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N.5 - La malattia trofoblastica gestazionale

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N.5 - La malattia trofoblastica gestazionale
LA MALATTIA TROFOBLASTICA
GESTAZIONALE
Il sistema integrato delle Reti
5
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Indice
Capitolo
Autore
Introduzione
C. Montaldo
3
E. Fulcheri
4
P. L.Venturini, P. Sala
13
C. Caroti, G. Porcile
A. Salerno
R. Carloni
17
23
24
30
E. Fulcheri, Y. Musizzano
33
Y. Musizzano, E. Pacella
Y. Musizzano
35
38
1 Inquadramento anatomopatologico della malattia
trofoblastica gestazionale
2 Comportamento biologico e fattori prognostici
della malattia trofoblastica gestazionale
3 I tumori del trofoblasto. Il punto di vista
dellʼoncologo: lo staging e la terapia
Malattia trofoblastica gestazionale: concetti emergenti
4 Epidemiologia della malattia trofoblastica gestazionale
5 La natalità in Liguria
6 Il concetto di “numero di concepiti” nella valutazione
dellʼincidenza delle patologie della riproduzione
7 Centri di riferimento e registri della malattia
trofoblastica gestazionale in Europa e nel mondo
8 La rete APEFA ligure
9 I risultati della ricognizione
sulla malattia trofoblastica gestazionale
10 Istopatologia diagnostica degli aborti
spontanei del primo trimestre integrata
da tecnica FISH e citofluorimetria
11 Flow-chart per la diagnostica
della malattia trofoblastica gestazionale
Abortività spontanea: concetti emergenti
12 La malattia trofoblastica gestazionale:
progettare un sistema di qualità integrato
per la gestione di una “rete virtuale di eccellenza”
13 Alcune note sul consenso informato
14 Consenso ai test genetici
15 Interfaccia con la rete delle malattie rare
16 Farmaci in gravidanza
17 La rete delle biobanche liguri a supporto
dello studio delle malattie oncologiche:
rilevanza per la tipizzazione e gestione
della malattia trofoblastica gestazionale
Malattia trofoblastica gestazionale:
sviluppi e prospettive
Introduzione
Y. Musizzano, P. Bonasoni, 42
L.Caliendo, G. Carfagna,
P. Dessanti, M. Gualco,
F. Licausi, E. Merlo,
M. Palladino, F. Saro,
T. Ragusa, C. Vignale
C. Gambini
46
E. Fulcheri, Y. Musizzano
50
56
R. Bellomo
M. Rossi, A. Saletti
P. Mandich
A. Cohen
F. Mattioli
57
60
62
64
66
B. Parodi, T. Ruzzon,
M. Truini
70
Elemento di grande novità del Piano Socio Sanitario della Regione Liguria 2009-2011
(PSSR), è quello di aver previsto la partecipazione dei professionisti del Servizio Sanitario
Ligure alla sua elaborazione.
È stata una grande possibilità di confronto tra operatori sanitari che hanno avuto
lʼopportunità di esprimere il punto di vista di chi opera sul campo.
Gli operatori, attraverso il confronto e la condivisione della conoscenza, hanno realizzato
una fotografia dellʼesistente, evidenziato criticità e potenzialità del sistema sanitario
disegnando, secondo una logica di reti integrate, il nuovo assetto assistenziale inserito
nel PSSR.
Gli incontri tra i professionisti hanno evidenziato, tra lʼaltro, la necessità di avviare un
percorso assistenziale in grado di produrre una forte integrazione.
Questo quaderno dellʼAgenzia Regionale Sanitaria che tratta della malattia trofoblastica
gestazionale è il risultato dellʼincontro, dʼinformazione, discussione e condivisione tra
esperti del settore.
Il contributo della presente pubblicazione è volto a ottenere un modello organizzativo
multidisciplinare condiviso, per fornire a tutte le persone coinvolte nella gestione di questa
patologia, uno strumento utile per lo svolgimento della pratica clinica.
Claudio Montaldo
Assessore alla Salute, Politiche della Sicurezza dei Cittadini
Regione Liguria
73
3
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 1
Secondo la classificazione adottata dalla World Health Organization (WHO), invece, si
riconoscono le seguenti entità
INQUADRAMENTO ANATOMOPATOLOGICO
DELLA MALATTIA TROFOBLASTICA GESTAZIONALE
Mola idatiforme
(già mola vescicolare)
completa
parziale
EZIO FULCHERI
Centro di Embriopatologia e Patologia feto-neonatale, U.O. Anatomia Patologica Universitaria,
Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - Genova
Concetti generali
Il termine malattia trofoblastica gestazionale - MTG (Gestational Trophoblastic Disease,
GTD) indica un gruppo eterogeneo di quadri anatomoclinici accomunati da un anomalo
cariotipo dello zigote (Fig. 1), da una proliferazione sregolata del trofoblasto e, frequentemente,
dal conseguente aumento dei livelli circolanti di gonadotropina corionica (Human Chorionic
Gonadotropin, HCG).
Fig. 1 – Diagramma di confronto tra il patrimonio genetico normale di un ovocita fecondato e le anomalie del
cariotipo solitamente osservate nei casi di mola parziale o completa.
In alcuni casi si tratta di vere neoplasie del trofoblasto (tumori gestazionali trofoblastici)
mentre, nella maggior parte dei casi, si tratta di lesioni iperplastico-proliferative del
trofoblasto del disco coriale, per quanto anche queste suscettibili di trasformazione neoplastica.
Secondo il National Institutes of Health (NIH) statunitense si possono distinguere, in base
al comportamento biologico:
Lesioni benigne
Lesioni maligne
Non metastatiche
Metastatiche
a basso rischio (prognosi buona)
ad alto rischio (cattiva prognosi)
4
Mola invasiva
(già corioadenoma)
Coriocarcinoma
Tumore trofoblastico del sito placentare (PSTT)
Tumore epitelioide trofoblastico
Lesioni trofoblastiche - miscellanea:
reazione al sito dʼimpianto placentare
nodulo (o placca) del sito placentare
Mola idatiforme completa
DEFINIZIONE È una condizione patologica in cui si sviluppa una camera ovulare anembrionata
per fecondazione di un ovocita aneuploide.
CARATTERISTICHE DEL CARIOTIPO Il patrimonio genetico è esclusivamente di origine paterna, con
cariotipo diploide (46, XX o 46, XY).
ASPETTO MACROSCOPICO Il disco coriale è caratterizzato da villi rigonfi, grandi e vescicolosi che
tendono a distanziarsi ed a perdere la configurazione in cotiledoni.
ASPETTO MICROSCOPICO I villi presentano una ramificazione molto irregolare e la maggior parte di
essi è di volume abnorme con iperplasia circonferenziale e di grado variabile delle due popolazioni
trofoblastiche ma in particolar modo del sincizio trofoblasto, che non infrequentemente assume
aspetti vacuolizzati anche con atipie citologiche di varia entità. Il citotrofoblasto iperplastico è
caratterizzato invece da pleomorfismo nucleare. Lo stroma dei villi è edematoso ed idropico con
grado variabile di alterazioni degenerative, specie di tipo mixoide basofilo, e spesso occupato da
una cavitazione detta cisterna. Assenti i vasi ematici. Sono sempre assenti il sacco vitellino ed il
sacco allantoideo come pure lʼembrione. Il trofoblasto extravillare al sito di impianto è di regola
iperplastico con atipie (Fig. 2).
PROFILO IMMUNOFENOTIPICO Il trofoblasto che riveste i villi molari, sia il sincizio trofoblasto sia il
citotrofoblasto, risulta costantemente negativo per la p57 (paternally imprinted gene product).
EVOLUZIONE Lʼentità dellʼiperplasia trofoblastica e delle atipie non correla con il comportamento
biologico della lesione. Il rischio maggiore conseguente alla presenza di una mola completa
risiede nella successiva comparsa della malattia gestazionale trofoblastica persistente postmolare, condizione caratterizzata dalla persistenza di elevati livelli di HCG e sostenuta da:
– ritenzione di residui molari nella cavità uterina anche dopo ripetuti raschiamenti (mola
persistente);
– comparsa di una mola invasiva,
– coriocarcinoma (più raramente).
5
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
Lʼevoluzione a mola invasiva o coriocarcinoma si verifica nellʼ8-30% dei casi di mola completa.
Lʼiperplasia del trofoblasto è modesta, polare lungo il profilo del villo e riguarda principalmente
il sincizio trofoblasto. Molti villi presentano unʼampia cisterna centrale mentre altri sono
caratterizzati da alterazioni proprie di tutte le anomalie del cariotipo quali invaginazioni del
profilo villare ed inclusioni.
PROFILO IMMUNOFENOTIPICO Il citotrofoblasto che riveste i villi molari risulta positivo per la p57
(paternally imprinted gene product). Utile lʼimpiego della colorazione con anticorpi anti CD34
per evidenziare strutture vascolari alterate o a pareti collabite e di difficile identificazione sulla
base dei soli rilievi morfologici (Fig. 3).
EVOLUZIONE Nessun danno o atteggiamento evolutivo della lesione.
Fig. 2 – Villo coriale in degenerazione molare con vistosa iperplasia trofoblastica (cito- e sinciziotrofoblasto),
circonferenziale sul profilo del villo; il sinciziotrofoblasto è intensamente positivo alla colorazione con β-hCG,
mentre il Ki-67 evidenzia lʼintensa attività proliferativa del citotrofoblasto. Nello stroma villare non si evidenzia
una significativa rete vascolare ematica dopo colorazione anti-CD34.
Mola idatiforme parziale
DEFINIZIONE È una condizione patologica in cui si sviluppa una camera ovulare anembrionata
o embrionata e pertanto suscettibile di proseguimento della gravidanza, con frequente sviluppo
del prodotto concepito e delle membrane amniocoriali. Un tempo lʼincidenza della mola parziale
era ritenuta inferiore a quella della mola completa, ma in realtà è sovrapponibile. Si ha però
ragione di ritenere che la reale incidenza della mola parziale sia di fatto sottostimata per la
grande difficoltà che si incontra nel diagnosticare la forma diginica.
CARATTERISTICHE DEL CARIOTIPO Si caratterizza per un cariotipo triploide (più spesso 69, XXY;
meno frequentemente 69, XXX o 69, XYY). La mola triploide può essere di tipo diginico
per prevalenza di patrimonio genetico materno o viceversa diandrica per prevalenza di geni
paterni: nella forma diandrica prevale la proliferazione dei villi molari mentre in quella diginica
le anomalie villari sono più modeste e consentono la sopravvivenza del feto fino alla 21ª-22ª
settimana gestazionale.
ASPETTO MACROSCOPICO Allʼosservazione con stereomicroscopio si rileva la presenza
contemporanea di villi ingranditi e di villi di dimensioni normali.
ASPETTO MICROSCOPICO È caratteristica la doppia popolazione di villi; lʼuna normale per taglia
e struttura seppure con un lieve grado di fibrosi stromale e lʼaltra idropica con iperplasia del
trofoblasto.
6
Fig. 3 – Villi coriali in degenerazione molare con iperplasia trofoblastica (cito- e sinciziotrofoblasto), polare
(in alto a sinistra) e villi coriali discretamente idropici, privi di iperplasia trofoblastica (in alto a destra). Nello
stroma villare di entrambi i tipi villari caratterizzanti la mola parziale si evidenzia una significativa rete vascolare
ematica dopo colorazione anti-CD34.
Mola invasiva
DEFINIZIONE È caratterizzata dalla proliferazione di villi molari con iperplasia delle cellule
cito- e sincizio-trofoblastiche che non solo compenetrano il miometrio prossimo alla mola, ma
possono (più raramente) invadere i parametri ed i vasi ematici, con diffusione a distanza in sedi
extrauterine (es. polmoni). Può fare seguito ad una mola completa o (meno frequentemente)
parziale; mentre soltanto raramente si tratta di una forma primitiva. Rappresenta la complicanza
più comune della malattia trofoblastica gestazionale e si presenta in circa il 16% di tutte le mole
complete.
ASPETTO MACROSCOPICO La lesione appare friabile e determina emorragie dissecando la parete
dellʼutero, spingendosi anche oltre di essa, con amassi di villi rigonfi ed edematosi (Fig. 4).
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
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PROFILO IMMUNOFENOTIPICO Tutte le cellule neoplastiche sono intensamente marcate con
le colorazioni immunoistochimiche con anticorpi anti cheratina ed in particolare con Cam
5.2. La quota di sinciziotrofoblasto atipico è intensamente positivo allʼinibina α e alle BetahCG; è debolmente positivo al lattogeno placentare (hPL) mentre il citotrofoblasto atipico è
costantemente negativo a tutte le colorazioni. Una minima quota di trofoblasto extravillare
risulta debolmente positiva alla β-hCG mentre è intensamente positivo allʼhPL (Fig. 5).
EVOLUZIONE Le manifestazioni, molto variabili, vanno dalle metrorragie a sintomi legati
alle metastasi (più frequenti a livello del polmone, del fegato, del sistema nervoso centrale).
Alcune pazienti con metastasi da coriocarcinoma non presentano una neoplasia uterina e ciò
probabilmente è dovuto alla regressione della neoplasia primitiva. Il coriocarcinoma determina
costantemente un netto aumento del livello di β-hCG: in seguito alla produzione di vari ormoni, e
in particolare delle stesse β-hCG, si osserva una reazione ovarica con trasformazione policistica,
che può simulare una neoplasia ovarica primitiva (iperreactio luteinalis).
Fig. 4 – Aspetto macroscopico della mola invasiva: campione di isterectomia sede di ampio processo destruente a
carico dellʼendometrio e della parete uterina, con caratteristiche fortemente sospette per un processo neoplastico
maligno; lʼesame istologico ha dimostrato in realtà una mola invasiva.
ASPETTO MICROSCOPICO La diagnosi istologica si fonda sul riscontro di villi molari e di trofoblasto
intermedio di accompagnamento al di fuori dellʼendometrio.
EVOLUZIONE Di regola è necessaria lʼisterectomia per la definizione diagnostica. La mortalità,
eccezionale, è in genere correlata a fenomeni locali (perforazione dellʼutero). La progressione
di una mola invasiva a coriocarcinoma è anchʼessa infrequente specie quando sia stata istaurata
una chemioterapia citotossica per la gestione della lesione.
Coriocarcinoma
DEFINIZIONE Neoplasia maligna di raro riscontro costituita da una proliferazione bifasica del
citotrofoblasto e del sinciziotrofoblasto, in assenza di villi coriali.
Può complicare qualsiasi forma di gestazione, ma nel 50% dei casi è preceduto da una mola, nel
25% dei casi da un aborto e nel 22,5% da una gravidanza normale. Eccezionale lʼinsorgenza in
placente del terzo trimestre gestazionale nella forma intraplacentare.
ASPETTO MACROSCOPICO Si tratta di una lesione infiltrante e destruente il miometrio, friabile ed
emorragica senza limiti netti di demarcazione. La parte superficiale della neoplasia può essere
polipoide.
ASPETTO MICROSCOPICO Lʼesame istologico documenta la contemporanea proliferazione
(caratteristica e indispensabile) di citotrofoblasto e sinciziotrofoblasto atipico, con una
componente minore di trofoblasto intermedio. La proliferazione dei due tipi cellulari è per lo più
a nidi e relativamente ben separata. Altri caratteri propri di questa neoplasia sono la mancanza di
stroma e la necrosi emorragica sempre estesa, prevalentemente centrale.
8
Fig. 5 – Aspetti istologici ed immunofenotipici del coriocarcinoma.
Oltre al miometrio la neoplasia invade i vasi miometriali e ciò rende conto del facile e comune
riscontro di metastasi a distanza.
Le più frequenti cause di morte sono pertanto:
- emorragie, specie in caso di localizzazioni cerebrali;
- insufficienza respiratoria in caso di localizzazioni polmonari;
- complicanze della terapia (polichemioterapia citotossica).
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La malattia trofoblastica gestazionale
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Tumore trofoblastico del sito di impianto placentare (PSTT)
DEFINIZIONE È una neoplasia composta da una proliferazione monofasica circoscritta del
trofoblasto intermedio del tipo “sito di impianto”, vale a dire di quella popolazione di solito
riscontrabile nel sito di impianto della placenta. Una gravidanza molare talora precede il PSTT,
ma ciò si osserva molto più raramente che nel coriocarcinoma.
ASPETTO MACROSCOPICO Si presenta in forma polipoide o intramiometriale per lo più
circoscritta.
ASPETTO MICROSCOPICO Si tratta di una proliferazione di elementi riferibili al trofoblasto
extravillare mononucleati o plurinucleati similsinciziali. Le cellule possono essere variabili per
taglia e foggia del nucleo, tuttavia devono sempre presentare franchi caratteri di atipia (anche
se di grado variabile da medio a grave). Sparse le mitosi. Materiale fibrinoide circonda gruppi
di cellule neoplastiche e sostituisce le strutture vascolari. È comune lʼatteggiamento infiltrativo
dei vasi nei quali il tumore si accresce sostituendo la parete, come di regola avviene per la
proliferazione normale del trofoblasto extravillare al sito di impianto.
EVOLUZIONE La neoplasia è in genere benigna, ma suscettibile di assumere un comportamento
aggressivo, può comparire anche dopo un lungo intervallo dallʼultima gravidanza. In genere
(90% dei casi) ha comportamento benigno e autolimitante; in tali casi lʼindice mitotico è basso
(≤2-3 mitosi / 10 HPF), la neoplasia infiltra il miometrio e, dissecando le singole fibre muscolari,
penetra nella parete dei vasi in modo analogo a quanto accade nelle gravidanze normali. Nel
restante 10% dei casi, tuttavia, può portare a morte per perforazione dellʼutero; in seguito ad una
vera e propria trasformazione maligna, con metastasi polmonari, epatiche e cerebrali; in questi
ultimi casi lʼindice mitotico è in genere >5 / 10 HPF (1 HPF = 400 X). I livelli sierici di hCG
sono solo moderatamente aumentati. Non essendo sensibile alla chemioterapia (a differenza di
quasi tutte le altre forme di Gestational Trophoblastic Disease), può richiedere lʼisterectomia
seguita da adeguati e protratti controlli clinici.
Tumore epitelioide trofoblastico
DEFINIZIONE Il tumore epitelioide trofoblastico è una forma neoplastica monofasica costituita
da una popolazione di cellule del trofoblasto intermedio simili a quelle del chorion laeve,
conseguente alla trasformazione neoplastica di cellule del trofoblasto intermedio villare (corion
membranoso).
ASPETTO MACROSCOPICO Si tratta di una lesione mal circoscritta e di consistenza aumentata.
ASPETTO MICROSCOPICO Si tratta di una proliferazione di elementi epitelioidi per lo più dissociati,
di piccola taglia, monomorfi, con rare mitosi. Nellʼinsieme ha lʼatteggiamento di una lesione
espansiva, circondata da infiltrato linfocitario.
PROFILO IMMUNOFENOTIPICO La neoplasia presenta una focale positività per la fosfatasi alcalina
placentare (PLAP) e per il lattogeno placentare (hPL). È fortemente positiva per E-caderina e
per i recettori ai fattori di crescita epidermica (EGFR).
EVOLUZIONE Meno aggressivo del coriocarcinoma e più simile al PSTT; può comunque recidivare
o metastatizzare e ha una mortalità del 10%. La terapia si basa sullʼisterectomia ed eventuali
metastasectomie; risponde soltanto parzialmente alla chemioterapia.
Reazione al sito dʼimpianto placentare
PROFILO IMMUNOFENOTIPICO Tutte le cellule neoplastiche sono intensamente marcate con le
colorazioni immunoistochimiche con anticorpi anti cheratina ed in particolare con Cam 5.2. Il
trofoblasto extravillare atipico risulta debolmente positiva alla β-hCG mentre è intensamente
positivo allʼhPL. Tuti gli elementi neoplastici, che presentano un indice di proliferazione (Ki67) del 15% sono intensamente positivi alla colorazione immunoistochimica con Mel-CAM,
Inibina e HLA-G (Fig. 6).
DEFINIZIONE La reazione al sito dʼimpianto placentare (exaggerated placental site) è una lesione
non neoplastica focale data da una reazione abnorme del trofoblasto extraviliare che consegue a
impianti inadeguati o insufficienti, come pure è frequente in impianti di strutture coriali (chorion
frondosum o placente) con anomalie del cariotipo. Complessivamente rappresenta il 2% delle
gravidanze normali e degli aborti spontanei precoci.
ASPETTO MACROSCOPICO Si osserva un ispessimento della decidua basale con cumuli di
fibrinoide.
ASPETTO MICROSCOPICO La lesione è caratterizzata dallʼestesa infiltrazione del sito dʼimpianto
della placenta da parte di cellule del trofoblasto intermedio talora anche atipiche, ma prive di
attività replicativa significativa.
EVOLUZIONE La terapia non è necessaria e il dosaggio delle β-hCG si effettua soltanto nei casi in
cui non si può escludere un tumore trofoblastico del sito di impianto.
10
11
Fig. 6 – Proliferazione neoplastica riferibile ad elementi del trofoblasto extravillare, talora con aspetti pseudosinciziali.
In alto a destra si evidenzia la proliferazione neoplastica a cellule isolate, tra i fasci miometriali profondi, mentre la
colorazione con anticorpi anti-hPL evidenzia il tropismo del trofoblasto extravillare per le strutture vascolari anche
di grosso calibro, delle quali sostituisce la pareti.
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
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Nodulo del sito placentare
CAPITOLO 2
DEFINIZIONE Si tratta di una lesione data da residui del corion. Rappresenta di solito un reperto
incidentale su materiale bioptico prelevato per altre ragioni, motivo per cui la reale incidenza
risulta impossibile da definire con certezza.
ASPETTO MACROSCOPICO Appare come una lesione nodulare ben circoscritta di dimensioni fino a
1 cm.
ASPETTO MICROSCOPICO Risulta costituita da cellule simili a quelle del chorion laevae normale.
EVOLUZIONE Non richiede terapia.
Bibliografia
- Crum C.P., Lee K.R., Diagnostic gynecologic and obstetric pathology. Elsevier Saunders,
Philadelphia 2006
- Fulcheri E., Mariuzzi G.M., Mariuzzi L. Patologia della gravidanza e malattia gestazionale
trofoblastica - Cap.12.8 in Mariuzzi G.M. Anatomia patologica e correlazioni anatomocliniche,
Piccin Nuova Libraria, Padova 2006
- Kraus F.T., et al. Placental pathology, Atlas of nontumor pathology 3, AFIP 2004
COMPORTAMENTO BIOLOGICO E FATTORI PROGNOSTICI
DELLA MALATTIA TROFOBLASTICA GESTAZIONALE
PIER LUIGI VENTURINI, PAOLO SALA
U.O. Clinica Ostetrica e Ginecologica, Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - Genova
Per patologia trofoblastica gestazionale si intende un gruppo di rare neoplasie di tipo epiteliale,
che originano dal villo coriale e cioè da quel tessuto (trofoblasto) a opera del quale lʼembrione
si annida e da cui si forma successivamente la parte fetale della placenta.
