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Sentenza/Il dirigente non decide l`orario scolastico

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Sentenza/Il dirigente non decide l`orario scolastico
Sentenza/Il dirigente non decide l'orario scolastico
Il dirigente non decide l'orario
ItaliaOggi – 6 giugno 2012 - Antimo Di Geronimo
Un'ordinanza del Tar Toscana nega che la riforma Brunetta abbia modificato la materia
Sabato libero, conta la delibera del consiglio di istituto
Il dirigente scolastico non ha il potere di disattendere o dichiarare illegittime le delibere del
consiglio di istituto concernenti l'orario scolastico. Il decreto Brunetta, infatti, ha semplicemente
decontrattualizzato la materia, ma non ha modificato le competenze degli organi collegiali della
scuola. É quanto si evince da un'ordinanza sospensiva del Tar della Toscana (347/2012)
depositata il 30 maggio scorso, con la quale ha sospeso il provvedimento di un dirigente
scolastico. Che aveva rifiutato di attenersi ad una deliberazione del consiglio di istituto della sua
scuola riguardante la scansione dell'orario di lezione. Il preside, infatti aveva comunicato al
presidente del consiglio di istituto di ritenere «che la delibera del consiglio di istituto n. 10 del
19.12.2011 sia illegittima e che la competenza in materia di adattamento del modello scolastico
(sabato libero) sia del dirigente scolastico, sentiti gli organi collegiali e considerate le necessità
degli enti locali». Di qui l'esperimento dell'azione giudiziale da parte di un gruppo di genitori, che
terminava con l'accoglimento del ricorso e la sospensione del provvedimento. La questione è frutto
di un equivoco, abbastanza diffuso, ingenerato dall'entrata in vigore del decreto Brunetta. Che ha
indotto alcuni dirigenti scolastici a ritenere che la decontrattualizzazione di alcune materie
gestionali (tra cui l'orario scolastico) abbia ingenerato l'assunzione di pieni poteri in tali materie da
parte dei dirigenti. Sulla base di questa convinzione, c'è stato persino un dirigente scolastico che ha
trasferito d'ufficio una lavoratrice a un plesso distante circa 40 chilometri, pur essendo inamovibile
ai sensi della legge 104/92. Ma le cose stanno diversamente. La decontrattualizzazione, infatti, ha
riportato in vita le disposizioni di legge che regolavano questi ambiti prima della loro devoluzione
al tavolo negoziale. Nel caso specifico, l'art.10 del decreto legislativo 297/94, per quanto riguarda
le competenza del consiglio di istituto. E l'art. 7 per quelle del collegio dei docenti. Il procedimento
è caratterizzato da tre fasi. Nella prima fase, il consiglio di istituto detta le regole per la
compilazione dell'orario e la relativa scansione settimanale, compresa l'eventuale settimana corta.
Dopo di che il collegio dei docenti dà un parere tecnico sulla relativa attuazione. Infine, il dirigente
scolastico vi dà attuazione con un provvedimento, che deve essere informato ai criteri dettati dal
consiglio di istituto, avuto riguardo alle valutazioni fornite dal collegio. Nel caso in esame, invece,
il dirigente scolastico «non ha portato a termine il procedimento di fissazione dell'orario delle
lezioni per il prossimo anno scolastico» si legge nell'ordinanza, «assumendo le determinazioni di
sua spettanza.. limitandosi ad una statuizione di mera illegittimità della determinazione assunta dal
consiglio d'istituto, che esula dai suoi poteri e determina un illegittimo arresto procedimentale».
Quanto alla questione delle regole da applicare, va segnalato che, a seguito dell'intesa raggiunta il 3
maggio scorso tra governo e sindacati, la materia dell'orario scolastico dovrebbe ritornare nell'alveo
della contrattazione integrativa. Scongiurando così l'insorgenza di ulteriore contenzioso.
La sentenza del TAR
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Tar-Toscana-Ordinanza-n.-347-2012.pdf
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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo
Mercoledì, 25 Settembre 2013
SI POSSONO RIDURRE SEI ORE SENZA RECUPERO?
