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Quinto Evangelista
IL Q U IN T O E V A N G E L IS T A L ’azione si svolge in una città della G erm ania attorno al 1940. A vvertenze per l’abbigliamento dei personaggi: È indispensabile che M atteo, Marco, Luca, Giovanni, Pietro, G iuda, Caifa si presentino variamente camuffati al momento di rientrare in scena dopo essere stati in sagrestia a prepararsi. La cosa vale tanto più per il Q uinto Evangelista. Invece è consigliabile che gli altri continuino a recitare vestiti così com’erano all’inizio. La cosa anzi è indispensabile per il Centurione e i due soldati, e soprattutto per il Capitano Klammer, che dovrà recitare la parte di Pilato con la stessa divisa da ufficiale del Terzo Reich che indossava all’inizio. L ’intero dramma si svolge in una sala per riunioni, più precisam ente in una sala parrocchiale. Apparato essenziale: un lungo tavolo sulla sinistra, perpendicolarmente alla scena, alcune file di sedie anch’esse disposte perpendicolarmente alla scena. O ltre il tavolo, obliqua rispetto ad esso e in buona evidenza, una lavagna. Sulla parete di fondo un crocifisso tra due finestre. Sulla parete di destra un armadio e una porta che, come si comprenderà in seguito, dà su una sagrestia. È un tardo pomeriggio, poi via via sera. Ad apertura di sipario un sacerdote è in piedi dietro il tavolo. Le sedie sono occupate da una trentina di persone di varia età e con dizione. T ra esse un ufficiale in divisa del Terzo Reich e, alcune file indietro, tre m ilitari, tra i quali un graduato, anch’essi in divisa. A ll’inizio dell’azione il sacerdote (il quale, come presto s’intuirà, ha appena tenuto una conversazione sul tema di Gesù) sta sollecitando il pubblico nel tentativo d ’avviare un dibattito. \ E b b en e?... Che succede? N on vi riconosco più. 7 E p p u re ce_n ’è d ’obiezioni d a fare, se non sbaglio... ( D o tto l u n 'a tte saf) Lei, avvocato Schim m ell?... N o, non ancora?... T Lei allora, d o tto r E h ra rt? ... D iam ine, mi pareva proprio un tem a adatto a un p ro te stante, spiegare G esù coi soli V angeli... E lei, studente T oep fer?... Via, lei è sem pre così polem ico, così fic c a n te ... sacerdote 326 II Quinto Evangelista E sia. M a sia chiaro che mi provo solo a ricapitolare. M i scuso se m ’azzardo a farlo, ma è per m e, non per gli altri... I n sintesi, ha d etto lei, ogni dato che abbiam o per identificare G esù ni , dire chi effetti vam ente egli sia stato, rim ane all’interno della sua propria testim onianza. Possiam o risalire all’indietro quanto voglia mo, ma alla fine ci ritroviam o sem pre ai piedi di qualcosa che è, a. piacim ento, o ,un m uro o u n ’apertura: % .u lfe to -.n ififinì f d ic nnpfr rìVhu sèe di SP Perfi no il « Voi chi dite che io sia? » è una dom anda solo ap parente, predisposta a una certa replica, e solo a quella re plica. Sicché quando &SB P ietro dice: « T u sei il C risto, il Figlio del D io vivente », non fa, in ultim a analisi, che ricevere l ’im beccata. E ppure è appunto ciò, sostiene lei, a rendere incom parabile la situazione di G esù. Chi altri se non il Messia poteva garantire del M essia? N on c ’è altra alternativa: o siamo di fronte a un caso di follia che avrebbe coinvolto discepoli e intere folle, o dobbiam o rico noscere che D io stesso parla di sé... È questo il succo del suo discorso? sa cerd ote Precisam ente. Semmai, con sfum atu ra in più: s i » il m io p u n to di partenza, se lei ram m enta, È/k? st&Uì un altro. G li evangelisti, in quanto scrittori, sono stati veram ente degli specialissimi scrittori. N on pretendono d in tn n rrn irr in p rnprio d ’abbellire, di ««lork a , tanto m eno d ’inv en tare, i ppfh nnn tem pre in limila nttrgginm rntn H’Tìrnft~ studente to epfer ó .. J I Ct/l£ A flit*1 ^ 4 !•(,• «rt A rh« hnnr~ r ^ ìt E v r r ^ ? " ^ "d ifn ^ a rrn l?n n a D Primi «rr d tfminiHtrT M trgm jiidm lu 'in tu tta t am plicitfl! «eco quelk» i bi f i u m i ‘l l T T I I i m i i In i nrrrrlnnn d ’un fìln n irrn rT ^ l*'4 •rozza,. »©. voglk«»o. N e viene il sapore curioso, assolutapaente unicoM ni loro libri: su un piano narrativo d iffltìS a K ^ S a à iS Ì^ 'e n ^ ^ o n o aiscorsi di straor* dinaria densità, discorsi che sem brano veram ente d ’u n ’altra lingua: discorsi insom m a che non possono essere stati inventati da quei m odesti scrittori che erano gli evangelisti. D o vevano essere di lui, di G esù. N e 'v e gliamo irm»-frro ¥ f t G i . b ft^ft-coftfrontaTrif'~ETtca--at»tore, d el.'Tcrza..vaftgek>-eol Lue» d8*-4Ì6€ersddÉ-G«6Ùs-«eg]d-AtttT3«eer'dfv trs I l Q u in to E vangelista 327 ¿c&Ul nU au 'tp iù sbiadito. E d ecco che si to rn a aL problem a d ell’autentici tà: quel che è ^ ta to detto di É à^ è stato G esù a dirlo di sé. È lui che* r ’àtiWn tiee,1è 'lu i che si proclam a. O ra, se non fu un caso di follia collettiva... studente to epfer E perché no? Le pare un fatto così u n i co? Pensiam o soltanto al fenom eno degli stati to talitari, delle d ittatu re: di regola, non c ’è u n capo che consacra se stesso e m agari un intero popolo che gli dà credito cieca m ente? E no n mi dicano che gli esem pi vadano cercati as sai lontano. c a p it a n o k l a m m e r (B rusco) N on siaaaa janca* qui p er d i scutere d i politica! Perché, le fa paura? O crede sul serio che religione e politica siano due campi toknetwe separati? s a c e r d o t e (E nergico) H a ragione il capitano K lam m er. N on svii. E p iu tto sto risponda ai m iei argom enti, àè-%fedé': '* • s tu d e n te to e p fe r Che cosa? Il rilievo letterario dei di scorsi di G esù? M a questo non è u n argom ento! Q u an te voite si sono visti degli scrittori anche m odesti che g o n fia v a n o -* '^ lewgi»te»>al m om ento di far parlare i loro personaggi! a v v o c a to s c h im m e ll M a accettiam olo per buono. A m m ettiam o per ipotesi che i discorsi attrib u iti nei V angeli a G esù fossero tu tti di G esù, che, disponendo di m ateriale tu t to autentico, di prim a m ano, gli evangelisti si siano lim itati a trasm etterci in ta tte le sue parole. M a allora mi spieghi (rivo lto al sacerdote) come mai sono approdati a q u attro versioni diverse della m edesim a personalità e in sostanza ci hanno offerto q u attro personaggi diversi. Insom m a, chi era questo G esù? Il M essia, come sem bra voler dire M atteo? Un p o tente, u m M p w w J i taum aturgo, com ’è in pratica nel V an gelo di M arco? Il buon pastore, il Salvatore, com ’è presso Luca? Il Figlio di D io, come vuole dim ostrare G iovanni? A m m etterà che diventa una specie di gioco a rim piattino. Se posso parlare liberam ente ne-questo luogo, dove sono sol» i ìp. nspire..la,.noo--.-rm-definisca, p ei,carità, ¿Lsolito-sce-ttiee o if m ig fjiJfrfiy ■Ar turno: lei ggam-n. sono interessato, tmpacai<4iTTf-f»f»- a-questi problemi),--se.posso, d u n q u e parlare Uberam ente, non le pare curioso questo Dio alla ricerca della p ropria id en tità? ... . II Quinto Evangelista 328 dottor ehrart ( A l sacerdote) Le dispiace se m ’intro- ( Scherzoso) P e r una volta si darà il caso d«Hv riform ato, d ’u n p ro testan te , che m uove a soccorso d ’un sacerdote cattolico. B-sarà--un- bel- c-ascv j a i creda* a v v o c a t o s c h i m m e l l (Scherzoso anche lu i) D o tto r E h ra rt, non mi deluda. dottor eh ra rt M a no, avvocato Schimmell. È che il suo razionalism o, il suo caparbio razionalism o, e-hi«mi am alo «osi, non le consente di vedere quel che vediam o noi, sia p u re da due sponde diverse. G esù non è affatto^com e let-diee, un Dio alla ricerca della propria identità. P tu tte s te - h # lasciato'a n o H l TOmpito . Si è m anifestato, ci ha p arlato, m a non si è definito. Sta a noi cercarlo, provarci a riconoscerlo, a risalire fino a lui... A m m ettiam o per un istan te, per ipotesi - p er ipotesi, badi — che veram ente fosse D io. D io, ci pensi: l ’infinito, una gam m a infinita di possibili tà. E lei p retende che si definisse! O che gli evangelisti arrivassero a chiuderlo in una definizione! Si provano a ca pirlo, in qualche m odo lo interrogano, ciascuno si sforza di farne em ergere un aspetto, dhmetteMieiti.«videiiza.uiia.td&Ue t«nie„.p«ssibifkà, quello che più gli riesce accessibile o che più l ’ha colpito. E senza pretendere - si rilegga i V angeli... a vv o ca to s c h im m e l l Li conosco, non creda... dottor eh ra rt T anto m eglio... Senza mai pretendere d ’e saurire il discorso. In m argine, rim ane sem pre lo spazio per altre ipotesi, e al lim ite il m istero. In ogni caso, gli evangelisti aprono e non chiudono. La gam m a d ’ipotesi che nel loro insiem e ci presentano - il M essia, il P o te n te, il Salvatore, il V erbo incarnato (e m i dovrebbe dim o strare che sono co n trad d itto rie) - l^m assa-'ff’ip o tesb -d iso , eke. ci presentono, non solo ci m ostra quanto fosse com plessa la personalità di Gesù, o d - ò ^ m é - riprova im plicita della sua statu ra eccezionale - se~-pes$0“ dir-~eQsi, della sua divinità - , m a è il punto di partenza dell’avventura del cristiano, la piattaform a della nostra libertà. Al m o do degli evangelisti, noi continuiam o a dom andarci chi fos se G esù, coscienti che non avrem o mai la form ula giusta Il Quinto Evangelista 329 en tro la quale racchiuderlo. G uai del resto se fosse altri m enti: avrem m o chiuso con G esù. a v v o c a t o s c h i m m e l l ( Ironico) Se s’illude che i cattolici possano essere d ’accordo... s ig n o r a k u y p e r (Q u a si tim idam ente, poi via via più sicu ra) posso osservare--una cosa. Capisco di fare ------[t — u ^ in .r . " " rid iritì a d la d o ro volontà d i no»-sovrajlporsi, di n o n inventare ntrila e quasi.di non in tro m ettersi: q u esto a m e è parso m olto adusto./È vero, è p ro prio vero:*gli evangelisti si com portano come chi ha ricevuto quatcosaìin consegna aitìk-ih»d«po«it(>- delia f^cW.-r e si preoccupa unicam ente di tré— ~ (ii trasm etterlo inalterate ensate p a tta n o .e d o tte parabole: le riferiscono, non s’azzardano a interpretarle. A spiegarle semmai, quando lo fa, è G esù. L oro si lim itano a raccontarle come le hanno ascoltate, con l ’aria di dom andarsi che cosa possano significa re e ad d irittu ra col tono di chi non le ha nem m eno ca p ite bene. a v v o c a t o s c h i m m e l l ( L ievem ente paternalistico) A tten ta, signora K uyper, norr so sc"S«~aa-rende-contQr m a con ciò lei ne fa davvero dei sem pliciotti, dei poveri ignoranti. N on dico, personalm ente, di non essere d ’accordo. M a, se è così, in che m odo la m ettiam o con la leggenda della discesa dello Spirito Santo, con il principio che le Sacre S critture sono ispirate da D io stesso? P ?r rarità, s ig n o r a k u y p e r (C on calore) M a se capita alle volte che certe parabole presentino perfino delle -mcangrnenzes, la tipica incongruenza di chi riferisce una cosa senza averla com presa perfettam ente! Peffsi -acf esem pio1«Ma Vi 16 d ’incoerenza? P erché non dice che i testi evangelici, a setacciarli a lum e di critica, si rivelano per quel che sono? D ei centoni, o poco più, con notizie di fonti varie messe 330 II Quinto Evangelista insiem e alla buona senza nem m eno preoccuparsi d ’un filo logico, d ’un m inim o di coesione. s ig n o r a k u y p e r Adesso non esageriam o. P er quanto ab»■sr ;-rle i—vt w ti, delle bia fatto , la critic n r r r n n j mn a demt Ciascun vangelo, in sé preso, ha rivelato alla fine wm ■sua im ità ' Aina. saa-stT ut-to ta , u n rigore calcolato, u n ’intim a coerenza. avv ocato s c h im m e l l CMseuiL.vangelo? A m m ettiam olo... N on sono d ’accordo, ma am m ettiam olo. D e M ie a itì non è questo che m ’interessa, pef~fn©«iejw». M iravo più in alto: r-apifrv MÌT ìIYO a quello che per me è il prim o assurdo d ell’intero edificio delle credenze cristiane!! Pensavoa^ w w e q u attro autori ragionevolm ente vicini, idealm ente affini e mossi tu tti e q u attro dal m edesim o scopo di raccon tarci la verità d ’una vita, riescono a contraddirsi nelle cose più elem entari. Q u an te sono le volte in cui ci narrano u n fa t to allo stesso m odo? Q u a ttro ? C inque? Sei al massimo, jaat* p iù . E quelle in cui le parole di G esù ci sono riferite in m a niera identica da tu tti e q u attro gli evangelisti? Dico da tu tti e q u attro . Scom m etto che non accade mai. dottor ehrart La questione non è questa. Bisogna vedere se si sm entiscono. avv o ca to s c h im m e l l M a si sm entiscono. Me una prova? (R im ane alquanto in silenzio, soprappensiero) -fie* s ì p r«ndù»mcr'ad- esem pio G esù davanti al Sinedrio, £ rnrm s b a g lia , l ’episodio è presente in tu tti e q u attro . M a qui occorrerebbero i testi. La m em oria non basta. s a c e r d o t e (Sollevando il volum e posato sul tavolo) Se vuole. avv ocato s c h im m e l l Ecco, sì, benissim o. ( I l sacerdote fa per aprire i Vangeli, ma l ’avvocato lo ferm a con un ge sto ) Se però fosse possibile evidenziare i q u attro passi, sen qua i li o dettttfe>-'dÌ¥8Jri i . . Tì—n , arrivare perfino a q u a ttro letto ri diversi, oicehc ■ctaseun-ev’a ngelifrta-abbia.Ja-^«»-^?«— ptia~w«ee... V errebbero m eglio a galla le sfum ature, le differenze. sacerd ote M a bene, vedo che non si fida della mia im parzialità nem m eno come lettore! (R iv o lto in giro) P u r ché ci siano q u a ttro persone disposte a venire a leggere. ( A l cuni alzano la mano, il sacerdote sceglie rapidam ente) Ecco, sì, grazie, lei 1eg g erà■lo-part c di-M at te o ; e- lei-sì,-quefio-cU M iinm DrnT1 II In V li'i Tiiii'ni i ti Imi ia rà -G io v aa n i. ,-41 quattro designati si m uovono e vanno a prendere posto in piedi J >-i'■■n..^-T7rr^77gy~^ ^ r n Q_tMt£L.f ou y n ra ro ^ c ijùaaao A-TYrip # r più'com odità, visto ch e lei ci tie n e » c h e 1« qose siano fat.tu pm bUitTVT'1'srmn d e n d ^ si ..d u igA.M exSA.dlarJUadta.x, lo apre), (}iH-er-debbow»-eftss£e..,.,sl.„.sC.xi.sonaproprkx .(liza fUQri fj’"r'frr rrfrrrrrrfi'r di formato rrnnn^itr r i f r i tom a verso il tavoloe consegna a ciascuno dei-quattro un volume). N » he-sempre,- capirà... Ecco, adesso ci siamo proprio. N on dirà che la boicotto. ( L ’avvocato allarga le braccia, sorridendo anche lui, m en tre i quattro sfogliano ciascuno il suo volum e. I l sacerdote aiuta il più vicino a trovare la pagina giusta, poi, e quando anche gli altri sono p ro n ti). D unque, a lei, M at ts a . E n on legga in fretta; per favole. (Huuiutada lettura di M a t- ^ te a e d e v li a ltri, se g u ir ^ rnv' "J4 punpxin \ « Q uelli che avevano arrestato G esù lo m enarono! da Caifa, gran sacerdote, presso il quale si adunarono gli scribi e i farisei. E P ietro lo seguiva da lontano. N ell’atrio del gran sacerdote si sedette fra i servi, p er vedere la fine. I gran sacerdoti e tu tto il Sinedrio cercavano qualche falsa testim onianza co n tro G esù p er farlo m orire. M a non ne trovarono, benché si fossero p resentati m olti falsi testim o ni. Alla fine ne vennero due e dissero: “ C ostui ha d etto : io posso distruggere il tem pio di D io e riedificarlo in tre g io rn i”. Il gran sacerdote levatosi in piedi disse: “ N on ri spondi nulla a q u an to depongono contro di t e ? ”. G esù ta ceva. Il gran sacerdote gli disse ancora: “ Io ti scongiuro p er il D io vivente di dire se tu sei il C risto, il Figlio di D io ” . G esù rispose: “ T u l ’hai d etto ; ed io vi dico che d ’o ra innanzi v edrete il Figlio d ell’U om o seduto alla destra d ell’O n n ip o ten te sulle nubi del cielo ” . Il gran sacerdote si strappò le vesti gridando: “ H a bestem m iato! Che bisogno abbiam o più d i testim oni? A vete u d ita la bestem m ia. Che ve ne p a r e ? ”. E quelli dissero: “ È reo di m o rte ” . A llora gli sp utarono in viso e gli diedero pugni e lo schiaf feggiarono. D icevano: “ O C risto, profetizza chi ti ha pic c h ia to ” ». D al V angelo secom lp'M arco: « I capi dei sacerdotu tto il consesso cercavano testim onianze contro G esù m atteo L J tft. „ L * . tàAtdi M tu ' nL 332 p er ucciderlo e non ne trovavano. D i fatto m olti cercaya- ' no testim onianze contro di lui, e le testim onianze n o p 'e rano concordanti. C osì alcuni si levavano a testim ofuare il falso dicendo: “ N oi lo sentim m o m entre diceva: Io distruggerò q uesto tem pio com ’è costruito e d o t tre giorni loro testine edificherò uno senza che sia c o stru ito ” , 1 mezzo il gran m onianza non era concorde. E levatosi sacerdote interrogò G esù dicendo: “ N qn rispondi niente? D i che cosa ti accusano?”. M a egli/taceva e non rispose nulla. Daccapo il gran sacerdote lo an terro g av a e gli disse: “ Sei tu il C risto, il Figlio d e l/B enedetto? ” . A llora G esù rispose: “ Sono io: e vedrete i^F iglio dell'U om o seduto al la d estra della potenza divipà m entre arriva sulle nubi del cielo ”. A llora il gran sacerdote lacerandosi la veste disse: “ Che bisogno abbiam o/firm ai di testim oni? A vete u d ita la bestem m ia. C he ve /( e p a re ? ” . T u tti infine lo giudicarono passibile di m orte? E com inciarono alcuni a sputargli ad dosso e a bendargli il viso e a schiaffeggiarlo e a dirgli: “ In d ovina ”,  i servi lo percuotevano con le v erg h e» . u n o d e l p u b b l ic o D a quel che vedo, la testim onianza di M arco non è poi così diversa. a v v o c a i» s c h im m e l l Q uella di M arco no, bwreiw—già M a aspetti quella degli lu c a (^Hrpn7f7T^pfT^ïï^tO?r'^ir~ücvét--ti-'-teTtfrr,renit*~U§§e- re) Di fa tte presso Luca le cose stanno un p o ’ diversa-Pordfr d e r ta t tì ,' ^d''e5sere-tutt-«h m ente. Per eomin ■tm. C ’è prim a, n a tu r a lm e n te la scena d ell’arresto ( « L o \ presero e lo trascinarono b i ella casa d e F somm o sacerd o -1 : te »Jf T pòi viene, al com pleto, il rinnegam ento di P ietro, che invece negli altri è diviso in due m om enti, ci sono poi gli insulti e le percosse, e solo dopo queste, seena-Mtìj 1’interrogatorio davanti al Sinedrio. E questo, ad d irittu ra, si svolge di giorno e non di notte. M e ecco il passo che ci riguarda: « F rattan to gli uom ini che teneva no G esù lo schernivano e lo percuotevano; e, copertolo d ’un panno, lo picchiavano in faccia e così lo interrogava no: “ Indovina d unque: chi ti ha p erco sso ?” . E m olte al tre cose bestem m iavano contro di lui. Com e fu giorno, convennero gli anziani del popolo, e i grandi sacerdoti, e Il Quinto Evangelista 333 gli scribi; e lo tradussero nel loro consesso dicendo: “ Se sei il C risto, dillo a n o i” . M a egli rispose: “ Se anche ve 10 dicessi, non mi credereste. Se v ’interrogassi, non mi rispondereste, né m i assolvereste. D el resto d ’ora innanzi 11 Figlio d ell’U om o sarà assiso alla d estra della potenza di D io ”. G rid aro n o tu tti: “D unque sei il Figlio di D io ? ” . Ed egli rispose: “ V oi lo dite: lo so n o ” . E quelli: “ Che altro bisogno abbiam o di testim onianza? L ’abbiam o u d ito noi stessi dalla bocca di lu i” ». GIOVANNI U L „ ua,. ?acerd&te) In u tile dire che presso G iovanni cam bia tu tto : cam bia lo stesso episodio di P ietro , che non figura più solo, ma in com pagnia d ’un altro discepolo, evidentem ente G iovanni stesso. E poi G esù non è trascinato presso Caifa, il sommo sacerdote, bensì presso A nna, suo suocero . ^ l^er la casa di inaila fr /£gli p assa più tard i, senza che pero v ’accada niente di no- J " ( te voi e) E q uesto per non parlare delia sostanza, che è tu tt'a ltra . sacerdote M a perché non legge? Gio v a n n i t giusto1... « La coorte e il tribuno e i satelliti dei giudei s’im padronirono di G esù, lo legarono e lo p o rtaro no anzitutto ad A nna, che era suocero di Caifa, sommo sacer dote per q u ell’anno: colui che aveva suggerito ai giudei c h ’era conveniente che un uom o m orisse per il popolo... ( P tffirrf-rrm 1 U gran sacerdote in te r rogò G esù in to rn o ai suoi discepoli e al suo insegnam ento. G esù gli rispose: “H o parlato al m ondo apertam ente, ho sem pre predicato nella sinagoga e nel tem pio, dove si rad u nano tu tti i giudei, mai ho parlato in segreto. Perché in ter roghi m e? D om andalo a quelli che m ’hanno udito , che cosa ho d etto loro ” . Com e egli ebbe così parlato, uno dei satelliti lì presente diede a G esù uno schiaffo dicendo: “ Così rispon di al gran sacerdote? ” . E G esù: “ Se ho d etto m ale, m ostra mi d o v ’è questo m ale; e se ho d etto bene, perché mi p er c u o ti? ”. E A nna lo m andò, legato, al sommo sacerdote AVVOCATO SCHIMMELL (. s a c e rd o te M a certo. (C on ironia) Posso parlare? P urché poi anche a me sia consentito di dire la mia. a v v o c a to s c h im m e ll ( P ir f r r W p r f verso la p 334 Il Quinto Evangelista U-a£iÀatulavi*s&%m e "jrecez,.auauira pania.) In sintesi, le versioni che abbiam o sono tre. Q uella di M atteo e M arco, che, sorvolando sulle differenze, chiam erem o la versione A. La B sarà quella di Luca. E la C quella di G iovanni. O ra, avrete n o tato che tra A e C non ci sono relazioni, e questo è quasi norm ale: quasi d ap p e rtu tto , G iovanni va p er la sua strada. Q uella che invece sorprende di più è la differenza tra A e B. Il fatto, presso Luca, si svolge di giorno e non di n o tte, G esù è prim a picchiato e poi in terrogato, m ancano i testim oni d ’accusa della versione A, i dialoghi sono altri. U n bel pasticcio, per dirla alla buona: nem m eno i tre sinottici vanno d ’accordo. E voi p re te n d e re te ( rivolto al sacerdote) che noi creddtìfciiiàe- sul la base d ’una testim onianza così! sacerd ote Lei mi guarda, lo so. G u ard a al p re te ,..al» t acerdote, e lo mi dunqrte! Le prem etto che se s’aspetta wspeot s' ufficili 1^, risposte canoniche, da prete, insom m a, resterà deluso. D ’ora in poi sera ta., p ^rlariy +L-meno -possibile- da--prete* Cercherò di ragiona re come u n uom o qualsiasi, provvisto però d ’un m inim o di fede, se me lo consente. E com e tale le rispondo: Sì, è è vero, le differenze ci sono e s»n© sostanziali. A voler le cose secondo logica, non se ne esce, dovrem m o scegliere. A d esem pio, potrem m o stare per M arco e M atteo ,gqu«lk , | | 1 iì im i irhTTiiui , E -p^ t r r mmn fa rlo ,hpn k ù jn n avrem m o salvato quel che ci p re m e ... R ifrrftrar d e te sena«- -tanti-seonc "M a sì. Senonché... f J P V uW 'yN oi se fossimo due sto ri ci propriam ente arradde, sarem m o già usciti dal dubbio, avrem m o p itic a m e n te d etto : , abbiam o q u attro docum enti. l u t t i e quartrcLjJi-jjài'lJllU d ’UIn interrogatorio, e dunque quelL iatcflbgatorio ci fu. T u tti e q u attro ci dicono che term inò con una condanna, e d u n que ffuella condanna ci fu. Q uanto al tenore deH’interroga.