se il tasso di subsidenza ha subito un rallentamento nel periodo 2002-2005 per poi riprendere a crescere leggermente negli ultimi due anni.
EVOLUZIONE SPAZIO-TEMPORALE DELLA SUBSIDENZA
NELL’AREA INDUSTRIALE DI CAPALLE (FI)
L’andamento dei cedimenti nel tempo è stato ricostruito anche per
un’area industriale ubicata a Capalle nel Comune di Campi Bisenzio
in Provincia di Firenze, dove sono stati utilizzati i dati PS elaborati
secondo la tecnica APSA applicata alle immagini SAR acquisite dal
satellite canadese Radarsat1 dal gennaio 2003 al gennaio 2007 (figura
3).
L’area risulta interessata da un intenso emungimento di acque sotterranee connesso ad attività industriali e alla presenza di campi pozzi per
uso acquedottistico. Lungo la sezione AB di figura 3 sono stati confrontati i valori di abbassamento del terreno rispetto al 2003 per ogni
anno di analisi della serie storica considerata. Da tale analisi risulta un
Fig. 2 Andamento degli abbassamenti del terreno nel Padule di Bientina (LU) per il periodo 1992-2007 ottenuti dai dati PS
elaborati secondo la tecnica APSA
27
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Subsidenza
Subsidenza
graduale abbassamento del terreno nel tempo. Interessante notare
un’inversione di tendenza durante il 2006, anno in cui si registrano
riduzioni dei prelievi. Nella parte superiore del grafico viene riportata,
sempre sulla stessa sezione AB, l’andamento della densità di prelievo
idrico sia idropotabile che industriale. Come possiamo osservare risulta
una certa corrispondenza tra densità di prelievo e tasso di abbassamento del terreno.
trovando riscontri oggettivi sul territorio, e hanno inoltre permesso di
mettere in relazione i fenomeni di subsidenza osservati con le possibili
cause di innesco.
Marcello Brugioni
Giovanni Menduni
Giovanni Montini
Autorità di bacino del fiume Arno
CONCLUSIONI
28
L’analisi dei dati SAR acquisiti da satellite ed elaborati secondo la tecnica PS si è dimostrata molto utile per l’analisi dei fenomeni di subsidenza a scala regionale, fornendo una notevole quantità di valori puntuali di deformazione del terreno impossibile da reperire attraverso
metodi tradizionali. L’elevata densità spaziale dei PS e la possibilità di
elaborazione secondo le due metodologie SPSA e APSA, permettono,
rispettivamente, di limitare al massimo gli errori introdotti dai diversi
algoritmi di interpolazione spaziale e di effettuare due diversi livelli di
approfondimento del fenomeno studiato, uno a scala regionale e l’altro
a scala locale. I risultati ottenuti si sono dimostrati molto soddisfacenti,
BIBLIOGRAFIA
- Colesanti C., Ferretti A., Prati C., Rocca F., (2003), Monitoring landslides
and tectonic motions with the Permanent Scatterers Technique, Engineering Geology, 68, 3-14
- Ferretti A., Prati C., Rocca F., (2001), Permanent Scatterers in SAR interferometry, IEEE Trans. Geosci. Remote Sens., 39 (1), 8-20
- Ferretti A., Prati C., Rocca F., (1999), Multibaseline InSAR DEM reconstruction: the wavelet approach, IEEE Trans. Geosci. Remote Sens., 37 (2), 705715
Figura 3 – Andamento degli abbassamenti del terreno nell’area industriale di Capalle (FI) per il periodo 1992-2007 ottenuti dai
dati PS elaborati secondo la tecnica APSA
Supplemento ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2008
Come progettare l’estrazione di olio o gas,
una proposta di linee guida
Le linee guida proposte dal Dipartimento di Metodi e modelli matematici per le scienze applicate dell’Università
di Padova possono costituire una traccia per le iniziative da adottare in fase di programmazione della coltivazione
di un giacimento di idrocarburi e in fase di successiva produzione. Tra gli obiettivi assicurare l’implementazione
degli interventi di tutela del territorio e la sostenibilità nello sfruttamento dei fluidi sotterranei.
Tra cause della subsidenza vanno annoverate l’emungimento di fluidi sotterranei (acqua, olio, gas), l’estrazione di minerali, lo scavo di tunnel e gallerie, le bonifiche di suoli torbosi e la costruzione di infrastrutture e manufatti in superficie che coinvolgono aree di una certa dimensione (altrimenti si parla di cedimenti localizzati). Nell’articolo si esaminano le azioni
da adottare quando si intendono realizzare progetti di coltivazione di giacimenti di olio o gas per evitare problemi di subsidenza.
