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“ “ Cosa resta di quella generazione

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“ “ Cosa resta di quella generazione
VENERDÌ 2 GIUGNO 2006
LA REPUBBLICA 41
DIARIO
DI
DI
CINQUANT’ANNI FA USCIVA “THE HOWL” DI ALLEN GINSBERG
Il poema “Urlo”
fu come una
bomba lanciata
in un’America
sonnolenta
r. Ginsberg, come si
diventa profeti?»,
gli avevano chiesto
ad una conferenza letteraria,
che aveva per tema la profezia.
«Raccontando i propri segreti»,
rispose lui. La profezia ha spesso
a che fare con l’apocalisse, un legame stretto, anche etimologico: la radice del termine che viene dal greco è “svelare”, “rivelare”. Allen Ginsberg e i suoi amici
avevano fatto irruzione in scena
raccontando pubblicamente,
anzi urlando sguaiatamente i
propri segreti più indicibili, i loro, quelli della loro generazione
e quelli della loro America. «Ho
visto le menti migliori della mia
generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa…»,
è il modo in cui inizia The Howl,
l’urlo, il primo e il più famoso dei
suoi poemi.
Fu pubblicato il 16 maggio
1956, a San Francisco, in venti
copie ciclostilate, distribuite
agli amici. Era stato recitato, anzi urlato per la prima volta da un
Ginsberg giovanissimo, ancora
senza barba e non in divisa da
guru, ad una lettura di poesia in
un garage, l’ottobre dell’anno
prima. Poi, nell’autunno del
1956 Lawrence Ferlinghetti
stampò la prima edizione (mille
copie) nella collana della sua libreria, City Lights Pocket Poet
Series. Da allora ha venduto milioni di copie, è diventato un
classico della letteratura mondiale, non solo americana.
Confessava nel modo più crudo i segreti di giovani in guerra
con sé stessi, che si bruciano corpo, anima e cervello, lo vomitano tra atroci convulsioni, nei
luoghi più sordidi, si faceva
esplodere volontariamente nella spazzatura. Confessava, profetizzava, anzi – diciamola tutta
- celebrava i martiri suicidi della
sua generazione. Trent’anni dopo, Ginsberg stesso si sarebbe
detto sorpreso di aver innescato
con la pubblicazione di Howl
«una bomba emotiva ad orologeria che avrebbe continuato ad
esplodere nella coscienza americana, nel caso il nostro complesso militare-industriale-nazionalista si consolidasse in una
burocrazia poliziesca». Insomma, una bomba preventiva. A rileggerlo cinquant’anni dopo,
sorprende quanto la bomba
continui a ticchettare. E in molti
modi. Nelle sue “visioni” del suo
presente di allora – «Ho visto…
che…» è la formula, tipica dei
profeti, che scandisce l’intera
prima parte. In quelle del futuro,
il presente di generazioni successive. E anche in altri modi
sorprendenti. Coloro che «mostravano il cervello al cielo sotto
la El» (che è la sopraelevata, ma
anche il nome di Dio nell’Antico
testamento), coloro che «vedevano angeli maomettani illuminati barcollanti su tetti di casermette», o gli «arsi vivi nei loro innocenti vestiti di flanella… tra
esplosioni di versi di piombo…»,
sono versi che dopo l’11 settembre evocano qualcosa di diverso
di quanto potevano evocare ai
lettori di cinquant’anni fa.
L’avevano chiamata “beat generation”, la generazione abbattuta, pestata, massacrata
dalla vita. Jack Kerouac aveva
preso il termine da un tossico, ladruncolo e prostituto di Times
Quei versi duri e
considerati osceni
sono alla base
di numerose
culture giovanili
BEAT
Allen Ginsberg
Cosarestadiquellagenerazione
SIEGMUND GINZBERG
Square a New York, che intendeva la condizione di chi è stritolato, sopraffatto dall’esistenza,
aggiungendovi il termine “generazione”, nel senso della “generazione perduta” di cui aveva
parlato Gertrude Stein negli anni dopo la prima guerra mondiale. Strada facendo assunse altri
significati, lo stesso Ginsberg lo
forzò in generazione “beata”. Il
termine generazione è improprio. «Non bastano tre o quattro
individui a fare una generazione», avrebbe osservato un altro
dei suoi profeti, Gregory Corso.
