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La sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili

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La sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili
Legislazione
Processo penale
Legislazione penale - prima parte
La sospensione
del procedimento
nei confronti degli irreperibili
LEGGE 28 aprile 2014, n. 67
Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e
nei confronti degli irreperibili - G.U. 2 maggio 2014, n. 100
Omissis.
Capo III
Sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili
Art. 9.
Modifiche al codice di procedura penale in materia
di udienza preliminare
1. Al comma 1 dell'articolo 419 del codice di procedura
penale, le parole: «non comparendo sarà giudicato in
contumacia» sono sostituite dalle seguenti: «, qualora
non compaia, si applicheranno le disposizioni di cui agli
articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies».
2. L'articolo 420-bis del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
«Art. 420-bis (Assenza dell'imputato). - 1. Se l'imputato, libero o detenuto, non è presente all'udienza e, anche se impedito, ha espressamente rinunciato ad assistervi, il giudice procede in sua assenza.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 420-ter, il giudice
procede altresì in assenza dell'imputato che nel corso
del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio
ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura
cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di
atti del medesimo.
3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, l'imputato è rappresentato dal difensore. È altresì rappresentato dal difensore ed è considerato presente l'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza o che,
presente ad una udienza, non compare ad udienze successive.
4. L'ordinanza che dispone di procedere in assenza dell'imputato è revocata anche d'ufficio se, prima della decisione, l'imputato compare. Se l'imputato fornisce la
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prova che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole
mancata conoscenza della celebrazione del processo, il
giudice rinvia l'udienza e l'imputato può chiedere l'acquisizione di atti e documenti ai sensi dell'articolo 421,
comma 3. Nel corso del giudizio di primo grado, l'imputato ha diritto di formulare richiesta di prove ai sensi
dell'articolo 493. Ferma restando in ogni caso la validità
degli atti regolarmente compiuti in precedenza, l'imputato può altresì chiedere la rinnovazione di prove già assunte. Nello stesso modo si procede se l'imputato dimostra che versava nell'assoluta impossibilità di comparire
per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento e che la prova dell'impedimento è pervenuta
con ritardo senza sua colpa.
5. Il giudice revoca altresì l'ordinanza e procede a norma dell'articolo 420-quater se risulta che il procedimento, per l'assenza dell'imputato, doveva essere sospeso ai
sensi delle disposizioni di tale articolo».
3. L'articolo 420-quater del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
«Art. 420-quater (Sospensione del processo per assenza
dell'imputato). - 1. Fuori dei casi previsti dagli articoli
420-bis e 420-ter e fuori delle ipotesi di nullità della notificazione, se l'imputato non è presente il giudice rinvia
l'udienza e dispone che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria.
2. Quando la notificazione ai sensi del comma 1 non risulta possibile, e sempre che non debba essere pronunciata sentenza a norma dell'articolo 129, il giudice dispone
con ordinanza la sospensione del processo nei confronti
dell'imputato assente. Si applica l'articolo 18, comma 1,
lettera b). Non si applica l'articolo 75, comma 3.
3. Durante la sospensione del processo, il giudice, con
le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili».
4. L'articolo 420-quinquies del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 420-quinquies (Nuove ricerche dell'imputato e
revoca della sospensione del processo). - 1. Alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell'ordinanza di cui al
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Processo penale
comma 2 dell'articolo 420-quater, o anche prima quando ne ravvisi l'esigenza, il giudice dispone nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso. Analogamente provvede a ogni successiva scadenza annuale,
qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso.
2. Il giudice revoca l'ordinanza di sospensione del processo:
a) se le ricerche di cui al comma 1 hanno avuto esito
positivo;
b) se l'imputato ha nel frattempo nominato un difensore di fiducia;
c) in ogni altro caso in cui vi sia la prova certa che
l'imputato è a conoscenza del procedimento avviato nei
suoi confronti;
d) se deve essere pronunciata sentenza a norma dell'articolo 129.
3. Con l'ordinanza di revoca della sospensione del processo, il giudice fissa la data per la nuova udienza, disponendo che l'avviso sia notificato all'imputato e al
suo difensore, alle altre parti private e alla persona offesa, nonché comunicato al pubblico ministero.
4. All'udienza di cui al comma 3 l'imputato può formulare richiesta ai sensi degli articoli 438 e 444».
Art. 10.
Disposizioni in materia di dibattimento
1. L'articolo 489 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 489 (Dichiarazioni dell'imputato contro il quale
si è proceduto in assenza nell'udienza preliminare). - 1.
L'imputato contro il quale si è proceduto in assenza nel
corso dell'udienza preliminare può chiedere di rendere
le dichiarazioni previste dall'articolo 494.
2. Se l'imputato fornisce la prova che l'assenza nel corso
dell'udienza preliminare è riconducibile alle situazioni
previste dall'articolo 420-bis, comma 4, è rimesso nel
termine per formulare le richieste di cui agli articoli
438 e 444».
2. All'articolo 490 del codice di procedura penale, le parole: «o contumace», ovunque ricorrono, sono soppresse.
3. All'articolo 513, comma 1, del codice di procedura
penale, le parole: «contumace o» sono soppresse.
4. All'articolo 520 del codice di procedura penale, le parole: «contumace o», ovunque ricorrono, sono soppresse.
5. All'articolo 548, comma 3, del codice di procedura
penale, le parole: «notificato all'imputato contumace e»
sono soppresse.
Art. 11.
Disposizioni in materia di impugnazioni e di restituzione
nel termine
1. Alla lettera d) del comma 2 dell'articolo 585 del codice di procedura penale, le parole: «la notificazione o» e
le parole: «per l'imputato contumace e» sono soppresse.
2. Il comma 4 dell'articolo 603 del codice di procedura
penale è abrogato.
3. All'articolo 604 del codice di procedura penale, dopo
il comma 5 è inserito il seguente:
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«5-bis. Nei casi in cui si sia proceduto in assenza dell'imputato, se vi è la prova che si sarebbe dovuto provvedere ai sensi dell'articolo 420-ter o dell'articolo 420quater, il giudice di appello dichiara la nullità della sentenza e dispone il rinvio degli atti al giudice di primo
grado. Il giudice di appello annulla altresì la sentenza e
dispone la restituzione degli atti al giudice di primo grado qualora l'imputato provi che l'assenza è stata dovuta
ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo di primo grado. Si applica l'articolo
489, comma 2».
4. All'articolo 623, comma 1, del codice di procedura
penale, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) se è annullata una sentenza di condanna nei casi
previsti dall'articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, la Corte
di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice di primo grado».
5. Dopo l'articolo 625-bis del codice di procedura penale è inserito il seguente:
«Art. 625-ter (Rescissione del giudicato). - 1. Il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può
chiedere la rescissione del giudicato qualora provi che
l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
2. La richiesta è presentata, a pena di inammissibilità,
personalmente dall'interessato o da un difensore munito
di procura speciale autenticata nelle forme dell'articolo
583, comma 3, entro trenta giorni dal momento dell'avvenuta conoscenza del procedimento.
3. Se accoglie la richiesta, la Corte di cassazione revoca
la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice
di primo grado. Si applica l'articolo 489, comma 2».
6. Il comma 2 dell'articolo 175 del codice di procedura
penale è sostituito dal seguente:
«2. L'imputato condannato con decreto penale, che
non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del
provvedimento, è restituito, a sua richiesta, nel termine
per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato».
Art. 12.
Modifiche al codice penale in materia di prescrizione
del reato
1. Al primo comma dell'articolo 159 del codice penale,
dopo il numero 3) è aggiunto il seguente:
«3-bis) sospensione del procedimento penale ai sensi
dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale».
2. Dopo il terzo comma dell'articolo 159 del codice penale, è aggiunto il seguente:
«Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale, la
durata della sospensione della prescrizione del reato
non può superare i termini previsti dal secondo comma
dell'articolo 161 del presente codice».
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Art. 13.
Modalità e termini di comunicazione e gestione dei dati
relativi all'assenza dell'imputato
ticolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, e successive
modificazioni».
1. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto
con il Ministro dell'interno, da adottare entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le modalità e i termini secondo i quali
devono essere comunicati e gestiti i dati relativi all'ordinanza di sospensione del processo per assenza dell'imputato, al decreto di citazione in giudizio del medesimo
e alle successive informazioni all'autorità giudiziaria.
