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Diapositiva 1 - Consultorio Familiare UCIPEM
XXIII Congresso Nazionale UCIPEM Pescara Il Bambino con-diviso: un bambino con la valigia in mano 1 giugno 2013 Dott.ssa Gabriella Bruni I bambini figli di genitori separati che si trasferiscono continuamente dalla casa di un genitore a quella dell’altro evocano l’immagine classica del bambino con la valigia in mano o lo zainetto in spalla. La valigia contiene oggetti reali utili al bambino. La valigia contiene anche e soprattutto pesi in senso metaforico, cioè paura, confusione, angoscia, tristezza, rabbia, odio, risentimento, conflitti, eccessiva responsabilizzazione e tanto altro. La valigia segue il bambino nel passaggio da una casa all’altra. Uno degli aspetti intorno a cui si esprimono molte emozioni e tensioni che nelle separazioni interessano tutte le parti in causa, inclusi i figli, è quello della casa. Casa intesa come domicilio, come casa coniugale, come luogo intriso di significati simbolici e valori affettivi, casa come organizzazione del quotidiano, come luogo di intimità, appartenenza, abitudini, spazio di identificazione corporea. Negli ultimi anni la famiglia italiana tradizionale è stata sostituita da un caleidoscopio di situazioni. C’è stato un enorme incremento delle separazioni e dei divorzi, tanto che il divorzio è diventato motivo di angoscia nella mente di molti bambini i cui genitori stanno insieme. Negli ultimi decenni la separazione è stata richiesta anche per rompere pericolosi legami di subordinazione, oltre che evidenti situazioni di abuso psicologico o fisico. Uomini e donne possono sviluppare nuovi aspetti di loro stessi quando si liberano di relazioni costrittive, squalificanti, abusanti. Anche i bambini possono sviluppare nuove risorse e soluzioni. Tuttavia separazione e divorzio non sono quasi mai facili per il bambino perché mettono in crisi i suoi fondamentali punti di riferimento e la sua stessa condizione esistenziale di figlio. Il disagio dei figli di genitori separati oggi emerge con particolare intensità e gravità. Anche se la legislazione ha cercato di adattarsi alla nuova realtà familiare regolando in modo nuovo i rapporti tra figli e genitori separati nell’interesse dei minori, essa non ha portato ai risultati auspicati (Legge 54 del 2006, comunemente chiamata “Affido condiviso”). Parlare di separazioni e divorzi vuol dire parlare di incomprensioni e difficoltà, di sofferenze ma anche richieste di aiuto, impegno, speranza, opportunità, risorse, percorsi. Un tema, quello della separazione dei genitori, che non solo è di grande attualità, ma appartiene alla esperienza di molti. Parlare di separazioni vuol dire anche parlare di noi stessi, dei figli, di quello che si fa, che non si dovrebbe fare, che si può fare. Entriamo in un terreno comune a tutti i genitori e a tutti i figli, un terreno di affetti e relazioni, bisogni e rifiuti, comunicazioni e silenzi, paure e aspettative. Ognuno di noi, nel suo ambiente di vita e di lavoro, si trova a contatto sempre più con famiglie che stanno vivendo o hanno vissuto la dolorosa esperienza della separazione e del divorzio. Le statistiche confermano questo dato della realtà in cui viviamo, ma si fermano qui. Dietro i numeri ci sono storie, sentimenti forti, dolore, rabbia, confusione, rimpianti, disagi, e tanto altro; nei casi più fortunati dialogo, superamenti, ricostruzioni. Ci sono caratteristiche che accomunano tutte le storie di separazione ma ognuna è anche diversa e unica. Prime riflessioni I) Quando una coppia si separa, i genitori spesso dicono di essere giunti a questa scelta per il bene dei figli. In realtà nella grande maggioranza dei casi con la separazione la conflittualità trova vie e modi ancora più aspri e “sofisticati” per esprimersi. II) Spesso i genitori separati vengono a consultazione preoccupati per un calo delle prestazioni scolastiche, perché il figlio non cerca più gli amici ed è depresso o si comporta come un bullo, ecc. Ma quando si iniziano a suggerire azioni che richiedono sinergie e accordi con l’altro partner, la richiesta di aiuto dei genitori è fortemente condizionata dalla impossibilità di lavorare in accordo con il partner. III) Per il figlio i due genitori, pur separati, restano padre e madre e il riferimento è la struttura genitoriale padre – madre, vissuta in una integrità logica denominata “i genitori”. I genitori invece, quando si separano, tendono ad agire con i figli in una struttura a due, madrefiglio o padre- figlio, con la complicazione che spesso ognuno ha la convinzione che l’altro genitore sia una persona negativa. Questo renderà molto difficile per il bambino accettare e tollerare le diversità e dunque sentirsi libero di fare scelte autonome. Nel ciclo di vita familiare la separazione e il divorzio si connotano come una vera e propria transizione che comporta una profonda riorganizzazione delle relazioni intrafamiliari, con compiti di sviluppo specifici per tutte le generazioni coinvolte. Sicuramente il soggetto più vulnerabile è il bambino. Per valutare l’adattamento dei figli nella transizione e le conseguenze sul loro sviluppo, si deve adottare un’ottica integrata, che tenga conto sia del rischio psicopatologico che della resilienza. Il bambino resiliente non è indifferente al dolore della separazione, non è un bambino adultizzato, ma è