--* torioifebbiam o due~testi c h i si rassom igliano e due altri che se ne distaccano p er d ivertii gradi. Q uindi, assum iam o per jìacierdotìì Il Quinto Evangelista 335 buoni i prim i d ue e avrem o m olte probabilità d ’andar vicini alla verità. avvocato s c h im m e l l Eh, no. Q uesto vale per uno stori co. N on per voi, che considerate sacre tu tte e q u a ttro le testim onianze. sa cerd ote A p p u n to , vale per lo storico. Il quale però po treb b e anche dirsi, uoct..stotica-che si rispetti : i q u attro testi sono tro p p o brevi per un interrogatorio che, presum ibil m ente, d o v ette essere m olto più lungo, tale cioè che p o tero no benissim o esservi pronunziate sia le parole della versione A, sia quelle delle altre due. B e«d^xluiiqu® pri-vilegi#r»-iin V m gpln jiiu ttp stei elio u n n itr o ? Perché n o n tra tta rl^ p iu tt» ^ ? / I •ste-come q u attro testim onianze equidistanti... . avvocato s c h im m e l l E h già: una pura e semplice lo ttiz zazione dell'infinito! sacerd ote La—p*ego!... Perché non tra tta rli com e q u at tro testim onianze equidistanti, con la convin zio n e^ateg rao dftLeX w M cafedw », di p o ter ricostruire m eglio l ’insiem e del l ’interrogatorio? E se questo è consentito allo storico, p er ché dovrebbe essere vietato al cristiano ? | tJerché respingere / ILuca e G iovanni in nom e di M atteo e di M arco, quando ad j allinearli insiem e, a integrarli a vicenda, fi quadro non solo / {si fa più am pio m a anche più v e ritie ro ? /Passi, se gli evan g elisti si contraddicessero nella sostanza. E invece no: se si prescinde dai dettagli, non è vero affatto che si sm entiscono. Ad-«6e-a»pk>, fcfi dice M atteo che G esù rifiuta di rispondere. E che altro fa presso G iovanni quando replica: « Perché interroghi m e? D om andalo a chi m ’ha udito »? È u n risponP erfetto. se+itìiiché■ d i-q tian d o lei -miha, in te rro tto » - senonché noi non abbiam o sem plicem ente q u attro testim onianze equidistanti, da trattare alla pari. N e abbiam o una, indicando sulla la vagna), quella di G iovanni, p er intenda«*» che ninni ITI rriHMUmi il m i quanto alla sostairza^aa^-ticomeZ AVVOCATO SCHIMMELL racconta in m aniera neutrale, introduce senza parere una serie di rettifiche^P er gli altri tre a cattu rare G esù fu genericam ente una folla arm ata. G iovanni precisa: la coorte, il tri buno e i satelliti dei giudei. D icono gli altri evangelisti che 336 II Quinto Evangelista fu il solo P ietro a seguire G esù fino al cortile del Sinedrio. G iovanni non solo precisa: « Simone P ietro e un altro disce polo », m a aggiunge con puntiglio che a entrare fu prim a lui, « .lu i indusse ¡^ p o rtin a ia ad a p rire pnrtfl F tf tra G li altri afferm ano che G esù venne p o rta to da Caifa, lui rettifi ca: da A nna, che era suocero di Caifa. Ad i r arne -insam m a iwto..^;lai!i) ■»p e r coniò ta, Ha ’fiotta'1 raria di voler d rim ettere le cose a posto, di voler dire addirittura-: « Badate, che io ero là, e*o p ro p rio presente ai fatti: fui anzi il solo evangelista cjie si ¿rovo presente «i-éatti ». E allora, o si as sume per b u ò n o/G iovanni *esi-rifiutaiio-gli-^altri- tr«, o si-aee e tta a g M a tte o e-M areo. eon-qnalc-he dettagfio-attintQ.da La» ca/ e allora G iovanni cade, »>e«tde--non--solo--per-«|u@ste episodio4~-eade-iii r u tto e p e r ttttttj, e per quel poco di verità ricavabile dai V angeli restano in piedi, p er noi, unicam ente i tre sinottici. ''G io v a n n i questo non è giusto. P e r lo m eno, è sbriga tiv o . Veda, poco fa v è verifica t o d i-n u o v o q u e k o sa chs-ùaipieor^gM-voltoi-debdesttne-diJGaovaHfli"* abbj^rpo letto p ri m a M atteo, poi M arco, poi Luca?' poi vi© cori il risultato, epaurdo.s.’à -a rriv a ti a-aaa, che l»-4niajteatù»»nktnza^te-4ri p ratrca- e^arrTorata. davo l ’im pressione d^aagpi^»m~dLp>ù. di non avere nulla da aggiungere. È u n a ■costante,-pel Vangelo [*''3* G io v an n itJ a .a u a ^ e r ts-è searp r a quella di venire p e r'u lti m o, e come tale d ’apparire accessorio, di-»^-dive»ta£© -i»ai centrale. Lo si accetta per la sublim ità dei suoi concetti, non pei fa tti che ha n arrato. Proviam oci per u na volta a leggerlo p er prim o, a-tenderkr^centrale-;-~a~p*e»* d a d fr^ rrh 'se rk ^ ’tnsOTmrra. Scom m etto che, oltre a trovarlo veritiero, scoprirem m o come in tan ti casi gli altri tre im pallidiscono. m arco M a tu scherzi! Gio v a n n i Perché, credi che M arco sia tan to meglio di G io v an ni? (M eno Biflpiqjflnnngq ni p-ggn- G iovanni fu u n discepolo, com e non lo furono né M arco né Luca. E fu il discepolo p red iletto di. G esù, come non lo fu M atteo. T ra tu tte , è la sua la testim onianza più vicina.*n*eha-dftv¥ft-~ (jWt, W dn-pttm ì . rnjii| ^ ,j ^ |dLl'”rP!!Tu, Lutte - le''-¥ol't e'’ghe' ho lutto i VaiigLlfrH & ^vufo sem pre questa im pressione1 che G io vanni sia i4..piu-pw>ciso,l.& insiem e. d~più~..p rn fnndn; il-p iù Il Quinto Evangelista 337 K kco^di-cife«® t«nK e e q u e llo c h e , q u a n t o a liv e llo d i d is c o r sa» ci d à meglio u n ’idea della statu ra di G esù. marco É come m ai fallisce proprio n ell’episodio del Sine drio? P erché qui, lo am m etterai, G esù risulta p iu tto sto p ia G io v a n n i ¿.Dofia tim im itw u u te ) Ecco: quanto ai particolari, l ’ha detto già l ’avvocato Schimmell, G iovanni è colui che ' ne fornisce di più, ch e p r ecisa m e g lio :/A n n a suocero di Taita, U esu p o rtato prim andaliru n o , "pòi dall’altro, P ietro 'ferm ato all’ingresso del cortile e poi fatto entrare: tu tto h a g n s a p n rp di verità vissuta, di cosa vista d irettam ente. °n1; "’Ti t re c ’è come un tocco realistico in più. Q u an to all’interro g atorio, M , lo am m etto, il suo contri b u to risulta assai più scarno. P erò ugualm ente io ci andrei m olto piano prim a di liquidarlo com e inattendibile. V e d e te , acoleye-u»'-ht> c o l p ito p o c o is^ noi diciamo solita m ente che il V angelo di G iovanni è centrato sul tem a di G esù figlio di D io. B r a c a t e ,, a l l rn n -t a n ti alt r j j x n r i Bbhrng) r h t rnrn irrn rlr^ ' P ro p rio nel caso del Sinedrio, paapfao quando «©è gli altri tre evangelisti non fanno che girare in to rn o alla dom anda: « Sul serio sei il C risto, il Figlio di Dio », egli m anca l ’occasione e batte u n ’altra strada. M a lo farebbe rhirrliT) :^ \ se non fosse sicuro che quella tale dom anda non venne affatto p ro n u n ziata?... A v r e te - e a p it o d o v e v o g lio a r r iv a i« : alm eno p er il caso d ell’episodio del Sinedrio la versione di G iovanni è la più veritiera. N ella m isura in cui è la più scarna, fa -p iù f i, c o n t r a s ta Col triOH- fiilhm » dnm inim tr in g rn rrr nrl V nngrfn d i GitìvànnT, ha , ■" ^ ( ^ • t u tte le eaiIL—ili iLguhr-p u a g g m iid la pjfi"7tiilÌL ia. ( Scherzoso) Lo sai che senza volerC ^ P W o , senza quasi essertene accorto, sei en trato a poco a poco nella p arte di G iovanni, difendi il suo Vangelo come se l’avessi scritto tu ? Al pu n to che a m e veniva quasi la vo glia di m etterm i a m ia volta nei panni di Caifa (o di A n na, che è lo stesso), e com unque m ’im m aginavo cosa avrebbe risposto se avesse p o tu to leggere il V angelo di G iovanni — o se fosse stato qui. avvocato s c h im m e l l M a giacché ci siamo,/ perché non ci prova?________________________________ /'cO dU cALìicc J ) iL iue,C / 338 u n o d e l p u b b l ic o Il Quinto Evangelista A fare che cosa? M a a m ettersi a sua volta nei panni av v o ca to s c h im m e l l di Caifa. O h, no, farem m o solo del teatro... P erò una cosa è certa. Se C aifa fosse stato qui, -se-avesse-ascob ta to la tu a testim onianza, se t ’avesse udito so sten erejt® iye"httà-fafcttiutu, che la sola versione giusta è quella di G iovanni, sai che cosa t ’avrebbe risposto? « Bada che, serivetidov-al. m o d o in cui 4iai scritto t» f hai im m iserito un contrasto che invece è tanto più alto. M a come, sem plicem ente, .post? Sono a confronto due princìpi così alternativi, u na nuova religione che sorge, la vecchia che si difende, il novatore che per la prim a volta si trova fac cia a faccia Q ^ ‘q ^ r 'h ia n ^ g T " tr h i difensore della tradizione, due capi a conflitto, due Chiese, due d o ttrin e, e tu che fai? Ci dai una specie di giuoco a rim piattino: “ D om andalo agli altri che cosa ho d etto , perché in te rro ghi m e ? ”. p1ì - y ;'1» G iovanni, tu G iovanni, il sublim e G iovanni, n °n w l e - f e w — alta hai fnllit*»'In Tri ra, ma per sm inuire m e, il gran sacerdote, hai rim piccioli to il t U O S t e S S O GeSÙ... i n»— nc/n pf>r Gi& vatim) M a sì, m a sì. Pensa invece a M atteo: « “ Io ti scongiuro per il D io vivente di dire se sei il C risto, il Figlio di D io ” . “ T u l ’hai d etto ; ed io vi dico che orm ai vedrete il Figlio d ell’U om o seduto alla destra dell’O n n ip o te n te ” ». Che ampiezza di spazio! E quale sintesi! Il Dio vivente, l ’O n n ip o ten te — il Figlio di D io, il Figlio d ell’U o mo. In due righe i fondam enti d ell’intera teologia. Gio v a n n i M a G iovanni l ’aveva d etto già tan te altre volte, che non ha voluto ripetersi solo per fare letteratura. c a if a N on è letteratu ra. G io v a n n i C om unque ha preferito non alzare la voce, ha scel to, al contrario degli altri, le to n alità m inim e, it4 im in « e n d « /5 ^ ’3Fj -Magari p roprio a g aran tii» la propria veridicità. c a ifa A h, sì? Solo per questo? Solo per apparire il prim o della classe? E a me non hai pensato? direbbe ancora Caifa. C ’era lì, davanti a me, un uom o che si proclam ava D io: la m aggiore delle bestem m ie, di fro n te alla nostra leg ge. Ce n ’era abbastanza - ti pare? - non solo per giustifi care la mia indignazione, ma p er salvare il mio ruolo d ’anta- u n o d e l p u b b l ic o Il Quinto Evangelista 339 gonista di G esù - e con esso la statura, la grandezza stessa di G esù. E invece tu che cosa fai? M i presenti come un iste rico il quale s ’offende solo perché gli si manca di rispetto... ( S cim m io tta n d o ) « Così si parla al gran sacerdote? ». E G e sù inerte, incerto, m eschinello, m ortificato: « Se ho d etto male, spiegam i d o v ’è questo m a le » ... M a ti pare!... Gio v a n n i È questione di tono^P rovdpf a dire così: « Se ho d etto male, m ostram i in che è male. E se ho d etto bene, p er ché mi percuoti? »... V ® dL ch& .altta^ig«itè? La scena co m unque, riguarda A nna, « « M a . Caifa, presso G iovan ni, non apre nem m eno bocca. c a if a Peggio ancora. M i hai trasform ato in un personaggio da niente, una specie di m arionetta fa tta m uovere dal suo cero. / a v v o c a to s c h im m e ll Se non sbaglio^TeTaSerinava eli non voler fare teatro. c a i f a CRidtìntici a mutande! fono) H a ragione. d o t t o r e h r a r t (JLidem hj^lniihu in i) M a no, m a no, va benissim o così. A nzi (rivolto al sacerdote) lo sa cosa pensa vo? Che questo confronto fra i q u attro testi evangelici si p o trebbe '¡nl'ì mmnti. TTTii anim arlo al m adori« CVMa em è accaduto^ tó to f f e . Scegliamo„ s ts a , u n ’intera parte, la Passione, p er esem pio, -1------ 1 SinrHrin r r i m m r rin ì r n /l y ien a Passione, « rtnirignomn n1rnni A a a * ^ LiLhé il ruolo dei personaggi che^compaiono nrlln P m ìin n f e.ven- ' gano a dire le loro ragioni, obiettino, co n testin o ftìiittu aiB o i waa<TrTrnr7tTTFéàT1^trr^«s^.tipQ d i.£Q.nfli±tQ-che..pQg<a»fa ab biam o vistoi^wf ogfcLfra Caifa a Gkwowwii agli d i v i ) Èujg^idaa, non Sarebbe una verifica in concreto, dal vivo, delle diverse versioni della passione di G esù, «-¿»»«lefi-, nifi iiia*rfgfe^^edibihtà~3te8»ft-defr -quattro evangeli»«. s a c e rd o te HTrrmtemLo.-il--eapo—e~dn~-j&no--~m<a*~duhilo- m *T ' Se lei crede che questo sia utile, che sia possibile, so p rattu tto ... d o t t o r e h r a r t f rnn iTTi iTfr. C apisco, e quel ¿tape di co se che ripugnano di più alla m entalità dei cattolici. P er voi cattolici il V angelo è una specie di m onum ento: qualcosa che sta lì, s’am m ira e non si tocca. a v v o c a t o s c h i m m e l l ( Q uoti sette v eéc) E nem m eno legge, se è per questo... in * l '.( ( f a t u ~ 'y u * .l 0 V é * ~ i a c J R , 4 * f liu u .. tr f' ****■ i . J ^ <V»UoV(,>'lC*A'VÌ ■ £ JQ s\t'istAo-fyi. 340 II Quinto Evangelista (Senza badargli) P er m i , noi p ro testan ti, è invece esperienza viva, rap p o rto che si rinnova, che anzi s ’inventa giorno p er giorno. N on abbiam o paura di m etter lo in discussione, noi. sacerd ote T em o che lei m ’abbia proprio frainteso. Io stavo pensando, m olto più sem plicem ente, che cose del ge nere non è facile im provvisarle, anche in via psicologica. P er esempio, Caifa in fondo, sia p u re per caso, l ’abbiam o già. M a crede lei che ci sia qualcuno disposto ad addossarsi la p arte di G iu d a? ^ studente to epfer E perché i» « i? 'È un giuoco„j*o? E poi frani,-¿mnntft, mic.n a me dispiacerebbe -»¿sa InTcritS"*cad rssr- su d i' rn ^ f m aiw alaaeftte ^ dire al C risto due paro lette a nom e di G iuda, una- v o lta tanto. dottor eh ra rt M a il C risto, a m io parere, non dovreb be apparire affatto. D ovrem m o m ettere in discussione i V an geli, mica G esù, accertare qual è il grado di credibilità di ciascuno - o d i tu tti insieme. studente t o epfer Fa lo stesso. Le direi ai q u a ttro evan gelisti. La vicenda di G iuda non m ’è mai andata giù, al m eno per com e ce l ’hanno raccontata. c a p it a n o k l a m m e r (R ig id o ) Com e a me quella di P ilato. È un fatto : ci presentano P ilato come u n im becille, u n u o mo senza polso, uno che per debolezza lascia m orire G e sù, e nessuno sottolinea che era u n m ilitare, un uom o cioè soggetto a u n dovere, a u n giuram ento. U n uom o d ’onore, co stretto a far tacere le ragioni dell’um anità p er ché lo Stato, cui in prim o luogo doveva obbedienza, fedeltà... dottor eh ra rt M a questo lo d irà dopo. N on antici piam o ( A l sacerdote) Lo vede? A vrem m o già P ilato e G iuda. sacerdote Q u a n d ’è così... (allargando le braccia). D u n que, riassum endo: abbiam o i q u a ttro evangelisti, se voi q u at tro accettate, s’intende, di restare nella vostra p arte ytm t' tro-,~m~oario-modor fanno cenno d i acconsentine). A bbiam o Caifa, no n è vero? (C aifa accenna dimr) E abbiam o P ilato e G iuda, se loro due non si tirano indietro. studente to epfer M a No n siamo mica super stiziosi. sacerdote Benissimo. E allora vediam o chi altri ci occor- dottor eh ra rt Il Quinto Evangelista 341 re. P ietro , per lo m eno per la scena del rinnegam ento... (A lza n d o la m ano) Se posso essere iosacerdote D ’accordo. E poi E rode, il sacerdote A nna.. dottor eh ra rt E B arabba, e i due ladroni, e il centurio ne e i soldati... c a p it a n o k l a m m e r II centurione e i soldati ci sono già, se loro vogliono prestarsi (rivolto ai tre m ilitari, i quali subi to si levano in p ie d i) . Q uanto agli altri, coraggio, non sonc p arti di grande im pegno. E poi, l ’abbiam o detto, si tra tta so lo d ’un giuoco. ( Q ualcuno alza la mano, il sacerdote vien d istribuendo sveltam ente le p arti). sacerdote Sì,' lei Barabba. E loro due i due ladroni. d o t t o r e h r a r t ( In terro m p en d o lo ) C redo che Io di farei a m eno. E -foiee anche di Anne. Caifa, lo si è visto, è già sufficiente. P iu tto sto g u a r d a n d o in d ir e zio n e d e lla stgmma Kéiyfm-r) m a n c a una donna per la parte di M a ria .. . s ig n o r a k u y p e r N o. M aria nella Passione ha una parte irrilevante. A ppare solo presso G iovanni e per di più non parla. F rancam ente non vedo cosa avrebbe da fare n é^ ja n io m eno, cosa dovrebbe contestare. avvocato s c h im m e l l Scrupoli? s ig n o r a k u y p e r (B rusca) Sì, scrupoli. N on mi piace que- u n o d e l p u b b l ic o /> ,- , , * . n «twuppUeaaéiole ) K'1)ìPpj:1ì prego! O c corre stare al giuoco, no? E poi, non è una farsa. nfM dehedrtmrt& d i -jdfLiziioìied,-. E c c o ,.a-quesrcr pTinterm^pr«-prrrreT'cTrTa?"?Osfr m entre nni altri rim aniam n r)j qn^i ? fni-p n i* ptr*1di-^pft^r^-gq^ e p ararerdfglTm ot'ntf 'm inim o di scefK, i Hrnirrmti pnrir>ino di 1«-;-tTT";'r]^Tr'*!TTT*t^irif?li*?ysTlTn^T‘yTrn^ ii'r ftuisln) E) pr>t-rr |-p «4 p e r l'o rd in e delle ei*n ted e rer-#-’è-perfmry l ’^éffzT aT e'per canroffar^i. C'1:Jvr~"i' d’nm rflirti nonrr sempre pieni drrobevtrrrrrdi j In u tile Tnnrm iiri r i r r rim p ~ rt'in t°. in q u e s ta ree ita-; è n d m sTfafttfe e non perdere di vista lo scopo che ci proponiam o: sem plicem ente un confronto dal vivo tra le versioni dei V angeli. In te rp re to esattam ente il suo pensie ro, d o tto r E h ra rt? ____ dottor eh ra rt E sattam ente. K i / m . % ofvd (m * ( £ cIa.* A? v h Àm A l u u d iti |p ) fe U ^ * 342 I l Q u in to E vangelista vtr;"ffai¥& 'Cail-ar n ; , . j <atsseÌTTtry-iiiéiiiar ■R nm iiiii. feumi.n , x_ cn//|Q/; j Q^ìrnyj^ ) sacerdote Q u an to a noi, io direi che ognuno wrteiprett se stesso. Lei ad esem pio, d o tto r E h ra rt, sarà il p ro testan te, e lei, avvocato Schim mell, sarà l ’esponente del libero p en siero; o meglio, l ’ateo. O il term ine le dispiace? a v v o c a t o s c h i m m e l l ( R id en d o ) M a no! Del resto, lei lo sa: io aspetto sem pre u n segno. E se non una salvezza, alm eno un redentore... "s a c e r d o t e " Bene, io direi orm ai di spostare il "tavolo al centro per sistem arti, | q u attro evangelistr.'L e sedie invece p o tran n o essere portateN jui. (In d ie a 'fó spazio occupato dal ta vo lo .) I rimasti si m ettono'aH ’opera. Il l'avolo viene sistemato al centro, parallelam eruealla scena, le sedie sulìà-'^inistra, in parte allineate, in parte .accatastate a due a due. Q uattro 'sed ie, su indicazione del sacejddfe, vengono sistemate dietro il tavolosjvlentre il labbro è anrnra jn rnrcp entra il sagrestano. ( A l sacerdote, con voce di m alcontento) M i scusi, m a proprio non capisco la novità. E ro già p ro n to p er andarm ene, *Thl *p**'1li di l!>*T¡oiiyctt T-rrw»**»«M. «1« w n w w iinrtnpi-t] catrre s ti^ Le i/dJ'o c tii pttic gillìiRT? d </di-o Li ri C&Wt. p jC tllf. SACERDOTE A bbia pazienza. P er una sera... V edrà, non faremo tardi. sa g resta n o P er una sera... Come se fosse la prim a volta. Il fatto è che loro ci prendono gusto alle loro discussioni. M a di p o rtare la croce, alla fine, tocca sem pre a me. m ugiiu, lei, p w i tf a i L u id iiw - d i l«? "E1■BHd ic l~t[tiTr"a 'q ù al sagresta n o «h®--v€da. fL- C i l i i d U O ._______________ ______ Adesso non esageri. v is to ' ¿che h e c 'èe,," pprovveda r o v v e d astiare la luce, i e fatto quasi ohìo . E a tte n to a n c h e a»<mndere bene le im po ste: abbm m o l ’o& sm im ento. fo fà n to la n a o il sagresUmo va ad a ccenderete lu c i/Z h à td r fe im poste, p o \e s c e yer la por ta a destra.) X. sacerdote La scena è sta f^ ip p e H a finita di Sistemare (Xjb^avoio sono stati collocati ajjdftro cartellini ciascuno coN nom ^flV m o de^fi evange listi) ^ « r r ie n tr a n o i quatthè evangelisti J i ^ i c u n o ^ p n in mano il svolume che gli era stato a s s e g n a to in precedenza. Indossano. -^ ^ 8 1 U o . \\)[) f) 1 ( ^ rnQ 7K iF O . WvoMìvU , ^ J* > fa* cLl c’ P a c a to c L ', .