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“ “ Cosa resta di quella generazione
VENERDÌ 2 GIUGNO 2006 LA REPUBBLICA 41 DIARIO DI DI CINQUANT’ANNI FA USCIVA “THE HOWL” DI ALLEN GINSBERG Il poema “Urlo” fu come una bomba lanciata in un’America sonnolenta r. Ginsberg, come si diventa profeti?», gli avevano chiesto ad una conferenza letteraria, che aveva per tema la profezia. «Raccontando i propri segreti», rispose lui. La profezia ha spesso a che fare con l’apocalisse, un legame stretto, anche etimologico: la radice del termine che viene dal greco è “svelare”, “rivelare”. Allen Ginsberg e i suoi amici avevano fatto irruzione in scena raccontando pubblicamente, anzi urlando sguaiatamente i propri segreti più indicibili, i loro, quelli della loro generazione e quelli della loro America. «Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa…», è il modo in cui inizia The Howl, l’urlo, il primo e il più famoso dei suoi poemi. Fu pubblicato il 16 maggio 1956, a San Francisco, in venti copie ciclostilate, distribuite agli amici. Era stato recitato, anzi urlato per la prima volta da un Ginsberg giovanissimo, ancora senza barba e non in divisa da guru, ad una lettura di poesia in un garage, l’ottobre dell’anno prima. Poi, nell’autunno del 1956 Lawrence Ferlinghetti stampò la prima edizione (mille copie) nella collana della sua libreria, City Lights Pocket Poet Series. Da allora ha venduto milioni di copie, è diventato un classico della letteratura mondiale, non solo americana. Confessava nel modo più crudo i segreti di giovani in guerra con sé stessi, che si bruciano corpo, anima e cervello, lo vomitano tra atroci convulsioni, nei luoghi più sordidi, si faceva esplodere volontariamente nella spazzatura. Confessava, profetizzava, anzi – diciamola tutta - celebrava i martiri suicidi della sua generazione. Trent’anni dopo, Ginsberg stesso si sarebbe detto sorpreso di aver innescato con la pubblicazione di Howl «una bomba emotiva ad orologeria che avrebbe continuato ad esplodere nella coscienza americana, nel caso il nostro complesso militare-industriale-nazionalista si consolidasse in una burocrazia poliziesca». Insomma, una bomba preventiva. A rileggerlo cinquant’anni dopo, sorprende quanto la bomba continui a ticchettare. E in molti modi. Nelle sue “visioni” del suo presente di allora – «Ho visto… che…» è la formula, tipica dei profeti, che scandisce l’intera prima parte. In quelle del futuro, il presente di generazioni successive. E anche in altri modi sorprendenti. Coloro che «mostravano il cervello al cielo sotto la El» (che è la sopraelevata, ma anche il nome di Dio nell’Antico testamento), coloro che «vedevano angeli maomettani illuminati barcollanti su tetti di casermette», o gli «arsi vivi nei loro innocenti vestiti di flanella… tra esplosioni di versi di piombo…», sono versi che dopo l’11 settembre evocano qualcosa di diverso di quanto potevano evocare ai lettori di cinquant’anni fa. L’avevano chiamata “beat generation”, la generazione abbattuta, pestata, massacrata dalla vita. Jack Kerouac aveva preso il termine da un tossico, ladruncolo e prostituto di Times Quei versi duri e considerati osceni sono alla base di numerose culture giovanili BEAT Allen Ginsberg Cosarestadiquellagenerazione SIEGMUND GINZBERG Square a New York, che intendeva la condizione di chi è stritolato, sopraffatto dall’esistenza, aggiungendovi il termine “generazione”, nel senso della “generazione perduta” di cui aveva parlato Gertrude Stein negli anni dopo la prima guerra mondiale. Strada facendo assunse altri significati, lo stesso Ginsberg lo forzò in generazione “beata”. Il termine generazione è improprio. «Non bastano tre o quattro individui a fare una generazione», avrebbe osservato