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come eliminare corrosioni
IMPIANTI
COME ELIMINARE
CORROSIONI
Antonio De Marco
L’azione nociva dell’acqua negli impianti termici
si manifesta sotto tre distinte forme: incrostazioni,
trascinamenti e corrosioni. Le incrostazioni
rappresentano l’inconveniente di maggiore rilievo
e il trattamento dell’acqua è necessario proprio per
impedirlo. La loro presenza comporta diminuzione della
resa degli scambiatori, diminuzione delle portate nelle
tubazioni e quindi un peggioramento del rendimento di
tutto il sistema (produzione, distribuzione, emissione).
Nell’articolo, le informazioni base per conoscere il
fenomeno delle incrostazioni e delle corrosioni per
eliminarle e prevenirle, allo scopo di mantenere in piena
efficienza gli impianti
L’
acqua, H2O, è un composto chimico formato da idrogeno e ossigeno. È incolore, insapore, inodore. Alla pressione
di 760 mmHg (millimetri di mercurio), bolle a 100°C e
congela a 0°C. Presenta la massima densità a 4°C: abbassando la temperatura, l’acqua aumenta di volume (contrariamente
alle altre sostanze) e diminuisce la sua densità. Raffreddata ulteriormente, congela e si espande di circa il 10% formando ghiaccio, che
risulta così un solido meno denso del liquido che lo ha formato. È il
solo composto inorganico (composto che non contiene carbonio), ad
esistere in natura allo stato liquido ed è la sola specie chimica presente sulla terra contemporaneamente in tre stati di aggregazione: solido,
liquido, gassoso. Però, in natura, l’acqua non esiste allo stato puro, ma
contiene sempre altre sostanze, come ad esempio:
- sali di calcio e di magnesio disciolti che sono sostanze di origine
inorganica, come il carbonato di calcio CaCO3, il carbonato di magnesio MgCO3 ed il carbonato di sodio Na2CO3;
- gas assorbiti e pure disciolti nell’acqua (ossigeno O2, anidride carbonica CO2, acido solfidrico H2S, azoto N2);
- detriti e particelle solide (sabbia e microrganismi) il cui diametro può arrivare anche a 0,1 micron, che vengono trascinati
nell’acqua e possono essere eliminati solo per decantazione o
filtraggio meccanico.
La durezza dell’acqua
La durezza dell’acqua è dovuta proprio al contenuto di sali disciolti,
in particolare sali di calcio e di magnesio, che determinano bicarbonati, come ad esempio è il bicarbonato di calcio. In realtà vi sono
due tipi di durezza dell’acqua: durezza temporanea (o carbonica) e
durezza permanente.
6
INCROSTAZIONI E
NEGLI IMPIANTI
Si definisce temporanea quella causata dai bicarbonati, mentre si
definisce permanente quella dovuta ad altri sali. La durezza totale,
invece, risulta dalla somma della durezza temporanea e della durezza
permanente.
La durezza si misura in diversi modi; il più usato in Italia è basato sui
“Gradi Francesi °F”, oppure su p.p.m.
Di conseguenza, 10 g di CaCO3 su 1.000.000 di grammi corrisponde
a 10 p.p.m. (parti per milione), e quindi:
loro succede che il metallo della base sostituisce l’idrogeno dell’acido.
Quando si unisce un acido con una base, si dice che i due composti
si neutralizzano: la reazione acida del primo e la reazione basica della
seconda scompaiono e l’insieme diventa neutro, perché il sale che si
forma è tipicamente neutro.
Il nome sale risulta formato di due parole: nella prima è ricordato
l’acido da cui deriva e nella seconda è ricordato l’idrossido che lo ha
generato.
Nel nome del sale, la desinenza “ico” (dal nome dell’ossiacido che ha
contribuito a formare il sale) diventa “ato” e fa parte del nome del sale:
per esempio, quindi, l’acido nitrico forma nitrato e l’acido carbonico
forma carbonato.
L’azione nociva dell’acqua negli impianti termici si manifesta sotto
tre distinte forme: incrostazioni, trascinamenti e corrosioni.
1°F = 10 p.p.m.
Il pH
1°F corrisponde ad 1 grammo di CaCO3 in 100 litri d’acqua;
1°F = 10 g di CaCO3 in 1.000 litri d’acqua = 10 g di CaCO3 in
1.000.000 di grammi di acqua.