|(te[te*» ,( — -------- -,-------------- ■ ------ ---------- ——J 1vangelista tìtsu una tufiica bian! nelle'qyroflessioni, e hai ne nasconde per intero le n en tty Apftepa li^ e d e , il fipo diSfluelle uiate da. in capo v m i/specie dj/Tsnpucci recchie e J ^ r una Jjrétà la xront sàcerdoiC li f g v i p r a sistem aci dii ro ìlNra^jlo. pparàtpT Vi siete quasi mascl o, p q i^ te\sed erv i qui. E si fi. Beni&rtmo, pero, a rco ,'p o i L u c a \p o i b o rd in i solito : M atteo, acerd o t\si rivolbp/agli m \O i q u a tth e e /e g u o n o E ancrk v o i/n a r yral: inalbando le s/a ie sulle/sinistri ,n z io n e \n pubbRço pobete ^ e n d e ì ^ p o s t o . In sposso d iy ^ o sì. che' JNO D ElV PU B B iEl£6 (ScfìkigOSO) SACERDOTE ro lo ? rid u rc i i f ^ i l e n z i o ? s a c e rd o te M a n o x l ’a b b ia m o >ne, pe#o. A l tr im e n ti, sa le i chiarite Î H* ' * A u « C oi la b e le ? sedere -N ad eccezioni del Sucer le n tra ^ tuttìSprendono poste ìe/che resta k j piedi d i l a n i ai tavolo,>a mezza strada trapeli evangelisti e gli àk ri - ^ ^ n tr a rim tta n te Jil afftrao ano. tirgto pe^ brabsia dai due stillati, fa qual«^(^>asso, p ^ s a: i ti lACERDOTE -set* Tonesco W A m m ettiam o o di Sabfi iTiMi) ciam o che io sia il C ireneo, un tal Simone^"<fÌrenétT, come dicono i V angeli, il padre di A lessandro e Rufo, come . . jM‘' l specifica M arco. Il più estraneo alla vicenda e in jir a ^ c a # ^ j p ià dnr oip eMe le . A d d irittu ra, il tipico personaggio ÌJiE com ’è n aturale, il mio destino si ripete. sacerdote II tuo destino? In che senso? c ir e n e o M a nel senso che, come al solito, mi debbo ad dossare una croce non mia. A nzitutto lei sa se sono stan co, a q u est’ora, e se non avrei il d iritto d ’andarm ene a 42ùjr))m sa , finalm ente. E poi, se proprio si voleva, stando all’ordine dei fa tti dovevo en trare quasi p er ultim o. E invece, j L •m entre- d i alla lo r q s to r ia s e n z a c to c h e .si, .d ice il d is c e p o lo p en tri dile W C40tv-u.£cti Q /I o - u Ce- lOuovA oU* si ^^a'iO ri VtìUaJA^ \A*l MAX! c ia CM}* Dòv\A |AAXk^ chi V < . Id u w V Ù e . Crdl ®uaUiA? J.CL U t l r i U M . [ f J Ì ^ ) Ï w i t t i U ï , l344 II Quinto Evangelista r a^ ^........... e s w 3¿ ^> $ e il confronto 0l ^ — x , deve incom inciare, è bene che incom inci precisam ente d a / U na volta chiarito se è veridico o no un episodio ■ come quello che <m riguarda, è probabile, dieeee, che anche per il resto si possa procedere in m odo più spe dito. SACERDOTE ( Legge) « A ppena usciti, incontrarono uno di C ire ne, chiam ato Sim one, e lo costrinsero a p ortare la croce di m atteo ^ ' l iDJnwfcoTE T K rp n lfn L J A m ctx) E tu? marco « E lo condussero fuori per crocifiggerlo. E co strinsero un passante, u n certo Sim one cireneo che to rn a va dai campi — il padre di A lessandro e di R ufo —, a , ^p ortare la croce p er lui ». •........ ijjiiirii " T uP > l i P * m i) « O ra, m entre essi lo conducevano, presero un tal Sim one cire neo, che veniva dalla campagna, e lo caricarono della croce, che la portasse d ietro a G esù ». Cl f i ( A G iovanni, che esita) E tu? Gio v a n n i « E portandosi da sé la croce uscì verso il luo go che chiam ano il Teschio, in ebraico G olgota ». c ir e n e o Ecco! « D a sé ». H anno ragione nel dire che io sono un caso tipico. T re evangelisti che di me afferm ano in p ra tic a la stessa cosa, e inquarto che non soltanto mi ignora, ma sM p& m e come se proposito sm entirli. U n b e ll’affare, non c’è che dire. E io qui, crocifis so tra il sì degli uni e il no d ell’altro, a fare il C ireneo fapm deuno-piéf). ,11 fatto è Questo: che io sono ap p u n to una -ilUAAC fotta 4/ljUAAt&Al , . s ' ' un povero contadino che, se m ai e esistito, ha term inato il suo lavoro e sta tornando a casa sua, e che, preso a forza, dai soldati, L* u «pia vicenda di wlKftr "N oncapisco proprio che cosa si voglia dim ostrare « t i n w U me. d e l p u b b l i c o ^. Se non altro, che G iovanni è p er lo m eno discutibile,Iche per appurare la verità in to rn o a G esù uno Il Quinto Evangelista 345 »»■ai u o la a im t»età possiam o benissim o restringerci ai tre si nottici. Gio v a n n i N on ricom inciam o. H o attestato tante cose io che non sono nei sinottici, e che p a r alla prova dei fa tti si sono d im ostrate vere. E poi, am m esso che in questo caso io m i sia p o tu to sbagliare (m a io l ’ho ancora negli occhi G esù che con la croce addosso s’avvia verso il G olgota), si tra tta d ’un dettaglio così trascurabile. uno d e l p u b b l ic o p e r q u e s to ! È vero, sì m a prò prm- per q u ésto 'd iv en ta una p rova-d el ia ■*—idieità -d e i w sin o tiia ir'O f s e p o sso d i r tu tto , della t ' 1>I ttendenziosità. ^ n /4 # ^ n 7 Ìr\c ÌtÒ G L / ìistantec tn n i-t* ese t * lle o 0cose ^ . 0 0 non 'tua Rlffcttirtnùffii'imi fossero andate precisam ente come le narrano i prim i tre evangelisti, perché avrebbero in tro d o tto un particolare di così scarso peso, che non serve a nulla, eh a non aggiunge nulla, saa .nly p g1~A, fAhiirlj. ha sapore di vita vera? P e n s ^ U j^ te all’inciso di M arco: « I l padre di A lessandro e R u fo » . P e n s a t a com e s’esprim e Luca: « E lo caricarono della croce, che la portasse dietro a G esù ». P ar di vederlo. Gio v a n n i E G esù che si p orta da sé la croce, non p ar di ■ vederlo?__________________ m atteo M a perché non proviam o a interrogare i solda ti? Chi altri meglio di loro ci può fornire una conferm a? D al P reto rio fino in cima al G olgota furono loro con G esù. p r im o s o ld a to N o, scusateci. A nche questo è un dettaglio parecchio discutibile. Che siamo stati noi a p o rtare G esù sul G olgota lo dicono soltanto i prim i due evangelisti. Se condo gli altri due, e perciò anche questo qui ( indicando L u c a ), a farlo n on fum m o affatto noi, m a i G iudei. secondo soldato E perché non aggiungi che anche cer te altre cose - gli sputi, le b a ttitu re , la corona di spine — ce le hanno attrib u ite M atteo e M arco, m a Luca no? ( R ivo lto ai prim i d u e ) N oi facem m o sem plicem ente quan to ci era com andato: era il n ostro dovere, no? l u c a (S evera m en te) M a che vi sorteggiaste le vesti di G e sù è testim oniato anche da me. A nche questo p er caso vi era stato com andato? seco n d o so ld a to M a era n ell’uso. E poi, a chi più po tevano servire? 346 Il Quinto Evangelista s c h im m e l l Sc^TtOTi ‘ ■stragho però, accettan do p er buona la versione dei tre sinottici relativa al C ire neo, se ne va all’aria anche la storia delle tre cadute sotto la croce. Gio v a n n i M a non c ’è m ai stata: nessuno di noi ha mai p re teso d ’attestarla. av v o ca to s c h im m e l l E nem m eno la storia della V ero nica che asciuga il volto di G esù? Gio v a n n i N em m eno quella. avv o ca to s c h im m e l l È curioso: ero talm ente convinto del contrario, che nem m eno leggendo i V angeli mi sono accor to che m ancavano... ( Scuote il capo, poi in tono quasi sarcastico) E dire che da ragazzo m i sono quasi sprem uto gli occhi davanti a certe immagini: la V eronica, le tre ca d u te, nelle vostre V iae crucis, nei vostri cicli della Passio ne... D ovreste risarcirm i di tante com m ozioni a vuoto. P e r ché io ci ho creduto: -saràr'bOffOTTna-ei.h a . E rano anzi le cose che più mi colpivano, della passione di G esù. E figuratevi allora quale effetto mi può fare scoprire che sono perfino m eno vere d ell’apparizione d ell’angelo o del le tre tentazioni. s a c e r d o t e (Q uasi in tono di giustificazione) E rano n e gli apocrifi, lei sa... dottor eh ra rt M a erano favole, n ie n t’altro. E la C hie sa fece male a in tro d u rle quasi nel culto. H a ragione l ’av vocato Schimmell: quante em ozioni sprecate; e quanti equivoci! s ig n o r a k u y p e r M i scusi, ma a questo m odo la questione rischia di sviarsi. Figuriam oci: tirare in ballo anche la q u e stione degli apocrifi, d eE i^b -< -tem .atw ^m a.k k strL . lo am m etto , che sono stati fa tti per -arricchire e m agari .abbellire.. la vicenda di G esùydelle leggende popolari che sono fiorite —^ a c c a n to fid ère«. Q uel che conta è che la C hiesa è stata sem pre irrem ovibile: ha accettato come valide solo q u attro te stim onianze, ha rifiutato tu tto il resto, al massimo ha tolle rato che qualche artista se ne servisse derivandwae per le sue opere ceri i snggem . dottor ehrart N em m eno questo doveva accadere. sacerd ote Perché? Io non vedo. L ’artista d o p o tu tto ha le sue libertà. E poi l ’apocrifo, im-sér4r8clHS£ne, non è un K iU v avvocato 0 I l Q u in to E vangelista 347 falso nel senso com une della parola, om’adulterazione eoasapgvjole. È u n ten tativ o ingenuo, «fa*«.„sempre-popokwe, p er m ettere u lterio rm en te a fuoco la figura di G esù. E d è, aL lim ite, anche ricerca - ricerca del C risto. L ’espressione, voglio dire, in form e im m aginose, di quel m edesim o bisogno di conoscenza ehe pes-secoli h a sp in to i cristiani a dom andar si-th i LglHu^se. che ha trasform ato il pensiero cristiano in una p erp etu a interrogazione del C risto. D el resto anche noi stasera cos’altro stiam o facendo?... V olete anzi che vi dica un assurdo? La tradizione cristiana in fondo cos’altro è se no n un l y ^ o ^ g c r i f o ^ u n j n d a r e c e rq ^ d o H V^Pgelo dei W a n g eli?i7 f Atii^ocATo scHiMMELL Ler carità! ( R id e n lo ) vanno*finQ_ad ora le cose non lo desidererei proprio... D ia m ine, ci m ancherebbe a ltro !.. \ V M entre si recitavano battute è entrato, sempre da de stra, un personaggio' vestito aiter^stesso modo dei quattro evangeli sti. Passando" alle loro spalle è andato, a procurarsi una sedia li bera e trascinandosela dietro è andato a—sedersi accanto a Giovacilli, ma tenendosene alquanto discosto, quasi all’angolo tavolo. ( Accorgendosene, in tono tu adasso-chi*-saresti? CHE" Gl F fi t s a c e rd o te di meraviglia) / E QUMiBa ev ahue l i s 1v?rf Y'6(:'é~'grmr^f—S - sm i-ehi dito che-iocapo-verso- tl- ta ta ri-it-cm- è venuti*) fo-swto tmcrche vfene"di“là. s^ car-rotb1" 'Qwestrr+aWhairrcr'Veduro. Ma-..non ci haL-em» jnra nptegnt » ~per -gonio ragione -eoi andato .a oijtcmar** A m m ettiam o p er ipotesi che io sia un qu in to evangelista. vocb d a l ■’" P to p lio o -— Eln'"afTio f ■■•Cetwe^e^TTOTr rte-avcssim O \ già M<>ht»astnnza..di.aquattto. lW .jU *w, * ì>* “Mai» «.k, ' s a c er d o te N on scherziam o... ^ p r r raso tei entrato p ^ t confonderci le idee... , ( p,, QUINTO e v a n g e l i s t a M a se A ’ha evocato lei stesso! iVWy»*, V-h ì / G io v a n n i E dici di chiam arti il qqinto evangelista?. QUINTO e v a n g e l i s t a U - f t q V n * y f o MoÌo~pdr^iI tu sei d etto il q u arto ... (D opo una pausa, sem pre a G io va n n i) C onsiderac i 'poega, il tuo stesso caso: gli evangeli Il Quinto Evangelista sinottici erano stati scritti da una tren tin a d ’anni alm eno, il messaggio del C risto si diffondeva, la C hiesa si svilup pava: nessuno che, aspettasse un tuo vangelo, nessuno che p ropriam ente ne sentisse la necessità. iche a un tra tto tu avverti il bisogno di dire anche tu la tua, d ’offrire la...tu*-personale testim onianza. À ggiungo-di pùy,; quando sem brava già chiuso, riapri da capo il di scorso sul C risto. W T«^p»r 'pcrdTé n o n -cred o che abbia astuto k , pretesa di d ire tir l ’u ltim a parola. Al contrarie! L o -riap ri e lo rendi debordante. A partire* da te t i diaeoseo Ufi R f/r d cuj.4gpicta.ci dilata talm ente, che ogni tentativo di scoperta E0 della sua persona diventa un viaggio che ha per m èta l ’infi nito. Q w anto^dke che ci hai insegnato a guardarci dalle chiusure, dalla pretesa d ’avere già b ell’e fa tto il piano della verità, d all’idea che in to rn o al C risto se ne sapeva qu an to bastava. Ce lo hai avvertito tu stesso, del resto: « Vi sono poi altre cose fa tte e dette da G esù, le quali, se a una a una venissero scritte, credo che il m ondo intero non p o treb b e contenere i libri che se ne com porrebbero ». P iù esplicito di così! V ite 'GievANNr-fiwrè'reo) T u dunque saresti l ’autore d ’uno di quei libri? q u in t o e v a n g e l is t a /V e d o eh e ■p u r t r o p p o «’o s tin i a non capire... T i propongo allora ciò che non sono: non sono la versione esatta della vita di G esù, non sono la verità finale, tan to m eno sono l ’autore d ’uno di quei libri... p iu tto sto , diciam o che potrei essere tu tti quei libri m essi insiem e. Sono gii-«poe»^-sQQa.,4utù-.ceÌQto-dae-si-SQiK»-r4prégg t r su ih r P aro la- p e r-m e d k a rk -e c o a m c a te r k , sono l ’in sieme dei cristiani che nel corso dei secoli si sono in te rro gati into rn o a chi fosse il C risto, sono la som m a della tradizione e il sim bolo della ricerca. F uori del paradosso, rappresento la tensione che voi q u a ttro avete suscitata scri vendo di G esù. Se p referite, esprim o l ’ansia di prolungare l ’evangelio - o di p o rtarlo a com pim ento. L ’evangelio non è finito, questa è la verità. s ig n o r a k u y p e r C om unque ci è bastato. q u in t o e v a n g e l is t a Lo so, lo so. E tu ttav ia tale è la sta tu ra del personaggio di G esù, e tale m o k fe -eK sem bxa.ess e te l ’ampiezza del suo messaggio, che perfino le q u a ttro Il Quinto Evangelista 349 d iresse testim onianze che ne abbiam o ci danno l ’im pres sione di non averlo esaurito tutto. D i qui la nostra inquie tu d in e, il n ostro bisogno di colm are i v uoti e aL lim ite l ’aspettativa quasi d ’u n altro libro dae^fmisca--quell© ohe g ls-^ks^haanot,.lasciato incòm pirrt». E in pratica, m ental m ente, lo veniam o scrivendo: ogni nuova dom anda che ci poniam o in to rn o al C risto che altro è , in definitiva, se non u na pagina di quel libro? v o c e d a l p u b b lic o M a questo è fuori d ’ogni logica. q u in to e v a n g e lis ta N ie n t’affatto: è nella logica stessa della trasm issione del messaggio. Com e mai altrim enti q u a ttro evangeli e non uno? E—coma...jna» ■■rkHUwwwàll ’altro s’avverte alcunché di sim ile a u n processo di crescita? P erché insom m a M atteo e Luca non si sono accontentati del V angelo di M arco? E perché, dopo tre n t’anni, tSa&hli• •£ •' S j U trL/v.v ' ? , F v . ,. .’ 1* . nzinnp d nh q u a rto -vangek>'ehe imieU6»*n-"dt8eassTone ogni ae e j* L ’evangelio non è finito, P achiam o già detto. E co m unque non è tu tto nei q u attro vangeli scritti. s ig n o ra k u y p e r Sono però l ’unica fonte che noi ne pos sediamo. a v v o c a to s c h im m e ll Diciam o sem m ai che sono l ’unica fo n te che la C hiesa, la vostra Chiesa, ha consentito che ne restasse. La solita storia: l ’au to rità che interviene, il dogm a che si fissa, la lib ertà che viene repressa, la ricerca che s’arresta. ( A l Q u in to Evangelista) Lo sai che m i piaci? s a c e r d o t e ( R id e n d o ) L ’abbraccio del diavolo... (P o i se rio, rivolto al Q u in to Evangelista) In te n d i dire, se -« a u .h q , frainteso (scusam i, m a voglio provarm i a m ettere o rd in e| aludm em i d i q u esto passo restiam o q u i tu tta -la che come ciascun vangelo ha aggiunto alcunché d ’inedito a qu an to era d etto nel precedente, diventa legittim o ipotiz zare ¿si, dice- e a t d d ) ' u n altro vangelo che li integra, li p ro lunga. q u in to e v a n g e lis ta CAptauJrr P ress’a poco, se proprio vuole. sacerd ote E dove sia scritta, o lasciata eem unqua»intrave dere, la verità della verità. q u i n t o e v a n g e l is t a (Ìtt~4&HG,.paziettée) Am m esso che sia scritto. E am m esso che esista una verità della verità... (V iva c em e n te ) M a n o a .c a p ite insom m a d m , per come ha II Quinto Evangelista 350 voluto la trasm issione del suo messaggio, il C risto non ci ha d ettato una verità, ci ha lanciati in u n ’avventura#... (C am biando im provvisam ente to n o ) M a sì, meglio m ét tarla nel m odo onnnstq nnrh IìÌÌl D unque; sappia m o tu tti che i q u a ttro evangelisti non dipendono l ’uno d a l 1-altro, non si plagiano, n o n si im itan o , danno piuttosto l’im pressione di dip en d ere più o m eno tu tti da una foste comune,.. GIOVANNI U na fo n te com une? M a è il C risto stessoj A a ie - n Evangelista a lla rg a le Cft-f.fcMK LbtrrJn reme- arrendendosi! Il fa tto è c h e ^ e h ia s q u e tu swt, non arriviam o a im m aginarci a che cosa ci serviresti#» dico stasera, in questo dib attito . Ci s«np bastatg poekissime b a ttu te — il solo episodio d i i C ireneo - p er speri m entare q u anti dubbi ci suscitano da soli i q u a ttro evan geli canonici, e tu vieni qui a proporcene un altro, .ad-ag. jpiJpoLn gulntjprf» No, no, ci m ancherebbe altro. A noi occorrono certezze. q u in t o e v a n g e l is t a Poco fa, nessuno dr-vm ha parlato di certézze. D ic e v a ^ di v o l e r i provare a cercare la verità. Suppongo che non v o le s ^ ù n a verità b ell’e fatta: s e n tiv a te •> che bisognava farla, cercarcela tu tti insiem e. (R iscaldan do si) Ma" appwntiii) -noa capite' chè ^ il semplice fa tto di cercarla*1àpproda inevitabilm ente a una crescita del m essag g i o ? ^ che altro, in definitiva, è il q u in to v an g elo ?/U ru Ì "volta è stato~scritfb- «TT Q u in to Evangelio è Io S pirito che si cerca ». s a c e r d o t e "V a' bene^ va bene. O rm ai che ci sei, rim ani pu re lì. M a a una condizione: di com portarti com e una specie di giudice a latere. ' Q - d i test im one p r onto a ., dire r\n p g ta m p p fp d j ^ i r t T T H ,'‘' a g ^ rpsa rVir irnUn pana..d»~<-.npnffattea. N ie n t’altrO che questo, mi raccom ando: tó id a m o c ia l-w sc re te rrr (C am biando tono e volgendosi in giro) E allora, riprendiam o. Se.ne*f"3ba■glio eravam o rim asti al C ireneo e al fatto che G iovanni contraddice ai tre sinottici. a v v o c a to s c h im m e ll E al fa tto che da sola questa aesc■plke-- circostanza invalida l ’intera* lculiiiiujri!TfiH#,"di G io vanni. dsM C 'kL* Il Quinto Evangelista 351 m a r c o Se non altro, ce la fa apparire tendenziosa. ( A G io va n n i) k # « v e r k à è c k c ci hai ten u to a discostarti: .e-aQn « 'i p - a d i r r la di-£atto- diventasse l ’unico, toglie n d o 'a tito r ità a lle te s ti» « ikanze preceden ti—E-d erf-gt-i. quindi.. a..u,M^ a r n ^ e r n È Ì a b attere una strada tu tta tua e a recitare la parte del disce polo che G esù amava. Secati a d d irittu ra a m o strarti tu solo in cima al G olgota: tu solo -tra-’t discepoli ai piedi della croce. m a t t e o ( A G io va n n i) Qualcosa di vero in questo c’è. Ti ram m enti ad esem pio di quando tu e G iacom o tuo fratello, presenti tu tti noi discepoli, dom andaste a G esù: « Accor daci di sedere noi alla tua destra e alla tua sinistra » ? m a r c o A p p u n to , la pretesa al prim ato. È stata questa la tua passione. P er questo ti m ostri con P ietro, m a prim a di P ietro , nel cortile del Sinedrio. G iovanni La pretesa al prim ato... ( Severo e addolorato) P erò sono stato io ^ raccogliere questo d etto , del quale mi pare vi stiate "dim enticando: « I l mio com andam ento è questo: che voi tra voi vi am iate com e io ho am ato voi ». (R iscaldandosi) M a tu ti dim entichi che cosa eravam o, i prim i discepoli di G esù: poveri esseri ignoranti, disorien tati dalle sue parole. Ce n ’è voluto per m etterci in condi zione d ’in tenderle, am m esso che ci siamo riusciti. E allora che m eraviglia se abbiam o p o tu to anche sbagliare? Se io stesso, sul principio, ho peccato di presunzione? AVVOCATO SCHIMMELL Th4atto^>àuslae.-iq, qyalphe m odo hai. cQjutinuato a n c h e d o p o ^ p to p o n e n d o u n v an g e lo «¿¿verso d i J j litri tir E più eùnr^nd-e) alme no s fro ndo ls^-tue-intensioni. T i sei assunto la tu tela della persona di G esù, procurando di situarla com e sopra un piedistallo. D el G esù Uomo-e-Dio, ti interessava soltanto il D io. E si capisce che dovessi ignorare il C ireneo: un V erbo incar nato, un D io fa tto uom o non avrebbe avuto la forza di p o rtarsi da sé la croce? , , c i r e n e o O h, ecco: finalmenteWi>gi decideva tornare a me... Preso a caso, trascinato in mezzo a questioni che non in tendo, tta.x o sto ro ch e n o n mi m ollano (accennando ai sob* M a lasciatem i p iuttosto andare: io non sono un protagonista. 352 Il Quinto Evangelista H a ragione: fino a <}uest’istan te n o » . ¿è~fatt© im p asse a v a n ti.“ m atteo Possiam o però sbrigarcela rapidam ente. In fondo di noi q u attro uno solo ha ignorato la presenza del C ireneo. Segno dunque che il C ireneo ci fu. Giovanni P erò ci fui anch’io ai piedi della croce. m a tteo St-eapisee. M a chi lo attesta? Soltanto tu, di te. lu ca E com unque non ti ram m enti di quel che disse G esù: « M i seguirete fino al cenacolo, ma non fino alla croce »? Giovanni M a dove? Io non so che sia scritto da nessuna parte. lu ca Fu d etto però. M i ram m ento assai bene d ’averlo in contrato. G iovanni (Iro n ic o ) I n u n quinto evangelo? lu ca O in un prim o, se preferisci. L ’essenziale è che sia vero. E vero d ev ’essere, talm ente è coerente col suo desti no di solitudine, d all’ultim a cena in poi: solo nell’orto degli ulivi, solo di fro n te al Sinedrio, solo in faccia a P ilato, solo dunque sul C alvario. Ti pare verosim ile, in tu tta q u e sta disperazione, l ’apparizione d ’u n discepolo in veste di consolatore? signora k u y pe r Le donne c’erano però. N e fai cenno an che tu. lu ca Le donne. M a di tu tti i discepoli sappiam o p e r v e r to che l ’unico a provarsi a seguire G esù fu P ietro. MS" solo fino al cortile della dim ora di Caifa. E solo per rinnegarlo. P i e t r o ( E n tm n d w ~ifr~rnmr;'Trmrtro^~sol4att -e-tl-C ireueo~.&iritmggoHO per■poi uscire) R innegarlo, lo so: il term ine è du ro , m a è quello giusto: lo usi tu , il m io prediletto ( in dicando M a rco ), lo usi tu (indicando M a tte o ), lo usate voialtri due. T u tti e q u attro m ’avete insom m a crocifisso a ^ 1 1 colpa. 