le norme antielusive della disciplina ace al vaglio dell`assonime
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LE NORME ANTIELUSIVE DELLA DISCIPLINA ACE AL VAGLIO DELL'ASSONIME Corriere Tributario, 39 / 2012, p. 3062 Redditi d''impresa LE NORME ANTIELUSIVE DELLA DISCIPLINA ACE AL VAGLIO DELL'ASSONIME Dragone Paolo;Valacca Rodolfo Riferimenti Decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 Art. 1 In un precedente intervento [1] sono state commentate le considerazioni prospettate dall'Assonime, nella circolare n. 17 del 2012, sui presupposti applicativi dell'ACE. È ora il caso di riferire i chiarimenti e i dubbi interpretativi prospettati dalla medesima Associazione relativamente alla disciplina antielusiva. Norme antielusive L'art. 10 del decreto ACE [2] prevede disposizioni antielusive che mirano a contrastare, nell'ambito dei gruppi societari, comportamenti tendenti a «moltiplicare» la base ACE a fronte della medesima immissione di nuovo capitale. E ciò sul presupposto che la direzione unitaria del gruppo possa favorire le «capitalizzazioni a cascata». Nozione di gruppo Per quanto attiene alla nozione di gruppo di cui all'art. 10, comma 1, del decreto, secondo la circolare n. 17 del 2012 dell'Assonime rientrano in tale ambito «anche le società residenti che sono legate ad un medesimo rapporto di controllo di una società non residente. In quest'ultimo senso, in effetti, sembrerebbe deporre il fatto che la ratio della norma è quella di individuare quei soggetti che rispondono ad una direzione unitaria al di là del fatto che tale direzione si collochi in Italia o meno, come pure la circostanza che la norma fa testuale riferimento ai soggetti residenti di cui agli artt. 2 e 8 solo per le controllate, ma non per il soggetto controllante (che, quindi, può anche essere estero)» [3]. Quanto alle specifiche previsioni antielusive contenute nei vari commi e lettere dell'art. 10 del decreto, esse riguardano le seguenti operazioni realizzate, nella quasi generalità dei casi, tra soggetti appartenenti al medesimo gruppo: a) conferimenti in denaro (art. 10, comma 2, del decreto); b) conferimenti in denaro provenienti da soggetti non residenti (art. 10, comma 3, lett. c e d, del decreto) [4]; c) acquisto di aziende (art. 10, comma 3, lett. b, del decreto); d) acquisto di partecipazioni (art. 10, comma 3, lett. a, del decreto); e) incremento dei crediti di finanziamento (art. 10, comma 3, lett. e, del decreto). Conferimenti in denaro Per quanto riguarda i conferimenti in denaro, la ratio della norma, come chiarito dalla relazione al decreto, è quella di evitare che «a fronte di una sola immissione di denaro possa essere moltiplicata la base di calcolo dell'ACE mediante una reiterazione di atti di apporto a catena all'interno delle società del gruppo. La norma è, quindi, finalizzata a evitare che, a fronte di un'unica immissione di capitale, si creino variazioni in aumento del capitale proprio in più soggetti appartenenti allo stesso gruppo» [5]. Il decremento, riferito ai conferimenti in denaro provenienti da soggetti residenti, è collegato al rapporto di controllo solo per quanto concerne il momento in cui si perfeziona il conferimento e rileva anche l'acquisizione del controllo per effetto dello stesso [6]. Il decremento opera sulla conferente mentre per la società conferitaria è mantenuta la rilevanza dell'apporto ricevuto, coerentemente con la sua posizione di utilizzatrice finale dell'apporto medesimo nella sua attività d'impresa. Così come accadeva ai fini DIT, gli effetti di neutralizzazione rilevano non solo sulla base ACE esistente al momento del conferimento, ma, ove tale incremento non si sia ancora formato o sia di importo inferiore, anche con riguardo agli incrementi che potranno generarsi successivamente. Pertanto, per esempio, una società che nel corso del 2012 abbia effettuato apporti soggetti alla neutralizzazione si trova ad aver già attivato un meccanismo che la potrà penalizzare in prospettiva sugli incrementi futuri del proprio patrimonio [7]. Il decremento ha natura permanente e, pertanto, opera anche quando la conferitaria sia successivamente ceduta dalla conferente. A tal proposito l'Assonime osserva che «la norma, in quest'ottica, dispone che la sterilizzazione opera a prescindere dalla permanenza del rapporto di controllo al termine dell'esercizio. Come già evidenziato nella circolare Assonime n. 42 del 1998 in tema di DIT, tuttavia, non è chiaro se essa debba continuare ad operare anche in caso di recesso o di liquidazione della società partecipata