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Le mani del clan su Cosenza
In abbinata obbligatoria con Italia Oggi. Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs) Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003 Mercoledì 7 dicembre 2011 www.ilquotidianodellacalabria.it Blitz della Dda contro i Ruà-Lanzino. «La ’ndrangheta c’è ma la città è omertosa» Le mani del clan su Cosenza Sedici arresti. Indagati per voto di scambio Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo LE MISURE ANTICRISI Carburanti, stangata subito Sulle pensioni la Fornero apre a possibili modifiche Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo • Non solo di Rende i politici sospettati L’arresto di Costantino Scorza da parte degli uomini della polizia (Foto: Mario Tosti) • Fatta luce Sul governatore gli strali di Zavettieri e Belcastro su tre delitti nella lotta La moglie di Santi Zappalà replica a Scopelliti tra bande «Pietà per mio marito» • Due boss restano ancora latitanti T. ACETO, M. CLAUSI e A. MORCAVALLO LE dichiarazioni di Scopelliti all’iniziativa del Museo della ’ndrangheta a proposito di Santi Zappalà («Se i fatti sono accertati bisognerebbe buttare le chiavi») hanno suscitato le reazioni della moglie dell’ex consigliere: «Mio marito merita quantomeno umana pietà». Rita Librandi ADRIANO MOLLO a pagina 13 Un distributore di carburanti per auto LA manovra economica varata dal governo Monti è pronta per l’esame alle Camere, con il premier pronto anche a chiedere la fiducia. La stangata su benzina e diesel piomberà subito (dal primo gennaio), mentre sulle pensioni il ministro Fornero ha detto in Tv che si è aperti a possibili modifiche. alle pagine 4, 5, 6 e 7 Caro Bersani, così ci rovini Rifiuti nel fiume Oliva In libertà l’imprenditore Una catanzarese entra nell’Accademia della Crusca CARO segretario Bersani, desidero esprimerti, interpretando il sentimento diffuso e di ora in ora crescente di molti militanti, amministratori locali, dirigenti locali del Pd e dirigenti sindacali, il mio dissenso dai provvedimenti PAOLO OROFINO a pagina 21 EDVIGE VITALIANO a pagina 55 continua a pagina 26 Amantea. La decisione dei giudici del Riesame di ERNESTO MAGORNO da pagina 8 a pagina 12 Reggio. Interrogati parenti e conoscenti di Vittorio Bruno Martino. Accertamenti sulle sue attività Sombrero Consiglieri RICORDATE le elezioni comunali in cui tutti avevano un cugino, un compare d'anello, un dirimpettaio candidato? Che si facevano le collezioni di santini, e valevano di più le facce più buffe, gli slogan più strampalati? Accadde ieri, ma per volontà di Monti potrebbero diventare vecchie storie da raccontare. Perché intanto i consiglieri di circoscrizioni e Comunità montane perdono il compenso. Toccherà poi ai Comuni? E allora si candideranno solo quanti vogliono occuparsi gratis del bene comune, e i mariuoli a caccia di tangenti. Due categorie, specie la prima, poco numerose. Si indaga sui rapporti dell’imprenditore ucciso GLI investigatori stanno vagliando i rapporti, personali e professionali, di Vittorio Bruno Martino, l’imprenditore di 46 anni ucciso lunedì. FABIO PAPALIA a pagina 19 Marina di Gioiosa L’ex assessore dal carcere «Aiutate i bisognosi» N. BARILLARO a pagina 39 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ANNO 17 - N. 337 - € 1,20 8 Primo piano Mercoledì 7 dicembre 2011 Primo piano 9 Mercoledì 7 dicembre 2011 La Dda di Catanzaro fa luce sulle morti di Marchio, Sassone e Pelazza Mafia e politica Ricostruiti tre delitti Operazione nell’inchiesta Terminator I boss Lanzino e Presta restano latitanti Presta, Gatto e Scorza i killer spietati nella lotta tra bande Omicidi, pizzo e voto di scambio Omicidi nati da contrasti per il predominio economico sulla zona Cosenza, la Dda smantella il clan Ruà-Lanzino: 16 arresti Finisce in cella il reggente Patitucci. Indagati tre politici di ANTONIO MORCAVALLO schede dei segni identificativi. Davvero se questo è avvenuto e se le schede sono state conteggiate, vuol dire che non c'è limite al peggio». «Qualsiasi sia la parte politica che governa - aggiunge Lombardo - la criminalità organizzata si infiltra sempre. Per la 'ndrangheta che governi la Destra o la Sinistra è la stessa cosa. Le 'ndrine sono trasversali al potere, si adeguano a chi c'è in una determinata area del territorio o scelgono direttamente loro». Insomma se l'attuale inchiesta Terminator, che dunque sarebbe la numero 4, potrebbe come si augura il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo «aver messo la parola fine sul clan Ruà-Lanzino e sulla guerra di mafia», le indagini di Dia, carabinieri e polizia, potrebbero continuare a lungo sulla pista della commistione politico-mafiosa. Una zona grigia ancora troppo oscura. L’arresto di Costantino Scorza da parte degli uomini della Squadra Mobile della Questura | IL PROCESSO | L’ex contabile delle cosche parla dell’omicidio Sena GLI ARRESTATI «Buoni rapporti con gli altri clan per gli affari» Francesco Patitucci Domenico Cicero Walter Gianluca Marsico Mario Gatto Michele Di Puppo Giovanni Di Puppo Giuseppe Perri Roberto Porcaro Luigi Gagliardi Simone Andretti Luigi Gaudio Mario Piromallo SI è svolta ieri l’udienza del processo “Terminator 3” a parlare è sempre Dedato, che questa volta ha raccontato le sue verità in merito al delitto di don Antonio Sena, ex boss di Cosenza e al tentato omicidio di Umile Esposito. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Dedato vengono riportate anche all’interno dell’ordinanza dell’operazione di ieri. Vincenzo Dedato è stato ascoltato ieri nell’aula della Corte di Assise del tribunale bruzio, dove si sta svolgendo (dinanzi al presidente Antonia Gallo e al pm Antimafia Vincenzo Luberto) il processo “Terminator 3”. Gli omicidi al vaglio dei giudici cosentini, oltre a quello di Bruni (ucciso il 29 luglio del 1999 all’uscita del carcere di Cosenza), sono quelli di Primiano Chiarello (ammazzato a Cassano Ionio l’8 giugno del 1999), ritenuto vicino ai Bruni, e di Antonio Sena (ucciso a Castrolibero il 12 maggio 2000). C’è anche il tentato omicidio di Umile Esposito (Bisignano, 27 maggio 2000). Sei gli imputati: Francesco Abbruzzese, alias “Dentuzzo”, di Cassano Ionio, ora al regime del 41 bis a Rebibbia; Ettore Lanzino, di Cosenza, latitante dal settembre 2009; Nicola Acri, di Rossano, al 41 bis nel carcere di Cuneo; Francesco Presta, originario di Roggiano Gravina, latitante dal maggio 2009; lo stesso Vincenzo Dedato e Francesco Bevilacqua, entrambi collaboratori di giustizia. Ieri Vincenzo Dedato ha parlato dell’omicidio Sena e in particolare come «l’omicidio viene deciso dopo l’operazione Garden», come ha sempre ribadito l’ex contabile delle cosche cosentine tutti i fatti di sangue sono stati stabiliti all’interno del carcere. Dedato però sulla rico- struzione e sul rapporto tra Lanzino e Sena ha fornito una versione durante l’interrogatorio del pm per poi cambiare idea durante il controesame dell’avvocato Garritano. Dedato poi ha parlato degli esecutori materiali del delitto indicando «Presta come esecutore materiale, Gatto come autista e Perri per il recupero. L’arma utilizzata una 9x21 automatica». Infine Dedato dice che Nicola Acri e Francesco Abbruzzese sono estranei all’uccisione di Antonio Sena avvenuta nel 2000 a Castrolibero. Sul tentato omicidio di Umile Esposito Dedato invece non ha molte cose da dire, parla del fatto che l’attentato è avvenuto mentre Esposito si trovava insieme a due prostitute e che «era considerato spazzatura che cammina». L'episodio non sarebbe legato alla guerra tra clan, ma al fatto che Presta non avrebbe gradito l'attività di prostituzione messa in piedi da Esposito proprio sotto casa sua. Secondo la Dda gli attuali imputati di “Terminator 3” avrebbero commesso questi agguati «al fine di agevolare le attività dell'associazione di tipo mafioso facente capo a Francesco Abruzzese e di quella organizzata e diretta da Ettore Lanzino e Domenico Cicero». Il processo in questione fa parte di un troncone (l’operazione eseguita ieri, come spiegato dagli inquirenti, ne rappresenta l’ultima parte) dell’indagine denominata “Terminator” avviata dalla Dia di Catanzaro nel 2007, che ha portato già all’emissione da parte del gip distrettuale di 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere nel settembre 2008, di otto analoghi provvedimenti nel maggio 2010 e, da ultimo, nel luglio del 2011 all’emissione di altri tre provvedimenti. tiz. a. La carrozzella di Vittorio Marchio Mario Gatto, i defunti Carmine Pezzulli, Carmelo Chirillo e Aldo Benito Chiodo, come mandanti; Presta e Gatto come esecutori materiali. Ma non solo Gaudio per aver avvisato i killer della presenza della vittima; Marsico per aver dato incarico a Colosso di mettere a disposizione degli assassini una automobile rubata; Massimiliano Cozza e Biagio Barberio per aver fornito la vettura a Colosso e aver indicato il luogo dove lasciarla; il defunto Marincolo per aver indicato il luogo dove lasciare la vettura e per aver accompagnato i killer dopo il delitto. Infine Giuseppe Perri, per aver accompagnato da Cosenza a Tarsia, dopo l’omicidio, Francesco Presta. Come autori e mandanti del delitto di Enzo Francesco Antonio Sassone sono indicati ancora Lanzino, i Castiglia, Presta, Costantino Scorza, Massimiliano Cozza, Luigi Gagliardi, Cicero, Dedato, Marsico, Perri, Barberio, Amodio, Colosso e Giuseppe Schiavo, oltre ai defunti Francesco Marincolo, Carmine Chirillo e Franco Gabriele. I magistrati dell’Antima- fia accusano Francesco Presta e Costantino Scorza di essere gli esecutori materiali. Francesco Sassone venne ucciso con quattro proiettili esplosigli contro con una pistola calibro 38/357. E la Dda spiega anche il motivo dell’eliminazione di Sassone, ucciso «perché appartenente ad un gruppo criminale rivale operante nella zona di Tarsia» e questo al fine di «conquistare il controllo delle attività illecite». Insomma lotta per la supremazia e per il denaro. Al clou della guerra di mafia che ha insanguinato Cosenza e la provincia fino alla fine degli anni Novanta. Poi, tra