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Pierre Cardin - Corriere della Sera

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Pierre Cardin - Corriere della Sera
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Mode e Modi Lunedì 18 Febbraio 2008 Corriere della Sera
PERSONAGGI
Pierre Cardin
L’ULTIMO
IMPERATORE
«Ho realizzato tutto quello che volevo
senza mai avere dietro i soldi di un Arnault»
Accademico
Pierre Cardin dopo la
nomina a membro
dell’Académie des
Beaux-Arts nel 1992
DI RANIERI POLESE
I
l titolo non se l’è dato da sé, ma ovviamente gli fa piacere. Le dernier Empereur, l’ultimo imperatore: si chiama
così la biografia filmata, realizzata per France 5 l’anno scorso da Antoine Coursat. Ma i fatti parlano, e nei fatti Pierre
Cardin ha creato un impero: moda, i ristoranti Maxim’s, profumi, musei, teatri, mobilio e articoli di arredamento. Senza
contare tutte le infinite licenze (occhiali, piastrelle, pentole,
prodotti alimentari) per oggetti messi in vendita con il suo
nome. E come un imperatore, da sempre, è lui e solo lui al
comando di tutto. «Non ho mai avuto finanziatori, io non
ho mai avuto gli Arnault, i Pinault eccetera. Ho creato tutto
con le mie forze, prendendo sempre le decisioni, amministrando tutto, dagli abiti alle produzioni teatrali, dal design
dei mobili ai profumi. Ho realizzato tutto quello che volevo.
Sono stato il primo a fare il prêt à porter, nel 1959; sono stato il primo a creare le collezioni moda uomo nel 1960. Sono
stato il primo ad andare in Giappone, in Cina, in Russia, ad
aprire boutiques e a impostare la produzione in quei Paesi.
Il primo a usare il sistema delle licenze. Tutto questo, all’epoca, irritava i grandi couturiers. E poi tutti, prima o poi,
hanno fatto le stesse cose». Fra gli altri primati, non va dimenticata l’elezione di Pierre Cardin a membro della Académie des Beaux Arts (1992, «il primo couturier a sedere sotto
la Coupole dell’Institut de France») e la nomina — 1991 —
di Ambasciatore onorario dell’Unesco. A 85 anni, Cardin dice: «Il piccolo couturier che veniva dalla provincia, il figlio
di emigrati italiani ha fatto tutto questo, e ha saputo durare
nel tempo. Non mi sembra poco». Al terzo piano del numero 27 dell’Avenue de Marigny, nello studio di Pierre Cardin,
ci sono centinaia di copertine di riviste di moda. Ci sono le
fotografie di una vita, con tutte le celebrità che hanno incrociato il suo cammino. Dalle finestre si vede l’Eliseo, dove risiede il più illustre vicino, il presidente Sarkozy, fresco sposo di Carla Bruni. «Il presidente è un uomo fortunato ad avere una donna così bella — dice —. Sono sicuro che questa
unione servirà a rinsaldare i rapporti della Francia con l’Italia».
Non dimentica le origini italiane, Pierre Cardin.
«No, non potrei proprio. Arrivai in Francia da bambino,
gli italiani erano chiamati les macaroni . Poi, con molta fortuna e molta tenacia, sono diventato quello che sono. Ma i
miei rapporti con l’Italia sono sempre stati forti. Tanto che,
ad agosto, per le Olimpiadi porto a Pechino un musical su
Marco Polo, realizzato da Marie-Claude Petragalla. Del resto, grazie anche al cinema, ho avuto modo di frequentare
Visconti, Lucia Bosè, Anna Magnani, Sophia Loren, il grande costumista Piero Tosi, Mauro Bolognini».
Lei ha vestito i Beatles: quando Brian Epstein decise di
cambiare — 1963 — l’immagine dei quattro ragazzi di Liverpool, di togliere il cuoio nero dei loro esordi ad Amburgo, venne da lei. E nacque il look Beatles: pantaloni
stretti, il tronchetto con l'elastico ai lati e soprattutto la
giacca senza collo.
‘
Cominciai da Dior, ero addetto al taglio
le, anche se non sapevo nulla di contabilità. Finita la guerra, andai a Parigi. Primo
impiego, da Jeanne Paquin, il migliore
Ragiono come uno scultore. Creo
atelier di moda in assoluto. Lì incontrati
Cocteau. Ma ho cambiato subito. Andando da Dior».
una forma e ci metto dentro un corpo
Nel momento migliore, quando Dior
creava il New Look.
«Sì, io ero il prémier, l’addetto al taglio.
Il famoso tailleur Dior, il suoi manteaux li
ho tagliati io».
Ma già nel ’50 lei lascia e si mette da
solo. Perché?