un bambino che riesce a superare positivamente le difficoltà insite nella transizione, preservando un funzionamento psicologico adeguato, nonostante i costi emotivi comportati dalla rottura familiare. La maggioranza dei bambini, dopo il divorzio, vive con le proprie madri. La qualità delle relazioni tra le madri e i loro bambini varia in relazione al genere del bambino. Le madri sperimentano in genere più fonti di stress (sovraccarico di responsabilità, difficoltà economiche e altre) e tendono più facilmente a deprimersi, assumendo di conseguenza uno stile genitoriale meno efficace. La relazione con la madre dei bambini rimane un fattore chiave per il mantenimento del contatto fra padre e figli. Spesso le madri agiscono da guardiane dopo il divorzio, non favorendo i contatti del padre con i figli. Se non viene stabilita una buona relazione nel primo anno di vita dopo la separazione, sia i padri sia i figli possono adattarsi alla perdita reciproca ed è più improbabile un successivo coinvolgimento. C’è una grande varietà di vissuti degli uomini in relazione allo sviluppo del ruolo paterno: - padri che rispondono con rabbia e distacco -padri che, nonostante la rabbia, lottano per mantenere il contatto con i figli - padri che si allontanano del tutto - padri il cui coinvolgimento aumenta dopo il divorzio o che coinvolti come prima restano Per i padri essere visti criticamente dalla ex moglie crea un grave stress e rende difficile un coinvolgimento positivo. Tra i molti fattori che influenzano positivamente lo sviluppo del ruolo paterno dopo la separazione ci sono: la flessibilità nell’assumere modalità genitoriali culturalmente considerate dominio della “maternità”, l’avere avuto un buon padre, il ricevere sostegno da parte di uomini nella stessa situazione. Ci sono situazioni estreme: genitori con malattie mentali, violenti, maltrattanti, abusanti. Queste situazioni possono rappresentare ulteriori fattori di rischio per un bambino se la famiglia si disgrega, dal momento che precedenti protezioni da parte dell’altro genitore vengono meno e il bambino è esposto più direttamente. Spesso in questo caso i bambini vengono iperresponsabilizzati dai genitori, in una sorta di inversione di ruoli: bambini che diventano l’uomo o la donna di casa. La risposta del minore alla separazione viene intesa come il risultato dell’interazione dialettica fra molteplici variabili, sia strettamente individuali (età del bambino, fase di sviluppo, ecc.) che relazionali (fase del ciclo della famiglia, relazioni fra i genitori e di questi con i figli, relazioni con la famiglia estesa ed allargata) ed ambientali (cambiamenti di abitazione, di scuola, di città). I dati di letteratura concordano su alcuni fattori chiave familiari e sociali che contribuiscono alla resilienza dei bambini: - I genitori mantengono relazioni non conflittuali con l’ex partner. - I bambini mantengono una buona relazione con entrambi i genitori. - Quando la relazione tra gli ex coniugi è negativa o quando un genitore ha una relazione negativa con il bambino può essere determinante la buona relazione del bambino con uno dei genitori. - Quando un genitore non fa più parte della vita del bambino la sua presenza viene in qualche modo mantenuta attraverso racconti positivi. - Ci sono buoni rapporti con sorelle e fratelli. - La famiglia estesa (nonni, zii) dà sostegno ai genitori e ai bambini e non critiche. - Ci sono relazioni continuative con adulti affidabili in grado di fornire modelli positivi e altre prospettive di vita. - C’è il sostegno sociale di adulti affidabili esterni alla famiglia e di amici coetanei. Il bambino dovrebbe essere protetto sin dalle prime fasi della separazione: -I genitori dovrebbero interrompere le discussioni in presenza dei figli, rimandandole a momenti diversi, anche creando occasioni di incontro fuori casa per parlare. - Quando sfugge un litigio davanti al figlio, questi sarà stato rassicurato e tranquillizzato dicendogli che mamma e papà a volte hanno opinioni diverse, ma troveranno il modo di risolvere la situazione. - I coniugi non devono approfittare della presenza del figlio per provocare o inviare qualche frecciata all’altro, o di un incontro con parenti o amici per dire che le cose tra loro non vanno più bene. - I coniugi parleranno con i figli quando hanno deciso e condiviso la necessità di separarsi e hanno già le idee chiare su cosa dovrebbe accadere dopo: chi resterà a casa, dove andrà a vivere l’altro, dove starà il figlio, come ci si organizzerà per gli accompagnamenti a scuola, per lo sport, ecc. La maggior parte degli studi conferma i bambini che appartengono a famiglie separate o divorziate hanno una probabilità significativamente maggiore di sviluppare problemi di adattamento e un maggior rischio psicopatologico. Comunicazione della separazione. Il momento e la modalità di comunicazione della separazione sono essenziali. Spesso il figlio si accorge che il legame tra i genitori non funziona anche prima dei genitori stessi. Il disagio aumenta progressivamente, i litigi si fanno più frequenti e i figli sentono tutto, anche quando apparentemente sono distratti o assenti. I genitori non immaginano l’effetto disastroso che ha sui propri figli il sentirli litigare, assistere a scenate di aggressività, sentire frasi offensive, essere messi casualmente al corrente di quello che sta succedendo