un altro dei suoi profeti, Gregory Corso. Questi - Ginsberg, studente espulso dalla Columbia University, l’ex marinaio Kerouac, l’ex studente di medicina William Burroughs, l’ex carcerato Corso - si erano ritrovati agli inizi degli anni ’50. Se si sono distrutti, mangiati il cervello, l’hanno fatto molto lentamente, la maggioranza è deceduta non molti anni fa, anche se quasi tutti segnati dalla cirrosi epatica e dalle droghe; della “generazione beat” originaria resta solo il vecchio Lawrence Ferlinghetti, il libraio di San Francisco. Come “profezia”, quella dell’urlo calza meglio ad una generazione succes- ALLEN GINSBERG RIMASE da solo a rappresentare tutta la Beat Generation e la Renaissance di San Francisco. Io avevo Peter, e Peter aveva me, e Gregory e io eravamo là insieme e anche Burroughs, eravamo tutti insieme, con Alan Ansen, ed eravamo una squadra come Superman e l’Uomo Ragno, e quello che non poteva fare uno lo faceva l’altro. Perché Burroughs aveva Harvard e io avevo la Columbia e Peter aveva l’esercito e il manicomio e Gregory le prigioni - per cui coprivamo un sacco di territorio. Jack invece beveva, e credo che durante la nostra assenza (in Francia) fossero iniziati un sacco di reading di poesia a New York, e LeRoi Jones lo conobbe, e c’erano anche Ray Bremser e Jack Micheline, e Howard Hart e Philip Lamantia, ma alcuni non erano grandi poeti, alcuni erano molto inferiori a Jack, ma Jack si adattò per amore della poesia, diciamo così - c’è una famosa foto che lo ritrae mentre sale a braccia spalancate, come un Cristo, su una scala in un loft del Village. Ma beveva. I musicisti jazz lo apprezzavano, ma il Village Voice lo aveva criticato, e così Jack lo considerò un disastro e cominciò a bere troppo. “ BEAT. “ Repubblica Nazionale 41 02/06/2006 «M siva, quella del ’68, davvero un’intera “generazione”, che bruciò intensamente, davvero in massa, le proprie menti e le proprie speranze nel giro di poche primavere. Il fascino delle profezie apocalittiche è che trascendono un’epoca specifica. Ogni generazione ha avuto i suoi beat. Mi viene in mente il titolo di un libro di Joseph Berger, Naufragio di una generazione: racconta i decenni passati nel gulag staliniano, la catastrofe di un’intera generazione, le migliori menti d’Europa, che credettero nella rivoluzione e nel comunismo e finirono la maggioranza, quasi tutti, vittime di Stalin, gli altri carnefici. A differenza di questi, la generazione di Ginsberg e quella del ’68, avevano in comune il fatto di protestare non in tempi tragici, bensì nel bel mezzo di due tra i boom più promettenti della storia umana. C’è poco gusto a profetizzare apocalissi quando le cose vanno già a catafascio, le vere profezie sono quelle che turbano i tempi di vacche grasse. Nella seconda parte dell’Urlo, la profezia, da confessione di segreti sembra trasformarsi in de- nuncia. «Quale Sfinge di cemento e alluminio gli ha sfracellato il cranio e gli ha divorato il cervello e l’immaginazione?». La risposta è «Moloch!... Solitudine! Lerciume! Schifezza! Spazzatura e dollari inafferrabili! … Moloch, il cui nome è la Mente… la cui mente è puro macchinario!… le cui ciminiere e antenne incoronano le città!....il cui amore è petrolio e pietra senza fine!... la cui anima è elettricità e banche!». Terribilmente datato, esagerato, sessantottesco, fondamentalista no global? Privo di proposte, reazionario e qualunquista col cuore a sinistra, lui ebreo, figlio di un comunista e di una pazza, come lo era, con il cuore apparentemente a destra, il suo amico Kerouac, figlio di operai cattolici, che non andò mai a votare in vita sua, aveva simpatizzato per il maccartismo, ce l’aveva con comunisti, hippy ed ebrei responsabili del declino dell’America? Fu