LA RIDUZIONE DELL'ORA DI LEZIONE
PER MOTIVI DI TRASPORTO DEGLI STUDENTI
di Francesco Scoppetta
dirigente scolastico dell'Itcs De Fazio di Lamezia Terme (CZ)
Le parti firmatarie del CCNL del 4.8.95, occupandosi per la prima volta del problema della riduzione dell’ora di
lezione in conseguenza delle iniziative assunte da alcune procure della Corte dei Conti, stipularono un accordo
tendente a risolvere la questione. L’accordo (sottoscritto il 17.9.97) di interpretazione autentica dell’art.41 del
contratto collettivo di comparto già in vigore sin dal 1995 richiamava le due circolari n. 243 (22.9.79) e n. 192
(3.7.80) per regolamentare la riduzione dell’ora di lezione per motivi estranei alla didattica.
Il contenuto di tale accordo è stato confermato successivamente sino ad oggi per cui la materia è ancora regolata dalle
due circolari citate.
Con la C.M. n. 620 del 3.10.1997 venne eliminata la preventiva autorizzazione del Provveditore e le decisioni vennero
rimesse a imprecisati "competenti organi della scuola".
Accanto alla riduzione per motivi estranei alla didattica, una diversa ipotesi di riduzione dell'ora di lezione (in
relazione all'esercizio dell'autonomia didattica, all'adozione di forme di flessibilità dell'orario, all'organizzazione
modulare, alla flessibilità del gruppo classe,dei curricoli,ecc.) è consentita oggi ai sensi dell'art. 21 della L. n. 59 del
15.3.1997 e dell'art.4 del DPR n. 275 dell'8.3.1999.In questo caso la riduzione dell'ora di lezione è compresa nel POF e
sarà recuperata sia dai docenti che dagli alunni.
Prima di addentrarci nella questione appare necessario, in via preliminare, valutare la chiarezza del contratto
interpretativo del 1997. «…In esso» ha scritto Sergio Auriemma « per quanto sia evidente la ratio ispiratrice di fondo,
continuano ad essere utilizzate forme espressive oltremodo ambigue e suscettibili, in astratto,
di interpretazioni controverse…» (1).
Siccome non vi è dubbio alcuno infatti che la riduzione per motivi didattici vada recuperata dai docenti e che la
riduzione della I,V e VI ora per motivi di pendolarismo degli alunni non vada recuperata ai sensi della cm 243/79,
le ambiguità contenute nell’accordo di interpretazione autentica concernono il «chi» e il « quanto » della riduzione per
"accertate esigenze sociali degli allievi,derivanti da insuperabili difficoltà dei trasporti".Allora le domande da porsi
sono le seguenti:
1) Chi deve ridurre le ore di lezione?
2) Si possono ridurre per motivi estranei alla didattica tutte e sei le ore di una giornata?
Il punto fondamentale del discorso è proprio questo. Infatti chi ritenesse che l'interpretazione autentica del 1997 abbia
risposto chiaramente a queste due domande può interrompere qui la lettura perchè non è mia intenzione confondere le
idee a chi già da quattro anni ha le idee chiare .
Per chi invece sulla questione le idee chiare continua a non averle, provo a riassumere i più importanti pareri
succedutisi nel tempo sulla stampa specializzata. Come si vedrà, pareri diversi e discordi. La loro esistenza sembra già
confermare il giudizio di Auriemma.
Comincerò con l'opinione di F. Scrimitore, secondo il quale « in ogni caso vige il generalissimo principio secondo cui
tutti gli insegnanti hanno l’obbligo, assunto per contratto, di insegnare per 18 ore effettive» (2).
Anche per la Gilda insegnanti la riduzione di dieci minuti non può riguardare tutte le ore di lezione ma «nei giorni con
cinque ore di lezione, le riduzioni devono riferirsi soltanto alla prima o all' ultima ora, soltanto eccezionalmente
possono riferirsi alla prima e all'ultima ora» (3). Dello stesso tenore è la risposta data sul sito Kataweb-scuola ad una email sulla questione (4). Giuseppe Pennisi ha specificato che «...nel caso di sei ore, la riduzione può riguardare la
prima ed ultima ora, ed eccezionalmente anche la penultima» (5). Concordano con tale tesi Ennio D'Amico e Antonio
Santoro in un articolo apparso su Scuola & Amministrazione (6).
Il dott. Vito Cardella, già Provveditore agli Studi di Catania, rispondendo ad un quesito di un lettore, ha scritto con
chiarezza che "sussiste l’obbligo per i docenti di recuperare i 180 minuti (10 minuti x 18 ore) settimanali non
prestati per cause di forza maggiore con attività inerenti alla funzione docente (idei, corsi di sostegno o di
recupero, supplenze brevi, assistenza alla mensa scolastica, ecc.) (7).
