...

Quinto Evangelista

by user

on
Category: Documents
22

views

Report

Comments

Transcript

Quinto Evangelista
IL Q U IN T O E V A N G E L IS T A
L ’azione si svolge in una città della G erm ania attorno al
1940.
A vvertenze per l’abbigliamento dei personaggi: È indispensabile
che M atteo, Marco, Luca, Giovanni, Pietro, G iuda, Caifa si presentino
variamente camuffati al momento di rientrare in scena dopo essere
stati in sagrestia a prepararsi. La cosa vale tanto più per il Q uinto
Evangelista. Invece è consigliabile che gli altri continuino a recitare
vestiti così com’erano all’inizio. La cosa anzi è indispensabile per il
Centurione e i due soldati, e soprattutto per il Capitano Klammer, che
dovrà recitare la parte di Pilato con la stessa divisa da ufficiale del
Terzo Reich che indossava all’inizio.
L ’intero dramma si svolge in una sala per riunioni, più precisam ente in una sala parrocchiale. Apparato essenziale: un lungo tavolo
sulla sinistra, perpendicolarmente alla scena, alcune file di sedie anch’esse disposte perpendicolarmente alla scena. O ltre il tavolo, obliqua
rispetto ad esso e in buona evidenza, una lavagna. Sulla parete di
fondo un crocifisso tra
due
finestre. Sulla
parete di destra un armadio
e una porta che, come
si comprenderà in seguito, dà su una sagrestia.
È un tardo pomeriggio, poi via via sera.
Ad apertura di sipario un sacerdote è in piedi dietro il tavolo.
Le sedie sono occupate da una trentina di persone di varia età e con­
dizione. T ra esse un ufficiale in divisa del Terzo Reich e, alcune file
indietro, tre m ilitari, tra i quali un graduato, anch’essi in divisa.
A ll’inizio dell’azione il sacerdote (il quale, come presto s’intuirà,
ha appena tenuto una conversazione sul tema di Gesù) sta sollecitando
il pubblico nel tentativo d ’avviare un dibattito.
\ E b b en e?... Che succede? N on vi riconosco più. 7
E p p u re ce_n ’è d ’obiezioni d a fare, se non sbaglio... ( D o tto
l u n 'a tte saf) Lei, avvocato Schim m ell?... N o, non ancora?...
T
Lei allora, d o tto r E h ra rt? ...
D iam ine, mi pareva proprio un tem a adatto a un p ro te­
stante, spiegare G esù coi soli V angeli... E lei, studente
T oep fer?... Via, lei è sem pre così polem ico, così fic c a n te ...
sacerdote
326
II Quinto Evangelista
E sia. M a sia chiaro che mi provo solo
a ricapitolare. M i scuso se m ’azzardo a farlo, ma è per m e,
non per gli altri... I n sintesi, ha d etto lei, ogni dato che
abbiam o per identificare G esù
ni
, dire chi effetti­
vam ente egli sia stato, rim ane all’interno della sua propria
testim onianza. Possiam o risalire all’indietro quanto voglia­
mo, ma alla fine ci ritroviam o sem pre ai piedi di qualcosa
che è, a. piacim ento, o ,un m uro o u n ’apertura: % .u lfe to
-.n ififinì f d ic nnpfr
rìVhu sèe di SP
Perfi­
no il « Voi chi dite che io sia? » è una dom anda solo ap­
parente, predisposta a una certa replica, e solo a quella re­
plica. Sicché quando &SB P ietro dice: « T u sei il C risto, il
Figlio del D io vivente », non fa, in ultim a analisi, che
ricevere l ’im beccata. E ppure è appunto ciò, sostiene lei, a
rendere incom parabile la situazione di G esù. Chi altri se
non il Messia poteva garantire del M essia? N on c ’è altra
alternativa: o siamo di fronte a un caso di follia che
avrebbe coinvolto discepoli e intere folle, o dobbiam o rico­
noscere che D io stesso parla di sé... È questo il succo del
suo discorso?
sa cerd ote
Precisam ente. Semmai, con
sfum atu­
ra in più: s i » il m io p u n to di partenza, se lei ram m enta, È/k?
st&Uì un altro. G li evangelisti, in quanto scrittori, sono stati
veram ente degli specialissimi scrittori. N on pretendono d in tn n rrn irr in p rnprio d ’abbellire, di ««lork a , tanto m eno d ’inv en tare, i ppfh nnn tem pre in limila nttrgginm rntn H’Tìrnft~
studente to epfer
ó ..
J
I
Ct/l£
A flit*1
^
4
!•(,•
«rt
A
rh« hnnr~ r ^ ìt E v r r ^ ? " ^ "d ifn ^ a rrn l?n n a D Primi «rr
d tfminiHtrT M trgm jiidm lu 'in tu tta t am plicitfl! «eco quelk»
i bi f i u m i ‘l l T T I I i m i i In i nrrrrlnnn d ’un fìln n irrn rT ^ l*'4
•rozza,. »©. voglk«»o. N e viene il sapore curioso, assolutapaente unicoM ni loro libri: su un piano narrativo d iffltìS a K ^ S a à iS Ì^ 'e n ^ ^ o n o aiscorsi di straor* dinaria densità, discorsi che sem brano veram ente d ’u n ’altra
lingua: discorsi insom m a che non possono essere stati inventati da quei m odesti scrittori che erano gli evangelisti. D o ­
vevano essere di lui, di G esù. N e 'v e gliamo irm»-frro ¥ f t G i .
b ft^ft-coftfrontaTrif'~ETtca--at»tore, d el.'Tcrza..vaftgek>-eol Lue»
d8*-4Ì6€ersddÉ-G«6Ùs-«eg]d-AtttT3«eer'dfv
trs
I l Q u in to E vangelista
327
¿c&Ul
nU au 'tp iù sbiadito. E d ecco che si to rn a aL problem a d ell’autentici­
tà: quel che è ^ ta to detto di É à^ è stato G esù a dirlo di sé.
È lui che* r ’àtiWn tiee,1è 'lu i che si proclam a. O ra, se non fu
un caso di follia collettiva...
studente to epfer
E perché no? Le pare un fatto così u n i­
co? Pensiam o soltanto al fenom eno degli stati to talitari,
delle d ittatu re: di regola, non c ’è u n capo che consacra se
stesso e m agari un intero popolo che gli dà credito cieca­
m ente? E no n mi dicano che gli esem pi vadano cercati as­
sai lontano.
c a p it a n o k l a m m e r (B rusco)
N on siaaaa janca* qui p er d i­
scutere d i politica!
Perché, le fa paura? O crede sul serio
che religione e politica siano due campi toknetwe separati?
s a c e r d o t e (E nergico)
H a ragione il capitano K lam m er.
N on svii. E p iu tto sto risponda ai m iei argom enti, àè-%fedé': '* •
s tu d e n te to e p fe r
Che cosa? Il rilievo letterario dei di­
scorsi di G esù? M a questo non è u n argom ento! Q u an te voite si sono visti degli scrittori anche m odesti che g o n fia v a n o -* '^
lewgi»te»>al m om ento di far parlare i loro personaggi!
a v v o c a to s c h im m e ll
M a accettiam olo per buono. A m ­
m ettiam o per ipotesi che i discorsi attrib u iti nei V angeli a
G esù fossero tu tti di G esù, che, disponendo di m ateriale tu t­
to autentico, di prim a m ano, gli evangelisti si siano lim itati
a trasm etterci in ta tte le sue parole. M a allora mi spieghi
(rivo lto al sacerdote) come mai sono approdati a q u attro
versioni diverse della m edesim a personalità e in sostanza ci
hanno offerto q u attro personaggi diversi. Insom m a, chi era
questo G esù? Il M essia, come sem bra voler dire M atteo? Un
p o tente, u m M p w w J i taum aturgo, com ’è in pratica nel V an­
gelo di M arco? Il buon pastore, il Salvatore, com ’è presso
Luca? Il Figlio di D io, come vuole dim ostrare G iovanni?
A m m etterà che diventa una specie di gioco a rim piattino. Se
posso parlare liberam ente ne-questo luogo, dove sono sol»
i ìp. nspire..la,.noo--.-rm-definisca, p ei,carità, ¿Lsolito-sce-ttiee o
if m ig fjiJfrfiy ■Ar turno: lei
ggam-n. sono interessato,
tmpacai<4iTTf-f»f»- a-questi problemi),--se.posso, d u n q u e parlare
Uberam ente, non le pare curioso questo Dio alla ricerca della
p ropria id en tità?
... .
II Quinto Evangelista
328
dottor
ehrart
( A l sacerdote)
Le dispiace se m ’intro-
( Scherzoso) P e r una volta si
darà il caso d«Hv riform ato, d ’u n p ro testan te , che m uove a
soccorso d ’un sacerdote cattolico. B-sarà--un- bel- c-ascv j a i
creda*
a v v o c a t o s c h i m m e l l (Scherzoso anche lu i)
D o tto r E h ­
ra rt, non mi deluda.
dottor eh ra rt
M a no, avvocato Schimmell. È che il
suo razionalism o, il suo caparbio razionalism o, e-hi«mi am alo
«osi, non le consente di vedere quel che vediam o noi, sia
p u re da due sponde diverse. G esù non è affatto^com e let-diee, un Dio alla ricerca della propria identità. P tu tte s te - h #
lasciato'a n o H l TOmpito
. Si è m anifestato, ci ha
p arlato, m a non si è definito. Sta a noi cercarlo, provarci a
riconoscerlo, a risalire fino a lui... A m m ettiam o per un istan ­
te, per ipotesi - p er ipotesi, badi — che veram ente fosse
D io. D io, ci pensi: l ’infinito, una gam m a infinita di possibili­
tà. E lei p retende che si definisse! O che gli evangelisti
arrivassero a chiuderlo in una definizione! Si provano a ca­
pirlo, in qualche m odo lo interrogano, ciascuno si sforza di
farne em ergere un aspetto, dhmetteMieiti.«videiiza.uiia.td&Ue
t«nie„.p«ssibifkà, quello che più gli riesce accessibile o che
più l ’ha colpito. E senza pretendere - si rilegga i V angeli...
a vv o ca to s c h im m e l l
Li conosco, non creda...
dottor eh ra rt
T anto m eglio... Senza mai pretendere d ’e­
saurire il discorso. In m argine, rim ane sem pre lo spazio
per altre ipotesi, e al lim ite il m istero. In ogni caso, gli
evangelisti aprono e non chiudono. La gam m a d ’ipotesi
che nel loro insiem e ci presentano - il M essia, il P o te n ­
te, il Salvatore, il V erbo incarnato (e m i dovrebbe dim o­
strare che sono co n trad d itto rie) - l^m assa-'ff’ip o tesb -d iso ,
eke. ci presentono, non solo ci m ostra quanto fosse com ­
plessa la personalità di Gesù, o d - ò ^ m é - riprova im plicita
della sua statu ra eccezionale - se~-pes$0“ dir-~eQsi, della
sua divinità - , m a è il punto di partenza dell’avventura
del cristiano, la piattaform a della nostra libertà. Al m o­
do degli evangelisti, noi continuiam o a dom andarci chi fos­
se G esù, coscienti che non avrem o mai la form ula giusta
Il Quinto Evangelista
329
en tro la quale racchiuderlo. G uai del resto se fosse altri­
m enti: avrem m o chiuso con G esù.
a v v o c a t o s c h i m m e l l ( Ironico)
Se s’illude che i cattolici
possano essere d ’accordo...
s ig n o r a k u y p e r (Q u a si tim idam ente, poi via via più sicu­
ra)
posso osservare--una cosa. Capisco di fare
------[t — u ^ in .r .
" " rid iritì
a d la d o ro volontà d i no»-sovrajlporsi, di n o n inventare ntrila
e quasi.di non in tro m ettersi:
q u esto a m e è parso m olto
adusto./È vero, è p ro prio vero:*gli evangelisti si com portano
come chi ha ricevuto quatcosaìin consegna
aitìk-ih»d«po«it(>- delia f^cW.-r e si preoccupa unicam ente di
tré—
~ (ii
trasm etterlo inalterate
ensate
p a tta n o .e d o tte parabole: le riferiscono,
non s’azzardano a interpretarle. A spiegarle semmai, quando
lo fa, è G esù. L oro si lim itano a raccontarle come le hanno
ascoltate, con l ’aria di dom andarsi che cosa possano significa­
re e ad d irittu ra col tono di chi non le ha nem m eno ca­
p ite bene.
a v v o c a t o s c h i m m e l l ( L ievem ente paternalistico)
A tten ­
ta, signora K uyper, norr so sc"S«~aa-rende-contQr m a con ciò
lei ne fa davvero dei sem pliciotti, dei poveri ignoranti. N on
dico, personalm ente, di non essere d ’accordo. M a, se è così,
in che m odo la m ettiam o con la leggenda della discesa dello
Spirito Santo, con il principio che le Sacre S critture sono
ispirate da D io stesso? P ?r rarità,
s ig n o r a k u y p e r (C on calore)
M a se
capita alle volte che certe parabole presentino perfino delle
-mcangrnenzes, la tipica incongruenza di chi riferisce una cosa
senza averla com presa perfettam ente! Peffsi -acf esem pio1«Ma
Vi 16
d ’incoerenza? P erché non dice che i testi evangelici, a
setacciarli a lum e di critica, si rivelano per quel che sono?
D ei centoni, o poco più, con notizie di fonti varie messe
330
II Quinto Evangelista
insiem e alla buona senza nem m eno preoccuparsi d ’un filo
logico, d ’un m inim o di coesione.
s ig n o r a k u y p e r
Adesso non esageriam o. P er quanto ab»■sr ;-rle i—vt w ti, delle
bia fatto , la critic
n r r r n n j mn a demt
Ciascun vangelo, in
sé preso, ha rivelato alla fine wm ■sua im ità ' Aina. saa-stT ut-to ta , u n rigore calcolato, u n ’intim a coerenza.
avv ocato s c h im m e l l
CMseuiL.vangelo? A m m ettiam olo...
N on sono d ’accordo, ma am m ettiam olo. D e M ie a itì non è
questo che m ’interessa, pef~fn©«iejw». M iravo più in alto:
r-apifrv
MÌT ìIYO a quello che per me è il prim o
assurdo d ell’intero edificio delle credenze cristiane!! Pensavoa^ w w e q u attro autori ragionevolm ente vicini, idealm ente
affini e mossi tu tti e q u attro dal m edesim o scopo di raccon­
tarci la verità d ’una vita, riescono a contraddirsi nelle cose
più elem entari. Q u an te sono le volte in cui ci narrano u n fa t­
to allo stesso m odo? Q u a ttro ? C inque? Sei al massimo, jaat*
p iù . E quelle in cui le parole di G esù ci sono riferite in m a­
niera identica da tu tti e q u attro gli evangelisti? Dico da tu tti
e q u attro . Scom m etto che non accade mai.
dottor ehrart
La questione non è questa. Bisogna vedere
se si sm entiscono.
avv o ca to s c h im m e l l
M a si sm entiscono. Me
una
prova? (R im ane alquanto in silenzio, soprappensiero) -fie*
s ì p r«ndù»mcr'ad- esem pio G esù davanti al Sinedrio, £ rnrm s b a g lia , l ’episodio è presente in tu tti e q u attro . M a
qui occorrerebbero i testi. La m em oria non basta.
s a c e r d o t e (Sollevando il volum e posato sul tavolo)
Se
vuole.
avv ocato s c h im m e l l
Ecco, sì, benissim o. ( I l sacerdote
fa per aprire i Vangeli, ma l ’avvocato lo ferm a con un ge­
sto ) Se però fosse possibile evidenziare i q u attro passi, sen
qua i li o dettttfe>-'dÌ¥8Jri i . . Tì—n , arrivare perfino a q u a ttro
letto ri diversi, oicehc ■ctaseun-ev’a ngelifrta-abbia.Ja-^«»-^?«—
ptia~w«ee... V errebbero m eglio a galla le sfum ature, le
differenze.
sacerd ote
M a bene, vedo che non si fida della mia
im parzialità nem m eno come lettore! (R iv o lto in giro) P u r­
ché ci siano q u a ttro persone disposte a venire a leggere. ( A l ­
cuni alzano la mano, il sacerdote sceglie rapidam ente) Ecco,
sì, grazie, lei 1eg g erà■lo-part c di-M at te o ; e- lei-sì,-quefio-cU
M iinm DrnT1 II In
V li'i Tiiii'ni i ti Imi ia rà -G io v aa n i. ,-41
quattro designati si m uovono e vanno a prendere posto in
piedi J >-i'■■n..^-T7rr^77gy~^ ^ r n Q_tMt£L.f ou y n ra ro ^ c ijùaaao A-TYrip # r più'com odità, visto ch e lei ci tie n e » c h e 1« qose siano fat.tu pm bUitTVT'1'srmn d e n d ^ si ..d u igA.M exSA.dlarJUadta.x, lo
apre), (}iH-er-debbow»-eftss£e..,.,sl.„.sC.xi.sonaproprkx .(liza
fUQri fj’"r'frr rrfrrrrrrfi'r di formato rrnnn^itr r i f r i tom a verso
il tavoloe consegna a ciascuno dei-quattro un volume). N »
he-sempre,- capirà... Ecco, adesso ci siamo proprio. N on dirà
che la boicotto. ( L ’avvocato allarga le braccia, sorridendo
anche lui, m en tre i quattro sfogliano ciascuno il suo volum e.
I l sacerdote aiuta il più vicino a trovare la pagina giusta, poi, e
quando anche gli altri sono p ro n ti). D unque, a lei, M at ts a .
E n on legga in fretta; per favole. (Huuiutada lettura di M a t- ^
te a e d e v li a ltri, se g u ir ^ rnv' "J4
punpxin
\
« Q uelli che avevano arrestato G esù lo m enarono!
da Caifa, gran sacerdote, presso il quale si adunarono gli
scribi e i farisei. E P ietro lo seguiva da lontano. N ell’atrio
del gran sacerdote si sedette fra i servi, p er vedere la fine.
I gran sacerdoti e tu tto il Sinedrio cercavano qualche falsa
testim onianza co n tro G esù p er farlo m orire. M a non ne
trovarono, benché si fossero p resentati m olti falsi testim o­
ni. Alla fine ne vennero due e dissero: “ C ostui ha d etto :
io posso distruggere il tem pio di D io e riedificarlo in tre
g io rn i”. Il gran sacerdote levatosi in piedi disse: “ N on ri­
spondi nulla a q u an to depongono contro di t e ? ”. G esù ta­
ceva. Il gran sacerdote gli disse ancora: “ Io ti scongiuro
p er il D io vivente di dire se tu sei il C risto, il Figlio di
D io ” . G esù rispose: “ T u l ’hai d etto ; ed io vi dico che d ’o­
ra innanzi v edrete il Figlio d ell’U om o seduto alla destra
d ell’O n n ip o ten te sulle nubi del cielo ” . Il gran sacerdote si
strappò le vesti gridando: “ H a bestem m iato! Che bisogno
abbiam o più d i testim oni? A vete u d ita la bestem m ia.
Che ve ne p a r e ? ”. E quelli dissero: “ È reo di m o rte ” .
A llora gli sp utarono in viso e gli diedero pugni e lo schiaf­
feggiarono. D icevano: “ O C risto, profetizza chi ti ha pic­
c h ia to ” ».
D al V angelo secom lp'M arco: « I capi dei sacerdotu tto il consesso cercavano testim onianze contro G esù
m atteo
L J tft.
„
L * .
tàAtdi
M
tu
'
nL
332
p er ucciderlo e non ne trovavano. D i fatto m olti cercaya- '
no testim onianze contro di lui, e le testim onianze n o p 'e rano concordanti. C osì alcuni si levavano a testim ofuare il
falso dicendo: “ N oi lo sentim m o m entre diceva: Io distruggerò q uesto tem pio com ’è costruito e d o t tre giorni
loro testine edificherò uno senza che sia c o stru ito ” ,
1 mezzo il gran
m onianza non era concorde. E levatosi
sacerdote interrogò G esù dicendo: “ N qn rispondi niente?
D i che cosa ti accusano?”. M a egli/taceva e non rispose
nulla. Daccapo il gran sacerdote lo an terro g av a e gli disse:
“ Sei tu il C risto, il Figlio d e l/B enedetto? ” . A llora G esù
rispose: “ Sono io: e vedrete i^F iglio dell'U om o seduto al­
la d estra della potenza divipà m entre arriva sulle nubi del
cielo ”. A llora il gran sacerdote lacerandosi la veste disse:
“ Che bisogno abbiam o/firm ai di testim oni? A vete u d ita la
bestem m ia. C he ve /( e p a re ? ” . T u tti infine lo giudicarono
passibile di m orte? E com inciarono alcuni a sputargli ad­
dosso e a bendargli il viso e a schiaffeggiarlo e a dirgli:
“ In d ovina ”, Â i servi lo percuotevano con le v erg h e» .
u n o d e l p u b b l ic o
D a quel che vedo, la testim onianza
di M arco non è poi così diversa.
a v v o c a i»
s c h im m e l l
Q uella di M arco no, bwreiw—già
M a aspetti quella degli
lu c a
(^Hrpn7f7T^pfT^ïï^tO?r'^ir~ücvét--ti-'-teTtfrr,renit*~U§§e-
re) Di fa tte presso Luca le cose stanno un p o ’ diversa-Pordfr d e r ta t tì ,' ^d''e5sere-tutt-«h
m ente. Per eomin
■tm. C ’è prim a, n a tu r a lm e n te la scena d ell’arresto ( « L o
\ presero e lo trascinarono b i ella casa d e F somm o sacerd o -1
: te »Jf T pòi viene, al com pleto, il rinnegam ento di P ietro,
che invece negli altri è diviso in due m om enti, ci sono poi
gli insulti e le percosse, e solo dopo queste,
seena-Mtìj 1’interrogatorio davanti al Sinedrio. E questo,
ad d irittu ra, si svolge di giorno e non di notte. M e ecco il
passo che ci riguarda: « F rattan to gli uom ini che teneva­
no G esù lo schernivano e lo percuotevano; e, copertolo
d ’un panno, lo picchiavano in faccia e così lo interrogava­
no: “ Indovina d unque: chi ti ha p erco sso ?” . E m olte al­
tre cose bestem m iavano contro di lui. Com e fu giorno,
convennero gli anziani del popolo, e i grandi sacerdoti, e
Il Quinto Evangelista
333
gli scribi; e lo tradussero nel loro consesso dicendo: “ Se
sei il C risto, dillo a n o i” . M a egli rispose: “ Se anche ve
10 dicessi, non mi credereste. Se v ’interrogassi, non mi
rispondereste, né m i assolvereste. D el resto d ’ora innanzi
11 Figlio d ell’U om o sarà assiso alla d estra della potenza di
D io ”. G rid aro n o tu tti: “D unque sei il Figlio di D io ? ” . Ed
egli rispose: “ V oi lo dite: lo so n o ” . E quelli: “ Che altro
bisogno abbiam o di testim onianza? L ’abbiam o u d ito noi
stessi dalla bocca di lu i” ».
GIOVANNI U L „ ua,.
?acerd&te) In u tile dire che
presso G iovanni cam bia tu tto : cam bia lo stesso episodio
di P ietro , che non figura più solo, ma in com pagnia d ’un
altro discepolo, evidentem ente G iovanni stesso. E poi
G esù non è trascinato presso Caifa, il sommo sacerdote,
bensì presso A nna, suo suocero . ^ l^er la casa di inaila fr
/£gli p assa più tard i, senza che pero v ’accada niente di no- J "
( te voi e) E q uesto per non parlare delia sostanza, che è
tu tt'a ltra .
sacerdote
M a perché non legge?
Gio v a n n i t giusto1... « La coorte e il tribuno e i satelliti
dei giudei s’im padronirono di G esù, lo legarono e lo p o rtaro ­
no anzitutto ad A nna, che era suocero di Caifa, sommo sacer­
dote per q u ell’anno: colui che aveva suggerito ai giudei
c h ’era conveniente che un uom o m orisse per il popolo...
( P tffirrf-rrm 1
U gran sacerdote in te r­
rogò G esù in to rn o ai suoi discepoli e al suo insegnam ento.
G esù gli rispose: “H o parlato al m ondo apertam ente, ho
sem pre predicato nella sinagoga e nel tem pio, dove si rad u ­
nano tu tti i giudei, mai ho parlato in segreto. Perché in ter­
roghi m e? D om andalo a quelli che m ’hanno udito , che cosa
ho d etto loro ” . Com e egli ebbe così parlato, uno dei satelliti
lì presente diede a G esù uno schiaffo dicendo: “ Così rispon­
di al gran sacerdote? ” . E G esù: “ Se ho d etto m ale, m ostra­
mi d o v ’è questo m ale; e se ho d etto bene, perché mi p er­
c u o ti? ”. E A nna lo m andò, legato, al sommo sacerdote
AVVOCATO SCHIMMELL (.
s a c e rd o te
M a certo. (C on ironia)
Posso parlare?
P urché poi anche a
me sia consentito di dire la mia.
a v v o c a to
s c h im m e ll
( P ir f r r W p r f
verso la
p
334
Il Quinto Evangelista
U-a£iÀatulavi*s&%m e "jrecez,.auauira pania.)
