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Le mani del clan su Cosenza

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Le mani del clan su Cosenza
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Mercoledì 7 dicembre 2011
www.ilquotidianodellacalabria.it
Blitz della Dda contro i Ruà-Lanzino. «La ’ndrangheta c’è ma la città è omertosa»
Le mani del clan su Cosenza
Sedici arresti. Indagati per voto di scambio Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo
LE MISURE ANTICRISI
Carburanti, stangata subito
Sulle pensioni la Fornero
apre a possibili modifiche
Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo
• Non solo
di Rende
i politici
sospettati
L’arresto di Costantino Scorza da parte degli uomini della polizia (Foto: Mario Tosti)
• Fatta luce Sul governatore gli strali di Zavettieri e Belcastro
su tre delitti
nella lotta La moglie di Santi Zappalà replica a Scopelliti
tra bande
«Pietà per mio marito»
• Due boss
restano
ancora
latitanti
T. ACETO, M. CLAUSI
e A. MORCAVALLO
LE dichiarazioni di Scopelliti all’iniziativa del Museo
della ’ndrangheta a proposito di Santi Zappalà («Se i fatti sono accertati bisognerebbe buttare le chiavi») hanno
suscitato le reazioni della moglie dell’ex consigliere:
«Mio marito merita quantomeno umana pietà».
Rita
Librandi
ADRIANO MOLLO
a pagina 13
Un distributore di carburanti per auto
LA manovra economica
varata dal governo Monti
è pronta per l’esame alle
Camere, con il premier
pronto anche a chiedere la
fiducia. La stangata su
benzina e diesel piomberà
subito (dal primo gennaio), mentre sulle pensioni il ministro Fornero ha
detto in Tv che si è aperti a
possibili modifiche.
alle pagine 4, 5, 6 e 7
Caro Bersani, così ci rovini
Rifiuti nel fiume Oliva
In libertà l’imprenditore
Una catanzarese
entra nell’Accademia
della Crusca
CARO segretario Bersani, desidero esprimerti, interpretando il sentimento diffuso e di ora in ora crescente di molti
militanti, amministratori locali, dirigenti locali del Pd e dirigenti sindacali, il mio dissenso dai provvedimenti
PAOLO OROFINO a pagina 21
EDVIGE VITALIANO a pagina 55
continua a pagina 26
Amantea. La decisione dei giudici del Riesame
di ERNESTO MAGORNO
da pagina 8 a pagina 12
Reggio. Interrogati parenti e conoscenti di Vittorio Bruno Martino. Accertamenti sulle sue attività
Sombrero
Consiglieri
RICORDATE le elezioni
comunali in cui tutti avevano un cugino, un compare d'anello, un dirimpettaio candidato? Che si
facevano le collezioni di
santini, e valevano di più
le facce più buffe, gli slogan più strampalati? Accadde ieri, ma per volontà
di Monti potrebbero diventare vecchie storie da
raccontare. Perché intanto i consiglieri di circoscrizioni e Comunità
montane perdono il compenso. Toccherà poi ai Comuni? E allora si candideranno solo quanti vogliono occuparsi gratis
del bene comune, e i mariuoli a caccia di tangenti. Due categorie, specie
la prima, poco numerose.
Si indaga sui rapporti dell’imprenditore ucciso
GLI investigatori stanno vagliando i rapporti, personali
e professionali, di Vittorio
Bruno Martino, l’imprenditore di 46 anni ucciso lunedì.
FABIO PAPALIA
a pagina 19
Marina di Gioiosa
L’ex assessore
dal carcere
«Aiutate
i bisognosi»
N. BARILLARO a pagina 39
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ANNO 17 - N. 337 - € 1,20
8 Primo piano
Mercoledì 7 dicembre 2011
Primo piano 9
Mercoledì 7 dicembre 2011
La Dda di Catanzaro fa luce sulle morti di Marchio, Sassone e Pelazza
Mafia e politica
Ricostruiti tre delitti
Operazione nell’inchiesta Terminator
I boss Lanzino e Presta restano latitanti
Presta, Gatto e Scorza i killer spietati nella lotta tra bande
Omicidi, pizzo
e voto di scambio
Omicidi nati
da contrasti
per il predominio
economico
sulla zona
Cosenza, la Dda smantella il clan Ruà-Lanzino: 16 arresti
Finisce in cella il reggente Patitucci. Indagati tre politici
di ANTONIO MORCAVALLO
schede dei segni identificativi.
Davvero se questo è avvenuto e se
le schede sono state conteggiate,
vuol dire che non c'è limite al peggio». «Qualsiasi sia la parte politica che governa - aggiunge
Lombardo - la criminalità organizzata si infiltra sempre. Per la
'ndrangheta che governi la Destra o la Sinistra è la stessa cosa.
Le 'ndrine sono trasversali al potere, si adeguano a chi c'è in una
determinata area del territorio o
scelgono direttamente loro». Insomma se l'attuale inchiesta Terminator, che dunque sarebbe la
numero 4, potrebbe come si augura il procuratore Vincenzo
Antonio Lombardo «aver messo
la parola fine sul clan Ruà-Lanzino e sulla guerra di mafia», le indagini di Dia, carabinieri e polizia, potrebbero continuare a lungo sulla pista della commistione
politico-mafiosa. Una zona grigia ancora troppo oscura.
L’arresto di
Costantino
Scorza da parte
degli uomini della
Squadra Mobile
della Questura
| IL PROCESSO |
L’ex contabile delle cosche
parla dell’omicidio Sena
GLI ARRESTATI
«Buoni rapporti
con gli altri clan
per gli affari»
Francesco Patitucci
Domenico Cicero
Walter Gianluca Marsico
Mario Gatto
Michele Di Puppo
Giovanni Di Puppo
Giuseppe Perri
Roberto Porcaro
Luigi Gagliardi
Simone Andretti
Luigi Gaudio
Mario Piromallo
SI è svolta ieri l’udienza del processo
“Terminator 3” a parlare è sempre Dedato, che questa volta ha raccontato le sue
verità in merito al delitto di don Antonio
Sena, ex boss di Cosenza e al tentato omicidio di Umile Esposito. Le dichiarazioni
del collaboratore di giustizia Vincenzo
Dedato vengono riportate anche all’interno dell’ordinanza dell’operazione di
ieri.
Vincenzo Dedato è stato ascoltato ieri
nell’aula della Corte di Assise del tribunale bruzio, dove si sta svolgendo (dinanzi al presidente Antonia Gallo e al pm
Antimafia Vincenzo Luberto) il processo “Terminator 3”. Gli omicidi al vaglio
dei giudici cosentini, oltre a quello di
Bruni (ucciso il 29 luglio del 1999
all’uscita del carcere di Cosenza), sono
quelli di Primiano Chiarello (ammazzato a Cassano Ionio l’8 giugno del 1999),
ritenuto vicino ai Bruni, e di Antonio Sena (ucciso a Castrolibero il 12 maggio
2000). C’è anche il tentato omicidio di
Umile Esposito (Bisignano, 27 maggio
2000). Sei gli imputati: Francesco Abbruzzese, alias “Dentuzzo”, di Cassano
Ionio, ora al regime del 41 bis a Rebibbia;
Ettore Lanzino, di Cosenza, latitante dal
settembre 2009; Nicola Acri, di Rossano, al 41 bis nel carcere di Cuneo; Francesco Presta, originario di Roggiano
Gravina, latitante dal maggio 2009; lo
stesso Vincenzo Dedato e Francesco Bevilacqua, entrambi collaboratori di giustizia.
Ieri Vincenzo Dedato ha parlato
dell’omicidio Sena e in particolare come
«l’omicidio viene deciso dopo l’operazione Garden», come ha sempre ribadito
l’ex contabile delle cosche cosentine tutti
i fatti di sangue sono stati stabiliti all’interno del carcere. Dedato però sulla rico-
struzione e sul rapporto tra Lanzino e
Sena ha fornito una versione durante
l’interrogatorio del pm per poi cambiare
idea durante il controesame dell’avvocato Garritano. Dedato poi ha parlato degli
esecutori materiali del delitto indicando
«Presta come esecutore materiale, Gatto
come autista e Perri per il recupero. L’arma utilizzata una 9x21 automatica». Infine Dedato dice che Nicola Acri e Francesco Abbruzzese sono estranei all’uccisione di Antonio Sena avvenuta nel 2000
a Castrolibero.
Sul tentato omicidio di Umile Esposito
Dedato invece non ha molte cose da dire,
parla del fatto che l’attentato è avvenuto
mentre Esposito si trovava insieme a
due prostitute e che «era considerato
spazzatura che cammina». L'episodio
non sarebbe legato alla guerra tra clan,
ma al fatto che Presta non avrebbe gradito l'attività di prostituzione messa in
piedi da Esposito proprio sotto casa sua.
Secondo la Dda gli attuali imputati di
“Terminator 3” avrebbero commesso
questi agguati «al fine di agevolare le attività dell'associazione di tipo mafioso
facente capo a Francesco Abruzzese e di
quella organizzata e diretta da Ettore
Lanzino e Domenico Cicero».
Il processo in questione fa parte di un
troncone (l’operazione eseguita ieri, come spiegato dagli inquirenti, ne rappresenta l’ultima parte) dell’indagine denominata “Terminator” avviata dalla Dia
di Catanzaro nel 2007, che ha portato già
all’emissione da parte del gip distrettuale di 14 ordinanze di custodia cautelare
in carcere nel settembre 2008, di otto
analoghi provvedimenti nel maggio
2010 e, da ultimo, nel luglio del 2011
all’emissione di altri tre provvedimenti.
tiz. a.
La carrozzella di Vittorio Marchio
Mario Gatto, i defunti Carmine Pezzulli, Carmelo Chirillo e Aldo Benito
Chiodo, come mandanti; Presta e Gatto come esecutori materiali. Ma non
solo Gaudio per aver avvisato i killer
della presenza della vittima; Marsico
per aver dato incarico a Colosso di
mettere a disposizione degli assassini una automobile rubata; Massimiliano Cozza e Biagio Barberio per
aver fornito la vettura a Colosso e
aver indicato il luogo dove lasciarla;
il defunto Marincolo per aver indicato il luogo dove lasciare la vettura e
per aver accompagnato i killer dopo il
delitto. Infine Giuseppe Perri, per
aver accompagnato da Cosenza a Tarsia, dopo l’omicidio, Francesco Presta.
Come autori e mandanti del delitto
di Enzo Francesco Antonio Sassone
sono indicati ancora Lanzino, i Castiglia, Presta, Costantino Scorza, Massimiliano Cozza, Luigi Gagliardi, Cicero, Dedato, Marsico, Perri, Barberio, Amodio, Colosso e Giuseppe
Schiavo, oltre ai defunti Francesco
Marincolo, Carmine Chirillo e Franco Gabriele. I magistrati dell’Antima-
fia accusano Francesco Presta e Costantino Scorza di essere gli esecutori materiali. Francesco Sassone venne ucciso con quattro proiettili esplosigli contro con una pistola calibro
38/357.
E la Dda spiega anche il motivo
dell’eliminazione di Sassone, ucciso
«perché appartenente ad un gruppo
criminale rivale operante nella zona
di Tarsia» e questo al fine di «conquistare il controllo delle attività illecite». Insomma lotta per la supremazia
e per il denaro. Al clou della guerra di
mafia che ha insanguinato Cosenza e
la provincia fino alla fine degli anni
Novanta. Poi, tra alterne vicende,
maxi operazioni, arresti, accordi e
pax, è tornato il silenzio. Tutti in tacito accordo per spartirsi meglio la torta. Solo negli ultimi tempi, nel capoluogo e nell’hinterland cosentino, la
criminalità sembra aver alzato il tiro
con numerosi episodi legati alle
estorsioni e alle intimidazioni, ma
ancora lontani dagli anni bui vissuti
nel terrore.
a. mor.
GLI INDAGATI
Anche il figlio di “Ettaruzzu”
nel fascicolo dell’Antimafia
Francesco Patitucci, 50 anni di Rende; Francesco Amodio, 44 di Cosenza; Simone Andretti, 41 di Castrolibero; Salvatore Ariello, 38 di Castrolibero; Umberto Bernaudo; Biagio Barberio, 37 anni di Cosenza; Umberto Cocozza, 44 anni di Cosenza; Giulio Castiglia, 60 anni di Cosenza; Luisiano Castiglia, 57 di Cosenza; Domenico Cicero, 54 anni di Cosenza; Angelo Colosso, 38 anni di Cosenza; Massimiliano Cozza, 35 di Cosenza; Pierpaolo De Rose, Vincenzo Dedato, 59 di Cosenza; Il procuratore Borrelli mostra il
Giovanni Di Puppo, 38 di Rende; Michele Di Puppo, 47 di Rende; Luigi Gagliardi, fascicolo al colonnello Ferace
38 di Cosenza; Mario Gatto, 42 di Cosenza; Luigi Gaudio, 55 di Carolei; Rinaldo
Gentile, 51 di S. Martino di Finita; Michele Giordano, 40 di Dipignano; Pilerio Giordano, 46 di Cosenza; Emiddio
Lanzino, 32 di Cosenza; Ettore Lanzino, 56 di Cosenza; Walter Gianluca Marsico, 44 di Cosenza; Giuseppe Perri, 55 di Acri; Mario Piromallo, 44 di Cosenza; Roberto Porcaro, 27 di Cosenza; Francesco Presta, 51 di Tarsia;
Pietro Ruffolo; Giuseppe Schiavo, 39 di Fifline e Costantino Scorza 54 di San Lorenzo del Vallo
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
COSENZA - Mafia e politica, usura, estorsioni, tre omicidi, gestione di pacchetti di voti. Una pax siglata dopo il sangue per poter fare affari d'oro senza polveroni.
La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ridisegna lo
scenario 'ndranghetistico della
città dei Bruzi e del suo hinterland con quello che si ritiene essere l'ultimo, quello definitivo,
filone dell'inchiesta Terminator.
E lo fa con una inchiesta che porta in carcere 16 dei 18 destinatari
delle ordinanze (alcuni già detenuti), e squarcia quella cappa di
delinquenza che soffoca le attività commerciali e che si infiltra
nella gestione politica spostando
pacchetti di voti, arrivando anche a fare apporre sulle schede
segni identificativi dell'avvenuta, “corretta”, scelta elettorale.
La cosca dominante, dopo gli
arresti del clan Cicero e del clan
Bruni, secondo la Dda era quella
Ruà-Lanzino. A gestire la consorteria mafiosa, vista la latitanza di “Ettaruzzu”,
secondo l'Antimafia di Catanzaro,
era stato delegato
Francesco Patitucci, di 50 anni. Dalle
sue mani sarebbe
passata la gestione
del territorio e la
divisione degli incassi che finivano in una unica
“bacinella”.
Il gruppo criminale, scrive la
Dda, «riconducibile a Lanzino,
oggi diretto dal Francesco Patitucci, ha mantenuto equilibrati
rapporti con la consorteria criminale facente capo a Domenico
Cicero, nonché con quello noto
alle cronache giudiziarie come
gruppo “Bruni” alias Bella-Bella, con il quale nel 2006 veniva siglata, oltre a una sorta di pax mafiosa, anche un comune accordo
per la ripartizione dei proventi illeciti». Praticamente, sottolineano gli inquirenti, dal 2006 «i
gruppi criminali riconducibili a
Patitucci, Cicero e Bruni, operavano autonomamente ma in costante raccordo, onde evitare
nuovi sanguinosi conflitti armati».
Come detto 18 le ordinanze di
custodia in carcere firmate dal
gip su richiesta di Giuseppe Borrelli, e dei pm antimafia Pierpaolo Bruni e Carlo Villani, 16 quelle
eseguite escluse quelle dei latitanti Ettore Lanzino e Franco
Presta. Le ordinanze d'arresto
eseguite ieri da Dia, dai carabinieri del Comando provinciale e
dalla Prima Sezione della Mobile
della Questura, hanno riguardato Francesco Patitucci, 50 anni;
Simone Andretti, 41 anni; Salvatore Ariello, 37; Biagio Barberio,
37; Domenico Cicero 54 anni;
Giovanni Di Puppo, 38; Michele
Di Puppo 47 anni; Luigi Gagliardi 38; Mario Gatto, 42; Luigi
Gaudio 55; Pilerio Giordano, 46;
Gianluca Walter Marsico 44;
Giuseppe Perri 55; Mario Piromallo 44; Roberto Porcaro 27;
Costantino Scorza di 57 anni.
Tra i reati contestati a vario titolo, associazione mafiosa, omicidio (di Vittorio Marchio, esponente di vertice della criminalità
cosentina, ucciso il 26 novembre
del 1999; di Enzo Pelazza, ucciso
il 28 gennaio 2000 a Cosenza; e di
Antonio Sassone, ucciso il 9 giugno 2000 a Terranova da Sibari)
estorsione, usura, concorso
esterno in associazione e voto di
scambio. Proprio per quest'ultima ipotesi di reato, l'inchiesta
della Direzione distrettuale antimafia catanzarese, diretta dal
procuratore Lombardo, ha indagato l'ex sindaco di Rende e consigliere provinciale del Partito
democratico, Umberto Bernaudo, il consigliere provinciale ed
ex assessore al Bilancio del Comune di Rende, Pietro Ruffolo, e
il consigliere comunale ed ex assessore di Piane Crati, Pierpaolo
De Rose (neo vincitore del concorso per Polizia provinciale). Un
filone su cui ancora indagano gli
inquirenti e spuntato da alcune intercettazioni.
A parlare di voti,
pacchetti e sostegno a Ruffolo e Bernaudo, alle elezioni
provinciali
del
2009, hanno spiegato gli inquirenti
in conferenza stampa, è stato Michele Di Puppo. L'uomo, considerato dagli inquirenti facente parte della cosca Lanzino-Patitucci,
quale amministratore della Cooperativa “Rende 2000”, avrebbe
sostenuto la campagna elettorale dei due in cambio di risorse
pubbliche dal Comune di Rende.
Carabinieri e Polizia, guidati rispettivamente dal colonnello
Francesco Ferace e dal colonnello Vincenzo Franzese, e dal questore Alfredo Anzalone e dal capo
della Squadra Mobile Antonio
Miglietta, oltre ad eseguire le ordinanze di custodia in carcere,
hanno perquisito le abitazioni
dei tre politici coinvolti e hanno
acquisito la documentazione della Cooperativa rendese. Inoltre le
indagini mirano ora alla verifica
delle schede elettorali del comune di Piane Crati, per l'eventuale
riscontro di segni di riconoscimento su esse impresse. Uno degli arrestati, Luigi “Ninni” Gagliardi, è il leader del Movimento
Disoccupati e si era candidato
più volte ad elezioni locali e regionali, appoggiando, di volta in
volta, sia il centrodestra che il
centrosinistra.
«Le intercettazioni - spiega il
procuratore aggiunto della Dda
di Catanzaro, Borrelli - testimoniano un capillare controllo del
voto da parte dei criminali. Sarebbero stati capaci di garantire
un preciso numero di voti. O almeno, questa è una ipotesi investigativa su cui ora stiamo lavorando. Non è da escludere anche
l'arroganza di far imporre sulle
COSENZA - Tre omicidi di mafia su
cui la Direzione distrettuale di Catanzaro ritiene di aver fatto piena luce.
Grazie alle intercettazioni, ad anni di
indagini, e alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Si tratta
dei delitti di Vittorio Marchio del 26
novembre del 1999, di Enzo Pelazza,
ucciso il 28 gennaio 2000 a Cosenza, e
di Antonio Sassone, freddato il 9 giugno 2000 a Terranova da Sibari. I magistrati della Dda, che nella ricostruzione dei fatti sono partiti dalle indagini che risalgono al 2007, nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari firmata dal gip Abigail Mellace,
indicano mandanti, esecutori materiali e fiancheggiatori in tutti e tre gli episodi di sangue. Secondo la
Dda di Catanzaro, Vittorio
Marchio è stato ucciso da
Francesco Presta, Mario
Gatto, Walter Gianluca
Marsico, Angelo Colosso,
Francesco Amodio e Vincenzo Dedato, Domenico
Cicero ed Ettore Lanzino.
Sono invece indicati come mandanti dell’eliminazione del “boss in carrozzella” Marchio: Presta, Gatto, Marsico,
Lanzino, Cicero e Dedato. Gatto e
Francesco Presta sono stati, secondo
la Dda, gli esecutori materiali. Lanzino ha dato il via all’esecuzione dopo
aver individuato Marchio sotto casa.
Marsico, Colosso, Amodio e il defunto
Francesco Marincolo, nei giorni precedenti, a decisione avvenuta, hanno
pedinato la vittima. Una decisione
presa perché Marchio insieme a Marcello Calvano avrebbe cercato di imporre la propria supremazia sulle
estorsioni, e in particolare su un in
imprenditore. Calvano era stato ucciso dai killer il 24 agosto del 1999 a
San Lucido.
Ad eliminare Enzo Pelazza con tredici proiettili calibro 9x21 e 9x19, sono stati Ettore Lanzino, Vincenzo Dedato, Domenico Cicero, Liusiano e
Giulio Castiglia, Francesco Presta,
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Mercoledì 7 dicembre 2011
Primo piano 11
Mercoledì 7 dicembre 2011
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Mafia e politica
«Voti in cambio
degli appalti»
A sinistra la conferenza stampa con il procuratore Domenico Airoma, il
colonnello Francesco Ferace, il procuratore della Dda Giuseppe Borrelli, il
procuratore generale di Cosenza Dario Granieri, il questore Alfredo Anzalone, il
procuratore della Dda Vincenzo Antonio Lombardo, il colonnello della Dia di
Reggio Gianfranco Ardizzo e il colonello della Dia Antonio Cannarella. Sopra i
procuratori Lombardo e Granieri (foto Mario Tosti)
La Dda indaga Bernaudo e Ruffolo (Pd): corruzione elettorale
L’ex sindaco e l’ex assessore di Rende nei guai per una coop
di MASSIMO CLAUSI
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PIANE CRATI
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Uno stralcio dell’intercettazione tra Dedato e Amodio
L’accusa a De Rose
«Minacciava gli elettori»
COSENZA - Il voto che sarebbe
stato condizionato dalle cosche
non si limita solo a Rende. Nei
guai è finito anche un consigliere comunale di Piane Crati,
Pierpaolo De Rose, anche lui destinatario di un avviso di garanzia. Anche per lui la Dda ipotizza i reati di corruzione elettorale e concorso esterno in associazione mafiosa.
La posizione di De Rose, secondo quanto hanno riferito gli
inquirenti in conferenza stampa, sarebbe più pesante rispetto
a quella dei politici rendesi. Perché De Rose avrebbe fatto ricorso ad una serie di minacce durante le elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio
comunale di Piane Crati.
C’è un teste, la cui identità al
momento è coperta dal più
stretto riserbo, che avrebbe raccontato agli inquirenti diversi
episodi di minacce verso alcuni
elettori. Non solo, sempre secondo questa testimonianza, il
clan imponeva ai suoi elettori di
apporre dei segni identificativi
sulla scheda in modo da poter
agevolmente controllare se effettivamente avevano mantenuto la promessa. De Rose, secondo l’accusa, avrebbe agito
Una veduta di Piane Crati, paese della Presila cosentina
insieme a Romano Chirillo e
Biagio Barbieri, ritenuti affiliati alla cosca Lanzino.
La notizia ha fatto subito il giro del piccolo centro della presila cosentina dove l’indagato, attualmente agente in servizio
presso la Polizia provinciale, ha
anche ricoperto in passato la carica di assessore nel comune di
Piane Crati.
La prima sezione della Squadra Mobile di Cosenza ieri ha effettuato una perquisizione
presso il domicilio di De Rose ed
|
IL CASO
ha sequestrato computer,
agenda e altri documenti che
potrebbero essere utili alle indagini. La Polizia è stata anche
incaricata dalla magistratura
di acquisire tutte le schede elettorali per verificare se effettivamente su molte è stato apposto
un segno di riconoscimento. In
questo caso l’inchiesta potrebbe ulteriormente allargarsi e
potrebbe ipotizzarsi per i presidenti di seggio altri pesanti reati.
m. cl.
|
Ruffolo è indagato anche nell’operazione “Cartesio” e in “Coffe Break”
Terza indagine per l’ex assessore
COSENZA - Non è la prima volta che Pietro Paolo Ruffolo si
trova al centro di una inchiesta
della Dda. Nell’ottobre dello
scorso anno, Ruffolo era stato
rinviato a giudizio per usura,
aggravata dal metodo mafioso,
nell’ambito di un’altra inchiesta della Dda, in quel caso legata all’attività della potente cosca Muto di Cetraro. Per
quell’inchiesta, denominata
“Cartesio”, il gup della Distrettuale ha chiesto il rinvio a giudizio per il politico rendese.
Proprio in seguito a quell'indagine Ruffolo, che aveva la delega all’Edilizia scolastica, d’intesa con il presidente della giunta, Mario Oliverio, si era auto-
sospeso dalla carica amministrativa, lasciando monco l’esecutivo provinciale. Il rinvio a
giudizio di Ruffolo, che s'è sempre dichiarato innocente, è riferito al suo lavoro di consulente
di un istituto bancario per una
filiale del Tirreno cosentino e
non al suo incarico amministrativo.
Ma Ruffolo è finito anche in
un’altra inchiesta, denominata
“Coffe Break”. Quest’ultima inchiesta, collegata a “Cartesio”
ha al centro l'erogazione di alcuni prestiti bancari. Secondo
l’accusa, sarebbe stata prodotta
falsa documentazione consistente in falsi documenti di
identità, falsa documentazione
fiscale ed altra falsa documentazione «attestante un'inesistente quanto insussistente capacità economico reddituale,
anche in capo a soggetti anch'essi inesistenti». Risorse subito prelevate dai destinatari,
senza poi procedere alla restituzione delle somme ricevute in
prestito a qualsiasi titolo, tanto
da determinare un comune stato di insolvenza da cui lo stato di
sofferenza dei rapporti
Anche in questo caso Ruffolo
si è sempre professato innocente, ma gli inquirenti hanno
chiesto per lui il rinvio a giudizio. Adesso quest’ultima inchiesta dai contorni ancora tutti da definire.
«Fai lo scambio con l’auto rubata»
Istruzioni per il delitto Esposito
IN una delle intercettazioni ambientali effettuate dagli investigatori, si ricostruisce il piano che
portò all'omicidiodi UmileEsposito. Veniva intercettata, all’interno
di un'auto in uso ad Amodio una
conversazione intercorsa tra Vincenzo Dedato e Francesco Amodio.
Dalla conversazione, si evince che
Esposito doveva essere colpito
quella stessa sera e che, invece, il
Marsico aveva rinviato l’operazione al giorno successivo. Dedato,
infatti, prima chiedeva ad Amodio
se avesse visto “u biondu”, soprannome con cui veniva di solito indicato il defunto Francesco Marincolo (cioè il killer incaricato di eseguire l’azione), poi aggiungeva:
“forse stasera dovete andare là”.
Amodio rispondeva che, intorno alle ore 15, aveva incontrato
Gianluca (ossia Gianluca Marsico)
il quale gli aveva detto che l’azione
era stata rinviata al giorno dopo
anche se stava aspettando una sua
chiamata per andare a fare insieme il sopralluogo.
Dedato, continuando, sollecitava Amodio a far rubare una macchina e vedere quale fosse il posto
più vicino ed idoneo per “fare lo
scambio” cioè abbandonare l’autovettura utilizzata per l’attentato e
salire a bordo di un’auto pulita per
allontanarsi dalla scena del delit-
to. La conversazione scende anche
nei particolari del tragitto che
avrebbe dovuto seguire Amodio.
Eccone uno stralcio:
Vincenzo (Dedato):lo hai visto a
“u biondu”? (n.d.r. riferendosi a
Marincolo)
Francesco (Amodio):no.
Vincenzo: forse stasera dovete
andare là… tutto a posto… tutto a
posto… che è tutto a posto? La capocchia è tutto a posto!
Francesco: lo ho già detto a Gianluca (n.d.r. Marsico) alle tre del
pomeriggio…
Vincenzo:ah…
Francesco: ha detto “ti chiamo
io” “sicuro? Va bene” ha detto che è
per domani…
Vincenzo: ah per domani? Va
bene…
Francesco:già ti eri alterato fratemmiu…
Vincenzo:perché si è alterato?
Francesco:tu già ti eri alterato.
Vincenzo:sono cose serie.
Francesco:si ma…(incomprensibile, forte fruscio)
Vincenzo: (incomprensibile) e
dillo subito…ci mettitreorequando dici una cosa… parla veloce, veloce devi parlare, veloce, se no fai
sempre l’aiutante di Berlusconi,
Berlusconi non lo fai mai. Ce li hai
dati…li hai pigliati quei soldi?
…omissis …
Francesco: Gianluca, dovevamo andare a vedere…
Vincenzo: e non ci sei andare a
vedere! Mandaci a rubare questa
macchina e vedi se il posto è vicino… ci fai lo scambio con la macchina rubata…
Vincenzo: se non la puoi pigliare a Castiglione… la lascia Castiglione… ti regoli no! se esci da una
parte e ti infili già
sull’autostrada non
c’è bisogno che vai
con la macchina rubata, vai con questa.
Francesco:e si…
Vincenzo: ti infili…pigli l’autostrada
e te ne scappi… tanto… non hai capito!
invece fai un tratto
come se di qua stai
andando là sopra… ti
fermi alle cupole ti pigli la macchina tua e
te ne vai… però ti sei allontanato
un altro pezzo di là!
Francesco:si, si, si.
Vincenzo: bisogna vedere dove
l’aspetti… eh! Guarda compà che è
una cosettina… è da poco però sono i particolari che la possono far
diventare… non è che i particolari
te la debbono fare ingigantire…
studiare i particolari significa azzerare gli imprevisti.
«Studiare
i particolari
significa
azzerare
gli imprevisti»
Anzalone nel suo intervento si rifà
di TIZIANA ACETO
alla classifica pubblicata qualche
COSENZA – Un lavoro di squadra, giorno fa dal Sole 24 Ore che mouna sinergia tra Procure (quella di stra Cosenza come città vivibile
Cosenza e Catanzaro) e tra forze di mettendola al 24° posto «ma che in
polizia (Direzione investigativa realtà mette la città bruzia al 102°
antimafia di Catanzaro, Carabinie- posto per l’alta percentuale delle
ri e Polizia di stato di Cosenza) quel- estorsioni subite negli ultimi cinla che ha portato all’arresto di 16 que anni, il quotidiano economico
persone, più di trenta gli indagati lo riporta nonostante nessun cittaaccusati di estorsione, usura e as- dino abbia mai presentato delle desociazione mafiosa, omicidi consu- nunce».
E poi l’appello alla società civile:
mati nell’ultimo decennio a Cosenza. Una collaborazione che ha dato «Non bisogna avere paura, bisobuoni frutti, così come è emerso gna anzi fidarsi delle istituzioni
dalla conferenza stampa aperta dal dello Stato». Anche il colonnello
procuratore generale della Repub- Francesco Ferace si rivolge ai cittablica di Cosenza Dario Granie- dini e spinge «a fidarsi dello Stato e
ri:«La repressione del crimine gra- avere maggiore consapevolezza
zie alla presenza dello Stato che de- nella forza che uniti possiamo avere nelcombattere la
ve far rinsaldare la
malavita».
fiducia della gente
Sulla vicenda che
onesta nella giusti- GIUDICI CORAGGIOSI
ha portato all’arrezia».
sto di 16 persone si
Ma accanto ai riSala
della
Procura
è soffermato il prosultati
positivi
curatore della Dda
dell’attività investi- dedicata a Livatino
di Catanzaro Vingativa si scopre anAntonio
che che esiste una LA conferenza stampa dell’ope- cenzo
grande falla nella razione riguardante l’ultima fase Lombardo che ha
società civile cosen- di Terminator si è svolta in una spiegato come: «Gli
tina, quell’omertà, sala della Procura della repubbli- arresti si collegano
quel muro di gom- ca di Cosenza dedicata a Rosa- a una serie di operama che non si apre e rio Livatino, il magistrato ucciso zioni precedenti
non
collabora. barbaramente da un commando tutte riconducibili
a Terminator e coQuella societàcivile di quattro sicari.
che, soprattutto,
Livatino il 29 settembre 1979 me in particolare la
non denuncia. «Ab- entra alla Procura della Repub- cosca più colpita sia
biamo raggiunto ri- blica di Agrigento come Pubblico quella Lanzino. Resultati eccellenti - Ministero. Per la profonda cono- sta adesso da cattusottolinea nel suo scenza che ha del fenomeno ma- rare il capo cosca,
intervento il procu- fioso e la capacità di ricreare tra- Ettore, che è ancora
ratore Domenico me, di stabilire importanti nessi latitante insieme a
Airoma - ma abbia- all’interno della complessa mac- Franco Presta. La
mo registrato nella china investigativa, gli vengono cattura dei due latisocietà civile di Co- affidate delle inchieste molto deli- tanti è importante
senza il grande as- cate. E lui, infaticabile e determi- per togliere prestisente». «Non c’è sta- nato, firma sentenze su sentenze gio alle cosche, per
ta - prosegue il pro- ed entra nel mirino di Cosa No- diminuire la loro
curatore - nessuna stra. Il 21 settembre 1990 viene forza intimidatricollaborazione da trucidato. L’Italia scopre nel sa- ce». Anche il colonparte delle persone crificio del “giudice ragazzino” nello Ferace parla
offese, stupisce il l’eroismo di un giovane servitore dei latitanti «i latifatto che questa cit- dello Stato. Monsignor Ferraro, tanti calabresi hantà ancora latita, non vescovo di Agrigento, ha avviato no una capacità di
sussistenza diversi può accettare un la sua causa di beatificazione.
sa rispetto a quelli
atteggiamento del
genere, non si può stare zitti da- di altre regioni. Bisogna seguire le
loroabitudini.Presta eLanzinosovanti ai soprusi».
Questo del muro di gomma è un no latitanti da poco. Speriamo di
tema del quale si rammaricano tut- giungere alla fine di questa storia
ti i presenti alla conferenza stam- in tempi molto brevi».
Alla conferenza stampa - quasi a
pa. Anche il procurato aggiunto
della Dda Giuseppe Borrelli dice sottolineare il clima di grande colche «nessun operatore commercia- laborazione - era presente anche il
le che ha subito estorsioni ha mai colonnello capo centro della Dia di
presentato denuncia. Eppure il fe- Reggio Calabria Gianfranco Arnomeno delle estorsioni a Cosenza dizzone: «Soddisfatto di questo batè capillare, di episodi di intimida- tesimo a Cosenza e di aver collabozioni ne avvengono due o tre al rato a questa operazione». Presengiorno. Ma a Cosenza nessuno am- te anche il colonnello Antonino
mette di aver subito una estorsio- Cannarella della Dia di Catanzaro
ne. Abbiamo le idee chiare su quello che parla di «una operazione imche succede a Cosenza e sui gruppi portante che ha ricostruito tre omiche vi operano: tutto si può fare in cidi e ha colpito la cosca egemone
dopo la pax mafiosa siglata con gli
fretta con l’aiuto dei cittadini».
Il questore di Cosenza Alfredo altri gruppi».
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casione delle elezioni provinciali del
2009, concluse con l’elezione di entrambi. Ruffolo era anche diventato
assessorenel nuovoesecutivo, masi
è autosospeso dopo essere stato rinviato a giudizio, nell’ottobre 2010.
A mettere nei guai i due politici alcune intercettazioni telefoniche registrate dall’utenza di Michele Di
Puppo. Nel corso delle conversazioni Di Puppo si mostra particolarmente interessato all’andamento
del voto provinciale nei collegi di
Rende 1e Rende 2e siscambia continue informazioni con una terza persona sui risultati nelle singole sezioni scrutinate. Risultati commentati
anche con una certa soddisfazione.
Secondo quanto è trapelato non ci
sono invece intercettazioni che riguardano direttamente Bernaudo o
Ruffolo. Ma le indagini non sono affatto concluse.
Ieri sono state effettuate tre perquisizioni alla ricerca
di agende anche
elettroniche, appunti, computer e
documenti utili alle
indagini.
Le perquisizioni
sono state effettuate presso le abitazioni di Bernaudo e
Ruffolo e presso la
sede della cooperativa sociale “Rende
2000”. In particolare presso la sede della cooperativa sono
stati sottoposti a sequestro tutta una
serie di incartamenti che riguardano gli appalti che
la coop ha assunto
presso il Comune di
Rende, le relative
documentazioni
contabili e l’anagrafe dei soci.
Adesso gli investigatori
stanno
spulciando il voluminoso dossier prodotto alla ricerca di
ulteriori prove alle ipotesi di accusa.
Secondo gli inquirenti il vincolo
fra i due politici e gli esponenti della
cosca era basato su un doppio binario: in cambio di voti durante le elezioni provinciali i due politici avrebbero erogato una serie di finanziamenti pubblici a favore della cooperativa.
Va giusto ricordato che “Rende
2000” è una cooperativa di tipo sociale, come quelle che esistono anche a Cosenza, e che sono nate proprio per dare una mano a soggetti
svantaggiati attraverso delle commesse pubbliche. A quanto risulta
“Rende 2000” non dovrebbe essere
l’unica coop che ha lavorato con il Comune di Rende. Vedremo nei prossimi giorni se ci saranno delle novità
sull’inchiesta che potranno emergere dall’analisi della documentazione
acquisita nel corso delle perquisizioni effettuate ieri.
|
«Non si reagisce
tutti stanno zitti»
Il clan interessato alle elezioni 2009. Ma
nell’ordinanza i due politici non ci sono
COSENZA - Concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione
elettorale. Sono questi i due reati che
la Dda di Catanzaro contesta a due
politici di primo piano del cosentino.
Si tratta di Umberto Bernaudo, già
sindaco di Rende e attuale consigliere provinciale del Pd e Pietro Paolo
Ruffolo, ex assessore provinciale e
ex assessore al Comune di Rende durante la consiliatura dello stesso
Bernaudo. AI due ieri sono stati notificati altrettanti avvisi di garanzia.
Nessun riferimento però alle loro
posizioni nelle carte dell’ordinanza.
Gli inquirenti sospettano del marcio nei risultati elettorali ottenuti
dai due alle provinciali del giugno del
2009 che hanno
consegnato la vittoria al centrosinistra di Mario Oliverio. Ricordiamo
che Bernaudo fu
eletto nel collegio
di Rende 2 con
2.482 voti di preferenza per una percentuale pari al
21,85 %, risultando il terzo eletto del
Pd in tutta la provincia di Cosenza.
Ruffolo, invece,
nominato poi assessore alla Pubbli- Umberto Bernaudo
ca Istruzione e
all’Edilizia scolastica, fu eletto nel
collegio di Rende 1
con 2562 voti pari a
circa il 18.91%.
Adesso laDda ha
sottoposto ad indagine entrambi per
capire se quel risultato elettorale
sia stato in qualche
modo condizionato dal voto del clan.
Durante la conferenza stampa di ieri i vertici della Dda
hanno molto insistito su questo
punto, con Vincen- Pietro Ruffolo
zo Antonio Lombardo, Procuratore Capo della Dda
di Catanzaroche, quasisconfortato,
ha detto che in Calabria più si indaga
più emerge con forza la presenza di
una vasta area grigia composta da
picciotti e colletti bianchi. Nelle maglie dell’inchiesta è finito, infatti, un
terzo politico di Piane Crati, Pierpaolo De Rose e il leader del Movimento
disoccupati, Ninni Gagliardi che si è
candidato più volte sia alle provinciali che alle comunali della città dei
Bruzi.
Bernaudo e Ruffolo, secondo l’ipotesi dei pm Pierpaolo Bruni e Carlo
Villani, all’epoca in cui erano sindaco ed assessore di Rende, avrebbero
finanziato la cooperativa «Rende
2000» che sarebbe in qualche modo
gestitada MicheleDiPuppo, unodegli arrestati, ritenuto un elemento
dispicco dellacosca eil reggenteper
il territorio rendese. In cambio
avrebberoottenutoil sostegnoinoc-
LA DENUNCIA DEGLI INQUIRENTI
Mercoledì 7 dicembre 2011
Mafia e politica
Introvabili dal 2009. La strage di S. Lorenzo
forse una ritorsione per l’uccisione di Presta jr
Gli ultimi imprendibili
Lanzino e Presta terrorizzano anche da latitanti. Borrelli polemico: forze nuove e migliori
di ANTONIO MORCAVALLO
COSENZA - Le imprendibili primule cosentine sono
scampate a un nuovo ordine di arresto. Delle 18 ordinanze di custodia cautelare
in carcere emesse dal gip
della Distrettuale antimafia di Catanzaro solo due
non sono state eseguite. Ettore Lanzino e Franco Presta restano latitanti. Il boss
e il sanguinario braccio armato, come vengono indicati dagli inquirenti, da
tempo sono introvabili e
anche la scorsa notte carabinieri e polizia non li hanno trovati.
Una latitanza che è valsa
il rimprovero da parte del
procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Borrelli,
alle forze di polizia ancora
tenuto in scacco dai due ricercati: «Lanzino e Presta
sono latitanti importanti e
pericolosi. In una città come Cosenza, sottoposta alla pressione costante delle
estorsioni, anche la latitanza dei capi agevola la scarsa
collaborazione delle vittime. Lanzino e Presta dovranno essere presto assicurati alla giustizia, vuol
dire che se così come siamo
non ci riusciamo, ci servono forze nuove e migliori.
Se i calciatori non sono bravi si cambiano. Non è possibile continuare a lasciare la
città in mano a queste persone. Si indebolisce la forza
della democrazia».
Una sfida raccolta dal
questore di Cosenza, Alfredo Anzalone e dal comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Francesco Ferace, che, preso atto delle critiche, hanno assicurato massimo sforzo
per la cattura di Presta e
Lanzino.
Ettore Lanzino, 56 anni
di Cosenza, e Francesco
Presta, 51 di Roggiano
Gravina, sono “uccel di bosco” rispettivamente da
settembre 2009 e da maggio 2009. Al sicuro nei loro
nascondigli, i due, secondo
la Dda, continuano a gestire i propri affari dall'alto
della loro esperienza, il primo, e della capacità intimidatrice, il secondo. Da allora, e dopo la cattura del rossanese Acri, sono i ricercati
numeri uno della provincia. In particolare carabinieri e Polizia si sono divisi
i compiti. Su “Ettaruzzu”
Lanzino l'attività investigativa e di ricerca è affidata
al Comando provinciale
dell'Arma, guidato dal colonnello Francesco Ferace,
e precisamente al comandante del Nucleo investigativo, Vincenzo Franzese.
Le attività per rintracciare
Francesco Presta, invece,
sono affidate alla Questura.
Di quello che è considerato uno spietato esecutore, e
uno, se non l'unico, dei sospettati per la strage di San
Lorenzo seguita all'uccisione del figlio Domenico,
si occupa la Sezione Criminalità organizzata e Catturandi della Squadra Mobile
di Cosenza, coordinata dal
sostituto
commissario
Gianfranco Gentile. Proprio l'efferatezza della risposta all'uccisione del figlio, consumata il 16 febbraio 2011 e l'7 aprile tra
San Lorenzo del Vallo e
Spezzano Albanese, ha fatto balzare al primo posto
Presta. Un mese dopo l'uccisione di Domenico Presta
da parte di Aldo De Marco,
a causa di un parcheggio, i
sicari scatenarono una
pioggia di fuoco sulla famiglia del fratello di De Marco. Un commando armato
di fucili, pistole e mitragliette, fece irruzione nella
sua abitazione alle case popolari e sparò contro i suoi
tre familiari. In quella circostanza persero la vita la
moglie, Rosellina Indrieri
di 45 anni, e la figlia Barbara, di 26 anni, mentre il figlio Sylas riuscì a cavarsela con delle ferite poiché si
finse morto. Gaetano De
Marco, invece, dormiva
ubriaco nella stanza da letto e per questa ragione uscì
miracolosamente salvo. Fino al 7 aprile. Alle 8 di mattina uno scooter, con a bordo due persone, lo affianca
e gli sparano contro sette
colpi calibro 9.
Per quanto riguarda
Lanzino, considerato il vero e proprio capo delle consorterie cittadine, e come
unico in libertà, reggente
della cosca “Lanzino-Chirillo-Cicero”, è implicato
nei principali processi di
mafia del Cosentino. Nell'ambito
dell'inchiesta
“Terminator 3”, è stato rinviato a giudizio insieme
proprio a Francesco Presta
e ad altri esponenti di spicco della criminalità locale.
Insieme ad altri quattro
imputati col rito abbreviato, Presta e Lanzino sono ritenuti, a vario titolo, mandanti ed esecutori degli agguati a Francesco “BellaBella” Bruni (ucciso davanti al carcere di Cosenza), al
boss Antonio Sena. In merito all'agguato a Umile
Esposito, i presunti mandanti sono indicati in Presta, Marsico e Dedato: Presta non avrebbe gradito
l'attività di prostituzione
messa in piedi da Esposito
proprio sotto casa sua.
Lanzino è anche imputato
anche nel procedimento
Squarcio, mentre è stato
assolto in Appello in “Terminator 2”, dall'accusa del
tentato omicidio di Luigi
Vezzoni (18 febbraio del
2000).
Ettore Lanzino e Franco Presta i ricercati numero uno della provincia di Cosenza
|
IL GRUPPO DI RENDE
|
Un potere basato su coca e estorsioni
L’ascesca criminale dei Di Puppo e il loro ruolo all’interno del caln
MICHELE Di Puppio, intercettato
dagli inquirenti, è l’uomo che ha
messoneiguai iduepoliticirendesi.
Fra le carte dell’ordinanza si legge
Una cge i fratelli Di Puppo, attraverso alpattuglia tri soggetti, smerciavano cocaina
della Polizia nella zona di Rende per conto del
clan Lanzino. Secondo i racconi di
alcuni collaboratori tutta la droga
che arrivava al gruppo veniva immediatamente girata ai Di Puppo
che poi pensavano a smerciarla al
dettaglio sul territorio.
Sull’esistenza del sottogruppo
criminale capeggiato da Michele Di
Puppo, sulla sua consistenza numerica e sulla natura delle attività illecite cui esso si dedica, esistono una
serie di dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.
Per esempio il collaboratore Franco Greco sostiene che l’organizzazione delle estorsioni sulla zona di
Rende è stabilita da apposite regole:
Il gruppo Ciancio si occupa della
commissione di estorsioni ad Arcavacata, San Fili, Bucita, fino a Montalto, mentre nella zona di Rende Roges, ecc…) se ne occupa gruppo dei
fratelli Di Puppo. Il gruppo, sempre
secondo alcuni collaboratori sarebbe capeggiato dai tre fratelli Di Puppo, Michele, Umberto, Giovanni e
Franco e composto da una sessantina di uomini, dediti prevalentemente allo spaccio di droga e alle estor-
sioni. La divisione in zone era molto
rigida, tant’è che qualora Ciancio
doveva commettere dei reati sul territorio di competenza dei Di Puppo
doveva prima chiedere loro il permesso. Non di sola droga si occupavano i Di Puppo, ma anche di estorsioni come quella tentata nei confronti di una ditta di Castrolibero la
Pirossigeno. Il titolare denunciò ai
Carabinieri di Castrolibero che una
mattina un uomo di circa 35 – 40 anni, dopo aver chiesto di potergli parlare, con tono perentorio e minaccioso diceva: “Vi dovete mettere in ordine come tutti gli altri ” facendo chiaro riferimento gestuale alla necessità di pagare denaro. Nella circostanza, nonostante l’imprenditore avesse tentato di calmarlo, l’uomo con tono minaccioso riferiva ai presenti :
“.. A mia sti cose non mi può dire nessuno io sono DiPuppo, Di Puppo Giovanni.. ” contestualmente sferrandogli due schiaffi e colpendolo al volto. Nel tentativo di interrompere
l’aggressione interveniva anche
una terza persona che, tuttavia, veniva anch’egli malmenato
Dalle intercettazioni il paragone con il Crotone di Cuccureddu. Gli allenamenti prima dell’omicidio Sassone
Con i killer “titolari” non c’è scampo per la vittima
COSENZA - Una squadra ben affiatata. Conruoli, panchina, allenatorie allenamenti ben definiti e fissati. E come
ogni squadra che si rispetti, i titolari
sono i titolari, e le riserve le riserve. I titolari non sbagliano mai, altrimenti
starebbero in panchina. Anche se non
si tratta di calcio ma di criminalità e di
omicidi. In una conversazione del 29
maggio 2000, intercorsa tra Dedato
Vincenzo e Amodio Francesco, in cui si
fa riferimento alla fase preparatoria
dell’omicidio del Sassone, si parla sia
di “killer titolari”sia delle “riserve”, oltre che dell’auto rubata da Ninni Gagliardi, da consegnare a Barberi nella
stessa serata 29 maggio 2000. Il colloquio inizia con il Dedato che consiglia
ad Amodio, di essere “vurpignu”
(guardingo in cosentino) temendo forse un attentato, anticipando le mosse
degli azionisti avversari. Timori probabilmente logica conseguenza
dell’omicidio delpadrino DonAntonio
Dal discorso tra Dedato e Amodio emerge
l’esigenza di “cambiare squadra” dopo alcuni errori
Sena consumato il 12 maggio. Dedato
poi, parlando metaforicamente e prendendo come riferimento la squadra di
calcio del Crotone, fa allusione ai numerosi fatti di sangue perpetrati con
successo dagli “azionisti” (i killer) definiti “titolari”, sostenendendo che la
vittima designata poteva sfuggire a
morte sicura solo nella circostanza in
cui i killer non fossero “i titolari”, gli
azionisti infallibili, ma le “riserve”, valea direglielementidi secondopianoe
alle prime esperienze in fatti di sangue. Quando Dedato parla delle “riserve”, è probabile, secondo gli inquirenti, che faccia riferimento «a Marincolo
e Colosso, che due sere prima non eranoriuscitiaportare atermineconsuccesso il tentato omicidio nei confronti
di Umile Esposito, e anche a Cozza, autore del tentato omicidio nei confronti
di Vezzoni Luigi, gli unici due fatti di
sangue in cui le vittime designate erano state solo ferite gravemente».
E per avere successo, in campo, come con la pistola in pugno, serve l’allenamento. E quello che dice Dedato, in
vista dell’omicidio di Sassone. «Ci dobbiamo prima imparare i posti», dice.
Poi sollecita Amodio a far rubare
un’auto, raccomandandogli di pulirla
per bene, onde evitare di lasciare impronte. Dedato quindi chiede ad Amodio se vuole partecipare «all’allenamento” (andare a sparare secondo la
Dda) insieme a “Ninni”».
«Dipende se sono i titolari oppure le
riserve…hai capito? se sono le riserve
tieni pure fortuna (ride)…Se sono i titolari non c’è niente eh» dice ad Amodio che replica con un laconico: «… i titolari segnano». «...E le riserve si allenano» ribadisce Dedato.
Amodio: «I titolari fratello mio segnano a tavoletta».
Dedato: «Hanno vinto il campionato. Amodio: «Lo hanno vinto il campionato, ma non c’è stata storia… ma
guarda che in un anno hanno fatto un
bel campionato, quasi a livello del Crotone. E l’allenatore è pure buono…
Cuccureddu». In azioni di sangue, così
come in campo, però serve altro per Dedato: «L’allenatore… il preparatore
atletico… il magazziniere… ci vuole
tutto in una squadra, hai capito». E
poi: «Cambiamo formazione che questi…chi si infortuna» (secondo i magistrati il riferimento è a Marincolo che
si era fatto male ad un piede due sere
prima ).
a. mor.
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12 Primo piano
Lotta alla mafia
Belcastro e Zavettieri tirano in ballo
il governatore sulla vicenda del codice etico
«Per mio marito chiedo pietà»
La moglie dell’ex consigliere regionale Zappalà replica alla critiche di Scopelliti
di ADRIANO MOLLO
REGGIO CALABRIA - Prima Santi
Zappalà (già condannato in primo
grado) e poi Franco Morelli. Gli arresti dei due consiglieri regionali
del Pdl scalfiscono l’immagine della
maggioranza che governa la Regione. Il presidente della Regione e
coordinatore del partito, Giuseppe
Scopelliti, dopo alcuni giorni di silenzio rompe il silenzio e scoppiano
la polemiche conSaverio Zavettieri,
segretario nazionale dei Socialisti e
con il deputato di “Noi Sud”Elio Belcastro. Ma una frase di Scopelliti su
Santi Zappalà («Se i fatti sono accertati, bisognerebbe buttare le chiavi») produce una vibrata replica della moglie dell’ex sindaco di Bagnara, Francesca Parisi. «Circa la necessità di "buttare a mare " le chiavi
della cella di Nuoro ove da circa un
anno è ristretto mio marito credo
siano parse inopportune non solo a
me e alle mie figlie, ma anche a tanti
calabresi stanchi di atteggiamenti
antimafia che non hanno il pregio
della coerenza, della costanza e della serenità di giudizio», ribatte la signora Zappalà. «Mio marito è un uomo disperato - aggiunge - perché sta
pagando un prezzo altissimo per
l'errore di un attimo: meriterebbe
quanto meno un atteggiamento di
umana pietà. E nessuno può ergersi a giudice, anche se non ha scheletri negli armadi, quando ancora è la
Corte d'appello a doversi pronunziare. Così come a nessuno è consentito rigirare il coltello nella piaga
non guardando alle travi conficcate
negli occhi di tante persone che vagano nei territori della politica, senza che nessuno decida, non dirò di
gettare le chiavi, ma di usarne per
far uscire gli odori malsani che vi
Elio Belcastro
Saverio Zavettieri
stazionano».
Tornando a quanto detto da Scopelliti nel convegno al Mudeodell’ndrangheta
e ad un passaggio sul codice etico
che il Pdl aveva imposto, il presidente aveva detto: «Tutti sottoscrissero. Siamo stati i primi a farlo per selezionare le candidature. Sono stato
io a dire ai calabresi di non votare alcuni nomi quando Belcastro e Zavettieri prepararono le proprie liste». Il riferimento era a due candidati di Amantea, il figlio dell’ex consigliere regionale Franco La Rupa
candidato in finito in un’inchiesta
tra mafia e politica candidato da
Belcastro e di Tommaso Signorelli,
consigliere comunale finito all’epoca in carcere e candidato da Zavettieri.
«Si può comprendere lo stato confusionale in cui versa il nostro Pre-
sidente - ribatte Zavettieri - a seguito
dei gravi infortuni giudiziari che
hanno interessato esponenti di primo piano del suo partito e delle sue
liste ma ciò non giustifica il tentativo maldestro di individuare altrove
le responsabilità. E' appena il caso
di rammentargli - continua Zavettieri - da cattolico praticante quel è,
il passo del vangelo di Luca che recita «Ipocrita! Togli prima la trave dal
tuo occhioe alloraci vedraibene per
togliere la pagliuzza dall'occhio del
tuo fratello». «Non risulta pertanto
vero e fondato - ricorda Zavettieri che i Socialisti Uniti abbiamo sottoscritto alcun codice etico, avendo
espressosullo stessosin dalleorigini - come i fatti hanno poi dimostrato - riserve fondate e motivante sul
valore di quel codice senza appellarsi ad un presunto garantismo di comodo e di facciata che viene da talu-
L:739.7pt A:470854m
pubblicità
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ni sbandierato, ma ribadendo con
forza e coerenza che un codice etico
non avrebbe dovuto regolamentare
situazioni giuridiche già di per sé
disciplinate dalla legge - che di suo
prescrive il divieto di candidatura ai
condannati in primo grado per reati di mafia - ma piuttosto disciplinare circostanze che possono generare fenomeni di corruzione e di commistione, come candidati con interessi diretti e non sempre leciti nel
mondo della sanità, dell'energia alternativa, del credito, della formazione, del turismo, dalle spiccate doti camaleontiche che sanno ben mimetizzarsi nelle istituzioni».
«Un codice, - aggiunge Zavettieri
- la cui presunta applicazione, lo ribadisco, ha generato situazioni di
ipocrisia, opportunismo e doppiopesismo che inquinano non poco la
vita politica e democratica del Paese
secondo il teorema, rivelatosi nel
corso di questi mesi ahimè fondato,
che la legge “si applica per gli avversari e si interpreta con gli amici”dove chi risulta sprovvisto di strumenti economici, finanziari e mediatici, delle entrature e delle coperture necessarie, anche giudiziarie assicurategli magari in cambio l'elargizione di consulenze, incarichi
e prebende varie - rimane esposto alla mercé di populisti e mistificatori
di vocazione».
Su Signorelli, Zavettieri ricorda
«la sentenza del Consiglio di Stato
che mette in evidenza come “… in definitiva, non risulta comprovata
una continuità e contiguità dell'attuale consiglio comunale” e con
specifico riferimento al Signorelli
recita che: “non risulta comprovato
se e in che misura l'assessore Signorelli possa essere stato l'anello di
collegamento o condizionamento
mafioso nei confronti dell'intero
Consiglio comunale. ».
Invece il deputato Belcastro ricorda che la lista regionale di “Noi
Sud”, aveva candidato «un giovane
studente universitario di soli venti
annichehapagato ilfattodiavereil
papà inquisito, determinando, in
tal modo, che la presunta colpa di un
padre venisse pagata dal figlio calpestando ogni forma di garantismo». Secondo Belcastro, Scopelliti
dimentica che «la politica si è delegittimata da sola in un crescendo
rossiniano che vede oramai quasi
quotidianamente esponenti politici
coinvolti in vicende poco chiare. E
questo soprattutto in Calabria dove
la politica non riesce a dare risposta
alcuna per risolvere i problemi che,
in realtà, si aggravano giorno dopo
giorno». «Potremmo consigliare al
Presidente Scopelliti – dice ancora
Belcastro – di commissionare ad
una seria agenzia specializzata un
sondaggio sulla sua popolarità e
quella della sua giunta ed in tal modo potrebbe rendersi conto del calo a
picco oramai sempre più evidente. Il
presidente Scopelliti, invece di citare personaggi politici che hanno rischiato la propria vita per avere evidentemente non soddisfatto alcuni
interessi, dovrebbe essere più incisivo nella politica quotidiana e dovrebbe essere anche pronto ad una
maggiore trasparenza come quella
di pubblicare i vitalizi degli ex consiglieri regionali o quella di rendere
pubblico come vengono impiegati i
cospicui fondi destinati ai gruppi
consiliari regionali, solo per fare
due piccoli esempi. È il tempo dei
fatti e non delle belle parole nei convegni antimafia che hanno francamente stancato e che non godono,
anch’essi, di credibilità alcuna».
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Primo piano 13
Mercoledì 7 dicembre 2011
Mercoledì 7 dicembre 2011
24 ore
in Calabria
Reggio. Il procuratore capo Pignatone. «La ’ndrangheta è la causa dell’impoverimento del Sud»
I raggi x per le imprese di Reggio
Firmato un protocollo di legalità tra forze dell’ordine, magistratura e Cciaa
di WALTER ALBERIO
REGGIO CALABRIA - Accesso alla banca dati del Registro delle Imprese e del
Registro Informatico dei
Protesti per monitorare le
attività economiche. E’arrivata ieri la firma sul protocollo di legalità per agevolare la Magistratura e le Forze
dell’ordine nel lavoro di
identificazione delle imprese, delle aree e dei settori
economici a rischio di infiltrazione criminale. Servizi
online (Telemaco, Ri.visual,
Ri.build, Ri.map e Stockview) con i quali la Camera
di Commercio di Reggio Calabria consentirà alla Prefettura, alla Procura, al Tribunale e alle Forze dell’ordine di attingere informazioni essenziali per velocizzare
l’attività di investigazione.
Parole di grande soddisfazione sono arrivate ieri
proprio dalla sede di via
Campanella dal Procuratore Capo di Reggio Calabria,
Giuseppe Pignatone, il quale ha evidenziato la «grande
sinergia istituzionale» e
l’importanza di «essere tutti
La conferenza stampa
nello stesso tavolo». La firma del protocollo arriva a
pochi giorni dalla maxioperazione anti-‘ndrangheta,
nata appunto da una notevole cooperazione tra le Procure di Milano e Reggio Calabria: «La collaborazione
con le altre Dda, e in primo
luogo con quella di Milano,
è una scelta strategica del
nostro ufficio - ha commentato Pignatone - perché lo ri-
chiede la natura stessa dell'organizzazione
'ndranghetista e la sua espansione
fuori dalla Calabria. Lo abbiamo ripetuto ancora una
volta giovedì scorso a Milano, con il Procuratore Bruti
Liberati e la collega Boccassini. In questo caso – ha continuato - le indagini, condotte con eccezionale professionalità dalle Squadre
Mobili di Milano e di Reggio
Calabria, hanno consentito,
per la parte di nostra competenza, di scoprire canali di
riciclaggio e complicità di
professionisti in Svizzera e
in America; la zona grigia –
ha aggiunto il magistrato diventa internazionale». Pignatone ha poi negato che
la parte del processo “Meta”,
relativa alla famiglia Lampada, sia stata trasmessa a
Milano, per poi “tornare” a
Reggio: «E' una notizia inesatta. A Milano, nell'ambito
di una costante collaborazione, sono state trasmesse
a suo tempo copie di atti di
vari procedimenti tra cui alcuni riguardanti appartenenti alla famiglia Lampada; il processo “Meta”- ha affermato Pignatone - è sempre rimasto a Reggio e le posizione degli indagati a cui
carico vi erano gravi indizi
di colpevolezza è stata definita con la misura cautelare
del maggio 2010 ed è oggetto del dibattimento in corso.
Naturalmente - ha proseguito - stiamo ora valutando
il provvedimento della Dda
di Milano per stabilire se da
esso emergano elementi
utili per qualcuna delle tante indagini in corso presso
questo Ufficio». Nel suo intervento il Procuratore Capo di Reggio Calabria ha indicato la ‘ndrangheta come
«causa fondamentale della
povertà delle regioni meridionali» , nonché stigmatizzato lo scetticismo di chi
non crede che «l’economia
drogata dai capitali mafiosi
ostacoli quella sana, bloccando la crescita del territorio». Essenziale, dunque,
colpire la zona grigia della
‘ndrangheta: «L'on. Forgione, già presidente della
Commissione Parlamentare Antimafia, ha ricordato
pochi giorni fa - in un articolo pubblicato da “Il Quotidiano della Calabria” il lungo elenco di politici, amministratori locali, professionisti, imprenditori e anche
uomini delle istituzioni contro i quali la Procura di Reggio ha proceduto in questi
anni, spesso con misure
cautelari e sequestro dei beni, e ottenendo già le prime
sentenze di condanna; e va
detto - ha spiegato, Pignatone - che si tratta di indagini
espletate da tutte le forze di
polizia, spesso in fruttuosa
collaborazione tra loro, e seguite da molti magistrati,
alcuni anche non facenti
parte della Dda, proprio
perché questo è uno degli
obiettivi fondamentali dell'ufficio, che in esso concentra molte delle sue risorse.
Ed è chiaro - ha aggiunto che è un impegno che continua».
Il Presidente della Camera di Commercio di Reggio,
Lucio Dattola, in conferenza ha parlato di una «Reggio seria e onesta che lavora» in contrapposizione alla
etichetta di «portatori del
germe della criminalità»,
appiccicata dopo la strage di
Duisburg.
Saluti ed elogi all’iniziativa anche da parte degli altri
firmatari del protocollo: il
Prefetto Luigi Varratta, il
Presidente del Tribunale
Luciano Gerardis, il Vicequestore Vicario Antonio
Romeo, il tenente colonnello dei Carabinieri Carlo Pieroni ed il colonnello della
Guardia di Finanza Cosimo
Di Gesù.
La Giunta stanzia 25 milioni per le pmi
Tensione Pdl-Udc
per il buco dell’Afor
Mancano 70 milioni
Tribunale di Lamezia Terme
Esec. Imm. n. 22/07+79/07 Reg. Esec.
G.E. Dr.ssa Adele Foresta
Lotto unico: in Curinga (CZ), C.da
Moddone, capannone commerciale della
consistenza di mq 173, con terreno agricolo
esterno adibito ad esposizione e parcheggio,
qualità agrumeto, mq 2.972.
Vendita con incanto 25.01.2012 ore 12.00 e
segg. presso il Tribunale di Lamezia Terme.
Prezzo base: Euro 66.445,32, con offerte in
aumento non inferiori a Euro 10.000,00.
Presentare istanze di partecipazione entro le
ore 13.00 del 24.01.2012 presso la
Cancelleria Esecuzioni Immobiliari del
Tribunale di Lamezia Terme.
Maggior informazioni in Cancelleria, sito
www.asteannunci.it.