Anche "L’esperto risponde" de Il Sole 24 ore, negli anni ha dovuto affrontare più volte l’argomento della riduzione
dell'ora di lezione su impulso dei lettori.
Nel 1999 , alla luce dell’accordo firmato dall’Aran con le OO.SS., l’esperto aveva proposto di ridurre la I,V e VI ora
per motivi estranei alla didattica, senza obbligo di recupero per alunni e docenti, e le ore intermedie in base al Dm
766/97. "Il decreto citato prevede, per esigenze didattico-educative, la possibilità di riduzione a 50 minuti anche delle
ore di lezione intermedie, ma con obbligo di recupero sia per i docenti che per gli allievi" (8). Al di là del richiamo ora
superato al Dm 766/97 (sperimentazione dell’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche)
,l’elemento significativo da cogliere nella risposta de Il Sole 24 ore riguarda la possibilità di far coesistere nella scuola
dell’autonomia la riduzione per motivi didattici e la riduzione per motivi di trasporto.
Di parere esattamente opposto il dott. Cardella nel suo più recente intervento sulla questione (9). Ormai, egli dice, «le
due ipotesi di riduzione dell'ora di lezione potrebbero ridursi ad una sola, quella determinata dall'organizzazione
didattica, per la quale il recupero è obbligatorio».I motivi di natura didattica potrebbero far venire meno i "motivi di
forza maggiore" che giustificano l'ipotesi di riduzione senza recupero. Infatti, continua Cardella, «applicando la
riduzione dell'ora di lezione per motivi di natura didattica, sarebbe impensabile un'ulteriore riduzione per motivi di
forza maggiore ».
In concreto, quindi, se in un istituto si riducono a 50 minuti tutte le ore di lezione per motivi didattici, potrebbe di
conseguenza venir meno quell'incompatibilità tra gli orari scolastici e quelli dei mezzi pubblici di trasporto che era
causata dalla rigidità degli uni e degli altri. Secondo Cardella, insomma, la CM n. 243/79 è ormai superata nell'ottica di
una scuola nuova, autonoma, e di un'organizzazione didattica flessibile.
Se è così, allora conviene aprire una parentesi nel discorso che stiamo facendo per approfondire questo concetto di
autonomia didattica, che ha nella flessibilità dei tempi uno dei suoi punti di forza.
Vediamo cosa significa in concreto e nella realtà il superamento dell'unità oraria di 60 minuti (DPR 275/99 art. 4.2).
Una scuola può oggi decidere: se la I A deve fare in un anno 231 ore di italiano, il professore, invece di 231 ore di
sessanta minuti, potrebbe farne 277,20 di cinquanta minuti oppure 308 di 45 minuti. In una settimana, invece di 7 ore
di 60 minuti nella classe IA, ne potrebbe fare 8 di 50 minuti (con un resto di 20 minuti).
Vorremmo adesso chiarire come il monte-ore annuale delle discipline è un concetto del tutto astratto. Per essere
significativo questo numerino dovrebbe calcolare effettivamente il lavoro dei docenti e anche la presenza in classe degli
alunni. In pratica sappiamo bene che se in una scuola un professore, per esempio di italiano si assenta per periodi fino a
dieci giorni, viene sostituito dai colleghi che sono a disposizione, una volta da un collega di matematica, un'altra da
quello di educazione fisica e così via. Se vogliamo stare quindi ai numeri reali, e non a quelli teorici, nessuna scuola
assicura ad una classe al momento 200 giorni di lezione con quello che comporta, e cioè 231 ore annue di italiano, 66
di educazione fisica, 99 di inglese e così via. Pertanto considerando le fisiologiche e normali assenze dei docenti e le
conseguenziali supplenze, in realtà il computo annuale dei tempi delle discipline presenta variazioni (in più o in meno)
molto rilevanti. Se questa è la verità che sta sotto gli occhi di tutti, anche il numerino del monte-ore annuale per
materia o significa che deve essere rispettato (e allora bisognerebbe cambiare molte cose nella scuola italiana), oppure
è un indicatore — appunto — burocratico senza significato vero che, come tale, andrebbe ri-considerato o
abbandonato. E' come dire che un'auto ha una velocità massima di 180 Km all'ora. Significa che quando la guidi devi
raggiungerla, oppure che la puoi raggiungere? Il discorso non cambia affatto anche se consideriamo il 15% del
curricolo locale che può essere utilizzato per compensazioni tra discipline o per aggiungere altre discipline nel
curricolo.