«Incoscienza, audacia, la giovinezza ti
fa fare i grandi passi. Misi su una mia maison. Pochi soldi. Di me dicevano: quel giovane non ha finanziatori, però ha delle
idee. Le giornaliste di moda mi adoravano, venivano alle mie sfilate anche se le
facevo a un quinto piano e dovevano sedere su degli sgabelli, altro che i saloni di
Dior. Fatto sta che sui giornali il mio nome appariva grande come quello dei maggiori couturiers».
Poi, nel ’59, la rivoluzione.
«Ho inventato il prêt-à-porter, con una
sfilata alla Galerie Printemps, fra le reazioni scandalizzate di quelli della haute couture. L’ho fatto per due ordini di motivi.
Uno, economico. Con l’alta moda non
puoi fare la quantità e quindi il guadagno: solo producendo in serie, con prezzi
accessibili, hai profitto. L’altro motivo, diciamo così, era ideologico: un po’ di sinistra, un po’ socialista. Volevo mettere la
moda alla portata di tutti, non solo dei ricchi. Cercavo, lo ripeto, il modo per camCreatività A Roma nel 1960 e, sotto, i suoi abiti op-art (Mencarini/G. Neri)
biare faccia al mondo: la grande diffusione degli abiti prêt-à-porter serviva a questo».
«Sì, i Beatles... Ero il primo ad avere una linea uomo, per
Nascono così gli abiti dal taglio inimitabile, gli stivali, i
questo vennero da me. Ma non ho vestito solo loro, e poi la
cuissards; l’impiego di materiali nuovi e inauditi
musica non è stato il mio amore più grande. Ho amato e (plastica, metallo, plexiglas); i cappelli a elamo di più il teatro, il cinema. Ho lavorato fino da subito metto, i colori decisi (bianco, nero, roscon Jean Cocteau, nel 1946, per i costumi della "Bella e la so, giallo). Gli anni ’60 e ’70 hanno la
bestia". Ho conosciuto i più grandi costumisti, Christian sua impronta. Il grande mutamenBérard e Marcel Escoffier. Tra i miei film ricordo "La princi- to: non era più il vestito ad adatpessa di Clèves", con Marina Vlady, e "Jeanne la française" tarsi alla donna, era una nuova
con Jeanne Moreau (lì avevo anche una parte da attore). Ho donna che prendeva forma nei
studiato storia del costume, ho visitato musei, ma senza suoi abiti.
«Io ragiono come uno sculmai confondere la moda con il revival, con il recupero di
creo una forma con il tesantiquariato. No, creare per me vuol dire inventare qualco- tore,
suto, poi metto il corpo densa che non c’è. Qualcosa che va bene per domani. Compito tro quella forma. È un procedel couturier non è fare un bel vestito, è cambiare l’immagi- dimento da artista, per cui ciò
ne del mondo. Oggi invece si copia dal passato, si combina che conta è la creazione di una
un po’ di questo un po’ di quello. Si fa del barocco. Io no, forma che non c’era prima. E
sono sempre stato assolutamente moderno».
che è destinata a durare».
E come ha cominciato?
«Tutto è cominciato a Parigi, nel ’45. Arrivavo da Vichy,
dove avevo fatto pratica in una sartoria. Poi, quando i tedeschi cominciarono a prendere gli uomini per mandarli al lavoro coatto, ho avuto la fortuna di essere assunto dalla Croce rossa francese. Il generale Verdier mi prese come contabi-
I
P RIMATI
Il prêt à porter
Nel 1959 Pierre Cardin è il primo a
creare «la moda pronta»: gli altri stilisti
sono scandalizzati, ma poi tutti i grandi
nomi lo imitano
La moda uomo
La prima collezione al mondo di moda
maschile è la sua. E quando i Beatles
decidono di rinnovare il look, nel ’63,
sono «costretti» ad andare da lui. È del
’57 l’apertura della prima boutique
Cardin per uomo
I negozi monomarca
L’apertura di negozi monomarca nei
Paesi emergenti, quando questi sono
ancora snobbati dagli investitori: nel
1983 è la volta di Ungheria (Budapest)
e Cina (Pechino), nel 1986 della Russia
(Mosca e poi San Pietroburgo)
Le produzioni teatrali
Nel 1974 riceve il premio Eur, per
l’attività nel mondo dello spettacolo
La griffe ovunque
Per la prima volta la griffe di uno stilista
viene abbinata a prodotti al di fuori
dell’abbigliamento: il marchio
Pierre Cardin nobilita occhiali,
mobili, piastrelle, pentole
Ambasciatore
onorario
È il primo stilista
designato dall’Unesco
nel 1991 e nel ’92 è
eletto membro
dell’Académie
des Beaux Arts
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