CATANZARO – Per qualche tocca e su questo è pronto a
ora ieri erano date per immi- rassegnare le dimissioni. Alla
nenti le dimissioni dell’asses- fine tutto è rientrato e dopo il
sore regionale all’Agricoltu- vertice di maggioranza la
ra Trematerra (Udc) per diver- giunta regionale si è riunita e
genze che ci sarebbero state su proposta del Presidente
nella predisposizione del Bi- Scopelliti è stato approvato lo
lancio. Argomento al centro schema di Protocollo d’Intesa
di un lungo faccia a faccia tra con il Ministero dell’Interno
il presidente Scopelliti e l’as- per il collegamento all’Indice
nazionale delle
sessore Tremateranagrafi (Ina) dera prima di un verlegando il Capo di
tice di maggiogabinetto, Elena
ranza che ha preScalfaro, alla sotceduto la riunione
toscrizione
di giunta del podell’atto. Il protomeriggio.
collo ha la finalità
La discussione
di rendere possiè stata sulla necesbile il collegasità di razionalizmento tra la Rezare la spesa nel
gione ed il Minisettore dell’agristero per assicucoltura e della forare, attraverso
restazione che asmodalità uniforsorbe circa il 30%
mi a livello naziodel bilancio del renale, l’accesso e
gionale.
Fondi Michele Trematerra
l'utilizzo, ai fini
che in cassa non ci
sono. L’Afor assorbe 250 mi- istituzionali, dei dati anagralioni di euro (di cui 90 solo a ca- fici forniti dai comuni tramite
rico della Regione), l’Arssa 40 l’infrastruttura di sicurezza
milioni e l’Arcea 3 milioni. So- dell’Indice nazionale delle
no per i forestali si registra un anagrafi.
Su proposta dell’Assessore
buco di 70 milioni che rappresentano le anticipazioni di alle Attività produttive, Antocassa per il pagamento di due nio Caridi, è stato istituito il
mensilità. La spesa per i fore- «Fondo regionale per il sostestali è fuori budget da quando gno agli investimenti delle
nel 2004 si è proceduto alla Piccolee medieimpreseregiostabilizzazione. Da qui la deci- nali attraverso il Mezzanine
sione, responsabile, dell’as- financing», stabilendo che il
sessore di procedere con la suo ammontare è di 25 milioni
cassa integrazione per evitare di euro. Su proposta dell’asla bancarotta della Regione. sessore all’Agricoltura, MiIn consiglio regionale giace chele Trematerra, è stato deliun progetto di riforma che è berato di chiedere al Ministeancora fermo. Alla fine tutto è ro la dichiarazione di caratterientrato ma non è la prima re eccezionale della tromba
volta che Trematerra minac- d’aria del 19 settembre scorso,
cia le dimissioni. Alcune setti- verificatasi nella provincia di
mane fa ha detto chiaro e ton- Reggio Calabria.
do che l’ospedale di Acri non si
a. mo.
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18
BREVI
BATTAGLIA (PD)
OPPIDO MAMERTINA
PENTEDATTILO
«Reintegrare il direttore generale Carullo» Sospesa l’attività per lavoro nero
Ancora furti al consorzio “Terre del Sole”
LA magistratura competente che ha ritenuto non legittimo l’allontanamento dalla direzione dell’Asp di Reggio
Calabria del dott. Renato Carullo e per questo va reintegrato. Lo afferma il consigliere regionale del Pd Demetrio
Battaglia .
UN nuovo furto è stato compiuto ai danni del consorzio «Terre del Sole» sul bene confiscato alla mafia in località Placanica di Pentedattilo che il comune di Melito
Porto Salvo ha assegnato da cinque anni al consorzio.
Il furto è uno dei tanti di una lunga seriedi minacce.
IL titolare di un’autocarrozzeria di Oppido Mamertina
è stato sospeso dall’attività imprenditoriale per lavoro
nero. Oltre alla sospensione dall’attività imprenditoriale, all’uomo è stata elevata una contravvenzione di
oltre tremila euro.
La polizia passa al setaccio le attività delle tre società di cui il 46enne reggino era titolare
I legami di Martino sotto la lente
Si indaga su amicizie e rapporti professionali dell’imprenditore ucciso
gioni legate al suo lavoro. Martino era amministratore di tre società, di cui una individuale, la
Idroterm, oltre alla Idroterm srl
e la Eko Mrf srl. Tutte e tre le società, una delle quali tra l’altro
ha la proprietà del bar all’interno dell’aeroporto “Tito Minniti”
erano state sequestrate qualche
tempo fa nell’ambito dell’operazione condotta dai militari della
Stazione di Gallina, diretta dal
luogotenente Sebastiano Germanà, e dagli specialisti del Nucleo operativo ecologico, diretto
dal capitano Paolo Minutoli. I
militari, grazie a una foto satellitare reperita sul noto sito web
“Bing Maps”, avevano scoperto
che in località Bovetto era stata
creata illecitamente una discarica di rifiuti speciali pericolosi.
Ne era scaturito il sequestro delle tre società e di numerosi mezzi
di cantiere, e altri beni societari
per un valore totale di circa 7 mi-
di FABIO PAPALIA
REGGIO CALABRIA - Gli inquirenti stanno vagliando tutti i
rapporti della vittima. Proseguono serrate le indagini della
Squadra Mobile diretta da Renato Cortese volte a individuare
l’assassino di Vittorio Bruno
Martino, l’imprenditore di 46
anni ucciso lunedì sera in un agguato a Pellaro, alla periferia sud della
città, mentre
usciva dalla
palestra. Un
colpo di pistola
calibro
7.65, che ha
centrato alla
testa
l’imprenditore,
morto
poco
dopo il ricovero presso gli
Ospedali Riuniti.
Le indagini
Vittorio Bruno Martino
della Mobile
sono volte a
scavare nella
vita di Martino, gli investigatori hanno
già interrogato i parenti e
numerosi conoscenti e amici della vittima, in cerca di
un movente.
L’uomo, che era rimasto coinvolto nell’operazione “Terrazzamento”, condotta dai Carabinieri del Noe lo scorso febbraio, non
risulta avere legami con la criminalità organizzata.
Gli inquirenti, nonostante
non siano emersi nell’immediato collegamenti evidenti con fatti di mafia e personaggi vicine alle cosche, non escludono al momento alcuna ipotesi, e le loro indagini sono orientate a 360 gradi, ipotizzando che l’imprenditore, vista la titolarità di ben tre società, possa essere entrato nel
mirino della ‘ndrangheta per ra-
Interrogati
parenti
e conoscenti
della vittima
Il luogo dell’agguato
La vittima è un marocchino di 32 anni, la compagna ricoverata a Cosenza
Muore uomo, salvi moglie e figlio
Scontro tra tre auto sulla statale 107, vicino a San Pietro in Guarano
SAN PIETRO IN GUARANO (COSENZA) – Ancora un grave incidente stradale sulla Statale 107
nel tratto che collega Cosenza con
Crotone. In uno scontro che ha
coinvolto tre autovetture è morta
una delle due persone rimaste ferite. L’impatto mortale è avvenuto
nel territorio di San Pietro in Guarano.
La persona deceduta è un cittadino extracomunitario di origine
marocchina, H.S., di 32 anni, in
Calabria con un regolare permesso di soggiorno.
Secondo quanto ha riferito la polizia stradale, un’auto che procedeva da Cosenza in direzione di
San Giovanni in Fiore, per cause in
corso di accertamento, ha invaso
Due iniziative di prevenzione per l’8 e il 12 dicembre
Scosse sul Pollino, avviato
il piano della Protezione civile
CATANZARO – In seguito allo sciame sismico ancora in
corso nell’area del Pollino, il
sottosegretario alla Protezione Civile della Regione Calabria Franco Torchia ed il dirigente di Settore Salvatore
Mazzeo comunicano di aver
avviato una serie di iniziative
non strutturali di prevenzione con il personale tecnico regionale della struttura di Catanzaro edell’Unità operativa
provinciale di Cosenza, d’intesa con il Dipartimento nazionale della Protezione Civile ed in collaborazione sinergica con la struttura di Protezione Civile della Regione Basilicata, anch’essa – informa
una nota dell’ufficio stampa –
interessata dalla problematica. Anche sulla base delle indicazioni pervenute dal Capo
del Dipartimento nazionale di
Protezione Civile Prefetto
Franco Gabrielli, si è pervenuti all’astensione dell’attività di pianificazione ad un bacino di ben 41 Comuni ed una
popolazione di circa 130.000
abitanti coinvolti. Avvio
lioni di euro. Proprio per questo
episodio, l'imprenditore avrebbe
dovuto comparire davanti ai
giudici del tribunale di Reggio
Calabria il 27 gennaio prossimo,
per cercare di difendersi dalle
contestazioni che erano state
avanzate dalla Procura dello
Stretto nei suoi confronti.
Sarà compito della Squadra
Mobile, adesso, verificare se
l’omicidio possa in qualche modo essere legato al settore dello
smaltimento dei rifiuti, settore
in cui operavano le tre società di
Martino, e ad eventuali richieste
estorsive che l’imprenditore potrebbe avere subito. Le modalità
dell’esecuzioni non escludono il
coinvolgimento della criminalità organizzata reggina. Per questo l’attività investigativa tenta
di appurare eventuali collegamenti tra le vittima e le 'ndrine
della città e dell’hinterland reggino.
dell’attività di formazione del
volontariato di Protezione Civile calabrese, congiuntamente a quello Lucano, in occasione dell’incontro formativo dell’8 dicembre prossimo, indirizzato al mondo del
volontariato locale, che si
svolgerà presso il Centro sociale di Lagonegro (PZ). Prosecuzione, nell’area dei Comuni dell’alto cosentino (Comuni afferenti ai centri operativi misti di Castrovillari,
Trebisacce e Scalea) della
campagna nazionale sulla riduzione del rischio sismico
denominata progetto «Terremoto: io non rischio» e poi è
previsto d’intesa con il Prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaroo per il 12 dicembre prossimo, un incontro operativo,
da tenersi presso la Prefettura di Cosenza, al quale parteciperanno le componenti essenziali del sistema di Protezione Civile locale. L’incontro
è mirato alla verifica ed alla
condivisione del modello di
comando e controllo proposto
dalla Regione Calabria».
la corsia opposta e si è scontrata
prima con la vettura con a bordo la
vittima, che era in compagnia della moglie T.Z., di 22 anni, e del figlio di 15 giorni, e poi è andata a finire contro un’altra vettura.
La donna, anche lei di origini
marocchine, è rimasta gravemente ferita ed è stata ricoverata in
prognosi riservata nell’ospedale
di Cosenza. Il neonato non ha riportato ferite ed è stato trattenuto
in ospedale in attesa che arrivino i
parenti della madre da Trani dove
risiedono.
Sul luogo dell’incidente è intervenuta la Polstrada assieme ai sanitari del 118 e ai vigili del fuoco.
La statale 107 è rimasta chiusa al
traffico per circa tre ore.
L’auto su cui viaggiava la famiglia marocchina
Dopo l’espulsione Cittadino racconta la sua verità e attacca il presidente catanzarese
Guerra fratricida in Confcommercio
di ANTONIO LIOTTA
CATANZARO - Doveva essere l'occasione, per un gruppo di associati, per denunciare un fatto alquanto inquietante, cioè l'espulsione
dalla Confcommercio provinciale di un socio che non
aveva chinato la testa di
fronte al pizzo, denunciando
il tentativo di estorsione da
parte di un esponente di un
noto clan criminale. È stata
l'ennesima conferma della
frattura insanabile che sta
lacerando la Confcommercio catanzarese, con uno
scontro aperto tra il presidente, Pietro Tassone, e i
suoi fedelissimi e i “dissidenti” che si oppongono alla sua
gestione, con in testa l'imprenditore Salvatore Cittadino (l'estorto espulso per
ben due volte) e il presidente
dei Giovani di Confcommercio, Francesco Leonardo.
Una vicenda delicatissima, già passata per le aule di
Tribunale e ora fotografata
in un esposto rivolto, tra gli
altri, al premier Monti, al governatore Scopelliti e al presidente della Confcommercio nazionale, Sangalli, in
cui un gruppo di associati
chiede un intervento urgente per il ripristino del principio di legalità all'interno dell'associazione. Un altro tassello è stato aggiunto ieri
mattina durante una conferenza stampa, in cui Cittadino, presidente vicario a Catanzaro e presidente dell'area di Lamezia, ha raccontato la sua verità.
L'imprenditore ha sostenuto di essere stato espulso,
insieme ad un altro socio,
una prima volta a febbraio
2011, formalmente per non
avere pagato la quota per il
rinnovo dell'iscrizione (180
euro), quando in realtà vantava dei crediti per alcune
spese legate all'attività della
confederazione per una cifra molto più elevata; di avere, quindi, portato la questione davanti al Tribunale
del capoluogo, che ad aprile
ha reintegrato entrambi i so-
ci ritenendone illegittima
l'esclusione.
Ma, a distanza di un mese,
è stato espulso una seconda
volta per la stessa ragione e a
nulla sarebbe valso, a quel
punto, il bonifico di 180 euro
che gli è stato restituito, a distanza di tre giorni, sotto
forma di assegno. La ragione è scritta nero su bianco all'interno dell'esposto: Cittadino è stato espulso «perché
non allineato alla condotta
politico-amministrativa del
presidente Tassone». Insomma, alla base dell'esclusione del socio anti-pizzo, ci
sarebbe una lotta di potere
tutta interna alla Confcommercio.
Per il presidente dei giovani Leonardo, «Confcommercio non avrebbe dovuto chiedere nemmeno un euro a un
simbolo di legalità», e salutando la presenza in sala del
presidente catanzarese di
Confidustria, Giuseppe Gatto, e del direttore, Dario Lamanna, ha ricordato come
«mentre altre associazioni
di categoria, come Confindustria, hanno nel loro statuto la regola secondo cui
chi non denuncia il pizzo deve essere escluso, da noi accade il contrario». Eppure
neanche tra i giovani di Confcommercio sembra esserci
una posizione univoca: in un
comunicato stampa di lunedì, alcuni si sono dissociati
dalle parole di Leonardo,
perché non sarebbero state
condivise con tutto il gruppo. Una versione ribadita ieri dal presidente vicario dei
giovani, Francesco Ciambrone, che in parte ha rettificato sostenendo che «in Confcommercio ognuno, compreso il presidente Tassone,
deve assumersi le sue responsabilità». E sempre di
ieri mattina è la notizia della
convocazione per oggi della
Giunta di Confcommercio
con all'ordine del giorno la
denuncia del consigliere
Leonardo e il deferimento ai
probiviri per «gravi e ripetute violazioni dell'art.4 del Codice etico».
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Calabria 19
24 ore
Mercoledì 7 dicembre 2011
24 ore
Mercoledì 7 dicembre 2011
La Corte d’appello revoca anche la confisca del complesso turistico alberghiero al centro dell’inchiesta
Marechiaro, nessun colpevole
Assolti tutti i 18 imputati. Prescrizione per il proprietario dell’Hotel di Gizzeria
di PASQUALINO RETTURA
LAMEZIA TERME - Se nel
giudizio di primo grado l’inchiesta sul Comune di Gizzeria che ruotava sulla realizzazione del complesso turistico
alberghiero Marechiaro (che
ha visto imputati eccellenti)
era stata quasi totalmente demolita, al processo d’appello
ora è naufragata. In primo
grado infatti dal tribunale di
Lamezia erano stati assolti 17
dei 18 imputati. Ma ieri, oltre
alla conferma delle 17 assoluzioni, la Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Anna Maria Saullo; consiglieri Marco
Petrini e Francesca Marrazzo) ha dichiarato anche il non
doversi procedere per prescrizione nei confronti Paolo Sauro, titolare del Grand Hotel
Marechiaro, unicocondannato (un anno) in primo grado
(ma solo per indebita percezione di erogazioni a danno dello
Stato, riqualificato dal reato
di truffa, e tre mesi di arresto
per una contravvenzione relativa all'abuso edilizio). Condanna che ora in appello è caduta in prescrizione.
A Paolo Sauro (difeso
dall’avvocato Francesco Gambardella) gli è stata pure revocata la confisca del complesso
turistico - alberghiero che dovrà essere immediatamente
restituito a Sauro, uscito
quindi indenne anche lui da
questa lunga vicenda giudiziaria. Il «danno» per Sauro
ora è diventato irrisorio, dal
momento che dovrà risarcire
1200 euro a Legambiente Calabriacostituitasi partecivile.
Perilresto leassoluzionisono
state confermate in appello
per Aldo Cerra, Sarino De Sensi, Gianfranco Cataldo Strancia, Bernardo Brandimarti,
l’ex governatore calabrese
Giuseppe Chiaravalloti, l’ex
assessore regionale all’Urbanistica, Paolo Bonaccorsi e
l’ex assessore regionale al Turismo, Giuseppe Gentile (attuale assessore nella giunta
Scopelliti), StefanoTorda, Roberto Fusco, Pasquale Anastasi, Rocco Militano, Antonio Siesto, Antonio Murone,
Andrea Iovene (ex assessore
del Comune di Lamezia e attuale dirigente dell’area tecnica), Salvatore Fabiano, Carmelo Cortellaro eGiacinto Domenico Mancuso.
Con la sentenza del proces-
Da sinistra: Giuseppe Chiaravalloti, Pino Gentile e il sostituto procuratore generale Raffaella Sforza
so d’appello quindi è stato rafforzato il giudizio che a Gizzeria non c'era stata nessuna
“cricca”diex amministratori,
tecnici e funzionari regionali
che ha gestito il territorio per
interessi personali con la complicità del potere politico regionaledel 2002.Anche inappello infatti hanno avuto la
meglio gli avvocati Pisani Cerra, Gambardella, Iozzo, Luigi
Scaramuzzino del foro di Crotone, Licastro, Ioppoli, Scalzi,
Michele Amatruda, Leopoldo
Marchese (difensori di Gentile) Pietragalla, Renzo Andricciola, Giuseppe Pandolfo, Luca Scaramuzzino e Alessandro Missineo. Niente da fare
per il sostituto procuratore
generale di Catanzaro, Raffaela Sforza, che aveva chiesto
la condanna di tutto i diciotto
imputati. In particolare 3 anni e 6 mesi per Gentile, 3 anni e
9 mesi per Chiaravalloti, 3 anni e 6 mesi per Bonaccorsi e 8
anni per l'imprenditore Paolo
Sauro. Per gli altri 14 imputa-
ti, tutti dirigenti e funzionari
della Regione Calabria ed ex
amministratori del Comune
di Gizzeria, erano state chieste condanne dai 2 ai 4 anni di
reclusione. Gli imputati, a vario titolo accusati di associazione a delinquere, abuso d'ufficio, omissione d'atti d'ufficio, falsità ideologica, turbata
libertà degli incanti e truffa
aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, reati in materia di edilizia, urbanistica e paesisticoambientale e voto di scambio,
escono dunque senza macchia anche nel secondo grado
di giudizio di un’inchiesta nata quasi dieci anni fa e che ruotava in particolare sul Prg di
Gizzeria, che ha interessato
diversi varianti che hanno
cambiato le destinazioni d'uso
di terreni passati da agricoli a
industriali, commerciali e artigianali, e sull'iter per la realizzazione del Grand Hotel
Marechiaro, (un albergo a cinque stelle sulla costa di Gizzeria, finanziato dalla Regione
per 4,2 milioni di euro).
Omicidio Citriniti. Al processo per l’uccisione del giovane universitario
Spunta una nuova verità
Il nipote minore dell’imputato punta il dito contro un altro rom
di AMALIA FEROLETO
CATANZARO - «Lei ha visto le coltellate?».
«Sì gliel'ha date all'addome». Con queste
frasi chiave Danilo Sinopoli, rom sedicenne, non solo ha ricostruito tutte le fasi convulse dell'omicidio, ribaltando completamente le versioni date ai poliziotti, ma ha
anche detto di aver visto Vincenzo prendere il coltello e sferrare il colpo mortale all'addome di Massimiliano Citriniti, lo studente universitario di 24 anni ucciso per
uno scherzo di carnevale il 22 febbraio del
2009 in un tunnel antistante il centro commerciale “Le Fornaci”di Catanzaro.
Il teste, incalzato ieri, nell’aula bunker di
via Paglia, per ore, dal pm Simona Rossi, al
processo in Corte d’assise, è nipote dell'imputato, Cosimo Berlingeri, 44 anni, finito
in manette con Gianluca Passalacqua, 23
anni, per concorso in omicidio con il figlio
minore di Cosimo, già condannato. Danilo,
nei precedenti interrogatori, aveva detto di
aver visto solo un coltello in mano a Massimiliano e che, per timore, ha spiegato ieri,
non aveva parlato di quello spuntato in ma-
REGIONE CALABRIA
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE di COSENZA
UOC Servizi Patrimoniali e Tecnici
Estratto Bandi di gara
SEZIONE I: AMMINISTRAZIONE AGGIUDICATRICE:
Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza – Viale degli
Alimena, 8 – 87100 COSENZA. Tel. 0984-893345 - 0984893559 0984-893313 e Fax 0984-893323, 0984-893468 –
email: [email protected]
SEZIONE II: OGGETTO DELL’APPALTO:
Gara A CIG: 358837658C
CUP: B96E11000580001. Incarico
professionale per la progettazione preliminare e definitiva dell’intervento di messa in sicurezza del Presidio Ospedaliero di Paola
(CS), riferito ad opere di classe III categoria a) e di classe I categoria c). Importo dell’incarico soggetto a ribasso: Euro 186.574,30.
Gara B CIG: 358887622A
CUP: B32J11000620001. Incarico
professionale per la progettazione preliminare e definitiva dell’intervento di messa in sicurezza del Presidio Ospedaliero di Cetraro
(CS), riferito ad opere di classe III categoria a) e di classe I categoria c). Importo dell’incarico soggetto a ribasso: Euro 173.829,20.
SEZIONE III: INFORMAZIONI DI CARATTERE GIURIDICO, ECONOMICO, FINANZIARIO E TECNICO: Si rinvia al Disciplinare di
gara.
SEZIONE IV: PROCEDURA: aperta art.3, comma 37 ed art. 55, 91
e 124, D.Lgs. n°163/2006, nonché art. 261 D.P.R. n°207/10. Criteri
di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa in base
ai criteri indicati nel Disciplinare di gara.
Scadenza per la ricezione delle offerte: Data 22/12/2011 ore 12.00
SEZIONE VI: ALTRE INFORMAZIONI Il bando integrale di gara ed
il disciplinare di gara sono pubblicati sul internet aziendale:
www.asp.cosenza.it
Data di spedizione GURI: 24/11/2011;
Pubblicazione GURI: 05/12/2011
Il Direttore UOC Servizi Patrimoniali e Tecnici
Ing. Gennaro Sosto
no a Vincenzo. Ed ecco così spuntare una
nuova verità nell’efferato omicidio del giovane massacrato da un gruppo di rom.
Davanti alla Corte, presieduta da Giuseppe Neri (a latere: Domenico Commodari), il
minore, infatti, tra frasi confuse e “non ricordo” alla fine ha lanciato precise accuse,
affermando che anche Vincenzo aveva un
coltello a serramanico più piccolo di quello
di Massimiliano e che Gianluca era intervenuto per strapparlo a quest’ultimo. Per poi
finire tutti e tre per terra. Gianluca con la
faccia al cielo che tentavadi afferrare il polso di Massimiliano (sopra di lui di spalle)
per fargli mollare il coltello, mentre sopra
Massimiliano c’era Vincenzo, con il coltello
con il quale alla fine avrebbe sferrato il colpo mortale all'addome di Mssimiliano.
Una versione fortemente contestata sia
dal pm che dalla difesa, rappresenta dagli
avvocati Salvatore Staiano e Gregorio Viscomi, perché ritenuta inverosimile. Scena
muta, invece, da parte dell’altro teste, Mario Cappellano. Si torna in aula il 12 gennaio, per la requisitoria di pm e parte civile,
e il 19 per la difesa e la sentenza.
I funerali di Massimiliano Citriniti
L’arresto di Morelli
fa slittare
l’udienza
al processo
“Why not”
di TERESA ALOI
CATANZARO - Sfatato il
rischio di azzeramento, il
processo a carico di 27
persone - tra funzionari
ed ex amministratori regionali, imprenditori e
professionisti - rinviate a
giudizio a seguito della
inchiesta “Why not”, è
slittato a causa della
mancata presenza in aula di uno degli imputati,
il consigliere regionale
Franco Morelli per il quale non c'è stato il tempo di
disporre la traduzione a
Catanzaro dal carcere di
Opera, nel milanese, dove si trova detenuto
all’indomani della recente operazione antimafia
denominata “Infinito”,
scaturita da un'inchiesta
della Direzione distrettuale antimafia di Milano su presunti intrecci
tra 'ndrangheta e politica.
Dunque, si torna in aula il prossimo 9 gennaio
quando davanti al Tribunale presieduto da Antonio Battaglia (il giudice
trasferito a Palmi ha ottenuto l’applicazione a Catanzaro fino alla sentenza) sarà sentito Giuseppe
Chiaravalloti, maresciallo dell'Arma dei carabinieri che condusse le indagini di “Why not”, l’inchiesta su un presunto
comitato d'affari che
avrebbe illecitamente gestito i soldi destinati allo
sviluppo della Calabria,
dopo che è stato chiarito
che il militare non risulta
indagato in alcun procedimento connesso a seguito del rinvio di alcuni
atti dell’inchiesta alla
Procura della Repubblica da parte del giudice
Abigail Mellace, al termine dell’udienza preliminare conclusasi il 2 marzo del 2010.
Operazione della polizia fra Torino e Asti contro la rete che proteggeva il boss di Gioiosa
Arrestati i fiancheggiatori di De Masi
di GIOVANNI VERDUCI
SIDERNO - La polizia di Stato ha assestato un duro colpo alla rete dei fiancheggiatori che hanno protetto la latitanza di Giordio De Masi “u
mungianisi”: gioiosano ritenuto ai vertici della cosiddetta “Provincia” e capo del
locale di Gioiosa Jonica.
Giorgio De Masi, come si
ricorderà, venne tratto in
arresto a Torino nell’aprile
2011 dagli uomini della
Squadra mobile di Reggio
Calabria, dai colleghi del
Commissariato di Siderno e
da quelli di Torino. Nelle
scorse ore, poi, gli uomini
del vice questore aggiunto
Stefano Dodaro hanno chiuso il cerchio investigativo
con un blitz, portato a compimento fra Torino ed Asti,
che ha portato all’arresto di:
Rocco De Masi, 46 anni originario di Martone ma residente a Torino; Francesco
Ursino, 28enne gioiosano
residente a Torino e Rocco
Schirripa “u barca”, 58 anni
Francesco Ursino
Rocco De Masi
Rocco Schirripa
di Gioiosa Jonica già arrestato nell’ambito dell’operazione “Minotauro”.
Nei loro confronti gli uomini della polizia di Stato
hanno dato esecuzione ad
un’ordinanza di custodia
cautelare in carcere, emessa
dal giudice per le indagini
preliminari Giuseppe Salerno.
Rocco De Masi era stato
fermato nello stesso giorno
in cui i poliziotti avevano
stretto la manette ai polsi
del ricercato. A Francesco
Ursini e Rocco Schirripa, invece, gli investigatori sono
giunti attraverso i riscontri
delle intercettazioni telefoniche effettuate durante le
indagini avviati alla ricerca
e alla cattura del boss latitante.
Un frenetico giro di contatti telefonici fra la Calabria ed il Nord Italia che ha
portato gli uomini del com-
missariato di Siderno ad attivarsi con i colleghi torinesi per allargare il raggio dei
propri controlli al circondario di Torino.
L’intuizione si è rivelata
corretta e, dopo una serie di
appostamenti ed un tentativo di arresto andato a vuoto
solo per sfortuna, gli uomini del questore Carmelo Casabona sono riusciti a scovare ed arrestare Giorgio De
Masi.
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20 Calabria
La Caritas chiede un maggiore impegno e responsabilità delle istituzioni pubbliche
Rosarno a rischio rivolta
Solo i volontari danno assistenza ai migranti di via Nicotera
di KETY GALATI
ROSARNO - Potrebbe riaccadere. Il rischio di assistere all'ennesima rivolta c'è
tutto. Le condizioni precarie in cui vivono i “migrantes” nel nuovo ghetto di via
Passo Nicotera, dietro il
centro storico e le occupazioni abusive del campo di
accoglienza in contrada Testa dell'Acqua sono il riscontro oggettivo di come
l'emergenza migranti sia,
ancora, rimasta tale.
Questa situazione allarmante viene riscontrata anche dalle associazioni umanitarie della Piana, che ce la
mettono tutta per alleggerire lo stato di miseria a cui sono costretti gli africani. Sono loro a lanciare un appello
alle autorità competenti affinché si mobilitino prima
che sia troppo tardi. Il presidente della Caritas diocesana, Vincenzo Alampi, denuncia il fatto che non basta
l'attenzione dei volontari
per far fronte a questa
emergenza.
«Sono numeri piccoli rispetto al fenomeno che si
sta riproponendo quest'anno. Ma sono testimonianze
che qualcosa si può fare.
Certo la tensione è sempre
nell'aria. Qualche immigrato facinoroso, malgrado
tutta l'attenzione, potrebbe
uscire sempre fuori».
Per questa ragione, «è importante che il tavolo di concertazione convocato dal
prefetto di Reggio sia allargato alle associazioni di tutta la Provincia che si occupano delle stesse problematiche per contribuire alla
realizzazione di una rete solidale ed efficace per il miglioramento e la umanizzazione dei servizi presenti
sul territorio». Il messaggio più forte che ancora una
volta la Caritas vuol far valere è quello «dell'impegno
delle istituzioni pubbliche
che non devono permettere
la nascita di ghetti nei nostri territori, ma devono
Un immigrato dentro il nuovo ghetto di Rosarno
promuovere iniziative di
politiche di integrazione, di
inserimento dignitoso degli immigranti nelle realtà
locali e comprensoriale specialmente nel lavoro, nell'istruzione scolastica, nella
sanità, nella socialità, nella
tutela dell'identità culturale e religiosa, con un impegno nuovo giusto, pacifico,
solidale e strutturato».
Nel recente incontro con
il prefetto si è deciso di aumentare i posti letto nel
campo di accoglienza, se si
trovano le risorse. Un'altra
soluzione tampone. Alla luce dei numerosi arrivi degli
immigrati i membri dell'associazione interculturale
Omnia di Rosarno, registrano la stessa tensione tra
gli africani «stanchi ed av-
viliti». «Gli arrivi non coincidono con i posti di lavoro
disponibili. Non c'è lavoro»,
spiega il consulente legale
dell'associazione Graziella
De Masi, sottolineando il
fatto che potrebbe essere
questo uno dei motivi ad indurre gli africani a ribellarsi. La De Masi riferisce che
per domani è stato convocato un incontro urgente nella sede di Omnia per fare il
punto della situazione degli
immigrati stagionali della
Piana con Flai- Cgil e le associazioni umanitarie locali.
Infine Giuseppe Pugliese
attivista dell'Osservatorio
“Africalabria” chiede agli
organi competenti «di non
lasciare sola Rosarno, non
può farcela». L'attivista fa
notare l'inutilità delle passerelle su Rosarno degli
esponenti politici. Il Governo, la Regione e la Provincia
devono intervenire per evitare eventi devastanti. E'
inaccettabile questa situazione, l'Italia è un paese civile».
Dopo la chiusura da parte dei Nas e Noe dell’ospedale di Oppido
Denunciata la dg Squillacioti
di FRANCESCO PAPASIDERO
OPPIDO MAMERTINA - Dopo la chiusura
dell'ospedale di Oppido, arriva la denuncia al
direttore generale dell'Asp 5 Rosanna Squillacioti. Dopo i controlli effettuati al “Maria
Pia di Savoia” più o meno una settimana addietro, i Nas ed il Noe avevano chiuso il nosocomio oppidese (il giorno seguente l'arrivo
dei Carabinieri la stessa direzione dell'Asp
aveva provveduto a bloccare i ricoveri). Ora,
dopo i sigilli, la denuncia alla magistratura
del numero uno della sanità reggina per
«inosservanza della normativa concernente
l'igiene e la sicurezza dei luoghi di degenza e
di lavoro». Dall'attività di controllo svolta dai
Carabinieri è emerso che presso l'ospedale di
Oppido è caratterizzato da carenze igienicostrutturali e tecnico impiantistiche tali da costituire, secondo gli investigatori, un poten-
ziale pericolo per la sicurezza dei degenti e del
personalesanitario.Insomma, nonunabella
situazione per una struttura, quella di Oppido, che stando al nuovo piano sanitario sarebbe dovuta diventare un centro di lungodegenza e di riabilitazione per l'intero territorio
della Piana. Il futuro della struttura ospedaliera, comunque, dopo la chiusura, rimane
appeso ad un filo, a questo punto. Occorrerà,
prima di tutto, intervenire su quelle criticità
segnalate dal Nas e dal Noe, che hanno agito,
sembra, dopo una denuncia, partendo dagli
infissi, non a norma, e che hanno causato delle infiltrazioni d'acqua Problemi di umidità
sono stati rivelati non solo alle pareti ma anche nei soffitti, proprio nel giorno in cui gli
operai stavano cominciando i lavori di ristrutturazione del tetto. Il Noe, invece, ha rivelato la non idoneità degliambienti dei gas e
dei rifiuti speciali.
Il Riesame: «Carenza di indizi»
Rifiuti sul fiume Oliva
rimesso in libertà
Cesare Coccimiglio
di PAOLO OROFINO
AMANTEA - Ritorna in libertà Cesare Coccimiglio il
settantacinquenne
imprenditore amanteano, arrestato nell'ambito dell'inchiesta sull'illecito smaltimento di rifiuti nel fiume
Oliva. Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Catanzaro, accogliendo il ricorso
presentato dall'avvocato
Nicola Carratelli, legale
dell'imprenditore, che a
supporto della sua istanza
aveva evidenziato la carenza d'indizi di colpevolezza a
carico del suo assistito. Il
Riesame ha dato ragione
alla tesi difensiva. Il procuratore Bruno Giordano,
però, appresa la notizia
della liberazione di Coccimilgio dagli arresti domiciliari, ha preannunciato
che ricorrerà in Cassazione, al fine di ridar valore all'ordinanza cautelare del
gip di Paola, inficiata dal
Tdl. Ovviamente prima di
procedere la procura dovrà
leggere attentamente le
motivazioni della sentenza
dei giudici del tribunale
della Libertà.
Rimane, per ora, l'importante punto a favore
della difesa di Coccimiglio
liberato dopo una ventina
di giorni del suo arresto,
rimbalzato sulle cronache
regionali, anche per la concomitanza della notizia circa l'imminente arrivo a
Valle Oliva, della commissione Ambiente del Parlamento europeo, giunta ad
Amantea una settimana
dopo l'emissione della mi-
sura restrittiva. Coccimilgio è titolare di un'impresa
che occupa di estrazione di
materiali per l'edilizia e del
trasporto degli stessi. Impresa con sede nelle vicinanze del torrente Oliva.
L'imprenditore subito dopo l'arresto aveva respinto
ogni accusa nel corso dell'interrogatorio di garanzia condotto dal giudice
per le indagini preliminari, autore dell'ordinanza di
custodia cautelare. Fra
l'altro aveva detto che nei
siti inquinati individuati
dagli inquirenti, negli anni passati avevano scaricato rifiuti un po' tutti, poiché l'area veniva considerata a torto, o a ragione,
una discarica.
Nell'area lungo l'alveo
del corso d'acqua, in diversi punti sono stati ritrovati
ingenti quantità di rifiuti
nocivi: metalli pesanti, polvere di marmo e tante altre
sostanza inquinanti, con
picchi di arsenico e tracce
sospette di cesio 137. Quest'ultimo è un isotopo radioattivo rilevato nel terreno in percentuale elevata
rispetto al valore medio misurato su altre aree geografiche della regione. La
presenza di cesio 137, secondo l'Ispra che ha seguito i carotaggi effettuati
nella vallata, sarebbe dovuta a cause accidentali, vale
a dire da un maggiore assorbimento nel terreno
dell'elemento arrivato per
il fenomeno cosiddetto
di“ricaduta” a seguito dei
vari disastri nucleari avvenuti nel globo.
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Calabria 21
24 ore
Mercoledì 7 dicembre 2011
Il sostituto procuratore Francesco Mollace ha chiesto la conferma della pena in appello
«Canzonieri resti in carcere»
Ritenuto affiliato al clan Tegano è stato condannato per estorsione ai Malavenda
PROCESSO “MARE E MONTI”
di CLAUDIO CORDOVA
LA condanna a nove anni
di reclusione inflitta in primo grado a Donatello Canzonieri va confermata. E'
stato il sostituto procuratore generale Franco Mollace ad avanzare la richiesta alla Corte d'Appello di
Reggio Calabria.
Canzonieri, ritenuto un
soggetto organico al potente clan Tegano di Archi,
è stato condannato in primo grado dal Tribunale Penale per il reato di estorsione in danno della famiglia
Malavenda, proprietaria di
uno storico bar nel rione
Santa Caterina, una zona
che rientrerebbe nella
“competenza” criminale
della cosca Tegano.
Canzonieri ottenne i lavori di tinteggiatura del
bar, interessato, tra la fine
del 2007 e l'inizio del 2008,
da un'opera di ristrutturazione, che costò circa sessantamila euro. I lavori
vennero inizialmente affidati alla ditta Edil Tripodi
di proprietà di Giovanni
Tripodi, soggetto vicino a
Pasquale Condello, detto il
“Supremo”, uno dei capi
più carismatici della 'ndrangheta reggina. I lavori sarebbero dovuti essere a
totale appannaggio della
ditta di Tripodi, cui la famiglia Malavenda aveva affidato l'appalto per mettersi
a riparo da possibili ripercussioni.
Poi, però, Canzonieri
avrebbe ottenuto i lavori di
tinteggiatura per un importo di seimila euro: un lavoro che l'uomo, da sempre
vicino al presunto capoquartiere, Carmelo Murina, avrebbe ottenuto proprio in virtù della propria
appartenenza alla 'ndrangheta. Lo stesso Canzonieri (come Murina, del resto)
è indicato da vari collaboratori di giustizia come Roberto Moio e Nino Lo Giudice come un affiliato di rilievo della cosca Tegano.
La scelta di inserire Canzonieri nell'affare non salvò, comunque, l'attività
commerciale che venne distrutta nella notte tra il 24 e
il 25 febbraio da un attentato dinamitardo, appena pochi mesi dopo l'inaugurazione.
Secondo le ricostruzioni
investigative, svolte dalla
Squadra Mobile, sarebbe
stato Paolo Schimizzi, reggente della cosca Tegano a
Santa Caterina, scomparso, in seguito a un probabile caso di lupara bianca sulla fine del 2008, a presentarsi alla famiglia Malavenda al fine di ottenere
una cospicua fetta dei lavori. Schimizzi, nipote di Giovanni Tegano, riforniva il
bar di orzo, ma con la società di cui era proprietario, la
“Globus”, avrebbe voluto
curare l'arredamento del
locale. La famiglia Malavenda si rivolse ad altri e il
locale fu totalmente distrutto. Tra le macerie del
locale, peraltro, venne ritrovato un berretto di cui
non è mai stato identificato
il proprietario. Un ritrovamento che la stessa famiglia Malavenda avrebbe inteso come una punizione
per “non essersi tolti il cappello”.
Nel corso dell'udienza di
ieri, il sostituto pg Mollace
ha dunque richiesto la conferma della condanna inflitta in primo grado nei
confronti di Canzonieri.
Una richiesta cui si è associato l'avvocato Giovanni
De Stefano, in rappresen-
Il pentito Federico
non sarà riascoltato
Donatello Canzonieri
tanza della famiglia Malavenda, costituita parte civile.
L'avvocato Francesco Calabrese, invece, ha invocato
per Canzonieri l'assoluzione, contestando, peraltro,
le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ritenute
inattendibili. Il prossimo
11 gennaio la Corte dovrebbe emettere il proprio verdetto.
Prima, però, toccherà all'altro legale di Canzonieri,
l'avvocato Carlo Morace, effettuare la propria arringa
difensiva.
IL pentito Lorenzo Federico non sarà ascoltato
nel procedimento “Mare
e Monti”, ritornato in
Corte d'Appello dopo un
rinvio disposto dalla Suprema Corte di Cassazione. L'audizione di Federico era stata richiesta, nella scorsa udienza, dal sostituto procuratore generale Franco
Mollace.
La Corte, però, ha rigettato la richiesta, accogliendo, quindi, le opposizioni degli avvocati
difensori. Il procedimento, infatti, è celebrato con rito abbreviato:
anche per questo motivo
la Corte ha rigettato la
richiesta della Procura
Generale. La Corte di
Cassazione ha rimandato indietro, per motivi
tecnici, un processo che
aveva già registrato il
giudizio d'appello: alla
I Lo Giudice alla sbarra
La difesa chiede
l’assoluzione
per Perricone
Francesco Mollace
L’arresto di Nino Lo Giudice
sbarra esponenti di spicco delle cosche Libri e
Rosmini.
Alla luce del rigetto
della richiesta di audizione del pentito Federico, nel corso della prossima udienza il sostituto
pg Mollace dovrebbe
esporre la propria requisitoria.
cl.co.
PROSEGUONO le arringhe difensive, al cospetto
del Gup Daniela Oliva, nel
maxiprocesso che vede alla
sbarra alcuni degli elementi di spicco del clan Lo
Giudice. Il processo nasce
dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonino Lo Giudice un tempo capo indiscusso della
cosca ed il cugino Consolato Villani. Il gruppo degli
individui alla sbarra si è diviso in due tronconi, tra chi
ha scelto l'ordinario (tra
gli altri Luciano Lo Giudice, Antonio Cortese, Antonino Spanò e il Capitano
dei Carabinieri Saverio
Spadaro Tracuzzi) e chi, invece, ha optato per l'abbreviato (tra gli altri Nino Lo
Giudice e Mimmo Gangemi). In questo stralcio di
abbreviati, alcune settimane fa, il pm Beatrice Ronchi
ha chiesto pene per complessivi 60 anni di carcere.
Da qualche settimana, invece, la parola è passata alle difese. Nell'udienza di ieri ha preso la parola nell'interesse di Giuseppe Perricone l'avvocato Fabio Tuscano che ha escluso ogni
tipo di coinvolgimento del
proprio assistito con la famigliaLo Giudice.Illegale
ha sottolineato l'assenza di
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sul conto
di Perricone e ha anche argomentato in tema di tentata rapina aggravata e simulazione di reato, reati
contestati a Perricone, evidenziando alcune lacune
degli investigatori. Argomentazioni che hanno portato l'avvocato Tuscano a
chiedere l'assoluzione per
Perricone. Il processo è stato rinviato al 17 gennaio.
Successivamente il 31 gennaio ci sarà la lettura della
sentenza.
Era il papà del colonnello
A Frosinone
l’ultimo saluto
ad Angelosanto
IERI,nella chiesa di San Sebastiano a Sant’Elia Fiumerapido, in provincia di
Frosinone, sono stati celebrati i funerali di Antonio
Angelosanto 78enne, padre del Colonnello Pasquale Angelosanto, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria.
Alle esequie hanno partecipato numerosi colleghi ed
amici ed autorità manifestando vicinanza alla famiglia.
Al colonnello Angelosanto vanno le più sentite
condoglianze da parte della redazione de “Il Quotidiano della Calabria”.
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Reggio 31
Mercoledì 7 dicembre 2011
Area grigia. A confronto su realtà e prospettive sui patrimoni sequestrati e confiscati alla ’ndrangheta
Nel degrado i beni sottratti
Laganà: «Criticità nell’80% dei casi e non possono essere subito riassegnati»
di DOMENICO GRILLONE
REALTÀ e prospettive sui beni
sequestrati e confiscati alla
’ndrangheta: tema di fondamentale importanza per la lotta alla
criminalità organizzata. Un’arma, quella del sequestro e della
confisca, rivelatasi la più temuta
dalle cosche, assieme alla perdita della libertà e quindi del carcere. Ma che per diventare veramente efficace, trasformandosi
quindi in una sorta di incubo
quotidiano dei boss, ha bisogno
dei necessari aggiustamenti.
E’ il tema scelto per la seconda
giornata del convegno “La Ferita. L’area grigia della ’ndrangheta”, organizzato dal Museo
della ‘ndrangheta nel salone
dell’amministrazione provinciale. Ed ieri, a confrontarsi sulle diverse difficoltà che si incontrano
durante il lungo, spesso tortuoso, percorso che vede un bene
passare dalle mani dei mafiosi a
quelle dello Stato c’erano il viceprefetto Maria Rosaria Laganà
dell’Agenzia nazionale sui beni
sequestrati e confiscati, il giornalista del Quotidiano Giuseppe
Baldessarro, Francesco Spanò
dell’associazione Libera, Titty
Siciliano, dirigente dell’Ufficio
comunale che si occupa dei beni
confiscati, il professore Massimiliano Ferrara dell’Università
reggina e Claudio La Camera,
coordinatore del Museo. A coordinare la discussione il giornalista Claudio Cordova che ha dato
dei preziosi input per focalizzare
alcuni aspetti importanti. Come
quello, per esempio, che per considerare certa una vittoria, si
parla della confisca, occorre andare fino in fondo e soprattutto
in maniera spedita. Compito delegato proprio all’Agenzia nazionale, nata da appena un anno
e che cura i vari passaggi e procedure di assegnazione del bene,
già confiscato, per il riutilizzo a
fini sociali o istituzionali, così
come è successo fino ad ora, ma
non senza qualche
difficoltà. E sintetizzate dal viceprefetto
Laganà innanzitutto
nella criticità dell’80
per cento dei beni sequestrati. Il che vuol
dire per esempio che
il degrado degli immobili sottratti alla
ndrangheta non consentono una immediata riassegnazione. Edifici spesso costruiti in violazione delle più elementari norme sull’edilizia, case abusive o
occupate.
Case “saccheggiate” dagli
stessi mafiosi che non sopportano di dover restituire la propria
ricchezza. Problemi a non finire,
quindi, sui quali si sta lavorando
per trovare una soluzione. “L’Ufficio eredita quelle che sono state
le difficoltà del passato”, esordisce Laganà ricordando i vari
soggetti istituzionali (Agenzia
del demanio, Prefetture, Commissario straordinario per i beni
confiscati) che in passato si sono
occupati della questione, adesso
passata in mano all’Agenzia nazionale. “Si immagini un bene
immobile gravato da ipoteca –
spiega il viceprefetto dell’Agenzia – occorre liberarlo da tutti i
gravami. E poi costruzioni lasciati a metà, occupati da persone che pagavano regolarmente
un affitto e tante altre situazioni
di questo tipo”.
E poi le destinazioni, il riutilizzo migliore del bene. Tanto lavoro da fare, dunque. Ma l’impegno dell’Agenzia adesso è proteso proprio ad evitare le tante difficoltà o a superarle nella maniera più rapida possibile. Come la
nuova strategia che prevede delle unità operative istituite nelle
prefetture per consentire una
maggiore velocità negli sgomberi dei beni confiscati. Anche se
occorre sottolineare che un organico di 30 persone, quello
dell’Agenzia nazionale, non con-
Scopelliti sarà
a Milano
per il progetto
IL Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti
– informa una nota
dell’Ufficio Stampa della
Giunta – parteciperà a
Milano alla presentazione del progetto scientifico del Museo della 'ndrangheta di Reggio Calabria.
All’incontro, che si terrà
venerdì 9 dicembre alle
ore 15 nella sede della
Ibm,
Circonvallazione
Idroscalo Segrate (Milano), parteciperanno anche il responsabile scientifico del Museo della 'ndrangheta Fulvio Librandi, il coordinatore
del Museo della ndrangheta Claudio La Camera
e Maria Cristina Farioli,
business and innovation
development director, oltre che a svariate associazioni di calabresi residenti a Milano.
Il seminario di ieri mattina alla Provincia. Il viceprefetto Maria Rosaria Laganà e il dirigente dell’Ufficio comunale Titty Siciliano
sente al momento attuale quel
salto di qualità che tutti si aspettano riguardo la celerità di meccanismi e procedure per arrivare all’obiettivo finale. Ed i beni
assegnati ai Comuni che poi dovrebbero provvedere al loro riutilizzo? Stesso discorso e stesse
difficoltà, forse maggiori. L’avvocato Titty Siciliano sottolinea,
infatti, vari aspetti. Come l’onere
della riqualificazione del bene,
prima di consegnarlo alla società. E quindi della sua valorizzazione, oltre che la necessaria razionalizzazione delle informazioni.
Per il giornalista Giuseppe
Baldessarro la confisca dei beni
rappresenta una partita fondamentale nella lotta
contro la ‘ndrangheta. E soprattutto su
due fronti: quello economico e l’altro che riguarda l’immagine,
ormai compromessa,
della presunta intoccabilità delle cosche.
Spazio anche per una
polemica solo accennata su una politica
che dovrebbe prima
guardare dentro se stessa, per
esempio espellere chi si è macchiato di reati di contiguità, o
peggio, nei confronti della mafia, senza spettare i tre gradi di
giudizio, prima di parlare di un
presunto “certo tipo” di giornalismo. E le aziende confiscate? Che
fine faranno i lavoratori? E la
produttività, o presunta tale,
della stessa azienda? A dare diverse chiavi di lettura, ma anche
di risoluzione, del problema è
stato il professore Massimiliano
Ferrara, pronto a spiegare innanzitutto il bisogno della
ndrangheta di acquisire, per
esempio, il management dell’impresa.
Una ‘ndrangheta al passo con i
tempi, pronta ad evolversi in una
vera e propria società per azioni e
che cerca di introdursi nei settori chiave dell’economia. Sul valore dei beni confiscati, da considerare come una risorsa dal momento che possono creare occasioni di sviluppo, ha parlato l’avvocato Francesco Spanò di Libera, l’associazione considerata
antesignana nel riutilizzo dei
terreni tolti ai mafiosi e trasformati poi in cooperative di lavoro
rivolte ai giovani.
Resta comunque il paradosso,
evidenziato da Claudio La Camera, tra il numero dei beni ed
aziende confiscate e quello, ancora troppo piccolo, riguardante
la riutilizzazione. Nodi, problemi e difficoltà da superare attraverso l’individuazione di un percorso più agile.
I provvedimenti
possono essere
l’incubo
dei boss
Il monito del procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza
«Gli Ordini devono intervenire verso
gli iscritti che commettono illeciti»
di ANNALICE FURFARI
«GLI ordini professionali devono
avere il coraggio di intraprendere
provvedimenti disciplinari efficaci
nei confronti degli iscritti che commettono illeciti». È con queste parole
cheilprocuratore aggiuntodellaRepubblica di Reggio Ottavio Sferlazza
commenta la recente operazione “Infinito”. «Spesso – prosegue Sferlazza
–gli ordini professionali non resistono a tendenze di tutela corporativistica. Alla stessa maniera si comporta la
classe politica, alle cui mancanze è
costretta a supplire la magistratura,
esponendosi così ad accuse di politicizzazione. Al contrario, la capacità
di autoregolamentazione dovrebbe
essere inscritta nel Dna di ordini e politica. A tal proposito, ferma restando la presunzione di innocenza, Magistratura Democratica ha agito in
modo esemplare sospendendo il giudice Vincenzo Giglio», arrestato insieme con il consigliere regionale del
Pdl Franco Morelli, nell’ambito di
un’inchiesta sui legami tra colletti
bianchi e ’ndrangheta.
A offrire al procuratore aggiunto
lo spunto di una simile riflessione è il
tema del seminario a cui lo stesso magistrato ha preso parte presso il Palazzo della Provincia. “La ferita –
L’area grigia della ’ndrangheta”,
questo iltitolo delciclo diincontri organizzati dal Museo della ’ndrangheta di Reggio Calabria. Ieri, nella sessione pomeridiana, il dibattito è ruo-
Il procuratore Sferlazza
tato attorno alla questione delle azioni di contrasto alla criminalità organizzata. A discuterne sono stati, oltre
a Sferlazza, il comandante provincialedellaGuardia diFinanzadiReggio
Calabria Cosimo Di Gesù, il capitano
di corvetta della Capitaneria di Porto
di Reggio Calabria Francesco Terranova e il capitano di fregata dello stesso corpo Giuseppe Sciarrone, incalzati dalle domande del giornalista del
Quotidiano Giuseppe Baldessarro,
che ha moderato l’incontro.
Colta e ricca di riferimenti letterari
l’analisi condotta dal procuratore aggiunto sulla contiguità tra società e
organizzazioni criminali. «Le mafie –
spiega Sferlazza – sono riuscite a penetrare soprattutto nei contesti in
cui più forte è stata la crisi etico-sociale. Vi è una grande responsabilità
delle istituzioni, che non sono state in
grado di arginare il fenomeno. L’incapacità della pubblica amministrazione ha determinato un atteggiamento di sfiducia, diffidenza e atavica rassegnazione nella società, che
ha finito per favorire l’omertà. La “distrazione” e rimozione dei cittadini
ha contribuito a rafforzare il radicamento criminale e l’isolamento dei
pochi che hanno combattuto la mafia
e per questa ragione sono morti».
Il neocomandante delle Fiamme
Gialle si è soffermato, invece, sulle
conseguenze devastanti dell’infiltrazione della criminalità organizzata
nell’economia. «La ’ndrangheta –
spiega Di Gesù – non produce ricchezza nel territorio che depreda,
bensì depressione economica e sottosviluppo, con effetti distorsivi sul
mercato del lavoro e allontanando i
potenziali investitori».Il capitano di
fregata Sciarrone ha illustrato le attività della Capitaneria di Porto nella
tutela di un litorale, quello calabrese,
«deturpato da illeciti come l’occupazione abusiva». Terranova ha, infine,
evidenziato «il problema principale
dell’ambiente marino della regione:
le crepe nelle attività di depurazione».
L’ingegnere fu ucciso da un’autobomba a Reggio nel maggio del 1982
Salerno dedica una strada a Musella
Una manifestazione della “Gerbera Gialla”
NEL corso della presentazione del Progetto regionale
didattico- educativo anticamorra “Gerbera Gialla”
2011- 2012, aperto ieri mattina al Teatro Augusteo di
Salerno dal Coordinamento
Antimafia “Riferimenti” , la
Presidente
Nazionale
Adriana Musella ha pubblicamente ringraziato, il sindaco di Salerno Vincenzo De
Luca, per aver destinato ed
intitolato una via della città
al ricordo del padre, vittima
di mafia, Gennaro Musella,
Ingegnere salernitano disintegrato a Reggio Calabria il 3 maggio 1982, ad
opera di un’autobomba mafiosa.
Nel prossimo 2012 ricorrerà il trentennale della sua
uccisione.
La città di Salerno, in cui
egli era nato e vissuto, è la
quarta città d’Italia a destinare una via a Gennaro Musella, Reggio Calabria città
in cui è stato ucciso, già due
anni fa ha intitolato a lui la
via teatro della strage.
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Reggio 33
Mercoledì 7 dicembre 2011
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Legambiente si rivolge al primo ministro Mario Monti perché stoppi il progetto della centrale a Saline
Carbone, appello al premier
«Il Governo si schieri dalla parte dei cittadini, in difesa della loro salute»
MONTEBELLO JONICO Da Legambiente una richiesta che ha il tenore quasi di
un ultimatum al Ministro
dell'Ambiente Clini e al governo Monti: «Stop definitivo e senza tentennamenti alla centrale a carbone di Saline Ioniche». Una ferma presa di posizione che arriva all'indomani della timida
apertura possibilista del neo
ministro all'Ambiente sull'investimento della società
Repower e del Gruppo Sei
che è sembrato palesarsi in
occasione della sua visita in
riva allo Stretto. Una presa
di posizione che ribadisce i
nodi essenziali del no al carbone: «Tutela dell'ambiente
e tutela della salute dei cittadini, inconciliabilità con le
scelte energetiche e di sviluppo necessarie per la Calabria e per il territorio ionico
di Capo Sud».
Nel corso dei lavori dell'XI
congresso nazionale di Legambiente, i dirigenti del Cigno Verde hanno approvato
all'unanimità un'importante mozione che boccia senza
appello l'idea di un impianto
a carbone nell'area industriale dell'ex Liquichimica
di Saline Ioniche. Primo firmatario del documento Nuccio Barillà, sostenuto dalla
delegazione calabrese presente in assemblea, dai massimi dirigenti nazionali dell'associazione nonché dai
delegati delle varie regioni.
Legambiente si rivolge direttamente al nuovo governo e invoca «massima attenzione sulla procedura auto-
rizzativa, ancora in corso,
per la realizzazione del sito».
Le tesi generali sono quelle
del movimento no coke: «Un
malaugurato via libera rappresenterebbe “un atto grave e pericoloso” che violerebbe l'impegno di ridurre i gas
serra, “facendo aumentare
di almeno 7,5 milioni di tonnellate annue le emissioni di
CO2”. Una scelta scellerata
che peggiorerebbe la dipendenza energetica dall'estero
e andrebbe in controtendenza rispetto alle indicazioni
venute dal referendum sul
nucleare e costituirebbe una
follia per la Calabria, regione che esporta energia per
una quota superiore al 50%
rispetto alla produzione e
che ha scelto, attraverso un
piano energetico, di escludere l'impiego del carbone e
puntare sulle rinnovabili».
Alle motivazioni ecologiche generali legate alle opzioni energetiche e ai mutamenti climatici, gli ambientalisti aggiungono quelle
che riguardano in prima
persona i cittadini delle comunità dell'Area Grecanica
reggina: «Innanzitutto la rivendicazione del diritto alla
salute e del diritto all'autodeterminazione, considerato che la scelta del carbone
avrebbe inoltre effetti devastanti causati dalle polveri
ultrasottili e da un cocktail
di sostanze inquinanti su un
territorio che ha enormi potenzialità turistiche e ambientali con numerosi siti di
interesse comunitario e zone di protezione speciali e
che, peraltro, ha già pagato
un prezzo elevatissimo per le
scelte sbagliate del passato».
Dunque, Legambiente chiede al governo di «schierarsi
dalla parte dei cittadini, in
difesa della loro salute e delle scelte compiute da importanti realtà del territorio,
che danno lavoro e producono economia pulita: recupero dei borghi abbandonati,
valorizzazione delle bellezze
naturalistiche, turismo di
qualità, produzioni d'eccellenza come quella del bergamotto».
«Un progetto industriale
come quello proposto dalla
Sei - spiega l’associazione ad alta intensità di capitale
MELITO - I deputati Franco
Laratta, del Pd, e Giuseppe
Giulietti, portavoce Articolo
21, hanno presentato un’interrogazione al Ministro degli Esteri in merito al sequestro di Francesco Azzarà, il
volontario di Emergency rapito il 14 agosto scorso in Sudan, chiedendo di sapere «se
il governo segue con costanza il sequestro; se vi sono stati contatti con i rapitori; se si
hanno notizie sulla condizioni e sullo stato di salute
del rapito».
«E' decisamente forte - è
scritto nell’interrogazione il silenzio sul rapimento in
Darfur del giovane France-
Raid della criminalità
alla coop “Terre del Sole”
L’impegno
nel sociale
in un terreno
confiscato ai clan
MONTEBELLO JONICO
Musica ed arte
quando il canto
incontra il presepe
Laratta e Giulietti al ministro su Azzarà
«Che novità sul giovane rapito in Sudan?»
Melito. Divelta una porta e rubato del materiale
MELITO - Ennesimo furto ai danni del consorzio “Terre del Sole”che opera su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta in località
Placanica di Pentedattilo che il comune di
Melito Porto Salvo ha assegnato da cinque
anni al consorzio. A renderlo noto sono i responsabili della struttura.
«Il furto - si fa rilevare - in se non ha arrecato gravi danni: è stata divelta la porta di
un magazzino da poco restaurato e sono stati sottratti piccoli attrezzi e altri materiali».
«Ma esso - si legge nel comunicato - è uno dei
tanti di una lunga serie “garbate” minacce,
che gli operatori del consorzio e le cooperative socie ricevono con assidua frequenza».
“Terre del sole” formata da 12 cooperative
sociali, e si prefigge come obiettivo principale
quello dell’inserimento
lavorativo di soggetti
svantaggiati, quali disabili mentali, disoccupati
di lungo corso, ex tossico-dipendenti, ed ex detenuti o soggetti comunque provenienti da percorsi penali. «Notevoli continua la nota - sono
state le difficoltà iniziali
che il consorzio si è trovato a fronteggiare
dovute in particolare alla problematicità
della messa in produzione di un terreno di
10 ettari che aveva subito quasi un quindicennio di abbandono. Finalmente, da pochi
mesi, graziein particolarmodoalcontributo di Unicredit Foundation, Terre del Sole
ha potuto iniziare una serie di attività e di lavori tesi a far decollare il proprio progetto
imprenditoriale: una moderna azienda
agricola con annessa fattoria sociale e didattica, e ristorante degusteria quest’ultimo realizzato in collaborazione con l’associazione Pro Pentidattilo. Le attività del consorzio non sono limitate però ai lavori agri-
ma a scarsa ricaduta occupazionale e sociale, non solo
non è accettabile in termini
corretti di rapporto costi-benefici comprensivi di quelli
sociali e ambientali, ma contrasta nettamente con le
scelte di sviluppo sostenibile
che le istituzioni locali ed il
territorio si sono dati».
Non manca una puntualizzazione scientifica da parte del Cigno Verde, i cui
esperti «sono da sempre all'avanguardia nell'individuazione di tecniche e tecnologie sostenibili e nell'individuazione delle mistificazioni tecnologiche e sperimentazioni immature spacciate
come svolta ecologica».
Pentedattilo ospita la coop “Terre del sole”
coli ma, sempre nell’ottica del “workfare” e
con l’obiettivo dell’inserimento nel mondo
del lavoro di soggetti svantaggiati, sta realizzando in collaborazione con il consorzio
nazionale “Idea agenzia per il lavoro” di cui
Terre del Sole è parte, ben due progetti
“Agis”, volti all’inserimento lavorativo di ex
detenuti sia nell’area della locride, sia
nell’area dellacittà di ReggioCalabria. Senza dimenticare i servizi sociali e socio-assistenziali che il consorzio è in grado di fornire attraverso le sue associate».
«Il furto, la minaccia, ed altro genere di
vessazioni- spieganoiresponsabili- adopera della criminalità organizzata non ci spaventano dicerto: già domenica Terredel Sole ha infatti ospitato un gruppo scout che ha
dato una mano sia pur simbolicamente, alla
conduzione agricola. Questo stile che caratterizza il consorzio è la migliore risposta».
sco Azzarà. Il 14 agosto 2010
è stato rapito e da quel momento si sono perse le tracce
e nessuna notizia si è avuta
in merito alla sua sorte. Abbiamo chiesto più volte all’allora ministro degli Esteri,
Frattini, di riferire in Aula,
ma questo non si è mai verificato. Una nostra precedente
interrogazionesul caso,sottoscritta di diversi parlamentari, ha ricevuto una burocratica e insoddisfacente
risposta».
«Ora - concludono - la nostra preoccupazione diventa
ancora più forte, perchè di
Francesco Azzarà non si
hanno più notizie».
Fondi dalla Provincia
Un varco
per il porto
di Saline
MONTEBELLO- Il presidente della Provincia Giuseppe
Raffa e il sindaco di Montebello Ionico Antonio Guarna
hanno firmato un protocollo
d'intersa per l'esecuzione
dell'intervento di “apertura
di un varco” nel porto di Saline Ioniche. Per tale lavoro il
Comune aveva inoltrato all'ente di via Foti richiesta di
contributo che l'amministrazione Raffa ha concesso
nella misura di 20 mila euro.
L'apertura del varco verrà
eseguita nel rispetto delle indicazioni fornite dalla Capitaneria di Porto di Reggio
Calabria. Il comune di Montebello - secondo il protocollo
- si impegna, previa l'acquisizione di tutti i pareri e i nulla
osta di rito, ad affidare l'esecuzione dell'opera.
«La firma del protocollo
d'intesa - ha dichiarato Raffa
- concretizza un altro aspetto
della collaborazione interistituzionale per il recupero e
la valorizzazione del porto di
Saline Ioniche. Con le risorse
che trasferiamo al Comune
sarà possibile avviare un intervento immediato per liberare l'imbocco ostruito dalla
sabbia. Di pari passo la Provincia, d'intesa con la facoltà
di Ingegneria Idraulica e Marittima dell'università “Mediterranea”, sta predisponendo uno studio complessivo sulla costa reggina e la
stessa Provincia si appresta
all'acquisto di un pontone.
Nella Coniglio circondata dai suoi allievi
di VINCENZO MALACRINO’
MONTEBELLO JONICO Arte nell'arte. Questa la
fisionomia naturale caratterizzante l'evento artistico-musicale avvenuto nel laboratorio dell'artista Nella Coniglio. A Saline Joniche, gli studenti
del liceo scientifico “Euclide” di Bova Marina,
hanno regalato ai presenti momenti unici e rari: un
concerto nel luogo in cui
l'artista Coniglio produce
presepi del tutto particolari.