magari quando un genitore ne parla con una terza persona. Il figlio vive la separazione e il divorzio in prima persona anche quando viene tenuto all’oscuro di tutto. In nome del bene del bambino spesso ci sono silenzi o menzogne. Quali sono le questioni che preoccupano i bambini quando vengono a conoscenza della separazione dei genitori e capiscono che le cose non saranno mai più come prima? I bambini avranno molte domande e, in assenza di spiegazioni, svilupperanno le proprie idee su cosa sia accaduto. Queste possono includere il senso di colpa. La maggior parte dei bambini preferirebbe che i genitori rimanessero comunque insieme. La separazione può essere vissuta come una perdita terribile, soprattutto in relazione al genitore che lascia la casa. I bambini cercano di trovare un senso alle visioni divergenti dei genitori, alla motivazione del divorzio e spesso sono riluttanti a porre domande dirette per paura di scoprire qualcosa di spaventoso; a volte sentono di dover essere loro a tenere insieme i genitori prendendosi cura di tutti. La consapevolezza di ciò che sta vivendo deve essere raggiunta dal bambino nei tempi e nei modi più idonei all’età e alla personalità infantile. Parlare procurerà indubbiamente dolore ma è molto peggio se il trauma rimane silenzioso, perché l’omissione e la falsità bloccano la dinamica evolutiva assai più della sofferenza. Il bambino deve essere coinvolto non tanto nei problemi dei genitori, quanto nei propri. Processi di adattamento a breve termine. La separazione interferisce negativamente nel processo di sviluppo psicologico del bambino ad ogni età ed in modi tipici per l’età. L’età risulta correlata al tipo di percezione, comprensione, interpretazione, reazione ed elaborazione degli eventi della vita e dunque anche della disgregazione familiare. E’ necessario dunque adottare una prospettiva evolutiva relativamente all’impatto che la separazione e il divorzio hanno sui figli e alle conseguenze sul loro sviluppo psicologico. L’età prescolare Già nei primi mesi di vita, quando il bambino e la madre sono in un rapporto molto stretto, la diade madre - bambino comprende anche il padre. Già in epoca molto precoce la vitalità del bambino sarà arricchita dalla presenza dei due genitori in relazione fra loro e con lui e passerà il messaggio che è importante stare insieme. Nel primo anno di vita si osserveranno maggiormente disturbi somatici, del sonno e dell’alimentazione. Nel secondo e terzo anno di vita si osservano maggiormente comportamenti regressivi, con perdita di acquisizione di autonomia, come ad es. il ritorno all’uso del pannolino, regressioni nel gioco, eccessivo ricorso ad oggetti transizionali, ansia di separazione, paure immotivate, riduzione dell’attività ludica e minore investimento nelle relazioni. Per un bambino di tre anni il termine separazione o divorzio non significa molto ma sapere che il papà non vivrà più a casa sì e vorrà saperne la causa. Il bambino può pensare che sia colpa sua. Bisogna dare una spiegazione che liberi il bambino dal sentimento di essere responsabile per questa decisione o di avere il potere di fare cambiare idea ai genitori. In questo stadio dello sviluppo i bambini cercano spiegazioni tipo causa- effetto, hanno bisogno di spiegazioni concrete, semplici e chiare, per esempio devono sapere per quanto tempo saranno lontani i genitori, quando si riuniranno, e cosa sarà diverso da prima (luogo, casa, amici, ecc.) I bambini possono iniziare a capire la distinzione tra l’impossibilità dei genitori di vivere insieme e la continuità della relazione genitorebambino. I bambini si sentono già legati dalla lealtà verso ciascun genitore e stanno attenti a non dare loro ulteriori turbamenti. Il fatto che un genitore sia andato via può generare la paura che anche l’altro possa farlo: di qui ansia di separazione, risvegli notturni, incubi, enuresi, difficoltà a dormire da solo. Seconda infanzia (3-6 anni) Nell’età compresa fra i tre e i cinque anni il bambino è impegnato affettivamente e intellettualmente in un acuto conflitto familiare: la vicenda edipica alla fine della quale i figli si identificano con il genitore “rivale” e ne assumono la posizione per quanto concerne la relazione con l’altro sesso. Preoccupa quindi una prematura scissione della coppia primaria costituita dal padre e dalla madre uniti. Quando questo evento accade prima che il bambino sia uscito dalla fase edipica, cioè prima dei 5 anni, vi è il rischio che vengano meno le figure di riferimento sulle quali si costruisce l’identità di maschio o femmina. Il figlio può essere inconsapevolmente indotto ad occupare il posto del coniuge assente. Nella seconda infanzia si osserveranno maggiormente problemi di umore e d’ansia (riduzione della creatività nel gioco, diminuzione dell’autostima, riduzione della curiosità per le novità, sensi di colpa, immagine negativa di sé, autosvalutazione) o problemi di comportamento (aggressività) o di adattamento sociale (ritiro sociale). La depressione dell’umore avviene anche perché in questa età i bambini si giudicano con severità considerandosi responsabili della separazione dei genitori e sono convinti di dover essere puniti Sia nella prima che nella seconda infanzia si riscontra un aumentato rischio di attaccamento insicuro mediato da una funzione genitoriale spesso meno efficace. Età scolare (periodo di