In sintesi, le
versioni che abbiam o sono tre. Q uella di M atteo e M arco,
che, sorvolando sulle differenze, chiam erem o la versione
A. La B sarà quella di Luca. E la C quella di G iovanni.
O ra, avrete n o tato che tra A e C non ci sono relazioni, e
questo è quasi norm ale: quasi d ap p e rtu tto , G iovanni va
p er la sua strada. Q uella che invece sorprende di più è la
differenza tra A e B. Il fatto, presso Luca, si svolge di
giorno e non di n o tte, G esù è prim a picchiato e poi
in terrogato, m ancano i testim oni d ’accusa della versione
A, i dialoghi sono altri. U n bel pasticcio, per dirla alla
buona: nem m eno i tre sinottici vanno d ’accordo. E voi
p re te n d e re te ( rivolto al sacerdote) che noi creddtìfciiiàe- sul­
la base d ’una testim onianza così!
sacerd ote
Lei mi guarda, lo so. G u ard a al p re te ,..al» t acerdote, e lo
mi
dunqrte! Le prem etto che
se s’aspetta wspeot s' ufficili 1^, risposte canoniche, da prete,
insom m a, resterà deluso. D ’ora in poi
sera­
ta., p ^rlariy +L-meno -possibile- da--prete* Cercherò di ragiona­
re come u n uom o qualsiasi, provvisto però d ’un m inim o
di fede, se me lo consente. E com e tale le rispondo: Sì, è
è vero, le differenze ci sono e s»n© sostanziali. A voler le
cose secondo logica, non se ne esce, dovrem m o scegliere.
A d esem pio, potrem m o stare per M arco e M atteo ,gqu«lk
, | | 1 iì im i irhTTiiui
, E -p^ t r r mmn fa rlo ,hpn k ù jn n avrem m o salvato quel che ci p re m e ... R ifrrftrar
d e te sena«- -tanti-seonc
"M a sì. Senonché...
f J P V uW 'yN oi
se fossimo due sto ri­
ci
propriam ente arradde,
sarem m o già usciti dal dubbio, avrem m o p itic a m e n te d etto : ,
abbiam o q u attro docum enti. l u t t i e quartrcLjJi-jjài'lJllU d ’UIn
interrogatorio, e dunque quelL iatcflbgatorio ci fu. T u tti
e q u attro ci dicono che term inò con una condanna, e d u n ­
que ffuella condanna ci fu. Q uanto al tenore deH’interroga.--*
torioifebbiam o due~testi c h i si rassom igliano e due altri che
se ne distaccano p er d ivertii gradi. Q uindi, assum iam o per
jìacierdotìì
Il Quinto Evangelista
335
buoni i prim i d ue e avrem o m olte probabilità d ’andar
vicini alla verità.
avvocato s c h im m e l l
Eh, no. Q uesto vale per uno stori­
co. N on per voi, che considerate sacre tu tte e q u a ttro le
testim onianze.
sa cerd ote
A p p u n to , vale per lo storico. Il quale però
po treb b e anche dirsi, uoct..stotica-che si rispetti : i q u attro
testi sono tro p p o brevi per un interrogatorio che, presum ibil­
m ente, d o v ette essere m olto più lungo, tale cioè che p o tero ­
no benissim o esservi pronunziate sia le parole della versione
A, sia quelle delle altre due. B e«d^xluiiqu® pri-vilegi#r»-iin
V m gpln jiiu ttp stei elio u n n itr o ? Perché n o n tra tta rl^ p iu tt» ^ ? / I
•ste-come q u attro testim onianze equidistanti... .
avvocato s c h im m e l l
E h già: una pura e semplice lo ttiz­
zazione dell'infinito!
sacerd ote
La—p*ego!... Perché non tra tta rli com e q u at­
tro testim onianze equidistanti, con la convin zio n e^ateg rao dftLeX w M cafedw », di p o ter ricostruire m eglio l ’insiem e del­
l ’interrogatorio? E se questo è consentito allo storico, p er­
ché dovrebbe essere vietato al cristiano ? | tJerché respingere /
ILuca e G iovanni in nom e di M atteo e di M arco, quando ad j
allinearli insiem e, a integrarli a vicenda, fi quadro non solo /
{si fa più am pio m a anche più v e ritie ro ? /Passi, se gli evan­
g elisti si contraddicessero nella sostanza. E invece no: se si
prescinde dai dettagli, non è vero affatto che si sm entiscono.
Ad-«6e-a»pk>, fcfi dice M atteo che G esù rifiuta di rispondere.
E che altro fa presso G iovanni quando replica: « Perché
interroghi m e? D om andalo a chi m ’ha udito »? È u n risponP erfetto.
se+itìiiché■ d i-q tian d o lei -miha, in te rro tto » - senonché noi non
abbiam o sem plicem ente q u attro testim onianze equidistanti,
da trattare alla pari. N e abbiam o una,
indicando
sulla la vagna), quella di G iovanni, p er intenda«*» che
ninni ITI rriHMUmi il m i
quanto alla sostairza^aa^-ticomeZ
AVVOCATO SCHIMMELL
racconta in m aniera neutrale, introduce senza parere una serie di rettifiche^P er gli altri tre a cattu rare G esù fu genericam ente una folla arm ata. G iovanni precisa: la coorte, il tri­
buno e i satelliti dei giudei. D icono gli altri evangelisti che
336
II Quinto Evangelista
fu il solo P ietro a seguire G esù fino al cortile del Sinedrio.
G iovanni non solo precisa: « Simone P ietro e un altro disce­
polo », m a aggiunge con puntiglio che a entrare fu prim a
lui, « .lu i indusse ¡^ p o rtin a ia ad a p rire
pnrtfl F tf tra G li
altri afferm ano che G esù venne p o rta to da Caifa, lui rettifi­
ca: da A nna, che era suocero di Caifa. Ad i r arne -insam m a
iwto..^;lai!i) ■»p e r coniò
ta, Ha ’fiotta'1 raria di voler d
rim ettere le cose a posto, di voler dire addirittura-: « Badate,
che io ero là, e*o p ro p rio presente ai fatti: fui anzi il solo
evangelista cjie si ¿rovo presente «i-éatti ». E allora, o si as­
sume per b u ò n o/G iovanni *esi-rifiutaiio-gli-^altri- tr«, o si-aee e tta a g M a tte o e-M areo. eon-qnalc-he dettagfio-attintQ.da La»
ca/ e allora G iovanni cade, »>e«tde--non--solo--per-«|u@ste
episodio4~-eade-iii r u tto e p e r ttttttj, e per quel poco di verità
ricavabile dai V angeli restano in piedi, p er noi, unicam ente i
tre sinottici.
''G io v a n n i
questo non è giusto. P e r lo m eno, è sbriga­
tiv o . Veda, poco fa v è verifica t o d i-n u o v o q u e k o sa chs-ùaipieor^gM-voltoi-debdesttne-diJGaovaHfli"* abbj^rpo letto p ri­
m a M atteo, poi M arco, poi Luca?' poi vi© cori il risultato,
epaurdo.s.’à -a rriv a ti a-aaa, che l»-4niajteatù»»nktnza^te-4ri
p ratrca- e^arrTorata. davo l ’im pressione d^aagpi^»m~dLp>ù. di
non avere nulla da aggiungere. È u n a ■costante,-pel Vangelo
[*''3* G io v an n itJ a .a u a ^ e r ts-è searp r a quella di venire p e r'u lti­
m o, e come tale d ’apparire accessorio, di-»^-dive»ta£© -i»ai
centrale. Lo si accetta per
la sublim ità dei
suoi concetti, non pei fa tti che ha n arrato. Proviam oci per
u na volta a leggerlo p er prim o, a-tenderkr^centrale-;-~a~p*e»*
d a d fr^ rrh 'se rk ^ ’tnsOTmrra. Scom m etto che, oltre a trovarlo
veritiero, scoprirem m o come in tan ti casi gli altri tre im ­
pallidiscono.
m arco
M a tu scherzi!
Gio v a n n i
Perché, credi che M arco sia tan to meglio di G io v an ­
ni? (M eno
Biflpiqjflnnngq ni p-ggn- G iovanni
fu u n discepolo, com e non lo furono né M arco né Luca. E
fu il discepolo p red iletto di. G esù, come non lo fu M atteo.
T ra tu tte , è la sua la testim onianza più vicina.*n*eha-dftv¥ft-~
(jWt, W dn-pttm ì . rnjii| ^ ,j ^ |dLl'”rP!!Tu, Lutte - le''-¥ol't e'’ghe' ho lutto
i VaiigLlfrH & ^vufo sem pre questa im pressione1 che G io ­
vanni sia i4..piu-pw>ciso,l.& insiem e. d~più~..p rn fnndn; il-p iù
Il Quinto Evangelista
337
K kco^di-cife«® t«nK e e q u e llo c h e , q u a n t o a liv e llo d i d is c o r ­
sa» ci d à meglio u n ’idea della statu ra di G esù.
marco
É come m ai fallisce proprio n ell’episodio del Sine­
drio? P erché qui, lo am m etterai, G esù risulta p iu tto sto
p ia
G io v a n n i ¿.Dofia tim im itw u u te )
Ecco: quanto ai particolari,
l ’ha detto già l ’avvocato Schimmell, G iovanni è colui che
' ne fornisce di più, ch e p r ecisa m e g lio :/A n n a suocero di
Taita, U esu p o rtato prim andaliru n o , "pòi dall’altro, P ietro
'ferm ato all’ingresso del cortile e poi fatto entrare: tu tto
h a g n s a p n rp di verità vissuta, di cosa vista d irettam ente.
°n1; "’Ti t re c ’è come un tocco realistico in più.
Q u an to all’interro g atorio, M , lo am m etto, il suo contri­
b u to risulta assai più scarno. P erò ugualm ente io ci andrei
m olto piano prim a di liquidarlo com e inattendibile. V e d e te ,
acoleye-u»'-ht> c o l p ito p o c o is^ noi diciamo solita­
m ente che il V angelo di G iovanni è centrato sul tem a di
G esù figlio di D io. B r a c a t e ,, a
l
l
rn n -t a n ti alt r j j x n r i Bbhrng) r h t rnrn irrn rlr^ ' P ro p rio nel caso del
Sinedrio, paapfao quando «©è gli altri tre evangelisti non
fanno che girare in to rn o alla dom anda: « Sul serio sei il
C risto, il Figlio di Dio », egli m anca l ’occasione e batte
u n ’altra strada. M a lo farebbe
rhirrliT) :^ \ se non fosse
sicuro che quella tale dom anda non venne affatto p ro n u n ­
ziata?... A v r e te - e a p it o d o v e v o g lio a r r iv a i« : alm eno p er il
caso d ell’episodio del Sinedrio la versione di G iovanni è
la più veritiera. N ella m isura in cui è la più scarna, fa -p iù
f i,
c o n t r a s ta Col triOH-
fiilhm » dnm inim tr in g rn rrr nrl V nngrfn d i GitìvànnT, ha , ■" ^ ( ^
•
t u tte le eaiIL—ili iLguhr-p u a g g m iid la pjfi"7tiilÌL ia.
( Scherzoso)
Lo sai che senza volerC ^ P W o , senza quasi essertene accorto, sei en trato a poco a poco nella p arte di G iovanni, difendi il suo Vangelo come se
l’avessi scritto tu ? Al pu n to che a m e veniva quasi la vo­
glia di m etterm i a m ia volta nei panni di Caifa (o di A n­
na, che è lo stesso), e com unque m ’im m aginavo cosa
avrebbe risposto se avesse p o tu to leggere il V angelo di
G iovanni — o se fosse stato qui.
avvocato s c h im m e l l
M a giacché ci siamo,/ perché non
ci prova?________________________________
/'cO dU cALìicc J ) iL iue,C
/
338
u n o d e l p u b b l ic o
Il Quinto Evangelista
A fare che cosa?
M a a m ettersi a sua volta nei panni
av v o ca to s c h im m e l l
di Caifa.
O h, no, farem m o solo del teatro... P erò
una cosa è certa. Se C aifa fosse stato qui, -se-avesse-ascob
ta to la tu a testim onianza, se t ’avesse udito so sten erejt® iye"httà-fafcttiutu, che la sola versione giusta è quella di
G iovanni, sai che cosa t ’avrebbe risposto? « Bada che,
serivetidov-al. m o d o in cui 4iai scritto t» f hai im m iserito un
contrasto che invece è tanto più alto. M a come,
sem plicem ente, .post? Sono a confronto due princìpi così
alternativi, u na nuova religione che sorge, la vecchia che
si difende, il novatore che per la prim a volta si trova fac­
cia a faccia Q ^ ‘q ^ r 'h ia n ^ g T " tr h i
difensore della
tradizione, due capi a conflitto, due Chiese, due d o ttrin e,
e tu che fai? Ci dai una specie di giuoco a rim piattino:
“ D om andalo agli altri che cosa ho d etto , perché in te rro ­
ghi m e ? ”. p1ì - y ;'1»
G iovanni, tu G iovanni, il
sublim e G iovanni, n °n w l e - f e w — alta hai fnllit*»'In Tri
ra, ma per sm inuire m e, il gran sacerdote, hai rim piccioli­
to il t U O S t e S S O GeSÙ...
i n»— nc/n pf>r
Gi& vatim) M a sì, m a sì. Pensa invece a M atteo: « “ Io ti
scongiuro per il D io vivente di dire se sei il C risto, il
Figlio di D io ” . “ T u l ’hai d etto ; ed io vi dico che orm ai
vedrete il Figlio d ell’U om o seduto alla destra dell’O n n ip o ­
te n te ” ». Che ampiezza di spazio! E quale sintesi! Il Dio
vivente, l ’O n n ip o ten te — il Figlio di D io, il Figlio d ell’U o­
mo. In due righe i fondam enti d ell’intera teologia.
Gio v a n n i M a G iovanni l ’aveva d etto già tan te altre volte, che
non ha voluto ripetersi solo per fare letteratura.
c a if a
N on è letteratu ra.
G io v a n n i C om unque ha preferito non alzare la voce, ha scel­
to, al contrario degli altri, le to n alità m inim e, it4 im in « e n d « /5 ^ ’3Fj
-Magari p roprio a g aran tii» la propria veridicità.
c a ifa
A h, sì? Solo per questo? Solo per apparire il
prim o della classe? E a me non hai pensato? direbbe ancora
Caifa. C ’era lì, davanti a me, un uom o che si proclam ava
D io: la m aggiore delle bestem m ie, di fro n te alla nostra leg­
ge. Ce n ’era abbastanza - ti pare? - non solo per giustifi­
care la mia indignazione, ma p er salvare il mio ruolo d ’anta-
u n o d e l p u b b l ic o
Il Quinto Evangelista
339
gonista di G esù - e con esso la statura, la grandezza stessa
di G esù. E invece tu che cosa fai? M i presenti come un iste­
rico il quale s ’offende solo perché gli si manca di rispetto...
( S cim m io tta n d o ) « Così si parla al gran sacerdote? ». E G e ­
sù inerte, incerto, m eschinello, m ortificato: « Se ho d etto
male, spiegam i d o v ’è questo m a le » ... M a ti pare!...
Gio v a n n i È questione di tono^P rovdpf a dire così: « Se ho
d etto male, m ostram i in che è male. E se ho d etto bene, p er­
ché mi percuoti? »... V ® dL ch& .altta^ig«itè? La scena co­
m unque,
riguarda A nna, « « M a . Caifa, presso G iovan­
ni, non apre nem m eno bocca.
c a if a
Peggio ancora. M i hai trasform ato in un personaggio
da niente, una specie di m arionetta fa tta m uovere dal suo­
cero.
/
a v v o c a to s c h im m e ll
Se non sbaglio^TeTaSerinava eli non
voler fare teatro.
c a i f a CRidtìntici a mutande! fono)
H a ragione.
d o t t o r e h r a r t (JLidem hj^lniihu in i)
M a no, m a no, va
benissim o così. A nzi (rivolto al sacerdote) lo sa cosa pensa­
vo? Che questo confronto fra i q u attro testi evangelici si
p o trebbe
'¡nl'ì
mmnti. TTTii anim arlo al m adori« CVMa
em è accaduto^ tó to f f e . Scegliamo„ s ts a , u n ’intera parte, la
Passione, p er esem pio,
-1------ 1 SinrHrin r r i m m r rin ì r n /l
y ien a Passione, « rtnirignomn n1rnni A a a * ^ LiLhé
il ruolo dei personaggi che^compaiono nrlln P m ìin n f e.ven- '
gano a dire le loro ragioni, obiettino, co n testin o ftìiittu aiB o
i waa<TrTrnr7tTTFéàT1^trr^«s^.tipQ d i.£Q.nfli±tQ-che..pQg<a»fa ab­
biam o vistoi^wf ogfcLfra Caifa a Gkwowwii
agli d i v i )
Èujg^idaa, non
Sarebbe una verifica in concreto, dal
vivo, delle diverse versioni della passione di G esù, «-¿»»«lefi-,
nifi iiia*rfgfe^^edibihtà~3te8»ft-defr -quattro evangeli»«.
s a c e rd o te
HTrrmtemLo.-il--eapo—e~dn~-j&no--~m&lta*~duhilo-
m *T ' Se lei crede che questo sia utile, che sia possibile,
so p rattu tto ...
d o t t o r e h r a r t f rnn iTTi iTfr.
C apisco, e quel ¿tape di co­
se che ripugnano di più alla m entalità dei cattolici. P er voi
cattolici il V angelo è una specie di m onum ento: qualcosa
che sta lì, s’am m ira e non si tocca.
a v v o c a t o s c h i m m e l l ( Q uoti sette v eéc)
E nem m eno
legge, se è per questo...
in *
l '.( (
f a t u ~ 'y u * .l 0 V é * ~ i a c J R , 4 * f
liu u .. tr f'
****■
i
.
J
^ <V»UoV(,>'lC*A'VÌ ■ £ JQ s\t'istAo-fyi.
340
II Quinto Evangelista
(Senza badargli) P er m i , noi p ro testan ti, è
invece esperienza viva, rap p o rto che si rinnova, che anzi
s ’inventa giorno p er giorno. N on abbiam o paura di m etter­
lo in discussione, noi.
sacerd ote
T em o che lei m ’abbia proprio frainteso. Io
stavo pensando, m olto più sem plicem ente, che cose del ge­
nere non è facile im provvisarle, anche in via psicologica. P er
esempio, Caifa in fondo, sia p u re per caso, l ’abbiam o già.
M a crede lei che ci sia qualcuno disposto ad addossarsi la
p arte di G iu d a?
^
studente to epfer
E perché i» « i? 'È un giuoco„j*o? E poi
frani,-¿mnntft, mic.n a me dispiacerebbe -»¿sa InTcritS"*cad rssr- su d i' rn ^ f m aiw alaaeftte ^ dire al C risto due paro­
lette a nom e di G iuda, una- v o lta tanto.
dottor eh ra rt
M a il C risto, a m io parere, non dovreb­
be apparire affatto. D ovrem m o m ettere in discussione i V an­
geli, mica G esù, accertare qual è il grado di credibilità di
ciascuno - o d i tu tti insieme.
studente t o epfer
Fa lo stesso. Le direi ai q u a ttro evan­
gelisti. La vicenda di G iuda non m ’è mai andata giù, al­
m eno per com e ce l ’hanno raccontata.
c a p it a n o k l a m m e r (R ig id o )
Com e a me quella di P ilato.
È un fatto : ci presentano P ilato come u n im becille, u n u o ­
mo senza polso, uno che per debolezza lascia m orire G e­
sù, e nessuno sottolinea che era u n m ilitare, un uom o cioè
soggetto a u n dovere, a u n giuram ento. U n uom o d ’onore,
co stretto a far tacere le ragioni dell’um anità p er­
ché lo Stato, cui in prim o luogo doveva obbedienza, fedeltà...
dottor eh ra rt
M a questo lo d irà dopo. N on antici­
piam o ( A l sacerdote) Lo vede? A vrem m o già P ilato e
G iuda.
sacerdote
Q u a n d ’è così... (allargando le braccia). D u n ­
que, riassum endo: abbiam o i q u a ttro evangelisti, se voi q u at­
tro accettate, s’intende, di restare nella vostra p arte
ytm t'
tro-,~m~oario-modor fanno cenno d i acconsentine). A bbiam o
Caifa, no n è vero? (C aifa accenna dimr) E abbiam o P ilato e
G iuda, se loro due non si tirano indietro.
studente to epfer
M
a
No n siamo mica super­
stiziosi.
sacerdote
Benissimo. E allora vediam o chi altri ci occor-
dottor eh ra rt
Il Quinto Evangelista
341
re. P ietro , per lo m eno per la scena del rinnegam ento...
(A lza n d o la m ano)
Se posso essere iosacerdote
D ’accordo. E poi E rode, il sacerdote A nna..
dottor eh ra rt
E B arabba, e i due ladroni, e il centurio­
ne e i soldati...
c a p it a n o k l a m m e r
II centurione e i soldati ci sono già, se
loro vogliono prestarsi (rivolto ai tre m ilitari, i quali subi­
to si levano in p ie d i) . Q uanto agli altri, coraggio, non sonc
p arti di grande im pegno. E poi, l ’abbiam o detto, si tra tta so­
lo d ’un giuoco. ( Q ualcuno alza la mano, il sacerdote vien
d istribuendo sveltam ente le p arti).
sacerdote
Sì,' lei Barabba. E loro due i due ladroni.
d o t t o r e h r a r t ( In terro m p en d o lo )
C redo che
Io di
farei a m eno. E -foiee anche di Anne. Caifa, lo
si è visto, è già sufficiente. P iu tto sto g u a r d a n d o in d ir e ­
zio n e d e lla stgmma Kéiyfm-r) m a n c a una donna per la parte
di M a ria .. .
s ig n o r a k u y p e r
N o. M aria nella Passione ha una parte
irrilevante. A ppare solo presso G iovanni e per di più non
parla. F rancam ente non vedo cosa avrebbe da fare n é^ ja n io
m eno, cosa dovrebbe contestare.
avvocato s c h im m e l l
Scrupoli?
s ig n o r a k u y p e r (B rusca)
Sì, scrupoli. N on mi piace que-
u n o d e l p u b b l ic o
/>
,- , ,
*
. n
«twuppUeaaéiole )
K'1)ìPpj:1ì
prego! O c­
corre stare al giuoco, no? E poi, non è una farsa.
nfM dehedrtmrt& d i -jdfLiziioìied,-. E c c o ,.a-quesrcr pTinterm^pr«-prrrreT'cTrTa?"?Osfr m entre nni altri rim aniam n r)j qn^i ? fni-p
n i* ptr*1di-^pft^r^-gq^ e p ararerdfglTm ot'ntf 'm inim o di scefK,
i Hrnirrmti pnrir>ino di 1«-;-tTT";'r]^Tr'*!TTT*t^irif?li*?ysTlTn^T‘yTrn^ ii'r
ftuisln) E) pr>t-rr |-p
«4
p e r l'o rd in e delle ei*n ted e rer-#-’è-perfmry l ’^éffzT aT e'per canroffar^i.
C'1:Jvr~"i' d’nm rflirti nonrr sempre pieni drrobevtrrrrrdi
j
In u tile Tnnrm iiri r i r r rim p ~ rt'in t°. in q u e s ta
ree ita-; è n d m sTfafttfe e non perdere di vista lo scopo che ci
proponiam o: sem plicem ente un confronto dal vivo tra le
versioni dei V angeli. In te rp re to esattam ente il suo pensie­
ro, d o tto r E h ra rt?
____
dottor eh ra rt
E sattam ente.
K i / m . % ofvd (m *
(
£ cIa.*
A? v h Àm A l u
u d iti
|p )
fe U
^
*
342
I l Q u in to E vangelista
vtr;"ffai¥& 'Cail-ar n ; , . j
<atsseÌTTtry-iiiéiiiar
■R nm iiiii. feumi.n , x_ cn//|Q/; j Q^ìrnyj^ )
sacerdote
Q u an to a noi, io direi che ognuno wrteiprett se
stesso. Lei ad esem pio, d o tto r E h ra rt, sarà il p ro testan te,
e lei, avvocato Schim mell, sarà l ’esponente del libero p en ­
siero; o meglio, l ’ateo. O il term ine le dispiace?
a v v o c a t o s c h i m m e l l ( R id en d o )
M a no! Del resto, lei
lo sa: io aspetto sem pre u n segno. E se non una salvezza,
alm eno un redentore...
"s a c e r d o t e " Bene, io direi orm ai di spostare il "tavolo al
centro per sistem arti, | q u attro evangelistr.'L e sedie invece
p o tran n o essere portateN jui. (In d ie a 'fó spazio occupato dal
ta vo lo .)
I rimasti si m ettono'aH ’opera. Il l'avolo viene sistemato al centro,
parallelam eruealla scena, le sedie sulìà-'^inistra, in parte allineate,
in parte .accatastate a due a due. Q uattro 'sed ie, su indicazione del
sacejddfe, vengono sistemate dietro il tavolosjvlentre il labbro è
anrnra jn rnrcp entra il sagrestano.
( A l sacerdote, con voce di m alcontento) M i
scusi, m a proprio non capisco la novità. E ro già p ro n to p er
andarm ene,
*Thl *p**'1li di l!>*T¡oiiyctt
T-rrw»**»«M. «1« w n w w iinrtnpi-t]
catrre s ti^ Le
i/dJ'o c tii
pttic gillìiRT? d </di-o
Li
ri
C&Wt. p jC tllf.
SACERDOTE A bbia pazienza. P er una sera... V edrà, non faremo tardi.
sa g resta n o
P er una sera... Come se fosse la prim a volta.
Il fatto è che loro ci prendono gusto alle loro discussioni.
M a di p o rtare la croce, alla fine, tocca sem pre a me.
m ugiiu, lei, p w i tf a i L u id iiw - d i l«? "E1■BHd ic l~t[tiTr"a 'q ù al
sagresta n o
«h®--v€da. fL-
C i l i i d U O ._______________ ______
Adesso non esageri.
v is to ' ¿che
h e c 'èe,," pprovveda
r o v v e d astiare la luce, i e
fatto quasi ohìo . E a tte n to a n c h e a»<mndere bene le im po­
ste: abbm m o l ’o& sm im ento. fo fà n to la n a o il sagresUmo va
ad a ccenderete lu c i/Z h à td r fe im poste, p o \e s c e yer la por­
ta a destra.) X.
sacerdote
La scena è sta f^ ip p e H a finita di Sistemare (Xjb^avoio sono stati
collocati ajjdftro cartellini ciascuno coN nom ^flV m o de^fi evange­
listi) ^ « r r ie n tr a n o i quatthè evangelisti J i ^ i c u n o ^ p n in mano il
svolume che gli era stato a s s e g n a to in precedenza. Indossano.