In base ai Gradi Francesi (°F) l’acqua si considera:
- molto dolce per GF tra 0 e fino a 7;
- dolce per GF compresi tra 7 e 14;
- media per GF compresi tra 14 e 22;
- semidura per GF compresi tra 22 e 32;
- dura per GF compresi tra 33 e 54;
- molto dura per GF oltre 54.
I sali sono composti che si ottengono sostituendo l’idrogeno di un
acido con un metallo. Essi si formano nella reazione fra un acido e
una base (o idrossido). Quando questi due composti reagiscono tra
Il pH indica la concentrazione idrogenionica di una soluzione; serve,
cioè, per misurare l’acidità e l’alcalinità di una sostanza.
pH =
1
log H +
Come evidenziato nella figura 1, l’acidità è misurata da 0 a 7, mentre
l’alcalinità da 7 a 14. Il 7, che è in comune ai due estremi, è il punto
neutro, ove non si ha acidità o alcalinità.
Al massimo punto di acidità “0” trovano posto gli acidi forti (ad
esempio acido cloridrico, acido solforico, acido nitrico), mentre al
massimo punto di alcalinità “14” trovano posto le basi (ad esempio
idrato di sodio, ammoniaca eccetera). Al punto neutro “7” trovano
7
IMPIANTI
Figura 1. Scala dei valori del pH
posto i sali, composti da questi due estremi.
Il pH di una sostanza si misura per mezzo di speciali indicatori, che
sono sostanze coloranti che cambiano il loro colore a seconda della
acidità o alcalinità della sostanza in cui vengono immessi.
Come noto, il D.P.R. 412/1993, al comma 6 dell’art. 5, già prevede
l’applicazione della norma UNI 8065 relativa ai sistemi di trattamento dell’acqua per gli impianti termici di nuova installazione aventi
potenza termica complessiva superiore a 350 kW.
Il D.P.R. 02.04.2009 n. 59, all’art. 4 comma 14, prevede che nel caso
di nuova installazione o ristrutturazione di impianti termici o sostituzione del generatore di calore, si deve effettuare:
a) in assenza di produzione di acqua calda sanitaria e in presenza di
acqua di alimentazione dell’impianto con durezza temporanea maggiore o uguale a 25°F:
1) trattamento chimico di “condizionamento” per impianti di potenza nominale al focolare complessiva minore o uguale di 100 kW;
2) addolcimento per impianti di potenza nominale di focolare complessiva compresa tra 100 e 350 kW.
b) nel caso di produzione di acqua calda sanitaria, le disposizioni
sopra indicate valgono in presenza di acqua di alimentazione dell’impianto maggiore di 15 Gradi Francesi.
Incrostazioni
Le incrostazioni rappresentano l’inconveniente di maggiore rilievo
e il trattamento dell’acqua è necessario proprio per impedirlo. Le
incrostazioni sono dovute alla precipitazione di carbonato di calcio e
magnesio sulle pareti di scambiatori di calore (all’interno delle caldaie), delle tubazioni e dei radiatori, a contatto dell’acqua. La presenza
dei “sali” comporta diminuzione della resa degli scambiatori, diminuzione delle portate nelle tubazioni e quindi peggioramento del
rendimento di tutto il sistema (produzione, distribuzione, emissione).
8
incrostazioni rappresentano
“ Lel’inconveniente
di maggiore
rilievo negli impianti
”
Nella realtà, le incrostazioni sono dovute alle sostanze disciolte che
in determinate condizioni si separano e formano depositi più o meno
aderenti alle pareti metalliche. Per una sostanza disciolta allo stato
di ione (elettrolita) ciò si verifica quando è superato il suo limite di
solubilità, sia a seguito di variazione della concentrazione sia a seguito
di variazione della temperatura a cui la solubilità è legata sia, infine,
per influenza di altre sostanze presenti nella soluzione. È noto infatti
che il prodotto di “solubilità” di una sostanza diminuisce immettendo
in soluzione un’altra che abbia uno ione in comune con la prima.
Si deve aggiungere che alcune sostanze possono formare “precipitati”
anche a seguito di reazioni chimiche tra le varie sostanze presenti
nell’acqua, favorite dalla temperatura.
Evidentemente, negli impianti termici e soprattutto nelle caldaie,
sussistono tutte le condizioni per il verificarsi dei fenomeni descritti.