latenza) Si sviluppa ulteriormente il livello di comprensione e curiosità dei bambini, il loro senso di giustizia e moralità. La continuità e stabilità dell’ambiente quotidiano di vita, funzionando da contenitore degli affetti, dà forza al cambiamento La sicurezza delle relazioni a casa avrà un effetto diretto sulla capacità dei bambini di dare un senso al mondo circostante e di esplorare e sperimentare nuove situazioni e nuove relazioni Attraverso la costruzione di rapporti amicali privilegiati (il migliore amico, la migliore amica) il bambino inizia a proiettarsi nel sociale Il bambino deve tenere in mente due mondi, quello di casa e quello di scuola, deve integrare diverse abitudini, regole, è esposto a molti stimoli, arricchenti ma che necessitano anche di tollerare, riconoscere, accettare delle differenze. Gli insegnanti normalmente verranno visti come adulti positivi da cui si può apprendere e i pari verranno visti con fiducia. Gli insegnanti sono “in loco parentis” e la relazione tra famiglia e scuola, per quanto cooperativa, includerà anche, forse a livello meno consapevole, elementi di competizione su chi sa di più o chi è migliore. Al contrario, un bambino il cui mondo è stato caratterizzato dalla trascuratezza, dal criticismo e dalla svalutazione, avrà molta difficoltà ad avere fiducia nei confronti degli adulti e dei pari e si avvicinerà agli altri con prudenza, ansia o persino aggressività per prevenire qualsiasi attacco contro se stessi. La scuola, con i suoi ritmi e le sue regole, è potenzialmente un luogo capace di offrire sicurezza, ma richiede anche un sempre maggiore livello di autonomia, impegno e responsabilità. Principali reazioni del bambino alla separazione : Tristezza e dolore. A differenza dei più piccoli, che negano la realtà ricorrendo a fantasie, i bambini in questa fase sono consapevoli della loro sofferenza e più difficilmente trovano sollievo da essa. Alcuni la esprimono verbalmente ma i più oppongono un tenace rifiuto verbale. Collera. La rabbia può essere diretta verso il padre, la madre o entrambi o altri. Sintomi somatici. Possono essere vari:cefalea, tic, ecc. Ansia, fobie, conflitti di lealtà. Difficoltà scolastiche. L’atmosfera tesa a casa avrà come effetto la difficoltà di concentrazione a scuola e talvolta la difficoltà di apprendere, e d’altra parte gli eventi che si verificano a scuola potranno avere un impatto sul comportamento a casa, ad es. comportamenti regressivi. Talvolta vi è un rifiuto di andare a scuola, associato talvolta alla paura che il genitore possa andare via. Un modalità difensiva per il bambino può essere quella di tenere i due mondi, casa e scuola, molto separati. Le performance scolastiche saranno più scarse (associate ad un calo della concentrazione e ad un maggiore assenteismo) o al contrario ci sarà un iperinvestimento scolastico. Preadolescenza e adolescenza Con il crescere dell’età dei figli, la relazione con i genitori cambia e aumenta l’importanza del gruppo dei pari. I ragazzi vivono la difficile fase della separazione- individuazione adolescenziale dal nucleo familiare, che pone le basi della costruzione della propria identità e formazione della personalità, hanno le prime relazioni sentimentali con l’altro sesso. Nella preadolescenza si osservano effetti quali ansia sociale, maggior senso di vergogna e timidezza ed esiti peggiori nel rendimento scolastico rispetto ai coetanei. Possono presentarsi anche reazioni compensatorie come iperfagia e rituali ossessivi, ma anche disturbi di natura psicosomatica (cefalee persistenti, gastriti, asma bronchiale) e di tipo dismorfofobico. Nell’ adolescenza assumono più rilevanza le differenze di genere, con una prevalenza di sintomi internalizzanti (ansia, depressione e bassa autostima, sensi di colpa) nelle femmine e sintomi esternalizzanti (acting out e comportamenti oppositivi ed antisociali, quali piccoli furti, fughe da casa, uso di sostanze, abbandono scolastico, ecc.) nei maschi. I cambiamenti causati nella relazione genitore- figlio possono aumentare il senso di responsabilità favorendo la maturazione psicologica ed emotiva dell’adolescente, o sortire in una specie di diminuzione della distanza cronologica tra ragazzo e genitore, arrestandolo sulla via che dovrebbe produrre individuazione ed autonomia dalla famiglia d’origine. Effetti a lungo termine L’adattamento dei “bambini divorziati”nella transizione all’età giovane- adulta. Nell’esplorazione delle percezioni legate al divorzio e nella definizione del grado di adattamento a lungo termine in giovani adulti, va considerato in maniera integrata, nel tentativo di cogliere la realtà nella sua complessità, il ruolo che giocano fattori di protezione e fattori di rischio. Le conseguenze più significative della rottura coniugale in età adulta sono nella sfera relazionale/affettiva e sono legate a legame debole con il proprio padre, alto disaccordo di coppia, interruzione delle relazioni con i genitori. La trasmissione intergenerazionale del divorzio Numerosi studi, condotti sia in Italia che in Europa, hanno mostrato, come possibile fattore di rischio coniugale, la propensione, nei figli di divorziati, a sposarsi con altri figli di divorziati o a scegliere la convivenza prematrimoniale. Sembra esserci una prevalenza degli effetti di trasmissione intergenerazionale del divorzio sulle femmine, le quali