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il contenzioso nei procedimenti degli sportelli unici

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il contenzioso nei procedimenti degli sportelli unici
IL CONTENZIOSO
NEI PROCEDIMENTI
DEGLI SPORTELLI UNICI
PARTE I - Inquadramento normativo
Inquadramento normativo
Lo Sportello Unico per l’Immigrazione
è previsto dal D. Lgs. n. 286/98
Testo Unico delle disposizioni concernenti
la disciplina dell’immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero
Inquadramento normativo
Composizione dello Sportello Unico per l’Immigrazione
Art. 30 del DPR n.394/99 (Regolamento recante norme di
attuazione del Testo Unico):
lo Sportello è diretto da un dirigente della carriera prefettizia (o
da un dirigente della Direzione Territoriale del Lavoro (DTL)) ed
è composto da almeno un rappresentante della Prefettura, da
almeno uno della DTL e da almeno uno appartenente ai ruoli
della Polizia di Stato.
Inquadramento normativo
Procedimenti rientranti nella competenza
dello Sportello Unico
Procedimenti ordinari
ingresso in Italia di cittadini extracomunitari per motivi
di lavoro, in casi particolari, per volontariato, per ricerca scientifica, per
ricongiungimento familiare. (artt. 22 e seguenti, art. 27, art. 27 bis e ter, artt. 29
e ss. del d. lgs. 286/98)
Procedimenti eccezionali
procedura di emersione dal lavoro irregolare con
cittadini extracomunitari (normative recenti: L. n. 102/2009 e D.Lgs. n.109/2012)
Inquadramento normativo
Elementi che caratterizzano i procedimenti
dello Sportello Unico
• sono ad iniziativa di parte, ossia avviati a seguito di domanda del datore di
lavoro (nei procedimenti di nulla osta al lavoro e di emersione) o del familiare
straniero (nei procedimenti di nulla osta per ricongiungimento familiare)
• Comportano l’esercizio da parte dell’Amministrazione di un’attività di
carattere vincolato (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 27-12-2012, n.
2015). L’istruttoria effettuata dallo Sportello Unico è legata all’accertamento
di determinati presupposti fattuali indicati dalle singole disposizioni
normative di riferimento.
Inquadramento normativo
Iter procedimentale
Il provvedimento finale di competenza dello Sportello Unico viene emesso dal
dirigente della Prefettura (o in talune province dal dirigente della DTL) ed è il
risultato di un’attività istruttoria complessa, conseguente all’acquisizione, nel
caso del nulla osta al lavoro, dei pareri favorevoli del rappresentante della DTL
(art. 30 bis, comma 8 DPR 394/98) e di quello della Questura (art. 31, comma 1-2
del DPR 394/98), ovvero nel caso di ricongiungimento familiare del parere
espresso dal rappresentante della Questura.
Quando il parere della DTL o della Questura sono negativi, il dirigente dello
Sportello Unico, previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della
domanda (ai sensi dell’ art. 10 bis L.241/90), procederà al rigetto della istanza.
Inquadramento normativo
Contenuto dei pareri della DTL e della Questura
I suddetti pareri riguardano, per quanto attiene alla competenza della DTL,
l’accertamento della capacità economica del datore di lavoro (art. 30 bis,
comma 8 del D.Lgs. 286/98) e, per quanto riguarda la Questura, la verifica
dei motivi ostativi all’ingresso ed al soggiorno nel territorio nazionale a
carico del lavoratore straniero (art. 31 comma 1 del DPR 394/99 - art. 29,
comma 7 del D. Lgs. 286/98), o a carico del datore di lavoro richiedente
(art. 22 comma 5 bis d.lgs. 286/98- art. 31, comma 2 del DPR 394/99).
Inquadramento normativo
Natura giuridica dei pareri
Obbligatori, ma non vincolanti, non autonomamente impugnabili, come chiarito
dalla giurisprudenza (TAR Umbria Perugia, sent. n.250/2009: «…il parere reso
dalla dpl …non può, in assenza di una espressa qualificazione della normativa,
considerarsi parere giuridicamente vincolante - ed in quanto tale essere
immediatamente produttivo di effetti ed autonomamente impugnabile o come
presupposto di altro provvedimento di rigetto finale - non essendo precluso
all’amministrazione di P.S. di adottare un provvedimento difforme da quello
indicato, purché motivando puntualmente detta difformità»).
Il loro contenuto può essere contestato nell’ambito della censura del
provvedimento finale che fa capo allo Sportello Unico nel suo complesso.
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Avverso i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
sono previsti i seguenti rimedi
• rimedi giurisdizionali: ricorso al giudice amministrativo (G.A.) e ricorso
al giudice ordinario (G.O.) nel solo caso di diniego di nulla osta al
ricongiungimento familiare;
• rimedi amministrativi: ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica.
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso al Giudice Amministrativo
È disciplinato dal D.Lgs. 104/2010 (codice del processo amministrativo).
Termine di proposizione dell’azione di annullamento: 60 giorni dalla
notifica del provvedimento che si ritiene lesivo o dalla piena conoscenza
dell’atto (art. 41 comma 2 c.p.a.).
Motivi di impugnazione dell’atto impugnato: vizi di legittimità dei
provvedimenti amministrativi (violazione di legge, incompetenza, eccesso
di potere (art. 29 c.p.a.)).
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Rimedio amministrativo di carattere generale (artt. 8 e ss. del D.P.R.
n.1199/1971), esperibile per fare valere i vizi di legittimità nei confronti di
provvedimenti amministrativi definitivi, per i quali sarebbe proponibile il
ricorso innanzi al G.A. (art.7, comma 8 c.p.a.). Esclusa la praticabilità del
rimedio in caso di contenzioso devoluto al G.O. (Cons. St., sez. I, 18
gennaio 2011, n. 4427; Cons. St. Ad. Gen., 03.08.2011, n. 7; Cons. St. Ad.
Gen. 2.02.2011, n. 4520)
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
vige la regola dell’alternatività rispetto al ricorso innanzi al G.A. (electa una via
non datur recursus ad alteram):
- il ricorso straordinario è inammissibile quando l’atto è già stato impugnato con
ricorso giurisdizionale innanzi al Tar (artt. 8 e 10 del DPR 1199/1971);
- i controinteressati al ricorso possono chiedere entro 60 giorni dalla notifica del
ricorso straordinario, mediante opposizione (notificata al ricorrente ed
all’Autorità che ha emanato l’atto impugnato), la trasposizione del riscorso in
sede giurisdizionale (art. 10 DPR 1199/1971).
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Termine proposizione ricorso: 120 giorni dalla data di notifica o
comunicazione dell’atto o dalla sua piena conoscenza. Il ricorso va notificato
nello stesso termine ad almeno uno dei controinteressati e va presentato,
con la prova dell’avvenuta notifica, presso il Ministero competente o presso
l’Organo che ha emanato l’atto impugnato.
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
L’istruttoria deve essere svolta entro ulteriori 120 giorni dal Ministero
competente, che sovraintende alla materia alla quale è da ricondurre l’atto
impugnato. Una volta istruito il ricorso, il Ministero lo trasmette al Consiglio di
Stato per il relativo parere vincolante (art. 14 DPR 1199/1971, come modificato
dall’art. 69 della l. 69 del 2009).
In relazione ai ricorsi avverso i provvedimenti emessi dallo Sportello Unico è
competente per l’istruttoria il Ministero dell’Interno (Dipartimento per le Libertà
Civili e l’Immigrazione, Direzione Centrale per le Politiche dell’Immigrazione e
dell’Asilo, Servizio II: Ufficio studi e contenzioso).
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Nell’ambito del relativo procedimento, è proponibile l’eccezione di
illegittimità costituzionale (art. 13 DPR 1199/1971, come modificato
dall’art. 69 della l. 69/2009) ed il Consiglio di Stato può sollevare anche
questioni di pregiudiziale comunitaria (Corte di Giustizia Europea, sez. V,
16 ottobre 1997).
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Il legislatore (L. 15 luglio 2011, n.111, recante disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria – G.U. n.164 del 16.7.2011 – che ha convertito il
D.L. n. 98/2011) ha introdotto, ai fini della presentazione del ricorso, il
pagamento del contributo unificato nella misura fissa di 600 euro (oggi
650 euro). L’importo è aumentato della metà se il difensore non indica il
proprio indirizzo di PEC o il recapito fax, o qualora la parte ricorrente
ometta di indicare il codice fiscale.
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
In base alla Circolare ministeriale n. 9/2013 emessa dal Ministero dell’Interno,
Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, sono gli Uffici periferici (per atti
emessi dallo Sportello Unico, le Prefetture che emanano il provvedimento finale)
a dover effettuare «la costante verifica dell’avvenuto, integrale, pagamento del
contributo dovuto, nella misura di legge, e, in caso negativo, assegnare
perentoriamente al ricorrente il termine di un mese per il pagamento, secondo il
procedimento di cui agli artt. 247, 248, 249 del DPR n 115 del 2002. Decorso
inutilmente il termine, gli atti relativi dovranno essere trasmessi al locale Ufficio
dell’Agenzia delle Entrate, competente per la fase della riscossione.»