Un tuffo nel presente e
nel passato per guardare
in modo emozionante non
una scena ma la vita dell'uomo e la sua stessa storia dentro un semplice
presepe. Nella Coniglio,
professoressa di Disegno
e Storia dell'Arte presso il
liceo di Bova, riesce a dare
il meglio di se non solo a
scuola ma anche nel suo
mondo artistico al cui
fianco trova sempre il marito Carlo Cilea. Proprio
in quel piccolo laboratorio partoriscono grandi
idee e profondi messaggi.
Non si tratta di presepi
semplici ma di vere opere
d'arte capaci di far meditare e riflettere l'uomo.
Nelle botti, nelle lanterne,
nelle conchiglie e in altri
spazi la Coniglio riesce a
presentare il Natale.
Si tratta di opere artistiche che hanno in se una
profonda musicalità. Sono proprio loro a far vibrare il cuore tanto da farlo emozionare. Proprio
perché l'opera esprime la
musica e l'armonia interiore dell'artista gli studenti del Liceo “Euclide”
di Bova Marina, hanno regalato alla propria professoressa un momento
singolare: un concerto
natalizio tra le opere d'arte. Soddisfatto il preside
Vadalà, presente alla ma-
nifestazione assieme alle
professoresse Maria Belinda Mastroianni e Caterina Aloi.
Note e opere si sono intrecciate nel clima di festa
che armoniosamente si
andava via via costruendo là dove le opere parlano.
“Sono soddisfatta ed orgogliosa di chi, come i
miei alunni, sanno essere
musica vivente. Loro sono le vere opere d'arte e le
persone che porteranno
nel futuro il segno di ciò
che noi siamo riusciti a
trasferire loro”. Emozionata la Coniglio ha ringraziato i presenti ricordando che le note dei suoi
studenti hanno una valenza doppia. E così è stato dal momento che mentre le corde vibravano gli
occhi “volavano” sopra i
particolari di ogni opera
per entrare dentro ciò che
gli stessi rappresentano
nell'interiorità di ciascuno.
Un modo nuovo di vivere l'arte e l'approssimarsi
del Santo Natale: in punta
di piedi e sulle note di una
semplice corda per raggiungere la sintonia con
il proprio “io”.
I protagonisti di quella
serata sono stati gli studenti. A Rossella Morabito, Luana e Samuela Avenoso, Daniela Mandalari,
Francesca
Autelitano,
Roberta D'Aguì, Caterina
Talia, Katia Ricci, Natale
e Giovanni Vadalà, Rosario Branca, Giuseppe Errante, Alessandra, Margherita, Mariagrazia e
Paolo Nucera, Noemi Foti, Salvatore Verduci,
Giuseppe Micheletta, Ilenia Foti e Alessandra Macheda sono giunti applausi così come del resto
agli altri presenti per regalare a Saline Joniche
“note” musicali capaci di
far muovere i presepi.
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Grecanica
Mercoledì 7 dicembre 2011
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Redazione: via D. Correale, 13 - 89048 Siderno (Rc) - Tel/Fax 0964.342451 - E-mail: [email protected]
Rocco Agostino scrive una lettera dal carcere di Siano e lancia un appello ai commissari prefettizi
«Aiutate le famiglie più deboli»
L’ex assessore: «Qui dentro vivo una realtà stravolgente e molto difficile»
A CAULONIA
di NICODEMO BARILLARO
MARINA DI GIOIOSA - «Spesso senti dentro
di te un forte bisogno di fare, di creare, di riflettere.Qui dadove mitrovo ,ci sonodavvero poche cose di concreto da realizzare, però
con la mente riesco a metabolizzare tutti i ricordi e quelli no, non può cancellarli nessuno».
Inizia così la lettera di Rocco Agostino ex
Assessore alle Politiche Sociali di Marina di
Gioiosa Jonica, una missiva inviata dalla Casa Circondariale di Siano, a Catanzaro, dove
l'ex amministratore si trova rinchiuso dopo
essere finito in manette per l'operazione
“Circolo formato”, la stessa che ha portato al
terremoto giudiziario sul comune di Marina
di Gioiosa guidato dall'allora sindaco Rocco
Femia. Agostino nella sua lettera si rivolge,
quasi a modo di appello, ai commissari prefettizi che oggi sono alla guida del Comune.
«Siamo in prossimità del Natale - scrive
Agostino dal carcere - e quello che mi fa star
male non è “solo”la mia posizione, ma anche
quella degli altri.. i miei amici…la gente bisognosa di Marina di Gioiosa Jonica. Nei tre
anni che ho amministrato l'assessorato alle
Politiche Sociali, ho messo sempre come
priorità la salvaguardia delle categorie
svantaggiate ed il mio pensiero per questo
fine 2011 è proprio rivolto a loro. Anziani,
diversamente abili, famiglie in disagio economico, disoccupati, da dove mi trovo spesso mi vien e in mente ciò che si è riuscito a fare in questi anni. I tanti contributi economici alle famiglie esigenti, i
vari posti di lavoro ai più
bisognosi, l'abbattimento delle barriere architettoniche o il semplice
sguardo fisso negli occhi delle presone, in attesa di speranze o di progetti da realizzare. Natale non deve essere solo
dolci, benessere e champagne; questo mese è anche il momento di riflettere e capire che ancora
bisogna fare tanto, dalle
piccole alle grandi cose.
Troppi sono i giovani
Rocco Agostino
senza lavoro, troppe sono le mamme che non hanno neanche 0,50
centesimi per comprare il latte ai propri figli
e scusate se parlo di mezzo euro, ma da quel 3
maggionon hopiùilsenso deldenaro».L'ex
amministratore di Marina di Gioiosa, finito
in manette con l'accusa di associazione mafiosa, rivolge un pensiero all'attività svolta,
prima di finire in carcere, come assessore alle politiche sociali, cercando di ripercorrere
le sue iniziative da amministratore locale.
Per questo poi si rivolge direttamente ai
commissari prefettizi in carica. «Invito davvero di cuore - continua nella sua missiva
dalla Casa circondariale di Siano Rocco Agostino - chi amministra il nostro comune al
massimo sostegno alle categorie svantaggiate, tenendo presente e come punto di riferimento l'ottimo lavo ro che giornalmente
svolge l'ufficio dei servizi sociali, una realtà
presente che tutti i comuni della locride ci invidiano. Natale è comunanza, Natale è stare
insieme, Natale è sentirsi bene con se stessi.
A Marina di Gioiosa come in altri comuni calabresi, c'è gente che davvero non ha cosa
mangiare e non si può rimanere indifferenti
a tutto ciò. Questa lettera vuole essere anche
un appello anon trascurare le piccolecose, a
prendere in esempio le tante iniziative che il
mio assessorato dal 2008 al 2011 ha promosso e concretizzato. C'è troppa disparità
nella nostra società ed in particolare a Marina di Gioiosa».
Poi Agostino conclude la sua lettera richiamando la sua vicenda giudiziaria.
«Quello che mi è successo - scrive l'ex assessore di Marina di Gioiosa - purtroppo è stato
un qualcosa di inaspettato, che va oltre agli
incubi peggiori, però nonostante tutto rimango fiducioso nella giustizia e non è la
classica frase copia-incolla dettata dalla retorica, io nelle istituzioni ci credo davvero e
quindi non posso che attendere l'evolversi
della vicenda. Da dove mi trovo vivo una realtà comunque stravolgente ed è davvero difficile spiegare ciò che si prova stare chiusi un
una cella. Ci sono uomini che con dignità
scontano la propria pena, altri che vengono
subordinati alla completa depressione. La
verità è che qui sia fondamentalmente un
mondo a se, dove però anche nelle stesse
guardie carcerarie trovi conforto e quella dignità insperata».
Ladri in azione
Colpito ristorante
SIDERNO - Continuano i furti nella
Locride. Lunedì, molto probabilmente
notte tempo, ignoti si sono introdotti
all'interno del ristorante pizzeria denominato “L.C.” di cui risulta titolare
F.G., 34 anni, ed hanno asportato dell'attrezzatura. Il raid ha causato un
danno quantificabile in qualche migliaio di euro. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri della Compagnia di Roccella Jonica comandata dal
capitano Marco Comparato.
L’ingresso del Municipio di Marina di Gioiosa
Per l’inchiesta della Dda battute iniziali del processo
Recupero, nove in abbreviato
Quasi tutti scelgono l’ordinario
di CLAUDIO CORDOVA
SOLO una decina di imputati ha scelto per ora il rito abbreviato. Si tratta di
Antonio Commisso, Francesco Commisso, Girolamo Belcastro, Antonio
Costa, Alfredo De Leo, Antonio Figliomeni (classe 1966), Giuseppe Fuda,
Giovanni Galea, Riccardo Gattuso e
Giuseppe Sgambelluri.
Il grosso dei soggetti alla sbarra nel
processo “Recupero” ha invece optato
per il rito ordinario. Imputati per cui
il sostituto procuratore della Dda ha
già richiesto il rinvio a giudizio. L'indagine mise nel proprio focus le attività della potente cosca Commisso di
Siderno, famiglia storica della 'ndrangheta, arrivata ai vertici dell'organizzazione calabrese grazie al traffico di stupefacenti e ai suoi contatti
con l'estero. L'indagine, portata
avanti con il coordinamento del pro-
curatore aggiunto Nicola Gratteri,
svelò anche le infiltrazioni dei Commisso nell'amministrazione comunale di Siderno. In manette è infatti finito anche l'ex sindaco del Comune della
Locride, Alessandro Figliomeni, un
uomo che, secondo i magistrati,
avrebbe ricoperto l'apicale ruolo di
“santista”. Figliomeni è stato sindaco
di Siderno fino alla primavera del
2010 quando, invece, si è candidato
alle elezioni regionali nella lista “Autonomia e diritti con Loiero presidente”. La sua candidatura, peraltro, provocò una crisi all'interno del Comune
di Siderno, con le dimissioni di gran
parte dei consiglieri comunali che
portarono allo scioglimento del Civico Consesso. Risultato: Comune affidato a un commissario prefettizio e
mancata elezione in Consiglio Regionale. Le successive elezioni furono
vinte da Riccardo Ritorto, un tempo
consulente di Figliomeni,
che
adesso ha deciso di
far costituire come parte civile il
Comune nel processo che vede alla
sbarra l'ex primo
cittadino.
Solo una decina di imputati, dunque, ha finora scelto l'abbreviato: una
circostanza che li porterà a essere
giudicati, a Reggio Calabria, dal Gup
Adriana Trapani. Gli imputati, comunque, avranno ancora almeno due
udienze di tempo per formalizzare,
eventualmente, una richiesta di rito
abbreviato, sfoltendo così il cospicuo
gruppo di soggetti, una sessantina,
tra cui lo stesso Figliomeni, che ha invece optato per l'ordinario e che in caso di rinvio a giudizio, qui, verrà giudicato dal Tribunale di Locri.
Riccardo
Gattuso
uno degli
indagati che
ha scelto di
essere
giudicato in
abbreviato
Nelle carte dell’inchiesta dei carabinieri c’è anche un verbale di “confessione” di un indagato
Frode all’Ue, arrestato anche Scordo
SIDERNO - E' stato arrestato ieri dai carabinieri del Nucleo Antifrodi, unitamente a quelli della Compagnia di Bianco comandata dal tenente Francesco
Convito, Salvatore Scordo, l'unica persona sfuggita al blitz di due giorni fa
che ha fatto finire agli arresti domiciliari 12 persone e nel registro degli indagati altre 29, tutte
con accuse a vario
titolo di frode ai
danni dell'Unione
europea. Scordo è
il titolare di un laboratorio orafo ed
di un'azienda zootecnica.
Intanto
dalle carte dell'inchiesta dei carabinieri
emergono
nuovi elementi, su
tutti il verbale di
La conferenza stampa
uno degli indagati che diversi anni fa
agli investigatori, aveva rivelato che
«in famiglia lo scopo unico della creazione degli allevamenti è stato quello di
percepire premi comunitari». Dunque
una sorta di ammissione di responsabilità che di fatto certificherebbe il sistema scoperto dagli inquirenti, con il
quale gli allevatori attraverso false attestazioni dichiaravano di possedere 300
o 400 capi di bestiame ma in realtà ne
avevano in proprietà solamente 4 o 5 capi.
Il tutto era simulato, grazie anche
agli scarsi controlli dell'Asl e degli uffici competenti, per poter accedere ai finanziamenti europei per gli allevatori.
Infatti, come ha rilevato il Giudice per le
indagini preliminari parla di un apporto del Servizio Veterinario dell'Asl e degli ispettori regionali di settore nonché
dei responsabili dei Centri autorizzati
di Assistenza Agricola, che, attraverso
false attestazioni durante i controlli di
competenza, hanno consentito che negli anni non venisse scoperta la condotta truffaldina di svariati allevatori.
Infatti, le aziende zootecniche, per
chiedere ed ottenere gli aiuti comunitari nel settore agricolo, devono attenersi
a rigidi obblighi, quali ad esempio la
corretta detenzione, identificazione,
movimentazione e registrazione dei
singoli capi di bestiame: è evidente, pertanto, che, a fronte di allevamenti totalmente “inesistenti” (come risultati
quelli oggetto di indagine), un, anche
solo superficiale, controllo da parte degli organi a ciò preposti, avrebbe certamente consentito di rivelare immediatamente la truffa, mancando la presenza in loco degli animali, al di là di quanto
rappresentato documentalmente sul
registro aziendale.
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Locride
Mercoledì 7 dicembre 2011
Dal pubblico ministero Santi Cutroneo nei confronti di imprenditori, dirigenti regionali e comunali
Abuso, chiesti 6 rinvii a giudizio
L’accusa si basa su concessioni demaniali marittime ritenute illegittime
CRIMINALITÀ
di DOMENICO MOBILIO
IL sostituto procuratore
Santi Cutroneo ha chiesto il
rinvio a giudizio per abuso
di ufficio in concorso di sei
persone. Tre queste figurano imprenditori, dirigenti
regionali e comunali. Per
alcune di loro il reato è reiterato riferito cioè ad episodi diversi, verificatisi due
nell'estate nel 2007 ed uno
nell'estate 2009. I sei chiamati a comparire davanti al
gup per l'udienza preliminare sono Angelo Colaci
(58 anni) originario di Maida, residente a Vibo Valentia; Santo Miduri (70) di
Reggio Calabria; Giovanni
Mancini (77) di Vibo Valentia; Annunziata Lo Scalzo
(47) di Tropea; Giovannino
Sambiase (44) di Parghelia
e Giuseppe Lopreiato (70) di
Ricadi. L'accusa ruota su
concessioni demaniali marittime illegittime per la
mancata adozione dei piani
di spiaggia comunali a Parghelia e Ricadi. Per il primo
episodio,secondo l'accusa,
Giovanni Mancini (avvocato Giuseppe Di Renzo), rappresentante legale della
“Kalos srl, inoltrò una richiesta alla Regione per occupare 1000 mq di spiaggia per la posa di sedie a
sdraio, ombrelloni e piccoli
natanti da diporto nel territorio di Parghelia. Responsabile del procedimento
amministrativo era Angelo
Colaci (avvocato Damiano
Vita) dipendente della Regione Calabria presso l'Ufficio provinciale di Vibo. il
quale si sarebbe accordato
con lo stesso Mancini e con
il dirigente del suo ufficio,
Santo Miduri (avvocato
Giuseppe Morabito), violando una legge regionale
del 2005, che prevede la
possibilità di rilascio della
concessione solo ove fosse
stato adottato il Piano comunale spiaggia, fatto questo non avvenuto a Parghelia. Così facendo i tre avrebbero
“intenzionalmente
procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale a Mancini”. Inoltre nella richiesta
di rinvio si fa riferimento
alla violazione di una delibera del Consiglio regionale del 2007 con cui è stato
approvato il Piano d'indirizzo regionale in materia. I
fatti si sarebbero verificati
tra il 13 giugno e il 20 agosto 2007. Il secondo episodio vede indagati ancora
Santo Miduri e Angelo Colaci, i quali avrebbero violato la legge in concorso con
l'operatore Giuseppe Lopreiato (avvocati Patrizio
Cuppari e Michelangelo Mirabello) originario di Stefanaconi e titolare del villaggio-camping “Baia d'Ercole” di Ricadi. Anche in questo caso la presunta illegittimità consiste in una concessione demaniale marittima (per l'occupazione di
120 metri quadri) in quanto anche il Comune di Ricadi, non aveva adottato il Piano spiaggia. Per il terzo episodio sono indagati Annunziata Lo Scalzo (avvocato Francesca Naso) responsabile dell'Ufficio tecnico
del Comune di Parghelia, e
Giovannino Sambiase (avvocati Francesco Tassone e
Francesco Iannello) imprenditore di Parghelia che
avrebbe ottenuto un “ingiusto vantaggio patrimoniale
in seguito alla concessione
demaniale marittima per
l'occupazione di 150 metri
quadri di spiaggia”, in
mancanza del Piano spiaggia nel Comune di Parghelia.
Rapinato un medico
ERANO incappucciati ed armati di pistola i due
malviventi che sera di lunedì scorso hanno rapinato un medico di San Gregorio d’Ippona. L’episodio si è verificato intorno alle 22.00 nel piccolo
paese limitrofo alla città capoluogo di provincia.
I due malviventi, sotto la minaccia dell’arma,
hanno sottratto l’autovettura al professionista
dileguandosi a bordo della stessa. Hanno messo
in atto il colpo dopo aver suonato al campanello
del portone della struttura che ospita il presidio
medico. Hanno, quindi, atteso che uscisse
F.S.R., 50 anni, impossessandosi , dopo essersi
fatti consegnare le chiavi, della sua Citroen 3.
E stato lo stesso medico ad avvertire i carabinieri della stazione che si sono messi alla ricerca
dei rapinatori, senza però, riuscire, al momento, a prenderli.
Il sostituto procuratore Santi Cutroneo
Si inizia domani
Numerose
le iniziative
al Centro
per anziani
ANCHE quest'anno sarà
celebrata la festa dell'Immacolata al centro di aggregazione della nostra
Città. Il Presidente Guido
Maduli, il direttivo e tutti
i soci hanno, infatti, programmato una serie di
iniziative per dare risalto
a questo avvenimento
che poi è quello che dà inizio alle feste del Santo Natale. Domani, alle ore
17,00 alla presenza di
Monsignor
Giuseppe
Fiorillo, arciprete del
duomo di San Leoluca si
celebreranno i festeggiamenti religiosi. Davanti
alla statua dell'Immacolata posta proprio all'ingresso del Centro, subito
dopo all'interno del centro si esibiranno i ragazzi
del coro del centro da poco istituito e diretto dalla
socia Alessandra Selvaggio che vede coinvolti
tanti ragazzi figli e nipoti
dei soci. Sarà un debutto
per loro, anche se il tempo
per preparare i vari canti
è stato poco, ma non deluderanno di sicuro i partecipanti.
Successivamente il coro sarà presentato ufficialmente alla città e all'amministrazione comunale. Logicamente non
mancheranno i dolci tradizionali vibonesi quali le
zeppole e le curiicchje.
La serata proseguirà
con musica e balli che vedrà coinvolti anche i tanti
giovani presenti.
Con l'occasione il presidente del centro, Guido
Maduli, comunicherà le
altre iniziative alcune già
iniziate quali il corso di
balli sociali, il corso di
ginnastica dolce che inizierà a giorni, il laboratorio teatrale già iniziato
l'anno scorso e che proseguirà anche quest'anno,
una gita di tre giorni in
Sila. Nei prossimi giorni,
sempre Maduli, assieme
al direttivo, proporrà ai
soci l’organizzazione della prima edizione del veglione di fine anno nei locali del centro, anche per
dare la possibilità ai tanti
componenti del Centro di
aggregazione che vivono
da soli di salutare il nuovo anno in compagnia».
«Nei giorni vicini al
Natale - ha aggiunto il
presidente - volontari distribuiranno i pacchi di
generi di prima necessità
alle tante persone che vivono momenti di grosse
difficoltà, mentre altre
iniziative ancora seguiranno per il mese di dicembre. Intanto nel centro si vive già il clima delle feste natalizie: infatti è
stato realizzato un grande presepe, il tradizionale
albero di Natale e tutti i locali sono stati addobbati
per l'occasione. Si aspetta
solamente che “Babbo
Natale” quest'anno ci regali - e qui la richiesta al
Comune - finalmente i
nuovi locali tanto desiderati».
d. t.
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Vibo 29
Mercoledì 7 dicembre 2011
27
Mercoledì 7 dicembre 2011
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Paola
Corigliano
Delitto Mannarino
Sentenza ribaltata
a pagina 38
La Rosa
In una memoria i dubbi
sul suicidio di Mollo
Pietro Salvatore Mollo
a pagina 43
Operazione Terminator. Airoma: «Spero si costituisca anche qui un’associazione antiracket»
A Cosenza un muro di gomma
Gli inquirenti parlano di una città soffocata dal pizzo, ma nessuno denuncia
di MASSIMO CLAUSI
UNA Cosenza a tinte fosche, dove
predomina il grigio della zona di confine, dove coppola e grisaglia vanno
a braccetto. Che lacittà dei Bruzi non
fosse una provincia “babba” come dicono in Sicilia cioè priva di fenomeni
mafiosi è un illusione che i cosentini
hanno abbandonato sin dagli anni
‘80.
Ma le dichiarazioni del procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro,
Giuseppe Borrelli, sono una sferzata
in pieno volto per la città. Il magistrato ha detto chiaramente che
«la città è sottoposta ad una
pressione estorsiva capillare. Ogni giorno si registrano due o tre episodi ai danni
di imprenditori, ma nessuno di questi ammette di essere sottoposto ad attività
estorsiva».
Ancora più esplicito è stato il sostituto procuratore
della Repubblica, Domenico Airoma. Quest’ultimo ha
parlato di «operazione di
polizia importante nella
quale, però, c'è un grande assente, e
cioè la comunità civile perchè non abbiamo avuto alcuna collaborazione
dalle persone offese. Il mio sogno è
che un giorno, mi auguro il più presto possibile, in questa sala della Procura della Repubblica di Cosenza in
cui si sta svolgendo questa conferenza stampa e che abbiamo dedicato al
giudice Rosario Livatino possa avere luogo l’incontro con la prima associazione antiracket costituita a Cosenza».
Per gli inquirenti proprio l’assenza di una associazione antiracket è la
cartina al tornasole di quanto pizzo e
racket siano considerati da molti imprenditori e commercianti quasi come un costo di produzione.
In realtà le associazioni si stanno
muovendo in questa direzione. Ad
esempio la Confcommercio mercoledì presenterà i risultati di un rapporto sulla sicurezza dei commercianti
in provincia di Cosenza, realizzato in
collaborazione con l’Arma dei Carabinieri e la Procura della Repubblica
di Cosenza. Bocche cucite sui risultati, ma secondo alcune indiscrezioni
sono venuti fuori risultati sconcertanti sulla penetrazione di pizzo e
usura nel tessuto economico cosentino.
La Confesercenti provinciale di
Cosenza, in una nota, esprime «il
proprio plauso per il nuovo successo
conseguito dalle interforze
dell’ordine coordinate dalla Dia di Catanzaro. «Il territorio cosentino – prosegue la nota –ha oggi più che
mai bisogno di legalità in
quanto le nostre imprese
affrontano una crisi economica senza precedenti e di
certo non possono pagare
alcun tributo alla criminalità organizzata. Confesercenti è altresì convinta che
bisogna aumentare il senso
dello Stato e la fiducia verso
le Istituzioni da parte del nostro ceto
produttivo. In considerazione di ciò
la nostra associazione ed il gruppo
dirigente che la guida è pronta a guidare la costituzione di una locale Associazione antiracket, che possa replicare i successi anche nella nostra
provincia di SOS –imprese Italia».
«Quest’ultima – conclude la nota –
è l’associazioneantiracket costituita
dal sistema Confesercenti a livello
nazionale divenuta punto di riferimento di migliaia di imprese vittime
delle mafie e dell’usura».
Insomma qualcosa si sta muovendo, ma serve un maggiore collante
fra le vari parti sociali e le istituzioni
per cercare di porre un freno alla pervasività della mafia. Chi resta in silenzio non può che essere connivente.
Cronaca
Scontro mortale
sulla 107
Le unioni
commercianti
si dicono
pronte a fare
la loro parte
UN uomo di 32 anni, di origine marocchine, è morto ieri
in un incidente stradale sulla
107. Illeso il figlio di 15 giorni.
a pag. 29
Disagi
Rubinetti
a secco
UN guasto sulla condotta
principale è alla base della
crisi idrica in centro città. Il
Comune è al lavoro.
a pag. 31
Il sostituto procuratore Domenico Airoma e Giuseppe Borrelli della Dda
IL PERSONAGGIO
LA PROPOSTA
Il disoccupato con il pallino della politica
Ha inventato il Parco dell’Amore, si candidò nel 2004 a presidente della Provincia
Ninni Gagliardi
CERTAMENTE non è un politico del calibro dell’ex sindaco di
Rende, Umberto Bernaudo o
dell’ex assessore provinciale
Pietro Ruffolo, ma Ninni Gagliardi si può dire che sia ugualmente conosciuto.
Ieri per lui si sono paerte le
porte del carcere nell’ambito del
nuovo troncone dell’inchiesta
Terminator portata avanti dalla Dda. Una vera sorpresa per
chi ha conosciuto Ninni in questi ultimi anni. Vulcanico, sopra le righe, Gagliardi è il leader del movimento Disoccupati,
un’aggregazione che voleva dal
basso aiutare i ragazzi del quartiere. La politica era solo uno
strumento per acquisire visibi-
lità e chiedere soluzioni per il
più grande dei problemi del
Mezzogiorno, l’occupazione.
Con i suoi amici aveva creato
il “Parco dell’Amore”allo slargo
di fronte l’Anas. Lì ogni anno
per il primo maggio il suo movimento organizza un concerto
per il lavoro che non c’è. Il movimento disoccupati si era candidato in diverse competizioni
elettorali, senza troppo distinguere fra destra e sinistra. Il
suo momento di più alta visibilità è stato alle provinciali del
2004 quando si candidò alla
presidenza della Provincia riportando lo 0.57% e mordendosi le mani per non aver stretto
un’alleanza con Franco Corbelli
che avrebbe fatto scattare un
seggio.
Insomma il sociale e la politica sembravano ormai la sua
strada. Fino a ieri quando è
scattata quest’operazione e
Ninni è finito nuovamente in
manette. Per un’accusa pesante
quella di aver rubato, la mattina
del 29 maggio del 2000, la Fiat
Uno utilizzata per eseguire
l’omicidio Sassone e poi recapitata a Paterno Calabro insieme
ad Amodio Francesco, il tutto
sulla scorta delle dichiarazioni
dello stesso, riscontrate da numerose intercettazioni ambientali e telefoniche. Nelle prossime ore Gagliardi verrà interrogato.
Pupo (Fli) chiede
un consiglio comunale
aperto sulla vicenda
«SONO anni che vado dicendo che Rende
non è affatto un'isola felice. Per le mie denunce, le mie battaglie in favore della legalità e la trasparenza sono stato molto
spesso accusato, da più parti, di fare solo
"macchina del fango"». Questo il commento a caldo del consigliere comunale di
rende Spartaco Pupo (Fli).
«Le brutte notizie come quella di oggi dice Pupo - che coinvolgono direttamente
la città di Rende ci pongono dinanzi a uno
scenario che, se confermato, è a dir poco
inquietante. Nel frattempo la politica, le
forze sociali e i cittadini tutti hanno il dovere di interrogarsi pubblicamente su
quanto sta avvenendo, magari attraverso la convocazione urgente di un consiglio comunale che abbia come unico puntoall'ordinedel giornol'emergenzalegalità nella città di Rende».
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Cosenza
38
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Paola. Quindici anni a Domenico Larosa. Dimezzata la condanna al reo confesso dell’omicidio
Sentenza ribaltata in appello
Per il delitto del falegname Stefano Mannarino non c’è stata premeditazione
di PAOLO VILARDI
PAOLA – In primo grado i
quattro imputati erano stati condannati tutti a 30 anni di reclusione dal Gup del
Tribunale di Paola, con l’accusa di omicidio volontario.
In Appello la sentenza
per due di essi è stata completamente ribaltata dai
giudici della Corte di Catanzaro. Affievolite le altre
due condanne, pressoché
dimezzate in quanta non è
stata riconosciuta la premeditazione dell’attentato.
Il processo per il barbaro
assassinio del falegname di
39 anni Stefano Mannarino, ucciso a colpi di mattone e punteruoli il 24 novembre del 2008, si è concluso
ieri con una decisione che
ovviamente ha soddisfatto
le difese.
Questo il quadro delle
sentenze: Vincenzo La Rosa, 54 anni, assolto per non
aver commesso il fatto; Elena Serpa, 73, assolta per
non aver commesso il fatto;
Domenico La Rosa, 56, reo
confesso: 15 anni di reclusione anziché 22, trattasi
del beneficio per aver scelto
all’inizio il rito abbreviato;
Stefano Di Vanno, 46: 10
anni di reclusione per l’attenuante della sua collaborazione con la giustizia nel
procedimento penale. I
condannati dovranno subito risarcire provvisoriamente 2 mila euro ad ognuno delle parte civili, mentre
il risarcimento del danno
sarà da calcolare in separata sede civile.
Procedendo con ordine
nella
prima
parte
dell’udienza di ieri la Corte
d’Appello ha innanzitutto
rigettato
la
richiesta
dell’aggravante mafiosa
per i quattro imputati,
avanzata nella penultima
seduta dal procuratore ge-
Domenico La Rosa
nerale Eugenio Facciolla,
che avrebbe potuto comportare la rivisitazione del
processo di Primo grado.
E’ stata poi la volta delle
arringhe difensive; nella
precedente seduta era già
intervenuto
l’avvocato
Massimo Zicarelli per la posizione di Vincenzo La Rosa, ieri è stato il momento di
Giuseppe Bruno, difensore
di Domenico La Rosa ed
Elena Serpa, che si è battuto molto anch’egli per far
cadere la premeditazione
dell’attentato e per far assolvere la donna.
Secondo il giudice di Primo grado i quattro avrebbero concorso all’omicidio di
Mannarino al fine di vendicare la morte di Antonello
La Rosa, ucciso un mese
prima, il 24 ottobre del
2008, a colpi di arma da
fuoco esplosi da un killer a
bordo di una moto, che lo
freddarono a pochi metri
dalla sua abitazione nel
centro storico. Antonello
era fratello ai due La Rosa
imputati.
Dopo circa 30 giorni ci fu
l’assassinio di Mannarino,
eliminato per vendetta dai
congiunti in quanto sospettato di aver svolto un
ruolo di primo piano
nell’organizzazione
del
precedente omicidio. Il falegname fu assassinato dopo
che un presunto emissario
dei La Rosa riuscì a convincerlo a recarsi in casa di
Elena Serpa, luogo del delitto.
Si ricorda che i due delitti
sono ritenuti dagli inquirenti generati da una presunta frattura interna al
clan Scofano – Martello, a
cui entrambi facevano parte.
In chiusura dell’udienza
di ieri la svolta al processo
al momento della sentenza.
Come già riferito i giudici
hanno riconosciuto la partecipazione all’omicidio solo di Domenico La Rosa, reo
confesso, e Stefano Di Vanno, divenuto collaboratore,
che avrebbero malmenato
il falegname fino a provocargli le ferite mortali perché provocati. Praticamente nella casa doveva solo tenersi un chiarimento. Non
sarebbe stato dunque organizzato un piano di morte,
quindi nessuna premeditazione del delitto.
Domenico La Rosa si era
autoaccusato di aver ucciso
Mannarino, mentre Di
Vanno aveva descritto la
sua partecipazione nelle dichiarazioni rilasciate agli
inquirenti a fine 2010,
quando prese la decisione
di pentirsi ed iniziare a collaborare.
Le parti civili del processo, i familiari della vittima,
sono stati assistiti dagli avvocati Gino Perrotta e Luigi Bottino.
Paola. In programma per sabato prossimo al Santuario
Convegno medico sull’osteoporosi
PAOLA - Delle nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche dell’osteoporosi si
parlerà a Paola sabato prossimo 10 dicembre presso l’auditorium del Santuario San
Francesco. Un importante incontro scientifico, organizzato dal professor Elmo
Mannarino, direttore della clinica medica
dell’Università di Perugia, vedrà confluire nella nostra città alcuni tra i maggiori
specialisti nazionali dell’argomento. I temi del convegno, che riguarderanno i vari
aspetti della patologia dell’osso, saranno
affrontati da studiosi dell’Università di
Perugia (i professori Giovanni Ciuffetti,
Graziana Lupattelli, Salvatore Maffei, Roberto Pantaleoni, Matteo Pirro e Anna Maria Scarponi), e da illustri docenti tra i
quali Erio Fiore dell’Università di Catania
e Giovan Battista Rini dell’Università di
Palermo. Si parlerà non solo di diagnosi di
osteoporosi e del rischio di frattura, ma
anche delle nuove possibilità terapeutiche, assolutamente innovative, offerte
dall’impiego degli anticorpi monoclonali.
fr.sto.
Intervento dei carabinieri
Coltivava Marijuana
nel suo giardino a Paola
Arrestato un incensurato
PAOLA – La piantagione di
marijuana che coltivava nel
giardino di casa sua è stata
scoperta dai carabinieri della compagnia di Paola, diretta dal capitano Luca Acquotti, nell’ambito dell’attività di
contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti, intensificata già da alcuni mesi e
che sta finora sortendo gli
effetti sperati. In manette è
finito lunedì sera un incensurato, attenzionato già da
un po’ di tempo dalle forze
dell’ordine in quanto colto
più volte in atteggiamenti
sospetti.
Il fatto è accaduto nella periferia sud della cittadina
tirrenica, nei pressi di Deuda. L’uomo, B.C., a seguito di
perquisizione operata dai
militari della stazione di
Paola è stato trovato in possesso di 25 piante di marijuana, dall’altezza media
di circa 40 centimetri, sradicate e poste sotto sequestro.
Presto saranno sottoposte
ad esami di laboratorio per
accertare il principio attivo
che contenevano, quindi la
quantità di droga che si sarebbe potuta produrre con la
lavorazione. Avvenuto l’arresto i carabinieri hanno segnalato il caso alla Procura
della Repubblica di Paola,
nella persona del Pm di turno Giovanni Calamita, che
ha disposto per il quarantenne la misura cautelare
degli arresti domiciliari,
poiché beneficiario del suo
stato di incensuratezza. Forse nella mattinata odierna,
presso il Tribunale di Paola,
si terrà l’udienza di convalida dell’arresto davanti al
giudiceper leindaginipreliminari.Non èda escludereil
rito direttissimo.
pa.vi.
Paola. Il giudice ha rincarato la richiesta del pm Paola. Una coalizione unita sotto un solo nome
Condannato stalker Elezioni, Italia dei Valori
Un anno e otto mesi per il primo caso in città
PAOLA – E’ stato condannato a un anno e 8 mesi di
reclusione il trentaquattrenne M.M., unico imputato in un processo per il
nuovo reato di stalking, il
primo caso passato in giudicato per la città di Paola.
La sentenza è stata emessa
ieri dal giudice monocratico del palazzo di giustizia di
Rione Giacontesi. Una condanna che ha superato di
due mesi la richiesta dal
pubblico ministero Elena
Artese, che aveva pronunciato la pena di un anno e
mezzo.
La vicenda, iniziata a luglio del 2009, è molto intricata. In questo periodo
M.M. è stato più volte sottoposto a misure restrittive a
causa dei suoi comportamenti, tra cui la misura
coercitiva del divieto di recarsi nei luoghi frequentati dalla sua ex fidanzata.
L’imputato era stato tratto in arresto la prima volta a
luglio del 2009 dalla polizia
giudiziaria del locale commissariato di pubblico sicu-
Il Tribunale di Paola
rezza, per i reati di violenza
privata, minacce e danneggiamento nei confronti della sua ex, A.M, la presunta
vittima che per più di quattro anni sarebbe stata costretta a subire i comportamenti persecutori dell’ex fidanzato,
L’indagato avrebbe vessato la donna, in maniera
reiterata anche nell’ultimo
periodo, con appostamenti
e pedinamenti, ripetuti
danneggiamenti all’autovettura della stessa nonché
messaggi minatori e di
morte con continue calunnie ed ingiurie. Non voleva
rassegnarsi che la relazione con la ragazza era terminata, fino a violare le misure restrittive pur a cui era
sottoposto e a tornare più
volte ai domiciliari.
Come accennato la situazione è ad ogni modo molto
intricata; tra l’altro anche
la famiglia della ragazza,
assistita
al
processo
dall’avvocato Massimo Zicarelli, sarebbe stata vittima di danneggiamenti vari
perpetrati dall’imputato.
Familiari che come si evince dalle testimonianze lasciate al processo avrebbero anche loro vissuto una
situazione di disagio a causa dell’incolumità a rischio
della giovane.
Nelle motivazioni della
sentenza
emergeranno
certamente particolari interessanti, ricordando ancora che per Paola si è trattato del primo caso di stalking.
pa.vi.
è per la continuità politica
PAOLA - Si è riunito nei
giorni scorsi a Paola il circolo di Italia dei Valori, alla
presenza del commissario
regionale e provinciale
Mimmo Talarico.
Nel corso dell’incontro è
stata analizzata la fase politica nazionale e regionale,
anche alla luce dell’insediamento del governo
Monti, ma particolare attenzione è stata dedicata al
ruolo dei dipietristi che assumeranno nei prossimi
giorni nella città di Paola,
dove si susseguono gli incontri in vista delle amministrative della prossima
primavera.
Il circolo ha espresso:
«Apprezzamento per il lavoro svolto dall’assessore
Josè Grupillo e dal consigliere comunale Carlo Cassano», si legge in una nota.
Italia dei Valori, in previsione delle prossime elezioni amministrative di Paola,
“Vuole ripartire dai buoni
risultati ottenuti dall’attuale amministrazione comunale che ha dato prova
Josè Grupillo
di venire incontro alle
aspettative dei paolani. Il
Circolo - si legge ancora
nella nota - vuole contribuire, a tutti i livelli, alla costruzione di una forte coalizione aperta al contributo
di associazioni e anche singole personalità. Per Italia
dei valori, il centrosinistra
è il luogo in cui individuare
un candidato a sindaco che
sappia parlare a tutta la città.
In questo ambito siamo
impegnati a costruire – si
legge in chiusura della nota politica di Idv - un programma di qualità con liste
pulite».
Nelle sue conclusioni il
commissario Mimmo Talarico ha dichiarato: «La città
di Paola per noi rappresenta un banco di prova molto
impegnativo. Siamo pronti
a spendere la credibilità di
un partito in crescita e a
svolgere, nella città, un
ruolo da protagonista. Tutti ci sentiamo coinvolti, a
cominciare dal presidente
Antonio Di Pietro, nel sostenere il nostro partito,
per unire il centrosinistra e
per ridare a Paola – ha concluso Talarico - un governo
democratico e progressista».
Intanto il confronto nel
centrosinistra
paolano
continua, ma al momento
la coalizione si presenta divisa in due tronconi in fase
di trattativa, in quanto si è
rotta l’intesa l’asse tra Psdi
e Psi, l’asse portante dell’attuale amministrazione.
pa. vi.
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Tirreno
Mercoledì 7 dicembre 2011
41
Mercoledì 7 dicembre 2011
REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected]
Nel progetto di disinquinamento dell’ex area industriale rilevate molte anomalie
«La bonifica Eni è una farsa»
La denuncia lanciata dalla Rete in difesa del territorio “Franco Nisticò”
di ENRICA TANCIONI
UNA FARSA. Perché le anomalie del
progetto di bonifica dell’ex area industriale per l’ingegnere Vincenzo
Voce sono tante, tantissime. Così da
indurre la rete per la difesa del territorio Franco Nisticò a decidere di
consegnare la relazione del tecnico
alla Procura della Repubblica di Crotone. “Per il momento abbiamo presentato la relazione, poi se sarà il caso
sarà appunto al magistratura a chiedere spiegazioni e avviare le procedure per capire cosa sta succedendo”, ha detto Giuseppe Trocino, responsabile crotonese della Rdt. Ha
poi lanciato un appello alle istituzioni, che “dovrebbero rivolgersi a Eni
senza sudditanza, ma chiedendo il risarcimento di cui la città ha bisogno”. E poi ancora un'altra richiesta,
quella di fondi aggiuntivi per la bonifica dell’area che dovrebbero essere
impiegati per “restituire la zona alla
città. Con questo progetto di bonifica
–ha proseguito Trocino –non si restituisce nulla a Crotone”. Poi l’intenzione di partecipare al tavolo decisorio della conferenza dei servizi sulla
questione bonifica. Se non dovessero
essere apportate modifiche l’associazione si è detta disposta ad attivarsi
per denunciarel’azione dellamancata bonifica.
Il punto focale denunciato ieri pomeriggio in conferenza stampa da
Voce e Trocino è uno solo: quello per
cui si bonificherebbe un’area che per
legge non avrebbe bisogno di alcun
intervento, mentre verrebbero lasciate invariate quelle che voce ha definito “le aree più inquinate del complesso industriale, per la presenza
dei materiali di scarto e
delle strutture in cui si lavorava. Purtroppo la norma 152 del 2006 prevede
la bonifica solo per quelle
aree in cui viene effettuata l’analisi di rischio del
sito e quindi l’individuazione delle
concentrazioni di soglia di rischio
che sono gli stessi obiettivi della bonifica”. Per l’area dell’antica Kroton,
ex area Montedison quindi l’Eni, nella porzione di terreno lato colline,
BREVI
GIUDIZIARIA /1
Ricettazione
condannato Pesce
IL TRIBUNALE penale
di Crotone, presieduto
da Massimo Forciniti, ha
condannato a due anni di
reclusione Giuseppe Pesce, il commerciante arrestato un mese fa per ricettazione e detenzione
illegale di una pistola
clandestina. All'uomo,
difeso dagli avvocati Giovanni Iedà e Pasquale Le
Pera, i giudici hanno
concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. Il pm
Francesco
Carluccio
aveva chiesto una condanna a tre anni.
GIUDIZIARIA /2
Rapina, inflitti 6
anni a Cercel
Da sinistra: Giuseppe Trocino e Domenico Voce; a destra: l’area di Pertusola
non avrebbe richiesto l’analisi di rischio. Dal momento che “l’area è potenzialmente contaminata soltanto
da zinco. Ma se si fosse fatta l’analisi
di rischio sarebbero emersi dati differenti”. Lo studio di Voce, partito dalle
analisi e dalle caratterizzazioni di
Syndial del 2008, ha
quindi messo in evidenza
come le tecniche proposte
allungherebbero i tempi
per la restituzione del terreno alla città. Restituzione che rischia di essere
messa in discussione.
Ma andiamo con ordine. Ieri pomeriggio Voce
si è presentato con dati. Allarmanti
circa la contaminazione da metalli
pesanti presenti nel sito di Pertusola,
dove sonopreviste tre tipologiedi bonifica. “Nell’area interessata dalla
messa in sicurezza l’arsenico è di 320
Una relazione
presentata
alla Procura
mg/kg a fronte della soglia di contaminazione pari a 50mg/kg. Il cadmio
è a 240mg/kg e il piombo a 5.888
mg/kg”. Aree che tuttavia non possono essere messe in sicurezza, perché
come recita la legge 152 la tecnica è
prevista “nei casi in cui, nei siti non
interessati da attività
produttive in esercizio,
non sia possibile procedere alla rimozione degli inquinanti pur applicando
migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili”. Tuttavia secondo
Voce “il sito dovrà essere
restituito come sito industriale e quindi avrà attività produttive e in secondo luogo è possibile rimuovere gli inquinanti a costi sostenibili”.
E poi critiche a pioggia sulla tecnica della fitorimediazione che se do-
vesse usare la pianta brassica junca
“il piombo da estrarre per un grammo di pianta sarebbe di 101.360 kg
per una capacità estrattiva di 630
chili per anno. Da un calcolo per bonificare servirebbero 160 anni e una
produzione di almeno 200 quintali di
piante. Per il cadmio sono
previsti millenni”. E ancora polemiche sulla tecnica dello “scotico e della
ricomposizione topografica”, per una contaminazione nell’area degli uffici pari a1,4. “Si scotica
per 30 cm per poi decidere di ricoprire e mettere
un massetto, ma qui la bonifica è necessaria, di certo non nell’area
dell0antica Kroton”.
Quindi si attua la bonifica dove
non serve, e non si attua invece dove
servirebbe.
Interventi
anche in aree
non necessarie
IL CASO
QUI PROVINCIA
«Gli enti ci devono 6 milioni»
La denuncia dell’associazione costruttori che chiede interventi
Praticò: «Si rispetti l’ordinanza
del traffico dei mezzi pesanti
sulla strada per Capocolonna»
genze e sia per finanziare la
manutenzione delle strade provinciali. Ed il pregresso? Il Comune di Crotone, – si fa rilevare
– alle prese con l’abnorme spesa
per il personale che incide sulla
quadratura del Patto di Stabilità, che pure un bel pò di risorse
finanziarie dovrebbe avere a disposizione, non fornisce alcuna concreta risposta».
l’Ance si chiede, poi, «se i fondi finalizzati, stanziati e/o pervenuti nelle casse degli enti appaltanti per eseguire le opere
pubbliche siano stati utilizzati
per finanziare sagre paesane o
intrattenimenti vari utili a “distrarre” le popolazioni dalla
mancata esecuzione di opere
destinate a migliorare la loro
qualità della vita».
Infine, l’Ance informa che
«in questi giorni numerose imprese ci hanno chiesto di avviare le procedure di licenziamento. Che i nostri amministratori
- conclude la nota - tengano
conto anche di questo».
L'ASSESSORE provinciale alla Viabilita
di Crotone, Marcello Praticò, in relazione
all’Ordinanza che riguarda la strada provinciale n. 49 ,ha scritto al Prefetto Panico
ed ai comandanti di Vigili Urbani Crotone, Carabinieri, Polizia Stradale, Polizia
di Stato, Guardia di Finanza. «Il transito
continuo di mezzi pesanti sulla provinciale n. 49 (Crotone –Capo Colonna) ha determinato - scrive Praticò – in più punti il
cedimento della sede stradale. Si ricorda
che sulla stessa arteria vige ordinanza di
interdizione al traffico ai mezzi con carico
superiore a 3.5 tonnellate, fatta eccezione
per i veicoli adibiti al trasporto di persone.
È in corso, da parte degli uffici tecnici della Provincia di Crotone, l’elaborazione del
progetto di definitiva messa in sicurezza
di tutta l’arteria. L’ulteriore continua, sistematica violazione dell’ordinanza n.31
del 2011, tuttavia - aggiunge l’assessore
Praticò – rischia di mettere a serio repentaglio l’incolumità di tutti coloro che, a vario titolo, si trovano costretti a percorre
giornalmente la suddetta arteria». L’assessore, quindi, invita le autorità preposte «ad assicurare, nei limiti del possibile,
maggiore vigilanza al fine di garantire
l’osservanza dell’Ordinanza medesima».
I MANCATI pagamenti da parte di ben 15 stazioni appaltanti
della provincia di Crotone, per
lavori in corso di esecuzione o
ultimati ammontano, ad oltre 6
milioni di euro. È quanto emerge da un’indagine avviata nei
giorni scorsi dall’Ance, l’associazione dei costruttori edili,
che ha analizzato le prime risposte pervenute da 16 imprese. «C'è da precisare – scrive
l’Ance – che nei 6 milioni di euro non sono conteggiati gli importi inerenti i contenziosi già
avviati da numerose imprese e
le conseguenti istanze di pignoramento formalizzate. In
questi dati pur parziali, che evidenziano la gravità e l’insopportabilità della situazione in
parte determinata dal famigerato Patto di Stabilità, c'è, comunque, di tutto e di più. C'è,
fondamentalmente, – si legge
in una nota – l'ordinaria follia
dell’irresponsabilità politica e
tecnico-burocratica di buona
parte delle stazioni appaltanti
Un cantiere edile
della nostra provincia».
I richiesti incontri ai principali Enti appaltanti, la Provincia ed il Comune di Crotone, lamenta l'Ance, «non sono sfociati in nessuna convocazione ufficiale anche se qualche contatto interlocutorio c'è stato. La
Provincia ha approvato l’assestamento di bilancio che prevede l'accensione di mutui sia per
coprire il buco delle somme ur-
E’ STATO condannato a
sei anni di reclusione,
con il rito abbreviato, il
rumeno Constantin Cezar Cercel, di 24 anni,
per rapina e lesioni aggravate ai danni di un
pensionato di 85 anni,
Achille Esposito. I fatti
contestati risalgono al
maggio scorso. Secondo
l'accusa, lo straniero si
sarebbe introdotto nell'abitazione dell'anziano,
e dopo averlo minacciato
con un coltello e colpito a
calci e pugni, e si sarebbe
impossessato di una
somma di 1700 euro. All'uomo furono procurate
lesioni giudicate guaribili in 30 giorno. La condanna è stata disposta
dal gup del Tribunale di
Crotone Paolo De Luca.
CRONACA /1
Tentata rapina
in casa
UNA DONNA B. M. di 57
anni ha denunciato un
tentativo di rapina nella
sua abitazione in via
esterna Marinella. Due
uomini, con il pretesto di
consegnare una piante,
volevano entrare nella
sua casa; la donna, però,
si è insospettita ed ha
chiuso repentinamente
la porta ed i due si sono
dileguati.
CRONACA /2
Furto di orologi
e gioielli
UNA 56enne, F. M. di
Crotone, ha denunciato
che ignoti si sono introdotti nella sua abitazione
in via B, Croce ed hanno
portato via orologi e monili d’oro che erano nascosti nell’armadio della
camera da letto. Non
quantificato il valore degli oggetti.
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Crotone
dal POLLINO
alloSTRETTO
calabria
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MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 7
’ndrangheta e... politica
(S)TERMINATE
le ’ndrine cosentine
“Terminator 4”, 18 arresti della Dda. Indagati anche due politici
COSENZA Un colpo durissimo è stato inferto dalla Dda di Catanzaro al clan di ’ndrangheta
cosentino guidato dal latitante Ettore Lanzino.
Diciotto ordinanze di custodia cautelare sono
state emesse dal gip distrettuale Abigail Mellace
- su richiesta del pm Pier Paolo Bruni - nei confronti di altrettante persone accusate di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, porto illegale di armi da fuoco.
Il blitz è scattato nel pomeriggio di lunedì ed è
proseguito fino all’alba di ieri. L’operazione, condotta da personale della Direzione investigativa
antimafia di Catanzaro, della squadra mobile e
dei carabinieri di Cosenza, ha colpito boss e gregari della cosca Lanzino-Ruà, ritenuta la più potente a Cosenza, dopo l’uscita di scena del clan Cicero (con l’operazione Anaconda) e, lo scorso anno, del gruppo Bruni (Telesis).
Tra gli indagati ci sono anche
i presunti mandanti e esecutori
Nei guai
degli omicidi di Vittorio MarBernaudo
chio (esponente di vertice della
criminalità cosentina, ammaze Ruffolo:
zato nel capoluogo il 26 noveml’accusa è voto
bre del 1999), di Enzo Pelazza
di scambio
(freddato a Carolei il 28 gennaio del 2000) e di Antonio Sassone, assassinato il 9 giugno del 2000 a Terranova da Sibari. Oltre al boss cosentino Ettore Lanzino, 56 anni, risulta ancora latitante Francesco
Presta (51), capo indiscusso del sottogruppo di
Tarsia. Le altre misure cautelari riguardano
Francesco Patitucci (50 anni, organizzatore reggente della cosca); Simone Andretti (41); Salvatore Ariello (37); Biagio Barberio (37), Domenico Cicero (54), Michele Di Puppo (47), Giovanni Di Puppo (38), Luigi “Ninni” Gagliardi (38),
Mario Gatto (42), Luigi Gaudio (55), Pilerio Giordano (46), Walter Gianluca Marsico (44), Giuseppe Perri (55), Mario Piromallo (44), Roberto
Porcaro (27) e Costantino Scorza (57).
Nell’inchiesta figurano anche due nomi eccellenti: l’ex sindaco di Rende e attuale consigliere
provinciale di maggioranza (Pd) Umberto Bernaudo e l’assessore provinciale Pietro Ruffolo,
già vicesindaco e assessore del Comune di Rende, implicato nell’inchiesta antiusura della Dda
denominata Cartesio. Risultano indagati a piede
libero per associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso insieme a un consigliere co-
munale di Piane Crati, piccolo centro alle porte
di Cosenza. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati ieri con una conferenza stampa in Procura. Per l’occasione è stata inaugurata la sala riunione intitolata alla memoria di Rosario Livatino.
L’inchiesta - hanno spiegato gli inquirenti rappresenta l’ultimo capitolo del filone Terminator, iniziato nel 2007 e per il quale sono attualmente in corso alcuni processi. Oltre ai tre
omicidi, Terminator 4 ha consentito di fare ulteriore luce su tre episodi di estorsione, due di usura ai danni di imprenditori e commercianti di
Cosenza. Indagando su questi fatti, gli investigatori sono riusciti a farsi un’idea piuttosto precisa
di come la cosca Lanzino, rimaneggiata da arresti e condanne, si fosse riorganizzata per continuare a gestire il racket delle estorsioni, l’usura
e altre attività criminali. Come era già emerso
con chiarezza all’epoca degli arresti di Michele
Bruni (figlio Bella Bella e morto in carcere la scorsa estate all’età di 38 anni per una grave malattia) e del suo gruppo, nella città di Cosenza vige
da anni un pax mafiosa piuttosto conveniente.
Dopo la guerra che ha insanguinato la città tra il
1999 e il 2003 i clan Lanzino, Cicero e Bruni hanno smesso di ammazzarsi a vicenda e si sono divisi gli affari illeciti. Il racket, per esempio. In
questo senso, dagli inquirenti è arrivata una forte critica alla società civile cosentina. La «grande assente» dell’inchiesta Terminator 4, come
ha sottolineato il procuratore aggiunto Domenico Airoma: «In 5 anni di investigazioni, non c’è
stata una sola denuncia né la collaborazione delle parti offese. Qui non esiste un’associazione antiracket: è un oltraggio a questa città».
L’«omertà» della società cosentina è un aspetto messo in evidenza anche dal procuratore generale Dario Granieri, dal procuratore della Dda
Vincenzo Lombardo, dall’aggiunto Giuseppe
Borrelli e dal questore Alfredo Anzalone, un poliziotto che ne ha visto di tutti colori, avendo lavorato alla squadra mobile di Palermo nei cruenti anni ‘80 e di Catania.
A proposito di omertà: i politici cosentini (a
parte il deputato Laratta) non hanno rilasciato
dichiarazione alcuna a proposito del coinvolgimento di Ruffolo e Bernaudo.
ALESSANDRO BOZZO
[email protected]
Giovanni Di Puppo
Costantino Scorza
dall’ordinanza
Così i padrini
si spartivano
il territorio
Francesco Patitucci
Mario Piromallo
Simone Andretti
le persone
arrestate
Luigi Gaudio
Il trasferimento in cella di Costantino Scorza
Luigi Gagliardi
COSENZA È il rendese Francesco
Patitucci il personaggio chiave dell’inchiesta Terminator 4. A lui era stata
affidata la guida della cosca quando il
boss Ettore Lanzino si è dato alla latitanza. È lui - il secondo nella linea di
comando - a reggere i fili dell’organizzazione, affidando incarichi e assoldando nuove leve per sostituire i
vuoti lasciati da arresti e condanne.
La cosca era divisa in quattro sottogruppi: l’area Cosenza era il settore
di competenza dello stesso Patitucci;
quella di Rende era stata affidata ai
fratelli Michele e Giovanni Di Puppo;
l’area di Tarsia, a nord del capoluogo,
era sempre stata di Franco Presta, che
in quelle campagne è nato; infine
l’area di Paterno, a sud, gestita dai
fratelli Chirillo. Tutti gli altri avevano
ruoli più operativi: si occupavano delle estorsioni e delle attività illecite.
Come estorsioni, usura etc... Stando a
ciò che riferiscono
Cosenza affidata
gli ultimi
a Patitucci
collaboratori di giuRende ai fratelli
stizia
Di Puppo
(FranceTarsia ai Presta
sco Galdi
in primis)
Patitucci sarebbe a capo di una nuova famiglia di ’ndrangheta formatasi
a Cosenza a seguito degli arresti e dei
decessi avvenuti nell’ultimo periodo.
Un vero e proprio “ridotto” di malavita, che metterebbe insieme affiliati
del suo clan con esponenti del gruppo Bella Bella e con la batteria della
cosca dei nomadi di Cosenza. Le inchieste più importanti in cui è stato
coinvolto negli ultimi 15 anni portano
i nomi in codice di Garden, Luce e
Missing. Dopo la condanna per associazione mafiosa riportata nel primo
di questi tre procedimenti, Patitucci
ha incassato altrettante assoluzioni
nelle ulteriori due inchieste che lo vedevano sotto accusa per omicidio. In
particolare, a Missing, l’uomo era accusato di aver partecipato da giovanissimo all’omicidio di don Pippo Ricioppo (1983), vecchio padrino di
Cerzeto (Cs). Don Peppino Cirillo,
storico boss della Sibaritide, lo aveva
ribattezzato ‘o paccio, sottolineandone il carattere irascibile.
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COSENZA
Ci sono tre politici nell’inchiesta
Terminator 4. Sono indagati a piede
libero per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio
politico mafioso. Sono l’ex sindaco
di Rende e attuale consigliere provinciale del Pd Umberto Bernaudo
e Pietro Ruffolo, assessore provinciale autosospeso e vicesindaco del
Comune di Rende, entrambi del Pd.
Alle elezioni del 2009 fecero incetta
di voti nei due collegi della loro città. Parte di quei voti gli sarebbero
arrivate dalla cosca Lanzino per il
tramite dei fratelli Di Puppo. Il terzo politico coinvolto nell’operazione contro il clan Lanzino è Pierpaolo De Rose, consigliere comunale a
Piane Crati (piccolissimo comune a
sud est del capoluogo), eletto con
una lista civica. Le abitazioni e gli
uffici di queste tre persone sono state perquisite. Pietro Ruffolo, in particolare, sta affrontando un processo per usura aggravata dalle modalità mafiose (operazione Cartesio).
Proprio in seguito al suo coinvolgimento nell’inchiesta si è autosospe- nanziamenti elargiti, in qualità di
so dall’incarico di assessore provin- sindaco e di assessore al bilancio del
ciale alla pubblica istruzione. In quel Comune di Rende, a una cooperatiprocedimento, tuttavia, Ruffolo ci è va (la Rende 2000, della quale è
finito non per la sua attività politico- presidente Michele Di Puppo) in
cambio di voti per
istituzionale ma in
le elezioni provinqualità di dipenLe accuse sono
del 2009. A
dente dell’agenzia
concorso esterno ciali
Ruffolo e Bernaudo
Unicredit di Belveviene contestata
dere Marittimo
in associazione
anche la corruzio(Cs).
mafiosa e voto
ne. Gli inquirenti
Ruffolo e Berdi
scambio
hanno sequestrato
naudo sono indatutte le delibere del
gati per aver ottenuto il sostegno elettorale della co- Comune relative a finanziamenti e
sca, come si evince da alcune inter- incarichi alla Rende 2000. Perquisicettazioni telefoniche che però non ti, ovviamente, anche gli uffici della
figurano in questa ordinanza (il cooperativa presieduta da Michele
quarto non è l’ultimo capitolo di Di Puppo.
Il consigliere comunale PierpaoTerminator). Nel decreto di perquisizione si fa riferimento anche ai fi- lo De Rose, invece, è indagato an-
il monito
Lanucara
e Laratta:
il partito
reagisca
Quei voti in odor di mafia
Tre politici tra gli indagati
Alle elezioni sarebbero stati aiutati dal clan Lanzino
che per minacce in occasione di
competizioni elettorali, aggravato
dalle modalità mafiose insieme a
Romano Chirillo e Biagio Barbieri,
ritenuti affiliati alla cosca Lanzino.
Avrebbero minacciato più elettori
per indurli a votare De Rose imponendogli un contrassegno sulla
scheda per verificare che l’ordine
fosse stato rispettato. Gli investigatori stanno cercando le schede elettorali per le comunali del 2009 a
Piane Crati proprio per verificare tale circostanza.
Un dettaglio che ha fatto dichiarare al procuratore della Dda Vincenzo Lombardo: «È sconvolgente. Il
condizionamento della ’ndrangheta è assolutamente trasversale, non
risparmia nessun partito in modo
da adattarsi sempre a quelli che so-
no i poteri in una determinata
area». Il che «dimostra – ha proseguito il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – come le cosche abbiano il controllo capillare del voto
e risultino spesso decisive ai fini del
risultato». Sorprende, pertanto, il
silenzio delle istituzioni. Della Provincia, in particolare, il cui presidente Mario Oliverio, uomo di punta del
Pd calabrese, ha fatto della legalità la
propria bandiera costruendovi sopra parte dei propri successi. L’unico politico del Cosentino a rilasciare dichiarazioni è stato il deputato
del Pd Franco Laratta che ha invitato il Pd a essere inflessibile coi propri iscritti e con gli amministratori
pubblici quando sono coinvolti in
inchieste di questa portata.
a. b.
COSENZA «Per essere credibili
dobbiamo essere durissimi con gli
iscritti e gli amministratori pubblici
coinvolti a vario titolo. Senza guardare in faccia nessuno. In regioni ad alto rischio come la Calabria, i partiti
devono intervenire senza dubbi e incertezze. In Calabria è sempre più
drammatica la questione morale e la
questione “criminale” che riguarda
molte amministrazioni. La politica
deve reagire e respingere l’attacco
della ’ndrangheta e della malavita».
Franco Laratta, deputato del Pd commenta così l’esito dell’operazione Terminator 4, che vede coinvolti due
esponenti politici del suo partito. È
l’unico cosentino a farlo, visto che si
registra una sola altra reazione, quella di Antonia Lanucara, del coordinamento regionale del Pd, ma è reggina... «Io mi vergogno - dice Lanucara -. Sì mi vergogno e sento fortemente la grave crisi calabrese. Mi vergogno comunque di una realtà invasiva che sembra non escludere dal
voto di scambio il mio partito: il Pd.
Gli avvisi di perquisizione di Cosenza
mi confermano, al di là degli esiti delle indagini, che i sospettati appartengono ad ogni area politica. Mi domando: come è possibile che gli eletti del Pd non siano mai stati sospettati dai dirigenti locali del mio partito»? Un bell’interrogativo...
l’ex sindaco
l’ex assessore
il neofita
Bernaudo
il volto mite
del sistema
Ruffolo
la continuità
tra i guai
De Rose
il “poliziotto”
del Savuto
COSENZA Qualche problemino Umberto Bernaudo l’ha già avuto quando era sindaco di Rende.
Nulla di grave, s’intende: i soliti incidenti di percorso, ormai fisiologici per qualsiasi amministratore
del Sud. Fino a martedì mattina Bernaudo, di professione avvocato e assicuratore, era “semplicemente” l’ex sindaco di Rende. Il che non è poco, ci mancherebbe. Esponente di lunga data del socialismo
d’oltre Campagnano più volte consigliere e assessore comunale, l’avvocato rendese aveva “rilevato” il
posto di Sandro Principe nel 2006, stravincendo al
primo turno contro le consuete (perenni) opposizioni, divise tra liste civiche e di centrodestra. La sua
amministrazione è stata caratterizzata da vari rimpasti e da una spaccatura interna al Pd, in cui era
confluito assieme ai socialisti storici d’oltre Campagnano. Candidato nel 2009 al consiglio provinciale, è risultato eletto nel collegio di Rende 1 e Siede
tuttora nel gruppo del Pd a piazza XV marzo. Non
è stato ricandidato, invece, al Comune per ricompattare il centrosinistra, in cui alcuni gruppi, soprattutto Idv, avevano posto dei veti sul suo nome.
Troppo “rendese”, forse. Per questo il Pd alla fine gli
ha preferito il cosentino Vittorio Cavalcanti. Diventato sindaco per garantire la continuità politica , si
è trovato, suo malgrado, in mezzo alle polemiche.
Che, c’è da scommettere, sono destinate a crescere.
Saverio Paletta
COSENZA Pietro Ruffolo è un pezzo di storia di
Rende. Ha iniziato a far politica con Cecchino Principe, quando il consiglio provinciale era ancora nel centro storico. Socialista, come d’obbligo per chiunque
voglia contare qualcosa oltre il Campagnano, Ruffolo ha avuto la propria roccaforte elettorale nella zona
di Arcavacata, la più interessata all’imponente sviluppo edilizio che ha caratterizzato Rende dall’istituzione dell’Unical in poi. Più volte consigliere ed assessore comunale, Ruffolo si è occupato a più riprese di Sanità. Ha passato pure qualche guaio legato al suo ruolo di presidente dell’ex Usl n°8 di Rende: un procedimento culminato in un patteggiamento che gli è costato una pena lieve. Ma i guai per Ruffolo non
finiscono qui: eletto nel 2009 alla Provincia di Cosenza, mentre era ancora assessore al Bilancio nella giunta Bernaudo, e quindi nominato assessore alla Pubblica istruzione da Mario Oliverio, è stato costretto ad autosospendersi in seguito al suo coinvolgimento nell’inchiesta Cartesio, per la quale è stato rinviato a giudizio. L’operazione di lunedì notte è l’ennesima tegola
sul capo dell’esponente rendese. Arcavacata, da quando Ruffolo ha iniziato la propria militanza nelle istituzioni, è cambiata tantissimo. Ma il consigliere dall’aria gioviale è sempre rimasto al suo posto, come se
il tempo per lui non fosse mai passato. Inamovibile
nell’affetto degli elettori. Procure permettendo.
s. p.