con restituzione del conferimento al socio». Acquisto di aziende In ipotesi di acquisto di aziende, la base ACE viene diminuita di un importo pari al corrispettivo di tali acquisizioni [8]. Il riferimento al «corrispettivo» - secondo l'Assonime - fa «intendere che si propone di impedire che la liquidità che ha già beneficiato dell'agevolazione venga ad essere trasferita ad altra società del gruppo a titolo di corrispettivo dell'azienda ceduta e possa essere utilizzata per effettuare ulteriori conferimenti infragruppo con rilevanza ACE» [9] [10]. Ovvero, come evidenziato dalla circolare informativa del Consorzio Studi e Ricerche Fiscali 26 aprile 2012, n. 3/2012, il caso che il legislatore avrebbe avuto in mente potrebbe essere quello di un gruppo costituito «dalla società "A" controllante e dalle società "B" e "C" controllate, nessuna delle quali può beneficiare dell'ACE in quanto non si è verificata alcuna variazione in aumento del capitale proprio a partire dall'esercizio in corso al 31 dicembre 2011. La società B potrebbe cedere l'azienda (o un suo ramo) alla società C, realizzando una plusvalenza. L'utile costituito dal realizzo del plusvalenza, anziché distribuito alla controllante A come dividendo, potrebbe essere accantonato a riserva, rilevando così come incremento del capitale proprio di B ai fini della fruizione dell'ACE. In tale situazione, senza che si sia verificata una reale immissione di "nuovo" capitale proprio nel gruppo, la società B inizierebbe a beneficiare dell'agevolazione» [11]. In ogni caso, come evidenziato dall'Assonime, è abbastanza pacifico che, analogamente a quanto avviene per i conferimenti, si tenda a sterilizzare con tale norma la base ACE del soggetto che si priva della liquidità (e quindi del cessionario). Infine - osserva l'Assonime - «la norma non distingue tra corrispettivi pagati in denaro e quelli corrisposti in natura, né attribuisce una qualche rilevanza all'effettivo pagamento del corrispettivo». Crediti di finanziamento Per quanto riguarda i crediti di finanziamento, la sterilizzazione opera in capo al soggetto finanziatore che si priva della liquidità. Tali operazioni si presumono elusive perché anche i crediti «possono risultare uno strumento idoneo a moltiplicare la base di calcolo dell'ACE. In particolare, ciò può attuarsi allorquando la società che riceve il conferimento in denaro presta la disponibilità liquida ricevuta ad altre società affinché realizzino a loro volta conferimenti in denaro utili per generare ulteriore base di calcolo dell'ACE» [12] . Tuttavia, il decremento che ne deriva non è permanente ma ha carattere temporaneo e può ridursi per effetto della restituzione dei finanziamenti. Quanto al computo del decremento - secondo l'Assonime - il tenore letterale dell'art. 10, comma 3, lett. e), del decreto induce a ritenere che, «ai fini della quantificazione di tale importo, si debba procedere ad un raffronto per masse tra i saldi dei crediti di finanziamento così come risultanti dai bilanci degli esercizi 2010 e di quelli successivi e non ad un confronto tra finanziamenti erogati alla singola società del gruppo e ai rimborsi provenienti dalla medesima» [13]. Crediti rilevanti Con riferimento ai crediti rilevanti, la loro individuazione deve avvenire su base sostanzialistica e non nominalistica. A tal proposito, l'Associazione svolge particolari riflessioni sui contratti di cash pooling, per via della loro diffusione. In tale ambito l'Amministrazione finanziaria ha più volte affermato [14] che il contratto di cash pooling nella forma del cd. zero balance system non si configura come un'operazione di finanziamento. «Ciò in quanto - evidenzia l'Assonime - questa tipologia di contratto prevede l'azzeramento giornaliero dei saldi attivi e passivi delle società del gruppo e il loro trasferimento automatico sul conto accentrato della capogruppo, senza obbligo di restituzione delle somme così trasferite e con maturazione degli interessi attivi o passivi esclusivamente su tale conto. Diversamente - continua l'Assonime - il cash pooling nella forma del notional cash pooling si risolverebbe in un'effettiva operazione di finanziamento. In base a questa diversa figura contrattuale ciascuna società mantiene un proprio conto corrente bancario autonomo che può risultare a debito nei limiti dell'apertura di credito concessa dalla banca sulla base della somma algebrica dei saldi delle altre società, sicché gli stessi interessi dovuti all'istituto di credito sono calcolati su questa somma algebrica. In quest'ottica, quindi, le