Tali neoplasie comprendono la mola vescicolare o idatiforme, nella sua forma parziale e
completa, il coriocarcinoma ed il tumore del sito placentare.
Lʼincidenza della gravidanza molare presenta cospicue variazioni per regione geografica: per
esempio essa risulta tre volte maggiore in Giappone (2/1.000 gravidanze) rispetto a Europa
e Nord America (0,6-1,1/1.000 gravidanze). Tali discrepanze appaiono attribuibili in parte a
fattori socioeconomici e nutrizionali.
Inoltre anche età e storia riproduttiva influenzano il tasso di gravidanza molare: donne con più
di 40 anni hanno un rischio 5-10 volte maggiore di avere una mola completa. Anche una storia
di precedenti aborti spontanei e di infertilità aumenta il rischio di gravidanza molare.
Storia naturale e comportamento biologico
La mola idatiforme comprende due categorie, la mola completa e la mola parziale. Nella mola
completa il corredo cromosomico più frequente è diploide (46, XX) di origine paterna e deriva
dalla fecondazione di una cellula uovo priva dellʼacido nucleico da parte di uno spermatozoo che
duplica successivamente il suo patrimonio genetico o più raramente da parte di due spermatozoi.
Lʼassetto cromosomico della mola parziale è invece caratterizzato in oltre il 90% dei casi da un
cariotipo triploide (69, XXX o 69, XXY). Il genoma è quindi di origine biparentale, derivando
dalla fecondazione di un ovocita aploide da parte di due spermatozoi.
La mola vescicolare completa è considerata il principale precursore del coriocarcinoma. Il 620% delle pazienti con mola completa e meno del 2% di quelle con mola parziale sviluppano
successivamente una forma aggressiva, con necessità di trattamento chemioterapico.
Sulla base di storia naturale, presentazione, trattamento e prognosi di queste neoplasie appare
utile parlare di “neoplasia trofoblastica gestazionale” (Gestational Trophoblastic Neoplasia,
GTN) per comprendere tutte le forme che manifestano un comportamento biologico aggressivo
e che necessitano di un trattamento chemioterapico. Il termine di malattia trofoblastica
gestazionale (Gestational Trophoblastic Disease, GTD) viene invece identificato con quello di
mola vescicolare.
La GTN può essere non metastatica, se è limitata allʼutero, o metastatica, se vi sono localizzazioni
a distanza. La diffusione delle metastasi è precoce nella storia naturale di queste neoplasie
12
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
ed avviene prevalentemente per via ematica. Le sedi più frequentemente interessate sono
rappresentate da: polmoni, vagina, fegato e cervello; mentre tubo digerente, milza e rene sono
colpiti meno frequentemente.
Il coriocarcinoma più frequentemente rappresenta lʼevoluzione di una mola completa, ma può
anche insorgere dopo un aborto o un parto. La diagnosi precoce, il trattamento chemioterapico
ed il monitoraggio con β-hCG hanno modificato drasticamente la prognosi di questa neoplasia,
di per sé a comportamento biologico estremamente aggressivo, consentendo di raggiungere
tassi di guarigione dellʼ80-90% anche nella malattia avanzata ad alto rischio e del 100% nella
malattia a basso rischio.
Il tumore trofoblastico del sito placentare (Placental Site Trophoblastic Tumor, PSTT) è la
forma più rara di malattia trofoblastica gestazionale: si verifica quando le cellule del trofoblasto
intermedio invadono il miometrio a livello del sito di impianto. Il PSTT può seguire ad una
gravidanza normale, un aborto o ad una mola; con maggiore frequenza dopo una gravidanza
normale con nato di sesso femminile. Ad oggi i casi descritti in letteratura sono meno di 100.
sanguinamento intraperitoneale per perforazione del miometrio, di abbondanti metrorragie in
seguito a perforazione dei vasi uterini o di infezioni.
La GTN metastatica si presenta nel 4% di pazienti trattate per mola completa e raramente in
seguito a mola parziale, aborto o gravidanza normale. Gli organi più frequentemente interessati
sono polmone (80%), vagina (30%), cervello (10%) e fegato (10%). La presentazione clinica
di queste pazienti dipende dalla sede di metastatizzazione e generalmente è associata al rischio
emorragico delle metastasi. La diagnosi di GTN deve essere completata con la stadiazione della
neoplasia. Essa si basa su di una serie di accertamenti rappresentati da: esame fisico, dosaggio del
β-hCG, test di funzionalità epatica, renale e tiroidea, esame emocromocitometrico, ecotomografia
pelvica, Rx del torace (se negativo approfondito con TC del torace). In pazienti asintomatiche
e con TC del torace negativa non sono necessari ulteriori approfondimenti diagnostici, mentre
pazienti con metastasi polmonari o vaginali o con istotipo di coriocarcinoma vanno indagate con
TC o RM dellʼencefalo e con TC addominale per escludere la presenza di metastasi cerebrali o
epatiche. Lo studio delle metastasi a distanza può essere approfondito con nuove metodiche di
imaging come la 18-fluorodeoxyglucose positron emission tomography (FDG-PET). Il sistema
stadiativo attualmente adottato è stato elaborato dalla FIGO (Federazione Internazionale di
Ginecologia e Ostetricia) e comprende quattro stadi: nel 1º stadio il tumore è limitato allʼutero,
nel 2º il tumore esce dallʼutero ma rimane a livello vaginale o comunque allʼinterno della pelvi,
nel 3º sono presenti metastasi polmonari e nel 4º è presente coinvolgimento di cervello, fegato,
reni e/o tratto gastrointestinale.
Le GTN presentano caratteristicamente una spiccata chemiosensibilità pertanto il trattamento
di queste neoplasie è prevalentemente chemioterapico. La scelta del regime di chemioterapia
da utilizzare dipende dal calcolo del WHO (World Health Organization) Prognostic Scoring
System (Tab. 1). Fino ad un valore di 6 la GTN è da considerarsi a basso rischio e potrà giovarsi
di una monochemioterapia, dal valore di 7 in poi la GTN è da considerarsi ad alto rischio e verrà
trattata con terapia polichemioterapica.
Presentazione e trattamento della gravidanza molare
Nella maggior parte dei casi il sospetto di gravidanza molare viene posto nel corso del 1º
trimestre per mezzo di ecotomografia e dosaggio dellʼhCG. Il sanguinamento dai genitali esterni
rimane il più frequente sintomo di esordio, presente in circa il 90% dei casi, mentre i sintomi più
tardivi, come eccessivo aumento di volume dellʼutero, cisti ovariche teco luteiniche, iperemesi,
preeclampsia, ipertiroidismo ed insufficienza respiratoria, sono divenuti di raro riscontro.
Allo studio ecografico i villi coriali iperplastici ed idropici determinano un pattern caratteristico
a “tempesta di neve”, altamente suggestivo per mola completa. La GTD è inoltre associata ad
elevati livelli sierici ed urinari di β-hCG, in modo particolare la mola completa in più del 40%
dei casi determina livelli di β-hCG sierico superiori a 100.000 mIU/mL prima dellʼintervento
chirurgico evacuativo.
Il trattamento primario di una sospetta mola è rappresentato da revisione e curettage della cavità
uterina. Le pazienti Rh negative devono ricevere la profilassi anti-D al termine dellʼintervento
evacuativo. Lʼisterectomia è unʼopportunità terapeutica soprattutto per le donne con più di 40
anni e quindi un considerevole rischio di sviluppare una GTN; tuttavia in questo modo viene
eliminato il rischio di malattia localmente invasiva ma non quello di metastasi a distanza.
In seguito allʼintervento evacuativo tutte le pazienti affette da GTD devono essere sottoposte a
follow-up con dosaggi seriati settimanali del β-hCG fino al suo azzeramento, dimostrato per tre
settimane consecutive, quindi con dosaggi a cadenza mensile per sei mesi.
Presentazione e trattamento della GTN
Attualmente il follow-up con dosaggi seriati del β-hCG permette di individuare precocemente i
casi di gravidanza molare che evolvono in GTN, pertanto raramente la diagnosi di queste forme
invasive è clinica. Peraltro, le neoplasie trofoblastiche localmente invasive, che si sviluppano
nel 15% dei pazienti sottoposti allʼevacuazione di una mola completa, possono essere causa di
14
Score
0
1
2
4
Età
<40
>40
-
-
Precedente gravidanza
Mola
Aborto
A termine
-
Mesi dallʼultima gravidanza
<4
4-7
7-13
>13
hCG (UI/L) pre-terapia
<1.000
<10.000
<100.000
<100.000
Diametro massimo
-
3-<5cm
>5cm
-
Siti di metastatizzazione
Polmone
Milza/Rene
Gastroenterico
Fegato/Cervello
Numero delle metastasi
-
1-4
5-8
>8
CT precedenti
-
-
MonoCT
PoliCT
Tab. 1 – WHO Prognostic Scoring System. CT: chemioterapia.
15
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
I farmaci impiegati in monochemioterapia nel trattamento della GTN a basso rischio sono
methotrexate o actinomicina-D. La GTN ad alto rischio necessita invece di trattamento
polichemioterapico (EMA-CO; EP-EMA).
Lo spazio assegnato alla chirurgia nella terapia della GTN è prevalentemente associato
al trattamento delle complicanze e allʼasportazione delle localizzazioni chemioresistenti.
Le complicanze che si possono osservare nel corso della chemioterapia sono di natura
prevalentemente emorragica: metrorragie non controllabili con la terapia medica, sanguinamenti
da lesioni vaginali, metastasi epatiche sanguinanti, emorragie cerebrali. A questo proposito, in
presenza di metastasi cerebrali, spesso si ricorre allʼintervento chirurgico o alla radioterapia per
evitare pericolosi sanguinamenti durante la chemioterapia.
CAPITOLO 3
Prognosi e follow-up della GTN
Le pazienti trattate per GTN di Iº, IIº e IIIº stadio devono essere monitorate con dosaggi seriati
settimanali del β-hCG fino a documentarne la negativizzazione in tre valutazioni consecutive
e quindi mensilmente per 12 mesi. Le pazienti con GTN al IVº stadio andranno monitorate
mensilmente per 24 mesi dalla negativizzazione dei valori del β-hCG.
La sopravvivenza delle pazienti con GTN a basso rischio è prossima al 100%. Il tasso di
recidive è del 2% nelle pazienti con GTN non metastatica, del 4% in caso di GTN metastatica
a basso rischio e del 13% in caso di GTN ad alto rischio. Il tempo medio di comparsa della
recidiva dallʼazzeramento del β-hCG è pari a sei mesi. Le pazienti sottoposte a chemioterapia
devono attendere almeno un anno dal termine del trattamento prima di intraprendere una nuova
gravidanza.
I TUMORI DEL TROFOBLASTO.
IL PUNTO DI VISTA DELLʼONCOLOGO: LO STAGING E LA TERAPIA
CINZIA CAROTI¹, GIANFRANCO PORCILE²
¹S.C. Oncologia Medica E.O.Ospedali Galliera, Genova. Coordinatore Rete Orizzontale Oncologica PSSR
²Agenzia Regionale Sanitaria – Regione Liguria
I tumori del trofoblasto e del sito placentare sono neoplasie rare, di conseguenza scarse
sono le informazioni dal punto di vista epidemiologico e fisiopatologico, come pure gli studi
clinici presenti in letteratura e condotti su ampie casistiche, in particolare con riferimento alla
diagnosi, al trattamento e ai fattori prognostici. Le prime segnalazioni di patologia del trofoblasto
risalgono al 1895 e al 1910, rispettivamente ad opera di Merchand e Ewing, mentre nel 1976
Kurman e Scully ne descrissero alcune caratteristiche cliniche e patologiche, e con il termine
“trophoblastic pseudotumor” ne sottolinearono la natura apparentemente benigna. Negli anni
ʼ80 la pubblicazione di alcuni case reports ne evidenziò invece il comportamento aggressivo e
talvolta fatale, cambiandone definitivamente la denominazione e la classificazione. La stadiazione
dei tumori trofoblastici è stata negli anni oggetto di ripetute revisioni. Nel 1973 Hammond e Coll.
elaborarono la “National Cancer Institute Staging of Trophoblastic Tumors” solo per la malattia
metastatica, distinguendola in “a buona” e “a cattiva prognosi” in base al valore preterapia di βhCG, indicando un trattamento medico aggressivo per i casi a cattiva prognosi (Tab. 1).
Trattamento, prognosi e follow-up del tumore del sito placentare
A differenza delle altre forme di GTN, il PSTT presenta lenta crescita e tardiva tendenza alla
metastatizzazione. Ciò, se da una parte ne determina la minore chemiosensibilità, dallʼaltra ne
determina la prognosi favorevole in caso di diagnosi e trattamento precoci. Il trattamento del
PSTT è perciò generalmente chirurgico e consiste nellʼisterectomia semplice o radicale.
Le forme metastatiche possono risultare aggressive e difficili da trattare.
Il tasso di metastasi è molto variabile e va dal 14 al 53%. La malattia metastatica viene trattata
con una polichemioterapia a base di etoposide, methotrexate, dactinomicina, ciclofosfamide e
vincristina. Pur essendo lo schema comunemente accettato, in alcune serie il tasso di risposta
completa è stato molto basso, di circa il 28%. La radioterapia (brachiradioterapia e/o radioterapia
esterna) dovrebbe essere considerata nel controllo locale della neoplasia e nel trattamento
palliativo.
Malattia metastatica “a cattiva prognosi”
β-hCG urine/24 h e β-hCG siero
> 100.000 UI e > 40.000 mUI/mL
Durata della malattia
> 4 mesi
Metastasi a distanza
Sì (cerebrali, epatiche)
Pregressa chemioterapia
Sì
Antecedente gravidanza a termine
Sì
Tab. 1 – National Cancer Institute Staging of Trophoblastic Tumors (Hammond e Coll. 1973).
Tre anni dopo, nel 1976, individuando in modo retrospettivo una serie di fattori prognostici
legati in parte alla paziente ed in parte alla malattia e alla storia clinica, Bagshawe proponeva
per ciascun fattore un punteggio ed uno score totale (0, 10, 20 e 40) in grado alla fine di
quantificare il rischio complessivo, distinto in alto, medio e basso, con conseguente indirizzo
per il trattamento (Tab. 2).
16
17
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
Fattori legati alla paziente
Fattori legati alla malattia e alla storia clinica
Età
Storia ostetrica pregressa
Parità
Istologia
Gruppo sanguigno (anche del partner)
Età del tumore (cut-off: 4 mesi)
Presenza e sede delle metastasi a distanza
Dimensioni delle metastasi
Numero delle metastasi
Pregressa chemioterapia
Livelli di β-hCG
Infiltrazione linfocitaria
Stato immunitario
Tab. 2 – Bagshaweʼs prognostic score (Bagshawe, 1976).
Nel 1983 il WHO Committee on Trophoblastic Disease semplificò e diffuse il “Bagshaweʻs
prognostic score” identificando come pazienti ad alto rischio e candidate a terapia aggressiva quelle
con punteggio-score >8. Nel 1982 la Federazione Italiana Ginecologia Ostetricia FIGO propose
una classificazione anatomica più semplice, applicabile anche alla malattia non metastatica,
rivelatasi però priva di valore predittivo prognostico. Nel 1991 il Cancer Committee della FIGO
la revisionò introducendo come fattori prognostici il valore di β-hCG nelle urine (>100.000 UI) e
la durata della malattia (>6 mesi dal termine della gravidanza), ma sia la UICC che la AJCC non la
considerarono utile per selezionare le pazienti candidabili a monochemioterapia quindi a migliore
prognosi, rispetto a quelle a cattiva prognosi e candidate a un trattamento polichemioterapico.
Infine, nel 2000 la FIGO adotta una nuova classificazione, di uso corrente e condiviso, che prevede
lʼutilizzo dello score (Tab. 3) e della localizzazione di malattia (Tab. 4), e che individua solo due
fasce di rischio, basso e alto, rispettivamente con score inferiore-uguale a 6 e > 6.
Parametro/Punteggio
0
1
2
4
Età
<39 anni
>39 anni
-
-
Precedente gravidanza
Mola
Aborto
A termine
-
Intervallo tra la fine
della gravidanza e inizio
chemioterapia
4 mesi
4-6 mesi
7-12 mesi
>12 mesi
β-hCG (mUI/mL)
<1.000
1.000-10.000
10.000-100.000
>100.000
Dimensioni tumore
(compreso utero)
<3 cm
3-4 cm
>5 cm
-
Sede metastasi
Polmone, vagina
Milza, rene
Tratto gastroenterico
Fegato, encefalo
Numero delle metastasi
-
1-4
4-8
8
Precedente chemioterapia
-
-
MonoCT
PoliCT
Punteggio
0-6 = basso rischio
> 6 = alto rischio
Tab. 3 – FIGO 2000 Prognostic Score (Kohorn, 2001).
18
In sostanza vengono assegnati valori di 1, 2 e 4 per 8 variabili analizzate indipendentemente. Il
gruppo sanguigno non è più considerata una variabile per definire il rischio.
Una somma dei valori minore o uguale a 6 identifica pazienti a basso rischio da trattare con
monochemioterapia, mentre uno score maggiore o uguale a 7 richiede la combinazione e la
sequenza di più chemioterapici. Alcuni di questi fattori infine, come per esempio le dimensioni
della neoplasia, il numero e la sede delle metastasi, lʼintervallo di tempo fra lʼinizio della
chemioterapia e la precedente gravidanza a termine, possono avere un valore predittivo di una
potenziale resistenza alla monochemioterapia.
Stadio 0
Mola vescicolare
Stadio I
Malattia confinata allʼutero (corpo)
Stadio II
Tumore con metastasi allʼapparato genitale (vagina, annessi)
Stadio III
Tumore con metastasi polmonari (con o senza coinvolgimento degli organi genitali)
Stadio IV
Tumore con metastasi in altre sedi
Tab. 4 – Stadiazione FIGO 2000.
I chemioterapici più utilizzati nel trattamento dei tumori del trofoblasto, da soli o in
combinazione, sono il methotrexate, lʼactinomicina D, lʼetoposide, la vincristina, lʼidrossiurea,
la ciclofosfamide ed il cisplatino. Nelle pazienti a basso rischio, cioè in assenza di metastasi
polmonari o con metastasi esclusivamente polmonari, con valori di β-hCG < 40.000 MUI/
ml e WHO score inferiore o uguale a 6 (stadio I, II, III) la terapia di prima scelta, dopo lo
svuotamento della cavità uterina, è una monoterapia con methotrexate, terapia già nota negli
anni ʼ50-ʼ60, associata ad acido folinico, con percentuali di risposta completa che possono
raggiungere lʼ80%. Il protocollo più diffusamente utilizzato è costituito da methotrexate 50mg/
m² i. m. nei giorni 1, 3, 5, 7 alternato ad acido folinico 6 mg i. m. nei giorni 2, 4, 6, 8, ogni 1416 giorni. Nel tentativo di ridurre la tossicità e migliorare la compliance sono in fase di studio,
come alternativa al protocollo classico, somministrazioni di methotrexate settimanali con e
senza dose-escalation, partendo cioè nel primo caso da 30mg/m² con incremento di 5mg/m²
ogni 3 settimane fino a 50mg/m² oppure direttamente da 50 mg/m² settimanali. In realtà ad oggi
non esiste ancora una schedula standard, ma la scelta è influenzata dalle posizione geografica,
dalle abitudini e dallʼesperienza del Centro. Nelle pazienti non responders o con valori di βhCG stabili (plateau o decremento inferiore ad un logaritmo dopo ogni ciclo) è necessario
passare alla polichemioterapia come per lʼalto rischio. Modesta attività ha dimostrato infatti una
monoterapia di seconda linea con actinomicina D in questo sottogruppo di pazienti. Alcuni studi
hanno evidenziato come esista un legame fra dosaggi di β-hCG e resistenza al methotrexate, in
particolare per valori superiori o uguali a 50.000 UI, mentre per le pazienti considerate a basso
rischio secondo la classificazione WHO, ma con elevati valori di β-hCG (>100.000 UI) ancora
oscuro resta lʼesito ed il trattamento.
La terapia di prima scelta per la malattia avanzata ad alto rischio è lo schema EMA/CO (Tab. 5).
19
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CICLO 1
EMA
Giorno 1
Etoposide 100mg/m² e.v.
Actinomicina D 0,5 mg e.v.
Methotrexate 100mg/m² e.v.
Methotrexate 200mg/m² e.v. (infusione in 12h)
Giorno 2
Etoposide 100mg/m² e.v.
Actinomicina D 0,5 mg e.v.
Acido folinico 15 mg i.m. / os ogni 12h per 4 volte
(cominciando 24h dopo lʼinizio del methotrexate)
CICLO 2
CO
Giorno 8
Vincristina 1,0 mg/m² e.v.
Ciclofosfamide 600mg/m² infusione e.v.
deve proseguire per un anno dalla fine del trattamento. Il tumore del sito placentare presenta
invece caratteristiche diverse: basso livello del marcatore β-hCG e chemioresistenza. La terapia
consiste nellʼisterectomia, cui deve seguire una attenta stadiazione allo scopo di evidenziare
eventuali metastasi, che sono possibili anche se non frequenti. Lʼapproccio chemioterapico
non si discosta da quello illustrato per il coriocarcinoma. Ad oggi la malattia trofoblastica è
guaribile al 100% nello stadio I , e nel 70% nello stadio IV . Tuttavia resta alta la mortalità nella
malattia avanzata ad alto rischio sia per la patologia in sé, sia per le complicanze correlate al
trattamento.
Nel selezionare la terapia più appropriata, cercando di contenere la tossicità, sia a breve sia a
lungo termine, è comunque mandatorio mantenere lʼattività e lʼefficacia del trattamento.
Bibliografia
La terapia con EMA/CO richiede grande esperienza, ospedalizzazione e unʼattenta sorveglianza
delle pazienti in considerazione della tossicità correlata al trattamento (nel 25% dei casi compare
pancitopenia e sepsi) e della necessità di non dilazionare i cicli fino a leucopenia, piastrinopenia
e mucosite di grado 2 secondo i criteri WHO.