Giunti a questo punto del discorso vorremmo pertanto sottolineare la seguente contraddizione: quando si dice che nel
caso diriduzione per motivi didattici dell'unità oraria di lezione il docente non può recuperare tale riduzione effettuando
"supplenze", ma deve recuperarla soltanto nelle proprie classi, significa dire una cosa del tutto ovvia. Ma significa
anche fingere che il monte-ore annuale per disciplina abbia un significato che, come abbiamo tentato di spiegare, al
momento non ha.
Vediamo quali sono le cose concrete che si possono fare in una scuola sul piano della flessibilità e nel tentativo di
garantire agli allievi il monte-ore annuale previsto per ciascuna disciplina.
Nel triennio di un istituto tecnico commerciale, si può per esempio organizzare un orario su scansione trisettimanale. A
condizione che ci sia la disponibilità dei docenti a sostenere un orario di lavoro più pesante durante la settimana di
prevalenza della propria disciplina (compensato nelle due settimane successive).
Ma al di là di una programmazione per moduli su scansione trisettimanale e, ripetiamo, in modo che in ogni settimana
abbia la prevalenza un gruppo di discipline affini, abbandonare le ore di 60 minuti non è ipotizzabile se non in scuole
di certe dimensioni e con pochi pendolari. Due rientri pomeridiani di 3 ore possono, per esempio, consentire il
sabato libero. Però è impossibile attuarli in una scuola con molti pendolari e in assenza di mense comunali.
Con un organico di un centinaio di docenti, è praticamente impossibile organizzare un orario con unità di insegnamento
di 50 minuti. La matematica, infatti , non è un'opinione, e allora basta fare due conti: un docente di italiano che ha sette
ore alla settimana in una classe prima, deve recuperare 70 minuti (in un anno 38,5 ore); il professore di Inglese, invece,
deve recuperare mezzora (in un anno 16,5 ore); quello di Scienza della materia quaranta minuti (in un anno 22 ore),
quello di Religione dieci minuti (in un anno 5,5 ore) e così via. E' evidente allora che ci può essere un recupero
(settimanale o annuale fa lo stesso) per assicurare il monte - ore annuale previsto per classe a condizione che si
organizzi un secondo orario scolastico pomeridiano (oltre quello del mattino), basato su unità di insegnamento di dieci
minuti, che si snodi lungo tutta la settimana.
Il paradosso è quindi il seguente: ridurre di cinque o dieci minuti le ore del mattino significa fare ogni giorno rientri
pomeridiani, cioè estendere a tutte le scuole una esperienza, quella del doposcuola o tempo prolungato (chiamata
adesso flessibilità) nelle scuole medie, che spesso si è rivelata del tutto fallimentare.
Chiusa questa riflessione sulle concrete possibilità di ridurre l’unità oraria per motivi didattici, torniamo allora alle
circolari ministeriali che si sono occupate della riduzione di dieci minuti delle ore di lezione. Sulla questione è
intervenuto più volte su Italia Oggi Giuseppe Mantica, il quale ha spiegato che «mentre la cm n. 243 si riferiva solo
ad alcune ore della giornata, la più recente, emessa il 3 luglio del 1980, estende le riduzioni di orario anche nelle
ipotesi non contemplate dalla precedente, e cioè per tutte le ore di lezione » (10). La stessa interpretazione il
giorno 27 ottobre 2000 era leggibile alla pag. 702 di Televideo- Scuola.
Resta il fatto che tali interpretazioni per così dire estensive, allo stato, appartengono ad una testata giornalistica e ad un
giornalista, mentre i più recenti documenti, rintracciabili sui rispettivi siti internet, di due organizzazioni sindacali
nazionali come la CGIL e lo SNALS, mantengono le ambiguità già segnalate in premessa.
Il documento CGIL intitolato "Riduzione oraria e obbligo del recupero", riassume la intera questione anche alla luce
della più recente cm 225/00 ma non osa andare al di là della seguente formula tipica :
«La riduzione dell’ora di lezione per cause di forza maggiore determinate da motivi estranei alla didattica, già
regolata dalle circolari 243/79 e 192/80, non va recuperata » (11).