alterne vicende, maxi operazioni, arresti, accordi e pax, è tornato il silenzio. Tutti in tacito accordo per spartirsi meglio la torta. Solo negli ultimi tempi, nel capoluogo e nell’hinterland cosentino, la criminalità sembra aver alzato il tiro con numerosi episodi legati alle estorsioni e alle intimidazioni, ma ancora lontani dagli anni bui vissuti nel terrore. a. mor. GLI INDAGATI Anche il figlio di “Ettaruzzu” nel fascicolo dell’Antimafia Francesco Patitucci, 50 anni di Rende; Francesco Amodio, 44 di Cosenza; Simone Andretti, 41 di Castrolibero; Salvatore Ariello, 38 di Castrolibero; Umberto Bernaudo; Biagio Barberio, 37 anni di Cosenza; Umberto Cocozza, 44 anni di Cosenza; Giulio Castiglia, 60 anni di Cosenza; Luisiano Castiglia, 57 di Cosenza; Domenico Cicero, 54 anni di Cosenza; Angelo Colosso, 38 anni di Cosenza; Massimiliano Cozza, 35 di Cosenza; Pierpaolo De Rose, Vincenzo Dedato, 59 di Cosenza; Il procuratore Borrelli mostra il Giovanni Di Puppo, 38 di Rende; Michele Di Puppo, 47 di Rende; Luigi Gagliardi, fascicolo al colonnello Ferace 38 di Cosenza; Mario Gatto, 42 di Cosenza; Luigi Gaudio, 55 di Carolei; Rinaldo Gentile, 51 di S. Martino di Finita; Michele Giordano, 40 di Dipignano; Pilerio Giordano, 46 di Cosenza; Emiddio Lanzino, 32 di Cosenza; Ettore Lanzino, 56 di Cosenza; Walter Gianluca Marsico, 44 di Cosenza; Giuseppe Perri, 55 di Acri; Mario Piromallo, 44 di Cosenza; Roberto Porcaro, 27 di Cosenza; Francesco Presta, 51 di Tarsia; Pietro Ruffolo; Giuseppe Schiavo, 39 di Fifline e Costantino Scorza 54 di San Lorenzo del Vallo E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro COSENZA - Mafia e politica, usura, estorsioni, tre omicidi, gestione di pacchetti di voti. Una pax siglata dopo il sangue per poter fare affari d'oro senza polveroni. La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ridisegna lo scenario 'ndranghetistico della città dei Bruzi e del suo hinterland con quello che si ritiene essere l'ultimo, quello definitivo, filone dell'inchiesta Terminator. E lo fa con una inchiesta che porta in carcere 16 dei 18 destinatari delle ordinanze (alcuni già detenuti), e squarcia quella cappa di delinquenza che soffoca le attività commerciali e che si infiltra nella gestione politica spostando pacchetti di voti, arrivando anche a fare apporre sulle schede segni identificativi dell'avvenuta, “corretta”, scelta elettorale. La cosca dominante, dopo gli arresti del clan Cicero e del clan Bruni, secondo la Dda era quella Ruà-Lanzino. A gestire la consorteria mafiosa, vista la latitanza di “Ettaruzzu”, secondo l'Antimafia di Catanzaro, era stato delegato Francesco Patitucci, di 50 anni. Dalle sue mani sarebbe passata la gestione del territorio e la divisione degli incassi che finivano in una unica “bacinella”. Il gruppo criminale, scrive la Dda, «riconducibile a Lanzino, oggi diretto dal Francesco Patitucci, ha mantenuto equilibrati rapporti con la consorteria criminale facente capo a Domenico Cicero, nonché con quello noto alle cronache giudiziarie come gruppo “Bruni” alias Bella-Bella, con il quale nel 2006 veniva siglata, oltre a una sorta di pax mafiosa, anche un comune accordo per la ripartizione dei proventi illeciti». Praticamente, sottolineano gli inquirenti, dal 2006 «i gruppi criminali riconducibili a Patitucci, Cicero e Bruni, operavano autonomamente ma in costante raccordo, onde evitare nuovi sanguinosi conflitti armati». Come detto 18 le ordinanze di custodia in carcere firmate dal gip su richiesta di Giuseppe Borrelli, e dei pm antimafia Pierpaolo Bruni e Carlo Villani, 16 quelle eseguite escluse quelle dei latitanti Ettore Lanzino e Franco Presta. Le ordinanze d'arresto eseguite ieri da Dia, dai carabinieri del Comando provinciale e dalla Prima Sezione della Mobile della Questura, hanno riguardato Francesco Patitucci, 50 anni; Simone Andretti, 41 anni; Salvatore Ariello, 37; Biagio Barberio, 37; Domenico Cicero 54 anni; Giovanni Di Puppo, 38; Michele Di Puppo 47 anni; Luigi Gagliardi 38; Mario Gatto, 42; Luigi Gaudio 55; Pilerio Giordano, 46; Gianluca Walter Marsico 44; Giuseppe Perri 55; Mario Piromallo 44; Roberto Porcaro 27; Costantino Scorza di 57 anni. Tra i reati contestati a vario titolo, associazione mafiosa, omicidio (di Vittorio Marchio, esponente di vertice della criminalità cosentina, ucciso il 26 novembre del 1999; di Enzo Pelazza, ucciso il 28 gennaio 2000 a Cosenza; e di Antonio Sassone, ucciso il 9 giugno 2000 a Terranova da Sibari) estorsione, usura, concorso esterno in associazione e voto di scambio. Proprio per quest'ultima ipotesi di reato, l'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia catanzarese, diretta dal procuratore Lombardo, ha indagato l'ex sindaco di Rende e consigliere provinciale del Partito democratico, Umberto Bernaudo, il consigliere provinciale ed ex assessore al Bilancio del Comune di Rende, Pietro Ruffolo, e il consigliere comunale ed ex assessore di Piane Crati, Pierpaolo De Rose (neo vincitore del concorso per Polizia provinciale). Un filone su cui ancora indagano gli inquirenti e spuntato da alcune intercettazioni. A parlare di voti, pacchetti e sostegno a Ruffolo e Bernaudo, alle elezioni provinciali del 2009, hanno spiegato gli inquirenti in conferenza stampa, è stato Michele Di Puppo. L'uomo, considerato dagli inquirenti facente parte della cosca Lanzino-Patitucci, quale amministratore della Cooperativa “Rende 2000”, avrebbe sostenuto la campagna elettorale dei due in cambio di risorse pubbliche dal Comune di Rende. Carabinieri e Polizia, guidati rispettivamente dal colonnello Francesco Ferace e dal colonnello Vincenzo Franzese, e dal questore Alfredo Anzalone e dal capo della Squadra Mobile Antonio Miglietta, oltre ad eseguire le ordinanze di custodia in carcere, hanno perquisito le abitazioni dei tre politici coinvolti e hanno acquisito la documentazione della Cooperativa rendese. Inoltre le indagini mirano ora alla verifica delle schede elettorali del comune di Piane Crati, per l'eventuale riscontro di segni di riconoscimento su esse impresse. Uno degli arrestati, Luigi “Ninni” Gagliardi, è il leader del Movimento Disoccupati e si era candidato più volte ad elezioni locali e regionali, appoggiando, di volta in volta, sia il centrodestra che il centrosinistra. «Le intercettazioni - spiega il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Borrelli - testimoniano un capillare controllo del voto da parte dei criminali. Sarebbero stati capaci di garantire un preciso numero di voti. O almeno, questa è una ipotesi investigativa su cui ora stiamo lavorando. Non è da escludere anche l'arroganza di far imporre sulle COSENZA - Tre omicidi di mafia su cui la Direzione distrettuale di Catanzaro ritiene di aver fatto piena luce. Grazie alle intercettazioni, ad anni di indagini, e alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Si tratta dei delitti di Vittorio Marchio del 26 novembre del 1999, di Enzo Pelazza, ucciso il 28 gennaio 2000 a Cosenza, e di Antonio Sassone, freddato il 9 giugno 2000 a Terranova da Sibari. I magistrati della Dda, che nella ricostruzione dei fatti sono partiti dalle indagini che risalgono al 2007, nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari firmata dal gip Abigail Mellace, indicano mandanti, esecutori materiali e fiancheggiatori in tutti e tre gli episodi di sangue. Secondo la Dda di Catanzaro, Vittorio Marchio è stato ucciso da Francesco Presta, Mario Gatto, Walter Gianluca Marsico, Angelo Colosso, Francesco Amodio e Vincenzo Dedato, Domenico Cicero ed Ettore Lanzino. Sono invece indicati come mandanti dell’eliminazione del “boss in carrozzella” Marchio: Presta, Gatto, Marsico, Lanzino, Cicero e Dedato. Gatto e Francesco Presta sono stati, secondo la Dda, gli esecutori materiali. Lanzino ha dato il via all’esecuzione dopo aver individuato Marchio sotto casa. Marsico, Colosso, Amodio e il defunto Francesco Marincolo, nei giorni precedenti, a decisione avvenuta, hanno pedinato la vittima. Una decisione presa perché Marchio insieme a Marcello Calvano avrebbe cercato di imporre la propria supremazia sulle estorsioni, e in particolare su un in imprenditore. Calvano era stato ucciso dai killer il 24 agosto del 1999 a San Lucido. Ad eliminare Enzo Pelazza con tredici proiettili calibro 9x21 e 9x19, sono stati Ettore Lanzino, Vincenzo Dedato, Domenico Cicero, Liusiano e Giulio Castiglia, Francesco Presta, 10 Primo piano Mercoledì 7 dicembre 2011 Primo piano 11 Mercoledì 7 dicembre 2011 | Mafia e politica «Voti in cambio degli appalti» A sinistra la conferenza stampa con il procuratore Domenico Airoma, il colonnello Francesco Ferace, il procuratore della Dda Giuseppe Borrelli, il procuratore generale di Cosenza Dario Granieri, il questore Alfredo Anzalone, il procuratore della Dda Vincenzo Antonio Lombardo, il colonnello della Dia di Reggio Gianfranco Ardizzo e il colonello della Dia Antonio Cannarella. Sopra i procuratori Lombardo e Granieri (foto Mario Tosti) La Dda indaga Bernaudo e Ruffolo (Pd): corruzione elettorale L’ex sindaco e l’ex assessore di Rende nei guai per una coop di MASSIMO CLAUSI | PIANE CRATI | Uno stralcio dell’intercettazione tra Dedato e Amodio L’accusa a De Rose «Minacciava gli elettori» COSENZA - Il voto che sarebbe stato condizionato dalle cosche non si limita solo a Rende. Nei guai è finito anche un consigliere comunale di Piane Crati, Pierpaolo De Rose, anche lui destinatario di un avviso di garanzia. Anche per lui la Dda ipotizza i reati di corruzione elettorale e concorso esterno in associazione mafiosa. La posizione di De Rose, secondo quanto hanno riferito gli inquirenti in conferenza stampa, sarebbe più pesante rispetto a quella dei politici rendesi. Perché De Rose avrebbe fatto ricorso ad una serie di minacce durante le elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale di Piane Crati. C’è un teste, la cui identità al momento è coperta dal più stretto riserbo, che avrebbe raccontato agli inquirenti diversi episodi di minacce verso alcuni elettori. Non solo, sempre secondo questa testimonianza, il clan imponeva