COSENZA A Piane Crati, 1.500 anime nella zona
del Savuto, Pierpaolo De Rose è molto conosciuto. E,
sembrerebbe, stimato. Programmatore provetto e
agente della Polizia provinciale, il giovane pianese (circa 35 anni di età) è alla seconda esperienza in Comune. Papà sindacalista e mamma molto stimata negli
ambienti cattolici, De Rose proviene dall'area ex Margherita del Pd. Coinvolto per la prima volta da Michele Ambroggio, che lo ha candidato e, una volta eletto,
lo ha nominato assessore ai Lavori pubblici, si è ricandidato nel 2009 con Silvano Sacchetta. Nelle ultime
amministrative ha ottenuto 110 voti, che sono un buon
risultato in un Comune piccolo. Completamente incensurato, De Rose non è mai stato al centro di polemiche. L'inchiesta in cui è risultato coinvolto è la prima buccia di banana sul suo cammino. La reazione di
chi lo conosce è stata di incredulità: sulla sua immacolatezza hanno giurato Ambroggio, il suo mentore, e
Sacchetta, il suo sindaco attuale, che ha chiosato: «E’
un ragazzo esuberante è entusiasta, è stimato da tutti
e sono davvero turbato del fatto che possa essere indagato per un fatto così improbabile, non solo per lui ma
pure per il nostro territorio. Siamo un paese piccolo:
che gola possiamo fare alle ‘ndrine?». Quelli che non
lo conoscono, cioè i più, sono cascati dalle nuvole: “De
Rose chi?”. Il che dà la misura del suo problema: essere finito in un’inchiesta più grande di lui.
s. p.
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«Servono inquirenti migliori»
L’attacco di Borrelli: in tre anni non sono stati presi due pericolosi latitanti
COSENZA
Una critica feroce agli organi investigativi della città di Cosenza per non
essere stati in grado di catturare, in
oltre tre anni, due pericolosi latitanti
del calibro di Ettore Lanzino e Franco Presta, uomini di primo piano della criminalità organizzata cosentina.
Gente capace di organizzare e portare a compimento delitti efferati. Uomini che dovrebbero stare dietro le
sbarre e che invece continuano a gestire – protetti dai propri fiancheggiatori e da un’omertà ancora troppo diffusa – i propri affari illeciti. Presta,
addirittura, di recente sarebbe riuscito a sterminare un’intera famiglia per
vendicare la morte di suo figlio, avvenuta lo scorso inverno al termine di
un banale litigio a Spezzano Albanese.
I killer non ebbero pietà nemmeno di
una donna e della sua giovane figlia,
che con la morte del giovane Presta
non c’entravano davvero nulla. L’unica loro colpa fu quella di avere un rapporto di parentela con l’uomo che sparò al figlio del boss di Tarsia.
«È necessario, a
questo punto, fare veIl procuratore:
nire a Cosenza le for«Non si può
ze investigative migliori perché non è
lasciare Cosenza
possibile continuare a
nelle mani
lasciare la città nelle
delle cosche»
mani delle cosche»,
ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro
Giuseppe Borrelli durante la conferenza stampa di ieri, lasciando di sasso il comandante dei carabinieri e il
questore di Cosenza. Borrelli ha insistito molto sull’aggettivo «migliore»,
sottolineando come l’intenzione non
sia quella di potenziare gli organici
quanto quella di affidare la cattura dei
latitanti a investigatori più capaci.
Il colonnello Francesco Ferace con il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giuseppe Borrelli in conferenza (foto Morrone)
Borrelli ha rafforzato il concetto con
una metafora calcistica paragonando
due mediani del Napoli del passato:
Claudio Vinazzani e Fernando De Napoli. A Cosenza, insomma, servirebbe
un De Napoli per vincere lo scudetto
e blindare i latitanti. Non un Maradona, quindi, ma un mediano, con questo lasciando intendere che non è nei
vertici della polizia e soprattutto dei
carabinieri, che la Dda di catanzarese
ha individuato le maggiori responsabilità.
È verosimile ritenere, pertanto, che
saranno nuovi investigatori ad arrestare Lanzino e Presta. Perché Borrel-
li non ha dubbi: «Li arresteremo». Se
oltre al repulisti ci saranno anche risvolti giudiziari è ancora presto per dirlo.
Ovviamente bordate come quelle
scagliate dal procuratore aggiunto non
potevano passare sotto silenzio. Il questore di Cosenza Alfredo Anzalone ha
raccolto «la critica» di Borrelli «positivamente», replicando con molta diplomazia e prendendola come ulteriore stimolo per fare meglio in futuro. Analoga la reazione del colonnello Francesco
Ferace, comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, che ha tentato di
fare buon viso a cattivo gioco ricono-
Lanzino, il padrino
invisibile alla legge
COSENZA Ettore Lanzino, 56 anni, è considerato il
boss dei boss nel contesto
delle cosche cosentine. Attivo fin dagli anni ’70, agli albori del crimine locale,
avrebbe poi scalato le gerarchie malavitose dopo il pentimento dei vecchi capi
(Franco Pino in primis), ma
soprattutto in virtù di un carisma riconosciutogli anche
dagli avversari. Stando al
racconto dei pentiti, infatti,
c’era lui al vertice dell’organizzazione quando, sul finire del ‘900, i vecchi clan un
tempo contrapposti, si riorganizzarono in un’unica famiglia confederata, dando la
stura a una lunga scia di sangue mirata a colpire oppositori esterni e soggetti “inaffidabili”.
Sempre i collaboratori,
però, raccontano di un Lanzino contrario a quella svolta armata nota sotto il nome
di Terza guerra di mafia a
Cosenza.
omo di pace, ma anche
azionista puro, Ettaruzzo ha
attraversato da protagonista
tutte le inchieste giudiziarie
dell’ultimo ventennio. Dalla
condanna riportata a “Garden”, passando per il processo “Tamburo”, quello sulle tangenti per i lavori dell’autostrada, per finire poi ai
maxiprocessi “Luce” e “Missing” dove era chiamato a rispondere di un pugno di
omicidi avvenuti tra il 1983
e il 2003, uscendo però assolto da ambedue i procedimenti.
Nel 2008, poi, un mandato di cattura per un altro duplice delitto del 1999 (l’affaire Marchio-Calvano) lo raggiunse mentre era a piede libero, circostanza che gli
consentì di sfuggire all’arresto. Da allora, è invisibile
agli occhi della legge e tutti i
scendo che catturare i latitanti in Calabria non è mai facile, aggiungendo che
per ottenere risultati gli investigatori
vanno lasciati lavorare «con serenità».
Il colonnello Ferace si è detto comunque sicuro del fatto che Lanzino e Presta saranno assicurati alla giustizia al
più presto.
Una passaggio fondamentale secondo il procuratore della Dda Vincenzo
Lombardo. Per neutralizzare definitivamente la cosca e dichiarare chiuso il
troncone Terminator bisogna privarla
dei vertici.
ALESSANDRO BOZZO
[email protected]
Presta, killer e boss
tra i più temibili
tentativi di acciuffarlo si sono rivelati inutili. Lo scorso
febbraio, però, gli inquirenti ritennero di averlo localizzato in Sila, all’interno di un
vecchio rudere abbandonato. Ma quando i carabinieri
fecero irruzione nella baracca, trovarono solo due uomini e un piccolo laboratorio
per la preparazione degli
stupefacenti.
Ettaruzzo,
dunque, non era lì. In caso
contrario, era riuscito a rendersi nuovamente invisibile.
Marco Cribari
COSENZA Franco Presta, 51 anni, è latitante da
più di due anni e mezzo. A
dichiararlo tale, nel 2009, fu
la Procura generale di Catanzaro. L’uomo, infatti,
avrebbe dovuto tornare in
cella per scontare un residuo
di pena (5 anni e 2 mesi)
frutto della sentenza “Twister”, passata ormai in giudicato. Presta, però, si sottrasse all’arresto e da allora, è ricercato dalla giustizia italiana.
Gli inquirenti lo descrivo-
no come un killer freddo, tra
i più temibili in circolazione
a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo. In quel periodo, infatti,
l’uomo, era ritenuto il capo
della batteria di fuoco del
presunto clan guidato da Ettore Lanzino, ma al tempo
stesso, elemento in grado di
unire il pensiero all’azione di
malavita pura. Proprio la capacità di coniugare queste
due caratteristiche lo avrebbero portato, nel tempo, ad
assumere il comando mafioso nei comuni della Valle
dell’Esaro. Difficile, però,
ipotizzare quella che potrebbe essere la sua attuale caratura criminale. E non soltanto perché l’uomo è latitante
da più di due anni. Ad ammantare di mistero il suo
presente, ci sono anche le inchieste ancora aperte che lo
riguardano da vicino, quella
che tenta di far luce sugli
omicidi di Antonio Sena e
Francesco Bruni “Bella bella”. Due fatti di sangue che,
secondo gli investigatori, lo
avrebbero visto in prima linea proprio come gli omicidi che gli inquirenti gli contestano da 24 ore: l’eliminazione di Vittorio Marchio,
quella di Enzo Pelazza e l’uccisione di Enzo Sassone.
Il nome, infine, è collegato a uno degli eventi più tragici del recente passato: la
strage di San Lorenzo del
Vallo, ovvero lo sterminio
della famiglia De Marco.
Franco Presta è attualmente
il sospettato numero uno
per quella mattanza che, secondo gli inquirenti, rappresenta una terribile vendetta.
Non a caso, solo un mese
prima, un congiunto dei De
Marco aveva ucciso il figlio
del boss di Tarsia all’acme di
un banale litigio.
mcr
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la visita delle fiamme gialle
LAMEZIA TERME (CZ) Sanità nel mirino a Lamezia Terme
dove ieri la Guardia di finanza ha
effettuato perquisizioni e sequestri di atti amministrativi all’interno di alcuni uffici dell’Asp Catanzaro-Lamezia.
Ieri, infatti, non è certo passata
inosservata la lunga “visita” che le
fiamme gialle lametine hanno effettuato negli uffici dell’ex Saub
della città della Piana nella centralissima piazza Borelli, alle cui
spalle ed a poca distanza c’è il Palazzo di giustizia.
Intorno alle 8.30 di ieri, prima
una pattuglia delle fiamme gialle e
poi un’altra, si sono fermate a distanza di pochi muniti l’una dall’altra davanti alla struttura che
ora ospita alcuni uffici dell’Asp e
nel cui cortile alcuni giorni fa durante la notte erano state danneggiate anche cinque auto di proprietà della stessa Azienda par-
Perquisizioni nell’Asp di Lamezia
Dopo 10 ore portati via molti documenti. Ispezioni nell’ufficio di riabilitazione e protesi
cheggiate nel recinto. Ieri, comunque, una volta posteggiati i mezzi,
dall’auto sono usciti i finanzieri
che si sono subito recati all’interno della struttura.
Da qui la lunga attesa durata oltre dieci ore fino a quando davanti l’edificio è comparso un furgone della Guardia di finanza che è
stato posteggiato a retromarcia
davanti all’ingresso del palazzone
verde. Pochi muniti e dagli uffici
dell’ex Saub c’è stato un via vai di
finanzieri che hanno iniziato a caricare il camioncino con scatoloni,
all’interno dei quali tutto lascia
presagire che ci sia documentazione importante.
Il tutto sotto l’occhio vigile dei
loro colleghi e di qualche passan-
La Guardia di finanza davanti l’Asp Catanzaro-Lamezia
te incuriosito anche dal fatto che
fino ad oltre le 18.30 c’era ancora
qualche luce accesa all’interno de-
gli uffici ospitati nello storico edificio. Anche se da parte degli inquirenti viene mantenuto il mas-
simo riserbo su tutta la vicenda e
sul tipo di operazione che gli uomini del maggiore Maurizio Pellegrino hanno condotto o stanno
conducendo in città, è trapelata
solo qualcosa. Ieri, infatti, i finanzieri hanno effettuato perquisizioni all’interno di alcuni uffici dell’Asp ponendo la loro attenzione
soprattutto nei confronti dell’ufficio riabilitazione e protesi da cui
sarebbe stata prelevata molta documentazione.
Secondo indiscrezioni, comunque, ad emettere un decreto di
perquisizione e sequestro sarebbe stato il sostituto procuratore
della Repubblica di Lamezia Terme, Maria Alessandra Ruberto, e
tra le ipotesi di reato contenute
nel provvedimento, sui cui destinatari c’è uno stretto riserbo, ci
sarebbero corruzione, abuso
d'ufficio e concussione.
Saveria Maria Gigliotti
Il movente del delitto negli affari?
Omicidio Martino, gli inquirenti indagano nel settore rifiuti e in quello edile
REGGIO CALABRIA È
nei rapporti di lavoro che gli
investigatori stanno cercando con insistenza una pista
per dare un volto all’assassino di Vittorio Bruno Martino. L’imprenditore ucciso
nella serata di lunedì a Pellaro, zona sud di Reggio Calabria, era un uomo che aveva
molti affari. Lontano da ambienti e logiche di ’ndrangheta, Martino era finito nei guai
giudiziari solo nell’ambito
dell’operazione “Terrazzamento” dalla quale era emerso che la vittima avrebbe
creato una discarica abusiva
per rifiuti speciali.
Martino veniva ritenuto
l’uomo chiave di quell’inchiesta e, di recente, era stato anche rinviato a giudizio. Ma,
nonostante tutto, l’imprenditore sembrava essere abbastanza tranquillo. Secondo
quanto emerso nelle ultime
ore, non aveva paura di essere ammazzato o almeno mai
aveva manifestato un tale timore. I sicari che lo hanno atteso davanti alla palestra che
abitualmente frequentava,
però, ne conoscevano benissimo le abitudini. Hanno studiato tutto nei minimi dettagli e approfittando del buio
hanno portato a termine la
loro missione di morte in un
parcheggio a pochi passi da
un supermercato, in una delle vie più trafficate del popoloso quartiere di Pellaro.
Sono sostanzialmente due
le piste che gli investigatori
stanno seguendo a poche ore
della consumazione del fatto
di sangue. Entrambe hanno
a che fare con l’attività lavo-
Forse la discarica
nascondeva
qualcosa? Sentiti
parenti e amici
della vittima
Il luogo dove è stato ucciso Vittorio Bruno Martino (nella foto accanto)
rativa che Martino effettuava. La prima è quella più
complessa che porta ad un
intreccio con l’inchiesta “Terrazzamento”. Forse la disca-
rica di Bovetto nascondeva
qualcosa che gli inquirenti
non hanno ancora scoperto;
di certo Martino la conosceva
benissimo. Non è da esclude-
re che qualcuno temesse il
procedimento, e le possibili
dichiarazioni dell’imprenditore. Da qui la potenziale decisione di eliminarlo. La se-
conda, e che sarebbe quella
più complessa, è relativa a
tutta l’attività lavorativa di
Martino, il quale aveva interessi in più settori, da quello
dell’edilizia alla ristorazione,
passando, appunto, per lo
smaltimento dei rifiuti. La
vittima, infatti, gestiva anche
il bar all’interno dell’aeroporto dello Stretto. Ma ovviamente l’attenzione maggiore
è puntata al settore edile.
Martino avrà incontrato la
resistenza di qualcuno che
non voleva una sua eccessiva
espansione sul territorio? È
uno degli interrogativi a cui
la Squadra Mobile di Reggio
Calabria tenterà di dare una
risposta.
Nelle ultime ore sono stati
sentiti parenti ed amici della
vittima, ma da quel che si apprende nessuno è stato in
grado di dare un contributo
per comprendere l’origine
dell’omicidio. Di certo gli investigatori stanno anche
scandagliando i tabulati telefonici e gli appuntamenti che
Martino ha avuto nei giorni
precedenti all’agguato. Da
qui, forse, si potrà tentare di
capire qualcosa in più di questa vicenda che sta assumendo contorni sempre più complessi.
L’imprenditore non era
soggetto legato ad ambienti
malavitosi, ma le modalità
dell’azione di fuoco non lasciano spazio a dubbi: ad agire è stato un killer professionista che ha mirato alla testa
e non ha lasciato scampo alla vittima, spirata dopo
un’ora di agonia agli ospedali “Riuniti”.
Consolato Minniti
estorsione ai titolari del bar malavenda/la requisitoria
REGGIO C. «La sentenza di condanna nei confronti di Donatello
Canzonieri va confermata». Sono
serviti solo 20 minuti al sostituto procuratore generale Francesco Mollace
per effettuare la propria requisitoria
nell’ambito del processo per l’estorsione ai titolari del bar Malavenda. A
distanza di diversi mesi, infatti, il procedimento è approdato in Corte d’appello, con una condanna che pende
su Canzonieri, pari a nove anni di prigione, inflitte dalla sezione penale del
Tribunale di Reggio Calabria.
Il pg Mollace ha ripercorso in aula
tutte le fasi salienti dell’inchiesta che
ha visto imputato l’uomo accusato di
estorsione aggravata dalle modalità
mafiose nei confronti dei proprietari
dello storico esercizio commerciale
del quartiere di Santa Caterina, fatto
saltare in aria nella notte tra il 24 ed
il 25 febbraio del 2008, a pochi mesi
dalla ristrutturazione che era stata
terminata nel dicembre 2007. Da
«Confermare la sentenza
Nove anni per Canzonieri»
quei lavori sarebbe poi scaturita la
bomba che ha devastato tutto il locale riducendolo ad un ammasso di lamiere. Quella tinteggiatura, secondo
il costrutto accusatorio, poi sposato
dal Tribunale, e ieri ripreso dal pg
Mollace non sarebbe stata stipulata
secondo i canoni tradizionali, ma sarebbe solo il risultato di una estorsione commessa da Canzonieri assieme
a Paolo Schimizzi, il reggente del clan
Tegano, scomparso nel 2008 per un
caso di lupara bianca.
Secondo la prospettazione dell’accusa, infatti, proprio Schimizzi si sarebbe recato dai Malavenda chiedendo loro di potersi occupare degli arredi tramite la sua società “Globus”. Arrivò il “no” della famiglia e così, poco
dopo, Tripodi (l’imprenditore che si
occupò della ristrutturazione) disse
ai Malavenda se i lavori di tinteggiatura potevano essere fatti da Donatello Canzonieri. E così avvenne. Secondo il pg Mollace, tale condotta integrò
l’estorsione aggravata. Da qui la richiesta di conferma della condanna a
nove anni di prigione.
È stato poi il turno dell’avvocato di
parte civile Giovanni De Stefano che
ha puntato tutto sull’atto d’appello
della difesa di Canzonieri. «L’appellante – ha spiegato il legale – tenta di
insinuare il dubbio che le dichiarazioni dei genitori della signora Alessandra Malavenda, amministratrice
della società proprietaria del bar pasticceria devastato dall’attentato, sono inattendibili o, comunque, da valutare con molta cautela poiché i co-
niugi Malavenda-Silipigni sono parti civili e quindi portatori di interessi
economici anche con riferimento alla Legge 44/99. I Malavenda, in realtà, erano ignari di essere intercettati
per cui non si può dubitare della genuinità delle loro dicharazioni, che
peraltro non sono mai state apertamente accusatorie, ma con le quali i
Malavenda si sono limitati a dire ciò
che a loro risultava». Il legale ha poi
rimarcato come non aveva senso per
Tripodi delegare i lavori a Canzonieri e che i Malavenda mai avrebbero
voluto che i lavori fossero fatti da uno
sconosciuto senza conoscere la qualità degli stessi.
A parlare poi l’avvocato Francesco
Calabrese che ha chiesto l’assoluzione di Canzonieri, sostenendo le tesi
già esposte in primo grado. Il processo è andato all’11 gennaio per l’intervento dell’avvocato Carlo Morace e la
sentenza di secondo grado.
cons.min.
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«La Multiservizi
deve essere
sciolta per mafia»
Così prevede lo statuto in caso di infiltrazioni
l’otto ottobre 2004, all’epoca
guidata da Giuseppe ScopelliLa società mista Multiservi- ti. Ecco cosa recita l’articolo:
zi deve essere sciolta «senz’al- «La società ha durata sino al
tro adempimento». Questa 31 dicembre 2100, salvo provolta non è un’iniziativa giudi- roga o anticipato scioglimento
ziaria e neppure l’idea politica a norma di legge e del presendel primo cittadino di Reggio te statuto. A norma e per gli efCalabria, ma un obbligo che fetti del disposto dell’art. 11 del
discende direttamente da atto Dpr 252/98, le parti espressacostitutivo e statuto della so- mente concordano che la società s’intencietà che si
derà senz’aloccupa della
Dall’inchiesta
tro adempimanutenzio“Astrea”
gli
mento sciolta
ne per tutto il
di diritto quacomune dello
interessi dei
lora siano acStretto. SemTegano
sulla
certati, anche
bra quasi un
società dei rifiuti successivaparadosso ma
mente alla
è proprio all’interno delle carte ufficiali stipula dell’atto societario e del
della Multiservizi che si “anni- contratto di servizio, elementi
da” il germe che dovrebbe de- relativi a tentativi di infiltracretarne la fine anticipata ri- zione mafiosa in capo al socio
privato ed ai suoi rappresenspetto a quanto previsto.
A rivelarlo è l’articolo 3 del- tanti legali». Ovviamente il solo Statuto, ovvero l’allegato “B” cio privato in questione è la
alla deliberazione della Giun- Gst che, è bene chiarirlo, non
ta comunale numero 432 del- ha nei suoi rappresentanti dei
REGGIO CALABRIA
soggetti coinvolti in prima persona nell’operazione “Astrea”,
che ha certificato come le mani del clan Tegano fossero sulla società mista. Ma un dato è
certo ed emerge con chiarezza
dall’indagine: la Gst (che gestisce la Multiservizi) è titolare del 49% delle quote della società partecipata, ma a possedere il 33% della Gst è la “Rec.
Im. srl” società divisa in modo
equo tra i fratelli Giovanni ed
Antonino Rechichi, figli di
Giuseppe Rechichi, già direttore operativo della Multiservizi, ritenuti prestanome dei
Tegano.
Ce n’è quanto basta, insomma, per ipotizzare, sulla base
delle carte dell’inchiesta
“Astrea”, quanto meno il tentativo di infiltrazione mafiosa
da parte della cosca Tegano,
cui viene ricondotta la “Rec.
Im. srl”. E la condizione rigorosa prevista nello statuto, viene ripresa puntualmente anche nell’atto costitutivo, ovve-
La sede della società mista Multiservizi a Reggio Calabria
ro l’allegato “A” della medesima deliberazione di giunta del
2004. Ma vi è di più. Già agli
albori della creazione delle società miste, siamo nel 2001,
nella relazione dell’allora vicesindaco Demetrio Naccari
Carlizzi, poi ripresa ed inserita all’interno della deliberazione del consiglio comunale, si
parlava di una clausola di gradimento per il trasferimento
delle quote sociali delle società miste che recitava così: «Il
trasferimento a terzi delle
azioni è subordinato al motivato gradimento del Consiglio
d’amministrazione. Il gradimento sarà negato quando
l’acquirente non sia in possesso dei requisiti tecnici ed economici per l’effettuazione dei
servizi di cui all’articolo 4 del
presente statuto per conto del
Comune. Potrà altresì essere
negato quando l’acquirente
non offra garanzie sufficienti
alla propria capacità finanziaria e commerciale oltre alla
propria moralità in relazione
a possibili infiltrazioni mafiose». Tale clausola, peraltro, risulta inserita anche nella deliberazione della giunta comunale numero 775 del 2003,
con cui venivano approvati gli
atti di procedura di costituzione della società mista per la gestione di multiservizi. Esiste,
dunque, un serio problema
che va affrontato e risolto. Nei
giorni scorsi il sindaco Demetrio Arena si è recato dal prefetto per comprendere meglio
quali riflessi potesse avere la
vicenda giudiziaria riguardan-
te la Multiservizi sull’intera
amministrazione comunale,
ed a quanto pare non sono state ravvisate le condizioni per
una commissione d’accesso a
Palazzo San Giorgio.
Insomma, nessun rischio
per il Consiglio. Ma per la società mista che si occupa della
manutenzione le cose potrebbero non essere per nulla così.
Gli atti ufficiali parlano chiaro
e dicono in modo incontrovertibile che anche il solo tentativo di infiltrazione mafiosa porta allo scioglimento immediato della società. E gli accertamenti della Finanza, riguardo
l’interesse delle ’ndrine sulla
Multiservizi, non sembrano
lasciare molti dubbi.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
«Un’indagine scomoda»
CORIGLIANO (CS) Un’indagine «scomoda» che si è voluto concludere con «troppa fretta» senza
approfondire adeguatamente tutti i
particolari. Così la difesa giudica
l’inchiesta sul decesso di Pietro Sal- proprio congiunto, sul quale, tra l’alvatore Mollo, il quarantunenne co- tro, la direzione del carcere aveva diriglianese rinvenuto impiccato, il 18 sposto un regime di grande sorvedicembre 2010, all’interno della glianza. Eppure, sottolineano gli avvocati Andrea Salcipropria cella nel
na, Ettore Zagarese e
supercarcere di CoSi impiccò
Francesco
Paolo
starelle di Preturo
in
carcere
Oranges, se il qua(L’Aquila) dove si
rantunenne
è
riuscitrovava sottoposto
Ieri l’udienza
to a portare a compial regime del 41bis
davanti al gip
mento l’insano gesto
nell’ambito della
de L’Aquila
all’interno della promaxioperazione
pria cella, vuol dire
antimafia “Santa
Tecla”. Inchiesta che la Procura che « qualcuno non ha compiuto siaquilana ha intenzione di archiviare, no in fondo il proprio dovere di vigimentre i familiari di Mollo si oppon- lanza». Ieri, dinanzi al gip del Trigono con fermezza chiedendo che bunale de L’Aquila, la difesa ha devenga fatta chiarezza sulla morte del positato delle memorie, chiedendo
Suicidio Mollo, i familiari contro l’archiviazione dell’inchiesta
di non accogliere la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura e
di fare piena luce su quanto accaduto accertando anche eventuali responsabilità.
Secondo quanto finora ricostruito, Mollo si sarebbe impiccato ad
una sbarra della cella utilizzando dei
lacci e l’esame autoptico disposto
dalla Procura, confermò il decesso
per impiccagione. Da anni, inoltre, i
suoi avvocati difensori denunciavano come le sue condizioni di salute
fossero incompatibili con il regime
carcerario, mentre il quarantunenne
si era reso protagonista di tentativi
di suicidio già in passato, sventati
proprio dagli agenti di polizia peni-
tenziaria. Considerato quanto accaduto, la difesa rileva come, sulla base dell’ordinamento penitenziario,
vi sia da parte del personale «un obbligo di tutela della vita e dell’incolumità personale dei detenuti e degli internati negli istituti di pena».
Un «dovere giuridico» che in questo caso, secondo i legali, sarebbe
stato violato. A tal proposito, i difensori richiamano anche quanto affermato dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto nella sua requisitoria nell’ambito del processo “Santa Tecla”,
quando non esitò a parlare di «condotte omissive» nella vicenda relativa al decesso di Pietro Salvatore
Pietro Salvatore Mollo
Mollo. Al termine dell’udienza di ieri, il gip aquilano si è riservato di decidere e si attende la pronuncia nei
prossimi giorni.
Rossella Molinari
le iniziative della protezione civile
COSENZA A seguito dello sciame sismico
ancora in corso nell’area del Pollino, il sottosegretario alla Protezione Civile della Regione
Franco Torchia ed il dirigente del settore regionale Salvatore Mazzeo hanno avviato una
serie di iniziative non strutturali di prevenzione con il personale tecnico regionale della
Struttura di Catanzaro e dell’Unità operativa
provinciale di Cosenza, d’intesa con il Dipartimento nazionale della Protezione Civile ed in
collaborazione sinergica con la Struttura di protezione civile della Regione Basilicata. «Anche
sulla base delle indicazioni pervenute dal capo
del Dipartimento nazionale Franco Gabrielli si
è provveduto - si legge in un comunicato della
Prociv regionale - ad estendere l’attività di pia-
Sciame sismico nell’area del Pollino
In corso sopralluoghi e verifiche degli edifici
nificazione, oltre che ai Comuni afferenti al
Com di Castrovillari, anche ai Comuni dei vicini Com di Trebisacce e di Scalea, pervenendo,
così, ad un bacino di ben 41 Comuni ed una
popolazione di circa 130.000 abitanti coinvolti. Avvio dell’attività di formazione del volontariato di protezione civile calabrese, congiuntamente a quello lucano, in occasione dell’incontro formativo dell’8 dicembre che si svolgerà
nel Centro sociale di Lagonegro. È stato organizzato, inoltre, d’intesa con il Prefetto di Cosenza, Raffaele Cannizzaro, per il 12 dicembre
2011, un incontro operativo, da tenersi nella
Prefettura di Cosenza ed a cui parteciperanno
le componenti essenziali del Sistema di protezione civile locale. Previsti incontri con i sindaci cui seguiranno altri incontri e sopralluoghi
tecnici per avviare la verifica dei Piani Comunali di protezione civile e la ricognizione degli
edifici strategici e pubblici. E’ in atto la stipula
di una convenzione con l’ordine provinciale degli ingegneri della provincia di Cosenza per l’inserimento nei gruppi di ricognizione degli edifici pubblici e strategici, di professionisti che
hanno svolto tale attività in occasione del terremoto che ha colpito l’Aquila. E’ importante
far presente come, l’attività appena descritta,
sarà svolta come logica prosecuzione della pianificazione regionale per il rischio sismico dopo il test esercitativo regionale di protezione civile svolto nelle giornate del 25, 26 e 27 novembre. Sono, intanto, in corso nei Comuni di Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno e Castrovillari sopralluoghi tecnici di ricognizione, soprattutto nelle scuole, volti a verificare eventuali
situazioni di criticità rappresentate dai responsabili scolastici e dai sindaci, mentre sarà avviata, a breve, a cura delle squadre miste di rilevamento, la fase di ricognizione e verifica delle
strutture pubbliche e degli edifici strategici».
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Marechiaro, confisca revocata
Lamezia, confermate in appello le assoluzioni per tutti gli imputati
LAMEZIA TERME (CZ)
Riqualificazione giuridica del fatto e dichiarazione del reato estinto
per prescrizione e conferma delle assoluzioni per tutti gli altri imputati.
Così ieri mattina si è espressa la corte d’appello di Catanzaro (presidente Annamaria Sullo, a latere Marco
Petrino e Francesca Marrazzo) nei
confronti dell’imprenditore di Gizzeria Paolo Sauro, difeso dall’avvocato Francesco Gambardella, e coinvolto nell’inchiesta “Marechiaro”
per la quale in primo grado era stato ritenuto l’unico responsabile dal
tribunale di Lamezia Terme.
Sauro, infatti, che in primo grado
era stato condannato ad un anno e
tre mesi di reclusione, era imputato
insieme ad altre quindici persone,
tra cui l’assessore regionale ai lavori pubblici, Pino Gentile, l’ex presidente della Giunta regionale calabrese, Giuseppe Chiaravalloti, l’ex
dirigente del Comune di Lamezia
Terme, Andrea Iovene, oltre che dirigenti e funzionari della Regione
Calabria ed ex amministratori del
L’hotel Marechiaro a Gizzeria
Comune di Gizzeria, tutti assolti in
primo grado dal tribunale di Lamezia Terme, per presunti abusi connessi al finanziamento ed alla realizzazione di una struttura alberghiera che era stata anche sequestrata ed in seguito confiscata, misu-
re entrambe revocate dal tribunale
di Catanzaro che ha anche disposto
la restituzione della stessa a Sauro.
L’inchiesta riguardava un finanziamento della Regione di 4,2 milioni di euro concesso nel 2002 per la
realizzazione dell’albergo, il “Mare-
chiaro” a Gizzeria che, poi, diede an- ficio. Oltre a Gentile vennero assolche il nome all’operazione. Secondo ti gli altri imputati tra cui l’ex presiquanto affermato dall’accusa, però dente Chiaravalloti, l’ex dirigente rela struttura era stata realizzata sen- gionale Iovane, dirigenti e funzionari della Regione Calabria ed ex amza l’autorizzazione paesaggistica.
L’accusa, sostenuta dal procura- ministratori del Comune di Gizzetore generale Raffale Sforza, aveva ria. L’unica condanna, ad un anno e
tre mesi di reclusiochiesto una condanne, invece, venne
na ad otto anni per
Riqualificazione
inflitta nei confronSauro, a tre anni e
ti di Sauro, proprienove mesi per Chia- giuridica del fatto
tario della struttura,
ravalloti, a tre anni e
e dichiarazione
che, secondo i giusei mesi per Gentile
del
reato
estinto
dici del tribunale lae ad un anno e due
per
prescrizione
metino, si era reso
mesi per Iovene. Per
responsabile di ingli altri imputati, invece, pene variabili tra i due e i quat- debita percezione di erogazioni a
danno dello Stato e nei suoi confrontro anni.
In primo grado, il collegio giudi- ti i giudici avevano disposto anche
cante del tribunale di Lamezia Ter- una multa di 30 mila euro e la conme, presieduto da Giuseppe Spada- fisca della struttura.
ro, dopo oltre sette ore di camera di
In quella circostanza, il pubblico
consiglio, invece, aveva assolto Gen- ministero, Luigi Maffia, aveva chietile, coinvolto nell’inchiesta in qua- sto le condanne per tutti gli imputalità di ex assessore regionale al turi- ti con pene variabili dai dieci anni e
smo con la giunta di centrodestra cinque mesi ai due anni di reclusiopresieduta da Giuseppe Chiaravallo- ne.
ti, dalle accuse di associazione per
SAVERIA MARIA GIGLIOTTI
delinquere, truffa, falso e abuso d’[email protected]
in secondo grado
TORINO
Delitto Mandarino
Sentenza riformata
PAOLA (CS) La Corte d’Assise
d’Appello di Catanzaro ha riformato la
sentenza del processo di primo grado
celebrato col rito abbreviato a carico dei
quattro presunti responsabili dell’omicidio di Stefano Mannarino, alias il “texano”, il falegname trentanovenne barbaramente trucidato il 24 novembre del
2008 in salita San Francesco. Ieri i giu- ro Antonella Lauri, più il riconoscimendici hanno assolto Elena Serpa e Vin- to dei danni (100mila euro) alle parti
cenzo La Rosa, dimezzando le pene per civili (moglie e figli di Mannarino).
Domenico La Rosa (da 30 a 15 anni) e
Secondo l’accusa gli imputati avrebper Stefano Di Vanno
bero
“convocato”
(da 30 a 10 anni). Il 27
Pene dimezzate Mannarino a casa proaprile scorso, invece, il
pria per un chiarimenper La Rosa
Tribunale penale di
to, sospettando che il
Paola (giudice Claudia
e Di vanno
falegname avesse avuPungitore) ha inflitto
to un ruolo nell’omiciAssolti gli altri
centoventi anni di cardio del loro congiunto,
due imputati
cere a Elena Serpa (72
Antonello La Rosa,
anni), ai figli Domeniconsumato un mese
co (53 anni) e Vincenzo La Rosa (55 an- prima. Mannarino, dopo un tentativo di
ni) e all’amico di famiglia Stefano Di strangolamento con un filo metallico, è
Vanno (45 anni). Trent’anni di galera a stato colpito a morte con oggetti concarico di ogni singolo imputato, cioè tundenti: «Colpi multipli e ripetuti ad
quanto richiesto dal pubblico ministe- alto impatto», recita il verbale dell’au-
topsia. Dopo l’uccisione il suo corpo sarebbe stato trascinato con una coperta
nel vicino ruscello e abbandonato.
Ieri mattina, in sede di Corte d’Appello a Catanzaro, i secondi giudici (presidente Fortunato Rosario Barone, consigliere Fabrizio Cosentino) hanno riformato, stravolgendola nel merito, la
decisione di primo grado. Secondo la
nuova sentenza, infatti, Elena Serpa e
Vincenzo La Rosa non sono responsabili dei fatti ascritti e, conseguentemente, sono stati assolti, mentre Domenico
La Rosa è stato condannato a soli 15 anni di carcere, rispetto ai 30 del primo
grado e Stefano Di Vanno (reo confesso e “dichiarante” di giustizia) dovrà
scontare soli 10 anni di reclusione ri-
interrogazione parlamentare
Laratta e Giulietti al governo:
che fine ha fatto Azzarà?
REGGIO CALABRIA I deputati
Franco Laratta, del Pd, e Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, hanno presentato un’interrogazione al ministro degli Esteri in merito al sequestro di Francesco Azzarà, il volontario di Emergency
rapito il 14 agosto scorso in Sudan, nella
regione del Darfur. In particolare, i parlamentari chiedono di sapere «se il governo segue con costanza il sequestro di
Francesco Azzarà; se vi sono stati contatti con i rapitori; se si hanno notizie sulla
condizioni e sullo stato di salute del rapito». «È decisamente forte - è scritto nell’interrogazione - il silenzio sul rapimento in Darfur del giovane Francesco Azza-
rà , operatore di Emergency stimato ed
apprezzato da tutti. Il 14 agosto 2010
Francesco Azzarà è stato rapito e da quel
momento si sono perse le tracce e nessuna notizia si è avuta in merito alla sua sorte. Abbiamo chiesto più volte all’allora
ministro degli Esteri, Frattini, di riferire
in Aula, ma questo non si è mai verificato. Una nostra precedente interrogazione
sul caso, sottoscritta di diversi parlamentari, ha ricevuto una burocratica e insoddisfacente risposta». «Ora - concludono
Laratta e Giulietti - la nostra preoccupazione diventa ancora più forte, perché di
Francesco Azzarà non si hanno più notizie dal quel 14 agosto 2010».
Aiutarono
“U Mangianisi”
Arrestate
tre persone
IL “TEXANO” Stefano Mannarino
spetto ai 30 inflitti dal Tribunale di Paola. La sentenza presumibilmente verrà
appellata in Corte d’Assise. Ma oggi si
registra una vittoria importante per la
difesa: l’avvocato Giuseppe Bruno (difensore di Domenico La Rosa, Vincenzo La Rosa ed Elena Serpa) e Massimo
Zicarelli (difensore di Vincenzo La Rosa).
Guido Scarpino
legittimo impedimento
Why not, Morelli
fa saltare l’udienza
CATANZARO È stata rinviata al 9 gennaio prossimo l’udienza in programma ieri a Catanzaro del processo Why Not su presunti illeciti nella gestione dei fondi
pubblici. Il rinvio si è reso necessario per legittimo impedimento a partecipare di uno degli imputati, il consigliere regionale Franco Morelli, arrestato la scorsa
settimana nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Milano sui rapporti tra ’ndrangheta e politica e attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera.
Morelli intendeva partecipare all’udienza, ma il Tribunale non aveva disposto il trasferimento a Catanzaro dal carcere milanese di Opera nel quale è detenuto.
Da qui il rinvio.
Nel processo Why not sono imputate 27 persone tra
funzionari ed ex amministratori regionali, imprenditori e professionisti. Nell’udienza di ieri era prevista la
deposizione del maresciallo dei carabinieri Giuseppe
Chiaravalloti, che ha svolto le indagini.
PRESUNTO BOSS
Giorgio Demasi detto
“U mangianisi”
TORINO Tre persone sono state arrestate
dalla squadra mobile di
Torino con l’accusa di
concorso in favoreggiamento per avere aiutato
il presunto boss della
‘ndrangheta Giorgio Demasi detto “U Mangianisi”, nella latitanza durata da luglio 2010 ad aprile 2011. L’ordine di custodia cautelare è stato
emesso dal gip Giuseppe Salerno nei confronti
di Rocco Demasi, 46 anni, Francesco Ursino, 28
anni, entrambi residenti a Torino, e Rocco
Schirripa, 58 anni, già
detenuto nel carcere di
Asti. Schirripa è stato arrestato a giugno durante
l’operazione “Minotauro” sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in provincia di Torino. Demasi fu catturato nel capoluogo piemontese.
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Si uccide a Lugano
il notaio di “Infinito”
L’indagine della Dda reggina sui capitali della cosca Gallico fatti sparire all’estero si
tinge di giallo. È stato trovato
morto, nella sua abitazione di
Lugano, l’avvocato-notaio
Daniele Borelli. Il professionista 47enne, nato a Zagabria
in Croazia ma trasferitosi per
lavoro tra Lugano e Como,
era destinatario di un decreto
di fermo emesso dalla procura di Reggio Calabria che ipotizzava nei suoi confronti diversi reati. Secondo i magistrati reggini avrebbe favorito
la distrazione dei capitali illeciti della cosca di ’ndrangheta
che fa capo alla famiglia Gallico di Palmi. Insieme a lui nel
decreto di fermo c’erano altri
soggetti tra cui l’avvocato Vincenzo Minasi. Però i poliziotti non erano riusciti a stringergli le manette ai polsi perché si trovava in Svizzera la
mattina del 30 novembre, zione di società off shore negli
quando il decreto è stato ese- Stati Uniti d’America. L’opeguito contemporaneamente razione sarebbe stata consaall’ordinanza di custodia cau- pevolmente condotta da Datelare dell’operazione “Infini- niele Borelli e dal collega calato” coordinata dalla procura brese Vincenzo Minasi. Quedistrettuale antimafia di Mila- st’ultimo condivideva con il
no. Gli inquirenti calabresi notaio lo studio a Como, e ne
erano pronti alla rogatoria, ha altri due a Milano e a Palma ormai non serve più. Se- mi. Nei primi due interrogacondo quanto appreso, in un tori avuti in conseguenza dell’ordinanza di
contesto in
custodia caucui pochissitelare “Infinime informale
ipotesi
to” (in cui
zioni sono
compare putrapelate, Bodei magistrati
re come derelli sarebbe
Per la Dda
stinatario) e
stato rinvereggina avrebbe
del decreto di
nuto cadavefermo emesre in una pozfavorito la
so dalla Dda
za di sangue
distrazione
dei
reggina, il
nella sua casa
professioniin via Angelo
capitali illeciti
palmese
Baroffio al cidella cosca Gallico sta
(assistito dalvico quattro.
l’avvocato
Non
sono
Giuseppe
state resi noti
ulteriori particolari, tuttavia Nardo) ha dato le sue spiegal’ipotesi accreditata è che l’av- zioni sui punti contestati. Nei
vocato-notaio si sia tolto la vi- prossimi giorni sarà però forta. La sua morte alimenta un malizzata la richiesta di intermistero, legato all’inchiesta su rogatorio con i magistrati regcui la magistratura stava cer- gini titolari dell’inchiesta, poiché l’interrogatorio nel carcecando di fare chiarezza.
re di Como era avvenuto per
rogatoria davanti a magistraProfessionisti
ti che non conoscono i dettaal servizio delle cosche
Nelle carte dell’inchiesta i gli dell’indagine.
pm di Reggio Calabria hanno
Le società off shore
ricostruito una serie di pasBorelli invece non è stato
saggi di beni in realtà riconducibili ai Gallico, con la crea- sentito e con sé si porta la ve-
È stato trovato morto nella sua abitazione Daniele Borelli
MISTERO
A sinistra, la
cassetta
delle lettere
della casa del
notaio
Daniele
Borelli a
Lugano
Poche le
informazioni
trapelate sul
suicidio
dell’uomo
rità su quanto i pm di Reggio
Calabria stanno tracciando.
Nel decreto di fermo si rappresenta, ad esempio, un’operazione che il notaio del Canton Ticino aveva avallato tra il
2007 e il 2008 con la finalità,
secondo l’accusa, di distrarre
i capitali della cosca Gallico.
La situazione è relativa a diversi appezzamenti di terre-
no del valore di 60mila euro
circa. Erano intestati a una
coppia di prestanome. Ma
non bastava. Evidentemente
la sensazione era che la morsa degli investigatori si stesse
stringendo e così l’11 luglio
2007 viene costituita una società di diritto statunitense, la
Zenas Llc. La sede legale risulta essere a Wilmington-
Delaware mentre il domicilio
fiscale è in Italia, a Varese.
L’amministratore di questa
società era proprio Daniele
Borelli. Il 27 febbraio 2008
viene firmato un contratto in
cui i coniugi prestanome cedevano i terreni alla società
off shore. La cosa strana è che
la donna alla quale erano intestati i beni nei mesi prece-
quel giorno
evitò le manette
Il 30 novembre il
notaio si trovava
in Svizzera
Gli inquirenti
erano pronti
alla rogatoria
denti aveva effettuato diversi
prelievi, per un ammontare
complessivo di quasi 70mila
euro. Tutti in contanti. Poi sul
conto corrente aperto negli
Usa arriva la somma di 60mila euro pattuiti. Il conto era
stato autorizzato a potere ricevere e inviare pagamenti in
valuta estera il 4 marzo 2008.
Lo stesso giorno in cui avvenne l’accreditamento. Il primo
movimento che quel conto
aveva avuto. Una coincidenza? Per gli investigatori, no.
Daniele Borelli, per la Dda
reggina, «era assolutamente
consapevole delle finalità illecite sottese alle costituzioni
delle società estere». Ma non
potrà più raccontare la sua verità.
ANNALIA INCORONATO
[email protected]
la moglie del giudice giglio
La Sarlo fitta l’ufficio al commissario
Reggio, Percolla firma il contratto di locazione per 54mila euro
REGGIO CALABRIA La direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate di Reggio Calabria ha registrato
in data 31/10/2011 un contratto di locazione a uso ufficio tra i quattro proprietari (di cui tre residenti a Reggio
Calabria) dell’immobile e l’Ufficio del
Commissario straordinario delegato
per l’attuazione degli interventi per la
mitigazione del rischio idrogeologico
nella Regione Calabria. Uno dei quattro proprietari dell’immobile concesso
in locazione è la dottoressa Alessandra Sarlo, moglie del giudice Vincenzo
Giglio coinvolto nell’inchiesta “Lampada-Valle” di Ilda Boccassini. La Sarlo, già commissario straordinario dell’Aps di Vibo Valentia, è dirigente generale del dipartimento controlli del-
la Regione Calabria, un dipartimento
da poco costituito. Il locale dato in fitto è di circa 250 mq e si trova in uno
stabile di via Tommaso Campanella in
Reggio Calabria. La durata della locazione è stata convenuta i sei anni, precisamente
dal
1/12/2011
al
30/11/2017. Il canone annuo della locazione convenuto è di 54mila euro,
da corrispondere in 4 rate trimestrali
anticipate.
L’attuazione dell’Accordo di programma in questione è finalizzato alla programmazione ed al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per
la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Calabria. L’accordo
fu stipulato, il 25/11/2010, tra il ministro per l’Ambiente e il presidente del-
la Regione Calabria, prevedendo la
realizzazione di 185 interventi per un
importo complessivo di 220 milioni di
euro. Con Dpcm del 21.01.2011 è stato nominato Commissario straordinario delegato per l’attuazione degli interventi il dott. Domenico Percolla che
ha firmato il contratto di locazione. Il
Commissario - come recita il sito ufficiale della Regione - ha avviato la realizzazione dei primi 88 interventi per
i quali è già prevista la copertura finanziaria attraverso la richiesta, alle
amministrazioni comunali nei cui territori ricadono le aree oggetto di intervento, di informazioni circa lo stato di
attuazione dei suddetti interventi.
BRUNO GEMELLI
[email protected]
l’operazione “gold plastic”
COSENZA Passavano anche dal porto di
Gioia Tauro i rifiuti tossic diretti in Cina che
hanno fatto scattare ieri l’operazione “Gold
Plastic” della procura di Lecce. Dalle prime luci dell’alba i militari del Comando Provinciale
della Guardia di Finanza di Taranto hanno
eseguito 54 arresti per traffico internazionale
di ingenti quantità di rifiuti speciali costituiti
da materie plastiche, gomma e pneumatici
fuori uso. Tra gli arrestati rappresentanti di
società operanti nel settore del recupero e riciclaggio di rifiuti speciali, spedizionieri doganali e agenti di compagnie di navigazione, tra
cui anche alcuni operatori di etnia cinese. I
reati ipotizzati sono associazione per delinquere transnazionale finalizzata all’illecito traffico
di rifiuti e falsità ideologica in atto pubblico.
Traffico di rifiuti tossici per la Cina
I container partivano anche da Gioia
Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce, che ha disposto anche numerose perquisizioni, nel corso delle
quali, in 21 aziende di 13 regioni italiane (tra
cui la Calabria), sono stati sequestrati preventivamente beni per un valore complessivo di
oltre 6 milioni di euro.
L’operazione è il frutto di indagini avviate
nel gennaio del 2009 dalla Guardia di Finanza di Taranto insieme agli uffici della Dogana.
Anche grazie a intercettazioni telefoniche e te-
lematiche, le Fiamme Gialle hanno ricostruito un traffico illecito di 34mila tonnellate di rifiuti speciali esportati dall’Italia verso diversi
paesi del sud-est asiatico utilizzando 1.507
container, per un giro d’affari stimato in sei
milioni di euro, considerando sia i mancati costi per lo smaltimento dei rifiuti presso i siti italiani autorizzati, sia i compensi percepiti “in
nero”, anche su conti bancari esteri, per l’attività commerciale e di intermediazione dei rifiuti; questi venivano acquistati a un prezzo irrisorio e quindi rivenduti a clienti asiatici, che
li utilizzavano per il recupero energetico, a un
valore anche 250 volte superiore. Durante le
indagini, sono state sequestrate oltre 2.600
tonnellate di rifiuti speciali su 114 container,
già pronti per essere spediti oltreoceano, utilizzando una falsa documentazione commerciale e doganale.
14
MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011
D A L
P O L L I N O
A L L O
calabria
ora
S T R E T T O
’ndrine e politica
Il presidente-coordinatore e quei candidati “da non votare”
«Chi poteva immaginare di Franco Morelli una cosa del genere, di una persona vicina alla chiesa, scoperta a flirtare con i
poteri criminali?». Così il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, lunedì mattina a Reggio, durante un convegno promosso dal Museo della ’ndrangheta. «Tutti sottoscrissero un codice etico – ha affermato poi Scopelliti ricordando le scorse regionali –. Siamo stati i primi a farlo per selezionare le candidature e sono stato io a dire ai calabresi di non votare alcuni nomi
quando Belcastro e Zavettieri prepararono le proprie liste». Ecco le repliche di Belcastro e Zavettieri al governatore.
Zavettieri a Scopelliti:
basta con le ipocrisie
«Sul codice etico il tempo ci ha dato ragione»
Non posso non replicare ad alcune affermazioni del tutto gratuite e
mendaci formulate dal presidente
della Regione (...) che, come riportato dagli organi di stampa, chiamano incautamente in causa il sottoscritto ed il partito dei Socialisti Uniti (...) indicandolo quale “ricettacolo” di
candidati in odore di
santità. Si può comprendere lo stato confusionale in cui versa il nostro
presidente a seguito dei
gravi infortuni giudiziari che hanno interessato
esponenti di primo piano
del suo partito e delle sue
liste ma ciò non giustifica il tentativo maldestro di individuare altrove
le responsabilità. È appena il caso di
rammentargli, da cattolico praticante qual è, il passo del vangelo di
Luca che recita “Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci
vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. Non
risulta pertanto vero e fondato che
i Socialisti Uniti abbiamo sottoscritto alcun codice etico, avendo espresso sullo stesso sin dalle origini – come i fatti hanno poi dimostrato – riserve fondate e motivate sul valore
di quel codice senza appellarsi ad
un presunto garantismo di comodo
(...), ma ribadendo con forza e coerenza che un codice etico non avrebbe dovuto regolamentare situazioni
giuridiche già di per sé disciplinate
dalla legge – che di suo prescrive il
divieto di candidatura ai condannati in primo grado per reati di mafia – ma piuttosto disciplinare circostanze che possono generare fenomeni di corruzione e di commistione, come candidati con
interessi diretti e non
sempre leciti nel mondo
della sanità, dell’energia
alternativa, del credito,
della formazione, del turismo, eccetera, dalle
spiccate doti camaleontiche che sanno ben mimetizzarsi nelle istituzioni.
Un codice, la cui presunta applicazione ha generato situazioni di ipocrisia, opportunismo e doppiopesismo (…). L’affermazione poi secondo cui il sottoscritto si sarebbe impegnato a non
candidare il Signorelli nella propria
lista oltre ad essere palesemente falsa conferma l’adagio popolare secondo cui “il buon menzognero deve possedere buona memoria”. Basta infatti rileggere le cronache dei
quotidiani locali del giorno successivo alla presentazione delle liste regionali per ritrovarvi la pubblicazione pressoché integrale della lettera con la quale il sottoscritto ha inteso informare della discussa candidatura in questione gli allora vertici nazionali del Pdl (Bondi, Verdini
e La Russa) unitamente a quelli regionali nella persona del suo coordinatore allegandovi una memoria
sulla posizione giudiziaria del Signorelli. Il tutto, assumendosi la piena, completa e personale responsabilità della candidatura in questione ed annunciando che, in caso di
condanna dello stesso, oltre alle mie
immediate dimissioni dalla carica
politica da me ricoperta, avrei provveduto ad autodenunciarmi alla
magistratura per concorso esterno
in associazione mafiosa. Un gesto
che, mi sia consentito con modestia,
posso permettermi per avere le carte in regola essendo uscito pulito dal
ciclone tangentopoli reggino e per
fortuna, anche dall’attentato di matrice politico-mafiosa cui sono stato
fatto segno perché personaggio
sgradito e di impedimento agli interessi di quegli stessi ambienti. Un
attentato vero e non come quelli finti compiuti verso il Comune di Reggio. Sulla posizione di Signorelli è
bene inoltre precisare che il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Amantea di cui lo
stesso faceva parte è stato – pochi
mesi dopo la tornata elettorale regionale – invalidato con sentenza di
reintegro del Consiglio di Stato n.
3462/2010 (...). Il sottoscritto non
ha inteso per questi e tanti altri motivi sottoscrivere un “codice” in contrasto con i suoi convincimenti politici ed in contrasto con la Costituzione, le garanzie ed i diritti basilari dell’uomo e del cittadino.
Saverio Zavettieri
Socialisti Uniti
dalla prima
SE IL GOVERNATORE È FORCAIOLO...
Il forcaiolismo si fonda sull’idea che lo Stato deve
affermare la sua credibilità e i principi della giustizia
semplicemente mostrando la sua ferocia e schiacciando i diritti, la dignità, la personalità, l’umanità degli
imputati o - più ancora e con maggior accanimento
– di coloro che ritiene colpevoli. Il forcaiolismo divide la società in due: i colpevoli e gli innocenti. I colpevoli devono essere schiacciati, gli innocenti schiacciare e umiliare. Il giustizialismo è antico e tende a riportarci nell’antichità. Chissà se qualcuno si ricorda di
quella poesia - bellissima, emozionante - di Jacopone
da Todi (“Donna de Paradiso”) scritta nel ’200, e che
contiene quei versi che ancora oggi rappresentano
benissimo la fede forcaiola: “Crucifige, crucifige, omo
che se fa rege, secondo nostra lege, contraddice al Senato...”. Jacopone è il primo critico del forcaiolismo
dello scorso millennio.
Il giustizialismo è vendetta, è smania di potere, è
mancanza di pensiero, di sentimenti, incapacità di
vedere l’altro, di ragionare, di avere relazioni che non
siano di dominio o di sottomissione, di forza o di de-
bolezza. Bene: cosa ci fa una frase che esprime il peggior forcaiolismo sulla bocca del presidente della Regione, cioè del massimo rappresentante delle Istituzioni calabresi? Conosciamo Scopelliti come un uomo
che ama il diritto, che non gradisce i linciaggi, uomo
moderno, liberale: perché - evidentemente per un calcolo politico - scende a questi livelli infimi di battaglia
politica? Non è solo per rispetto verso Santi Zappalà
- la cui vicenda processuale è ancora in corso - che dico queste cose, ma è per difendere la civiltà e la dignità della lotta politica. Questi anni di berlusconismo e
di antiberlusconismo ci hanno abituato a tutto.
Sappiamo dove può arrivare la strumentalità della battaglia politica, di gruppo, di schieramento. Però, finché il giustizialismo gira tra la gente, o domina
sui giornali – Travaglio, Santoro, Flores D’Arcais –
questo è legittimo: se si innalza fino al vertice istituzionale, un po’ ci indigna. E speriamo – francamente – che Scopelliti vorrà correggere quella frase infelice.
Piero Sansonetti
Belcastro (Noi Sud):
caro Peppe, non fare
il primo della classe
«È l’ora dei fatti e non delle belle parole
dei convegni antimafia senza credibilità»
Il presidente Scopelliti ha voluto ricordare il giorno in cui vennero presentate le liste regionali per
le elezioni del 2010 sostenendo che «Quando
presentammo le liste
per la Regione io chiesi
a Zavettieri e Belcastro
di non candidare alcuni
personaggi
proprio
perché non erano limpidi», dimenticando che
per quel che riguarda la
lista regionale di “Noi
Sud” si trattava di un
giovane studente universitario di
soli venti anni che ha pagato il fio
di avere il papà inquisito, determinando, in tal modo, che la presunta colpa di un padre venisse
pagata dal figlio calpestando ogni
la lettera
Moglie di Zappalà:
«Buttare le chiavi?
Frase disumana»
Le parole pronunziate dal presidente Scopelliti circa la necessità
di “buttare a mare” le chiavi della
cella di Nuoro ove da circa un anno è ristretto mio marito credo siano parse inopportune non solo a
me e alle mie figlie, ma anche a
tanti calabresi stanchi di atteggiamenti antimafia che non hanno il
pregio della coerenza, della costanza e della serenità di giudizio.
Mio marito è un uomo disperato
perché sta pagando un prezzo altissimo per l’errore di un attimo:
meriterebbe quanto meno un atteggiamento di umana pietà. E
nessuno può ergersi a giudice, anche se non ha scheletri negli armadi, quando ancora è la Corte d’appello a doversi pronunziare. Così
come a nessuno è consentito rigirare il coltello nella piaga non
guardando alle travi conficcate
negli occhi di tante persone che vagano nei territori della politica,
senza che nessuno decida non dirò
di gettare le chiavi, ma di usarne
per far uscire gli odori malsani che
vi stazionano.
Francesca Parisi Zappalà
forma di garantismo. Inoltre Scopelliti ha anche affermato che «la
politica non può essere commissariata perché la delegittimazione della politica non può che favorire le cosche», dimenticando, ancora una volta, che la politica si è delegittimata da sola in
un crescendo rossiniano che vede oramai
quasi quotidianamente
esponenti politici coinvolti in vicende poco
chiare. E questo soprattutto in Calabria dove la politica non riesce a
dare risposta alcuna per risolvere
i problemi che, in realtà, si aggravano giorno dopo giorno. Potremmo consigliare al presidente Scopelliti di commissionare ad una
seria agenzia specializzata un
sondaggio sulla sua popolarità e
quella della sua giunta ed in tal
modo potrebbe rendersi conto del
calo a picco oramai sempre più
evidente. Il presidente Scopelliti,
invece di citare personaggi politici che hanno rischiato la propria
vita per aver evidentemente non
soddisfatto alcuni interessi, dovrebbe essere più incisivo nella politica quotidiana e dovrebbe essere anche pronto ad una maggiore
trasparenza come quella di pubblicare i vitalizi degli ex consiglieri regionali o quella di rendere
pubblico come vengono impiegati i cospicui fondi destinati ai gruppi consiliari regionali, solo per fare due piccoli esempi. È il tempo
dei fatti e non delle belle parole nei
convegni antimafia che hanno
francamente stancato e che non
godono, anch'essi, di credibilità alcuna. I calabresi vogliono fatti
concreti, vogliono che i problemi
vengano affrontati con coraggio
e con riforme vere e non solo imposte dall'alto. Quali riforme sono state fatte dal governo regionale? Quali azioni dirompenti sono in programma? Finora solo
parole e null'altro. In tal modo la
politica diventa poco credibile e si
commissaria da sola. Questo dovrebbe ricordarsi più spesso il presidente Scopelliti prima di ergersi
a primo della classe ed ergersi a
professore di moralità e legalità.
Elio Belcastro
Noi Sud
MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 17
l’ora di Reggio
tel. 0965 324336-814947 - fax 0965 300790 - mail [email protected] - indirizzo via Nino Bixio, 34
CRONACA
SALINE JONICHE
Pub “Civico 32”
distrutto da
un incendio
> pagina 20
OPPIDO MAMERTINA
Porto, Protocollo
d’intesa tra Raffa
e Guarna
> pagina 26
LATITANZA DEMASI
Sindaco incontra
la Squillacioti
dopo la denuncia
Blitz a Torino
in manette tre
fiancheggiatori
> pagina 32
> pagina 37
Nuovi strumenti per le indagini
Tre software consentiranno di acquisire informazioni sulle imprese italiane
Insieme per la legalità e per
un’economia pulita. A fare
fronte comune sono Camera
di commercio, Prefettura,
Procura, Tribunale e forze
dell’ordine, firmatari di un accordo che faciliterà l’individuazione di infiltrazioni mafiose ed altri tipi di illegalità in
ambito economico attraverso
dati messi a disposizione telematicamente dalla stessa Camera. A firmarlo, ieri mattina
nella sede dell’associazione
imprenditoriale, il presidente
della Camera Lucio Dattola, il
prefetto Luigi Varratta, il presidente del Tribunale Luciano
Gerardis, il procuratore Giuseppe Pignatone, il vice comandante del Comando provinciale dei Carabinieri Carlo
Pieroni, il comandante provinciale della Guardia di finanza Cosimo di Gesù e il vice questore vicario Antonino
Romeo. Il protocollo – prima
fase di “Impresa legale e sicurezza partecipata: perché
no?”, programma pluriennale
della dell’ente camerale reggino che ha l’obiettivo di valorizzare etica, legalità e trasparenza e di creare una rete fra
istituzioni, enti, associazioni,
persone fisiche del territorio
– consentirà una conoscenza
tempestiva e puntuale per
prevenire e contrastare fenomeni che minano in primis libertà e concorrenza. «Sono
stati toccati con mano risultati fino a poco tempo fa impensabili, questo accordo è una
intimidazioni
Rubati attrezzi agricoli
alle “Terre del Sole”
visione plastica della Reggio se italiano e al Registro dei
seria e onesta» ha detto Dat- protesti, dalle visure agli statola prima della presentazione tuti, agli atti depositati; “Ri.videl protocollo. Un protocollo, sual” di vedere in formato graquello presentato dal segreta- fico informazioni e relazioni
rio generale della Camera An- tra le diverse imprese o fra imtonio Palmieri, che permette- prese e titolari di cariche e
rà a magistratura e forze del- partecipazioni; “Ri.map” di
l’ordine, atselezionare
traverso l’utielenchi di imProtocollo
lizzo dei serprese attraalla
Camera
di
vizi telematici
verso criteri
di ricerca tergestiti da InCommercio
ritoriale
o
focamere
con le forze
economica e
“Telemaco”,
investigative
di visualizzaRi.visual”,
re le imprese
“Ri.map”,
mappa
geografica;
“Ri.build” e “Stockview”, di su
monitorare 9 milioni di per- “Ri.build” di tenere sotto consone fisiche, 6 milioni di im- trollo un insieme di imprese
prese registrate ed oltre selezionate attraverso la se900mila bilanci depositati gnalazione via e-mail di tutte
ogni anno. In particolare, “Te- le modifiche; “Stockview”, la
lemaco” offrirà la possibilità banca dati sul sistema sulla
di accedere al Registro impre- natalità e mortalità delle im-
prese italiane, di avere informazioni su consistenza e distribuzione delle imprese italiane. Romeo, Pieroni e Di Gesù hanno salutato positivamente il nuovo strumento e
l’ulteriore sinergia. Così come
Varratta («É Giusto concentrare gli sforzi per contrastare
le infiltrazioni e favorire
un’economia legale che è
l’unica strada per lo sviluppo»), Gerardis («Mettere insieme i dati facilita ricerca e
comparazione, il mio ufficio li
utilizzerà anche in ambito civile) e Pignatone («L’economia drogata da capitali mafiosi offusca quella sana: questo
messaggio è difficile da far
passare. Aggredire i patrimoni mafiosi è fondamentale per
la crescita economica»).