Il precedente schema MAC, che comprendeva methotrexate, actinimicina D e ciclofosfamide,
è stato ormai abbandonato a causa dellʼelevato rischio di sviluppare leucemie secondarie, in
caso di trattamenti di durata superiore alle 6 settimane. In caso di resistenza allʼEMA/CO la
combinazione CO può essere sostituita dalla EP (etoposide e cisplatino). Altri schemi utilizzati
sono PEB (cisplatino, etoposide, bleomicina), EP-EMA/PEB, VIP ed infine ICE (ifosfamide).
La chemioterapia di seconda linea consente di ottenere ancora un 30% di risposte complete.
Il trattamento chirurgico può avere un ruolo nel caso di neoplasia localizzata in sedi
potenzialmente aggredibili per esempio utero, polmone, intestino: in questi casi è consigliabile
la somministrazione e.v. intraoperatoria di 50 mg di methotrexate allo scopo di prevenire la
disseminazione neoplastica dovuta alla manipolazione.
Le pazienti con metastasi polmonari hanno un rischio aumentato di sviluppare metastasi cerebrali:
in questi casi, in occasione dellʼottava giornata del ciclo EMA/CO vengono somministrati 12,5
mg di methotrexate intratecale come profilassi, fino alla normalizzazione dei valori di β-hCG o
alla risposta completa polmonare. Per le pazienti con metastasi cerebrali è indicata la radioterapia
panencefalica (30 Gy in frazioni di 2Gy), ma se la/le metastasi compaiono durante il trattamento
chemioterapico la prognosi è particolarmente severa (sopravvivenza media pari a tre mesi).
Lʼefficacia del trattamento viene valutata monitorando settimanalmente i valori di β-hCG e
successivamente le lesioni target con esami strumentali radiologici (TC e PET).
È necessario prolungare il trattamento anche dopo la negativizzazione di valori di β-hCG, con un
numero di cicli proporzionale ai fattori prognostici e alla velocità della risposta, ed il range varia
da 2-3 cicli per il basso rischio a 6-8 settimane per lʼalto rischio. Il monitoraggio della β-hCG
- Bagshawe K. D. et al, Risk and prognostic factors in trophoblastic neoplasia, Cancer 38: 13731385, 1976
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20
21
Tab. 5 – Polichemioterapia EMA/CO.
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
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MALATTIA TROFOBLASTICA GESTAZIONALE:
CONCETTI EMERGENTI
• La malattia trofoblastica gestazionale è un insieme particolare di lesioni che possono
essere rappresentate da vere e proprie neoplasie o da lesioni proliferative e iperplastiche
dei villi coriali.
• Le neoplasie trofoblastiche sono rappresentate principalmente dal coriocarcinoma
che può essere riscontrato anche nella forma non gestazionale, sia nel maschio sia
nella femmina, spesso in associazione con i teratomi o di per se stesso rappresentare
una neoplasia germinale.
• Le forme neoplastiche e le forme invasive possono portare a morte le pazienti con
metastasi multiple, in specie polmonari o cerebrali. Poiché per sua stessa natura il
trofoblasto possiede un tropismo particolare per i vasi ematici con i quali interferisce
per consentire lʼimpianto e lʼespansione del disco coriale.
• Le neoplasie trofoblastiche, se diagnosticate correttamente e in stadi iniziali, possono
essere trattate con notevole successo.
• Lʼaumento dei livelli sierici di β-hCG rappresenta un segnale importante per
sospettare una malattia trofoblastica gestazionale ed effettuarne il monitoraggio.
• Il tumore del sito di impianto placentare (PSTT) non determina un aumento
significativo delle β-hCG e pertanto può sfuggire agli esami di routine di sorveglianza
delle gravidanze.
22
23
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 4
delle gravidanze extrauterine. Il numero dei parti è un denominatore meno affidabile perché non
comprende gli aborti indotti e gli aborti spontanei e le gravidanze extrauterine. La popolazione
dei nati vivi è la peggiore approssimazione, ma può essere lʼunico dato disponibile e il più
completo, inoltre se si considerano i nati vivi in ospedale in regioni dove il parto a domicilio è
molto praticato, come i paesi meno sviluppati, tale dato sarà ancor più fuorviante.
La variabilità del denominatore rende difficili i confronti tra gli studi pubblicati e lʼuso di
denominatori che sottostimano lʼentità della popolazione a rischio genera una sovrastima
dellʼincidenza della MTG. Gli studi su popolazione che fanno capo a centri di riferimento per
la MTG e a specifici Registri nazionali o regionali sono in grado di fornire la stima più accurata
dellʼincidenza della malattia trofoblastica gestazionale, ma non sono ancora sufficientemente
diffusi e non sempre hanno dati completi.
Alcuni studi basati sulla popolazione generale hanno cercato di includere nel numeratore tutte
le entità comprese nella malattia trofoblastica gestazionale e di usare come denominatore tutte
le gravidanze clinicamente riconosciute, ma anche la popolazione femminile adulta a rischio.
I loro risultati indicano che la standardizzazione aggiustata per età, già usata come affidabile
misura per confrontare lʼincidenza di cancro nel tempo e tra vari registri, può essere usata come
denominatore in alternativa alle gravidanze e ai nati vivi. I dati da censimento sulla popolazione
generale riguardo età e sesso sono disponibili praticamente in tutto il mondo, anche in quei paesi
che hanno scarsa disponibilità di dati sul numero di gravidanze.
EPIDEMIOLOGIA DELLA MALATTIA TROFOBLASTICA
GESTAZIONALE
ANGELA SALERNO
Anatomia, Istologia Patologica e Citodiagnostica, Ospedale Maggiore AUSL Bologna
Stima dellʼincidenza
La malattia trofoblastica gestazionale è un problema di salute pubblica in età riproduttiva che
interessa tutti i Paesi ed è destinata ad aumentare con lʼaumentare della popolazione mondiale,
con un maggiore incremento nelle aree meno sviluppate e a maggiore spinta demografica.
Nonostante i numerosi studi condotti sulla malattia trofoblastica gestazionale negli ultimi
decenni, la sua epidemiologia non è completamente compresa. È ancora da approfondire il ruolo
di fattori genetici e ambientali come etnia, età, area geografica, stili di vita e inquinamento.
Lʼincidenza mondiale di malattia trofoblastica gestazionale è stimata in circa 1/1.000 gravidanze
per la mola idatiforme e di 0,2-0,7/1.000 gravidanze per il coriocarcinoma, ma diversi fattori
ostacolano lʼinterpretazione della maggior parte dei dati disponibili, soprattutto per gli studi
meno recenti. Influenzano il numeratore la definizione delle entità nosologiche e il rilevamento
del caso, mentre il denominatore è collegato allʼidentificazione della popolazione a rischio.
Fattori che influenzano numeratore e denominatore
In molti studi manca una chiara e riproducibile definizione e distinzione delle entità nosologiche
individuate, che risultano riassunte dal termine di malattia trofoblastica gestazionale, senza
ulteriormente specificare ad esempio se si tratta di mola completa o parziale o invasiva. Nel
tempo si sono succedute diverse classificazioni e sono state individuate nuove entità, rendendo
più difficile la valutazione dei primi studi. Il rilevamento dei casi di gravidanza complicata da
MTG (malattia trofoblastica gestazionale) in relazione alle gravidanze totali può essere soggetto
a sovrastima negli studi basati su popolazione ospedaliera, soprattutto nei paesi meno sviluppati
dove le gravidanze non a rischio e il parto si svolgono in sede extraospedaliera.
Allo stesso modo si può avere una sottostima del dato quando si ha lʼespulsione di materiale
con patologia molare in donne che non richiedono o non hanno accesso a cure mediche così
come il coriocarcinoma può non essere riconosciuto come effettiva causa di morte per neoplasia
in persone senza assistenza sanitaria e/o senza accertamenti diagnostici. Un altro importante
ostacolo è dovuto al fatto che le stime di incidenza riportate nei vari studi pubblicati fanno
riferimento a differenti denominatori. Poiché solo le donne in stato di gravidanza sono a rischio
per MTG, i tradizionali dati statistici demografici, che non tengono conto della fertilità, non
sono appropriati per una valutazione dellʼincidenza. Il denominatore ideale è rappresentato dal
numero totale delle donne che hanno concepito e la migliore approssimazione ottenibile è data
dal numero di gravidanze comprensivo dei nati vivi, dei nati morti e degli aborti riconosciuti e
24
Fattori geografici
Le differenze metodologiche spiegano solo in parte le differenze di incidenza della MTG nelle
diverse aree del mondo o allʼinterno di regioni dello stesso Paese. In Indonesia è stata rilevata
una delle incidenze più alte di mola idatiforme (11,5/1.000 parti), e studi recenti confermano
che le donne asiatiche sono a maggior rischio di gravidanza molare anche quando sono residenti
in un paese non asiatico. In effetti lʼincidenza riportata è maggiore anche nei paesi africani, ma
nella popolazione di colore residente negli Stati Uniti è molto più bassa, così come in Europa
e in Australia. Per lʼItalia si parla di una incidenza di malattia molare di circa 0,7-0,8/1.000
gravidanze-parti. (Tab. 1).
Per il coriocarcinoma i dati sullʼincidenza sono ancora più limitati in quanto la malattia è più
rara e le difficoltà metodologiche ancor più evidenziabili. In Europa e Nord America lʼincidenza
è di uno ogni 30.000-40.000 gravidanze e in 1/40 mole complete, mentre in Estremo Oriente
sono state riportate incidenze fino a 1/500-3.000 gravidanze. Nella variabilità di stime bisogna
tenere conto che nei Paesi poco sviluppati il follow-up delle gravidanze molari è particolarmente
deficitario. (Tab. 2).
25
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
Rate per 1,000
Country
Population-based studies
Latin America
Paraguay
North America
Canada
Greenland
USA
USA
New Mexico
Pregnancies Deliveries
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Rate per 1,000
Live Births
Rolòn PA et al. (1977)
0.2
-
Yuen BH, Cannon W. (1981)
Nielsen NH, Hansen JPH (1979)
Hayashi K, et al. (1982)
Matsuura J, et al. (1984)
8.3
1.1
0.8
1.75
1.14
1.14
2.23
1.2
(White Hawaiian)
(Filipino Orientals)
(Non-Hispanic Whites) 1.04
(Hispanic Whites)
1.34
(American Indians)
2.27
2.96
0.8
-
-
1.2
0.7
0.9
0.57
1.84
2.2
2.0
2.48
0.68
1.54
0.7
-
-
4.8
1.03
-
4.6
-
-
0.63
-
3.9
-
4.6
1.9
-
2.6
8.0
7.9
6.7
3.70
-
9.9
5.0
3.2
-
11.5
1.5
2.8
-
3.7
0.8
0.9
0.8
12.9
1.0
7.8
1.48
-
Shith HO, et al. (2003)
North Asia
Japan (20 prefectures) Takeuchi S. (1984, 1987)
National Co-ordination Research
China
Group of Chorioma (1980)
South Asia
Teoh ES et al. (1971)
Singapore
Europe
Mazzanti P. et al. (1986)
Italy
Flam F, Rutqvist LE. (1992)
Sweden
Franke HR, et al. (1983)
Netherlands
Bagshawe KD, et al. (1986)
England end Wales
Giwa-Osagie MO, Okwerkwu G. (1999)
Northern Ireland
Olesnicky G. Quinn M. (1984)
Oceania Australia
United Arab Emirates Graham IH, Fajardo AM. (1988)
Mungan T, et al. (1996)
Turkey
Hospital-based studies
Africa
Ogunbode O. (1978)
Nigeria
Leighton PC. (1973)
Uganda
Latin America
Márquez-Monter H, et al. (1968)
Mexico
North America
Yen S, MacMahon B. (1968)
USA
Martin PM. (1978)
(Alaska)
Jacobs PA et al. (1982)
(Hawaii)
North Asia
Nakano R. et al. (1980)
Japan
Kanazawa K. (1998)
Japan
Wei P-Y, Ouyang P-C. (1963)
Taiwan
Kim SJ, et al. (1998)
Korea
Song H et al. (1981)
China
South Asia
Poen HT, Djojopranoto M. (1965)
Indonesia
Ong HC, et al. (1978)
Malaysia
Sivanesaratnam V. (1998)
Malaysia
Acosta-Sison H. (1959)
Philippines
Javey H, Sajadi H. (1978)
Iran
Matalon M, Modan B. (1972)
Israel
Europe
DiFabio C, DeAloysio D. (1976)
Italy
Güll T, et al. (1997)
Turkey
Ozalp SS, et al. (2001)
Turkey
Felemban AA, et al. (1969)
Saudi Arabia
Oceania Australia (Sidney) Steigrad SJ. (1969)
-
3.0
-
Country
Authors
Population-based\studies
Latin America
Paraguay
Rolòn PA et al. (1977)
Jamaica
Sengupta BS et al. (1977)
Aranda JM et al. (1968)
Puerto Rico
North America
Canada
Brisson J et al. (1976)
USA
Brinton LA et al. (1986)
North Asia
Japan (20 prefectures) Takeuchi S. (1984, 1987)
South Asia
Singapore
Teoh ES et al. (1971)
Europe
Sweden
Ringerz N. (1970)
Hospital-based studies
Africa
Nigeria
Akinkube A (1976)
Latin America
Mexico
Marquez-Monter H et al. (1968)
Mexico
MacGregor C et al. (1969)
North America
USA
Brewer JI, Gerbie AB. (1967)
USA
Yen S, MacMahon B. (1968)
(Hawaii)
Jacobs PA et al. (1982)
East Asia
Hong Kong
Chan DPC (1962)
Japan
Nakano R. et al. (1980)
Kanazawa K. (1998)
Japan
Taiwan
Wei P-Y, et al. (1963)
Korea
Kim SJ, et al. (1998)
South Asia
India
Pai KN (1967)
Indonesia
Poen HT, Djojopranoto M. (1963)
Malaysia
Ong HC, et al. (1978)
Philippines
Acosta-Sison H. (1959)
Thailand
Sivanesaratnam V. (1998)
Israel
Matalon M, Modan B. (1972)
Oceania Australia (Sidney) Steigrad SJ. (1969)
Pregnancies
Deliveries
Live Births
0.2
-
0.3
1.4
-
.415
-
0.4
0.5
-
-
0.83
-
2.3
-
0.2
-
-
-
9.9
-
3.5
0.2
0.3
0.3
0.5
0.3
-
0.6
-
4.6
1.2
-
7.5
1.7
1.48
20.2
1.9
-
19.1
15.3
8.7
6.3
0.9
17.7
1.5
6.5
1.0
0.5
-
From: Handcock BW. Newlands ES, Berkowitz RS, Cole LA eds. Gestational Trophoblastic Discase, 2nd edition (in press, 2001). By
permission of Chapman and Hall Medical.
Tab. 2 – Incidenza del coriocarcinoma a livello mondiale (Autori selezionati). Da: Smith H O. Gestational
trophoblastic disease epidemiology and trends, 2003.
Fattori di rischio
Tab. 1 – Tassi dʼincidenza della mola vescicolare in vari Paesi del mondo (Autori selezionati). Da: Smith H O.
Gestational trophoblastic disease epidemiology and trends, 2003.
Lʼetà materna è stata considerata un importante fattore di rischio per MTG: sotto i 20 anni e
sopra i 40 anni il rischio è maggiore, con aumenti fino a 10 volte per le donne sopra i 40 anni
e fino a 200 volte oltre i 50 anni se confrontato con il rischio delle donne di età compresa
tra 20 e 35 anni. Alterazioni funzionali della cellula uovo prematura e postmatura sono state
messe spesso in relazione con la MTG nella letteratura mondiale e in tutte le etnie, mentre resta
ancora da chiarire lʼimportanza dellʼetà paterna. Numerosi lavori evidenziano che una pregressa
gravidanza molare costituisce fattore di rischio aumentato per ulteriore mola idatiforme e
soprattutto aumenta vertiginosamente il rischio di coriocarcinoma. La trasformazione maligna
avviene in circa il 16% delle mole complete e in circa il 0,5% delle mole parziali. Oltre ai
meccanismi genetici alla base della MTG, altri fattori genetici che possono contribuire ad
26
27
From: Handcock BW. Newlands ES, Berkowitz RS, Cole LA eds. Gestational Trophoblastic Discase, 2nd edition. By permission of
Chapman and Hall Medical.
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
aumentare il rischio di MTG sono oggetto di numerose ricerche: si pensa che lʼelevata incidenza
di MTG in alcuni paesi asiatici possa essere dovuta alla diffusa consanguineità tra i partner e in
alcuni studi su donne con malattia molare ricorrente è stata segnalata una maggiore frequenza di
gruppo sanguigno B. Nelle donne con traslocazioni bilanciate si è vista una maggiore frequenza
di MTG, ragionevolmente dovuta alla maggior probabilità di eventi avversi durante la meiosi.
I campi di ricerca si sono estesi anche a oncogeni soppressori, a oncoproteine e allo studio di
famiglie con ricorrenza della MTG. Secondo lavori italiani degli anni ʼ80 anche il fumo di
sigaretta e la sua durata elevano il rischio di MTG, ma altri studi non lo confermano.
Grande attenzione è stata dedicata agli effetti della contraccezione orale, frequentemente
raccomandata per la contraccezione nel periodo di follow-up post-molare, con risultati talora
conflittuali; molti risultati indicano in effetti un aumento del rischio, ma sul piatto della bilancia
va posto il rischio gravidanza nel periodo post-molare. Il più alto rischio di MTG è stato rilevato
in donne che usavano contraccettivi orali durante il ciclo in cui restavano gravide (rischio
relativo di 4,0). (Tab. 3)
Odds ratio
Factors
Complete Mole
Maternal age (years)
<20
>40
Reproductive history
Parity at conception
0
3
Spontaneous miscarriages
>2
Problems with infertility
Contraception
Use of oral contraceptives
ICUD user
Age of 1st pregnancy <25
Previous molar pregnancy
Family history
Spontaneous abortion (yes)
Socioecomonic and lifestyle
Education (years)
> 12
Marital status
Never married
Smoking
Ex-smokers
Current smokers > 15 cigarettes per day
Alcohol consumption
<2 drinks
ABO blood types
Maternal blood
AB
A
Maternal A, husband O
Nutrition
Vitamin A in diet above control median
Partial Mole
1.5
5.2
0.9
0.8
0.7
0.5
1.5-3.1
2.4-3.7
1.9
3.2
1.1-2.6
1.7-3.7
0.6
16.0
1.3
1.5
0.9-2.1
2.1
2.1
2.1
1.1
2.2
0.7
1.8
2.1
1.4
2.1
1.7
1.9
1.2
0.9
Conclusioni
Lo studio dellʼepidemiologia della malattia trofoblastica gestazionale necessita di ulteriori
ricerche e uniformità di metodo nella raccolta dei dati e nella loro analisi. Negli ultimi 40
anni si sono verificati notevoli mutamenti sociali e tecnologici di cui bisogna tenere conto
nella pianificazione della ricerca e della cura. Gli sviluppi in ambito ginecologico delle ultime
decadi hanno ridotto il numero delle MTG grazie allʼintervento precoce e di conseguenza
hanno diminuito lʼincidenza della trasformazione maligna. La disponibilità su larga scala dei
metodi contraccettivi ha ridotto i concepimenti agli estremi dellʼetà fertile della donna e allo
stesso tempo in alcuni paesi sono diminuiti sia il numero delle nascite che il numero delle
MTG. Lʼimplementazione di registri, reti e centri di riferimento nazionali e regionali, con
centralizzazione su base legislativa o associativa volontaria dei presidi diagnostici e di cura,
potrà certamente apportare un contributo alla comprensione di questo gruppo di malattie rare e
migliorare ulteriormente la prognosi della malattia trofoblastica gestazionale.
Bibliografia
- Fasoli M., Ratti E., Franceschi S., La Vecchia C., Pecorelli S., Mangioni C., Management of
gestational trophoblastic disease: results of a Cooperative study, Obstet Gynecol 60: 205,
1982
- Golfier F., Raudrant D., Frappart L., Mathian B., Guastalla J.P., Trillet-Lenoir V., Vaudoyer
F., Hajri T., Schott A. M., First epidemiological data from the French Trophoblastic Disease
Reference Center, Am J Obstet Gynecol 196; 172, 2007
- Grimes D. A, Epidemiology of gestational trophoblastic diseases, Am J Obstet Gynecol 150:
309-18, 1984
- Ngan S., Seckl M. J., Gestational trophoblastic neoplasia management: an update, Curr Opin
Oncol 19: 486–491, 2007
- Smith H. O., Gestational trophoblastic disease epidemiology and trends, Clin Obstet Gynecol
46: 541, 2003
- Steigrad S. J., Epidemiology of gestational trophoblastic disease, Best Pract Res Clin Obstet
Gynaecol 17: 837-847, 2003
- Thama B. W. L., Everardb J. E., Tidyc J. A., Drewd D., Hancock B.W., Gestational trophoblastic
disease in the Asian population of Northern England and North Wales, BJOG 110: 555-559,
2003
0.6
Data derived from yhe following references: Grimes D A, 1984; 14 Matsuura J. et al, 1984; Olesnicky G, Quinn M, 1988; Messerli MI,
et al, 1958; 29 La Vecchia C, et al, 1985 29 Berkowiz RS, et al, 1985; 33 Bracken MB, 1987; 24 Brinton LA, et al, 1989.
From: Handcock BW, Newlands ES, Berkowiz RS, Cole LA, eds. Gestational Trophoblasti Disease, 2nd edition (in press, 2002). By
permission of Chapman and Hall Medical
Tab. 3 – Fattori associati con lʼisorgenza di MTG e corrispondente rischio relativo. Da: Smith H O. Gestational
trophoblastic disease epidemiology and trends, 2003.
28
29
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
Taglio cesareo
CAPITOLO 5
LA NATALITÀ IN LIGURIA
ROBERTO CARLONI
Agenzia Regionale Sanitaria – Regione Liguria
I nuovi nati registrati in Liguria nel 2009 sono stati 12.329, di cui 6.221 maschi e 6.108 femmine;
tale dato è ormai stabile dal 2006, periodo in cui è stata superata la soglia delle 12.000 unità.
La Liguria, oltre a detenere il primato dellʼindice di vecchiaia più elevato dʼItalia, occupa nella
graduatoria nazionale il penultimo posto per natalità, con un tasso pari a 7,56 nuovi nati per
1.000 abitanti/anno (tasso natalità nazionale: 9,54), con un numero medio di figli per donna in
età feconda pari a 1,19.
Di seguito vengono riportati alcuni dati riguardanti la natalità e la salute materno infantile
estratti dallo Stato di salute dei Liguri, pubblicato nel marzo 2009 sui Quaderni dellʼAgenzia
Regionale Sanitaria. Dallʼanalisi delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) e dei Certificati
di assistenza al parto (CeDAP) è stato possibile misurare i diversi indicatori di salute, aggiornati
in parte allʼanno 2007; tramite il confronto di alcune misure fornite dallʼIstat per gli anni
precedenti è stato inoltre possibile ricostruirne lʼandamento nel tempo.