anche colpa loro se poi vinse il superottimismo di Ronald Reagan? Può anche darsi. Ma il mestiere dei profeti non è dare ricette o suscitare simpatia. E nemmeno imbroccare le loro profezie. È suonare la sirena, scuotere dal sonno compiacente. Il problema di un altro “urlo” famoso, quello dipinto da Edward Munch, non è che l’autore era matto, è che nessuno stette ad ascoltarlo. I nuovi profeti di catastrofe lo fanno in genere con meno efficacia. Curiosamente, erano state le “confessioni” più che le profezie politiche ad arruffare le penne dell’America degli anni ’50. Il verso su coloro «che si lasciavano inculare da motociclisti santi, strillavano di gioia» e gli altri riferimenti sessuali dettero più fastidio di quelli al Moloch (che in fin dei conti sarebbe stato un presidente repubblicano come Eisenhower a chiamare in altro modo: “complesso militare industriale”). C’è chi ha acutamente osservato che la forza del poema, la sua carica sovversiva, era – e resta – nell’essere, deliberatamente, «radicalmente offensivo». Gli fu intentato un processo per oscenità. La difesa sostenne che erano colti riferimenti biblici, che il «Santo! Santo! Santo!»... santi «la lingua e il cazzo e la mano e il buco del culo», «santo l’angelo del Moloch» della Nota conclusiva all’ Urlo non sono una parodia del benedicite ma un modo di dire: «Tutto quello che è umano è santo». Un giudice di San Francisco – che di domenica faceva corsi sulla Bibbia – lo assolse. Ora lo si studia nelle università. Anche se è tuttora tabù leggerlo alla radio o in tv. Un libro pubblicato in occasione dei cinquant’anni di Howl ha come titolo: Il poema che cambiò l’America. E ancor di più il resto del mondo: c’è chi sostiene che L’Urlo ebbe più effetto nell’affossare il comunismo di quanto ne ebbe a cambiare il capitalismo americano. Per essere cambiata, è cambiata. Ora domina la televisione, che i vecchi beat non guardavano. Al posto del rock c’è il rap. L’oscenità, il fuck, fuck, fuck, è diventata linguaggio dominante, anzi l’unico nel quotidiano della maggioranza dei giovani, non più di un gruppetto di ribelli. Solo che non sembra avere più nulla di profetico. VENERDÌ 2 GIUGNO 2006 LA REPUBBLICA 43 DIARIO GLI HIPPY, ANNI ‘60 Negli anni della contestazione si passa dalla cultura Beat a quella Hippy: tra le figure storiche c’è chi rimane (il pacifista Allen Ginsberg) e chi sparisce dalla scena (lo stesso “padre” del Beat, Kerouac) GLI AUTORI Il Sillabario di Allen Ginsberg pubblicato nella pagina precedente è tratto dal libro Parigi Roma Tangeri. Diari degli anni ’50 a cura di Gordon Ball (Il Saggiatore 2000), la prima edizione critica dei diari dello scrittore. Jack Kerouacè nato nel 1922 a Lowell, cittadina agricola nello stato del Massachusetts, ed è morto a St. Petersburg, Florida, nel 1969. Oltre al celeberrimo Sulla strada (On the road), tra i romanzi più apprezzati di Kerouac possono essere ricordati Angeli della desolazione, Big Sur e I vagabondi del Dharma (ripubblicati quest’anno da Mondadori nella collana I Meridiani). Repubblica Nazionale 43 02/06/2006 Non mi sono mai potuto immedesimare con la “beat generation”. Sarà perché sono cresciuto negli anni della depressione e i miei genitori mi hanno inculcato che se non si lavora non si ottiene niente MICHEL HOUELLEBECQ Quei coglioni dei miei genitori appartenevano a quell’ambiente libertario nonché vagamente beatnik Le particelle elementari 2000 FERNANDA PIVANO Forse l’errore è stato chiamarla “beat generation”: ai tempi di Kerouac era soprattutto una “go generation” Beat Hippie Yippie 2004 Lunedì 17 nov. – Anche oggi sono molto felice e, sai, non mi preoccupa più come prima il fatto di diventare triste, anche se, senza dubbio, sono sempre un po’ timoroso. Questa non è la gioia di uno scrittore di feuilleton che invia la sua allegra filosofia spicciola all’editore per la colonna di un paragrafo sulla prima pagina. Quella che sto vivendo è una felicità seria, piena di dubbi e di forza. Mi chiedo se la felicità sia possibile! È uno stato mentale, ma non sopporterei di diventare una seccatura per tutta la vita, anche se solo per coloro a cui voglio bene. La felicità può trasformarsi in tristezza per amore del cambiamento, come la mano che mi sono bruciato con una sigaretta l’altra notte: la ferita sta cicatrizzando soltanto perché la pelle cambia. Allo stesso modo, ogni cambiamento è un passaggio, verso la felicità o l’infelicità, e pulsa come il cuore. Il cambiamento è un passaggio, ma questi appunti non sono neanche lontanamente entusiasmanti e, devo ammetterlo, neppure divertenti e brillanti quanto il flusso di pensieri che mi ha attraversato la mente tutto oggi e ieri. 1500 parole questa notte, una notte piuttosto lenta. Martedì 18 nov. – A volte il mio sforzo di scrivere diventa così facile e fluido che troppo viene strappato via da me, e fa male. È un eccesso di padronanza! Una simile sensazione è accompagnata dalla paura di non essere perfetto, mentre prima d’ora quello che era buono era buono abbastanza e ciò che era bello era bello abbastanza. In più mi prende la riluttanza a sporcare la carta bianca e pulita con delle imperfezioni. Questa è la maledizione della vanità, lo so. Stanotte 2500 parole. Sto procedendo nella giusta direzione. Vado avanti diritto, più di 20.000 parole in dodici giorni, una media di 55.000 al mese. Mercoledì 19 nov. – Occhi Bui è passata da me stanotte e abbiamo ballato fino al mattino. Ci siamo seduti sul pavimento, sulla splendida coperta che mi ha fatto mia madre, e abbiamo ascoltato la radiocronaca del matrimonio reale alle sei di mattina. La mamma è stata deliziosa quando si è svegliata e ci ha visti lì. Ho fatto delle crêpe suzette a Occhi Bui. Poi abbiamo ballato ancora e cantato. Giovedì 20 nov. – Adesso ho in casa L’adolescente di Dostoevskij e Il rosso e il nero di Stendhal. Sta- notte il mio impulso è quello di scrivere una sequenza semplice per il mio romanzo: siamo troppo fissati con i “criminali esangui” e non consideriamo abbastanza la bellezza autentica. Osservate la gente di tutto il mondo che guarda adorante la principessina e il suo matrimonio londinese. Bisogna ridicolizzare questa adorazione? Il mondo non è così complesso e demoniaco come noi scrittori cerchiamo di farlo, davvero. Un matrimonio, una giovane sposa: queste cose sono il centro dell’esistenza, non le relazioni dannate di nevrotici e pazzi. Continuo a pensare che Julien Sorel non sia nessuno. Stanotte: tristezza confusa. Niente scrittura. Venerdì 21 nov. – Scommetto che ieri notte una doccia prima bollente e poi gelata mi avrebbe spinto a lavorare. Oggi 2500 parole e dopo aver pensato al romanzo come a un tutto unico mi rendo conto che la sua materia fondamentale non è stata ancora scritta. Eppure ho già superato le 200.000 parole e, cosa ancor peggiore, mi sto avvicinando a un quarto di milione di parole e non ho ancora toccato la “materia principale”! Ma non sono deluso, al contrario mi CLINT EASTWOOD Intervista, 1995 sento rinvigorito e avido, e so che ce la posso fare senza reali difficoltà. Il solo problema è il tempo: il tempo stringe e ho bisogno di guadagnare al più presto il salario di un professionista. È ora che mi muova, adesso. Quello che sto facendo con questo spesso manoscritto è portare il peso degli errori del passato, della scrittura da principiante, ma questa fatica è così nobile, potente e bella che non getterò via il mio fardello, lo devo portare con me. Sabato 22 nov. – Uscito per una