più spesso mostrano scarsa tolleranza in periodi di scarsa qualità del rapporto di coppia e, in termini di decision making process, più spesso prendono l’iniziativa della rottura coniugale. La maggior parte di giovani adulti provenienti da famiglie separate evidenzia “modalità rischiose o decisamente disfunzionali della dimensione della cura” che fanno ipotizzare l’influenza della separazione e divorzio su questa specifica dimensione genitoriale. Sono stati individuati tre profili riguardo all’elaborazione della separazione in età giovane adulta. Profilo Vulnerability Si tratta di giovani adulti che riconducono alla rottura coniugale l’origine primaria delle loro difficoltà emotive e che hanno una visione relativamente pessimistica del mondo. Manifestano un atteggiamento estremamente critico nei confronti del divorzio e dei genitori, riferiscono un forte senso di perdita rispetto alla relazione con i genitori, rappresentati come mancanti di responsabilità. Vivono il sentimento di non appartenenza ad alcuna famiglia e non si sanno posizionare, da un punto di vista relazionale, nei confronti delle due figure genitoriali. Sembrano coinvolgersi maggiormente in relazioni disfunzionali. Molti hanno maturato visioni pessimistiche del matrimonio e del divorzio e l’aspettativa che le relazioni intime non siano destinate a durare. Il profilo “Survival”, include i soggetti che si mostrano ambivalenti rispetto alle implicazioni del divorzio sulla loro vita. Tendono a sentirsi emotivamente distanti dai loro padri, non si sono formati una rappresentazione chiara delle figure genitoriali come coppia e si mostrano restii e a volte distanti nei confronti delle relazioni sentimentali. Non nascondono ricordi dolorosi connessi al divorzio e considerano la relazione con il genitore affidatario come fonte di supporto non sufficiente, mentre si riferiscono a figure esterne (ad es. i nonni) quale riferimento supportivo più adeguato. Nel profilo “Resilience” rientrano i giovani adulti che interpretano il divorzio dei genitori come una sorta di esperienza di empowerment, una fonte di crescita e arricchimento personale, nonostante il riconoscimento del dolore rispetto all’evento; considerano la relazione con il genitore affidatario (in genere la madre) come quella più significativa e supportava della loro vita, preservando comunque, nella maggior parte dei casi, contatti regolari e positivi con l’altra figura. Essendo capaci di integrazione hanno la capacità di vivere le famiglie di entrambi i genitori come ambito familiare per sé. Possono tuttavia manifestare un certo grado di malessere soggettivo dovuto a vissuti irrisolti di delusione e rabbia e a memorie dolorose legate alla separazione. Il conflitto parentale e la sindrome di alienazione genitoriale (PAS) Ancora oggi si ripetono storie di separazioni difficili e talvolta tragiche, storie in cui i sentimenti personali pervadono lo spazio e le responsabilità genitoriali. Si mettono in atto vendette personali, azioni di controllo sulla nuova vita dell’altro, rivendicazioni, rivalse, giocate attraverso i figli, lotte feroci combattute (nei tribunali ma non solo) in nome loro, ma nelle quali solo loro, i figli, restano sul terreno di battaglia come vere vittime. I figli sono il più delle volte costretti, loro malgrado, a proteggere la sopravvivenza del loro legame con almeno uno di essi nell’unico modo che gli viene reso possibile: schierarsi con uno contro l’altro. Si tratta di situazioni nelle quali uno dei genitori crea degli ostacoli nella relazione tra i propri figli e l’altro genitore e ciò comporta la Sindrome di alienazione genitoriale (Parental Alienatio Syndrome, PAS, Gardner, 1985), un fenomeno complesso, , una forma di mobbing genitoriale che si traduce in un abuso emotivo nei confronti del minore, una forma di maltrattamento infantile quasi sconosciuta sino ad ora, ma che purtroppo è molto diffusa. Il minore rimane invischiato in una triangolazione disfunzionale le cui caratteristiche principali sono un’alleanza patologica con il genitore alienante associata ad un rifiuto e ad un’ostilità persistenti, a una assenza di senso di colpa nei confronti dell’altro genitore, quello alienato. “La PAS è un disturbo che insorge essenzialmente nel contesto di controversie per l’affidamento dei figli. La sua principale manifestazione è la campagna di denigrazione da parte del bambino nei confronti di un genitore, una campagna che non ha giustificazione. Essa deriva dall’associarsi dell’indottrinamento da parte di uno dei genitori (una sorta di lavaggio del cervello) al figlio e il contributo personale del figlio alla denigrazione del genitore che costituisce l’obiettivo di questa denigrazione” (Gardner, 1998). La PAS è stata anche definita una patologia iurigena perché spesso è alimentata dalle controversie legali riguardanti l’affidamento dei figli. Quando la PAS entra in contatto con il sistema legale, diventa una Sindrome Giuridica Familiare, in cui avvocati, giudici, periti e altri professionisti coinvolti, assumono una responsabilità sulla sua continuità. La guerra può diventare sottile: si combatte per screditare, agli occhi del bambino, l’altro coniuge, a cui si attribuiscono tutte le colpe. I bambini vengono invitati, più o meno palesemente, a scegliere l’affetto di uno solo. Il bambino si allea con un genitore e si trova a considerare uno dei genitori “tutto positivo” e l’altro “tutto negativo”, uno “buono” e l’altro “cattivo”. Un genitore viene amato e idealizzato, l’altro diffamato e odiato. I minori più a rischio di sviluppare la PAS sono quelli che manifestano preesistenti problemi di adattamento (ad es. ansia di separazione, scarsa autostima, ecc.) che li rendono meno resilienti nei confronti del processo alienante. Data l’importanza del fenomeno, alcuni studiosi sono favorevoli all’introduzione della PAS nel DSMV in qualità di “disturbo relazionale dell’infanzia e dell’adolescenza”. I comportamenti e le strategie che il genitore alienante mette in gioco sono spesso sottili. Alcuni tra i più frequenti: 1) Rifiutare di passare la chiamata telefonica ai figli. 