Art. 15.
Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe
delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei
relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 14 novembre 2002, n. 313
Art. 14.
Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e
transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271
1. Dopo l'articolo 143 delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,
è inserito il seguente:
«Art. 143-bis (Adempimenti in caso di sospensione del
processo per assenza dell'imputato). - 1. Quando il giudice dispone la sospensione ai sensi dell'articolo 420quater del codice, la relativa ordinanza e il decreto di
fissazione dell'udienza preliminare ovvero il decreto che
dispone il giudizio o il decreto di citazione a giudizio sono trasmessi alla locale sezione di polizia giudiziaria, per
l'inserimento nel Centro elaborazione dati, di cui all'ar-
1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe
delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei
relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 3 (L), comma 1, dopo la lettera i-bis), introdotta dall'art. 6 della presente legge, è inserita la seguente:
«i-ter) i provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420quater del codice di procedura penale»;
b) all'articolo 5 (L), comma 2, dopo la lettera l) è aggiunta la seguente:
«l-bis) ai provvedimenti con cui il giudice dispone la
sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420quater del codice di procedura penale, quando il provvedimento è revocato».
Omissis.
Il tramonto della contumacia, l’alba radiosa della sospensione
e le nubi dell’assenza “consapevole”
Paolo Tonini e Carlotta Conti
Tra i profili processuali della l. n. 67 del 2014 spicca un istituto inedito ed una differente regolamentazione di un vecchio istituto. Il nuovo è costituito dalla sospensione del processo con messa alla prova per
adulti. Ma si tratta di una disciplina destinata ad interessare una percentuale non importante dei processi
penali. Viceversa, l’eliminazione della contumacia e la sospensione del processo contro l’irreperibile sono
innovazioni destinate ad incidere su quasi tutti i processi, poiché trattano situazioni che si incontrano
quotidianamente nella prassi. A prima vista le due novelle, strettamente collegate, sono espressione della
tendenza a cercare una maggiore efficienza della macchina giudiziaria e sembrano esaurire in tale finalità
l’efficacia modificativa dell’ordinamento vigente. Certamente, evitare che i processi girino a vuoto per
emettere condanne che non saranno mai eseguite contro l’irreperibile costituisce un recupero di risorse
delle quali non possiamo fare a meno nella situazione attuale. In realtà, ad un esame più approfondito
siamo in presenza di un fenomeno processuale di portata vasta e dirompente a livello di princìpi generali.
pilogo di una delle scelte centrali del sistema pro-
cessuale misto. Con un linguaggio che ricorda la
Genesi, potremmo dire che all’origine la contumacia era trattata come una “ribellione” al processo (1). Ma il processo misto accolto dal codice na-
(1) La parola contumace deriva dal latino contumàcem, acc.
di còntumax composto dalla particella cum e dalla radice di tèmnere che significa disprezzare (v. anche contemnendo e contu-
melia); a cui altri più devoti al suono sostituisce tum-ère (esser
gonfio d’orgoglio): superbo, arrogante (v. tumido). Così O. Pianigiani, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Roma, 1907;
L’evoluzione dell’istituto della contumacia
L’eliminazione della contumacia costituisce l’e-
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poleonico del 1808 e dalla sua traduzione in Italia
nel 1865 aveva caratteristiche ancora in parte inquisitorie. Infatti, la conseguenza della contumacia
era l’eliminazione dei diritti processuali dell’imputato, che vedeva inibita ogni azione difensiva e sequestrati i propri beni. Occorreva attendere il codice liberale del 1913 perché fossero restituiti alcuni
diritti al contumace; soltanto la riforma del 1955
lo ha parificato all’imputato comune.
Nel frattempo, il codice autoritario del 1930
aveva inserito nell’alveo della contumacia la figura
dell’irreperibile, espressamente regolamentata. Tuttavia, l’istituto della contumacia era afflitto da un
vizio d’origine, costituito dal disinteresse dell’ordinamento rispetto alla conoscenza effettiva della celebrazione del processo da parte dell’imputato.
Quello che contava era la regolarità formale delle
notificazioni, dalla quale discendeva la presunzione
legale di conoscenza dell’udienza. Restava irrilevante che, in concreto, l’imputato fosse ignaro dello svolgimento del rito. Eppure proprio tale aspetto, come è ben noto, è stato la prima radice che ha
condotto alla riforma di oggi (2).
Qualche temperamento alla situazione è venuto
dall’istituto della restituzione nel termine, introdotto nel 1913, eliminato nel 1930 e reintrodotto
nel 1955. L’onere di dare la prova del caso fortuito,
della forza maggiore e dell’ignoranza incolpevole
ha peraltro trasformato tale rimedio in un’arma, di
fatto, spuntata.
Come è avvenuto per altre discipline di garanzia,
l’ordinamento italiano si è modificato su impulso
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo,
nell’esegesi della relativa Corte. È noto che dal
principio del procès équitable (art. 6 § 1) la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha fatto discendere il diritto dell’imputato di esser presente al
processo svolto a suo carico e quello alla rinuncia
volontaria all'esercizio di tale diritto. Al fine di assicurare siffatte tutele nel loro spirito autentico,
l'imputato deve essere consapevole della pendenza
di un processo nei suoi confronti e devono esistere
strumenti preventivi o ripristinatori, per evitare
processi a carico di contumaci inconsapevoli, o per
assicurare in un nuovo giudizio, anche mediante la
produzione di prove, il diritto di difesa che non è
stato possibile esercitare personalmente nel processo contumaciale già concluso (3).
Da ciò deriva, a sua volta, che l’assenza dell’imputato è ritenuta legittima soltanto se la sua rinuncia a comparire è volontaria e non equivoca. La prova della “conoscenza personale” deve essere data
dallo Stato al di là del ragionevole dubbio; ma si
ammette che determinati fatti possano dimostrare
che l’accusato sappia del processo penale e conosca
la natura dell’accusa (4).
L’Italia in passato ha subito numerose condanne
da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo
perché non ha riconosciuto i princìpi appena
enunciati. In particolare, prima del 2005, il codice
del 1988 prevedeva la presunzione di conoscenza
della celebrazione dell’udienza ove fossero state formalmente osservate le norme sulla notifica dell’avviso e della citazione. Dal valido compimento delle
notifiche, anche se non avvenute a mani proprie,
il sistema ricavava la presunzione di conoscenza
dell’avviso o della citazione per l’udienza. Se l’imputato voleva dimostrare di non aver saputo nulla
dell’udienza, vi era l’inversione dell’onere della
prova: egli doveva provare la mancata conoscenza
per caso fortuito o forza maggiore mediante l’istituto della restituzione in termini. All’evidenza, era
proprio tale soluzione che si poneva in frizione con
la giurisprudenza della Corte europea.
Sull’onda dei moniti dei giudici di Strasburgo,
nel 2005 il legislatore ha modificato l’istituto della
restituzione in termini consentendo all’imputato di
limitarsi ad addurre la mancata conoscenza del processo (5). Spettava allo Stato accertare che vi era
stata la conoscenza personale della citazione. Ove
Id., Aggiunte, correzioni e variazioni al vocabolario etimologico
della lingua italiana, Firenze, 1926, ora in www.etimo.it.
(2) Si vedano P. Moscarini, La contumacia dell'imputato, Milano, 1997, passim e G. Ubertis, La contumacia e l’assenza dell’imputato, Padova, 1989, passim.
(3) Questa la sintesi dei dicta della Corte di Strasburgo operata dalla Corte costituzionale nella sent. 4 dicembre 2009, n. 317,
in Giur. cost., 2009, 4747, sulla quale amplius infra, nota 8.
(4) La Corte europea dei diritti dell'uomo ha interpretato l'art.
6 CEDU con una serie di pronunce (Colozza c. Italia, 12 febbraio
1985, in Giust. pen., 1985, I, 114; Somogyi c. Italia, 18 maggio
2004, in Cass. pen., 2004, 3828; Sejdovic c. Italia, 10 novembre
2004, in Cass. pen., 2005, 3, 983). Si veda, altresì, Kollcaku c.