Rimedi contro i provvedimenti di rigetto dello Sportello Unico
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Il mancato pagamento del contributo non preclude, comunque,
l’esperibilità del rimedio proposto e la rinuncia al gravame non esime dal
pagamento (Cons. St., Sez. I, parere n. 4281/2011 del 09.11.2011).
Legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti dello Sportello Unico
Legittimazione a ricorrere
Legittimato all’impugnazione del provvedimento di rigetto è, in termini generali,
colui che, a seguito dell’emanazione di tale atto, ritiene di essere stato leso in una
situazione giuridica protetta (art. 24 Cost.).
Tale legittimazione presuppone, quindi, la sussistenza di una situazione giuridica
sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l'esistenza di un
interesse attuale e concreto all'annullamento dell'atto.
Legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti dello Sportello Unico
Soggetti
legittimati a ricorrere
contro
i provvedimenti
emessi
dallo Sportello Unico
• il datore di lavoro che fa domanda di nulla osta
al lavoro subordinato o di emersione dal lavoro
irregolare («La posizione del datore di lavoro,
titolare del diritto di presentare la domanda di
emersione del lavoro irregolare concernente un
cittadino extracomunitario, è direttamente
correlata alla situazione giuridica sostanziale
che si assume violata dal provvedimento
negativo e postula l'esistenza di un interesse
attuale e concreto all'annullamento dell'atto»;
T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent.,
06.04.2011, n. 166)
• il richiedente il ricongiungimento familiare
Legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti dello Sportello Unico
Legittimazione processuale del lavoratore extracomunitario
Con riferimento ai procedimenti di rilascio di nulla osta al lavoro:
• alcune pronunce hanno ritenuto che il lavoratore straniero ricorrente sia titolare di un
interesse qualificato e differenziato da potere far valere in giudizio, autonomamente
rispetto alla posizione del datore di lavoro (cfr. TAR Veneto, Venezia, sez. III, sent. n.
328/2009).
• altra parte della giurisprudenza ha contestato tale orientamento («L’unico interesse
legittimo che emerge … è quello del datore di lavoro a cui soltanto è attribuita …la
possibilità di influire sul corretto esercizio del potere dell’amministrazione
procedente», cfr. TAR Lombardia, Milano, sent. n.4058/2009).
Legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti dello Sportello Unico
Legittimazione processuale del lavoratore extracomunitario
Con riferimento ai provvedimenti emessi nell’ambito dei procedimenti di
emersione dal lavoro irregolare: la giurisprudenza maggioritaria si è
attestata nel senso di riconoscere la legittimazione a ricorrere, oltre che
del datore di lavoro, anche del lavoratore straniero (cfr. Tar Calabria,
Reggio Calabria, Sez. I, 11 gennaio 2012, n. 17; Consiglio di Stato sent. nn.
5016 e 4325 del 2011)
IL CONTENZIOSO
NEI PROCEDIMENTI
DEGLI SPORTELLI UNICI
PARTE II - Motivi di contestazione
nei ricorsi avverso i provvedimenti
di rigetto dello Sportello Unico
Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti di rigetto
Ambito di riferimento
Ricorsi relativi ai provvedimenti di rigetto emessi nell’ambito del
procedimento di rilascio del nulla osta al lavoro ed in quello di emersione
dal lavoro irregolare.
Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti di rigetto
Motivi di rigetto
a fondamento
dei provvedimenti
impugnati
con riferimento
alla procedura
di emersione
(L. n.102/09)
• condanne penali ostative;
• rapporto di lavoro falso o non conforme ai criteri
contenutistici (prestazioni lavorative di assistenza
al bisogno domestico (colf) o a persona non
autosufficiente (badante) ) o temporali previsti
dalla norma;
• pratiche in sovrannumero rispetto al tetto
massimo previsto dalla normativa;
• reddito insufficiente;
• segnalazioni di inammissibilità in Area Schengen
a carico del lavoratore;
• mancata presentazione delle parti convocate
presso lo Sportello Unico;
• mancanza di titolarità del permesso di soggiorno
CE per soggiornanti di lungo periodo in capo al
datore di lavoro.
Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti di rigetto
Motivi di rigetto a fondamento dei provvedimenti emessi
nell’ambito della procedura di rilascio di nulla osta al lavoro
• incapacità reddituale del datore di lavoro;
• motivi ostativi riscontrati dalla Questura in relazione alla posizione del
datore di lavoro o del lavoratore.
Motivi di contestazione nei ricorsi avverso i provvedimenti di rigetto
Vizi di legittimità del provvedimento di rigetto
contestati nei ricorsi
Violazione di legge, con particolare riguardo a:
• art. 7 L. 241/90 inerente la comunicazione di avvio del procedimento
amministrativo;
• art. 10 bis L.241/90 inerente il preavviso di rigetto;
• art. 3 L.241/90 inerente l’obbligo di motivazione del provvedimento
amministrativo.
Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90
Art. 7 L. 241/90
comunicazione di avvio del procedimento
Giurisprudenza tradizionale: non è necessaria la comunicazione dell’avvio nei
procedimenti ad istanza di parte. Infatti, il fine della suddetta comunicazione è
quello di rendere edotti determinati soggetti dell’esistenza di un procedimento
amministrativo affinché possano prendervi parte ed incidere, con memorie e
documenti, sull’esito finale.
Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90
Nei ricorsi avverso i provvedimenti dello Sportello Unico,
il datore di lavoro o il lavoratore straniero spesso contestano
la mancata comunicazione di avvio del procedimento
I ricorrenti fanno riferimento alla previsione di cui all’art. 8 della l. 241/90, in quanto, tale
articolo (riformulato dalla L. 15/2005), nel richiamare gli elementi (tra cui l’oggetto, il
responsabile del procedimento, l’ufficio presso cui prendere visione degli atti) che
devono essere indicati nella comunicazione di avvio del procedimento amministrativo,
indica anche la data di presentazione dell’istanza e lo fa riferendosi ai procedimenti ad
iniziativa di parte
Tale contestazione va, però, ritenuta infondata
Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90
Il richiamo operato dall’art. 8 della L. 241/90 andrebbe, infatti, riferito solo al caso in cui
nei procedimenti ad istanza di parte vi siano soggetti qualificabili come controinteressati
procedimentali ed a loro, pertanto, andrebbe riferita la necessità di comunicazione dell’avvio
del procedimento e l’indicazione, tra gli altri elementi, della data di presentazione della istanza.
Secondo la giurisprudenza, la suddetta interpretazione è condivisibile «… se si considera che il soggetto che dà
avvio al procedimento già conosce la data di presentazione dell'istanza, non nota invece ai soggetti, diversi dai
diretti destinatari del provvedimento, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento stesso. La norma, in
definitiva, tutela non già le istanze partecipative dello stesso soggetto che ha dato avvio all'iter procedimentale,
ma quelle dei controinteressati procedimentali» (cfr. Cons. St., sez. VI, 14 febbraio 2007, n. 620; Tar Calabria,
Catanzaro, sez. II, 3 ottobre 2007, n. 1458; Tar Sicilia, Catania, sez. I, 20 marzo 2007, n. 475; da ultimo Cons.
Stato I, parere 2878/2011 del 7 marzo 2012).
L’art. 7 L. 241/90 afferma che qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio
a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l‘Amministrazione
è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento.
Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90
La recente giurisprudenza maggioritaria conferma tale orientamento:
“ …l’autonoma comunicazione realizzerebbe un’evidente duplicazione di
attività, con aggravio dell’Amministrazione, non compensato da
particolare utilità per i soggetti destinatari del provvedimento, poiché già
informati dei fatti” (cfr. Cons. St., sez. VI, dec. n.1844 del 22 aprile 2008;
Consiglio di Stato, VI, 31 ottobre 2011, n. 5815)
Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90
La recente giurisprudenza maggioritaria conferma tale orientamento:
”..La comunicazione di avvio del procedimento non è dovuta nel caso di
specie, trattandosi di un procedimento avviato su impulso di parte,
attraverso la presentazione della domanda di rilascio del nulla osta per
l'assunzione dello straniero“ (T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 28-032012, n. 935; cfr. anche TAR Lombardia Milano Sez. III, Sent., 12-11-2009,
n. 5028; TAR Campania Napoli, sez. VI, 14/01/2008, n. 176)
Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90
Per i procedimenti
che interessano
gli Sportelli Unici
(emersione,
nulla osta,…), quindi,
non occorre una
comunicazione di avvio
del procedimento
alle parti interessate:
• si tratta di procedimenti avviati su iniziativa di
parte;
• Sono, inoltre, provvedimenti emessi nell’esercizio
di
un’attività
vincolata.