Età materna al momento del parto
Analogamente a quanto accade nel resto del Paese, anche in Liguria si osserva il fenomeno del
progressivo innalzamento dellʼetà materna al momento del parto; in particolare, nel 2005 lʼetà
media della donna al parto ha raggiunto i 32,06 anni (Fig. 1). Sebbene lʼetà più elevata della
madre di per sé possa rappresentare un rischio per molte patologie ostetrico-ginecologiche, in
Liguria non si rilevano particolari problematiche correlate con tale potenziale fattore di rischio.
33
32
31
30
29
28
27
1980
1985
1990
1995
2000
2005
Fig. 1 – Crescita dellʼetà media della madre al parto in Liguria. Anni 1980-2005 – HFA Istat, giugno 2008.
30
È unanimemente riconosciuto che il ricorso al taglio cesareo sia una procedura sovrautilizzata nei Paesi industrializzati, fenomeno legato più ad una scelta personale, piuttosto che
essere conseguenza di reali indicazioni mediche. In Liguria la percentuale di parti cesarei è
progressivamente aumentata nel tempo, passando dal 25,3% del 1995 al 34,8% registrato nel
2005, con un incremento di circa 9,5 punti percentuali in 10 anni. Sebbene i dati non siano del
tutto confrontabili, dallʼanalisi dei CeDAP del 2007 tale percentuale pare ancora aumentata,
raggiungendo il 36,5%: vengono infatti enumerati 3.698 tagli cesarei su di un totale di 10,137
parti registrati da donne residenti in Liguria. Sebbene lʼetà elevata non costituisca di per sè
unʼindicazione al parto cesareo, si nota come la proporzione di parti cesarei aumenti con
lʼaumentare dellʼetà materna, passando dal 25,5% registrato nelle donne tra i 20 ed i 24 anni di
età, al 49,7% nelle over 40; analizzando la distribuzione per età dei 3.698 parti cesarei riportati
nel 2007, si calcola comunque che più del 56,8% di questi è stato effettuato in donne di età
inferiore ai 35 anni.
Abortività spontanea
In base ai dati forniti dallʼIstat, contrariamente allʼandamento nazionale in cui si continua a
registrare un aumento dellʼabortività spontanea, in Liguria, il fenomeno sembra tendere verso
la diminuzione almeno fino al 2005; in particolare, i casi di dimissione per aborto spontaneo
registrati in Liguria nellʼanno 2005 sono stati 1.232, cui corrispondeva un rapporto standardizzato
di abortività spontanea pari a 88,25. Analizzando lʼandamento nel tempo del rapporto specifico
di abortività spontanea si evidenzia un trend in diminuzione, particolarmente accentuato per le
donne di età >45 anni.
Abortività volontaria (IVG)
Secondo i dati SDO, nellʼanno 2007 nella nostra regione sono state registrate 3.774 IVG con un
tasso grezzo di abortività volontaria pari a circa 11,2 per mille, sovrapponibile a quello misurato
nel 2005. Dal confronto con gli anni immediatamente precedenti il fenomeno può considerarsi
stabile, dopo la progressiva riduzione cui si è assistito a partire dagli anni ʻ80, probabile espressione
di un crescente sviluppo dei servizi territoriali e consultoriali. Il tasso standardizzato di abortività
dal 1980 al 2005, si è infatti dimezzato passando dal 22,1 del 1980 allʼ11,8 del 2005.
Osservando lʼandamento dei dati scomposti per cittadinanza si evidenzia invece un progressivo e
costante aumento del ricorso allʼIVG, anche ripetuta, tra le donne straniere. Nelle nostre strutture
attualmente più di 1/3 (40,06%) delle IVG vengono effettuate da donne migranti.
Il fenomeno è probabilmente da ascrivere al fatto che la maggior parte delle donne immigrate
non ha ancora intrapreso un percorso analogo a quello delle donne del mondo occidentale, per
cui lʼIVG resta ancora lʼunico mezzo di controllo della propria fertilità. Inoltre, la non infrequente
condizione di clandestinità contribuisce ad aumentarne ulteriormente il disagio, soprattutto
laddove i servizi territoriali ed ospedalieri non siano sufficientemente integrati nel condurre
programmi ed azioni di informazione mirati alla salute riproduttiva.
31
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
Mortalità infantile e neonatale
CAPITOLO 6
Il tasso di mortalità infantile è considerato un parametro molto importante in quanto indicatore
essenziale del livello di sviluppo di un paese in relazione alle sue caratteristiche sanitarie,
sociali ed ambientali. Negli ultimi 10 anni si è verificata una generale riduzione della mortalità
infantile, meno evidente nelle regioni del Sud. Il netto e progressivo miglioramento di tutti gli
indicatori di salute neonatale ed infantile è lʼespressione non solo di migliorate condizioni socioeconomiche, ma anche di una accresciuta evoluzione tecnologica delle modalità di assistenza
al parto e della tutela della salute materno infantile nel suo complesso. La Liguria, assieme
a Toscana e Sardegna, mostra un tasso di mortalità infantile tra i più bassi in Italia, con un
decremento costante nel tempo (Fig. 2).
80
n° morti <365 gg/1.000 nati vivi
70
60
50
40
30
20
10
0
1992 1994 1996 1998 2000 2002 2003 2004 2005
IL CONCETTO DI “NUMERO DI CONCEPITI” NELLA VALUTAZIONE
DELLʼINCIDENZA DELLE PATOLOGIE DELLA RIPRODUZIONE UMANA
EZIO FULCHERI, YURI MUSIZZANO
Centro di Embriopatologia e Patologia feto-neonatale, U.O. Anatomia Patologica Universitaria,
Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - Genova
La patologia della riproduzione umana, o per meglio dire le malattie congenite ed ereditarie,
venivano un tempo valutate esclusivamente sulla base dei rilievi clinici effettuati da neonatologi
o pediatri sui nati vivi. Questa prassi, consolidata agli inizi del ʻ900, ha visto sempre maggiori
spunti di criticità per lʼavvento di metodiche diagnostiche per immagini sempre più raffinate,
che consentono di vedere già in utero la gran parte delle malformazioni ed anche parte delle
malattie metaboliche, seppure attraverso segni indiretti.
Un ulteriore cambiamento è stato progressivamente imposto dallo svilupparsi e dal raffinarsi di
indagini genetiche che consentono, grazie agli studi sul liquido amniotico o sui villi coriali, di
identificare in epoca prenatale una grande quantità di anomalie cromosomiche o genetiche.
Pare allora evidente che la valutazione dellʼincidenza delle malattie pediatriche in senso lato
e di quelle malformative non possa basarsi sulla sola analisi valutativa dei nati vivi, ma che
debba tenere conto anche dei rilievi e delle osservazioni effettuate in epoca perinatale, che non
necessariamente comportano un esito felice della gravidanza. Su questo scenario si innesta poi
lʼAnatomia Patologica che, effettuando unʼindagine autoptica randomizzata su tutti i prodotti
abortivi di ogni epoca gestazionale - siano essi abortiti spontaneamente o volontariamente
- permette una rilevazione di casi quantitativamente superiore a quella di competenza della
genetica o della diagnostica per immagini (Fig. 1).
Fig. 2 – Tasso di mortalità infantile in Liguria: evoluzione 1992-2005 -: HFA ISTAT Giugno 2008.
Clinica
Relativamente alla natimortalità, vale a dire il decesso avvenuto in epoca gestazionale dopo la
28ª settimana, basandosi sui dati forniti dal Database SDO del 2007, si sono registrati 37 parti
di feti non vitali su 10,165 nati vivi, corrispondenti ad un tasso di natimortalità pari a 36,4 x
10.000.
Metodiche
per immagini
Genetica
Anatomia
Patologica
Fig. 1 – La rilevazione delle patologie congenite deve necessariamente basarsi sulla raccolta e verifica dei dati
provenienti da diverse figure professionali. Infatti, le metodiche di diagnosi prenatale (ecografia e genetica) rilevano
soltanto parte delle patologie, spesso senza peraltro poterle verificare, compito che spetta al clinico (nel caso di nati
vivi) o al patologo (in sede autoptica). Questi ultimi, peraltro, si trovano a diagnosticare frequentemente anche quadri
sfuggiti alla diagnostica prenatale.
32
33
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
A fronte di tutto questo, anche la valutazione dellʼincidenza delle malattie congenite (malformative
o metaboliche) non può basarsi sul raffronto coi nati vivi, ma deve necessariamente tenere conto
anche degli embrioni e dei feti che non sono mai venuti alla luce.
Dʼaltro canto, negli ultimi anni, è stata accettata con sempre crescente convinzione
lʼinterpretazione della vita fetale e post-natale come un continuum che vede la nascita solo come
un momento occasionale in cui mutano le condizioni dellʼambiente esterno in cui il soggetto
si muove. In effetti, lʼinsorgenza o comunque lʼinizio della patogenesi di molte della malattie
dellʼetà pediatrica hanno luogo in utero, anche se lʼesordio clinico e la patofenia più evidente
avvengono soltanto dopo la nascita, e spesso neppure nei primi momenti, ma addirittura dopo
anni.
Ragionando dunque in termini di incidenza delle diverse patologie della riproduzione umana,
occorre quindi riferirsi complessivamente al numero dei concepiti, parte dei quali vedranno la
luce, mentre per altri la gravidanza si interromperà in varie epoche gestazionale.
Il numero di concepiti (e non di nati) resta per le malattie congenite e malformative il termine
di paragone su cui calcolare i reali valori di incidenza e di prevalenza (Fig. 2), e forse un giorno
potrà esserlo anche per le neoplasie infantili; basti considerare, per esempio, le forti evidenze in
tale senso che stanno oggi emergendo per il neuroblastoma.
CAPITOLO 7
Fig. 2 – Per visualizzare il concetto di numero di concepiti, si pensi ad un iceberg. La porzione affiorante è
rappresentata da tutti i nati (vivi o morti prematuramente), che tuttavia rappresentano soltanto una parte dei
concepiti. Infatti, per stimare la reale incidenza di qualsivoglia patologia occorre necessariamente tenere conto
del numero di gravidanze andate incontro ad aborto spontaneo - sia esso precoce (ASP) o tardivo (AST) - oppure
elettivo, volontario (IVG) o terapeutico (ITG).
Bibliografia
- Fulcheri E., di Capua E., Ragni N., Histologic examination of products of conception at the
time of pregnancy termination, Int J Gynaecol Obstet. 2003, 80: 315-316
- Legge 22 maggio 1978 n. 194, Norme per la tutela sociale della maternità e sullʼinterruzione
volontaria della gravidanza, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 140 del 22 maggio 1978
34
CENTRI DI RIFERIMENTO E REGISTRI DELLA MALATTIA
TROFOBLASTICA GESTAZIONALE IN EUROPA E NEL MONDO
YURI MUSIZZANO, ELENA PACELLA
U.O. Anatomia Patologica Universitaria, Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - Genova
Da tempo, gran parte dei Paesi tecnologicamente avanzati si sono dotati di opportuni Registri
Tumori e hanno istituito Centri multidisciplinari di eccellenza per la diagnosi e la terapia delle
affezioni neoplastiche. Per quanto riguarda la malattia trofoblastica gestazionale (MTG) occorre
invece rilevare come i Centri e i Registri ad essa specificamente dedicati non siano, a livello
mondiale, così numerosi (Fig. 1). In particolare, per la registrazione dei casi di MTG ci si avvale
ancora oggi, nella maggior parte dei Paesi, degli stessi Registri Tumori, mentre appare evidente
che tali Registri, in quanto destinati ai soli quadri neoplastici e pertanto non alle gravidanze
molari propriamente dette, siano inevitabilmente destinati a sottostimare il numero di casi di
MTG, evidenza peraltro documentata già circa 20 anni fa da uno studio svedese.
Nel mondo
In Nordamerica i singoli specialisti ed i Centri per la diagnosi ed il trattamento della malattia
trofoblastica gestazionale aderiscono alla International Society for Study of Trophoblastic
Diseases, una piccola società di superspecialisti che organizza incontri con cadenza biennale.
Negli Stati Uniti siamo a conoscenza di almeno quattro Centri di riferimento per la MTG, tutti
nella parte orientale del Paese e nella maggioranza dei casi negli Stati del Nord, creati presso le
principali istituzioni accademiche statunitensi. Si tratta infatti del New England Trophoblastic
Disease Center della Harvard Medical School al Brigham & Women Hospital di Boston
(Massachusetts), dello Yale Trophoblastic Disease Center presso la Yale University School of
Medicine di New Haven (Connecticut) e la Feinberg School of Medicine presso la Northwestern
University di Chicago (Illinois). A Harvard, solo per citare un esempio, operano Berkowitz e
Goldstein, tra i più grandi esperti mondiali ed autori di numerosi pubblicazioni sulla materia. Gli
Stati del Sud sono rappresentati dal Southeast Gestational Trophoblast Disease Center istituito
presso la prestigiosa Duke University di Durham (North Carolina).
Tra queste quattro istituzioni, tuttavia, quella che ci sembra rispondere meglio ai criteri propri
di un Centro di riferimento su scala nazionale è il Brewer Trophoblastic Disease Center di
Chicago. Esso è stato istituito in seno al Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia già nel 1962,
costituendo pertanto il primo e più duraturo esempio a noi noto di Centro di riferimento per la
MTG di cui si abbia notizia. Il Centro è stato istituito con lʼobiettivo di studiare e trattare tutte le
patologie rientranti nello spettro della MTG; pertanto, presso di esso trovano ospitalità sia una
clinica per il trattamento della malattia, sia un servizio di consulenza per medici e pazienti, come
pure unʼunità di ricerca clinica e laboratoristica. Al Brewer Center sono state centralizzate negli
anni oltre 6.000 pazienti provenienti da 42 Stati e anche da 7 Paesi stranieri; tra queste, circa 800
35
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
pazienti sono state curate per neoplasie trofoblastiche, principalmente mediante chemioterapia
e in casi selezionati con radioterapia o procedure chirurgiche adiuvanti. I risultati parlano di un
tasso di cura superiore al 95%, in un grande numero di casi con conservazione della fertilità.
Lʼattività di ricerca svolta presso il Centro, documentata da numerose pubblicazioni scientifiche,
ha contribuito tra lʼaltro a chiarire lʼorigine placentare del coriocarcinoma, a delineare le linee
guida per la terapia della MTG e a definire i fattori prognostici negativi e legati al rischio di
recidiva.
Infine, per quanto non dedicati in modo esclusivo alla malattia trofoblastica gestazionale, devono
essere ricordati il Memorial Sloan-Kettering Cancer Centre, articolato in quattro sedi tra New
York e New Jersey e la Stanford University in California.
Altra istituzione nordamericana ad avere acquisito una discreta visibilità presso il Queen Elizabeth
Health Sciences Centre della Dalhousie University di Halifax, in Canada [gynoncology.medicine.
dal.ca/Pages/GTD.html] è il Nova Scotia Gestational Trophoblastic Disease Registry, creato nel
1981. Il Centro, oltre ad ospitare il Registro regionale della Nuova Scozia, fornisce un follow-up
attivo alle pazienti e, analogamente agli altri qui considerati, effettua attività informative e di
sostegno sia per le pazienti sia per gli specialisti coinvolti nella diagnosi e terapia dalla MTG,
mettendo a disposizione di questi le proprie linee-guida.
Nel resto del mondo, unʼaltra significativa esperienza di cui ci è data notizia è quella giapponese,
con lʼistituzione di Registri della MTG già nel 1974; a un rilevamento effettuato dopo soli otto
anni, nel 1982, tali Registri erano stati istituiti in 14 prefetture, con una copertura della popolazione
pari a quasi 47 milioni di abitanti, vale a dire circa metà della popolazione giapponese.
hmole-chorio.org.uk], articolato nei tre Centri di riferimento, rispettivamente due in Inghilterra,
a Sheffield (Sheffield Trophoblastic Disease Center) e Londra (Charing Cross Trophoblastic
Disease Center) ed uno in Scozia, a Dundee (Scottish Hydatidiform Mole Follow-up Service).
In particolare il Charing Cross Trophoblastic Disease Center, presso il quale opera il Prof.
Michael J. Seckl – probabilmente il maggiore esperto della MTG a livello europeo – ha ormai
acquisito unʼesperienza consolidata di oltre 2.500 casi, che lo pone al primo posto in Europa e
ai primissimi nel mondo.
Esperienza altrettanto degna di nota è quella francese, con il Centre de Référence des Maladies
Trophoblastiques [www.mole-chorio.com]. Tale iniziativa, con sede a Lione e partita su base
spontanea nel 1999, ha raccolto nel periodo tra il 2001 e il 2008 una casistica di oltre 1.500
pazienti con una crescita costante nel tempo, tanto da ottenere, da parte del Ministero della
Salute francese, il riconoscimento quale Centro di riferimento per lʼintero Paese.
La centralizzazione della MTG attuata in Olanda afferisce dal 1977 al Registro Olandese tenuto
dal Netherlands Trophoblastic Disease Center del Prof. C. Schijf con sede a Nijmegen.
In Svizzera è stato attivato, in anni recentissimi (tra il 2008 e il 2009), il Centre des Maladies
Trophoblastiques degli Ospedali Universitari di Ginevra [http://mole-chorio.hug-ge.ch]. Tale
centro, che riceve il sostegno di diverse associazioni scientifiche elvetiche tra cui la sezione
svizzera di Orphanet, è nato in seguito alla necessità di rispondere ad esigenze di centralizzazione
ancor più giustificate se si considera lʼestensione relativamente limitata del territorio; basti
pensare che in tutta la Federazione si registrano soltanto 25-30 casi allʼanno di MTG.
Tutti questi Centri svolgono numerose attività imposte dai peculiari aspetti delle malattie rare
in generale e della malattia trofoblastica gestazionale, che vanno dalla revisione diagnostica
dei preparati istologici (peraltro con un tasso di correzione della diagnosi attorno al 25%
nellʼesperienza francese), al counselling per le pazienti, alla formazione avanzata degli specialisti
che si occupano di MTG.
Purtroppo, al momento attuale, non si ha notizia di analoghe esperienze in Italia.
Centri di riferimento per la MTG nel mondo (2010)
Bibliografia
Fig. 1 – I principali Centri di riferimento e Registri a livello mondiale ed europeo (riquadro).
In Europa
Iniziative estremamente significative sono state intraprese anche in Europa. Nel Regno Unito,
in particolare, ove la centralizzazione delle malattie rare è una realtà regolamentata da apposite
leggi, esiste dal 1973 lo Hydatidiform Mole and Choriocarcinoma UK Support Service [www.
36
- Berkowitz R. S, Goldstein D. P., Current management of gestational trophoblastic diseases
Gynecologic Oncology, 112: 654-662, 2009
- Flam F., Rutqvist L., Under-registration of gestational trophoblastic disease in the Swedish
Cancer Registry, Eur J Epidemiol, 8: 683-686, 1992
- Kawashima Y., Maeda M., Fujii T., Registry and follow-up systems of trophoblastic disease in
Japan, Semin Surg Oncol, 1: 84-94, 1985
- Petignat P., Plaidoyer pour la formation de Centres de Référence. Exemple du Centre des
Maladies Trophoblastiques, 1ère Journée dʼinformation sur les maladies rares, Genève 17
novembre 2009
- Ten Kate-Booij M. J., Lok C. A., Verheijen R.H., Massuger L. F., van Trommel N. E.,
Trophoblastic diseases, Ned Tijdschr Geneeskd, 152: 2219-2224, 2008
37
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 8
In questo contesto, la figura dellʼanatomopatologo può effettuare una formidabile opera di
integrazione e sintesi, poiché il riscontro diagnostico, condotto abbinando i moderni mezzi di
indagine alle tecniche consolidate ed ormai storiche, si conferma nella grande maggioranza
dei casi unʼoccasione unica, irripetibile e dotata di grande sensibilità diagnostica, in particolare
nei confronti delle malformazioni viscerali. Per esempio, la dissezione del cuore fetale allo
stereomicroscopio permette di individuare cardiopatie congenite per lo più misconosciute, evento
non infrequente in feti sottoposti a interruzione terapeutica di gravidanza ai sensi della Legge
194/78. Inoltre, determinate anomalie scheletriche minori, quali coste sovra- o sottonumerarie,
possono sfuggire allʼecografista ma non al patologo, specie qualora – come dovrebbe avvenire
di routine – la piccola salma sia sottoposta a radiografia prima dellʼesecuzione dellʼautopsia. Tali
anomalie minori, in sé del tutto compatibili con la vita, si associano talora a quadri malformativi
viscerali che il patologo dovrà pertanto essere indotto a ricercare accuratamente.
Naturalmente, lʼAnatomia Patologica trova le proprie ovvie limitazioni nel fatto di poter
esaminare esclusivamente i prodotti abortivi e i casi di natimortalità, ma proprio questa peculiarità
permette al patologo di cogliere con elevatissima sensibilità tutti i casi di malformazioni fetali
che altrimenti sfuggirebbero allʼosservazione proprio in conseguenza della mancata nascita del
feto. In questo contesto si inserisce il concetto di numero di concepiti, misura statistica ideale e
di fatto mai completamente raggiungibile, che però costituisce il presupposto indispensabile per
effettuare qualunque considerazione epidemiologica sullʼargomento delle malformazioni fetali. È
infatti chiaro che, per le ragioni sopra esposte, la reale incidenza di malformazioni non può essere
stimata se non considerando, oltre a quelle insorte nei nati vivi o diagnosticate ecograficamente
e/o sospettate sulla base del cariotipo, anche tutte quelle riscontrate dallʼanatomopatologo su
prodotti del concepimento andati incontro ad aborto spontaneo (precoce o tardivo), interruzione
di gravidanza (volontaria o terapeutica) e morte fetale intrauterina o perinatale.
LA RETE APEFA LIGURE
YURI MUSIZZANO
U.O. Anatomia Patologica Universitaria, Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - Genova
Il Gruppo APEFA della SIAPEC-IAP
Il Gruppo Italiano di Anatomia Patologica dellʼEmbrione, del Feto e dei loro Annessi (G.I.
APEFA) nasce il 15 settembre 1998 in seno alla Società Italiana di Anatomia Patologica e
Citologia diagnostica (SIAPEC), divisione italiana della International Academy of Pathology
(IAP), con lo scopo di raccogliere tutti gli anatomopatologi dedicati ai diversi aspetti della
patologia della riproduzione umana. A esso afferiscono sia i maggiori esperti a livello nazionale
(quali i Prof.ri G. Bulfamante, E. Fulcheri, L. Resta, F. Rivasi e G. L. Taddei), sia i patologi
ospedalieri e universitari di tutta Italia impegnati nel campo specialistico della patologia embriofeto-placentare, per dedizione personale o per loro specifica formazione.