Italia e Pititto c. Italia, 8 febbraio 2007 in www.echr.eu.int, in cui
è stato osservato che la notifica delle azioni intentate nei confronti del contumace costituisce un atto giuridico di tale importanza da richiedere condizioni formali e sostanziali idonee a garantire l'esercizio effettivo dei diritti dell'accusato. Peraltro, ciò
non può condurre ad escludere, in linea generale, che alcuni fatti possano dimostrare inequivocabilmente la conoscenza da parte di un imputato del processo iniziato nei suoi confronti e della
natura e della causa delle accuse.
(5) Si allude, ovviamente alle modifiche normative apportate dal d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito nella l. 22 aprile
2005, n. 60. Si veda M. Cassano e E. Calvanese, Giudizio in
contumacia e restituzione nel termine, Milano, 2008, 63 ss.
L’influenza della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo
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ciò non fosse avvenuto, l’imputato era restituito
nel termine per appellare la sentenza (6).
Tuttavia, oltre ad una certa ambiguità nella disciplina dell’onere e del quantum di prova, venivano unanimemente stigmatizzati i limiti al diritto
dell’imputato ad ottenere un nuovo giudizio perché
il procedimento di appello aveva una struttura cartolare senza assunzione di prove in contraddittorio
(art. 603, comma 4) (7).
È al culmine ideale di simile parabola che intende collocarsi la l. 28 aprile 2014, n. 67, che si è
proposta lo scopo di attuare appieno i princìpi della giurisprudenza europea (8).
(6) P. Moscarini, Condanna in contumacia e restituzione nel
termine per impugnarla: la Cassazione penale ri-decide il “caso
Somogy”, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 411.
(7) Sulla compatibilità convenzionale della disciplina introdotta nel 2005, v., peraltro, C. eur. dir. umani, Cat Berro c. Italia, 25 novembre 2008, in www.echr.eu.int. nella quale la Corte
aveva notato come la disciplina introdotta nel 2005 avesse colmato le lacune denunciate nel caso Sejdovic. In particolare,
anzitutto, il comma 2 dell’art. 175 prevedeva che in caso di
condanna in contumacia il termine per l’appello fosse rinnovato su richiesta dell’imputato. Questa regola soffriva solo due
eccezioni. La prima, che si applicava quando l’imputato avesse
avuto conoscenza effettiva del procedimento a suo carico. La
seconda, che riguardava la rinuncia volontaria a comparire o
ad impugnare, era compatibile con la costante giurisprudenza
della Corte in materia. La Corte aveva notato inoltre che il limite temporale per introdurre la restituzione nel termine era stato
portato da dieci a trenta giorni. Riguardo infine all’argomento
del ricorrente secondo cui la sua scelta di non sfruttare il rimedio previsto dall’articolo 175 si spiegava con la circostanza
che tale rimedio non poteva concludersi con la non esecuzione
della condanna, la Corte aveva ricordato che, secondo la sua
costante giurisprudenza, un imputato giudicato in contumacia
che non abbia avuto la possibilità di comparire e difendersi
non ha diritto all’annullamento della condanna, ma può ottenere che una giurisdizione giudichi di nuovo, dopo averlo udito, la fondatezza dell’accusa sia in fatto che in diritto. In queste
circostanze, non si sarebbe potuto affermare che un’eventuale
richiesta di restituzione nel termine del ricorrente non gli
avrebbe garantito, con un sufficiente grado di certezza, la possibilità di essere presente e di difendersi in un nuovo procedimento.
(8) Quanto alla posizione della Corte costituzionale e della
Corte di cassazione, merita ricordare che, con l’ord. 5 aprile
2007, n. 117 (in Giur. cost., 2007, 1118, con note di L. Iafisco,
Il giusto processo all'imputato irreperibile all'esame della Corte
costituzionale; G. Varraso, La Corte costituzionale salva il rito degli irreperibili) la Corte costituzionale aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 159, 160, 420-quater,
comma 1 e 484, in riferimento agli artt. 3, 10, comma 1, 97,
comma 1 e 111, commi 2, 3 e 4 Cost., nella parte in cui non
prevedevano la sospensione obbligatoria del processo nei confronti degli imputati ai quali il decreto di citazione a giudizio
fosse stato notificato previa emissione del decreto di irreperibilità. Ad avviso del Giudice delle leggi, per un verso, «ciò che
conta, è pur sempre la tutela del diritto di difesa »; per altro
verso, la Convenzione europea « non accorda in tema di processo in absentia garanzie maggiori di quelle previste dall'art.
111 Cost.» tanto che la stessa Corte di Strasburgo nel caso
Sejdovic «non ha negato in linea di principio il rilievo che possono assumere idonee misure ripristinatorie». Per questi motivi, il Giudice delle leggi ha ritenuto che il sistema anteriore alla
attuale riforma fosse compatibile con il quadro delineato dall'art. 111 Cost. senza che risultasse necessario ricorrere a meccanismi preventivi, quali la sospensione del processo nei con-
fronti degli irreperibili. La Consulta aveva affermato altresì che
la disciplina censurata non recava vulnus all'art. 3 Cost., sotto
il profilo della disparità di trattamento dell'irreperibile rispetto
all'incapace, poiché la situazione di quest'ultimo non poteva
fungere da tertium comparationis. Si ricordi, peraltro, la successiva vicenda esegetica concernente l’art. 175, comma 2.
Con la sentenza Huzuneanu del 2008, le Sezioni unite erano
state chiamate a valutare se, in base al sistema normativo risultante dalla riforma del 2005, all'imputato contumace involontario fosse precluso il diritto alla restituzione nel termine per
impugnare la sentenza di condanna qualora tale facoltà fosse
stata già esperita dal difensore di ufficio (Cass., Sez. un., 31
gennaio 2008, Huzuneanu, in Cass. pen., 2008, 2358, e in Guida dir., 2008, n. 15, 86. In dottrina, F. Calabrese, La decisione
sul ricorso del difensore quale causa non codificata di inammissibilità dell'impugnazione successiva del contumace, in Giur. it.,
2008, 2025; G. De Amicis, Osservazioni in margine ad una recente pronuncia delle Sezioni unite in tema di rapporti tra unicità
del diritto di impugnazione e restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale di condanna, in Cass. pen.,
2008, 2358; F. Li Volsi, Esercizio della potestà di impugnare del
contumace dopo la pronuncia sul gravame del difensore diventata esecutiva: una questione aperta, in Ind. pen., 2008, 661; A.
Logli, Impugnazione del difensore e restituzione in termini dell'imputato contumace, in Giur. it., 2009, 721; V. Santoro, Partecipazione al processo effettiva solo con duplicazione di impugnazioni, in Guida dir., 2008, n. 15, 76). Nel ritenere esistente un
siffatto sbarramento, il Collegio esteso aveva prospettato
un'interpretazione palesemente riduttiva delle garanzie restitutorie riconosciute all'imputato, prontamente corretta dalla Corte costituzionale l'anno successivo. Con la sent. 4 dicembre
2009, n. 317 (in Giur. cost., 2009, 4747, con nota di G. Ubertis,
Sistema multilivello dei diritti fondamentali e prospettiva abolizionista del giudizio contumaciale e di F. Bilancia, Con l'obiettivo di
assicurare effettività degli strumenti di garanzia la Corte costituzionale italiana funzionalizza il “margine di apprezzamento” statale, di cui alla giurisprudenza CEDU, alla garanzia degli stessi
diritti fondamentali) la Consulta aveva dichiarato l'illegittimità
dell'art. 175, comma 2 nella parte in cui precludeva la restituzione del contumace, che non aveva avuto cognizione del processo, nel termine per proporre impugnazione, quando il rimedio in questione fosse già stato proposto dal difensore. Come
è noto, con la ricordata sentenza, la Corte costituzionale aveva
affermato il principio di massima espansione delle garanzie, in
base al quale «il confronto tra tutela convenzionale e tutela costituzionale dei diritti fondamentali deve essere effettuato mirando alla massima espansione delle garanzie, anche attraverso lo sviluppo delle potenzialità insite nelle norme costituzionali che hanno ad oggetto i medesimi diritti». Sulle questioni, sia
consentito rinviare amplius a C. Conti, La preclusione nel processo penale, Milano, 2013, 93 ss.