LUCA ASSUMMA
[email protected]
museo della ’ndrangheta
Beni confiscati alla criminalità
«Valorizzarli dopo il recupero»
La realtà sui beni confiscati, le problematiche e le prospettive sono state
al centro della seconda giornata del ciclo di seminari “La ferita”. Il confronto si è svolto sull’effettivo utilizzo dei
beni mobili e immobili, che presentano criticità diverse per la loro riassegnazione e riutilizzo. Una questione
particolare è rappresentata dalle imprese, che devono essere messe in grado di funzionare. Legandole in rete
magari ad associazioni che hanno già
avuto fortunate esperienze come Libera, ha rilevato Francesco Spanò. Il problema principale è recuperare le dise-
conomie che la ‘ndrangheta lascia per
far morire quelle imprese. A gestire i
beni confiscati oggi è l’Agenzia nazionale istituita con sede nazionale proprio a Reggio Calabria. Maria Rosaria
Laganà ha invitato innanzitutto gli enti locali a una maggiore consapevolezza della potenzialità rappresentata dai
beni confiscati. «Lo sforzo dell’Agenzia
–ha detto- è far arrivare i beni agli enti locali liberi da criticità, anche se questo richiede un po’ di tempo in più». Le
problematiche sono varie, vanno dall’automobile confiscata che al termine
del procedimento penale è ormai trop-
po obsoleta per essere riassegnata e
quindi diventa più conveniente rottamarla fino alle imprese che devono
continuare sul territorio ma è difficile
in certi contesti, anche perché la
‘ndrangheta non vuole che lo Stato
continui un’attività sottratta alle cosche. E’ in corso di definizione un protocollo con Assolombarda che punta
alla formazione di figure per la gestione dei beni confiscati. L’ottica è chiara:
spostare l’attenzione dal momento della sottrazione a quello della valorizzazione del bene. Massimliano Ferrara
della Mediterranea ha posto l’accento
su come la ‘ndrangheta si sia insidiata
nell’acquisizione delle imprese e ha annunciato che saranno organizzati corsi di formazione per la gestione dei beni confiscati e delle loro criticità.
La porta di un magazzino da poco restaurato è stata divelta mentre sono stati sottratti piccoli attrezzi e
altri materiali che si trovavano all’interno.
È questo l’esito dell’ennesimo furto che nello
scorso fine settimana si è
perpetrato ai danni del
Consorzio “Terre del Sole”
che da cinque anni opera
sul bene confiscato alla
mafia in località Placanica
di Pentedattilo, nel comune di Melito Porto Salvo da
cinque anni. Ignoti si sono
introdotti nella zona compiendo il vile gesto che non
rappresenta un caso isolato, ma è uno dei tanti di
una lunga serie "garbate"
minacce che gli operatori
del consorzio e le cooperative socie ricevono con assidua frequenza.
Dopo l’ennesimo gesto
di tale portata, il consorzio
ha detto basta rendendo
pubblico questo iter compiuto senza tener conto dei
tanti sacrifici compiuti da
“Terre del Sole” che in questo momento sta affrontando per la prima volta la
sfida della produzione agri-
cola a scala più vasta, superando le iniziali difficoltà di
avviamento.
«Il furto, la minaccia, ed
altro genere di vessazioni
ad opera della criminalità
organizzata non ci spaventano di certo – hanno dichiarato in coro gli esponenti del consorzio - Già
domenica Terre del Sole ha
infatti ospitato un gruppo
scout che ha dato una mano sia pur simbolicamente,
alla conduzione agricola.
Questo stile che caratterizza il consorzio è la migliore
risposta alla illegalità».
«Risposta -proseguono
con risolutezza- che continueremo a dare proponendo sui nostri terreni, anche
l’anno prossimo, campi di
lavoro e formazione rivolti
a giovani volontari di tutta
Italia, così come abbiamo
fatto negli ultimi cinque
anni, - aggiungono - in
strettissima cooperazione
con altre realtà del territorio come l'associazione Pro
Pentedattilo, l'Arci di Reggio Calabria e Libera, organizzazione a cui il consorzio aderisce».
Francesco Iriti
l’ORA
GrecoCALABRA
p~⁄~
COMUNI
Melito Porto Salvo
Bova
Bova Marina
Motta San Giovanni
Condofuri
Montebello Jonico
0965 732473
0965 762010
0965 760023
0965 718101
0965 776000
0965 785372
Palizzi
Roghudi
Bagaladi
San Lorenzo
Com.Montana Capo Sud
GUARDIE MEDICHE
0965 763079
0965 789140
0965 724362
0965 721395
0965 775311
Melito Porto Salvo (T.Evoli)
Bova
Bova Marina
Motta San Giovanni
Condofuri
Montebello Jonico
Palizzi
Bagaladi
San Lorenzo
Melito Porto Salvo
Bova
Bova Marina
Motta San Giovanni
Condofuri
Montebello Jonico
Palizzi
Bagaladi
Siglato l’accordo tra il presidente Raffa e il sindaco Guarna
MONTEBELLO JONICO
to alcuni bracci della struttura Regione, tramite il Dipartiostruendo con la sabbia, a cau- mento Infrastrutture e Lavori
sa di un’errata costruzione, pubblici, aveva stanziato la cil’ingresso dello stesso.
fra di 60 mila euro per garanL’apertura del varco verrà tire il transito delle imbarcaeseguita nel rispetto delle in- zioni e la vivificazione dello
dicazioni fornite dalla Capita- specchio acqueo.
neria di Porto di Reggio Cala“La firma del protocollo
bria. Nel protocollo è stato in- d’intesa - ha dichiarato Giuserito, altresì, che il comune di seppe Raffa – concretizza un
Montebello si
altro aspetto
impegna,
Dalla Provincia della collaboprevia l’acrazione inteun contributo
quisizione di
ristituzionale
di 20mila euro
tutti i pareri e
per il recupei nulla osta di
ro e la valorizcome richiesto
rito, ad affidazazione del
dal Comune
re l’esecuzioporto di Saline dell’opera
ne Ioniche.
mentre come responsabile Con le risorse che trasferiamo
unico del procedimento è sta- al comune sarà possibile avto scelto l’architetto Antonino viare un intervento immediaDiano. L’intervento reso possi- to per liberare l’imbocco
bile grazie al finanziamento ostruito dalla sabbia».
della provincia segue in ordine
E’indubbio che si tratta di
di tempo quello avvenuto nel un’altra soluzione “tampone”
luglio di quest’anno quando la per sopperire al problema an-
¢~ ~ ›¼
CARABINIERI
0965 783007
0965 762217
0965 761500
0965 711397
0965 727085
0965 785490
0965 765203
0965 372251
0965 721002
Porto di Saline, prevista
l’apertura di un varco
Protocollo d’intesa per l’esecuzione dell’intervento di
“apertura di un varco” nel porto di Saline Ioniche. L’amministrazione provinciale, guidata
dal presidente Giuseppe Raffa,
ed il comune di Montebello
Jonico, Antonio Guarna, hanno posto la firma su questo importante documento che fa seguito alla richiesta inoltrata nei
mesi scorsi da parte del comune reggino in merito ad un
contributo di 20 mila euro.
L’amministrazione Raffa
aveva subito accolto l’istanza
della giunta Guarna facendo
seguito alle promesse rilasciate durante un incontro tenutosi a Melito Porto Salvo ed organizzato per mettere ancora
una volta in risalto la situazione del porto di Saline Joniche
ormai da tempo in balìa della
forza della natura che ha divel-
calabria
ora
MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 26
che se, come dichiarato dallo
stesso Raffa, sono in serbo delle novità per il prossimo futuro. «Di pari passo l’amministrazione provinciale, d’intesa
con la facoltà di Ingegneria
Idraulica e Marittima dell’Università Mediterranea, sta
predisponendo uno studio
complessivo sulla costa reggina e la stessa provincia si appresta all’acquisto di un pontone. – ha aggiunto il presidente della provincia - Quest’ultimo è uno strumento indispensabile alla manutenzione periodica dell’imboccatura
del porto. Il tutto, ovviamente,
in attesa delle risorse aggiuntive che ci consentiranno, anche
alla luce dello studio dell’Università, - conclude Raffa - di
avviare interventi strutturali
tali da mettere in sicurezza la
struttura».
FRANCESCO IRITI
[email protected]
0965 781378
0965 762702
0965 766360
0965 712209
0965 780333
0965 782783
0965 765803
0965 724088
TEMPO LIBERO
BOVA
Museo arte contadina
BOVA MARINA
Museo agropastorale
Biblioteca
Cineteatro “Don Bosco”
CONDOFURI
Biblioteca “Rempicci”
0965 762013
0965 760821
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al governo monti
Appello di Legambiente:
«Stop all’ipotesi carbone»
MONTEBELLO JONICO
«Un piano verde per Saline Ioniche». Legambiente
lancia un ultimatum al governo di Monti e Clini chiedendo lo stop definitivo alla
centrale a carbone. «Si faccia dell’area grecanica un laboratorio di economia sostenibile e dell’ex Liquichimica la fabbrica dell’ambiente e delle energie rinnovabili». La presa di posizione da parte dell’associazione
ambientalista arriva all’indomani della «timida apertura possibilista del neo ministro all’Ambiente sull’investimento della società Repower e della Sei che è sembrato palesarsi in occasione
della sua visita in riva allo
Stretto». Nel corso dell’XI
congresso nazionale di Legambiente, i dirigenti del Cigno Verde hanno approvato
all’unanimità (circa 800 delegati) un’importante mozione che boccia senza appello l’idea di un impianto a
carbone nell’area industriale dell’ex Liquichimica e che
ha fatto seguito alla relazione del Presidente nazionale
Vittorio Cogliati Dezza. Nuccio Barillà è stato il primo
firmatario del documento
seguito dalla delegazione calabrese presente in assemblea, dai massimi dirigenti
nazionali dell’associazione
nonché dai delegati delle varie regioni. Legambiente
chiede al governo «di schierarsi dalla parte dei cittadini,
in difesa della loro salute. Lo
stato attuale della ricerca
non ha elaborato ad oggi
nessun efficace miglioramento che consenta l’abbattimento della CO2. Inoltre la tecnologia cook capture and storage di “sequestro
geologico dell’anidride carbonica”, è ancora in fase di
sperimentazione, ha costi
elevati, per cui si dovrebbero attendere molti anni prima che diventi eventualmente matura». Infine Legambiente invita Monti e
Clini a prendere atto della
contrarietà espressa in piazza dalla gente.
fr.ir.
MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 37
l’ora della Locride
Sede: Via Verdi, 89048 Siderno Tel. e fax 0964 342899 Mail: [email protected]
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“Breaking down” parte I ore 16- 18 - 20 - 22
In manette i custodi
del latitante Demasi
Gli arresti a Torino. Blitz degli agenti del commissariato
I tre aiutavano
“u mangianisi”
a eludere
i controlli delle
forze dell’ordine
LOCRI
Il boss Giorgio Demasi, indicato come il numero due
della mafia di Gioiosa Jonica,
poteva contare su un gruppo
di fedelissimi pronto a prendersi cura di lui. Quando era
latitante, dopo il megablitz
“Crimine”, tre personaggi della Locride gli assicurarono un
rifugio sicuro a Torino. Ora, a
otto mesi dalla cattura del padrino, quegli uomini sono responsabili di favoreggiamento. Gli agenti del commissariato di polizia di Siderno, all’alba dell’altro ieri, hanno arrestato Francesco Ursino, 28
anni, e notificato l’ennesimo
mandato di cattura al detenuto Rocco Schirripa, un signore sulla sessantina recluso nel
carcere di Asti. Erano i custodi della latitanza di Giorgio “U
mangianisi”, dice la Procura
Il commissario Stefano Dodaro (foto d’archivio)
Francesco Ursino
Rocco Schirripa
Rocco Demasi
di Torino. Ce ne sarebbe un
altro, Rocco Demasi, ma l’uomo è stato ammanettato lo
scorso 21 aprile. Quel giorno,
era in macchina con il fuggia-
sco di Marina di Gioiosa Jonica. Scattarono subito le manette. «Ndattaccaru», ci stanno arrestando, disse, quando
si vide circondato dagli agen-
ti, il latitante. «I tre soggetti –
scrive il Giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Salerno - hanno favorito la latitanza del boss. Lo hanno ospi-
tato a Torino, assistito negli
spostamenti sul territorio e
aiutato ad eludere le ricerche
delle forze dell’ordine». Il capomafia Giorgio De Masi, raccontano, è un uomo di rispetto e siede al tavolo. « Significative sotto questo aspetto –
spiegano gli investigatori - le
numerose conversazioni ambientali registrate all’interno
della lavanderia “Ape Green”,
in cui lui e Giuseppe Commisso, alias “U Mastru, discutono sugli assetti della ‘ndrangheta». Noi della Cupola, disse una volta al Mastro, «dobbiamo stare uniti».
la lettera
IN BREVE
«Ricordatevi dei disagiati»
Agostino scrive al Prefetto
Dalla casa circondariale di Siano Rocco
Agostino, ex assessore alle politiche sociali di Marina di Gioiosa Ionica coinvolto nel
maxi-blitz denominato Circolo Formato
contro la cosca Mazzaferro che ha visto in
manette il 3 maggio scorso anche l'ex sindaco Rocco Femia e altri tre assessori , lancia un appello al Commissario Prefettizio
chiedendo una maggiore tutela alle famiglie svantaggiate in virtù del suo ex assessorato. «Spesso-inizia la lettera- senti dentro di te un forte bisogno di fare, di creare,
di riflettere. Qui da dove mi trovo, ci sono
davvero poche cose di concreto da realizzare, però con la mente riesco a metabolizzare tutti i ricordi e quelli no, non possono
cancellarli. Siamo in prossimità del Natale e quello che mi fa star male non è “solo”
la mia posizione, ma anche quella degli altri e della gente bisognosa di Marina di
Gioiosa. Nei tre anni che ho amministrato
l’assessorato alle Politiche Sociali, ho messo sempre come priorità la salvaguardia
delle categorie svantaggiate ed il mio pensiero per questo fine 2011 è proprio rivolto a loro. Anziani, diversamente abili, famiglie in disagio economico, disoccupati, da
Era Ferragosto del 2009.
Un anno dopo, quando scatta
il blitz “Crimine”, sfugge all’arresto. E’ spiando i dialoghi dei
suoi fedelissimi, tre calabresi
emigrati in Piemonte, che gli
investigatori arrivano a lui, a
Giorgio “U mangianisi”.
Quando gli agenti del commissariato entrano in azione,
nei paraggi di Corso Emilia, a
Torino, il latitante era in macchina con un’altra persona.
«Aveva un documento d’identità contraffatto», – ricordano
oggi gli inquirenti, che aggiungono: «Nelle more veniva
tratto ovviamente in arresto
per il reato di favoreggiamento anche Rocco De Masi. Lo
sviluppo delle indagini ha poi
portato all’individuazione degli altri due favoreggiatori,
Francesco Ursino e Rocco
Schirripa».
Ilario Filippone
dove mi trovo spesso mi viene in mente ciò
che si è riuscito a fare in questi anni: I tanti contributi economici alle famiglie esigenti, i vari posti di lavoro ai più bisognosi, l’abbattimento delle barriere architettoniche o il semplice sguardo fisso negli
occhi delle presone, in attesa di speranze o
di progetti da realizzare. Natale non deve
essere solo dolci, benessere e champagne;
questo mese è anche il momento di riflettere e capire che ancora bisogna fare tanto, dalle piccole alle grandi cose. Invito
davvero di cuore chi amministra il nostro
comune al massimo sostegno alle categorie svantaggiate, tenendo presente e come
punto di riferimento l’ottimo lavoro che
giornalmente svolge l’ufficio dei servizi sociali, una realtà presente che tutti i comuni della locride ci invidiano. Quello che mi
è successo, purtroppo è stato un qualcosa
di inaspettato, che va oltre agli incubi peggiori, però nonostante tutto rimango fiducioso nella giustizia e non è la classica frase copia-incolla dettata dalla retorica, io
nelle istituzioni ci credo davvero e quindi
non posso che attendere l’evolversi della
vicenda. Da dove mi trovo vivo una realtà
Ottantenne di Bovalino
cade giù dal ponte e muore
È probabilmente morto accidentalmente
l’ottantenne di Bosco S. Ippolito frazione di
Bovalino trovato cadavere ieri mattina sotto
un ponte. Sul corpo del signor Carlo non
sono stati riscontrati segni di violenza dunque
tutto fa pensare ad un malore o ad una caduta
accidentale, è proprio su ciò che, sembrano
concentrarsi le indagini dei carabinieri della
compagnia di Locri coordinati dal tenente
Nico Blanco. L’ottantenne, infatti, sembra è
stato visto lunedì sera da alcuni automobilisti
mentre era seduto propri sul ponte. (a. c.)
L’ex assessore Rocco Agostino
comunque stravolgente ed è davvero difficile spiegare ciò che si prova stare chiusi un
una cella. Ci sono uomini che con dignità
scontano la propria pena, altri che vengono subordinati alla completa depressione.
La verità è che qui sia fondamentalmente
un mondo a se, dove però anche nelle stesse guardie carcerarie trovi conforto e quella dignità insperata. Concludo con un appello rivolto al Commissario Prefettizio di
Marina di Gioiosa Jonica, affinché vengano tutelate il più possibile le categorie
svantaggiate».
Cinzia Totino
Caulonia, furto in pizzeria
Asportata attrezzatura
A Caulonia ignoti si sono introdotti
all’interno del ristorante pizzeria denominato
“L.C.”, ubicato nel cuore del centro storico
della vecchia Castelvetere, di cui risulta
titolare F.G., queste le sue iniziali, 34 anni, ed
hanno asportato dell’attrezzatura.
L’episodio è stato denunciato ai carabinieri
della locale stazione i quali hanno avviato
subito le indagini con l’intento di risalire in
breve tempo all’identità dei ladri.
re. lo.
MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 17
l’ora di Cosenza
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ESARO
SILA
Ennesimo
incidente mortale
sulla statale 107
> pagina 20
Hashish in borsa
In manette
tre ragazzi
ROSSANO
Ecopellets, c’è
il permesso
per costruire
> pagina 26
> pagina 35
PAOLA
Delitto Texano
In appello
due assoluzioni
> pagina 37
Terminator 4
«Una città in mano al racket»
Procura e forze dell’ordine: «Nessuno denuncia, società civile inesistente»
A Cosenza «non denuncia nessuno»: è una
città «omertosa», dove non c’è un’associazione
antiracket, dove paghi il pizzo e zitto, dove se ti
scaricano il caricatore di una calibro 9 sulla vetrina del negozio dichiari al poliziotto che fa le
indagini di non aver mai ricevuto una richiesta
estorsiva. Come se il racket non esistesse. Poi arrestano un tot di mafiosi e scopri che invece esiste eccome: il titolare del supermercato di via
Popilia paga il pizzo, l’imprenditore che ha costruito a Motta di Castrolibero pagava il pizzo,
il rivenditore di mobili pagò il pizzo dopo che gli
bruciarono la merce nel magazzino e come lui
il bar, il negozio d’abbigliamento. Persino l’impresario che ha organizzò un concerto della
popstar del momento, oltre a pagare l’estorsione dovette regalare un po’ di biglietti ai mafiosi. Di tutta questa gente «nessuno ha mai varcato la porta della questura per venircelo raccontare». Il Questore Anzalone non ha dubbi:
«A Cosenza non esiste una società civile». Da
qui un appello alla cittadinanza perché inizi finalmente a collaborare con le forze dell’ordine.
Nel corso della conferenza stampa con cui so- da sin. Il procuratore capo bruzio Granieri, quello della Dda Lombardo e il questore Anzalone
no stati annunciati i 18 arresti dell’operazione
Terminator 4, anche il procuratore della Dda di Procura della Repubblica di Cosenza in cui si sta gna aumentare il senso dello Stato e la fiducia
Catanzaro Vincenzo Lombardo ha parlato di un svolgendo questa conferenza stampa e che ab- verso le Istituzioni da parte del nostro ceto prolivello di omertà che in provincia di Cosenza è biamo intitolato al collega Rosario Livatino pos- duttivo».
Nell’esprimere un plauso agli inquirenti persa avere luogo l’incontro con la
«esagerato». Mentre il suo viprima associazione antiracket l’operazione antimafia Terminator 4 Confeserce Giuseppe Borrelli ha comConfesercenti
costituita a Cosenza». Un so- centi conclude con una proposta: «La nostra
mentato: «Questa città è in
raccoglie l’invito
gno condiviso anche dalla Con- associazione e il gruppo dirigente che la guida
mano al racket ma nessuno defesercenti: «Il territorio cosen- è pronta a guidare la costituzione di una locale
nuncia». Un giudizio tranciane propone
tino ha oggi più che mai biso- associazione antiracket, che possa replicare i
te che fa il paio con quello
di costituire
gno di legalità in quanto le no- successi anche nella nostra provincia di Sos espresso dal procuratore agun’associazione
stre imprese affrontano una imprese Italia: è l’associazione antiracket costigiunto di Cosenza Domenico
crisi economica senza prece- tuita dal sistema Confesercenti a livello nazioAiroma: «Nell’operazione di
oggi c’é un grande assente: la società civile. Non denti e di certo non possono pagare alcun tribu- nale divenuta punto di riferimento di migliaia
abbiamo avuto alcuna collaborazione dalle per- to alla criminalità organizzata. Confesercenti – di imprese vittime delle mafie e dell’usura».
sone offese. Il mio sogno è che un giorno, mi au- si legge in una nota diffusa dopo la conferenza
ALESSANDRO BOZZO
guro il più presto possibile, in questa sala della stampa in Procura – è altresì convinta che [email protected]
il personaggio
Il quarto “politico”
viene dai quartieri
Luigi Gagliardi detto “Ninni”, si leggeva fino a qualche mese fa nelle liste elettorali.
Ora lo si legge nell’ordinanza firmata dalla
Mellace. Con una accusa, non leggera: aver
rubato, nel lontano 2000, l’auto che sarebbe servita per il delitto Sassone. Un fulmine
a ciel sereno? Forse. Di sicuro non sarebbe
una novità assoluta: Gagliardi, per usare un
eufemismo in voga nel gergo della cronaca,
è “noto” alle forze dell’ordine. Ma per molti
resta difficile ritenerlo capace di cose così
grosse, di passare dalla vita “per strada”,
con tutti gli inevitabili scivoloni, alla partecipazione cosciente alle attività dell’ultima
cosca di Cosenza. Ninni per i cosentini, negli
ultimi anni, è stato
ben altro. Era un politico di quartiere, una
figura un po’ pasoliniana se si vuole, che aveva provato, per sé e per i dipendenti delle
cooperative di cui era a capo, il salto di qualità. Nel 2004 si era candidato alla presidenza della Provincia, l’anno successivo aveva
fiancheggiato Sergio Abramo alla Regione
poi aveva fatto dietro front per appoggiare
Oliverio nel 2009. La scorsa primavera l’ultima candidatura in Autonomia e diritti. Populista e cordiale, Ninni è il quarto politico
di Terminator 4. (s.p.)
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calabria
ora
C O S E N Z A
terminator 4
Il “bimbo” con la pistola in mano
Individuati i presunti autori dell’uccisione di Pelazza consumata nel 2000
DI MARCO CRIBARI
Mentre Enzino Pelazza
correva per salvare la pelle,
l'uomo con la pistola gli stava
dietro. Enzino correva e quell'altro sparava, tra i vicoli
stretti di Carolei, con un'auto
scura che seguiva entrambi a
velocità moderata. Erano le
otto di sera del 28 gennaio
2000. Pelazza, 32enne, era
da poco uscito di prigione dove, pare, non si fosse comportato benissimo. Tracotante e
violento con gli altri detenuti, si faceva forte della sua affiliazione con la famiglia del
momento.
Enzino, infatti, apparteneva ai “Bella bella”. Questo almeno, è il motivo che, secondo gli inquirenti, portò alla
sua morte, consumata all'uscita di un ristorante, proprio davanti al portone di casa. Sera sfortunata quella del
28 gennaio, perché tragedia
nella tragedia, racconta anche la storia di una madre a
cui toccò di assistere all'uccisione del proprio figlio. La signora Pelazza, infatti, era affacciata dal balcone quando
le 9x21 fecero bang per la prima volta. Pensò a uno scherzo, la donna. Pensò che quella fosse una pistola giocattolo perché a brandirla era una
persona straordinariamente
bassa. «Sembrava un bambino» spiegherà in seguito agli
inquirenti.
Ma non si trattava di un
bimbo. E quello non era un
gioco innocente, bensì la cronaca di un omicidio. Torniamo in carcere dove, un paio
d'anni prima, avrebbe avuto
origine ogni cosa. A quei tempi, Pelazza si sarebbe legato
a un nuovo gruppo che sperava di ritagliarsi uno spazio
autonomo nel contesto criminale locale. A reggere i fili
di quel discorso sarebbero
stati Francesco Bruni alias
ENZINO
Enzo Pelazza
morì alle otto
di sera
del 28
gennaio 2000
ucciso
da 19 colpi
di pistola
davanti alla
sua abitazione
di Carolei
“Bella bella” con il supporto
della batteria jonica di Giovanbattista Atene e la “benedizione” di Antonio Sena,
l'ultimo dei mammasantissima di un tempo andato, l'unico superstite di una genera-
zione di boss ormai pentiti,
condannati, estinti.
In quel contesto, Pelazza si
sarebbe distinto fin da subito
come uno dei più attivi, attirando però non solo le attenzioni degli amici, ma soprat-
tutto quelle dei nemici. Lo Lanzino.
E proprio quest'ultimo, laconsideravano “valido azionista”, ragion per cui finì sul- titante al pari di Presta, è sola lista nera di chi, una nuova spettato di essere uno dei
famiglia di 'ndrangheta, pro- mandanti del delitto, insieme
prio non la voleva tra i piedi. al pentito Vincenzo Dedato e
Ecco perché, quella sera di all'altro presunto boss Domegennaio, si stabilì di eliminar- nico Cicero, reggente dell'omonimo clan che, la cronalo.
Stando al racconto dei col- ca giudiziaria di quei giorni
vuole federalaboratori di
to alla cosca
giustizia, a
L’assassino
Lanzino. Safarlo fuori fu
era
basso
rebbe cosa
un commanloro, dunque,
do composto
I testimoni
la morte di
da due perlo scambiarono
Enzino Pesone: Mario
per un bambino
lazza, bel calGatto e il tutciatore, aziotora latitante
Franco Presta, poi “recupera- nista di talento, investito dal
ti” da Pino Perri a bordo di piombo di diciannove pallotun veicolo pulito. Presta e tole mentre faceva ritorno a
Gatto, due nomi che ritorna- casa, in una sera apparenteno in quasi tutte le inchieste mente uguale a tante altre.
dell'ultimo decennio, poiché Prima della fine, qualcuno lo
entrambi sono indicati come sentì urlare «basta, basta».
“titolari” del gruppo di fuoco Crudele, proprio come in un
del clan diretto da Ettore gioco tra bambini.
GLI ARRESTATI
Francesco Patitucci
Simone Andretti
Salvatore Ariello
Biagio Barberio
Domenico Cicero
Michele Di Puppo
Giovanni Di Puppo
Mario Piromallo
Luigi “Ninni” Gagliardi
Mario Gatto
Luigi Gaudio
Pilerio Giordano
Ettore Lanzino*
Walter G. Marsico
Giuseppe Perri
Roberto Porcaro
Franco Presta*
Costantino Scorza
* latitanti
Si riapre anche il caso Marchio
Gatto e Presta di nuovo in ballo
La
carrozzina
di Vittorio
Marchio
dopo
l’agguato
che il 26
novembre
del 1999
costò
la vita
al boss
di Serra
Spiga
Enzino avrebbe
pagato con
la vita la sua
adesione
al clan Bruni
La loro posizione era stata inizialmente archiviata, ma da ieri
Mario Gatto, Franco Presta sono
nuovamente invischiati nell'omicidio di Vittorio Marchio, consumato a Serra Spiga il 26 novembre del
1999. Il caso è già oggetto di un processo tuttora in corso che vede alla
sbarra solo i presunti mandanti di
quel crimine, ovvero Ettore Lanzino e Domenico Cicero. Ora, però,
gli inquirenti ritengono di avere in
mano elementi a sufficienza per incastrare anche i sicari del boss in
carrozzina.
Oltre a Presta e Gatto, del commando avrebbe fatto parte anche il
defunto Carmine Chirillo. All'epoca, Marchio era costretto su una sedia a rotelle, frutto di una pallottola che, anni prima, l'aveva centrato
alla spina dorsale durante uno
scontro a fuoco con la polizia. L'uomo fu freddato davanti al portone
di casa, nel quartiere Serra Spiga.
Era appena sceso dall'auto, con un
amico che lo aveva aiutato a siste-
marsi sulla sedia a rotelle, quando
sul posto sopraggiunse il commando facendo fuoco all'impazzata contro di lui. Sull'argomento si era già
espresso il pentito Vincenzo Dedato. «Ricordo che Presta canzonò
Chirillo, dicendogli che si era messo a sparare troppo presto e con foga eccessiva, rischiando così di colpire anche lui». All'epoca, però, le
sue dichiarazioni, al pari di quelle di
altri collaboratori come Oreste De
Napoli e Francese Amodio, non bastarono per trascinare a giudizio i
due presunti killer. La Dda, infatti,
effettuò l'esame del Dna su alcuni
reperti biologici rinvenuti all'interno dell'auto utilizzata dagli assassini, ma quando l'esame diede esito
negativo, gli investigatori decisero
di rinunciare ad esercitare l'azione
penale nei confronti dei due sospettati, accontentandosi solo di trascinare a giudizio i presunti mandanti. Ora, però, con le nuove dichiarazioni del pentito Angelo Colosso, gli
inquirenti ritengono di aver chiuso
il cerchio anche su quel tragico
evento risalente a più di 12 anni addietro. Secondo l'ipotesi investigativa, Marchio fu ucciso per via della sua attività criminale che esercitava in autonomia, ormai sganciato dall'appartenenza ai vecchi gruppi criminali.
Negli anni ruggenti, Vittorio era
schierato con Perna, ma in seguito
alle condanne inflitte ai vecchi capi
(cfr. processo Garden) si era messo
in affari con Marcello Calvano, un
altro ex, stavolta del gruppo Pino,
che operava in quel di San Lucido.
Insieme, avevano iniziato a esercitare il racket, a dispetto dunque della nuova famiglia cosentina che, sul
finire del secolo scorso, si stava riorganizzando per imporre la propria
egemonia su tutto il Cosentino. E
uno dei primi atti del nuovo corso
criminale sarebbe stata proprio
l'epurazione dei ribelli Calvano e
Marchio, trucidati a pochi mesi di
distanza l'uno dall'altro. (mcr)
Cercavano il latitante, ma trovarono solo la droga
Il “laboratorio” scovato in Sila
C'è un particolare inedito relativo alla latitanza del presunto boss Ettore Lanzino. Nove mesi fa, infatti, i carabinieri erano quasi
certi di averlo acciuffato, ma invece dell'inafferrabile primula, si ritrovarono tra i piedi un
piccolo laboratorio per il confezionamento
della droga. I fatti risalgono allo scorso 15 febbraio, data in cui finirono in manette Italo
Giorgio Lorenzo e Mario Piromallo, con quest'ultimo che figura tra gli odierni arrestati.
Quel giorno, invece, i due uomini furono sorpresi in un casolare di Camigliatello, già sede di un camping oggi in disuso, e all'interno
dell'edificio vennero rinvenuti circa 400
grammi di cocaina, più tutto il necessaire per
il suo confezionamento. Nel caminetto, inoltre, erano ben visibili le tracce di altra droga,
circostanza che suggerì agli inquirenti come
Piromallo e Lorenzo, vistisi scoperti, avessero tentato di sbarazzarsi della roba. Prima di
entrare in azione, il casolare fu tenuto d'occhio per diverse ore, con appostamenti ai
quali parteciparono anche i Cacciatori di Vibo Valentia, ovvero il reparto dei carabinieri
specializzato nella cattura dei latitanti. E non
a caso, i documenti relativi a quell'indagine
recano in calce la dicitura: attività finalizzata
alla cattura del latitante Lanzino. Quel giorno, dunque, i militari erano convinti di aver
individuato l'imprendibile Ettaruzzo, ma il
presunto boss, invece, non era lì. O forse, riuscì a dileguarsi poco prima che i Cacciatori calassero la loro rete. Coincidenza sinistra: il
laboratorio di Camigliatello fu scoperto solo
poche ore prima che, a San Lorenzo del Vallo, si consumasse la mattanza della famiglia
De Marco. Una strage di cui è sospettato
Franco Presta, anche lui uccel di bosco proprio come Lanzino. (mcr)
19
MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011
calabria
ora
C O S E N Z A
terminator 4
testimone
silenzioso
All’agguato
assistette la moglie
della vittima che
seguiva il marito
a bordo
di un’altra auto
Antonio Francesco Enzo
Sassone. Aveva un nome e tre
cognomi la vittima designata
del 9 giugno 2000. Lo uccisero a Terranova da Sibari, in
contrada Galitrella, come Pelazza sotto gli occhi di un testimone “eccellente”: sua moglie. Sassone, infatti, era a bordo di una piccola utilitaria,
marca Ligier, mentre la sua
donna lo seguiva a poca distanza, alla guida di una Fiat
Panda. Fu allora che tra i due
veicoli si frappose una Fiat
Uno che tamponò la Ligier costringendola ad arrestare la
marcia.
Da quel momento, i killer
ebbero gioco facile. Un omicidio quasi dimenticato quello
di Sassone, ma che secondo
gli inquirenti, va inserito nel
contesto della Terza guerra di
mafia combattuta a Cosenza
tra il 1999 e il 2003. Il collaboratore di giustizia Vincenzo
Dedato, infatti, sostiene che
l'eliminazione di Sassone era
stata deliberata da Lanzino e
Cicero, in accordo con il defunto Carmine Chirillo e su richiesta di un loro “antico” affiliato, Francesco GABRIELE,
pure lui oggi deceduto. Non a
caso, quest'ultimo sarebbe
stato in contrasto con Sassone
che non voleva sottostare alle
strategie criminali imposte
Cosenza o morte
La scelta infelice
di Enzo Sassone
L’uomo decise di schierarsi con i cassanesi
e la mala bruzia ne decretò l’eliminazione
dalla cosca nella gestione del
traffico di stupefacenti. Dedato spiegò inoltre che l'ordine
di eliminarlo era partito dalla
casa circondariale di Cosenza,
ove erano detenuti Lanzino e
Chirillo, tramite un biglietto
fatto uscire dalla casa di de-
CRIME STORY
Gli inquirenti durante
la conferenza stampa
di presentazione del blitz
In basso, la scena del crimine
di Castrolibero dopo l’omicidio
Sena e il pentito Angelo Colosso
il movente
della droga
Con quel delitto
le cosche cosentine
avrebbero inteso
riaffermare la
propria egemonia
nel narcotraffico
L’ordine di procedere sarebbe partito
dal carcere di via Popilia con un pizzino
fatto recapitare nelle mani dei sicari
tenzione da Chirillo e poi recapitato a Mario Gatto. Un pizzino poi consegnato a Presta,
vale a dire l'uomo che avrebbe
provveduto a eseguire l'omicidio insieme a Costantino
Scorza. Al riguardo ci sono anche le indicazioni rese da un
altro pentito, Antonio Di Dieco, che da un lato nulla sa a
proposito di mandanti ed esecutori materiali del delitto, ma
dall'altro sostiene di essere a
conoscenza delle ragioni che
portarono all'eliminazione di
Sassone. Anche Di Dieco, infatti, riferisce che l'agguato di
contrada Galitrella era scaturtito da contrasti sorti nell'ambito del traffico droga, in
quanto la vittima aveva organizzato un traffico di eroina e
cocaina rifornendosi a Cassano Ionio dagli Abbruzzese. Ciò
lo aveva posto in contrasto
con i gruppi di Cosenza, cui
sarebbe spettato il controllo di
tutte le attività illecite anche
sui comuni di Spezzano Albanese, San Lorenzo del Vallo e
Terranova da Sibari. L'ex boss
di Castrovillari afferma inoltre di aver partecipato a una
riunione a Spezzano Scalo, organizzata da Franco Abbruzzese, alla quale partecipò anche Sassone. E che in quell'occasione Abbruzzese gli chiese
di decidere se schierarsi con il
locale di Cassano o con il
gruppo di Cosenza. L'uomo
scelse la prima opzione, andando incontro così al proprio
destino. Sempre Di Dieco riferisce come Abbruzzese si
sentì in dovere di metterlo in
guardia, a proposito dei rischi
che avrebbe corso con quella
scelta di campo. Avvertimenti che, però, non servirono a
salvargli la vita.
mcr
il protagonista
Il pentito chiave:
l’importanza
di essere Colosso
Si chiama Terminator IV, ma avrebbero potuto tranquillamente immortalarla come “Operazione Colosso”.
Gran parte dell'inchiesta, infatti, si regge sulle rivelazioni
di uno degli ultimi pentiti della mala cosentina: Angelo
Colosso al secolo “Poldino”, fuoriuscito dal gruppo Lanzino ad agosto del 2010, con un pentimento che fece scalpore. All'epoca, infatti, Poldino era in carcere con l'accusa di tentato
omicidio, un reato poi derubricato in lesioni personali. A quei tempi, insomma, non
era certo la prigione la sua unica prospettiva di vita.
Eppure, del tutto improvvisa, giunse la
sua volontà di collaborare con la giustizia.
Anche per questo, il giudice firmatario dell'ordinanza di custodia cautelare, ritiene
le sue dichiarazioni attendibili. «La sua
decisione - scrive a tal proposito il magistrato - certamente, non può dirsi nata da
un calcolo utilitanstico. atteso che il collaborante, nel momento in cui faceva la sua scelta, non era
gravato nè da condanne definitive, a parte il titolo peraltro relativo a un fatto di sangue di non rilevante entità”.
Confessando, inoltre, Poldino finisce per aggravare la sua
posizione, accusando se stesso della partecipazione a svariati omicidi, tra cui il delitto Marchio per il quale, in precedenza, era stato scarcerato. Tutto ciò, per il gip distrettuale, anticipa la genuinità delle sue cantate. A ulteriore ri-
prova di tale assunto, nell'ordinanza sono citate alcune intercettazioni telefoniche e ambientali in cui gli ex compagni del pentito commentano il “tradimento” dell'affiliato,
mostrando estrema preoccupazione per il terremoto che,
in futuro, sarebbe potuto abbattersi su di loro. «Un pentito affidabile», dunque, come sottolinea il
gip, lodando la sua scelta collaborativa
«non interessata, matura e consapevole,
assunta con particolare fermezza e determinazione ma senza essere mai stata condizionata, o anche solo influenzata da personali sentimenti di risentimento o rancore nei confronti degli indagati». Le dichiarazioni di Poldino, però, non sono state ritenuti sufficienti ad allargare il fronte
cautelare per ciò che riguarda l’omicidio
Sena.
Colosso, arrestato proprio nell’ambito
dell’operazione (cfr. Terminator III) che
tenta di far luce sulla morte del vecchio
padrino. Colosso, infatti, si era aggiunto al novero di collaboratori che avevano indicato mandanti ed esecutori
materiali di quel delitto, avvenuto a Castrolibero nel maggio del 2000. Nel caso specifico, però, il gip pur riconoscendo l’attendibilità del collaboratore, s’inchina davanti
all’assenza di riscontri individualizzanti che confermino le
sue accuse.
mcr
MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 37
l’ora di Paola
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Delitto Texano, due assoluzioni
Scagionati in appello Serpa e La Rosa. Pene dimezzate per gli altri
PAOLA
La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ha riformato la sentenza del
processo di primo grado celebrato col
rito abbreviato a carico dei quattro
presunti responsabili dell’omicidio di
Stefano Mannarino, alias il “texano”,
il falegname trentanovenne barbaramente trucidato il 24 novembre del
2008 in salita San Francesco.
Ieri i giudici hanno assolto Elena
Serpa e Vincenzo La Rosa, dimezzando le pene per Domenico La Rosa (da
30 a 15 anni) e per Stefano Di Vanno
(da 30 a 10 anni).
Primo grado: inflitti
120 anni di cacere
Il 27 aprile scorso il Tribunale penale di Paola (giudice Claudia Pungi- Elena Serpa
tore) ha inflitto centoventi anni di
carcere a Elena Serpa (72 anni), ai fi- primo grado e Stefano Di Vanno (reo
gli Domenico (53 anni) e Vincenzo confesso e “dichiarante” di giustizia)
La Rosa (55 anni) e all’amico di fami- dovrà scontare soli 10 anni di recluglia Stefano Di Vansione rispetto ai 30
no (45 anni). Treninflitti dal Tribunale
Annullati i 30
t’anni di galera a cadi Paola. La sentenza
anni in primo
rico di ogni singolo
presumibilmente
imputato,
cioè
verrà appellata in
grado: 15 anni
quanto richiesto dal
Corte d’Assise. Ma
a Domenico,
pubblico ministero
oggi si registra una
10 a Di Vanno
Antonella Lauri, più
vittoria importante
il riconoscimento
per la difesa: l’avvodei danni (100 mila euro) alle parti ci- cato Giuseppe Bruno (difensore di
vili (moglie e figli di Mannarino).
Domenico La Rosa, Vincenzo La RoSecondo l’accusa gli imputati sa ed Elena Serpa) e Massimo Zicaavrebbero “convocato” Mannarino a relli (difensore di Vincenzo La Rosa).
casa propria per un chiarimento, soEcco la sentenza integrale: “Letto
spettando che il falegname avesse l’art. 605 cpp in riforma della sentenavuto un ruolo nell'omicidio del loro
congiunto, Antonello La Rosa, consumato un mese prima. Mannarino,
dopo un tentativo di strangolamento
con un filo metallico, è stato colpito a
morte con oggetti contundenti: "Colpi multipli e ripetuti ad alto impatto", recita il verbale dell'autopsia. Dopo l'uccisione il suo corpo sarebbe
stato trascinato con una coperta nel
vicino ruscello e abbandonato.
Secondo grado: 2 assoluzioni
Inflitti 25 anni di cacere
Ieri mattina, in sede di Corte d’Appello a Catanzaro, i secondi giudici
(presidente Fortunato Rosario Barone, consigliere Fabrizio Cosentino,
giudici popolari: Maria Mastrocesare, Gaetana Mobrici, Rosmunda Rizzuti, Maria Resati, Francesco Villelli,
Rosanna Crocetti) hanno riformato,
stravolgendola nel merito, la decisione di primo grado. Secondo la nuova
sentenza, infatti, Elena Serpa e Vincenzo La Rosa non sono responsabili dei fatti ascritti e, conseguentemente, sono stati assolti, mentre Domenico La Rosa è stato condannato a soli
15 anni di carcere, rispetto ai 30 del
Domenico La Rosa
Vincenzo La Rosa
tazione, nonchè riconosciute circostanze attenuanti generiche al solo
Di Vanno, ridetermina la pena inflitta per La Rosa Domenico in anni
quindici di reclusione e per Di Vanno
Stefano in anni dieci di reclusione.
Condanna La Rosa Domenico e Di
Vanno Stefano al pagamento delle
spese processuali del grado sostenute dalle parti civili costituite, liquidate in euro 2000 ciascuna per Mannarino Natalisa e Mannarino Cinzia
(sorelle, ndr), e in euro 2400 per Serpa Cristina (moglie, ndr) in proprio e
nella qualità di esercente la potestà
genitoriale” sui tre figli minori, “oltre
al rimborso forfettario per spese generali, iva e cap in misura di legge,
Gli avvocati difensori
Il penalista Giuseppe Bruno difende
Elena Serpa e Domenico La Rosa ed,
assieme a Massimo Zicarelli, patrocina anche Vincenzo La Rosa. Di Vanno è difeso da un legale romano.
Nella sua richiesta alla Corte, l’avvocato Giuseppe Bruno, sulla dichiarazione di responsabilità di Serpa Elena e La Rosa Vincenzo, afferma:
“Nella ricostruzione operata dal giudice di prime cure le responsabilità
dell’imputata derivano dall’ aver offerto la propria abitazione ai fini della perpetrazione dell’ omicidio e per
essere stata presente durante le fase
dell’aggressione realizzata nei con-
Secondo la difesa i
due imputati assolti
ieri non avrebbero
offerto alcun
concorso morale
e/o materiale,
sebbene presenti
sul luogo del delitto
L’avvocato Giuseppe Bruno
za 27.04.2010 del Gip presso il Tribunale di Paola, appellata da La Rosa
Domenico, La Rosa Vincenzo, Di
Vanno Stefano e Serpa Elena, assolte La Rosa Vincenzo e Serpa Elena
per non aver commesso il fatto e,
esclusa l’aggravante della premedi-
disponendo per tutti il pagamento in
favore dello Stato.
Ordina l’immediata liberazione di
La Rosa Vincenzo (Serpa Elena era
già a piede libero, ndr) se non sottoposto per altro titolo a custodia o detenzione”.
L’avvocato Massimo Zicarelli
fronti di Mannarino Stefano. Ma le
affermazioni del Gup risentono di
una valutazione che si basa essenzialmente su delle mere presunzioni che
contrastano, peraltro, con quanto acquisito al fascicolo processuale. E’
evidente, infatti, per come è emerso
Stefano Di Vanno
nel processo, che Mannarino si è recato presso l’abitazione della Serpa
Elena spontaneamente e la sua presenza a quell’ora ed in quel momento non era assolutamente prevista ed
ipotizzata. Che Mannarino sia stato
attirato in una trappola organizzata”
dall’emissario “è circostanza indimostrata. Ma la cosa ancora più rilevante consiste nella mancanza di elementi da cui poter trarre la convinzione certa che la Serpa abbia collaborato all’omicidio del Mannarino,
sia pure solo in termini di concorso
psicologico. Non è sufficiente infatti
affermare che il luogo in cui è avvenuto il fatto violento sia di proprietà
dell’ impugnante per dimostrare il
concorso morale nell’omicidio”.
L’avvocato Massimo Zicarelli, dal
canto suo, in una nota stampa esprime soddisfazione: «La decisione della Corte d’Assise d’Appello nel riconoscere l’assoluta estraneità del mio
assistito ai tragici eventi che hanno
determinato la morte del Mannarino, in accoglimento delle richieste
esplicate nei motivi di Appello, afferma in maniera evidente il principio
che tutti, imputati e vittine, trovano
rispetto solo nelle aule di giustizia con
le garanzie riconosciute dal processo. L’eccessiva spettacolarizzazione,
di pur cruenti fatti di cronaca non
giova al raggiungimento della verità
e rappresenta un gravissimo vulnus
del sistema giudiziario. Rimaniamo
in attesa di leggere le motivazioni della sentenza per esprimere ulteriori
commenti. Allo stato non poniamo
che ritenerci soddisfatti per aver visto
l’immediata scarcerazione di Vincenzo La Rosa che per questi fatti ha subito tre anni di carcerazione preventiva».
GUIDO SCARPINO
STEFANIA SAPIENZA
[email protected]
41
MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011
A M A N T E A
-
C A M P O R A
calabria
S. G I OVA N N I
-
F U S C A L D O
ora
Coccimiglio torna in libertà
L’imprenditore era ai domiciliari perché accusato di disastro ambientale
AMANTEA
Il Tribunale della Libertà di
Catanzaro ha annullato l’ordinanza dispositiva degli arresti
domiciliari emessa, nei giorni
scorsi, nei confronti dell’imprenditore amanteano di 75
anni, Cesare Coccimiglio (difeso dall’avvocato Nicola Carratelli del foro di Cosenza), accusato dalla Procura della Repubblica di Paola di disastro
ambientale ed altri reati. Il
TdL, in buona sostanza, ha
escluso la sussistenza di gravi
indizi di colpevolezza accogliendo il ricorso dell’avvocato Carratelli. L’imprenditore,
lo ricordiamo, era stato tratto
in arresto il 17 novembre scorso (e subito associato ai domiciliari) su disposizione del giudice Giuseppe Battarino. Assieme a Coccimiglio nel registro degli indagati sono state
iscritte altre quattro persone
che occupano, però, un ruolo
più marginale nella vicenda.
Dopo anni di indagine, dunque, la Procura della Repubblica di Paola, nella persona
del procuratore capo Bruno
Giordano, è giunta all’individuazione dell’amanteano quale autore materiale del grave
inquinamento del fiume Oliva. Sul capo dell’imprenditore
pendono testimonianze, verbali redatti dall’autorità giudiziaria per camion che scaricavano abusivamente, nonché la
presenza dell’impresa di Coccimiglio nella zona incriminata.
«Nel bacino del fiume Oliva
- aveva dichiarato il procuratore Giordano - la situazione è
preoccupante. Sono circa centomila i metri cubi di fanghi
I fatti per la valle
oliva inquinata
Oltre
all’imprenditore
amanteano
nel registro
degli indagati
risultano
altre 4 persone
Il Tribunale di Paola
industriali (provenienti non si
sa da dove) scaricati nel letto
del fiume Oliva e dintorni». La
zona, in particolare, è quella
circostante al letto del fiume a
sud della località Foresta, letto
nel quale sono stati riversati
contaminanti ambientali capaci di indurre patologie tumorali e non: metalli pesanti e
radionuclidi artificiali. «Dai
carotaggi, effettuati nell’arco di
tempo compreso tra l’aprile
del 2010 e il mese di luglio dello stesso anno», ordinati dal
Procuratore di Paola, è emersa - tra l’altro - «la forte presenza del Cesio137. In alcune
zone il Cesio ha raggiunto picchi alti: 132/130». A ciò si va
ad aggiungere, altresì, «la presenza massiccia di idrocarbu-
ri e, considerando che la Calabria non ha raffinerie, è facile
ipotizzare che gli stessi siano
giunti da altre zone, come ad
esempio la Puglia». Le ruspe
«hanno scavato per una profondità di sei metri, ma non è
detto che al di sotto di tale livello siano presenti altri rifiuti
tossici. Ciò a dimostrazione del
fatto che il Coccimiglio, grazie
anche alla connivenza di alcuni proprietari terrieri del luogo, ha portato avanti detta attività illecita per oltre un ventennio». Coccimiglio, in sede
di interrogatorio, si era difeso
affermando di non aver mai
scaricato nessun tipo di materiale tossico o radioattivo nella valle del fiume Oliva.
STEFANIA SAPIENZA
[email protected]
AMANTEA/2
Commissari in tribunale
Sperti ha scelto il rito abbreviato, Tescione l’ordinario
E’ stata aggiornata al mese di gen- ha sollevato una eccezione relativanaio l’udienza preliminare a carico dei mente alla nullità della richiesta di rindue ex commissari straordinari del vio a giudizio poiché, secondo il legaComune di Amantea - Francesco le, sarebbe stata formulata in manieSperti e Piero Tesciora imprecisa e genene - accusati di falsirica.
Udienza
Nel senso che, neltà ideologica e matea gennaio per
le imputazioni a caririale e truffa. Ieri
co dell’ex commissamattina, il giudice
un’eccezione
rio straordinario non
per le udienze prelisollevata dal
viene specificato quaminari, Giuseppe
li sono stati i viaggi
Battarino, ha am- legale Garritano
effettuati in auto, tremesso al rito abbreviato il commissario Sperti. Per quan- no, o con altri mezzi e, comunque, nelto concerne Tescione, invece, il difen- la cifra che l’ex prefetto avrebbe persore - l’avvocato Eugenio Garritano - cepito indebitamente sono state com-
prese anche le somme che lo stesso
avrebbe dovuto realmente percepire.
Il gip si pronuncerà sull’eccezione nel
mese di gennaio.
Ai due ex prefetti, lo ricordiamo, è
stata contestata la truffa e la falsità
ideologica e materiale perchè, secondo le indagini effettuate dall’ufficio di
Procura di Paola, avrebbero presentato il rimborso spese di alcuni viaggi effettuati con la propria autovettura ma
poi, all’atto pratico, effettuati in treno
(o viceversa) per raggiungere il Comune di Amantea. Ciò al fine di procurarsi un ingiusto vantaggio economico.
AMANTEA/3
Da qui l’esclusione dal procedimento penale del terzo commissario straordinario che risiedeva ad Amaneta
e, quindi, non doveva giustificare nessuna spesa di viaggio.
s. s.
FUSCALDO
Socievole: «Non sarà chiuso nessun istituto»
Il vice assessore: «I nostri alunni non dovranno andare a scuola ad Amantea»
Il dimensionamento scolastico è stato
approvato sia dall’amministrazione comunale di Amantea e, successivamente,
dall’amministrazione provinciale di Cosenza. Con il provvedimento l’Ente locale ha inteso accorpare l’istituto “A. Longo”
di Campora San Giovanni all’istituto !A.
Manzoni” di Amantea, identificando quest’ultimo come istituto comprensivo. In
virtù di ciò, pertanto, Campora San Giovanni ha perso il suo dirigente scolastico.
Una situazione che ha generato la protesta di tutti i genitori degli alunni frequentanti la scuola della frazione amanteana.
Tant’è che, in merito, gli stessi genitori domenica scorsa - sono scesi nella piazza
San Francesco - in segno di protesta e si
stano preparando per creare un Comitato che porti all’attenzione della Regione
Calabria le proprie ragioni. Secondo gli
stessi, infatti, la normativa sul dimensionamento prevedeva l’accorpamento degli istituti comprensivi esistenti e non la
creazione di un altro. Ed, inoltre, Campora oltre a ciò vanta la presenza di 503
alunni (sui 500 richiesti dal ministero
competente per poter restare in vita).
Semmai la Regione Calabria non dovesse
rivedere la delibera approvata da Comune e Provincia si ipotizza già l’impugnazio-
Un’aula di giustizia
Il Comune
ne dei predetti documenti nelle opportune sedi giudiziarie. Intanto, il vice assessore Marcello Socievole, ha voluto precisare la propria posizione sulla questione
del dimensionamento scolastico.
«Fermo restante la mia non condivisione dell’accorpamento delle scuole di
Campora a quelle del capoluogo, deciso
dall’amministrazione comunale di cui faccio parte - ha scritto Socievole - desidero
intervenire al fine di riportare la delicata
questione nei binari della correttezza dell’informazione. Questo per arrestare il dilagare di un allarmismo, diffuso ad arte,
che genera ansie e paure ingiustificate nella comunità camporese».
Veniamo al punto. «Nessuna delle sciagure paventate, irresponsabilmente finanche da alcuni rappresentanti delle istituzioni, si abbatterà sui nostri figli a seguito della riorganizzazione scolastica. I nostri studenti - ha garantito il vice assessore Socievole - continueranno tranquillamente a frequentare le scuole a Campora
e non dovranno assolutamente recarsi ad
Amantea. Sarebbe stato davvero un paradosso se l’amministrazione comunale
avesse pensato di chiudere una scuola esistente e nello stesso tempo appaltasse (così come è avvenuto) la realizzazione di una
scuola dell’infanzia, per circa 1 milione di
euro, proprio a Campora. La delibera che
è stata approvata, se dovesse passare in
via definitiva - ha concluso Socievole non prevede la chiusura di nessuna scuola». In tale contesto è bene precisare che
i genitori della frazione avrebbero preferito continuare a mantenere la propria autonomia e il proprio dirigente scolastico.
s. s.
Abuso d’ufficio
Assolto l’ex sindaco
Si è conclusa con una sentenza di non luogo a procedere l’udienza preliminare
del processo a carico dell’ex
sindaco di Fuscaldo, Davide
Gravina (difeso dagli avvocati Eugenio Garritano e
Franco Iannuzzi).
L’ex primo cittadino, lo ricordiamo, con una ordinanza contingibile e urgente, ritenendo sussistere seri problemi per l’incolumità pubblica, aveva fatto spostare un
lido, quello dell’imprenditrice turistica Lidia Guaglianone, a venti metri di distanza
dal luogo a lei assegnato ad
inizio attività. Un provvedimento adottato per via dei
frequenti litigi che avvenivano tra la Guaglianone ed il
proprietario del lido ubicato
pochi metri di distanza dal
suo. Da qui la decisione di
allungare le distanze tra le
due strutture balneari, onde
evitare che in questi frequenti litigi potessero finire
involontariamente coinvol-
Davide Gravina
te altre persone. Per lo stesso caso, Gravina - imputato
di falso - era già stato prosciolto dal giudice per le indagini prelinari Alfredo Cosenza. Quest’ultimo, poi,
aveva trasmesso gli atti alla
Procura per riformulare il
capo di imputazione in abuso d’ufficio. Ieri il proscioglimento di Gravina.
s. s.
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
9
Calabria
.
COSENZA Disarticolato da Polizia, Dia e Carabinieri il clan guidato dal superboss Ettore Lanzino e dal latitante Franco Presta. Fatta piena luce su tre omicidi
Scacco matto alla ’ndrangheta, 16 arresti
Sott’inchiesta per mafia il consigliere provinciale Umberto Bernaudo e l’ex assessore Pietro Ruffolo (Pd)
Arcangelo Badolati
COSENZA
La ‘ndrangheta del Crati. Una organizzazione capace d’imporre il
“pizzo”, di condizionare i subappalti, di limitare la libertà d’impresa, di assassinare i nemici, di
mantenere rapporti con la politica, di praticare l’usura, di trafficare in droga. Una consorteria
antica, fondata alla fine dell’Ottocento e cresciuta a dismisura sino ai giorni nostri. Una mafia moderna e fortemente gerarchizzata, dotata di una cassaforte finanziaria comune, di un esercito ben
armato e di un “capo” lucido e determinato, latitante ormai da tre
anni. Si chiama Ettore Lanzino,
ha 56 anni ed è un “uomo d’onore” cresciuto a pane e pallottole
negli insanguinati anni ‘70. Gli
anni dei regolamenti dei conti
consumati per le strade di Cosenza, Paola, Amantea, San Lucido,
Sibari e Rende. Gli anni in cui moriva chi non sapeva usare una pistola o non aveva “amici” capaci
di guardargli le spalle.
A “Ettoruzzu” sarebbe riconducibile – secondo la Direzione
distrettuale antimafia di Catanzaro – la cosca disarticolata ieri
dagli investigatori di polizia, carabinieri e Dia dopo lunghi mesi
d’indagini. Sedici le persone arrestate per ordine del gip di Catanzaro, Abigail Mellace. Si tratta di: Francesco Patitucci, 50 anni, “reggente” del clan, di Cosenza; Simone Andretti, 36, di Castrolibero; Salvatore Ariello, 32,
di Cosenza; Biagio Barberio, 32,
di Paterno Calabro; Domenico
Cicero, 54, di Cosenza; Michele
Di Puppo, 47, di Rende; Giovanni
Di Puppo, 33, di Rende; Luigi Gagliardi, detto “Ninni”, 33, di Cosenza; Mario Gatto, 42, di Cosenza; Luigi Gaudio, 56, di Carolei;
Pilerio Giordano, 46, di Cosenza;
Walter Gianluca Marsico, 44, di
Cosenza; Giuseppe Perri, 55, di
Acri; Mario Piromallo, detto “Renato”, 44, di Cosenza; Roberto
Porcaro, 27, di Cosenza; Costantino Scorza, detto “Costanzo”,
57, di San Lorenzo del Vallo. Sono sfuggiti alla cattura Ettore
Lanzino e Franco Presta, 50 anni,
di Roggiano Gravina. Quest’ultimo ha subito lo scorso anno la
perdita del figlio, Domenico, di
22 anni, ucciso a colpi di pistola
da un commerciante. Dopo la
morte del ventiduene vennero
assassinati a San Lorenzo del Vallo, la cognata, la nipote e il fratello del responsabile del delitto che
si era costituito subito dopo il fatto di sangue.
Tra gli indagati finiti in manette ieri vi sarebbero invece anche i
responsabili degli omicidi di Vit-
L’aggiunto Airoma, il colonnello Ferace e i procuratori Borrelli, Granieri e Lombardo
torio Marchio, esponente di vertice della criminalità cosentina,
ucciso il 26 novembre del 1999,
di Enzo Pelazza, ucciso il 28 gennaio 2000 a Cosenza, e di Antonio Sassone, ucciso il 9 giugno
2000 a Terranova da Sibari. Di
questi ultimi due delitti è sospettato nella veste di esecutore materiale proprio Franco Presta.
Ma l’indagine sulla ‘ndrangheta del Crati, coordinata dal procuratore capo Antonio Vincenzo
Lombardo, dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e dai pm antimafia
Pierpaolo Bruni e Carlo Villani,
presenta pure un ramo politico.
Riferito cioè ai rapporti tra la cosca ed esponenti di partito attivi
nel Cosentino. A due esponenti
del Partito democratico, Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo nella loro qualità, rispettivamente, di ex sindaco ed ex assessore del Comune di Rende la magistratura inquirente contesta
d’aver concesso finanziamenti ad
una cooperativa riconducibile al
presunto boss, Michele Di Puppo
in cambio del sostegno alle elezioni per il rinnovo del Consiglio
provinciale di Cosenza svoltesi
nel 2009. Bernaudo, nell’occasione, è stato eletto, mentre Ruffolo, poi nominato però assessore, invece no.
Nel decreto di perquisizione
notificato ai due politici contestualmente ad un avviso di garanzia, viene contestato di avere
finanziato con risorse pubbliche
la cooperativa «Rende 2000» che
secondo l’accusa era riconducibile a Di Puppo, indicato come soggetto di primo piano della cosca
Lanzino-Presta-Di Puppo. Quale
corrispettivo, è l’ipotesi accusatoria dei pm Pierpaolo Bruni e
Carlo Villani, i due politici avrebbero ricevuto l’impegno della cosca a procacciare voti in loro favore in occasione delle elezioni provinciali. I due politici, oltre che di
concorso esterno in associazione
mafiosa, sono indagati anche per
corruzione e voto di scambio.
Per minacce in occasione di
competizioni elettorali, aggravato dalle modalità mafiose, è indagato, invece, il consigliere comunale di Piane Crati Pierpaolo De
Rose, insieme a Romano Chirillo
e Biagio Barbierio, ritenuti affiliati alla cosca Lanzino. Secondo
l’accusa, i due, in occasione delle
elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Piane Crati,
avrebbero minacciato più elettori per indurli a votare De Rose imponendo agli stessi di apporre un
segno sulla scheda per verificare
che l’ordine fosse stato rispettato.
Contro Ruffolo e Bernaudo
(che si protestano innocenti) vi
sono i contenuti di alcune intercettazioni telefoniche in cui Di
Puppo, responsabile della Cooperativa Rende 2000, invita a sostenerli, nelle elezioni provinciali del 2009, in cambio di presunti
favori che sarebbero stati ricevuti. Per questo il Comune di Rende
e la sede della Cooperativa sono
stati perquisiti e sono stati acquisiti diversi documenti. De Rose
avrebbe avuto invece il sostegno
della cosca Chirillo di Paterno
(Cosenza) per la sua elezione. Gli
investigatori stanno esaminando
le schede elettorali per le elezioni
comunali del 2009, a Piane Crati,
che potrebbero essere state contrassegnate per identificare i votanti.
Luigi Gagliardi, inteso come
“Ninni”, arrestato invece ieri per
concorso nell’omicidio di Antonio Sassone, è stato candidato alle ultime elezioni comunali di Cosenza, per la lista “Autonomia e
diritti” in appoggio al candidato a
sindaco del centrosinistra, ottenendo 230 voti. Alle Provinciali
del 2009 era sceso invece in campo con la lista del “Movimento disoccupati” a sostegno del candidato alla presidenza della Provincia sempre del centrosinistra,
racimolando però solo 70 voti.
Costantino Scorza, indagato per omicidio, mentre viene portato via dai poliziotti della Mobile
FOTO ARENA
Ruffolo è già stato coinvolto nelle indagini Cartesio e Coffee break
I guai giudiziari dell’amministratore
che ha congelato la poltrona in giunta
Domenico Marino
COSENZA
L’inchiesta dei pm antimafia
Pierpaolo Bruni e Carlo Villani
non è il primo incidente giudiziario in cui incorre Pietro Ruffolo. L’ex assessore del Partito
democratico nella giunta provinciale cosentina, autosospesosi dalla carica amministrativa lasciata ancora vacante dal
presidente Oliverio, nei mesi
passati è stato rinviato a giudizio per usura aggravata dalle
modalità mafiose nell’ambito
dell’operazione “Cartesio” con
cui la Direzione distrettuale
antimafia di Catanzaro, coordinata dal procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, affiancato dal sostituto Vincenzo Luberto, colpì la potente cosca di
Cetraro egemonizzata dal “Re
del pesce”, al secolo Franco
Muto. Ruffolo è finito nelle
maglie della giustizia non per
il suo incarico amministrativo
Pietro Ruffolo
ma per il lavoro quale consulente per le piccole imprese
nella filiale di Belvedere Marittimo d’un istituto di credito. In
particolare al politico la procura catanzarese contesta un
presunto prestito usurario
concesso a un imprenditore
che era pure amministratore
d’un centro della zona. Durante la perquisizione nella sua
abitazione rendese, al momento del blitz, i carabinieri trovarono due pistole detenute illegalmente che portarono all’arresto dell’ex assessore comunale di Rende con un lungo
passato nelle file del Psi. Fu recluso ai domiciliari per un solo
giorno.