società con saldo attivo sostanzialmente finanziano indirettamente quelle con saldo negativo. Queste indicazioni indurrebbero a ritenere che anche ai fini ACE debba tenersi conto quali crediti di finanziamento delle sole poste creditorie relative ai notional cash pooling. Tuttavia, anche con riferimento a quest'ultima tipologia di cash pooling sembrerebbe forse più corretto dare rilevanza al fatto che si tratta comunque di un servizio di natura finanziaria che, nella normalità dei casi, è intimamente correlato all'operatività corrente delle singole società del gruppo sicché mal si presta a realizzare forme di finanziamento stabile delle società partecipanti all'accordo. Per questo motivo, in applicazione dell'approccio di tipo sostanziale - che occorre seguire per individuare la natura dei crediti di finanziamento - sembrerebbe logico escludere anche questi crediti dall'ambito di rilevanza ACE». Per quanto concerne le imprese industriali dovrebbe essere ancora valida, secondo l'Associazione, la precisazione contenuta nella C.M. n. 76/E del 1998 [15], secondo cui «si deve tener conto non solo dei crediti iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie (lett. B, III, n. 2), ma anche ogni altro credito verso altre società del gruppo dovuto ad operazioni di finanziamento, ancorché iscritto nell'attivo circolante». Tuttavia, tale impostazione dovrebbe essere valida «anche quando ne conseguono effetti a favore del contribuente, escludendo, quindi dal computo i crediti verso controllate che ancorché indicati tra le immobilizzazioni finanziarie, non derivino da operazioni di finanziamento». Acquisti di partecipazioni di controllo Con riferimento agli acquisti di partecipazioni di controllo, la sterilizzazione dei corrispettivi opera secondo il medesimo schema visto per gli acquisti di aziende posseduti all'interno del gruppo, pertanto si richiamano le considerazioni fatte per tale fattispecie [16]. Un'altra questione affrontata dall'Associazione riguarda le modalità applicative della norma in ipotesi di acquisizione del controllo in più steps. Sul punto l'Assonime ritiene che «qualora si pervenga al conseguimento di una partecipazione di controllo, l'intero corrispettivo relativo all'acquisizione di tale partecipazione debba essere comunque assunto quale decremento della base di riferimento ACE. In tal modo, verrebbero ad equipararsi - come sembrerebbe logico - le acquisizioni di partecipazioni di controllo intervenute in un'unica soluzione rispetto a quelle intervenute in più fasi, nel senso che, anche in quest'ultimo caso, al momento del superamento della soglia del controllo, dovrebbe tenersi conto anche dei corrispettivi relativi alle quote di partecipazioni acquisite in precedenza» [17]. Conferimenti provenienti da soggetti non residenti Infine, in relazione ai conferimenti provenienti da soggetti non residenti, le fattispecie previste sono due: la prima concerne i conferimenti provenienti da soggetti che non consentono lo scambio di informazioni con l'Italia e sono considerati sempre irrilevanti ai fini ACE proprio per la difficoltà di ricostruire i flussi di denaro. La seconda fattispecie è quella dei conferimenti in denaro provenienti da Paesi che consentono lo scambio di informazioni. In questo caso, il decreto impone di sterilizzare solo gli apporti in denaro provenienti da società estere che sono soggette al controllo di imprese residenti in Italia, configurandosi, in tale ipotesi, il rischio di una triangolazione con l'estero suscettibile di moltiplicare la base ACE. In entrambi i casi si tratta di decrementi permanenti e, come chiarito dall'Assonime, «hanno la caratteristica peculiare di trovare automatica applicazione, alla stessa stregua di previsioni di natura sostanziale. In altri termini, tali disposizioni non vengono in rilievo in sede di accertamento e ai fini dell'eventuale disconoscimento degli effetti delle operazioni compiute, ma è il contribuente che deve tenerne conto fin da subito ai fini della determinazione della variazione di capitale proprio rilevante ai fini ACE». Note: [1] Cfr. P. Dragone e R. Valacca, «L'Assonime commenta le peculiarità della disciplina ordinaria dell'ACE», in Corr. Trib. n. 36/2012, pag. 2796. [2] D.M. 14 marzo 2012. [3] In tal senso, fa osservare l'Assonime, si era già espresso il Ministero delle finanze con la C.M. n. 76/E del 1998, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA. [4] In caso di conferimenti provenienti dall'estero le ipotesi antielusive sono due: la prima colpisce i conferimenti provenienti da soggetti