A partire dal 2000, attorno alla figura di Fulcheri e al suo Centro di Embriopatologia e di Patologia
Feto-neonatale (istituito già nel 1994), si consolida la sezione APEFA ligure, che nasce come
rete per connettere gli embriofetopatologi distribuiti sul territorio regionale. Da subito, il gruppo
intraprende unʼintensa attività didattica organizzando corsi patrocinati prima dallʼUniversità
degli Studi di Genova e successivamente dallʼAccademia Nazionale di Medicina, rivolti in
primo luogo ad anatomopatologi e medici legali e finalizzati allʼinsegnamento delle tecniche
di esame macroscopico feto-neonatale e placentare e delle relative metodiche istopatologiche.
Il successo di questi eventi formativi è tale che, in seguito alla crescente domanda, spesso si è
assistito alla riedizione dello stesso corso più volte durante lʼanno.
Nellʼambito del Gruppo, inoltre, è in cantiere da circa 10 anni una rete per il monitoraggio delle
malformazioni congenite, che nasce da alcune considerazioni in merito al ruolo che il patologo
può e deve svolgere in tale ambito, accanto ad altre figure professionali. È infatti del tutto evidente
che tale monitoraggio non possa essere affidato in maniera esclusiva al genetista, che, pur
diagnosticando anche in fasi molto precoci le alterazioni geniche eventualmente responsabili di
quadri malformativi, in una grande quota di casi non può avere la conferma (clinica o patologica)
dellʼeffettivo instaurarsi degli stessi, né può conoscere lʼentità e la tipologia di espressione fenotipica
dallʼanomalia o delle malformazioni associate. Analogamente, tale monitoraggio non può essere
appannaggio esclusivo dellʼecografista, il cui campo di indagine, per quanto ampio, si limita
ovviamente alle malformazioni visibili con le metodiche ultrasonografiche, escludendo così tutti i
quadri displastici che si instaurino in assenza di anomalie di forma. Dʼaltro canto, il neonatologo
ed il pediatra possono diagnosticare, per le peculiarità della loro professione, esclusivamente le
malformazioni manifestatesi alla nascita o nei primi anni di vita extrauterina, senza contare che
determinate malformazioni compatibili con la vita (tra le quali molte malformazioni delle vie
urinarie, ma anche lo stesso situs viscerum inversus) possono sfuggire alla diagnosi anche per
lungo tempo, perfino durante lʼetà adulta, in assenza di esami appropriati.
38
Lʼorganizzazione territoriale del Gruppo APEFA in Liguria
Lʼorganizzazione della Sezione Ligure del G.I. APEFA prevede, per ciascuna UO di Anatomia
Patologica presente sul territorio regionale, la figura di un referente dedicato alla patologia
embrio-feto-placentare, formato ed aggiornato con specifici master in patologia feto-neonatale
o con corsi tematici. La rete che discende dal coordinamento trai i referenti e le singole Unità
Operative, ricalca pertanto in gran parte lʼorganizzazione territoriale delle cinque ASL liguri
(Imperiese, Savonese, Genovese, Chiavarese e Spezzino), ma in aggiunta a queste occorre
considerare la peculiarità del territorio metropolitano genovese, in cui sono presenti altre
quattro UO in altrettanti Enti Ospedalieri extra-ASL, tra i quali uno sede della Scuola di
Specializzazione in Anatomia Patologica e dello stesso Centro di Embriopatologia e Patologia
Feto-neonatale (AOU “San Martino”) e ben due Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico
(Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro e Istituto “Giannina Gaslini”). I referenti delle
12 Unità Operative fanno poi riferimento al Centro di Embriopatologia e di Patologia Fetoneonatale, ove viene effettuata la revisione dei casi complessi e vengono elaborati i dati relativi
alle ricognizioni effettuate sul territorio (Fig. 1).
39
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
Fig. 1 – Lʼorganizzazione della rete APEFA ligure: per ogni Unità Operativa sono indicati i nominativi del
Responsabile (in corsivo) e del referente APEFA (a luglio 2010).
La convenzione tra lʼAOU “San Martino” e lʼIstituto “G. Gaslini”
Il 29 dicembre 2008 è stato siglato il rinnovo della Convenzione tra lʼIRCCS Pediatrico Istituto
“Giannina Gaslini” e lʼAzienda Ospedaliera Universitaria “San Martino” di Genova, ove si
è introdotto un nuovo punto relativo al “rapporto di collaborazione in tema di patologia fetoneonatale”. Tale rapporto si basa su un documento redatto da Claudio Gambini, responsabile
dellʼUO di Anatomia e Istologia Patologica dellʼIstituto Gaslini, e Ezio Fulcheri, professore di
Anatomia patologica AUO San Martino, e perfezionato dai rispettivi Direttori Sanitari il 5 marzo
2008. Nel documento si legge: “Obiettivi: viene proposta una collaborazione diagnosticoscientifica in tema di patologia feto-neonatale su particolari settori di notevole rilevanza clinica
con ricadute importanti sul benessere materno e infantile. La collaborazione è volta a sviluppare
comuni linee di interesse in ambito altamente specialistico integrando esperienze e professionalità
di elevato livello oggi già operanti nelle due Istituzioni. La collaborazione si sviluppa tra il Centro
di Patologia Feto-neonatale attivo nellʼUnità Operativa di Anatomia Patologica Universitaria
dellʼAOU San Martino di Genova e lʼUnità Operativa di Anatomia Patologica dellʼIstituto G.
Gaslini di Genova. Il Centro di Patologia Feto-neonatale è oggi punto di riferimento nazionale per
quanto riguarda la patologia placentare; è stato uno dei centri fondatori del gruppo di Anatomia
Patologica Embrio-Fetale e degli Annessi (APEFA) della Società Italiana di Anatomia Patologica
e Citopatologia (SIAPEC); coordina da alcuni anni il monitoraggio delle malformazioni congenite
in Liguria; sviluppa, con il Centro di Riferimento Nazionale sulle morti improvvise (Università
degli Studi di Milano) progetti di ricerca e di studio sulla Morte improvvisa in Utero (SIUDS) e
del neonato (SIDS). LʼUO di Anatomia Patologica dellʼIstituto G. Gaslini di Genova ha sviluppato
per tradizione unʼ eccellenza diagnostica per quanto riguarda sia lʼautopsia pediatrica sia la
40
diagnostica della patologia pediatrica a insorgenza precoce (e quindi più strettamente legata alla
vita intrauterina). In questo ambito vanno segnalati come campi di interesse specifico la diagnostica
dei tumori congeniti/teratomatosi e la diagnostica dei tumori del sistema nervoso (centrale e
periferico). LʼUO è centro di riferimento nazionale per la diagnostica dei tumori di derivazione
neuroectodermica (neuroblastomi), partecipa a progetti europei di studio sui tumori neuroblastici
centrali e periferici sviluppando una particolare esperienza nelle tecniche diagnostiche biomolecolari. Tale integrazione si pensa possa offrire un servizio di alta specializzazione che non trova
attualmente analogie in altre unità operative regionali o nazionali e nel contempo consentirebbe
di sviluppare al meglio potenzialità di ricerca da parte delle due unità afferenti. Il rapporto di
collaborazione interaziendale è infatti destinato a fornire, mediante sinergie organizzative, un
prodotto di eccellenza capace di sfruttare al massimo le potenzialità e le capacità professionali
dei due centri, ottimizzando nel contempo le risorse. (…omissis…). Per la patologia degli aborti
spontanei precoci (ASP) la moderna diagnostica prevede si possano indicare almeno quattro temi
principali con cui orientarsi nel dialogo anatomo-clinico. Tale interazione anatomo-clinica diventa
essenziale per comprendere in particolare lʼabortività ripetuta o abituale. La patologia infettiva e
infiammatoria, la patologia vascolare materna, la patologia legata a deficit follicolinici o ancora
la patologia autoimmune o dismetabolica vengono oggi diagnosticate con relativa sicurezza. Un
settore tuttavia quantitativamente preponderante è rappresentato dalle alterazioni cromosomiche
e del cariotipo. Proprio questo settore è di particolare interesse nella diagnostica dellʼinfertilità
di coppia per le ovvie conseguenze e ricadute sul piano assistenziale e operativo. Tale diagnostica
sulle perdite embrionali (ASP) diviene poi elemento chiave per la comprensione di una parte non
indifferente dei casi di abortività ripetuta e abituale. In pratica, nei casi di aborto con alterazioni
morfologiche dei villi indicative di anomalie del cariotipo si rende necessaria una conferma della
lesione mediante indagini di genetica e di studio del cariotipo effettuate su materiale fissato e
incluso in paraffina (FISH). Tali tecniche sono disponibili e verranno pertanto effettuate presso lʼ
UO di Anatomia Patologica dellʼIstituto G. Gaslini. LʼUO di Anatomia Patologica dellʼAzienda
Ospedaliera Universitaria di San Martino di Genova garantisce una revisione diagnostica dei
singoli casi e una conseguente correlazione anatomo-clinica degli stessi”. Su tali basi operative si
fonda parte del programma di monitoraggio della MTG.
Bibliografia
- Bulfamante G., Fulcheri E. Focus on activities of the Working Group and Associated Societies:
G.I. APEFA - 5 years, Intercongress of the European Society of Pathology, May 19-21, Baveno,
Italy, 2002
- Fratamico F. C. M., Lapertosa G., Fulcheri E., Caimo A., Panzarotto M. F., Torielli F., Complesso
feto-placentare nella triploidia, Riv.Anat.Patol.Oncol; 46(3): 233-41, 1987
- Fulcheri E. , Bulfamante G. , Resta L. , Taddei G. L. Embryo and fetal pathology in routine
diagnostics: what has changed and what needs to be changed, Pathologica; 98(1): 1-36, 2006
- Venturini P. L., Gorlero F., Ferraiolo A., Valenzano M., Fulcheri E, Gestational choriocarcinoma
arising in a cornual pregnancy, Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol.; 96(1): 116-8, 2001
41
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 9
Occorre sottolineare come, considerate le finalità della ricognizione, i quesiti proposti nel
questionario non richiedessero dati sensibili, quali per esempio i nominativi delle pazienti, ma
esclusivamente i valori numerici dei risultati delle ricognizioni condotte dai vari referenti APEFA.
Pertanto, lʼutilizzo di un mezzo alquanto improprio quale la comune posta elettronica, oltre a
consentire tempi molto rapidi nella raccolta dei dati, è stato legittimo e aderente alla vigente
legislazione sulla privacy; ovviamente, la condizione ottimale dovrebbe essere rappresentata
da unʼapposita rete informativa eventualmente criptata e con accesso riservato, che connetta le
diverse Unità Operative liguri e le interfacci con lʼAgenzia Regionale Sanitaria, per consentire
una più omogenea codifica dei dati e lʼeffettuazione di studi più approfonditi.
I RISULTATI DELLA RICOGNIZIONE SULLA MALATTIA
TROFOBLASTICA GESTAZIONALE
YURI MUSIZZANO, PAOLA BONASONI, LUIGI CALIENDO, GIANFRANCO CARFAGNA,
PAOLO DESSANTI, MARINA GUALCO, FILIPPO LICAUSI, EUGENIO MERLO,
MASSIMO PALLADINO, FRANCESCA SARO, TOMMASO RAGUSA, CRISTINA VIGNALE
“Gruppo APEFA ligure”
La ricognizione sulla malattia trofoblastica gestazionale (2005-2009)
La rete APEFA è stata recentemente chiamata a cimentarsi in un ambito sensibilmente differente
da quello della patologia malformativa. Tale occasione è venuta dalla ricognizione della malattia
trofoblastica gestazionale (MTG) promossa da Angela Salerno della Anatomia Patologica
dellʼOspedale Maggiore di Bologna, in vista del Congresso Nazionale SIAPEC-IAP di fine
settembre 2010. Tale iniziativa richiedeva ai Centri partecipanti la comunicazione dei dati relativi
ai principali quadri anatomoclinici di MTG, vale a dire la mola (parziale e completa), il tumore
trofoblastico del sito placentare (PSTT) e il coriocarcinoma, nonché dei dati relativi al numero
e tipologie di gravidanze osservate presso ciascuna Azienda Ospedaliera (nati vivi, interruzioni
volontarie e terapeutiche, aborti spontanei precoci e tardivi, morti endouterine fetali).
Lʼiniziativa, inizialmente destinata ad Unità Operative “campione” individuate sul territorio
nazionale, in Liguria è stata estesa, su iniziativa di Ezio Fulcheri, dal Centro di Embriopatologia
e Patologia Feto-neonatale della U.O. Anatomia Patologica Universitaria del “San Martino” a
tutte le Unità Operative di Anatomia Patologica afferenti alla rete APEFA. A nostra conoscenza,
la Liguria sarà pertanto lʼunica Regione italiana a presentarsi allʼimminente Congresso SIAPECIAP in modo unitario, presentando dati raccolti sulla totalità del territorio. Dʼaltra parte, la MTG
è un soggetto che si presta a una simile visione dʼinsieme, poiché comprende al tempo stesso
malattie e neoplasie rare, per le quali pertanto lʼinquadramento diagnostico ed epidemiologico
risulta tanto più accurato quanto più ampio è il bacino di utenza considerato.
La raccolta dei dati
Risultati dellʼindagine preliminare in Liguria
Tutti i referenti APEFA delle 12 Unità Operative di Anatomia Patologica presenti in Liguria
hanno risposto al questionario e tutti in modo completo ed esauriente per quanto riguarda le
diagnosi istologiche. Complessivamente, si sono registrati 154 casi istologicamente confermati
di malattia trofoblastica gestazionale. Tra questi, la maggior parte (124, pari allʼ80,5%) erano
rappresentati da mole parziali e 23 (14,9%) da mole complete. I quadri propriamente neoplastici
sono risultati di gran lunga minoritari, con soltanto sei tumori trofoblastici del sito placentare
(3,9%) ed un unico coriocarcinoma (0,6%). I risultati per ciascuna ASL sono sintetizzati nel
grafico riportato in Fig.1.
n. casi
40
mola parziale
mola completa
neoplasie
35
30
25
20
15
10
5
0
La raccolta dei dati è stata effettuata mediante apposito questionario originariamente proposto
sotto forma di foglio di lavoro Microsoft® Excel a diverse U.O. di Anatomia Patologica italiane,
tra cui la U.O. Anatomia Patologica Universitaria della Azienda Ospedaliera Universitaria “San
Martino” di Genova ed in particolare al Centro di Embriopatologia e Patologia Feto-neonatale
ivi presente. Da tale Centro il questionario è stato successivamente inviato, via posta elettronica
e previo contatto telefonico, ai referenti APEFA di ogni Unità Operativa dislocata sul territorio
ligure. I moduli debitamente compilati con i dati relativi alle diagnosi di mola idatiforme parziale
e completa, PSTT e coriocarcinoma e i dati relativi alle gravidanze registrate presso ciascun
Ente sono stati rinviati, sempre per posta elettronica al Centro di Embriopatologia e di Patologia
Feto-neonatale dellʼAOU “San Martino”.
42
ASL 1
ASL 2
ASL 3 Altri enti ASL 4
ASL 5
Fig. 1 – Distribuzione del numero assoluto di casi di MTG nelle diverse aree socio-sanitarie della Liguria.
Come si può notare, i casi di neoplasia trofoblastica risultano assai rari rispetto alle gravidanze molari.
Se la raccolta di diagnosi istologiche di MTG è risultata relativamente rapida e agevole, occorre
segnalare per contro come alcune criticità siano emerse nel tentativo di rispondere alla seconda
parte del questionario, volta a contestualizzare il numero di casi di MTG in rapporto al numero
complessivo di gravidanze. In effetti la raccolta di questi ultimi dati, che potremmo definire
almeno in parte di “anagrafe sanitaria”, ha potuto essere completata soltanto in un terzo delle
Unità Operative (Imperia, Gaslini, Sestri Levante, La Spezia), mentre in un caso, addirittura,
43
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
non è stato possibile fornire alcuno di questi dati non strettamente anatomopatologici (Pietra
Ligure) ed in altri Centri (Savona, GE-Sestri Ponente) che hanno comunque fornito i dati relativi
allʼabortività (spontanea o volontaria), non è stato possibile neppure risalire al numero di nati
vivi. È tuttavia evidente che, mentre il numero di nati – riferito però al territorio (Comuni) e non
ai singoli Enti ospedalieri – può essere facilmente ottenuto dai Registri ISTAT anche sul sito
internet dedicato [www.istat.it], le informazioni relative alle interruzioni di gravidanza possono
essere ottenute solo dalle Aziende Ospedaliere presso cui sono state osservate. Per tale ragione,
si impone la necessità di flussi informativi omogenei, non solo tra le diverse strutture ospedaliere
e lʼAgenzia Regionale Sanitaria, ma anche tra le Unità Operative di una stessa struttura.
Al contrario, attualmente una stima dellʼincidenza regionale della MTG in rapporto allʼeffettivo
numero di gravidanze è del tutto impossibile, considerato che, ovviamente, lʼassenza dei dati
relativi anche ad un solo Centro o ad un solo tipo di gravidanza preclude la possibilità di
calcolarne il numero complessivo.
Di conseguenza, lʼunico dato che si può tentare di fornire è quello relativo allʼincidenza in
rapporto alla popolazione residente. In base a dati ufficiali ISTAT, la popolazione residente
in Liguria si attestava a 1.592.309 unità nel 2005, 1.610.134 nel 2006, 1.607.878 nel 2007,
1.609.822 nel 2008 e 1.615.064 nel 2009; su questa base sono stati calcolati i valori di incidenza
annuale per 100.000 abitanti riportati nella tabella in Fig. 2. Si tratta tuttavia di dati di scarsa
utilità anche perché, in un eventuale confronto tra popolazioni, occorrerebbe comunque tenere
conto quantomeno dellʼeffettiva percentuale di donne in età fertile sulla popolazione totale; si
pensi per esempio a un ipotetico confronto tra una regione “anziana” e a bassa natalità come la
Liguria ed aree con caratteristiche opposte, come lʼIndia o il Sudest asiatico.
Come si può osservare in tabella, le incidenze dei diversi quadri della malattia trofoblastica
gestazionale sono risultate estremamente basse; tutte le entità complessivamente considerate
non raggiungono unʼincidenza di 2/100.000/anno, mentre entrambe le tipologie di neoplasia
trofoblastica si attestano ben al di sotto di 0,1/100.000/anno. In particolare, estremamente raro si
conferma il coriocarcinoma, per cui si è rilevata unʼincidenza annuale inferiore ad un caso ogni
10 milioni di abitanti (popolazione teorica di riferimento, peraltro, ben superiore a quella della
nostra Regione).
Sempre da dati ISTAT, il numero complessivo di nati vivi in Liguria nel quinquennio considerato
è risultato pari a 61.038 unità; in base a questo dato si può affermare che in Liguria, ogni 100.000
gravidanze conclusesi felicemente, si osservano circa altre 50 gravidanze di natura molare.
Resta da sottolineare ancora una volta come, ovviamente, tale dato non sia riferito al numero
di concepiti, in quanto ne sono escluse tutte le gravidanze andate incontro ad aborto spontaneo,
precoce o tardivo.
Dai dati registrati si evince comunque come anche in Liguria, analogamente a quanto accade
nel resto del mondo, il riscontro di un caso di MTG costituisca un evento piuttosto raro tanto
per il clinico quanto per lʼanatomopatologo. Tali dati di incidenza complessiva sono identici, ad
esempio, a quelli registrati in Svizzera, ove si osservano circa 120 casi di MTG ogni anno su
una popolazione di poco meno di 7,8 milioni di abitanti (dato riferito alla fine del 2009) quindi,
appunto, 1,54/100.000.
È opportuno ribadire ancora una volta, pertanto, che trattandosi a tutti gli effetti di una malattia
rara, un patologo operante in unʼUnità Operativa territoriale potrà diagnosticare, nellʼarco
della sua vita professionale, non più di poche decine di gravidanze molari, mentre non è affatto
certo che egli possa osservare qualche caso di coriocarcinoma o di tumore trofoblastico del
sito placentare. Ne discende che, di fronte a tali patologie, egli sarà chiamato a formulare una
diagnosi senza tuttavia poter disporre dei mezzi appropriati per un inquadramento diagnostico
approfondito, quali quelli disponibili presso un Centro di riferimento. Essendo la diagnostica
anatomopatologica della MTG gravata da un tasso di errore variabile secondo alcune stime
tra il 20% ed il 50%, è evidente come ad una prima diagnosi del patologo generale dovrebbe
seguire, in tempi rapidi, una centralizzazione per revisione diagnostica, da effettuarsi anche
mediante lʼimpiego di opportune metodiche immunoistochimiche e di biologia molecolare, al
fine di impostare una corretta strategia multidisciplinare per garantire alla paziente le migliori
cure possibili.
PERIODO 2005-2009
Diagnosi di mola parziale
Diagnosi di mola completa
Diagnosi di PSTT
Diagnosi di coriocarcinoma
Numero di gravidanze dato dalla somma di:
- parti di nati vivi
- IGV (fino a 90 giorni)
- ITG (oltre a 90 giorni)
- ASP (fino a 12 S. G.)
- AST (12-24 S. G.)
- MEF (24 S.G. - a termine)
Unità Operatve di Anatomia Patologica afferenti alla rete APEFA ligure
TOTALE LIGURIA
ASL 1
ASL 2
ASL 3
ASL 4 ASL 5
Altri enti genovesi
SR
IM
PL
SV
SE
SA
OG
SM
IST
IG
SL
SP
assoluto
I
124
1,54
2
14
23
7
10
20
23
10
0
4
7
4
2
1
0
0
0
5
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3
0
0
3
0
23
0,29
0
0
1
0
1
0
0
4
0
0
0
0
6
0,07
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0,01
5394
ND
ND
12983
5983
5253
9503
45000
ND
ND
5884
ND
3620
7508
35387
ND
ND
5387
4045
ND
5522
4165
5140 10505**
1342
1136
0
ND
1740
6908
805
862
ND
1023
292*
ND
13
ND
209
19
4
ND
12
332
39
ND
36
432
913
442
ND
75
762
750
2139
6447
ND
613
321
ND
ND
116
29
74
ND
15
130
94
500
ND
42
ND
5
25
19
231
112
14
10
ND
10
36
ND
Legenda:
*
dati riferiti al periodo 2005-2007
** esclusi IVG (non esaminati)
- dato non disponibile in quanto tipologia di esame non prevista
ND dato non disponibile per altre regioni
I
incidenza annuale per 100.000 residenti
S.G.settimane gestazionali
Fig. 2 – Risultati della ricognizione sulla MTG in Liguria relativamente al periodo 2005-2009 (SR: Ospedale “Borea”,
Sanremo; IM: Ospedale Città di Imperia; PL: Ospedale S. Corona, Pietra L.; SV: Ospedale S. Paolo, Savona; SE:
Ospedale Padre Antero Micone, GE-Sestri P.; SA: Ospedale Villa Scassi, GE-Sampierdarena; OG: E.O. Ospedali
Galliera, Genova; SM: AOU S.Martino, Genova; IST: Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova; IG:
Istituto G. Gaslini, GE-Quarto, SL: Ospedale di Sestri Levante; SP: Ospedale S. Andrea, La Spezia).