Nei mesi successivi a “Cartesio” Pietro Ruffolo è stato coinvolto nell’inchiesta “Coffee
break” condotta dal sostituto
procuratore generale di Catanzaro, Eugenio Facciolla, contro
un presunto giro di usura e
truffe consumate sempre lungo il Tirreno cosentino.
Pietro
Ruffolo,
difeso
dall’avvocato Franz Caruso, ha
sempre respinto con vigore
tutte le accuse protestandosi
innocente. Tale va considerato
sino a condanna definitiva.
GL’INQUIRENTI DENUNCIANO IL SILENZIO DEGLI OPERATORI ECONOMICI E L’ISOLAMENTO DELLO STATO: «LA SOCIETÀ CIVILE REAGISCA»
I boss impongono il pizzo e gl’imprenditori preferiscono pagare
Giovanni Pastore
COSENZA
Cosenza e la sua provincia riscoprono i capitoli della loro
storia più nera e amara attraverso una maxiretata che riporta a galla le verità su tre
vecchi omicidi di mafia, e propone trame attuali sul “pizzo”
imposto ai commercianti e
agli imprenditori della città.
Dalle pieghe dell’inchiesta
“Terminator 4” affiorano, pure, ipotetici intrecci tra mafia
e politica locale. Il procuratore distrettuale di Catanzaro,
Vincenzo Antonio Lombardo,
lancia l’allarme: «Più si fanno
investigazioni, più si scopre
l’intreccio sempre più fitto tra
criminalità organizzata e cosiddetta zona grigia. I clan
hanno imparato a dialogare
con chi si trova al potere. Non
c’è un partito solo, non conta
l’ideologia politica. La ‘ndrangheta è trasversale, appoggia
chiunque in campagna elettorale perchè punta ad infiltrarsi nei settori produttivi».
Nella nuova sala riunioni
della Procura, che è stata intitolata al giudice Rosario Livatino, martire della “stidda” siciliana. Il procuratore aggiunto di Cosenza, Domenico Airoma, ha inteso sottolinearlo
prima di lamentare la solitudine dello Stato nella lotta alla malavita organizzata. «Oggi, purtroppo, rileviamo una
colpevole assenza. L’assenza
della comunità civile di questa città. Non abbiamo ricevuto alcuna collaborazione dalle persone offese. Quello che
siamo riusciti a fare è frutto
esclusivo dell’avvità investigativa. Spero che in questa sala presto ci possa essere un incontro tra i magistrati e la pri-
ma associazione antiracket di
Cosenza per pianificare insieme un contrasto ancora più
efficace ai “signori della mazzetta”. Due Procure insieme
per raggiungere più in fretta
l’approdo desiderato, come
ha sottolineato il capo dei pm
cosentini, Dario Granieri.
«L’operazione è frutto d’una
sinergia concreta tra diverse
forze di polizia. I carabinieri
del Reparto provinciale e della Mobile, insieme agli analisti della Dia hanno ricostruito
efferati delitti che hanno insanguinato la città e la provincia oltre a tratteggiare il sistema attuale delle “mazzette”».
La ‘ndrangheta s’ingrassa
con il “pizzo” imposto ai negozianti come una tassa e con
l’usura. Pagano tutti da queste parti. Anche gli ambulanti
dei mercatini e della Fiera di
Il questore Alfredo Anzalone
San Giuseppe. Nelle carte
dell’inchiesta “Terminator 4” ci sono i retroscena di alcuni attentati agl’imprenditori
della città e dell’area urbana.
Il procuratore aggiunto della
Dda, Giuseppe Borrelli, affonda la sua lama: «Nessun imprenditore si rivolge allo Stato. Eppure ogni giorno riceviamo notizie su almeno due
o tre attentati nei confronti di
esercizi commerciali di questa città. Nessuno ammette la
pressione estorsiva. Quello
che è stato finora fatto con
questo lavoro cominciato nel
2007 avrà veramente un senso con la cattura dei due latitanti, Ettore Lanzino e Franco
Presta. Servono nuove risorse
però. Se non ci si riesce con le
forze attualmente in campo,
bisogna pensare a investire
nuove energie investigative.
Non si può lasciare la città
nelle mani di questa gente.
Sarebbe la prova dell’indebolimento del tessuto democratico».
Un territorio nelle mani
della criminalità organizzata.
Il questore Alfredo Anzalone
lancia messaggi: «Abbiate più
fiducia nelle istituzioni». Ma
Cosenza «è tramortita dalla
‘ndrangheta, perchè qui per
anni si è creduto che non ci
fosse la mafia», come ha detto
il procuratore Lombardo. Qui
pallottole e taniche di benzina pesano come macigni
sull’economia. Schiuma rabbia la malavita, che dopo ogni
blitz, è obbligata a rastrellare
soldi per le famiglie degli amici in carcere. Dietro ogni
“messaggio” agl’imprenditori
nostrani c’è la firma del racket, dei “signori della mazzetta”, malacarne che si nutrono
dei sacrifici degli operatori
economici, come ha spiegato
il colonnello Francesco Ferace che ha rafforzato quell’idea
di Stato forte che è già nato
nell’alleanza interforze.
Un patto d’acciaio sigillato
dal capo della Dia, il prefetto
Alfonso D’Alfonso, che qui a
Cosenza ha inviato due dei
suoi migliori superdetective,
il colonnello Francesco Ardizzone e il vicequestore Antonino Cannarella, per muovere
scacco matto alla ‘ndrangheta
bruzia. Le tessere del mosaico
cosentino sono state ricomposte attraverso l’analisi dei superinvestigatori della Direzione antimafia. Un lavoro
d’intelligence che ha permesso di riannodare trame sfilacciate di crimini che hanno resistito ad anni d’inchieste. È il
caso degli omicidi di Antonio
Sassone ed Enzo Pelazza, agguati rimasti sepolti tra le macerie di quel sanguinoso scontro che tra la fine del Novanta
e l’inizio del Duemila si combattè nella trincea di Cosenza
e della sua sterminata provincia.
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
27
Calabria
.
REGGIO Le indagini della Squadra mobile della Polizia non escludono alcuna pista. Questa mattina sarà effettuata l’autopsia dal medico legale
Si scava nella vita di Vittorio Bruno Martino
Interrogati dagli investigatori molti potenziali testimoni dell’agguato in cui è rimasto vittima l’imprenditore
Piero Gaeta
REGGIO CALABRIA
Una lunga notte di interrogatori ha scandito gli impegni
degli investigatori della Squadra mobile della Questura che
stanno cercando di individuare il movente che sta alla base
dell’omicidio di Vittorio Bruno
Martino, l’imprenditore di 46
anni ucciso a colpi di pistola la
sera di lunedì a Pellaro, periferia Sud di Reggio, da uno
spietato killer che si è subito
dileguato, verosimilmente anche con l’aiuto di un complice.
Chiarito il movente, infatti,
l’omicidio (al momento inspiegabile) potrà sembrare
molto più semplice da decifrare.
I poliziotti, diretti dal primo
dirigente Renato Cortese,
hanno “torchiato” tutti i potenziali testimoni dell’agguato
ma non hanno trovato grandi
indizi su cui approfondire il
proprio lavoro. Sicuramente,
però, le testimonianze sono
servite per fare luce sugli ultimi istanti di vita dell’imprenditore, che, non appena uscito
dalla palestra, ha visto compiersi il proprio destino mentre si accingeva a salire sul furgone (un Fiat Doblò bianco)
che aveva lasciato nel parcheggio di fronte. Ha avuto solo il tempo di attraversare la
strada e poi gli spari hanno
squarciato la notte.
Sulla scena del crimine, gli
specialisti della sezione scientifica della Polizia hanno svolto un lavoro certosino e hanno
repertato soltanto un bossolo
di pistola calibro 7.65, tuttavia il quadro definitivo sarà
delineato meglio soltanto
dall’esame autoptico che sarà
eseguito questa mattina dal
Il primo dirigente
Renato Cortese
è il capo
della Squadra
Mobile reggina
medico legale incaricato.
Si svolgono, dunque, a trecentosessanta gradi le indagini sull'omicidio dell’imprenditore e soprattutto in queste
prime ore non viene scartata,
a priori, nessuna pista per cercare di identificare gli assassini che hanno ideato, pianificato ed eseguito il piano di morte.
Gli inquirenti stanno passando al setaccio tutti i rapporti della vittima e le ultime
ore della sua vita. Vittorio Bruno Martino, infatti, era un imprenditore noto in città e anche alle cronache giudiziarie,
che operava nel settore dei rifiuti e gestiva anche di uno dei
bar dell’Aeroporto dello Stretto.
Martino era rimasto coinvolto nell’ambito di un’operazione condotta dai Carabinieri
del Noe, che fu denominata
“Terrazzamento” e che ha portato al rinvio a giudizio di
Martino e altri 14 imputati.
L'attività investigativa dei
carabinieri del Noe e dell’Arma territoriale addebitava
all’imprenditore la realizzazione di una discarica abusiva
di rifiuti speciali in località Bovetto. Sito che, secondo l’accusa, era stato realizzato in assenza di apposite autorizzazioni nel terreno di una società di cui era amministratore lo
stesso Bruno Martino. E proprio per questo episodio, l'imprenditore avrebbe dovuto
comparire davanti ai giudici
del tribunale della città dello
Stretto il prossimo 27 gennaio.
Le modalità dell’esecuzione
dell’imprenditore non fanno
escludere anche il coinvolgimento della criminalità organizzata. E per questo motivo le
indagini della Polizia cercheranno di stabilire anche eventuali collegamenti tra le vittima e le 'ndrine della città e del
suo hinterland che si sono dimostrate molto attive anche
nel remunerativo settore della
gestione dei rifiuti.
Fa discutere la frase “buttare la chiave“
La signora Zappalà
replica a Scopelliti
REGGIO CALABRIA. Ieri abbiamo
pubblicato le dichiarazioni del
governatore Scopelliti sull’arresto del consigliere regionale Morelli, nel corso delle quali ha fatto
riferimento anche all’arresto di
Santi Zappalà. La moglie dell’ex
consigliere regionale, Francesca
Parisi Zappalà, ci ha inviato la seguente nota che volentieri pubblichiamo.
«Le parole pronunziate dal presidente Scopelliti circa la necessità
di “buttare a mare” le chiavi della
cella di Nuoro ove da circa un anno è ristretto mio marito credo
siano parse inopportune non solo
a me e alle mie figlie, ma anche a
tanti calabresi stanchi di atteggiamenti antimafia che non hanno il pregio della coerenza, della
costanza e della serenità di giudizio».
«Mio marito è un uomo dispe-
rato perché sta pagando un prezzo altissimo per l'errore di un attimo: meriterebbe quanto meno
un atteggiamento di umana pietà. E nessuno può ergersi a giudice, anche se non ha scheletri negli
armadi, quando ancora è la Corte
d'appello a doversi pronunziare.
Così come a nessuno è consentito
rigirare il coltello nella piaga non
guardando alle travi conficcate
negli occhi di tante persone che
vagano nei territori della politica, senza che nessuno decida non
dirò di gettare le chiavi, ma di
usarne per fare uscire gli odori
malsani che vi stazionano».
Pubblichiamo la nota della signora Zappalà anche se nel nostro articolo non c’era la frase
“buttare la chiave” e dell’arresto
dell’ex consigliere si faceva riferimento solo nel pezzo, senza alcun rilievo nella titolazione.
Interrogazione sul volontario di Emergency
Vittorio Bruno Martino, 46 anni, e la scena del crimine a Pellaro dove è stato assassinato
REGGIO CALABRIA. I deputati
In sintesi
L’omicidio. È avvenuto intorno alle 20.45 di lunedì
sera a Pellaro, grosso rione alla periferia di Reggio.
L’agguato. Un killer ha atteso Vittorio Bruno Martino all’uscita della palestra e l’ha freddato con un
colpo di pistola alla testa.
L’uomo non è morto sul
«Ma che fine ha fatto
Francesco Azzarà?»
colpo: è stato trasportato
agli Ospedali Riuniti dove
è spirato poco dopo proprio per la gravità della
ferita riportate.
Le indagini. Sul posto sono subito intervenute le
Volanti della Polizia che
hanno effettuato i primi
rilievi.
Gli interrogatori. Ieri notte gli investigatori della
Squadra mobile hanno interrogato a lungo molti
possibili testimoni dell’agguato ma nessuno è riuscito a fornire indizi utili
alle indagini che, dunque,
non escludono alcuna pista ma proseguono ad ampio spettro.
Franco Laratta, del Pd, e Giuseppe Giulietti, portavoce di “Articolo 21”, hanno presentato un’interrogazione al ministro degli Esteri
sul sequestro di Francesco Azzarà, il volontario di Emergency rapito il 14 agosto scorso in Darfur.
In particolare, i parlamentari
chiedono di sapere «se il governo
segue con costanza il sequestro di
Francesco Azzarà; se vi sono stati
contatti con i rapitori; se si hanno
notizie sulle condizioni e sullo
stato di salute del rapito».
«È decisamente forte – è scritto
nell’interrogazione – il silenzio
sul rapimento in Darfur del giovane Francesco Azzarà , operatore
di Emergency. Il 14 agosto è stato
rapito e da quel momento si sono
perse le tracce e nessuna notizia si
è avuta in merito alla sua sorte.
Abbiamo chiesto più volte all’allora ministro degli Esteri, Frattini,
di riferire in Aula, ma questo non
si è mai verificato. Ora – concludono Laratta e Giulietti – la nostra
preoccupazione diventa ancora
più forte».
28
Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
.
Calabria
CATANZARO Confermata ieri in appello la sentenza del Tribunale lametino per gli imputati eccellenti
Nota dell’ex assessore regionale
Tutti assolti al processo Marechiaro
Patto tra generazioni
lanciato da Naccari
per il rilancio del Pd
Tolti i sigilli all’hotel e scagionato l’ex governatore Chiaravalloti
Vinicio Leonetti
LAMEZIA TERME
L’immobile è legale, le procedure pure, così come il finanziamento regionale di 4,2 milioni di euro. Nessun colpevole.
Si conclude così il processo sulla costruzione del Grand Hotel
Marechiaro a Gizzeria, lungo la
Statale 18, che da subito può
accettare prenotazioni di suite
a tante stelle perchè è stata revocata la confisca anche di
quella parte che era stata ritenuta abusiva dalla procura lametina quattro anni fa.
Confermate in appello le assoluzioni di tutti i pezzi grossi
imputati, dall’ex governatore e
vicepresidente dell’Authority
sulla privacy Giuseppe Chiaravalloti per il quale l’accusa aveva chiesto 10 anni di reclusione, all’assessore regionale Pino
Gentile per cui la richiesta era
di 9 anni. Contro di loro venivano ipotizzate anche l’associazione per delinquere e la truffa.
Sott’accusa pure l’ex assessore regionale all’Urbanistica
Paolo Bonaccorsi, ed i dirigenti
della Regione Stefano Torda,
Andrea Iovene, Rocco Militano
e Pasquale Anastasi. Nessun
colpevole nemmeno nella giunta comunale di Gizma questo
zeria dei primi anni del 2000,
l’aveva deciso il Gip del Tribunale lametino.
Il Grand Hotel Gizzeria e, a destra, Giuseppe Chiaravalloti
Ieri la corte d’appello di Catanzaro presieduta da Annamaria Saullo ha pure dichiarato la prescrizione del reato di
indebita percezione di fondi
pubblici contestato all’imprenditore Paolo Sauro, titolare
dell’albergo di Gizzeria, l’unico
ad essere stato condannato in
primo grado. Il reato è prescritto, e la confisca dell’hotel immediatamente decaduta. Per
Sauro resta in piedi una contravvenzione per abuso edilizio. Contro di lui il procuratore
generale Raffaella Sforza aveva
chiesto 9 anni, così come aveva
fatto il Pm lametino Luigi Maffia.
La vicenda risale al 2002,
quando Sauro a Gizzeria Lido
chiede un finanziamento alla
Regione e l’autorizzazione al
Comune per costruire il Grand
Hotel Marechiaro accanto al
suo rinomato ristorante. Riesce
ad ottenere sia il disco verde
dell’amministrazione municipale di cui faceva parte, sia 4,2
milioni di euro dalla giunta regionale attraverso un accordo
di programma.
La pratica si conclude rapidamente. Il pubblico ministero
Il leader di Confagricoltura ha incontrato il dg dell’assessorato
di Lamezia Luigi Maffia parla
di una «cricca» molto attiva a
Gizzeria, ed ha definito Sauro
«un miracolato» per essere riuscito ad avere il finanziamento
in tempi inimmaginabili in una
Calabria dove gli enti pubblici
sono poco più che lumache.
Avuta la prima tranche del
finanziamento l’imprenditore
non perde tempo e comincia a
tirare su l’albergo sulla Statale
tirrenica, ma a meno di 300
metri dal mare, accusa il pubblico ministero che tira fuori la
legge Galasso sull’ambiente.
Tanto che al processo tenta di
costituirsi parte civile Legambiente ma senza successo.
L’ipotesi dell’accusa è stata
quella di un’associazione a delinquere formata dai vertici
della giunta regionale e quella
municipale dell’epoca, e dai superdirigenti di Regione e Comune di Gizzeria. Un turbinio
di reati contestati che andavano dalle illegalità urbanistiche
al voto di scambio, persino alla
gestione allegra e clientelare di
una cinquantina di precari
Lsu.
Le accuse sulla costruzione
dell’hotel e l’incasso milionario
dalla Regione da parte dell’imprenditore non hanno retto in
nessun grado di giudizio: nè
davanti al Gup, nè dal Tribunale lametino presieduto da Pino
Spadaro, nè in appello. Ieri per
chiedere la conferma della sentenza di primo grado c’era un
folto schieramento di avvocati,
mentre a far cadere le ultime
accuse contro Sauro è stato
l’avvocato Francesco Gambardella del foro lametino.
Dall’inizio delle indagini della procura lametina intorno al
2006 fino alla richiesta di rinvio a giudizio del 2009 sono
passati tre anni. La sentenza di
primo grado è dell’agosto
dell’anno scorso. Cinque anni
per arrivare alla sentenza d’appello rispetto alla media è una
buona tempistica per un processo così intricato.
REGIONE Attivato il mezzanine financing
Statti chiede l’esame delle pratiche Un fondo da 25 milioni
collegate ai finanziamenti del Psr
a sostegno delle imprese
CATANZARO. Il presidente di
Confagricoltura Calabria Alberto Statti, accompagnato dal direttore regionale Giovanni Iannuzzi, ha incontrato il direttore
generale del dipartimento Agricoltura, Giuseppe Zimbalatti, e
l’Autorità di Gestione del Piano
di sviluppo rurale Maurizio Nicolai.
Durante l’incontro sono state
affrontate alcune delle problematiche più urgenti da risolvere
entro la fine del corrente anno.
In particolare, il presidente
Statti ha sollecitato la pubblicazione, in tempi brevi, della graduatoria definitiva della misura
121 (ammodernamento delle
aziende agricole), ritenuta strategica per la crescita e la competitività delle imprese.
L’Organizzazione degli imprenditori agricoli calabresi ha
chiesto inoltre che siano poste
in pagamento tutte le pratiche
istruite positivamente relative
alle misure a superficie, le quali,
Alberto Statti
in questa situazione di crisi economica, sono quelle che maggiormente contribuiscono al
mantenimento in vita delle
aziende.
Statti, riprendendo quanto
evidenziato durante il suo intervento al Comitato di Sorve-
glianza e nei tavoli tecnici sul
Psr promossi dall’Autorità di
Gestione, ha chiesto che al più
presto, venga avviata la misura
215 relativa al benessere degli
animali, che l’Organizzazione
ritiene di estrema importanza
per il settore zootecnico calabrese. In considerazione della
numerosa partecipazione al
bando della misura 215, Statti
ha ribadito la necessità di incrementarne la dotazione finanziaria per soddisfare tutte le domande risultate positive in graduatoria.
A conclusione del proficuo
confronto, il direttore generale
Zimbalatti e l’Autorità di Gestione Nicolai hanno dato ampia assicurazione circa la pubblicazione della misura 121 entro il mese, mentre per quanto
riguarda la misura 215 sarà oggetto di negoziato nel prossimo
incontro bilaterale del 9 dicembre con la Commissione Europea.
REGIONE CALABRIA
REGIONE CALABRIA
Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza
Azienda Ospedaliera
“Bianchi-Melacrino-Morelli”
REGGIO CALABRIA
UOC SERVIZI PATRIMONIALI E TECNICI
Estratto bandi di gara
Estratto bando di gara
SEZIONE I: Amministrazione aggiudicatrice: Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza Viale degli Alimena, 8 - 87100 Cosenza. Tel. 0984893345 - 0984893559 - 0984893313 e
Fax 0984893323, 0984893468 - email: [email protected]
SEZIONE II: Oggetto dell’appalto: Gara A CIG: 358837658C CUP: B96E11000580001.
Incarico professionale per la progettazione preliminare e definitiva dell’intervento di messa
in sicurezza del Presidio Ospedaliero di Paola (CS), riferito a opere di classe III categoria
a) e di classe I categoria c). Importo dell’incarico soggetto a ribasso: euro 186.574,30.
Gara B CIG: 358887622A CUP: B32J11000620001. Incarico professionale per la progettazione preliminare e definitiva dell’intervento di messa in sicurezza del Presidio
Ospedaliero di Cetraro (CS), riferito a opere di classe III categoria a) e di classe I categoria c). Importo dell’incarico soggetto a ribasso: euro 173.829,20.
SEZIONE III: Informazioni di carattere giuridico, economico, finanziario e tecnico: Si rinvia al
Disciplinare di gara.
SEZIONE IV: Procedura aperta art. 3, comma 37 e artt. 55, 91 e 124, D. Lgs. n. 163/2006,
nonché art. 261 D.P.R. n. 207/10. Criteri di aggiudicazione: offerta economicamente più
vantaggiosa in base ai criteri indicati nel Disciplinare di gara.
Scadenza per la ricezione delle offerte: data 22-12-2011 ore 12.
SEZIONE VI: Altre informazioni: Il bando integraleIe di gara e il disciplinare di gara sono pubblicati su internet aziendale: www.asp.cosenza.it
Data di spedizione GURI. 24-11-2011; Pubblicazione GURI: 5-12-2011.
Con delibera n. 967 del 17-11-2011 è indetta
“Procedura aperta per l’affidamento per mesi sei
del servizio di pulizia, disinfezione e sanificazione
degli immobili dell’Azienda Ospedaliera “BianchiMelacrino-Morelli” comprensivo di prelievo, raccolta, evacuazione e smaltimento dei rifiuti sanitari di
cui al D.P.R. 254/2003”. - Codice CIG:
362899663B
Termine ricezione offerte: giorno 23-1-2012 ore 12
a pena di esclusione.
Valore e durata dell’appalto: euro 1.250.000,00
oltre oneri IVA - mesi 6 dall’aggiudicazione dell’appalto. Criterio aggiudicazione: prezzo più basso.
Data seduta pubblica prima fase: giorno 30-1-2012
ore 10. Il Bando di gara, il Capitolato Speciale di
Appalto e il Disciplinare di Gara sono reperibili sui
siti: www.fareonline.it e www.ospedalerc.it.
Responsabile del Procedimento: Geom. Giuseppe
Romeo - Tel. 0965397518 - Fax 0965397529. Data
di invio del Bando alla CEE: 5-12-2011
Il direttore UOC Servizi Patrimoniali e Tecnici ing. Gennaro Sosto
IL DIRETTORE UOC
Acquisizione Beni e Servizi
(avv. Angelo Rabotti)
IL DIRETTORE GENERALE
(dr. Carmelo Bellinvia)
CATANZARO. La Regione chie-
derà al ministero delle Politiche agricole la dichiarazione
del carattere eccezionale della
tromba d’aria che il 19 settembre scorso ha colpito la provincia di Reggio Calabria. Lo ha
deliberato la Giunta regionale,
che si è riunita sotto la Presidenza del governatore Giuseppe Scopelliti, con l’assistenza
del Dirigente generale della
Presidenza Francesco Zoccali.
La relativa delibera, poi approvata, è stata proposta
dall’assessore all’Agricoltura
Michele Trematerra.
La Giunta regionale, secondo quanto reso noto dall’Ufficio stampa, ha adottato anche
altre deliberazioni.
Su proposta del presidente
Scopelliti è stato approvato lo
schema di Protocollo d’intesa
con il ministero dell’Interno
per il collegamento all’Indice
nazionale delle anagrafi (Ina).
Il protocollo ha la finalità di
rendere possibile il collegamento tra la Regione ed il Ministero per assicurare, attraverso
modalità uniformi a livello nazionale, l’accesso e l’utilizzo, ai
fini istituzionali, dei dati anagrafici forniti dai comuni tramite l’infrastruttura di sicurezza dell’Ina. Per la sottoscrizione del protocollo d’intesa è stato delegato il Capo di Gabinetto della Presidenza della Giunta dottoressa Elena Scalfaro.
Ancora, su proposta dell’assessore alle Attività produttive
Antonio Caridi, l’Esecutivo di
Palazzo Alemanni ha deciso
l’istituzione del Fondo regionale per il sostegno agli investimenti delle Piccole e medie
imprese regionali attraverso il
mezzanine financing (una forma di finanziamento per colmare carenze di copertura finanziaria nella ristrutturazione delle esposizioni debitorie)
stabilendo che il suo ammontare è di 25 milioni di euro.
Tonio Licordari
REGGIO CALABRIA
Dall’uscita di scena del senatore
Adriano Musi (circa un mese
fa), il Pd calabrese è senza una
guida. Alle porte, dicono, ci sarebbe il senatore Filippo Bubbico, commissario per gestire la
fase dei congressi. Nel frattempo all’interno del partito calabrese si anima il dibattito: Demetrio Naccari Carlizzi, ex assessore regionale della Giunta
Loiero, in una nota inviata alla
“Gazzetta” lancia il patto intergenerazionale all’interno del
Partito democratico. Nella stessa muove rilievi allo stesso Pd,
punge gli avversari del centrodestra e lancia frecciate al “Modello Scopelliti”.
Nella prima parte, l’avvocato
Naccari Carlizzi fa una lunga
premessa, sostenendo che «urge
una discussione franca sulla
rappresentanza delle nuove generazioni in funzione propulsiva verso un processo di rinnovamento e di ricambio della politica, dell’apparato pubblico, della
società». L’obiettivo è la valorizzazione dei giovani, anche perché «le diseguaglianze intergenerazionali amplificate al Sud
da un’errata impostazione del
federalismo fiscale hanno ormai
prodotto la sostanziale esclusione delle giovani generazioni
dalle garanzie dei diritti sociali
previsti dalla Costituzione».
Le maggiori responsabilità di
questo “status” sono da attribuire, secondo Naccari Carlizzi, alla politica «egemonizzata da
una cultura superata e incapace
di confrontarsi con le nuove sfide». Tra l’altro «le scelte del governo Berlusconi, avallate
dall’indifferenza di un ceto politico funzionale agli interessi
esterni della Calabria, hanno
determinato la tragica prospettiva di avere fra 20 anni una regione più vecchia e più povera».
Cosa rimprovera Naccari
all’ex governo Berlusconi? «Il
saccheggio dei Fondi Fas, il taglio degli interventi infrastrutturali, regole di bilancio inique
che hanno ostacolato l’utilizzo
dei fondi strutturali e diminuito
drammaticamente la spesa delle regioni Obiettivo convergenza. Berlusconi e Tremonti hanno poi risposto all’evidente involuzione delle aree più deboli
con un Piano per il Sud talmente
evanescente da avere bisogno di
chiarimenti da parte delle autorità europee».
Adesso c'è il governo Monti
che apre «una fase nuova che paradossalmente diventa una sfida aperta alla politica e al Partito democratico», accusato da
Naccari di essere stato debole
nel rappresentare le esigenze
del Sud durante il governo Berlusconi». E allora il Pd deve tra-
Demetrio Naccari Carlizzi
sformarsi «nel motore di cambiamento». In Calabria sostiene
Naccari «lo stesso commissariamento ha infelicemente concluso la sua esperienza senza esaurire la sua funzione».
Ecco la proposta di Naccari:
«Bisogna avviare una sana e trasparente ricostruzione del tessuto del Pd per proporre ad interloquire nel dibattito nazionale sulla base di una piattaforma
di idee nuove». Dalla proposta
alle frecciate al “Modello Scopelliti”. «I calabresi – scrive – assistono attoniti al modo semplicistico con cui il governo regionale disperatamente sta tentando di coprire la propria inconcludenza e inadeguatezza con
un’incessante attività di comunicazione».
Alla luce di tutto questo il «Pd
deve diventare il punto di riferimento dei calabresi, rappresentarne i bisogni e assumendosi la
fatica di ascoltare, capire e contribuire con la propria funzione
legislativa e amministrativa a
trovare soluzioni».
Il primo traguardo sono le
elezioni politiche. Secondo Naccari «Il Pd ha esperienze, giovani, risorse e potenzialità in grado di recuperare i valori fondativi che ne hanno ispirato la nascita e che si battono ogni giorno
per restituire credibilità e dignità alle istituzioni».
Adesso ci sono i congressi che
per Naccari sono importanti per
tre ragioni: Dice: «Per dare trasparenza alle scelte, per la individuazione della nuova classe
dirigente del partito e per far ripartire il circuito della rappresentanza democratica». I congressi sono fondamentali perché «senza organismi regolarmente eletti non c'è spazio futuro per il Pd. La Calabria non può
farsi rappresentare da chi non
vive quotidianamente i suoi problemi. L’appello è rivolto a tutti i
democratici calabresi: confrontiamoci e arricchiamo le nostre
idee».
CATANZARO È imputato nel procedimento Why Not sui fondi destinati allo sviluppo
L’arresto di Morelli fa slittare il processo
Giuseppe Mercurio
CATANZARO
L'indagine “Infinito”, condotta
dalla Dda di Milano in collaborazione con la Procura di Reggio Calabria sui rapporti tra 'ndrangheta e politica, sconvolge
pure il processo “Why Not” basato su un presunto comitato
d’affari che avrebbe illecitamente gestito i soldi destinati
allo sviluppo della Calabria, in
corso di svolgimento davanti al
Tribunale collegiale di Catanzaro. Ieri mattina, infatti, la
prevista ennesima udienza del
processo non si è potuta tenere
per il legittimo impedimento a
partecipare di uno degli imputati, il consigliere regionale
Franco Morelli, arrestato la
scorsa
settimana
proprio
nell’ambito dell’inchiesta della
Dda di Milano.
Morelli avrebbe voluto partecipare all’udienza, ma il Tribunale non aveva disposto il
trasferimento a Catanzaro dal
carcere milanese di Opera nel
quale è detenuto. Per questo
motivo i giudici, nonostante
l’applicazione del presidente
del collegio, il giudice Antonio
Franco Morelli
battaglia, che era giunto appositamente dalla sede di Palmi
dopo il suo trasferimento, non
hanno potuto fare altro che
prendere atto della mancata
traduzione dell’imputato e disporre il rinvio del processo al 9
gennaio.
Nel processo Why Not sono
imputate 27 persone tra funzionari ed ex amministratori regionali, imprenditori e professionisti. Nell’udienza di oggi era prevista la deposizione del maresciallo dei carabinieri Giuseppe
Chiaravalloti, che ha svolto le
indagini.
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
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Cronaca di Reggio
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UNIVERSITÀ MEDITERRANEA Sale la tensione in vista dell’approvazione del bilancio
CARABINIERI
Il rettore Giovannini replica a muso duro
alla richiesta di dimissioni della Uil-Rua
Rubati 5 fucili
in casa
di un anziano
Incendiato
un pub
Ma 3 facoltà e parte di Senato e Cda lo invitano a «un passo di grande dignità»
Piero Gaeta
«Il segretario regionale della
Uil-Rua, Attilio Bombardieri, ha
detto e continua a dire cose inesatte». Non fa sconti il rettore
Massimo Giovannini e all’attacco
mossogli dal sindacato replica
contrattaccando: «Non conosce il
meccanismo del 90% in base al
quale annuncia che la Mediterranea sarà commissariata. Cosa
grave per uno che si occupa di
Università. A meno che non abbia
altri motivi per dire quello che dice. Il meccanismo del 90% riguarda il rapporto che s’instaura tra le
spese fisse (stipendi del personale
e dei docenti) e il fondo di funzionamento ordinario. Ad oggi sono
16 gli Atenei al di sopra del 90%,
dato registrato al 31/12/2010. Il
prossimo anno saranno circa 50,
dato previsto al 31/12/2011. Lo
“sforamento” dipende da un fatto
ovvio. Che Bombardieri sembra
ignorare. Il fondo di funzionamento ordinario distribuito dal
Miur alle Università in questi ultimi tre anni è diminuito di circa un
miliardo di euro (per quanto ci riguarda di circa tre milioni) mentre sono rimaste quasi invariate le
spese fisse. Data la consistenza
del personale e dei docenti siamo
sopra il 90% per un semplice calcolo aritmetico».
«Il segretario regionale della
Uil-Rua – insiste il rettore – non
conosce la legge Gelmini: il superamento del 90% non prevede il
commissariamento. Se così fosse,
il prossimo anno si dovrebbero
commissariare i due terzi delle
Università statali. Attilio Bombardieri non conosce gli argomenti di
cui parla con tanta sicurezza. Come quello relativo alla somma
versata all’erario per “mancata
presentazione dei modelli 770 (e
non 760, altra sua inesattezza) di
Il rettore della Mediterranea Massimo Giovannini
diversi anni!”. Su indicazione del
collegio dei Revisori dell’Ateneo è
stata predisposta la documentazione per la Corte dei Conti per
l’individuazione di eventuali responsabilità, risalenti agli anni
2006 e 2007. Tra l’altro, come accertato dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate, non vi è stata né
evasione né omissione di versamenti».
«Per quanto riguarda la mia
credibilità alla guida dell’Ateneo
credo sia sufficiente ricordare la
mia recente elezione nella Giunta
della Conferenza dei Rettori delle
Università Italiane. Non sono, per
natura, attaccato a nessuna poltrona. Ciò che mi interessa è la
Mediterranea e il suo futuro – precisa Giovannini –. Legato alla condivisione delle scelte da parte di
tutte le sue componenti. Spiace
constatare che nonostante abbia
dato chiarimenti suffragati da atti
ufficiali degli organi di controllo e
di valutazione dell’Ateneo, si dia
credito ad affermazioni inesatte
da parte di un sindacalista, peraltro non appartenente alla nostra
comunità. Così facendo s’incrementa nell’opinione pubblica una
visone distorta della reale situazione economica della Mediterranea. L’amministrazione, l’altra
settimana, ha inviato la bozza del
bilancio previsionale 2012 a tutti i
componenti degli organi collegiali. Il Direttore Amministrativo e il
Dirigente della Macro Area Economica sono a disposizione per
chiarimenti e osservazioni. Mi auguro prevalga il buon senso e responsabilmente si arrivi all’approvazione del bilancio previsionale 2012 nelle sedute program-
mare per il 20 e 21 prossimi».
Ma, purtroppo per il rettore
Giovannini, le prossime sedute di
Senato accademico e di Cda si annunciano incandescenti. Infatti i
presidi delle facoltà di Giurisprudenza, Ingegneria e Agraria (Attilio Gorassini, Adolfo Santini e
Santo Marcello Zimbone) altri
due membri del Senato accademico (Pasquale Catanoso e Pierluigi Antonucci) e tre componenti
del Cda (Francesco Calabrò, Luigi
Chies e Nicola Moraci) gli hanno
recapitato una lettera in cui i toni
garbati stridono con la gravità del
testo in cui constatato «il clima di
sfiducia e le divisioni interne legate a scelte e fatti gestionali» e ritenuta necessaria «una soluzione di
continuità coni l passato proprio
in funzione della novità dell’attuazione della Riforma universitaria», chiedono al rettore «un
passo di grande eleganza, rigore e
dignità, capace di dare nuovo respiro al nostro Ateneo, quindi di
rimettere il mandato e permettere un sereno susseguirsi degli impegni istituzionali, primo fra tutti
l’approvazione del bilancio».
E a mettere altra benzina sul
fuoco giunge il prof. Enrico Costa,
uno dei più anziani di Architettura che «ha dedicato la vita a Reggio e alla Mediterranea» e che invita a lacerare «il velo del Sancta
Sanctorum e aprire alcuni dossier: dalla Casa dello studente alla
situazione fiscale, avendo chiaro
che è finito il tempo delle punizioni ai dissenzienti. È finito il tempo
del mordi e fuggi. È tempo di dedicarsi anima e corpo alla Mediterranea. È finito il tempo della mancanza di collegialità, dei colpi di
mano come l’imbarazzante vicenda dello Statuto. Non si governa
più escludendo le voci critiche e
appoggiandosi solo a una schiera
di adulatori».
Francesco Mollace
Donatello Canzonieri
APPELLO Estorsione al bar Malavenda
Il pg Francesco Mollace
chiede nove anni
per Donatello Canzonieri
La conferma della sentenza di
primo grado a nove anni di reclusione e 2 mila euro di multa.
È stata questa la richiesta
avanzata dal sostituto pg Franco Mollace alla Corte d’Appello (presidente Campagna, a latere Fazio e Gullino) nei confronti di Donatello Canzonieri,
imputato dell'estorsione ai titolari del famoso bar pasticceria Malavenda di via Santa Caterina.
Nell’udienza di ieri, il rappresentante della pubblica accusa ha replicato alle eccezioni
che avevano sollevato gli avvocati Francesco Calabrese e Carlo Morace e ha ribadito la piena validità delle dichiarazioni
rese dal collaboratori di giustizia Roberto Moio e ha delineato anche lo scenario in cui si sarebbe consumata l'estorsione.
Donatello Canzonieri, secondo l'accusa, si sarebbe presentato alle vttime pretendendo di eseguire i lavori di tinteggiatura del locale di proprietà
della famiglia Malavenda che
era stato appena ristrutturato
dopo la bomba che lo aveva devastato.
Canzonieri, così come riferito dai pentiti anche nel processo di primo grado avrebbe agito sotto la regia di Paolo Schimizzi (scomparso da oltre due
anni), indicato come il reggente della cosca Tegano.
Dopo la formulazione della
richiesta della pena da parte
del sostituto Pg, è poi intervenuto per la parte civile l'avvocato Giovanni De Stefano che
ha aderito alle richieste della
Procura generale.
L’udienza è stata chiusa
dall’intervento dell’avvocato
Francesco Calabrese, il quale
ha ribadito la sua richiesta
sull’inutilizzabilità di alcune
intercettazioni.
Il processo è stato poi aggiornato all’udienza del prossimo 11 gennaio, quando, dopo le arringhe difensive, è attesa la sentenza.(p.g.)
Continuano incessanti i furti di armi in città.
Non è una novità, infatti,
che le armi continuino ad
attirare fortemente l’attenzione dei soliti ignoti che,
questa volta, non hanno
esitato a introdursi all’interno dell’abitazione di
R.D., 60 anni, e poi hanno
portato via un armadio metallico blindato che conteneva cinque fucili regolarmente denunciati.
Oltre al furto di armi,
continuano a proliferare
anche gli incendi notturni.
Ignoti, la notte di lunedì,
hanno dato alle fiamme il
ristorante-pub “Civico 32”
in via Melacrino, di proprietà di due giovani M.A., 24
anni e G.F.M., 22 anni.
Infine, i carabinieri della
Stazione principale di Reggio Calabria hanno tratto in
arresto su ordine di carcerazione della Procura generale U.P., 52 anni, poiché
deve espiare una pena di
due anni e otto mesi di reclusione, per il reato di violenza sessuale di cui è stato
riconosciuto colpevole dai
giudici.
Una gazzella dei Carabinieri
Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
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Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
Cronaca di Reggio
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Cronaca di Reggio
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La Camera di Commercio offre l’accesso alla propria banca dati
EVENTO “LA FERITA” PROMOSSO DAL MUSEO DELLA ‘NDRANGHETA
Riaffermare l’etica pubblica
per arginare le infiltrazioni
Trasparenza
e legalità
per contrastare
la ‘ndrangheta
L’area grigia e i nuovi paradisi del riciclaggio
Ketty Tramontana
Pignatone: al di là della banca dati ciò
che conta è la sinergia interistituzionale
Teresa Munari
Mai prima d’ora una sinergia interistituzionale contro la malavita organizzata aveva raggiunto
una così incisiva dimensione
qual è quella proposta dalla Camera di Commercio e suggellata
ieri dai vertici della magistratura
e delle forze dell’ordine di questo
comprensorio.
In un momento così delicato
per la città, investita a tutto campo da inchieste magari pervasive, il presidente Lucio Dattola ha
deciso di ottimizzare il ruolo di
controllo e regolamentazione
proprio dell’Ente camerale che
presiede, offrendo all’interforce
giudiziaria il libero accesso alla
Il database riguarda 9
milioni di persone, 6
milioni di imprese,
oltre 900mila bilanci
banca dati del registro delle imprese.
In questa direzione ha infatti
organizzato metodo e sistemi informatici utili a favorire tutti i
controlli incrociati che saranno
necessari alle forze dell’ordine e
alla magistratura inquirente per
meglio aggredire pratiche criminali annidate fra i settori econo-
mici a rischio di penetrazione
criminale, rendendo fruibile il
patrimonio di informazioni che
riguardano nove milioni di persone fisiche, sei milioni di imprese registrate, oltre novecentomila bilanci depositati ogni anno.
Epocale dunque il protocollo
d’intesa firmato ieri da Lucio
Dattola, presidente della Camera di commercio; dal prefetto
Luigi Varratta; dal presidente
del tribunale Luciano Gerardis;
da Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica; dal tenente colonnello Carlo Pieroni
vice comandante provinciale dei
Carabinieri; da Cosimo Di Gesù
comandante provinciale della
Guardia di finanza e Antonino
Romeo vice Questore vicario di
Reggio Calabria. (ndr Angelosanto e Casabona, egregiamente
sostituiti, erano assenti per motivi personali).
Parte da qui dunque la prima
sperimentazione del programma pluriennale dell’Ente camerale reggino «che – ha detto Dattola – si è dato l’obiettivo di arginare l’illegalità creando una rete
fra tutti i soggetti coinvolti a vario titolo sul territorio, quindi
istituzioni, enti, associazioni,
persone fisiche».
Introducendo l’iniziativa Dattola ha sottolineato come la sala
fosse gremita da gente di cultura
e da imprenditori che nulla temono se le forze dell’ordine
avranno accesso ai loro bilanci,
valorizzando così la sua idea che
«questa città non è tutta marcia,
anzi la maggioranza è fatta di
gente onesta che vuole operare
con le proprie prerogative ma rispettando le regole. Nè Reggio
nè il comprensorio si riconosce –
ha sottolineato – in quel grumo
che la strage di Duisburg ha rappresentato al mondo intero come fosse l’immagine di ciò che
siamo. Le imprese sane sono tante e la Camera di Commercio ha
deciso di fare la sua parte affiancando le istituzioni e le forze
dell’ordine per difendere il sistema economico sano dalle grinfie
della ‘ndrangheta».
È stato il segretario generale
della Camera di Commercio,
l’avv. Palmieri a precisare quali
vantaggi l’intesa offra a magistratura e forze dell’ordine potendo fruire on line dei servizi
gestiti da Infocamere. A partire
da Telemaco il database che consente di accedere al registro dei
protesti, alle visure, agli statuti,
agli atti depositati e a tutte le informazioni contenute nel registro delle imprese attraverso
particolari modalità di navigazione che evidenziano le relazioni tra le diverse imprese e i titolari di cariche e partecipazioni con
I retroterra che hanno favorito il radicamento delle cosche
Il pubblico di studenti che ha partecipato ieri mattina al secondo incontro dell’iniziativa “La Ferita” promosso dal Museo della ’ndrangheta
Beni confiscati tra criticità
e nuove opportunità di riscatto
Cosimo Di Gesù, Luciano Gerardis, Giuseppe Pignatone, Lucio Dattola, Luigi Varratta e Carlo Pieroni
la possibilità ( ri.build) di tenere
sotto controllo un insieme di imprese selezionate, attraverso la
segnalazione via e-mail di tutte
le modifiche che intervengono
nel corso della loro attività. «La
guerra contro la ‘ndrangheta si
combatte con le forze dell’ordine
e con la magistratura, ma non solo – ha detto Palmieri – e la pub-
Per il Presidente
Gerardis la nuova
sinergia dà vantaggio
al sistema giudiziario
blica amministrazione e le imprese devono contribuire con la
trasparenza e la legalità, strumenti indispensabili per contrastare la corruzione. Il protocollo
di oggi – ha sottolineato Palmieri
– non è un annuncio di principi,
ma un impegno per fare».
Per il prefetto Varratta il protocollo firmato «è la dimostra-
zione reale della cooperazione
istituzionale; è l’esempio di cosa
significa fare rete non solo nei
grandi settori come le infrastrutture, ma anche per le piccole imprese di servizi». Il Presidente
del Tribunale Luciano Gerardis a
parlato di un beneficio a 360 gradi per il suo ufficio: « un vantaggio – ha detto – che si irradierà
sul lavoro delle sezioni civili, soprattutto per quanto riguarda il
commerciale e il fallimentare, nè
sarà di meno per le sezioni penali. La possibilità di ragionare sulle questioni corroborati da tutti
questi dati ci faciliterà nella ricerca e nella comparazione».
L’incontro con la stampa ha
quindi registrato la soddisfazione del vicequestore Romeo, del
tenente colonnello dei Carabinieri Pieroni e del colonnello della Guardia di Finanza Di Gesù:
tutti e tre hanno ammesso l’enorme risparmio di tempo ed energia che verrà agli investigatori
dal protocollo con la Camera di
Commercio.
Ma a convincere Dattola di
aver visto giusto e di aver centrato l’obiettivo che a suo avviso « è
nei fatti, perchè le parole le lasciamo agli altri», è stato il felice
apprezzamento del procuratore
della Repubblica Giuseppe Pignatone. « Ciò che conta – ha detto – è la grande sinergia interistituzionale che si viene a creare, al
di là della banca dati comunque
di grande valore, perchè finalmente si percepisce chi siamo
quelli che stanno tutti dalla stessa parte. Finalmente c’è chi parla
la nostra lingua disponibile a collaborare per fare emergere l’ economia drogata che soffoca quella lecita. Ma per questo bisogna
aggredire i patrimoni mafiosi,
che altri vorrebbero invece intatti, per preservare strumentalmente il lavoro, di qualunque natura esso sia. Noi diciamo spesso
che le mafie sono la causa prima
delle difficoltà economiche e
della povertà per il Sud. Ma c’è
anche chi non intende crederci».
Ad applaudire, nel salone della Camera di commercio, imprenditori, rappresentanti delle
maggiori organizzazioni professionali, persone di cultura, commercianti accorsi per testimoniare il loro apprezzamento.
Un’occasione offerta ai reggini che volevano testimoniare che
Pignatone: finalmente
si percepisce chi siamo
quelli che stanno tutti
dalla stessa parte
collaborare si può, se solo le istituzioni lo volessero.Un punto di
vista troppo spesso rimasto sotto
traccia, ma che Dattola ha colto
ed interpretato nell’interesse
della città quella che, secondo il
presidente della Camera di commercio i presenti ieri esprimevano, offrendo una visione plastica
della Reggio seria ed onesta».
Eleonora Delfino
Terreni, fabbricati, aziende un
vasto patrimonio che passa dalle
mani dei boss alla gestione dello
Stato. In quelli che erano gli
avamposti delle cosche sul territorio ora ci sono giovani che hanno sete di riscatto. Ma se la confisca e il sequestro rappresentano
strumenti con cui minare il potere economico della criminalità, e
lanciare un messaggio chiaro
sulla falsa intoccabilità dei boss,
spesso a causa di lungaggini burocratiche si rischia di limitare la
portata dei provvedimenti. Il
quadro che emerge dalla seconda giornata dell’iniziativa promossa dal Museo della ’ndrangheta “La Ferita” passa in rassegna problemi ed esempi virtuosi.
«L’80% dei beni presenta delle
criticità – riconosce il viceprefetto Maria Rosaria Laganà
dell’Agenzia nazionale sui beni
confiscati – che ostacolano la ricollocazione del bene. Ci sono
beni gravati da ipoteche, di pro-
prietà di più persone, beni occupati da soggetti agli arresti domiciliari, beni costruiti abusivamente». Una casistica vasta con
cui fare i conti e proprio per cercare di snellire i passaggi
«l’Agenzia si è sostituita a diversi
soggetti istituzionali come Agenzia del demanio e Prefettura, e si
sta cercando una nuova interlocuzione con i magistrati per pensare da subito ad un migliore utilizzo, perchè quando un bene
non viene ricollocato ha l’effetto
di un boomerang».
La faccenda si complica ulteriormente per le aziende. Lo Stato arriva ad amministrare realtà
che funzionano, che producono
profitti, ma perchè i mafiosi non
lavorano secondo le regole, non
hanno problemi di concorrenza,
ne di liquidità Così capita dopo
6-8 mesi ci si rende conto che non
ci sono più i numeri per stare sul
mercato, e quella che era una vittoria dello Stato rischia di trasformarsi in una sconfitta.
Ma la mafia non si accontenta
solo di acquisire la proprietà delle aziende «vuole arrivare al management – sostiene Massimiliano Ferrara docente della Mediterranea e dirigente regionale
del dipartimento Cultura –, la criminalità punta alla finanza operativa alle società informatiche».
Ferrara snocciola dati scientifici
che confermano come l’effetto
moltiplicatore indichi che «è meglio riuitilizzare i beni che venderli». Nel corso del dibattito la
dirigente del Comune Titty Siciliano ripercorre gli step compiuti
dall’Ente per «riorganizzare le informazioni». Iter che ha portato a
stilare «all’insegna della trasparenza un elenco di tutti i beni. Beni che in molti casi arrivano in un
modo tale da non poter essere subito utilizzati». Eppure «il sequestro non è un fardello, ma un’occasione di travaso dai patrimoni
della mafia allo Stato» sostiene
Francesco Spanò di Libera che ricorda le esperienze maturate
proprio dall’associazione di don
Ciotti in diverse realtà. «Siamo di
fronte a un paradosso – sostiene
Claudio La Camera coordinatore
del Museo – se da una parte ci sono le 17 mila aziende sequestra
in Italia, dall’altra ci sono i problemi. Criticità che si possono superare a livello pratico». E Croce
Valanidi dove un bene confiscato
è diventato un baluardo di legalità è un esempio tangibile. Certo
ci sono state difficoltà strutturali
ambientali, ma sono state superate. «I problemi si superano cominciando a dimostrare che il bene assegnato è davvero tornato
alla collettività. Grazie alla collaborazione con l’allora consigliere comunale Sergi, con la Prefettura siamo riusciti a risolvere a
costo zero tanti problemi. Abbiamo aperto le porte alla comunità
dimostrando che un gesto simbolico può diventare economico,
come è successo a Palermo dove
gli anziani che una volta dovevano togliersi il cappello passando
davanti alla casa di Badalamenti
che oggi in quella casa organizzano corsi di cucina». Esempi che
ribadiscono un altro aspetto:
«Non si possono assegnare questi
beni a qualsiasi associazione che
necessita di una sede». Come dire le criticità si possono superare
attraverso l’esperienza e la capacità di guardare lontano.
«Il retroterra che ha favorito il radicarsi del fenomeno ’ndranghetista o mafioso nel tessuto sociale
è stato, sicuramente, l’inefficienza degli apparati pubblici». Ed
ancora. «È stata proprio
quell’area grigia, quella zona di
contiguità e cioè quei settori della vita sociale ed istituzionale che
si sono prestati, attraverso politiche clientelari o attraverso un
rapporto simbiotico, a consentire a strati sociali di intenti diversi
di interagire e quindi penetrare
nel tessuto sociale ed istituzionale». Così, il procuratore aggiunto, Ottavio Sferlazza, esordisce
alla sessione pomeridiana della
seconda giornata del seminario
“La Ferita” messo in atto dal Museo della ’ndrangheta. Una serie
di incontri che si estenderanno fino al mese di marzo, che rispondono alla necessità di sviscerare
in maniera sostanziale ogni
aspetto di quelle che sono le caratteristiche essenziali della fenomenologia mafiosa o, nel caso
specifico, delle peculiarità
dell’area grigia della ’ndrangheta con le relative «relazioni di
complicità e collusioni tra cultura, economia e politica».
Un dibattito che, ieri pomeriggio, ha catalizzato l’attenzione di
un numero consistente di giovani studenti accorsi all’ente di via
Foti per ascoltare gli interventi
chiarificatori e illuminanti di coloro che si trovano ad affrontare
quotidianamente i poteri deviati.
Oltre al procuratore Sferlazza,
infatti, hanno preso parte all’incontro il comandante provinciale della Guardia di Finanza, colonnello Cosimo Di Gesù, il capitano di fregata, Giuseppe Sciarrone e il capitano di corvetta,
Giuseppe Terranova. Si entra subito nel vivo della questione. E
quindi: Che ruolo ricoprono le
varie figure professionali all’interno della criminalità organizzata? Per Sferlazza non esiste alcun dubbio: «La cosiddetta area
grigia costituisce l’humus che
permette l’intromissione dei po-
Cosimo Di Gesù e Ottavio Sferlazza
teri mafiosi. Ma ancor di più diventa emblematica la pericolosità della penetrazione della
’ndrangheta nel settore dell’economia legale provocando, così,
effetti distorsivi in un mercato
che, invece, dovrebbe essere guidato da regole di trasparenza».
Una considerazione, quella testata dal procuratore di Reggio
che nasce dalla convinzione che
«nel nostro Paese le organizzazioni mafiose si sono diffuse ed
adeguate a certi meccanismi distorti di sviluppo finalizzati a
creare spazi di intermediazione
parassitaria e si sono affermate,
soprattutto, nelle aree geografiche in cui più sensibilmente si è
manifestata la crisi etico-sociale
delle istituzioni».
Da qui l’acquisizione, da parte
della coscienza collettiva, della
consapevolezza che «la specificità della criminalità di tipo mafioso in genere risulta proprio costituita da questo rapporto strutturale con centri di potere politico-economico che costituiscono
quell’area grigia di cui tanto si
parla». Quello che, invece, Sferlazza propone per uscire da questa sorta di inquinamento sociale
è il recupero di una vera credibilità istituzionale. «Bisogna assolutamente riacquistare – dice il
procuratore – un’etica pubblica
da contrapporre al consenso sociale che la mafia ha saputo con-
quistare quotidianamente attraverso una pervasiva opera di infiltrazione capillare». Il tutto, per
ristabilire il concetto di legalità
che per Sferlazza si configura come un vero e proprio «habitus
mentale».
Ad addentrarsi maggiormente nell’analisi che spiega l’infiltrazione criminale nell’economia legale, il colonnello, Cosimo
Di Gesù: «Il valore dell’economia
illegale costituisce circa il 10%
del Pil del Paese pari, cioè, a 150
miliardi di euro. Un fenomeno
davvero devastante che poi riversa sulla società effetti di varia
natura che non sono soltanto
economici». A rivestire, poi, un
aspetto fondamentale all’interno
delle attività illecite è il riciclaggio di denaro sporco che oggi non
avviene, soltanto, nei paradisi fiscali più conosciuti. «La Svizzera
– rimarca Di Gesù – ormai non costituisce uno Stato sicuro perché
è diventata più collaborativa con
le forze dell’ordine. Al contrario
la ’ndrangheta va in cerca di altri
paradisi e spesso può anche trovarli in casa nostra. San Marino o
il Vaticano possono costituire un
esempio». Di tutela del patrimonio ambientale che, tra l’altro, risulta essere uno dei punti sensibili sul quale ruotano tutta una
serie di vicende, si sono soffermati, infine, i due rappresentanti
della Capitaneria di Porto. 41
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
Reggio Tirrenica
.
LA CRISI Vendute a 10-15 centesimi al chilo e comprate dal consumatore a due euro
ROSARNO
Clementine a prezzi da elemosina
gli agricoltori di Rosarno nel baratro
Non è arma
da guerra,
ridotta
la condanna
Un centinaio di migranti ammassati sulle rive del Mesima: un altro ghetto
PALMI. Per la Corte di Appello
Giuseppe Lacquaniti
ROSARNO
Sprofonda in un buco nero l’agrumicoltura della Piana di Rosarno,
risucchiata da una crisi devastante dovuta soprattutto al perverso
circuito della speculazione. «Gli
agricoltori – ci dice Mimmo Cannatà, presidente della Coldiretti
locale – non riescono a comprendere perché le nostre “clementine”, l’agrume più pregiato che esista al mondo, vengono acquistate
sulla pianta a 12-15 centesimi al
kg., mentre poi vengono vendute
sui banconi dei supermercati a
2/2,5 euro, con un guadagno stellare stimato tra il 300 e il 400%».
La situazione è peggiorata rispetto all’anno scorso, quando
gran parte della produzione agrumicola è rimasta a marcire per terra. «Che la crisi stia portando alla
disperazione gli agricoltori – incalza Cannatà – ne rende testimonianza il fatto che il 50% dei terreni coltivati ad agrumi sono stati
abbandonati negli ultimi 3 anni,
in quanto gli agricoltori, spesso
modesti coltivatori diretti, non
hanno i soldi per coltivarli e chi ha
cercato di resistere per qualche
anno ha dovuto impegnare parte
della già misera pensione».
Il Presidente della Coldiretti,
conti alla mano, dimostra come
ormai non sia più possibile coltivare la terra. «Se l’agricoltore riceve 12-15 centesimi a kg. per le
clementine, com’è possibile continuare a coltivarle se deve spendere circa 25 centesimi per i costi
di produzione (concimazione,
potatura, irrigazione, fresature,
trattamenti fitosanitari)?». Un disavanzo notevole tra entrate ed
uscite che non viene compensato
dall’aiuto comunitario di 1.600
euro ad ettaro per superficie agru-
Agrumeto nella piana di Rosarno
L’ex centro di raccolta Pomona nuovo ghetto dei migranti
micola coltivata.
Per dimostrare come ad arricchirsi alle spalle degli agricoltori
sia la catena della grande distribuzione, il presidente Cannatà
analizza il costo globale di un kg.
di clementine dalla raccolta
all’arrivo sui mercati. Tra acquisto del prodotto sulla pianta (tra
12 e 15 cent.), costi di raccolta (10
cent.), trasporto da campagna a
magazzino (3 cent.), lavorazione
in magazzino (10 cent.), imballaggio (10 cent.), trasporto per i
mercati nazionali (da 10 a 13
cent. secondo la distanza), guadagno del commerciante in loco
(5 cent.), si ha un totale complessivo di 60/66 centesimi a kg. Come si spiega dunque che le clementine vengano poi acquistate
dai consumatori al dettaglio a
2/2,5 euro al chilo?
Per le arance “bionde”, quelle
che servono all’industria per ricavarne succhi, si annuncia un buio
ancora più fitto. Il loro prezzo è attestato su 0,07 euro, quanto basta
per la sola raccolta. «Come per lo
scorsa stagione – commenta ama-
ramente Cannatà – agli agricoltori non resta altra prospettiva che
lasciare marcire la produzione».
La tensione in città per questo
stato di cose è palpabile, poiché la
crisi dell’agrumicoltura, su cui, da
oltre un secolo, si fonda l’economia locale, coinvolge quasi tutti i
settori produttivi. Per questo Natale si prevede una forte contrazione dei consumi per la maggior
parte delle famiglie rosarnesi, alle
prese, tra l’altro, con le restrizioni
imposte dal Governo a seguito
della crisi economica nazionale.
A farne le spese sono soprattutto i giovani, per i quali, giorno per
giorno, si assottigliano i margini
della speranza di poter trovare lavoro nella propria terra. Ma a rendere ancor più fosco il quadro della situazione contribuisce la presenza fuori da ogni controllo delle
centinaia di migranti, richiamati
ancora una volta a Rosarno dalla
stagione delle arance. La stragrande maggioranza non trova
lavoro e quasi tutti sono costretti a
vivere in condizioni disumane.
Chi vuole rendersi conto di persona di cosa voglia dire vivere peggio delle bestie, in uno stato di totale negazione dei più elementari
diritti dell’uomo, venga a visitare
il ghetto dell’ex centro raccolta
Pomona, sulle rive del Mesima,
lungo la strada che da Rosarno
porta a Nicotera, nell’immediata
periferia cittadina. Troverà, in
quella che fino agli anni ’70 fu
l’elegante dimora del barone Paparatti, oltre un centinaio di migranti ammassati fino all’inverosimile, peggio che in una bolgia
infernale. Da chi comanda in alto,
Rosarno e i suoi amministratori
ancora una volta sono lasciati colpevolmente soli. Come se la rivolta del gennaio 2010 non avesse
insegnato nulla.
Sciarrone, Giunta,Ruggiero, Alessio, Bellofiore e Macino
IL DIBATTITO Dal 1995 al 2001
La “primavera di Gioia”
raccontata in un libro
dall’ex sindaco Alessio
Gioacchino Saccà
GIOIA TAURO
Aldo Alessio, Sindaco non dimenticato di Gioia Tauro dal
maggio 1995 al maggio del
2001, eletto con una coalizione
di sinistra, ha raccontato questa
sua esperienza in un libro: circa
ottocento pagine con le quali offre uno spaccato della storia civica della città riferendo fatti e
particolari ai più sconosciuti. Il
salone delle conferenze di Palazzo Baldari ha ospitato un incontro, affollatissimo, nel quale
il volume, dal titolo “La primavera gioiese-Storia di un assedio”, edito da “Taurografiche”,
è stato presentato ufficialmente
dall’avv. Giuseppe Macino, dalla prof. Graziella Giunta, che
nell’esecutivo di Alessio ha ricoperto l’incarico di vicesindaco,
dal prof. Rocco Sciarrone, docente di Sociologia alla Facoltà
di Scienze politiche di Torino.
Moderatrice l’avv. Gabriella
Ruggiero che con lo stesso Alessio è stata assessore alle Finanze. La presentazione ha offerto
l’occasione di poter parlare di
un momento particolare vissuto
da una città nella quale Alessio
arrivava al governo della cosa
pubblica dopo un lungo periodo
di gestione commissariale, conseguente allo scioglimento del
Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Nel libro l’autore
ripercorre le tappe difficili di un
quinquennio servito soprattutto a dire no ad ingerenze e prevaricazioni e che metteva, è stato evidenziato, anche la parola
fine a quello che era un vero e
proprio assedio dei «poteri forti
nei confronti dell’istituzione».
Giuseppe Macino e Graziella
Giunta, hanno parlato a lungo
di quel quinquennio che ha rivoluzionato Gioia, tanto da essere
etichettato come “La primavera
di Gioia Tauro”. Perchè «quel
sindaco – ha tra l’altro detto Macino – voleva una città normale
senza padroni senza padrini e
soprattutto senza mafia». Il volume è ricco di foto e di documenti e questo lo ha ricordato
nella sua analisi il prof. Sciarrone che non ha esitato ad affermare che lo stesso ha veramente
grande valenza. Le conclusioni
sono state tratte dallo stesso autore che ha tra l’altro affermato:
«Con la mafia non si può convivere. Solo se i mafiosi restano alla porta un sindaco riuscirà veramente a governare bene».
di Reggio Calabria - presieduta dal giudice Lilia Gaeta - la
famosa pistola Walther P 38,
usata dai tedeschi nella II
guerra mondiale, non è arma
da guerra ma arma comune da
sparo. A questa conclusione la
Corte è giunta accogliendo
l’appello del minore G. S. in
cui il difensore, avvocato Antonino Napoli, aveva sostenuto che dall’esegesi sistematica
delle leggi sulle armi non si
poteva considerare la pistola
semiautomatica Walther P
38, seppur non inserita nel catalogo nazionale delle armi e
avente calibro 9 x 21 parabellum, arma da guerra. Il minore G. S., ad un controllo del
proprio quadriciclo effettuato
a Rosarno, era stato trovato in
possesso dell’arma abilmente
occultata nel cruscotto. In seguito all’appello del difensore
del minore, che era stato condannato dal Gup presso il Tribunale dei minori a 3 anni e 4
mesi di reclusione, la Corte ha
disposto la citazione del consulente della Polizia Scientifica che aveva effettuato, durante le indagini, gli accertamenti balistici. «All’esito
dell’esame del consulente, –
spiega il legale – il Pg aveva
chiesto la conferma della condanna del minore mentre l’avvocato Antonino Napoli, aveva sostenuto che la Walther P
38, essendo una pistola semiautomatica, non poteva essere considerata arma da
guerra La difesa ha depositato
anche uno studio sulle armi da
guerra. La Corte, accogliendo
le argomentazioni difensive
ha ridotto la pena a 2 anni e 4
mesi, concedendo al minore la
sospensione condizionale e rimettendolo in libertà.(i.p)
Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
44
Reggio Tirrenica
.