Allo stesso modo, il documento SNALS (12) usa la seguente espressione:
«1. Riduzione dell’ora solare e conseguente adozione dell’ora convenzionale per causa/e di forza maggiore (orario
mezzi di trasporto pubblici, ecc.): i docenti interessati non sono obbligati a recuperare le frazioni di ora;»
L'identica espressione è adoperata dalla Gilda insegnanti sul proprio sito ufficiale internet (28.8.99): «La
riduzione dell’ora di lezione (fino a 50’) deliberata dal CdI per motivi estranei alla didattica non comporta alcun
obbligo di recupero da parte dei docenti (circ. n°243/79; interpretazione autentica del 4.8.95)».
Circa la posizione della CGIL-Scuola, è forse il caso di riportare per intero la risposta a me fornita lo scorso anno,
quando avevo chiesto appunto di precisare se la riduzione di tutte le ore di lezione andasse recuperata:
«La CM 243/79 fissa alcuni principi che però possono essere derogati dal provveditore (cm 192/80) che può
autorizzare la riduzione su tutte le ore di lezione. In ogni caso la riduzione autorizzata per i motivi di cui si parla non
comporta nessun recupero » (13).
Si può concludere dicendo allora che in questo variegato panorama di opinioni e pareri nessuna organizzazione
sindacale a livello nazionale dice chiaramente ed esplicitamente che la riduzione di TUTTE le ore di lezione
(dalla I alla VI) per motivi estranei alla didattica non vada recuperata. Per cui la conclusione del discorso
sembrerebbe pacifica, se tutti (scripta manent) siamo d'accordo che la riduzione della I,V e VI ora per motivi di
pendolarismo degli alunni non vada recuperata dai docenti.
Dov'è allora il problema?
Il problema sorge perchè, insediatisi dall’1 settembre 2000 nelle scuole autonome i dirigenti scolastici, quelle stesse
organizzazioni sindacali nazionali di cui abbiamo citato i documenti, in periferia tramite le RSU chiedono ai dirigenti
di non far recuperare la riduzione di tutte le ore di lezione. Così il cerino acceso che lo scorso anno veniva passato ai
Provveditori, dei quali si invocava l’autorizzazione alla riduzione di tutte le ore di lezione, quest’anno viene trasferito
ai dirigenti.
Tutto questo avviene per la semplice ragione che — a monte — un accordo di interpretazione autentica sottoscritto dai
sindacati con l’Aran non solo non ha chiarito la questione della riduzione delle ore ma anzi, se possibile, la ha
ingarbugliata ancor di più. Perché questo sia avvenuto e – soprattutto – perché quell’accordo rappresenti ancora, a
quattro anni di distanza, un punto fermo che le organizzazioni sindacali non intendono, nonostante tutti gli equivoci
generati, superare, non sono in grado di dirlo.
Resta comunque assolutamente ragionevole e, alla luce delle opinioni riassunte, fondata sul buon senso, la opinione
espressa dall’Associazione Nazionale Presidi (13) quando ricorda che « una causa di forza maggiore – per definizione
- non si delibera: se ne può solo prendere atto in via amministrativa. Nel momento stesso in cui diventasse oggetto di
una deliberazione, acquisterebbe carattere eventuale, legato al parere di una maggioranza e quindi non costituirebbe più
una causa esterna ed incoercibile.
Ne deriva che l’accertamento dello stato di necessità non può essere rimesso al voto, ma solo ad una presa d’atto che come tale - non può essere fatta che dal responsabile dell’ufficio.»
Come si vede, sul « chi» debba ridurre fino a dieci minuti l'ora di lezione c'è ormai una identità di vedute tra la stessa
associazione dei dirigenti scolastici e le organizzazioni sindacali. Così come c'è assoluta identità di vedute sulla
distinzione tra riduzione per motivi didattici e per motivi di trasporto.
Il problema resta il «quanto» ridurre. Ecco perchè risulta incomprensibile quello che ha affermato Giovanni Scaminaci
(14): «Ci sono poi i presidi che, pur in presenza di cause di forza maggiore, tentano comunque di far passare la
riduzione oraria come scelta di flessibilità organizzativa e didattica». Perchè tentano? Perchè godono nell'inasprire i
rapporti con i docenti? E' allora una semplice questione di «potere», o di intenti vessatori?