bevuta triste, costretto, in realtà. Persa la partita di football, e invece coinvolto da Burroughs e Ginsberg in una strana discussione sulla psicanalisi e sull’“horror”. Sono ancora completamente presi dagli stessi argomenti di uno o due anni fa. A tutti piace cuocere sempre nello stesso brodo, anno dopo anno, me incluso. Lunedì 24 nov. – È un giorno buio, cupo e piovoso e io sono stanco di riflettere. Forse perché Occhi Bui non è raggiungibile da un po’ di tempo. Oggi ho la luna storta, ma non mi dà fastidio e riesco a scrivere lo stesso. Nel complesso è una giornata piuttosto brutta. Ho scritto qualcosa la not- te, in modo confuso. Quella padronanza che avevo appena trovato è momentaneamente perduta, eppure non sono preoccupato e poi “non è una gran tragedia”. È davvero una delle mie frasi più raffinate. Ma va’! Martedì 25 nov. – Portata la mia storia per il grande schermo a una nuova casa editrice, la Bergh & Winner. Fiorini, giovane editor, potrebbe essere l’uomo che cercavo: serio, intelligente, molto austero. Cosa penserà di C & M quando glielo mostrerò? In questo mondo rude esisterà un editor simpatico?…!! Stanotte scritte 2000 parole. Adesso è dura andare avanti bene, ma non devo desiderare che tutto sia troppo facile, né posso rammollirmi. Sento che avrò un nobile destino e so anche che lavorare seriamente per realizzarlo è la mia sorte. È scoraggiante leggere il grande Dostoevskij, anche se qua e là intravedo alcune – o anche solo una – delle mie stesse parole immutabili. Ora potrei parlare a lungo di questo argomento, ma non voglio. Col passare del tempo o si diventa più taciturni o si diventa pazzi esasperando il proprio cuore… no? Sì. Mercoledì 26 nov. – Andato di nuovo in città per sbrigare diversi affari. Visti ancora Burroughs e Ginsberg, questa volta per caso. Eravamo tutti euforici. Non so per quale oscura ragione ne parlo. Mi stupisco sempre quando mi trovo ad agire in modo furtivo co-me un personaggio di Dostoevskij. Ricordo di essermi detto: “Non parlare troppo della tua anima con loro. Non aspettano altro”. Ovviamente non è così, altrimenti dovrebbero essere matti da legare e può darsi che lo siano, come me. “Eravamo tutti euforici…” C’è sempre una gran quantità di quella strana energia emotiva che si sprigiona fra di noi e ne siamo tutti consapevoli. La vita è una realtà tremendamente furtiva. Alla fine, con delle lusinghe, ho ottenuto qualcosa da mia madre. Le ho detto che mi aveva ferito sentirle affermare che era stanca di lavorare, proprio mentre mi faceva promettere di continuare a scrivere e di farlo per lei, senza perdere tempo per dedicarmi a qualcos’altro. «Sì» ha detto lei triste, «lo so che ti ferisce, ma lo dico lo stesso.» Non c’era nulla di malizioso in questa amara confessione. Stanotte scritte 2500 parole, probabilmente le migliori finora (la discussione fra George Martin e suo figlio quando quest’ultimo lascia l’università). Tuttavia è sempre scoraggiante abbandonare dopo qualche migliaio di parole e aspettare che giungano altre energie il giorno successivo. Vorrei avere l’energia mentale di dieci grandi romanzieri! O magari potrei escogitare un modo per “dare il meglio di me stesso”, seguendo l’esempio di Goethe, senza crollare (come faceva lui) ed evitando un eccesso di ascetismo, che porta a una grande confusione di impressioni. Vedremo. Sono sempre di fretta, ma è anche necessario! Davvero. ©The Estate of Stella Kerouac, John Sampas Literary Representative, 2004 Introduzione e note © Douglas Brinkley, 2004 ©Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano Titolo dell'opera originale Windblown World I edizione maggio 2006 I LIBRI ALLEN GINSBERG, WILLIAM BURROUGHS Le lettere dello Yage Sugarco 1994 BILL MORGAN La guida