Questi - Ginsberg, studente
espulso dalla Columbia University, l’ex marinaio Kerouac, l’ex
studente di medicina William
Burroughs, l’ex carcerato Corso
- si erano ritrovati agli inizi degli
anni ’50. Se si sono distrutti,
mangiati il cervello, l’hanno fatto molto lentamente, la maggioranza è deceduta non molti anni
fa, anche se quasi tutti segnati
dalla cirrosi epatica e dalle droghe; della “generazione beat”
originaria resta solo il vecchio
Lawrence Ferlinghetti, il libraio
di San Francisco. Come “profezia”, quella dell’urlo calza meglio ad una generazione succes-
ALLEN GINSBERG
RIMASE da solo a rappresentare
tutta la Beat Generation e la Renaissance di San Francisco. Io
avevo Peter, e Peter aveva me, e Gregory e io eravamo là
insieme e anche Burroughs, eravamo tutti insieme, con
Alan Ansen, ed eravamo una squadra come Superman e
l’Uomo Ragno, e quello che non poteva fare uno lo faceva
l’altro. Perché Burroughs aveva Harvard e io avevo la Columbia e Peter aveva l’esercito e il manicomio e Gregory le
prigioni - per cui coprivamo un sacco di territorio. Jack invece beveva, e credo che durante la nostra assenza (in
Francia) fossero iniziati un sacco di reading di poesia a New
York, e LeRoi Jones lo conobbe, e c’erano anche Ray
Bremser e Jack Micheline, e Howard Hart e Philip Lamantia, ma alcuni non erano grandi poeti, alcuni erano molto inferiori a Jack, ma Jack si adattò per amore della poesia, diciamo così - c’è una famosa foto che lo ritrae mentre sale a
braccia spalancate, come un Cristo, su una scala in un
loft del Village. Ma beveva. I musicisti jazz lo apprezzavano, ma il Village Voice lo aveva criticato, e così Jack
lo considerò un disastro e cominciò a bere troppo.
“
BEAT.
“
Repubblica Nazionale 41 02/06/2006
«M
siva, quella del ’68, davvero
un’intera “generazione”, che
bruciò intensamente, davvero
in massa, le proprie menti e le
proprie speranze nel giro di poche primavere. Il fascino delle
profezie apocalittiche è che trascendono un’epoca specifica.
Ogni generazione ha avuto i suoi
beat. Mi viene in mente il titolo
di un libro di Joseph Berger,
Naufragio di una generazione:
racconta i decenni passati nel
gulag staliniano, la catastrofe di
un’intera generazione, le migliori menti d’Europa, che credettero nella rivoluzione e nel
comunismo e finirono la maggioranza, quasi tutti, vittime di
Stalin, gli altri carnefici. A differenza di questi, la generazione di
Ginsberg e quella del ’68, avevano in comune il fatto di protestare non in tempi tragici, bensì nel
bel mezzo di due tra i boom più
promettenti della storia umana.
C’è poco gusto a profetizzare
apocalissi quando le cose vanno
già a catafascio, le vere profezie
sono quelle che turbano i tempi
di vacche grasse.
Nella seconda parte dell’Urlo,
la profezia, da confessione di segreti sembra trasformarsi in de-
nuncia. «Quale Sfinge di cemento e alluminio gli ha sfracellato il
cranio e gli ha divorato il cervello e l’immaginazione?». La risposta è «Moloch!... Solitudine!
Lerciume! Schifezza! Spazzatura e dollari inafferrabili! … Moloch, il cui nome è la Mente… la cui
mente è puro macchinario!… le
cui ciminiere e antenne incoronano le città!....il cui amore è petrolio e pietra senza fine!... la cui
anima è elettricità e banche!».
Terribilmente datato, esagerato, sessantottesco, fondamentalista no global? Privo di proposte, reazionario e qualunquista
col cuore a sinistra, lui ebreo, figlio di un comunista e di una
pazza, come lo era, con il cuore
apparentemente a destra, il suo
amico Kerouac, figlio di operai
cattolici, che non andò mai a votare in vita sua, aveva simpatizzato per il maccartismo, ce l’aveva con comunisti, hippy ed ebrei
responsabili del declino dell’America? Fu anche colpa loro se
poi vinse il superottimismo di
Ronald Reagan? Può anche darsi. Ma il mestiere dei profeti non
è dare ricette o suscitare simpatia. E nemmeno imbroccare le
loro profezie. È suonare la sirena, scuotere dal sonno compiacente. Il problema di un altro
“urlo” famoso, quello dipinto da
Edward Munch, non è che l’autore era matto, è che nessuno
stette ad ascoltarlo. I nuovi profeti di catastrofe lo fanno in genere con meno efficacia.