Secondo
la
giurisprudenza, la comunicazione di avvio
andrebbe esclusa, infatti, in caso di attività di
carattere essenzialmente vincolato, in quanto,
pur se effettuata, non modificherebbe l’esito
dell’iter procedurale indicato dal legislatore; il
quadro conoscitivo dell’Amministrazione non
potrebbe essere arricchito dal contributo del
soggetto partecipante (cfr. TAR Lombardia
Brescia, Sez. I, sent., 27.12.2012, n. 2015 e TAR
Lombardia, Brescia, Sez. I, sent., 20.06.2012, n.
1104)
Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90
La comunicazione
dell’avvio
del procedimento
è necessaria quando
lo Sportello Unico
emette un atto
in via di autotutela,
annullando il beneficio
inizialmente concesso
• la comunicazione di avvio del procedimento
è necessaria – salvi i casi di comprovate
esigenze di celerità – quando
l’Amministrazione intende emanare un atto
di secondo grado di annullamento, di
revoca o di decadenza;
• infatti, l’art. 7 consente all’interessato di
formulare osservazioni e di proporre
documenti, per rappresentare
all’Amministrazione l’insussistenza
dell’elemento di fatto e dunque per evitare
l’emanazione di un atto affetto da eccesso
di potere per erroneità dei presupposti.
Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Art. 7 L. 241/90
Giurisprudenza consolidata
“ogni volta che l'Amministrazione intenda emanare un atto di secondo grado
(annullamento, revoca, decadenza) incidente su posizioni giuridiche soggettive originate
dal precedente atto, oggetto della nuova determinazione amministrativa di rimozione, è
necessario l'avviso dell'avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 L. n. 241/1990, ove non
sussistono ragioni di urgenza da esplicitare adeguatamente nella motivazione del
provvedimento di autotutela" (TAR Basilicata Potenza Sez. I, sent. 05.03.2009, n. 61; cfr.
anche C.d.S., sez. V, sent. n. 2823 del 22.5.2001, C.d.S., sez IV, 14.02.06 n. 564; C.d.S., sez
IV, 23.12.2005 n.7382; TAR Lazio, sez. II, 10.09.2008 n. 8227; C.d.S., sez IV, 16.12.2008 n.
6234)”
Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90
Art. 10 bis L. 241/90
Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza
Il preavviso di rigetto è un atto endo-procedimentale, destinato solo a coloro che hanno
fatto la domanda (non anche ai controinteressati). Tale istituto è riservato ai soli
procedimenti iniziati ad istanza di parte. Esso deve indicare le ragioni in base alle quali
l’istanza presentata non può essere accolta.
L’omissione del preavviso di rigetto rileva sulla legittimità del provvedimento di diniego,
in quanto ha impedito al ricorrente di rappresentare alcune circostanze che avrebbero
eventualmente potuto sovvertire l’esito del procedimento stesso (cfr. Tar Lazio, Roma,
Sez.II. ord.sosp. n. 1267 del 18 marzo 2009).
Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90
Il provvedimento definitivo deve riguardare la stessa ragione di diniego
indicata nel preavviso di rigetto.
Se, infatti, l’Amministrazione ritiene di dovere rigettare
per diverso motivo da quello indicato nel suddetto preavviso, dovrà fare
una nuova comunicazione ex 10 bis.
(crf. TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 20 luglio 2010, n. 425;
TAR Campania, Salerno, sez. II, 27 aprile 2011 , n. 763)
In caso contrario, il provvedimento è sanzionabile con l’annullabilità,
salvi i casi di cui all’art. 21 octies, comma 2
(cfr. T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 02-04-2013, n. 295).
Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90
A seguito del preavviso di rigetto, l’interessato può presentare
osservazioni e memorie, entro il termine di 10 giorni.
L’Amministrazione deve tenerne conto nella motivazione del
provvedimento finale, chiarendo le ragioni in base alle quali dette
osservazioni devono essere disattese (Tar Toscana, Firenze, Sez. II, 30
giugno 2009 n. 1168).
In caso contrario, l’atto deve intendersi annullabile per violazione degli artt. 3 e
10 bis della L. 241/90, fatta salva l’operatività dell’art. 21 octies L.241/90.
Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90
Il termine dei 10 giorni previsto dalla legge per la presentazione
di memorie e documenti, deve considerarsi non perentorio.
L’Amministrazione ha, quindi, l’onere di valutare gli elementi difensivi
pervenuti in ritardo, ma anteriormente all’adozione
del provvedimento definitivo
“E’ ragionevole ed opportuno.. che il diritto del privato di attivarsi nel proprio interesse sia
circoscritto entro un preciso limite di tempo; altrimenti l’azione amministrativa resterebbe
paralizzata a danno dell’intera collettività. Però, se la risposta del privato, pur essendo
tardiva, perviene in un momento nel quale ancora la pratica non è stata definita, l’ufficio
è comunque tenuto a prenderla in considerazione e non se ne può esimere con
l’argomento che essa è tardiva” (TAR Umbria, Perugia, sent. n. 41/2009)
Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza - Art. 10 bis L. 241/90
Il preavviso di rigetto interrompe il decorso del termine procedimentale
Il termine procedimentale ricomincia a decorrere ex novo dal momento in cui il
privato presenta le proprie osservazioni ovvero dalla scadenza del termine di 10
giorni per presentarle (quindi dalla notifica) (cfr. Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2012
n. 2548; Tar Toscana, Sez. III, 2 maggio 2012 n.856; Tar Sardegna, Sez. II, 7 marzo
2012 n. 248).
Motivazione del provvedimento - Art. 3 L. 241/90
Art. 3 L .241/90
motivazione del provvedimento
”Ogni
provvedimento
amministrativo,
compresi
quelli
concernenti
l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il
personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La
motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell‘Amministrazione, in relazione alle risultanze
dell'istruttoria” (comma 1).
Motivazione del provvedimento - Art. 3 L. 241/90
Nei procedimenti di competenza dello Sportello Unico, la motivazione del
provvedimento amministrativo è il risultato della valutazione resa dalla
DTL o dalla Questura sugli aspetti di relativa competenza. Il parere, infatti,
entra a far parte del corpo del provvedimento di rigetto a firma del
dirigente dello Sportello Unico.
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
Criteri di riferimento
nella valutazione
della capacità economica
da parte della DTL
nel procedimento
di rilascio del nulla osta
al lavoro
• Art. 30 bis, comma 8 del DPR n. 394/99;
• Circolare del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali n.
1/2005, che indica i criteri in base ai quali deve ritenersi
sussistente la capacità economica del richiedente il nulla osta per
attività di lavoro domestico (“…la capacità economica è da
ritenere sussistente ogniqualvolta il richiedente possegga un
reddito annuo, al netto dell’imposta, di importo almeno doppio
rispetto all’ammontare della retribuzione annuale dovuta al
lavoratore da assumere, aumentata dei connessi contributi. Il
minimo reddituale così stabilito sarà pertanto l’unico termine di
riferimento da utilizzare in luogo delle soglie di reddito (…).
Rimane confermato che il reddito minimo richiesto come
necessario potrà risultare anche dal cumulo dei redditi dei parenti
di primo grado non conviventi o, in mancanza, di altri soggetti
tenuti legalmente all’assistenza sulla base di un’autocertificazione
dei medesimi”);
• Circolare del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali n.
55/2000, “La capacità economica dell’imprenditore va valutata
caso per caso, comunque, dalla DTL in relazione sia al numero dei
lavoratori da assumere sia all’esigenza dell’impresa, anche a
mezzo di motivata relazione a cura del datore di lavoro
richiedente…”
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
Criteri di riferimento nella valutazione della capacità economica
nel procedimento di emersione
• Art. 1 ter, comma 4 L.102/09 (Emersione 2009);
• Art. 3 del Decreto Interministeriale del 29.08.2012 (Emersione 2012)
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
La giurisprudenza afferma che è inidoneo il supporto motivazionale
dell’atto emesso dallo Sportello Unico quando:
non viene fatto un chiaro riferimento al presupposto fattuale da verificare
(ossia il reddito del datore di lavoro richiedente), alla capacità reddituale
minima necessaria ed alle disposizioni normative di riferimento.