(9) Sui punti di criticità attinenti alla disciplina della contumacia, G. Ubertis, Sistema multilivello dei diritti fondamentali e
prospettiva abolizionista del processo contumaciale, in Id., Argomenti di procedura penale, vol. III, Milano, 2011, 193 ss.
Diritto penale e processo 5/2014
Il precedente sistema basato sulla
contumacia
Come è noto, il sistema precedente all’entrata in
vigore della l. n. 67 del 2014 era basato sull’istituto
della contumacia (9). Era dichiarato contumace
l’imputato che non era comparso in udienza se vi
erano le seguenti condizioni: 1) era stato destinata-
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rio di notifiche regolari dalle quali si presumeva la
conoscenza del processo (ad es., se irreperibile, la
citazione e l’avviso erano stati notificati al difensore di fiducia o d’ufficio; art. 159 ss.); 2) non vi era
la prova di un legittimo impedimento che comportasse un’assoluta impossibilità a comparire (art.
420-ter).
Nelle predette situazioni, la regolarità della notifica faceva scattare la presunzione che l’imputato
conoscesse l’esistenza del processo, anche se non vi
erano prove della conoscenza personale della convocazione per l’udienza. Tale presunzione consentiva altresì di desumere la volontarietà della rinuncia
a comparire: il processo proseguiva contro il contumace rappresentato dal difensore.
In tal modo, l’imputato - ancorché irreperibile era citato per l’udienza e giudicato sotto la veste di
“contumace”. La sentenza dibattimentale era notificata per estratto al contumace (art. 548, comma
3); ma, se l’imputato era irreperibile, latitante o
evaso, era notificata al difensore (di fiducia o d’ufficio; art. 159). Da tale momento decorreva il termine per l’impugnazione.
Nel caso di imputato irreperibile, all’evidenza,
tutto il meccanismo girava a vuoto, provocando
una durata non ragionevole dei ruoli di udienza,
perché la sentenza di condanna poteva essere eseguita ovviamente soltanto se il destinatario della
decisione veniva rintracciato. Ad attenuare la capitis deminutio del contumace, vi era la possibilità
che il condannato, entro trenta giorni dalla conoscenza della sentenza, chiedesse la restituzione nel
termine confidando in un regime probatorio più favorevole giacché - come si è detto - dal 2005 gravava sull’autorità giudiziaria l’onere di dimostrare
la conoscenza “effettiva” del procedimento e la volontaria rinuncia a comparire ed a proporre impugnazione (art. 175, comma 2). Peraltro, anche qualora avesse ottenuto la restituzione, l’imputato
avrebbe potuto esclusivamente proporre appello incorrendo nei ricordati limiti al diritto alla prova
(art. 603, comma 4).
Con la l. n. 67 del 2014 il legislatore ha operato
una manovra complessa che ha comportato, tra
l’altro, l’eliminazione dell’istituto della contumacia. Il nuovo sistema tende, in sintesi, a privilegiare la notifica della citazione per l’udienza a mani
proprie quale migliore forma di conoscenza dell’esistenza del processo (10). La contumacia si è scissa
in due istituti distinti: da un lato, se siamo in presenza di un irreperibile, il processo deve essere sospeso; da un altro lato, se vi è stata consegna dell’avviso o della citazione a mani proprie o vi è un
altro fatto sintomatico della conoscenza del “procedimento”, il rito prosegue contro l’imputato dichiarato assente, del quale si presume la rinuncia volontaria a comparire.
In realtà, alla sintesi appena prospettata corrisponde un insieme di istituti assai complessi che
meritano una disamina più approfondita attraverso
un approccio sistematico.
1) La valutazione della regolarità della notifica.
All’inizio dell’udienza preliminare (11) il giudice
deve controllare se vi è stata regolare costituzione
delle parti (art. 420, comma 1). Se esse sono comparse, non sorgono particolari problemi: il verbale
d'udienza documenta se è presente l'imputato, qual
è il suo difensore ed, eventualmente, quale avvocato rappresenta la parte civile, il responsabile civile
ed il civilmente obbligato per la pena pecuniaria.
Il giudice, se accerta la nullità di un avviso o di
una notificazione, deve fissare la data della nuova
udienza e deve ordinare la rinnovazione della vocatio in iudicium (art. 420, comma 2).
2) Il legittimo impedimento dell’imputato. Dopo la verifica della regolarità della notifica, occorre
valutare la causa della mancata comparizione dell'imputato. Ai sensi dell'art. 420-ter, comma 1, il giudice ha il potere di accertare se l'imputato ha un legittimo impedimento e se questo provoca un'assoluta impossibilità di comparire in udienza; se le due
condizioni sussistono, il giudice deve disporre il
rinvio ad una nuova udienza ed ordinare la rinnovazione dell'avviso.
(10) Secondo la consolidata giurisprudenza europea, il punto di equilibrio tra l’esigenza di evitare la paralisi della pretesa
punitiva statuale e quella di tutelare il diritto di difesa è costituito dalla volontarietà della rinuncia a comparire al processo.
Cfr. R. Bricchetti e L. Pistorelli, Così “scompare” il processo in
contumacia, in Guida dir., 2014, n. 21, 94 ss., cui si rinvia per
un’ampia disamina dei dicta della Corte di Strasburgo in merito al requisito della volontarietà ed alle possibili presunzioni
che possono condurre a ritenerlo esistente sulla base di fatti
sintomatici. Si veda, per una completa ricognizione, A. Mangiaracina, Garanzie partecipative e giudizio in absentia, Torino,
2010, 22 ss.
(11) Come accadeva in precedenza, le disposizioni relative
all’udienza preliminare si applicano in quanto compatibili al
momento della regolare costituzione delle parti in dibattimento
(art. 484, comma 2-bis).
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Il nuovo sistema introdotto nel 2014
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Se non vi è assoluta impossibilità a comparire, il
giudice valuta se disporre di procedersi in assenza
dell’imputato (art. 420-bis, comma 2).
3) L’imputato “considerato presente”. Ai sensi
dell’art. 420-bis, comma 3, l’imputato che, dopo essersi presentato, si è allontanato dall’udienza o
che, presentatosi ad una udienza, non compare ad
una successiva, è «considerato presente» ed è rappresentato dal difensore. Il solo fatto di aver presenziato ad una udienza è considerato logicamente
incompatibile con la possibilità di dichiarare l’assenza dell’imputato.
4) L’imputato dichiarato “assente”. Anticipiamo subito che la notifica dell’avviso o della citazione per l’udienza “a mani proprie” è considerata dalla legge lo strumento regolare al quale tende l’attuale normativa. Purtroppo, non sempre ciò è possibile; e noi sappiamo che le presunzioni di conoscenza, alle quali le regole della notificazione danno luogo, sono utili perché permettono di procedere speditamente nel processo.
Il giudice procede ai sensi dell’art. 420-bis, comma 2, quando l'imputato non ha un legittimo impedimento a comparire o quando l’impedimento
non provoca un'assoluta impossibilità di comparire
in udienza. Escluse tali evenienze, il giudice dichiara l’imputato assente in quanto ritiene che egli abbia rinunciato volontariamente a comparire in modo
espresso o in modo implicito. Si ha rinuncia espressa (art. 420-bis, comma 1) quando l’imputato, non
essendosi presentato all’udienza, ha dichiarato che
rinuncia ad assistervi; e ciò anche se fosse «impedito». Egli è rappresentato dal difensore. Ma l’imputato può aver rinunciato ad assistere all’udienza in
modo implicito perché in concreto vi sono fatti
“sintomatici” in presenza dei quali la legge presume
che l’imputato sia a conoscenza della celebrazione
del processo (12). Una volta pronunciata ordinanza
di procedersi in assenza, l’imputato è rappresentato
dal difensore ed il procedimento prosegue nelle forme ordinarie.
Il codice prevede espressamente un elenco di
fatti sintomatici della conoscenza del procedimento; successivamente stabilisce una norma di chiusura che consente al giudice di accertare comunque
l’esistenza di altri fatti.
I fatti sintomatici sono i seguenti: a) l’imputato
ha «dichiarato o eletto domicilio»; b) l’imputato è
«stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare»; c) l’imputato ha «nominato un difensore
di fiducia»; d) l’imputato ha «ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza». In
presenza di tali situazioni scatta la presunzione legale di conoscenza della «celebrazione del processo» (come afferma la Relazione al Disegno di legge); di conseguenza, si presume la rinuncia volontaria a comparire.