-^ ^ 8 1 U o .
\\)[) f) 1 ( ^
rnQ 7K iF O .
WvoMìvU ,
^
J* > fa* cLl c’
P a c a to c
L ',
.|(te[te*»
,(
—
-------- -,-------------- ■
------ ---------- ——J
1vangelista
tìtsu una tufiica bian!
nelle'qyroflessioni, e hai
ne nasconde per intero le
n en tty Apftepa li^ e d e , il
fipo diSfluelle uiate da.
in capo v m i/specie dj/Tsnpucci
recchie e J ^ r una Jjrétà la xront
sàcerdoiC li f g v i p r a sistem aci dii ro
ìlNra^jlo.
pparàtpT Vi siete quasi mascl
o, p q i^ te\sed erv i qui. E si
fi. Beni&rtmo, pero,
a rco ,'p o i L u c a \p o i
b o rd in i solito : M atteo,
acerd o t\si rivolbp/agli
m \O i q u a tth e e /e g u o n o
E ancrk v o i/n a r yral:
inalbando le s/a ie sulle/sinistri
,n z io n e \n pubbRço
pobete ^ e n d e ì ^ p o s t o . In
sposso d iy ^ o sì.
che'
JNO D ElV PU B B iEl£6 (ScfìkigOSO)
SACERDOTE
ro lo ? rid u rc i i f ^ i l e n z i o ?
s a c e rd o te
M a n o x l ’a b b ia m o
>ne, pe#o. A l tr im e n ti, sa le i
chiarite
Î
H*
' *
A
u
«
C oi
la b e le ?
sedere -N ad eccezioni del Sucer­
le n tra ^ tuttìSprendono poste
ìe/che resta k j piedi d i l a n i ai tavolo,>a mezza strada trapeli
evangelisti e gli àk ri - ^ ^ n tr a rim tta n te Jil afftrao ano. tirgto pe^
brabsia dai due stillati, fa qual«^(^>asso, p ^ s a:
i
ti
lACERDOTE
-set*
Tonesco W A m m ettiam o o di­
Sabfi iTiMi)
ciam o che io sia il C ireneo, un tal Simone^"<fÌrenétT, come dicono i V angeli, il padre di A lessandro e Rufo, come . . jM‘' l
specifica M arco. Il più estraneo alla vicenda e in jir a ^ c a #
^
j p ià dnr oip eMe le . A d d irittu ra, il tipico personaggio
ÌJiE com ’è n aturale, il mio destino si ripete.
sacerdote
II tuo destino? In che senso?
c ir e n e o
M a nel senso che, come al solito, mi debbo ad­
dossare una croce non mia. A nzitutto lei sa se sono stan­
co, a q u est’ora, e se non avrei il d iritto d ’andarm ene a 42ùjr))m
sa , finalm ente. E poi, se proprio si voleva, stando all’ordine dei fa tti dovevo en trare quasi p er ultim o. E invece, j
L
•m entre- d i
alla lo r q s to r ia s e n z a c
to c h e .si, .d ice il d is c e p o lo p
en tri
dile
W C40tv-u.£cti
Q
/I o - u Ce- lOuovA oU*
si ^^a'iO ri VtìUaJA^
\A*l
MAX!
c ia CM}* Dòv\A
|AAXk^
chi
V < . Id u w V Ù e .
Crdl ®uaUiA?
J.CL U t l r i U M . [ f J Ì ^ ) Ï w i t t i U ï ,
l344
II Quinto Evangelista
r a^ ^...........
e s w 3¿ ^> $ e il confronto 0l
^ — x
,
deve incom inciare, è bene che incom inci precisam ente d a /
U na volta chiarito se è veridico o no un episodio
■
come quello che <m riguarda, è probabile, dieeee,
che anche per il resto si possa procedere in m odo più spe­
dito.
SACERDOTE
( Legge) « A ppena usciti, incontrarono uno di C ire­
ne, chiam ato Sim one, e lo costrinsero a p ortare la croce di
m atteo
^ ' l iDJnwfcoTE T K rp n lfn L J A m ctx) E tu?
marco
« E lo condussero fuori per crocifiggerlo. E co­
strinsero un passante, u n certo Sim one cireneo che to rn a­
va dai campi — il padre di A lessandro e di R ufo —, a
,
^p ortare la croce p er lui ».
•........
ijjiiirii
" T uP > l i P * m i)
« O ra,
m entre essi lo conducevano, presero un tal Sim one cire­
neo, che veniva dalla campagna, e lo caricarono della croce,
che la portasse d ietro a G esù ».
Cl f
i
( A G iovanni, che esita) E tu?
Gio v a n n i
« E portandosi da sé la croce uscì verso il luo­
go che chiam ano il Teschio, in ebraico G olgota ».
c ir e n e o
Ecco! « D a sé ». H anno ragione nel dire che io
sono un caso tipico. T re evangelisti che di me afferm ano in
p ra tic a la stessa cosa, e inquarto che non soltanto mi ignora,
ma sM p& m e come se
proposito
sm entirli. U n b e ll’affare, non c’è che dire. E io qui, crocifis­
so tra il sì degli uni e il no d ell’altro, a fare il C ireneo
fapm deuno-piéf). ,11 fatto è Questo: che io sono ap p u n to una
-ilUAAC fotta 4/ljUAAt&Al
,
. s
' '
un povero contadino che, se m ai e
esistito, ha term inato il suo lavoro e sta tornando a casa sua,
e che, preso a forza, dai soldati,
L* u «pia vicenda di wlKftr "N oncapisco proprio che cosa si voglia
dim ostrare « t i n w U me.
d e l p u b b l i c o ^. Se non altro, che G iovanni è p er lo
m eno discutibile,Iche per appurare la verità in to rn o a G esù
uno
Il Quinto Evangelista
345
»»■ai u o la a im t»età possiam o benissim o restringerci ai tre si­
nottici.
Gio v a n n i N on ricom inciam o. H o attestato tante cose io che
non sono nei sinottici, e che p a r alla prova dei fa tti si
sono d im ostrate vere. E poi, am m esso che in questo caso
io m i sia p o tu to sbagliare (m a io l ’ho ancora negli occhi
G esù che con la croce addosso s’avvia verso il G olgota),
si tra tta d ’un dettaglio così trascurabile.
uno d e l p u b b l ic o
p e r q u e s to ! È vero, sì
m a prò prm- per q u ésto 'd iv en ta una p rova-d el­
ia ■*—idieità -d e i w sin o tiia ir'O f s e p o sso d i r tu tto , della
t ' 1>I ttendenziosità.
^ n /4 # ^ n 7 Ìr\c ÌtÒ
G L / ìistantec tn n i-t* ese
t * lle
o 0cose
^ . 0 0 non
'tua
Rlffcttirtnùffii'imi
fossero andate precisam ente come le narrano i prim i tre
evangelisti, perché avrebbero in tro d o tto un particolare di
così scarso peso, che non serve a nulla, eh a non aggiunge
nulla, saa .nly p g1~A, fAhiirlj. ha sapore di vita vera? P e n s ^ U j^
te all’inciso di M arco: « I l padre di A lessandro e R u fo » .
P e n s a t a com e s’esprim e Luca: « E lo caricarono della
croce, che la portasse dietro a G esù ». P ar di vederlo.
Gio v a n n i E G esù che si p orta da sé la croce, non p ar di
■
vederlo?__________________
m atteo
M a perché non proviam o a interrogare i solda­
ti? Chi altri meglio di loro ci può fornire una conferm a?
D al P reto rio fino in cima al G olgota furono loro con G esù.
p r im o s o ld a to
N o, scusateci. A nche questo è un dettaglio
parecchio discutibile. Che siamo stati noi a p o rtare G esù
sul G olgota lo dicono soltanto i prim i due evangelisti. Se­
condo gli altri due, e perciò anche questo qui ( indicando
L u c a ), a farlo n on fum m o affatto noi, m a i G iudei.
secondo soldato
E perché non aggiungi che anche cer­
te altre cose - gli sputi, le b a ttitu re , la corona di spine
— ce le hanno attrib u ite M atteo e M arco, m a Luca no?
( R ivo lto ai prim i d u e ) N oi facem m o sem plicem ente quan­
to ci era com andato: era il n ostro dovere, no?
l u c a (S evera m en te)
M a che vi sorteggiaste le vesti di G e­
sù è testim oniato anche da me. A nche questo p er caso vi
era stato com andato?
seco n d o so ld a to
M a era n ell’uso. E poi, a chi più po­
tevano servire?
346
Il Quinto Evangelista
s c h im m e l l
Sc^TtOTi ‘ ■stragho però, accettan­
do p er buona la versione dei tre sinottici relativa al C ire­
neo, se ne va all’aria anche la storia delle tre cadute sotto la
croce.
Gio v a n n i M a non c ’è m ai stata: nessuno di noi ha mai p re­
teso d ’attestarla.
av v o ca to s c h im m e l l
E nem m eno la storia della V ero­
nica che asciuga il volto di G esù?
Gio v a n n i N em m eno quella.
avv o ca to s c h im m e l l
È curioso: ero talm ente convinto del
contrario, che nem m eno leggendo i V angeli mi sono accor­
to che m ancavano... ( Scuote il capo, poi in tono quasi
sarcastico) E dire che da ragazzo m i sono quasi sprem uto
gli occhi davanti a certe immagini: la V eronica, le tre ca­
d u te, nelle vostre V iae crucis, nei vostri cicli della Passio­
ne... D ovreste risarcirm i di tante com m ozioni a vuoto. P e r­
ché io ci ho creduto: -saràr'bOffOTTna-ei.h a
. E rano
anzi le cose che più mi colpivano, della passione di G esù.
E figuratevi allora quale effetto mi può fare scoprire che
sono perfino m eno vere d ell’apparizione d ell’angelo o del­
le tre tentazioni.
s a c e r d o t e (Q uasi in tono di giustificazione)
E rano n e­
gli apocrifi, lei sa...
dottor eh ra rt
M a erano favole, n ie n t’altro. E la C hie­
sa fece male a in tro d u rle quasi nel culto. H a ragione l ’av­
vocato Schimmell: quante em ozioni sprecate; e quanti
equivoci!
s ig n o r a k u y p e r
M i scusi, ma a questo m odo la questione
rischia di sviarsi. Figuriam oci: tirare in ballo anche la q u e­
stione degli apocrifi, d eE i^b -< -tem .atw ^m a.k k strL . lo am ­
m etto , che sono stati fa tti per -arricchire e m agari .abbellire..
la vicenda di G esùydelle leggende popolari che sono fiorite
—^ a c c a n to fid ère«. Q uel che conta è che la C hiesa è stata sem ­
pre irrem ovibile: ha accettato come valide solo q u attro te­
stim onianze, ha rifiutato tu tto il resto, al massimo ha tolle­
rato che qualche artista se ne servisse derivandwae per le
sue opere ceri i snggem
.
dottor ehrart
N em m eno questo doveva accadere.
sacerd ote
Perché? Io non vedo. L ’artista d o p o tu tto ha
le sue libertà. E poi l ’apocrifo, im-sér4r8clHS£ne, non è un
K iU v
avvocato
0
I l Q u in to E vangelista
347
falso nel senso com une della parola, om’adulterazione eoasapgvjole. È u n ten tativ o ingenuo, «fa*«.„sempre-popokwe,
p er m ettere u lterio rm en te a fuoco la figura di G esù. E d è,
aL lim ite, anche ricerca - ricerca del C risto. L ’espressione,
voglio dire, in form e im m aginose, di quel m edesim o bisogno
di conoscenza ehe pes-secoli h a sp in to i cristiani a dom andar­
si-th i LglHu^se. che ha trasform ato il pensiero cristiano in
una p erp etu a interrogazione del C risto. D el resto anche noi
stasera cos’altro stiam o facendo?... V olete anzi che vi dica
un assurdo? La tradizione cristiana in fondo cos’altro è se
no n un l y ^ o ^ g c r i f o ^ u n j n d a r e c e rq ^ d o H V^Pgelo dei
W a n g eli?i7
f Atii^ocATo scHiMMELL Ler carità! ( R id e n lo )
vanno*finQ_ad ora le cose non lo desidererei proprio... D ia­
m ine, ci m ancherebbe a ltro !..
\
V
M entre si recitavano
battute è entrato, sempre da de­
stra, un personaggio' vestito aiter^stesso modo dei quattro evangeli­
sti. Passando" alle loro spalle è andato, a procurarsi una sedia li­
bera e trascinandosela dietro è andato a—sedersi accanto a Giovacilli, ma tenendosene alquanto discosto, quasi all’angolo
tavolo.
( Accorgendosene, in tono
tu adasso-chi*-saresti? CHE" Gl F fi t
s a c e rd o te
di meraviglia)
/
E
QUMiBa ev ahue l i s 1v?rf Y'6(:'é~'grmr^f—S - sm i-ehi dito che-iocapo-verso- tl- ta ta ri-it-cm- è venuti*)
fo-swto tmcrche vfene"di“là.
s^ car-rotb1" 'Qwestrr+aWhairrcr'Veduro. Ma-..non ci haL-em»
jnra nptegnt » ~per -gonio ragione -eoi andato .a oijtcmar**
A m m ettiam o p er ipotesi che io sia
un qu in to evangelista.
vocb d a l ■’" P to p lio o -— Eln'"afTio f ■■•Cetwe^e^TTOTr rte-avcssim O
\
già M<>ht»astnnza..di.aquattto.
lW
.jU *w, * ì>* “Mai» «.k,
'
s a c er d o te
N on scherziam o... ^ p r r raso tei entrato p ^ t
confonderci le idee...
,
( p,,
QUINTO e v a n g e l i s t a
M a se A ’ha evocato lei stesso! iVWy»*, V-h ì /
G io v a n n i
E dici di chiam arti il qqinto evangelista?.
QUINTO e v a n g e l i s t a
U - f t q V n * y f o MoÌo~pdr^iI
tu sei d etto il q u arto ... (D opo una pausa, sem pre a G io­
va n n i) C onsiderac i 'poega, il tuo stesso caso: gli evangeli
Il Quinto Evangelista
sinottici erano stati scritti da una tren tin a d ’anni alm eno,
il messaggio del C risto si diffondeva, la C hiesa si svilup­
pava: nessuno che,
aspettasse un tuo vangelo,
nessuno che p ropriam ente ne sentisse la necessità.
iche a un tra tto tu avverti il bisogno di dire anche tu la
tua, d ’offrire la...tu*-personale testim onianza. À ggiungo-di
pùy,; quando sem brava già chiuso, riapri da capo il di­
scorso sul C risto. W T«^p»r 'pcrdTé n o n -cred o che abbia
astuto k , pretesa di d ire tir l ’u ltim a parola. Al contrarie!
L o -riap ri e lo rendi debordante. A partire* da te t i diaeoseo
Ufi R f/r d cuj.4gpicta.ci dilata talm ente, che ogni tentativo di scoperta
E0
della sua persona diventa un viaggio che ha per m èta l ’infi­
nito. Q w anto^dke che ci hai insegnato a guardarci dalle
chiusure, dalla pretesa d ’avere già b ell’e fa tto il piano della
verità, d all’idea che in to rn o al C risto se ne sapeva qu an to
bastava. Ce lo hai avvertito tu stesso, del resto: « Vi sono
poi altre cose fa tte e dette da G esù, le quali, se a una a
una venissero scritte, credo che il m ondo intero non p o ­
treb b e contenere i libri che se ne com porrebbero ». P iù
esplicito di così!
V ite
'GievANNr-fiwrè'reo) T u dunque saresti l ’autore d ’uno di
quei libri?
q u in t o e v a n g e l is t a /V e d o eh e ■p u r t r o p p o «’o s tin i a non
capire... T i propongo allora ciò che non sono: non sono
la versione esatta della vita di G esù, non sono la verità
finale, tan to m eno sono l ’autore d ’uno di quei libri...
p iu tto sto , diciam o che potrei essere tu tti quei libri m essi
insiem e. Sono gii-«poe»^-sQQa.,4utù-.ceÌQto-dae-si-SQiK»-r4prégg t r su ih r P aro la- p e r-m e d k a rk -e c o a m c a te r k , sono l ’in ­
sieme dei cristiani che nel corso dei secoli si sono in te rro ­
gati into rn o a chi fosse il C risto, sono la som m a della
tradizione e il sim bolo della ricerca. F uori del paradosso,
rappresento la tensione che voi q u a ttro avete suscitata scri­
vendo di G esù. Se p referite, esprim o l ’ansia di prolungare
l ’evangelio - o di p o rtarlo a com pim ento. L ’evangelio non
è finito, questa è la verità.
s ig n o r a k u y p e r
C om unque ci è bastato.
q u in t o e v a n g e l is t a
Lo so, lo so. E tu ttav ia tale è la sta­
tu ra del personaggio di G esù, e tale m o k fe -eK sem bxa.ess e te l ’ampiezza del suo messaggio, che perfino le q u a ttro
Il Quinto Evangelista
349
d iresse testim onianze che ne abbiam o ci danno l ’im pres­
sione di non averlo esaurito tutto. D i qui la nostra inquie­
tu d in e, il n ostro bisogno di colm are i v uoti e aL lim ite
l ’aspettativa quasi d ’u n altro libro dae^fmisca--quell© ohe
g ls-^ks^haanot,.lasciato incòm pirrt». E in pratica, m ental­
m ente, lo veniam o scrivendo: ogni nuova dom anda che ci
poniam o in to rn o al C risto che altro è , in definitiva, se non
u na pagina di quel libro?
v o c e d a l p u b b lic o
M a questo è fuori d ’ogni logica.
q u in to e v a n g e lis ta
N ie n t’affatto: è nella logica stessa
della trasm issione del messaggio. Com e mai altrim enti
q u a ttro evangeli e non uno? E—coma...jna» ■■rkHUwwwàll ’altro s’avverte alcunché di sim ile a u n processo di crescita?
P erché insom m a M atteo e Luca non si sono accontentati
del V angelo di M arco? E perché, dopo tre n t’anni, tSa&hli• •£ •' S j U trL/v.v ' ?
, F
v . ,.
.’
1* .
nzinnp d nh q u a rto -vangek>'ehe imieU6»*n-"dt8eassTone ogni
ae e j* L ’evangelio non è finito, P achiam o già detto. E co­
m unque non è tu tto nei q u attro vangeli scritti.
s ig n o ra k u y p e r
Sono però l ’unica fonte che noi ne pos­
sediamo.
a v v o c a to s c h im m e ll
Diciam o sem m ai che sono l ’unica
fo n te che la C hiesa, la vostra Chiesa, ha consentito che ne
restasse. La solita storia: l ’au to rità che interviene, il dogm a
che si fissa, la lib ertà che viene repressa, la ricerca che
s’arresta. ( A l Q u in to Evangelista) Lo sai che m i piaci?
s a c e r d o t e ( R id e n d o )
L ’abbraccio del diavolo... (P o i se­
rio, rivolto al Q u in to Evangelista) In te n d i dire, se -« a u .h q ,
frainteso (scusam i, m a voglio provarm i a m ettere o rd in e|
aludm em i d i q u esto passo restiam o q u i tu tta -la
che
come ciascun vangelo ha aggiunto alcunché d ’inedito a
qu an to era d etto nel precedente, diventa legittim o ipotiz­
zare ¿si, dice- e a t d d ) ' u n altro vangelo che li integra, li p ro ­
lunga.
q u in to
e v a n g e lis ta
CAptauJrr
P ress’a poco, se proprio vuole.
sacerd ote
E dove sia scritta, o lasciata eem unqua»intrave­
dere, la verità della verità.
q u i n t o e v a n g e l is t a (Ìtt~4&HG,.paziettée)
Am m esso che sia
scritto. E am m esso che esista una verità della verità...
(V iva c em e n te ) M a n o a .c a p ite insom m a d m , per come ha
II Quinto Evangelista
350
voluto la trasm issione del suo messaggio, il C risto non ci
ha d ettato una verità, ci ha lanciati in u n ’avventura#...
(C am biando im provvisam ente to n o ) M a sì, meglio m ét
tarla nel m odo onnnstq nnrh IìÌÌl
D unque; sappia­
m o tu tti che i q u a ttro evangelisti non dipendono l ’uno d a l
1-altro, non si plagiano, n o n si im itan o , danno piuttosto
l’im pressione di dip en d ere più o m eno tu tti da una foste
comune,..
GIOVANNI
U na fo n te com une? M a è il C risto stessoj A a ie -
n
Evangelista a lla rg a le
Cft-f.fcMK LbtrrJn reme- arrendendosi! Il fa tto è c h e ^ e h ia s q u e tu
swt, non arriviam o a im m aginarci a che cosa ci serviresti#»
dico stasera, in questo dib attito . Ci s«np bastatg poekissime b a ttu te — il solo episodio d i i C ireneo - p er speri­
m entare q u anti dubbi ci suscitano da soli i q u a ttro evan­
geli canonici, e tu vieni qui a proporcene un altro, .ad-ag.
jpiJpoLn
gulntjprf»
No, no, ci m ancherebbe altro. A
noi occorrono certezze.
q u in t o e v a n g e l is t a
Poco fa, nessuno dr-vm ha parlato di
certézze. D ic e v a ^ di v o l e r i provare a cercare la verità.
Suppongo che non v o le s ^ ù n a verità b ell’e fatta: s e n tiv a te •>
che bisognava farla, cercarcela tu tti insiem e. (R iscaldan­
do si) Ma" appwntiii) -noa capite' chè ^ il semplice fa tto di
cercarla*1àpproda inevitabilm ente a una crescita del m essag­
g i o ? ^ che altro, in definitiva, è il q u in to v an g elo ?/U ru Ì
"volta è stato~scritfb- «TT Q u in to Evangelio è Io S pirito
che si cerca ».
s a c e r d o t e "V a' bene^ va bene. O rm ai che ci sei, rim ani
pu re lì. M a a una condizione: di com portarti com e una
specie di giudice a latere. ' Q - d i test im one p r onto a ., dire
r\n p g ta m p p fp
d j ^ i r t T T H ,'‘' a g ^
rpsa rVir irnUn pana..d»~<-.npnffattea. N ie n t’altrO che questo,
mi raccom ando: tó id a m o c ia l-w sc re te rrr (C am biando tono
e volgendosi in giro) E allora, riprendiam o. Se.ne*f"3ba■glio eravam o rim asti al C ireneo e al fatto che G iovanni
contraddice ai tre sinottici.
a v v o c a to s c h im m e ll
E al fa tto che da sola questa aesc■plke-- circostanza invalida l ’intera* lculiiiiujri!TfiH#,"di G io ­
vanni.
dsM C 'kL*
Il Quinto Evangelista
351
m a r c o Se non altro, ce la fa apparire tendenziosa. ( A G io­
va n n i) k # « v e r k à è c k c ci hai ten u to a discostarti: .e-aQn
« 'i p - a d i r r la
di-£atto- diventasse l ’unico, toglie n d o 'a tito r ità a lle te s ti» « ikanze preceden ti—E-d erf-gt-i. quindi.. a..u,M^ a r n ^ e r n È Ì a
b attere una strada tu tta tua e a recitare la parte del disce­
polo che G esù amava. Secati a d d irittu ra a m o strarti tu
solo in cima al G olgota: tu solo -tra-’t discepoli ai piedi
della croce.
m a t t e o ( A G io va n n i) Qualcosa di vero in questo c’è. Ti
ram m enti ad esem pio di quando tu e G iacom o tuo fratello,
presenti tu tti noi discepoli, dom andaste a G esù: « Accor­
daci di sedere noi alla tua destra e alla tua sinistra » ?
m a r c o A p p u n to , la pretesa al prim ato. È stata questa la
tua passione. P er questo ti m ostri con P ietro, m a prim a di
P ietro , nel cortile del Sinedrio.
G iovanni La pretesa al prim ato... ( Severo e addolorato)
P erò sono stato io ^ raccogliere questo d etto , del quale
mi pare vi stiate "dim enticando: « I l mio com andam ento
è questo: che voi tra voi vi am iate com e io ho am ato voi ».
(R iscaldandosi) M a tu ti dim entichi che cosa eravam o, i
prim i discepoli di G esù: poveri esseri ignoranti, disorien­
tati dalle sue parole. Ce n ’è voluto per m etterci in condi­
zione d ’in tenderle, am m esso che ci siamo riusciti. E allora
che m eraviglia se abbiam o p o tu to anche sbagliare? Se io
stesso, sul principio, ho peccato di presunzione?
AVVOCATO SCHIMMELL Th4atto^>àuslae.-iq, qyalphe m odo hai.
cQjutinuato a n c h e d o p o ^ p to p o n e n d o u n v an g e lo «¿¿verso
d i J j litri tir E più
eùnr^nd-e) alme no s fro ndo
ls^-tue-intensioni. T i sei assunto la tu tela della persona di
G esù, procurando di situarla com e sopra un piedistallo.
D el G esù Uomo-e-Dio, ti interessava soltanto il D io. E si
capisce che dovessi ignorare il C ireneo: un V erbo incar­
nato, un D io fa tto uom o non avrebbe avuto la forza di
p o rtarsi da sé la croce?
, ,
c i r e n e o O h, ecco: finalmenteWi>gi decideva tornare a me...
Preso a caso, trascinato in mezzo a questioni che non in­
tendo, tta.x o sto ro ch e n o n mi m ollano (accennando ai sob*
M a lasciatem i p iuttosto andare: io non sono un
protagonista.
352
Il Quinto Evangelista
H a ragione: fino a <}uest’istan te n o » .
¿è~fatt© im p asse a v a n ti.“
m atteo
Possiam o però sbrigarcela rapidam ente. In fondo
di noi q u attro uno solo ha ignorato la presenza del C ireneo.
Segno dunque che il C ireneo ci fu.
Giovanni P erò ci fui anch’io ai piedi della croce.
m a tteo
St-eapisee. M a chi lo attesta? Soltanto tu, di te.
lu ca
E com unque non ti ram m enti di quel che disse G esù:
« M i seguirete fino al cenacolo, ma non fino alla croce »?