Curiosamente, erano state le
“confessioni” più che le profezie
politiche ad arruffare le penne
dell’America degli anni ’50. Il
verso su coloro «che si lasciavano inculare da motociclisti santi, strillavano di gioia» e gli altri
riferimenti sessuali dettero più
fastidio di quelli al Moloch (che
in fin dei conti sarebbe stato un
presidente repubblicano come
Eisenhower a chiamare in altro
modo: “complesso militare industriale”). C’è chi ha acutamente osservato che la forza del
poema, la sua carica sovversiva,
era – e resta – nell’essere, deliberatamente, «radicalmente offensivo». Gli fu intentato un processo per oscenità. La difesa sostenne che erano colti riferimenti biblici, che il «Santo! Santo! Santo!»... santi «la lingua e il
cazzo e la mano e il buco del culo», «santo l’angelo del Moloch»
della Nota conclusiva all’ Urlo
non sono una parodia del benedicite ma un modo di dire: «Tutto quello che è umano è santo».
Un giudice di San Francisco –
che di domenica faceva corsi
sulla Bibbia – lo assolse. Ora lo si
studia nelle università. Anche se
è tuttora tabù leggerlo alla radio
o in tv. Un libro pubblicato in occasione dei cinquant’anni di
Howl ha come titolo: Il poema
che cambiò l’America. E ancor di
più il resto del mondo: c’è chi sostiene che L’Urlo ebbe più effetto nell’affossare il comunismo
di quanto ne ebbe a cambiare il
capitalismo americano. Per essere cambiata, è cambiata. Ora
domina la televisione, che i vecchi beat non guardavano. Al posto del rock c’è il rap. L’oscenità,
il fuck, fuck, fuck, è diventata linguaggio dominante, anzi l’unico
nel quotidiano della maggioranza dei giovani, non più di un
gruppetto di ribelli. Solo che non
sembra avere più nulla di profetico.
VENERDÌ 2 GIUGNO 2006
LA REPUBBLICA 43
DIARIO
GLI HIPPY, ANNI ‘60
Negli anni della contestazione si passa
dalla cultura Beat a quella Hippy: tra le
figure storiche c’è chi rimane (il pacifista
Allen Ginsberg) e chi sparisce dalla scena
(lo stesso “padre” del Beat, Kerouac)
GLI AUTORI
Il Sillabario di Allen Ginsberg pubblicato
nella pagina precedente è tratto dal libro
Parigi Roma Tangeri. Diari degli anni ’50 a
cura di Gordon Ball (Il Saggiatore 2000), la
prima edizione critica dei diari dello scrittore.
Jack Kerouacè nato nel 1922 a Lowell, cittadina agricola nello stato del Massachusetts, ed è morto a St. Petersburg, Florida,
nel 1969. Oltre al celeberrimo Sulla strada
(On the road), tra i romanzi più apprezzati
di Kerouac possono essere ricordati Angeli
della desolazione, Big Sur e I vagabondi del
Dharma (ripubblicati quest’anno da Mondadori nella collana I Meridiani).
Repubblica Nazionale 43 02/06/2006
Non mi sono mai potuto
immedesimare
con la “beat generation”.
Sarà perché sono cresciuto
negli anni
della depressione
e i miei genitori mi hanno
inculcato che se non
si lavora
non si ottiene niente
MICHEL HOUELLEBECQ
Quei coglioni dei
miei genitori
appartenevano
a quell’ambiente
libertario nonché
vagamente beatnik
Le particelle elementari
2000
FERNANDA PIVANO
Forse l’errore è stato
chiamarla “beat
generation”: ai
tempi di Kerouac
era soprattutto una
“go generation”
Beat Hippie Yippie
2004
Lunedì 17 nov. – Anche oggi sono molto felice e, sai, non mi
preoccupa più come prima il fatto
di diventare triste, anche se, senza
dubbio, sono sempre un po’ timoroso. Questa non è la gioia di uno
scrittore di feuilleton che invia la
sua allegra filosofia spicciola all’editore per la colonna di un paragrafo sulla prima pagina. Quella
che sto vivendo è una felicità seria,
piena di dubbi e di forza. Mi chiedo se la felicità sia possibile! È uno
stato mentale, ma non sopporterei
di diventare una seccatura per tutta la vita, anche se solo per coloro a
cui voglio bene. La felicità può trasformarsi in tristezza per amore
del cambiamento, come la mano
che mi sono bruciato con una sigaretta l’altra notte: la ferita sta cicatrizzando soltanto perché la pelle
cambia. Allo stesso modo, ogni
cambiamento è un passaggio, verso la felicità o l’infelicità, e pulsa
come il cuore. Il cambiamento è un
passaggio, ma questi appunti non
sono neanche lontanamente entusiasmanti e, devo ammetterlo,
neppure divertenti e brillanti
quanto il flusso di pensieri che mi
ha attraversato la mente tutto oggi
e ieri. 1500 parole questa notte,
una notte piuttosto lenta.