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
Con particolare riguardo, ad esempio, al nulla osta al lavoro
alcune pronunce hanno ritenuto che
”il provvedimento di rigetto del nulla osta al lavoro (…) è inficiato dal difetto di motivazione
quando il suo contenuto è supportato dal riferimento ad una non meglio precisata insufficienza
del reddito (…); a fronte di un reddito documentato l’Amministrazione deve esplicitare quale
reddito avrebbe considerato sufficiente e quali parametri ha utilizzato per la valutazione della
insufficienza (…) in assenza di indicazioni in tal senso nel provvedimento impugnato, il ricorso
in esame è fondato e deve essere pertanto accolto, con conseguente annullamento di tale
provvedimento, facendosi espressamente salvi gli ulteriori legittimi e motivati provvedimenti
dell‘Amministrazione” (TAR Catania, sez IV, sent. breve, n.1185 del 2009; TAR Sicilia Catania
Sez. IV, sent., 18-01-2012, n. 145)
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
E ancora, in riferimento al procedimento relativo al nulla osta al lavoro
“… è …inidonea la motivazione del provvedimento di diniego del n o, limitato al disposto “visto il
parere negativo della DPL per incapacità economica ….il generico riferimento a tale unico motivo
ostativo all’accoglimento dell’istanza non consente, infatti, di ricostruire l’iter logico – giuridico
seguito dalla p.a., in quanto non viene indicata alcuna specifica circostanza di fatto, quale l’importo
del reddito definito come “inadeguato” rispetto alla possibilità di assunzione, né la ragione giuridica
posta a fondamento del provvedimento di diniego…”; Né…il provvedimento di diniego può ritenersi
motivato per relationem al parere della DPL, atteso che il richiamo ad un atto diverso può costituire
adeguata e valida motivazione solo a condizione che questo sia espressamente indicato e reso
disponibile..in quanto l’atto impugnato non contiene alcuno specifico riferimento che consente di
potere individuare l’atto presupposto né riporta, almeno in stralcio, le parti significative né tanto
meno detto atto è ad esso allegato” (Tar Lazio n. 02519/2009; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent.,
08-11-2012, n. 4482)
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
La necessità di dare conto degli elementi (fattuali e normativi) indicati nelle
pronunce della giurisprudenza deve riguardare non solo la motivazione
della capacità reddituale nel caso di richiesta di nulla osta al lavoro
domestico/subordinato, ma anche quella relativa al provvedimento di
rigetto emesso nell’ambito del procedimento di emersione (in quest’ultimo
caso, la sufficienza o meno del reddito andrà riferita ai parametri reddituali
minimi indicati dalla normativa eccezionale).
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
•
Valutazione
della capacità
economica
del datore di lavoro
titolare
di una impresa
che ha fatto
domanda
di nulla osta
al lavoro
per assumere
un lavoratore
straniero
per l’attività
ad essa inerente
•
“ …occorre guardare non soltanto alle risorse presenti del datore di
lavoro, ma anche alle prospettive future di crescita nel settore, legate
anche all’apporto che il lavoratore straniero potrà fornire all’impresa.
Peraltro, in tale valutazione, rileva non solo il mero risultato netto della
gestione economica, ma devono essere presi in considerazione anche altri
fattori, come il volume d’affari, le commesse ottenute, la complessiva
solidità economica del datore di lavoro ed altri elementi idonei a
comprovare l’idoneità dello stesso a sostenere gli oneri della futura
assunzione” (TAR Sicilia, Catania, sez. IV, n. 1182 del 2009);
“Non è idonea la motivazione del diniego quando si limita ad affermare
che la documentazione fatta pervenire dal richiedente non si è dimostrata
idonea a superare il motivo ostativo in presenza di una memoria in cui il
datore di lavoro ha illustrato le esigenze dell’impresa e la congruità della
richiesta rispetto alla capacità economica della medesima, riferendo in
ordine all’espansione della ditta, sia sul punto del fatturato, sia su quello
del numero dei lavoratori dipendenti (…) Pertanto, in presenza di siffatte
produzioni documentali, l’Amministrazione deve esaminarle e motivarle
sulla loro specifica rilevanza “ (TAR Sicilia, Palermo, sent. breve, n.
865/2009).
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
In altra pronuncia è stato precisato che l’Amministrazione
deve approfondire la posizione del richiedente, dando conto
in motivazione delle peculiarità del caso e valutando anche il reddito
in prospettiva, qualora si tratti di impresa appena avviata
«…Lo Sportello Unico …appare aver giustificato il diniego di nulla osta solo con l'asserita
insufficienza del reddito del richiedente, senza tener conto delle caratteristiche della ditta
datrice di lavoro, appena avviata, e del conto economico provvisorio presentato dal
ricorrente, ….Tali elementi positivi, ….. avrebbero dovuto spingere l'Amministrazione ad
approfondire la posizione del richiedente e a motivare specificamente il provvedimento
adottato con riferimento alle peculiarità del caso (impresa appena avviata con reddito, in
prospettiva, astrattamente sufficiente a sostenere l'assunzione di un lavoratore
extracomunitario)» (T.A.R. Piemonte, Torino Sez. II, Sent., 01-08-2012, n. 964)
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
L’Amministrazione
deve tenere conto degli
elementi sopravvenuti,
ossia di tutte quelle
circostanze intervenute
nel corso dell’istruttoria
procedimentale,
originariamente non
presenti, idonee a condurre
ad un favorevole esito
del procedimento
Il fondamento della necessità di valutare tali
elementi viene rinvenuto nella disposizione
dell’art. 5 comma 5 del D. Lgs. n. 286/98 per
cui: “Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo
sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è
stato rilasciato, esso è revocato, quando
mancano o vengono a mancare i requisiti
richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel
territorio dello Stato, fatto salvo quanto
previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre
che non siano sopraggiunti nuovi elementi che
ne consentano il rilascio e che non si tratti di
irregolarità amministrative sanabili”.
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
La giurisprudenza in materia di nulla
osta al lavoro non considera legittima
la cristallizzazione della situazione
reddituale al momento della
presentazione della domanda,
ritenendo che debbano valutarsi i
nuovi cespiti che siano provati dal
richiedente e che siano pervenuti
successivamente alla presentazione
della domanda, ma prima
dell’adozione dell’atto conclusivo
“..occorre tenere nella giusta
considerazione la pretesa
sostanziale posta alla base
dell’impugnazione e quindi dare
rilievo alle sopravvenienze che
possano determinare
l’accoglimento della pretesa del
ricorrente.” (in tal senso, Tar
Emilia Romagna, Bologna, n. 163
del 2009; Cons. Stato, sez. VI, 14
febbraio 2006 n 3412; Tar Emilia
Romagna, Bologna, sent. breve n.
859/2009).
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’insufficienza della capacità economica
Giurisprudenza in materia di emersione dal lavoro irregolare
• la capacità reddituale da prendere in considerazione è quella indicata nella normativa di settore
(il reddito da valutare è quello imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi al momento
della presentazione della domanda); crf. T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 20-01-2012, n.
81; Cons. Stato Sez. III, Sent., 20-09-2012, n. 5028; T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 01-062012, n. 630.
• non può farsi applicazione dell’art. 5 comma 5 del D.Lgs. 286/98; la disciplina sull’emersione è
una legge di carattere eccezionale e derogatoria rispetto al sistema del “flusso regolamentato”
previsto dal testo unico sull’immigrazione, ed in quanto tale va considerata di stretta
interpretazione (cfr. Cons. Stato Sez. III, Sent., 29-01-2013, n. 553; Cons. Stato Sez. III, Sent., 0701-2013, n. 17).
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento
di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro
1) Ipotesi
in cui venga accertata
la presenza
di condanne penali
Non è idoneo il supporto motivazionale del
provvedimento di rigetto che fa un generico
richiamo alla presenza di "condanne ostative al
rilascio del n. o. emersione", ovvero
consistente nella dicitura "elementi ostativi al
rilascio n. o". Tali espressioni vengono ritenute
non conformi a quanto previsto dall’art. 3 della
L. 241/90 in quanto non consentono, da un
lato all'interessato di conoscere i motivi
sostanziali del diniego e, dall'altro, al giudice di
svolgere il sindacato di legittimità sul
provvedimento impugnato (cfr. TAR Lazio
Latina Sez. I, Sent., 25-07-2012, n. 598; TAR
Lazio Latina Sez. I, Sent., 06-12-2012, n. 942).
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento
di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro
In presenza di un elemento assolutamente ostativo
alla regolarizzazione, quale la condanna penale a carico
del lavoratore straniero, occorre indicare
“…il riferimento alla condanna medesima e al quadro normativo di pertinenza “
(TAR Liguria, Sez. II, 11 Aprile 2012, N. 522; TAR Umbria, Sez. I, 1° Febbraio 2011,
N.38)
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento
di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro
Non è stato ritenuto idoneo il rigetto della domanda di emersione
motivato con la sola dicitura “Notizia riservata d'ufficio", in quanto, anche
in tale caso, il supporto motivazionale non riesce a fornire al destinatario
dell’atto gli elementi necessari in base ai quali difendersi ovvero affermare
la legittimità della propria pretesa (cfr. T.A.R. Sicilia, Sez. IV, Sent., 18-022013, n. 495)
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento
di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro
Con riferimento alla procedura di emersione ex L. 102/09
Secondo la giurisprudenza, non è corretta la motivazione del provvedimento di
rigetto, fondata sull’accertamento di condanne penali a carico del datore di
lavoro, in quanto queste non rientrano tra le ipotesi ostative previste dalla
relativa disciplina di cui all’art. 1 ter, comma 13 D.Lgs. 286/98.
Non è possibile fare una estensione analogica delle norme in tema di rilascio del
nulla osta al lavoro disposte nel T.U. sull’immigrazione, che, invece, prevedono
tale tipo di accertamento.