beat di New York Cooper 2005 La guida beat di San Francisco Cooper 2005 J. LUCIANO MEZZETTA L’impermeabile di Kerouac. Interviste sulla Beat Generation Editrice Fiorentina 2005 FERNANDA PIVANO Beat Hippie Yippie. Il romanzo del presessantotto americano Bompiani 2004 The beat goes on Mondadori 2004 C’era una volta un beat Frassinelli 2003 ANN CHASTERS Vita di Kerouac Mondadori 2003 JAMES CAMPBELL Questa è la beat generation Guanda 2001 B.GIFFORD, L.LEE Jack’s Book. Una biografia narrata di Jack Kerouac Fandango 2001 MICHELE CORLEONE Beats. Ritratto della beat generation per immagini e parole Minimum Fax 1999 42 LA REPUBBLICA LE TAPPE VENERDÌ 2 GIUGNO 2006 DIARIO IL BEAT, 1947 Kerouac conia il termine nel 1947, ma il vero atto di nascita è la pubblicazione nel 1952 del racconto “Go” di John Clellon Holmes e dell’articolo “This is the Beat Generation” sul “New York Times” “L’URLO”, 1956 Il libro culto del fenomeno Beat. Ginsberg scrive: «Ho visto le menti della mia generazione distrutte da pazzia». L’anno prima lo aveva declamato in un reading a San Francisco, da Kenneth Rexroth IL MITO, 1957 Nel ‘57 esce “On the road”: secondo Kerouac «Beat significa “beatitudine”, non “battuto”». Nel ’59 “Il pasto nudo” di Burroughs viene pubblicato in Francia dalla Olympia Press dopo il sequestro IL DIARIO INEDITO CHE L’AUTORE DI “ON THE ROAD” SCRISSE TRA IL 1947 E IL 1954 I pensieri notturni di Kerouac l’ossesso JACK KEROUAC ovembre 1947 I LIBRI LAWRENCE FERLINGHETTI Poesie Guanda 2005 (a cura di) City lights pocket poets anthology. I poeti della Beat Generation Mondadori 2006 JACK KEROUAC Sulla strada Mondadori 2006 Lettere dalla beat generation Mondadori 2000 I sotterranei Feltrinelli 2005 Repubblica Nazionale 42 02/06/2006 NORMAN MAILER Il nudo e il morto Baldini Castoldi Dalai 2002 ALLEN GINSBERG Parigi Roma Tangeri. Diari anni ‘50 Il Saggiatore 2000 Facile come respirare. Appunti, lezioni, conversazioni Minimum Fax 1998 Urlo & Kaddish Il Saggiatore 1997 GREGORY CORSO Benzina Tea 1999 Poesie Guanda 1976 WILLIAM BURROUGHS La scimmia sulla schiena BUR 1998 NEAL CASSADY I vagabondi Mondadori 1998 N (Dopo il viaggio in California) Ora devo tornare “all’umiltà e alla modestia della vita dello scrittore”. E devo riprendere i miei diari di lavoro… *** Diario di scrittura invernale 1947-48 Novembre Lun. 3 – Completate alcune annotazioni sui miei diari sulla difficoltà di riprendere a scrivere per tanto tempo. Poi, alle cinque di pomeriggio, quando fuori si è fatto buio, mi sono messo a lavorare al romanzo dopo il lungo periodo di pausa. Prima, comunque, con grande eccitazione, ho pensato a che grande idea sarebbe quella di partire per il nord-ovest del Canada con un buon amico (qualcuno come Hal Chase) per andare a unirci alla corsa all’oro. Anch’essa è un’ombra della verità! Be’, almeno finché c’è un ospite sincero e appassionato… e anche scrivere un romanzo epico lo è. – Sopraffatto dalla tristezza di non sapere né cosa ci sia nel mondo né cosa sto facendo. Sono del tutto indifferente al bene e al male, alla bellezza e a qualsiasi altra cosa. So che questa è la radice di tutti i problemi umani, tutti, eppure sono indifferente anche a questa consapevolezza. Non ho scritto nulla. Martedì 4 – Sono dovuto uscire a camminare nella pioggia di New York e mi sono infuriato con i miei amici. Io e il tipo indemoniato ci siamo spaccati in testa i dischi di Mozart. Ci siamo ubriacati. Quando me ne sono andato ero di umore splendido, mi sono ricordato della semplice bellezza della vita e sono ritornato a casa. Mercoledì 5 – Scritte note esaurienti. Per tutto il giorno non ho fatto altro che pensare che non c’è nulla di più virile dell’immagine di un uomo che scrive a lungo e con fatica, sottoponendosi a tutti i tranelli di un ampio lavoro mentale. È questo il mio misero scopo? La virilità? Rifletto molto su cose tanto importanti per me da non riuscire a scriverle. Sto affrontando una rivoluzione interiore. Giovedì 6 – Mi sto affrancando da un’antica schiavitù che descriverò più avanti. Credo che tra poco finalmente sarò libero. È davvero stupefacente. E sta avvenendo tutto in modo così silenzioso che non riesco a parlarne. Ho iniziato a scrivere con uno stile più libero stanotte. 