Le incrostazioni sono dannose perché riducono la sezione di passaggio del fluido termovettore ma soprattutto riducono i rendimenti
di “produzione” perché riducono il coefficiente di trasmissione delle
pareti. Il fatto che il rendimento di combustione di un generatore
(riferito alla sottrazione di energia al combustibile) sia buono non
comporta di per sé un buon rendimento di “produzione”, che riguarda il trasferimento del calore al fluido termovettore: si potrà avere il
paradosso di riscontrare ottimi valori di rendimento di combustione e
più bassi valori del rendimento complessivo riferito alla “produzione”.
La conducibilità dei materiali destinati allo scambio termico dipende molto dallo spessore in deposito. Depositi molto porosi hanno
conducibilità bassa. Per fissare le idee basti pensare che la conducibilità del ferro in condizioni normali è di 56 kcal/hm°C, mentre
se è soggetto a sedimenti calcarei si abbassa di molto e può arrivare addirittura a 0,2 kcal/hm°C. La cattiva trasmissione del calore
provoca sensibile peggioramento del rendimento di produzione e di
emissione. Inoltre, in caldaia, la cattiva conducibilità delle pareti porta
a un aumento della temperatura delle pareti degli scambiatori fino
ad avere surriscaldamenti localizzati che indeboliscono la resistenza
del materiale e, in concomitanza dell’azione chimica dell’acqua, il
fenomeno degenera in corrosione. Evidentemente, negli impianti
IMPIANTI
corrosione è
“ Lail complesso
di
fenomeni chimicofisici che attaccano
le superfici
metalliche
”
Figura 2. Corrosione in acqua
esistenti, si hanno maggiori consumi di combustibile.
Secondo alcuni testi americani degli anni ’70, in base allo spessore di
incrostazione il consumo percentuale di combustibile si può calcolare
con la seguente formula empirica:
CC % = f
s
dove:
CC% = consumo percentuale di combustibile;
f = coefficiente che per il calcare è uguale a 3;
s = spessore del calcare in mm.
Ad esempio, per uno spessore di calcare di 2 mm si ha un maggiore
consumo annuale di combustibile pari al 4,2% . Quindi, per ottenere
migliore efficienza energetica, non basta la “sostituzione” delle caldaie, ma bisogna effettuare controlli periodici per verificare lo stato della
superficie a contatto con l’acqua e provvedere alla pulizia e rimozione
del calcare depositato.
Per rimuovere lo strato incrostante si possono usare diverse tecniche:
spazzolatura a secco (laddove è possibile), flussaggio delle tubazioni
con acqua in pressione (moto turbolento che esercita la cosiddetta
azione del cavatappi) e lavaggio chimico con fluidi decalcificanti.
Quando la temperatura dell’acqua supera 60°C, il bicarbonato di calcio si dissocia (precipita) e forma:
Ca(HCO3 )2
Corrosioni
CaCO3 +CO2 + H 2O
La maggior parte dei metalli impiegati nei vari settori tecnologici, e in particolare quelli per realizzare gli impianti tecnici ne-
10
gli edifici civili, ha grande affinità con alcuni elementi presenti
nell’atmosfera come ossigeno, vapore d’acqua, zolfo e anidride
carbonica, ad esempio. Purtroppo, il risultato di tale “affinità” è
che i materiali metallici possono essere attaccati se non sono adeguatamente protetti.
Con il termine corrosione si indica il complesso dei fenomeni chimici-fisici che provocano l’alterazione delle superfici metalliche. Il
fenomeno è di tipo naturale; infatti gli ossidi, gli idrossidi e i sali che
i metalli corrodendosi formano costituiscono forme stabili in cui tali
elementi già si trovano in natura. La ruggine è la manifestazione più
nota ed appariscente della corrosione del ferro, che però può essere
protetto dalla ruggine mediante rivestimenti organici quali bitumi e
cere, e pigmenti quali il minio.
Dalla elettrochimica si ricava che esistono due tipi di corrosione:
corrosione galvanica e corrosione elettrolitica.
Corrosione in acqua
La corrosione dei metalli si identifica spesso con una reazione di
ossidazione elettrochimica. Affinché ciò avvenga si devono verificare due condizioni essenziali: formazione di una cella elettrolitica
(cioè presenza della coppia anodo - catodo), con conseguente passaggio spontaneo di corrente continua e presenza di acqua. L’anodo è la zona con effluvio di cariche elettriche e dove si forma
la corrosione, ovvero si forma una erosione (o cratere), mentre il
catodo è la zona in cui non si forma corrosione. L’entità della corrosione dipende quindi dalla esistenza e dalle caratteristiche delle
condizioni indicate.