44
Bibliografia
- Istituto Nazionale di Statistica (www.istat.it) consultato il 20 luglio 2010
- Petignat P. Plaidoyer pour la formation de Centres de Référence. Exemple du Centre des
Maladies Trophoblastiques. Première Journée dʼinformation sur les maladies rares Genève,
17 novembre 2009.
45
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 10
ISTOPATOLOGIA DIAGNOSTICA DEGLI ABORTI SPONTANEI
DEL PRIMO TRIMESTRE, INTEGRATA DA TECNICA FISH E
CITOFLUORIMETRIA
CLAUDIO GAMBINI
U.O. di Anatomia Patologica, Istituto “Giannina Gaslini” – Genova
Introduzione
Circa il 50-70% degli aborti spontanei del primo trimestre presentano anomalie cromosomiche. La
maggior parte di queste anomalie è numerica (86%), solo una bassa percentuale è rappresentata
da anomalie strutturali. Le anomalie cromosomiche numeriche (aneuploidie) riscontrate
negli aborti del primo trimestre sono: trisomia degli autosomi, monosomie X e poliploidie. I
cromosomi maggiormente coinvolti nelle trisomie sono gli autosomi 16, 22, 21, 15, 14, 18, 13.
Alcuni studi sono stati condotti per valutare anche gli aspetti istomorfologici degli aborti precoci
al fine di predire anormalità cromosomiche.
Nei villi coriali sono stati valutati parametri morfologici quali dimensioni, forma,
vascolarizzazione, idrope, pseudoinclusioni, fibro-ialinizzazione; caratteristiche del trofoblasto
villare ed extravillare (iperplasia, lacune, nodi sinciziali); spazio intervillare (depositi di fibrina).
Le tecniche ultrasonografiche attuali permettono di individuare precocemente lʼaborto, però
lʼuso dellʼisterosuzione distrugge il tessuto villare, eliminando le caratteristiche macroscopiche
tipiche della malattia trofoblastica gestazionale.
Se per le mole (complete e parziali), nelle fasi tardive del primo trimestre, sono stati già definiti
criteri istologici per la diagnosi, le forme precoci possono mostrare caratteristiche istologiche
sfumate e quindi sfuggono spesso allʼesame istologico. Attualmente lʼunico valido aiuto per
identificare la mola completa precoce è lʼanticorpo p57. Dʼaltra parte, per le trisomie e le
monosomie non vi sono caratteristiche morfologiche precise.
Per la determinazione dellʼaneuploidia cromosomica la citogenetica convenzionale fornisce una
visione completa del cariotipo ma presenta delle limitazioni dovute alla difficoltà di crescita
delle colture cellulari da materiale abortivo. Lʼutilizzo della metodica FISH (fluorescent in situ
hybridization) su nuclei in interfase fornisce unʼeccellente e rapida alternativa per lo studio delle
aneuploidie cromosomiche da utilizzare su nuclei in interfase e applicabile anche su sezioni di
tessuto fissato in formalina ed incluso in paraffina. Il maggior vantaggio di questa tecnica è la
rapidità oltre alla possibilità di determinare contemporaneamente più cromosomi nello stesso
nucleo utilizzando fluorocromi diversi (multi-FISH).
NellʼU.O. di Anatomia Patologica è iniziato uno studio su tessuto in caso di aborto spontaneo
precoce (primo trimestre di gravidanza) attraverso studio istomorfologico, immunoistochimico,
FISH e citofluorimetri a flusso per lʼidentificazione di aneuploidie cromosomiche.
46
Obiettivi
- Identificare gli stadi precoci della malattia trofoblastica per un migliore follow-up della
paziente.
- Determinare lʼeventuale anomalia numerica cromosomica quale causa dellʼaborto precoce
escludendo quindi possibili fattori materni. Tale informazione è utile anche come applicazione
assistenziale per il clinico nella gestione della paziente in particolar modo in caso di abortività
ripetuta.
- Stabilire correlazioni tra specifiche anomalie cromosomiche e corrispondenti aspetti
istopatologici al fine di definire, nel materiale abortivo, caratteristiche istomorfologiche
predittive di alterazioni cromosomiche.
Metodi
I casi di aborto spontaneo verificatosi nel primo trimestre di gravidanza pervengono allʼU.O. di
Anatomia Patologica dellʼIstituto “G. Gaslini” dallʼU.O. di Ostetricia e Ginecologia o da altri
centri esterni allʼIstituto “G. Gaslini”. Ogni caso è corredato di dati di istologia secondo scheda,
di biologia molecolare FISH, di citometria a flusso (valutazione del DNA Index). Il materiale
abortivo pervenuto in laboratorio fissato in formalina viene processato mediante tecnica standard e
successivamente incluso in paraffina. Si allestiscono sezioni istologiche colorate con ematossilina
ed eosina per lʼosservazione anatomopatologica. Sulle stesse sezioni viene anche eseguita
determinazione immunoistochimica con anticorpo anti CD 31 per lo studio della vascolarizzazione
dei villi e anticorpo anti p57 proteina espressa dallʼallele materno e quindi non espressa in caso di
mola completa dove lʼassetto cromosomico XX è di origine paterna.
Su ulteriori sezioni istologiche viene eseguita FISH con lʼutilizzo di sonde molecolari fluorescenti
(Fig. 1, Fig. 2, Fig.3). Le sonde molecolari disponibili sono sonde DNA LSI per i cromosomi 13,
21, 22 e alfa satellite per i cromosomi 16, 18, X, Y. Dal materiale incluso in paraffina viene anche
eseguita valutazione del contenuto di DNA (ploidia) mediante citometria a flusso per la conferma
di aneuploidie evidenti quali la triploidia.
Per lʼanalisi in FISH vengono adottati i seguenti criteri: si analizzano le cellule del citotrofoblasto
e le cellule stromali mesenchimali per un totale di 120 cellule. Viene indicata trisomia quando più
del 50% delle cellule esaminate sono trisomiche. Per soglie più basse si avanza solo lʼipotesi di
possibile trisomia; una piccola percentuale (inferiore al 5%) di cellule con anomalie viene tollerata.
Si considera monosomia se la presenza di un solo segnale è osservata in più del 40% di cellule.
Fig. 1 – Aspetto normale dei cromosomi sessuali XY Ibridizzazione in situ fluorescente (FISH) del cromosoma X e
del cromosoma Y su villi coriali. Tessuto fissato in formalina ed incluso in paraffina.
47
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
Conclusioni
Le tecniche descritte permettono di inserire lʼevento aborto spontaneo nelle seguenti categorie
diagnostiche: mola completa, mola parziale (diandrica e diginica), anomalia cromosomica
numerica, patologia infettiva ed eventuale patologia materna.
Bibliografia
Fig. 2 – Mola parziale triploide, assetto dei cromosomi sessuali XXXX (in alto). Ibridizzazione in situ fluorescente
(FISH) del cromosoma X (A) e del cromosoma 16 (B) su villi coriali. Tessuto fissato in formalina ed incluso in
paraffina. Mola completa tetraploide, assetto dei cromosomi sessuali XXYY (in basso). Ibridizzazione in situ
fluorescente (FISH) del cromosoma 16 (C) e del cromosoma 22 (D) su villi coriali.Tessuto fissato in formalina ed
incluso in paraffina.
Number
800
1200
1600
Debris
Aggregates
Dip G1
Dip G2
Dip S
An1 G1
An1 G2
An1 S
File analyzed: 65/09.001
Date analyzed: 29-Apr-2009
Model: 2DA0n_DSD_ASF
Analysis type: Manual analysis
Diploid: 26.04 %
Dip. G1: 88.01 % at 47.96
Dip. G2: 0.00 % at 95.93
Dip. S: 11.99 % G2/G1: 2.00
% CV: 4.73
400
Aneuploid: 1: 73.96 %
An1 G1: 75.24 % at 70.95
An1 G2: 7.64 % at 141.57
An1 S: 17.12 % G2/G1: 2.00
% CV: 2.65 DI: 1.48
0
Total Aneuploid S-Phase: 17.12 %
Total S-Phase: 15.78 %
Total B.A.D.: 24.97 %
0
50
100
150
Channels (FL2-A)
200
250
- Atlas of Placental Pathology (AFIP 3rd Volume), 2004
- Fejgin M. D., Pomeranz M., Liberman M., Fishman A., Amiel A., Fluorescent in situ
Hybridization: an effective and less costly technique for genetic evaluation of products of
conception in pregnancy losses, Acta Obstet Gynecol Scand; 84: 860-863, 2005
- Fisher R.A., Hodges M.D., Sebire H.C. et al, The maternally transcribed gene p57 (KIP2)
(CDNK1C) is abnormally expressed in both androgenic and biparental complete hydatiform
moles, Hum Mol Genet;11: 3267-72, 2002
- Kim K. R., Park B. H., Hong Y. O., Kwon H. C., Robboy S. J., The villous stromal constituents
of complete hydatiform mole differ histologically in very early pregnancy from the normally
developing placenta. Am J Surg Pathol Feb; 33: 176-185, 2009
- Kim M. J., Kim K. R. , Ro J. Y. , Lage J. M. , Lee H.I.. Diagnostic and pathogenetic significance
of increased stromal apoptosis and incomplete vasculogenesis in complete hydatidiform moles
in very early pregnancy periods. Am J Surg Pathol; 30: 362–369, 2006
- Lescoat D., Jouan H., Loeuillet Olivo L. et al. Fluorescent in situ hybridization (FISH) on
paraffin-embedded placental tissues as an adjunct for understanding the etiology of early
spontaneous abortion, Prenat Diagn; 25: 314-317, 2005
- Lijnschoten G. V., Arends J. W., De la Fuente A. A., Schouten H. J. A., Geraedts JPM.. The
value of histomorphological features of chorionic villi in early spontaneous abortion for the
prediction of karyotype. Histopathology; 22: 557-563, 1993
- Vorsanova S. G., Kolotii A. D., Iourov I. Y., Monakhov V. V., Kirillova E. A., Soloviev I. V.,
Yurov Y. B., Journal fo Histochemistry and Cytochemistry 2005 53: 375-380. Evidence for
high frequency of chromosomal mosaicism in spontaneous abortions revealed by interphase
FISH analysis, 2005
- Zaragoza M. V. , Surti U., Redline R. W. et al. Parental origin and phenotype of triploidy in
spontaneous abortions: predominance of diandry and association with the partial hydatiform
mole, AM J Hum Genet; 66: 1807-1820, 2000
Debris: 25.32 %
Aggregates: 10.67 %
Modeled events: 18007
All cycle events: 11526
Cycle events per channel: 122
RCS: 3.471
Fig. 3 – Mola parziale triploide - citofluorimetria a flusso, clone cellulare triploide (DNA Index: 1,48). Tessuto
fissato in formalina ed incluso in paraffina.
48
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 11
FLOW-CHART PER LA DIAGNOSTICA DELLA MALATTIA
TROFOBLASTICA GESTAZIONALE
EZIO FULCHERI, YURI MUSIZZANO
PROPOSTA DI CENTRALIZZAZIONE DELLA MALATTIA
TROFOBLASTICA GESTAZIONALE IN LIGURIA
Centro di Embriopatologia e Patologia feto-neonatale, U.O. Anatomia Patologica Universitaria,
Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - Genova
Implementazione notizie cliniche
Nelle pagine seguenti vengono illustrati i principali documenti relativi alla strategia diagnostica
multidisciplinare nei casi di malattia trofoblastica gestazionale (MTG).
Tali documenti sono frutto della sintesi tra le esperienze delle diverse Unità Operative
coinvolte, e riassumono ciò che in gran parte già avviene regolarmente nella pratica clinica
e anatomopatologica di ogni giorno, tentando di mettere in luce ciò che ancora deve essere
implementato per migliorare il servizio offerto alle pazienti.
U.O. Richiedente
U.O. di Anatomia
Patologica
Territoriale
Monitoraggio della paziente
I.O. n° 2
I.O. n° 3
Diagnosi
o sospetto di MTG
unitamente a:
I.O. n° 1
scheda clinica approfondita
- blocchetto/i di inclusione in paraffina
- copia del referto istologico
Centro di Embriopatologia e
Patologia Feto-neonatale A.O.U.
San Martino Genova
TTSP
Coriocarcinoma
Second Opinion
Valutazione fattori
prognostici (neoplasie)
Caratterizzazione
morfofunzionale (mole)
I.O. n° 5
Laboratorio Analisi
Agenzia Regionale
Sanitaria
Registro della MTG
Mola parziale
Mola completa
Sospetta Mola
Anatomia e Istologia Patologica
Istituto “G. Gaslini” Genova
Diagnosi
definitiva
Ricerca, conferma e
caratterizzazione della
I.O. n° 4
MTG precoce e di
anomalie cromosomiche
Fig. 2 – Il diagramma illustra il sistema integrato della diagnostica specialistica multidisciplinare della malattia
trofoblastica gestazionale, in parte già in atto. Le procedure cardine sono codificate in opportune Istruzioni
Operative (I.O.), parte delle quali sono riportate nelle pagine seguenti.
Fig. 1 – Il monitoraggio della malattia trofoblastica gestazionale, attuato in primo luogo dalle U.O. di Anatomia
Patologica e dal Centro di Embriopatologia e di Patologia Feto-neonatale, è unʼattività complessa che non può
prescindere da una stretta interazione con altre reti. Tra queste, un ruolo fondamentale è svolto dalla Rete Regionale
delle Malattie rare e dovrà essere svolto in futuro dalla Rete Oncologica, per quanto riguarda le patologie
trofoblastiche (coriocarcinoma e tumore trofoblastico del sito placentare).
50
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CHECKLIST FOR THE MICROSCOPIC EXAMINATION OF ABORTION SPECIMENS
Modified from: Musizzano Y, Fulcheri E.
Decidual vascular patterns in first-trimester abortions. Virchows Arch (2010) 456:543–560
c Parietal c Capsular
DECIDUA: c Basal (including Nitabuchʼs stria)
c Arias-Stella reaction
c Normal c Poor
Decidualization:
c Recent c Old
Hemorrhage
Inflammatory infiltrate: c Aspecific c Necrobiotic c Lympho-plasmocytic c Granulocytic
c Thrombosis
c Calcium deposition
c Necrosis c Edema
Other findings
c Retained chorionic villi: c typical
c atypical
c Trophoblast proliferation of :
c intermediate trophoblast
c syncytiotrophoblast
c cyto- and syncytiotrophoblast
DECIDUAL ARTERIES
c Poorly converted
a) in the implantation site: c Normally converted
c Sclerosis of vascular walls
c Intimal thickening
b) at distance:
c Thrombosis
c Perivascular infiltrate: lympho-plasmocytic / granulocytic
CHORIONIC PLATE:
Fibrin deposition:
Hemorrhage:
Infarction:
Other changes:
Villous morphology consistent with:
Branching:
Villous morphology
Trophoblast
c
c
c
c
c
c
c
c
c
c
c
c Moderate
c In clusters
Scarce/mild
c Intervillous
c Retroplacental
Marginal
c Organizing
Recent
c Calcium deposition
Necrotic debris
c Second trimester
First trimester
c Irregular
Regular
c Abnormal
Normal
Normal trophoblast bilayer including cytotrophoblast and syncytiotrophoblast
Hyperplasia of cytotrophoblast c Hyperplasia of syncytiotrophoblast
c Degeneration
c Vacuolization
Invagination c Inclusion
Mineralization of basement membrane (calcium or iron)
Stroma
Cellularity:
Changes
Infiltrate:
c normal
c increased
c waxy degeneration c fibrosis
c lympho-plasmocytic c granulocytic
Vessels
c Normal
c Dilated
c decreased
c necrosis c hydrops c cistern formation
Scheda per la raccolta dei dati clinico-anamnestici in caso di MTG
Anno
N° esame
U.O. richiedente
Cognome della madre
/
Età
Origine etnica
Attività lavorativa
Anamnesi patologica
Assunzione di farmaci
Anamnes familiare per sindromi malformative
Gravidanze precedenti
Caratteristiche dei precedenti feti/nati
Cognome del padre
Età
Origine etnica
Attività lavorativa
Anamnesi patologica
Assunzione di farmaci
Anamnesi familiare per sindromi malformative
Fig. 4 – LʼIstruzione Operativa n° 2 può essere riassunta nella scheda per la raccolta dei dati clinico-anamnestici
della paziente, che viene effettuata presso la U.O. di Ginecologia ed Ostetricia una volta formulato il sospetto
diagnostico di MTG.
c Collapsed c Absent (avascular villi)
c Absent in the specimen Number of vessels: c 3 c 2 c Other: ______________
CORD
Inflammatory infiltrate: c Lympho-plasmocytic c Granulocytic
c Yolk sac
EMBRIONAL ADNEXA: c Allanthoyd
c Absent in the specimen
c Parts of ____________ normally developed for gestational age
Fig. 3 – LʼIstruzione Operativa n° 1 è costituita sostanzialmente dalla checklist per lʼesame istopatologico del
materiale corion-deciduale di natura abortiva, che viene condotto seguendo procedure standard in tutte le U.O. di
Anatomia Patologica della Liguria (modificato da: Musizzano Y, Fulcheri E. Decidual vascular patterns in firsttrimester abortions. Virchows Arch 2010;456:543–60).
52
/
Luogo di residenza
RBC count c Nucleated RBCs in normal proportion for gestational age
c Nucleated RBCs in inadequate proportion for gestational age
c Absent in the specimen
MEMBRANES
Inflammatory infiltrate: c Lympho-plasmocytic c Granulocytic
EMBRYO/FETUS:
Data richiesta
53
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CARATTERIZZAZIONE IMMUNOISTOCHIMICA DELLA MTG
Materiale abortivo
Fissazione in formalina
Processazione standard
Inclusione in paraffina
Definizione dell’attività proliferativa del trofoblasto
Ki-67
Conferma della natura trofoblastica di elementi cellulari
CAM 5.2
Tipizzazione delle diverse popolazioni trofoblastiche
β-hCG
hPL
PLAP
Mel-CAM
E-caderina
Colorazione con EE
Esame istologico
routinario
Immunoistochimica
CD 31
vascolarizzazione villi
P57
origine (paterna/materna)
del cariotipo
FISH
- sonde DNA LSI
per i cr. 13, 21, 22
- α satellite per i
cr. 16, 18, X, Y
Marcatori delle varianti del trofoblasto
Marcatore
Trimestre
β-hCG
I
III
I
II
+
+
+
+/-
-
++ +++
Citotrofoblasto
-
-
-
-
III
I
+++ ++++ +/-
+
Trofoblasto
intermedio
Sinciziotrofoblasto ++++
-
EMA
PLAP
HPL
II
++
+/-
-
-
II
III
++
++
-
-
Cam5.2 OF-FN CD 146
I
I
-
+++
+
+++
-
+++
I
I
+++
+++
Fig. 5 – LʼIstruzione operativa n° 4, riassunta nello schema in figura, riguarda le principali metodiche utilizzate
nella parte di diagnostica delle gravidanze molari di competenza della U.O. Anatomia Patologica dellʼIstituto “G.
Gaslini”. Per lʼanalisi in FISH vengono adottati i seguenti criteri:
- si analizzano le cellule del citotrofoblasto e le cellule stromali mesenchimali per un totale di 120 elementi;
- viene indicata trisomia quando più del 50% delle cellule esaminate sono trisomiche;
- per soglie più basse si avanza solo lʼipotesi di possibile trisomia;
- una piccola percentuale (inferiore al 5%) di cellule con anomalie viene tollerata;
- si considera monosomia se la presenza di un solo segnale è osservata in più del 40% delle cellule.
Fig. 6 – LʼIstruzione Operativa n° 5 prevede lʼeffettuazione sistematica di alcune specifiche cimentazioni
immunoistochimiche volte a caratterizzare in particolare il fenotipo e la cinetica proliferativa delle differenti
popolazioni trofoblastiche. Si tratta di un passaggio fondamentale per permettere di comprendere il comportamento
biologico (benigno o aggressivo) e la reale natura della proliferazione trofoblastica alla base della MTG studiata.
(Modificato da: Fulcheri E, Mariuzzi GM, Mariuzzi L. Patologia della gravidanza e malattia gestazionale
trofoblastica, Cap. 12.8 in: Mariuzzi GM. Anatomia Patologica e correlazioni anatomo-cliniche. Piccin Nuova
Libraria, 2006).
54
55
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
ABORTIVITÀ SPONTANEA:
CONCETTI EMERGENTI
CAPITOLO 12
• Lʼetà materna al momento della gravidanza è costantemente in aumento in Liguria
e ciò costituisce un indubbio fattore di rischio per la patologia della riproduzione
umana.
• La diagnostica integrata anatomo-clinica con lʼesame istologico del prodotto abortivo
rappresenta un momento determinante nella gestione dellʼabortività spontanea del
primo trimestre di gestazione, sia essa occasionale, ripetuta o abituale.
• La perdita del momento diagnostico determina lʼimpossibilità di operare in termini
di cura nei confronti non solo della donna ma anche, in senso più ampio, della
coppia.
• Nellʼabortività spontanea, come in tutta lʼattività diagnostica dellʼinfertilità di
coppia, le indagini attuali o retrospettive sul materiale biologico raccolto si proiettano
significativamente sullo stato di salute della coppia e della madre in particolare
divenendo vero strumento di medicina preventiva per quelle malattie a esordio in
gravidanza (diabete ed ipertensione) che sono comunque presenti, seppure latenti o
misconosciute, nella donna.
• La riduzione minimalistica o lʼabolizione dellʼattività diagnostica anatomopatologica
si traduce in un aumento esorbitante dei costi per esami non mirati, che al contrario
potrebbero essere evitati effettuando indagini specifiche e indirizzate.
• In questʼottica deve collocarsi anche il monitoraggio della malattia trofoblastica
gestazionale. Non si può parlare di incidenza reale delle mole parziali o complete
se non si esaminano tutti gli aborti spontanei precoci. In caso contrario, verranno
riconosciute solo le mole invasive o persistenti.