SALINE La proposta di Nuccio Barillà approvata al congresso nazionale di Legambiente
MELITO È l’ennesimo avvertimento al consorzio “Terre del Sole”
Furto nelle terre confiscate:
Centrale a carbone? No, grazie
non ci faremo intimidire»
Arriva la “fabbrica dell’ambiente” «Ma
L’attività continua: è la migliore risposta all’illegalità
«Puntare su energie rinnovabili e valorizzazione delle risorse endogene»
Federico Strati
MONTEBELLO JONICO
Un laboratorio di economia
sostenibile con la nascita di
una fabbrica dell’ambiente e
delle energie rinnovabili. Una
sorta di “piano verde” per
l’Area grecanica, con tanto di
monito al nuovo governo
Monti affinché dia l’«alt» definitivo e senza tentennamenti
alla centrale a carbone proposta dalla multinazionale svizzera Sei/Repower a Saline Joniche. Questo il dato saliente
emerso nel corso dell’XI congresso nazionale di Legambiente, durante il quale è stato
dato l’ok all’unanimità (presenti oltre 800 delegati) alla
mozione “no coke” presentata
da Nuccio Barillà e introdotta
dal presidente nazionale di
Legambiente Vittorio Cogliati
Dezza.
Una richiesta, quella degli
esponenti del Cigno verde,
che ha il tenore quasi di un ultimatum al nuovo governo
tecnico. Una ferma presa di
posizione che arriva a pochi
giorni dalla timida apertura
possibilista all’investimento
svizzero palesata nel corso
della sua visita in riva allo
Stretto dal neo ministro
all’Ambiente Corrado Clini
(che comunque non ha voluto
esprimere alcun parere sul
progetto in attesa di prenderne visione).
Una manifestazione di Legambiente contro la centrale di Saline a Roma
«Legambiente – si legge in
una nota diffusa ieri dall’associazione ambientalista – si rivolge direttamente al nuovo
governo e invoca massima attenzione sulla procedura autorizzativa ancora in corso per
la realizzazione del sito. Il via
libera all’impianto rappresenterebbe un atto grave e pericoloso che violerebbe l’impegno
di ridurre i gas serra, facendo
aumentare di almeno 7,5 milioni di tonnellate annue le
emissioni di Co2. Una scelta
scellerata che peggiorerebbe
la dipendenza energetica
dall’estero e andrebbe in controtendenza rispetto alle indicazioni venute dal referendum sul nucleare e che costituirebbe una follia per la Calabria, regione che esporta energia per una quota superiore al
50% rispetto alla produzione
e che ha scelto, attraverso un
piano energetico, di escludere
l’impiego del carbone e di
puntare sulle rinnovabili». Alle motivazioni ecologiche gli
MONTEBELLO Stanziati 20.000 euro. Ma occorre una gara
ambientalisti
aggiungono
quelle che riguardano in prima
persona
i
cittadini
dell’Area grecanica: «La scelta
del carbone – prosegue il documento – avrebbe effetti devastanti su un territorio che ha
enormi potenzialità turistiche
e ambientali, con numerosi siti di interesse comunitario e
zone di protezione speciali e
che, peraltro, ha già pagato un
prezzo elevatissimo per le
scelte sbagliate del passato.
Per questo chiediamo al governo di schierarsi dalla parte
dei cittadini, in difesa della loro salute e delle scelte compiute da importanti realtà del
territorio, che danno lavoro e
producono economia pulita:
recupero dei borghi abbandonati, valorizzazione delle bellezze naturalistiche, turismo
di qualità, produzioni d’eccellenza come quella del bergamotto».
Le proposte contenute nella
mozione sono esplicite: si
chiede al governo Monti e al
ministro all’Ambiente Clini di
«prendere atto della contrarietà espressa in piazza dalla
gente e nelle sedi istituzionali
dalla Regione Calabria e dal
ministero dei Beni culturali» e
«di rinunciare definitivamente
al progetto di centrale, definendo piuttosto, di concerto
con gli enti locali, un programma di interventi alternativi per l’Area grecanica».
GiuseppeToscano
MELITO
L’ennesimo furto è stato registrato ieri mattina. Dal magazzino da poco restaurato, la cui
porta d’ingresso è stata divelta,
sono stati portati via attrezzi e
materiali vari. Il danno materiale arrecato non è preoccupante, il segnale lanciato attraverso l’incursione invece lascia
riflettere. A subire il danno è
stato il Consorzio “Terre del sole”, assegnatario del bene confiscato alla mafia in località
Placanica di Pentedattilo, sul
quale è stata realizzata un’intensa attività di coltivazioni.
«Non ci voleva proprio –
commentano i responsabili
dell’organismo no-profit – dal
momento che adesso “Terre
del Sole” sta affrontando per la
prima volta la sfida della produzione agricola a scala più vasta, superando le iniziali difficoltà di avviamento. Il furto in
sé non ha arrecato gravi danni:
è stata divelta la porta di un
magazzino da poco restaurato
e sottratti piccoli attrezzi e materiali. Ma esso è uno dei tanti
di una lunga serie di “garbate”
minacce, che gli operatori del
consorzio e le cooperative sociali ricevono con assidua frequenza».
“Terre del Sole” è stato costituito circa cinque anni addietro, con l’adesione di una dozzina di cooperative sociali del
territorio. Scopo del sodalizio,
I campi confiscati alla mafia a Villa Placanica sono coltivati a ortaggi
che ha ottenuto il bene da parte
dell’amministrazione comunale di Melito Porto Salvo, è l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, quali disabili
mentali, disoccupati di lungo
corso, ex tossicodipendenti, ex
detenuti o soggetti comunque
provenienti da percorsi penali.
«Il furto, la minaccia, e altro
genere di vessazioni ad opera
della criminalità organizzata –
affermano i referenti dell’ente
– non ci spaventano di certo:
domenica, ad esempio, “Terre
del Sole” ha ospitato un gruppo
scout che ha dato una mano, sia
pur simbolicamente, alla conduzione agricola. Questo stile
che caratterizza il consorzio è
la migliore risposta alla illegalità. Risposta che continueremo
a dare proponendo sui nostri
terreni anche l’anno prossimo,
campi di lavoro e formazione
rivolti a giovani volontari di
tutta Italia, così come abbiamo
fatto negli ultimi cinque anni in
strettissima cooperazione con
altre realtà del territorio come
l’associazione Pro Pentedattilo, l’Arci di Reggio Calabria e
“Libera”, organizzazione a cui
il consorzio aderisce».
Il bene confiscato su cui sono
state impiantate le coltivazioni
ha una superficie che si aggira
sui dieci ettari. Solamente da
pochissimo tempo, grazie anche ai finanziamenti ottenuti, è
stato possibile dare il via alle
ampie produzioni mentre altre
attività a sfondo sociale sono
ormai consolidate.
PALIZZI Centri storici, turismo locale e servizi alla persona
namento, in rappresentanza delle componenti dei soggetti sottoscrittori. Il Comitato ha il compito di coordinare le attività, durante la fase di predisposizione e
presentazione dei Pisl. La composizione del Comitato di coordinamento – chiarisce la delibera – deve essere definita all’interno del Protocollo d’intesa».
Insomma, si stanno facendo
grandi passi in direzione di uno
sviluppo territoriale adeguato
alle caratteristiche del territorio
stesso. Unico neo, se così si può
dire, è che la delibera in questione non è stata votata dal gruppo
di minoranza, assente ai lavori
consiliari, assieme ad un altro
consigliere di maggioranza.
«Siamo stati assenti – ci riferisce
Davide Plutino – uno dei tre consiglieri dell’opposizione – perché siamo convinti che i progetti
Pisl, elaborati e presentati dal
Comune, non corrispondono alle vere, effettive necessità di sviluppo della nostra cittadina».
Protocollo d’intesa Provincia-Comune
Pisl, sì del Consiglio alle tre “sezioni”
Il porto sarà presto liberato dalla sabbia L’opposizione però si tira fuori
MONTEBELLO JONICO. È immi-
nente l’apertura di un varco nel
porto insabbiato di Saline. Il presidente della Provincia Giuseppe
Raffa e il sindaco di Montebello
Antonio Guarna hanno infatti firmato un protocollo d’intesa per liberare l’imbocco dello scalo dalla
sabbia e consentire il transito dei
natanti. Il tutto per un importo di
circa 20 mila euro. I lavori verranno eseguiti nel rispetto delle indicazioni fornite dalla Capitaneria
di porto di Reggio. Il Comune si
impegna, previa acquisizione di
tutti i pareri e i nulla osta, ad avviare la procedura di gara. L’arch.
Antonino Claudio Diano, capo ufficio tecnico comunale, si occuperà del procedimento. «La firma
del protocollo – ha detto Raffa –
Il porto di Saline insabbiato
concretizza un altro aspetto della
collaborazione tra istituzioni per
il recupero e la valorizzazione del
porto. Con le risorse stanziate sarà possibile avviare un intervento
immediato per liberare l’imbocco
ostruito dalla sabbia. Di pari passo la Provincia, d’intesa con la facoltà di Ingegneria idraulica e
marittima dell’Università Mediterranea, sta predisponendo uno
studio complessivo sulla costa
reggina e si appresta all’acquisto
di un pontone, strumento indispensabile alla manutenzione periodica dell’imboccatura del porto. Il tutto, ovviamente, in attesa
delle risorse aggiuntive che ci
consentiranno, anche alla luce
dello studio dell’Università, di avviare interventi strutturali tali da
mettere in sicurezza lo scalo».
Guarna, dal canto suo, ha ringraziato Raffa, ricordando come l’intervento sia propedeutico all’installazione delle idrovore già acquisite dalla Provincia.(f.s.)
Pietro Parisi
PALIZZI
Centri storici e borghi d’eccellenza dell’Area grecanica; sistemi
turistici locali, destinazioni turistiche e servizi intercomunali
per la qualità della vita. Per tutte
e tre gli argomenti, nell’ultima
seduta, il Consiglio ha formalmente approvato il protocollo
d’intesa per la costituzione del
parteneriato di progetto per
l’elaborazione dei Progetti integrati di sviluppo locale (Pisl). I
Comuni coinvolti nei borghi
d’eccellenza sono Melito, Brancaleone, Palizzi, Condofuri,
Staiti, San Lorenzo, Montebello
Jonico, Roghudi e Bova, con
quest’ultimo Comune capofila.
Per quanto riguarda i sistemi turistici locali, capofila è Brancaleone, mentre per i servizi intercomunali per la qualità della vita, sarà Melito a coordinare gli
eventuali progetti.
Com’è noto, i Pisl sono uno
strumento operativo di attuazione della strategia regionale che
mira allo sviluppo sostenibile del
territorio nell’ambito delle linee
d’intervento del Por Calabria
Fers 2007-2013 e che riguardano la concertazione, la partecipazione e la collaborazione tra
pubblico e privato. Ma non solo. I
progetti integrati sono finalizzati al conseguimento di obiettivi
considerati strategici per l’intero
territorio regionale, secondo le
indicazioni del Qupi (Quadro
unitario regionale della progettazione integrata). In quest’ottica, dopo l’intesa raggiunta e sottoscritta dai Comuni interessati,
l’Amministrazione ha approvato
lo schema di protocollo per la costituzione del parteneriato, strumento indispensabile per la progettazione e l’elaborazione dei
Pisl, individuando nel Gal-Area
grecanica il soggetto partner.
Quest’ultimo offre agli Enti
coinvolti «assistenza tecnica alla
progettazione integrata ed in
particolare nella stesura delle linee progettuali, coerentemente
con le linee strategiche dei Pisl».
Serve rammentare che i «parteneriati di progetto – si legge nella
delibera del Consiglio – devono
nominare un Comitato di coordi-
Tribunale Civile
di Reggio Calabria
Tribunale Civile
di Reggio Calabria
MOTTA S. GIOVANNI Nella festa della protettrice S. Barbara la comunità unita nella triste memoria
PROCEDURA ESECUTIVA N. 54-08 R.G.ES.
PROCEDURA FALLIMENTARE N. 1237/90 R.F.
«Presenti!» i minatori morti sul lavoro e per il lavoro
G.E. dott. Giuseppe Campagna
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la vendita in Cancelleria. Eventuale vendita con incanto 24.01.2012 ore 9.30
con seguito, Aula Udienze presso Palazzo Cedir, Torre III, piano terra. Maggiori informazioni c/o l’Ufficio Edicom
Finance Srl sito nel Tribunale di Reggio
Calabria, Palazzo Cedir, Torre II, p.t.,
c/o il custode giudiziario avv. Viviana
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3,00, seminativo di 2. classe; quota indivisa
pari al 50% del Corpo di Fabbrica ad una elevazione al NCEU del Comune di Bova Marina
fg 35, p.lla 219, cat. C-2, cl. 2, mq 242, Rendita € 612,41. Si precisa che la sup. relae risulta essere pari a ca 180 mq in luogo dei
242 indicati nella visura. Vendita senza incanto 25.01.2012 ore 10.00 con seguito, Aula Udienze presso l’ufficio del Giudice Delegato del Tribunale di Reggio Calabria, via S.
Anna, Palazzo Cedir, piano 3, Torre 3, sez.
fallimentare, stanza 25. Prezzo base: €
14.895,00; Offerte in aumento non inferiori
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12 del giorno antecedente la vendita c/o la
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Reggio Calabria, Palazzo Cedir, Torre II, p.t.,
c/o la Cancelleria fallimentare (tel.
09658577620 - 8577994), o c/o il curatore
avv. Pietro Scaramuzzino (tel. 0965331351),
sito internet www.asteannunci.it.
Giovanni Legato
MOTTA SAN GIOVANNI
Festeggiamenti in onore di Santa
Barbara che, ancora una volta,
hanno fatto rivivere la profonda
devozione che i mottesi hanno
nei confronti della protettrice dei
minatori. Giornata di festeggiamenti ma anche della memoria e
del ricordo dei minatori morti sul
lavoro e per silicosi. Una giornata
che coinvolge tutta la comunità,
in quanto non c’è famiglia mottese che, nel tempo, non abbia avuto tra i componenti un minatore
prima ed un caduto dopo. Dopo la
messa nella chiesa di Santa Caterina di don Severin Kyalowdawa
Kaziwali, la statua di Santa Barbara, preceduta dal gonfalone comunale e seguita dalle autorità civili, è stata portata in processione
per le vie del paese, prima di raggiungere la chiesa di San Giovan-
La processione di S. Barbara attraversa piazza del Minatore
ni Evangelista. Presenti, tra gli altri, il vice presidente della Provincia, Giovanni Verduci, ed il sindaco Paolo Laganà. Prima di giungere al parco delle Rimembranze
del rione Leina, il sindaco Laganà
ha deposto una corona al monu-
mento al Minatore, nell’omonima piazza. Toccante e piena di
emozioni la manifestazione al
parco delle Rimembranze ove la
gente ha sostato davanti alle
enormi lastre di pietra, in cui sono
scolpiti i nomi dei 500 caduti sul
Raccoglimento in piazza del Borgo in attesa dei fuochi pirotecnici
lavoro e per il lavoro. Paola Spanò, Francesco Calabrò, Antonino
Sgrò, Rosetta Ferrara e Antonella
Squillaci, hanno fatto l’appello
dei caduti e tutti a rispondere:
«Presente!». In quegli attimi, il
pensiero è andato a quanti hanno
sacrificato la propria vita per la
famiglia, il lavoro, il progresso. La
cerimonia si è chiusa con gli interventi di Margherita Calabrò, in
rappresentanza dell’associazione Minatori mottesi, e del sindaco. Poi i fuochi d’artificio.
45
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
Reggio - Provincia
.
LOCRI Nei loro confronti si procederà con il rito ordinario
LOCRI
“Recupero”,
chiesto dal pm
il rinvio a giudizio
per 59 indagati
Presentati
gli eventi
legati
alla “luce
del Natale”
Pino Lombardo
LOCRI
Venerdì verrà conferito l’incarico al perito che dovrà
trascrivere le intercettazioni telefoniche e ambientali
Rocco Muscari
LOCRI
Il sostituto procuratore della
Distrettuale antimafia, Antonio De Bernardo, ha chiesto il
rinvio a giudizio per tutti gli indagati dell’inchiesta “Recupero” o “Bene Comune” che hanno aderito al rito ordinario, al
momento cinquantanove su
sessantasette.
La richiesta è giunta a conclusione della discussione del
procedimento penale, in atto
davanti al Gup di Reggio Calabria, giudice Adriana Trapani,
a carico di 67 indagati che rispondono, a vario titolo, di associazione per delinquere di
stampo mafioso, aggravata
dalla
transnazionalità,
in
quanto ritenuti appartenenti
alle consorterie della ‘ndrangheta di Siderno confederate
con la cosca madre dei “Commisso”. Il pm De Bernardo, nel
conciso intervento, si è riportato integralmente alle conclusioni delle indagini coordinate
dalla Dda reggina, che hanno
portato a due blitz eseguiti dalla polizia e dai carabinieri il 13
dicembre 2010, che hanno svelato i retroscena della presenza
capillare sul territorio sidernese di diversi gruppi criminali,
tra i quali l’asserita cosca “della
Lamia” e quella denominata
“Rumbo-Galea-Figliomeni”,
tra loro collegati e comunque
sottoposti all’egemonia dei
“Commisso”, e finalizzati al
controllo mafioso del territorio
ed alla commissione di una serie indeterminata di delitti tra
cui estorsioni, danneggiamenti, delitti contro la persona. Ed
ancora intestazione fittizia di
attività economiche a prestanome, riciclaggio, traffico di
sostanze stupefacenti, nonché
all’acquisizione in via diretta o
indiretta della gestione o del
controllo di attività economiche, all’ingerenza nella vita politica locale ed al conseguimento di profitti e vantaggi ingiusti.
Alla richiesta di rinvio a giudizio si sono associate le parti
civili, tra cui il Comune di Siderno e la Provincia di Reggio
Calabria.
Fino a ieri tra gli indagati
che invece hanno formalizzato
l’adesione al giudizio abbreviaIl sostituto
procuratore
della Distrettuale
antimafia, Antonio
De Bernardo
to, che sarà celebrato davanti
al Gup reggino probabilmente
il 22 marzo prossimo, Giovanni Galea e Girolamo Belcastro;
entrambi difesi dall’avvocato
Leone Fonte, Antonio Commisso (cl. 56), inteso “l’avvocatu”,
e Domenico Lubieri, assistiti
dall’avv. Antonio Speziale;
Francesco Commisso, (cl. 48),
avv. Sandro Furfaro; Giuseppe
Fuda, avv. Rocco Guttà; Giovanni Galluzzo, avv. Guido
Contestabile;
e
Giuseppe
Sgambelluri, avvocati Francesco Commisso e Francesco Calabrese.
Altri difensori che hanno
chiesto il rito abbreviato condizionato, respinto ieri dal giudice Trapani, sono pronti a ribadire la richiesta all’acquisizione di documenti o di prove testimoniali, tra cui gli avvocati
Eugenio Minniti e Giuseppe
Oppedisano, nell’interesse di
Massimo Pellegrino.
Altri difensori, (tra cui Gerace, Filippone, Commisso, Veneto, Albanese, Calderazzo,
Sgambellone), stanno ancora
valutando gli atti per eventualmente aderire al rito abbreviato, ed hanno tempo fino a venerdì, giorno in cui sono previsti gli interventi delle parti contro la richiesta di rinvio a giu-
Il procedimento è in atto nell’aula bunker ospitata nel palazzo Cedir a Reggio
dizio formulata ieri dalla Distrettuale.
Sempre ieri alcuni penalisti
hanno depositato memorie difensive, quali l’avv. Speziale, e
copiosa documentazione inerente l’esito delle indagini difensive, come nel caso degli avvocati Giovanni Taddei e Filippo Ubaldo, nell’interesse di
Giorgio Futia.
All’udienza di venerdì è previsto il conferimento dell’incarico al perito nominato dalla
giudice Trapani per trascrivere
tutte le intercettazioni telefoniche ed ambientali presenti
nel fascicolo dell’accusa.
Proprio dalle risultanza delle intercettazioni ambientali
effettuate dalla polizia all’interno della lavanderia “Ape
Green”, gestita da Giuseppe
Commisso, inteso “u mastru”,
imputato nell’operazione “Crimine”, che si è sviluppata l’indagine sulle asserite consorterie criminali operanti in Sider-
no.
Nel procedimento in atto
nell’aula bunker del Cedir sono
indagati, fra gli altri, Antonio
Figliomeni, (cl. 49) inteso “u
topu”, fratello dell’ex sindaco
Alessandro Figliomeni che ha
ottenuto il giudizio immediato. Tra i principali indagati risultano anche Riccardo Rumbo, detto “Franco”, Antonio
Futia inteso “u ngilla”, e Michele Correale, alias “Zorro”.
Partirà questa mattina in
piazza dei Martiri - con il dibattito che coinvolgerà gli
studenti delle scuole cittadine sul “diritto alla conoscenza” - la kermesse natalizia dal titolo “La luce del
Natale”.
L’illuminazione sarà legata agli eventi messi in
campo con la fattiva collaborazione delle associazioni cittadine ad iniziare dalla Pro Loco, che si è già accollata l’onere di illuminare
l’albero natalizio che svetterà in piazza dei Martiri.
Questo il filo conduttore
del’incontro con la stampa
che ieri pomeriggio, nel Palazzo comunale, il primo
cittadino Giuseppe Lombardo, affiancato dagli assessori Aldo Dattilo e Giuseppe Gelonese e dai rappresentanti delle associazioni locresi, convocata per
illustrare gli eventi che si
succederanno fino al prossimo 6 gennaio.
Ruolo fondamentale, oltre all’apporto delle associazioni, sarà anche quello
delle scuole cittadine variamente impegnate per la
buona riuscita degli eventi.
Anche il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini sarà
della partita: sarà infatti lui
che giovedì 15 dicembre attenderà, davanti al piazzale
della Cattedrale, i giovani
che daranno vita alla fiaccolata per portare in chiesa
i “bambinelli” da far benedire al presule.
Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
46
Reggio Ionica
.
Arrestati a Torino e Asti dagli agenti della Squadra mobile della città della Mole
SIDERNO
Gioiosa Jonica, tre in manette
per aver supportato il boss
Notte bianca
a “La Gru”
per aiutare
i bambini
ugandesi
La latitanza di Giorgio Demasi “u mungianisi” era finita lo scorso aprile
Macrì, Condemi, Signati, Costa, Mittiga
Antonello Lupis
ROCCELLA
Sono tre, tutte originarie della
Locride e in particolare di
Gioiosa jonica, le persone arrestate a Torino e Asti dagli agenti
della Squadra Mobile di Torino
poiché avrebbero favorito la
lunga latitanza del boss gioiosano, trapiantato nel capoluogo
piemontese, Giorgio Demasi,
alias “U Mungianisi”, di 59 anni, arrestato nella primavera
scorsa. Per via, infatti, di un’ordinanza di custodia cautelare in
carcere emessa dal gip del tribunale di Torino, Giuseppe Salerno, a vedersi notificato il provvedimento restrittivo sono stati
i gioiosani Francesco Ursino, di
28 anni, Rocco Demasi, di 46
anni e Rocco Schirripa, di 58
anni, già raggiunto nei mesi
scorsi da un altro provvedimento restrittivo nell’ambito della
vasta operazione antimafia
chiamata “Minotauro”. Il ricercato Giorgio Demasi, “guru” del
casato malavitoso gioiosano ed
elemento di spicco della cosiddetta “Provincia” della ndrangheta reggina, era stato arrestato a Torino alla vigilia di Pasqua, il 23 aprile scorso, dagli
agenti della Polizia di Stato della Questura e Squadra Mobile di
Reggio Calabria, guidate, rispettivamente, dal questore
Carmelo Casabona e dal dott.
Renato Cortese, e dai poliziotti
del commissariato di Siderno
diretto dal vicequestore aggiunto Stefano Dodaro. Con Giorgio
Demasi in manette era, all’epoca, finito pure il cugino del ricercato gioiosano, Rocco Demasi, di 46 anni, accusato di favoreggiamento personale e in
seguito scarcerato. Ed era stato
BOVALINO Relatore Luigi Condemi
Lezione di storia patria
per gli studenti
dell’Istituto “La Cava”
Giuseppe Pipicella
BOVALINO
Francesco Ursino
Rocco Demasi
Rocco Schirripa
proprio seguendo gli spostamenti del cugino che gli agenti
reggini della Polizia di Stato, in
collaborazione con i poliziotti
della Squadra Mobile di Torino,
erano riusciti a localizzare,
bloccare e arrestare il latitante
gioiosano che da tempo, vistosi
braccato in tutta la Vallata del
Torbido e nel comprensorio della Locride, aveva trovato rifugio
nel capoluogo piemontese grazie anche alla utile e fattiva collaborazione quotidiana di alcuni fidati fiancheggiatori, conoscitori della città sabauda e
dell’hinterland torinese, tra cui,
appunto il cugino Rocco Demasi e gli altri due arrestati di ieri,
Ursino e Schirripa.Sul ricercato
Giorgio Demasi, accusato di associazione per delinquere di
stampo mafioso unitamente,
tra gli altri, ai boss Giuseppe
Commisso, alias “U Mastru”, di
Siderno, Giuseppe Pelle “Gambazza” di San Luca e Rocco Morabito classe 1960 di Africo,
pendeva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa
dal gip distrettuale di Reggio
Calabria a luglio del 2010
nell’ambito della maxi operazione antimafia denominata “Il
Crimine”. Un mega blitz che
all’epoca oltre a sfociare in circa
300 arresti colpì sin dalle fondamenta le più importanti e potenti cosche della ndrangheta
delle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone,
oltre alle loro proiezioni extraregionali ed estere.Secondo comunque i magistrati antimafia
di Reggio Calabria e Milano con
l’operazione “Il Crimine” è stato
possibile documentare la gestione delle attività illecite in
Calabria e le infiltrazioni della
ndrangheta nel Nord Italia do-
ve, appunto, l’organizzazione
criminale calabrese stava estendendo i propri interessi illeciti
in diversi settori economici.
Giorgio Demasi, più volte intercettato, prima dell’operazione
“Il Crimine”, dagli investigatori
della Polizia di Stato mentre
conversava e discuteva, all’interno della lavanderia “Ape
Green” di Siderno, in ordine
agli assetti della ndrangheta
reggina con riferimento, in particolare, ai “locali” della Piana
di Gioia Tauro, col boss Giuseppe Commisso, “mammasantissima” dell’omonima e potente
“famiglia” di Siderno, era stato
in passato spesso preso di mira e
controllato a vista dalle forze
dell’ordine per presunti reati in
materia di associazione mafiosa, traffico internazionale di
droga, rapina, furto e porto
abusivo di armi da fuoco.
MAMMOLA Studenti all’opera dopo il crollo della copertura
Sabato al Musaba una giornata
di “braccia regalate alla cultura”
REGGIO. Sotto lo slogan “Braccia
regalate alla cultura” (noi, piuttosto, diremmo “chi fa da sè fa
per tre”) sabato dalle ore 10 avrà
luogo una giornata di sensibilizzazione che vedrà nel Museo
Santa Barbara protagonisti studenti degli istituti del comprensorio.
Il crollo della copertura
dell’antica cisterna romana nel
chiostro del Museo dal 9 novembre scorso impedisce l’accesso al
complesso museale creato da
Nik Spatari e Hiske Maas, i quali
imputano l’accaduto al «mancato intervento per il restauro e
consolidamento da parte della
Regione (intervento già finanziato nel lontano 2004 con i fon-
La copertura crollata nel Musaba
di Por Calabria 2000/2006)».
A disastro avvenuto, ecco
quindi partire una catena solidale cui parteciperanno delegazioni di studenti dell’Istituto d’Arte
di Locri, del Liceo artistico di Siderno, dell’Istituto tecnico per il
turismo di Marina di Gioiosa Jonica, dei Licei scientifici di Gioiosa e Roccella e l’Istituto agrario
di Caulonia per rimuovere, almeno in parte, le macerie.
«È necessario che l’identità
del Musaba e la sua missione siano rilanciate attraverso un atto
di volontà politica – scrivono
Spatari e Maas – che ne individui
il ruolo artistico, turistico e culturale. Nella vita ci sono momenti in cui qualcuno ha la vo-
SIDERNO In occasione della recente esercitazione nazionale
Rischio sismico, bella prova
per i radioamatori della Locride
Aristide Bava
SIDERNO
I tempi lo richiedono e i radioamatori della Locride hanno dimostrato di essere pronti. L’occasione è stata l’esercitazione nazionale di protezione civile “rischio sismico Calabria 2011”.
Dalle prime ore del mattino si è
avviato il test o con la simulazione
di un evento sismico di forte intensità sul territorio calabrese,
che ha coinvolto una trentina di
radioamatori dell’Ari (Associa-
zione radioamatori italiani), sezione della Locride con sede a Siderno presso il Centro operativo
misto. Unitamente ad altre associazioni del settore protezione civile, c’è stato un impegno corale
su alcuni dei test per le telecomunicazioni soprattutto in termini di
collegamento tra Com e Coc. Tutti si sono prodigati grazie alle proprie attrezzature (ponti ripetitori
mobili e fissi, ricetrasmettitori a
base fissa e portatile, antenne e
attrezzature varie), a mettere in
contatto radio tutti i Centri opera-
tivi misti e i Centri operativi comunali del comprensorio che va
da Monasterace a Brancaleone. Il
tutto coordinato dal presidente
pro tempore Massimo Murruni.
È stato, comunque, evidenziato che c'è ancora da lavorare per
garantire un contatto radio più
stabile tra la zona jonica reggina e
le sale radio situate nelle Prefetture di Reggio e Catanzaro. Il presidente Murruni è rimasto particolarmente soddisfatto dell’esercitazione: «Il mio auspicio è un ulteriore miglioramente delle no-
Il magistrato della Corte dei
Conti di Roma, Luigi Condemi di Fragastò, su invito del
dirigente scolastico prof. Lorenzo Spinella e del sindaco
Tommaso Mittiga, ha tenuto
un’interessante lezione di
storia patria e di grande amore per la libertà agli studenti
del liceo scientifico, del liceo
classico e dell’Istituto professionale ( le tre anime dell’Istituto “Francesco La Cava “ come dice la docente Anna Costa ).
Il fatto che i giovani studenti abbiano seguito con
particolare attenzione la narrazione delle vicende storiche (intrecciate con una storia d’amore ) che portarono
all’Unità d’Italia sta a significare che l’argomento ha interessato parecchio e il linguaggio usato dall’illustre calabrese (originario di Gioiosa Jonica ), magistrato-storico trapiantato a Roma, è stato accessibile e scorrevole. Il feeling con i giovani, quindi, è
stato quasi immediato ed è
senza dubbio migliorato
quando, con una bella intuizione, Luigi Condemi si è ri-
volto ai giovani con una simpatica espressione che ha
strappato applausi: “Come
siete belli!”.
I lavori, presenti anche il
sindaco Mittiga e il presidente dell’assemblea consiliare
Franco Signati, sono stati introdotti dal prof. Pino Macrì,
storico di origini bovalinesi,
ospite dell’Istituto “La Cava “
per una serie di conferenze
concordate tra la scuola e
l’Amministrazione comunale
per ricordare i 150 anni
dell’Unità d’Italia. Presentando la sua ultima ricerca storica “”Amore e rivoluzione “”
sotto forma di romanzo storico, Luigi Condemi ha ricordato gli avvenimenti di quel
lontano 1847 intrecciati con
una bella storia d’amore dei
giorni nostri vissuta dal protagonista che si innamora di
una studiosa di quegli eventi:
dal passato al presente e viceversa attraverso belle pagine
che si prestano ad una avvincente lettura. Gli interventi
del dirigente Spinella, della
docente Anna Costa, del sindaco Mittiga, del presidente
Signati e di alcuni giovani
studenti hanno reso molto interessante l’incontro “storico”
per ricordare l’Unità.
SIDERNO. Il Centro commer-
ciale “La Gru” sottolinea il ritorno di un atteso appuntamento: l’albero del sorriso di
Ivana Barranca. Dopo la costruzione di un asilo in Kenya,
di una casa famiglia e dopo
aver contribuito alla guarigione e all’assistenza della piccola Njry, quest’anno il progetto
presentato dalla sig.ra Barranca in collaborazione con
l’associazione “I Bambini di
Antonio Gallo” con sede a Rodi di Puglia si pone come
obiettivo la creazione di un
dormitorio che ospiterà più di
30 bambini nel villaggio di Kawomya in Uganda.
Per il quarto anno consecutivo
Luciano Racco sostiene e promuove l’iniziativa “L’albero
del Sorriso”: in occasione della Notte Bianca e dei festeggiamenti del 10° anniversario
di apertura del centro, al piano terra de “La Gru” è stato allestito un albero di natale decorato con palline create con
la tecnica del decoupage e si
potranno inoltre trovare altre
idee regalo anch’esse decorate a mano dalla signora Barranca e messe a disposizione
di chiunque voglia acquistarle
per aiutare la realizzazione
del progetto. L’intento è regalare una vita più dignitosa al
villaggio di Kawomya, in
Uganda; i bambini che si trovano lì sono orfani o sono stati
abbandonati, vengono accuditi da due volontari, vivono
in capanne costruite con canne e fango non hanno letti o
materassi nè cibo a sufficienza. Il progetto cerca di ridurre
il più possibile questo disagio
costruendo un dormitorio con
servizi igienici annessi.
lontà di concepire un’idea e la
forza di realizzarla. Siamo più
che convinti che la scelta di investire la nostra energia su Musaba
rappresenta un sogno realizzato
che può avere ricadute positive
su tutta la Calabria, in Europa e
anche oltre. Non vogliamo più
guardare all’attività e al valore
di questo parco museo riducendo la prospettiva ai confini territoriali. Anni di promesse e di
progetti finanziati, anche per lavori urgentissimi, che attengono
alla salvaguardia e alla sicurezza, ma che non vengono avviati
per motivi incomprensibili. MuSaBa è stato progettato non solo
per offrire semplici spazi espositivi – concludono i creatori –, ma
per mettere a disposizione di visitatori, studenti e artisti tutti i
servizi indispensabili, in una visione contemporanea delle attività produttive dell’arte, architettura e del turismo culturali. In
breve: un museo laboratorio vivo».(l.n.)
MONASTERACE Con la “carta di Matera”
CAULONIA
Comune impegnato
a tutelare l’agricoltura
Un concerto
in chiesa
per celebrare
l’Immacolata
stre potenzialità anche perchè oggi si è trattata di una simulazione
ma un domani, e senza preavviso,
si potrebbe verificare di tutto. Noi
radioamatori dell’Ari, sezione
della Locride, cerchiamo sempre
nel nostro piccolo e con le nostre
forze e spirito di sacrificio di essere al servizio della collettività,
malgrado per noi il mondo della
comunicazione è un hobby, una
cosa molto bella che permette di
metterci in comunicazioni, quindi scambiare pareri tecnici modi
di vedere le cose a livello non solo
nazionale ma internazionale».
Murruni ha voluto ringraziare il
sindaco Riccardo Ritorto per la
concessione della sede e per la
sua collaborazione nonchè tutti i
soci Ari che si sono prodigati per
rendere ottimale la loro attività
operativa.
L’INIZIATIVA Protagonista la pignolata
Imma Divino
MONASTERACE
L’esecutivo ha dato mandato al
sindaco Maria Carmela Lanzetta di procedere alla sottoscrizione della “Carta di Matera” con la Confederazione Italiana Agricoltori. L’adesione al
documento, denominato “Per
il futuro più agricoltura”, proposta all’esecutivo dall’assessore Teodoro Bucchino, è scaturita dalla ferma volontà di
sostenere e valorizzare l’agricoltura, uno dei volani dello
sviluppo locale equilibrato e
sostenibile.
Oltre al riconoscimento del
rilievo che assume per la cresci-
ta dell’intero territorio, l’Amministrazione, nel ribadire impegno istituzionale a “costruire rapporti di fattiva collaborazione con i vari soggetti locali,
anch’essi a vario titolo impegnati a far prevalere, attraverso una consapevolezza di gestione programmata del territorio, modelli di sviluppo rurale economicamente sostenibili
in grado di garantire alimenti
sani, tracciabilità, tutela delle
tradizioni enogastronomiche,
a vantaggio del benessere e
della salute dei propri cittadini
e consumatori”, sottolinea anche la necessità di promuovere
politiche a salvaguardia dei valori dell’agricoltura. A Roccella da stasera
è “Tempo di Natale”
ROCCELLA. Il Corso, già ad-
dobbato a festa con le luminarie natalizie, è pronto a
farsi “inondare” da un fiume
di miele ed a solleticare il palato dei visitatori con il profumo della cannella che si
sprigionerà dalla pignolata,
dolce della tradizione roccellese che verrà offerta dal Comune.
Ritorna infatti questa sera
(con inizio alle ore 18.30) la
manifestazione “Tempo di
Natale” organizzata dall’assessorato comunale al Turi-
smo e Attività produttive
guidato da Francesco Ursino
in stretta collaborazione con
i commercianti e alcune pasticcerie cittadine. Quest’anno si cercherà di superare abbondantemente la lunghezza dei 350 metri di pignolata
preparata l’anno scorso.
Ad allietare la serata contribuirà la presenza dei caratteristici “ciarameddhari”
e la musica in filodiffusione,
lungo tutto il Corso, selezionata dai deejay di Radio Roccella. (s.p.)
CAULONIA. Torna la festa
dell’Immacolata e i sodali
dell’omonima arciconfraternita oltre che con i riti
prettamente religiosi la
onorano anche con la musica sacra.
L’appuntamento,
giunto
all’undicesima edizione, è
per domani (ore 21) nella
chiesa dell’Immacolata: ad
esibirsi saranno i Maestri
Alessandro Albenga, artista
laziale che ha sposato una
cauloniese, e Francesco
Scordamaglia,
giovane
concittadino con alle spalle
numerose partecipazioni a
manifestazioni di rilievo
nazionale e internazionale.
Entrambi proporranno un
repertorio che spazierà da
brani di Calude Gervaise,
Johann Sebastian Bach,
Alessandro marcello, George Friedrich Handel, di Eugène Bozza, Ennio Morricone e Concezio Pannone.(a.s.)
Francesco Scordamaglia
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
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Primo Piano
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TERMINATOR - 4 Era il “reggente” della cosca guidata dal superlatitante Ettore Lanzino. Nel 2006 aveva sottoscritto la pax mafiosa con i “Bella Bella”
Patitucci, l’uomo di fiducia del “capo dei capi”
Lo inchiodano le dichiarazioni di “Poldino”: era lui che stabiliva le “mazzette”. Sugli appalti prendeva il 3%
Giovanni Pastore
La ‘ndrangheta aveva rinunciato
a combattersi cinque anni fa
quando i clan cittadini siglarono
la pax mafiosa. Niente più morti
ammazzati per le vie per essere
più forti di prima. I boss e i loro
reggipanza decisero di mettere
insieme le mani su Cosenza nel
2006 senza contrasti. Niente più
guerra in nome del business. Racket, usura, droga: i soldi del malaffare sarebbero finiti così tutti
nella bacinella custodita da Francesco Patitucci, in accordo con i
“Bella Bella”. È “Poldino” che lo
dice e alza il velo sull’uomo che
comanda in città. Patitucci sarebbe stato il capo della nuova
‘ndrangheta confederata di Cosenza, l’uomo di fiducia del boss
invisibile Ettore Lanzino. E proprio in nome del “capo dei capi”
dell’onorata società bruzia, Patitucci avrebbe imposto la “mazzetta” a imprenditori e commercianti. Ed era lui stesso a passare per
l’incasso. Nessuno si sarebbe potuto rifiutare.
Angelo Colosso colloca Patitucci al vertice della gerarchia
mafiosa (naturalmente, considerano gli “uomini di rispetto” liberi) tratteggiando la mappa più recente della malavita organizzata.
Al procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e ai pm antimafia Pierpaolo Bruni e Carlo Villani che coi
colleghi dell’ordinaria, l’aggiunto
Domenico Airoma e i pm Salvatore Di Maio e Adriano Del Bene,
hanno riannodato i fili dell’inchiesta “Terminator - 4”, ha spiegato i retroscena: «Dopo l’arresto
di Gianfranco Bruni, diventa “reggente” Francesco Patitucci, che lo
è anche attualmente. Il capo del
gruppo, comunque, rimane Ettore Lanzino al quale, ogni tanto,
andava a fare visita Patitucci. A
questi incontri partecipavano an-
che Mario Gatto e Mario Piromallo... Del gruppo Lanzino fanno
anche parte, sulla zona di Rende,
Michele Di Puppo e i suoi fratelli.
Mi risulta che con loro abbia rapporti anche Davide Aiello che io
ho anche conosciuto... I rapporti
tra il gruppo Bruni e il gruppo Patitucci sono strutturati nel senso
che ciascuno di essi è autonomo.
Tuttavia, capita che essi facciano
delle estorsioni in comune, sia
grandi che piccole, anche se forse
è meglio dire che le grandi estorsioni le gestisce direttamente Patitucci. Quando vengono fatte
estorsioni in comune, vengono divise secondo quote che variano a
seconda di chi materialmente le
fa. In ogni caso, per quanto riguarda Patitucci, posso dire che i
proventi delle estorsioni che questi fa per conto suo non vengono
ripartite con i Bruni. Altrettanto
credo valga per i Bruni. In sostanza, i due gruppi non sono la stessa
cosa».
Colosso parla, descrive il sistema che serviva per convincere anche quelli che provavano a resistere: «Tra il 2006 e il 2010, io e
Greco, e poi Porcaro abbiamo lasciato bottiglie e taniche praticamente davanti a tutti i cantieri su
via Popilia e qualcuno anche su
viale Parco. Era Patitucci che stabiliva di volta in volta a chi indirizzare le richieste e l’ammontare
delle stesse, privilegiando in genere quelle attività che avevano
dimensioni tali da consentire il
pagamento di una tangente cospicua. In sostanza, Patitucci non andava a fare piccole estorsioni da
mille euro alla volta. La tangente
era determinata da lui con esclusione, per gli appalti, dove essa
ammontava al 3 per cento. Per i
lavori edili e in particolare per la
realizzazione di edifici per civili
abitazioni, Patitucci chiedeva 500
euro ad appartamento».
GL’INDAGATI
Il procuratore aggiunto Borrelli, il procuratore Granieri e il suo collega Lombardo
Giovanni Di Puppo
Francesco Patitucci
Mario Piromallo
Luigi Gaudio
La procura antimafia catanzarese cristallizza diversi episodi anche nell’area urbana
Quegli affari milionari garantiti dai prestiti a strozzo
I prestiti a strozzo, con interessi che raggiungevano il
10% mensile, garantivano
guadagni da capogiro al clan,
fornendo assieme ad altri “affari” il denaro fondamentale
a tenere in piedi la cosca, pagare i picciotti, sostenere le
spese legali e tutto il resto.
I magistrati inquirenti, anche attraverso i racconti dei
collaboratori di giustizia, cristallizzano numerosi episodi
nell’ordinanza di custodia
cautelare notificata ieri ai
presunti affiliati all’organizzazione criminale.
Le gole profonde sfruttate
dalla Direzione distrettuale
antimafia catanzarese raccontano a esempio dei 170
mila euro che nei primi anni
del Duemila sarebbero stati
prestati a un imprenditore di
Rende da Gianluca Walter
Marsico e Gianfranco Bruni e
Patitucci.
C’era un imprenditore vicino al sodalizio criminale che
avrebbe avuto il compito di
individuare persone che avevano bisogno di denaro nella
sua zona estesa anzitutto nei
piccoli centri della Sila e della
Presila. Poi, concordato il versamento, era lui stesso a gestire i prestiti usurari finanziati però, a parere dei testimoni, con denaro di Francesco Patitucci, Mario Gatto e di
Gianfranco Bruni.
Anzituto ma non solo, perché, sempre sentire il collaboratore della Dda catanzarese,
quando l’imprenditore colluso aveva il denaro necessario
era egli stesso a versare i soldi
alle vittime pretendendone,
poi, la restituzione, naturalmente, con tassi alle stelle.(d.m.)
Il clan prestava fiumi di denaro
IN CARCERE
Francesco Patitucci, 50 anni, di Cosenza; Simone Andretti, 41, di Castrolibero;
Salvatore Ariello, 37, di Cosenza; Biagio Barberio, 37,
di Rogliano; Domenico Cicero, 54, di Cosenza; Giovanni Di Puppo, 38, di Rende; Michele Di Puppo, 47, di
Rende; Luigi Gagliardi detto
“Ninni”, 38, di Cosenza; Mario Gatto, 42, di Cosenza;
Luigi Gaudio, 55 anni, di Carolei; Pilerio Giordano, 46,
di Cosenza; Walter Gianluca
Marsico, 44, di Cosenza;
Giuseppe Perri, 55, di Acri;
Mario Piromallo, 44, di Cosenza; Roberto Porcaro, 27,
di Cosenza; Costantino
Scorza detto “Costanzo”,
57, di San Lorenzo del Vallo.
LATITANTI
Ettore Lanzino, 56 anni, di
Cosenza; Franco Presta, 51
anni, di Tarsia.
INDAGATI A PIEDE LIBERO
Francesco Amodio, 45 anni,
di Cosenza (collaboratore di
giustizia); Umberto Cacozza, 44, di Zumpano; Giulio
Castiglia, 60, di Cosenza;
Luisiano Castiglia, 58, di
Cosenza; Angelo Colosso
detto “Poldino”, 38, di Cosenza (collaboratore di giustizia); Massimiliano Cozza,
35, di Paterno; Vincenzo Dedato, 49, di Cosenza (collaboratore di giustizia); Rinaldo Gentile, 51, di Cosenza; Michele Giordano, 40, di
Dipignano; Emiddio Lanzino, 32, di Cosenza; Giuseppe Schiavo, 39, di Figline.
Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
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Primo Piano
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TERMINATOR - 4 Enzo Pelazza e Vittorio Marchio ammazzati con una calibro 9 per 21 poi ritrovata vicino a un torrente. I retroscena svelati dai pentiti
Due delitti commessi con la stessa pistola
Il superboss Ettore Lanzino non voleva che il “mammasantissima” Antonio Sena venisse assassinato
IL PROFILO È ritenuto il “capo dei capi”
Arcangelo Badolati
Una pistola per due delitti. Già,
una calibro nove per ventuno: efficiente, maneggevole e con un
buon volume di fuoco. È l’arma
usata per assassinare Vittorio
Marchio, il 26 novembre del
2011, a Serra Spiga e, pochi mesi
dopo, il 28 gennaio 2000, Enzo
Pelazza a Carolei. Due omicidi
“firmati” secondo il procuratore
aggiunto Giuseppe Borrelli e il
pm antimafia Pierpaolo Bruni,
da Franco Presta di Roggiano e
Mario Gatto di Cosenza. Con la
coppia di killer sarebbero complici, nel caso di Marchio, Walter
Gianluca Marsico, nella veste di
concorrente morale; nel delitto
Pelazza, invece, Giuseppe Perri
di Acri che avrebbe recuperato
gli attentatori, Luigi Gaudio di
Carolei nel ruolo di “basista” e
Ettore Lanzino e Domenico Cicero in qualità di mandanti. Il Gip
distrettuale ha invece respinto la
richiesta di arresto avanzata dalla Procura in ordine all’uccisione
di Pelazza nei confronti di Biagio
Barberio e Massimiliano Cozza
di Paterno Calabro, Luisiano e
Giulio Castiglia di Cosenza.
C’è poi un altro crimine ricostruito con dovizia di particolari
dagli inquirenti: l’assassinio di
Antonio Sena, avvenuto a Castrolibero il 12 maggio del 2000.
E c’è un dato estremamente significativo che emerge dalle indagini: il superboss Ettore Lanzino era contrario all’eliminazione
di “Don Antonio”. Lo legavano al
vecchio padrino, nel frattempo
diventato punto di riferimento
del gruppo rivale guidato da
Francesco Bruni, antichi rapporti di amicizia risalenti agli anni
della guerra di mafia combattuta
in città.
È il pentito Angelo Colosso,
detto “Poldino”, a rivelarlo al pm
Bruni: «Lanzino era contrario
all’omicidio Sena...perché lui diceva che bastava solo parlarci in
quanto poi si conoscevano da una
vita e dice che lo avrebbe risolto solamente parlando. Poi cosa succede? Che a Lanzino lo arrestano in
quel periodo lì, lo arrestano perché lui prima è stato latitante – un
mesetto o due –. Nel momento in
cui l’arrestano la palla passa in
mano a Dedato, la gestione, perchè prima c’era Lanzino, passa
tutto in mano a lui. Passa tutto in
mano a Dedato e se la vede lui con
le pressioni del gruppo Cicero, di
Pezzulli, che pressavano per fare
l’omicidio». “Don Antonio” così
muore. E la sua tragica fine provoca sconcerto anche tra gli
“amici” di Cetraro e della Piana
di Gioia Tauro che lo stimavano
molto e lo conoscevano da sempre. Vincenzo Dedato è addirittura convocato a Rosarno per dar
conto dell’accaduto e garantire
che ai figli del capobastone defunto non verrà torto un capello.
Tutti i pentiti attribuiscono
l’esecuzione dell’omicidio Sena
– come già quelli Sassone, Pelaz-
Il romanzo criminale
dell’imprendibile
latitante “Ettaruzzo”
Fabio Melia
Gl’investigatori nel luogo ove venne assassinato nel maggio del 2000 Antonio Sena
FOTO ARENA
Franco Presta
Angelo Colosso
Mario Gatto
Walter Gianluca Marsico
za e Marchio – al latitante Presta.
Ma chi è quest’uomo sospettato
di tanti efferati crimini? Silenzioso, occhi mobilissimi, fisico
asciutto: Franco Presta, 61 anni,
è ormai da tempo un “uomo di rispetto” temuto e riverito. La sua
fama è cresciuta a dismisura alla
fine degli anni ‘90 quando la
‘ndrangheta insediatasi in riva al
Crati decise di ridisegnare con il
piombo la mappa del potere mafioso. In tre anni vennero cancellati dalla scena delinquenziale
personaggi ingombranti della
vecchia “scuola” e “picciotti” vocati ad una eccessiva “autonomia”. Il ruolo di Presta emerse in
tutta la sua inquietante portata
prima con la maxinchiesta “Luce” che lo vide imputato d’un feroce agguato costato la vita, l’11
febbraio del 1994, a Bisignano, a
Luigi Parise e Gabriele Mastroianni, e, poi, nel 2002 con il
blitz “Twister” che scoperchiò gli
“affari” gestiti dalle cosche cosentine. Da “Luce” Presta venne
assolto, mentre per “Twister” incassò una condanna a 5 anni. E
proprio per sfuggire alla pena divenuta nel frattempo definitiva,
l’uomo nel maggio del 2009 si
diede alla latitanza. Da quando è
alla macchia, tuttavia, i suoi guai
con la giustizia sono aumentati.
La Dda l’ha infatti indagato per
quattro omicidi. Quattro esecuzioni compiute nell’area settentrionale della Calabria tra il 1999
e il 2002 in coincidenza dell’inizio dei lavori di ammodernamento dell'autostrada. Lavori
segretamente condizionati da
un “direttorio” mafioso che imponeva il “pizzo” alle grandi imprese. Un “direttorio” del quale
Franco Presta veniva indicato
come stabile e influente componente. Presta finisce perciò sott'inchiesta per gli assassinii del
boss Marcello Calvano, avvenuto a San Lucido nell’agosto del
1999 e di Vittorio Marchio, il
“bandito in carrozzella”, am-
mazzato a Cosenza il 26 novembre dello stesso anno. La magistratura non riesce però a raccogliere prove a sufficienza e le accuse finiscono in archivio. Il caso
verrà riaperto solo ora grazie alle
nuove confessioni di Angelo Colosso. Presta, però, in quel periodo non ha il tempo di godersi lo
scampato pericolo che si ritrova
sul groppone un altro provvedimento restrittivo. Questa volta,
la procura diretta da Antonio
Vincenzo Lombardo, gli contesta
l’uccisione del boss Francesco
Bruni “Bella-Bella”, compiuta il
29 luglio del 1999, e l’agguato teso allo storico “mammasantissima” Antonio Sena. Un delitto –
quest’ultimo – commesso secondo la Dda dall’odierno superlatitante, ma non voluto da “Ettoruzzu” Lanzino.
Pierpaolo Bruni
coordina
le inchieste
antimafia
su Cosenza
Vincenzo Dedato
diede l’avallo
all’uccisione
del capobastone
Antonio Sena
L’uomo “cardine”. Sul quale
sono imperniati i diversi capitoli del romanzo criminale cosentino.
Ettore Lanzino oggi ha 56
anni, da tre sfugge a tutti i tentativi di cattura, ben nascosto
e probabilmente protetto da
una fitta rete di fiancheggiatori. La Direzione distrettuale
antimafia di Catanzaro lo ritiene il “capo dei capi” della
‘ndrangheta bruzia, il boss che
attualmente impone la sua
legge sulla città.
La storia giudiziaria di “Ettaruzzo” è del resto la storia
stessa della malavita organizzata cosentina. Fin dal principio. Perché Lanzino faceva
parte di quel gruppo di giovani
rampanti che, tra la fine degli
anni ‘70 e l’inizio degli anni
‘80, riuscirono a scacciare le
vecchie “coppole”. Cominciando dall’ingombrante Luigi
Palermo, “U Zorru”, ucciso 34
anni fa.
In quell’era ormai lontana,
gli inseparabili compagni e sodali di Lanzino furono gente
come Umile Arturi, Gianfranco Ruà e Franco Pino, quest’ultimo titolato col grado di “diritto e medaglione” (il massimo nella gerarchia ‘ndranghetista) e rispettato anche dai
compari di Reggio e della Piana di Gioia Tauro. E la “primula” è da più parti indicata – collaboratori di giustizia compresi – come l’erede di quel Franco Pino passato dalla parte
dello Stato al termine della sua
irresistibile ascesa criminale.
“Ettaruzzo”
rappresenta
dunque la chiave di volta tra
vecchia e nuova ‘ndrangheta.
Sulle sue spalle pesa già una
condanna definitiva a 9 anni
di reclusione, risultato del maxi-processo “Tamburo”, nel
quale ha rivestito il ruolo di influente membro della “cupola” capace di spartirsi introiti
derivati da subappalti e mazzette imposti alle ditte impegnate nei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria. Ed è proprio da quando fu emessa
quella sentenza, cioè dal
2008, che Lanzino s’è dato alla
macchia. Eppure, il “capo dei
capi” uscirà certamente indenne dalla “madre” di tutti i processi alla ‘ndrangheta cosentina, quel “Missing” che lo ha già
visto assolto in primo grado. Il
Ettore Lanzino
s’è dato alla
macchia dopo
la condanna
in “Tamburo”
sostituto pg di Catanzaro, Eugenio Facciolla, ha infatti di
recente rinunciato all’appello
sia per Lanzino che per Gianfranco Ruà. Entrambi erano
accusati dell’uccisione di Nelso Basile, il referente della camorra napoletana nel Cosentino ammazzato nel 1983 e indicato da Franco Pino come
mandante
dell’omicidio
dell’avvocato Silvio Sesti. Per
entrambi mancano però riscontri individualizzanti. Ma
mentre Ruà sta scontando altre pene in carcere, Lanzino è
ancora paragonabile a un’inafferrabile entità.
L’omicidio di Luigi Palermo segnò la svolta nelle dinamiche criminali cittadine
LE RIVELAZIONI La vedova di Vittorio Marchio ha raccontato agli inquirenti il peggioramento dei rapporti del marito, tentato dai Bruni, col clan Perna
«Nell’estate del ‘99 mio marito ruppe con Micuzzo Cicero»
Domenico Marino
La carrozzella di Vittorio Marchio dopo il delitto
I racconti della vedova inchiodano movente e presunti mandanti. Sfogliando i voluminosi
fascicoli dell’operazione “Terminator 4” spuntano le dichiarazioni di Miriam Paola Perri,
moglie di Vittorio Marchio e
sorella di Sergio Perri, entrambi uccisi nella guerra di mafia
che ha insanguinato l’area urbana negli anni passati.
Sentita negli ultimi giorni di
novembre del 2000 la signora
spiega in maniera più precisa
rispetto al passato le motivazioni che, a suo parere, avevano determinato il duplice omicidio del fratello e della moglie
Silvana De Marco, oltre alla
morte del marito. La donna lega l’uccisione di quest’ultimo
agli incontri che aveva avuto
con Michele Bruni e Antonio
Sena, quindi alla sua volontà di
aderire al nuovo gruppo criminale che i due avevano messo
in piedi in città e il quale si contrapponeva alle cosche storiche. Miriam Perri cita, in particolare, la violenta discussio-
ne che il marito aveva avuto
pochi giorni prima del suo omicidio con Benito Aldo Chiodo.
Una lite chiusa da un’offesa pesante vomitata da Marchio in
faccia a Chiodo: «Si’ nu pisciaturo».
La donna spiega agli inquirenti della procura antimafia di
Catanzaro che alla fine degli
anni Novanta i rapporti di suo
marito con Domenico Cicero
erano stati piuttosto complessi.
Mentre dopo la scarcerazione
di Cicero, nei primi mesi del
‘99, i due si rispettavano,
nell’estate di quello stesso anno qualcosa s’era deteriorato.
Miriam Perri indica senza mezzi termini come origine dei dissidi proprio le visite fatte al
marito da Bruni e Sena «finalizzate a ottenere la sua disponibiltà nei loro confronti per lo
scontro che si era aperto con il
clan Perna rappresentato da
Cicero». Dopo un primo periodo in cui Marchio era rimasto
sospeso tra i due gruppi, non
schierandosi apertamente con
nessuno, hanno cristallizzato
gli inquirenti nell’ordinanza di
custodia cautelare, nella bollente estate ‘99 aveva cominciato a raccontare alla moglie
che a suo parere era meglio
schierarsi con i “Bella Bella” e
non con Cicero e gli altri perché, ha spiegato la vedova, «secondo lui non era gente sveglia. In questo periodo di tempo, in effetti, in più occasioni –
ha aggiunto la donna – ho avuto modo di vedere all’interno
di casa mia il Cicero Domenico
accompagnato da Falbo Alfonsino per colloquiare con mio
marito».(d.m.)
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
37
Primo Piano
.
TERMINATOR - 4 A distanza di undici anni la Direzione distrettuale antimafia ritiene d’aver ricostruito il movente e gli autori del delitto di Terranova
«Presta e Scorza uccisero Antonio Sassone»
I pentiti: fu eliminato perchè dava fastidio a Franco Gabriele. L’ordine partì da Chirillo che era in cella
Giovanni Pastore
Ci sono voluti undici anni d’indagini e una mezza dozzina di pentiti per fissare tutte le pedine nello
scacchiere dell’inchiesta sull’omicidio di Antonio Sassone, uno dei
boss dello spaccio di Terranova da
Sibari. I killer lo sorpresero a bordo della sua minicar, in contrada
“Galatrella”, la sera del 9 giugno
del 2000, e lo massacrarono sotto
gli occhi della moglie. Il quarantenne fu punito dai clan di Cosenza non solo per la sua scelta d’allearsi con gli zingari di Cassano
ma anche perchè era diventato un
problema serio per Franco Gabriele, antico affiliato della vecchia cosca Pino-Sena, ucciso nel
2005, a San Lorenzo del Vallo
dall’imprenditore Eugenio Ciliberti che si ribellò alla richiesta del
“pizzo”. Sassone non rispettava le
strategie dei clan e non aveva intenzione di seguire le regole dello
spaccio. E così Gabriele si sarebbe
rivolto ai vecchi amici cosentini. A
Carmine Chirillo, in particolare.
Sono i pentiti Vincenzo Dedato e
Angelo Colosso a svelare i retroscena raccontando versioni sovrapponibili che hanno convinto il
gip distrettuale Abigail Mellace a
firmare l’ordinanza applicativa di
misure cautelari nei confronti di
mandanti, esecutori e fiancheggiatori. Dedato ricorda che l’ordine d’ammazzare il quarantenne
“ribelle” partì dal carcere con un
biglietto che Chirillo e, forse, pure
Lanzino fecero recapitare a Gatto.
Un “pizzino” indirizzato a Franco
Presta per «accelerare la pratica
Sassone». Il resto è farina del sacco di “Poldino” che si attribuisce
anche delle responsabilità sul delitto. «Fui io stesso che con Francesco Marincolo mi recai da Biagio
Barberio e Massimiliano Cozza a
ritirare la Fiat Uno verde da utilizzare nell’agguato. Una macchina
che era stata rubata in mattinata
nel parcheggio dell’Unical, ad Arcavacata da Ninni Gagliardi e, in
serata, spostata dallo stesso Gagliardi e da Amodio a Paterno, e
affidata a Barberio. Fu Walter Gianluca Marsico a dirmi di andare a
prendere la vettura a Paterno e di
portarla a Cosenza dove incontrai
Mario Gatto a Bordo della sua
Bmw e mi disse di seguirlo fino ad
Acri. E una volta giunti lì ci recammo da Giuseppe Perri che ci indicò
dove lasciarla. Fu lo stesso Gatto a
confidarmi qualche giorno dopo
che quell’auto era servita a Presta
e a un certo Costanzo (Costantino
Scorza, ndr) di San Lorenzo del
Vallo per l’agguato a Sassone».
Del recupero dei killer si sarebbe
occupato lo stesso Giuseppe Perri.
Un altro pentito, Francesco Amodio ricorda che quella stessa sera,
lui era insieme a Dedato in un night di Luzzi e che furono raggiunti
da Presta e Perri «che ci chiesero
ospitalità per la notte».
Sassone, dunque, pagò la mancanza di rispetto nei confronti di
Franco Gabriele, amico dei boss
cosentini. E fu ucciso in mezzo alla
campagna. Aveva trascorso il pomeriggio a controllare l’impianto
d’irrigazione nel suo agrumeto insieme alla moglie. Poi, al calar della sera, i due rientrarono. Lui alla
guida della miniauto e la compagna dietro, con la loro utilitaria. È
la stessa donna a ricostruire le fasi
agghiaccianti dell’omicidio del
suo uomo: «...improvvisamente
mi sorpassò sulla mia sinistra
un’autovettura di piccola cilindrata che procedeva a forte velocità,
mi sembrò una Fiat Uno di colore
scuro, non riuscii a distinguere
quante persone c’erano a bordo.
Subito dopo vidi la stessa autovettura tamponare il mezzo di mio
marito e quasi contestualmente
sentii alcuni colpi d’arma da fuoco...».
L’INAUGURAZIONE
Sala riunioni
intitolata
a Rosario
Livatino
Carmine Chirillo
Costantino Scorza
Francesco Amodio
Biagio Barberio
Una panoramica di contrada “Galatrella” e nel riquadro Antonio Sassone
È stato più volte candidato sia alla Provincia che per un seggio a Palazzo dei Bruzi
Ninni Gagliardi e la sua grande passione per la politica
Luigi Gagliardi, per tutti Ninni,
ha una passione irrefrenabile
per la politica. Scavando nel suo
passato gli investigatori delle
forze dell’ordine e la magistratura inquirente hanno scoperto
anche e soprattutto le candidature in diversi appuntamenti
elettori del passato prossimo e
remoto.
A esempio, appena una manciata di mesi addietro, emerge la
corsa fallita per un pelo a un seggio in consiglio comunale. Ninni
Gagliardi è stato candidato con
la lista Autonomia e Diritti,
espressione dell’ex presidente
della Regione, Agazio Loiero,
schierata a sostegno dell’aspirante sindaco Enzo Paolini. Ha
tra l’altro avuto un’ottima affermazione personale, ricevendo
230 preferenze e piazzandosi al
quarto posto tra i trentadue candidati della lista che però ha guadagnato un solo eletto nell’emiciclo di Palazzo dei Bruzi.
Due anni prima, nel giugno
2009, Luigi Gagliardi era il candidato del Movimento disoccu-
pati nel terzo collegio cittadino
alle elezioni Provinciali poi vinte
dal presidente uscente Mario
Oliverio. La lista di Gagliardi
(che si fermò a 71 preferenze)
era una delle quindici a suo sostegno.
Nel 2004 Luigi Gagliardi tentò addirittura il colpo grosso
candidandosi alla presidenza
della Provincia ma si piazzò
all’ultimo posto tra i sei candidati, fermandosi allo 0,6% dei consensi e perciò restando ancora
fuori dall’aula.(d.m.)
Ninni Gagliardi
L’operazione “”Terminator
4” ha tra l’altro alzato il velo
sulla moderna sala riunioni
attrezzata dalla procura della Repubblica cittadina al
quarto pino del Palazzo di
giustizia. Proprio lì ieri mattina s’è svolta la conferenza
stampa durante la quale magistrati e forze dell’ordine
hanno dialogato con gli operatori dell’informazione svelando i dettagli dell’inchiesta. Dopodiché c’è stato spazio per un mini rinfresco la
cui logistica è stata curata al
meglio dal cancelliere Roberto Tuscolano.