La procedura di emersione si pone quale normativa di carattere speciale e,
pertanto, va intesa in termini di stretta interpretazione (cfr. TAR Emilia, Bologna,
sez. I, 06.08.2011, n. 7402, T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 11-09-2012, n.
1854).
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento
di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro
Diversamente, la nuova procedura di emersione dal lavoro irregolare,
attualmente in corso, ha previsto espressamente, ai sensi dell’art. 5
comma 3 del D.Lgs. n. 109/2012, la necessità di procedere
all’accertamento, della sussistenza o meno di determinate ipotesi ostative
a carico non solo del lavoratore, secondo quanto disposto dall’art. 5
comma 13 del D. Lgs. n.109/12, ma anche a carico del datore di lavoro con
riguardo a talune fattispecie di reato espressamente indicate. La
motivazione (e prima di essa la verifica istruttoria) a fondamento dell’atto
di rigetto dovrà, comunque, anche in questo caso, essere strettamente
inerente alle ipotesi tassative contemplate dalla specifica legge di settore.
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento
di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro
L’atto di rigetto non può, in ogni caso, essere fondato sulla sussistenza
di una mera denuncia (cfr. TAR Veneto n. 3726/2007;
C. Cost. sent. n.78/2005; TAR Friuli Venezia Giulia n.780/2005).
“In materia di immigrazione è illegittimo il provvedimento di diniego della regolarizzazione dello
straniero a motivo di una mera denuncia per reati astrattamente ostativi, quando non vi sia prova
che a tale denuncia sia seguito un procedimento penale concluso con sentenza di condanna, sia pur
non definitiva, nonché in mancanza di un'esplicita e motivata valutazione in ordine alla pericolosità
sociale dell'istante.”
(cfr. T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, 21 aprile 2011, n. 780).
La motivazione nei provvedimenti di rigetto fondati sull’accertamento
di motivi ostativi a carico del lavoratore o del datore di lavoro
Il legislatore ha previsto, espressamente, al comma 5 bis dell’art. 22 del
D.Lgs.286/98, introdotto dall’art. 1, comma 1 del D.Lgs. n.109/2012, il
preventivo accertamento di eventuali sentenze di condanna, anche non
definitive, in capo al datore di lavoro, ai fini del rilascio del nulla osta al
lavoro.
I provvedimenti di rigetto fondati sulla segnalazione del cittadino straniero
per inammissibilità nell’Area Schengen.
2) I provvedimenti
di rigetto fondati
sulla segnalazione
del cittadino straniero
per inammissibilità
nell’Area Schengen
È ostativa all’emersione, ma rileva anche ai fini del
rilascio del nulla osta al lavoro subordinato, la
segnalazione per inammissibilità ai sensi della
Convenzione di attuazione dell’Accordo Schengen
(CAAS).
Tale Convenzione, stipulata il 19 giugno 1990 e resa
esecutiva in Italia con L. n.388 del 1993, finalizzata alla
creazione di uno spazio comune, attraverso la soppressione
graduale dei controlli alle frontiere interne, è stato poi
incorporata nel quadro normativo dell’Unione Europea.
Elemento centrale di questa normativa è il sistema della
segnalazione che ciascun Paese può effettuare per i cittadini
extracomunitari attinti da una misura espulsiva o da altri
provvedimenti considerati rilevanti per la sicurezza comune.
Lo scambio di informazioni avviene attraverso un sistema di
comunicazione tra gli Stati membri, denominato SIS (Sistema
informativo Schengen).
I provvedimenti di rigetto fondati sulla segnalazione del cittadino straniero
per inammissibilità nell’Area Schengen.
Una parte di giurisprudenza ritiene che, al fine di garantire
elementi necessari al soggetto interessato per il compiuto esercizio
del diritto di difesa, l’Amministrazione procedente
“deve rendere noti sia la provenienza della segnalazione sia il concreto evento che l’abbia
determinata, in modo che l’interessato possa contestare la riferibilità a sé della
segnalazione…”. “L’acclarata violazione dei pur ridotti oneri motivazionali gravanti
sull’Amministrazione procedente vizia, dunque, il provvedimento…” (TAR Toscana, sent.
n.124/2012).
I provvedimenti di rigetto fondati sulla segnalazione del cittadino straniero
per inammissibilità nell’Area Schengen.
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che non occorre motivare
in merito all’evento concreto che ha determinato la segnalazione
“Non sussiste (…)l’obbligo per l’Amministrazione di verificare i presupposti e la natura
dell’iscrizione, quando vi è certezza dell’identità del soggetto. Il riferimento normativo riportato nel
provvedimento deve essere considerato una ragione sufficiente a supportare il diniego.. mentre la
necessità di indicare i motivi che hanno originato il parere negativo delle autorità di sicurezza deve
essere esclusa, attesa l’impossibilità, in generale, di accedere ai dati presenti nel suddetto sistema.
Il ricorrente, peraltro, non ha dimostrato l’esistenza di errori e/o omonimie, atti a comprovare
l’insussistenza del presupposto di fatto posto a fondamento del provvedimento impugnato, il cui
contenuto, sostanzialmente vincolato, giustifica l’omessa comunicazione del preavviso ex art. 10 bis
l.241/90” (TAR Lazio, Roma, sez. I quater n. 9118/08; Cons. St., sez. VI, sent. n. 4894/2009).
I provvedimenti di rigetto fondati sulla segnalazione del cittadino straniero
per inammissibilità nell’Area Schengen.
Il Consiglio di Stato (Cons. St., sez. I, parere 7462/2012
del 17.10.2012) in sede di parere reso nell’ambito dei ricorsi
straordinari al Presidente della Repubblica ha affermato:
“Secondo la decisione del Cons. St., sez. VI, 19-06-2009, n. 4103, che il collegio condivide, in sede di
definizione dell’istanza di emersione di lavoro irregolare, la segnalazione fatta pervenire ai sensi
dell’Accordo di Schengen da parte del Paese inseritore, ai fini della non ammissione nel territorio
dello Stato, vincola l’amministrazione all’adozione di un provvedimento di reiezione della istanza di
regolarizzazione in forza di specifica disposizione di legge; si tratta di un atto vincolato che
presuppone soltanto una verifica della esistenza della segnalazione, della riferibilità della stessa
allo straniero della cui regolarizzazione si tratti e della sua attuale (al momento della adozione del
provvedimento) validità ed efficacia “.( crf. Cons. Stato Sez. III, Sent., 25-09-2012, n. 5092)
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione
fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.
Pronunce
della giurisprudenza
in ordine
ai provvedimenti
di rigetto fondati
su un rapporto
di lavoro fittizio
tra datore di lavoro
e lavoratore
(Emersione
lavoro irregolare L. n.102/09)
“Il legislatore ha richiesto, tra i requisiti necessari per la legalizzazione di
rapporti di lavoro irregolari, quello della sussistenza di un rapporto già
effettivamente esistente e stabile al momento della sanatoria; tale
normativa può pertanto trovare corretta applicazione soltanto nei casi in
cui l'attività lavorativa in parola, risulti idonea ad offrire un sufficiente
affidamento per l'esistenza di un serio impegno lavorativo e l'effettiva
prosecuzione e la possibile successiva stabilizzazione del rapporto,
apparendo invece estranea alle finalità delle norme in questione quella di
assecondare iniziative concernenti situazioni le quali, per la scarsa durata
del rapporto e per la conseguente precarietà che le caratterizza, possono
rappresentare la dissimulazione di un rapporto fittizio o sorto unicamente
per la finalità della legalizzazione” (C.S. Sez. VI 22.2.2010 n. 1007).
“La dichiarazione dell'intervenuta prestazione di attività lavorativa
effettuata dal datore di lavoro … non costituisce piena prova dell'effettivo
svolgimento dell'attività svolta e della sua pertinenza alla tipologia di
lavoro sanabile, essendo questi elementi soggetti alle verifiche da parte
dell'autorità competente” (TAR Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 07-022013, n. 1373)
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione
fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.
La domanda di emersione presentata dal datore di lavoro reca dati
autocertificati, ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445 del 2000, onde
è legittima l’attività dell'Amministrazione espletata in conformità
all’art. 71, co. 1, del D.P.R. n. 445 del 2000, laddove prescrive che
“le Amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a
campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni
sostitutive di cui agli articoli 46 e 47” (in tal senso, cfr. TAR Sicilia Catania Sez. IV, Sent., 1604-2013, n. 1101)
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione
fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.
In termini generali, può dirsi che “per appurare la insussistenza del
presupposto della prestazione lavorativa (…) la pubblica autorità potrebbe
basarsi anche soltanto su una serie di elementi concorrenti e convergenti
che.. siano stati accettabilmente verificati e costituiscano il risultato
attendibile ed adeguatamente motivato di una congrua attività istruttoria”
(cfr. TAR Veneto, Venezia, sent. 16/2008).