Nei metalli si possono però verificare anche differenze locali dovute
a presenza di impurezze, inclusioni, differenze di composizione chimica, oppure a tensioni interne localizzate.
Bisogna aggiungere che, rispetto alla corrosione, i metalli hanno re-
attività differente che è indicata dalla serie elettrochimica degli elementi. Essa però da sola non basta a indicare il comportamento alla
corrosione di un metallo puro o di una lega. Ad esempio, il cromo
Cr precede il ferro Fe e, a prima vista, sembrerebbe che un’aggiunta
di cromo dovrebbe rendere il ferro più “corrodibile”, ossia il ferro si
dovrebbe comportare da anodo. Invece, come è noto, gli acciai inossidabili che contengono cromo presentano maggiore resistenza alla
corrosione rispetto agli acciai comuni. In questo caso, gioca un ruolo
fondamentale la cosiddetta passivazione, che consiste nella formazione di un finissimo e compatto film superficiale che isola il metallo
dall’ambiente circostante.
Sulla superficie del metallo lambita da acqua si generano le due polarizzazioni anodo - catodo che producono migrazione di elettroni:
2Fe
2Fe 2+ + 4e
Dato che nell’impianto vi è sempre presenza di ossigeno assorbito da
vasi di espansione aperti, dall’aspirazione delle pompe, oltre a quello
disciolto nell’acqua oppure rientrante da operazioni di svuotamento/
riempimento impianto, si ottiene la seguente reazione:
O2 + 2H 2O + 4e
4OH
Mentre gli ioni Fe2+ sono aggrediti e ossidati dagli ioni ossidrili
dell’acqua secondo la reazione a catena:
2Fe + 2H 2O +O2
+2Fe 2+ + 4OH
2Fe(OH )2
Tale ossido ferroso è insolubile e quindi viene trascinato dalla corrente oppure, a circuito fermo, si deposita.
La corrosione negli impianti di riscaldamento esistenti
Il problema fondamentale è conoscere il contenuto di ossigeno
nell’impianto. Negli impianti di riscaldamento esistenti ad acqua
calda, generalmente sono in opera componenti (tubi valvole) di materiale ferroso non legato (acciaio comune, ghisa).
Come già visto, il ferro in reazione con l’ossigeno forma ioni di ferro
e ioni ossidrili:
1
Fe + O2 + H 2O
2
+Fe 2+ + 2OH
Ad esempio, per un contenuto di ossigeno nell’acqua intorno a 10
g/m, si può calcolare che ogni metro cubo d’acqua trasforma circa 35
g di ferro. Negli impianti esistenti si possono verificare deterioramenti delle tubazioni e dei componenti causati da aggressione corrosiva
uniforme sulla parete interna delle tubazioni fino ad intaccare spessori dell’ordine di qualche micron. Il contenuto di ossigeno nell’acqua
dell’impianto deve essere valutato adeguatamente. Evidentemente,
l’effetto negativo delle bolle d’aria e/o di gas si traduce in rumori,
carenze di resa termica dei radiatori e fenomeni di cavitazione sulle
pompe.
Inoltre, i sedimenti formatisi (per erosione dalle pareti interne delle
tubazioni) vengono trascinati dal flusso d’acqua fino alle pompe, ove
possono provocare un vero e proprio grippaggio.
L’accesso di ossigeno nell’acqua dell’impianto provoca anche il fenomeno della diffusione sulle pareti delle tubazioni di materiale plastico.
Questi materiali (polietilene reticolato, polipropilene, polibutilene),
se non sono dotati di specifica barriera alla temperatura di 40°C presentano una rilevante permeabilità (circa 5,3 g/metro cubo giorno)
all’ossigeno, con possibilità di ossidazione continua e formazione di
sedimenti di ruggine.
11
IMPIANTI
Figura A. Elettrolisi e processo di corrosione metalli
Figura B. Schema protezione catodica
RIFERIMENTI E DEFINIZIONI
Idrossidi
Elettrochimica
È noto che ogni reazione chimica è accompagnata da aumento
o diminuzione dell’energia “potenziale” chimica. Nella maggior
parte dei casi, si manifesta come calore ceduto (reazione
esotermica) all’ambiente circostante o calore assorbito (reazione
endotermica) dall’ambiente circostante. Talvolta, però, è possibile
che la variazione di energia “potenziale” chimica si trasformi
in energia elettrica, trasportata attraverso la materia da parte
di cariche elettriche che formano così la corrente elettrica. Perché
esista una corrente elettrica occorre che nella materia vi siano
particelle cariche (positive o negative) e una forza che le spinge e le
costringe a muoversi. Nel caso dei metalli le particelle libere sono
“elettroni”, mentre nel caso di soluzioni elettrolitiche o di sali fusi
sono “ioni positivi o negativi”. Nel primo caso il movimento degli
elettroni avviene per “conduzione metallica”, nel secondo caso per
“conduzione elettrolitica” (vedi figura A in alto).