2) Organizzare varie attività con i figli durante il periodo in cui l’altro genitore deve normalmente esercitare il suo diritto di visita. 3) Presentare il nuovo compagno ai figli come “nuova madre” o “nuovo padre”. 4) Ricevere la posta o i pacchetti indirizzati invece ai figli. 5) Svalutare ed insultare l’altro genitore davanti ai figli. 6) Rifiutarsi di informare l’altro genitore di attività nelle quali siano coinvolti i figli (partite sportive, recite teatrali, attività scolastiche, ecc.). 7) Parlare in modo sgradevole del nuovo compagno dell’altro genitore. 8) Impedire all’altro genitore di esercitare il suo diritto di visita. 9) “Dimenticarsi” di avvisare l’altro genitore di appuntamenti importanti (dentista, medico, psicologo, ecc.). 10) Coinvolgere le persone vicine (la propria madre, il nuovo coniuge, …) nel lavaggio del cervello dei figli. 11) Prendere decisioni importanti a proposito dei figli senza consultare l’altro genitore (scelte religiose, scelta della scuola). 12) Cambiare ( o provare a cambiare) il suo cognome o il suo nome. 13) Impedire all’altro genitore l’accesso ai risultati scolari o medici dei figli. 14) Andare in vacanza senza i figli e lasciarli con un’altra persona, anche se l’altro genitore è disponibile e disposto ad occuparsene. 15) Dire ai figli che i vestiti o le cose che l’altro genitore ha comprato loro sono brutte, proibendo loro di indossarle ed usarle. 16) Minacciare di castigo i figli se si azzardano a chiamare, scrivere o contattare la’ltro genitore qualsiasi sia la maniera. 17) Rimproverare l’altro genitore per un cattivo comportamento dei figli. Come aiutare i bambini e i genitori nel processo di separazione e divorzio? I bambini non devono essere lasciati soli. Accanto al sistema delle RISORSE COMUNITARIE (famiglia estesa, rete sociale, parrocchie, comunità, associazioni, gruppi, ludoteche, ecc.), dobbiamo prendere in considerazione vari sistemi: SISTEMA SALUTE (medico generico, medico scolastico, pediatra, consulente familiare, neuropsichiatra infantile, psicologo, psicoterapeuti, mediatori familiari), SISTEMA EDUCATIVO (insegnanti, psicopedagogisti, assistenti sociali), SISTEMA LEGALE (avvocati, giudice, assistenti sociali). SISTEMA SALUTE Cura primaria: medico generico, medico scolastico. Di fronte alla separazione e al divorzio, i medici generici del sistema di cura primaria devono porre attenzione a: le modalità familiari di gestione del cambiamento; i sistemi di sostegno disponibili per le famiglie; le modalità mediante le quali i membri della famiglia possono manifestare il proprio dolore attraverso il corpo; i comportamenti problematici manifestati dai bambini sia a casa che a scuola; incidenza di malattie in famiglia; i cambiamenti nella struttura familiare come nuovi partner e/o nuovi fratelli; i cambiamenti che influenzano i bambini, soprattutto le visite con il genitore non convivente, o i cambiamenti nell’organizzazione di vita. Servizi specialistici: Consulenti familiari, Neuropsichiatri Infantili, psicologi, pediatri, psicoterapeuti, psichiatri, mediatori familiari. Presso i Servizi di Salute Mentale i bambini possono essere visti da uno o più membri del team multidisciplinare. Ciascuna di queste figure professionali della salute mentale può venire coinvolta nella valutazione e nell’intervento terapeutico, e può vedere i bambini da soli o con le loro famiglie. Può anche essere loro richiesto di preparare delle perizie tecniche, o fornire una consulenza la tribunale in relazione ai bisogni del bambino, alle visite dei genitori, alla capacità genitoriale. Per tutti riteniamo validi alcuni principi guida: Fornire un setting che costituisca una base sicura da cui esplorare diverse modalità di relazione nel nuovo contesto familiare. Per poter dare ascolto alle diverse “voci”, soprattutto a quella dei bambini, è utile associare colloqui individuali e familiari. Permettere a ciascun genitore di fornire la propria versione della “storia”, tenendo però fermamente il focus sull’obiettivo di giungere alla collaborazione genitoriale. Fornire un’opportunità ai bambini di esprimere il loro punto di vista e i loro sentimenti, aiutarli a comunicare ai genitori le loro angosce e speranze. Discutere delle modalità di visita con entrambi i genitori e mantenere il focus sulla gestione del conflitto piuttosto che ricercarne i motivi e le ragioni. Spazio per i bambini E’ importante per tutti i bambini poter trovare uno spazio tranquillo per parlare, comunicare, essere ascoltati, ascoltare. I bambini hanno molto da dire e hanno bisogno dello spazio e dell’occasione giusta. Quando i bambini sono visti