Martedì 18 nov. – A volte il mio
sforzo di scrivere diventa così facile e fluido che troppo viene strappato via da me, e fa male. È un eccesso di padronanza! Una simile
sensazione è accompagnata dalla
paura di non essere perfetto, mentre prima d’ora quello che era buono era buono abbastanza e ciò che
era bello era bello abbastanza. In
più mi prende la riluttanza a sporcare la carta bianca e pulita con
delle imperfezioni. Questa è la maledizione della vanità, lo so. Stanotte 2500 parole. Sto procedendo
nella giusta direzione. Vado avanti diritto, più di 20.000 parole in dodici giorni, una media di 55.000 al
mese.
Mercoledì 19 nov. – Occhi Bui è
passata da me stanotte e abbiamo
ballato fino al mattino. Ci siamo
seduti sul pavimento, sulla splendida coperta che mi ha fatto mia
madre, e abbiamo ascoltato la radiocronaca del matrimonio reale
alle sei di mattina. La mamma è
stata deliziosa quando si è svegliata e ci ha visti lì. Ho fatto delle crêpe suzette a Occhi Bui. Poi abbiamo ballato ancora e cantato.
Giovedì 20 nov. – Adesso ho in
casa L’adolescente di Dostoevskij
e Il rosso e il nero di Stendhal. Sta-
notte il mio impulso è quello di
scrivere una sequenza semplice
per il mio romanzo: siamo troppo
fissati con i “criminali esangui” e
non consideriamo abbastanza la
bellezza autentica. Osservate la
gente di tutto il mondo che guarda
adorante la principessina e il suo
matrimonio londinese. Bisogna ridicolizzare questa adorazione? Il
mondo non è così complesso e demoniaco come noi scrittori cerchiamo di farlo, davvero. Un matrimonio, una giovane sposa: queste cose sono il centro dell’esistenza, non le relazioni dannate di nevrotici e pazzi. Continuo a pensare
che Julien Sorel non sia nessuno.
Stanotte: tristezza confusa. Niente
scrittura.
Venerdì 21 nov. – Scommetto
che ieri notte una doccia prima
bollente e poi gelata mi avrebbe
spinto a lavorare. Oggi 2500 parole
e dopo aver pensato al romanzo
come a un tutto unico mi rendo
conto che la sua materia fondamentale non è stata ancora scritta.
Eppure ho già superato le 200.000
parole e, cosa ancor peggiore, mi
sto avvicinando a un quarto di milione di parole e non ho ancora toccato la “materia principale”! Ma
non sono deluso, al contrario mi
CLINT
EASTWOOD
Intervista,
1995
sento rinvigorito e avido, e so che
ce la posso fare senza reali difficoltà. Il solo problema è il tempo: il
tempo stringe e ho bisogno di guadagnare al più presto il salario di
un professionista. È ora che mi
muova, adesso. Quello che sto facendo con questo spesso manoscritto è portare il peso degli errori
del passato, della scrittura da principiante, ma questa fatica è così
nobile, potente e bella che non getterò via il mio fardello, lo devo portare con me.
Sabato 22 nov. – Uscito per una
bevuta triste, costretto, in realtà.
Persa la partita di football, e invece
coinvolto da Burroughs e Ginsberg in una strana discussione sulla psicanalisi e sull’“horror”. Sono
ancora completamente presi dagli
stessi argomenti di uno o due anni
fa. A tutti piace cuocere sempre
nello stesso brodo, anno dopo anno, me incluso.