Qualora non ricorra una delle predette situazioni, il codice reca una clausola aperta in base alla
quale il giudice dichiara assente l’imputato qualora
«risulti comunque con certezza» che egli «è a conoscenza del procedimento» o «si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento
o di atti del medesimo» (art. 420-bis, comma 2). È,
dunque, consentito al giudice di accertare altri fatti
“sintomatici” non previsti dalla legge, dai quali si
ricava in via presuntiva la conoscenza del procedimento e la volontarietà della mancata comparizione.
Naturalmente, il presupposto di tutte le predette
situazioni sta nel fatto che l’imputato (non comparso) sia stato destinatario di una notifica formalmente valida e non ha presentato la prova di un
legittimo impedimento. Come si è precisato, infatti, in presenza di vizi della vocatio in iudicium è disposta la rinnovazione, mentre in ipotesi di legittimo impedimento l’udienza è rinviata.
Le semplice lettura della norma alimenta forti
dubbi rispetto alla effettiva “sintomaticità” nel caso
concreto dei fatti espressamente previsti. Non sempre, infatti, ad una delle situazioni ricomprese nell’elenco stilato dal legislatore, corrisponde in concreto la consapevolezza dell’imputato circa l’esistenza e, soprattutto, l’incedere del procedimento a
suo carico. Eppure, l’automatismo con cui le predette situazioni sono destinate ad operare, nell’immutata disciplina delle notificazioni, pare frutto di
un “astrattismo”, o quanto meno di una ingenuità,
del legislatore e rischia di minare alla radice il novellato sistema, giacché dietro il processo all’assente può ancora celarsi lo spettro inquisitorio di un
imputato ignaro di quanto accade nei suoi confronti. Si faccia il caso in cui il processo si celebri a distanza di anni rispetto al momento in cui è stata
effettuata la nomina del difensore di fiducia, ovvero sia stata disposta la misura cautelare, magari di-
(12) Merita considerare che le norme di recente conio creano problemi interpretativi perché il codice in alcuni casi fa riferimento alla “assenza” quale situazione intesa in senso tecnico
e tale da legittimare la prosecuzione del procedimento. In altri
casi, per contro, il legislatore utilizza il termine “assente” in
senso atecnico per indicare l’imputato “non comparso” nei cui
confronti deve essere disposta, come si vedrà tra breve, la sospensione del procedimento (es. art. 420-bis, comma 5 e 420quater, comma 2).
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nanzi ad una autorità giudiziaria differente e per
fatti diversi (13). La nuova disciplina impone a carico dell’imputato quanto meno un costante onere
di informazione sui futuri sviluppi del procedimento (14).
Soltanto se si giunge ad interpretare la norma ritenendo che al giudice sia comunque consentito
valutare senza rigidi automatismi, bensì con le ordinarie cautele del ragionamento indiziario se in
concreto possa affermarsi con certezza l’effettiva
conoscenza del procedimento o la volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti
del medesimo è possibile ricondurre la disciplina a
razionalità, salvandone l’ispirazione garantista senza pericolosi slittamenti autoritari con rigurgiti di
una “contumacia mascherata da assenza”.
In ogni caso, come abbiamo anticipato, nelle
predette situazioni il giudice pronuncia «ordinanza
che dispone di procedere in assenza» e l’imputato è
rappresentato dal difensore (art. 420-bis, comma
3). Dunque, neppure il nuovo sistema abbandona
definitivamente il meccanismo delle presunzioni,
anche se ne razionalizza l’operatività ancorandolo
non alla semplice correttezza formale della notificazione, bensì all’accertamento dell’esistenza e della regolarità dei fatti sintomatici (15). Peraltro, è
appena il caso di rilevare come alla conoscenza ancorché generica - del procedimento, sia ancorata
una ulteriore presunzione di conoscenza dell’udienza alla quale l’imputato non è comparso. Di modo
che, in presenza di fatti sintomatici, si è dinanzi ad
una triplice presunzione (dal fatto sintomatico si
presume la conoscenza del procedimento, dalla conoscenza del procedimento si presume la conoscenza dell’udienza, dalla conoscenza dell’udienza si
presume la volontarietà della mancata comparizione).
5) La sospensione del processo nei confronti
dell’’imputato irreperibile. Sebbene il termine
compaia esclusivamente nel titolo della legge, la
vera novità introdotta dal Parlamento consiste proprio nella sospensione del processo nei confronti
dell’imputato irreperibile (16).
Può accadere, infatti, che nei confronti dell’imputato non comparso, destinatario di una notifica
formalmente valida, risulti impossibile far operare i
meccanismi presuntivi sopra ricordati. È l’ipotesi
in cui facciano difetto i fatti sintomatici sopra ricordati e non risulti «con certezza» che l’imputato
è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza dello stesso.
In tal caso, poiché le presunzioni risultano disinnescate, l’ordinamento tenta in extremis di assicurare la conoscenza personale. Difatti, il giudice deve
rinviare l’udienza e disporre che l’avviso sia notificato all’imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria (art. 420-quater, comma 1).
Se la notifica ha successo e l’imputato non compare, il giudice dichiara di procedersi in assenza.
Ma se la notifica a mani proprie «non risulta possibile», il giudice deve disporre con ordinanza la sospensione del processo nei confronti «dell’imputato
assente» (art. 420-quater, comma 2) (17). È, dunque, chiaro che l’area operativa della sospensione
finisce per coincidere con le ipotesi nelle quali
l’imputato risulta irreperibile.
Le norme successive tracciano una disciplina
modellata su quella della sospensione del procedimento per incapacità dell’imputato (artt. 71 ss.).
La sospensione nei confronti dell’irreperibile
non può essere disposta se deve essere pronunciata
sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129.
Se risulta prospettabile un siffatto epilogo liberatorio, infatti, esigenze di giustizia e di tutela della
(13) Per una disamina dettagliata dei profili di criticità di
ciascuno dei fatti sintomatici, cfr. Relazione predisposta dall’ufficio del Massimario, 5 maggio 2014, Le nuove disposizioni in
tema di processo “in assenza” dell’imputato, a cura di P. Silvestri, 42 ss. Ad avviso di R. Bricchetti e L. Pistorelli, Ipotesi tipizzate per la celebrazione del rito, in Guida dir., 2014, n. 21, p. 97
può verificarsi «il paradosso per cui si dovrebbe procedere in
absentia anche nei confronti dell’imputato divenuto irreperibile
o al quale la comunicazione della data del processo sia stata
comunicata presso il difensore d’ufficio per l’impossibilità sopravvenuta di procedere alla notifica nel domicilio dichiarato o
eletto». Gli Autori denunciano altresì il rischio che l’imputato,
provando la mancata effettiva conoscenza nei successivi gradi
del procedimento, provochi una regressione che finisca per
nullificare il risparmio di tempo ottenuto con l’introduzione della sospensione nei confronti degli irreperibili.
(14) Cfr. Relazione predisposta dall’ufficio del Massimario, 5
maggio 2014, Le nuove disposizioni in tema di processo “in assenza” dell’imputato, a cura di P. Silvestri, 44.
(15) Con riferimento a quest’ultimo aspetto, ad esempio, la
dichiarazione di elezione del domicilio non è legittima se fatta
nello studio “dell’avvocato che sarà nominato d’ufficio”, ma
che ancora l’indagato non conosce.
(16) Così anche S. Quattrocolo, Il contumace cede la scena
processuale all’assente, mentre l’irreperibile l’abbandona, in
www.penalecontemporaneo.it, 9. Non è chiaro se la sospensione debba applicarsi ad ogni ipotesi di irreperibilità ex art. 159.
Nulla quaestio, se l’indagato sia da sempre irreperibile di modo
che non esiste alcun atto o fatto da cui desumere la conoscenza del procedimento. Più problematica, viceversa, l’ipotesi in
cui l’imputato risulti irreperibile al momento della notificazione
dell’avviso dell’udienza preliminare, ma vi sia la prova che egli
abbia avuto in un dato momento conoscenza del procedimento per avere, ad esempio, nominato un difensore o ricevuto un
invito o un avviso. Sul punto, Relazione predisposta dall’ufficio
del Massimario, 5 maggio 2014, Le nuove disposizioni in tema
di processo “in assenza” dell’imputato, a cura di P. Silvestri, 50.