LA MALATTIA TROFOBLASTICA GESTAZIONALE: PROGETTARE
UN SISTEMA DI QUALITÀ INTEGRATO PER LA GESTIONE
DI UNA “RETE VIRTUALE DI ECCELLENZA”
ROSA BELLOMO
Relazioni Scientifiche e Brevetti, Direzione Scientifica, IRCCS “Giannina Gaslini” – Genova
Sin dal 1998 i Programmi nazionali della qualità dei Piani Sanitari nazionali sono principalmente
finalizzati a rendere sistematico lʼorientamento del SSN verso la valutazione e la promozione
della qualità dellʼassistenza sanitaria, coinvolgendo la dimensione professionale, quella
organizzativo - aziendale e quella relazionale dellʼassistenza.
La necessità di creare una Rete virtuale di eccellenza viene dallʼesigenza degli stakeholders
( principali portatori di interesse) per la promozione della qualità e sicurezza della corretta
diagnosi e gestione della malattia trofoblastica gestazionale:
• i professionisti sanitari;
• le strutture sanitarie;
• gli enti istituzionali;
• gli utenti.
Il coinvolgimento di tutti questi soggetti permette di acquisire e rinnovare la consapevolezza
di specificità, e permette, quindi, di realizzare un sistema integrato per la gestione di tale
patologia.
Le finalità specifiche si possono quindi individuare in:
• ottimizzare la diagnosi e la cura della malattia trofoblastica gestazionale e prevenirne le
complicanze;
• promuovere la partecipazione attiva della paziente alla gestione della propria malattia;
• diffondere le migliori pratiche tra i diversi soggetti coinvolti:
- ginecologi
- oncologi
- anatomopatologi
- genetisti
- medici di famiglia
I risultati attesi
• maggiore congruenza della domanda di prestazioni richieste alle strutture diagnostiche e
conseguente riduzione dei tempi di attesa;
• migliore appropriatezza delle prestazioni erogate;
56
57
La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
• uniformità dei percorsi di cura (esami, test diagnostici, terapia, visite di controllo e
specialistiche);
• facilitazione nella gestione del follow-up;
• migliore organizzazione nellʼottenimento di servizi da parte delle pazienti;
• più coerente allocazione delle risorse disponibili per la cura;
• aumento del grado di soddisfazione e miglioramento della qualità di vita della persona.
Gli strumenti
Nellʼambito del Progetto si vogliono realizzare un insieme di azioni volte a favorire il
miglioramento dellʼassistenza:
Predisposizione di un documento di indirizzo della rete virtuale di eccellenza che individua i
requisiti organizzativi diagnostici e clinico organizzativi per la “gestione integrata della malattia
trofoblastica gestazionale“ .
È di fondamentale importanza la corretta progettazione di un Sistema Qualità corredato di un
sistema di indicatori specifici mediante lʼintegrazione e lʼorientamento di:
- requisiti minimi organizzativi e gestionali delle strutture sanitarie identificati dagli
Standard di Accreditamento Istituzionale Regionali;
- disciplinari specifici dettati da Società Scientifiche (per esempio: accreditamento
professionale specifico delle strutture di genetica medica SIGU, ruolo e accreditamento
delle anatomie Patologiche nellʼorganizzazione ospedaliera e territoriale del Piano Socio
Sanitario della Regione Liguria SIAPEC-IAP);
- principali normative di riferimento per le biobanche (Linea guida per lʼistituzione e
lʼaccreditamento delle biobanche, CNBBSV, 19 aprile 2006, Decreto del Ministero delle
Attività produttive del 15 maggio 2006, art. 2-1, b., Autorizzazione del Garante della
Privacy al trattamento dei dati genetici del 22 febbraio 2007, Linea guida “Biobanche e
centri per le risorse biologiche di campioni umani, istituiti a fini di ricerca”, CNBBSV, 21
novembre 2008, Linee guida SIGU, 2003, Legge n. 85 del 30 giugno 2009, contenente
norme per Istituzione della Banca dati nazionale del DNA e del Laboratorio Centrale.,
Linee guida Ocse per i centri di risorse biologiche (CRB), 2007., Raccomandazione della
Commissione Europea 2006/4/CE, Direttiva europea 2004/23/CE, Raccomandazioni
della Regione Liguria per il Riconoscimento delle Biobanche Liguri);
Identificazione di un panel multidisciplinare di esperti: è condizione basilare per analizzare
gli studi primari, le revisioni sistematiche e le linee-guida disponibili in letteratura.
Attivazione di un sistema informativo allʼinterno del quale tutti gli attori coinvolti possano
scambiare e condividere le informazioni essenziali alla realizzazione del Progetto ( la gestione
clinica, le funzioni attive di follow-up, la valutazione dellʼefficacia-efficienza, etc). Si precede
con unʼanalisi delle informazioni e delle funzionalità necessarie al sistema informativo,
indipendente da quella successiva della realizzazione del sistema informatico tecnologico.
Predisposizione di pacchetti formativi e di un piano di formazione rivolto a tutti i professionisti
coinvolti nel processi di gestione della malattia trofoblastica gestazionale. Lʼacquisizione di
nozioni, linguaggio e atteggiamenti comuni è, infatti, una condizione necessaria per applicare
con successo la gestione per percorsi diagnostico-assistenziali. Il piano di formazione vuole
essere uno strumento a disposizione delle Regioni per lʼimplementazione della gestione
integrata, attraverso lʼattivazione di momenti di riflessione e formazione comuni tra gli operatori
dei vari servizi e i gruppi portatori di interessi, orientati alla condivisione e alla valutazione delle
nuove strategie operative.
Progettazione di una campagna di informazione e comunicazione sulla gestione integrata
della malattia trofoblastica gestazionale e sulla prevenzione delle complicanze che prevede
la partecipazione attiva dei diversi interlocutori (pazienti, operatori della rete dei servizi, enti
istituzionali ) per arrivare alla produzione di materiale informativo condiviso.
Verifica dei risultati qualitativi: uno degli obiettivi più innovativi della prima fase è il
censimento di azioni di miglioramento avviate dalle strutture in tema di qualità sulla base di
obiettivi generali e specifici definiti dal documento di indirizzo, allo scopo di individuare,
sostenere e diffondere le iniziative più significative ed esemplari in tema di qualità. A questo
scopo saranno predisposte apposite schede di rilevazione per il censimento dei progetti avviati,
con la richiesta ai professionisti di descriverne gli obiettivi, i risultati, e le criticità rilevate.
Attività sistematica di fund raising Lʼ auspicabile ottenimento di finanziamenti internazionali,
nazionali e regionali consente alle strutture sanitarie e agli enti istituzionali coinvolti nella gestione
della malattia trofoblastica gestazionale, di sostenere le spese connesse alla realizzazione di
precisi programmi dʼinvestimento per favorire lʼinnovazione, la ricerca, lo sviluppo tecnologico
e strutturale e il miglioramento continuo della qualità.
- standard per Sistemi Qualità riconosciuti a livelli internazionale e applicati in ambito
sanitario come UNI EN ISO 9001:2008 “Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti”;
UNI EN ISO 15189:2007 Laboratori medici - Requisiti particolari riguardanti la qualità e
la competenza.
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 13
ALCUNE NOTE SUL CONSENSO INFORMATO
MIRELLA ROSSI, ALESSIA SALETTI
Agenzia Regionale Sanitaria, Regione Liguria.
Per consenso informato sʼintende lʼaccettazione libera e consapevole del soggetto interessato,
previamente informato in maniera chiara ed esaustiva dal medico, ad un trattamento clinico
e/o farmacologico o allʼeffettuazione di esami strumentali e di laboratorio facenti parte di un
percorso terapeutico.
Lʼobbligatorietà di un consenso libero ed informato discende dal dettato costituzionale, da
regolamentazione Comunitaria, da previsioni normative e deontologiche.
La nostra Carta Costituzionale afferma che “la libertà personale è inviolabile” (art. 13), e che
“nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge, la
quale non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” (art.
32).
La Convenzione sui diritti dellʼuomo e la biomedicina, sancita ad Oviedo il 4 aprile 1997 e
pertanto in seguito ricordata come «Convenzione di Oviedo», sottoscritta da 32 Stati, tra i quali
lʼItalia, prevede sullʼargomento del consenso informato: allʼArticolo 5 – la Regola generale;
allʼArticolo 6 – la Protezione delle persone che non hanno la capacità di dare consenso;
allʼArticolo 7 – la Tutela delle persone che soffrono di un disturbo mentale; allʼArticolo 8 – le
Situazioni dʼurgenza; allʼArticolo 16 - la Tutela delle persone che si prestano ad una ricerca.
Così come dalla Carta dei Diritti fondamentali dellʼUnione Europea, adottata a Nizza il 7
dicembre 2000, si desume come il consenso libero e informato oltre a conferire legittimità al
trattamento, sia prima di tutto considerato un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino
europeo, (Titolo 1, «Dignità», articolo 3, «Diritto alla integrità personale»).
Nel Codice Deontologico dei medici italiani del 16 dicembre 2006 il tema del consenso
informato ricopre un posizione di primo rilievo là dove afferma - CAPO IV Informazione e
consenso - allʼart 33 ( Informazione al cittadino):” Il medico deve fornire al paziente la più
idonea informazione ....” e allʼart 35 (Acquisizione del consenso):
• Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza lʼacquisizione
del consenso esplicito e informato del paziente.
volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo.
• Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possono comportare grave
rischio per lʼincolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema
necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una
opportuna documentazione del consenso.
Il formidabile sviluppo della genetica, seguito alla scoperta delle basi costituenti il genoma
umano nellʼanno 2000, e la conseguente proliferazione di dati genetici - per loro stessa natura
- sensibili, ha determinato particolare attenzione da parte di numerosi organismi internazionali
producendo numerosi documenti tra i quali:
•
•
•
•
•
le raccomandazioni del Consiglio dʼEuropa sui dati e sui test genetici;
la Convenzione sui diritti dellʼuomo e la biomedicina del 1996;
la Dichiarazione universale sul genoma e i diritti umani dellʼUnesco del 1997;
la Carta dei Diritti fondamentali dellʼUnione Europea;
la Direttiva 2004/23/CE sullʼutilizzazione dei tessuti e delle cellule umane.
A livello nazionale, lʼAutorizzazione generale al trattamento dei dati genetici del Garante per la
protezione dei dati personali pubblicata il 22/02/2007 ha tra lʼaltro:
• introdotto una specifica definizione di “dato genetico”;
• provveduto a dettagliare sia lʼambito delle finalità, sia le categorie di titolari autorizzati al
trattamento;
• escluso lʼutilizzo di dati genetici ai datori di lavoro e alle imprese di assicurazione.
Sono inoltre previste nel provvedimento le modalità di trattamento dei campioni biologici e dei
dati genetici per raccolta e conservazione, ricerca scientifica e statistica, misure di custodia e
sicurezza.
Infine, con lʼaccordo tra il Ministro della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano sulle “Linee guida per le attività di genetica medica” si sono stabilite regole condivise
a livello nazionale, inerenti test genetici, norme e percorsi per lʼeffettuazione delle diverse
tipologie di test genetici.
• Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la
particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze
delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata dalla
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 14
Coloro che sono coinvolti nella gestione di un test genetico, compreso il personale di laboratorio,
sono tenuti al segreto professionale e devono pertanto astenersi dal fornire qualsiasi informazione
a chiunque, inclusi i familiari senza lʼesplicito permesso scritto dellʼutente.
Lʼeffettuazione di un test genetico deve essere sempre accompagnata da unʼampia discussione
sullʼutilità e appropriatezza del test. Deve essere fornita, al momento della consegna del referto,
da personale medico qualificato, lʼinterpretazione dei risultati e le informazioni necessarie alla
loro gestione.
CONSENSO AI TEST GENETICI
PAOLA MANDICH
Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica (DiNOG), Università degli Studi di Genova
LʼAccordo tra il Ministro della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul
documento recante: «Linee guida per le attività di genetica medica». (Accordo ai sensi dellʼart.
4, del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281) ha stabilito la definizione di test genetico, le
norme e i percorsi per lʼeffettuazione delle diverse tipologie di test genetici.
Definizione di test genetico
Per test genetico si intende lʼanalisi a scopo clinico di DNA, RNA, cromosomi, proteine,
metaboliti o altri prodotti genici per evidenziare genotipi, mutazioni, fenotipi o cariotipi correlati
o meno con patologie ereditabili umane.
Questa definizione include gli screening prenatali, neonatali e dei portatori, così pure i test sulle
famiglie a rischio. I risultati di queste indagini si possono applicare alla diagnosi ed alla prognosi
di malattie ereditarie, alla predizione del rischio-malattia, allʼidentificazione dei portatori sani,
alle correlazioni fenotipo-genotipo.
Effettuazione dei test genetici
La comunicazione, lʼinterpretazione dei risultati e la consulenza sulle loro possibili implicazioni
devono essere considerate parti integranti di un test genetico.
Gli utenti potenziali di un test genetico devono essere informati sulle caratteristiche e sulle
possibili implicazioni dei diversi risultati prima di effettuare il test.
Le informazioni necessarie alla richiesta del consenso devono includere:
• sensibilità e valore predittivo di un test genetico;
• modalità di esecuzione e della comunicazione del risultato;
• implicazioni del test, rischi problematiche psicologiche, sociali, etiche;
• riservatezza e conservazione del materiale genetico e dei dati;
• disponibilità del campione biologico per altri fini (ricerca, biobanca, etc.).
Chi si sottopone ad un test genetico deve essere informato delle modalità con le quali gli/le verrà
comunicato il risultato prima che il test venga eseguito.
Chi gestisce il test ha lʼobbligo di comunicare il risultato sia esso negativo o positivo. Al contrario
chiunque si sottoponga al test, pur dopo averne dato il consenso, deve essere lasciato libero di
non conoscerne il risultato, anche se il test è già stato eseguito.
Lʼaccesso al risultato del test è consentito solo a chi sia stato esplicitamente indicato per iscritto
dallʼutente.
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Peculiarità dei test genetici
Un test genetico differisce per molti aspetti da altri test che vengono eseguiti nella pratica
medica:
• può essere eseguito con finalità diagnostiche ma anche per predire patologie future. Può
quindi esserci un periodo di latenza anche lungo fra la comunicazione del risultato del test
e il manifestarsi della patologia oggetto della predizione;
• lʼinformazione derivante dal test genetico è permanente in quanto non si modifica nellʼarco
di vita dellʼindividuo;
• il test genetico fornisce informazioni non solo sullʼindividuo testato ma anche sui suoi
familiari.
Il processo di acquisizione del consenso relativo al trattamento dei dati personali e del consenso
a sottoporsi, ove indicato, a test genetico è quindi uno dei momenti cruciali nello svolgimento
della visita ambulatoriale ed è compito del dirigente medico, nellʼambito di una consulenza
genetica.
Tale pratica si rende necessaria, da un lato per assolvere alla legge, e dallʼaltro per formalizzare
lʼavvenuta comunicazione, da parte del medico, al paziente della finalità e potenzialità del test,
dei limiti tecnici e dei possibili risultati attesi e testimoniare lʼaccettazione/rifiuto da parte del
paziente.
Lʼacquisizione del consenso del paziente è un elemento fondamentale nel percorso terapeuticodiagnostico dellʼambulatorio di genetica medica in quanto è obbligatorio, per i test genetici,
verificare la libera e consapevole decisione del soggetto di sottoporsi a un test geneticomolecolare le cui implicazioni devono essere discusse ampiamente prima della decisione,
soprattutto in caso di test presintomatici
Test sui minori
I test genetici possono essere effettuati sui minori solo a scopo diagnostico o solo nel caso
che esistano concrete possibilità di terapie o trattamenti preventivi efficaci da attuare prima del
raggiungimento della maggiore età.
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 15
INTERFACCIA CON LA RETE DELLE MALATTIE RARE
AMNON COHEN
Direttore S.C. Pediatria e Neonatologia, Ospedale San Paolo, ASL 2 Savonese
Centro Interregionale per la Diagnosi e Cura delle Malattie Rare
La malattia trofoblastica gestazionale (MTG) presenta unʼincidenza di 1 caso ogni 1.500
gravidanze nel mondo occidentale (USA e Europa). Esaminando lʼincidenza delle forme
ricorrenti-genetiche della MTG si evidenzia che tale patologia ha unʼincidenza ancora più bassa
e avrebbe quindi tutto il diritto di far parte dellʼelenco delle malattie rare, come infatti risulta
da altri registri quali lʼOrphanet. Tuttavia, tale patologia non è ancora inserita nellʼelenco delle
malattie rare del nostro Ministero alla Salute.
Lʼinterfaccia della rete delle malattie rare è in grado di fornire diversi vantaggi per il paziente, il
medico e la società attraverso unʼadeguata programmazione del Servizio Sanitario Nazionale.
• Vantaggi per la paziente: la rete delle malattie rare sarebbe in grado di rompere il senso
di solitudine che affligge la paziente e i suoi familiari. Difatti, non è casuale la definizione
delle malattie rare come “malattie orfane”. La concentrazione di più pazienti affetti da una
specifica malattia rara in un centro specializzato offre loro una certezza ulteriore derivante
dal sentirsi seguiti, secondo protocolli nazionali e internazionali, da un team competente
in materia. Inoltre, nei limiti della legge sulla privacy, i pazienti potrebbero anche avere
la possibilità di incontrare altri pazienti affetti dalla stessa patologia, scambiando le loro
personali esperienze e contribuendo a ridurre il senso di disorientamento che caratterizza
i pazienti affetti da tali patologie. Spesso, questi incontri possono dare lʼavvio a progetti
di auto mutuo aiuto dove il paziente diventa parte integrale del team multidisciplinare di
cura. Il riconoscimento da parte del centro di riferimento di un paziente affetto da una
patologia rara consente al paziente di usufruire dellʼesenzione ticket sulle prestazioni
erogate dal presidio della rete, finalizzate alla diagnosi, al monitoraggio della malattia e
alla prevenzione di eventuali aggravamenti. Nei casi di malattia ereditaria saranno esenti
da ticket anche gli esami genetici effettuati sui familiari.
• Vantaggi per il medico: il medico curante (generico o pediatra di libera scelta) è soltanto
eccezionalmente in grado di riconoscere e trattare una patologia rara. Nel caso di un sospetto
diagnostico di malattia rara il paziente viene indirizzato dal medico stesso allʼospedale di
riferimento o, nel caso di fondato sospetto di una patologia specifica, direttamente ad uno
dei presidi della rete in grado di garantire la diagnosi della specifica malattia. Il curante
rientra così a far parte del team multidisciplinare insieme ai servizi del territorio, il centro
di riferimento etc. In seguito alla definizione diagnostica e alla formulazione del piano
di cura da parte del centro di riferimento, il curante dovrà assumere la sfida e il compito
di “case manager”. Il medico curante diventa così una figura centrale nella gestione del
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paziente con patologia rara e ha come obiettivo quello di ricomporre i frammenti del puzzle
delle varie specialità e sottospecialità, tutelando il benessere soggettivo, reale e percepito
del bambino/paziente; il curante assumerebbe così il ruolo di una sorta di procuratore della
persona ammalata.
Il medico del centro di riferimento avrebbe il vantaggio di aumentare la propria esperienza
in merito alla specifica patologia rara di cui è esperto, in modo proporzionale al numero
di pazienti seguiti. Egli acquisterebbe così la necessaria confidenza con la patologia e con
il paziente stesso, con una maggiore capacità di fornire risposte immediate e precise al
paziente.
• Vantaggi per la società: fornire un servizio per il benessere della persona richiede una
scrupolosa e complessa programmazione. Quando poi si tratta di una patologia rara-orfana,
la necessità di un disegno di pianificazione è irrinunciabile. La gestione dei pazienti con
malattia rara richiede ingenti investimenti economici, sproporzionati rispetto alla sola
“quota capitaria”, rivolti ad una minoranza della popolazione. Identificare e potenziare
centri specializzati in materia, eseguire esami genetici specifici costosi, stimolare lʼindustria
farmaceutica ad investire le proprie risorse nella ricerca e nella distribuzione di “farmaci
orfani” con limitate indicazioni terapeutiche sono solo pochi esempi della complessità di
una programmazione politica sanitaria per la gestione delle patologie rare. Curare i pazienti
con malattie rare mette indubbiamente in scacco le razionalità economiche della politica
sanitaria ma, nello stesso tempo, costituisce il più alto grado di civiltà di un Paese.
Per poter fornire unʼadeguata risposta alle specifiche esigenze del paziente affetto da malattia
rara sono a disposizione diversi strumenti quali:
• legislazioni in materia con i relativi finanziamenti;
• Reti Regionali ed interregionali per la diagnosi e cura delle malattie rare;
• Registri Regionali e Nazionale delle malattie rare, attualmente in fase di attivazione in
Regione Liguria con lʼavvio di un sistema informatico specifico;
• il terzo settore (associazioni di genitori e/o di pazienti con malattie rare), il cui compito
è quello di tutelare la categoria dei pazienti e di dotare il sistema “sanità -> paziente” (a
senso di marcia unico) di un meccanismo di “feedback”. Questo rappresenta il tentativo
della società civile di riappropriarsi della funzione (o almeno di una parte) di produrre
beni e servizi di interesse sociale, che non rimane più di esclusiva competenza dello
stato. Il meccanismo di “feedback” corrisponde allʼapparato di verifica e controllo del
funzionamento del sistema. Le associazioni dei pazienti assumono quindi un ruolo attivo
di collaborazione allo scopo di migliorare ulteriormente il servizio rivolto a loro stessi. Il
sistema diventa così un sistema a doppio senso di marcia ovvero “sanità -> paziente ->
sanità”.
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 16
terapia in una paziente gravida è sempre complicata dalla mancanza di informazioni. Pochi
farmaci risultano sicuramente teratogeni per lʼuomo (non più di una trentina), e la quota dei
difetti congeniti ad essi ascrivibile è certamente molto limitata. È prudente lʼutilizzo di farmaci
per i quali siano disponibili informazioni ed esperienze cliniche precedenti, in quanto ogni
nuovo farmaco può essere teratogeno. Nella pratica clinica si può far riferimento a classificazioni
del rischio farmacologico relativo alla gravidanza. Già dal 1984, gli USA e altri Paesi hanno
introdotto sistemi che classificano i farmaci per categoria di rischio materno-fetale. Tra queste
la Food and Drug Administration, ha elaborato, sulla base dei dati negli animali e nellʼuomo, 5
classi farmacologiche: A, B, C, D e X. (Tab. 1).