Lunedì 24 nov. – È un giorno
buio, cupo e piovoso e io sono
stanco di riflettere. Forse perché
Occhi Bui non è raggiungibile da
un po’ di tempo. Oggi ho la luna
storta, ma non mi dà fastidio e riesco a scrivere lo stesso. Nel complesso è una giornata piuttosto
brutta. Ho scritto qualcosa la not-
te, in modo confuso. Quella padronanza che avevo appena trovato è
momentaneamente perduta, eppure non sono preoccupato e poi
“non è una gran tragedia”. È davvero una delle mie frasi più raffinate. Ma va’!
Martedì 25 nov. – Portata la mia
storia per il grande schermo a una
nuova casa editrice, la Bergh &
Winner. Fiorini, giovane editor,
potrebbe essere l’uomo che cercavo: serio, intelligente, molto austero. Cosa penserà di C & M quando
glielo mostrerò? In questo mondo
rude esisterà un editor simpatico?…!! Stanotte scritte 2000 parole. Adesso è dura andare avanti bene, ma non devo desiderare che
tutto sia troppo facile, né posso
rammollirmi. Sento che avrò un
nobile destino e so anche che lavorare seriamente per realizzarlo è la
mia sorte. È scoraggiante leggere il
grande Dostoevskij, anche se qua e
là intravedo alcune – o anche solo
una – delle mie stesse parole immutabili. Ora potrei parlare a lungo di questo argomento, ma non
voglio. Col passare del tempo o si
diventa più taciturni o si diventa
pazzi esasperando il proprio cuore… no? Sì.
Mercoledì 26 nov. – Andato di
nuovo in città per sbrigare diversi
affari. Visti ancora Burroughs e
Ginsberg, questa volta per caso.
Eravamo tutti euforici. Non so per
quale oscura ragione ne parlo. Mi
stupisco sempre quando mi trovo
ad agire in modo furtivo co-me un
personaggio di Dostoevskij. Ricordo di essermi detto: “Non parlare
troppo della tua anima con loro.
Non aspettano altro”. Ovviamente
non è così, altrimenti dovrebbero
essere matti da legare e può darsi
che lo siano, come me. “Eravamo
tutti euforici…” C’è sempre una
gran quantità di quella strana
energia emotiva che si sprigiona
fra di noi e ne siamo tutti consapevoli. La vita è una realtà tremendamente furtiva. Alla fine, con delle
lusinghe, ho ottenuto qualcosa da
mia madre. Le ho detto che mi aveva ferito sentirle affermare che era
stanca di lavorare, proprio mentre
mi faceva promettere di continuare a scrivere e di farlo per lei, senza
perdere tempo per dedicarmi a
qualcos’altro. «Sì» ha detto lei triste, «lo so che ti ferisce, ma lo dico
lo stesso.» Non c’era nulla di malizioso in questa amara confessione. Stanotte scritte 2500 parole,
probabilmente le migliori finora
(la discussione fra George Martin e
suo figlio quando quest’ultimo lascia l’università). Tuttavia è sempre scoraggiante abbandonare
dopo qualche migliaio di parole e
aspettare che giungano altre energie il giorno successivo. Vorrei avere l’energia mentale di dieci grandi
romanzieri! O magari potrei escogitare un modo per “dare il meglio
di me stesso”, seguendo l’esempio
di Goethe, senza crollare (come faceva lui) ed evitando un eccesso di
ascetismo, che porta a una grande
confusione di impressioni. Vedremo. Sono sempre di fretta, ma è anche necessario! Davvero.
©The Estate of Stella Kerouac,
John Sampas
Literary Representative, 2004
Introduzione e note © Douglas
Brinkley, 2004
©Arnoldo Mondadori Editore
S.p.A., Milano
Titolo dell'opera originale
Windblown World
I edizione maggio 2006
I LIBRI
ALLEN
GINSBERG,
WILLIAM
BURROUGHS
Le lettere
dello Yage
Sugarco 1994
BILL
MORGAN
La guida beat
di New York
Cooper 2005
La guida beat
di San
Francisco
Cooper 2005
J. LUCIANO
MEZZETTA
L’impermeabile
di Kerouac.
Interviste
sulla Beat
Generation
Editrice
Fiorentina 2005
FERNANDA
PIVANO
Beat Hippie
Yippie. Il
romanzo del
presessantotto
americano
Bompiani
2004
The beat goes
on
Mondadori
2004
C’era una
volta un beat
Frassinelli
2003
ANN
CHASTERS
Vita di
Kerouac
Mondadori
2003
JAMES
CAMPBELL
Questa è la
beat
generation
Guanda 2001
B.GIFFORD,
L.LEE
Jack’s Book.