….“non vi è necessità che la falsità o inattendibilità della dichiarazione di
emersione del datore di lavoro venga accertata con sentenza. Tale
conclusione può essere il frutto di una valutazione in via amministrativa,
purché adeguatamente motivata e supportata da riscontri oggettivi” (TAR
Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 10-12-2012, n. 1912, TAR Lombardia,
Brescia, sentenza n. 1023/12).
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione
fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.
Da quanto detto, emerge che l’Amministrazione “…è onerata non solo a svolgere
adeguati accertamenti al riguardo, ma anche di dare adeguata contezza nella parte
motiva del provvedimento delle ragioni che sorreggono una siffatta decisione nel rispetto
di quanto previsto al riguardo dall‘art. 3 della Legge n. 241 del 1990 e s.m.i. ("la
motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze
dell'istruttoria") e non possa, quindi, fondare il diniego su mere supposizioni, prive di
adeguati elementi di riscontro (TAR Piemonte Torino Sez. II, Sent., 20-05-2011, n. 527).
“Se è vero che la procedura di emersione deve essere astretta a rigoroso accertamento
volto a evitare l'utilizzo fraudolento della sanatoria, è anche vero che l‘Amministrazione
deve con altrettanto rigore escludere la sussistenza del rapporto di lavoro utilizzando
tutti gli strumenti a sua disposizione ed esplicitando compiutamente le verifiche
effettuate…” (TAR Veneto, Venezia Sez. III, Sent., 09-04-2013, n. 527)
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione
fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.
Deve, pertanto, non ritenersi corretta,
alla stregua di quanto già sopra precisato, che:
“l'unica motivazione del provvedimento impugnato si appunti sulla circostanza che il rapporto di
lavoro possa essere fittizio, (…) si tratta in tutta evidenza di considerazione che non può ritenersi, di
per sé sola, sufficiente a giustificare un provvedimento così gravemente pregiudizievole sia per il
cittadino straniero che per il suo datore di lavoro. L'Autorità di polizia avrebbe dovuto aggiungere (e
produrre in giudizio) elementi istruttori, ovvero fatti presuntivi ragionevoli, dai quali si potesse
desumere in modo obiettivo l'effettiva sussistenza di tale circostanza che, solo in tal caso, avrebbe
assunto valenza dirimente. In mancanza di ciò, il ricorso deve ritenersi fondato, sotto i dedotti profili
di difetto di istruttoria e di motivazione, e va pertanto accolto, col conseguente annullamento del
provvedimento impugnato, salvi gli eventuali, ulteriori, provvedimenti di competenza dell'Autorità
amministrativa.”( TAR Sicilia Catania Sez. IV, Sent., 27-03-2013, n. 875)
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione
fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.
Anche con riferimento all’accertata fittizietà del rapporto di lavoro, dalle
pronunce giurisprudenziali è dato desumere che sia corretta la preventiva
contestazione delle circostanze poste a fondamento del diniego mediante
comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell’art. 10 bis della L. 241/90
(cfr. TAR Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 26-07-2012, n. 1659).
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione
fondato sull’accertamento di un rapporto di lavoro fittizio tra le parti.
Se a seguito del preavviso di rigetto il destinatario della relativa
comunicazione produce memorie o documenti, “in cui si rappresentano gli
elementi per i quali il rapporto di lavoro deve ritenersi effettivo”, tali
circostanze
devono
essere
adeguatamente
ponderate
dall'Amministrazione intimata e vanno esplicitate le ragioni per le quali si
sia ritenuto di disattendere le argomentazioni, di cui alla memoria,
prodotta ai sensi dell‘Art. 10 bis della L. n. 241 del 1990, volte a
rappresentare l'effettività del rapporto di lavoro (TAR Marche Ancona Sez.
I, Sent., 21-03-2013, n. 223).
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato
sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .
L’art. 1 ter, comma 13 lett. c) della l. 102/09 prevede il diniego
delle domande di emersione, per le quali è stata accertata,
a carico del lavoratore, la sussistenza di ipotesi di reato
rientranti nell’art. 381 c.p.p.
La Corte Costituzionale con la pronuncia n.172/2012 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 1 ter, comma 13, lettera c) della L.102/09 (emersione 2009) per violazione dell’art. 3 della
Costituzione “nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell’istanza di
regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza
di condanna per uno dei reati per i quali l’art. 381 c.p.p. permette l’arresto facoltativo in flagranza,
senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo
rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato”.
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato
sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .
Recente giurisprudenza, prendendo atto della suddetta pronuncia, ha
decretato l’annullamento degli atti di rigetto fondati su tale motivo di
diniego, ritenendo “…il provvedimento impugnato (…) carente nella
motivazione, essendo stato adottato in via automatica tenendo conto della
sola condanna penale e senza svolgere alcuna valutazione sulla
pericolosità sociale del cittadino straniero” ed invitando l’Amministrazione
ad una nuova riconsiderazione dei presupposti ostativi rientranti nella
previsione dell’art. 381 c.p.p.alla luce di una valutazione della suddetta
pericolosità.
(cfr. TAR Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 03-09-2012, n. 7505; TAR Lazio
Roma Sez. II quater, Sent., 05-12-2012, n. 10164, TAR Campania Napoli Sez.
VI, Sent., 07-03-2013, n. 1328).
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato
sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .
questione interpretativa
se in ragione della pronuncia in argomento l’Amministrazione sia tenuta o meno a
rivalutare d’ufficio o su istanza di parte, in via di autotutela, i provvedimenti di rigetto
fondati su condanne rientranti nell’art. 381 cpp, effettuando una valutazione in merito
alla pericolosità sociale non compiuta in precedenza.
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato
sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .
Lo Sportello Unico è opportuno che provveda,
in via d’ufficio, ad una rivalutazione, nei
termini indicati dalla Corte Costituzionale, di
quelle fattispecie non ancora definite, ossia:
• quelle in cui non sia stato ancora notificato
il decreto di rigetto della domanda di
emersione ai richiedenti (datore di lavoro e
lavoratore);
• quelle in cui sia pendente il ricorso
giurisdizionale o straordinario;
• quelle per le quali non sia decorso ancora il
termine utile per la proposizione del
ricorso, ossia debba ancora spirare il
termine ultimo di 120 giorni dalla notifica.
Quanto sopra risulta conforme a
quella consolidata giurisprudenza per
la quale, a fronte di pronunce di
accoglimento
della
Corte
Costituzionale,
deve
ritenersi
inficiata, fin dall’origine, la validità e
l’efficacia della norma dichiarata
contraria alla Costituzione, “salvo il
limite delle situazioni giuridiche
consolidate per effetto di eventi che
l’ordinamento giuridico riconosce
idonei a produrre tale effetto, quali le
sentenze passate in giudicato, l’atto
amministrativo non più impugnabile,
la prescrizione e la decadenza” (Cass.
civ. sez. III 28 luglio 1997 n. 7057);
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato
sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .
Rispetto all’esercizio dell’autotutela,
secondo consolidata giurisprudenza
“…non vi è alcun obbligo di procedere all’annullamento d’ufficio del provvedimento. Il
potere di autotutela è infatti previsto nel nostro ordinamento non a tutela dell’interesse
del privato, ma unicamente a presidio del pubblico interesse e l’Amministrazione qualora
riscontri l’illegittimità del proprio atto, può procedere all’annullamento del medesimo solo
quando vi siano motivi di interesse pubblico in tal senso. L’atto di autotutela è
discrezionale e non doveroso anche a fronte di pronuncia di illegittimità costituzionale (…)
o di illegittimità comunitaria dell’atto ( v. pure Cons. Stato, sez. VI, n 918 del 1998; Cons
st., sez VI n 1414 del 2008; Cons stato, sez. VI, n. 1023 del 2006, Corte di giustizia
13.1.2004, C-453/00, Kune; Corte di giustizia, 12.2.2008, C-2/06, Kempter).
La motivazione nel provvedimento di rigetto della domanda di emersione fondato
sull’accertamento di una condanna rientrante nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. .
La richiesta di riesame presentata all’Amministrazione
non legittima, in caso di mancato riscontro,
l’esperibilità dell’azione avverso il silenzio
”non sussiste alcun obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta a ottenere un
provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall’esterno l'attivazione del
procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo mediante l'istituto del silenziorifiuto e lo strumento di tutela offerto (oggi dall’art. 117 c. p. a.). Il potere di autotutela si esercita
discrezionalmente d’ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito
dell’Amministrazione, e non su istanza di parte e, pertanto, sulle eventuali istanze di parte, aventi
valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere” (Consiglio di Stato, Sez.
V, 3 ottobre 2012, n. 5199; cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5199; Cons. St.,
sez. I, parere n. 7337/2012, adunanza del 06.03.2013).