1000 parole coerenti, in un’ora. Durerà? Venerdì 7 – Oggi 2500 parole in poche ore. Potrebbe essere questa…la libertà. E la padronanza! Che mi ha respinto tante di quelle volte, nei lunghi e tristi anni di lavoro, di fatica cieca e pesante. Ora sono troppo commosso per poter spiegare cosa sia tutto questo. Ha a che vedere con ogni elemento della mia natura e quindi, senza dubbio, con gli scritti che ne derivano. In che modo potrei lodare il cielo per una cosa simile, per la quale ho tanto lottato? Finalmente padrone della mia arte, invece che suo schiavo! Altre 1500 parole, di notte, proprio così. Fanno cinquemila parole nelle ultime ventiquattr’ore. Non sono più semplici, è solo che mi assomigliano di più. Sabato 8 – Un grande sabato americano. Splendida conversa- I giovani dappertutto sono curiosi del movimento dei “beatnick”, in rapporto al quale Jack Kerouac sembra stare nella stessa posizione di un André Breton rispetto al Surrealismo zione notturna con Ed White. È un non è così stupido, dopo tutto. Me uomo dall’animo delicato e gentine rendo conto leggendo alcuni le, una persona colta e anche modei miei romanzi mai conclusi o desta. Le sue idee sono semplici e pubblicati: semplicemente non vere, sempre. sono buoni. Alla fine raggiungerò Domenica 9 nov. – Letti i giornauna semplicità e una bellezza tali li. La recensione di Lionel Trilling che non potranno più essere messu Sherwood Anderson mi ha fatto se in dubbio: semplicità, moralità, venire alcune idee interessanti a e una bellezza, un puro lirismo. Ma proposito di Francis Martin. (Ora che dire del presente, di adesso? che in me si è verificato questo Sta diventando una cosa seria. Conuovo mutamento i miei garruli me posso sapere se sto raggiundiari sembrano sempre meno negendo la padronanza? Ci ho semcessari e persino inutili.) Avverto pre creduto in passato, quando mi una specie di sordo silenzio. abbandonavo a momenti di estasi 2000 parole a e poi di nausea, tarda notte e di disgusto. una solitudine Quest’idea ora pura. deve diventare Lunedì 10 realtà. Basta, banov. – Sono ansta. Stanotte: cora preoccu2500 parole, nopato per i soldi, nostante abbia ma non sarebbe perso tempo a molto saggio leggere i miei sprecare tempo vecchi scritti. in lavoretti vari, Ora riesco ad arproprio quando rivare fino a sto raggiungen4000 parole al do il culmine e la giorno. In ogni padronanza caso è un passo della scrittura. avanti. Significa In futuro inve9500 parole in stirò più tempo cinque giorni o ed energie per meglio quattro e cercare di vennon ho ancora IL LIBRO dere le mie stoiniziato a lavoraIl brano di Jack Kerouac rie. La scenegre a pieno ritmo. pubblicato in queste giatura Natale a C’è qualcosa di pagine è un’anticipazione New York, che così terribilda “Un mondo battuto dal ho scritto in Camente francovento. I diari di Jack lifornia, è molto canadese nelle Kerouac 1947-1954”, spendibile: goffaggini che Mondadori, che uscirà il 6 quando mi arricompaiono qua verà per posta e là nel mio pasgiugno dagli studi cinesato. E nel prematografici desente? Il lavoro: ciderò immequalcosa di indiatamente se darle una veste fantile e sincero, ma privo di inteladatta a una rivista o a un libro, opligenza. Uso ancora questa parola? pure se è meglio