Pressione
1 Torr = 1 mm Hg = 133,322 Pa;
760 mm Hg = 101.325 Pa = 1 atm;
peso specifico del mercurio 13.590 kg/metro cubo)
1 atm = 1,01 bar
1 bar = 105 Pa
12
Gli idrossidi sono composti chimici che si ottengono mischiando
alcuni ossidi con acqua. Nella loro molecola figura sempre il gruppo
atomico OH, detto ossidrilico oppure ossidrile.
Acidi
Sono composti che contengono idrogeno, sostituibile da metalli.
Sali
Sono composti che si ottengono sostituendo l’idrogeno, contenuto in
un acido, con un metallo.
Soluzioni, solventi e soluti
La soluzione è la miscela di due o più componenti chimici le cui
particelle si mescolano a livello atomico, molecolare o ionico. Alcune
sostanze hanno la proprietà di sciogliere altre: quella che si scioglie
si chiama “soluto”, mentre quella che provoca la soluzione si chiama
“solvente”. Di fatto l’acqua è un solvente, perché è in grado di
sciogliere quasi tutti gli elementi con cui viene in contatto. Questa
proprietà è da tenere presente quando si ha a che fare con acqua in
contatto con metalli.
Dissociazione elettrolitica
Una particolare forma di soluzione è quella che avviene con alcune
sostanze inorganiche le cui molecole in acqua si dissociano formando
ioni. Sono questi atomi che modificano la loro carica elettrica. I
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Figura C. Schema di protezione catodica con una f.e.m. esterna
metalli danno origine ai “cationi” che sono ioni positivi, e cioè atomi
privi di uno o più elettroni a seconda della loro valenza: ad esempio,
l’idrogeno forma lo ione H+ mentre il calcio lo ione Ca++.
L’elettrolisi si ottiene facendo passare corrente elettrica continua tra
due elettrodi immersi in una soluzione contenente ioni, come una
soluzione acquosa di acidi, basi o sali.
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Protezione catodica
La protezione catodica si ottiene facendo circolare una corrente
catodica esterna verso il metallo da proteggere: il metallo (nel nostro
caso la tubazione) viene collegato al polo negativo di un generatore
il cui polo positivo è, a sua volta, collegato a un elettrodo ausiliario
(ad esempio, bacchetta di grafite) immerso nella soluzione (terreno)
antistante la tubazione (vedi figure B e C in alto).
Ossidazione e riduzione
Si ha ossidazione quando, soggetta a determinate sollecitazioni
elettrochimiche, una materia perde elettroni.
Si ha riduzione quando nelle medesime condizioni la materia
acquista o perde elettroni.
Ad esempio, scrivere:
Fe
Fe 2+ + 2e
equivale a dire che l’atomo di ferro ha perso due elettroni e così si è
ossidato ed ha formato un unico ione di Fe (ione ferroso).
13
IMPIANTI
Tabella 1. Serie elettrochimica degli elementi: potenziali
elettrochimici di ossido-riduzione rispetto all’idrogeno
a 25°C e 760 mmHg
Figura 3. Andamento qualitativo della pressione manometrica in un
circuito idrotermico
La protezione anticorrosiva ha quindi notevole importanza e innanzitutto bisogna scegliere materiali idonei, anche se si deve precisare
che nei circuiti di riscaldamento a vaso chiuso, data la modesta entità
di ossigeno che può penetrare, i normali materiali ferrosi non legati,
quali acciaio comune e ghisa, non subiscono attacco corrosivo tale da
compromettere la funzionalità. Viceversa, negli impianti ove si può
avere eccesso di ossigeno e tubazioni in materiale plastico, può essere
opportuno valutare la possibilità di realizzare separazione circuitale
mediante interposizione di scambiatori di calore, e in ogni caso installare tubazioni resistenti all’ossigeno.