IL CONTENZIOSO
NEI PROCEDIMENTI
DEGLI SPORTELLI UNICI
PARTE III - Archiviazione della domanda
di emersione per mancata
presentazione delle parti
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Art. 1 ter, comma 7, L. 102/09 e art. 5, comma 9, D. Lgs. 109/12
(Emersione lavoro irregolare)
La Prefettura, acquisiti i pareri favorevoli della Questura e della DPL, convoca le parti
(datore di lavoro e lavoratore) per la produzione della documentazione richiesta e, ove
questa risulti conforme alle indicazioni legislative, le parti potranno sottoscrivere il
contratto di soggiorno ed al lavoratore sarà consegnato il kit da spedire ai fini del rilascio
del permesso di soggiorno per lavoro. “La mancata presentazione delle parti senza
giustificato motivo comporta l’archiviazione del procedimento”.
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Nei ricorsi avverso i provvedimenti di archiviazione
per mancata presentazione, la giurisprudenza
è stata chiamata a valutare:
• se l’archiviazione consegue alla mancata presentazione di tutte e due le parti, senza
giustificato motivo, ovvero se siano legittimi i provvedimenti di archiviazione emessi
dallo Sportello a seguito della mancata presentazione del solo datore di lavoro;
• se il lavoratore abbia diritto alla definizione favorevole dell’istanza di emersione pur a
fronte del disinteresse del datore di lavoro, e possa, quindi, ottenere il rilascio del
permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Diversi orientamenti in giurisprudenza
Sulla legittimità o meno dei provvedimenti di archiviazione emessi dagli Sportelli
Unici in ipotesi di mancata presentazione, senza giustificato motivo, del solo
datore di lavoro alla convocazione in Prefettura.
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Primo orientamento
Riconosce una posizione giuridica autonoma al lavoratore straniero, suscettibile
di tutela ed idonea a consentirgli il rilascio del permesso di soggiorno per attesa
occupazione pur se il datore di lavoro istante non ha più inteso portare a
compimento l’iter procedurale dell’emersione e non si sia presentato alla
convocazione in Prefettura
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
TAR Lombardia, Milano n.528 del 13.10.2010
"Quando tutti gli elementi richiesti dalla L. n. 102 del 2009 sono presenti, la sanatoria non può
essere lasciata alla discrezione del datore di lavoro che potrebbe non aver più interesse a
perfezionare il contratto di soggiorno poiché tra la data di presentazione della domanda e quella di
convocazione in Prefettura potrebbe essere successo qualcosa che rende inutile o comunque non
più proficuo il rapporto di lavoro; in un caso del genere la procedura di regolarizzazione deve
andare in porto dovendosi intendere l'archiviazione come un provvedimento che attesta il difetto di
interesse di entrambe le parti; diversamente, si darà atto del perfezionarsi della procedura di
regolarizzazione e del tempo di durata del contratto di lavoro ed al lavoratore extracomunitario
verrà concesso un permesso per attesa occupazione ex art. 22,comma 11, T.U. Imm”.
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
In linea con questa impostazione, si annoverano le seguenti pronunce:
T.A.R. Lombardia, Brescia, Sezione I, Sentenza 29.02.2012, n. 329
“… l'art. 1-ter del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (introdotto con la legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102) si
caratterizza per la peculiarità di prevedere in una prima fase, quella dell'autodenuncia, l'iniziativa del solo
datore di lavoro (il quale presenta l'istanza di cui al 3 comma), mentre nella fase terminale, effettuata
positivamente la verifica riguardo alla sussistenza dei requisiti, con l'invito delle parti presentarsi allo SUI per la
sottoscrizione del contratto di soggiorno (cfr. c. 7) prende in considerazione entrambe le parti (quindi anche il
lavoratore), tanto è vero che il settimo comma espressamente prevede che "La mancata presentazione delle
parti senza giustificato motivo comporta l'archiviazione del procedimento". Da ciò discende che la sola mancata
presentazione del datore di lavoro alla convocazione non può costituire ex sé valida ragione per disporre
l'archiviazione della procedura. Invero, laddove il datore di lavoro (senza disconoscere la paternità della
dichiarazione) ometta senza motivo di presentarsi alla convocazione per la sottoscrizione, lo SUI deve
provvedere a informare dell'accaduto il lavoratore per accertare che cosa è realmente accaduto e verificare se
anche il solo lavoratore sia in grado di fornire gli elementi di prova richiesti e così ottenere la regolarizzazione…”
Conclusivamente, l'atto di archiviazione qui impugnato deve essere annullato, fermo restando il potere
dell'Amministrazione, all'esito del giudizio, di riesaminare la posizione dei richiedenti ed emettere un ulteriore
diverso provvedimento (alla luce degli elementi di cui in possesso: in specie la mancanza del requisito del reddito
in capo al datore di lavoro)
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VI, Sentenza 09.01.2013, n. 196
“Ed, infatti, ritiene il Collegio che alla fattispecie in esame debba farsi applicazione
dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui è illegittimo il provvedimento con cui lo Sportello
Unico per l'Immigrazione della Prefettura rigetta l'istanza di emersione dal lavoro irregolare ex art.
1 ter, L. n. 102 del 2009, motivato con la mancata presentazione delle parti, atteso che, in tali casi, "
anche qualora il datore di lavoro non intenda più impiegare il lavoratore, questi può essere
regolarizzato per il periodo di impiego e ha titolo per chiedere un permesso di soggiorno per attesa
occupazione" (così T.A.R Puglia Lecce, sez. II, 22 ottobre 2012, n. 1700, T.A.R. Veneto, sez. III, 25
gennaio 2012, n. 72 e T.A.R. Liguria, sez. II, 15 febbraio 2012, n. 284);
Il provvedimento, per tale ragione con assorbimento delle altre censure proposte, va dunque
annullato, salva l'adozione di quelli ulteriori.”
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione II, Sent. 22.10.2012, n. 1700 ( cfr.
anche T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione II, Sent. 27.02.2013, n. 427)
“…Nel merito, le principali censure formulate dal ricorrente sono fondate, atteso che (come, peraltro, già
segnalato dalla Sezione nella fase cautelare del processo), nel caso in esame, il mancato
perfezionamento della procedura di regolarizzazione con la prevista stipula del contratto di soggiorno è
dovuto a motivi dipendenti unicamente dal datore di lavoro e che la mancata presentazione delle parti
all'appuntamento fissato è dipesa dalla non conoscenza della convocazione, in quanto pervenuta ad un
indirizzo sconosciuto (rectius: "destinatario trasferito e irreperibile"), sicché l'Autorità di Polizia avrebbe
dovuto valutare l'effettiva non conoscenza della convocazione (da parte del lavoratore) quale giustificato
motivo atto ad evitare l'adozione dell'impugnato provvedimento di archiviazione, tanto più se si consideri
(vedi parere favorevole espresso il 12 Giugno 2010 dalla Questura) l'insussistenza di ulteriori situazioni
preclusive all'ingresso dell'extracomunitario ricorrente nel territorio nazionale.
Infatti, l'art. 1-ter, comma settimo, della L. 3 agosto 2009, n. 102….sebbene faccia discendere dalla
mancata presentazione delle parti l'archiviazione della pratica, demanda comunque all'Amministrazione,
a convocazione avvenuta, di valutare la sussistenza o meno di un giustificato motivo alla mancata
presentazione non solo del datore di lavoro, ma anche del lavoratore, posto che ad entrambi va rivolta la
convocazione”
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
In tale senso, anche le pronunce del T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, Sent.
14.02.2013, n. 215 ; T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, Sent. 14.02.2013, n.
218
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Secondo orientamento
Il TAR Lombardia, Milano (Sentenza n. 817 del 28 marzo 2011), rivede il proprio originario
orientamento del 2010 e se ne discosta, ritenendo che “il procedimento di emersione di cui all'art.
1-ter sopra citato è rimesso all'iniziativa esclusiva del datore di lavoro, per cui l'inerzia di
quest'ultimo nel corso del procedimento, per tacere della sua eventuale esplicita volontà di non
dare più corso al procedimento stesso, implica necessariamente l'impossibilità per
l'Amministrazione di concludere la procedura mediante l'adozione del provvedimento finale di
emersione del cittadino straniero. Quanto sopra visto anche il carattere eccezionale della procedura
di emersione, sicchè le norme che la contemplano non possono trovare applicazione oltre ai casi ed
ai tempi in esse considerati". (cfr. anche Cons. Stato, Sez. III, Sent., 08-10-2012, n. 5215)
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Nell’ambito di questo secondo orientamento si inseriscono anche recenti sentenze del
TAR Lazio:
• T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, Sentenza 4 gennaio 2012, n. 99;
• T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, Sentenza 18 dicembre 2012;
Nei pareri resi nell’ambito dei ricorsi straordinari, il Consiglio di Stato afferma che:
“…il procedimento di emersione ex art. 1 ter della legge n. 102/2009 è rimesso all’esclusiva
iniziativa del datore di lavoro, sicché, ove il predetto datore dimostri il suo disinteresse per il buon
esito di tale procedimento – non potendo egli essere obbligato a stipulare un contratto di lavoro – la
PA viene a trovarsi nell’impossibilità di concluderlo con un provvedimento finale favorevole
all’emersione del lavoratore straniero. Ciò in quanto il comma 2 del citato art. 1 ter condiziona
l’avvio del procedimento di emersione all’impulso del solo datore di lavoro, con l’esclusione di ogni
potere in tal senso in capo allo straniero lavoratore irregolare. Questo è il motivo per il quale lo
Sportello unico intrattiene rapporti, sia per la richiesta di integrazioni documentali, sia per ogni
altro tipo di comunicazione solo con il datore di lavoro, tant’è che la sua rinuncia all’istanza di
emersione comporta l’archiviazione della pratica (Cons. St., sez.I, parere n.5995/2012, adunanza del
17.10.2012; Cons. St., sez I, parere n. 7884/2012, adunanza del 06.03.2013)”.