ai suoi elettori di apporre dei segni identificativi sulla scheda in modo da poter agevolmente controllare se effettivamente avevano mantenuto la promessa. De Rose, secondo l’accusa, avrebbe agito Una veduta di Piane Crati, paese della Presila cosentina insieme a Romano Chirillo e Biagio Barbieri, ritenuti affiliati alla cosca Lanzino. La notizia ha fatto subito il giro del piccolo centro della presila cosentina dove l’indagato, attualmente agente in servizio presso la Polizia provinciale, ha anche ricoperto in passato la carica di assessore nel comune di Piane Crati. La prima sezione della Squadra Mobile di Cosenza ieri ha effettuato una perquisizione presso il domicilio di De Rose ed | IL CASO ha sequestrato computer, agenda e altri documenti che potrebbero essere utili alle indagini. La Polizia è stata anche incaricata dalla magistratura di acquisire tutte le schede elettorali per verificare se effettivamente su molte è stato apposto un segno di riconoscimento. In questo caso l’inchiesta potrebbe ulteriormente allargarsi e potrebbe ipotizzarsi per i presidenti di seggio altri pesanti reati. m. cl. | Ruffolo è indagato anche nell’operazione “Cartesio” e in “Coffe Break” Terza indagine per l’ex assessore COSENZA - Non è la prima volta che Pietro Paolo Ruffolo si trova al centro di una inchiesta della Dda. Nell’ottobre dello scorso anno, Ruffolo era stato rinviato a giudizio per usura, aggravata dal metodo mafioso, nell’ambito di un’altra inchiesta della Dda, in quel caso legata all’attività della potente cosca Muto di Cetraro. Per quell’inchiesta, denominata “Cartesio”, il gup della Distrettuale ha chiesto il rinvio a giudizio per il politico rendese. Proprio in seguito a quell'indagine Ruffolo, che aveva la delega all’Edilizia scolastica, d’intesa con il presidente della giunta, Mario Oliverio, si era auto- sospeso dalla carica amministrativa, lasciando monco l’esecutivo provinciale. Il rinvio a giudizio di Ruffolo, che s'è sempre dichiarato innocente, è riferito al suo lavoro di consulente di un istituto bancario per una filiale del Tirreno cosentino e non al suo incarico amministrativo. Ma Ruffolo è finito anche in un’altra inchiesta, denominata “Coffe Break”. Quest’ultima inchiesta, collegata a “Cartesio” ha al centro l'erogazione di alcuni prestiti bancari. Secondo l’accusa, sarebbe stata prodotta falsa documentazione consistente in falsi documenti di identità, falsa documentazione fiscale ed altra falsa documentazione «attestante un'inesistente quanto insussistente capacità economico reddituale, anche in capo a soggetti anch'essi inesistenti». Risorse subito prelevate dai destinatari, senza poi procedere alla restituzione delle somme ricevute in prestito a qualsiasi titolo, tanto da determinare un comune stato di insolvenza da cui lo stato di sofferenza dei rapporti Anche in questo caso Ruffolo si è sempre professato innocente, ma gli inquirenti hanno chiesto per lui il rinvio a giudizio. Adesso quest’ultima inchiesta dai contorni ancora tutti da definire. «Fai lo scambio con l’auto rubata» Istruzioni per il delitto Esposito IN una delle intercettazioni ambientali effettuate dagli investigatori, si ricostruisce il piano che portò all'omicidiodi UmileEsposito. Veniva intercettata, all’interno di un'auto in uso ad Amodio una conversazione intercorsa tra Vincenzo Dedato e Francesco Amodio. Dalla conversazione, si evince che Esposito doveva essere colpito quella stessa sera e che, invece, il Marsico aveva rinviato l’operazione al giorno successivo. Dedato, infatti, prima chiedeva ad Amodio se avesse visto “u biondu”, soprannome con cui veniva di solito indicato il defunto Francesco Marincolo (cioè il killer incaricato di eseguire l’azione), poi aggiungeva: “forse stasera dovete andare là”. Amodio rispondeva che, intorno alle ore 15, aveva incontrato Gianluca (ossia Gianluca Marsico) il quale gli aveva detto che l’azione era stata rinviata al giorno dopo anche se stava aspettando una sua chiamata per andare a fare insieme il sopralluogo. Dedato, continuando, sollecitava Amodio a far rubare una macchina e vedere quale fosse il posto più vicino ed idoneo per “fare lo scambio” cioè abbandonare l’autovettura utilizzata per l’attentato e salire a bordo di un’auto pulita per allontanarsi dalla scena del delit- to. La conversazione scende anche nei particolari del tragitto che avrebbe dovuto seguire Amodio. Eccone uno stralcio: Vincenzo (Dedato):lo hai visto a “u biondu”? (n.d.r. riferendosi a Marincolo) Francesco (Amodio):no. Vincenzo: forse stasera dovete andare là… tutto a posto… tutto a posto… che è tutto a posto? La capocchia è tutto a posto! Francesco: lo ho già detto a Gianluca (n.d.r. Marsico) alle tre del pomeriggio… Vincenzo:ah… Francesco: ha detto “ti chiamo io” “sicuro? Va bene” ha detto che è per domani… Vincenzo: ah per domani? Va bene… Francesco:già ti eri alterato fratemmiu… Vincenzo:perché si è alterato? Francesco:tu già ti eri alterato. Vincenzo:sono cose serie. Francesco:si ma…(incomprensibile, forte fruscio) Vincenzo: (incomprensibile) e dillo subito…ci mettitreorequando dici una cosa… parla veloce, veloce devi parlare, veloce, se no fai sempre l’aiutante di Berlusconi, Berlusconi non lo fai mai. Ce li hai dati…li hai pigliati quei soldi? …omissis … Francesco: Gianluca, dovevamo andare a vedere… Vincenzo: e non ci sei andare a vedere! Mandaci a rubare questa macchina e vedi se il posto è vicino… ci fai lo scambio con la macchina rubata… Vincenzo: se non la puoi pigliare a Castiglione… la lascia Castiglione… ti regoli no! se esci da una parte e ti infili già sull’autostrada non c’è bisogno che vai con la macchina rubata, vai con questa. Francesco:e si… Vincenzo: ti infili…pigli l’autostrada e te ne scappi… tanto… non hai capito! invece fai un tratto come se di qua stai andando là sopra… ti fermi alle cupole ti pigli la macchina tua e te ne vai… però ti sei allontanato un altro pezzo di là! Francesco:si, si, si. Vincenzo: bisogna vedere dove l’aspetti… eh! Guarda compà che è una cosettina… è da poco però sono i particolari che la possono far diventare… non è che i particolari te la debbono fare ingigantire… studiare i particolari significa azzerare gli imprevisti. «Studiare i particolari significa azzerare gli imprevisti» Anzalone nel suo intervento si rifà di TIZIANA ACETO alla classifica pubblicata qualche COSENZA – Un lavoro di squadra, giorno fa dal Sole 24 Ore che mouna sinergia tra Procure (quella di stra Cosenza come città vivibile Cosenza e Catanzaro) e tra forze di mettendola al 24° posto «ma che in polizia (Direzione investigativa realtà mette la città bruzia al 102° antimafia di Catanzaro, Carabinie- posto per l’alta percentuale delle ri e Polizia di stato di Cosenza) quel- estorsioni subite negli ultimi cinla che ha portato all’arresto di 16 que anni, il quotidiano economico persone, più di trenta gli indagati lo riporta nonostante nessun cittaaccusati di estorsione, usura e as- dino abbia mai presentato delle desociazione mafiosa, omicidi consu- nunce». E poi l’appello alla società civile: mati nell’ultimo decennio a Cosenza. Una collaborazione che ha dato «Non bisogna avere paura, bisobuoni frutti, così come è emerso gna anzi fidarsi delle istituzioni dalla conferenza stampa aperta dal dello Stato». Anche il colonnello procuratore generale della Repub- Francesco Ferace si rivolge ai cittablica di Cosenza Dario Granie- dini e spinge «a fidarsi dello Stato e ri:«La repressione del crimine gra- avere maggiore consapevolezza zie alla presenza dello Stato che de- nella forza che uniti possiamo avere nelcombattere la ve far rinsaldare la malavita». fiducia della gente Sulla vicenda che onesta nella giusti- GIUDICI CORAGGIOSI ha portato all’arrezia». sto di 16 persone si Ma accanto ai riSala della Procura è soffermato il prosultati positivi curatore della Dda dell’attività investi- dedicata a Livatino di Catanzaro Vingativa si scopre anAntonio che che esiste una LA conferenza stampa dell’ope- cenzo grande falla nella razione riguardante l’ultima fase Lombardo che ha società civile cosen- di Terminator si è svolta in una spiegato come: «Gli tina, quell’omertà, sala della Procura della repubbli- arresti si collegano quel muro di gom- ca di Cosenza dedicata a Rosa- a una serie di operama che non si apre e rio Livatino, il magistrato ucciso zioni precedenti non collabora. barbaramente da un commando tutte riconducibili a Terminator e coQuella societàcivile di quattro sicari. che, soprattutto, Livatino il 29 settembre 1979 me in particolare la non denuncia. «Ab- entra alla Procura della Repub- cosca più colpita sia biamo raggiunto ri- blica di Agrigento come Pubblico quella Lanzino. Resultati eccellenti - Ministero. Per la profonda cono- sta adesso da cattusottolinea nel suo scenza che ha del fenomeno ma- rare il capo cosca, intervento il procu- fioso e la capacità di ricreare tra- Ettore, che è ancora ratore Domenico me, di stabilire importanti nessi latitante insieme a Airoma - ma abbia- all’interno della complessa mac- Franco Presta. La mo registrato nella china investigativa, gli vengono cattura dei due latisocietà civile di Co- affidate delle inchieste molto deli- tanti è importante senza il grande as- cate. E lui, infaticabile e determi- per togliere prestisente». «Non c’è sta- nato, firma sentenze su sentenze gio alle cosche, per ta - prosegue il pro- ed entra nel mirino di Cosa No- diminuire la loro curatore - nessuna stra. Il 21 settembre 1990 viene forza intimidatricollaborazione da trucidato. L’Italia scopre nel sa- ce». Anche il colonparte delle persone crificio del “giudice ragazzino” nello Ferace parla offese, stupisce il l’eroismo di un giovane servitore dei latitanti «i latifatto che questa cit- dello Stato. Monsignor Ferraro, tanti calabresi hantà ancora latita, non vescovo di Agrigento, ha avviato no una capacità di sussistenza diversi può accettare un la sua causa di beatificazione. sa rispetto a quelli atteggiamento del genere, non si può stare zitti da- di altre regioni. Bisogna seguire le loroabitudini.Presta eLanzinosovanti ai soprusi». Questo del muro di gomma è un no latitanti da poco. Speriamo di tema del quale si rammaricano tut- giungere alla fine di questa storia ti i presenti alla conferenza stam- in tempi molto brevi». Alla conferenza stampa - quasi a pa. Anche il procurato aggiunto della Dda Giuseppe Borrelli dice sottolineare il clima di grande colche «nessun operatore commercia- laborazione - era presente anche il le che ha subito estorsioni ha mai colonnello capo centro della Dia di presentato denuncia. Eppure il fe- Reggio Calabria Gianfranco Arnomeno delle estorsioni a Cosenza dizzone: «Soddisfatto di questo batè capillare, di episodi di intimida- tesimo a Cosenza e di aver collabozioni ne avvengono due o tre al rato a questa operazione». Presengiorno. Ma a Cosenza nessuno am- te anche il colonnello Antonino mette di aver subito una estorsio- Cannarella della Dia di Catanzaro ne. Abbiamo le idee chiare su quello che parla di «una operazione imche succede a Cosenza e sui gruppi portante che ha ricostruito tre omiche vi operano: tutto si può fare in cidi e ha colpito la cosca egemone dopo la pax mafiosa siglata con gli fretta con l’aiuto dei cittadini». Il questore di Cosenza Alfredo altri gruppi». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro casione delle elezioni provinciali del 2009, concluse con l’elezione di entrambi. Ruffolo era anche diventato assessorenel nuovoesecutivo, masi è autosospeso dopo essere stato rinviato a giudizio, nell’ottobre 2010. A mettere nei guai i due politici alcune intercettazioni telefoniche registrate dall’utenza di Michele Di Puppo. Nel corso delle conversazioni Di Puppo si mostra particolarmente interessato all’andamento del voto provinciale nei collegi di Rende 1e Rende 2e siscambia continue informazioni con una terza persona sui risultati nelle singole sezioni scrutinate. Risultati commentati anche con una certa soddisfazione. Secondo quanto è trapelato non ci sono invece intercettazioni che riguardano direttamente Bernaudo o Ruffolo. Ma le indagini non sono affatto concluse. Ieri sono state effettuate tre perquisizioni alla ricerca di agende anche elettroniche, appunti, computer e documenti utili alle indagini. Le perquisizioni sono state effettuate presso le abitazioni di Bernaudo e Ruffolo e presso la sede della cooperativa sociale “Rende 2000”. In particolare presso la sede della cooperativa sono stati sottoposti a sequestro tutta una serie di incartamenti che riguardano gli appalti che la coop ha assunto presso il Comune di Rende, le relative documentazioni contabili e l’anagrafe dei soci. Adesso gli investigatori stanno spulciando il voluminoso dossier prodotto alla ricerca di ulteriori prove alle ipotesi di accusa. Secondo gli inquirenti il vincolo fra i due politici e gli esponenti della cosca era basato su un doppio binario: in cambio di voti durante le elezioni provinciali i due politici avrebbero erogato una serie di finanziamenti pubblici a favore della cooperativa. Va giusto ricordato che “Rende 2000” è una cooperativa di tipo sociale, come quelle che esistono anche a Cosenza, e che sono nate proprio per dare una mano a soggetti svantaggiati attraverso delle commesse pubbliche. A quanto risulta “Rende 2000” non dovrebbe essere l’unica coop che ha lavorato con il Comune di Rende. Vedremo nei prossimi giorni se ci saranno delle novità sull’inchiesta che potranno emergere dall’analisi della documentazione acquisita nel corso delle perquisizioni effettuate ieri. | «Non si reagisce tutti stanno zitti» Il clan interessato alle elezioni 2009. Ma nell’ordinanza i due politici non ci sono COSENZA - Concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale. Sono questi i due reati che la Dda di Catanzaro contesta a due politici di primo piano del cosentino. Si tratta di Umberto Bernaudo, già sindaco di Rende e attuale consigliere provinciale del Pd e Pietro Paolo Ruffolo, ex assessore provinciale e ex assessore al Comune di Rende durante la consiliatura dello stesso Bernaudo. AI due ieri sono stati notificati altrettanti avvisi di garanzia. Nessun riferimento però alle loro posizioni nelle carte dell’ordinanza. Gli inquirenti sospettano del marcio nei risultati elettorali ottenuti dai due alle provinciali del giugno del 2009 che hanno consegnato la vittoria al centrosinistra di Mario Oliverio. Ricordiamo che Bernaudo fu eletto nel collegio di Rende 2 con 2.482 voti di preferenza per una percentuale pari al 21,85 %, risultando il terzo eletto del Pd in tutta la provincia di Cosenza. Ruffolo, invece, nominato poi assessore alla Pubbli- Umberto Bernaudo ca Istruzione e all’Edilizia scolastica, fu eletto nel collegio di Rende 1 con 2562 voti pari a circa il 18.91%. Adesso laDda ha sottoposto ad indagine entrambi per capire se quel risultato elettorale sia stato in qualche modo condizionato dal voto del clan. Durante la conferenza stampa di ieri i vertici della Dda hanno molto insistito su questo punto, con Vincen- Pietro Ruffolo zo Antonio Lombardo, Procuratore Capo della Dda di Catanzaroche, quasisconfortato, ha detto che in Calabria più si indaga più emerge con forza la presenza di una vasta area grigia composta da picciotti e colletti bianchi. Nelle maglie dell’inchiesta è finito, infatti, un terzo politico di Piane Crati, Pierpaolo De Rose e il leader del Movimento disoccupati, Ninni Gagliardi che si è candidato più volte sia alle provinciali che alle comunali della città dei Bruzi. Bernaudo e Ruffolo, secondo l’ipotesi dei pm Pierpaolo Bruni e Carlo Villani, all’epoca in cui erano sindaco ed assessore di Rende, avrebbero finanziato la cooperativa «Rende 2000» che sarebbe in qualche modo gestitada MicheleDiPuppo, unodegli arrestati, ritenuto un elemento dispicco dellacosca eil reggenteper il territorio rendese. In cambio avrebberoottenutoil sostegnoinoc- LA DENUNCIA DEGLI INQUIRENTI Mercoledì 7 dicembre 2011 Mafia e politica Introvabili dal 2009. La strage di S. Lorenzo forse una ritorsione per l’uccisione di Presta jr Gli ultimi imprendibili Lanzino e Presta terrorizzano anche da latitanti. Borrelli polemico: forze nuove e migliori di ANTONIO MORCAVALLO COSENZA - Le imprendibili primule cosentine sono scampate a un nuovo ordine di arresto. Delle 18 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip della Distrettuale antimafia di Catanzaro solo due non sono state eseguite. Ettore Lanzino e Franco Presta restano latitanti. Il boss e il sanguinario braccio armato, come vengono indicati dagli inquirenti, da tempo sono introvabili e anche la scorsa notte carabinieri e polizia non li hanno trovati. Una latitanza che è valsa il rimprovero da parte del procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Borrelli, alle forze di polizia ancora tenuto in scacco dai due ricercati: «Lanzino e Presta sono latitanti importanti e pericolosi. In una città come Cosenza, sottoposta alla pressione costante delle estorsioni, anche la latitanza dei capi agevola la scarsa collaborazione delle vittime. Lanzino e Presta dovranno essere presto assicurati alla giustizia, vuol dire che se così come siamo non ci riusciamo, ci servono forze nuove e migliori. Se i calciatori non sono bravi si cambiano. Non è possibile continuare a lasciare la città in mano a queste persone. Si indebolisce la forza della democrazia». Una sfida raccolta dal questore di Cosenza, Alfredo Anzalone e dal comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Francesco Ferace, che, preso atto delle critiche, hanno assicurato massimo sforzo per la cattura di Presta e Lanzino. Ettore Lanzino, 56 anni di Cosenza, e Francesco Presta, 51 di Roggiano Gravina, sono “uccel di bosco” rispettivamente da settembre 2009 e da maggio 2009. Al sicuro nei loro nascondigli, i due, secondo la Dda, continuano a gestire i propri affari dall'alto della loro esperienza, il primo, e della capacità intimidatrice, il secondo. Da allora, e dopo la cattura del rossanese Acri, sono i ricercati numeri uno della provincia. In particolare carabinieri e Polizia si sono divisi i compiti. Su “Ettaruzzu” Lanzino l'attività investigativa e di ricerca è affidata al Comando provinciale dell'Arma, guidato dal colonnello Francesco Ferace, e precisamente al comandante del Nucleo investigativo, Vincenzo Franzese. Le attività per rintracciare Francesco Presta, invece, sono affidate alla Questura. Di quello che è considerato uno spietato esecutore, e uno, se non l'unico, dei sospettati per la strage di San Lorenzo seguita all'uccisione del figlio Domenico, si occupa la Sezione Criminalità organizzata e Catturandi della Squadra Mobile di Cosenza, coordinata dal sostituto commissario Gianfranco Gentile. Proprio l'efferatezza della risposta all'uccisione del figlio, consumata il 16 febbraio 2011 e l'7 aprile tra San Lorenzo del Vallo e Spezzano Albanese, ha fatto balzare al primo posto Presta. Un mese dopo l'uccisione di Domenico Presta da parte di Aldo De Marco, a causa di un parcheggio, i sicari scatenarono una pioggia di fuoco sulla famiglia del fratello di De Marco. Un commando armato di fucili, pistole e mitragliette, fece irruzione nella sua abitazione alle case popolari e sparò contro i suoi tre familiari. In quella circostanza persero la vita la moglie, Rosellina Indrieri di 45 anni, e la figlia Barbara, di 26 anni, mentre il figlio Sylas riuscì a cavarsela con delle ferite poiché si finse morto. Gaetano De Marco, invece, dormiva ubriaco nella stanza da letto e per questa ragione uscì miracolosamente salvo. Fino al 7 aprile. Alle 8 di mattina uno scooter, con a bordo due persone, lo affianca e gli sparano contro sette colpi calibro 9. Per quanto riguarda Lanzino, considerato il vero e proprio capo delle consorterie cittadine, e come unico in libertà, reggente della cosca “Lanzino-Chirillo-Cicero”, è implicato nei principali processi di mafia del Cosentino. Nell'ambito dell'inchiesta “Terminator 3”, è stato rinviato a giudizio insieme proprio a Francesco Presta e ad altri esponenti di spicco della criminalità locale. Insieme ad altri quattro imputati col rito abbreviato, Presta e Lanzino sono ritenuti, a vario titolo, mandanti ed