Giovanni M a dove? Io non so che sia scritto da nessuna
parte.
lu ca
Fu d etto però. M i ram m ento assai bene d ’averlo in­
contrato.
G iovanni (Iro n ic o )
I n u n quinto evangelo?
lu ca
O in un prim o, se preferisci. L ’essenziale è che sia
vero. E vero d ev ’essere, talm ente è coerente col suo desti­
no di solitudine, d all’ultim a cena in poi: solo nell’orto degli
ulivi, solo di fro n te al Sinedrio, solo in faccia a P ilato,
solo dunque sul C alvario. Ti pare verosim ile, in tu tta q u e­
sta disperazione, l ’apparizione d ’u n discepolo in veste di
consolatore?
signora k u y pe r
Le donne c’erano però. N e fai cenno an­
che tu.
lu ca
Le donne. M a di tu tti i discepoli sappiam o p e r v e r to
che l ’unico a provarsi a seguire G esù fu P ietro. MS" solo
fino al cortile della dim ora di Caifa. E solo per rinnegarlo.
P i e t r o ( E n tm n d w ~ifr~rnmr;'Trmrtro^~sol4att -e-tl-C ireueo~.&iritmggoHO per■poi uscire) R innegarlo, lo so: il term ine
è du ro , m a è quello giusto: lo usi tu , il m io prediletto ( in ­
dicando M a rco ), lo usi tu (indicando M a tte o ), lo usate
voialtri due. T u tti e q u attro m ’avete insom m a crocifisso a
^ 1 1 colpa.
1
A/ra a-Sul
i r w i atsa
t
..fi-»V
quella
M
pggni^g npll
prnnntm a -^
id eila redenzione che non v i "siete ^
i
: non 'V4-niYè
chiarito il senso. Io dovevo sbagliare: dovevo essere,in.qw ri
filamento., colui che rinnega, perché meglio avesse spicco
colui che non si nega.
a v v o c a t o s c h i m m e l l (Q m tti tra.,¿¿) La solita tendenza a
concepire la Passione come una specie di sacra rappresenta­
zione predisposta d all’alto, come u n seguito di sim boli che
voce dal p u b b l ic o
Il Quinto Evangelista
353
s ’incarnano nella realtà. N on ci si preoccupa della loro veri­
tà, solo dei loro possibili sensi m istici.
uno d e l p u b b l ic o
H a ragione. A nche a me l ’episodio di
P ietro
p e i suoi «imboli:* interessai perché è
vero, perché ha, -palesem en te, tu tti i crism i d ell’evento rea­
le, e perché d im ostra che
'V tlr tu tto il resto è stato
vero,^»a- s’èjp o lto ^ e fie ttiv a m e n te com e lo narrano i V an­
geli. ¿ ¿ W tw a il mm sorprende che esee sia rim asto: com e
m ai non venne esp u n to? Com e m ai non ci fu censura? Si
trattav a di P ietro , in fondo.
sacerdote
M a qu esto è il punto: i V angeli non sono agio-
d irittu ra, capita p ro p rio che il V angelo di M arco, che no to ­
riam ente venne d e tta to o com unque ispirato da P ietro , sia
il p»-p*«eiso, il più esplicito nel riferire l ’episodio: come se
P ietro si fosse p ro p o sto di m ettersi d a sé so tto accusa.
P i e t r o ( A sso rto )
E satto , proprio così. ( A M arco) Fu del
resto l ’im pressione tua. Eravam o - ricordi? - d iretti a R o­
m a, est eravam o appena sbarcati ad P atta . E ra scesa la n o t­
te e non sapevam o dove dirigerci. ^ j&tanchi, intirizziti, ci
eravam o sdraiati no n lontano dalla spiaggia, accendendoci
u n fuoco. Io ero tu rb ato : dall’idea d ell’arrivo a Rom a, della
prossim a m issione, della nostra pochezza, delle difficoltà
che ci aspettavano. Tacevo e tu, mi fissavi.
marco
P ri riq'ifm nlo, li fLLiintf: io pese ero tu rb ato e q u a­
si im ploravo da te u na scintilla di coraggio. N e avevo biso­
gno: ripensavo a C orinto, alla piccola com unità fraterna
che avevam o appena abbandonata, m entre davanti a noi non
scorgevo altro che incognite. D al p o rto d*-Nepe& --»tt-f«m togliti?- - fPi
npjMMMl rlntt-lt'i li \mé+mnr . 1. «w»
d is s e n tir ti v iri,n q i T rin g lirrr 4 r
Pie t r o
$ f o i mi dom andasti a che, cosa stavo pensando. ^
«aacinso.' in quel m om ento ~imrn |irr{tnnrfr' i r
con
le parole di G esù n ell’O rto dagli ufei-: « Signore, se è pos­
sibile, allontana da m e questo calice». Pregavo,«»© pieno
di trem ore « desideravo unicam ente di tornare indietro. E d
ecco che alla tu a dom anda mi scatta il ricordo di questa co­
sa che mi brucia, e il bisogno di raccontartela, e con una
precisione r h e ^ pnpstaaaaatg tu hai risp ettata: le mie van-
354
II Quinto Evangelista
terie, il m io ingenuo prom ettere: « Si scandalizzino pure
tu tti gli altri, m a io no », e la replica ironica di G esù, e il
mio insistere a rispondergli: « Se p u re occorresse m orire con
te, io n on ti rinnegherò ». E poi il resto, il mio seguirlo
da lontano nella n o tte, il m escolarm i tra i servi della casa
di Caifa - anche allora accanto a u n fuoco! - , e la p au ­
ra che mi coglie quando la serva mi riconosce, e il doppio
canto del gallo, e il m io riscuoterm i, e il mio pianto. P ro ­
vavo -■ wrwowimn npirìgnrnm -il perché?^. - uno Strano b i­
sogno di m etterm i a n u d o, addirittu ra di dilacerarm i. Q m »
!>!><? 1 glia , t ifle t t e n d o e ffb& ffffi to ^ rùtuisco o rm a i il perché: in vi­
sta delle incognite che Rom a mi presentava volevo tagliar­
mi ogni p o n te alle spalle, e kaplicitaroente stabilivo in te
u n testim one del quale vergognarm i qualora m ’assalisse an­
cora una volta la tentazione del rinnegam ento. M a la co­
sa più singolare era quel che accadeva in me via via che
narravo: l ’im pressione di liberarm i da u n antico peso, e un
senso di pace, e u n placarsi delle mie paure, e una m *om
ferm ezza, e una m ueitata disposizione al sacrificio, se que­
sto m ’era destinato. D iventavo m igliore, questa è la verità:
l ’uom o indegno del C risto diventava degno di lui confessan­
do l ’episodio che più doveva m ortificarlo... (D opo una pau­
sa) Vedi, fino a quel giorno avevo attin to coraggio da una
frase che gli avevo u d ito dire
MULU rlcordàtà pULU fa, utt
pare«): « M i seguirete fino al cenacolo, ma non fino alla
croce ». M e la ripetevo e mi dava forza, serviva a sto rn a­
re le mie paure. E ra una sorta di garanzia d ’im m unità, non
ti pare? La prom essa che sulla croce, come lui, non sarei
salito. "Ebbene, da quel m om ento ebbi la certezza del con­
trario , in travidi la croce che in realtà m ’aspettava a Rom a.
Senza sgom entarm ene, però. P er la prim a volta ero dispo­
sto anche al m artirio. E in pari tem po seatiMe-ehe con la
confessione del m io errore mi stavo guadagnando la digni­
tà della m ia^m orte.
m a rc o
È &Ì>ì&og: quella sera io pensavo a t u t t ’altro: che
fìifc b jm , p u r sbagliando, non er^ im m eritevole perché £ eri*, addos­
sato la fragilità di tu tti. In fondo anche gli altri discepoli
y/ Saffi sperano vantati com e
gridato anche loro d ’esse­
re p ro n ti al sacrificio. M a-tbùjjolo u W i avuto il coraggio
della tu a viltà. E noi abbiam o avuto il to rto di non rilevarlo
Il Quinto Evangelista
355
abbastanza. G iovanni ad d irittu ra si preoccupa solo di m o­
strare d ’essere en tra to prim a di^té nel cortile.
s a c e r d o t e ( P revenendo G iovanni che sta per replicare)
Lasriam n staffi; nnrl ò la pnlpm ira tra..£l Lwù,.<iU^
.
mPgjeftto~cf-^os&a~in te,cessare. Più r tosto poc o -fa io riflettevo
a-UH4 ltV3-co M i^ al po sto che ha il pianto di P ietro n ell’e­
pisodio del rinnegam ento. « E scoppiò a piangere », dice
M arco. E dicono M atteo e Luca: « E pianse am aram ente ».
N on -se - a f n - s i - f r abb astanza •bad ate?-taa l ’episodio nasce
tu tto in vista di quel pianto. Senza di esso resterebbe una
m era accusa a P ie tro ; o un espediente p er far m eglio ri­
saltare la solitudine di G esù. Con esso dnrerua...nn fa tto ptpm. // {’ttìfjft
V * p ia re , yj tf’in n r - jl l ’intera^dialettica tra errore e p en tim en ­
to
m orale del cristiano.
dottor eh ra rt
A desso non f i r r i t il p r r tr E non giochi
anche lei coi sim boli, invece di tenersi ai fatti.
sacerd ote
M a la m ia è naturale esegesi d efcsaS g g E d ’un
testo che
giustifica a d d irittu ra l ’istituzione 4«!
più~4iscfct6so ~dei--sac-rtHuem-i-; if -sacram ente della penitenza.
Mnn appar^ nei V n n g T ^ - T p p i T " ’""'III1 ì
i fi mn Si è
rlr,11n
jpc O; -U, . ci à tantO
rim proverato a ’aver in tro d o tto un sacram ento che non è
previsto né dalla parola né dagli atti di G esù; eppure, in
sottofondo, esso è già nei Vangeli. DaLaeflte? l ’avete udito
dal racconto di P ietro : la virtù liberatrice che ebbe presso
di lui la confessione. O serei dire di più: occorreva che P ie­
tro sbagliasse p er giungere al pianto e alla confessione del
pro p rio errore: gli occorreva, intendo dire, m ostrarsi capa­
ce di pentirsi confe93a»d«-.Lapkedio-m eao-Q norevole. del4»
- —
per rendersi degno di fondare la Chiesa.
dottor eh ra rt
M a se non siamo nèTnfflgTO^rT^adb dìT ta- '
bilire se il C risto intendesse o no fondare una chiesa. Lei sa
che, in base ai V angeli, se ne po treb b e discutere all’infini- (
to.
/\
sacerd ote
Si calmi. A nche questo lo vedrem o a suo tem po.
m atteo
p ~*~ me, io mi ram m ento che, quando scrivevo w
« D io m io, D io m io, perché mi hai abbandonato? », una ri­
flessione io facevo: che era necessario che il C risto p atis­
se fino in fondo. E ra necessario che o ltre al fatto d ’essere
trad ito , processato, b a ttu to , um iliato a i,ia
egli ve_
Il Quinto Evangelista
356
nisse abbandonato finanche dai suoi fedeli. E questo giustifica anche i tre dinieghi di P ietro: essi perfezionano, interr­
ili!,, q u ell’itinerario di solitudine che incom incia dal cena­
colo e d u ra fino al G olgota.
avvocato s c h im m e l l
E che include, b e n in te s o , anche l ’ab­
bandono da p arte del suo Dio. O l ’assenza di D io... M a come
no n capite che il « D io m io, D io m io » non è che il grido di
disperazione, n ie n t’altro che questo, d ’u n povero illuso il
quale s’aspettava sul serio che il suo D io, al m om ento b u o ­
no, sarebbe sceso a soccorrerlo, si sarebbe deciso a com ­
piere il gran prodigio in v irtù del quale lui sarebbe balza­
to indenne dalla croce e i ren iten ti, finalm ente, si sarebbero
convertiti? U n uom o che grida così è solo un p o v er’uom o
scosso nella sua fede.
UNO DEL PUBBLICO.. /A m eno di riflettere che a tram andarla,
I sono sóTFanloHMatteo e M arco. P er G iovan n i e (per L u ca?
[ le cose andarono altrim enti.fSecondo Luca, a Jiijiiw ^ io , G e ­
sù avrebbe d etto : « P adre, io rim etto il m io spirito nelle
tu e m ani ».
.che. ci pa$£a una bella differenza.
q u in t o e v a n g e l is t a
M a quel grido ci fu. E in esso ci fu
perfino il dubbio. (P iù lentam ente e com e raccogliendosi)
Il fatto è che, per com e si è m anifestato, il C risto non è
venuto a fondare delle certezze. È venuto a proporci un
m odo d ’essere nella fede nel quale è incluso tu tto , anche la
possibilità del dubbio.
P i e t r o (C on am arezza)
O del rinnegam ento.
q u i n t o e v a n g e l is t a (C ontinuando rivolto in direzione di
P ietro ) P er d -ap purato, anche di questo. P uò angosciare,
lo SO. Ma
Jn-definit-m a. la condizione
del cristiano «e non Ùr>Vu?ia~o&pta~df alternativa perm anente
tra il confessare e il rinnegare il-C risto, tra il dire: « T u
sei il C risto » e il dire: « I o non lo conosco»? Com e ap­
p u n to hai fa tto tu... P ensandoci «bene, nella tua vicenda ap­
pare già come inscritta la storia stessa d ell’anim a cristiana
in quel suo seguito di regressi e dbeewttntre risalite nel cor­
so delle q u ali,d l .p iù..delle -e o lte , si crede d ’aver toccato la
zza e s’approda, al co n jr^ rio ^ ai piedi d el m istero.
P
dato da vicinoV tosli. un uom o com e tan ti, uno al quale il
C risto dice: « U om o di poca fede, perché hai d u b itato ? »,
V ftT fO
y
Ca M, H ’ U a V Y'.TUAt c
OlìXc.
ÌUvTiCL
A.
tlé tA M v
U cf
tJ*#*
Il Quinto Evangelista
351
uno che dorm e m entre G esù soffre angoscia sul G etsem ani,
uno che esita e rinnega. E questo sarebbe dunque il fonda­
tore della vostra Chiesa?
s a c e r d o t e ^ M a -o c c o rre v a p r o b a b il m e n te c h e f o s s e co sì. O c­
correva che la C hiesa nascesse a m isura d ’uom o.
perfezioni?
E con tu tto il carico della fede di etri
si m ostra capace P ietro. L ’ho d etto : nella sua vicenda è
q u in t o e v a n g e l is t a
Perfino - n e r suoi erro«»?
E perfino nella capacità di p entirsi dei
pro p ri erro ri. E nel suo illudersi di p o ter procedere a piedi
su lle acque, e rrd »tt»
rq.»:a g grirLrp- a Sjg—
<=<►
’£er non disperare di sé b iso g n ala eh ì ^ r i s t i a n p
avessero ved uto sbagliare % ■'d u b ita i è fiftanehg P-prm e*pe
: essi poteslegli äpösiot
s e ta , ricon oscersi nella., pazienza della sua- fedekà. N o n -d im e n tic h ia m o c i cl
-Pietro a rispondere a G esù: « Sigaore, e dove, andrem m o? T u hai parole di vita etern a ». E non
è -q u e s ta -l’essenza della nos
situazione,, c iò che cornu»qua, m a ffiio rm e rify ^ à ttte n tie » in- q m m to-em tm ni ?
r a v v o c a t o SCHIMMELL E tu tte queste b a ila cose sarebbero
spiegate nel tuo vangelo?
il Y°
vogato s c h im m e l e .
q u in t o e v a n g e l is t a
e v a n g e l is t a
II m io vangelo, dici? Ma- se è la
Chiesa stessa.
I I ITT IITTI IITI HTT1IIII I ili ifìlllljlil I III! Ci©«?
s a c e r d o t e ' M a l ’ha già spiegato, non sviamo. Considerar»
.in o -p iu tto sto c h e un pu n to alm eno è acquisito: nella per­
sona, eli P ietro è già prefigurata l ’essenza stessa della Chresa: la C hk
e la
atrice, la C hiesa che
si-sublim a e la C hiesa con le sue viltà, la Chiesa insom m a
c o n ia sua perp etu a alternativa di fedeltà e di rinnegam ento.
dottor eh ra rt
La Chiesa, la Chiesa, si continua a dire qui.
N essuno però s’è p rovato a stabilire se il C risto volesse
effettivam ente fondare una chiesa; né se volesse affidarla a
P ietro . SertofLsbagU o, abbiam o in p roposito solo tre ver­
setti di-M atteo.
oACRftBOsrE' 'f ? i f tt"~'?vmgehhft) P e r la chiarezza, vogliam o
oonireHan??
q u in t o
cU(
if
)t+»
358
II Q u in to E vangelista
Il Quinto Evangelista
d o tto r
MATTEO
(
U na prova filologica, dunque?
Chiamiamola così. U na, prova stilistica,
359
ir a r t
i>re-
ferisce.
P ro p tió così. 'C ertó è che ìbTinguagg io V sato da G esù, più ci7si pensa, più appare uri vero
raco\p espressivo: non è riferibile ri tradizioni, nasce Aiori d ’ogni regola letteraria, sfugge/a ogni definizione; non
è riducibile al m ctfo um ano y come se questo, p er dir
così, noq riuscisse a contenerlo intero. ÌV nisonim a suo e
di nessuri a l t r q / e non sopporta im itazioni. Sé am m ettes­
simo che quey tali v ersetti non risalgono a G esù, d o l e m ­
mo am m ettere, parados^alm etjte, che coluj/che iq com pose
fosse un altro G esù.
d o t t o r e h r a r t \ Stopfe! R esta il'liritto cKe Luci
hanno KUYPER
/m e ssi.
S IGNORy
la andando così fi); irà che/diventa unNfalso nfrfino il di; Cotso delle beatituc
d ott/ r eh r a r
D i quello però c'I
traccia nel ^ a n g e li
Luca.
M teo
M a anche deK m andato a / i Jie tr c è riina traccia
resso G iovanni. Vi ricòrda te? riTasci i
ej/agnelli ». Se
questo /n o n è un m a n d a to \E ngSn dim entichiam oci che io e
G iovanni, a differenza di M arco e Luca; prim a d ’essere
evangelisti furiamo discepoli d i G esù. (Zhi dùnque meglio
di noi poteva riferire quajé m andato elètte a P ietro?
d o t t o r e h r Ar t
M a M arco non è il portavoce di P ie tro ? Se
si dice gne ha s c r itto /u a s i sotto dettatu ra! Q uale m igliore
testim óne, se quel m andato ci fu? Èùnvece, guarda caso, se
n ’è dim enticato: p roprio di c ic c h e avrebbe avallato il priato del suo m aestro.
P i e t r o J (P re v e n e /d o Marco, ohe sta per rispondere)
& vete
ragione, ma Pavete u d ito :/G e s ù c ’im pose\di tacere. E poi
Di,
chi ero io pér giudicarm i un prescelto? E poi, a che còsa
Q uale com pito m ’aveva assegnato? Bastavano in fondo qui
le p o c h / parole per m etterm i in chiaro la sua volontà?
-P e r lui, alla fin ej ffo fondato una chiesa.
fino alla fine
ho continuato a dom andarm i se l ’avesse voluto, se era la
cosa che andava fatta. E in ogni caso, di quale chiesa dove­
va trattarsi? R istretta ai soli circoncisi, nn’Iflraele fin ir
Ovvero aperta a tu tti gli uom ini? Il contrasto tra
q u in V o e v a n g e l i s t a
360
II Quinto Evangelista
me e Paolo lo conoscete, spero: l ’accusa che Ìm m i ri­
volse aeh^rrtrochta di tenerm i in disparte dai pagani conver­
titi, il suo sdegno perché preferivo i G iudei. M a bisogna
capirm i: le m ie radici erano là. Solo a Rom a le cose mi
divennero chiare: solo quando vidi m orire crocifissi e b ru ­
ciati vivi i pagani convertiti, mi convinsi di essere stato
eletto a fondare una ù d ln iìiiifà
a tu tti gli uom ini.
E dire che questo k^-fondo io l ’avevo già intuito. A G e ru ­
salemme, presente Paolo, avevo già afferm ato: « N oi sia­
mo salvati dalla grazia del C risto G esù esattam ente come
i pagani ». Lo dissi, ma i»-eHet™Haio non ne ero ancora
persuaso.
q u i n t o e v a n g e l is t a
P er questo allora evitasti di riferire
a M arco che il C risto m orendo aveva m orm orato: « P a­
dre, li ho salvati tu tti ».
P i e t r o (V iva c em e n te )
Sai anche q u esto ?... Lo disse, effet-^
tivam ente, sì. M a il senso, ma il senso? N ell’d te i|L|'it» m n
cui ci aveva lasciati circa la sua volontà, chi poteva arro ­
garsi d ’averne inteso il significato? E poi, quante infinite
cose quelle poche parole potevano im plicare... T u tti: anche
i pagani... O p p u re anche i malvagi, i superbi, i ren iten ti
a credere?...
j t ì / 5 ^ '’:
( A l Q u into Evangelista) E sono attestate dal tuo
vangelo?
per rtspottde
entrati
■ftB# ŸÛfîYf
11
1
iM<itr trrr‘ -ri' Terrfrrrm m . )
II senso, p er l ’appunto. C erchiam o di stabilirne il
senso. Q u an te cose potevano cam biare p er una frasetta co­
sì, solo che voi (agli evangelisti) aveste avuto il coraggio
di riferirla. ( A l Q uinto E vangelista) E tu d o v ’eri, che vieni a riferirla soltanto adesso? _
^ . /rl/„, .
< a aOr <
M
T * .^|
g iu d a
T® l
ladrone
N ® ».»€L'*'Ì€© eese«te? Io sono il ladrone
che venne crocifisso alla sinistra di G esù, il non privilegia­
to, il non graziato, colui che lo bestem m iò, secondo quel
che afferma Luca... B adate, però, il solo Luca...
(indicandoli via via)
B arabba, i soldati che crocifissero G esù. E costui è
p r im o
Il Quinto Evangelista
361
il secondo ladrone, il solo privilegiato, colui che si è sal­
vato... E , sì, anche il centurione, colui che si commosse.
( A l centurione) V ieni avanti, che fai? N on ti vergognerai
mica. Sei nella barca anche tu, non credere, anche se con­
fessasti che G esù era un Dio. Se pure lo facesti...
c e n t u r io n e
M a lo feci.
p r im o la d ro n e
Concesso. Solo dopo, però. E ra facile farlo
dopo, quando si videro i prodigi. P rim a invece... N on eri
forse tu al com ando di coloro che lo crocifissero?
c e n t u r io n e
A m m etterai tu tta v ia che c ’è una bella diffe­
renza tra me e... (guardando involontariam ente G iuda)
g iu d a
S yappuiM o, tra te e G iuda. P rr~ h r-'n'on^lr-diri? H ai
le m ani p u lite, tu , obbedivi agli ordini, n ie n t’altro: il gran­
de alibi d ’ogni servo del p otere... N on farti illusioni, però,
siamo tu tti nella stessa barca, io, tu , costoro (indicando
gli altri entrati con lu i), perfino costoro (indicando gli
eva ngelisti). T u tti, sì: lo zim bello di un destino che
ci oltrepassa. Siamo stati le com parse, le m arionette d ’un
dram m a inevitabile - pare - , stabilito — pare - d all’ini­
zio dei giorni, dove l ’unico protagonista era la divina vo­
lontà, m a che senza di noi — pare - non si poteva reci­
tare: un delatore, un giudice, u n boia e via via tu tti gli al­
tri... Com e adesso, del resto: di nuovo adunati qui, e di nuo­
vo per la solita farsa, la solita risibile verifica delle colpe
in una storia che non ha avuto né colpevoli né v ittim e, ma
solo obbedienze e fatalità. A com inciare dalla m ia: la fa­
talità che mi volle discepolo di G esù, invidioso - dicono
— di G esù, d elatore di G esù. Q u e st’altra fatalità che volle,
a quel che scopro adesso, che le parole che avrebbero p o ­
tu to includere anche me nel piano di salvezza, codesto « Li
h o salvati tu tti » che egli avrebbe pronunziato, venissero
d ette quando io avevo già reso irreversibile, im piccandom i,
il mio destino.
m atteo
T u co n tinui a parlare di destino. E invece avesti
una scelta, d u ran te l ’ultim a cena fosti messo sull’avviso.
g iu d a
U n avviso? U n invito ad andarm ene: a far presto a
consum are il trad im ento assegnatom i. Lui lo sapeva cosa
m ’ero p roposto, aveva letto nel mio anim o. E ppure che co­
sa fece? E bbe un atto d ’am ore? M i disse qualcosa che va­
lesse a tratten e rm i? Accarezzava costui ( indicando Giovan-
362
Il Quinto Evangelista
n i) , me non volle salvarm i. M i offrì anzi il suo pezzo di p a ­
ne p er sfida, p er spregio, per accrescere il m io rovello di
vederm i l ’ultim o tra i suoi, sospettato e trascurato. E si
capisce, come dice costui (indicando di nuovo G io v a n n i),
che allora Satana en trò in me.
s ig n o r a k u y p e r
N on è questo. È che tu non sapesti com ­
p renderlo. Incapace d ’am ore, t ’eri già escluso dal suo am o­
re. Passasti accanto a lui pieno solo d ’invidia, di livori com ­
pressi, di frustrazione e di disincanto.
g iu d a
La prego, signora K uyper: s’è rifiutata d ’assum ersi
il ruolo della m adre, non vengala p a rila * come se lo fosse.