La neonata sala riunioni,
ricca di libri che possono essere consultati, è stata intitolata a Rosario Livatino, il giudice ragazzino ucciso il 21
settembre 1990 ad Agrigento, mentre si recava senza
scorta in Tribunale, da quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto
con Cosa nostra. Dopo essere
stato sostituto procuratore
presso il Tribunale di Agrigento, dal ‘79 all’89, aveva
assunto il ruolo di giudice a
latere.
Del suo delitto fu testimone oculare Pietro Nava, grazie al cui racconto furono individuati gli esecutori materiali dell’omicidio.(d.m.)
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
39
Cosenza - Provincia
.
SPEZZANO SILA Muore un operaio marocchino di 32 anni, gravemente ferita la moglie 22enne, in prognosi riservata il figlioletto di appena due settimane
Frontale sulla 107, straziata una famiglia
Il neonato dovrebbe farcela grazie all’accortezza dei genitori che lo avevano ancorato al seggiolino
Fabio Melia
SPEZZANO SILA
Una famiglia distrutta. Una
coppia di laboriosi marocchini
spezzata in quella terra che ormai aveva il sapore di una seconda patria. Halmud Said, 32
anni, da tempo viveva a San
Giovanni in Fiore insieme a sua
moglie, una giovane connazionale ventiduenne. Il capoluogo
silano aveva dato ad entrambi
una possibilità: Halmud aveva
infatti trovato un posto di lavoro in una segheria, e solo due
settimane fa aveva festeggiato
con la sua compagna la nascita
del loro figlioletto. Ieri mattina
il marocchino e la moglie sono
partiti di buon’ora da San Giovanni, non prima di aver ben
ancorato il bimbo al seggiolino
regolarmente montato sulla loro Fiat Croma. La destinazione
prevista era l’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, dove il
neonato avrebbe dovuto essere
sottoposto a una visita di routine. Un tragico destino li attendeva però all’altezza dello
svincolo di San Pietro in Guarano della Statale Silana-Crotonese. Un’Alfa Romeo condotta
da un avvocato cosentino di 34
anni in marcia verso San Giovanni, secondo quanto rilevato
dalla polizia stradale, avrebbe
improvvisamente invaso la corsia di marcia opposta, scontrandosi frontalmente con la
Croma della famiglia marocchina e colpendo anche una
Passat guidata da un uomo di
44 anni.
Alle 8.33 è arrivata la prima
e drammatica telefonata alla
centrale operativa del 118, che
ha immediatamente inviato sul
posto l’ambulanza Pet di Cosenza, un’automedica e una seconda ambulanza di supporto.
I soccorritori si sono così trovati di fronte ad una scena straziante: Halmud Said era purtroppo già morto, mentre la
moglie ventiduenne presentava numerosi traumi su tutto il
corpo. Le gravi condizioni della
donna, subito intubata dal personale sanitario, hanno richiesto l’intervento dell’elisoccorso. Ora la giovanissima marocchina lotta tra la vita e la morte
nel reparto di rianimazione del
nosocomio bruzio. Forte preoccupazione ha destato fin
dall’inizio lo stato di salute del
neonato, che per il momento rimane in prognosi riservata. La
tenerissima età impone ai medici un’attesa di almeno 48 ore
prima di potersi esprimere, ma
pare proprio che l’accortezza
dei genitori di legarlo correttamente al seggiolino si sia rivelata decisiva. Meno gravi le ferite riportate dalle altre persone coinvolte nell’impatto: un
trauma toracico minore è stato
riscontrato all’avvocato alla
guida dell’Alfa 147, mentre
l’uomo a bordo della Passat se
l’è cavata con un trauma alla
mano sinistra.
Insieme alle ambulanze del
118, sulla Statale 107 sono
giunti i vigili del fuoco e le pattuglie della polizia stradale. Gli
agenti, in particolare, hanno
provveduto ad effettuare i rilievi e a deviare il traffico a
quell’ora particolarmente intenso. Gli uomini della Polstrada, al termine delle operazioni,
hanno stilato una dettagliata
informativa sulla dinamica
dell’incidente che è stata prontamente inviata alle competenti autorità. Un atto burocratico,
seguito dalla speranza che la
mamma, almeno lei, possa farcela a riabbracciare quel bimbo
già orfano.
MONTALTO
Pd, il gruppo
“indignados”
annuncia
battaglia
Chiara Buffone
MONTALTO UFFUGO
La moglie del marocchino morto nell’incidente è stata trasferita all’Annunziata con l’elisoccorso
RENDE Il Tdl ha revocato la misura cautelare per l’accusa di associazione mafiosa
Telesis, cade il 416 bis per i fratelli Lamanna
RENDE. L’inchiesta “Telesis”
continua a vacillare di fronte alla prova del Riesame. Il Tribunale della libertà di Catanzaro,
dando seguito a una precedente decisione della Corte di cassazione, ha ordinato la revoca
del principale capo d’imputazione contestato a Carlo e Daniele Lamanna: il 416 bis, cioè
l’associazione a delinquere di
stampo mafioso. I due fratelli,
rispettivamente di 44 e 37 anni,
erano accusati di essere parte
integrante del gruppo “azioni-
sta” del clan Bruni, dedito per lo
più alla commissione di rapine
a mano armata. Queste risultanze, provenienti dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori
di giustizia, sono state aspramente contestate dal collegio
difensivo dei Lamanna (composto dagli avvocati Gaetano
Morrone, Aldo Cribari, Marcello Manna e Francesca Gallucci), che hanno presentato più
ricorsi per ottenere la scarcerazione dei propri assistiti.
In un primo momento, infat-
ti, il Tdl aveva confermato la
misura cautelare. Ora però il
quadro appare cambiato, anche perché la Suprema Corte,
nel luglio scorso, ha fatto cadere i gravi indizi di colpevolezza
a causa della genericità delle
accuse sostenute dai pentiti.
Daniele Lamanna, perciò, ieri è
tornato subito in libertà. Il fratello Carlo, a causa di altre vicende giudiziarie in cui è implicato, pur ottenendo la revoca
della misura, resta in carcere.(f.me.)
Carlo Lamanna
Gli “indignados” del Pd non
hanno lasciato il partito, ma
annunciano battaglia e attendono il congresso per “contarsi” e far valere le loro ragioni.
Il gruppo di tesserati che non
condivide e perciò condanna
fermamente l’ingresso del Pd
in maggioranza, ha creato
una “corrente” denominata
“Pd per l’alternativa”. Non
comprendendo i motivi politici sottesi alla linea del coordinamento Pd (eccetto Luciano Corniola), il gruppo continua a rimarcare che costituisce “un grave errore, oltre che
un’ingiustificata incoerenza,
far parte dell’attuale amministrazione comunale”. La nascita di un’ulteriore corrente
testimonia la persistente difficoltà del Pd a trovare unità di
vedute su importanti questioni. È la storia che si ripete: dal
2008 le fratture all’interno
del partito si sono determinate, si sono accentuate e continuano a sussistere, per la stessa causa: la collocazione del
Pd sul piano amministrativo.
“Pezzi importanti e storici”
del centrosinistra montaltese, esponenti degli ex partiti
costituenti il Pd, non intendono accettare che il partito stia
in maggioranza.
SAN GIOVANNI Lopez aveva bocciato la delibera comunale con le due autonomie
RENDE
ROGLIANO Già firmata la convenzione
La città silana chiede tre Comprensivi
“Calabria
Europa”
Iniziativa
del Rotary
Impianto mini eolico
nascerà a Poverella
Mario Morrone
SAN GIOVANNI IN FIORE
L’emendamento prodotto in Consiglio provinciale e approvato
dall’Assise di via 15 Marzo lo scorso 2 dicembre, porta la firma di
Pietro Lopez (detto Pierino): consigliere provinciale della città e
antico dirigente del Psi, nonché
più volte assessore e consigliere
comunale. Non andava bene, infatti, per Pierino Lopez, la delibera della Giunta comunale dell’ottobre scorso con cui si prevedevano solo due istituti comprensivi.
Adesso la Regione Calabria a “vagliare” il caso San Giovanni. Lopez ha inteso agire a norma di legge, proponendo al presidente del
Consiglio provinciale Orlandino
Greco, l’emendamento alla pro-
Il primo circolo didattico “Corrado Alvaro”
posta di deliberazione “Approvazione piano dimensionamento
scolastico provinciale” e sin qui ha
incassato l’approvazione dello
stesso organo. La motivazione del
funzionario di banca sangiovannese è stata forte e determinata:
«Nei comuni montani – ha scritto
– nello specifico quello di San Giovanni in Fiore, in base ai parametri stabiliti dalla legge 111/2011
modificati dalla legge n. 183 del
12 novembre 2011, gli Istituti
comprensivi devono essere costi-
tuiti con almeno 600 alunni e solo
nel caso di numero inferiore a 400
le istituzioni scolastiche non potranno mantenere l’autonomia.
Le disposizioni prevedono, infatti, che alle scuole con meno 400
alunni non potranno essere assegnati dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi. Nel comune montano di
San Giovanni esisterebbero le
condizioni per la costituzione di
tre istituti comprensivi anche se la
Giunta municipale ne ha proposto due. Gli Istituti saranno così
composti: 1. comprensivo n. 560
alunni; 2. comprensivo n. 629
alunni; 3. comprensivo n. 558
alunni. Spetterà ora alla Regione
alla Direzione generale della pubblica istruzione, esaminare la “novità” fatta emergere da Lopez.
ACRI Domani riapre il San Domenico
BISIGNANO Per una informazione libera
Affidata alla Film in tour
la gestione del cinema
Organizzazione on line
dei servizi del Municipio
Rosanna Caravetta
ACRI
Riapre domani il cinema San Domenico. Affidata, a seguito
dell’assegnazione tramite bando
di gara, alla Film in Tour, struttura di Cosenza che ormai da anni
opera su tutto il territorio, la sala
cinematografica aprirà nuovamente i battenti. «Un’azienda, la
Film in Tour – si legge in una nota
del comune – che è dotata di una
struttura mobile unica nel meridione, uno schermo gonfiabile
che consente di poter effettuare
proiezioni in ogni luogo, al chiuso e all’aperto, che vanta tra i suoi
collaboratori operatori specializzati con patentino cinematografico». Si parte domani, dunque,
con la proiezione de “La peggior
settimana della mia vita”. Dal 16
al 18 Dicembre sarà la volta de “I
soliti idioti” mentre durante la
settimana natalizia, dal 23 al 27
dicembre, si riderà con “Anche se
è amore non si vede”, l’ultimo
film di e con Ficarra e Picone.
Due gli spettacoli in programmazione, il primo alle ore 18 ed il secondo alle ore 20.30.
Rino Giovinco
BISIGNANO
L’Amministrazione comunale va
verso una più perfetta organizzazione on line dei servizi e della
pubblicizzazione degli atti. Già
l’amministrazione guidata dal
sindaco Umile Bisignano, mette
on line non solo le delibere, dovute per legge, ma anche le determine dei responsabili di settore per una maggiore trasparenza della gestione. Nel corso
dell’ultima seduta di Giunta stato assunto come principio di «as-
sicurare una ampia informazione culturale, amministrativa e
sociale secondo i principi di accessibilità, trasparenza e semplificazione del linguaggio, al fine
di raggiungere gli standard qualitativi della comunicazione della pubblica amministrazione».
Va in questa direzione, dunque,
la volontà di attivare un nuovo
sito, oltre a quello del comune e
della biblioteca, “comunebisignanopartecipazione.it”. Tutti i
siti ufficiali del comune dovranno fare capo a quello principale
“comune.bisignano.cs.it”.
Luigi Michele Perri
ROGLIANO
RENDE. “Calabria- Europa:
costruiamo insieme il nostro
ponte utile”. Il Rotary Club
Rende, presieduto da Carlo
Tansi, ne ha discusso con
l’on. Dario Antoniozzi (già
europarlamentare, fondatore del Partito Popolare Europeo, più volteMinistro della
Repubblica Italiana e della
Comunità Europea) e con
l’ing. Nereo Capitani (top
management Esso in Europa,
responsabile del settore investimenti e costruzioni, membro di commissione Esso
mondiale per l'innovazione
tecnologica). «La Calabria dispone di una Risorsa inestimabile: i suoi giovani e le loro intelligenze – si legge in
una nota Rotary – Realizzare
ponti virtuali efficaci ed efficienti potrebbe consentire di
collegare ed utilizzare le intelligenze calabresi all’Europa. Serve perciò, un cambio
culturale e una profonda modifica di usi e costumi da parte di tutti».(chi.buf.)
Carlo Tansi
Un impianto minieolico, cosiddetto per l’utilizzo di generatori di altezza inferiore a trenta
metri e di minore impatto ambientale, sarà realizzato in località Poverella, frazione silana del Comune di Rogliano. La
convenzione è stata firmata al
ministero dello Sviluppo economico dal vicesindaco, Giovanni Altomare. L’impianto
costerà intorno ai 400mila euro e sarà finanziato con fondi
europei. L’amministrazione
comunale ha dato così seguito
agli esiti scaturiti dal recente
convegno su “Energy day”, nel
corso del quale era stata annunciata una serie di iniziative
finalizzate alla utilizzazioni di
fonti energetiche alternative.
In quella occasione, il consigliere comunale delegato
all’Ambiente, Antonella Ambrogio, promotrice della iniziativa, aveva illustrato un percorso di attuazione degli orientamenti e dei programmi della
compagine amministrativa,
già impegnata in questo senso
con l’adesione del Comune al
Patto dei sindaci, diretto alla
riduzione dei gas in atmosfera.
Altomare ha spiegato come
l’impianto minieolico si differenzi per dimensione e per impatto con il “grande eolico”.
40
Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
Cosenza - Provincia
.
PAOLA Assoluzione per Vincenzo La Rosa e la madre Elena Serpa
SAN LUCIDO
Omicidio Mannarino
Lo scenario del delitto
cambia al termine
del secondo giudizio
Vertenza
Casa serena
Lo sdegno
della Cgil
Più lievi le condanne di Domenico La Rosa (15 anni)
e del collaboratore romano Stefano Di Vanno (10)
Fabio Melia
PAOLA
Una nuova verità processuale è
stata impressa sull’omicidio di
Stefano Mannarino. La Corte
d’assise d’appello di Catanzaro
(giudici togati: Fortunato Rosario Barone, presidente; Fabrizio Cosentino, consigliere)
ha infatti riformato le pesanti
condanne di primo grado – tutte a 30 anni di reclusione –
emesse in sede di rito abbreviato contro i presunti assassini
del giovane paolano. I giudici
d’appello hanno così assolto
due dei quattro imputati, Vincenzo La Rosa e sua madre Elena Serpa, per non aver commesso il fatto. Condanna dimezzata a 15 anni per Domenico La Rosa, fratello di Vincenzo, che durante le indagini preliminari si è accollato tutta la
responsabilità di quel fatto di
sangue. Dieci anni di carcere
sono stati infine comminati al
romano Stefano Di Vanno, che
ha potuto godere delle attenuanti generiche.
Proprio Di Vanno, reo confesso, aveva ricostruito le fasi
salienti dell’agguato teso a
Mannarino. Parole confermate
davanti al sostituto procuratore generale di Catanzaro, Eu-
genio Facciolla, che durante la
sua requisitoria aveva chiesto
alla Corte non solo di confermare le condanne, ma anche di
rilevare l’aggravante mafiosa
nell’esecuzione del delitto.
Formalità che, in caso di accoglimento, avrebbe portato a
una ritrasmissione degli atti e
quindi a un nuovo processo.
Il pentito Di Vanno non ha
risparmiato i particolari di quel
brutale omicidio, confessando
che il massacro si sarebbe compiuto all’interno dell’abitazione di Elena Serpa. Il collaboratore ha anche aggiunto di aver
dato il via alla mattanza: «Sono
stato io per primo, usando un
pezzo di legno trovato nel camino, a colpire Stefano Mannarino», sottolineando che «lo
colpii e poi uscii fuori e gli altri
continuarono a infierire». La
versione perorata dal sostituto
pg Facciolla s’è però scontrata
con le tesi sostenute dal collegio difensivo, composto dagli
avvocati Giuseppe Bruno,
Francesco Iacopino e Virgilio
Di Meo. I legali, concordando
con la Procura generale sulla
reale collaborazione fornita da
Di Vanno e Domenico La Rosa,
hanno però sottolineato che le
loro confessioni, oltre ad escludere la partecipazione della
Serpa e di Vincenzo La Rosa,
non implicavano la premeditazione. Linea ricalcata nella sua
sentenza d’appello dalla Corte
catanzarese.
Si modificano dunque contorni e scenari di quell’omicidio, che gl’inquirenti hanno da
subito collegato all’uccisione di
Antonello La Rosa, fratello di
Vincenzo e Domenico, trucidato esattamente un mese prima
rispetto a Stefano Mannarino.
Quest’ultimo, secondo quanto
sostenuto dall’accusa, avrebbe
partecipato alla spedizione di
morte contro La Rosa, colpevole di aver ficcato il naso in un
affare particolarmente succulento: la ristrutturazione della
stazione ferroviaria di Paola.
Per quei lavori, lo stesso La Rosa avrebbe preteso 50.000 euro
di “pizzo”, denaro che tuttavia
sarebbe spettato alla cosca dominante nella città di San
Francesco. La grave “trascuranza” avrebbe provocato la
prima reazione, seguita dalla
successiva vendetta. Un tragico “pareggio” tipicamente
‘ndranghetista. Una versione
che, però, rimane confinata nel
campo delle mere supposizioni
investigative.
Nettamente
smentita dalla sentenza di ieri.
AMANTEA Arrestato il mese scorso per i rifiuti tossici lungo l’Oliva
Niente gravi indizi di colpevolezza
Il Riesame scarcera Coccimiglio
Ernesto Pastore
AMANTEA
Cesare Coccimiglio, arrestato a
novembre su richiesta della
Procura della Repubblica di
Paola per i fatti legati all’interramento di rifiuti tossici lungo il
greto dell’Oliva, torna ad essere
un uomo libero. Almeno fino alla celebrazione del processo. Lo
ha deciso il Tribunale della libertà di Catanzaro, che ha accolto l’istanza presentata nei
giorni scorsi dall’avvocato Nicola Carratelli. Nell’annullare
gli arresti domiciliari, il Riesame ha escluso la sussistenza di
gravi indizi di colpevolezza.
L’arresto di Coccimiglio, 75
anni, era stato disposto dal gip
Giuseppe Battarino. L’uomo fu
accusato di disastro ambientale, violazione in materia di trasporto dei rifiuti e inquinamento delle falde acquifere. Secondo l’accusa l’imprenditore, in
concorso con altri quattro soggetti residenti nella zona,
avrebbe messo in piedi un sistema complesso di smaltimento
di rifiuti industriali che non si
sarebbe limitato soltanto a
quella che viene oramai comunemente indicata con l’appellativo di valle dell’infermo. Il lavoro dei magistrati di Paola prese avvio dalla relazione prodotta da Giacomino Brancati, dirigente del Dipartimento salute e
I carotaggi nell’area dell’Oliva
Il corpo senza vita di Stefano Mannarino
PAOLA Ai domiciliari un meccanico incensurato di 42 anni
Sul terrazzino 25 piante di canapa
Gaetano Vena
PAOLA
Scoperte dai carabinieri della
Compagnia, diretta dal capitano Luca Acquotti, venticinque piantine di canapa indiana nella casa di un meccanico
che pare le stesse coltivando
ormai da giorni.
Le piantine si trovavano in
alcuni vasi nel terrazzino
dell’abitazione di B.C., 42 anni, incensurato, che dopo le
formalità del caso, su disposi-
sanità della Regione, che confermava «l’esistenza di un pericolo attuale per la popolazione
residente lungo l’Oliva, dovuto
alla presenza di contaminanti
ambientali (metalli pesanti e
radionuclidi artificiali) capaci
di indurre patologie tumorali”.
Sulla base di tali risultanze, il
procuratore capo Bruno Giordano dispose l’esecuzione di alcuni carotaggi e le analisi (effettuate da tre diversi istituti)
confermarono la presenza di
fanghi industriali, residui di raffineria, arsenico, mercurio e cobalto. In base ai sondaggi effettuati sotto il fiume Oliva dovrebbero trovarsi circa 60 mila
metri cubi di rifiuti altamente
inquinanti.
Nonostante l’annullamento
dei domiciliari, la Procura della
Repubblica di Paola continua il
lavoro investigativo. Le indagini, infatti, sono ancora in corso,
così come la ricerca della verità.
AIELLO CALABRO L’Amministrazione l’ha inserito nel piano delle opere pubbliche
Presto il castello verrà restaurato e valorizzato
AIELLO CALABRO. I ruderi
dell’antico castello faranno
parte di un progetto di consolidamento e valorizzazione
che l’amministrazione comunale del centro collinare, presieduta dal sindaco Franco Iacucci, ha inserito nell’ambito
dei Pisl, gli ormai famosi Progetti integrati di sviluppo locale.
Il progetto preliminare, approvato all’unanimità dal civico consesso nel corso dell’ultima seduta, è stato inserito nel
piano triennale delle opere
pubbliche per un importo di
quattro milioni di euro. Una
parte della somma sarà destinata al recupero ed al consolidamento della cinta muraria
ed alla messa in sicurezza del
sito.
«L’obiettivo – ha spiegato lo
stesso primo cittadino – è rendere fruibile il maniero dal
punto di vista culturale e turistico, acquisito di recente al
patrimonio comunale. Non va
dimenticato che il castello di
Aiello Calabro fu definito
dall’Alberti nel 1525, una delle prime fortezze del regno.
Ora non restano che elementi
parziali, ma se il progetto verrà finanziato vale la pena re-
cuperare quanto più possibile».
L’assise è passata poi alla discussione degli altri punti
all’ordine del giorno. In particolare è stato approvato a
maggioranza l’assestamento
di bilancio ed è stato deciso il
posizionamento nelle zone
montane del paese di un anemometro per verificare l’eventuale costruzione di un parco
eolico. Una possibilità che lo
stesso sindaco ha definito alquanto remota. Iacucci, infine, ha relazionato sulla visita
della Delegazione della Commissione europea Envi sul fiu-
me Oliva e sul colloquio svolto
insieme agli altri sindaci del
comprensorio.
Secondo lo stesso Iacucci il
grado di contaminazione nella
vallata, non corrisponderebbe
a quanto dichiarato dalla Procura della Repubblica di Paola
che avrebbe “ingigantito” il
problema. Non la pensano alla
stessa maniera, ovviemente,
coloro che risiedono nelle vicinanze della valle dell’Oliva, i
quali chiedono a gran voce
l’immediata bonifica della zona: in gioco, per loro, c’è il futuro in termini di salute dei loro figli...(e. past.)
zione del pm Rosaria Comodeca, si è concedere la pena
meno afflittiva degli arresti
domiciliari.
I carabanieri della Stazione, agli ordini del maresciallo
Alessio Sorrentino, mentre
con i colleghi dei reparti in
quota Norm, guidati dal tenente Paolo Zupi, eseguivano
le consuete operazioni di
controllo del territorio per
contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti, nel primo pomeriggio hanno ferma-
to il meccanico.
Dopo averlo sottoposto ad
un minuzioso controllo personale, i militari hanno esteso un controllo più accurato
nell’abitazione dell’uomo; e
qui, nel terrazzino, i militari
hanno scoperto alcuni vasi
con venticinque piantine di
canapa indiana dell’altezza
media di 30 centimetri ciascun, che sono state sequestrate. Ai militari l’uomo non
ha saputo giustificare il ritrovamento...
SAN LUCIDO. Sdegno e disappunto per «la condizione d’intollerabile disagio economico
dei lavoratori». Lo esprime la
responsabile della Camera del
lavoro di Paola, Stefania Genovese, a proposito della vertenza Casa serena che vede contrapposti Comune e Regione:
da una parte, il Municipio chiede che venga rispettato il diritto (sancito da legge) al contributo storico di un milione 32
mila euro erogato da Catanzaro sin dal 1994, e non ancora
sopraggiunto per l’anno in corso, con cui retribuire i dipendenti senza stipendio da due
mesi; dall’altra parte, c’è la Regione stessa che non ha provveduto allo stanziamento, subordinando l’atto alle verifiche
sul rispetto del patto di stabilità. E poi c’è la Cgil che tutela
gl’interessi dei lavoratori:
quelli che, nell’empasse, restano al verde.
«I famigerati trasferimenti economici destinati a Casa serena,
ottenuti in riferimento all'anno
2010, sono stati guadagnati
con enormi sforzi e logoranti
trattative che hanno visto il sindacato ed i lavoratori interessati insieme in una lunga stagione di mobilitazione e di contrattazione», sottolinea Genovese. «Relativamente ai trasferimenti per l'anno in corso, i
balletti delle trattative tra le
istituzioni ai vari livelli hanno,
fino a questo momento, delineato solo uno scenario deleterio in forza del quale i dipendenti dell'Ente comunale e della casa di riposo resteranno
senza stipendio almeno fino ai
primi mesi del prossimo anno,
con buona coscienza della Regione Calabria, trincerata dietro il mancato rispetto del patto di stabilità».(m. f. c.)
SAN LUCIDO Via libera dell’assemblea
SANGINETO
Utilizzo dello stadio
L’intesa istituzionale
è un passo risolutivo
Don Ranuio
è la nuova
guida
spirituale
Maria Francesca Calvano
SAN LUCIDO
Con l’approvazione del protocollo d’intesa tra il Comune e la
Provincia per la realizzazione
del progetto d’adeguamento alle norme Coni dell’impianto
sportivo “Pasquale Provenzano”, l’assise consiliare ha posto
in essere nei giorni scorsi il primo atto volto alla riqualificazione dello stadio che consentirà agli sportivi di disporre di
una struttura adeguata.
Il “sì” ha abilitato il sindaco
Antonio Staffa alla sottoscrizione del patto tra le amministrazioni provinciale e locale, in seguito alla quale si potrà dare il
via agli interventi. Il passaggio
in Consiglio non ha chiuso però
le polemiche, anzi le ha rinvigorite, soprattutto alla luce delle
dure critiche espresse dalle forze di minoranza in seno all’Assise. Sott’accusa innanzitutto il
fatto che il protocollo d’intesa
non prevede una restituzione
del bene al Municipio una volta
portati a compimento i lavori di
adeguamento ed estinto il mutuo. Il patto tra Comune e Provincia si basa sull’accettazione
della clausola da parte del primo di cedere la proprietà
dell’area su cui sorge l’immobile alla seconda, ottenendo in
cambio l’effettuazione degli interventi per un valore di 530
mila euro, somma che la stessa
Provincia otterrà dall’accensione di un mutuo all’Istituto per il
credito sportivo di Roma. Il dis-
senso nasce inoltre dalle modalità di cessione del campo in comodato d’uso al Comune, una
volta che la Provincia avrà acquisito la proprietà: i termini
del contratto sono ritenuti non
sufficientemente definiti; non
basta insomma parlare di “concessione piena ed illimitata”
dell’impianto in comodato
d’uso al Municipio. Il terzo motivo di contrarietà concerne la
natura dei lavori che saranno
eseguiti ed in particolare gli interventi previsti per il rettangolo di gioco: viene sostenuta
l’opportunità di posizionare il
manto erboso.
A suscitare ulteriori polemiche post-votazione consiliari
l’iter che ha condotto fino
all’approvazione.
Sull’argomento si è tenuta una prima seduta, al termine della quale
l’Assise ha stabilito di rimandare la discussione in merito perché nel frattempo il protocollo
d’intesa fosse ritoccato in alcuni passaggi, affinché il Comune
non ne uscisse in qualche modo
penalizzato. Il documento è
dunque tornato riveduto e corretto all’attenzione del Consiglio in una seconda seduta, seppure non abbastanza per le forze d’opposizione, che hanno da
subito avanzato dubbi e perplessità in merito alla stesura finale, tanto che la votazione sul
punto si è conclusa in parità tra
maggioranza e minoranza. Il
“no” del Consiglio si è quindi
convertito in “sì” al termine di
una terza seduta.
Alessia Antonucci
SANGINETO
Il “turn over” diventa una delle
parole chiave sempre più presente nel mondo ecclesiastico,
specie con la crisi delle vocazioni e l’esigenza di reggenza
delle numerose parrocchie.
Bolle vescovili accompagnano
l’ingresso del nuovo prete e un
misto di sentimenti, spesso
contrastanti, si fa spazio nei
parrocchiani. Lo schema è stato seguito con parsimonia anche nella località tirrenica, la
cui guida spirituale è stata affidata, da poco tempo, da monsignor Leonardo Bonanno, vescovo di Scalea-San Marco Argentano, a Fernando Ranuio,
originario di San Sosti, tra l’altro direttore della scuola di
teologia per laici della Diocesi.
Don Ranuio, già sacerdote a
Diamante, Scalea e San Filippo, dichiara di accogliere con
serenità l’eredità lasciata da
don Antonio Pappalardo, e di
avviarsi a improntare la sua
presenza tra i fedeli, in particolare dei giovani, focalizzando
l’attenzione e gli interventi
sull’educazione
spirituale.
Consapevole del primo anno,
quale periodo di assestamento
e di osservazione, si sta impegnando per coinvolgere tutti
gli apparati e gli enti del territorio in occasione della prima
visita ufficiale del nuovo vescovo, che il 10 dicembre celebrerà le cresime nella località
tirrenica.
Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
44
Cosenza - Provincia
.
CORIGLIANO Il territorio è messo a rischio dalla cementificazione selvaggia e dalle discariche di rifiuti pericolosi nei pressi di fiumi e torrenti
La piaga ambientale dell’abusivismo edilizio
Il commissario straordinario ha messo mano ad un’opera capillare di pulitura e svuotamento dei fondali
Emilia Pisani
CORIGLIANO
La denuncia che arriva
dall’associazione
“Guardia
Nazionale Ambientale” di Corigliano è di quelle che non
sorprende ma che preoccupa.
Parlare di tutela dell’ambiente in una città come quella ionica, che in tal senso ha profuso pochissimi sforzi, inevitabilmente significa fare i
conti con un dilagante abusivismo edilizio e la scorretta
ottimizzazione della rete dei
sottoservizi. Non solo, a destare maggiore preoccupazione sono le condizioni degli alvei dei torrenti cittadini.
Situazione così critica che
l’amministrazione straordinaria, guidata dal commissario
Rosalba Scialla, ha messo mano alla questione predisponendo già nei prossimi giorni
«operazioni di svuotamento,
a cura della Provincia di Cosenza, del fondale del tratto
terminale del Torrente Leccalardo, compreso tra la vasca
di sedimentazione, nei pressi
dello scolo, e la confluenza
del Torrente Malfrancato. Nel
corso di questa settimana
avranno inizio - fanno sapere
ancora da Palazzo di città - le
operazioni di rimozione di
detriti e rifiuti nelle aree limitrofe ai torrenti Cino, Gennarito , Coriglianeto e altri di
questo territorio».
Ci sono inoltre altre operazioni in vista: «Non appena
verranno perfezionati gli atti
della convenzione con il Consorzio di Bonifica, si procederà a breve alla pulizia dei torrenti Coriglianeto - Muzzolito
- Salice - Crati e Scavolino . Si
invita, pertanto, la cittadinanza, una volta bonificati
detti siti, a mantenere gli stessi puliti, astenendosi dal depositare altri rifiuti».
Per quello che riguarda la
denuncia delle Guardie Nazionali Ambientali di Corigliano, il comandante Luigi
Vincenzo Iacino, ed il vice comandante, Giuseppe Berardi,
si rivolgono ai commissari
«abbiamo un grosso problema sul nostro territorio e speriamo che nei prossimi giorni
non piova molto poiché c’è
una montagna che si sta sbriciolando e se questo dovesse
accadere sparirebbe dal territorio di Corigliano la frazione
di Fabrizio e metà del borgo
marinaro di Schiavonea. La
nostra associazione - prosegue Iacino - è disposta a dare
un grosso contributo al comune e all’intera popolazione coriglianese e a tutto l’ambiente
del territorio: si può controllare chi butta gomme nei fiumi che ogni giorno vengono
gettate in massa, adesso vengono anche incendiate e nessuno se ne occupa, ad esempio. Tutto questo potremmo
farlo noi dato che i Vigili Urbani non possono far tutto».
Il grosso problema poi, in
particolare in contrada Fabrizio, zona nata con opere di
edificazione del tutto abusive, è rappresentato anche
dalla vicinanza con il torrente
Coriglianeto da sempre interessato da scarichi abusivi.
Per questo è importante
l’opera di prevenzione e denuncia sull'intero territorio
coriglianese a difesa dell’ambiente pubblico e della salute
di tutti i cittadini, questa però
necessita dell’attenzione delle istituzioni preposte e del
sostegno di tutta la comunità.
CORIGLIANO
L’università
spalanca
le porte
allo Ionio
Il commissario prefettizio Rosalba Scialla
Una discarica di rifiuti pericolosi lungo il torrente Coriglianeto
CORIGLIANO Venerdì al Metropol è di scena il cabaret che sbanca in televisione
Arrivano i comici di Zelig e Colorado Cafè
CORIGLIANO. Arrivano gli artisti di Zelig e Colorado Cafè a
Corigliano. Dopodomani sera,
infatti, al Teatro Metropol dello scalo cittadino si terrà una
serata incentrata sul cabaret e
sulla comicità di alcuni personaggi del mondo della spettacolo e del piccolo schermo, noti sicuramente a coloro che
amano questo tipo di intrattenimento. In particolare, lo
spettacolo proposto dalla Pt
Management, il cui orario
d’inizio è previsto per le
21,30, presenta al pubblico
del comprensorio la comicità
di artisti di Zelig, Bruce Ketta e
Senso Doppio, oltre ai colleghi
di Colorado, Gabri Gabra e
Laura Magni.
Per quanto riguarda i “zelighiani”, il postino pugliese
Bruce Ketta è una delle grandi
novità del format, così come
del resto sono esilaranti le situazioni proposte dai Senso
Doppio. La veronese Magni,
che tutti conosciamo nei panni del personaggio/sindaco
CORIGLIANO Giudizio immediato e rito abbreviato si svolgeranno il 14 dicembre
Passarin, compone il duo proveniente da Colorado insieme
al dj-rapper Gabri Gabra, che
tra l’altro vedremo anche nei
panni del presentatore della
serata, spalleggiato dalla bella
coriglianese Valentina Cropanise. Durante lo spettacolo
non mancheranno inoltre le
fasi di interazione con il pubblico, che verrà coinvolto nello spettacolo in maniera tale
da essere parte integrante dello spettacolo cabarettistico.
(jo. fu.)
Lo storico logo dello Zelig
CORIGLIANO Omaggio ai grandi attori
Flesh market, il clou tra una settimana Tieri, Vallone e Trieste
CORIGLIANO. È stata rinviata al-
la data del 14 dicembre l’udienza per il giudizio immediato che
vede coinvolti alcuni degli indagati nel processo Flesh Market,
ovvero Natale Musacchio, Giuseppe Russo, Vincenzo Novelli,
Saverio La Camera, N.M. (sorella maggiorenne delle due baby-squillo), Italo Le Pera e Maurizio Franco Magno.
Ieri mattina presso il tribunale di Rossano era prevista l’audizione in aula di tre militari
della locale compagnia dell’arma dei carabinieri di Corigliano, Madeo, Rinaudo e Pedone,
che raccolsero le dichiarazioni
delle due minorenni V.M. e
L.F.M. che raccontavano di essere delle baby prostitute e riconoscevano tramite riproduzio-
Il Tribunale di Rossano
ne fotografica i loro presunti
clienti. Un racconto agghiacciante proprio per la crudezza
con la quale le due sorelline di
Corigliano hanno raccontato gli
episodi sessuali a pagamento
che avrebbero consumato con i
loro clienti.
Nell’udienza
precedente,
quella del 3 novembre, è stato
ascoltato anche il maresciallo
Cosenza. Si procederà sempre
presso il tribunale di Rossano
anche per gli imputati per i quali il giudice ha rigettato la richiesta del cosiddetto rito abbreviato, per Damiano Collefiorito, Cosimo La Grotta, Santo
Bagnato e Giuseppe Brina la
prossima udienza è prevista per
il 21 dicembre. Data entro la
quale, inoltre, dovrebbe essere
consegnata la perizia sulle capacità a testimoniare delle due
minorenni. Si procederà invece
il prossimo 14 dicembre, in concomitanza con il troncone del
giudizio immediato, presso il
tribunale di Catanzaro, giudice
Emma Sonni, con il rito abbreviato previsto per Pietro Berardi, Giuseppe La Pietra, Antonio
Coschignano, Pasqualino Foglia, Gianfranco Curcio e Vittorio Carcione. La difesa degli indagati è composto, tra gli altri,
dagli avvocati Giovanni Zagarese, Pasquale Di Iacovo, Giuseppe Zumpano ed Emanuele Monte. Sono state, inoltre, stralciate
le posizioni di N.M., Alberto
Falbo, Leonardo Malfarà, Gianfranco Curcio, Ercole Sposato e
Francesco Zanfini. (e. pis.)
SPEZZANO A. Seconda edizione con una novità: quest’anno c’è anche la scuola media
Torna il concerto di solidarietà “Voci di Pace”
Johnny Fusca
SPEZZANO ALBANESE
Torna il concerto di solidarietà
“Voci di Pace”. Seconda edizione domani alle 19,15 nella chiesa del
Carmine - di questo progetto nato
l’anno scorso dalla creatività dei
giovani animatori del coro e immediatamente sostenuto sia
dall’allora parroco don Mimmo
Laurenzano che dall’attuale don
Fiorenzo De Simone. Quest’anno
nel coro ci sono tre new entry e si
registra la presenza “vocale” di alcuni ragazzi della scuola media,
supportati dalla dirigente Rosina
Costabile. La formazione canora è
I ragazzi del coro “Voci di Pace”
pertanto composta da Maria e Rosanna De Rosa, Ida Marchianò,
Emanuela Crescione, Antonella e
Mariateresa Vitale, Lucia Casulli,
Angela e Rosamaria Camodeca,
Cettina Trimarchi, Antonella Lucchetti, Letizia Aita, Roberta Vaccaro, Mariafrancesca Mollo, Kethryn Brindisi, Mariafrancesca
Montone, Mario Gaudio, Gabriele
Salvatore Marchianò, Rocco Gallucci e Francesco Cucci. Agli strumenti Scipione De Lorenzo (batteria), Demetrio Corino (basso elettrico) e Giuseppe Cimenti (chitarre e percussioni), oltre al coordinatore del progetto Emanuele Armentano (tastiere).
I tre moschettieri
del cinema italiano
Ernesto Paura
CORIGLIANO
“Nella fabbrica dei sogni: il
cinema calabrese”: è il titolo
dato alle tre giornate di manifestazioni interamente dedicate al ricordo di tre nostri
illustri conterranei, protagonisti del cinema e del teatro
italiano: Aroldo Tieri (Corigliano Calabro, 28 agosto
1917 – Roma, 28 dicembre
2006); Raf Vallone (Tropea,
17 febbraio 1916 – Roma,
31 ottobre 2002) e Leopoldo
Trieste (Reggio Calabria, 3
maggio 1917 – Roma, 25
gennaio 2003).
Si tratta di un ciclo di incontri aperti al pubblico,
promosso ed organizzato
dai Licei cittadini e dall’associazione culturale “Il Serratore”.
Un vero e proprio omaggio che si è inteso, dunque,
rendere al cinema calabrese,
visto attraverso le figure di
tre autentici “mostri sacri”
attivi sulle scene e nel mondo dello spettacolo per oltre
cinquant’anni, in un percorso artistico determinato da
una forte personalità e da un
invidiabile rigore professionale.
Ad ospitare i tre interessanti incontri, sarà il “Centro
di eccellenza” dello Scalo di
Corigliano. «Si tratta di tre
eventi – ha dichiarato il dirigente dei Licei Classico e
Scientifico, prof. Pietro Ma-
radei – che fanno parte del
progetto Cultura Calabria, al
quale abbiamo dato il titolo
“Nella fabbrica dei sogni”
proprio per la personalità
dei tre attori coinvolti. Cominceremo con una conferenza dedicata ad Aroldo
Tieri, organizzata per venerdì 16 dicembre, alle 17, a
pochi giorni dal quinto anniversario della sua scomparsa.»
Sarà l’occasione per ricordare non solo la vita e la carriera di un vero Signore dello spettacolo, ma anche per
ripercorrere i punti principali del rapporto con la sua Corigliano, a cui rimase sempre
legato da uno struggente
sentimento di nostalgia.
Il ciclo degli incontri proseguirà venerdì 27 gennaio
2012 (ore 17) con quello dedicato a Leopoldo Triste
(“Una leggenda del Cinema
italiano”) per concludersi,
poi venerdì 24 febbraio (ore
17), con l’omaggio a Raf Vallone (“Attore e intellettuale”).
Tali incontri saranno caratterizzati da presentazioni
di scene dei film più memorabili dei tre attori, da ricordi fotografici, da testimonianze e ricordi di personaggi che li conobbero e li frequentarono, una vera galleria di memorabilia di un pezzo di storia del cinema italiano riletto attraverso una storia tutta calabrese.
CORIGLIANO. Si tratta dell’unica sede in Calabria quella di Corigliano in via Garetti 5, nel
cuore del centro storico,
dell’università Guglielmo Marconi. Ieri presso il salone degli
specchi la conferenza stampa
ufficiale ha presentato ai numerosi giovani studenti del territorio intervenuti la nascita
della sede universitaria in città.
«L’Università Guglielmo Marconi ha scelto Corigliano quale
sua sede unica per la Calabria al
fine di rappresentare un valido
supporto per l’istruzione, la ricerca e la cultura della regione
Calabria- fanno sapere i responsabili - oltre che per avviare una serie di progetti culturali
in sinergia con il territorio». Alla giornata inaugurale erano
presenti il Rettore Alessandra
Spremolla Briganti, il Segretario Generale dell’Università
Marco Magarini oltreché il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria Franco Talarico. Quest’ultimo ha voluto evidenziare l’importanza di accedere per i giovani ai percorsi di
studio universitari. Hanno portato il proprio saluto il dirigente comunale Corigliano, Maria
Teresa Iannini, il sindaco di
Vaccarizzo Albanese Aldo Marino, il responsabile provinciale dell’Udc Cataldo Russo e il
consigliere regionale Giuseppe
Caputo. (e. pis.)
CORIGLIANO
Corpi e segni
nei dipinti
di Alessandra
Redaelli
CORIGLIANO. Sarà inaugurata
sabato prossimo, alla Loft Gallery di Corigliano centro, la
personale dell’artista Erica
Campanella intitolata “Cuprum”, a cura di Alessandra
Redaelli. Dal figurativo ai paesaggi, le opere della Campanella toccano vari aspetti e trascinano chi si approccia ai suoi
lavori in un percorso che è un
po’ il filo conduttore dell’ispirazione dell’artista. «Al figurativo strettamente legato alla
persona, rappresentato magistralmente nelle varie torsioni
dei corpi o frontalmente - si
legge in una nota critica di
presentazione della pittrice - si
unisce per la prima volta a livello espositivo il paesaggio
urbano e gli interni di chiesa. I
tagli pittorici della Campanella sono sempre sorprendenti,
sia nelle visioni dall’alto, che
in quelle ribassate. Cygnus,
Permula e Manlio, giusto per
citarne alcune, sono opere raffinate e ricercate, con differenti peculiarità. L’artista a
volte copre, altre volte sfrutta
totalmente la luce della superficie. Passa così dall’ottone al
rame con una pennellata che
può essere iperealistica, definita, oppure più evanescente
dove al segno si uniscono le
sgocciolature, quasi a far perdere traccia di ciò che si voleva
raffigurare». La mostra resterà
fruibile ai visitatori della galleria d’arte contemporanea coriglianese fino al 28 febbraio
2012. (jo. fu.)
31
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
Cronaca di Catanzaro
.
OMICIDIO CITRINITI Conclusa l’istruttoria dibattimentale nel processo per la morte dello studente universitario
I lunghi silenzi dei due testimoni
I parenti di uno degli imputati ricostruiscono quanto avvenne a “Le Fornaci”
Giuseppe Mercurio
Lunghi silenzi, numerosi «non
so» e «non ricordo», ricostruzioni dei fatti differenti rispetto alle dichiarazioni rese agli
inquirenti nell’immediatezza
dei fatti. Sono questi i tratti
salienti che hanno caratterizzato l’escussione dei testi Danilo Sinopoli e Mario Cappellano, nipoti di Cosimo Berlingieri, uno dei due maggiorenni accusato, assieme a Gianluca Passalacqua (il primo di 44
ed il secondo di 23 anni), per
l'omicidio pluriaggravato del
giovane universitario di 24
anni Massimiliano Citriniti,
accoltellato a morte il 22 febbraio 2009 fuori dal Centro
commerciale "Le Fornaci".
Davanti alla Corte d’assise
(presidente Giuseppe Neri, a
latere Domenico Commodaro) i due testimoni hanno risposto alle domande del pubblico ministero Simona Rossi
e a quelle degli avvocati difensori Salvatore Staiano e Gregorio Viscomi. O meglio, ci
hanno provato. Danilo Sinopoli ha ricostruito quello che
successe la sera del 22 febbraio visto che si sarebbe trovato a una decina di metri dal
luogo dell’aggressione parlando di un secondo coltello che
spuntò durante il litigio che
vide protagonista Massimiliano Citriniti. A Sinopoli il pubblico ministero Simona Rossi
ha contestato che le sue dichiarazioni rese agli inquirenti erano diverse rispetto a
quelle riferite davanti alla
Corte ma il giovane ha dato
una spiegazione solo quando
l’avvocato Staiano lo ha inviato a dire la verità. Il giovane
pensava che le sue dichiarazioni avrebbero potuto danneggiare il cugino minorenne
La discarica di Ali ora posta sotto sequestro
RIFIUTI Interrogativi di Iaconantonio
«Il sindaco spieghi
perchè la discarica
non si può ampliare»
Il tunnel del centro commerciale “Le Fornaci” dove fu colpito a morte Massimiliano Citriniti (nel riquadro)
che è già stato condannato per
questo reato. Mario Cappellano, invece, dopo aver ricostruito lo scherzo di carnevale
che ha dato origine alla tragedia, si è trincerato dietro tanti
silenzi e numerosi «non ricordo» a seguito delle domande
incalzanti del pubblico ministero. Al punto tale che è intervenuto il presidente Neri
per sbloccare la situazione e
riuscire a far dire al teste
com’erano andati i fatti. Vista
però l’impossibilità di procedere all’esame del testimone,
le parti hanno acconsentito
all’acquisizione dei verbali resi da Cappellanno alla Polizia.
A quel punto il presidente della Corte ha dichiarato chiusa
l’istruttoria
dibattimentale
rinviano il processo all’undici
gennaio quando toccherà al
pubblico ministero e agli avvocati di parte civile effettuare la loro requisitoria. Fissata
invece per il 19 gennaio l’arringa degli avvocati della difesa.
Secondo quanto contestato
ai due imputati, Citriniti sarebbe stato ammazzato a seguito di un banale scherzo fat-
to con della schiuma spruzzata in faccia ad un minorenne,
che avrebbe dato vita ad una
lite iniziata dentro al centro
commerciale, e ripresa più
tardi in un tunnell che si trova
all’esterno della struttura, dove il 24enne è stato ucciso,
sempre secondo le accuse, dopo essere stato bloccato da diverse persone che lo hanno
aggredito. Tra queste persone, secondo la Procura, ci sarebbero stati Berlingieri e Passalacqua, rinviati a giudizio il
10 febbraio 2010. A poche ore
dal delitto le indagini condus-
sero gli agenti della Squadra
mobile proprio a casa di Cosimo Berlingieri, dove la moglie
di quest'ultimo affidò loro il figlio minorenne, ammettendo
subito che era stato coinvolto
nello scontro avvenuto a "Le
Fornaci". Il diciassettenne,
che è anche cognato di Passalacqua, è già stato giudicato
con rito abbreviato e condannato in primo grado a 14 anni
e 15 giorni di galera, poi scontati a 10 anni dalla Corte d'appello con una sentenza infine
confermata dalla Cassazione
il 19 ottobre.
Traversa non spiega «perché ritiene che la discarica di Alli non
si possa ampliare, come previsto
dal protocollo d’intesa sottoscritto dal sindaco Olivo, dal
presidente della provincia Ferro
e dall’allora presidente della regione Loiero, e perchè nessuno
assume iniziative per renderla
dissequestrabile». Lo ha affermato, in una nota, l’ex assessore
comunale Domenico Iaconantonio. «Traversa, sei mesi or sono
ha accettato – ha proseguito Iaconantonio – le rassicurazioni
dell’ing. Zerbin e definito ottimo
il lavoro svolto dall’Ufficio del
Commissario regionale, adesso
ha cambiato atteggiamento ed
attacca chi lo ha preceduto facendo trasparire un rancore politico non comune per uno che
ha vinto le elezioni. Nessuno disturbi il conducente. Si rischia di
farlo innervosire. Usa parole come vergogna, spudoratezza,
punta il dito sui precedenti amministratori, accusa gli altri di
demagogia quando è maestro
nel praticarla». Quanto ad Ambiente & Servizi «dica Traversa –
ha affermato Iaconantonio – cosa è stato fatto finora in sei mesi,
oltre alla ricapitalizzazione già
indicata dalla precedente amministrazione, dopo aver preso vi-
sione di un convincente piano
industriale preparato dal management aziendale, che consenta
l’efficacia del servizio della raccolta differenziata e tranquillizzi i lavoratori sul loro futuro.
L’amministrazione Olivo, a mio
giudizio, bene ha fatto a salvaguardare una società a forte partecipazione comunale, nata in
anni precedenti , voluta dal
Commissario dell’epoca. A chi
avrebbe giovato il fallimento
della società che vanta indiscutibili crediti da molti comuni
dell’ex ATO2 e possiede automezzi, cassonetti , attrezzature
ed un patrimonio di lavoratori?
Nella continuità amministrativa
l’attuale sindaco, che ha goduto
finora di una fortunata pax sindacale, cerchi e trovi una soluzione. Il neo Commissario per
l’emergenza ambientale – ha
concluso – ha disposto ed autorizzato il conferimento dei rifiuti
di Catanzaro nella discarica di
Pianopoli: l’Ufficio del Commissario continua a svolgere il proprio lavoro disponendo i conferimenti dei rifiuti con apposite
Ordinanze, ora come prima, a
Dicembre come a Giugno, nel
2011 come in precedenza: chissà cosa ne pensa il Sindaco di
Pianopoli?».(g.m.)
Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011
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Cronaca di Vibo
Via M.T. Cicerone, 15 - Cap 89900
Tel. 0963.44034-472005 / Fax 0963.44192
[email protected]
Sit-in della Cgil
davanti alla Prefettura
Si terrà oggi davanti
alla Prefettura
un sit-in della Cgil
in preparazione
dello sciopero di lunedì
Concessionaria: Publikompass S.p.A.
Via M.T. Cicerone, 15 - Cap 89900
Tel./Fax 0963.45551 [email protected]
.
Presentata al Comune la rassegna del Festival cinematografico finanziato dalla Regione e promosso dalla Fondazione Calabria film commission
Il grande cinema varca le porte della città
Dal 14 al 17 i grandi nomi dello spettacolo a palazzo Gagliardi, polo Santa Chiara e Scuola di Polizia
Stefania Marasco
Si aprono le porte dello spettacolo. “Silenzio” in città bussa il cinema, quello con la C maiuscola che
la carovana della Fondazione Calabria film commission ha deciso
di “regalare” a quel Giardino sul
mare che, nonostante tutto, continua ad ammaliare. Ammalia e
inebria e lo farà dal 14 al 17 dicembre aprendo le porte dei suoi
palazzi, che si trasformeranno in
sale di riflessione e visione. Tra
grandi interpreti e vecchi generi.
Tra made in Calabria e firme di caratura nazionale. All’insegna della qualità e dell’impegno. Sul filo
delle note di un festival, che parla
il linguaggio del grande cinema, e
apre la IV rassegna del “Festival
cinematografico della Calabria:
ambiente e paesaggio”.
Ambiente e paesaggio, il leitmotiv delle sezioni che saranno
messe in campo e che senza tregua si susseguiranno nelle stanze
di palazzo Gagliardi, palazzo
Santa Chiara e dell’Auditorium
della scuola allievi agenti della
Polizia di Stato. Un «evento ambizioso, griffato Calabria che guarda all’Italia e spera di aprirsi al
mondo». Con queste parole e questo spirito, ieri, è stata presentata
l’agenda fitta di appuntamenti
che attendono la comunità vibonese e non solo – invitati a seguire
la rassegna aperta gratuitamente
al pubblico.
A fare da padroni di casa il sindaco Nicola D’Agostino e l’asses-
sore ai Grandi eventi Pasquale La
Gamba che nell’aula consiliare di
palazzo “Luigi Razza” hanno presentato l’evento – finanziato con
fondi Por dalla Regione – insieme
al presidente della Fondazione
che promuove il Festival, Gianluca Curti, a Giuseppe Agliano,
componente dell’ufficio di presidenza della Regione Calabria e al
direttore artistico, anima della
rassegna, Alessandro Russo.
In sinergia con gli occhi rivolti
«al parterre costituito da ospiti
d’eccezione – ha spiegato Agliano
introducendo la conferenza
stampa – che fanno sì che si realizzi quello che è un momento di
grande comunione culturale e sociale». Una Calabria che vuole decollare immergendosi nella cultura. Nonostante la crisi, nonostante le difficoltà. Per far sì che la cultura muova la macchina dell’economia. Anche perchè ha sottolineato Curti, «quello che si innesca
è anche un processo economico,
considerato che tante volte ci si
dimentica che con la cultura, investendo un euro, si ha una ricaduta economica sui territori di 5
euro. La cultura – ha aggiunto – è
un’industria che racconta il passato, la memoria guardando al futuro». Un evento che scrive la
nuova pagina della città chiamata
a svegliarsi dal torpore in nome
del cinema che porterà in città
ospiti come Claudia Cardinale,
Sergio Rubini, Asia Argento (questi solo alcuni e il programma
completo e dettagliato dell’even-
PROVINCIA
Circolazione
invernale
con obbligo
di catene
L’assessore La Gamba, il dirigente regionale Agliano, il sindaco D’Agostino, il presidente della Fondazione Curti e il direttore artistico della rassegna Russo
to è nelle pagine dello Spettacolo).
Ospiti e film dedicati alla comunità. Ma a trecentosessanta
gradi, perchè come spiegato da
Curti, la cultura non ha barriere.
E, in questo senso, la rassegna
varcherà le porte del carcere di
contrada Castelluccio dove il 15
sarà trasmesso il film di Gagliardi
L’attrice Asia
Argento
concluderà
la rassegna
nella veste di dj
Barbuto (Idv): è arrivata l’ora di aprire il dibattito senza ombre
“Tatanka”, il film tratto dal libro
di Saviano, al quale seguirà un dibattito. E, allo stesso tempo, saranno coinvolte le scuole, con la
sezione dedicata alla legalità, nel
convegno che si terrà il 16 dicembre alle 11.30 a palazzo Santa
Chiara, «perchè un momento come questo – ha sottolineato il presidente della Fondazione – può
incidere sulla memoria formando
le menti, più di cento lezioni».
Soddisfatti per l’evento che “travolgerà” la città, soprattutto, il
sindaco D’Agostino e l’assessore
La Gamba che, dal canto loro,
hanno ribadito il forte impatto e la
forte valenza della rassegna e delle sezioni in cui sono state divise le
quattro giornate.
Quattro giornate sulle quali il
direttore artistico si è soffermato,
tratteggiando la filosofia che ispira il festival. Partendo dalla mostra di apertura che si terrà a palazzo Gagliardi dedicata al western italiano – che avrà come madrina d’eccezione Claudia Cardinale – a finire allo spazio per i giovani talenti calabresi, ai quali è
dedicata una sezione e un concorso. Dal cinema contemporaneo,
quindi, con lo sguardo all’estero,
passando dai “paesaggi cult” fino
alla quotidianità con i “paesaggi
urbani”. Film e dibattiti, ma non
solo. Perchè ad esempio il 17 dicembre, momento conclusivo,
spazio sarà dato alla cerimonia di
premiazione con Lucrezia Lante
della Rovere che presenterà la serata nella Scuola di Polizia e ad
Asia Argento nell’inedita veste di
dj che chiuderà l’evento con “The
doors are open” a palazzo Gagliardi. Si valorizza la Calabria, il
Vibonese con il pensiero al Paese,
insomma. Una ricetta che investe
e premia. Parlando il linguaggio
della cultura. Da assaporare, visione dopo visione.
È stata emanata un’ordinanza con la quale la Provincia
regolamenta la circolazione
sulle strade di montagna e di
collina, debitamente preindicate con apposita segnaletica relativa alle catene per
neve obbligatorie. In pratica
l’ordinanza dispone che sulle strade interessate vige
l’obbligo di avere sempre a
bordo le catene o che sugli
automezzi di qualsiasi genere e cilindrata vengano
montati gli appositi pneumatici per l’intero periodo
invernale, anche quando
l’asfalto è asciutto. Per le
stesse strade, in caso di nevicate, il testo stabilisce inoltre l’obbligo per i conducenti
non muniti di pneumatici invernali di montare le catene.
L’ordinanza è consultabile
sul sito internet della Provincia. Obiettivo dell’amministrazione provinciale è
quello di perseguire il miglioramento della sicurezza
stradale. CONCESSIONI DEMANIALI Si tratta di episodi verificatisi negli anni 2007-2009
Passato e futuro a palazzo Gagliardi Abuso d’ufficio, chiesto il rinvio a giudizio
Viaggio virtuale nella città “perduta” per operatori turistici e un funzionario regionale
«Italia dei valori è interessata a
fare luce su vertenze che interessano tutti e non pochi». É una parentesi senza troppi giri di parole
quella che il dirigente di Idv Sergio Barbuto fa. Lo fa attraverso un
viaggio “virtuale” nella città. Ammaliato dalle sue bellezze e dalla
sua storia. Virtuale che si scontra
con il reale, però. Perchè se nelle
cartoline dalla villa comunale si
giungeva a Villa Gagliardi, e se fra
i corridoi del prestigioso immobile Gagliardi si odono ancora note
di violini e voci di amorini... beh,
a fare una passeggiata meno virtuale Barbuto trova altro.
Così pensa alla nuova attività
di ristorazione che attende palazzo Gagliardi. Mentre lucchetti
trova ai cancelli dei parchi storici
cittadini. Da qui, la riflessione del
dirigente del partito, su
«quell’edificio più rappresentativo della città, esempio di perfezione compositiva geometrica,
che si trova al centro della querelle che – sottolinea – vede contrapposti due modi di vedere e pensare lo sviluppo del tessuto urbano». Dalla riflessione, quindi, al
pensiero verso Enrico Gagliardi il
passo è breve, lui che «svolse –
sottolinea – con continuità un
ruolo di primo piano nella gestione della città, componendo i valori architettonici, le direttrici urbanistiche, la centralità dei parchi». Una politica che «vedeva il
palazzo al centro delle funzioni
pubbliche di alta qualità. Ora –
chiosa – lo spaccato è di tutt’altro
tenore, la passeggiata storica che
parte dalla Villa comunale, chiusa per incuria e cattiva gestione,
conduce dinnanzi a palazzo Gagliardi, oggetto di una contesa,
Il prestigioso palazzo Gagliardi al centro della querelle politica
che porterebbe uno dei simboli
della cultura vibonese – incalza –
ad essere utilizzato per ristorazione, da soggetti privati, per arrivare al parco di villa Gagliardi,
ormai abbandonata e invasa da
erbacce».
Un viaggio fra passato e presente che apre una finestra su un
mondo nuovo, quello sul quale
Idv vuole capire, «una tematica –
spiega Barbuto – che sembrerebbe di poco conto, ma che in realtà
andrebbe a compromettere i tessuti storici che si sono sviluppati
nel corso della nostra storia e che
hanno contribuito a fare di Monteleone ora Vibo Valentia, un centro di cultura vivace». Da qui, la
critica del partito verso quanto
«devasta i riferimenti urbani, con
mancati impegni, allegre chiusure, e delibere arroganti» che «non
aiutano la crescita». In questo
senso, «Idv – ribadisce Barbuto –
alla luce dei continui mancati interventi , o al contrario di interventi distruttivi, non può che denunciare per l’ennesima volta,
fatti che non contribuiscono a
mantenere vivo ciò che ci viene
tramandato dalla storia».
Ergo, gli interrogativi che Italia dei valori pone riguardano il
perchè sia stata annullata la delibera della Giunta Sammarco che
nel palazzo vietava le attività di
ristorazione. Tutto ciò, nella convinzione che «rivitalizzare un
edificio di tale importanza – conclude Barbuto – non può passare
attraverso la speculazione dei soliti ignoti, ma deve necessariamente avere un respiro di carattere sociale aperto alla cittadinanza». Sic et simpliciter un invito ad
«aprire il dibattito senza mantenere ombre». Così da riaccendere
i riflettori sulla storia perduta.(s.m.)
Abuso d’ufficio in concorso.
Questa l’ipotesi di reato per la
quale il pm Santi Cutroneo ha
avanzato al gup una richiesta
di rinvio a giudizio a carico di
cinque persone indagate in relazione a tre diversi episodi verificatisi, secondo l’accusa, fra
il 2007 ed il 2009.
Il primo episodio vede quale
indagati per il reato di abuso
d’ufficio in concorso: Angelo
Colaci, 58 anni, nato a Maida,
ma residente a Vibo, difeso
dall’avv. Damiano Vita; Santo
Miduri, 70 anni, di Reggio Calabria, assistito dall’avv. Giuseppe Morabito; Giovanni
Mancini, 77 anni, di Vibo Valentia, difeso dall’avv. Giuseppe Di Renzo.
L’ipotesi accusatoria nasce
dalla richiesta alla Regione –
effettuata da Giovanni Mancini, rappresentante legale della
“Kalos srl” – per l’occupazione
di mille metri quadri sul demanio marittimo per la posa di sedie a sdraio, ombrelloni e piccoli natanti da diporto. Responsabile del procedimento
amministrativo era Angelo Colaci, dipendente regionale in
forza all’Ufficio provinciale di
Vibo, dipartimento Urbanistica e Demanio. Secondo quanto
ricostruito dal pm Santi Cutroneo nella richiesta di rinvio a
giudizio, Angelo Colaci, «previo accordo» con Giovanni
Mancini e con il dirigente di
tale ufficio, Santo Miduri, «in
violazione di una legge regionale del 2005 che prevede la
possibilità di rilascio della concessione solo ove fosse stato
adottato il Piano comunale
Il sostituto procuratore Santi Cutroneo
Un tratto del litorale “Costa degli Dei”
spiaggia – presupposto non verificatosi nel Comune di Parghelia – intenzionalmente procuravano un ingiusto vantaggio patrimoniale a Mancini».
Nella richiesta di rinvio a giudizio si fa poi riferimento anche alla violazione di una delibera del Consiglio regionale
del 2007 con cui è stato approvato il Piano di indirizzo regio-
nale in materia. Le presunte
condotte illecite si sarebbero
verificate il 13 giugno 2007 ed
il 20 agosto dello stesso anno.
Il secondo episodio per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio, ricostruito nella richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal
pm, vede indagati Santo Miduri e Angelo Colaci questa volta
in concorso con Giuseppe Lo-
preiato, 70 anni, originario di
Stefanaconi, ma residente a
Ricadi e titolare del villaggio-camping “Baia d’Ercole”.
Identiche al precedente episodio le contestazioni mosse dal
pm Cutroneo ai tre indagati,
anche qui con una concessione
demaniale marittima (per l’occupazione di 120 metri quadri
per la posa di ombrelloni, sedie e sdraio) giudicata illegittima, in quanto anche il Comune di Ricadi, nell’agosto 2007,
non aveva adottato alcun Piano spiaggia. Giuseppe Lopreiato è difeso dagli avvocati Patrizio Cuppari e Michelangelo
Mirabello.
L’ultimo episodio di abuso
d’ufficio in concorso vede indagati Annunziata Lo Scalzo,
47 anni, di Tropea, responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Parghelia (avv. Francesca Naso), e Giovannino
Sambiase, 44 anni, imprenditore di Parghelia (avv. Francesco Tassone e avv. Francesco
Iannello) che avrebbe ottenuto nel luglio 2009 un «ingiusto
vantaggio patrimoniale in seguito alla concessione demaniale marittima per l’occupazione di 150 metri quadri di
spiaggia». Concessione adottata, secondo l’accusa, in assenza del Piano spiaggia nel Comune di Parghelia e, quindi, in
violazione di legge. Parti offese nel procedimento sono state
individuate dal pm nei Comuni di Parghelia e Ricadi e nella
Regione. Spetterà ora al gup
fissare una data utile per
l’udienza
preliminare.(g.b.)
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