esecutori degli agguati a Francesco “BellaBella” Bruni (ucciso davanti al carcere di Cosenza), al boss Antonio Sena. In merito all'agguato a Umile Esposito, i presunti mandanti sono indicati in Presta, Marsico e Dedato: Presta non avrebbe gradito l'attività di prostituzione messa in piedi da Esposito proprio sotto casa sua. Lanzino è anche imputato anche nel procedimento Squarcio, mentre è stato assolto in Appello in “Terminator 2”, dall'accusa del tentato omicidio di Luigi Vezzoni (18 febbraio del 2000). Ettore Lanzino e Franco Presta i ricercati numero uno della provincia di Cosenza | IL GRUPPO DI RENDE | Un potere basato su coca e estorsioni L’ascesca criminale dei Di Puppo e il loro ruolo all’interno del caln MICHELE Di Puppio, intercettato dagli inquirenti, è l’uomo che ha messoneiguai iduepoliticirendesi. Fra le carte dell’ordinanza si legge Una cge i fratelli Di Puppo, attraverso alpattuglia tri soggetti, smerciavano cocaina della Polizia nella zona di Rende per conto del clan Lanzino. Secondo i racconi di alcuni collaboratori tutta la droga che arrivava al gruppo veniva immediatamente girata ai Di Puppo che poi pensavano a smerciarla al dettaglio sul territorio. Sull’esistenza del sottogruppo criminale capeggiato da Michele Di Puppo, sulla sua consistenza numerica e sulla natura delle attività illecite cui esso si dedica, esistono una serie di dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Per esempio il collaboratore Franco Greco sostiene che l’organizzazione delle estorsioni sulla zona di Rende è stabilita da apposite regole: Il gruppo Ciancio si occupa della commissione di estorsioni ad Arcavacata, San Fili, Bucita, fino a Montalto, mentre nella zona di Rende Roges, ecc…) se ne occupa gruppo dei fratelli Di Puppo. Il gruppo, sempre secondo alcuni collaboratori sarebbe capeggiato dai tre fratelli Di Puppo, Michele, Umberto, Giovanni e Franco e composto da una sessantina di uomini, dediti prevalentemente allo spaccio di droga e alle estor- sioni. La divisione in zone era molto rigida, tant’è che qualora Ciancio doveva commettere dei reati sul territorio di competenza dei Di Puppo doveva prima chiedere loro il permesso. Non di sola droga si occupavano i Di Puppo, ma anche di estorsioni come quella tentata nei confronti di una ditta di Castrolibero la Pirossigeno. Il titolare denunciò ai Carabinieri di Castrolibero che una mattina un uomo di circa 35 – 40 anni, dopo aver chiesto di potergli parlare, con tono perentorio e minaccioso diceva: “Vi dovete mettere in ordine come tutti gli altri ” facendo chiaro riferimento gestuale alla necessità di pagare denaro. Nella circostanza, nonostante l’imprenditore avesse tentato di calmarlo, l’uomo con tono minaccioso riferiva ai presenti : “.. A mia sti cose non mi può dire nessuno io sono DiPuppo, Di Puppo Giovanni.. ” contestualmente sferrandogli due schiaffi e colpendolo al volto. Nel tentativo di interrompere l’aggressione interveniva anche una terza persona che, tuttavia, veniva anch’egli malmenato Dalle intercettazioni il paragone con il Crotone di Cuccureddu. Gli allenamenti prima dell’omicidio Sassone Con i killer “titolari” non c’è scampo per la vittima COSENZA - Una squadra ben affiatata. Conruoli, panchina, allenatorie allenamenti ben definiti e fissati. E come ogni squadra che si rispetti, i titolari sono i titolari, e le riserve le riserve. I titolari non sbagliano mai, altrimenti starebbero in panchina. Anche se non si tratta di calcio ma di criminalità e di omicidi. In una conversazione del 29 maggio 2000, intercorsa tra Dedato Vincenzo e Amodio Francesco, in cui si fa riferimento alla fase preparatoria dell’omicidio del Sassone, si parla sia di “killer titolari”sia delle “riserve”, oltre che dell’auto rubata da Ninni Gagliardi, da consegnare a Barberi nella stessa serata 29 maggio 2000. Il colloquio inizia con il Dedato che consiglia ad Amodio, di essere “vurpignu” (guardingo in cosentino) temendo forse un attentato, anticipando le mosse degli azionisti avversari. Timori probabilmente logica conseguenza dell’omicidio delpadrino DonAntonio Dal discorso tra Dedato e Amodio emerge l’esigenza di “cambiare squadra” dopo alcuni errori Sena consumato il 12 maggio. Dedato poi, parlando metaforicamente e prendendo come riferimento la squadra di calcio del Crotone, fa allusione ai numerosi fatti di sangue perpetrati con successo dagli “azionisti” (i killer) definiti “titolari”, sostenendendo che la vittima designata poteva sfuggire a morte sicura solo nella circostanza in cui i killer non fossero “i titolari”, gli azionisti infallibili, ma le “riserve”, valea direglielementidi secondopianoe alle prime esperienze in fatti di sangue. Quando Dedato parla delle “riserve”, è probabile, secondo gli inquirenti, che faccia riferimento «a Marincolo e Colosso, che due sere prima non eranoriuscitiaportare atermineconsuccesso il tentato omicidio nei confronti di Umile Esposito, e anche a Cozza, autore del tentato omicidio nei confronti di Vezzoni Luigi, gli unici due fatti di sangue in cui le vittime designate erano state solo ferite gravemente». E per avere successo, in campo, come con la pistola in pugno, serve l’allenamento. E quello che dice Dedato, in vista dell’omicidio di Sassone. «Ci dobbiamo prima imparare i posti», dice. Poi sollecita Amodio a far rubare un’auto, raccomandandogli di pulirla per bene, onde evitare di lasciare impronte. Dedato quindi chiede ad Amodio se vuole partecipare «all’allenamento” (andare a sparare secondo la Dda) insieme a “Ninni”». «Dipende se sono i titolari oppure le riserve…hai capito? se sono le riserve tieni pure fortuna (ride)…Se sono i titolari non c’è niente eh» dice ad Amodio che replica con un laconico: «… i titolari segnano». «...E le riserve si allenano» ribadisce Dedato. Amodio: «I titolari fratello mio segnano a tavoletta». Dedato: «Hanno vinto il campionato. Amodio: «Lo hanno vinto il campionato, ma non c’è stata storia… ma guarda che in un anno hanno fatto un bel campionato, quasi a livello del Crotone. E l’allenatore è pure buono… Cuccureddu». In azioni di sangue, così come in campo, però serve altro per Dedato: «L’allenatore… il preparatore atletico… il magazziniere… ci vuole tutto in una squadra, hai capito». E poi: «Cambiamo formazione che questi…chi si infortuna» (secondo i magistrati il riferimento è a Marincolo che si era fatto male ad un piede due sere prima ). a. mor. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 12 Primo piano Lotta alla mafia Belcastro e Zavettieri tirano in ballo il governatore sulla vicenda del codice etico «Per mio marito chiedo pietà» La moglie dell’ex consigliere regionale Zappalà replica alla critiche di Scopelliti di ADRIANO MOLLO REGGIO CALABRIA - Prima Santi Zappalà (già condannato in primo grado) e poi Franco Morelli. Gli arresti dei due consiglieri regionali del Pdl scalfiscono l’immagine della maggioranza che governa la Regione. Il presidente della Regione e coordinatore del partito, Giuseppe Scopelliti, dopo alcuni giorni di silenzio rompe il silenzio e scoppiano la polemiche conSaverio Zavettieri, segretario nazionale dei Socialisti e con il deputato di “Noi Sud”Elio Belcastro. Ma una frase di Scopelliti su Santi Zappalà («Se i fatti sono accertati, bisognerebbe buttare le chiavi») produce una vibrata replica della moglie dell’ex sindaco di Bagnara, Francesca Parisi. «Circa la necessità di "buttare a mare " le chiavi della cella di Nuoro ove da circa un anno è ristretto mio marito credo siano parse inopportune non solo a me e alle mie figlie, ma anche a tanti calabresi stanchi di atteggiamenti antimafia che non hanno il pregio della coerenza, della costanza e della serenità di giudizio», ribatte la signora Zappalà. «Mio marito è un uomo disperato - aggiunge - perché sta pagando un prezzo altissimo per l'errore di un attimo: meriterebbe quanto meno un atteggiamento di umana pietà. E nessuno può ergersi a giudice, anche se non ha scheletri negli armadi, quando ancora è la Corte d'appello a doversi pronunziare. Così come a nessuno è consentito rigirare il coltello nella piaga non guardando alle travi conficcate negli occhi di tante persone che vagano nei territori della politica, senza che nessuno decida, non dirò di gettare le chiavi, ma di usarne per far uscire gli odori malsani che vi Elio Belcastro Saverio Zavettieri stazionano». Tornando a quanto detto da Scopelliti nel convegno al Mudeodell’ndrangheta e ad un passaggio sul codice etico che il Pdl aveva imposto, il presidente aveva detto: «Tutti sottoscrissero. Siamo stati i primi a farlo per selezionare le candidature. Sono stato io a dire ai calabresi di non votare alcuni nomi quando Belcastro e Zavettieri prepararono le proprie liste». Il riferimento era a due candidati di Amantea, il figlio dell’ex consigliere regionale Franco La Rupa candidato in finito in un’inchiesta tra mafia e politica candidato da Belcastro e di Tommaso Signorelli, consigliere comunale finito all’epoca in carcere e candidato da Zavettieri. «Si può comprendere lo stato confusionale in cui versa il nostro Pre- sidente - ribatte Zavettieri - a seguito dei gravi infortuni giudiziari che hanno interessato esponenti di primo piano del suo partito e delle sue liste ma ciò non giustifica il tentativo maldestro di individuare altrove le responsabilità. E' appena il caso di rammentargli - continua Zavettieri - da cattolico praticante quel è, il passo del vangelo di Luca che recita «Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhioe alloraci vedraibene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello». «Non risulta pertanto vero e fondato - ricorda Zavettieri che i Socialisti Uniti abbiamo sottoscritto alcun codice etico, avendo espressosullo stessosin dalleorigini - come i fatti hanno poi dimostrato - riserve fondate e motivante sul valore di quel codice senza appellarsi ad un presunto garantismo di comodo e di facciata che viene da talu- L:739.7pt A:470854m pubblicità 6x07 ni sbandierato, ma ribadendo con forza e coerenza che un codice etico non avrebbe dovuto regolamentare situazioni giuridiche