(17) La norma appena ricordata fa riferimento all’imputato
“assente” inteso in senso atecnico come “non comparso”.
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presunzione di innocenza impongono di pervenire
a sentenza anche nei confronti dell’imputato “irreperibile”. Durante la sospensione del processo è
inibita ogni attività, salva l’acquisizione delle prove non rinviabili che il giudice deve disporre a richiesta di parte (art. 420-quater, comma 3).
L’arresto del procedimento comporta che sia disposta la separazione dagli altri processi riuniti (18,
comma 1, lett. b). Ancora, è sospesa la prescrizione
del reato (art. 159, comma 3-bis c.p.) (18). Infine,
la parte civile può iniziare o proseguire l’azione per
ottenere la condanna al risarcimento del danno
nei confronti dell’imputato nella sede propria, poiché l’art. 75, comma 3 è stato dichiarato non applicabile.
Al fine di verificare la persistenza del presupposto della situazione di stallo, il giudice deve disporre nuove ricerche allo scadere di ogni anno o
quando ne ravvisi l’esigenza (art. 420-quinquies,
comma 1).
Gli accertamenti successivi all’ordinanza di
procedersi in assenza
Nel corso dell’udienza preliminare (ma lo stesso,
come si è precisato, può avvenire in quella dibattimentale) può accadere che il giudice accerti situazioni nelle quali egli deve rivedere l’ordinanza di
procedersi in assenza (art. 420-bis, comma 2) ovvero l’ordinanza di sospensione del processo per irreperibilità (art. 420-quater, comma 2).
L’ordinanza dichiarativa dell’assenza dell'imputato è revocata anche d'ufficio se si accerta, in negativo, che ne facevano difetto i presupposti o, in positivo, che esistevano le condizioni per dichiarare
la sospensione del processo contro l’irreperibile.
In primo luogo, l’art. 420-bis, comma 4, formula
l’ipotesi che l’imputato compaia «prima della decisione». Se l’imputato non fornisce la prova della
mancata conoscenza incolpevole della celebrazione
processo o della impossibilità di comparire senza
sua colpa, si provvede ad una semplice revoca dell’ordinanza «di procedersi in assenza» e l’udienza
prosegue nel modo ordinario.
Viceversa, vi sono due situazioni nelle quali all’imputato sono riconosciuti diritti di difesa.
(18) Naturalmente, poiché la sospensione del processo può
avere una durata indeterminata, mentre la prescrizione del reato ha, di regola, un termine, il procedimento nei confronti degli
irreperibili, che non vengano rintracciati, è destinato, salvi i
reati imprescrittibili, a chiudersi con la sentenza dichiarativa
della prescrizione ai sensi dell’art. 129 previa revoca della sospensione ai sensi dell’art. 420-quinquies. In tal senso, R. Bric-
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Ciò avviene quando l'imputato «fornisce la prova che l’assenza» è «dovuta ad una incolpevole
mancata conoscenza della celebrazione del processo» oppure «dimostra che versava nell’assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza
maggiore o altro legittimo impedimento e che la
prova dell'impedimento è pervenuta con ritardo
senza sua colpa» (art. 420-bis, comma 4). In tal caso, il giudice deve rinviare l'udienza preliminare e
l'imputato può chiedere l'acquisizione di atti e documenti ai sensi dell'articolo 421, comma 3.
Se il procedimento è nella fase dibattimentale, il
giudice deve rinviare l'udienza e l'imputato ha diritto di formulare richiesta di prove ai sensi dell'art. 493; ed inoltre, «ferma restando in ogni caso
la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza, l'imputato può altresì chiedere la rinnovazione di prove già assunte».
Infine, l’imputato può chiedere il rito abbreviato
o il patteggiamento (art. 489, comma 2).
Occorre adesso considerare la “norma di chiusura”, che impone di revocare l’ordinanza di procedersi in assenza quando il giudice accerta, in positivo, che esistevano le condizioni per dichiarare la
sospensione del processo contro l’irreperibile. Infatti, l’art. 420-bis, comma 5, stabilisce che l’ordinanza di assenza deve essere revocata se risulta che
il procedimento, «per l’assenza dell’imputato, doveva essere sospeso ai sensi delle disposizioni» dell’art. 420-quater (19). In forza di tale rinvio, alquanto criptico, si deve applicare la disciplina della
sospensione che abbiamo esaminato supra.
Gli accertamenti successivi all’ordinanza di
sospensione del processo
Il codice prevede, naturalmente, la possibilità di
“ripresa” dell’attività processuale qualora i presupposti per la sospensione vengano meno. Come si è
accennato, allo scadere di ogni anno dalla pronuncia dell’ordinanza di sospensione del processo o anche prima quando ne ravvisi l’esigenza, il giudice
deve disporre «nuove ricerche dell’imputato per la
notifica dell’avviso» (art. 420-quinquies, comma 1).
Il giudice deve revocare l'ordinanza di sospensione del processo (art. 420-quinquies, comma 2): a)
chetti e L. Pistorelli, Processo sospeso se l’imputato è irrintracciabile, in Guida dir., 2014, 21, 100; S. Quattrocolo, Il contumace cede la scena processuale all’assente, mentre l’irreperibile
l’abbandona, cit., 10-11.
(19) La norma appena ricordata fa riferimento all’“assenza”
dell’imputato intesa in senso atecnico come “mancata comparizione”.
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se le ricerche hanno avuto esito positivo; b) se
l'imputato ha nel frattempo nominato un difensore
di fiducia; c) in ogni altro caso in cui vi sia la prova certa che l'imputato è a conoscenza del procedimento avviato nei suoi confronti; d) se deve essere
pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell'art. 129.
Con l'ordinanza di revoca della sospensione del
processo il giudice fissa la data per la nuova udienza, disponendo che l'avviso sia notificato all'imputato e al suo difensore, alle altre parti private e alla
persona offesa, nonché comunicato al pubblico ministero (art. 420-quinquies, comma 3). All’udienza
l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato o il
patteggiamento (art. 420-quinquies, comma 4).
L’abrogato istituto della rinnovazione
dell'istruzione in appello in favore del
contumace
Il tramonto della contumacia ha comportato l’eliminazione di alcuni istituti che di tale figura costituivano il naturale pendant. In particolare, la l.
n. 67 del 2014 ha abrogato il comma 4 dell'art.
603 che prevedeva la rinnovazione dell'istruzione
dibattimentale in appello su richiesta dell'imputato, contumace incolpevole in primo grado. L'imputato aveva l'onere di provare che la mancata comparizione nel giudizio di primo grado era dovuta a
caso fortuito o forza maggiore, ovvero ad incolpevole ignoranza della citazione a giudizio, salvo che
egli non si fosse sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti processuali. Sulla richiesta di
rinnovazione il giudice provvedeva «con ordinanza, nel contraddittorio delle parti».
In base al nuovo comma 5-bis dell’art. 604, se in
sede di appello viene accertata l’erroneità dell’ordinanza di “dichiarazione di assenza”, è prevista una
vera e propria regressione del procedimento.
Il regresso dall’appello al primo grado
In particolare, nei casi in cui si sia proceduto in
assenza dell'imputato (art. 420-bis, comma 2), se vi
è la prova che si sarebbe dovuto dichiarare il legittimo impedimento dell’imputato (art. 420-ter) o
sospendere il processo contro l’irreperibile (art.
420-quater), il giudice di appello deve dichiarare la
(20) Sulle perplessità che desta il riferimento alla sola sentenza di condanna, giacché l’interesse ad impugnare può sussistere anche in relazione al proscioglimento, S. Quattrocolo, Il
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nullità della sentenza e disporre il rinvio degli atti
al giudice di primo grado (art. 604, comma 5-bis).
Il giudice di appello deve altresì annullare la
sentenza e disporre la restituzione degli atti al giudice di primo grado qualora l'imputato provi che
l'assenza è stata causata da una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo di
primo grado. Nel nuovo processo di primo grado si
applica l'articolo 489, comma 2, e cioè l’imputato
può chiedere il rito abbreviato o il patteggiamento.