separatamente dai genitori, si dà loro l’opportunità di esprimere i propri pensieri e i propri sentimenti e di darvi un senso, di operare delle connessioni tra gli eventi e i vissuti così da poter gradualmente sviluppare una storia più coerente. Devono essere create le condizioni perché un bambino si senta sicuro alla presenza dell’adulto professionista e possa sentirsi libero di parlare dei propri pensieri e sentimenti, degli aspetti che lo preoccupano nella sua vita. I bambini hanno bisogno di capire che le informazioni ottenute nel colloquio saranno usate con i genitori per migliorare la loro vita. La maggior parte dei bambini si sente sollevata all’idea che un adulto responsabile li aiuterà a dar voce alle proprie paure, o a farlo per loro finché non si sentano pronti a farlo da sé. Con alcuni bambini si possono fare domande dirette, ma spesso è utile far ricorso a mezzi indiretti per dar voce ai pensieri, ai sentimenti (rabbia, delusione, tristezza, ecc.), ai vissuti dei bambini: disegni, giochi (bambole, animali, marionette, casette), favole (lette, inventate). I disegni possono essere utilizzati per facilitare la comunicazione con i bambini, per tradurre alla famiglia i loro pensieri e i loro sentimenti. Le preoccupazioni dei bambini spesso vengono svelate attraverso la rappresentazione grafica quando essi trovano difficile esprimerle a parole. Bambole e animali possono essere utilizzati per aiutare i bambini a rappresentare le situazioni che possono rivelare preoccupazione. L’espressione di aggressività, la mancanza di cura, le interazioni negative espresse attraverso il gioco con questi oggetti forniranno indizi su ciò che sta accadendo nelle menti dei bambini. Raccontare le favole I bambini a volte trovano più facile parlare in modo “oneremove”: lo spostamento e trasferimento dei propri stati mentali su oggetti esterni a sé, cui vengono fatti agire e/o provare i loro stessi pensieri e affetti. Vi sono poi tecniche proiettive specifiche usate in genere dagli psicologi (CAT, ecc.). Un aspetto importante del lavoro con i bambini è prestare attenzione e dare senso all’impatto delle loro comunicazioni su di noi (transfert e controtransfert). Irritazione, ricerca di attenzione, provocazione, comportamenti aggressivi possono essere molto stressanti da gestire e tollerare. Aiutare i genitori per aiutare i bambini. Ci sono idee da trasmettere ai genitori, che le diverse figure professionali possono scegliere di utilizzare in modi diversi. E’ utile lavorare con i singoli membri della famiglia così come con diverse combinazioni di relazioni familiari. Lo scopo centrale è quello di aiutare i genitori ad imparare a relazionarsi secondo modalità che prendano in positiva considerazione il punto di vista dei bambini. I genitori devono ricordare che i figli hanno sempre una domanda implicita: si chiedono se sono frutto dell’amore o del non amore dei genitori. Il bambino può immaginare che, siccome i suoi genitori non si amano più fra loro, allora non amano più in lui l’altro genitore, in un certo senso la metà della loro vita. E’ importante che i genitori facciano capire ai figli di non rimpiangere il fatto di averli messi al mondo. -I figli devono essere rassicurati che i genitori manterranno il loro status di genitori anche se non manterranno quello di coniugi. -Bisogna far capire ai bambini che la separazione non è avvenuta per colpa loro. I figli a tutte le età credono di essere responsabili dei litigi dei genitori e la separazione può confermare queste paure. - Non vanno create, nel tentativo di proteggere i figli dal dolore, false aspettative che la famiglia si possa riunire. E’ meglio che i bambini abbiano una sincera e realistica visione della situazione. - Quando si è arrabbiati con i propri figli non bisogna mai dire loro che sono come il genitore che se ne è andato. E’ facile usare parole come “sei proprio come tuo padre” se il b. sta facendo qualcosa che vi ricorda l’ex partner. Per quanto riguarda la relazione con l’altro genitore bisogna porre particolare attenzione a non usare i bambini come messaggeri o tramite e ancor peggio per spiarlo e avere notizie su eventuali nuove relazioni. Non bisogna parlare male dell’ex coniuge di fronte ai bambini. Bisogna cercare di non competere con l’altro genitore magari con regali o promesse di privilegi per rendersi più attraenti. Molta prudenza e cautela è anche necessaria quando si costituiranno nuove relazioni. Ci vuole molta sensibilità per fare accogliere ai figli nella loro vita fratelli acquisiti. SISTEMA EDUCATIVO La scuola: una base sicura. La scuola diventa un luogo molto importante quando le altre cose a casa stanno cambiando. E’ necessario far sapere agli insegnanti cosa sta accadendo così che possano sintonizzarsi con l’umore e i comportamenti o le eventuali difficoltà di apprendimento del bambino. Nel caso di cambiamento di domicilio è necessario cercare di far continuare al bambino la stessa scuola. così che non perda gli amici o, se questo non è possibile, allora chiedere ai bambini con quali amici desiderino rimanere in contatto e come vederli. Tenere presente che i bambini desiderano che entrambi i genitori partecipino agli eventi scolastici, possibilmente insieme. La relazione tra le famiglie e la scuola si estende per un periodo considerevole del ciclo di vita di una famiglia. Si può riporre molta responsabilità