già di per sé disciplinate dalla legge - che di suo prescrive il divieto di candidatura ai condannati in primo grado per reati di mafia - ma piuttosto disciplinare circostanze che possono generare fenomeni di corruzione e di commistione, come candidati con interessi diretti e non sempre leciti nel mondo della sanità, dell'energia alternativa, del credito, della formazione, del turismo, dalle spiccate doti camaleontiche che sanno ben mimetizzarsi nelle istituzioni». «Un codice, - aggiunge Zavettieri - la cui presunta applicazione, lo ribadisco, ha generato situazioni di ipocrisia, opportunismo e doppiopesismo che inquinano non poco la vita politica e democratica del Paese secondo il teorema, rivelatosi nel corso di questi mesi ahimè fondato, che la legge “si applica per gli avversari e si interpreta con gli amici”dove chi risulta sprovvisto di strumenti economici, finanziari e mediatici, delle entrature e delle coperture necessarie, anche giudiziarie assicurategli magari in cambio l'elargizione di consulenze, incarichi e prebende varie - rimane esposto alla mercé di populisti e mistificatori di vocazione». Su Signorelli, Zavettieri ricorda «la sentenza del Consiglio di Stato che mette in evidenza come “… in definitiva, non risulta comprovata una continuità e contiguità dell'attuale consiglio comunale” e con specifico riferimento al Signorelli recita che: “non risulta comprovato se e in che misura l'assessore Signorelli possa essere stato l'anello di collegamento o condizionamento mafioso nei confronti dell'intero Consiglio comunale. ». Invece il deputato Belcastro ricorda che la lista regionale di “Noi Sud”, aveva candidato «un giovane studente universitario di soli venti annichehapagato ilfattodiavereil papà inquisito, determinando, in tal modo, che la presunta colpa di un padre venisse pagata dal figlio calpestando ogni forma di garantismo». Secondo Belcastro, Scopelliti dimentica che «la politica si è delegittimata da sola in un crescendo rossiniano che vede oramai quasi quotidianamente esponenti politici coinvolti in vicende poco chiare. E questo soprattutto in Calabria dove la politica non riesce a dare risposta alcuna per risolvere i problemi che, in realtà, si aggravano giorno dopo giorno». «Potremmo consigliare al Presidente Scopelliti – dice ancora Belcastro – di commissionare ad una seria agenzia specializzata un sondaggio sulla sua popolarità e quella della sua giunta ed in tal modo potrebbe rendersi conto del calo a picco oramai sempre più evidente. Il presidente Scopelliti, invece di citare personaggi politici che hanno rischiato la propria vita per avere evidentemente non soddisfatto alcuni interessi, dovrebbe essere più incisivo nella politica quotidiana e dovrebbe essere anche pronto ad una maggiore trasparenza come quella di pubblicare i vitalizi degli ex consiglieri regionali o quella di rendere pubblico come vengono impiegati i cospicui fondi destinati ai gruppi consiliari regionali, solo per fare due piccoli esempi. È il tempo dei fatti e non delle belle parole nei convegni antimafia che hanno francamente stancato e che non godono, anch’essi, di credibilità alcuna». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Primo piano 13 Mercoledì 7 dicembre 2011 Mercoledì 7 dicembre 2011 24 ore in Calabria Reggio. Il procuratore capo Pignatone. «La ’ndrangheta è la causa dell’impoverimento del Sud» I raggi x per le imprese di Reggio Firmato un protocollo di legalità tra forze dell’ordine, magistratura e Cciaa di WALTER ALBERIO REGGIO CALABRIA - Accesso alla banca dati del Registro delle Imprese e del Registro Informatico dei Protesti per monitorare le attività economiche. E’arrivata ieri la firma sul protocollo di legalità per agevolare la Magistratura e le Forze dell’ordine nel lavoro di identificazione delle imprese, delle aree e dei settori economici a rischio di infiltrazione criminale. Servizi online (Telemaco, Ri.visual, Ri.build, Ri.map e Stockview) con i quali la Camera di Commercio di Reggio Calabria consentirà alla Prefettura, alla Procura, al Tribunale e alle Forze dell’ordine di attingere informazioni essenziali per velocizzare l’attività di investigazione. Parole di grande soddisfazione sono arrivate ieri proprio dalla sede di via Campanella dal Procuratore Capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, il quale ha evidenziato la «grande sinergia istituzionale» e l’importanza di «essere tutti La conferenza stampa nello stesso tavolo». La firma del protocollo arriva a pochi giorni dalla maxioperazione anti-‘ndrangheta, nata appunto da una notevole cooperazione tra le Procure di Milano e Reggio Calabria: «La collaborazione con le altre Dda, e in primo luogo con quella di Milano, è una scelta strategica del nostro ufficio - ha commentato Pignatone - perché lo ri- chiede la natura stessa dell'organizzazione 'ndranghetista e la sua espansione fuori dalla Calabria. Lo abbiamo ripetuto ancora una volta giovedì scorso a Milano, con il Procuratore Bruti Liberati e la collega Boccassini. In questo caso – ha continuato - le indagini, condotte con eccezionale professionalità dalle Squadre Mobili di Milano e di Reggio Calabria, hanno consentito, per la parte di nostra competenza, di scoprire canali di riciclaggio e complicità di professionisti in Svizzera e in America; la zona grigia – ha aggiunto il magistrato diventa internazionale». Pignatone ha poi negato che la parte del processo “Meta”, relativa alla famiglia Lampada, sia stata trasmessa a Milano, per poi “tornare” a Reggio: «E' una notizia inesatta. A Milano, nell'ambito di una costante collaborazione, sono state trasmesse a suo tempo copie di atti di vari procedimenti tra cui alcuni riguardanti appartenenti alla famiglia Lampada; il processo “Meta”- ha affermato Pignatone - è sempre rimasto a Reggio e le posizione degli indagati a cui carico vi erano gravi indizi di colpevolezza è stata definita con la misura cautelare del maggio 2010 ed è oggetto del dibattimento in corso. Naturalmente - ha proseguito - stiamo ora valutando il provvedimento della Dda di Milano per stabilire se da esso emergano elementi utili per qualcuna delle tante indagini in corso presso questo Ufficio». Nel suo intervento il Procuratore Capo di Reggio Calabria ha indicato la ‘ndrangheta come «causa fondamentale della povertà delle regioni meridionali» , nonché stigmatizzato lo scetticismo di chi non crede che «l’economia drogata dai capitali mafiosi ostacoli quella sana, bloccando la crescita del territorio». Essenziale, dunque, colpire la zona grigia della ‘ndrangheta: «L'on. Forgione, già presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, ha ricordato pochi giorni fa - in un articolo pubblicato da “Il Quotidiano della Calabria” il lungo elenco di politici, amministratori locali, professionisti, imprenditori e anche uomini delle istituzioni contro i quali la Procura di Reggio ha proceduto in questi anni, spesso con misure cautelari e sequestro dei beni, e ottenendo già le prime sentenze di condanna; e va detto - ha spiegato, Pignatone - che si tratta di indagini espletate da tutte le forze di polizia, spesso in fruttuosa collaborazione tra loro, e seguite da molti magistrati, alcuni anche non facenti parte della Dda, proprio perché questo è uno degli obiettivi fondamentali dell'ufficio, che in esso concentra molte delle sue risorse. Ed è chiaro - ha aggiunto che è un impegno che continua». Il Presidente della Camera di Commercio di Reggio, Lucio Dattola, in conferenza ha parlato di una «Reggio seria e onesta che lavora» in contrapposizione alla etichetta di «portatori del germe della criminalità», appiccicata dopo la strage di Duisburg. Saluti ed elogi all’iniziativa anche da parte degli altri firmatari del protocollo: il Prefetto Luigi Varratta, il Presidente del Tribunale Luciano Gerardis, il Vicequestore Vicario Antonio Romeo, il tenente colonnello dei Carabinieri Carlo Pieroni ed il colonnello della Guardia di Finanza Cosimo Di Gesù. La Giunta stanzia 25 milioni per le pmi Tensione Pdl-Udc per il buco dell’Afor Mancano 70 milioni Tribunale di Lamezia Terme Esec. Imm. n. 22/07+79/07 Reg. Esec. G.E. Dr.ssa Adele Foresta Lotto unico: in Curinga (CZ), C.da Moddone, capannone commerciale della consistenza di mq 173, con terreno agricolo esterno adibito ad esposizione e parcheggio, qualità agrumeto, mq 2.972. Vendita con incanto 25.01.2012 ore 12.00 e segg. presso il Tribunale di Lamezia Terme. Prezzo base: Euro 66.445,32, con offerte in aumento non inferiori a Euro 10.000,00. Presentare istanze di partecipazione entro le ore 13.00 del 24.01.2012 presso la Cancelleria Esecuzioni Immobiliari del Tribunale di Lamezia Terme. Maggior informazioni in Cancelleria, sito www.asteannunci.it. CATANZARO – Per qualche tocca e su questo è pronto a ora ieri erano date per immi- rassegnare le dimissioni. Alla nenti le dimissioni dell’asses- fine tutto è rientrato e dopo il sore regionale all’Agricoltu- vertice di maggioranza la ra Trematerra (Udc) per diver- giunta regionale si è riunita e genze che ci sarebbero state su proposta del Presidente nella predisposizione del Bi- Scopelliti è stato approvato lo lancio. Argomento al centro schema di Protocollo d’Intesa di un lungo faccia a faccia tra con il Ministero dell’Interno il presidente Scopelliti e l’as- per il collegamento all’Indice nazionale delle sessore Tremateranagrafi (Ina) dera prima di un verlegando il Capo di tice di maggiogabinetto, Elena ranza che ha preScalfaro, alla sotceduto la riunione toscrizione di giunta del podell’atto. Il protomeriggio. collo ha la finalità La discussione di rendere possiè stata sulla necesbile il collegasità di razionalizmento tra la Rezare la spesa nel gione ed il Minisettore dell’agristero per assicucoltura e della forare, attraverso restazione che asmodalità uniforsorbe circa il 30% mi a livello naziodel bilancio del renale, l’accesso e gionale. Fondi Michele Trematerra l'utilizzo, ai fini che in cassa non ci sono. L’Afor assorbe 250 mi- istituzionali, dei dati anagralioni di euro (di cui 90 solo a ca- fici forniti dai comuni tramite rico della Regione), l’Arssa 40 l’infrastruttura di sicurezza milioni e l’Arcea 3 milioni. So- dell’Indice nazionale delle no per i forestali si registra un anagrafi. Su proposta dell’Assessore buco di 70 milioni che rappresentano le anticipazioni di alle Attività produttive, Antocassa per il pagamento di due nio Caridi, è stato istituito il mensilità. La spesa per i fore- «Fondo regionale per il sostestali è fuori budget da quando gno agli investimenti delle nel 2004 si è proceduto alla Piccolee medieimpreseregiostabilizzazione. Da qui la deci- nali attraverso il Mezzanine sione, responsabile, dell’as- financing», stabilendo che il sessore di procedere con la suo ammontare è di 25 milioni cassa integrazione per evitare di euro. Su proposta dell’asla bancarotta della Regione. sessore all’Agricoltura, MiIn consiglio regionale giace chele Trematerra, è stato deliun progetto di riforma che è berato di chiedere al Ministeancora fermo. Alla fine tutto è ro la dichiarazione di caratterientrato ma non è la prima re eccezionale della tromba volta che Trematerra minac- d’aria del 19 settembre scorso, cia le dimissioni. Alcune setti- verificatasi nella provincia di mane fa ha detto chiaro e ton- Reggio Calabria. do che l’ospedale di Acri non si a. mo. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 18 BREVI BATTAGLIA (PD) OPPIDO MAMERTINA PENTEDATTILO «Reintegrare il direttore generale Carullo» Sospesa l’attività per lavoro nero Ancora furti al consorzio “Terre del Sole” LA magistratura competente che ha ritenuto non legittimo l’allontanamento dalla direzione dell’Asp di Reggio Calabria del dott. Renato Carullo e per questo va reintegrato. Lo afferma il consigliere regionale del Pd Demetrio Battaglia . UN nuovo furto è stato compiuto ai danni del consorzio «Terre del Sole» sul bene confiscato alla mafia in località Placanica di Pentedattilo che il comune di Melito Porto Salvo ha assegnato da cinque anni al consorzio. Il furto è uno dei tanti di una lunga seriedi minacce. IL titolare di un’autocarrozzeria di Oppido Mamertina è stato sospeso dall’attività imprenditoriale per lavoro nero. Oltre alla sospensione dall’attività imprenditoriale, all’uomo è stata elevata una contravvenzione di oltre tremila euro. La polizia passa al setaccio le attività delle tre società di cui il 46enne reggino era titolare I legami di Martino sotto la lente Si indaga su amicizie e rapporti professionali dell’imprenditore ucciso gioni legate al suo lavoro. Martino era amministratore di tre società, di cui una individuale, la Idroterm, oltre alla Idroterm srl e la Eko Mrf srl. Tutte e tre le società, una delle quali tra l’altro ha la proprietà del bar all’interno dell’aeroporto “Tito Minniti” erano state sequestrate qualche tempo fa nell’ambito dell’operazione condotta dai militari della Stazione di Gallina, diretta dal luogotenente Sebastiano Germanà, e dagli specialisti del Nucleo operativo ecologico, diretto dal capitano Paolo Minutoli. I militari, grazie a una foto satellitare reperita sul noto sito web “Bing Maps”, avevano scoperto che in località Bovetto era stata creata illecitamente una discarica di rifiuti speciali pericolosi. Ne era scaturito il sequestro delle tre società e di numerosi mezzi di cantiere, e altri beni societari per un valore totale di circa 7 mi- di FABIO PAPALIA REGGIO CALABRIA - Gli inquirenti stanno vagliando tutti i rapporti della vittima. Proseguono serrate le indagini della Squadra Mobile diretta da Renato Cortese volte a individuare l’assassino di Vittorio Bruno Martino, l’imprenditore di 46 anni ucciso lunedì sera in un agguato a Pellaro, alla periferia sud della città, mentre usciva dalla palestra. Un colpo di pistola calibro 7.65, che ha centrato alla testa l’imprenditore, morto poco dopo il ricovero presso gli Ospedali Riuniti. Le indagini Vittorio Bruno Martino della Mobile sono volte a scavare nella vita di Martino, gli investigatori hanno già interrogato i parenti e numerosi conoscenti e amici della vittima, in cerca di un movente. L’uomo, che era rimasto coinvolto nell’operazione “Terrazzamento”, condotta dai Carabinieri del Noe lo scorso febbraio, non risulta avere legami con la criminalità organizzata. Gli inquirenti, nonostante non siano emersi nell’immediato collegamenti evidenti con fatti di mafia e personaggi vicine alle cosche, non escludono al momento alcuna ipotesi, e le loro indagini sono orientate a 360 gradi, ipotizzando che l’imprenditore, vista la titolarità di ben tre società, possa essere entrato nel mirino della ‘ndrangheta per ra- Interrogati parenti e conoscenti della vittima Il luogo dell’agguato La vittima è un marocchino di 32 anni, la compagna ricoverata a Cosenza Muore uomo, salvi moglie e figlio Scontro tra tre auto sulla statale 107, vicino a San Pietro in Guarano SAN PIETRO IN GUARANO (COSENZA) – Ancora un grave incidente stradale sulla Statale 107 nel tratto che collega Cosenza con Crotone. In uno scontro che ha coinvolto tre autovetture è morta una delle due persone rimaste ferite. L’impatto mortale è avvenuto nel territorio di San Pietro in Guarano. La persona deceduta è un cittadino extracomunitario di origine marocchina, H.S., di 32 anni, in Calabria con un regolare permesso di soggiorno. Secondo quanto ha riferito la polizia stradale, un’auto che procedeva da Cosenza in direzione di San Giovanni in Fiore, per cause in corso di accertamento, ha invaso Due iniziative di prevenzione per l’8 e il 12 dicembre Scosse sul Pollino, avviato il piano della Protezione civile CATANZARO – In seguito allo sciame sismico ancora in corso nell’area del Pollino, il sottosegretario alla Protezione Civile della Regione Calabria Franco Torchia ed il dirigente di Settore Salvatore Mazzeo comunicano di aver avviato una serie di iniziative non strutturali di prevenzione con il personale tecnico regionale della struttura di Catanzaro edell’Unità operativa provinciale di Cosenza, d’intesa con il Dipartimento nazionale della Protezione Civile ed in collaborazione sinergica con la struttura di Protezione Civile della Regione Basilicata, anch’essa – informa una nota dell’ufficio stampa – interessata dalla problematica. Anche sulla base delle indicazioni pervenute dal Capo del Dipartimento nazionale di Protezione Civile Prefetto Franco Gabrielli, si è pervenuti all’astensione dell’attività di pianificazione ad un bacino di ben 41 Comuni ed una popolazione di circa 130.000 abitanti coinvolti. Avvio lioni di euro. Proprio per questo episodio, l'imprenditore avrebbe dovuto comparire davanti ai giudici del tribunale di Reggio Calabria il 27 gennaio prossimo, per cercare di difendersi dalle contestazioni che erano state avanzate dalla Procura dello Stretto nei suoi confronti. Sarà compito della Squadra Mobile, adesso, verificare se l’omicidio possa in qualche modo essere legato al settore dello smaltimento dei rifiuti, settore in cui operavano le tre società di Martino, e ad eventuali richieste estorsive che l’imprenditore potrebbe avere subito. Le modalità dell’esecuzioni non escludono il coinvolgimento della criminalità organizzata reggina. Per questo l’attività investigativa tenta di appurare eventuali collegamenti tra le vittima e le 'ndrine della città e dell’hinterland reggino. dell’attività di formazione del volontariato di Protezione Civile calabrese, congiuntamente a quello Lucano, in occasione dell’incontro formativo dell’8 dicembre prossimo, indirizzato al mondo del volontariato locale, che si svolgerà presso il Centro sociale di Lagonegro (PZ). Prosecuzione, nell’area dei Comuni dell’alto cosentino (Comuni afferenti ai centri operativi misti di Castrovillari, Trebisacce e Scalea) della campagna nazionale sulla riduzione del rischio sismico denominata progetto «Terremoto: io non rischio» e poi è previsto d’intesa con il Prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaroo per il 12 dicembre prossimo, un incontro operativo, da tenersi presso la Prefettura di Cosenza, al quale parteciperanno le componenti essenziali del sistema di Protezione Civile locale. L’incontro è mirato alla verifica ed alla condivisione del modello di comando e controllo proposto dalla Regione Calabria». la corsia opposta e si è scontrata prima con la vettura con a bordo la vittima, che era in compagnia della moglie T.Z., di 22 anni, e del figlio di 15 giorni, e poi è andata a finire contro un’altra vettura. La donna, anche lei di origini marocchine, è rimasta gravemente ferita ed è stata ricoverata in prognosi riservata nell’ospedale di Cosenza. Il neonato non ha riportato ferite ed è stato trattenuto in ospedale in attesa che arrivino i parenti della madre da Trani dove risiedono. Sul luogo dell’incidente è intervenuta la Polstrada assieme ai sanitari del 118 e ai vigili del fuoco. La statale 107 è rimasta chiusa al traffico per circa tre ore. L’auto su cui viaggiava la famiglia marocchina Dopo l’espulsione Cittadino racconta la sua verità e attacca il presidente catanzarese Guerra fratricida in Confcommercio di ANTONIO LIOTTA CATANZARO - Doveva essere l'occasione, per un gruppo di associati, per denunciare un fatto alquanto inquietante, cioè l'espulsione dalla Confcommercio provinciale di un socio che non aveva chinato la testa di fronte al pizzo, denunciando il tentativo di estorsione da parte di un esponente di un noto clan criminale. È stata l'ennesima conferma della frattura insanabile che sta lacerando la Confcommercio catanzarese, con uno scontro aperto tra il presidente, Pietro Tassone, e i suoi fedelissimi e i “dissidenti” che si oppongono alla sua gestione, con in testa l'imprenditore Salvatore Cittadino (l'estorto espulso per ben due volte) e il presidente dei Giovani di Confcommercio, Francesco Leonardo. Una vicenda delicatissima, già passata per le aule di Tribunale e ora fotografata in un esposto rivolto, tra gli altri, al premier Monti, al governatore Scopelliti e al presidente della Confcommercio nazionale, Sangalli, in cui un gruppo di associati chiede un intervento urgente per il ripristino del principio di legalità all'interno dell'associazione. Un altro tassello