1 A/ra a-Sul i r w i atsa t ..fi-»V quella M pggni^g npll prnnntm a -^ id eila redenzione che non v i "siete ^ i : non 'V4-niYè chiarito il senso. Io dovevo sbagliare: dovevo essere,in.qw ri filamento., colui che rinnega, perché meglio avesse spicco colui che non si nega. a v v o c a t o s c h i m m e l l (Q m tti tra.,¿¿) La solita tendenza a concepire la Passione come una specie di sacra rappresenta zione predisposta d all’alto, come u n seguito di sim boli che voce dal p u b b l ic o Il Quinto Evangelista 353 s ’incarnano nella realtà. N on ci si preoccupa della loro veri tà, solo dei loro possibili sensi m istici. uno d e l p u b b l ic o H a ragione. A nche a me l ’episodio di P ietro p e i suoi «imboli:* interessai perché è vero, perché ha, -palesem en te, tu tti i crism i d ell’evento rea le, e perché d im ostra che 'V tlr tu tto il resto è stato vero,^»a- s’èjp o lto ^ e fie ttiv a m e n te com e lo narrano i V an geli. ¿ ¿ W tw a il mm sorprende che esee sia rim asto: com e m ai non venne esp u n to? Com e m ai non ci fu censura? Si trattav a di P ietro , in fondo. sacerdote M a qu esto è il punto: i V angeli non sono agio- d irittu ra, capita p ro p rio che il V angelo di M arco, che no to riam ente venne d e tta to o com unque ispirato da P ietro , sia il p»-p*«eiso, il più esplicito nel riferire l ’episodio: come se P ietro si fosse p ro p o sto di m ettersi d a sé so tto accusa. P i e t r o ( A sso rto ) E satto , proprio così. ( A M arco) Fu del resto l ’im pressione tua. Eravam o - ricordi? - d iretti a R o m a, est eravam o appena sbarcati ad P atta . E ra scesa la n o t te e non sapevam o dove dirigerci. ^ j&tanchi, intirizziti, ci eravam o sdraiati no n lontano dalla spiaggia, accendendoci u n fuoco. Io ero tu rb ato : dall’idea d ell’arrivo a Rom a, della prossim a m issione, della nostra pochezza, delle difficoltà che ci aspettavano. Tacevo e tu, mi fissavi. marco P ri riq'ifm nlo, li fLLiintf: io pese ero tu rb ato e q u a si im ploravo da te u na scintilla di coraggio. N e avevo biso gno: ripensavo a C orinto, alla piccola com unità fraterna che avevam o appena abbandonata, m entre davanti a noi non scorgevo altro che incognite. D al p o rto d*-Nepe& --»tt-f«m togliti?- - fPi npjMMMl rlntt-lt'i li \mé+mnr . 1. «w» d is s e n tir ti v iri,n q i T rin g lirrr 4 r Pie t r o $ f o i mi dom andasti a che, cosa stavo pensando. ^ «aacinso.' in quel m om ento ~imrn |irr{tnnrfr' i r con le parole di G esù n ell’O rto dagli ufei-: « Signore, se è pos sibile, allontana da m e questo calice». Pregavo,«»© pieno di trem ore « desideravo unicam ente di tornare indietro. E d ecco che alla tu a dom anda mi scatta il ricordo di questa co sa che mi brucia, e il bisogno di raccontartela, e con una precisione r h e ^ pnpstaaaaatg tu hai risp ettata: le mie van- 354 II Quinto Evangelista terie, il m io ingenuo prom ettere: « Si scandalizzino pure tu tti gli altri, m a io no », e la replica ironica di G esù, e il mio insistere a rispondergli: « Se p u re occorresse m orire con te, io n on ti rinnegherò ». E poi il resto, il mio seguirlo da lontano nella n o tte, il m escolarm i tra i servi della casa di Caifa - anche allora accanto a u n fuoco! - , e la p au ra che mi coglie quando la serva mi riconosce, e il doppio canto del gallo, e il m io riscuoterm i, e il mio pianto. P ro vavo -■ wrwowimn npirìgnrnm -il perché?^. - uno Strano b i sogno di m etterm i a n u d o, addirittu ra di dilacerarm i. Q m » !>!><? 1 glia , t ifle t t e n d o e ffb& ffffi to ^ rùtuisco o rm a i il perché: in vi sta delle incognite che Rom a mi presentava volevo tagliar mi ogni p o n te alle spalle, e kaplicitaroente stabilivo in te u n testim one del quale vergognarm i qualora m ’assalisse an cora una volta la tentazione del rinnegam ento. M a la co sa più singolare era quel che accadeva in me via via che narravo: l ’im pressione di liberarm i da u n antico peso, e un senso di pace, e u n placarsi delle mie paure, e una m *om ferm ezza, e una m ueitata disposizione al sacrificio, se que sto m ’era destinato. D iventavo m igliore, questa è la verità: l ’uom o indegno del C risto diventava degno di lui confessan do l ’episodio che più doveva m ortificarlo... (D opo una pau sa) Vedi, fino a quel giorno avevo attin to coraggio da una frase che gli avevo u d ito dire MULU rlcordàtà pULU fa, utt pare«): « M i seguirete fino al cenacolo, ma non fino alla croce ». M e la ripetevo e mi dava forza, serviva a sto rn a re le mie paure. E ra una sorta di garanzia d ’im m unità, non ti pare? La prom essa che sulla croce, come lui, non sarei salito. "Ebbene, da quel m om ento ebbi la certezza del con trario , in travidi la croce che in realtà m ’aspettava a Rom a. Senza sgom entarm ene, però. P er la prim a volta ero dispo sto anche al m artirio. E in pari tem po seatiMe-ehe con la confessione del m io errore mi stavo guadagnando la digni tà della m ia^m orte. m a rc o È &Ì>ì&og: quella sera io pensavo a t u t t ’altro: che fìifc b jm , p u r sbagliando, non er^ im m eritevole perché £ eri*, addos sato la fragilità di tu tti. In fondo anche gli altri discepoli y/ Saffi sperano vantati com e gridato anche loro d ’esse re p ro n ti al sacrificio. M a-tbùjjolo u W i avuto il coraggio della tu a viltà. E noi abbiam o avuto il to rto di non rilevarlo Il Quinto Evangelista 355 abbastanza. G iovanni ad d irittu ra si preoccupa solo di m o strare d ’essere en tra to prim a di^té nel cortile. s a c e r d o t e ( P revenendo G iovanni che sta per replicare) Lasriam n staffi; nnrl ò la pnlpm ira tra..£l Lwù,.<iU^ . mPgjeftto~cf-^os&a~in te,cessare. Più r tosto poc o -fa io riflettevo a-UH4 ltV3-co M i^ al po sto che ha il pianto di P ietro n ell’e pisodio del rinnegam ento. « E scoppiò a piangere », dice M arco. E dicono M atteo e Luca: « E pianse am aram ente ». N on -se - a f n - s i - f r abb astanza •bad ate?-taa l ’episodio nasce tu tto in vista di quel pianto. Senza di esso resterebbe una m era accusa a P ie tro ; o un espediente p er far m eglio ri saltare la solitudine di G esù. Con esso dnrerua...nn fa tto ptpm. // {’ttìfjft V * p ia re , yj tf’in n r - jl l ’intera^dialettica tra errore e p en tim en to m orale del cristiano. dottor eh ra rt A desso non f i r r i t il p r r tr E non giochi anche lei coi sim boli, invece di tenersi ai fatti. sacerd ote M a la m ia è naturale esegesi d efcsaS g g E d ’un testo che giustifica a d d irittu ra l ’istituzione 4«! più~4iscfct6so ~dei--sac-rtHuem-i-; if -sacram ente della penitenza. Mnn appar^ nei V n n g T ^ - T p p i T " ’""'III1 ì i fi mn Si è rlr,11n jpc O; -U, . ci à tantO rim proverato a ’aver in tro d o tto un sacram ento che non è previsto né dalla parola né dagli atti di G esù; eppure, in sottofondo, esso è già nei Vangeli. DaLaeflte? l ’avete udito dal racconto di P ietro : la virtù liberatrice che ebbe presso di lui la confessione. O serei dire di più: occorreva che P ie tro sbagliasse p er giungere al pianto e alla confessione del pro p rio errore: gli occorreva, intendo dire, m ostrarsi capa ce di pentirsi confe93a»d«-.Lapkedio-m eao-Q norevole. del4» - — per rendersi degno di fondare la Chiesa. dottor eh ra rt M a se non siamo nèTnfflgTO^rT^adb dìT ta- ' bilire se il C risto intendesse o no fondare una chiesa. Lei sa che, in base ai V angeli, se ne po treb b e discutere all’infini- ( to. /\ sacerd ote Si calmi. A nche questo lo vedrem o a suo tem po. m atteo p ~*~ me, io mi ram m ento che, quando scrivevo w « D io m io, D io m io, perché mi hai abbandonato? », una ri flessione io facevo: che era necessario che il C risto p atis se fino in fondo. E ra necessario che o ltre al fatto d ’essere trad ito , processato, b a ttu to , um iliato a i,ia egli ve_ Il Quinto Evangelista 356 nisse abbandonato finanche dai suoi fedeli. E questo giustifica anche i tre dinieghi di P ietro: essi perfezionano, interr ili!,, q u ell’itinerario di solitudine che incom incia dal cena colo e d u ra fino al G olgota. avvocato s c h im m e l l E che include, b e n in te s o , anche l ’ab bandono da p arte del suo Dio. O l ’assenza di D io... M a come no n capite che il « D io m io, D io m io » non è che il grido di disperazione, n ie n t’altro che questo, d ’u n povero illuso il quale s’aspettava sul serio che il suo D io, al m om ento b u o no, sarebbe sceso a soccorrerlo, si sarebbe deciso a com piere il gran prodigio in v irtù del quale lui sarebbe balza to indenne dalla croce e i ren iten ti, finalm ente, si sarebbero convertiti? U n uom o che grida così è solo un p o v er’uom o scosso nella sua fede. UNO DEL PUBBLICO.. /A m eno di riflettere che a tram andarla, I sono sóTFanloHMatteo e M arco. P er G iovan n i e (per L u ca? [ le cose andarono altrim enti.fSecondo Luca, a Jiijiiw ^ io , G e sù avrebbe d etto : « P adre, io rim etto il m io spirito nelle tu e m ani ». .che. ci pa$£a una bella differenza. q u in t o e v a n g e l is t a M a quel grido ci fu. E in esso ci fu perfino il dubbio. (P iù lentam ente e com e raccogliendosi) Il fatto è che, per com e si è m anifestato, il C risto non è venuto a fondare delle certezze. È venuto a proporci un m odo d ’essere nella fede nel quale è incluso tu tto , anche la possibilità del dubbio. P i e t r o (C on am arezza) O del rinnegam ento. q u i n t o e v a n g e l is t a (C ontinuando rivolto in direzione di P ietro ) P er d -ap purato, anche di questo. P uò angosciare, lo SO. Ma Jn-definit-m a. la condizione del cristiano «e non Ùr>Vu?ia~o&pta~df alternativa perm anente tra il confessare e il rinnegare il-C risto, tra il dire: « T u sei il C risto » e il dire: « I o non lo conosco»? Com e ap p u n to hai fa tto tu... P ensandoci «bene, nella tua vicenda ap pare già come inscritta la storia stessa d ell’anim a cristiana in quel suo seguito di regressi e dbeewttntre risalite nel cor so delle q u ali,d l .p iù..delle -e o lte , si crede d ’aver toccato la zza e s’approda, al co n jr^ rio ^ ai piedi d el m istero. P dato da vicinoV tosli. un uom o com e tan ti, uno al quale il C risto dice: « U om o di poca fede, perché hai d u b itato ? », V ftT fO y Ca M, H ’ U a V Y'.TUAt c OlìXc. ÌUvTiCL A. tlé tA M v U cf tJ*#* Il Quinto Evangelista 351 uno che dorm e m entre G esù soffre angoscia sul G etsem ani, uno che esita e rinnega. E questo sarebbe dunque il fonda tore della vostra Chiesa? s a c e r d o t e ^ M a -o c c o rre v a p r o b a b il m e n te c h e f o s s e co sì. O c correva che la C hiesa nascesse a m isura d ’uom o. perfezioni? E con tu tto il carico della fede di etri si m ostra capace P ietro. L ’ho d etto : nella sua vicenda è q u in t o e v a n g e l is t a Perfino - n e r suoi erro«»? E perfino nella capacità di p entirsi dei pro p ri erro ri. E nel suo illudersi di p o ter procedere a piedi su lle acque, e rrd »tt» rq.»:a g grirLrp- a Sjg— <=<► ’£er non disperare di sé b iso g n ala eh ì ^ r i s t i a n p avessero ved uto sbagliare % ■'d u b ita i è fiftanehg P-prm e*pe : essi poteslegli äpösiot s e ta , ricon oscersi nella., pazienza della sua- fedekà. N o n -d im e n tic h ia m o c i cl -Pietro a rispondere a G esù: « Sigaore, e dove, andrem m o? T u hai parole di vita etern a ». E non è -q u e s ta -l’essenza della nos situazione,, c iò che cornu»qua, m a ffiio rm e rify ^ à ttte n tie » in- q m m to-em tm ni ? r a v v o c a t o SCHIMMELL E tu tte queste b a ila cose sarebbero spiegate nel tuo vangelo? il Y° vogato s c h im m e l e . q u in t o e v a n g e l is t a e v a n g e l is t a II m io vangelo, dici? Ma- se è la Chiesa stessa. I I ITT IITTI IITI HTT1IIII I ili ifìlllljlil I III! Ci©«? s a c e r d o t e ' M a l ’ha già spiegato, non sviamo. Considerar» .in o -p iu tto sto c h e un pu n to alm eno è acquisito: nella per sona, eli P ietro è già prefigurata l ’essenza stessa della Chresa: la C hk e la atrice, la C hiesa che si-sublim a e la C hiesa con le sue viltà, la Chiesa insom m a c o n ia sua perp etu a alternativa di fedeltà e di rinnegam ento. dottor eh ra rt La Chiesa, la Chiesa, si continua a dire qui. N essuno però s’è p rovato a stabilire se il C risto volesse effettivam ente fondare una chiesa; né se volesse affidarla a P ietro . SertofLsbagU o, abbiam o in p roposito solo tre ver setti di-M atteo. oACRftBOsrE' 'f ? i f tt"~'?vmgehhft) P e r la chiarezza, vogliam o oonireHan?? q u in t o cU( if )t+» 358 II Q u in to E vangelista Il Quinto Evangelista d o tto r MATTEO ( U na prova filologica, dunque? Chiamiamola così. U na, prova stilistica, 359 ir a r t i>re- ferisce. P ro p tió così. 'C ertó è che ìbTinguagg io V sato da G esù, più ci7si pensa, più appare uri vero raco\p espressivo: non è riferibile ri tradizioni, nasce Aiori d ’ogni regola letteraria, sfugge/a ogni definizione; non è riducibile al m ctfo um ano y come se questo, p er dir così, noq riuscisse a contenerlo intero. ÌV nisonim a suo e di nessuri a l t r q / e non sopporta im itazioni. Sé am m ettes simo che quey tali v ersetti non risalgono a G esù, d o l e m mo am m ettere, parados^alm etjte, che coluj/che iq com pose fosse un altro G esù. d o t t o r e h r a r t \ Stopfe! R esta il'liritto cKe Luci hanno KUYPER /m e ssi. S IGNORy la andando così fi); irà che/diventa unNfalso nfrfino il di; Cotso delle beatituc d ott/ r eh r a r D i quello però c'I traccia nel ^ a n g e li Luca. M teo M a anche deK m andato a / i Jie tr c è riina traccia resso G iovanni. Vi ricòrda te? riTasci i ej/agnelli ». Se questo /n o n è un m a n d a to \E ngSn dim entichiam oci che io e G iovanni, a differenza di M arco e Luca; prim a d ’essere evangelisti furiamo discepoli d i G esù. (Zhi dùnque meglio di noi poteva riferire quajé m andato elètte a P ietro? d o t t o r e h r Ar t M a M arco non è il portavoce di P ie tro ? Se si dice gne ha s c r itto /u a s i sotto dettatu ra! Q uale m igliore testim óne, se quel m andato ci fu? Èùnvece, guarda caso, se n ’è dim enticato: p roprio di c ic c h e avrebbe avallato il priato del suo m aestro. P i e t r o J (P re v e n e /d o Marco, ohe sta per rispondere) & vete ragione, ma Pavete u d ito :/G e s ù c ’im pose\di tacere. E poi Di, chi ero io pér giudicarm i un prescelto? E poi, a che còsa Q uale com pito m ’aveva assegnato? Bastavano in fondo qui le p o c h / parole per m etterm i in chiaro la sua volontà? -P e r lui, alla fin ej ffo fondato una chiesa. fino alla fine ho continuato a dom andarm i se l ’avesse voluto, se era la cosa che andava fatta. E in ogni caso, di quale chiesa dove va trattarsi? R istretta ai soli circoncisi, nn’Iflraele fin ir Ovvero aperta a tu tti gli uom ini? Il contrasto tra q u in V o e v a n g e l i s t a 360 II Quinto Evangelista me e Paolo lo conoscete, spero: l ’accusa che Ìm m i ri volse aeh^rrtrochta di tenerm i in disparte dai pagani conver titi, il suo sdegno perché preferivo i G iudei. M a bisogna capirm i: le m ie radici erano là. Solo a Rom a le cose mi divennero chiare: solo quando vidi m orire crocifissi e b ru ciati vivi i pagani convertiti, mi convinsi di essere stato eletto a fondare una ù d ln iìiiifà a tu tti gli uom ini. E dire che questo k^-fondo io l ’avevo già intuito. A G e ru salemme, presente Paolo, avevo già afferm ato: « N oi sia mo salvati dalla grazia del C risto G esù esattam ente come i pagani ». Lo dissi, ma i»-eHet™Haio non ne ero ancora persuaso. q u i n t o e v a n g e l is t a P er questo allora evitasti di riferire a M arco che il C risto m orendo aveva m orm orato: « P a dre, li ho salvati tu tti ». P i e t r o (V iva c em e n te ) Sai anche q u esto ?... Lo disse, effet-^ tivam ente, sì. M a il senso, ma il senso? N ell’d te i|L|'it» m n cui ci aveva lasciati circa la sua volontà, chi poteva arro garsi d ’averne inteso il significato? E poi, quante infinite cose quelle poche parole potevano im plicare... T u tti: anche i pagani... O p p u re anche i malvagi, i superbi, i ren iten ti a credere?... j t ì / 5 ^ '’: ( A l Q u into Evangelista) E sono attestate dal tuo vangelo? per rtspottde entrati ■ftB# ŸÛfîYf 11 1 iM<itr trrr‘ -ri' Terrfrrrm m . ) II senso, p er l ’appunto. C erchiam o di stabilirne il senso. Q u an te cose potevano cam biare p er una frasetta co sì, solo che voi (agli evangelisti) aveste avuto il coraggio di riferirla. ( A l Q uinto E vangelista) E tu d o v ’eri, che vieni a riferirla soltanto adesso? _ ^ . /rl/„, . < a aOr < M T * .^| g iu d a T® l ladrone N ® ».»€L'*'Ì€© eese«te? Io sono il ladrone che venne crocifisso alla sinistra di G esù, il non privilegia to, il non graziato, colui che lo bestem m iò, secondo quel che afferma Luca... B adate, però, il solo Luca... (indicandoli via via) B arabba, i soldati che crocifissero G esù. E costui è p r im o Il Quinto Evangelista 361 il secondo ladrone, il solo privilegiato, colui che si è sal vato... E , sì, anche il centurione, colui che si commosse. ( A l centurione) V ieni avanti, che fai? N on ti vergognerai mica. Sei nella barca anche tu, non credere, anche se con fessasti che G esù era un Dio. Se pure lo facesti... c e n t u r io n e M a lo feci. p r im o la d ro n e Concesso. Solo dopo, però. E ra facile farlo dopo, quando si videro i prodigi. P rim a invece... N on eri forse tu al com ando di coloro che lo crocifissero? c e n t u r io n e A m m etterai tu tta v ia che c ’è una bella diffe renza tra me e... (guardando involontariam ente G iuda) g iu d a S yappuiM o, tra te e G iuda. P rr~ h r-'n'on^lr-diri? H ai le m ani p u lite, tu , obbedivi agli ordini, n ie n t’altro: il gran de alibi d ’ogni servo del p otere... N on farti illusioni, però, siamo tu tti nella stessa barca, io, tu , costoro (indicando gli altri entrati con lu i), perfino costoro (indicando gli eva ngelisti). T u tti, sì: lo zim bello di un destino che ci oltrepassa. Siamo stati le com parse, le m arionette d ’un dram m a inevitabile - pare - , stabilito — pare - d all’ini zio dei giorni, dove l ’unico protagonista era la divina vo lontà, m a che senza di noi — pare - non si poteva reci tare: un delatore, un giudice, u n boia e via via tu tti gli al tri... Com e adesso, del resto: di nuovo adunati qui, e di nuo vo per la solita farsa, la solita risibile verifica delle colpe in una storia che non ha avuto né colpevoli né v ittim e, ma solo obbedienze e fatalità. A com inciare dalla m ia: la fa talità che mi volle discepolo di G esù, invidioso - dicono — di G esù, d elatore di G esù. Q u e st’altra fatalità che volle, a quel che scopro adesso, che le parole che avrebbero p o tu to includere anche me nel piano di salvezza, codesto « Li h o salvati tu tti » che egli avrebbe pronunziato, venissero d ette quando io avevo già reso irreversibile, im piccandom i, il mio destino. m atteo T u co n tinui a parlare di destino. E invece avesti una scelta, d u ran te l ’ultim a cena fosti messo sull’avviso. g iu d a U n avviso? U n invito ad andarm ene: a far presto a consum are il trad im ento assegnatom i. Lui lo sapeva cosa m ’ero p roposto, aveva letto nel mio anim o. E ppure che co sa fece? E bbe un atto d ’am ore? M i disse qualcosa che va lesse a tratten e rm i? Accarezzava costui ( indicando Giovan- 362 Il Quinto Evangelista n i) , me non volle salvarm i. M i offrì anzi il suo pezzo di p a ne p er sfida, p er spregio, per accrescere il m io rovello di vederm i l ’ultim o tra i suoi, sospettato e trascurato. E si capisce, come dice costui (indicando di nuovo G io v a n n i), che allora Satana en trò in me. s ig n o r a k u y p e r N on è questo. È che tu non sapesti com p renderlo. Incapace d ’am ore, t ’eri già escluso dal suo am o re. Passasti accanto a lui pieno solo d ’invidia, di livori com pressi, di frustrazione e di disincanto. g iu d a La prego, signora K uyper: s’è rifiutata d ’assum ersi il ruolo della m adre, non vengala p a rila * come se lo fosse. Escluso dal suo am ore: com ’è fem m inile, Mpaàwta'm enieiem -^ m iaile!... Lo rip eto , era destino: dal fondo dei m illenni era stato stabilito il m om ento dell’im patto: il giorno, dico, in cui non solo colui che voi chiam ate il Signore si sarebbe fa tto crocifiggere per salvare - p a m - l ’um anità, ma io, q u est’io che io sono, q u est’io così com ’ero stato costi tu ito con tu tto il carico di vizi raccolti in me - da lui, n o tate, da lui, in quanto era stato lui a costituirm i così avrei d ovuto im b atterm i in lui p er non riconoscerlo e per tra dirlo. M a perché, delle tan te generazioni alle quali nascen do potevo ap p artenere, dovevo venire al m ondo proprio quando c ’era lui? E perché quel che io ero, debolezza o ini quità, invidia o avidità o inclinazione al tradim ento, se p ro prio si vuole, doveva venir destinato all’im patto con lui, quando io, nascendo altrove, in un altro luogo o in un altro tem po, sarei p o tu to passare incolpevole, se non in nocente? E perché proprio io e non u n altro da m e? E p er ché p roprio con uno che si proclam ava il redentore e che di lì a poco avrebbe esclam ato: « P adre, perdona loro perché n o n sanno quello che fanno »? Sapevo io forse quel che facevo? M a no n mi si