Escluso dal suo am ore: com ’è fem m inile, Mpaàwta'm enieiem -^
m iaile!... Lo rip eto , era destino: dal fondo dei m illenni era
stato stabilito il m om ento dell’im patto: il giorno, dico, in
cui non solo colui che voi chiam ate il Signore si sarebbe
fa tto crocifiggere per salvare
- p a m - l ’um anità, ma
io, q u est’io che io sono, q u est’io così com ’ero stato costi­
tu ito con tu tto il carico di vizi raccolti in me - da lui,
n o tate, da lui, in quanto era stato lui a costituirm i così avrei d ovuto im b atterm i in lui p er non riconoscerlo e per tra ­
dirlo. M a perché, delle tan te generazioni alle quali nascen­
do potevo ap p artenere, dovevo venire al m ondo proprio
quando c ’era lui? E perché quel che io ero, debolezza o ini­
quità, invidia o avidità o inclinazione al tradim ento, se p ro ­
prio si vuole, doveva venir destinato all’im patto con lui,
quando io, nascendo altrove, in un altro luogo o in un
altro tem po, sarei p o tu to passare incolpevole, se non in­
nocente? E perché proprio io e non u n altro da m e? E p er­
ché p roprio con uno che si proclam ava il redentore e che di
lì a poco avrebbe esclam ato: « P adre, perdona loro perché
n o n sanno quello che fanno »? Sapevo io forse quel che
facevo? M a no n mi si volle perdonato. N on ero scelto per
questo... C redetem i, m i ci perdo.
avvocato s c h im m e l l
Q uesto se G esù effettivam ente era
un D io. M a n ell’ipotesi che si trattasse sem plicem ente d ’un
uom o?
GIUDA Qjlyl n o , -badi b e n « : io lo so che era » « .D io . A
provarm elo b astereb b e l ’estensione della mia condanna, il
disam ore, l ’esecrazione di cui tu tto ra sono oggetto. Ci fu ­
rono regicidi, ci furono esseri più m alvagi di me. M a dove
Il Quinto Evangelista
363
iC
sono? D im enticati! E invece
Sono passato in p ro ­
verbio: sei un G iu d a, sei un G iuda... E dire che aveva la
facoltà di salvare gli uom ini per tan te altre vie! E invece
no. Come lui n on volle restare D io, m a decise di incarnarsi
p er poi farsi crocifiggere, così decise d ’incarnare uno - me
- che tradendolo collaborasse alla messa in scena della sua
Passione... La verità è che io non fui .affatto« z7 traditore:
fui p iu tto sto la v ittim a d ’un curioso piano di salvezza ^ertein 1 t u tt i r ii u o m in ii i b i p r i WdmiIÍ ^prm i V a &?r
JBe^Xà’aH" a rn o ta ■iniwMto, esteso a tu tti gli uom ini, che
p er esplicarsi p erfettam ente doveva escludere me... M a an­
che voi: te
che l ’hai insultato, voi
che l ’avete crocifisso, t
che fosti p re­
ferito a lui, e P ilato e i sacerdoti che vollero la sua con­
danna, e l ’in tera G erusalem m e e il popolo dei G iudei... La
sua giustizia! Che ve ne pare? N on dite niente, eh?
lu c a
M a è che tu stravolgi le cose ponendole in term ini
di destino, come se il C risto, deliberatam ente, avesse vo­
lu to la tua perdizione: quando anche tu eri dei discepoli,
cioè dei chiam ati, dei prescelti.
g iu d a
A h, sì. E allora, spiegami questo.
Ci sa­
ranno in questi lib ri anche le lettere di San Paolo. A h, ec­
co. D unque, spiegam i questo
: « Dio fa coopera­
re tu tto al bene di coloro che l ’am ano, di coloro che ha chia­
m ati secondo il suo disegno. Poiché coloro che egli ante­
riorm ente distinse, li ha anche predestinati. E quelli che ha
predestinati, li ha p u re chiam ati; e quelli che ha chiam ati,
li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha
anche glorificati».
Spiegami questo:
io d istin to , io chiam ato secondo il suo disegno, m a non
giustificato, tan to m eno glorificato, a n ie n t’aìtro predesti­
nato se non alla perdizione. E perché, dico k> perphéiL
SIGNORA KUYPER M a perché hai jaewTuíif ufi" 'Vis'ia
\jre»
ra«ssa: « D io fa cooperare tu tto al bene di coloro che l ’am a­
no ». E tu, tu l ’am avi?
g iu d a
M ica ero sua m adre!... E poi, l ’am ore,
di nuovo l ’am ore, u
riP 1-^ femm inile . ^ p ? ;,
mi
si pu ò am are così? A m are com unque, senza
esservi destinati? E poi chi? Q uesto D io esigente, che pre-
soldati)
(al primo ladrone)
e (a Barabba)
(ai
(Avvicinandosi a
Matteo e prendendone in mano il libro, lo sfoglia.)
(leggendo)
(Rialzando il capo)
(Sarcastico)
II Quinto Evangelista
364
tende am ore, ma che p er suo conto può esim ersi d all’amare. Lo si è visto, nei m iei confronti...
s a c e rd o te (
) M a che cosa c’è dunque in
q uesto tem a della Passione, che basta e n trare in una parte
ppr crrjntarla fjpr» in fondo? IProcediam o per ordine, p er ca\
rita. E teniam oci ai fa tti . / n i , G iuda, p a L r ^ ''rr>0T ' ,'
“’’“T lparte/PE Tarm ati. A bbiam o tem po per te.
anèjFT u dicevi, se non sbaglio, d ’essere il prim o dei due
ladroni.
p rim o la d r o n e
II prim o, appunto, sì. E il dannato, secondo
Luca. Perché secondo gli altri non vi fu nulla, a a è k : nulla
alm eno che im plicasse la m enom a differenza tra me e que.sto qui (
'
***c a
fcia»^»f»i»ova9»imo d av iw e -a discutète con calm a? P a r­
tiam o dai testi, p er favore» Se volete, Incdmlnc’o lOT •L.VCA
u n o d e l p u b b l ic o
M eglio no. Procediam o secondo l ’orC( ili ^ij^L fP ^ineH M eglio ancora, procediam o secondo l ’ampiezza della
testim onianza. Sarebbe interessante stabilire come s’è form a­
ta la tradizione.
sacerdote
G iusto... A l l o r a t o c c a prim a a
G iovanni.
G io v a n n i
« L o crocifissero, e con lui altri due,
uno di qua e uno di là ».
p rim o la d r o n e
A vete veduto? N ie n t’altro. N em m eno che
fossim o due ladroni.
m a rc o (
) « E con lui furono crocifissi due ladro­
ni, uno alla destra e uno alla sinistra di lui. E si adem pì
la scrittu ra che dice: “ E fu annoverato tra gli scellerati” ».
g iu d a
N aturalm ente! D ovevano adem piersi le Scritture. N on
gep-ak?o " formino ^4TtamfttLuL.svolgere,dI-xuQlQ dei m alvagi.
Si-dirva"l i caso-che il b u o n Dio avesse deciso di venire a salV are-Pum anità, e p e rp o te rv L -M e sc ite , siccome c o s ìe T a
Interrompendolo
(Al primo la-
indicando il secondo ladrone).
(Leggendo)
Leggendo
a***® -.
\
•
(Interrompendolo) T i- a ^ p y o p re g a to d L w rreffT i«~dt9pa«ei
m a t t e o (Leggendo) « N e llo stesso tem po erano stati cro­
s a c e rd o te
cifissi due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sua sini­
stra. E la gente che passava scuoteva il capo e insultava
G esù dicendo: “ T u che distruggi il tem pio e lo ricostrui­
sci in tre giorni, salva te stesso. Se sei il figlio di D io, scen-
Il Quinto Evangelista
365
di dalla cro ce”. E i gran sacerdoti e gli scribi e gli anziani
p er beffeggiarlo dicevano: “ H a salvato gli altri e non è ca­
pace di salvare se stesso ...”.
) E anche i ladroni crocifissi lo beffeggiavano ».
p rim o l a d r o n e
Sicuro, anche i ladroni. M a anche am m es­
so? Poveri ladri, fa tti m orire in com pagnia del Figlio di
Dio. M a era tro p p o onore! E allora, avrem m o riso. R idevano
i sapienti, i gran sacerdoti, e non potevam o farlo no i?...
Am m esso poi che lo facessimo: poveri corpi straziati, ti
pare che avessim o voglia di ridere o di sbeffeggiare un di­
sgraziato che ci era accanto? Al m assim o sarà stato u n ghi­
gno di dolore.
a v v o c a to s c h im m e ll
H a ragione. Il tipico esem pio di co­
m e si form a u na tradizione: una n o ta di cronaca finché
qualcuno non incom incia a ricam arci su. G li interi Vangeli
si sono form ati così.
lu c a
) « U no dei ladroni ch ’erano crocifissi ai suoi lati lo bestem m iava dicendo: “N on sei
il C risto? Salva te stesso e n o i”. M a l ’altro a risposta rim- . g»proverava il com pagnou “ N on hai tu tim or di D io, tu che
sei allo stesso supplizio? Noi però siam o a ciò secondo giu­
stizia e riceviam o la pena m eritata con le nostre azioni;
m entre costui non ha fatto nulla di m ale” . EaLdisse: “ G e­
sù, ricordati di m e quando sarai venuto nel tuo regno ’T fiaw _ >
rispose: “ In verità ti dico che oggi tu sarai con me nel pa­
ra d iso ” ».
p r im o lad ron e
E io nego. E ro lì accanto e queste parole
io non le udii. E nessun altro potè udirle, perché non fu ­
rono pronunziate.
seco n do ladrone
E invece Io furono. Senonché tu, perd u to
d ietro la tua irrisione, non fosti in grado d ’udirle. O di com ­
prenderle.
g iu d a
M a sentilo il privilegiato, come difende il suo p a­
radiso, IwVegtf’ & dom andarsi se, nella s tu u c a ó tò r-k tanto
conclam ata sua carità, il C risto ha veram ente pronunziato
A « P adre, li ho salvati tu tti » :
-tolnaen-
riga
(Col tono di chi salta qualche
(Di forza, interrompendolo
te p iù é eg H o .jj ’in a p .c h f i o’cra "d w h it» ro t o - i l iw lv a to r e.
SACERDOTE
¿ a , ti avevo pregato di tacere.
p rim o la d r o n e
M a G iuda ha ragione. Q uel dialogo non ci
fu.
(Al secondo ladrone) M a non
ti ram m enti in quale sta-
366
Il Quinto Evangelista
to eravam o? C o n tratti, impazziti n ell’atrocità del dolore,
capo e p etto ricascanti, senza quasi più respiro. F iguria­
moci se era possibile pronunziare p u re una parola... E poi,
wr©gi»‘cas©, perché lui e non m e? E perché non am bedue,
se era venuto per salvare? Perché la gratuità del procedere
d ’una grazia che sceglie l ’uno ed esclude l ’altro?... La gra­
zia, gli eletti, i reprobi, i gratificati, i rifiutati:
pen sate, i m ille assurdi del cristianesim o sono com inciati
pro p rio da m e, e sulla base d ’una diecina di parolette a tte ­
state dal solo Luca.
seco n d o la d ro n e
E p p u re furono pronunziate. M a eri tu
forse in femm F d ’in ten d erle? O ccorreva prim a disporsi a cre­
dere.
q u in t o e v a n g e l is t a
Del resto anche il « P adre, perdona lo­
ro perché non sanno quello che fa n n o » è a t t e s ta t o l a ^ s o ­
lo Luca. E vorresti togliere anche que^Q ? P rovࣻvi'’anzi
a togliere le due cose dai V angeli e ditem i di qu an to re­
sterebbero im poveriti. Il te a s ^ d e l perdono, il tema »«Utla
salvazione, il tema dall’abbandono nelle m ani di D io. iLtooui
< stesso^ glefia salvezza per sola v irtù di fede sono tu tti lì,
in quei due m om enti del perdono alle folle e della prom essa
al ladrone: solo lì. vnglin dire cessano d ’essere enunciato
astratto e si realizzano in evento uagfccu Gli gridavano:
« Salva te stesso », e lui intanto li salvava tu tti. A ttesta­
to o no, il « P adre, li ho salvati tu tti » è già
im plicito,
è come se ci fosse.
PRIMO LADRONE ( SàYàaStÌcÒ)
fi RTagaf
tuo -quwtto v a n g e lo ...
q u in to e v a n g e lis ta
E p e rc h é n o ?
s c h im m e l l
NoH -w m m . D im ostraci p iu tto sto
che Luca ha d etto la v e r k |,
q u in t o e v a n g e l is t a
.s a c iJà a Ja ta , il secondo ladrone
è l ’unico, in tu tti i V angeli, a rivolgersi a G esù chiam ando­
lo per nom e. N on « M aestro », non « Signore », c a n w r ii
Militili ,,i.mim gli .dui) ni"<niminciare~~3àrpfee^«lt, e n ep p u ­
re « G esù, figlio di D avide », tmm e dk^4]-<drrrT-TldG»‘M4<»o e
neppure « G esù m aestro », come dicono i lebbrosi, ma
così, sem plicem ente, confidenzialm ente « G esù ». L ’unico,
pripsta. Ma si capisce: un uom o sta soffrendo e trabocca in
u n ’im plorazione j_1n in ni i i i m n limili fTrriiiiiTi ~ che è tu tta
avvocato
%
Il Quinto Evangelista
367
im m ediatezza, che è supplica e trasporto. E Luca la racco­
glie così co m ’è, alle sorgenti, fri «foeL-gftùoco id e& faaioai e
fwse».di,,-divieti che coinvolge tu tti coloro che interpellano
Q esù e che include, prim a-¿egli «Uri,- anzi più.ziegli„altrir +isuoi discepoli, nessun evangelista avrebbe osato scrivere
così se il ladrone non avesse d etto precisam ente così: se
costui veram ente non avesse avvertito che lì, sulla croce,
l ’infinita lontananza di colui che chiam avano il C risto s’
fatta, all’im provviso, infinita vicinanza... E se questa
è u na prova d ell’autenticità deH’in tero p asso...
p r im o lad ron e
M a a che cosa ta p p ig li:' Di tu tti "gli evan­
gelisti Luca in fondo è il
il più discutibile.
G iovan ni- -e-M a tt e*». frcqwenrai uiw- € r ^ " ’Mgrco,'~gts»TBt««e
al suo arresto. 1Y[ i I in n1 fin i l l'TT II li i ili ti I il limi I' 'Kum
»aakuag, Un pagano convertitoì t- a h oegBÌto.'d L £a»k>>ri^eggio
tmc&M, una specie di poeta, inattendibile come tu tti i poeti.
P ensate a come racconta la nascita di G esù, e ditem i se non
è t u t t ’al piià u na bella favola, d egna in tu tto d ’un apocrifo, _
Anzi uv.,£o ad o quello di Luca è u l prim o vangelo a p o c rifo .
luca
Io non ho alterato nulla. T u tto u n fondo di fa tti » -d i
pe##le--db.GesM affluiva fino a m e, e non facevo che re­
gistrarlo. Sem m ai nel iniu Vu'llgL'LTtr'triPfiaTTfà"lTd ~gssere»
d iv erti- del C rist o-eot» mfifflrerWTlT'sapfenzr, 'm a'tarpffffit,
Ijl tuft-m isprirnrdin, In inrrTvmTyfTTonp Catecùfflerrwpóvevo
a s r n l t n t n le par-ah z il v -<4*44* c ih rf-ry » ~ T fn f4 U <4»4 iG H r-rnt pt-n- .
digOyquella d el lauett-p asto rc;
d e tto che a f co­
spe t to. d i Pk>-«i-ri>f es talquand o uft«eol» peeceiorcranche-l’infim oy-d-penle, avevo udito da Paolo che noi siamo salvati
in v irtù della grazia del Signore G esù: e allora che m era­
viglia se ai m iei occhi egli apparve so p ra ttu tto com e co­
lui che era ven u to a tenderci la m ano, il m ediatore, il re­
dentore, in una parola il salvatore?
g iu d a
Ai tuoi occhi: dunque tu am m etti l ’arbitrio. A m ­
m etti di n on sapere chi egli fosse veram ente e d ’averlo
descritto così come t ’apparve. E si rim provera a me di aver­
lo m al com preso...
avv ocato s c h im m e l l
Insom m a, più andiam o avanti, più
scopriam o nuovi arb itri. M a chi dunque era costui? U n D io, I
il figlio di D io, il servo di D io, il fondatore del regno di D io, (
il re dei G iudei, il M aestro, il M essia, un nuovo legislatore, ^
368
Il Quinto Evangelista
un profeta, u n taum aturgo, il V erbo incarnato, la V ittim a,
il Salvatore?... E scusatem i se è poco...
dottor eh ra rt
M a di questo abbiam o già discusso all’ini­
zio.
avv ocato s c h im m e l l
m i lasc‘ dire. T u tta questa
confusione! Q u a ttro Mscrawìk raccogliticci, q u attro diversi
deliram enti, e non uno che »«m Talmente ci dica chiaro chi
era G esù.
q u i n t o e v a n g e l is t a
E come potevano? kit. questjoae^oen
¿ -q u esta. La questione sta più indietro, nella persona stes­
sa di G esù: una persona, «presto-intendo, di tale com ples­
sità, che q u attro testim onianze diverse non potevano non
dico esaurirlo, ma nem m eno farci com prendere chi egli fos­
se effettivam ente. U n uom o oppure u n D io? O p p u re am be­
due le cose insiem e? E oltre a ciò le altre cose che lei, avvo­
cato Schimmell, ha d ette poco fa. M a éom e pretendere dagli
evangelisti una risposta precisa, quando essi stessi non fan ­
no che dom andarselo? Ne-»vev»te-4neef»ineiato"a''dfsctrte=*
re_auche-voi.-E«r M atteo paw ebbe-essere an zitu tto il -Messiar-colui ch e- era. stato- pro fetizzata e- -promesso. MafTt)
sem bra co lp ito dalla potenza dei- suoi» mivaccdrr-Per--fctrCa
il*1C risto- G e s ù è in prim o luogo- il salvatore, agii■-occhi
di-G iovanni il figlio d i Dio,-la verità-che s ^ c a m a. M a po»
sona piar.cnn n r^..p er£ no rutti e q u a ttro ipsiem er.ptetow dere
YO 1 ^ 8 * R a ff e rm a r e d ’averlo definito, quando ognuno poi d eb o n i« ,
esplora altre possibilità, l ’im m agine del C risto gli si m olti- plica tra le m ani, s’è appena provato a fissarla ed ecco, gli
è sfuggita? E non basta. Perché è venuto? Perché predica?
E p er chi predica? E perché converte? E perché m uore? E
perché ha scelto, per salvare gli uom ini, una via così as­
surda? E l ’ha scelta di sua volontà o ppure gli è stata im po­
sta? E voleva il R egno? E quale R eg«e? E dove? Su questa
terra? E voleva una Chiesa? E quale doveva essere? E che
voleva dire allorché pronunziò: « Io distruggerò questo tem ­
pio di m ano d ’uom o e ne riedificherò uno non fa tto di m a­
no d ’uom o »? V oleva una C hiesa solo spirituale? Senza tem ­
pli? Senza culto? E em co i1» -norr
al suo ctrxetii£r-fmp«fb)6o--e-bTbmrcr,'*TrTrrancr'C~pHu.£h.e,ium aaau-.e_
pat£emino-€@ «tinuai£. E in tu tto una vita abbandonata al
Il Quinto Evangelista
369
suo m ovim ento, al suo continuo diversificarsi e perfino con­
traddirsi. E co n trad d itto ria com unque, agli occhi um ani, l ’e­
sistenza d ’un uom o che si dice D io e viene p er m orire. E tale
dunque che se ne può offrire testim onianza, ma senza kmscì- /li# /
re-a esaurirne il significato. Si possono
olti
3np m oltiplicare
1 p u n ti
di vista in to rn o a lui, come appi
col risultato che im m ancabilm ente ne emerge solo l ’indecifr abilità.
avvocato s c h im m e l l
II fatto è , dunque, che non riusci­
rem o m ai a stabilirne l ’identità...
q u in t o e v a n g e l is t a
questo, se n o »
■sbaglio, i ’a.vete-<l©tt€^)-che, p er com e-si- è m anifestati^ il
C risto ci ha collocati di fro n te al m istero, ci ha posti in­
definitam ente nella situazione dei suoi discepoli di fronte
alla dom anda: « M s voi chi d ite che io sia? ». E ognuno
risponde come può, come noialtri del resto, com e ciascuno
dei cristiani. Ecco perché non ci sono gerarchie tra le q u at­
tro testim onianze che si tram andano di lui. S^-Gkw anni-l©
E
infim a a
MflSIRT
vesti del docente e M arco di preferenza in q u elle del
te, n o n significa affatto che questo o quello siano più
' icini alla verità. T anto m eno che il I i MB
uh i ili ili
q io u tta -la-v e rità enrraírd
Ta quel nodo d ’inde
finite possibilità che fu, r»el -suo insiem e, la persona di G e­
sù, ciascuno ha desunto quel tan to che poteva secondo il
_ suo talento o il com pito cui era eletto. |
a v v o c a to ' s c h im m e ll
AAa braü»! f inalm ente un evange­
lista che ha le idee chiare. U n loico d ’alta scuola... Senonché vieni'ttHdnnqua«© la questione rim ane quella: perché
q u attro libercoli e non uno, m a chiaro, e nel quale sia indica
ta tu tta q u an ta la verità: tu tta alm eno la vostra verità inve­
ce dei vostri b alb ettam enti, delle tan te cose dette e contrad­
d ette, e so p ra ttu tto di codesto personaggio indecifrabile,
sfuggente?
sacerd ote
M a se lei stesso lo am m ette: indecifrabile, sfug­
gente; aL iù ró te un enigma. E-ua^aaigBMUfiti^sHoaMwwee
sal&-dall.’am p iezzau i’mL .messaggio che q u a tti» d iv e rs e -te ­
stim onianze n on sono riuscite a esaurire, ma dalla sua ee»
cedenza, in. q u a n to personaggio^, jàapetto--agir-aulU Tf ciré
370
Il Quinto Evangelista
ii ii >fflli""'Trr' h» g u n cas0j credo, unico, weHr storia detlè
letteratu re: di solito u n autore sovrasta il suo personaggio;
se non altro, lo piega a sé, lo assoggetta alle p ro p rie in­
tenzioni. Al contrario, nel caso degli evangelisti, è G esù
che li sovrasta, li situa in um ile atteggiam ento d ’ascolto,
tesi solo a custodire ciò che egli ha effettivam ente d etto . M a
56-alle, volte-gli evangelisti — lo diceva la signora K uyper
- si -com por t ana-com e chi non capisce u n ’espressi«**« ma
non s’flpacda a m ndififar];),] O serei dire ad d irittu ra che i
V angeli sono appena la testim onianza m inore e fram m en­
taria d ’un m essaggio ben maggiore.________
TC
Q uanto dire che i ‘Vangeli non Ea-~
stano alla'v e rità. Il che, fran cam g atfffin an ch e in bocca a
un cattolico mi sem bra trop
sacerd ote
N on questo... R ibadivo soltanto quanto è stato
d etto : i q u attro evangelisti, narrando di G esù, si sono tro v a­
ti nella condizione dei suoi discepoli di fro n te alla dom anda:
« V o i chi-'dite che io sia? ». È del resto la situazione in ,
cui ^affocano noi letto ri: col risultato di trasform are ogtii/
dei Vangeli in una scom m essa col m istero.
r- *
a v v o c a to s c h im m e lT
II ta tto e, r n m n n q n r Ini In i-irrri,
che nessun V angelo è in grado di dirci onestam ente chi fu
G esù.
q u in t o e v a n g e l is t a
II fatto è che ciascun Vangelo è una
H
jfe' c i t - „ r ni-] N essuno d ’essi p re­
tende d ’offrire la chiave per intender*«^ oelinea p iu tto sto un
itinerario per m uovere alla sua scoperta.
- __
1
A rV U CÀ fo s c h i m m e l l
h d a a llu n i a d ò g g i a n c o ra n o n s ’è
fin ito ?
q u in to e v a n g e lis ta
A quanto pare, non s’è finito: si con­
tin u a a cercare. La prova del resto ne siamo noi qui: co­
s’altro stiam o facendo?
a v v o c a t o s c h i m m e l l (Ironico)
A nche tu? N on dicevi
d ’essere il q u in to evangelista, il supertestim one, il d eten ­
to re della verità finale?
q u i n t o e v a n g e l i s t a (In tono asciutto )
Il Q uinto Evange.
lio non è niente di tu tto questo. Il Q u in to Evangelio è lo
\
qptVii-n „1.. ..
l a d r o n e (Con forza)
M a d o v ’è che siamo finiti?
N q o stavam o dom andandoci che senso avesse, che valore
p rim o
Il Quinto Evangelista
37 L—
il « P a d re , li ho salvati tu tti » J v A voi sem brerà niente:
ma per noi qui, pei cattivi, pei m alvagi della Passione può
avere la sua im portanza, non vi pare?
a v v o c a to s c h im m e ll
M a che peso può avere? O ccorre
prim a andat e,
st abi l ire anzitutto se G esù fos­
se un Dio. Altrimenti si chiacchiera a vuote.
g iu d a
Ma
¿ ’ho d etto : io lo so che era Dio.
N on ci fossero altre prove, basterebbe la mia condanna.
(
A m eno che vera­
m ente non si possa stabilire che in quel « tu tti » sono in­
cluso anch’io, con tu tto il carico di quel che sono...
m a tte o
In un passo del mio V angelo è scritto che il C ri­
sto è venuto p er dare la sua vita in riscatto dei m olti, i
, se c o n d o » i l - t e s t ^ g r e s a . G esù però dis­
se
m e,..ne r a m m e n to a n c o ra . E R abbìm è qualcosa
di più dei
-n n-T ir ù ftm e In m H t i tu d in e d p g |j
Mutando tono, e quasi con timidezza)
Rabbìm,
g iu d a
m a tte o
La moltitudine r Q uindi t u t t i /
Forse n o n esattam ente, alm eno nel senso in cui vor­
resti tu.
g iu d a
N on m e, d u n que, non questo qui, non questi altri
qui?