In altre parole, non si capisce perchè, se a livello nazionale e normativo fosse chiarissimo il chi e il quanto della
riduzione d'orario per motivi non didattici, i dirigenti scolastici dovrebbero intestardirsi a richiedere il recupero .
Invece è proprio vero il contrario: siccome a livello nazionale e normativo non si capisce bene se sia legittimo
ridurre tutte le ore di lezione per motivi non didattici, i dirigenti scolastici procedono in ordine sparso e hanno le idee
confuse. Ci sono scuole che perciò recuperano soltanto le ore intermedie, ci sono scuole che recuperano 90 minuti, 180
minuti, 120 a settimana, ci sono scuole che non fanno recuperare niente...
Tutte queste idee, tesi, argomentazioni, che abbiamo fin qui cercato di compendiare in una mappa, non sembrano al
momento destinate a ricomporsi in una interpretazione che ristabilisca la certezza del diritto. Tutt'altro. Anzi, le
interpretazioni si moltiplicano e gli interpreti continuano a dividersi. A riprova posso riportare il punto di vista espresso
(15) per ultimo da Giovanni Bonaventura, il quale non ritiene pertinente il richiamo alla « forza maggiore» come
esimente dalla responsabilità. Infatti la forza maggiore si concreta in un evento della natura o dell'uomo, che, pur se
previsto, non può essere impedito. Ma, a suo dire, l'orario di partenza dei mezzi di trasporto può, invece, essere
modificato in modo da renderlo compatibile con la fine delle lezioni. Inoltre non è neppure possibile individuare nella
particolare situazione uno «stato di necessità» perchè il danno causato agli alunni con la riduzione non è proporzionato
al pericolo da scongiurare. Secondo Bonaventura, dunque,le questioni giuridiche sono chiare (affermazione questa che
è palesemente in contrasto con quest'altra: «ad ogni inizio d'anno si apre per i dirigenti scolastici
l'angoscioso dilemma circa il recupero delle riduzioni di orario») e pertanto le riduzioni di orario debbono essere
determinate soltanto da difficoltà insuperabili e rappresentare soluzioni del tutto eccezionali.
Le questioni giuridiche sui minuti da recuperare non sono, checchè se ne dica, affatto chiare, non ci stiamo
arrampicando sugli specchi, nè stiamo assistendo ad una stucchevole telenovela. La questione è seria e si è
generalizzata a causa dello stato indecoroso, soprattutto nel mezzogiorno d'Italia, dei trasporti pubblici e a causa
dell'«assurdità di un curricolo di 36 ore degli istituti tecnici». La questione è così minacciosa che rischia per i dirigenti
scolastici di diventare prima o poi esplosiva. Basta fare due conti a matita sul danno erariale. E' stato calcolato (16) che
solo prendendo in considerazione i 1400 istituti tecnici italiani, per lo Stato pagare un docente per un'ora intera mentre
esegue una prestazione di 50 minuti, significa bruciare 673 miliardi all'anno. Negli ultimi dieci anni il danno
ammonterebbe quindi ad un totale di 6 mila e 700 miliardi. Una bella cifra, sulla quale tutti, a cominciare dai sindacati,
dovrebbero riflettere senza inutili sofismi e demagogie. Siamo tutti così sicuri che anche in futuro la Corte dei Conti
per prima cosa comincerà a discernere riduzioni per motivi didattici da quelle per motivi di trasporto? E poi continuerà
a distinguere le prime ed ultime ore da quelle intermedie e così via, con la conclusione pratica che un docente di
italiano in un istituto tecnico viene pagato per 18 ore quando in realtà magari lavora effettivamente per quasi 12 ore?
Provo a concludere il discorso con una proposta. A questo punto credo che forse per risolvere il problema sarebbe utile
uscire fuori dal problema, e affrontare la questione non più dalla parte dell’orario di servizio dei docenti. Ma dalla parte
degli alunni. Senza avere la preoccupazione di mettere le carte a posto per far fronte ai controlli della Corte dei Conti,
la questione dell’ora di lezione (che sia di 50 o di 60 minuti poco importa) andrebbe affrontata calcolando l’effettivo
insegnamento e non quanti minuti l’insegnante sta a scuola. Propongo cioè di prendere in considerazione la durata
dell’effettivo insegnamento (effettiva, per così dire, esposizione dell'alunno al docente) e non più i 200 giorni di
lezione e/o l'ora burocratica. Il problema è perciò quanti giorni gli alunni vengono a scuola, quanto tempo stanno in
aula, non quanti giorni la scuola resta aperta, a disposizione di...