volle perdonato. N on ero scelto per questo... C redetem i, m i ci perdo. avvocato s c h im m e l l Q uesto se G esù effettivam ente era un D io. M a n ell’ipotesi che si trattasse sem plicem ente d ’un uom o? GIUDA Qjlyl n o , -badi b e n « : io lo so che era » « .D io . A provarm elo b astereb b e l ’estensione della mia condanna, il disam ore, l ’esecrazione di cui tu tto ra sono oggetto. Ci fu rono regicidi, ci furono esseri più m alvagi di me. M a dove Il Quinto Evangelista 363 iC sono? D im enticati! E invece Sono passato in p ro verbio: sei un G iu d a, sei un G iuda... E dire che aveva la facoltà di salvare gli uom ini per tan te altre vie! E invece no. Come lui n on volle restare D io, m a decise di incarnarsi p er poi farsi crocifiggere, così decise d ’incarnare uno - me - che tradendolo collaborasse alla messa in scena della sua Passione... La verità è che io non fui .affatto« z7 traditore: fui p iu tto sto la v ittim a d ’un curioso piano di salvezza ^ertein 1 t u tt i r ii u o m in ii i b i p r i WdmiIÍ ^prm i V a &?r JBe^Xà’aH" a rn o ta ■iniwMto, esteso a tu tti gli uom ini, che p er esplicarsi p erfettam ente doveva escludere me... M a an che voi: te che l ’hai insultato, voi che l ’avete crocifisso, t che fosti p re ferito a lui, e P ilato e i sacerdoti che vollero la sua con danna, e l ’in tera G erusalem m e e il popolo dei G iudei... La sua giustizia! Che ve ne pare? N on dite niente, eh? lu c a M a è che tu stravolgi le cose ponendole in term ini di destino, come se il C risto, deliberatam ente, avesse vo lu to la tua perdizione: quando anche tu eri dei discepoli, cioè dei chiam ati, dei prescelti. g iu d a A h, sì. E allora, spiegami questo. Ci sa ranno in questi lib ri anche le lettere di San Paolo. A h, ec co. D unque, spiegam i questo : « Dio fa coopera re tu tto al bene di coloro che l ’am ano, di coloro che ha chia m ati secondo il suo disegno. Poiché coloro che egli ante riorm ente distinse, li ha anche predestinati. E quelli che ha predestinati, li ha p u re chiam ati; e quelli che ha chiam ati, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha anche glorificati». Spiegami questo: io d istin to , io chiam ato secondo il suo disegno, m a non giustificato, tan to m eno glorificato, a n ie n t’aìtro predesti nato se non alla perdizione. E perché, dico k> perphéiL SIGNORA KUYPER M a perché hai jaewTuíif ufi" 'Vis'ia \jre» ra«ssa: « D io fa cooperare tu tto al bene di coloro che l ’am a no ». E tu, tu l ’am avi? g iu d a M ica ero sua m adre!... E poi, l ’am ore, di nuovo l ’am ore, u riP 1-^ femm inile . ^ p ? ;, mi si pu ò am are così? A m are com unque, senza esservi destinati? E poi chi? Q uesto D io esigente, che pre- soldati) (al primo ladrone) e (a Barabba) (ai (Avvicinandosi a Matteo e prendendone in mano il libro, lo sfoglia.) (leggendo) (Rialzando il capo) (Sarcastico) II Quinto Evangelista 364 tende am ore, ma che p er suo conto può esim ersi d all’amare. Lo si è visto, nei m iei confronti... s a c e rd o te ( ) M a che cosa c’è dunque in q uesto tem a della Passione, che basta e n trare in una parte ppr crrjntarla fjpr» in fondo? IProcediam o per ordine, p er ca\ rita. E teniam oci ai fa tti . / n i , G iuda, p a L r ^ ''rr>0T ' ,' “’’“T lparte/PE Tarm ati. A bbiam o tem po per te. anèjFT u dicevi, se non sbaglio, d ’essere il prim o dei due ladroni. p rim o la d r o n e II prim o, appunto, sì. E il dannato, secondo Luca. Perché secondo gli altri non vi fu nulla, a a è k : nulla alm eno che im plicasse la m enom a differenza tra me e que.sto qui ( ' ***c a fcia»^»f»i»ova9»imo d av iw e -a discutète con calm a? P a r tiam o dai testi, p er favore» Se volete, Incdmlnc’o lOT •L.VCA u n o d e l p u b b l ic o M eglio no. Procediam o secondo l ’orC( ili ^ij^L fP ^ineH M eglio ancora, procediam o secondo l ’ampiezza della testim onianza. Sarebbe interessante stabilire come s’è form a ta la tradizione. sacerdote G iusto... A l l o r a t o c c a prim a a G iovanni. G io v a n n i « L o crocifissero, e con lui altri due, uno di qua e uno di là ». p rim o la d r o n e A vete veduto? N ie n t’altro. N em m eno che fossim o due ladroni. m a rc o ( ) « E con lui furono crocifissi due ladro ni, uno alla destra e uno alla sinistra di lui. E si adem pì la scrittu ra che dice: “ E fu annoverato tra gli scellerati” ». g iu d a N aturalm ente! D ovevano adem piersi le Scritture. N on gep-ak?o " formino ^4TtamfttLuL.svolgere,dI-xuQlQ dei m alvagi. Si-dirva"l i caso-che il b u o n Dio avesse deciso di venire a salV are-Pum anità, e p e rp o te rv L -M e sc ite , siccome c o s ìe T a Interrompendolo (Al primo la- indicando il secondo ladrone). (Leggendo) Leggendo a***® -. \ • (Interrompendolo) T i- a ^ p y o p re g a to d L w rreffT i«~dt9pa«ei m a t t e o (Leggendo) « N e llo stesso tem po erano stati cro s a c e rd o te cifissi due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sua sini stra. E la gente che passava scuoteva il capo e insultava G esù dicendo: “ T u che distruggi il tem pio e lo ricostrui sci in tre giorni, salva te stesso. Se sei il figlio di D io, scen- Il Quinto Evangelista 365 di dalla cro ce”. E i gran sacerdoti e gli scribi e gli anziani p er beffeggiarlo dicevano: “ H a salvato gli altri e non è ca pace di salvare se stesso ...”. ) E anche i ladroni crocifissi lo beffeggiavano ». p rim o l a d r o n e Sicuro, anche i ladroni. M a anche am m es so? Poveri ladri, fa tti m orire in com pagnia del Figlio di Dio. M a era tro p p o onore! E allora, avrem m o riso. R idevano i sapienti, i gran sacerdoti, e non potevam o farlo no i?... Am m esso poi che lo facessimo: poveri corpi straziati, ti pare che avessim o voglia di ridere o di sbeffeggiare un di sgraziato che ci era accanto? Al m assim o sarà stato u n ghi gno di dolore. a v v o c a to s c h im m e ll H a ragione. Il tipico esem pio di co m e si form a u na tradizione: una n o ta di cronaca finché qualcuno non incom incia a ricam arci su. G li interi Vangeli si sono form ati così. lu c a ) « U no dei ladroni ch ’erano crocifissi ai suoi lati lo bestem m iava dicendo: “N on sei il C risto? Salva te stesso e n o i”. M a l ’altro a risposta rim- . g»proverava il com pagnou “ N on hai tu tim or di D io, tu che sei allo stesso supplizio? Noi però siam o a ciò secondo giu stizia e riceviam o la pena m eritata con le nostre azioni; m entre costui non ha fatto nulla di m ale” . EaLdisse: “ G e sù, ricordati di m e quando sarai venuto nel tuo regno ’T fiaw _ > rispose: “ In verità ti dico che oggi tu sarai con me nel pa ra d iso ” ». p r im o lad ron e E io nego. E ro lì accanto e queste parole io non le udii. E nessun altro potè udirle, perché non fu rono pronunziate. seco n do ladrone E invece Io furono. Senonché tu, perd u to d ietro la tua irrisione, non fosti in grado d ’udirle. O di com prenderle. g iu d a M a sentilo il privilegiato, come difende il suo p a radiso, IwVegtf’ & dom andarsi se, nella s tu u c a ó tò r-k tanto conclam ata sua carità, il C risto ha veram ente pronunziato A « P adre, li ho salvati tu tti » : -tolnaen- riga (Col tono di chi salta qualche (Di forza, interrompendolo te p iù é eg H o .jj ’in a p .c h f i o’cra "d w h it» ro t o - i l iw lv a to r e. SACERDOTE ¿ a , ti avevo pregato di tacere. p rim o la d r o n e M a G iuda ha ragione. Q uel dialogo non ci fu. (Al secondo ladrone) M a non ti ram m enti in quale sta- 366 Il Quinto Evangelista to eravam o? C o n tratti, impazziti n ell’atrocità del dolore, capo e p etto ricascanti, senza quasi più respiro. F iguria moci se era possibile pronunziare p u re una parola... E poi, wr©gi»‘cas©, perché lui e non m e? E perché non am bedue, se era venuto per salvare? Perché la gratuità del procedere d ’una grazia che sceglie l ’uno ed esclude l ’altro?... La gra zia, gli eletti, i reprobi, i gratificati, i rifiutati: pen sate, i m ille assurdi del cristianesim o sono com inciati pro p rio da m e, e sulla base d ’una diecina di parolette a tte state dal solo Luca. seco n d o la d ro n e E p p u re furono pronunziate. M a eri tu forse in femm F d ’in ten d erle? O ccorreva prim a disporsi a cre dere. q u in t o e v a n g e l is t a Del resto anche il « P adre, perdona lo ro perché non sanno quello che fa n n o » è a t t e s ta t o l a ^ s o lo Luca. E vorresti togliere anche que^Q ? P rovࣻvi'’anzi a togliere le due cose dai V angeli e ditem i di qu an to re sterebbero im poveriti. Il te a s ^ d e l perdono, il tema »«Utla salvazione, il tema dall’abbandono nelle m ani di D io. iLtooui < stesso^ glefia salvezza per sola v irtù di fede sono tu tti lì, in quei due m om enti del perdono alle folle e della prom essa al ladrone: solo lì. vnglin dire cessano d ’essere enunciato astratto e si realizzano in evento uagfccu Gli gridavano: « Salva te stesso », e lui intanto li salvava tu tti. A ttesta to o no, il « P adre, li ho salvati tu tti » è già im plicito, è come se ci fosse. PRIMO LADRONE ( SàYàaStÌcÒ) fi RTagaf tuo -quwtto v a n g e lo ... q u in to e v a n g e lis ta E p e rc h é n o ? s c h im m e l l NoH -w m m . D im ostraci p iu tto sto che Luca ha d etto la v e r k |, q u in t o e v a n g e l is t a .s a c iJà a Ja ta , il secondo ladrone è l ’unico, in tu tti i V angeli, a rivolgersi a G esù chiam ando lo per nom e. N on « M aestro », non « Signore », c a n w r ii Militili ,,i.mim gli .dui) ni"<niminciare~~3àrpfee^«lt, e n ep p u re « G esù, figlio di D avide », tmm e dk^4]-<drrrT-TldG»‘M4<»o e neppure « G esù m aestro », come dicono i lebbrosi, ma così, sem plicem ente, confidenzialm ente « G esù ». L ’unico, pripsta. Ma si capisce: un uom o sta soffrendo e trabocca in u n ’im plorazione j_1n in ni i i i m n limili fTrriiiiiTi ~ che è tu tta avvocato % Il Quinto Evangelista 367 im m ediatezza, che è supplica e trasporto. E Luca la racco glie così co m ’è, alle sorgenti, fri «foeL-gftùoco id e& faaioai e fwse».di,,-divieti che coinvolge tu tti coloro che interpellano Q esù e che include, prim a-¿egli «Uri,- anzi più.ziegli„altrir +isuoi discepoli, nessun evangelista avrebbe osato scrivere così se il ladrone non avesse d etto precisam ente così: se costui veram ente non avesse avvertito che lì, sulla croce, l ’infinita lontananza di colui che chiam avano il C risto s’ fatta, all’im provviso, infinita vicinanza... E se questa è u na prova d ell’autenticità deH’in tero p asso... p r im o lad ron e M a a che cosa ta p p ig li:' Di tu tti "gli evan gelisti Luca in fondo è il il più discutibile. G iovan ni- -e-M a tt e*». frcqwenrai uiw- € r ^ " ’Mgrco,'~gts»TBt««e al suo arresto. 1Y[ i I in n1 fin i l l'TT II li i ili ti I il limi I' 'Kum »aakuag, Un pagano convertitoì t- a h oegBÌto.'d L £a»k>>ri^eggio tmc&M, una specie di poeta, inattendibile come tu tti i poeti. P ensate a come racconta la nascita di G esù, e ditem i se non è t u t t ’al piià u na bella favola, d egna in tu tto d ’un apocrifo, _ Anzi uv.,£o ad o quello di Luca è u l prim o vangelo a p o c rifo . luca Io non ho alterato nulla. T u tto u n fondo di fa tti » -d i pe##le--db.GesM affluiva fino a m e, e non facevo che re gistrarlo. Sem m ai nel iniu Vu'llgL'LTtr'triPfiaTTfà"lTd ~gssere» d iv erti- del C rist o-eot» mfifflrerWTlT'sapfenzr, 'm a'tarpffffit, Ijl tuft-m isprirnrdin, In inrrTvmTyfTTonp Catecùfflerrwpóvevo a s r n l t n t n le par-ah z il v -<4*44* c ih rf-ry » ~ T fn f4 U <4»4 iG H r-rnt pt-n- . digOyquella d el lauett-p asto rc; d e tto che a f co spe t to. d i Pk>-«i-ri>f es talquand o uft«eol» peeceiorcranche-l’infim oy-d-penle, avevo udito da Paolo che noi siamo salvati in v irtù della grazia del Signore G esù: e allora che m era viglia se ai m iei occhi egli apparve so p ra ttu tto com e co lui che era ven u to a tenderci la m ano, il m ediatore, il re dentore, in una parola il salvatore? g iu d a Ai tuoi occhi: dunque tu am m etti l ’arbitrio. A m m etti di n on sapere chi egli fosse veram ente e d ’averlo descritto così come t ’apparve. E si rim provera a me di aver lo m al com preso... avv ocato s c h im m e l l Insom m a, più andiam o avanti, più scopriam o nuovi arb itri. M a chi dunque era costui? U n D io, I il figlio di D io, il servo di D io, il fondatore del regno di D io, ( il re dei G iudei, il M aestro, il M essia, un nuovo legislatore, ^ 368 Il Quinto Evangelista un profeta, u n taum aturgo, il V erbo incarnato, la V ittim a, il Salvatore?... E scusatem i se è poco... dottor eh ra rt M a di questo abbiam o già discusso all’ini zio. avv ocato s c h im m e l l m i lasc‘ dire. T u tta questa confusione! Q u a ttro Mscrawìk raccogliticci, q u attro diversi deliram enti, e non uno che »«m Talmente ci dica chiaro chi era G esù. q u i n t o e v a n g e l is t a E come potevano? kit. questjoae^oen ¿ -q u esta. La questione sta più indietro, nella persona stes sa di G esù: una persona, «presto-intendo, di tale com ples sità, che q u attro testim onianze diverse non potevano non dico esaurirlo, ma nem m eno farci com prendere chi egli fos se effettivam ente. U n uom o oppure u n D io? O p p u re am be due le cose insiem e? E oltre a ciò le altre cose che lei, avvo cato Schimmell, ha d ette poco fa. M a éom e pretendere dagli evangelisti una risposta precisa, quando essi stessi non fan no che dom andarselo? Ne-»vev»te-4neef»ineiato"a''dfsctrte=* re_auche-voi.-E«r M atteo paw ebbe-essere an zitu tto il -Messiar-colui ch e- era. stato- pro fetizzata e- -promesso. MafTt) sem bra co lp ito dalla potenza dei- suoi» mivaccdrr-Per--fctrCa il*1C risto- G e s ù è in prim o luogo- il salvatore, agii■-occhi di-G iovanni il figlio d i Dio,-la verità-che s ^ c a m a. M a po» sona piar.cnn n r^..p er£ no rutti e q u a ttro ipsiem er.ptetow dere YO 1 ^ 8 * R a ff e rm a r e d ’averlo definito, quando ognuno poi d eb o n i« , esplora altre possibilità, l ’im m agine del C risto gli si m olti- plica tra le m ani, s’è appena provato a fissarla ed ecco, gli è sfuggita? E non basta. Perché è venuto? Perché predica? E p er chi predica? E perché converte? E perché m uore? E perché ha scelto, per salvare gli uom ini, una via così as surda? E l ’ha scelta di sua volontà o ppure gli è stata im po sta? E voleva il R egno? E quale R eg«e? E dove? Su questa terra? E voleva una Chiesa? E quale doveva essere? E che voleva dire allorché pronunziò: « Io distruggerò questo tem pio di m ano d ’uom o e ne riedificherò uno non fa tto di m a no d ’uom o »? V oleva una C hiesa solo spirituale? Senza tem pli? Senza culto? E em co i1» -norr al suo ctrxetii£r-fmp«fb)6o--e-bTbmrcr,'*TrTrrancr'C~pHu.£h.e,ium aaau-.e_ pat£emino-€@ «tinuai£. E in tu tto una vita abbandonata al Il Quinto Evangelista 369 suo m ovim ento, al suo continuo diversificarsi e perfino con traddirsi. E co n trad d itto ria com unque, agli occhi um ani, l ’e sistenza d ’un uom o che si dice D io e viene p er m orire. E tale dunque che se ne può offrire testim onianza, ma senza kmscì- /li# / re-a esaurirne il significato. Si possono olti 3np m oltiplicare 1 p u n ti di vista in to rn o a lui, come appi col risultato che im m ancabilm ente ne emerge solo l ’indecifr abilità. avvocato s c h im m e l l II fatto è , dunque, che non riusci rem o m ai a stabilirne l ’identità... q u in t o e v a n g e l is t a questo, se n o » ■sbaglio, i ’a.vete-<l©tt€^)-che, p er com e-si- è m anifestati^ il C risto ci ha collocati di fro n te al m istero, ci ha posti in definitam ente nella situazione dei suoi discepoli di fronte alla dom anda: « M s voi chi d ite che io sia? ». E ognuno risponde come può, come noialtri del resto, com e ciascuno dei cristiani. Ecco perché non ci sono gerarchie tra le q u at tro testim onianze che si tram andano di lui. S^-Gkw anni-l© E infim a a MflSIRT vesti del docente e M arco di preferenza in q u elle del te, n o n significa affatto che questo o quello siano più ' icini alla verità. T anto m eno che il I i MB uh i ili ili q io u tta -la-v e rità enrraírd Ta quel nodo d ’inde finite possibilità che fu, r»el -suo insiem e, la persona di G e sù, ciascuno ha desunto quel tan to che poteva secondo il _ suo talento o il com pito cui era eletto. | a v v o c a to ' s c h im m e ll AAa braü»! f inalm ente un evange lista che ha le idee chiare. U n loico d ’alta scuola... Senonché vieni'ttHdnnqua«© la questione rim ane quella: perché q u attro libercoli e non uno, m a chiaro, e nel quale sia indica ta tu tta q u an ta la verità: tu tta alm eno la vostra verità inve ce dei vostri b alb ettam enti, delle tan te cose dette e contrad d ette, e so p ra ttu tto di codesto personaggio indecifrabile, sfuggente? sacerd ote M a se lei stesso lo am m ette: indecifrabile, sfug gente; aL iù ró te un enigma. E-ua^aaigBMUfiti^sHoaMwwee sal&-dall.’am p iezzau i’mL .messaggio che q u a tti» d iv e rs e -te stim onianze n on sono riuscite a esaurire, ma dalla sua ee» cedenza, in. q u a n to personaggio^, jàapetto--agir-aulU Tf ciré 370 Il Quinto Evangelista ii ii >fflli""'Trr' h» g u n cas0j credo, unico, weHr storia detlè letteratu re: di solito u n autore sovrasta il suo personaggio; se non altro, lo piega a sé, lo assoggetta alle p ro p rie in tenzioni. Al contrario, nel caso degli evangelisti, è G esù che li sovrasta, li situa in um ile atteggiam ento d ’ascolto, tesi solo a custodire ciò che egli ha effettivam ente d etto . M a 56-alle, volte-gli evangelisti — lo diceva la signora K uyper - si -com por t ana-com e chi non capisce u n ’espressi«**« ma non s’flpacda a m ndififar];),] O serei dire ad d irittu ra che i V angeli sono appena la testim onianza m inore e fram m en taria d ’un m essaggio ben maggiore.________ TC Q uanto dire che i ‘Vangeli non Ea-~ stano alla'v e rità. Il che, fran cam g atfffin an ch e in bocca a un cattolico mi sem bra trop sacerd ote N on questo... R ibadivo soltanto quanto è stato d etto : i q u attro evangelisti, narrando di G esù, si sono tro v a ti nella condizione dei suoi discepoli di fro n te alla dom anda: « V o i chi-'dite che io sia? ». È del resto la situazione in , cui ^affocano noi letto ri: col risultato di trasform are ogtii/ dei Vangeli in una scom m essa col m istero. r- * a v v o c a to s c h im m e lT II ta tto e, r n m n n q n r Ini In i-irrri, che nessun V angelo è in grado di dirci onestam ente chi fu G esù. q u in t o e v a n g e l is t a II fatto è che ciascun Vangelo è una H jfe' c i t - „ r ni-] N essuno d ’essi p re tende d ’offrire la chiave per intender*«^ oelinea p iu tto sto un itinerario per m uovere alla sua scoperta. - __ 1 A rV U CÀ fo s c h i m m e l l h d a a llu n i a d ò g g i a n c o ra n o n s ’è fin ito ? q u in to e v a n g e lis ta A quanto pare, non s’è finito: si con tin u a a cercare. La prova del resto ne siamo noi qui: co s’altro stiam o facendo? a v v o c a t o s c h i m m e l l (Ironico) A nche tu? N on dicevi d ’essere il q u in to evangelista, il supertestim one, il d eten to re della verità finale? q u i n t o e v a n g e l i s t a (In tono asciutto ) Il Q uinto Evange. lio non è niente di tu tto questo. Il Q u in to Evangelio è lo \ qptVii-n „1.. .. l a d r o n e (Con forza) M a d o v ’è che siamo finiti? N q o stavam o dom andandoci che senso avesse, che valore p rim o Il Quinto Evangelista 37 L— il « P a d re , li ho salvati tu tti » J v A voi sem brerà niente: ma per noi qui, pei cattivi, pei m alvagi della Passione può avere la sua im portanza, non vi pare? a v v o c a to s c h im m e ll M a che peso può avere? O ccorre prim a andat e, st abi l ire anzitutto se G esù fos se un Dio. Altrimenti si chiacchiera a vuote. g iu d a Ma ¿ ’ho d etto : io lo so che era Dio. N on ci fossero altre prove, basterebbe la mia condanna. ( A m eno che vera m ente non si possa stabilire che in quel « tu tti » sono in cluso anch’io, con tu tto il carico di quel che sono... m a tte o In un passo del mio V angelo è scritto che il C ri sto è venuto p er dare la sua vita in riscatto dei m olti, i , se c o n d o » i l - t e s t ^ g r e s a . G esù però dis se m e,..ne r a m m e n to a n c o ra . E R abbìm è qualcosa di più dei -n n-T ir ù ftm e In m H t i tu d in e d p g |j Mutando tono, e quasi con timidezza) Rabbìm, g iu d a m a tte o La moltitudine r Q uindi t u t t i / Forse n o n esattam ente, alm eno nel senso in cui vor resti tu. g iu d a N on m e, d u n que, non questo qui, non questi altri qui? N on ciascuno in quanto uom o, indipendentem ente da quel che è, dalle inclinazioni che si p o rta dentro, dagli erro ri che com m ette — o è G06**etto»a -commettono» forzato a com m ettere? Co me costoro ) che nel crocifiggere G esù non facevan 9 che obbedire a un ordine? b ara b b a M Ìt se nel Q uinto V angelo dwweso ci fosse Swit-*'" to tale « P ad re, li ho salvati tu tti »? jn o d e l p u b b l i c o - li Q uinto ¿V angelo? ¡¿ a non hai capi- j to che lo stiam o scrivendo adesso? -I (Indicando Barabba, i ladroni, i soldati) (indicando i soldati (Al Quinto Evangeli sta) Q sbag l i o ?. (Il Quinto Evangelista fa per rispondere,1 ma Giovanni lo previene.) Un evento cosi grande come la com parsa del F i glio di Dio non poteva avverarsi, se voleva avere un senso, se- n o a atttaversoT m a misera ea te n a iy » : senza includere, àmm m ^ e j p ro g etto di salvezza. Sacrificandoci il C ri sto e w & a ìe”condizioni perché ciascum .L ^à»i£eieL saoperare al proprio ¿ s c a tto seaza.ch£-tra.lui-'e Diw :SUSSÌS'teSSei*0JpÌR A un p atto però. L ’ha proclam ato lui stesso: « Se G io v a n n i 372 Il Quinto Evangelista vi m an terrete nella mia Parola conoscerete la verità e la verità vi farà liberi ». s a c e rd o te II che non significa, per l ’appunto, che ci salvava indiscrim inatam ente tu tti. Ci restituiva al libero ar bitrio, alla facoltà d ’operare il bene, ma lasciandoci respon sabili delle scelte che avrem m o fatte. a v v o c a to s c h im m e ll II libero arbitrio!... fie r -te rm -d » .qualche parte-che la metafisica del libero arbitrio non ha altra funzione che quella di discolpare D io. g iu d a Sicuro, Proprio così. Basta pensare al caso m io. D e signato da sem pre a non com prenderlo ed am arlo male, fatto nascere per questo con tu tto u n carico di disposizioni che obiettivamente; notate, non mi rendevano affatto libe ro di riuscire diverso da quel che sono stato, eppure fatto responsabile «L’nnaxnlpa commessa conformemente alla na-_ Ulta impressa in--me nascendo. m a tte o E ri stato però con lui, avevi ascoltato la sua parola. g iu d a Che c ’entra! G esù lo sapeva come ero io, allorché mi scelse: le m ie invidie, i m iei rovelli, la mia aridità. A nch’io, allorché mi scelse, non ero che un pecca tore. g iu d a U n peccatore? U n pubblicano! M a io ero un isca riote. E tu sai cosa significa. u no d e l p u b b l ic o M a iscariote non significa che tu eri di K erioth? g iu d a E K erioth d o v ’è? Scovatela, se vi riesce... N iente affat to: l ’iscariote significa il sicario, uno «he .era avvezzo ad agiad usare il pugnale. C ontro i Rom ani, si ca pisce. M#~ec4U4Uclla la. mia natura, ero staro fatto così. m a tte o (Dopounapausa) Badate, però: non bisogna fraintendermi, n »»pensate, vi prego, a qualcosa d’ignobile. In fondo àli ghe. .Pietro, era stato degli Zeloti, proveniva, voglio-dire, da »».altro gruppo d’estremisti, e un altro estremisti^ un avver sario dei rom ani, era anche questo qui, il fam igerato B arab ba. A ltro che un ladro e un m alfattore, «»me. qualcuno -dt aoi ha scritto^ mdrrnndrrgtr-etnmgelisii-.