La cassazione decreta l’annullamento con
rinvio
Analoghe misure ripristinatorie sono previste
nell’ipotesi in cui i predetti errores siano accertati
dalla corte di cassazione. Se è annullata una sentenza di condanna quando la corte di appello
avrebbe dovuto annullare (e non lo ha fatto) la
sentenza di primo grado ed ordinare in via eccezionale la regressione del processo in tale sede, la corte di cassazione, che rileva l’errore, deve disporre
che gli atti siano trasmessi al giudice di primo grado (art. 623, lett. b).
La corte di cassazione può, dunque, controllare
che la corte di appello abbia provveduto a procedere alla nuova ipotesi di annullamento con regressione in caso di errata dichiarazione di assenza in
primo grado (20).
Un’interpretazione sistematica impone di applicare nel nuovo processo di primo grado l'art. 489,
comma 2, in base al quale l’imputato ha la facoltà
di chiedere il rito abbreviato o il patteggiamento.
La rescissione del giudicato
A completamento della disciplina - e con un palese richiamo a sofferti profili sovranazionali - il legislatore ha introdotto un rimedio straordinario
post iudicatum. La rescissione del giudicato è esperibile nei confronti delle sentenze irrevocabili di
condanna, (o di proscioglimento con le quali sia
stata applicata una misura di sicurezza; art. 625ter).
Il presupposto della richiesta di rescissione è che
si sia proceduto in assenza per tutta la durata del
processo, evidentemente sulla base di una errata
valutazione dei presupposti stabiliti dall’art. 420bis.
contumace cede la scena processuale all’assente, mentre l’irreperibile l’abbandona, cit., 6.
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Processo penale
Contro la sentenza irrevocabile il condannato (o
il sottoposto a misura di sicurezza) può presentare
impugnazione straordinaria chiedendo alla corte di
cassazione la rescissione del giudicato qualora provi
che la sua assenza in udienza si è verificata a causa
di «una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo». La richiesta è presentata
nella cancelleria del giudice che ha pronunciato la
sentenza irrevocabile, a pena di inammissibilità,
personalmente dall'interessato (o da un difensore
munito di procura speciale autenticata nelle forme
dell'art. 583, comma 3) entro trenta giorni dal momento dell'avvenuta conoscenza del procedimento (21).
Se accoglie la richiesta, la corte di cassazione revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti
al giudice di primo grado (art. 625-ter, comma 3).
In tale sede l’imputato ha il diritto di chiedere il
giudizio abbreviato o l’applicazione della pena su
richiesta delle parti (art. 489, comma 2).
Il rimedio si inserisce, a mo’ di epilogo, nel solco
del lungo e complesso travaglio esegetico volto a
reperire uno strumento straordinario volto a dare
attuazione alle sentenze di condanna pronunciate
dalla Corte europea dei diritti umani nei confronti
dell’Italia (22).
(21) Rilevano l’ampiezza dei poteri di valutazione riconosciuti alla Corte, giudice della prova e del merito del fatto processuale dell’assenza ai fini della riapertura del giudizio, R.
Bricchetti e L. Pistorelli, Processo sospeso se l’imputato è irrintracciabile, cit., 104.
(22) Per un verso, la Cassazione era pervenuta in passato
alla nota interpretazione estensiva della restituzione nel termine ex art. 175 in relazione ad un'ipotesi in cui il nostro ordinamento era stato condannato a causa dei limiti della disciplina
della contumacia anteriore alla riforma del 2005 (Cass., Sez. I,
12 luglio 2006, Somogyi, in CED 235035. Sulla sentenza, C.
Angeloni, L'istituto della rimessione in termini può travolgere il
giudicato penale, in Cass. pen., 2008, 253; R. Conti, La Corte
dei diritti dell'uomo e la Convenzione Europea prevalgono sul
giudicato - e sul diritto - nazionale, in Corr. giur., 2007, 680; T.E.
Epidendio, Forza vincolante delle sentenze della Corte europea
dei diritti dell'uomo e giudicato penale, in questa Rivista, 2007,
85; F. Giunchedi, Ricorso accolto dalla Corte europea dei diritti
dell'uomo e dogma del giudicato, in Giur. it., 2007, 1227; N.E.
La Rocca, Il nuovo rito degli irreperibili nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e la concretizzazione del principio “ne absens damnetur”, in Ind. pen., 2007, 191; A. Tamietti, Un ulteriore passo verso una piena esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo in tema di equo processo: il giudicato nazionale non è di ostacolo alla riapertura dei processi, in
Cass. pen., 2007, 1002; G. Ubertis, Contumaci, doppia restituzione in termine. Ma la legge italiana non risulta ancora adeguata alla Cedu, in Dir. giust., 2006, n. 38, 48). Per un altro verso,
la Corte costituzionale era giunta a dichiarare l’illegittimità dell’art. 630 nella parte in cui ometteva di prevedere la rinnovazione del processo allorché la sentenza o il decreto penale di condanna fossero in contrasto con una sentenza definitiva della
Corte europea dei diritti dell'uomo che avesse accertato « l'assenza di equità del processo » ai sensi dell'art. 6 della Convenzione. Tale norma si poneva, infatti, in contrasto con l'art. 46
CEDU, con conseguente lesione dell'art. 117, comma 1 Cost.
(C. cost., 7 aprile 2011, n. 113, in Riv. dir. internaz., 2011, 960).
Sulla sentenza, G. Canzio, Passato, presente (e futuro?) dei rapporti tra giudicato “europeo” e giudicato penale italiano, in Leg.
pen., 2011, 465 ss.; C. Conti, La preclusione nel processo pena-
le, cit., 238 ss.; M. De Stefano, Dopo la Corte di Strasburgo, la
revisione del processo penale in Italia: una sentenza epocale della Corte costituzionale, in Dir. uomo, 2011, 48; A. Diddi, La “revisione del giudizio”: nuovo mezzo straordinario di impugnazione delle sentenze emesse in violazione della C.e.d.u., in Giust.
pen., 2011, 139; P. Gaeta, Al decisore interno la singola valutazione sul grado di “contaminazione” delle prove, in Guida dir.,
2011, n. 17, 54; R.M. Geraci, La revisione quale rimedio interno
dopo le condanne della Corte di Strasburgo: un avanzamento di
tutela e molte incognite, in Proc. pen. e giust., 2011, n. 4, 12;
M. Gialuz, Una sentenza “additiva di istituto”: la Corte costituzionale crea la “revisione europea”, in Cass. pen., 3319; R.E. Kostoris, La revisione del giudicato iniquo e i rapporti tra violazioni
convenzionali e invalidità processuali secondo le regole interne,
in Leg. pen., 2011, 473 ss. e in Riv. ass. it. cost., 2011, n. 2, 6;
S. Lonati, La Corte costituzionale individua lo strumento per
adempiere all'obbligo di conformarsi alle condanne europee: l'inserimento delle sentenze della Corte europea tra i casi di revisione, in Giur. cost., 2011, 1557; C. Musio, La riapertura del processo a seguito di condanna della Corte EDU: la Corte costituzionale conia un nuovo caso di revisione, in Cass. pen., 2011,
3321; L. Parlato, Revisione del processo iniquo: la Corte costituzionale “getta il cuore oltre l'ostacolo”, in Dir. pen. proc., 2011,
839; G. Repetto, Corte costituzionale e CEDU al tempo dei conflitti sistemici, in Giur. cost., 2011, 1548; P.P. Rivello, La Corte
costituzionale interviene sull'istituto della revisione al fine di garantire l'obbligo di adeguamento alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2011, 1169;
N. Rombi, Riflessioni in tema di revisione del giudicato penale,
in Riv. dir. proc., 2011, 1157; L. Suraci, Verso nuovi equilibri in
tema di revisione, in Arch. pen., 2011, 559; G. Tabasco, Decisioni CEDU, processo iniquo e nuovo giudizio, in questa Rivista,
2011, 1411; G. Ubertis, La revisione successiva a condanne della Corte di Strasburgo, cit., 1547; P. Tonini, Manuale di procedura penale, 14^ ed., 2013, 926.