negli insegnanti quando la famiglia è in uno stato di crisi, sebbene essi non vi siano preparati. La scuola viene a conoscenza delle transizioni familiari per lo più attraverso i bambini. Il divorzio, quale transizione familiare, è un evento che porta con sé una complessa rete di emozioni che non sempre rende facile al bambino comunicare , condividere, apprendere. La vita che i bambini hanno a scuola ha i propri piaceri e doveri, ed implica che le strutture familiari siano in grado di sostenere il lavoro scolastico del figlio. Gli anni prescolari La relazione tra genitori ed insegnanti ha anch’essa un proprio ciclo di vita. Nel Nido e nella scuola Materna i genitori saranno molto coinvolti con i bambini . I confini tra casa e scuola sono molto più permeabili. L’insegnate d’asilo viene vista dai genitori principalmente come una figura affettiva, un sostituto materno che aiuterà il bambino a socializzare, ad abituarsi agli altri bambini e a sviluppare determinate abilità. Dalla prospettiva dei bambini, l’asilo fornirà un mondo di scoperte ed eccitazione che verrà avvicinato con un misto di interesse e preoccupazione, un mondo a cui il bambino si adeguerà più o meno positivamente in base alla sua precedente esperienza di attaccamento sicuro o insicuro. Età prescolare e rottura genitoriale. A livello prescolare la relazione tra genitori ed insegnanti è abbastanza stretta e dovrebbe essere possibile per l’insegnante offrire sostegno sia al genitore che al bambino, senza per questo diventare un consulente o un assistente sociale. L’insegnante d’asilo può essere di notevole aiuto al bambino nel contesto della classe, mantenendo con il bambino una comunicazione aperta. E’ importante che i maestri d’asilo si assicurino che i genitori li informino di qualsiasi cambiamento nella routine dei bambini. Similmente è utile per i genitori sapere qualsiasi cambiamento di comportamento del bambino a scuola.L’insegnante deve riconoscere i cambiamenti nella vita del bambino e normalizzarli (ad es. cambiamento del genitore che accompagna il bambino all’asilo) e deve assicurarsi che entrambi i genitori siano informati di qualsiasi evento scolastico; se necessario, gli insegnanti non devono esitare a chiedere ai genitori di venire, insieme o separatamente, a parlare del figlio e devono essere molto chiari su quello che possono e non possono fare nel loro specifico ruolo. Gli anni della Scuola elementare. A volte i bambini si dimenticano materiali e quaderni e si scusano per il fatto di essere magari stati a dormire in casa di uno dei due genitori. Dal punto di vista dei bambini la rottura avviene quasi sempre in modo improvviso. Il mondo della casa e della scuola sono tenuti insieme nella mente del bambino e ciò che accade in un contesto ha un impatto costante sull’altro. Spesso gli insegnanti sono investiti dalla società della responsabilità di migliorare da soli quello che è il risultato di complesse influenze sul bambino. Tanti sono i fattori che influenzano la capacità di apprendimento di un bambino. Ad es. in un bambino la difficoltà di lettura, difficoltà nella sequenzialità di anticipare quello che segue in un testo, può essere legata, una volta escluse altre difficoltà più specifiche, ad una organizzazione familiare in cui il bambino non può anticipare quello che gli accadrà, per l’imprevedibilità degli eventi di vita. Nella letteratura si riconosce che la separazione e il divorzio possono avere degli effetti sull’apprendimento e sull’adattamento scolastico. Passaggio alla Scuola Media Fra i tanti cambiamenti che influenzano i bambini quando passano alla Scuola media vi sarà l’esperienza di doversi relazionare a molti più adulti durante l’orario scolastico. Ricordare orari, relazionarsi a nuovi coetanei o adulti, affrontare la pressione delle lezioni in diverse materie così come le aspettative dei diversi insegnanti sui compiti e sul tipo di comportamento, è un compito arduo.Tra gli 11 e i 16 anni i bambini sviluppano delle relazioni significative con i loro pari e sono impegnati nel compito di formarsi un senso di identità separato dalla propria famiglia di origine, sebbene mantengano dei forti legami con i genitori.Quando si verifica un’importante transizione come il divorzio dei genitori, ciò rappresenta una rottura significativa nella vita del giovane che gli rende difficile concentrarsi a scuola. I bambini possono compiere gesti per richiamare l’attenzione, possono cercare di identificarsi fortemente con la cultura dei pari per prendere le distanze dal conflitto genitoriale. Al contrario possono dedicarsi soprattutto a prendersi cura del genitore, a spese del proprio sviluppo emotivo e sociale. La scuola ha bisogno di: - sviluppare adeguate politiche scolastiche sulle transizioni della famiglia; per quanto possibile assicurarsi che entrambi i genitori abbiano accesso agli incontri scolastici e all’informazione concernente i progressi dei figli; -sviluppare un sistema educativo che permetta ai bambini di sviluppare una relazione di fiducia con un membro specifico dello staff; -istruire internamente dei sistemi di sostegno allo staff per condividere angosce e preoccupazioni nei confronti degli alunni; - sviluppare relazioni con i servizi specialistici per essere in grado di inviare gli alunni e di richiedere sostegno per lo staff quando necessario. GRAZIE PER L’ATTENZIONE