- Qtttndf, avvìZÌWTh- d&n~a PtgtVtr) M a spiegaglielo tu che cosa eravam o, par-ehi .ei agitavamo, quali attese ci portavam o dentro. Qìteeemre Bietrrr'nò ft rTfpurtde; ■torna. uej'.w .Ba>uiMmy~ Pfd-,' -iSfnr'Ttt7Tn- Il Quinto Evangelista 373 MMqjJKabtft». .^ycntecM M ìternon*yqrfer- È -in salvo, lai. È gforioso, è orm ai un santo. E allora, spiegaglielo tù. b ara b b a N o, no, non così. N on c ’è nulla tra te e m e, alm e no nel senso in cui l ’intendi tu. P erché io, a differenza di te, non seppi m ai chi era G esù. g iu d a P erché? Lo seppi io forse? C redi forse che si facesse conoscere? a me b a r a b b a (Senza badargli e con voce addolcita, rivolto agli al tri) Bisogna prim a ca p irti, Wvèwtà-eleile còse. C he-potete sap e m s2 T u (a Giovanni) sostieni che ero un ladro, e que sto non è vero, alm eno nel senso in cui è stato inteso: fe ce com odo ai rom ani, processarm i com e ladro. Secondo v»i d u a (m f io ero u n sedizioso, autore d ’un om icidio. E anche questo è vero solo in parte, perché non spiegaste affatto qual genere di rivolta io avessi itwaiSfttio. si è avvicinato alla verità. Soltanto k ¿'■{’indicando In che m odo mi definisti? m a tte o U n désm ion eptsem on, un prigioniero illustre.. t b a ra b b a Precisamente. E lo ero. U n capopopolo e forse più. T em uto dai R om ani, catturato, condannato a m orte. M a nem m eno così si capisce Bene, che cosa fui. ) V uoi farci udire le parole di P ilato alla folla? m a tte o ) « Chi volete c h ’io vi li beri: B arabba o G esù chiam ato il C risto? ». b a ra b b a N on proprio così. P u o i attestarcelo tu, com e disse QUINTO e v a n g e l i s t a « “ Chi volete c h ’io vi liberi: G esù d etto Barabba o p p u re G esù chiam ato il C risto ? ” . R ispo sero: “ G esù B ara b b a” . E Pilato: “ Che farò io d unque di G esù chiam ato il C ris to ? ” ». j t h_J Tt, fi» „ b ara b b a Eer-Tapptmte. A vete «dito? M i chiam avo anch’io G esù: G èsù Bar-A bba, G esù Figlio del Padre. f i (* M u tiea.)- Tavevi-xicardato, ma parve sacrilego e venne y»\tm4 d 0ilri dal tu o Inoliti. Sicché è rim asto solo questo mio soprannom e, oscuro per tu tti, esecrabile per i più, quando invece, lascian dom i per esteso il m io nom e, si sarebbe com presa l ’ironia di P ilato e che cosa si propose opponendom i a G esù. Perché anch’io, a m odo m io, ero un p o rtato re di messaggio, anch’io Marco e Lucaf Matteo^ (A Matteo (Cercando e poi leggendo (Scuotendo il capo) Evangelista) (Al Quinto ^ e ^ O ^ ^ ra v o i n ^ 'v i s t ^ ^ ^ ’K ^ n o , prom ettevo una libertà. 374 II Quinto Evangelista Senonché nello stesso tem po viveva un altro G esù che-andava-m-gko pmdamanclost ora'li Figlio dell’Uomo, ora*il Rgli<» <li Dio, e anche lui prom etteva qualcosa di lontana m ente simile. P otevam o allearci, non vi pare? Oppure scon trarci, se ri fossimo imbattuti. P oteva, se mi cercava, p er fino avermi tra i suoi discepoli. E invece no: dovevo passa re lontano da lui, senza averlo mai veduto, finché qualcuno ad arte* per u n suo calcolo politico, non avrebbe preteso una scelta tra lui e m e: G esù Figlio del P ad re opposto a G esù Figlio di Dio. P ensate che ironia, ehe-sapiente ironia: due m odi d ’essere, due m etodi, due linguaggi, due princìpi in contrasto, due m aniere d ’esplicare la prom essa del M essia, due„diverse visioni del Regno e prospettive di salve&aa p ro poste ai G iudei perché si pronunziassero. Che colpa ho io se preferirono m e? M e, m ’avevano com preso. P i e t r o (R apidam ente e quasi so tto vo ce) In effetti in quel m om ento fu o p erata una scelta. Si chiariva qual era il senso della m issione di G esù, per chi era venuto, quale regno an nunziava. R ifiutato dagli E brei, G esù cessava d ’essere il M essia annunziato agli E brei, si chiariva che era venuto p er il riscatto di tu tti gli uom ini. AVVOCATO SCHIMMELL S.I, cL ia riMAj-si rhuinvn ,. Ma )w ia r q g s ta re -i simboli. O piuttosto,-«»-«!, restiamoci, però per dfcc-ohe B arabba fu lo scacco-del -Cristo: lo scacco e il pre- Indio-di eiò che sarebbe accaduto tante altre volte, dopo d’ai-. fora: -forrvenuto-per gli nomini, a salvare gli uomini,-dteev»? M a gli uom ini, li conosceva? N e conosceva i bisogni, le reali aspettative? C hiam ati a scegliere „.come accadde, tra u n regno spirituale e uno tem porale, tra una fum osa p ro messa di salvezza oltrem ondana e il qui e ora dei valori concreti, da realizzarsi subito, su questa terra, non ebbe ro dubbi e fecero bene. W~cipet»; Barabba fu lo scacco del C risto, la prova che l ’uom o era deluso del suo M essia. (R iv o lto a Barabba) N on è così? b a r a b b a ( P erplesso) State ipettelfiià© le cose in un certo m o do... ( A l Q u in to Evangelista) T u però dovresti sapere che scorgendo G esù p o rtato via sotto la croce, io gridai: « Si gnore, e dove andrò io? ». ce n t u r io n e V uoi dire che lo riconoscesti? Che ti conver tisti? Il Quinto Evangelista }75 (Scuotendo il capo ) N on lo so, non lo so. H o ta ciuto dopo d ’allora. E che posso dirvi ora? U n dubbio? N on 10 so. Un p resen tim ento? N on lo so. Se però sono qui, ac canto a voi, vwgfierelire forse è segno che non bastava. O che non venni ricevuto. g iu d a ) Sì, figuriamoci! T u, il sim bolo del« tem porale, dei valori di questa terra, come dicono costoro! ) M a perché non dici anche tu che t ’era desti nato? D al principio dei m illenni il tuo ruolo era lì. Il p re scelto in luogo del C risto, era questa la tua parte, il ru o lo al quale Id d io , nella sua giustizia, t ’aveva prescelto. Poi uscivi di scena vilipeso e ignorato, senza che più nessuno si curasse di ricordare non die» chi tu fosti o-cosa-fosti ve ram ente, m a.jàànm en© il tuo sgom ento d ’uom o e le parole che dicesti. c e n tu rio n e Se non sbaglio però le tue venne ro tu tte registrate. g iu d a N on tutte, no« tu tte! È vero, tu hai ammesso che G iuda era pieno di rim or si, che per questo gettò i danari nel tem pio. M a tu , alm eno tu, aai gufi .che pwtan»U J ’essere, dovresti sapere il resto: come G iuda fuggì lontano dal tem pio, come corse in direzione del pretorio, com e, scorgendo G esù che ne usciva flagellato, gli corse incontro gridando: « Signore, se altro non posso, ti offro la mia colpa ». È vero che disse così e che il C risto l ’igno rò? E che solo dopo, solo dopo G iuda corse ad im piccarsi? q u i n t o e v a n g e l is t a Ma. appunto. T u non ti condannasti allorché trad isti G esù. Ti condannasti allorché gli offristi 11 tuo peccato, no n il tuo pentim ento. g iu d a M a se G iu d a era pieno di rim orsi! Lo ha scritto anche M atteo. q u in t o e v a n g e l i s t a E ra vergogna, non rim orso. g iu d a E che differenza fa? q u in to e v a n g e lis ta Lo vedi? T u tto ciò che ti si addebita in effetti risiede qui: l ’inerzia del cuore, l ’aridità. Passasti dal livore alla vergogna alla disperazione senza essere capsre««dfun solo m oto non dico d ’am ore, ma di pentim ento. g iu d a L ’am ore, l ’am ore: non sab ara b b a da e i ladroni), (Con sarcasmo (Mutando tono (accennando vagamente verso Giu (Sarcastico) (Con forza) teo) Quinto Evangelista) (Assorto, a capo basso) (Rivolto a Mat (al 376 II Quinto Evangelista pete dire altro. Il C risto che è am ore, che ci ha salvati p er am ore... avvocato s c h im m e l l H a ragione. À furia di pronunziarlo l’avete reso così stucchevole! U n v>«Ìgelo di forza anziché di m ansuetudine, una fonte p erpetua di v irtù alternative: ecco ciò che sem m ai ci si doydva atten d ere da un M essia. I N on soltanto il latte e miele.-ui codesto vostro am ore. sacerdote Lei trascuracene pel C risto, quale i V angeli ce lo descrivono, l ’am ore''designa una v irtù assai diversa dalla docilità... M y -n u i y 's m i'flCJ, la picgop T ntfiiflino'eontimwipc g iw »a (fSu»pi\. tm u r te ) G ià, appunto... E se io vi dicessi che la sorte di G iuda raffigura non dico il disam ore di G e sù, m a la finitezza di quel tale am ore, la sua im perfezione? C ’è u n episodio (ai quattro evangelisti) che nessuno di voi altri q u attro s’è curato di narrare. F u quando G esù mi volle tra i suoi discepoli. Io esitavo a unirm i a lui, ne ero at tirato m a non coinvolto. Ne avvertivo il prestigio, però non l ’amavo, alm eno nel senso in cui dite voi. M a lui mi disse: « Seguimi lo stesso: am erò io p er tu tti e due ». (D i scatto, con sarcasmo) Ce n ’era abbastanza per fidarm i, no? E invece eccola qui, inscritta nel m io destino, la m isura del l ’am ore che il C risto mi ha p ortato. q u in t o e v a n g e l is t a II C risto però non ti disse solo: « A m erò io per tu tti e due ». V edendoti ancora esitante, aggiunse anche queste parole: « Lo vedi? Sono-qui le radici 'debttK verrerei» che tu non credi che in m e ci sia am ore b a stante per am bedue ». g iu d a E tu ttav ia lo seguii. q u in t o e v a n g e l is t a M a pieno di riserve. M à ritroso, so spettoso, continuando a dubitare. g iu d a E perché non il dubbio, in attesa d ’una prova? q u in t o e v a n g e l is t a M a la prova era già in te: ib»suQfciiiv i« s la sua chiam ata, il f«ttr r ‘chrTO ' fossT 'grtratt«r-se--pi^f e tis c i, lo s in g iu d a q u in t o , Che non fu b astante a convertirm i. e v a n g e l is t a C he poteva b astarti, se tu v ’eri dispo sto. SeVera disposto, per l ’appunto. P redisposto, diciam o. Se-l-’insieme-di disposizioni- impresse.in me nascendo m*9'- g iu d a Il Quinto Evangelista 377 vesserò xeso. tale, da essere sensibile alla sua chiamata.-O se iLCristo m’avesse amato al punto da volerle modificare'. uno d e l p u b b l ic o Ma siamo di nuovo dove s’era prima! Non si fa un passo avanti. è,- a conti fatti, il nocciolo stesso del tema della redenzio n i Se ci b adate, nella Passióne ’¿Lioiiiaedde'm o r ta la m ia e quella di G esù, e am bedue, pare, necessarie al piano di sal vezza: come se, p er p o ter dire « Li ho salvati tu tti », fosse occorsa prim a la v ittim a, il destinato alla caduta. Ci pensa te? U n Dio che sostiene di voler salvare gli uom ini addos sandosi lui i peccati di tu tti, e non solo non trova il m odo d ’addossarsi anche i m iei, ma sem bra com piacersi di la sciarmi perire affinché sia p erfetto q u è l-4ale piano di sal vezza... Vi sem bra u n paradosso? Ecco, ascoltate questo (aer c&staudasi-a-G iovanm , facendosene dare il libro e poi leg gen d o le) : « Io li ho p ro te tti e nessuno di loro è perito, ec cetto il figlio della perdizione, perché s’adem pissero le Scrit tu re »... A vete u d ito ? Er“ 8wntture. Dovevano adempieraikS^rittq ye. JL X Ùàata ricusò di salvare m e perché s’adem pis sero le Scritture. M a perché m ai? Che senso ha? Spiegate mi prim a questo. (G m rd a n d n rr~ in w rn o to m e in ierid'~AT risposta). Lo vedete? E tu ttav ia il tem a della salvezza, se voi ci pensate, si riduce tu tto qui: era possibile salvare G iuda? E C risto, lo poteva? d o tto r e h r a rt tlo'dettouD avohada qualche pane — in 1 ubo-strana libro, però —.che G esù non ha voluto salvare G iu d a per conservare all’uom o la possibilità di peccare, in altri term ini, la facoltà di scelta.. Se preferite, la libertà. g iu d a E»eioè,. G esù avrebbe avuto la facoltà di salvarci, J j i a . non quella d ’affrancarci dalla tendenza a peccare, E com unque, se è vero, è accaduto a spese mie, di q u est’uom o qui. PerlSmitìiLIiBan~fe valsa- la parabola del buon-pulitore, per G iuda non sono val se (rivo lto verso G io vanni) le parole che scrivi tu: « D i co loro che m ’hai dato non ne ho p erd u to nem m eno uno ». A n ch ’io gli ero stato dato: ma me, ha preferito perderm i. E perché p ro p rio m e?... N essuno m i risponde? ( A l Q uin to Evangelista) C om ’è, neppure tu ? P arlavi come se fossi il dizionario di D io !... 378 II Quinto Evangelista Èr*€he siamo sempre li, T i ram m enti delle parole pronunziate d | G esù? « G li sguardi del Signo re sono fissi a colui che l ’ama ». g iu d a O ch’egli am a? Q uesto a ..il p u n to . Sai benissim o q u in to e v a n g e lis ta quanto è incerta, e quanto ambigua, quella frase...E come tutto-prova che è giusta la versione mia. L ’intero com por tam ento di G esù nei m iei confronti sta lì a dim ostrare che egli non m ’amava, che mi volle perd u to perché non m ’am a va. R am m entati d ell’ultim a cena: annunziava a noi discepo li che uno di noi l ’avrebbe tradito, e non p er ferm arm i. Aneti QUINTO e v a n g e l i s t a M a tu, tp l ’am avi? g i u d a (P iù sp en to ) H o cercato d ’am arlo. Q uante volte, in tre anni, mi sono esam inato. Q u an te volte, m entalm ente, sentendo sussistere le m ie riserve, scoprendom i in preda al la mia aridità, l ’ho quasi im plorato: « F am m i conoscere, Signore, dj che am ore debbo am arti ». E allorché gli udii dire ‘ ne j tuo Vangelo): « A nche se voi mi sarete infedeli, io vi sarò fedele », tu sai che corsi a chiedergli se valeva anche p er me. QUINTO e v a n g e l i s t a Mtr^4b-fledo-'-di--tuttct,-questo,-Fcs- setMifl-stessa della ttram lpa-ìn effetti fin dal principio tu ti sei rifiutato di credere ^-rifiutato, bada; sto pesando*!« patohì'— w che nel C risto ci fosse am ore b astante anche per te. E il suo soccorso poteva estendersi m a g f i fino al d u b bio, ma non fino al sospetto di lui, del suo am ore, alla m an canza di fiducia nella sua fedeltà. ■ s a c e r d o te .., H o . l ’im pressione, che stiam o perdendo d i vista il n o stro tema. Av v o c a t o s c h im m e l l B e ato « led » c h e« sa . a n c o r a q u a l e r a il .n ostro tema! La ogni casa l ’errore che stiam o com m etten do è d ’andare nel sublim e delle spiegazioni teologiche inve ce di stare nel terra terra dei fatti, del concreto. Sforzia moci, per un istante, di non pensare al C risto-D io, rip o rtia mo la vicenda n ell’ordine delle cose um ane; ad d irittu ra, p re scindiam o dalla questione del tradim ento, l ’azione riprove vole, il grande abom inio che ha fa tto p er secoli da para: vento alla realtà. Che cosa ne rim ane di G iuda, d ell’odiato G iu d a? Assai sem plicem ente, un contem poraneo di G esù che l ’ha seguito, l ’ha ascoltato, s’è illuso sulla sua mis- Il Quinto Evangelista 379 sione, ha fatto ogni sforzo per credere in lui, ma alla fine s’è convinto che G esù non era u n D io. A ltri discepoli -ei furoflo che abbandonarono G esù, che alla lunga, dopo aver le-ascoltato, rinunziarono a dargli credito. G iuda fu appena il più fam oso di costoro, E- in realtà egli non è altro, che il m eno fo rtu n ato tra i ta n ti che s’avvicinarono a G esù senza lasciarsene convertire: il prim o insom m a che l ’abbia guar dato senza candore, con occhi critici, il prim o dei suoi in finiti fallim enti. C he se ne sia allontanato oa v e ro lo ab bia tra d ito Kse»v«»~€t pensate, diventa inessenziale. m a tte o E h, no! T u tto ciò che sappiam o di G iuda è connes so esclusivam ente al suo tradim ento. F in dalla prim a volta, quando vengono chiam ati i dodici num i deirdedici apostoli sono: il primo Simone, chiamato Pietro-, A«d*ea.aua fratello; Giacomo e Giovanni figli di ZebedeO; Filippo;- Bartolomeo;. Tommaso; Matteo il gabelliere; Glaeof»©JaglÌQ, di Alleo ; TaddeQ; Simooe"if canaTTeot e ’Gfmia adì ». Senza Ìiscariota, che potalo tradì òenza dir dire che ddaa me, come sem pre nom inato per u lti mo: segno che d o vette proprio esser chiam ato per ultim o. Il che ci spiega alm eno i suoi rovelli, la sua invidia. a v v o c a to s c h im m e ll N on l ’invidia! Sporchiam o tu tto ... »oi-per-Gktda, semmai; occorre partire_da ^ ‘ wannt; De- Vavvicina a Giovar se rìe''{a dare il libro, ne sceglie il passo, con l’indjic, • mtato lo restituisce a Giovanni.) T i prego, leggi q t GiottANNi (Leggen, « M olti dèi suoi discepoli, avendolo ‘esse rd un passo, al sesto capitolo.... sto p u n duro parlare. E chi p u ò aqu d ito , gli dissero: i scandalizza? E quando vedrete c e ita rlo ? ”. E G esù: Figlio d ell’Uom o s a lire , d o t e r à prim a? Lo spirito è q u ii p o rta a niente. Le parole c h ’io v ’h ) ch a fa vivi, la carne vita. E ppure tra voi c ’è ^ncora chi n o i d et e sono sp in to crei e ” . Da allorjZm olti dei suoi cessarono di seguirlo. Disse alloca G esù a n o d i c i : “ V olete andarvene*apche v o i? ” . G li e P ietro: “ Signore, e da chi andrem m o? Tu risp sse Si: hai paro' v ita eterna e noi abbiam o credutole conosciu-l to (pe/H i sei il santo di D io ”. R ispose G esù: “ No'hsijo scel to jp voi dodici? E p p u re già tra voi ce n ’è uno c h e 'i vu q j d i p o l o ” ». a v v o c a to s c h im m e ll N on così. C on più rilievo. (Ripren- 380 II Quinto Evangelista l'q u d g l e ultim e parole con scansione diversa) « “J s n o i bbiam ò^£ieJ«/o e conosciuto che tu sei il santo di,D io ”. Ri pose G esù: ^ N p n sono stato io a scegliere voi-; voi dodici; E p pure già tra vài^c^ n ’è uno che è un diavolo" »... Mi >rima ha d etto : « E p p u re .tra voi c ’è ancora chi non crede » 'Jon formalizziam oci cioè stk quel d ia vo lo : è un m om en to d ’amarezza, uno di quei momerfti in cui si dicono le peg>ior cose. R icostruiam o invece la scena: quasi tu tti i se guaci sono p artiti, non credono in lui è ^ ’hanno abbandona to. Solo i dodici sono rim asti: poca cosa, non vi pare? Sicché quando P ietro lo assicura: « N oi restiam o », G esù ha uno scatto: « O h , non crediate! Perfino in mezzo a voi, i chiam ati, gli eletti, uno ce n ’è che non ha fede iti. me »... E cioè, G iuda in partenza non è affatto il trad ito re.’ T anto meno, uno pieno d ’invidia, uno roso dai rovelli. E nemmi u n i c h e m anchi all’im pegno co: gli apostoli, semmai, G iuda esprim e il principio del dubbio, è colui che fallisce alla prova della fede. É il rifiuto alla fede, il peccato di G iuda, l ’incapacità di convincersi che colui che l ’ha chia m ato sia veram ente il figliuolo di Dio. E p p u re no»-parte; e p p u re rim ane; «.M a-quest-É-aon-è il figlio d i G iù seppe s’ostina a non lasciare G esù, cim entandosi coi p ro p ri dubbi in attesa d ’una prova: lealm ente, fedelmente, senza affatto antive dere quale destino lo aspetta... (A g li evangelisti) E voi d ’un uom o così me ne fate appena u q ¿invidioso! s a c e r d o t e (Sorrid endo) ’N on dirà di sentirsi congeniale con G iuda... a v v o c a to s c h im m e ll E perché no, in fondo? È il d irit to alla prova, la vera colpa di G iuda: un principio alto, no? 4 Q uinta. Però, (isevandtr- 'mdite verso, il Evangelista.) ri Quinto Evangelista, vedo, non è d ’accordo. QUINTO e v a n g e l i s t a È che lei •dT 'flhG iud» u n lib ero p en * «MUarp {fila iyjgfa** tra-credere- e am are -nel q u aleaesu n e. G iuda non fu u n alfiere del dubbio, come...paté, che voglia-lei.. Fu u n uom o che rim ase freddo al richiam o di G esù: non ebbe abbastanza am ore p er fare il balzo fino alla fede, non ebbe abbastanza fede p er fare il balzo fino Il Quinto Evangelista 381 all’amore. T *■- nr,j T raduciam ola così : G iuda- in -fo n d o e r a u n uom o che aveva fam e d ’am ore. E p p u re peccò per po v ertà d'amore?