Una biografia
narrata di
Jack Kerouac
Fandango
2001
MICHELE
CORLEONE
Beats. Ritratto
della beat
generation
per immagini
e parole
Minimum Fax
1999
42 LA REPUBBLICA
LE TAPPE
VENERDÌ 2 GIUGNO 2006
DIARIO
IL BEAT, 1947
Kerouac conia il termine nel 1947, ma il
vero atto di nascita è la pubblicazione nel
1952 del racconto “Go” di John Clellon
Holmes e dell’articolo “This is the Beat
Generation” sul “New York Times”
“L’URLO”, 1956
Il libro culto del fenomeno Beat. Ginsberg
scrive: «Ho visto le menti della mia
generazione distrutte da pazzia». L’anno
prima lo aveva declamato in un reading a
San Francisco, da Kenneth Rexroth
IL MITO, 1957
Nel ‘57 esce “On the road”: secondo
Kerouac «Beat significa “beatitudine”, non
“battuto”». Nel ’59 “Il pasto nudo” di
Burroughs viene pubblicato in Francia
dalla Olympia Press dopo il sequestro
IL DIARIO INEDITO CHE L’AUTORE DI “ON THE ROAD” SCRISSE TRA IL 1947 E IL 1954
I pensieri notturni
di Kerouac l’ossesso
JACK KEROUAC
ovembre 1947
I LIBRI
LAWRENCE
FERLINGHETTI
Poesie
Guanda 2005
(a cura di)
City lights
pocket poets
anthology. I
poeti della
Beat
Generation
Mondadori
2006
JACK
KEROUAC
Sulla strada
Mondadori
2006
Lettere dalla
beat
generation
Mondadori
2000
I sotterranei
Feltrinelli
2005
Repubblica Nazionale 42 02/06/2006
NORMAN
MAILER
Il nudo e il
morto
Baldini
Castoldi Dalai
2002
ALLEN
GINSBERG
Parigi Roma
Tangeri. Diari
anni ‘50
Il Saggiatore
2000
Facile come
respirare.
Appunti,
lezioni,
conversazioni
Minimum Fax
1998
Urlo &
Kaddish
Il Saggiatore
1997
GREGORY
CORSO
Benzina
Tea 1999
Poesie
Guanda 1976
WILLIAM
BURROUGHS
La scimmia
sulla schiena
BUR 1998
NEAL
CASSADY
I vagabondi
Mondadori
1998
N
(Dopo il viaggio in California)
Ora devo tornare “all’umiltà e
alla modestia della vita dello scrittore”. E devo riprendere i miei diari di lavoro…
***
Diario di scrittura invernale
1947-48
Novembre
Lun. 3 – Completate alcune annotazioni sui miei diari sulla difficoltà di riprendere a scrivere per
tanto tempo. Poi, alle cinque di pomeriggio, quando fuori si è fatto
buio, mi sono messo a lavorare al
romanzo dopo il lungo periodo di
pausa. Prima, comunque, con
grande eccitazione, ho pensato a
che grande idea sarebbe quella di
partire per il nord-ovest del Canada con un buon amico (qualcuno
come Hal Chase) per andare a
unirci alla corsa all’oro. Anch’essa
è un’ombra della verità! Be’, almeno finché c’è un ospite sincero e
appassionato… e anche scrivere
un romanzo epico lo è.
– Sopraffatto dalla tristezza di
non sapere né cosa ci sia nel mondo né cosa sto facendo. Sono del
tutto indifferente al bene e al male,
alla bellezza e a qualsiasi altra cosa. So che questa è la radice di tutti
i problemi umani, tutti, eppure sono indifferente anche a questa
consapevolezza. Non ho scritto
nulla.
Martedì 4 – Sono dovuto uscire a
camminare nella pioggia di New
York e mi sono infuriato con i miei
amici. Io e il tipo indemoniato ci
siamo spaccati in testa i dischi di
Mozart. Ci siamo ubriacati. Quando me ne sono andato ero di umore splendido, mi sono ricordato
della semplice bellezza della vita e
sono ritornato a casa.
