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«Non bastano 5 ispettori ce ne vogliono almeno 50»

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«Non bastano 5 ispettori ce ne vogliono almeno 50»
4 TICINO
edilizia
GIORNALEdelPOPOLO
MARTEDÌ 29 OTTOBRE 2013
+
Andrea Gehri chiede misure più incisive contro i padroncini
Una storia quarantennale
«Non bastano 5 ispettori
ce ne vogliono almeno 50»
PAGINA A CURA DI
Nicola Mazzi
Andrea Gehri, responsabile
dell’omonima ditta è anche presidente dell’Associazione svizzera
delle piastrelle sezione Ticino. Un
imprenditore che, quotidianamente tocca con mano, la situazione
che sta vivendo una parte del settore edile. Con lui abbiamo voluto
capire i problemi e le soluzioni che
bisognerebbe adottare.
Lei è presidente dell’associazione di categoria. Ci riassume di
che cosa vi occupate?
L’associazione svizzera delle piastrelle, sezione Ticino, raggruppa
43 aziende che rappresentano il
70% della forza lavoro in Ticino del
settore. Il fatturato si aggira attorno
ai 50-60 milioni. Da un censimento
che abbiamo fatto di recente sono
circa duecento le ditte presenti. Ma
quelle che non fanno parte dell’associazione soprattutto di piccole
entità, sono cresciute grazie alle
possibilità date dalla legislazione
e legate anche al proliferare di padroncini.
L’attività principale è quella di
promuovere le aziende del territorio, puntando sulle competenze
tecniche e sviluppando il concetto
di qualità. Ecco perché puntiamo
molto sulla formazione degli apprendisti e la formazione continua
per gli adulti. Un compito nobile
che però viene percepito poco anche perché richiede molto impegno. L’apprendistato si svolge su 3
anni anche se da quest’anno abbiamo introdotto un tirocinio biennale per i profili meno ambiziosi. In
totale abbiamo in formazione circa
35-40 apprendisti, ripartiti nei tre
anni, perlopiù frontalieri. Per noi
questa è una risorsa importante
perché, purtroppo, la nostra professione ai residenti non interessa
molto. C’è ancora parecchio da fare
per sensibilizzare i giovani e la famiglia sulle possibilità che offre
questo lavoro. Un buon artigiano
ha delle ottime chances di occupare uno spazio importante e duraturo nel tempo all’interno dell’economia locale.
Che importanza date alla formazione?
Parecchia. A livello formativo
abbiamo 4 tipi di diploma. L’attestato federale di capacità che
si ottiene dopo l’apprendistato. Il
diploma federale quale capo piastrellista; la maestria federale e il
diploma di esperto perito federale.
In Ticino, da quest’anno, abbiamo la possibilità di avere una formazione quale capo piastrellista.
Una formazione modulare che
comprende circa 350 ore di corsi
e altrettanti di studio per questo
primo anno vede 18 iscritti. La maestria esiste ancora solo in lingua
francese e tedesca così come l’attestato per perito federale. E questo
perché non abbiamo ancora i numeri per proporre queste formazioni anche in Ticino.
L’azienda è stata fondata nel 1970 dal
padre di Andrea. E all’inizio era attiva
soprattutto nella posa delle piastrelle.
All’epoca poteva contare su una decina
di collaboratori, poi si è sviluppata abbracciando soprattutto il settore della
pietra naturale a partire dalla fine anni
’90. La ditta acquista la materia grezza e
la lavora nei laboratori localizzati nella
sede di Porza. Il valore aggiunto che si
riesce a dare al prodotto è frutto della
capacità dei collaboratori e di importanti investimenti tecnologici. Infatti
l’azienda possiede macchinari moderni
a controllo numerico per esempio per
tagliare, levigare, scavare la pietra. Oggi
la ditta conta circa 80-90 collaboratori.
Ed è suddivisa in diversi settori. C’è una
divisione del commercio dei materiali, una legata alla posa delle ceramiche
e dei mosaici, una relativa alla lavorazione della pietra naturale e un settore
nuovo che si sta strutturando ed è quello
dei rivestimenti di facciate degli edifici.
Grazie alle leggi sul risparmio energeti-
Oltre ad abolire la notifica
online propone
di aumentare i controlli
alle dogane e di eliminare
la disparità sull’IVA.