* g iu d a Perché il C risto non lo aiutò. P erché non venne cor risposto. q u in t o e v a n g e l ist a O perché non corrispose. L ’abbiame già veduto. giuda /i Cosa? f i \ « T u non credi che in m e ci sia am ore b a stan te per am bedue? ». Pietr o Per l ’appunto: la grazia che ti si offerse nella sua interezza e che presso di te agì poveram ente. g iu d a O h , P ietro che parla di grazia, lui che subito ha avuto tu tto !... E la grazia poi... L dissurdo cioè di chi prim a prom ette: « C olui t h è viene a m e non lo rigetterò », e affer-. sa®-««' « ta n te dopo, m a p ro p rio u n istan te dop o; « Ne?» u iia p u ò venire a m e se non lo a ttra rrà il Padre m io ». q u in t a -ev a n g e l ist a -Provati però « -in v e rtire l ’ord in e. E ■magari a variare appena: « N essuno p u ò venire a m e se n o n i o a ttra rrà il P ad re m io » e: « C o lu i che rim ane i n m r V edi com e diventa logico? E come ìctmi- istantr; prri-con- jorzaj" “ E tu ttav ia n o n è giusto:- io volevo restare in lui» (C e r a n d o trrt&m&'-eon-'ier-sgmirdo-e indicando il C enturione) A costui che com andò coloro che lo crocifissero fu consentito di di re: « È veram ente il figl|o_di_Dip ». Io venni costretto ad - andar via d isp erato .Uvla anche il re s to ..'.^ . Detania. allorA ~ ché M aria, la vsorella di Lazzaro, en trò per cospargere di / p rofum i G esù (N il m om ento dal quale voialtri avete fatJ to incom inciare il\m io tradim ento), non m ’indignai mica io solo di tu tto quello spreco. A nche tu lo facesti (indican do M a tteo ) , e a n c h e \u (indicando P ietro ). ■ P ietr o N oialtri però cr\ bastò la risposta di G esù. T u in vece ti recasti subito a tra tta re coi sacerdoti. \ g iu d a ( Sarcastico) M a perché io ero u n critico! Se pre\ ferisci, un m oralista che pretendeva un M essia in arm onia col suo messaggio. M a c o m e \u n C risto, dico u n C risto, il prom esso, l ’atteso, che va proclam ando il disprezzo del m ondo e in tan to condiscende alle, attenzioni d ’una donna; che ci p o rta a G erusalem m e per abbattere il tem pio e fon- 82 II Quinto Evangelista dare finalm ente il regno di D io, e poi s ’arresta, esita, torna in d ietro, perde tem po a B etania, a tavola, tra le m ollezze... Ce n ’era abbastanza p er esserne delusi, no? O alm eno per richiam arlo alla coerenza con se stesso. m a t t e o ( Sarcastico anche lu i) E p er questo corresti subito a patteggiare coi sacerdoti. giuda N on per questo. E non subito. Scrivendo così hai im m iserito le cose, m ’hai fatto v ittim a di non so che m oto d ’avarizia o di rodim ento, quando n ell’anim o di G iuda, nel la vicenda di G iu d a agì qualcosa di più enigm atico - e cer to di più alto. ( A L uca) T u ad esem pio nem m eno accenni a B etania, le cose, se non sbaglio, le sposti più indietro. l u c a (Sfogliando il suo libro e poi leggendo) « G ià si av vicinava la festa degli azzimi, la Pasqua. E i gran sacerdoti e gli scribi cercavano il m odo di uccidere G esù. A llora Sa tana en trò in G iuda ebiamat© Tiscariota, ehe era nel nume ro’ dei dodici. Andò costui dai-gran sacerdoti e dai capi delle milizie e tratto-eon essi come glie lo avrebbe consegnato ». giuda A vete u d ito ? « S atan a entrò in G iu d a » . Siamo già fuori della psicologia spicciola, nei territo ri del m etafisi co. P erò non basta, è tro ppo sem plice. G iovanni chiarisce, m e g lio rweila’ seeH'g'tie'l-Genoeotet ( A G iovanni) Vuoi leggere jju? Giovanni (L eg g en do) « D ette queste cose G esù si sentì scon volto nello spirito e proclam ò: “ In verità in verità vi dico che uno di voi mi tra d irà ”. Si guardarono l ’un l ’altro i di scepoli, ansiosi di chi parlasse. U no dei discepoli, quello che G esù amava, stava appoggiato sul suo petto. Sim one P ietro gli fa cenno e dom anda: “ D im m i, di chi parla? ” . L ’al tro , chinato a quel m odo sul p etto di G esù, gli dice: “ Si gnore, chi è ? ” . R isponde G esù: “ È quello per cui io in tin gerò un pezzo di pane e glielo d a r ò ” . E in tin to il boccone lo prende e lo dà a G iuda di Sim one Iscariota. D opo quel boccone Satana entrò in lui. A llora G esù gli dice: “ Q uel che fai, fallo p re s to ” . N essuno dei com m ensali capì perché avesse parlato così. M a G iuda, preso il boccone, se n ’an dò senz’altro. E ra n o tte. U scito lui, dice G esù: “ O ra è sta to glorificato il Figlio d ell’U o m o ” ». giuda Basta così! ( I n tono turbato, poi via via riprenden do si) Q uesto appunto è il m om ento. L e-eem rr'-in ro m trr- Il Quinto Evangelista 383 ciata>^l clim a è sereno. Poco fa è avvenuta la lavanda dei piedi e'fciè stata perfino d ell’allegria, P ietro nel solito suo candore ha esclam ato: « Signore, non i piedi soltanto-, m a le m ani e il capo ». P oi G esù ha in v itato i dodici alla recipro ca fratern ità, poi, ha avuto una frase oscura: « N on parlo di tu tti voi, conosco quelli che ho scelti ». M a come p o te va capirla G iuda? P el m om enfo è tranquillo, si sente tra i prescelti. B eninteso, qualcosa sta accadendo nel suo ani mo: dal giorno di Betania non è più il cieco discepolo che s ’affida in tu tto al suo m aestro, lo va vagliando, lo scruta, incerto se dargli credito. T ra sé e sé lo vorrebbe diverso. Che fa, cosa p ro m ette? D ov’è il Regno del quale assicurava la venuta? D i tu tte le grandi gesta che s ’aspettavano da lui s’è lim itato alla b ravata di scacciare i m ercanti. È insom m a questo il M essia? ^Ne è ten tato e insiem e diffida... G iuda, forse, ha anche aVuto delle proposte dai sacerdoti. Le ha respinte, però. La prova ne è che è qui: diverso, sì, dagli altri, ma disponibile quanto gli altri. Satana, in ogni caso, non è ancóra entrato in lui. D iciam o che è in bilicopvuole ancora ascoltare G esù, convincersi che è il C risto, lasciar sene U n ta re nuovam ente. Diciam olo altrim enti: si tra tta di una p artita aperta, e G iuda potrebbe ancora vincerla se solo G esù non avesse già deciso di rifiuta rlo / fi)i sicuro G iuda è in attesa d ’un segno, che so, d ’un m oto d ’am ore, clùina stil la di carità. E invece è lo scherno: il pezzetto di pane in tin to , la messa alla gogna agli occhi di G iovanni. S tupefat to, tu rb ato G iu d a cerca gli occhi di G esù, dom anda m u ta m ente il senso d i quel gesto. V orrebbe esistere, p er un istan te alm eno, nel campo del suo sguardo. N otate: in q u e sto istante, tu tto è ancora possibile. M a G esù nem m eno lo guarda, lo ha escluso, lo ha respinto, non è più nulla per lui. H a deciso, p er l ’appunto, che in lui en tri Satana. V oglia m o m eravigliarci se alcunché di fosco e bieco, un rovello, una cieca rabbia s’im padroniscono del suo anim o? q u in to ev a n g e l ist a N on è esatto. È vero p iu tto sto che porgendogli il pane G esù lo fissò, ma G iuda distolse gli oc chi. E solo alloray-e-v-salo' per questo, in lui entrò Satana. g iuda ( C o lp ito ) Sai anche questo? q u in to e v a n g e l ist a (Senza interrom persi) Ci fu, da parte di G esù, u n ’u ltim a p r o f f e r t a d i grazia ancora. ( 384 11 Quinto Evangelista M a tu eri in p red a a una specie di .trista- vergogna. E ti ci sottraesti. g iu d a ) E q u an d ’anche fosse? U n uom o ha d iritto al suo orgoglio, no? E lui con quello sguardo non so lo mi frugava d en tro , ma mi voleva m ortificato, asservito alla sua pietà. Q u e ll’intrusione intollerabile nell’intim o del la m ia coscienza, l ’arroganza vorace della sua com passione! E poi con quello sguardo mica voleva sottrarm i a Satana: voleva solo farm i pesare ancora una volta la sua bontà, m agari solo m isurare il male che facevo. D opo di che sa rei diventato p iù consapevole e m eno innocente. L ’inno cenza nel peccare, ecco ciò che mi toglieva! ) E tu dici che era amore! sa c e r d o te Si calmi, stu d en te Toepfer: non cre derà mica di star facendo del dram m a vero! g iu d a A h, sì... ìCom.^.i.*f riso uh Poi-stridulo) E dire che n ell’assumermi il ruolo di G iuda io m ero riproposto di sostenere tutt ’altro. (Mau*tr<rcominceràa recitare il resto della battuta, (Quasi gridando (Accostandosi al Quinto Evangelista e afferrandolo per il petto (Energico) (Guardandosi intorno tra torbido e stupefatto) sLMerrà sfilando la tunica che aveva addosso — e che d'atra in por terrà appesa al braccio) H o sem pre avuto una mia tesi, io. E una tesi che, badate, spiega G iuda m olto m e glio. G iuda cioè p er me, per come me lo figuro io, non fu u n discepolo sul tipo di P ietro, un candido, u n uom o d ’affetti. Fu p iu tto sto uno di quegli esseri capaci di sole passioni in tellettuali, di quelli cioè che s’innam orano delle idee più che degli uom ini, il quale, se si 4 jcise a d en u n ziare il suo m aestro, dove farlo per salvar^ a p p u n ta le»su& idee, il suo messaggio. I .a -idee utopie--hanno bisogno- di martiri, ■questo peasere-Giuda; perché o si realizzano subito (il che accade così di-radooppure invecchiano con l’invecchiare-di chi le ha-manifestater a meno che costui non scompaia al-momenillora, non si sa con ì, sopravvivono sem pre giovani, hanno sempre, l ’età che egli aveva morendo... Riuscite, a figurarvek»,- voi, un. Cristo -settantenne, •un saggio con-la-barba bianca?... Sicché, quando vide G esù andare e venire tra G erusalem m e e Betania velleitario, esitante, insicurO dei suoi scopi e vicino orm ai a diventare, agli occhi Il Quinto Evangelista 385 della gente, un altro qualsiasi dei ta n ti falsi profeti, dovette in tu ire (e ditem i voi se ha sbagliato) che soltanto se fosse m orto in qualche m aniera m em orabile, m a adesso, qui, a G erusalem m e, nel posto giusto e q uando ancora le sue pa role apparivano cariche di messaggio, soltanto allora la sua esistenza si sarebbe fatta testim onianza e forse sim bolo, forse m ito. E cioè: p er salvare il m ito del C risto occorre va sacrificare l ’uom o G esù. Vi suona strano? N o tate però che, da come si com portano, i sacerdoti mica hanno l ’aria d ’aver capito chi è G esù: e allora c’è il rischio che G esù m uoia lo stesso, pia m qoia per quel che non è, com e un qualunque £ invece, se deve m orire, occor re che m uoia p er quel che effettivam ente è... Ed ecco allora G iuda andare dai sacerdoti. N on va per odio, va semmai p er am ore, e sia p u re u n am ore frigido, tu tto e solo in tel lettuale. E nem m eno va per tradire, em ne diciam o volgar mente.- E poi trad ire chi? G esù m ica è il capo d ’una setp iu tto sto p er rivelare il vero pensiero del suo m aestro, cer te arditezze, certe eresie cui G esù si lasciava andare solo n ell’intim o, p arlando ai dodici... C on dolore, però, trep i dando, a disagio, e solo so rretto dalla convinzione che il sacrificio d avrebbe consacrato affidan dolo all’avvenire. I n tal senso il bacio stesso diventa un m om ento d ’alta em ozione, è u n addio dato all’uom o in vista del m ito. signora k u y pe r Diventa una tesi tro p p o alta per u n G iu da! G iuda le dico io chi è o a chi assomiglia: a uno di quegli uom ini che non riescono a perdonare a Dio né di aver lo conosciuto né di averlo perduto. g iu d a bGem-un breve riso) E sia. Pazienza... (iev rf^n td o che-sono entrati m entre lui parlava) P erò, dopo che tan to è stato strapazzato G iuda, voglio ora vede re in che m odo tra tte re te i giudici di G esù: colui ( che per odio teologico pretese la sua condanna, colui che p er v iltà accondiscese alla sua m orte. p ila to N on fu p er viltà. P ilato fu u n uom o d ’onore, non uno che agisse p er viltà. P o tè semmai essere diviso tra la sua coscienza e i suoi do ’un Gesù il Cristo Caifa e Filato, dandoCaifa) (guardando Filato) (Prevenendo Caifa, con calore) guar 386 II Quinto Evangelista veri: un p o ’ come un ufficiale, p er fedeltà a un giuram en to , deve consentire a una cosa che in quanto uom o non ac cetta. g iu d a N on dirà che si sente talm ente P ilato sol tan to perché, come lei, era un m ilitare. ji p ila to ( Se non altro, per ìnaUi4» che indosso, posso meglio com prendere il suo dram m a; e le sue ragioni. Ciò che giustifica P ilato è che in fondo non era libero. O m eglio, lo era lim itatam ente a un m andato che restringeva talm ente le sue libertà... c a ifa E allora com e mai si vanta con G esù: « N o n sai che ho il p otere sia di liberarti che di crocifiggerti? ». p il a t o Si vanta, sì. M a se ci badi, è il C risto stesso che le sorregge, lo richiam a al suo ruolo, fi lui icBb l ’a w etHa: « Bada che il p o tere del quale ti vanti non proviene da te, ma ti è stato d ato d all’a lto » . Il tu o cioè è sì un potere, m a en tro i lim iti d ’u n m andato: u n p otere che im plica un dovere e u n ’obbedienza. T a n t’è vero che i G iudei, per fo r zargli la m ano, non fanno che ad o ttare la logica stessa di G esù: « S e liberi costui, non sei amico di C esare» . E r e * (Ridendo) Alzando le spalle, serioso) (Interrompendolo) fiSHuaque non vedo perché si debba ancora discuterne. I col pevoli, i veri colpevoli li ha designati già G esù: « Il re sponsabile della m ia sorte », ha d etto a P ilato, « non sei taiea tu. I responsabili sono coloro i quali m ’hanno con segnato a te ». c a ifa N on dice così. Dice solo che la loro colpa è più grande. p ila to E anche am m esso? P ressato dalla folla, fa tto ogget to d ’un ricatto, incapace d ’orientarsi nelle sottigliezze d o t trin arie d ’una religione che non era la sua, lim itato nePcfecijfefé' dalla fedeltà a u n m andato che g l’im poneva innanzi tu tto il ruolo d ell’uom o d ’ordine, cos’altro poteva fare un funzionario, un ufficiale costretto ad agire entro i lim iti d ’un sistem a, e le cui stesse prerogative erano già fissate dal sistem a? Il suo dram m a, se ci pensate, è analogo a quel lo di chi è co stretto a com andare u n plotone d ’esecuzione. C a ifa E h, via! P ilato poteva com unque dire no. Il para gone non regge. p ila to P uò darsi. E tu ttav ia qualcosa di vero c ’è. Be« più che un protagonista, P ilato fu uno strum en- (Titubante) Il Quinto Evangelista 387 m assim o, una specie d ’esecutore involontario, che passò nella vicenda incolpevole, se non innocente. P er analogia t ci, mi tornavano alla prep poco fa vj a i m ente i processi che nel M edioevo furono celebrati contro gli eretici: le m esse a m orte sentenziate dai trib u n ali re ligiosi ma eseguite per m ano d ell’au to rità civile. E ra la prassi e, a q u an to so, non s’è dato m ai caso che un espo n en te dell’au to rità civile si sentisse esonerato d all’eseguire una sentenza nella quale non solo personalm ente non aveva avuto parte, ma delle cui m otivazioni teologiche o era al l ’oscuro o in ad atto a giudicare. È il caso di Pilato, con que sta differenza: che P ilato alm eno resiste, s’allarma, s’appel la al popolo, pro p o n e la scelta tra C risto e B arabba, ri sponde ai sacerdoti: « M» m ettetelo a m orte voi ». cai fa M a rifiutandosi a quel no che aveva il potere di p ro nunziare. p il a t o E tu glie lo rim proveri? P ro p rio tu? P roprio Caifa? c a if a Solo p er dire che nel caso di G esù il p otere tem pora le fu responsabile alm eno quanto lo spirituale. M a »■*»turai©^ visto G esù chi era, doveva essere così, dovevano operare insiem e. Il to rto era tuo, che ti rifiutavi d ’apri re gli occhi. avvocato s c h im m e l l Signori, sigiMflTTumUlllFCllll di* ri cordarvi che il nostro scopo era diversa.'Si trattav a di sta bilire l ’id en tità di G esù, mica d ’assistere a uno scontro tra i protagonisti della Passione. O ra ( e - ««usatemi se vi parlo da avvocato) gli atti d ’un processo, p er som m ari che siano, possono benissim o servire alAa-ficerea d ’una verità. Per k> meno, a càjnlre la personalità d ell’im putato. Spiegarci, vogho -dire;-in-base~iccbe fu condannata, risalire ai reati ad d eb itati a G esù può aiutarci,. Hai-p ac e* a rispondere alla d o m anda: « M a insom m a chi era costui? ». PILATO M g, anch e così non si va m o lto in là. P er Caifa G e sù è un agitatore religioso che si dichiara figlio di D io e vuol far crollare il tem pio: ad d irittu ra p retende di sostituire al tem pio m ateriale un tem pio intim o alle coscienze, u n tem pio solo spirituale. È l ’eresia, d ic e v o , primay la m essa in questione d ell’antica religione ebraica, della legge di M osé. A P ilato però, con parecchia m alafede, è presentato come 388 II Quinto Evangelista un politico, una specie di sovversivo, se non proprio un o p p ositore del p o tere dei Rom ani: si fa re, p ertu rb a la na zione, nega che si debba il trib u to a Cesare. avvocato s c h im m e l l M a lo era, domando io., lo era effetti vam ente? Badate, è im portante per qualificare G esù... ( So- vrappensiero, poi accostandosi a Giovanni, facendosene da re il libro e continuando a parlare mentre lo sfoglia in cer ca del passo) E agli occhi di Caifa non era mica chiaro chi egli fosse o se fosse solo un agitatore religioso. M olte co se gli sfuggivano... GiUDA" Glie T rervl 'dicevo* ... AWOCATO' s c h i m m e l l (Senza badargli) Ecco, ascoltate questo. Sia p u re p er spiragli avvalora le accuse presentate | uggendo-) « A llora i som m i sacerdoti e i farisei [radunarono il Sinedrio e dissero: “ C he facciam o? Q u e st’uo mo fa m iracoli. Se lo lasciamo così crederanno tu tti in lui e verranno i R om ani a distruggerci, città e nazione”. E uno di loro, Caifa, disse:V “ N on sapete niente, non capite che conviene che un uom o m uoia per il popolo, e non perisca l ’intera nazio n e ” » \ f f Risollevando il capo). E cioè, la prim a volta che discutono di G esù, è secondario pei sacerdoti il novatore religioso: spicca p iu tto sto l ’agitatore socio-po litico che forse, dico forse, cospira contro i R om ani, e che in ogni caso rischia di m ettere i R om ani contro i G iudei. Il che comunque,^*«—ei-batkrte^-ci cam bia le carte in tavola. D ietro il G esù del m ito, il figlio di D io, il redentore, lascia in tu ire il G esù della storia, quale dovè essere effettiva m ente: qualcosa com e u n capopopolo, più ptofSÉSffiSttte u n ribelle m osso da idealità politiche e religiose insiem e. signora k u y pe r (Con asprezza) T u tto qui, avvocato Schim m ell? F rancam ente, non vede altro? Lei fa presto, col suo agnosticism o, a sbarazzarsi di G esù. E deve provarne p er fino del sollievo. avvocato s c h im m e l l E lei, a sua volta, con la sua o rto dossia... signora k u y pe r M a è che un C risto così, un m ero p ro m otore di som m osse, non sarebbe sopravvissuto un giorno alla sua m orte fisica. Tenga conto p iu tto sto d ell’insiem e del suo messaggio: di quel che c’era di folgorante, di mai prim a udito, di esorbitante risp etto a ciò che pensiam o so- Il Quinto Evangelista 389 litam ente... M a se nem m eno sua m adre, M aria, arrivò mai a com prendere G esù, se rim ase sm arrita ascoltandone i d i scorsi! E lei presum e d ’averlo conosciuto attraverso due frasette pronunziate dal Sinedrio... dottor eh r a r t II fa tto è che col suo m etodo, m io caro av vocato Schimmell, no n s’arriva da nessuna parte. M entre invece la via giusta^iuaza- quaei voleri«, ce l ’aveva indica ta P ilato appena u n m inuto fa. N on sono i reati che gli vennero contestati, è la n atu ra del suo processo a farci ca pire chi fu G esù. Il suo, giustam ente, è il prim o dei tanti processi p er eresia che poi furono celebrati nel corso dei secoli e, p er colmo d ’ironia, in omaggio a lui. iwi*«r4teri, xiella -stessa'procedura; l’Inquisizione, in questo senso, non dovè in v en tare proprio niente... Il p o tere religio so — il p o tere politico... E l ’uno che em ette, l ’altro che esegue la sentenza... C ’è perfino la stessa frase che avreb bero usata gli in q u isitori; « A noi non è lecito uccidere al cu n o » . E questa no n è che la scorza: sullo sfondo c ’è co me al solito una r - o ^ . fortem ente gerarchizzata, istintivam ente conservatrice, che ha paura d ’ogni parola nuova e la giudica una bestem m ia; che trem a del n o vato re e per questo lo perseguita; e eke, p er convincere po tere civile Beoiteate a occuparsi d ’una controversia teo logica, fa passare un messaggio di m arca spirituale per un fa tto re di disordine all’interno della società... N on c ’è d u b bio: r. r>11 n fife yj piTli'" '4"', jl' T-" nn‘ ■ ;1 «-¡pi™ per eresia. lisch e ci fa capire > chi è G esù: G esù, appai»!», è l ’e resia, il dissenso dal dogm a, dai credi im posti, al lim ite il fo n datore d ’una chiesa m ai prim a veduta, che rinnega i vec chi culti le .