Mercoledì 5 – Scritte note esaurienti. Per tutto il giorno non ho fatto altro che pensare che non c’è
nulla di più virile dell’immagine di
un uomo che scrive a lungo e con
fatica, sottoponendosi a tutti i tranelli di un ampio lavoro mentale. È
questo il mio misero scopo? La virilità? Rifletto molto su cose tanto
importanti per me da non riuscire
a scriverle. Sto affrontando una rivoluzione interiore.
Giovedì 6 – Mi sto affrancando
da un’antica schiavitù che descriverò più avanti. Credo che tra poco
finalmente sarò libero. È davvero
stupefacente. E sta avvenendo tutto in modo così silenzioso che non
riesco a parlarne. Ho iniziato a
scrivere con uno stile più libero
stanotte. 1000 parole coerenti, in
un’ora. Durerà?
Venerdì 7 – Oggi 2500 parole in
poche ore. Potrebbe essere questa…la libertà. E la padronanza!
Che mi ha respinto tante di quelle
volte, nei lunghi e tristi anni di lavoro, di fatica cieca e pesante. Ora
sono troppo commosso per poter
spiegare cosa sia tutto questo. Ha a
che vedere con ogni elemento della mia natura e quindi, senza dubbio, con gli scritti che ne derivano.
In che modo potrei lodare il cielo
per una cosa simile, per la quale ho
tanto lottato? Finalmente padrone
della mia arte, invece che suo
schiavo! Altre 1500 parole, di notte,
proprio così. Fanno cinquemila
parole nelle ultime ventiquattr’ore. Non sono più semplici, è solo
che mi assomigliano di più.
Sabato 8 – Un grande sabato
americano. Splendida conversa-
I giovani dappertutto
sono curiosi
del movimento
dei “beatnick”,
in rapporto al quale
Jack Kerouac sembra
stare nella stessa
posizione
di un André Breton
rispetto al Surrealismo
zione notturna con Ed White. È un
non è così stupido, dopo tutto. Me
uomo dall’animo delicato e gentine rendo conto leggendo alcuni
le, una persona colta e anche modei miei romanzi mai conclusi o
desta. Le sue idee sono semplici e
pubblicati: semplicemente non
vere, sempre.
sono buoni. Alla fine raggiungerò
Domenica 9 nov. – Letti i giornauna semplicità e una bellezza tali
li. La recensione di Lionel Trilling
che non potranno più essere messu Sherwood Anderson mi ha fatto
se in dubbio: semplicità, moralità,
venire alcune idee interessanti a
e una bellezza, un puro lirismo. Ma
proposito di Francis Martin. (Ora
che dire del presente, di adesso?
che in me si è verificato questo
Sta diventando una cosa seria. Conuovo mutamento i miei garruli
me posso sapere se sto raggiundiari sembrano sempre meno negendo la padronanza? Ci ho semcessari e persino inutili.) Avverto
pre creduto in passato, quando mi
una specie di sordo silenzio.
abbandonavo a momenti di estasi
2000 parole a
e poi di nausea,
tarda notte e
di disgusto.
una solitudine
Quest’idea ora
pura.
deve diventare
Lunedì 10
realtà. Basta, banov. – Sono ansta. Stanotte:
cora preoccu2500 parole, nopato per i soldi,
nostante abbia
ma non sarebbe
perso tempo a
molto saggio
leggere i miei
sprecare tempo
vecchi scritti.
in lavoretti vari,
Ora riesco ad arproprio quando
rivare fino a
sto raggiungen4000 parole al
do il culmine e la
giorno. In ogni
padronanza
caso è un passo
della scrittura.
avanti. Significa
In futuro inve9500 parole in
stirò più tempo
cinque giorni o
ed energie per
meglio quattro e
cercare di vennon ho ancora
IL LIBRO
dere le mie stoiniziato a lavoraIl brano di Jack Kerouac
rie. La scenegre a pieno ritmo.
pubblicato in queste
giatura Natale a
C’è qualcosa di
pagine è un’anticipazione
New York, che
così terribilda “Un mondo battuto dal
ho scritto in Camente francovento. I diari di Jack
lifornia, è molto
canadese nelle
Kerouac 1947-1954”,
spendibile:
goffaggini che
Mondadori, che uscirà il 6
quando mi arricompaiono qua
verà per posta
e là nel mio pasgiugno
dagli studi cinesato. E nel prematografici desente? Il lavoro:
ciderò immequalcosa di indiatamente se darle una veste
fantile e sincero, ma privo di inteladatta a una rivista o a un libro, opligenza. Uso ancora questa parola?