N on ciascuno
in quanto uom o, indipendentem ente da quel che è, dalle
inclinazioni che si p o rta dentro, dagli erro ri che com m ette
— o è G06**etto»a -commettono» forzato a com m ettere? Co­
me costoro
) che nel crocifiggere G esù
non facevan 9 che obbedire a un ordine?
b ara b b a
M Ìt se nel Q uinto V angelo dwweso ci fosse Swit-*'"
to
tale « P ad re, li ho salvati tu tti »?
jn o d e l p u b b l i c o - li Q uinto ¿V angelo? ¡¿ a non hai capi- j
to che lo stiam o scrivendo adesso?
-I
(Indicando Barabba, i ladroni, i soldati)
(indicando i soldati
(Al Quinto Evangeli
sta) Q sbag l i o ?. (Il Quinto Evangelista fa per rispondere,1
ma Giovanni lo previene.)
Un evento cosi grande come la com parsa del F i­
glio di Dio non poteva avverarsi, se voleva avere un senso,
se- n o a atttaversoT m a misera ea te n a iy » : senza includere, àmm m ^ e j p ro g etto di salvezza. Sacrificandoci il C ri­
sto e w & a ìe”condizioni perché ciascum .L ^à»i£eieL saoperare al proprio ¿ s c a tto seaza.ch£-tra.lui-'e Diw :SUSSÌS'teSSei*0JpÌR
A un p atto però. L ’ha proclam ato lui stesso: « Se
G io v a n n i
372
Il Quinto Evangelista
vi m an terrete nella mia Parola conoscerete la verità e la
verità vi farà liberi ».
s a c e rd o te
II che non significa, per l ’appunto, che ci
salvava indiscrim inatam ente tu tti. Ci restituiva al libero ar­
bitrio, alla facoltà d ’operare il bene, ma lasciandoci respon­
sabili delle scelte che avrem m o fatte.
a v v o c a to s c h im m e ll
II libero arbitrio!... fie r -te rm -d »
.qualche parte-che la metafisica del libero arbitrio non ha
altra funzione che quella di discolpare D io.
g iu d a
Sicuro, Proprio così. Basta pensare al caso m io. D e­
signato da sem pre a non com prenderlo ed am arlo male,
fatto nascere per questo con tu tto u n carico di disposizioni
che obiettivamente; notate, non mi rendevano affatto libe­
ro di riuscire diverso da quel che sono stato, eppure fatto
responsabile «L’nnaxnlpa commessa conformemente alla na-_
Ulta impressa in--me nascendo.
m a tte o
E ri stato però con lui, avevi ascoltato la sua parola.
g iu d a
Che c ’entra! G esù lo sapeva come ero io, allorché
mi scelse: le m ie invidie, i m iei rovelli, la mia aridità.
A nch’io, allorché mi scelse, non ero che un pecca­
tore.
g iu d a
U n peccatore? U n pubblicano! M a io ero un isca­
riote. E tu sai cosa significa.
u no d e l p u b b l ic o
M a iscariote non significa che tu eri
di K erioth?
g iu d a
E K erioth d o v ’è? Scovatela, se vi riesce... N iente affat­
to: l ’iscariote significa il sicario, uno «he .era avvezzo ad agiad usare il pugnale. C ontro i Rom ani, si ca­
pisce. M#~ec4U4Uclla la. mia natura, ero staro fatto così.
m a tte o
(Dopounapausa) Badate, però: non bisogna fraintendermi,
n »»pensate, vi prego, a qualcosa d’ignobile. In fondo àli­
ghe. .Pietro, era stato degli Zeloti, proveniva, voglio-dire, da
»».altro gruppo d’estremisti, e un altro estremisti^ un avver­
sario dei rom ani, era anche questo qui, il fam igerato B arab­
ba. A ltro che un ladro e un m alfattore, «»me. qualcuno -dt
aoi ha scritto^ mdrrnndrrgtr-etnmgelisii-.- Qtttndf,
avvìZÌWTh-
d&n~a PtgtVtr) M a spiegaglielo tu che cosa eravam o, par-ehi
.ei agitavamo, quali attese ci portavam o dentro. Qìteeemre
Bietrrr'nò ft rTfpurtde; ■torna. uej'.w .Ba>uiMmy~ Pfd-,' -iSfnr'Ttt7Tn-
Il Quinto Evangelista
373
MMqjJKabtft». .^ycntecM M ìternon*yqrfer- È -in salvo, lai. È gforioso, è orm ai un santo. E allora, spiegaglielo tù.
b ara b b a
N o, no, non così. N on c ’è nulla tra te e m e, alm e­
no nel senso in cui l ’intendi tu. P erché io, a differenza di te,
non seppi m ai chi era G esù.
g iu d a
P erché? Lo seppi io forse? C redi forse che
si
facesse conoscere?
a me
b a r a b b a (Senza badargli e con voce addolcita, rivolto agli al­
tri) Bisogna prim a ca p irti, Wvèwtà-eleile còse. C he-potete
sap e m s2 T u (a Giovanni) sostieni che ero un ladro, e que­
sto non è vero, alm eno nel senso in cui è stato inteso: fe­
ce com odo ai rom ani, processarm i com e ladro. Secondo v»i
d u a (m
f
io ero u n sedizioso, autore d ’un
om icidio. E anche questo è vero solo in parte, perché non
spiegaste affatto qual genere di rivolta io avessi itwaiSfttio.
si è avvicinato alla verità.
Soltanto k ¿'■{’indicando
In che m odo mi definisti?
m a tte o
U n désm ion eptsem on, un prigioniero illustre..
t
b a ra b b a
Precisamente. E lo ero. U n capopopolo e forse più.
T em uto dai R om ani, catturato, condannato a m orte. M a
nem m eno così si capisce Bene, che cosa fui.
)
V uoi farci udire le parole di P ilato alla folla?
m a tte o
) « Chi volete c h ’io vi li­
beri: B arabba o G esù chiam ato il C risto? ».
b a ra b b a
N on proprio così.
P u o i attestarcelo tu, com e disse
QUINTO e v a n g e l i s t a
« “ Chi volete c h ’io vi liberi: G esù
d etto Barabba o p p u re G esù chiam ato il C risto ? ” . R ispo­
sero: “ G esù B ara b b a” . E Pilato: “ Che farò io d unque di
G esù chiam ato il C ris to ? ” ». j t h_J Tt, fi»
„
b ara b b a
Eer-Tapptmte. A vete «dito? M i chiam avo anch’io
G esù: G èsù Bar-A bba, G esù Figlio del Padre.
f i (*
M u tiea.)- Tavevi-xicardato, ma parve sacrilego e venne y»\tm4 d 0ilri
dal tu o Inoliti. Sicché è rim asto solo questo mio soprannom e,
oscuro per tu tti, esecrabile per i più, quando invece, lascian­
dom i per esteso il m io nom e, si sarebbe com presa l ’ironia
di P ilato e che cosa si propose opponendom i a G esù. Perché
anch’io, a m odo m io, ero un p o rtato re di messaggio, anch’io
Marco e Lucaf
Matteo^
(A Matteo
(Cercando e poi leggendo
(Scuotendo il capo)
Evangelista)
(Al Quinto
^ e ^ O ^ ^ ra v o i n ^ 'v i s t ^ ^ ^ ’K ^ n o , prom ettevo una libertà.
374
II Quinto Evangelista
Senonché nello stesso tem po viveva un altro G esù che-andava-m-gko pmdamanclost ora'li Figlio dell’Uomo, ora*il
Rgli<» <li Dio, e anche lui prom etteva qualcosa di lontana­
m ente simile. P otevam o allearci, non vi pare? Oppure scon­
trarci, se ri fossimo imbattuti. P oteva, se mi cercava, p er­
fino avermi tra i suoi discepoli. E invece no: dovevo passa­
re lontano da lui, senza averlo mai veduto, finché qualcuno
ad arte* per u n suo calcolo politico, non avrebbe preteso una
scelta tra lui e m e: G esù Figlio del P ad re opposto a G esù
Figlio di Dio. P ensate che ironia, ehe-sapiente ironia: due
m odi d ’essere, due m etodi, due linguaggi, due princìpi in
contrasto, due m aniere d ’esplicare la prom essa del M essia,
due„diverse visioni del Regno e prospettive di salve&aa p ro ­
poste ai G iudei perché si pronunziassero. Che colpa ho io
se preferirono m e? M e, m ’avevano com preso.
P i e t r o (R apidam ente e quasi so tto vo ce)
In effetti in quel
m om ento fu o p erata una scelta. Si chiariva qual era il senso
della m issione di G esù, per chi era venuto, quale regno an­
nunziava. R ifiutato dagli E brei, G esù cessava d ’essere il
M essia annunziato agli E brei, si chiariva che era venuto p er
il riscatto di tu tti gli uom ini.
AVVOCATO SCHIMMELL S.I, cL ia riMAj-si rhuinvn ,. Ma )w ia r q g
s ta re -i simboli. O piuttosto,-«»-«!, restiamoci, però per dfcc-ohe B arabba fu lo scacco-del -Cristo: lo scacco e il pre-
Indio-di eiò che sarebbe accaduto tante altre volte, dopo d’ai-.
fora: -forrvenuto-per gli nomini, a salvare gli uomini,-dteev»?
M a gli uom ini, li conosceva? N e conosceva i bisogni, le
reali aspettative? C hiam ati a scegliere „.come accadde, tra
u n regno spirituale e uno tem porale, tra una fum osa p ro ­
messa di salvezza oltrem ondana e il qui e ora dei valori
concreti, da realizzarsi subito, su questa terra, non ebbe­
ro dubbi e fecero bene. W~cipet»; Barabba fu lo scacco
del C risto, la prova che l ’uom o era deluso del suo M essia.
(R iv o lto a Barabba) N on è così?
b a r a b b a ( P erplesso) State ipettelfiià© le cose in un certo m o­
do... ( A l Q u in to Evangelista) T u però dovresti sapere che
scorgendo G esù p o rtato via sotto la croce, io gridai: « Si­
gnore, e dove andrò io? ».
ce n t u r io n e
V uoi dire che lo riconoscesti? Che ti conver­
tisti?
Il Quinto Evangelista
}75
(Scuotendo il capo
) N on lo so, non lo so. H o ta­
ciuto dopo d ’allora. E che posso dirvi ora? U n dubbio? N on
10 so. Un p resen tim ento? N on lo so. Se però sono qui, ac­
canto a voi, vwgfierelire
forse è segno che non bastava. O che non
venni ricevuto.
g iu d a
) Sì, figuriamoci! T u, il sim bolo del«
tem porale, dei valori di questa terra, come dicono costoro!
) M a perché non dici anche tu che t ’era desti­
nato? D al principio dei m illenni il tuo ruolo era lì. Il p re­
scelto in luogo del C risto, era questa la tua parte, il ru o ­
lo al quale Id d io , nella sua giustizia, t ’aveva prescelto. Poi
uscivi di scena vilipeso e ignorato, senza che più nessuno
si curasse di ricordare non die» chi tu fosti o-cosa-fosti ve­
ram ente, m a.jàànm en© il tuo sgom ento d ’uom o e le parole
che dicesti.
c e n tu rio n e
Se non sbaglio però le tue venne­
ro tu tte registrate.
g iu d a
N on tutte, no« tu tte!
È vero, tu hai ammesso che G iuda era pieno di rim or­
si, che per questo gettò i danari nel tem pio. M a tu
, alm eno tu,
aai gufi .che
pwtan»U J ’essere, dovresti sapere il resto: come G iuda fuggì
lontano dal tem pio, come corse in direzione del pretorio,
com e, scorgendo G esù che ne usciva flagellato, gli corse
incontro gridando: « Signore, se altro non posso, ti offro
la mia colpa ». È vero che disse così e che il C risto l ’igno­
rò? E che solo dopo, solo dopo G iuda corse ad im piccarsi?
q u i n t o e v a n g e l is t a
Ma. appunto. T u non ti condannasti
allorché trad isti G esù. Ti condannasti allorché gli offristi
11 tuo peccato, no n il tuo pentim ento.
g iu d a
M a se G iu d a era pieno di rim orsi! Lo ha scritto
anche M atteo.
q u in t o e v a n g e l i s t a
E ra vergogna, non rim orso.
g iu d a
E che differenza fa?
q u in to e v a n g e lis ta
Lo vedi? T u tto ciò che ti si addebita
in effetti risiede qui: l ’inerzia del cuore, l ’aridità. Passasti
dal livore alla vergogna alla disperazione senza essere capsre««dfun solo m oto non dico d ’am ore, ma di pentim ento.
g iu d a
L ’am ore, l ’am ore: non sab ara b b a
da e i ladroni),
(Con sarcasmo
(Mutando tono
(accennando vagamente verso Giu­
(Sarcastico)
(Con forza)
teo)
Quinto Evangelista)
(Assorto, a capo basso)
(Rivolto a Mat­
(al
376
II Quinto Evangelista
pete dire altro. Il C risto che è am ore, che ci ha salvati p er
am ore...
avvocato s c h im m e l l
H a ragione. À furia di pronunziarlo
l’avete reso così stucchevole! U n v>«Ìgelo di forza anziché
di m ansuetudine, una fonte p erpetua di v irtù alternative:
ecco ciò che sem m ai ci si doydva atten d ere da un M essia.
I N on soltanto il latte e miele.-ui codesto vostro am ore.
sacerdote
Lei trascuracene pel C risto, quale i V angeli ce
lo descrivono, l ’am ore''designa una v irtù assai diversa dalla
docilità... M y -n u i y 's m i'flCJ, la picgop T ntfiiflino'eontimwipc
g iw »a (fSu»pi\. tm u r te ) G ià, appunto... E se io vi dicessi
che la sorte di G iuda raffigura non dico il disam ore di G e ­
sù, m a la finitezza di quel tale am ore, la sua im perfezione?
C ’è u n episodio (ai quattro evangelisti) che nessuno di voi­
altri q u attro s’è curato di narrare. F u quando G esù mi volle
tra i suoi discepoli. Io esitavo a unirm i a lui, ne ero at­
tirato m a non coinvolto. Ne avvertivo il prestigio, però
non l ’amavo, alm eno nel senso in cui dite voi. M a lui mi
disse: « Seguimi lo stesso: am erò io p er tu tti e due ». (D i
scatto, con sarcasmo) Ce n ’era abbastanza per fidarm i, no?
E invece eccola qui, inscritta nel m io destino, la m isura del­
l ’am ore che il C risto mi ha p ortato.
q u in t o e v a n g e l is t a
II C risto però non ti disse solo:
« A m erò io per tu tti e due ». V edendoti ancora esitante,
aggiunse anche queste parole: « Lo vedi? Sono-qui le radici
'debttK verrerei» che tu non credi che in m e ci sia am ore b a­
stante per am bedue ».
g iu d a
E tu ttav ia lo seguii.
q u in t o e v a n g e l is t a
M a pieno di riserve. M à ritroso, so­
spettoso, continuando a dubitare.
g iu d a
E perché non il dubbio, in attesa d ’una prova?
q u in t o e v a n g e l is t a
M a la prova era già in te: ib»suQfciiiv i« s la sua chiam ata, il f«ttr r ‘chrTO ' fossT 'grtratt«r-se--pi^f e tis c i, lo s in
g iu d a
q u in t o
,
Che non fu b astante a convertirm i.
e v a n g e l is t a
C he poteva b astarti, se tu v ’eri dispo­
sto.
SeVera disposto, per l ’appunto. P redisposto, diciam o.
Se-l-’insieme-di disposizioni- impresse.in me nascendo m*9'-
g iu d a
Il Quinto Evangelista
377
vesserò xeso. tale, da essere sensibile alla sua chiamata.-O se
iLCristo m’avesse amato al punto da volerle modificare'.
uno d e l p u b b l ic o
Ma siamo di nuovo dove s’era prima!
Non si fa un passo avanti.
è,- a conti fatti, il nocciolo stesso del tema della redenzio­
n i Se ci b adate, nella Passióne ’¿Lioiiiaedde'm o r ta la m ia e
quella di G esù, e am bedue, pare, necessarie al piano di sal­
vezza: come se, p er p o ter dire « Li ho salvati tu tti », fosse
occorsa prim a la v ittim a, il destinato alla caduta. Ci pensa­
te? U n Dio che sostiene di voler salvare gli uom ini addos­
sandosi lui i peccati di tu tti, e non solo non trova il m odo
d ’addossarsi anche i m iei, ma sem bra com piacersi di la­
sciarmi perire affinché sia p erfetto q u è l-4ale piano di sal­
vezza... Vi sem bra u n paradosso? Ecco, ascoltate questo (aer
c&staudasi-a-G iovanm , facendosene dare il libro e poi leg­
gen d o le) : « Io li ho p ro te tti e nessuno di loro è perito, ec­
cetto il figlio della perdizione, perché s’adem pissero le Scrit­
tu re »... A vete u d ito ? Er“ 8wntture. Dovevano adempieraikS^rittq ye. JL X Ùàata ricusò di salvare m e perché s’adem pis­
sero le Scritture. M a perché m ai? Che senso ha? Spiegate­
mi prim a questo. (G m rd a n d n rr~ in w rn o to m e in ierid'~AT
risposta). Lo vedete? E tu ttav ia il tem a della salvezza, se
voi ci pensate, si riduce tu tto qui: era possibile salvare
G iuda? E C risto, lo poteva?
d o tto r e h r a rt
tlo'dettouD avohada qualche pane — in 1
ubo-strana libro, però —.che G esù non ha voluto salvare
G iu d a per conservare all’uom o la possibilità di peccare, in
altri term ini, la facoltà di scelta.. Se preferite, la libertà.
g iu d a
E»eioè,.
G esù avrebbe avuto
la facoltà di salvarci, J j i a . non quella d ’affrancarci dalla
tendenza a peccare,
E com unque, se è vero, è
accaduto a spese mie, di q u est’uom o qui. PerlSmitìiLIiBan~fe
valsa- la parabola del buon-pulitore, per G iuda non sono val­
se (rivo lto verso G io vanni) le parole che scrivi tu: « D i co­
loro che m ’hai dato non ne ho p erd u to nem m eno uno ».
A n ch ’io gli ero stato dato: ma me, ha preferito perderm i.
E perché p ro p rio m e?... N essuno m i risponde? ( A l Q uin­
to Evangelista) C om ’è, neppure tu ? P arlavi come se fossi
il dizionario di D io !...
378
II Quinto Evangelista
Èr*€he siamo sempre li, T i ram m enti
delle parole pronunziate d | G esù? « G li sguardi del Signo­
re sono fissi a colui che l ’ama ».
g iu d a
O ch’egli am a? Q uesto a ..il p u n to . Sai benissim o
q u in to e v a n g e lis ta
quanto è incerta, e quanto ambigua, quella frase...E come
tutto-prova che è giusta la versione mia. L ’intero com por­
tam ento di G esù nei m iei confronti sta lì a dim ostrare che
egli non m ’amava, che mi volle perd u to perché non m ’am a­
va. R am m entati d ell’ultim a cena: annunziava a noi discepo­
li che uno di noi l ’avrebbe tradito, e non
p er ferm arm i. Aneti
QUINTO e v a n g e l i s t a
M a tu, tp l ’am avi?
g i u d a (P iù sp en to )
H o cercato d ’am arlo. Q uante volte, in
tre anni, mi sono esam inato. Q u an te volte, m entalm ente,
sentendo sussistere le m ie riserve, scoprendom i in preda al­
la mia aridità, l ’ho quasi im plorato: « F am m i conoscere,
Signore, dj che am ore debbo am arti ». E allorché gli udii
dire ‘
ne j tuo Vangelo): « A nche se voi
mi sarete infedeli, io vi sarò fedele », tu sai che corsi a
chiedergli se valeva anche p er me.
QUINTO e v a n g e l i s t a
Mtr^4b-fledo-'-di--tuttct,-questo,-Fcs-
setMifl-stessa della ttram lpa-ìn effetti fin dal principio tu
ti sei rifiutato di credere ^-rifiutato, bada; sto pesando*!«
patohì'—
w che nel C risto ci fosse am ore b astante anche per
te. E il suo soccorso poteva estendersi m a g f i fino al d u b ­
bio, ma non fino al sospetto di lui, del suo am ore, alla m an­
canza di fiducia nella sua fedeltà.
■
s a c e r d o te .., H o . l ’im pressione, che stiam o perdendo d i vista
il n o stro tema.
Av v o c a t o
s c h im m e l l
B e ato « led » c h e« sa . a n c o r a q u a l e r a il
.n ostro tema! La ogni casa l ’errore che stiam o com m etten­
do è d ’andare nel sublim e delle spiegazioni teologiche inve­
ce di stare nel terra terra dei fatti, del concreto. Sforzia­
moci, per un istante, di non pensare al C risto-D io, rip o rtia­
mo la vicenda n ell’ordine delle cose um ane; ad d irittu ra, p re ­
scindiam o dalla questione del tradim ento, l ’azione riprove­
vole, il grande abom inio che ha fa tto p er secoli da para: vento alla realtà. Che cosa ne rim ane di G iuda, d ell’odiato
G iu d a? Assai sem plicem ente, un contem poraneo di G esù
che l ’ha seguito, l ’ha ascoltato, s’è illuso sulla sua mis-
Il Quinto Evangelista
379
sione, ha fatto ogni sforzo per credere in lui, ma alla fine
s’è convinto che G esù non era u n D io. A ltri discepoli -ei
furoflo che abbandonarono G esù, che alla lunga, dopo aver­
le-ascoltato, rinunziarono a dargli credito. G iuda fu appena
il più fam oso di costoro, E- in realtà egli non è altro, che il
m eno fo rtu n ato tra i ta n ti che s’avvicinarono a G esù senza
lasciarsene convertire: il prim o insom m a che l ’abbia guar­
dato senza candore, con occhi critici, il prim o dei suoi in­
finiti fallim enti. C he se ne sia allontanato oa v e ro lo ab­
bia tra d ito Kse»v«»~€t pensate, diventa inessenziale.
m a tte o
E h, no! T u tto ciò che sappiam o di G iuda è connes­
so esclusivam ente al suo tradim ento. F in dalla prim a volta,
quando vengono chiam ati i dodici
num i
deirdedici apostoli sono: il primo Simone, chiamato Pietro-,
A«d*ea.aua fratello; Giacomo e Giovanni figli di ZebedeO;
Filippo;- Bartolomeo;. Tommaso; Matteo il gabelliere; Glaeof»©JaglÌQ, di Alleo ; TaddeQ; Simooe"if canaTTeot e ’Gfmia
adì ». Senza
Ìiscariota, che potalo tradì
òenza dir
dire che ddaa me, come
sem pre nom inato per u lti­
mo: segno che d o vette proprio esser chiam ato per ultim o.
Il che ci spiega alm eno i suoi rovelli, la sua invidia.
a v v o c a to s c h im m e ll
N on l ’invidia! Sporchiam o tu tto ...
»oi-per-Gktda, semmai; occorre partire_da ^ ‘ wannt; De-
Vavvicina a Giovar se rìe''{a dare il libro, ne sceglie il passo, con l’indjic, •
mtato lo restituisce a Giovanni.) T i prego, leggi q t
GiottANNi (Leggen,
« M olti dèi suoi discepoli, avendolo
‘esse rd un passo, al sesto capitolo....
sto p u n duro parlare. E chi p u ò aqu d ito , gli dissero:
i scandalizza? E quando vedrete
c e ita rlo ? ”. E G esù:
Figlio d ell’Uom o s a lire , d o t e r à prim a? Lo spirito è q u ii
p o rta a niente. Le parole c h ’io v ’h )
ch a fa vivi, la carne
vita. E ppure tra voi c ’è ^ncora chi n o i
d et e sono sp in to
crei e ” . Da allorjZm olti dei suoi cessarono di seguirlo. Disse
alloca G esù a n o d i c i : “ V olete andarvene*apche v o i? ” . G li
e P ietro: “ Signore, e da chi andrem m o? Tu
risp sse Si:
hai paro'
v ita eterna e noi abbiam o credutole conosciu-l
to (pe/H i sei il santo di D io ”. R ispose G esù: “ No'hsijo scel­
to jp voi dodici? E p p u re già tra voi ce n ’è uno c h e 'i vu q j
d i p o l o ” ».
a v v o c a to s c h im m e ll
N on così. C on più rilievo.
(Ripren-
380
II Quinto Evangelista
l'q u d g l e ultim e parole con scansione diversa) « “J s n o i
bbiam ò^£ieJ«/o e conosciuto che tu sei il santo di,D io ”. Ri
pose G esù: ^ N p n sono stato io a scegliere voi-; voi dodici;
E p pure già tra vài^c^ n ’è uno che è un diavolo" »... Mi
>rima ha d etto : « E p p u re .tra voi c ’è ancora chi non crede »
'Jon formalizziam oci cioè stk quel d ia vo lo : è un m om en­
to d ’amarezza, uno di quei momerfti in cui si dicono le peg>ior cose. R icostruiam o invece la scena: quasi tu tti i se­
guaci sono p artiti, non credono in lui è ^ ’hanno abbandona­
to. Solo i dodici sono rim asti: poca cosa, non vi pare?
Sicché quando P ietro lo assicura: « N oi restiam o », G esù
ha uno scatto: « O h , non crediate! Perfino in mezzo a voi,
i chiam ati, gli eletti, uno ce n ’è che non ha fede iti. me »...
E cioè, G iuda in partenza non è affatto il trad ito re.’ T anto
meno, uno pieno d ’invidia, uno roso dai rovelli. E nemmi
u n i c h e m anchi all’im pegno co:
gli apostoli, semmai,
G iuda esprim e il principio del dubbio, è colui che fallisce
alla prova della fede. É il rifiuto alla fede, il peccato di
G iuda, l ’incapacità di convincersi che colui che l ’ha chia­
m ato sia veram ente il figliuolo di Dio. E p p u re no»-parte; e p ­
p u re rim ane;
«.M a-quest-É-aon-è il figlio d i G iù seppe
s’ostina a
non lasciare G esù, cim entandosi coi p ro p ri dubbi in attesa
d ’una prova: lealm ente, fedelmente, senza affatto antive­
dere quale destino lo aspetta... (A g li evangelisti) E voi d ’un
uom o così me ne fate appena u q ¿invidioso!
s a c e r d o t e (Sorrid endo)
’N on dirà di sentirsi congeniale con
G iuda...
a v v o c a to s c h im m e ll
E perché no, in fondo? È il d irit­
to alla prova, la vera colpa di G iuda: un principio alto,
no?