-osservanze tradizionali, rifiuta gli apparati esterni e perfino dissacra il tem pio, ne vuole uno fondato solo n ell’intim o delle coscienze. ( A Caifa) N on è così? c a if a ( P erplesso) Lei sa che di tem pio m ateriale e spiritua le parla solo il V angelo di M arco, e in una frase quanto mai oscura. dottor e h rart M a che il velo del tem pio si squarciò in d ue da cima a fondo lo hanno attestato anche gli altri due sinottici. E cos’altro significa questo squarciarsi del velo se non la ro ttu ra dei segni esteriori del culto, una breccia aper- 390 II Quinto Evangelista ta nel santuario della legge mosaica, la proposta d ’un m odo nuovo di vivere il fa tto religioso, fuori dei form alism i, dei precettism i, delle osservanze passive, delle chiusure? C ’è un bel p o ’ d ’iconoclastia, non dubiti, in G esù: c ’è l ’infrazio ne degli schemi, delle credenze codificate, la sollecitazione continua a m utare anim o, a cam biare vita, l ’invito alla p erp etu a m obilitazione della coscienza, la negazione di ciò c h ’è ferm o, di ciò che s ’è sclerotizzato. ( A ll’avvocato S chim m ell) Si provi, avvocato Schim mell, a recuperare un G esù così, e avrà »-conti- fatti anche l ’eversore. avvocato s c h im m e l l M i spieghi allora come m ai da un G esù così (calcando la voce) sia p o tu ta p#ovem re una chie sa che è esattam ente il suo contrario. p il a t o A p arte che io non riconosco proprio il nostro G esù in u n G esù così. P er come lo descrive, mi diventa u n anar coide. giuda (C anzonatorio) U n anarcoide. Mi--piace. M i piace, v© glia.diigtib t o n o col quale h a pronunziato la parola. M a si tranquillizzi, capitano Klarrwwer: accanto a u n G esù co sì c ’è il G esù del « D ate a Cesare ». E p er fo rtu n a col « D ate a Cesare » G esù ha rim esso le cose a p osto, ha reso san ta . l ’obbedienza. l a t e P r e a t t y ^ j ì ì i ^ i a t g ^ f ^ r s ’è veduto m ai cri stiano che in v irtù del « D ate a Cesare » non si sia sen tito giustificato d ell’osservanza d ’una legge e perfino d ell’acquie scenza «--Cesate, al potere, anche quando potere e legge lo^-Siato» v o g lk r d k e — si sono situati all’opposto del—> _Tam ore? —---sa c er d o te M a il messaggio del C risto non è affatto lì. E d ’altronde anche q u e ll’espressione, a rim etterla nel suo con testo , è t u t t ’altro che un invito alla docilità e all’acquie scenza. « O bbligatevi allo Stato, risp ettate l ’autorità e la leg ge », questo all’incirca ha voluto insegnarci il C risto, « fin ^ dove non.im pegna la vostra coscienza ». p i lato (firn doygV già... M a fin dove? La linea di dem arca zione, il lim ite dov’è? Lasciate decidere alla coscienza e avrete l ’arb itrio, la licenza. P e r fo rtu n a abbiam o San P ao lo (»ofrfgilzb ¿ ttrlrrc i* * ) : « C iascuno si sottom etta alle au to rità che ci governano. Perché non c’è autorità che non p ro venga da D io, e chi resiste ad essa resiste all’ordine stabilito da Dio ». Ecco il senso del « D ate a Cesare »! fì \1W L(/t> 4. ^ Il Quinto Evangelista g iu d a ( 391 Schernevole (Minaccioso) ) (¿aeiseo. È questo che le consente di sentirsi così b u o n cristiano... p ila to C he cosa vuol dire? g iu d a ((Più ca u to ) M a sem plicem ente che il G esù del « D ate a Cesare » a m e non interessa. N on è il m io G esù. p ila to a E che cosa può im portarci che a u n G iuda non interessa? R esta il fa tto che G esù si tenne estraneo alla politica. E che il processo che gli fu fatto - se voglia m o to rn are in d ietro e ridare u n p o ’ d ’ordine alla nostra d i scussione — fu tu tto e solo religioso, anche se i sacerdoti lo colorirono d i politica. Il G esù libertario che tan to piace al d o tto r E h ra rt non em erge una sola volta dal colloquio con P ilato. V oi sapete la scena, come la n arra G iovanni. P ila to che dom anda: « Sei tu il re dei G iudei? », e G esù che ri sponde: « Il regno mio non è di questo m ondo. Se fosse co sì (n o tate q u esto !) i seguaci che ho si sarebbero solleva ti ». P ilato che insiste: « M a insom m a, sei re tu ? », e G e sù che conferm a: « Lo dici tu, che io sono re. Io p er q u e sto sono n ato, p er questo sono ven u to al m ondo, esclusivam ente per d are testim onianza della verità »... P oteva essere, dom ando io, p iù chiaro di così? La m issione di G esù fu tu tta e solo metafisica. M ortificarla al livello d ’una m issio ne terrena... (Con rozzo scherno, e volgendosi cercare il consen so degli altri) Ma è per questo che non c’interessa un Gesù così. Un uomo che ci fa balenare il miraggio d’un mondo mi gliore, d’un diverso rapporto tra gli uomini, d’un ordine di verso, e subito lo svuota, lo priva di mordente, lo riduce a una vaga promessa oltremondana. Aveva ragione allora Ero de stridersi di GesùV*S$veva ragione Pilato a non voler}«,, (q condanna®. Ammesso, ,che fosse un portatore di verità, dovè parergli una verità così inoffensiva-, così innocente! qu in to e v a n g e l ist a E Pilato aveva torto. Germe Et■ode, -dai, g iuda T<d^«dAmtewr il Qttinto -&va»gelÌ8«a. Per caso ci ri serbi qualche altra rivelazione? q u in to e v a n g e l ist a (Senza badargli) C’era qualcosa di così radicale nell’insegnamento di Gesù che sicuram ente, se l’avesse inteso, Pilato avrebbe fatto senza alcuna diffi coltà ciò che invece si rassegnò a fare tra tante esitazioni. giuda 392 II Quinto Evangelista ^’essenza d ell’insegnam ento politico di G esù non fu nelle accuse esposte a P ilato - agita il popolo, si p ro clama re, contesta i trib u ti a Cesare - , accuse di com odo n ato re rom ano, m a in qualcosa di più alto, e direi di più rem oto, che i sacerdoti non ritennero di riferire a Pilato. L ’equivoco dei sacerdoti, il loro errore psicologico, consi stè nel ritenere che costui non era in grado d ’afferrare un concetto che, m ettendo in questione la validità d ell’antica legge, era, secondo loro, accessibile ai soli Ebrei. M entre iwveee"q « d jp che-&*> il nucleo d ell’insegnam ento di G esù, il « S a re te senza Legge, m a non senza di m e » ... g iu d a Che jaesò non è affatto testim oniato. q u in t o e v a n g e l is t a M a che venne pronunziato. ( A Caifa ) È così? CAIFA È COSÌ. e v a n g e l is t a F urono i term ini esatti della dela zione di G iuda? c a if a F urono p ro p rio i term ini esatti de+krdefezTrmrtfrGrn'àan A llorché interrogam m o G iuda (era tu rb ato e reticente, a u n tra tto si p entiva d ’essere venuto da noi) due am m is sioni, in particolare, gli strappam m o p er l ’im putazione di G esù. Aveva afferm ato: « E io vi dico che qualcosa di m ag giore del tem pio è qui », aveva pronunziato l ’altra b estem mia che hai appena ricordata. M a ci parvero am bedue jfsaa«eam eate* così sottili, così connesse alle credenze e alla tra dizione degli E brei... q u in t o e v a n g e l is t a . M entre iaaMaMM$ÌÌi^' detto-dLGasHpaggMÌ « Sarete senza Legge, ma non senza di me », andava in effetti assai più in là della sm entita all’an tica Legge 1^ in sic irrirTf^TsefTariRC" "esterne»»in- «uL jìdvm HnhgkU^4%rrtica-Legge. E ra un avviso per le coscienze che no n vogliono soggiacere. H ig h n n m ~ n , stabiliva un p rin cipio di contraddizione assoluto e perm anente nei confronti .¡Ofiugea&cale di qualsiasi legge, v d ’ogni obbligazione esterna che tende a sopraffar ci e c ’im pedisce di volerci così come D io ci vuole. D al m o m ento in cui vennero pronunziate quelle parole fu creato una sorta di trib unale superiore che ha reso derisori i trib u nali degli uom ini e ha in tro d o tto il d iritto alla disubbidien- q u in t o Il Quinto Evangelista 393 za tu tte le volte che il giudizio dei tribunali di questa terra è in contrasto coi princìpi stabiliti da D io. B m a^tffrterah ri-“ m eati? P er la prim a volta nella storia um ana veniva in tro d o tto il sospetto nei confronti del p otere e degli istitu ti attraverso i quali si esercita il potere, l ’idea che la legge possa essere ingiusta, e che lo Stato stesso, questa specie d ’en tità sacra, possa essere non sacro. P er questo San Paolo dice di G esù: « N a to soggetto alla Legge, ci ha liberati dalla soggezione alla Legge ». ^ ^ ^ j ^iet r o E P ietro conferm a: « Si.deve ubbidire a D io piutto\pr \ ày/tr,7sto che agli uom ini >>^E Paolo ribadisce: « V oi, fratelli, siete stati chiam ati a libertà: se in fatti il C risto vi anim a, non siete più so tto la Legge ». E questo in un tem po in cui l ’obbedienza era considerata la m aggior virtù, e sacra era detm j a Legge, e sacro era lo Stato.^E io mi ram m ento pure d ’u n ’altra m assim a di G esù - m a questa non fu scritta: « Beati coloro che sono liberi quanto alla Legge, e guai a chi è b u ono solo quanto alla Legge ». q u in t o e v a n g e l i s t a P roprio così. E -*-q m nnm r ssigere- da -sudditanza della coscienza. Si è tanto discusso, poco fa, sul senso del « D ate a Cesare ». M a quanto m aggiore spicco, n ell’econom ia del m essaggio di G esù, ha il « N on abbiam o altro re che Cesare » gridato dai G iudei p er in ti m orire P ilato. Siamo in realtà proprio agli antipodi d ell’in segnam ento di G esù: perché G esù, col deprim ere la legge, esalta la coscienza fino a volerla infinitam ente libera; m en tre è tipico delle società congegnate secondo Cesare di farci sentire l ’autonom ia della coscienza come una viltà, e il ser vizio, ¡¿feditii_’e~del male, come u n kesercizio di m oralità. E in effetti, dal m om ento in cui s’incom incia a dire: « N o n abbiam o altro re che Cesare », qualsiasi d elitto diventa pos sibile, perché nulla più sem bra m ale ad eccezione della di sobbedienza. - Evangelista -e ■guardandolo g u id a ju& e-rteglr nrr h tT MìTTu ' d rrsejd ^::-4 ìg sci^ ) Bada -eb e... devi farlo, fallo adesso. 394 a. i v9 tfk tU r ' . H Quinto Evangelista g iu d a Q eae--. ( R is c u o te n d o s i, a P ila to , e d ’o ra in p o i in to n o e s tr e m a m e n te a m b ig u o , tra b e ffa r d o e in s in u a n te ) Q uel che sta cercando d i farle capire costui, capitano K lam m er, è che no n solo va negata la sacralità dello Stato, e naturai me n te delle leggi che governano l»St«to,»anche quando oggetti v am en te possano ^essere giuste, m a che l ’obbedire ad esse può essere il contrario d ’una virtù. Lei, ad esem pio, capitano K lam m er, è sicuram ente buono secondo la legge: è onesto, suppongo, è u n buon cittadino, u n buon soldato, <0 fedele allo Stato, rispettoso d ell’au to rità, insom m a ititiedi fare in tu tto e p er tu tto il suo dovere, come del rer sto diceva di Pilato. 'È anzi, se non m ’inganno, talm ente ’ com preso *3eIIà" oggettiva bontà delle nostre istituzioni c h é f risse a trovarsi nella condizione di Socrate, accusato in giustam ente, condannato a m orte ingiustam ente, rifiutereb be, c red o \co m e lui di fuggire dalla prigione p ur di non es sere disobbediente a una legge che ha p o tu to , sì, sbagliare dichiarandolo colpevole, ma che in assoluto lei considera com unque sacra è*giusta. Si ricorda di quel che dicevano a Socrate le leggi? ( C o l to n o d i c h i c ita a m e m o r ia ) « Se noi ti m andiam o a m orte nella convinzione che ciò sia giu sto, ten terai forse di ribellarti a no i, che siamo le Leggi e la P atria tua, col p retesto che ciò facendo tu rim edi cosa ingiusta? Sei tu dunque così'sapiente da aver di catcr che più che il padre1-e più che la m adre è tu^Kdovere onorare la P atria,, perché 4più di qualsia; A cosa essa e rabile e sublim e e sacra? E che occorre soffrire se ci o rd i na di soffrire, e lasciarci percuotere se ci vuole percuotere, e andare ^alfa guerra se ci m anda alla guerra-,, e insom m a esserle obbedienti finanche nell’ingiustizia, perché questo è il gifisto? >>.r:. E invece eccole qui costui che le m anda tuffo all’aria a r i a ccol o l suo « Sarete senza Legge, m a non senza di Eccolo me ». E e e d d ^ cche h e non" solo l ’avverte che la legge, e la P atria stessa, non sono degli assoluti, perché al disopra c ’è D io, e anche u na guerra santa agli occhi della P a tria jm ò non essere il g iu s to agli occhi di D io, ftia-ehe^se fosse mandato a com andare quel tale plotone d ’esecuzione di .ttwr'h g ’ parlato, poco -fa ^.a.-lai norìrbasterebbe affatto lim itarsi a ob b edire fLs^Frtirsi-esanerato d a ogni responsabilità: al contra rio , sarebbe in,,,bilico tra due doveri in contrasto. E tenutqi ^ Il Quinto Evangelista 395 continuare a dire: avere », e con ciò sentirsi tranquillo, a posto con la coscienza. M a, badi, C ostui sostiene che non ^ ha d iritto di sentirsi a post©, perché in quello che lui chia m a lo Stato secondo Cesare la disubbidienza è - dice m eno colpevole e più doverosa d ell’obbedienza. C ostui si dom anda se nello Stato secondo Cesare, nello S tato che s’erige a v alo re suprem o e di fa tto divenuto sinonim o a i r che d i bene, d i m oralità, siano più conciliabili il cittadino e il cristiano. C ostui insom m a p reten d e - capisce? che lo Stato, e la P atria stessa, non ci.esim ono oggettiva m ente dal peccare: solo, sem brano esim erci*dal'sentircene. responsabili, trasform ando la colpa in u n ’obbedienza. Lei ha un bel sostenere: « M a io servo la mia P atria, k rs o n o fe d ele ai-m iei doveri verso la Patria-». Le risponde costui, questo facente funzione di C risto: D io esalta la coscienza fino a volerla infinitam ente libera. Lo Stato - e la P a tria stessa — n a a ^ ^ tt^ fe a rm © la coscienza ed esige -41"inamente. Al m assim o ci fa sentire non più colpevoli, ma complici, e non canaci di rim orsi, sem m ai solo di vergognaL Le piace, capitano K lam m er? E u n bel Vangelo, n o r\.T Adesso scelga. P w è^ssolvjp», e così seguire' g l’im pulsi del la sua coscienza, p u ò -p re» » » ^ fte"'‘&,«sua co n d an n i, e così o b b ed ii^ alla legge. Badi però che P ilato ci ha già regala to un m artire. Stia atten to , capitano K lam m er, non ci dia u n altro m artire. p i l a t o (M inaccioso) M i dom ando fino dove vuole spingere il giuoco. g iu d a Diam ine! Perché? p il a t o M a perché non è così, sta sforzando le cose. Il Q u in to Evangelista non intendeva dire questo. g iu d a A h, sì? Lo in terroghi k i allora. V edrà. MiveeATO scHiMMEDfr f h &y m p stu d en te Toepfer, che h * tu tta l ’aria d \ n delatóre? y v '• g iu d a M a G iu d a fu u n delatore: si Rammenta la m ia tési? ;sù? Del Che altro-fece se non chiarire il vero pensier ^ q u a le fu resto, l ’abbianfo u d ito dalle parole sstess^ i la testim onianza che rese ai sacerdoti. p i l a t o (Senza più badargli e rivolgendosi al Q uinto Eva'nge- 396 0 II Quinto Evangelista lista) D unque, riassum endo: lei ha sostenuto, se non sba glio, che P ilato doveva com unque m andare a m orte G esù. Lo doveva in quanto esponente del potere, o dello Stato. E ciò perché il « Sarete senza legge » che lei gli a ttrib u i sce non solo contraddiceva all’intera tradizione ebraica, ma m etteva in questione lo Stato stesso in quanto principio ro e suprem a autorità. E ra questo il suo pensiero? fltfc . — o P iù precisam ente, G esù affermava che c ’è nella coscienza una zona inaccessibile, un luogo ine spugnabile, la sfera gelosa della n o stra libertà, sulla quale lo Stato non ha d iritti. p il a t o Q uesto, naturalm ente, n ell’ipotesi d ’uno Stato in giusto, d ’uno S tato estraneo alle finalità e agli ideali dei cit tadini. M a quando lo Stato, a buon d iritto , può chiam arsi . un hepe com une, una P atria? / N on r is p o n d ^ L t . g iu d a N on volevam o sapere chi è il C risto? q u in t o e v a n g e l is t a Lei vuol alludere, naturalm ente, al cosiddetto Stato etico: lo Stato che si presenta come un as soluto, o come D io; che, realizzando l ’identità tra p otere p o litico e valori etici, rende l ’uom o consapevole della sua es senza e del suo fine; e al quale perciò occorre prestare ob bedienza come al cosiddetto bene universale... p il a t o N on scherzi! q u in t o e v a n g e l is t a N on scherzo. Le sto solo citando H egel. fj p il a t o D unque, non ha ancora capito «iw questo è u n in te r rogatorio? q u i n t o e v a n g e l is t a D el tipo di quello di Pilato a G esù? p il a t o P er lo m eno, il rischio è analogo. q u in t o e v a n g e l is t a M e k e —he««. E allora le rispondo che il cristiano ha sem pre due p atrie, esclude di dare a Cesa re quel che è dovuto a D io, esclude che lo Stato sia padrone delle coscienze, esclude che ci sia altro assoluto che Dio. Pel C ristiano è un assiom a, una specie di dogm a, l ’idea del p ri m ato della coscienza sulla legge, del volere di Dio sul vo lere dello Stato. p il a t o Cosicché, nella scelta tra D io e una P atria?... q u in t o e v a n g e l is t a II cristiano non avrebbe altra scelta che ^ Dio. Il Quinto Evangelista 397 F ino all’infedeltà e m agari al tradim ento? Usa le parole in un certo m odo... M a sì. P er lo m eno, fino al rifiuto d ell’obbedienza. Al ri fiuto di conform arsi allo Stato e ai suoi fini, quando m etta no in questione la sua fedeltà ai fini di D io. p ila to E questo a suo parere vale anche per noi, oggi, qui nella nostra nazione, al tem po presente? q u i n t o e v a n g e l i s t a Bw ie . Se lei ci pensa, adesso, qui, oggi, da noi si riscoprono aoa-eelo le radici cristiane del dissensof^ife l ’essenza stessa della m issione del cristiano. E in realtà se fino a ieri la d o ttrin a per la quale non ci sono sfere estranee al m andato del C risto poteva suonare clerica le e perfino illiberale, nel m om ento presente, qui, oggi, da noi, di fro n te allo Stato che si erige a D io e p retende di far si padrone anche d ell’anim a, essa conferm a la sua qualità d ’alternativa perm anente all’O rd in e ingiusto e a quanto offende la persona um ana. p ila to q u in to e v a n g e lis ta g i u d a ( A w m a m l o te a tr a lm e n te a braccia le v a te v e r s o il Q u in to E v a n g e lis ta ) M a bravo! Lascia che t ’abbracci. p i l a t o ( F e r m a n d o G iu d a ) Lei la sm etta di fare il buffone. ( R i v o l t o al Q u in to E v a n g e lis ta , in to n o r a b b io s o ) E qu an to a lei, si vergogni. È così inaudito, così ignobile... per P ilato - non so se anche per lei - tu tto ciò non soltanto è biasim evole o condanneD)Lftro vole, ma è precisam ente un effetto della cosiddetta coscienr~ za ignobile (Badi?;Ig sto ancora citando H e g e li M entre per P ilato - non so se anche p er lei - la cosiddetta coscienza nobile è il superbo vassallo del p o tere statale, in qu an to lo giudica valore unico ed essenziale. c a ifa M a la sm etta di bestem m iare! ( A F ila to ) E lei che aspetta? N oi abbiam o una legge: e sa che in base a questa legge... p i l a t o ( P e r u n a ttim o in c e r to ) Lei crede?... C erto, sì. ( A l Q u in to E v a n g e lis ta ) Sa lei che a questo p u n to io sono in dovere d ’arrestarla? g i u d a ( B e ffa r d o ) Lo vede? fi dovere, la legge... QUINTO EVANGELISTA a v v o c a t o s c h i m m e l l ( A v a n z a n d o v e rso F ila to , co n vo c e c o n c ita ta ) M a che dice? G li risponda, p iu tto sto . Se ha parlato male, ci m ostri in che è male. T oh, u n ateo che usa le parole di G esù. È un caso p ila to 398 II Quinto Evangelista singolare. ( R iv o lto ai s o ld a ti ) M a che fate voi lì? A rrestate c o s tu f ^ J o i^ a v e te iiijE W ^ in te so 2 _ ifo parlato sul serio. ^ ( S c o n c e r t a t o i l c e n tu r io n e d ie tr o il Q u in to EvmgeMZfiQ --------------------------g i u d a ( S e m p r e b e ffa r d o ) Io l ’avevo avvertita, capitano Klam m er! Lei vuole darci un altro m artire. Adesso però, la prego, non mi faccia provare dei rim orsi. Se in cam bio le bastasse un G iuda per u n G esù... p ila to Lo sa che lei non m ’è piaciuto nem m eno come G iu da? ( Lentam ente il Q uinto Evangelista si leva in piedi e s’avvicina a Pilato, liberandosi nel frattem po della benda che ha attorno al volto. Q uando l ’ha fatto si scopre, tra il silenzio dei presenti, un uuomo che ha il volto stesso di Gesù. Pilato dopo un istante tende la mano per afferrarlo. pO r io fi EUR OR T AVVOC ATO-~S C HIMMC L L P th ito p er tra tten erlo ) M a che fa? È im pazzito? N on ve de che sta arrestando il C risto? (Scuotendolo per-iesp a lle) N on ha inteso? Dico il Cristo! g i u d a ( C o n u n riso s tr id u lo ) Ma appunto! * * ' * * * * * * ' fìjm o iP U r t/p tim u Ai &X4 iv a t <3 * VCA'V« ì «X 0/\ OJì Coi fxSAl ^ jVv CA u X T u u ù .*1 Co { U 4, V<iL Cv tA^ <i, C AC£R i . X I I ( ì Xo • ^ i / i - CUXCÌW. JltU'fcjUtX«,. U»A* * £ ¡U^b'cJdJp- C<X.\^ j C+ttlt. Cwv ^ i'u JÙ CJtuXo <£ 8 ■^ Ìtue-it* AMe-ji» Ua/ a U § ({ C B R ù ^ J ’^ J • -1*^, l (XucC ¿'ho lAAn. .£,ui;*»U •' . % f v r p . Xé^ ¿vta(. AcX'it'U.AA^ ?<^/Xa< _ ^ J ^ 6 UAtfc Iw-v Li cÌ a« »* i * < **- c i < - b u i * ì ' i l i i u x a > OcJM XfiX i JiA.s-C«- H-« ia -3,9 W-^ , iwi wl6>, U c ktiCiW' Qeeorre appena, credo, avvertire che a¡^~eS,che le stesse fonti che 'ìt menzionano o-sono im la'più. parte sono tali), o sono adottate con la massima libe, Jn caso a parte è però rappresentato dalla « istoria di fra Michele 'lihm ita », un ele ttiv o rifacimento (camuffato, come s’è visto (tetro, un altro rifacimento) dell’omonima narrazione, scoperta t ptCbblicata per l’appunto f?Cl 1864. Quanto alla « Giustificazione » \il \lettore—avrà già intravisto in controluce qualche prestito dal. e dalle memorie di Da Ponte. f i / l f\ ja _ i io- ^Jtv li u C ciJ* (U <X»U4^ t i / ' c v ^ v X , C«-U ¿*>?Ci ( .'k a M c ìv A * <z ( o U ^ ) y ? r " io ? ... V^ut^ t i l t flA iC $ . k *r- ) ? l # »*«**», Su ¿ftjUU- - 4. > o J u ^ CUjti'6jU.O j y uxd ^.| £c te/toC X' U. C ^ U 't c ^ . , VW 1 fu tile v u t | & 4( £ ^ l A u t i o- ^ * / ^ ÌA c^'Ìa . „ am * l *,U4_ <UArt ^ « ^ X'UAA. UAAw/aJa^ . 4 U U ' ìo O K ¿ Vvev.e-ir)^ »f- / " ?4 h **-ìo ¡J. lìo c o & r ìm t C .J U uu**. KmaI* iwJU^ iti- IjA.tiix.vtty "liX C I t i. < M tU ( n* ^ /jtc£^.uC ,'u. ¿ ¿ u t/tU ,