Prevenire le depressioni nei circuiti
È noto che la presenza di aria nell’impianto provoca anomalie e squilibri funzionali, rumori e carenza di erogazione, soprattutto da parte
dei radiatori ubicati nei “piani alti”. Per eliminare gli inconvenienti è
necessario “disaerare” l’impianto. Eseguendo l’analisi chimica dei gas
che fuoriescono dall’impianto durante la disaerazione, si riscontra
presenza di idrogeno e azoto in grande quantità.
L’idrogeno si forma da reazioni tra i prodotti della corrosione secondo la reazione:
3Fe 2+ + 6HO = Fe3O4 + 2H 2O + H 2
Mentre è evidente che l’azoto penetra attraverso l’aria aspirata dalle
zone circuitali in depressione. In un circuito chiuso, la depressione si
verifica solo se il vaso non svolge la propria funzione. È chiaro che
a ogni abbassamento di temperatura si verifica una depressione che
manifesta effetti negativi se il volume d’acqua che il vaso può ricevere
14
Figura 4. Corrosione per correnti vaganti - G, generatore; M, motore
è minore della contrazione volumetrica dell’acqua contenuta nell’impianto, dovuta all’abbassamento di temperatura.
Tale fenomeno può essere dovuto a:
- volume del vaso di espansione troppo piccolo;
- pressione di carica del vaso troppo bassa o eccessiva;
- perdita di gas di carica del vaso;
- deterioramento della membrana del vaso.
La depressione si può anche verificare per perdita d’acqua dell’impianto.
In ogni caso, a ogni depressione, l’impianto aspira aria e quindi ossigeno al suo interno che provoca le azioni corrosive sopra indicate.
Corrosione galvanica (elettrochimica)
La corrosione galvanica (di tipo elettrochimico) è dovuta a contatti
tra metalli. Quando due metalli diversi sono posti a contatto tra loro,
e sono immersi in una “soluzione”, tra loro si stabilisce una corrente elettrica (flusso di elettroni) diretta dal meno nobile “anodo” al
più nobile “catodo”. Per conoscere quale dei due metalli si comporta
come catodo e quale come anodo si deve ricorrere alla disposizione
della serie elettrochimica degli elementi, che riporta la classificazione
degli elementi ordinati secondo il loro potenziale elettrico riferito a
quello dell’idrogeno, convenzionalmente assunto pari a 0.
La conseguenza di questo fenomeno è che il primo dei due metalli,
e cioè l’anodo, forma polo negativo e tende ad emettere elettroni e
quindi a deteriorarsi tanto più quanto più è lontano dall’altro nella
serie elettrochimica. Una siffatta “coppia metallica” è definita “pila”.
Da qui si vede che la tendenza al deterioramento di un metallo non
è una caratteristica “assoluta” ma è “relativa”, poiché dipende dalle
condizioni in cui si viene a trovare.
Ad esempio, il ferro zincato FeZn non arrugginisce, anche se il suo
rivestimento risulta danneggiato, mentre il ferro “stagnato” FeSn arrugginisce subito nei punti in cui viene a mancare il rivestimento. Questo
è dovuto al fatto che, nel caso di ferro zincato FeZn, lo zinco funge da
polo negativo (anodo). Invece, quando il ferro è stagnato esso risulta
polo negativo (anodo), però è solubile rispetto allo stagno e quindi a
contatto con gli agenti atmosferici (ossigeno O2, vapore d’acqua H2O
e anidride carbonica CO2)si forma ruggine che distrugge lo stagno.
Corrosione elettrolitica per correnti vaganti
Questo tipo di corrosione è dovuto al fenomeno delle cosiddette correnti vaganti. Con questo nome si indicano le correnti elettriche che
in modo disordinato attraversano il terreno. Tali correnti provengono
dai circuiti di “ritorno” di reti in corrente continua che alimenta ferrovie, tram o metropolitane e da correnti in corrente alternata rilasciate
da sottostazioni e cabine di trasformazioni o, ad esempio, impianti di
messa a terra degli utilizzatori.
La corrente elettrica, come l’acqua, individua sempre percorsi a minima resistenza e quindi le tubazioni e/o strutture metalliche interrate
costituiscono una preferenziale autostrada per le cariche elettriche.
Nelle zone di ingresso delle correnti si forma il catodo, mentre nel
punto di uscita si forma l’anodo. In corrispondenza dell’anodo si riscontra corrosione, mentre la zona catodica rimane inalterata.
Ing. Antonio De Marco
Deal Progetti
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