E ricorda che in Barra era
stato trovato un politico
attento a questi temi.
Da alcuni anni la vostra professione sta passando un momento
difficile. Quali i motivi?
Gli accordi bilaterali in Ticino
hanno sicuramente favorito alcuni
settori come l’industria, ma hanno
creato problemi ad altri come l’artigianato. E l’Italia, in queste pessime
condizioni, per noi è un grosso problema. Noi viviamo in una regione
che giornalmente si confronta con
la Lombardia e i suoi 10 milioni di
abitanti. Ed è chiaro che con la crisi
attuale in molti cercano di venire
qui con ogni mezzo. E noi abbiamo
davvero pochi strumenti a disposizione per contrastare questi arrivi
che assalgono il mercato senza regole e rispetto.
Senza scordare che si opera su
due scenari completamente diversi. Il lavoratore italiano ha dei costi nettamente inferiori ai nostri.
Soprattutto per il fatto che spesso
non sono in regola. Noi abbiamo dei
CCL resi di obbligatorietà generale
che chi proviene dall’estero non rispetta. I controlli ci sono sul nostro
territorio, ma come si fa a controllare la ditta italiana in Italia? È un
problema che deve coinvolgere la
politica perché noi, da soli, non ce
la facciamo. Necessitano correttivi
«La reciprocità?
Noi abbiamo provato
un paio di volte a scendere
in Italia, ma ci vogliono
mesi per avere le carte.
Lì il filtro esiste, eccome
che esiste».
che ci proteggano dal dumping salariale e da un mercato senza regole. Bisogna assolutamente mettere
sul tavolo delle misure più rigide
nel controllo. Come l’abolizione
della notifica online e l’aumento
degli ispettori. Quelli che ci sono,
che svolgono un ottimo lavoro,
non bastano rispetto alle necessità.
Cinque ispettori sono nettamente
insufficienti. Basti pensare che la
proiezione per quest’anno indica
in 40mila le notifiche di lavoratori
esteri interessati a riversarsi nel nostro piccolo Canton Ticino. Se queste vengono trasformate in giorni di
lavoro e nel rispettivo indotto generato ci rendiamo conto che all’economia locale mancano grossomodo
450 milioni di franchi. E oltre all’indotto perso e non recuperabile, le
aziende estere lasciano pure i rifiuti
sui cantieri: e li dobbiamo smaltire
noi.
Volete lavorare senza concorrenza?
Attenzione: noi non vogliamo
creare un’economia chiusa, ci
mancherebbe. Ma chiediamo di lavorare in modo corretto e con una
concorrenza leale che permetta di
finanziare e mantenere le istituzioni, i pilastri della socialità e permetta di finanziare la formazione professionale anche in futuro.
Abolire le notifiche online e aumentare gli ispettori. Pensa siano necessarie altre misure?
Sì. Bisogna, per esempio, istituire
una tassa alla fonte per compensare
gli introiti che mancano all’intera
comunità. Urge una soluzione anche in questo senso. Le ditte italiane
usano le nostre infrastrutture, godono dei vantaggi senza però avere
dei costi. Se il padroncino pagasse
i contributi giusti e fosse in regola
con tutti i costi e i contributi ai quali
siamo assoggettati noi, la differenza
di prezzi tra noi e loro sarebbe davvero minima. Addirittura, conti alla
mano, al padroncino italiano non
varrebbe la pena venire da noi a lavorare.
Con il compianto Michele Barra
avevamo un ottimo interlocutore, sensibile ai problemi in quanto svolgeva l’attività di impresario
costruttore. Avevamo trovato una
persona molto ricettiva dei problemi perché li conosceva da vicino.
Anche per lui il tema non era semplice da sbrogliare ma aveva quella
sensibilità imprenditoriale e quella giusta dose di dinamismo fuori
dagli schemi classici che, ora, mi
auguro vivamente vengano assunti
da chi erediterà questi delicatissimi
temi. La sua improvvisa e prematura scomparsa ci ha addolorato infinitamente.
l’evento
Il Governo sta preparando delle
misure. Cosa vi aspettate?