Per contabilizzare i danni sociali oltre che il danno erariale.
NOTE
Questo articolo è stato pubblicato in parte sotto forma di lettera su La Tecnica della Scuola, 1 dicembre
2000,n.7,pag. 27.
(1) Sergio Auriemma (a cura di), voce "Ora di lezione (riduzione)", pag. 299,
"Repertori 1998-1999, Dizionario normativo della scuola ", volume f.c. di Notizie della
scuola.
(2) "Riduzione delle ore di lezione ad unità inferiori ai sessanta minuti", a cura di F.
Scrimitore,Scuola & Amministrazione n.4, dicembre 1996,pag.87.
(3) Il nuovo Vademecum dell’insegnante (a.s. 2000/2001) della Gilda insegnanti,voce
"Ora di lezione", pag. 106.
(4) « E' vero che negli Istituti superiori in piena autonomia la riduzione dell'ora
di insegnamento può essere disposta dal Dirigente indipendentemente dal
Collegio Docenti.Anche in tal caso i docenti sono tenuti a recuperare le frazioni
residue?» (Rsu,insegnante). «Le riduzioni d'orario devono essere recuperate.Tranne nel
caso delle riduzioni di 5/10 minuti della prima/ultima ora giustificate e documentate da
motivi
di
trasporto
degli
alunni»
(www.kwscuola.kataweb.it/sos_scuola/sos_domand.../1,1498,Insegnanti).
(5) Giuseppe Pennisi,"Quesitario amministrativo", Italia Oggi "Azienda Scuola" del 27
febbraio 2001.
(6) Ennio D'Amico e Antonio Santoro ,« L'orario di servizio dei docenti», Scuola &
Amministrazione n.3, novembre 2000, pag.15.
(7) Risposta contenuta in "Racconti scolastici", di Vito Cardella,La Tecnica della
Scuola del 15.10.99.
(8) "Quando un'ora di lezione può durare 50 minuti" (43), in "L'esperto risponde"Scuola - Il Sole 24 ore, 3.1.99,Numero uno .La risposta è ribadita in "Come va inteso il
recupero delle ore intermedie" (1410),Numero ventiquattro-22 marzo 1999: «Il Dm
766/97 citato dal lettore prevede il recupero delle ore intermedie,cioè di quelle ore che
vengono ridotte a 50 minuti in aggiunta a quelle previste dalla circolare ministeriale
243/79 ».
(9) Vito Cardella,articolo a pag. 24 del n. 5 di La Tecnica della scuola, nov. 2000.
(10) "Orario:senza il Pof prevale il Ccnl" di Giuseppe Mantica,Italia Oggi,"Azienda
Scuola", martedì 17.10.2000,pag. 48.Anche in un precedente articolo su Italia Oggi, "I
minuti persi nella lezione non si possono recuperare",Mantica era stato chiaro scrivendo
: « Non si recuperano i minuti delle ore inferiori a 60 minuti.Anche se la riduzione
riguarda tutte le ore della giornata ».
(11) "Riduzione oraria e obbligo del recupero" (aggiornata al 13 ottobre
2000),www.cgilscuola.it/riduzioneor/ind_ridu.htm
(12) Notiziario Sindacale n. 181 del 5 ottobre 2000,Ai Segretari Provinciali S.N.A.L.S.
(13) Risposta ancora il 30.8.00 consultabile
internet,www.cgilscuola.it/Tuttocont/quesiti/risposte2.htm
nelle
(14) "Riduzione dell'ora di lezione per
punto",19.09.00,www.anp.it/news/ora_lez.htm
di forza
cause
faq
del
maggiore-
sito
il
(15) "Schiarita sull'ora breve" di Giovanni Scaminaci,su Il Sole 24 ore - Scuola n. 21,
pag. 11.
(16) "La verità sull'ora di 50'" di Giovanni Bonaventura, su Il Sole 24 ore-Scuola (9-22
febbraio 01),pag.13.
(17) "Chi pagherà il conto?" di Salvatore Indelicato,Catania,intervento apparso in
"Minuti da recuperare?/2" in La Tecnica della Scuola n.7, 1 dicembre 2000,pag. 27.