residenti all'estero, in paesi che consentono lo scambio di informazioni con l'Italia e controllati da soggetti residenti in Italia; la seconda i conferimenti provenienti da soggetti residenti in paesi che non consentono lo scambio di informazioni con l'Italia. [5] Negli stessi termini si esprimeva la relazione ministeriale al D.Lgs. n. 466/1997; in sostanza, le norme antielusive in questione nascono dall'esigenza del legislatore di trovare una regola che rettifichi l'agevolazione quando si manifesta il pericolo di una duplicazione dell'agevolazione, «ciò secondo il principio di base secondo cui chi effettua un conferimento in denaro in società trasferisce "base DIT" alla società conferitaria e deve quindi corrispondentemente ridurre la propria "base DIT", indipendentemente dalla successiva alienazione delle partecipazioni. Si tratta, cioè, di fare sì che la medesima ricchezza immessa in testa alla partecipante e poi da questa trasferita alla partecipata non generi due distinte "basi DIT" ma ne dia luogo ad una sola: per ragioni di semplicità applicativa attribuita esclusivamente alla partecipata». [6] Consorzio Studi e Ricerche Fiscali del Gruppo Intesa San Paolo, circolare informativa 26 aprile 2012, n. 3/2012. [7] In questo senso l'Assonime, circolare n. 42 del 27 maggio 1998, in tema DIT. Come evidenziato da D. Stevanato, «Dual Income Tax: aspetti problematici», in Rass. trib. n. 1/1998, pag. 185, «l'aver effettuato un conferimento in denaro a favore di un soggetto temporaneamente controllato diventa una sorta di "maledizione biblica" che riduce per sempre la base DIT del conferente, a prescindere dall'effettivo beneficio ritratto dalla società conferitaria, in termini di reddito assoggettato ad aliquota ridotta». [8] Analogamente a quanto visto per i conferimenti, la sterilizzazione è permanente. [9] Negli stessi termini l'Assonime, circolare n. 42 del 1998, cit.: «le preoccupazioni che hanno mosso il legislatore sono state quelle di evitare che il trasferimento a titolo oneroso tra società del gruppo di aziende già esistenti all'interno dello stesso, possa porsi come veicolo, con opportuni accorgimenti contrattuali, per rigenerare il capitale preesistente in capitale nuovo senza una reale immissione di nuovi apporti nel gruppo». [10] Segnala una differente ratio D. Stevanato, op. loc. cit., pag. 177, il quale ritiene che la norma mira a evitare l'aggiramento del divieto di conferimenti in natura. Norma che avrebbe potuto essere agevolmente aggirata accedendo ad un prestito bancario temporaneo con cui la controllante avrebbe potuto effettuare un conferimento in denaro alla controllata: quest'ultima, con la liquidità ricevuta, avrebbe potuto procedere ad acquistare l'azienda della controllante la quale avrebbe potuto estinguere il finanziamento bancario. [11] Anche se ipotesi interpretativa non si spiegherebbe il motivo per cui la norma antielusiva si preoccupi di colpire il prezzo della cessione dell'azienda e non la plusvalenza realizzata dal cedente e che si può tramutare in possibile base ACE. [12] Relazione al decreto. [13] Così anche la circolare informativa del Consorzio Studi e Ricerche Fiscali 26 aprile 2012, n. 3/2012, cit. [14] Cfr. la circolare n. 19/E del 2009 e la circolare n. 11/E del 2005, entrambe in Banca Dati BIG Suite, IPSOA. [15] Cit. nota 3. [16] Inoltre, l'Assonime sottolinea che la norma prescinde dal fatto che la partecipazione ceduta riguardi o meno una società residente in Italia. [17] Infine, l'Associazione fornisce alcuni chiarimenti circa l'ambito delle operazioni escluse dalla norma antielusiva. In particolare, sarebbero escluse le partecipazioni conseguite a seguito di conferimento sia in denaro che in natura «ciò non solo perché i conferimenti in denaro sono sterilizzati da un'autonoma previsione, ma anche in considerazione del fatto che la previsione in commento si riferisce chiaramente alle sole partecipazioni già possedute da altri soggetti e non a quelle emesse ex novo dall'emittente a seguito del conferimento stesso». Sarebbero anche escluse da tale norma, secondo l'Assonime, le partecipazioni della controllante acquisite dalla controllata, in quanto in tale ipotesi quest'ultima dovrebbe già subire una riduzione della propria base ACE a seguito della destinazione degli utili alla costituzione della riserva vincolata ex art. 2359-bis c.c. Copyright 2011 Wolters Kluwer Italia Srl - Tutti i diritti riservati UTET Giuridica® è un marchio registrato e concesso in licenza da UTET S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l.