La previsione attendibile in termini di entità e progressione temporale
dell’evento antropico, nonché ampiezza dell’area coinvolta, è di importanza fondamentale per la valutazione dell’impatto che lo sfruttamento
delle risorse minerarie può avere sul territorio e la predisposizione tempestiva di interventi di mitigazione delle conseguenze ambientali e socioeconomiche maggiormente penalizzanti o comunque indesiderate.
In altre parole le linee guida che seguiranno possono costituire una traccia per le opportune iniziative da adottare in fase di programmazione della
coltivazione di uno o più livelli produttivi e in fase di successiva produzione al fine di assicurare l’implementazione degli opportuni interventi di
tutela e salvaguardia del territorio e della sua economia allo stato dell’arte
e garantire così il conseguimento di uno sviluppo della risorsa pienamente
sostenibile.
È chiaro che il concetto di sostenibilità non può essere definito in termini
generici, ma va adattato alla realtà territoriale interessata e alla sua specifica vocazione economico-sociale. Così una subsidenza che desta preoccupazione su un’area costiera bassa e sabbiosa può essere viceversa tollerabile e accettata nell’entroterra, o su coste alte e rocciose.
In genere dunque l’osservanza e l’implementazione di linee guida sarà di
particolare importanza in tutti quei casi in cui la coltivazione avviene in
prossimità di litorali e aree costiere potenzialmente vulnerabili. È altresì
evidente che le linee guida devono conformarsi con le regole e i vincoli
normativi di gestione del territorio che ciascuna realtà regionale, provinciale e comunale si è autonomamente data.
In un programma di previsione e controllo della subsidenza antropica
dovuta alla coltivazione di fluidi sotterranei si possono individuare e definire tre azioni base di intervento (figura 1):
- previsione della subsidenza nell’area interessata dal fenomeno con
l’ausilio di modelli matematico-numerici allo stato dell’arte; questi
devono usare tutta la migliore informazione disponibile ottenuta da uno o
più pozzi esplorativi e l’elaborazione sia dei dati raccolti ad hoc sia di
quelli pregressi riferiti al bacino geologico in esame
- predisposizione di un programma di monitoraggio e di misura continui
del processo in tutti i casi in cui la vulnerabilità ambientale, economica e
sociale del territorio lo richiede; il monitoraggio deve iniziare anche prima
del progetto di coltivazione, per poter definire con ragionevole certezza le
conseguenze possibili della coltivazione rispetto allo status quo ante e proseguire, in superficie e in profondità, attraverso l’impiego delle più
moderne tecniche di misura (e.g. livellazione tradizionale di precisione o
alta precisione, stazioni GPS - Global Positioning System permamenti, analisi interferometriche di dati SAR - Synthetic Aperture Radar) per la misura
dell’abbassamento superficiale; assestimetri e marker radioattivi per la
misura, rispettivamente, della compattazione degli acquiferi superficiali e
delle formazioni profonde
- prevenzione della subsidenza antropica attesa, o mitigazione di quella
sperimentata (se superiore alla soglia di accettabilità di volta in volta concordata con le parti interessate) durante la fase produttiva in punti sensibili dell’area coinvolta; la mitigazione del processo in corso si può conse-
PL1-E
PL1-K
PL1-Z
29
PL-D
PL-F
PL-K1
z
nord
est
Fig. 1 Azioni base per un efficace programma di previsione e controllo della
subsidenza antropica
guire contrastando l’abbattimento della pressione di strato con un progetto di pressure maintenance o pressure build-up, implementato direttamente nella formazione depletata o negli acquiferi laterali e/o di fondo, o
fin’anche in acquiferi vergini sovrastanti il giacimento, attraverso la reiniezione dell’acqua di formazione separata dagli idrocarburi o l’iniezione
di acqua di superficie (per es. acqua di mare), opportunamente trattata per
ragioni di compatibilità geochimica con le acque della formazione oggetto
del progetto di iniezione.
Le attività descritte sono naturalmente interconnesse e i dati e le informazioni acquisite in una delle azioni sono trasferiti per l’impiego alle altre
azioni, e comunque utilizzati in un programma globale di comunicazione
per tenere continuamente sotto controllo il processo complessivo di subsidenza antropica, sia nella fase di coltivazione, sia in quella di post-produzione.