La pagina http://www.edscuola.it/archivio/ped/autonomia/oralezione.html
Indicazioni per l’adozione dell’orario scolastico in termini di articolazione, durata delle lezioni e
recupero del tempo scuola.
Direzione Generale
Via Ripamonti, 85 – 20141 Milano
Posta Elettronica Certificata: [email protected]
Prot. n. MIUR AOODRLO R.U. 15283
Milano, 22 settembre 2010
Ai dirigenti scolastici delle scuole statali
Ai coordinatori didattici delle scuole paritarie
Oggetto: Orario scolastico
Dalle notizie e dai quesiti che pervengono a questa Direzione relativi all’orario scolastico si
coglie un quadro di difformità di comportamenti nel territorio che destano confusione e disagio
nelle scuole e nell’opinione pubblica.
Pare opportuno, quindi, richiamare che, in base alla normativa vigente, l’iter della definizione
dell’orario settimanale è il seguente:
•delibera del Consiglio di Istituto sull’orario settimanale delle lezioni e sull’orario di inizio
e di fine delle lezioni giornaliere, tenuto conto delle necessità organizzative interne ed
esterne (come ad esempio i trasporti ed il servizio mensa, ove esistente, esperite tutte
le possibili azioni di coordinamento con gli Enti e le Società locali)
•delibera del Collegio Docenti sui criteri didattici di formulazione dell’orario, esplicitati
anche nel POF, e della durata dell’unità di lezione all’interno del quadro definito dal
Consiglio di Istituto
•adozione da parte del capo di istituto, all’interno delle operazioni afferenti alla
complessiva gestione dell’istituzione scolastica di sua competenza, dell’orario scolastico
comprensivo della definizione delle modalità dell’eventuale recupero del tempo scuola
per gli alunni e del tempo lavoro per i docenti.
Criterio principale, stante il compito istituzionale del servizio scolastico, non può che essere
quello di un impianto funzionale per realizzare le migliori condizioni possibili per un
apprendimento efficace ed efficiente da parte degli studenti.
Come già esplicitato nelle circolari di questa Direzione del 30 marzo 2010 relativa
allecontrazioni dell’orario scolastico e del 9 giugno 2010 relativa al calendario scolastico,
costituisce vincolo insuperabile il monte ore annuo del piano di studi destinato alle
aree esperenziali, gruppi disciplinari/discipline. Poiché la formulazione attuale degli
ordinamenti vigenti è diversa, per monte orario annuo dei piani di studio si intende quello già
presente oppure quello settimanale moltiplicato per 33 settimane. In entrambi i casi, da
sempre e quindi a prescindere dalla riforma delle scuole superiori, l’unità di riferimento è l’ora
(pertanto pari a 60 minuti). La formulazione dell’orario settimanale è basata su scelta sia
dell’articolazione delle lezioni/attività (in modo che ci sia una distribuzione giornaliera più
perequata possibile), sia dalla durata dell’unità di lezione.
Dal dibattito riferito dalla stampa parrebbe non essere ancora consolidata la concezione che
attengono all’autonomia della scuola sia la scelta dell’offerta formativa curricolare sia la durata
della singola lezione.
Tutto ciò, fermo restando che l’adozione nell’ambito dell’offerta formativa, di unità di
insegnamento non coincidenti con l’unità oraria non può ridurre l’orario obbligatorio annuale
(definito in base al monte orario annuale ed all’applicazione delle quote di autonomia) attuato
nel calendario scolastico con la previsione del recupero anche delle eventuali residue frazioni di
tempo.
Rimane aperto lo spazio importante di ricerca educativa ed organizzativa relativo allo studio di
forme di didattica modulare, non basate su scansione settimanale, con possibilità di
concentrazione di alcune attività che richiedono intensità d’apprendimento o svolgimento
extra-scolastico. A tal proposito si ricorda che in base al C.C.N.L. del Comparto Scuola
l’orario d’insegnamento, anche in riferimento al completamento dell’orario
obbligatorio, può essere articolato sulla base della pianificazione annuale delle
attività e nelle forme previste dai vigenti ordinamenti, in maniera flessibile su base
plurisettimanale in misura, di norma, non eccedente le quattro ore.
Il direttore generale
Giuseppe Colosio
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