Come UAE (Unione delle associazioni dell’edilizia) abbiamo avuto di
recente un incontro con il Consiglio
di Stato e abbiamo chiesto misure
serie per combattere il fenomeno
dei padroncini e del dumping salariale. Siamo in attesa che il CdS elabori le misure discusse e mi auguro
che esse possano vedere la luce in
tempi brevi con un’applicazione
rapida. Altre misure efficaci sono
legati a un controllo più rigido alle
dogane, oltre alla sistemazione del
problema dell’IVA. È un controsenso che una ditta italiana non
deve pagare l’IVA per lavori sotto i
10mila franchi quando noi la dobbiamo fatturare dal primo centesimo. E, ribadisco, ci vogliono più
controlli sul territorio. Non bastano
5 ispettori, ma ne servono 50. Inoltre la richiesta dei documenti prima
di entrare ma anche al momento
dell’uscita deve essere più capillare
e inflessibile. Queste operazioni noi
le dobbiamo fare quotidianamente
nella nostra attività.
co c’è una notevole sensibilità in questo
settore. La Gehri Rivestimenti SA offre
soluzioni durature che tengono conto
del risparmio energetico. È un lavoro
specialistico perché oltre al rivestimento
in pietra o in ceramica richiede una tecnologia di fissaggio e ottime conoscenze
professionali. La ditta opera soprattutto
in Ticino, ma ha anche clienti al nord
delle Alpi, soprattutto nella regione di
Gstaad.
Secondo la vostra esperienza la
reciprocità esiste?
Reciprocità? Noi abbiamo provato un paio di volte a scendere nella
Penisola, ma abbiamo avuto molte
difficoltà. Anche perché per poter
lavorare lì ci sono delle regole molto
precise e protezioniste del mercato
interno.
Prima di iniziare bisogna adempiere a diverse pratiche. Per esempio di recente abbiamo eseguito un
lavoro in un cantiere di Cannero,
ma solo per potervi accedere ci abbiamo messo un mese ad allestire
tutta la documentazione. Il filtro lì
esiste, eccome che esiste!
Nella foto
grande
Andrea
Gehri.
Nelle altre
foto
i vari usi
che si
possono
fare con
le piastrelle
e la pietra
naturale.
L’azienda ha organizzato un’esposizione e un concorso
Quando l’artigianato e l’arte si parlano
La pietra naturale
usata in modo
artistico ed esposta
nello showroom.
Lo scorso 12 ottobre la Gehri Rivestimenti di Lugano ha organizzato le tradizionali porte aperte, dove un buon numero di visitatori ha potuto vedere e toccare
con mano gli spazi espositivi e le ultime
novità dei settori commercializzati.
«Abbiamo messo in mostra una selezione delle novità del settore ceramico
e quello della pietra naturale presentate
di recente alle fiere internazionali del
Cersaie di Bologna e del Marmomacc di
Verona. Sintetizzando le ultime tendenze
del mercato. Segnalo che in particolare
nell’ambito della ceramica stanno prendendo piede due prodotti: il maxiformato
a basso spessore (3 metri per 1,5 metri per
6 mm) e la ceramica che si ispira all’este-
Per ben 4 settimane 15 artisti
locali hanno avuto la possibilità
di esporre le loro opere.
Alla fine una giuria di esperti
ha scelto l’opera meritevole.
tica del legno. Per quanto riguarda la pietra naturale noi cerchiamo di proporla
in una veste inedita. Non solo i classici
piano-cucina o le piastrelle per il bagno,
ma utilizzandola per l’arredamento e/o
quale materia per impreziosire ambien-
ti in un ampio concetto di lifestyle». A
completare l’evento la Gehri ha organizzato un concorso di scultura indetto per
valorizzare gli scultori nostrani. «Per 4
settimane 15 artisti hanno avuto la possibilità di esporre le loro opere nel nostro
showroom e il 12 ottobre una giuria di
esperti ha emesso il verdetto». Ha vinto
un’opera di Catherine Rovelli, al secondo
posto una creazione di Francesco Rossi e
al terzo Arianna Matrisciano. Una menzione speciale è andata a Ampelio Sartori
e Francesco Biscossa per l’abilità dimostrata. «Devo dire che l’abbinamento tra
arte e artigianato è piaciuto molto; è stata
un’arma vincente per attirare l’interesse
del pubblico», conclude Andrea Gehri.
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