4
Q uinta.
Però,
(isevandtr- 'mdite verso, il
Evangelista.)
ri Quinto Evangelista, vedo, non è d ’accordo.
QUINTO e v a n g e l i s t a
È che lei •dT 'flhG iud» u n lib ero p en *
«MUarp {fila
iyjgfa**
tra-credere- e am are -nel q u aleaesu n e. G iuda non fu u n alfiere del dubbio, come...paté,
che voglia-lei.. Fu u n uom o che rim ase freddo al richiam o
di G esù: non ebbe abbastanza am ore p er fare il balzo fino
alla fede, non ebbe abbastanza fede p er fare il balzo fino
Il Quinto Evangelista
381
all’amore. T *■- nr,j
T raduciam ola così :
G iuda- in -fo n d o e r a u n uom o che aveva fam e d ’am ore. E p­
p u re peccò per po v ertà d'amore?*
g iu d a
Perché il C risto non lo aiutò. P erché non venne cor­
risposto.
q u in t o e v a n g e l ist a
O perché non corrispose. L ’abbiame
già veduto.
giuda /i Cosa? f i \ « T u non credi che in m e ci sia am ore b a ­
stan te per am bedue? ».
Pietr o Per l ’appunto: la grazia che ti si offerse nella sua
interezza e che presso di te agì poveram ente.
g iu d a
O h , P ietro che parla di grazia, lui che subito ha
avuto tu tto !... E la grazia poi... L dissurdo cioè di chi prim a
prom ette: « C olui t h è viene a m e non lo rigetterò », e affer-.
sa®-««' « ta n te dopo, m a p ro p rio u n istan te dop o; « Ne?» u iia p u ò venire a m e se non lo a ttra rrà il Padre m io ».
q u in t a -ev a n g e l ist a -Provati però « -in v e rtire l ’ord in e. E
■magari a variare appena: « N essuno p u ò venire a m e se
n o n i o a ttra rrà il P ad re m io » e: « C o lu i che rim ane i n m r
V edi com e diventa logico? E come
ìctmi- istantr; prri-con- jorzaj" “ E
tu ttav ia n o n è giusto:- io volevo restare in lui» (C e r a n d o trrt&m&'-eon-'ier-sgmirdo-e indicando il C enturione) A costui
che com andò coloro che lo crocifissero fu consentito di di­
re: « È veram ente il figl|o_di_Dip ». Io venni costretto ad
- andar via d isp erato .Uvla anche il re s to ..'.^ . Detania. allorA ~ ché M aria, la vsorella di Lazzaro, en trò per cospargere di
/
p rofum i G esù (N il m om ento dal quale voialtri avete fatJ
to incom inciare il\m io tradim ento), non m ’indignai mica
io solo di tu tto quello spreco. A nche tu lo facesti (indican­
do M a tteo ) , e a n c h e \u (indicando P ietro ).
■ P ietr o N oialtri però cr\ bastò la risposta di G esù. T u in­
vece ti recasti subito a tra tta re coi sacerdoti.
\ g iu d a ( Sarcastico) M a perché io ero u n critico! Se pre\ ferisci, un m oralista che pretendeva un M essia in arm onia
col suo messaggio. M a c o m e \u n C risto, dico u n C risto,
il prom esso, l ’atteso, che va proclam ando il disprezzo del
m ondo e in tan to condiscende alle, attenzioni d ’una donna;
che ci p o rta a G erusalem m e per abbattere il tem pio e fon-
82
II Quinto Evangelista
dare finalm ente il regno di D io, e poi s ’arresta, esita, torna
in d ietro, perde tem po a B etania, a tavola, tra le m ollezze...
Ce n ’era abbastanza p er esserne delusi, no? O alm eno per
richiam arlo alla coerenza con se stesso.
m a t t e o ( Sarcastico anche lu i)
E p er questo corresti subito
a patteggiare coi sacerdoti.
giuda
N on per questo. E non subito. Scrivendo così hai im ­
m iserito le cose, m ’hai fatto v ittim a di non so che m oto
d ’avarizia o di rodim ento, quando n ell’anim o di G iuda, nel­
la vicenda di G iu d a agì qualcosa di più enigm atico - e cer­
to di più alto. ( A L uca) T u ad esem pio nem m eno accenni
a B etania, le cose, se non sbaglio, le sposti più indietro.
l u c a (Sfogliando il suo libro e poi leggendo)
« G ià si av­
vicinava la festa degli azzimi, la Pasqua. E i gran sacerdoti
e gli scribi cercavano il m odo di uccidere G esù. A llora Sa­
tana en trò in G iuda ebiamat© Tiscariota, ehe era nel nume­
ro’ dei dodici. Andò costui dai-gran sacerdoti e dai capi delle
milizie e tratto-eon essi come glie lo avrebbe consegnato ».
giuda
A vete u d ito ? « S atan a entrò in G iu d a » . Siamo già
fuori della psicologia spicciola, nei territo ri del m etafisi­
co. P erò non basta, è tro ppo sem plice. G iovanni chiarisce,
m e g lio rweila’ seeH'g'tie'l-Genoeotet ( A G iovanni) Vuoi leggere jju?
Giovanni (L eg g en do)
« D ette queste cose G esù si sentì scon­
volto nello spirito e proclam ò: “ In verità in verità vi dico
che uno di voi mi tra d irà ”. Si guardarono l ’un l ’altro i di­
scepoli, ansiosi di chi parlasse. U no dei discepoli, quello
che G esù amava, stava appoggiato sul suo petto. Sim one
P ietro gli fa cenno e dom anda: “ D im m i, di chi parla? ” . L ’al­
tro , chinato a quel m odo sul p etto di G esù, gli dice: “ Si­
gnore, chi è ? ” . R isponde G esù: “ È quello per cui io in tin ­
gerò un pezzo di pane e glielo d a r ò ” . E in tin to il boccone
lo prende e lo dà a G iuda di Sim one Iscariota. D opo quel
boccone Satana entrò in lui. A llora G esù gli dice: “ Q uel che
fai, fallo p re s to ” . N essuno dei com m ensali capì perché
avesse parlato così. M a G iuda, preso il boccone, se n ’an­
dò senz’altro. E ra n o tte. U scito lui, dice G esù: “ O ra è sta­
to glorificato il Figlio d ell’U o m o ” ».
giuda
Basta così! ( I n tono turbato, poi via via riprenden­
do si) Q uesto appunto è il m om ento. L e-eem rr'-in ro m trr-
Il Quinto Evangelista
383
ciata>^l clim a è sereno. Poco fa è avvenuta la lavanda dei
piedi e'fciè stata perfino d ell’allegria, P ietro nel solito suo
candore ha esclam ato: « Signore, non i piedi soltanto-, m a le
m ani e il capo ». P oi G esù ha in v itato i dodici alla recipro­
ca fratern ità, poi, ha avuto una frase oscura: « N on parlo
di tu tti voi, conosco quelli che ho scelti ». M a come p o te­
va capirla G iuda? P el m om enfo è tranquillo, si sente tra i
prescelti. B eninteso, qualcosa sta accadendo nel suo ani­
mo: dal giorno di Betania non è più il cieco discepolo che
s ’affida in tu tto al suo m aestro, lo va vagliando, lo scruta,
incerto se dargli credito. T ra sé e sé lo vorrebbe diverso.
Che fa, cosa p ro m ette? D ov’è il Regno del quale assicurava
la venuta? D i tu tte le grandi gesta che s ’aspettavano da lui
s’è lim itato alla b ravata di scacciare i m ercanti. È insom m a
questo il M essia? ^Ne è ten tato e insiem e diffida... G iuda,
forse, ha anche aVuto delle proposte dai sacerdoti. Le ha
respinte, però. La prova ne è che è qui: diverso, sì, dagli
altri, ma disponibile quanto gli altri. Satana, in ogni caso,
non è ancóra entrato in lui. D iciam o che è in bilicopvuole
ancora ascoltare G esù, convincersi che è il C risto, lasciar­
sene U n ta re nuovam ente. Diciam olo altrim enti: si tra tta di
una p artita aperta, e G iuda potrebbe ancora vincerla se solo
G esù non avesse già deciso di rifiuta rlo / fi)i sicuro G iuda è
in attesa d ’un segno, che so, d ’un m oto d ’am ore, clùina stil­
la di carità. E invece è lo scherno: il pezzetto di pane in­
tin to , la messa alla gogna agli occhi di G iovanni. S tupefat­
to, tu rb ato G iu d a cerca gli occhi di G esù, dom anda m u ta­
m ente il senso d i quel gesto. V orrebbe esistere, p er un
istan te alm eno, nel campo del suo sguardo. N otate: in q u e­
sto istante, tu tto è ancora possibile. M a G esù nem m eno lo
guarda, lo ha escluso, lo ha respinto, non è più nulla per
lui. H a deciso, p er l ’appunto, che in lui en tri Satana. V oglia­
m o m eravigliarci se alcunché di fosco e bieco, un rovello,
una cieca rabbia s’im padroniscono del suo anim o?
q u in to ev a n g e l ist a
N on è esatto. È vero p iu tto sto che
porgendogli il pane G esù lo fissò, ma G iuda distolse gli oc­
chi. E solo alloray-e-v-salo' per questo, in lui entrò Satana.
g iuda ( C o lp ito )
Sai anche questo?
q u in to e v a n g e l ist a (Senza interrom persi)
Ci fu, da parte
di G esù, u n ’u ltim a p r o f f e r t a d i grazia ancora.
(
384
11 Quinto Evangelista
M a tu eri in p red a a una specie di .trista- vergogna. E ti ci
sottraesti.
g iu d a
) E q u an d ’anche fosse? U n uom o ha
d iritto al suo orgoglio, no? E lui con quello sguardo non so­
lo mi frugava d en tro , ma mi voleva m ortificato, asservito
alla sua pietà. Q u e ll’intrusione intollerabile nell’intim o del­
la m ia coscienza, l ’arroganza vorace della sua com passione!
E poi con quello sguardo mica voleva sottrarm i a Satana:
voleva solo farm i pesare ancora una volta la sua bontà,
m agari solo m isurare il male che facevo. D opo di che sa­
rei diventato p iù consapevole e m eno innocente. L ’inno­
cenza nel peccare, ecco ciò che mi toglieva!
) E tu dici
che era amore!
sa c e r d o te
Si calmi, stu d en te Toepfer: non cre­
derà mica di star facendo del dram m a vero!
g iu d a
A h,
sì... ìCom.^.i.*f riso uh Poi-stridulo) E dire che n ell’assumermi il ruolo di G iuda io m ero riproposto di sostenere tutt ’altro. (Mau*tr<rcominceràa recitare il resto della battuta,
(Quasi gridando
(Accostandosi
al Quinto Evangelista e afferrandolo per il petto
(Energico)
(Guardandosi intorno tra torbido e stupefatto)
sLMerrà sfilando la tunica che aveva addosso — e che d'atra
in por terrà appesa al braccio) H o sem pre avuto una mia
tesi, io. E una tesi che, badate, spiega G iuda m olto m e­
glio. G iuda cioè p er me, per come me lo figuro io, non fu
u n discepolo sul tipo di P ietro, un candido, u n uom o
d ’affetti. Fu p iu tto sto uno di quegli esseri capaci di sole
passioni in tellettuali, di quelli cioè che s’innam orano delle
idee più che degli uom ini, il quale, se si 4 jcise a d en u n ­
ziare il suo m aestro, dove farlo per salvar^ a p p u n ta le»su&
idee, il suo messaggio. I .a -idee
utopie--hanno bisogno- di martiri, ■questo
peasere-Giuda; perché o si realizzano subito (il che accade
così di-radooppure invecchiano con l’invecchiare-di chi le
ha-manifestater a meno che costui non scompaia al-momenillora, non si sa con ì, sopravvivono sem­
pre giovani, hanno sempre, l ’età che egli aveva morendo...
Riuscite, a figurarvek»,- voi, un. Cristo -settantenne, •un saggio
con-la-barba bianca?... Sicché, quando vide G esù andare e
venire tra G erusalem m e e Betania velleitario, esitante, insicurO dei suoi scopi e vicino orm ai a diventare, agli occhi
Il Quinto Evangelista
385
della gente, un altro qualsiasi dei ta n ti falsi profeti, dovette
in tu ire (e ditem i voi se ha sbagliato) che soltanto se fosse
m orto in qualche m aniera m em orabile, m a adesso, qui, a
G erusalem m e, nel posto giusto e q uando ancora le sue pa­
role apparivano cariche di messaggio, soltanto allora la sua
esistenza si sarebbe fatta testim onianza e forse sim bolo,
forse m ito. E cioè: p er salvare il m ito del C risto occorre­
va sacrificare l ’uom o G esù. Vi suona strano? N o tate però
che, da come si com portano, i sacerdoti mica hanno l ’aria
d ’aver capito chi è G esù: e allora c’è il rischio che G esù
m uoia lo stesso, pia m qoia per quel che non è, com e un
qualunque
£ invece, se deve m orire, occor­
re che m uoia p er quel che effettivam ente è... Ed ecco allora
G iuda andare dai sacerdoti. N on va per odio, va semmai
p er am ore, e sia p u re u n am ore frigido, tu tto e solo in tel­
lettuale. E nem m eno va per tradire, em ne diciam o volgar­
mente.- E poi trad ire chi? G esù m ica è il capo d ’una setp iu tto sto p er rivelare il vero pensiero del suo m aestro, cer­
te arditezze, certe eresie cui G esù si lasciava andare solo
n ell’intim o, p arlando ai dodici... C on dolore, però, trep i­
dando, a disagio, e solo so rretto dalla convinzione che il
sacrificio d
avrebbe consacrato
affidan­
dolo all’avvenire. I n tal senso il bacio stesso diventa un
m om ento d ’alta em ozione, è u n addio dato all’uom o in vista
del m ito.
signora k u y pe r
Diventa una tesi tro p p o alta per u n G iu ­
da! G iuda le dico io chi è o a chi assomiglia: a uno di
quegli uom ini che non riescono a perdonare a Dio né di aver­
lo conosciuto né di averlo perduto.
g iu d a bGem-un breve riso)
E sia. Pazienza... (iev rf^n td o
che-sono entrati m entre lui parlava) P erò,
dopo che tan to è stato strapazzato G iuda, voglio ora vede­
re in che m odo tra tte re te i giudici di G esù: colui (
che per odio teologico pretese la sua condanna,
colui che p er v iltà
accondiscese alla sua
m orte.
p ila to
N on fu p er viltà.
P ilato fu u n uom o d ’onore, non uno che agisse p er viltà.
P o tè semmai essere diviso tra la sua coscienza e i suoi do­
’un Gesù
il Cristo
Caifa e Filato,
dandoCaifa)
(guardando Filato)
(Prevenendo Caifa, con calore)
guar­
386
II Quinto Evangelista
veri: un p o ’ come un ufficiale, p er fedeltà a un giuram en­
to , deve consentire a una cosa che in quanto uom o non ac­
cetta.
g iu d a
N on dirà che si sente talm ente P ilato sol­
tan to perché, come lei, era un m ilitare.
ji
p ila to (
Se non altro, per ìnaUi4» che indosso, posso meglio com prendere il suo dram m a; e
le sue ragioni. Ciò che giustifica P ilato è che in fondo non
era libero. O m eglio, lo era lim itatam ente a un m andato
che restringeva talm ente le sue libertà...
c a ifa
E allora com e mai si vanta con
G esù: « N o n sai che ho il p otere sia di liberarti che di
crocifiggerti? ».
p il a t o
Si vanta, sì. M a se ci badi, è il C risto stesso che le
sorregge, lo richiam a al suo ruolo, fi lui icBb l ’a w etHa:
« Bada che il p o tere del quale ti vanti non proviene da te,
ma ti è stato d ato d all’a lto » . Il tu o cioè è sì un potere,
m a en tro i lim iti d ’u n m andato: u n p otere che im plica un
dovere e u n ’obbedienza. T a n t’è vero che i G iudei, per fo r­
zargli la m ano, non fanno che ad o ttare la logica stessa di
G esù: « S e liberi costui, non sei amico di C esare» . E r e *
(Ridendo)
Alzando le spalle, serioso)
(Interrompendolo)
fiSHuaque non vedo perché si debba ancora discuterne. I col­
pevoli, i veri colpevoli li ha designati già G esù: « Il re­
sponsabile della m ia sorte », ha d etto a P ilato, « non sei
taiea tu. I responsabili sono coloro i quali m ’hanno con­
segnato a te ».
c a ifa
N on dice così. Dice solo che la loro colpa è più grande.
p ila to
E anche am m esso? P ressato dalla folla, fa tto ogget­
to d ’un ricatto, incapace d ’orientarsi nelle sottigliezze d o t­
trin arie d ’una religione che non era la sua, lim itato nePcfecijfefé' dalla fedeltà a u n m andato che g l’im poneva innanzi­
tu tto il ruolo d ell’uom o d ’ordine, cos’altro poteva fare un
funzionario, un ufficiale costretto ad agire entro i lim iti d ’un
sistem a, e le cui stesse prerogative erano già fissate
dal sistem a? Il suo dram m a, se ci pensate, è analogo a quel­
lo di chi è co stretto a com andare u n plotone d ’esecuzione.
C a ifa E h, via! P ilato poteva com unque dire no. Il para­
gone non regge.
p ila to
P uò darsi. E tu ttav ia qualcosa di vero
c ’è. Be« più che un protagonista, P ilato fu uno strum en-
(Titubante)
Il Quinto Evangelista
387
m assim o, una specie d ’esecutore involontario, che passò
nella vicenda incolpevole, se non innocente. P er analogia
t ci, mi tornavano alla
prep
poco fa vj a i
m ente i processi che nel M edioevo furono celebrati contro
gli eretici: le m esse a m orte sentenziate dai trib u n ali re­
ligiosi ma eseguite per m ano d ell’au to rità civile. E ra la
prassi e, a q u an to so, non s’è dato m ai caso che un espo­
n en te dell’au to rità civile si sentisse esonerato d all’eseguire
una sentenza nella quale non solo personalm ente non aveva
avuto parte, ma delle cui m otivazioni teologiche o era al­
l ’oscuro o in ad atto a giudicare. È il caso di Pilato, con que­
sta differenza: che P ilato alm eno resiste, s’allarma, s’appel­
la al popolo, pro p o n e la scelta tra C risto e B arabba, ri­
sponde ai sacerdoti: « M» m ettetelo a m orte voi ».
cai fa
M a rifiutandosi a quel no che aveva il potere di p ro ­
nunziare.
p il a t o
E tu glie lo rim proveri? P ro p rio tu? P roprio Caifa?
c a if a
Solo p er dire che nel caso di G esù il p otere tem pora­
le fu responsabile alm eno quanto lo spirituale. M a »■*»turai©^ visto G esù chi era, doveva essere così, dovevano
operare insiem e. Il to rto era tuo, che ti rifiutavi d ’apri­
re gli occhi.
avvocato s c h im m e l l
Signori, sigiMflTTumUlllFCllll di* ri­
cordarvi che il nostro scopo era diversa.'Si trattav a di sta­
bilire l ’id en tità di G esù, mica d ’assistere a uno scontro tra
i protagonisti della Passione. O ra ( e - ««usatemi se vi parlo
da avvocato) gli atti d ’un processo, p er som m ari che siano,
possono benissim o servire alAa-ficerea d ’una verità. Per k>
meno, a càjnlre la personalità d ell’im putato. Spiegarci, vogho -dire;-in-base~iccbe fu condannata, risalire ai reati ad­
d eb itati a G esù può aiutarci,. Hai-p ac e* a rispondere alla d o ­
m anda: « M a insom m a chi era costui? ».
PILATO M g, anch e così non si va m o lto in là. P er Caifa G e ­
sù è un agitatore religioso che si dichiara figlio di D io e vuol
far crollare il tem pio: ad d irittu ra p retende di sostituire al
tem pio m ateriale un tem pio intim o alle coscienze, u n tem ­
pio solo spirituale. È l ’eresia, d ic e v o , primay la m essa in
questione d ell’antica religione ebraica, della legge di M osé.
A P ilato però, con parecchia m alafede, è presentato come
388
II Quinto Evangelista
un politico, una specie di sovversivo, se non proprio un o p ­
p ositore del p o tere dei Rom ani: si fa re, p ertu rb a la na­
zione, nega che si debba il trib u to a Cesare.
avvocato s c h im m e l l
M a lo era, domando io., lo era effetti­
vam ente? Badate, è im portante per qualificare G esù... ( So-
vrappensiero, poi accostandosi a Giovanni, facendosene da­
re il libro e continuando a parlare mentre lo sfoglia in cer­
ca del passo) E agli occhi di Caifa non era mica chiaro chi
egli fosse o se fosse solo un agitatore religioso. M olte co­
se gli sfuggivano...
GiUDA" Glie T rervl 'dicevo* ...
AWOCATO' s c h i m m e l l (Senza badargli)
Ecco, ascoltate
questo. Sia p u re p er spiragli avvalora le accuse presentate
| uggendo-) « A llora i som m i sacerdoti e i farisei
[radunarono il Sinedrio e dissero: “ C he facciam o? Q u e st’uo­
mo fa m iracoli. Se lo lasciamo così crederanno tu tti in lui
e verranno i R om ani a distruggerci, città e nazione”. E uno
di loro, Caifa, disse:V “ N on sapete niente, non capite che
conviene che un uom o m uoia per il popolo, e non perisca
l ’intera nazio n e ” » \ f f Risollevando il capo). E cioè, la prim a volta che discutono di G esù, è secondario pei sacerdoti
il novatore religioso: spicca p iu tto sto l ’agitatore socio-po­
litico che forse, dico forse, cospira contro i R om ani, e che
in ogni caso rischia di m ettere i R om ani contro i G iudei. Il
che comunque,^*«—ei-batkrte^-ci cam bia le carte in tavola.
D ietro il G esù del m ito, il figlio di D io, il redentore, lascia
in tu ire il G esù della storia, quale dovè essere effettiva­
m ente: qualcosa com e u n capopopolo, più ptofSÉSffiSttte
u n ribelle m osso da idealità politiche e religiose insiem e.
signora k u y pe r (Con asprezza)
T u tto qui, avvocato Schim­
m ell? F rancam ente, non vede altro? Lei fa presto, col suo
agnosticism o, a sbarazzarsi di G esù. E deve provarne p er­
fino del sollievo.
avvocato s c h im m e l l
E lei, a sua volta, con la sua o rto ­
dossia...
signora k u y pe r
M a è che un C risto così, un m ero p ro ­
m otore di som m osse, non sarebbe sopravvissuto un giorno
alla sua m orte fisica. Tenga conto p iu tto sto d ell’insiem e
del suo messaggio: di quel che c’era di folgorante, di mai
prim a udito, di esorbitante risp etto a ciò che pensiam o so-
Il Quinto Evangelista
389
litam ente... M a se nem m eno sua m adre, M aria, arrivò mai
a com prendere G esù, se rim ase sm arrita ascoltandone i d i­
scorsi! E lei presum e d ’averlo conosciuto attraverso due
frasette pronunziate dal Sinedrio...
dottor eh r a r t
II fa tto è che col suo m etodo, m io caro av­
vocato Schimmell, no n s’arriva da nessuna parte. M entre
invece la via giusta^iuaza- quaei voleri«, ce l ’aveva indica­
ta P ilato appena u n m inuto fa. N on sono i reati che gli
vennero contestati, è la n atu ra del suo processo a farci ca­
pire chi fu G esù. Il suo, giustam ente, è il prim o dei tanti
processi p er eresia che poi furono celebrati nel corso dei
secoli e, p er colmo d ’ironia, in omaggio a lui.
iwi*«r4teri, xiella -stessa'procedura; l’Inquisizione, in questo
senso, non dovè in v en tare proprio niente... Il p o tere religio­
so — il p o tere politico... E l ’uno che em ette, l ’altro che
esegue la sentenza... C ’è perfino la stessa frase che avreb­
bero usata gli in q u isitori; « A noi non è lecito uccidere al­
cu n o » . E questa no n è che la scorza: sullo sfondo c ’è co­
me al solito una
r - o ^ . fortem ente gerarchizzata, istintivam ente conservatrice, che ha paura d ’ogni
parola nuova e la giudica una bestem m ia; che trem a del n o ­
vato re e per questo lo perseguita; e eke, p er convincere
po tere civile Beoiteate a occuparsi d ’una controversia teo­
logica, fa passare un messaggio di m arca spirituale per un
fa tto re di disordine all’interno della società... N on c ’è d u b ­
bio:
r. r>11 n
fife yj piTli'" '4"', jl' T-" nn‘ ■
;1 «-¡pi™
per eresia. lisch e ci fa
capire >
chi è G esù: G esù, appai»!», è l ’e­
resia, il dissenso dal dogm a, dai credi im posti, al lim ite il
fo n datore d ’una chiesa m ai prim a veduta, che rinnega i vec­
chi culti
le .-osservanze tradizionali, rifiuta gli apparati
esterni e perfino dissacra il tem pio, ne vuole uno fondato
solo n ell’intim o delle coscienze. ( A Caifa) N on è così?
c a if a ( P erplesso)
Lei sa che di tem pio m ateriale e spiritua­
le parla solo il V angelo di M arco, e in una frase quanto
mai oscura.
dottor e h rart
M a che il velo del tem pio si squarciò in
d ue da cima a fondo lo hanno attestato anche gli altri due
sinottici. E cos’altro significa questo squarciarsi del velo se
non la ro ttu ra dei segni esteriori del culto, una breccia aper-
390
II Quinto Evangelista
ta nel santuario della legge mosaica, la proposta d ’un m odo
nuovo di vivere il fa tto religioso, fuori dei form alism i, dei
precettism i, delle osservanze passive, delle chiusure? C ’è un
bel p o ’ d ’iconoclastia, non dubiti, in G esù: c ’è l ’infrazio­
ne degli schemi, delle credenze codificate, la sollecitazione
continua a m utare anim o, a cam biare vita, l ’invito alla
p erp etu a m obilitazione della coscienza, la negazione di
ciò c h ’è ferm o, di ciò che s ’è sclerotizzato. ( A ll’avvocato
S chim m ell) Si provi, avvocato Schim mell, a recuperare un
G esù così, e avrà »-conti- fatti anche l ’eversore.
avvocato s c h im m e l l
M i spieghi allora come m ai da un
G esù così (calcando la voce) sia p o tu ta p#ovem re una chie­
sa che è esattam ente il suo contrario.
p il a t o
A p arte che io non riconosco proprio il nostro G esù
in u n G esù così. P er come lo descrive, mi diventa u n anar­
coide.
giuda (C anzonatorio)
U n anarcoide. Mi--piace. M i piace,
v© glia.diigtib t o n o col quale h a pronunziato la parola. M a
si tranquillizzi, capitano Klarrwwer: accanto a u n G esù co­
sì c ’è il G esù del « D ate a Cesare ». E p er fo rtu n a col « D ate
a Cesare » G esù ha rim esso le cose a p osto, ha reso san ta
. l ’obbedienza. l a t e P r e a t t y ^ j ì ì i ^ i a t g ^ f ^ r s ’è veduto m ai cri­
stiano che in v irtù del « D ate a Cesare » non si sia sen tito
giustificato d ell’osservanza d ’una legge e perfino d ell’acquie­
scenza «--Cesate, al potere, anche quando potere e legge lo^-Siato» v o g lk r d k e — si sono situati all’opposto del—>
_Tam ore?