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Una ricostruzione dettagliata sulla ratio della normativa dell’emersione
e sul relativo iter procedimentale è stata, poi, posta a fondamento
di questo secondo orientamento nella pronuncia del TAR Lazio, Roma,
sez. II quater, sent. n. 1373/2013, di cui si riportano i tratti salienti:
“La questione sottoposta all'esame del Collegio concerne la legittimità del provvedimento di
archiviazione della pratica di emersione presentata ai sensi all'art. 1 ter del D.L. n. 78 del 2009
convertito dalla L. n. 102 del 2009 per mancata comparizione del solo datore di lavoro, nonché la
possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno (per lavoro subordinato, per attesa occupazione) a
favore del lavoratore interessato anche in caso di mancata positiva conclusione della procedura di
emersione.
……in tale prospettiva va rilevato che la disciplina dell'istituto dell'emersione del lavoro irregolare
(segue….)
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
… introduce una deroga al predetto sistema della pianificazione dei flussi in entrata al fine di
rendere immuni i cittadini italiani che abbiano occupato dei lavoratori stranieri in violazione delle
leggi sull'immigrazione dalle conseguenze penali ed amministrative di tali trasgressioni in
considerazione della particolare rilevanza sociale dei bisogni - assistenza a persone non
autosufficienti e collaborazione domestica - che tale attività ha permesso di soddisfare…
…Tanto premesso in merito alla finalità ed alla natura giuridica dell'istituto, si passa ad esaminare
la disciplina del relativo procedimento per comprendere se sia possibile configurare una posizione
del lavoratore …
….Orbene, al riguardo va in primo luogo rilevato che la legge configura il rilascio del suddetto titolo
abilitativo come la risultante della positiva conclusione di due procedimenti, quello propriamente di
emersione - che si svolge presso lo Sportello Unico dell'Immigrazione (SUI) - e quello volto al rilascio
del permesso di soggiorno, attributo alla competenza della Questura.
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
La sussistenza del rapporto di lavoro irregolare costituisce il presupposto di
fatto del procedimento…La sola presentazione della dichiarazione da parte
del datore di lavoro attestante l'esistenza della circostanza di fatto sopra
indicata - e cioè che l'interessato abbia effettivamente prestato attività
lavorativa nel settore in questione per il periodo di tempo prescritto - non
costituisce di per sé sola titolo valido per la conclusione della procedura di
emersione e per il rilascio del permesso di soggiorno… La dichiarazione di
volontà del datore di lavoro, contenuta nell'istanza di emersione del
datore di lavoro, va innanzitutto confermata dall'interessato in sede di
convocazione presso lo Sportello Unico, in modo da consentire all'ufficio di
verificare l'effettiva identità del dichiarante (costituisce fatto notorio la
presentazione di numerose pratiche di emersione presentate all'insaputa
degli interessati grazie a "furto di identità").
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
La disciplina della procedura di emersione non ha un'impostazione
"oggettiva", cioè non dà rilievo al mero dato materiale dello svolgimento
dell'attività lavorativa di fatto, ma, al contrario, si fonda su
un'impostazione "soggettiva", ….
…..È evidente che la "sanatoria" andrà a beneficiare indirettamente e di
riflesso anche il lavoratore straniero - il quale altrimenti resterebbe
responsabile per la trasgressione della normativa in materia di
immigrazione e non potrebbe continuare a permanere nel Paese - ma la
situazione soggettiva di quest'ultimo è configurata dal legislatore come
posizione derivata rispetto a quella azionata dal datore di lavoro, non
essendo la dichiarazione di volontà del lavoratore da questi prevista come
sufficiente ed autonoma né per l'avvio né per la conclusione della
procedura di emersione….
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Dal punto di vista amministrativo, l'istanza di emersione, quale mera
manifestazione della volontà del datore di lavoro di far emergere e quindi
regolarizzare il rapporto di lavoro con il domestico ovvero badante,
determina solo l'avvio del procedimento di emersione, ma non modifica,
nelle more della sua conclusione… la situazione soggettiva del datore di
lavoro e del lavoratore interessati, … l'unico effetto giuridico della
sospensione dei procedimenti penali ed amministrativi sopra ricordati.
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
In pendenza della procedura di emersione, come si è detto, la mera presentazione
dell'istanza di emersione non vale di per sé ad eliminare la situazione di antigiuridicità di
cui si chiede la sanatoria, non attribuisce al lavoratore in attesa di essere "regolarizzato"
la titolarità del procedimento e la legittimazione a concluderlo autonomamente.
Tantomeno comporta l'attribuzione al lavoratore interessato di un vero e proprio "diritto"
ad ottenere il permesso di soggiorno. La posizione del lavoratore, in pendenza della
procedura di emersione, si configura, piuttosto, una posizione di mera aspettativa al
rilascio di un favorevole provvedimento che consentirà di sanare la propria posizione e
quindi acquisire la legittimazione a richiedere il permesso di soggiorno.
Si tratta di una posizione di aspettativa giuridicamente tutelata anche nei confronti di
tardivi ripensamenti del datore di lavoro …. L'arbitrario ripensamento del datore di lavoro
infatti non è solo fonte di responsabilità penale……ma anche responsabilità civile (oltre
che morale) del datore di lavoro (oltre che di eventuali altri crimini nel caso in cui sia stata
presentata domanda di sanatoria di lavoro falso in cambio di denaro).
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
In conclusione, la presentazione di entrambe le parti dinanzi al competente
SUI costituisce elemento essenziale per la definizione del procedimento, ed
è finalizzata a verificare l'effettiva identità degli interessati, a far assolvere
ai medesimi i relativi oneri di documentazione, non surrogabili da altri, a
rappresentare con la solennità formale le conseguenze della falsità delle
dichiarazioni rese. La stipulazione del contratto di soggiorno, sempre
presso il SUI, costituisce un elemento fondamentale del procedimento di
emersione, configurandosi come atto negoziale con cui viene concluso "a
posteriori" il rapporto di lavoro domestico o di badante irregolare che è
stato fatto emergere al fine di conseguire l'effetto giuridico di sanatoria
previsto dalla legge.
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
….In conclusione la mancata presentazione del datore di lavoro preclude la
conclusione del procedimento di emersione, risultando a tal fine
inconferente invocare lo strumento coercitivo di cui all'art. 2932 c.c., tanto
più che non si tratta di un rapporto bilaterale in cui una parte si è
impegnata nei confronti di un'altra a concludere nel futuro un contratto
che poi si rifiuti di sottoscrivere, ma si tratta dell'ipotesi ben diversa di un
soggetto che decida di avvalersi del beneficio dell'immunità penale - e
quindi operante nel campo della libera disponibilità dei propri diritti ma nel
diverso campo delle responsabili penali - autodenunciandosi e
sottoscrivendo un contratto che non comporta l'instaurazione di un nuovo
rapporto giuridico tra le parti, ma soltanto la sanatoria del pregresso….
Archiviazione della domanda di emersione per mancata presentazione delle parti
Si passa ora ad esaminare la questione della possibilità di rilascio del permesso per attesa
occupazione nel caso di archiviazione della procedura di emersione.
L'art. 1 ter del D.L. n. 78 del 2009 convertito dalla L. n. 102 del 2009 configura il rilascio
configura il rilascio del suddetto titolo abilitativo come la risultante della positiva conclusione
di due procedimenti, quello propriamente di emersione - che si svolge presso lo Sportello Unico
dell'Immigrazione - e quello volto al rilascio del permesso di soggiorno, attributo alla
competenza della Questura.
La positiva conclusione della procedura di emersione costituisce il presupposto per l'avvio del
procedimento volto al rilascio del permesso di soggiorno.…
…..Dato che il rapporto tra i due procedimenti in parola si configura in termini di
presupposizione/conseguenzialità, ne consegue che, mancando la positiva conclusione del
procedimento di emersione, non può essere rilasciato il permesso di soggiorno per motivi di
lavoro - o in attesa di occupazione nel caso di motivata cessazione del rapporto - quand'anche
debba ritenersi provata l'esistenza del rapporto di lavoro nel periodo di legge, dal momento
che è ineludibile condizione della regolarizzazione la stipula del contratto di soggiorno, sia
pure, come detto sopra, per il periodo pregresso in cui il rapporto ha avuto luogo.….
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