pure se è meglio lasciarla così
Martedì 11 nov. – Scritto lettere
com’è, una storia per lo schermo, e
nel pomeriggio. Quando Occhi Bui
farla vedere in giro. Non sarebbe
è ricomparsa sono andato in conmale guadagnarmi da vivere scrifusione, completamente. Vedrevendo: niente più raccolta del como cosa accadrà durante queste
tone!
adorabili interruzioni. Comunque
Un pensiero che riguarda i camnon è un’enorme tragedia. Proprio
biamenti del mio stile che ora mi
in questi giorni sento che sta per
sembrano tanto importanti: ciò
giungere un altro periodo di scarsa
che prima mi bloccava non era la
creatività. È come una malattia o
mancanza di creatività, ma piuttopiuttosto un tipo di follia. “E allosto il suo eccesso, un addensarsi
ra?”, queste parole risuonano neldel flusso narrativo che non gli
la mia testa, e io sfido tutto quello
permetteva più di scorrere. Eppuche vedo con questo pensiero da
re stanotte sono davvero preoccuteppista. Ora, ora acchiapperò la
pato per il mio lavoro. Innanzitutnoia proprio mentre cerca di prento, è buono adesso? E il mondo lo
dermi e le torcerò il collo ossuto. La
riconoscerà come tale? Il mondo
noia è una figura grigia e magra, un
HENRY
MILLER
Postfazione a
I sotterranei
2003
teppista con le mani in mano, uno
zotico. No, no, niente più gioia sorridente nella mia vita, nessun interesse affascinato per le cose e le
persone, mi sento come un malfattore in un vicolo scuro che aspetta
con un coltello in mano, annoiato
e quindi rabbioso. Chi ucciderò
stanotte? Cosa farò a pezzi? Un’ondata elettrizzante di nausea sta
cercando di prendere possesso del
mio essere, per puro amore della
varietà. Oh, sì, so che non avrei mai
dovuto essere uno scrittore, non è
nella mia natura, ma solo alla fine
vedremo se è proprio così. Stanotte 2000 parole.
Mercoledì 12 nov. – Oh, venti
poderosi che schiantate i rami novembrini! Il placido sole splendente, non toccato dalle furie della terra, abbandona il mondo all’oscurità, al selvaggio oblio e alla notte,
mentre gli uomini tremano nei loro cappotti e si affrettano verso casa. Poi le luci di casa scintillano in
quelle profondità desolate. Eppure ci sono le stelle! Alte e luccicanti
in un firmamento spirituale. Noi
cammineremo fra mulinelli di
vento, guardando intensamente
attraverso le nostre sembianze terrestri, alla ricerca di un improvviso
sorriso di intelligenza umana dietro queste insondabili bellezze.
Ora il ruggito della furia di mezzanotte e lo scricchiolio dei nostri
cardini e delle finestre, ora l’inverno, ora la comprensione della terra e della nostra presenza su di essa: questo dramma di enigmi e di
doppi fondi, di sofferenze e di tristi
gioie, queste cose umane nell’elementare vastità di un mondo battuto dal vento. Stanotte 1500 parole. Domani giorno libero, altrimenti, con un po’ più di parole,
raggiungerei il nuovo traguardo di
15.000 parole alla settimana. Entro
la fine di febbraio le ultime frasi di
C & M saranno finite e rifinite, battute a macchina e pronte per l’editore. Stanotte ho anche scritto ampie note. Terrò sotto controllo
queste energie inaspettate!
Giovedì 13 nov. – Andato a una
grande festa rumorosa che è durata fino alle…
Venerdì 14 nov.
…e
Sabato 15 nov.
Domenica 16 nov. – Sab. notte
scritto note esaustive di circa 2000
parole. Oggi letto, mangiato e recuperato le energie. Stanotte scritto 4000 parole, assorbito in modo
splendido. Cos’altro devo dire?
Parlare costa poco. Sono felice.
HANIF KUREISHI
Eccitato dall’idea di
un’esistenza “beat”,
dopo gli esami
volevo abbandonare
del tutto il mondo
della scuola
Il mio orecchio sul suo
cuore, 2004
ANDY WARHOL
Era a San Francisco
nel ’56. Un giorno
era salito sul bancone
di un bar e aveva
cominciato a
declamare poesie
Andy Warhol racconta
gli anni Sessanta, 2004
Fly UP