lasciarla così Martedì 11 nov. – Scritto lettere com’è, una storia per lo schermo, e nel pomeriggio. Quando Occhi Bui farla vedere in giro. Non sarebbe è ricomparsa sono andato in conmale guadagnarmi da vivere scrifusione, completamente. Vedrevendo: niente più raccolta del como cosa accadrà durante queste tone! adorabili interruzioni. Comunque Un pensiero che riguarda i camnon è un’enorme tragedia. Proprio biamenti del mio stile che ora mi in questi giorni sento che sta per sembrano tanto importanti: ciò giungere un altro periodo di scarsa che prima mi bloccava non era la creatività. È come una malattia o mancanza di creatività, ma piuttopiuttosto un tipo di follia. “E allosto il suo eccesso, un addensarsi ra?”, queste parole risuonano neldel flusso narrativo che non gli la mia testa, e io sfido tutto quello permetteva più di scorrere. Eppuche vedo con questo pensiero da re stanotte sono davvero preoccuteppista. Ora, ora acchiapperò la pato per il mio lavoro. Innanzitutnoia proprio mentre cerca di prento, è buono adesso? E il mondo lo dermi e le torcerò il collo ossuto. La riconoscerà come tale? Il mondo noia è una figura grigia e magra, un HENRY MILLER Postfazione a I sotterranei 2003 teppista con le mani in mano, uno zotico. No, no, niente più gioia sorridente nella mia vita, nessun interesse affascinato per le cose e le persone, mi sento come un malfattore in un vicolo scuro che aspetta con un coltello in mano, annoiato e quindi rabbioso. Chi ucciderò stanotte? Cosa farò a pezzi? Un’ondata elettrizzante di nausea sta cercando di prendere possesso del mio essere, per puro amore della varietà. Oh, sì, so che non avrei mai dovuto essere uno scrittore, non è nella mia natura, ma solo alla fine vedremo se è proprio così. Stanotte 2000 parole. Mercoledì 12 nov. – Oh, venti poderosi che schiantate i rami novembrini! Il placido sole splendente, non toccato dalle furie della terra, abbandona il mondo all’oscurità, al selvaggio oblio e alla notte, mentre gli uomini tremano nei loro cappotti e si affrettano verso casa. Poi le luci di casa scintillano in quelle profondità desolate. Eppure ci sono le stelle! Alte e luccicanti in un firmamento spirituale. Noi cammineremo fra mulinelli di vento, guardando intensamente attraverso le nostre sembianze terrestri, alla ricerca di un improvviso sorriso di intelligenza umana dietro queste insondabili bellezze. Ora il ruggito della furia di mezzanotte e lo scricchiolio dei nostri cardini e delle finestre, ora l’inverno, ora la comprensione della terra e della nostra presenza su di essa: questo dramma di enigmi e di doppi fondi, di sofferenze e di tristi gioie, queste cose umane nell’elementare vastità di un mondo battuto dal vento. Stanotte 1500 parole. Domani giorno libero, altrimenti, con un po’ più di parole, raggiungerei il nuovo traguardo di 15.000 parole alla settimana. Entro la fine di febbraio le ultime frasi di C & M saranno finite e rifinite, battute a macchina e pronte per l’editore. Stanotte ho anche scritto ampie note. Terrò sotto controllo queste energie inaspettate! Giovedì 13 nov. – Andato a una grande festa rumorosa che è durata fino alle… Venerdì 14 nov. …e Sabato 15 nov. Domenica 16 nov. – Sab. notte scritto note esaustive di circa 2000 parole. Oggi letto, mangiato e recuperato le energie. Stanotte scritto 4000 parole, assorbito in modo splendido. Cos’altro devo dire? Parlare costa poco. Sono felice. HANIF KUREISHI Eccitato dall’idea di un’esistenza “beat”, dopo gli esami volevo abbandonare del tutto il mondo della scuola Il mio orecchio sul suo cuore, 2004 ANDY WARHOL Era a San Francisco nel ’56. Un giorno era salito sul bancone di un bar e aveva cominciato a declamare poesie Andy Warhol racconta gli anni Sessanta, 2004