FARMACI IN GRAVIDANZA
FRANCESCA MATTIOLI
Dipartimento di Medicina interna e Specialità mediche (DIMI), Università di Genova
È generalmente accettato che il 5% di tutti i nati possa avere un difetto congenito. Con questa
definizione sʼintende non solo unʼalterazione anatomica o strutturale, ma anche un difetto
metabolico o funzionale (compreso il ritardo mentale) causato da una anomalia genetica o da
un agente chimico, fisico o infettivo che agendo durante la vita prenatale determina un danno
permanente alla salute del soggetto tale da richiedere un intervento medico.
Nella maggioranza dei casi la causa è ascrivibile a fattori genetici, mentre nel 10% circa dei
casi è riconoscibile un fattore esterno (chimico, fisico, biologico) in grado di agire direttamente
sullo sviluppo embrio-fetale, alterandolo. Esiste una sensibilità diversa ai vari fattori esterni che
possono agire sullʼembrione ed il feto, non solo dose dipendente o specie specifica, ma anche
dovuta ad un periodo critico di esposizione. Tra questi fattori esterni, i farmaci determinano
allʼincirca lʼ1% di tutti i difetti congeniti ad eziologia nota. Se ne deduce che un corretto e
prudente uso dei farmaci nelle donne in età fertile o in gravidanza è un importante mezzo di
prevenzione concretamente realizzabile.
Fino a pochi decenni fa, era opinione generale che la placenta avesse la funzione di barriera
protettrice del feto verso gli agenti nocivi. Negli anni ʻ60, la “catastrofe” talidomide, con la
nascita di molte migliaia di bambini severamente malformati, mise in evidenza che i farmaci
assunti dalla madre possono attraversare la placenta e possono avere effetti avversi sul feto. La
conseguenza del “disastro” talidomide è stata quella di condurre ad una maggiore consapevolezza
del potenziale rischio dei farmaci di causare malformazioni congenite ed altri disordini dello
sviluppo e della necessità di studiarne meglio il meccanismo dʼazione. Tutti i farmaci teratogeni
determinano generalmente una specifica malformazione in un periodo sensibile della gestazione,
con un effetto dose-dipendente.
Tab. 1
Definizioni delle categorie di rischio dei farmaci usate dalla FDA
Categoria A
Studi controllati nellʼuomo non hanno dimostrato un rischio per il feto nel Iº trimestre
(e non cʼè evidenza di rischio nella seconda parte della gravidanza), e la possibilità di
danno fetale sembra remota.
Categoria B
Studi riproduttivi sugli animali non hanno mostrato un rischio per il feto ma non
esistono studi controllati sullʼuomo oppure, studi sugli animali hanno mostrato un
effetto dannoso (oltre a un decremento della fertilità) che non è stato confermato con
studi controllati in donne nel I trimestre (e non cʼè evidenza di danno nelle fasi avanzate
della gravidanza).
Categoria C
Studi sugli animali hanno rilevato effetti dannosi sul feto (teratogenico, letale o altro) e
non ci sono studi controllati in donne oppure non sono disponibili studi né sullʼuomo né
sullʼanimale. Il farmaco dovrebbe essere dato solo se il potenziale beneficio giustifica il
potenziale rischio per il feto.
Categoria D
Cʼè un evidenza di rischio fetale nellʼuomo, ma i benefici dellʼuso in gravidanza
potrebbero essere accettabili nonostante il rischio (ad es. se il farmaco è necessario per
la sopravvivenza della paziente oppure per una grave malattia per la quale farmaci più
sicuri non possono essere usati o sono inefficaci).
Categoria X
Studi negli animali o nellʼuomo hanno evidenziato anomalie fetali o cʼè evidenza di
rischio fetale basato sullʼesperienza umana o entrambe le situazioni, e il rischio dellʼuso
del farmaco in gravidanza chiaramente supera ogni possibile beneficio. Il farmaco è
controindicato in donne che sono o potrebbero diventare gravide.
Riconoscere lʼeffetto teratogeno di un farmaco è un processo complesso che deve tener conto
di dati sperimentali nellʼanimale e dellʼesperienza nellʼuomo. Tuttavia gli studi su animale, pur
rappresentando un indispensabile punto di partenza, non forniscono mai una garanzia assoluta
per un utilizzo sicuro dei farmaci in gravidanza e solo lʼesperienza nellʼuomo consente un
giudizio definitivo.
I farmaci di classe A vengono indicati come farmaci sicuri in gravidanza, mentre quelli di classe
X presenterebbero una provata teratogenicità. Sono al momento in categoria C più del 60% di
tutti i farmaci, e per la maggior parte dei farmaci, i dati di sicurezza per la gravidanza umana
non sono disponibili.
La valutazione degli effetti teratogeni dei farmaci non può mai essere completa senza le
informazioni riguardanti i nati morti e gli aborti, in questi ultimi la prevalenza di malformazioni
è di solito maggiore rispetto ai nati vivi. In ogni caso, di solito è difficile ottenere i dati rilevanti
ed è virtualmente impossibile essere informati di tutti i casi.
Non tutti i farmaci usati in gravidanza sono ben classificati e pertanto la scelta della migliore
Queste classificazioni quindi sono in realtà spesso poco esaurienti, non sempre aggiornate, così
da creare difficoltà di interpretazione per i medici ed ansia nelle donne. Se rappresentano, dunque,
un buon punto di partenza per la valutazione del rischio farmacologico, vanno, comunque,
integrate con i dati di letteratura più recenti e con una accurata valutazione clinica del singolo
caso. Consigliare una paziente può quindi essere molto difficile; tenuto conto che il 40% delle
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La malattia trofoblastica gestazionale
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Il sistema integrato delle Reti
gravidanze risulta non programmato, è indispensabile che lʼuso dei farmaci sia controllato, su
prescrizione specialistica, evitando al massimo la possibilità di automedicazione. In alcuni casi,
la donna gravida può avere già una patologia, che richiede trattamento medico (es. epilessia,
diabete mellito, asma) oppure essa può svilupparne una come conseguenza della gravidanza.
In entrambi i casi non si può evitare lʼuso di farmaci durante la gravidanza, ed è importante
scegliere quelli che presentano il minore rischio sia per la madre che per il figlio. La gravidanza
quindi non esclude a priori lʼimpiego di terapie farmacologiche potenzialmente teratogene,
purchè siano effettuate nei periodi di non suscettibilità fetale. Ogni farmaco va utilizzato in
gravidanza solo in caso di provata efficacia e necessità.
Con tali presupposti, si evince come la sorveglianza dei farmaci assunti in gravidanza possa
essere rilevante per la comprensione dei meccanismi patogenetici di malattie rare e a eziologia
in parte ancora poco chiara come la malattia trofoblastica gestazionale (MTG). Lʼinterazione tra
farmaci assunti in precedenza, eventualmente come terapia di mantenimento, e farmaci aggiunti
successivamente per la gestione delle forme evolutive di MTG, impone inoltre un ulteriore
sviluppo delle tematiche di farmacosorveglianza.
A meno che si stia esaminando un farmaco per una patologia correlata alla gravidanza, i trials
clinici non vengono condotti in donne gravide. Lʼevidenza di un rischio teratogeno per lʼuomo,
molto spesso parte da un singolo case-report o da un piccolo numero di casi di malformati. Se
il farmaco è utilizzato da un numero limitato di donne, o determina una rara malformazione, già
pochi casi di difetti congeniti possono evidenziare un effetto teratogeno. Se, invece, è utilizzato
da un largo numero di pazienti, le poche segnalazioni riportate possono rappresentare quella
che è la naturale incidenza di malformazioni propria della popolazione generale. La prima
fonte di informazione per qualsiasi prodotto immesso sul mercato dovrebbe pertanto essere la
segnalazione spontanea degli eventi avversi attraverso un programma di vigilanza spontanea.
Studi di follow-up prospettici di donne esposte o studi dei registri delle gravidanze stanno
diventando sempre più comuni. A differenza delle segnalazioni spontanee, le donne gravide
vengono identificate e reclutate prima che sia noto il risultato e vengono seguite fino alla
conclusione della gravidanza.
Le iniziative possibili di un programma di vigilanza rientrano in due vaste categorie: 1) migliorare
la quantità e la qualità delle informazioni sui farmaci e sulla loro sicurezza in gravidanza, e 2)
migliorare la diffusione di queste informazioni.
La patogenesi della neoplasia trofoblastica gestazionale non è del tutto nota. Oltre alle cause
genetiche, alcuni autori hanno ipotizzato che il rischio di sviluppare mola possa dipendere
da diversi fattori tra i quali la dieta (1-3), la carenza di vitamina A (2), la gravidanza (5) e la
contraccezione (6), ma mancano studi definitivi e il loro ruolo rimane controverso.
I risultati di uno studio di coriocarcinoma gestazionale suggeriscono che livelli di estrogeni
inferiori alla norma possono essere associati a rischio di coriocarcinoma, forse a causa di una
perturbazione della normale ovulazione (7).
Bibliografia
1- Pour Reza M., Agheli N., Baghefi S. B., Serum creatinine and urea and protein level changes
in hydatidiform mole, Journal of the American Medical Association; 230:580–1, 1974
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Clin Genet ;71: 25-34. Review. PubMed PMID: 17204043, 2007
3- Martin P. M. High frequency of hydatidiform moles in native Alaskans, International Journal
of Gynaecology and Obstetrics; 15:395–6, 1978
4- MacGregor C., Ontineros E., Vargas E., Valenzuela S., Hydatidiform mole. Obstetrics and
Gynaecology; 11: 391–411, 1969
5- Berkowitz R. S., Goldstein O.P., Pathogenesis of gestational trophoblastic neoplasms,
Pathobiology Annual; 11: 391–411, 1981
6- Palmer J. R., Driscoll S., Rosenberg L. et al, Oral contraceptive use and risk of gestational
trophoblastic tumours, Journal of the National Cancer Institute; 91: 635–40, 1999
7- Buckley J.D., Henderson B.E., Morrow C.P., Hammond C.B., Kohorn E.I,. Austin D.F.,
Case–control study of gestational choriocarcinoma, Cancer Res; 48: 1004–10, 1988
8- Baltazar J. C. Epidemiological features of choriocarcinoma. Bull World Health Organ;
54:523-32, 1976
9- Rosenberg L., Palmer J.R., Shapiro S., Gestational trophoblastic disease and use of
contraceptives [letter]. Am J Obstet Gynecol; 161:1087–8, 1989
10- Brinton L.A., Wu B.Z., Wang W., Ershow A.G., Song H.Z., Li JY et al, Gestational
trophoblastic disease: a case–control study from the Peopleʼs Republic of China, Am J
Obstet Gynecol; 161: 121–7, 1989
11- Denise Williams, Victoria Hodgetts, Janesh Gupta, Recurrent hydatidiform moles, European
Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology; 150; 3–7, 2010
12- Van den Veyver I.B., Al-Hussain T.K., Biparental hydatidiform moles: a maternal effect
mutation affecting imprinting in the offspring, Human Reproduction; 12: 233–42, 2006
Alcuni studi (7-10), hanno sollevato lʼipotesi che lʼuso di contraccettivi orali prima della
gravidanza possa aumentare il rischio di tumori trofoblastici gestazionali.
Eʼ ancora ipotizzato che la stimolazione di processi infiammatori possa aumentare il rischio di
gravidanze molari (2). Studi osservazionali hanno identificato aumentati tassi di gravidanze molari
nei Paesi dove le malattie infettive sono diffuse e questo supporta lʼipotesi che unʼalterazione
dei processi infiammatori possa essere coinvolta nelle gravidanze molari (11-12).
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
CAPITOLO 17
dalla Commissione Europea nellʼambito del settimo programma quadro. La costruzione di
una infrastruttura che raccolga e coordini le biobanche europee permetterà di sviluppare il
potenziale di queste risorse e di facilitare alle istituzioni accademiche e industriali lʼaccesso ai
materiali e alle informazioni, grazie alla rilevazione e catalogazione delle risorse esistenti, alla
definizione di regole di accesso chiare e condivise, alla promozione degli scambi transnazionali
di materiali biologici e dati, allo sviluppo coordinato di risorse e tecnologie, al superamento della
frammentazione e allo sviluppo di strumenti di finanziamento.
I principi alla base della nuova infrastruttura sono lʼeccellenza scientifica e la rilevanza europea
delle istituzioni partecipanti, la prospettiva a lungo termine dei progetti di biobanking, la
trasparenza delle finalità, unʼorganizzazione efficiente e flessibile, la valorizzazione delle risorse
esistenti in termini di strutture e competenze. Le problematiche più rilevanti riguardano la
standardizzazione dei campioni e dellʼinformazione, le regole di accesso ai materiali, le questioni
etiche e legali, la sostenibilità a lungo termine.
BBMRI è organizzato in una rete distribuita di centri di coordinamento nazionali (hubs), che
coordinano le attività delle reti regionali e tematiche. Le biobanche di popolazione e di patologia,
le risorse biomolecolari e i centri tecnologici membri di BBMRI sono associati al centro di
coordinamento per il loro settore di attività. Questa struttura garantisce una grande flessibilità, in
quanto nuovi membri e partner possono associarsi alla rete in qualunque momento, e la rete può
adattarsi alle esigenze emergenti della ricerca biomedica.
LA RETE DELLE BIOBANCHE LIGURI
A SUPPORTO DELLO STUDIO DELLE MALATTIE ONCOLOGICHE:
RILEVANZA PER LA TIPIZZAZIONE E GESTIONE DELLA MALATTIA
TROFOBLASTICA GESTAZIONALE
BARBARA PARODI ¹, TIZIANA RUZZON ¹, MAURO TRUINI²
¹ Centro di risorse biologiche, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro-IST, Genova
² S.C. Anatomia e citoistologia patologica, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro-IST, Genova.
Il progresso della ricerca genomica e biomedica e la disponibilità di tecnologie innovative
permettono oggi di differenziare le malattie multifattoriali in entità diagnostiche più precise,
condizione indispensabile per lo sviluppo della medicina personalizzata, e di perseguire
lʼobiettivo di rendere il trattamento più efficace, ridurre gli effetti collaterali, ottimizzare il
disegno dei protocolli clinici, migliorare la prevenzione, individuare nuovi biomarcatori e geni
target per la drug discovery. Per chiarire lʼeziologia delle malattie complesse è necessario avere
a disposizione ampie raccolte di campioni biologici e dati epidemiologici, clinici, biologici e
molecolari su grandi numeri di pazienti e soggetti sani.
I campioni di tessuto tumorale, in particolare, rappresentano una risorsa preziosa per la ricerca
clinica e sperimentale in campo oncologico: con lʼavvento di nuove tecnologie per la valutazione
del genoma umano, delle complesse reti di interazione tra biomolecole e delle conseguenze
funzionali di tali alterazioni, gli studi su campioni umani sono critici nel processo di scoperta di
nuovi meccanismi di cancerogenesi, progressione, resistenza al trattamento. La raccolta e lʼanalisi
di campioni biologici è una procedura necessaria per la diagnosi, e lo stretto coinvolgimento dei
servizi di Anatomia Patologica nei centri di raccolta del materiale è essenziale per lʼuso corretto
dei campioni conservati. Si può prevedere che in un futuro non lontano la valutazione di diversi
parametri molecolari diventerà un requisito indispensabile non solo per la diagnostica ma anche
per il follow up dei pazienti, e lo sviluppo dei Centri di Risorse Biologiche¹ diventerà parte
integrante della pratica medica².
Lo sviluppo di centri di raccolta di campioni di tessuto è alla base di tre settori innovativi
delle scienze biomediche: lʼepidemiologia molecolare e genetica (indirizzata a valutare le basi
genetiche e ambientali del cancro, nella popolazione generale e nelle famiglie); la patologia
molecolare (per lo sviluppo di procedure molecolari per la classificazione e la diagnosi in
oncologia); la farmacogenetica (per la predizione della risposta individuale dei pazienti al
trattamento).
Lʼinfrastruttura europea
La European BioBanking and Molecular Resources Research Infrastructure (BBMRI) è una
delle infrastrutture di ricerca individuate come prioritarie dal Forum strategico europeo sulle
infrastrutture di ricerca (ESFRI) nel suo rapporto del 2006, e la fase preparatoria è stata finanziata
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La rete regionale delle biobanche
La Liguria è particolarmente ricca di biobanche, di lunga tradizione e rilevanza documentata,
in diversi campi della ricerca biomedica (cellule e tessuti tumorali, campioni di malattie rare e
rarissime). La Regione Liguria, prima tra le Regioni italiane, ha recentemente riconosciuto il ruolo
di sei biobanche appartenenti alle principali istituzioni di ricerca liguri (Deliberazione della Giunta
Regionale n. 34 del 22 gennaio 2010 “Riconoscimento delle biobanche per diagnosi e ricerca
in Regione Liguria“) e ha istituito un gruppo di lavoro per la realizzazione della Rete regionale
delle biobanche liguri, coordinato dallʼAgenzia Regionale Sanitaria. Tre delle biobanche liguri
riconosciute fanno riferimento a unità di Anatomia Patologica e raccolgono campioni di tessuto
tumorale:
•
la Genoa Tissue Bank (GTB, Università di Genova) diretta da Roberto Fiocca, è una
facility istituzionale, provvede alla raccolta, conservazione, caratterizzazione anatomopatologica di tessuti tumorali e relativi tessuti non neoplastici. I campioni sono sottoposti
a controlli di qualità istologici e molecolari. Il controllo di qualità istologico è eseguito
sulla metà speculare del materiale neoplastico e non neoplastico, con descrizione delle
caratteristiche della neoplasia ed espressione percentuale di cellule neoplastiche, di
accompagnamento e necrosi. Il controllo di qualità molecolare è eseguito in modo
randomizzato.
•
la Biobanca Integrata Tessuto Genomica (BIT, Istituto Giannina Gaslini, Genova),
diretta da Claudio Gambini e Luigi Varesio, conserva e distribuisce tessuto patologico
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
Il sistema integrato delle Reti
pediatrico, placentare, le strutture coriali (tessuto trofoblastico) ed i loro derivati genomici,
a caratterizzare la struttura molecolare di questo materiale e ad integrare lʼinsieme di tutti
i dati con il profilo clinico, diagnostico e prognostico del paziente. La BIT raccoglie
materiale proveniente dal Gaslini e da strutture esterne, di cui è punto di riferimento.
la Biobanca di campioni di tessuto e materiali accessori del Centro di Risorse Biologiche
dellʼIstituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova (CRB-IST) è diretta da Mauro
Truini. Il CRB-IST è una facility istituzionale (delibera DG n° 624-2008), coordina le
attività delle biobanche dellʼIST e partecipa attivamente a BBMRI, nel work package 3
“disease oriented biobanks”. La banca di campioni di tessuto raccoglie tessuti, plasma,
siero provenienti dallʼattività diagnostica e terapeutica dellʼIST. I campioni pervengono
nei laboratori dellʼ Anatomia e citoistologia patologica entro pochi minuti dallʼintervento,
tramite elevatore direttamente collegato con le sale operatorie. Un medico patologo
esegue lʼesame macroscopico e valuta lʼadeguatezza del campione, individuando la
parte sana e quella neoplastica; di ciascuna vengono prelevate più aliquote, che vengono
immediatamente congelate in azoto liquido. Le altre banche del CRB-IST sono specializzate
in tumori ereditari, urologici, dellʼapparato respiratorio, malattie linfoproliferative, linee
cellulari umane tumorali e linfoblastoidi.
La rete regionale fa riferimento al nodo nazionale di coordinamento dellʼinfrastruttura BBMRI,
istituito presso lʼIstituto Superiore di Sanità su indicazione del Ministero della Salute.
La realizzazione della rete regionale delle biobanche, attraverso il coordinamento delle risorse
esistenti e la regolamentazione dellʼistituzione di nuove banche di cellule e tessuti, potrà consentire
alla Regione Liguria di inserirsi a pieno titolo nelle reti nazionali ed internazionali dei CRB, di
favorire scambi di informazioni e materiali utili per la ricerca in campo biomedico, di accedere a
finanziamenti nazionali e dellʼUnione Europea in questo settore, di perseguire il miglioramento
continuo dellʼassistenza sanitaria basata sullo sviluppo di nuovi presidi diagnostici e terapeutici.
La rete regionale potrà rappresentare inoltre un modello di sviluppo per altre regioni italiane e
contribuire a rafforzare le attuali collaborazioni scientifiche sia a livello di istituzioni di ricerca che
a livello industriale soprattutto con le aziende che operano nei settori diagnostico e farmaceutico.
Per entrambi i settori infatti le risorse biologiche rappresentano un elemento cruciale per drug
discovery e sviluppo di nuovi presidi diagnostici. Questo peraltro si inquadra nellʼambito del
disegno di sviluppo che la legge regionale sulla ricerca ha individuato proponendo lʼattivazione di
un polo di innovazione nel settore delle scienze della vita, biotecnologie e applicazioni sicure.
•
MALATTIA TROFOBLASTICA GESTAZIONALE:
SVILUPPI E PROSPETTIVE
1) In Italia non è attivo alcun Registro regionale o nazionale per la malattia
trofoblastica gestazionale.
2) Contrariamente a quanto accade in altri Paesi, nel nostro Paese la malattia
trofoblastica gestazionale non è compresa nellʼelenco delle malattie rare.
3) In Liguria è operativa tra le U.O. di Anatomia Patologica una rete in grado di
effettuare un monitoraggio della malattia trofoblastica gestazionale che copra
lʼintera Regione.
4) Il monitoraggio e la centralizzazione dei casi di malattia trofoblastica gestazionale
rappresentano un potenziale valore ed un vantaggio per la gestione delle
pazienti.
5) Lʼistituzione e lʼutilizzo di Banche dei tessuti costituisce unʼevoluzione obbligata
nella gestione delle malattie rare e dei tumori germinali.
6) Lʼimplementazione del percorso per il monitoraggio della malattia trofoblastica
gestazionale dovrebbe comprendere:
- programmi di monitoraggio delle pazienti nei laboratori;
- controllo della farmacotossicità;
- un Protocollo di Chirurgia Generale per le malattie neoplastiche in stadi
avanzati.
Bibliografia
- Common minimum technical standards and protocols for BRCs dedicated to cancer research.
IARC Working group reports Volume 2. International Agency for Research on Cancer, 2007
- Yuille M., van Ommen G.J., Bréchot C., Cambon-Thomsen A., Dagher G., Landegren U.,
Litton J.E., Pasterk M., Peltonen L., Taussig M., Wichmann H.E., Zatloukal K. Biobanking for
Europe, Brief Bioinform; 9 (1): 14-24, 2008
- OECD Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres (OECD Publishing 2007)
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La malattia trofoblastica gestazionale
La malattia trofoblastica gestazionale
Il sistema integrato delle Reti
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