(23) Colgono il limite della riforma nel «non aver pensato di
anticipare la sospensione del processo e, di conseguenza, del
corso della prescrizione del reato al momento dell’avviso di
conclusione delle indagini preliminari e delle procedure di notificazione del medesimo. E di avere, invece, costretto il pubbli-
Diritto penale e processo 5/2014
Oneri probatori e informativi a carico
dell’imputato
Quello introdotto dalla l. n. 67 del 2014 è un
meccanismo processuale complesso che, in via di
principio, vuole privilegiare la notifica della citazione e dell’avviso dell’udienza a mani proprie dell’imputato. Ma lo fa in modo non lineare, senza
svincolarsi completamente da alcuni fatti sintomatici che sono promossi a presunzioni legali di conoscenza della celebrazione dell’udienza e, quindi, a
presunzioni di volontarietà della rinuncia a comparire; salvo, poi, permettere al giudice di pentirsi per
aver imboccato simili scorciatoie giuridiche, con
perdite di tempo successive (23).
Il punto più problematico - già oggetto di unanime critica - consiste nell’aver addossato all’imputa-
517
Legislazione
Processo penale
to, che voglia ottenere la revoca della dichiarazione di assenza, un onere probatorio diabolico della
propria “ignoranza incolpevole” che ripropone criteri già a suo tempo stigmatizzati dalla Corte europea con riguardo alla disciplina della restituzione
nel termine anteriore al 2005 (24). Paradossalmente, la volontà di eliminare le possibili frizioni “convenzionali” della disciplina della contumacia ha ricreato nell’assenza pericolosi profili di attrito con i
princìpi affermati dalla Corte di Strasburgo.
La difficoltà della prova contraria può risultare
tale da snaturare il carattere relativo delle presunzioni stabilite dal legislatore. Più è pesante l’onere
addossato all’imputato, più la presunzione relativa
si trasfigura assumendo carattere di assolutezza. E,
in relazione alle presunzioni assolute, vale il duro
monito della Corte costituzionale secondo cui esse
«specie quando limitano un diritto fondamentale
della persona, violano il principio di eguaglianza,
se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti
nella formula dell’id quod plerumque accidit». In particolare, ad avviso della Corte, «l’irragionevolezza
della presunzione assoluta si coglie tutte le volte in
cui sia “agevole” formulare ipotesi di accadimenti
reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa» (25).
Al di là della natura provocatoria di simili riflessioni, occorre rilevare come alla fine, in modo subdolo, si sia creato quanto meno una sorta di onere
dell’imputato di informarsi attraverso il difensore
della celebrazione dell’udienza. Questo è lo scotto
che si paga per non aver accolto il principio lineare di un sistema accusatorio, sia pure temperato,
che imponga all’imputato il dovere di presentarsi
in udienza o, in alternativa, di giustificare la propria assenza.
Il fenomeno dell’eliminazione del vecchio istituto della contumacia e dell’inserimento della nuova
figura dell’assente nel codice spinge a chiedersi se
tra le due categorie normative possa ravvisarsi una
sovrapponibilità tale da affermare che al “vecchio”
contumace sia subentrato il “nuovo” assente. Ebbene, a scanso di pericolosi equivoci - alimentati anche da qualche “distrazione” del legislatore che in
alcuni casi ha omesso di eliminare il riferimento alla contumacia, ancora contenuto all’interno di alcune norme - è bene chiarire che la nuova disciplina è il frutto di uno sdoppiamento.
Difatti, le ipotesi che in precedenza davano luogo alla contumacia si sono scisse in due istituti
completamente differenti: l’irreperibilità con sospensione e l’assenza. Nei confronti dell’irreperibile
il processo subisce una battuta d’arresto d’ispirazione garantista; nei confronti del “nuovo” assente il
processo prosegue con quel grosso limite al contraddittorio ed al diritto di difesa che consiste nella
mancata partecipazione del “diretto interessato” al
rito penale. Tant’è vero che il legislatore ha dovuto lavorare - sia pure con le mancanze che abbiamo
evidenziato - sugli accorgimenti normativi idonei a
garantire che l’assente subisca l’assunzione di prove
soltanto quando egli ha avuto dell’udienza una conoscenza effettiva (o basata su presunzioni ragionevoli).
La conseguenza pratica dell’impostazione appena
delineata si apprezza ove ci si ponga il problema relativo all’interpretazione delle norme che ancora
mantengono la dizione “contumace”. Pare errato
optare per una sostituzione automatica di tale dicitura con quella di “assente”, proprio per l’attuale
sdoppiamento della preesistente figura unitaria in
quelle nuove dell’irreperibile “sospeso” e dell’assente. La questione si complica ulteriormente ove si
abbia riguardo ai problemi intertemporali, caduti
nell’oblio del Parlamento (26). Ebbene, ad oggi le
co ministero a esercitare l’azione penale» R. Bricchetti e L. Pistorelli, Così “scompare” il processo in contumacia, cit., 93.
(24) Nel senso che tale onere della prova potrebbe riproporre problemi di compatibilità con la Convenzione europea analoghi a quelli suscitati dall’art. 175 nella versione anteriore alla
riforma del 2005, R. Bricchetti e L. Pistorelli, Ipotesi tipizzate
per la celebrazione del rito, cit., 98; S. Quattrocolo, Il contumace cede la scena processuale all’assente, mentre l’irreperibile
l’abbandona, cit., 13-14 che auspica un atteggiamento ragionevole da parte della giurisprudenza.
(25) Così la nota sent. n. 265 del 2010 in tema di presunzioni cautelari ex art. 275, in questa Rivista, 2010, 949; si veda P.
Tonini, Manuale di procedura penale, cit., 443.
(26) Si veda R. Bricchetti e L. Pistorelli, Giudizi pendenti pie-
ni di insidie interpretative, in Guida dir., 2014, n. 21, 105; S.
Quattrocolo, Il contumace cede la scena processuale all’assente, mentre l’irreperibile l’abbandona, cit., 11; Relazione predisposta dall’ufficio del Massimario, 5 maggio 2014, Le nuove disposizioni in tema di processo “in assenza” dell’imputato, a cura
di P. Silvestri, 59 ss. A tale omissione si è pensato di porre rimedio con la proposta di legge n. 2344, di iniziativa dei deputati Ermini e Ferranti, recante l’introduzione dell’art. 15-bis della l. 28 aprile 2014, n. 67 concernente norme transitorie per
l’applicazione della disciplina del procedimento penale nei
confronti degli irreperibili. Ai sensi di tale norma, le nuove disposizioni sull’assenza e la sospensione si applicano ai procedimenti in corso alla data dell’entrata in vigore della l. n. 67, «a
condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pro-
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I rapporti tra la contumacia e l’assenza
cosciente
Diritto penale e processo 5/2014
Legislazione
Processo penale
norme che ancora contengono il termine “contumace” si riferiscono non ad una, bensì a tre figure:
1) l’irreperibile; 2) il nuovo assente; 3) il vecchio
contumace, che è sopravvissuto nella misura in cui
la relativa dichiarazione è destinata a mantenere il
suo effetto sulla base del diritto intertemporale.
Pertanto, dovrà procedersi ad una, non semplice,
interpretazione sistematica e funzionale delle disposizioni contenute nel codice (o all’interno di
leggi speciali) al fine di reperire una soluzione, che
non può ritenersi prefissata a priori (27).
nunciato il dispositivo della sentenza di primo grado» (art. 15bis, comma 1). Tuttavia, in deroga a tale previsione le disposizioni previgenti (e, dunque, il processo contumaciale) continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della l. n. 67 «quando l’imputato è stato dichiarato
contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità».
(27) Un esempio può chiarire il concetto. Nell’art. 429 per
due volte è stato conservato il riferimento al contumace. L’intendere tale duplice riferimento all’assente, in modo automatico, sarebbe frutto di un’interpretazione non rispettosa della
funzione della norma e dei princìpi costituzionali che devono
essere garantiti. Ed allora, nel comma 1, lett. f, il riferimento alla contumacia sarà interpretato nel senso che l’imputato citato
per il dibattimento dovrà essere avvisato che «non comparendo, sarà giudicato» in assenza. Meno immediata appare l’interpretazione del comma 4, a mente del quale il decreto che dispone il giudizio deve essere notificato al “contumace”, all’offeso e all’imputato «comunque non presenti alla lettura del
provvedimento». Qui si impone che il decreto di citazione a
giudizio sia notificato sia al vecchio contumace, sia al nuovo
assente nell’udienza preliminare.
Diritto penale e processo 5/2014
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