Giuseppe Gambolati, Pietro Teatini, Massimiliano Ferronato
Dipartimento Metodi e modelli matematici per le scienze applicate
Università di Padova
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Per una review aggiornata sull’estrazione di fluidi dal sottosuolo: Gambolati,
G., Teatini, P., Ferronato, M. (2005) Anthropogenic land subsidence, in “Encyclopedia of Hydrological Sciences”, Anderson M. G. (ed.), John Wiley & Sons,
Chichester (UK), Vol. 4, Chapter 158, 2443-2459.
Per una discussione della road map per decisioni tese a comporre in qualche
misura i possibili conflitti politici, economici, legali e sociali connessi al fenomeno di subsidenza antropica: Freeze, R.A. (2000) Social decision making and
land subsidence, in Land Subsidence (Proc. Sixth Symp. Land Subsidence,
Ravenna, Italy, September 2000), Carbognin L. et al. (eds.), La Garangola,
Padova (Italy), vol. 1, 353-384.
La subsidenza in Arpaweb
Nel 1998, in fase d’istituzione della rete regionale di controllo della
subsidenza, è stato realizzato anche un sistema informativo in formato Microsoft Access per gestire l’enorme patrimonio di dati storici
e le misure di futura acquisizione. Dal 2002 parte di tale sistema è
stato reso disponibile su web. È quindi possibile accedere, previa
registrazione, alla banca dati e consultare/scaricare le monografie dei
capisaldi di livellazione e dei punti GPS. La consultazione può
essere condotta sia con un’interfaccia a campi d’inserimento, sia con
un’interfaccia di tipo cartografico, con immagini georeferenziate a
diverso livello di dettaglio, in cui l’utente ha facoltà di navigare utilizzando le classiche funzionalità GIS e di selezionare in modo interattivo - tramite tracciamento di rettangoli o poligoni generici in
mappa - i capisaldi o i punti GPS di cui vuole visualizzare le monografie. Per la realizzazione di questo sistema è stato impiegato lo
strumento Web Mapping Service, basato sul software ArcIMS 9.1 di
ESRI Inc. a regime su Server Web cartografico di Arpa EmiliaRomagna, Ingegneria ambientale.
30
http://rete-subsidenza-er.arpa.emr.it/retesub/subsidenza/index.htm
Modellistica acque sotterranee e subsidenza in Emilia-Romagna
La modellistica numerica in idrogeologia consente di portare a sintesi e integrare, in chiave dinamica e con approccio quantitativo, il
patrimonio di conoscenze, dati e misure che insieme concorrono alla
formulazione del cosiddetto “modello concettuale” – schema semplificato e descrittivo del comportamento del sistema.
L’applicazione modellistica persegue due obiettivi generali:
- aumentare la capacità di comprensione delle modalità di comportamento del sistema
- supportare la pianificazione e/o gestione delle risorse idriche.
Come obiettivo specifico riferito alla subsidenza, permette inoltre la
valutazione dei rapporti cause-effetto tra le variabili in gioco: i prelievi di acqua dal sottosuolo e la compattazione degli acquiferi. Il rapporto non è diretto, in quanto regolato dalla complessa dinamica del
moto dell’acqua all’interno del sistema. Tale dinamica viene descritta
dal modello di flusso che rappresenta un passaggio obbligato per la
realizzazione di un modello di subsidenza.
Il percorso appena descritto è stato tracciato all’interno dello Studio
sulla conoide del fiume Reno (2005) dove i due modelli (flusso e subsidenza) sono stati costruiti in sequenza.
La possibilità di poter ripercorrere quest’esperienza in altre zone critiche individuate sul territorio regionale rappresenta una prospettiva
immediata grazie alla disponibilità, oggi, dei seguenti due elementi:
• il modello numerico per la simulazione del flusso delle acque sotterranee sull’intero territorio regionale (2007)
• i nuovi dati del rilievo della subsidenza nella pianura emilianoromagnola con analisi interferometrica (2007).
In tale direzione diversi ambiti progettuali sono già avviati per:
• aggiornare il quadro conoscitivo dei prelievi e la modellistica matematica del flusso
• applicare la modellistica in particolari situazioni di criticità nel rapporto ricarica/prelievi
• applicare la modellistica per l’analisi della subsidenza con particolare interesse alla zona costiera.
Andrea Chahoud, Arpa Emilia-Romagna
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