—---sa c er d o te
M a il messaggio del C risto non è affatto lì. E
d ’altronde anche q u e ll’espressione, a rim etterla nel suo con­
testo , è t u t t ’altro che un invito alla docilità e all’acquie­
scenza. « O bbligatevi allo Stato, risp ettate l ’autorità e la leg­
ge », questo all’incirca ha voluto insegnarci il C risto, « fin
^ dove non.im pegna la vostra coscienza ».
p i lato (firn doygV già... M a fin dove? La linea di dem arca­
zione, il lim ite dov’è? Lasciate decidere alla coscienza e
avrete l ’arb itrio, la licenza. P e r fo rtu n a abbiam o San P ao­
lo (»ofrfgilzb ¿ ttrlrrc i* * ) : « C iascuno si sottom etta alle au­
to rità che ci governano. Perché non c’è autorità che non p ro ­
venga da D io, e chi resiste ad essa resiste all’ordine stabilito
da Dio ». Ecco il senso del « D ate a Cesare »!
fì \1W L(/t>
4.
^
Il Quinto Evangelista
g iu d a (
391
Schernevole
(Minaccioso)
) (¿aeiseo. È questo che le consente di
sentirsi così b u o n cristiano...
p ila to
C he cosa vuol dire?
g iu d a ((Più ca u to )
M a sem plicem ente che il G esù del « D ate
a Cesare » a m e non interessa. N on è il m io G esù.
p ila to
a
E che cosa può im portarci che a u n G iuda
non interessa? R esta il fa tto che G esù si tenne estraneo
alla politica. E che il processo che gli fu fatto - se voglia­
m o to rn are in d ietro e ridare u n p o ’ d ’ordine alla nostra d i­
scussione — fu tu tto e solo religioso, anche se i sacerdoti
lo colorirono d i politica. Il G esù libertario che tan to piace
al d o tto r E h ra rt non em erge una sola volta dal colloquio con
P ilato. V oi sapete la scena, come la n arra G iovanni. P ila­
to che dom anda: « Sei tu il re dei G iudei? », e G esù che ri­
sponde: « Il regno mio non è di questo m ondo. Se fosse co­
sì (n o tate q u esto !) i seguaci che ho si sarebbero solleva­
ti ». P ilato che insiste: « M a insom m a, sei re tu ? », e G e ­
sù che conferm a: « Lo dici tu, che io sono re. Io p er q u e­
sto sono n ato, p er questo sono ven u to al m ondo, esclusivam ente per d are testim onianza della verità »... P oteva essere,
dom ando io, p iù chiaro di così? La m issione di G esù fu
tu tta e solo metafisica. M ortificarla al livello d ’una m issio­
ne terrena...
(Con rozzo scherno, e volgendosi cercare il consen­
so degli altri)
Ma è per questo che non c’interessa un Gesù così.
Un uomo che ci fa balenare il miraggio d’un mondo mi­
gliore, d’un diverso rapporto tra gli uomini, d’un ordine di­
verso, e subito lo svuota, lo priva di mordente, lo riduce a
una vaga promessa oltremondana. Aveva ragione allora Ero­
de stridersi di GesùV*S$veva ragione Pilato a non voler}«,, (q
condanna®. Ammesso, ,che fosse un portatore di verità,
dovè parergli una verità così inoffensiva-, così innocente!
qu in to e v a n g e l ist a
E Pilato aveva torto. Germe Et■ode, -dai,
g iuda
T<d^«dAmtewr il Qttinto -&va»gelÌ8«a. Per caso ci ri­
serbi qualche altra rivelazione?
q u in to e v a n g e l ist a (Senza badargli)
C’era qualcosa di
così radicale nell’insegnamento di Gesù che sicuram ente,
se l’avesse inteso, Pilato avrebbe fatto senza alcuna diffi­
coltà ciò che invece si rassegnò a fare tra tante esitazioni.
giuda
392
II Quinto Evangelista
^’essenza d ell’insegnam ento politico di G esù non
fu nelle accuse esposte a P ilato - agita il popolo, si p ro ­
clama re, contesta i trib u ti a Cesare - , accuse di com odo
n ato re rom ano, m a in qualcosa di più alto, e direi di più
rem oto, che i sacerdoti non ritennero di riferire a Pilato.
L ’equivoco dei sacerdoti, il loro errore psicologico, consi­
stè nel ritenere che costui non era in grado d ’afferrare un
concetto che, m ettendo in questione la validità d ell’antica
legge, era, secondo loro, accessibile ai soli Ebrei. M entre
iwveee"q « d jp che-&*> il nucleo d ell’insegnam ento di G esù, il
« S a re te senza Legge, m a non senza di m e » ...
g iu d a
Che jaesò non è affatto testim oniato.
q u in t o e v a n g e l is t a
M a che venne pronunziato. ( A Caifa ) È così?
CAIFA
È COSÌ.
e v a n g e l is t a
F urono i term ini esatti della dela­
zione di G iuda?
c a if a
F urono p ro p rio i term ini esatti de+krdefezTrmrtfrGrn'àan A llorché interrogam m o G iuda (era tu rb ato e reticente,
a u n tra tto si p entiva d ’essere venuto da noi) due am m is­
sioni, in particolare, gli strappam m o p er l ’im putazione di
G esù. Aveva afferm ato: « E io vi dico che qualcosa di m ag­
giore del tem pio è qui », aveva pronunziato l ’altra b estem ­
mia che hai appena ricordata. M a ci parvero am bedue jfsaa«eam eate* così sottili, così connesse alle credenze e alla tra ­
dizione degli E brei...
q u in t o e v a n g e l is t a
. M entre iaaMaMM$ÌÌi^'
detto-dLGasHpaggMÌ « Sarete senza Legge, ma non senza di
me », andava in effetti assai più in là della sm entita all’an­
tica Legge
1^ in sic irrirTf^TsefTariRC" "esterne»»in- «uL jìdvm
HnhgkU^4%rrtica-Legge. E ra un avviso per le coscienze che
no n vogliono soggiacere. H ig h n n m ~ n , stabiliva un p rin ­
cipio di contraddizione assoluto e perm anente nei confronti
.¡Ofiugea&cale di qualsiasi
legge, v d ’ogni obbligazione esterna che tende a sopraffar­
ci e c ’im pedisce di volerci così come D io ci vuole. D al m o­
m ento in cui vennero pronunziate quelle parole fu creato
una sorta di trib unale superiore che ha reso derisori i trib u ­
nali degli uom ini e ha in tro d o tto il d iritto alla disubbidien-
q u in t o
Il Quinto Evangelista
393
za tu tte le volte che il giudizio dei tribunali di questa terra
è in contrasto coi princìpi stabiliti da D io. B m a^tffrterah ri-“
m eati? P er la prim a volta nella storia um ana veniva in tro ­
d o tto il sospetto nei confronti del p otere e degli istitu ti
attraverso i quali si esercita il potere, l ’idea che la legge
possa essere ingiusta, e che lo Stato stesso, questa specie
d ’en tità sacra, possa essere non sacro. P er questo San Paolo
dice di G esù: « N a to soggetto alla Legge, ci ha liberati
dalla soggezione alla Legge ».
^ ^ ^ j ^iet r o E P ietro conferm a: « Si.deve ubbidire a D io piutto\pr \ ày/tr,7sto che agli uom ini >>^E Paolo ribadisce: « V oi, fratelli, siete
stati chiam ati a libertà: se in fatti il C risto vi anim a, non
siete più so tto la Legge ». E questo in un tem po in cui
l ’obbedienza era considerata la m aggior virtù, e sacra era detm j a Legge, e sacro era lo Stato.^E io mi ram m ento pure
d ’u n ’altra m assim a di G esù - m a questa non fu scritta:
« Beati coloro che sono liberi quanto alla Legge, e guai a
chi è b u ono solo quanto alla Legge ».
q u in t o e v a n g e l i s t a
P roprio così. E -*-q m nnm r
ssigere- da -sudditanza della coscienza. Si è tanto discusso,
poco fa, sul senso del « D ate a Cesare ». M a quanto m aggiore
spicco, n ell’econom ia del m essaggio di G esù, ha il « N on
abbiam o altro re che Cesare » gridato dai G iudei p er in ti­
m orire P ilato. Siamo in realtà proprio agli antipodi d ell’in­
segnam ento di G esù: perché G esù, col deprim ere la legge,
esalta la coscienza fino a volerla infinitam ente libera; m en­
tre è tipico delle società congegnate secondo Cesare di farci
sentire l ’autonom ia della coscienza come una viltà, e il ser­
vizio, ¡¿feditii_’e~del male, come u n kesercizio di m oralità. E
in effetti, dal m om ento in cui s’incom incia a dire: « N o n
abbiam o altro re che Cesare », qualsiasi d elitto diventa pos­
sibile, perché nulla più sem bra m ale ad eccezione della di­
sobbedienza.
- Evangelista -e ■guardandolo
g u id a
ju& e-rteglr nrr h tT
MìTTu ' d rrsejd ^::-4 ìg sci^
) Bada -eb e...
devi farlo, fallo adesso.
394
a. i
v9
tfk tU r ' .
H Quinto Evangelista
g iu d a
Q eae--. ( R is c u o te n d o s i, a P ila to , e d ’o ra in p o i in
to n o e s tr e m a m e n te a m b ig u o , tra b e ffa r d o e in s in u a n te ) Q uel
che sta cercando d i farle capire costui, capitano K lam m er, è
che no n solo va negata la sacralità dello Stato, e naturai me n ­
te delle leggi che governano l»St«to,»anche quando oggetti­
v am en te possano ^essere giuste, m a che l ’obbedire ad
esse può essere il contrario d ’una virtù. Lei, ad esem pio,
capitano K lam m er, è sicuram ente buono secondo la legge:
è onesto, suppongo, è u n buon cittadino, u n buon soldato,
<0 fedele allo Stato, rispettoso d ell’au to rità, insom m a ititiedi fare in tu tto e p er tu tto il suo dovere, come del rer sto diceva di Pilato. 'È anzi, se non m ’inganno, talm ente
’ com preso *3eIIà" oggettiva bontà delle nostre istituzioni c h é f
risse a trovarsi nella condizione di Socrate, accusato in ­
giustam ente, condannato a m orte ingiustam ente, rifiutereb­
be, c red o \co m e lui di fuggire dalla prigione p ur di non es­
sere disobbediente a una legge che ha p o tu to , sì, sbagliare
dichiarandolo colpevole, ma che in assoluto lei considera
com unque sacra è*giusta. Si ricorda di quel che dicevano a
Socrate le leggi? ( C o l to n o d i c h i c ita a m e m o r ia ) « Se
noi ti m andiam o a m orte nella convinzione che ciò sia giu­
sto, ten terai forse di ribellarti a no i, che siamo le Leggi e
la P atria tua, col p retesto che ciò facendo tu rim edi
cosa ingiusta? Sei tu dunque così'sapiente da aver di
catcr che più che il padre1-e più che la m adre è tu^Kdovere
onorare la P atria,, perché 4più di qualsia;
A
cosa essa e
rabile e sublim e e sacra? E che occorre soffrire se ci o rd i­
na di soffrire, e lasciarci percuotere se ci vuole percuotere,
e andare ^alfa guerra se ci m anda alla guerra-,, e insom m a
esserle obbedienti finanche nell’ingiustizia, perché questo è
il gifisto? >>.r:. E invece eccole qui costui che le m anda tuffo
all’aria
a r i a ccol
o l suo « Sarete senza Legge, m a non senza di
Eccolo
me ». E
e e d d ^ cche
h e non" solo l ’avverte che la legge, e la
P atria stessa, non sono degli assoluti, perché al disopra
c ’è D io, e anche u na guerra santa agli occhi della P a tria jm ò
non essere il g iu s to agli occhi di D io, ftia-ehe^se fosse mandato a com andare quel tale plotone d ’esecuzione di .ttwr'h g ’
parlato, poco -fa ^.a.-lai norìrbasterebbe affatto lim itarsi a ob­
b edire fLs^Frtirsi-esanerato d a ogni responsabilità: al contra­
rio , sarebbe in,,,bilico tra due doveri in contrasto. E tenutqi
^
Il Quinto Evangelista
395
continuare a dire:
avere », e con ciò sentirsi tranquillo,
a posto con la coscienza. M a, badi, C ostui sostiene che non ^
ha d iritto di sentirsi a post©, perché in quello che lui chia­
m a lo Stato secondo Cesare la disubbidienza è - dice m eno colpevole e più doverosa d ell’obbedienza. C ostui si
dom anda se nello Stato secondo Cesare, nello S tato che
s’erige a v alo re suprem o e di fa tto divenuto sinonim o a i r
che d i bene, d i m oralità, siano più conciliabili il cittadino
e il cristiano. C ostui insom m a p reten d e - capisce? che lo Stato, e la P atria stessa, non ci.esim ono oggettiva­
m ente dal peccare: solo, sem brano esim erci*dal'sentircene.
responsabili, trasform ando la colpa in u n ’obbedienza. Lei
ha un bel sostenere: « M a io servo la mia P atria, k rs o n o fe­
d ele ai-m iei doveri verso la Patria-». Le risponde costui,
questo facente funzione di C risto: D io esalta la coscienza
fino a volerla infinitam ente libera. Lo Stato - e la P a ­
tria stessa — n a a ^ ^ tt^ fe a rm © la coscienza ed esige -41"inamente. Al m assim o ci fa sentire non più colpevoli, ma
complici, e non canaci di rim orsi, sem m ai solo di vergognaL
Le piace, capitano K lam m er? E u n bel Vangelo, n o r\.T
Adesso scelga. P w è^ssolvjp», e così seguire' g l’im pulsi del­
la sua coscienza, p u ò -p re» » » ^ fte"'‘&,«sua co n d an n i, e così
o b b ed ii^ alla legge. Badi però che P ilato ci ha già regala­
to un m artire. Stia atten to , capitano K lam m er, non ci dia
u n altro m artire.
p i l a t o (M inaccioso)
M i dom ando fino dove vuole spingere
il giuoco.
g iu d a
Diam ine! Perché?
p il a t o
M a perché non è così, sta sforzando le cose. Il
Q u in to Evangelista non intendeva dire questo.
g iu d a
A h, sì? Lo in terroghi k i allora. V edrà.
MiveeATO scHiMMEDfr f h &y m p stu d en te Toepfer, che h *
tu tta l ’aria d \ n delatóre?
y
v
'•
g iu d a
M a G iu d a fu u n delatore: si Rammenta la m ia tési?
;sù? Del
Che altro-fece se non chiarire il vero pensier
^ q u a le fu
resto, l ’abbianfo u d ito dalle parole sstess^ i
la testim onianza che rese ai sacerdoti.
p i l a t o (Senza più badargli e rivolgendosi al Q uinto Eva'nge-
396
0
II Quinto Evangelista
lista) D unque, riassum endo: lei ha sostenuto, se non sba­
glio, che P ilato doveva com unque m andare a m orte G esù.
Lo doveva in quanto esponente del potere, o dello Stato.
E ciò perché il « Sarete senza legge » che lei gli a ttrib u i­
sce non solo contraddiceva all’intera tradizione ebraica, ma
m etteva in questione lo Stato stesso in quanto principio
ro e suprem a autorità. E ra questo il suo pensiero?
fltfc . — o P iù precisam ente, G esù affermava
che c ’è nella coscienza una zona inaccessibile, un luogo ine­
spugnabile, la sfera gelosa della n o stra libertà, sulla quale
lo Stato non ha d iritti.
p il a t o
Q uesto, naturalm ente, n ell’ipotesi d ’uno Stato in­
giusto, d ’uno S tato estraneo alle finalità e agli ideali dei cit­
tadini. M a quando lo Stato, a buon d iritto , può chiam arsi
. un hepe com une, una P atria?
/
N on r is p o n d ^ L t .
g iu d a
N on volevam o sapere chi è il C risto?
q u in t o e v a n g e l is t a
Lei vuol alludere, naturalm ente, al
cosiddetto Stato etico: lo Stato che si presenta come un as­
soluto, o come D io; che, realizzando l ’identità tra p otere p o ­
litico e valori etici, rende l ’uom o consapevole della sua es­
senza e del suo fine; e al quale perciò occorre prestare ob­
bedienza come al cosiddetto bene universale...
p il a t o
N on scherzi!
q u in t o e v a n g e l is t a
N on scherzo. Le sto solo citando
H egel.
fj
p il a t o
D unque, non ha ancora capito «iw questo è u n in te r­
rogatorio?
q u i n t o e v a n g e l is t a
D el tipo di quello di Pilato a G esù?
p il a t o
P er lo m eno, il rischio è analogo.
q u in t o e v a n g e l is t a
M e k e —he««. E allora le rispondo
che il cristiano ha sem pre due p atrie, esclude di dare a Cesa­
re quel che è dovuto a D io, esclude che lo Stato sia padrone
delle coscienze, esclude che ci sia altro assoluto che Dio. Pel
C ristiano è un assiom a, una specie di dogm a, l ’idea del p ri­
m ato della coscienza sulla legge, del volere di Dio sul vo­
lere dello Stato.
p il a t o
Cosicché, nella scelta tra D io e una P atria?...
q u in t o e v a n g e l is t a
II cristiano non avrebbe altra scelta
che ^ Dio.
Il Quinto Evangelista
397
F ino all’infedeltà e m agari al tradim ento?
Usa le parole in un certo m odo...
M a sì. P er lo m eno, fino al rifiuto d ell’obbedienza. Al ri­
fiuto di conform arsi allo Stato e ai suoi fini, quando m etta­
no in questione la sua fedeltà ai fini di D io.
p ila to
E questo a suo parere vale anche per noi, oggi, qui
nella nostra nazione, al tem po presente?
q u i n t o e v a n g e l i s t a Bw ie . Se lei ci pensa, adesso, qui, oggi,
da noi si riscoprono aoa-eelo le radici cristiane del dissensof^ife l ’essenza stessa della m issione del cristiano. E in
realtà se fino a ieri la d o ttrin a per la quale non ci sono
sfere estranee al m andato del C risto poteva suonare clerica­
le e perfino illiberale, nel m om ento presente, qui, oggi, da
noi, di fro n te allo Stato che si erige a D io e p retende di far­
si padrone anche d ell’anim a, essa conferm a la sua qualità
d ’alternativa perm anente all’O rd in e ingiusto e a quanto
offende la persona um ana.
p ila to
q u in to
e v a n g e lis ta
g i u d a ( A w m a m l o te a tr a lm e n te a braccia le v a te v e r s o il
Q u in to E v a n g e lis ta )
M a bravo! Lascia che t ’abbracci.
p i l a t o ( F e r m a n d o G iu d a )
Lei la sm etta di fare il buffone.
( R i v o l t o al Q u in to E v a n g e lis ta , in to n o r a b b io s o ) E qu an ­
to a lei, si vergogni. È così inaudito, così ignobile...
per P ilato - non so se anche
per lei - tu tto ciò non soltanto è biasim evole o condanneD)Lftro vole, ma è precisam ente un effetto della cosiddetta coscienr~ za ignobile (Badi?;Ig sto ancora citando H e g e li M entre per
P ilato - non so se anche p er lei - la cosiddetta coscienza
nobile è il superbo vassallo del p o tere statale, in qu an to lo
giudica valore unico ed essenziale.
c a ifa
M a la sm etta di bestem m iare! ( A F ila to ) E lei che
aspetta? N oi abbiam o una legge: e sa che in base a questa
legge...
p i l a t o ( P e r u n a ttim o in c e r to )
Lei crede?... C erto, sì. ( A l
Q u in to E v a n g e lis ta ) Sa lei che a questo p u n to io sono in
dovere d ’arrestarla?
g i u d a ( B e ffa r d o )
Lo vede? fi dovere, la legge...
QUINTO EVANGELISTA
a v v o c a t o s c h i m m e l l ( A v a n z a n d o v e rso F ila to , co n vo c e
c o n c ita ta )
M a che dice? G li risponda, p iu tto sto . Se ha
parlato male, ci m ostri in che è male.
T oh, u n ateo che usa le parole di G esù. È un caso
p ila to
398
II Quinto Evangelista
singolare. ( R iv o lto ai s o ld a ti ) M a che fate voi lì? A rrestate c o s tu f ^ J o i^ a v e te iiijE W ^ in te so 2 _ ifo parlato sul serio.
^ ( S c o n c e r t a t o i l c e n tu r io n e
d ie tr o il Q u in to
EvmgeMZfiQ
--------------------------g i u d a ( S e m p r e b e ffa r d o )
Io l ’avevo avvertita, capitano
Klam m er! Lei vuole darci un altro m artire. Adesso però,
la prego, non mi faccia provare dei rim orsi. Se in cam bio
le bastasse un G iuda per u n G esù...
p ila to
Lo sa che lei non m ’è piaciuto nem m eno come G iu ­
da? (
Lentam ente il Q uinto Evangelista si leva in piedi e s’avvicina a
Pilato, liberandosi nel frattem po della benda che ha attorno al
volto. Q uando l ’ha fatto si scopre, tra il silenzio dei presenti, un
uuomo che ha il volto stesso di Gesù. Pilato dopo un istante tende la
mano per afferrarlo.
pO r io fi EUR OR T
AVVOC ATO-~S C HIMMC L L
P th ito p er tra tten erlo ) M a che fa? È im pazzito? N on ve­
de che sta arrestando il C risto? (Scuotendolo per-iesp a lle)
N on ha inteso? Dico il Cristo!
g i u d a ( C o n u n riso s tr id u lo )
Ma appunto!
* * ' * * * * * * '
fìjm o iP
U r t/p tim u
Ai &X4 iv a t <3 *
VCA'V«
ì «X
0/\ OJì Coi fxSAl ^ jVv
CA u X T u u ù .*1 Co {
U 4, V<iL
Cv tA^
<i,
C AC£R i .
X I I ( ì Xo
• ^
i / i - CUXCÌW. JltU'fcjUtX«,. U»A* *
£ ¡U^b'cJdJp- C<X.\^ j
C+ttlt. Cwv ^ i'u JÙ CJtuXo <£ 8 ■^
Ìtue-it* AMe-ji»
Ua/ a U
§ ({ C B R ù ^ J ’^
J •
-1*^, l (XucC ¿'ho lAAn. .£,ui;*»U •' .
% f v r p . Xé^ ¿vta(. AcX'it'U.AA^ ?<^/Xa< _ ^
J
^ 6 UAtfc Iw-v
Li
cÌ a«
»* i
*
< **- c i < - b u i * ì ' i l i i u x a
>
OcJM XfiX i JiA.s-C«- H-« ia -3,9 W-^
, iwi wl6>, U c ktiCiW'
Qeeorre appena, credo, avvertire che
a¡^~eS,che le stesse fonti che 'ìt menzionano o-sono im
la'più. parte sono tali), o sono adottate con la massima libe,
Jn caso a parte è però rappresentato dalla « istoria di fra Michele
'lihm ita », un ele ttiv o rifacimento (camuffato, come s’è visto
(tetro, un altro rifacimento) dell’omonima narrazione, scoperta t
ptCbblicata per l’appunto f?Cl 1864. Quanto alla « Giustificazione »
\il \lettore—avrà già intravisto in controluce qualche prestito dal.
e dalle memorie di Da Ponte.
f i / l f\ ja _ i io- ^Jtv
li u C ciJ* (U <X»U4^ t
i / ' c v ^ v X , C«-U ¿*>?Ci ( .'k a M c ìv A *
<z ( o U ^ ) y ? r
" io ? ...
V^ut^ t i l t
flA
iC $ . k *r- ) ?
l # »*«**»,
Su
¿ftjUU-
-
4. > o J u ^
CUjti'6jU.O
j y uxd ^.|
£c
te/toC X'
U. C ^ U 't c ^ .
,
VW
1
fu tile
v u t | & 4(
£ ^ l A u t i o- ^ * / ^ ÌA c^'Ìa .
„
am * l *,U4_
<UArt ^ « ^
X'UAA. UAAw/aJa^
. 4 U U ' ìo O K
¿
Vvev.e-ir)^
»f- / " ?4 h **-ìo
¡J.
lìo c o & r ìm t
C .J U
uu**.
KmaI* iwJU^ iti- IjA.tiix.vtty
"liX
C
I t i.
< M tU (
n* ^ /jtc£^.uC
,'u. ¿ ¿ u t/tU ,
Fly UP