è stato aggiunto ieri mattina durante una conferenza stampa, in cui Cittadino, presidente vicario a Catanzaro e presidente dell'area di Lamezia, ha raccontato la sua verità. L'imprenditore ha sostenuto di essere stato espulso, insieme ad un altro socio, una prima volta a febbraio 2011, formalmente per non avere pagato la quota per il rinnovo dell'iscrizione (180 euro), quando in realtà vantava dei crediti per alcune spese legate all'attività della confederazione per una cifra molto più elevata; di avere, quindi, portato la questione davanti al Tribunale del capoluogo, che ad aprile ha reintegrato entrambi i so- ci ritenendone illegittima l'esclusione. Ma, a distanza di un mese, è stato espulso una seconda volta per la stessa ragione e a nulla sarebbe valso, a quel punto, il bonifico di 180 euro che gli è stato restituito, a distanza di tre giorni, sotto forma di assegno. La ragione è scritta nero su bianco all'interno dell'esposto: Cittadino è stato espulso «perché non allineato alla condotta politico-amministrativa del presidente Tassone». Insomma, alla base dell'esclusione del socio anti-pizzo, ci sarebbe una lotta di potere tutta interna alla Confcommercio. Per il presidente dei giovani Leonardo, «Confcommercio non avrebbe dovuto chiedere nemmeno un euro a un simbolo di legalità», e salutando la presenza in sala del presidente catanzarese di Confidustria, Giuseppe Gatto, e del direttore, Dario Lamanna, ha ricordato come «mentre altre associazioni di categoria, come Confindustria, hanno nel loro statuto la regola secondo cui chi non denuncia il pizzo deve essere escluso, da noi accade il contrario». Eppure neanche tra i giovani di Confcommercio sembra esserci una posizione univoca: in un comunicato stampa di lunedì, alcuni si sono dissociati dalle parole di Leonardo, perché non sarebbero state condivise con tutto il gruppo. Una versione ribadita ieri dal presidente vicario dei giovani, Francesco Ciambrone, che in parte ha rettificato sostenendo che «in Confcommercio ognuno, compreso il presidente Tassone, deve assumersi le sue responsabilità». E sempre di ieri mattina è la notizia della convocazione per oggi della Giunta di Confcommercio con all'ordine del giorno la denuncia del consigliere Leonardo e il deferimento ai probiviri per «gravi e ripetute violazioni dell'art.4 del Codice etico». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Calabria 19 24 ore Mercoledì 7 dicembre 2011 24 ore Mercoledì 7 dicembre 2011 La Corte d’appello revoca anche la confisca del complesso turistico alberghiero al centro dell’inchiesta Marechiaro, nessun colpevole Assolti tutti i 18 imputati. Prescrizione per il proprietario dell’Hotel di Gizzeria di PASQUALINO RETTURA LAMEZIA TERME - Se nel giudizio di primo grado l’inchiesta sul Comune di Gizzeria che ruotava sulla realizzazione del complesso turistico alberghiero Marechiaro (che ha visto imputati eccellenti) era stata quasi totalmente demolita, al processo d’appello ora è naufragata. In primo grado infatti dal tribunale di Lamezia erano stati assolti 17 dei 18 imputati. Ma ieri, oltre alla conferma delle 17 assoluzioni, la Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Anna Maria Saullo; consiglieri Marco Petrini e Francesca Marrazzo) ha dichiarato anche il non doversi procedere per prescrizione nei confronti Paolo Sauro, titolare del Grand Hotel Marechiaro, unicocondannato (un anno) in primo grado (ma solo per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, riqualificato dal reato di truffa, e tre mesi di arresto per una contravvenzione relativa all'abuso edilizio). Condanna che ora in appello è caduta in prescrizione. A Paolo Sauro (difeso dall’avvocato Francesco Gambardella) gli è stata pure revocata la confisca del complesso turistico - alberghiero che dovrà essere immediatamente restituito a Sauro, uscito quindi indenne anche lui da questa lunga vicenda giudiziaria. Il «danno» per Sauro ora è diventato irrisorio, dal momento che dovrà risarcire 1200 euro a Legambiente Calabriacostituitasi partecivile. Perilresto leassoluzionisono state confermate in appello per Aldo Cerra, Sarino De Sensi, Gianfranco Cataldo Strancia, Bernardo Brandimarti, l’ex governatore calabrese Giuseppe Chiaravalloti, l’ex assessore regionale all’Urbanistica, Paolo Bonaccorsi e l’ex assessore regionale al Turismo, Giuseppe Gentile (attuale assessore nella giunta Scopelliti), StefanoTorda, Roberto Fusco, Pasquale Anastasi, Rocco Militano, Antonio Siesto, Antonio Murone, Andrea Iovene (ex assessore del Comune di Lamezia e attuale dirigente dell’area tecnica), Salvatore Fabiano, Carmelo Cortellaro eGiacinto Domenico Mancuso. Con la sentenza del proces- Da sinistra: Giuseppe Chiaravalloti, Pino Gentile e il sostituto procuratore generale Raffaella Sforza so d’appello quindi è stato rafforzato il giudizio che a Gizzeria non c'era stata nessuna “cricca”diex amministratori, tecnici e funzionari regionali che ha gestito il territorio per interessi personali con la complicità del potere politico regionaledel 2002.Anche inappello infatti hanno avuto la meglio gli avvocati Pisani Cerra, Gambardella, Iozzo, Luigi Scaramuzzino del foro di Crotone, Licastro, Ioppoli, Scalzi, Michele Amatruda, Leopoldo Marchese (difensori di Gentile) Pietragalla, Renzo Andricciola, Giuseppe Pandolfo, Luca Scaramuzzino e Alessandro Missineo. Niente da fare per il sostituto procuratore generale di Catanzaro, Raffaela Sforza, che aveva chiesto la condanna di tutto i diciotto imputati. In particolare 3 anni e 6 mesi per Gentile, 3 anni e 9 mesi per Chiaravalloti, 3 anni e 6 mesi per Bonaccorsi e 8 anni per l'imprenditore Paolo Sauro. Per gli altri 14 imputa- ti, tutti dirigenti e funzionari della Regione Calabria ed ex amministratori del Comune di Gizzeria, erano state chieste condanne dai 2 ai 4 anni di reclusione. Gli imputati, a vario titolo accusati di associazione a delinquere, abuso d'ufficio, omissione d'atti d'ufficio, falsità ideologica, turbata libertà degli incanti e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, reati in materia di edilizia, urbanistica e paesisticoambientale e voto di scambio, escono dunque senza macchia anche nel secondo grado di giudizio di un’inchiesta nata quasi dieci anni fa e che ruotava in particolare sul Prg di Gizzeria, che ha interessato diversi varianti che hanno cambiato le destinazioni d'uso di terreni passati da agricoli a industriali, commerciali e artigianali, e sull'iter per la realizzazione del Grand Hotel Marechiaro, (un albergo a cinque stelle sulla costa di Gizzeria, finanziato dalla Regione per 4,2 milioni di euro). Omicidio Citriniti. Al processo per l’uccisione del giovane universitario Spunta una nuova verità Il nipote minore dell’imputato punta il dito contro un altro rom di AMALIA FEROLETO CATANZARO - «Lei ha visto le coltellate?». «Sì gliel'ha date all'addome». Con queste frasi chiave Danilo Sinopoli, rom sedicenne, non solo ha ricostruito tutte le fasi convulse dell'omicidio, ribaltando completamente le versioni date ai poliziotti, ma ha anche detto di aver visto Vincenzo prendere il coltello e sferrare il colpo mortale all'addome di Massimiliano Citriniti, lo studente universitario di 24 anni ucciso per uno scherzo di carnevale il 22 febbraio del 2009 in un tunnel antistante il centro commerciale “Le Fornaci”di Catanzaro. Il teste, incalzato ieri, nell’aula bunker di via Paglia, per ore, dal pm Simona Rossi, al processo in Corte d’assise, è nipote dell'imputato, Cosimo Berlingeri, 44 anni, finito in manette con Gianluca Passalacqua, 23 anni, per concorso in omicidio con il figlio minore di Cosimo, già condannato. Danilo, nei precedenti interrogatori, aveva detto di aver visto solo un coltello in mano a Massimiliano e che, per timore, ha spiegato ieri, non aveva parlato di quello spuntato in ma- REGIONE CALABRIA AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE di COSENZA UOC Servizi Patrimoniali e Tecnici Estratto Bandi di gara SEZIONE I: AMMINISTRAZIONE AGGIUDICATRICE: Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza – Viale degli Alimena, 8 – 87100 COSENZA. Tel. 0984-893345 - 0984893559 0984-893313 e Fax 0984-893323, 0984-893468 – email: [email protected] SEZIONE II: OGGETTO DELL’APPALTO: Gara A CIG: 358837658C CUP: B96E11000580001. Incarico professionale per la progettazione preliminare e definitiva dell’intervento di messa in sicurezza del Presidio Ospedaliero di Paola (CS), riferito ad opere di classe III categoria a) e di classe I categoria c). Importo dell’incarico soggetto a ribasso: Euro 186.574,30. Gara B CIG: 358887622A CUP: B32J11000620001. Incarico professionale per la progettazione preliminare e definitiva dell’intervento di messa in sicurezza del Presidio Ospedaliero di Cetraro (CS), riferito ad opere di classe III categoria a) e di classe I categoria c). Importo dell’incarico soggetto a ribasso: Euro 173.829,20. SEZIONE III: INFORMAZIONI DI CARATTERE GIURIDICO, ECONOMICO, FINANZIARIO E TECNICO: Si rinvia al Disciplinare di gara. SEZIONE IV: PROCEDURA: aperta art.3, comma 37 ed art. 55, 91 e 124, D.Lgs. n°163/2006, nonché art. 261 D.P.R. n°207/10. Criteri di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa in base ai criteri indicati nel Disciplinare di gara. Scadenza per la ricezione delle offerte: Data 22/12/2011 ore 12.00 SEZIONE VI: ALTRE INFORMAZIONI Il bando integrale di gara ed il disciplinare di gara sono pubblicati sul internet aziendale: www.asp.cosenza.it Data di spedizione GURI: 24/11/2011; Pubblicazione GURI: 05/12/2011 Il Direttore UOC Servizi Patrimoniali e Tecnici Ing. Gennaro Sosto no a Vincenzo. Ed ecco così spuntare una nuova verità nell’efferato omicidio del giovane massacrato da un gruppo di rom. Davanti alla Corte, presieduta da Giuseppe Neri (a latere: Domenico Commodari), il minore, infatti, tra frasi confuse e “non ricordo” alla fine ha lanciato precise accuse, affermando che anche Vincenzo aveva un coltello a serramanico più piccolo di quello di Massimiliano e che Gianluca era intervenuto per strapparlo a quest’ultimo. Per poi finire tutti e tre per terra. Gianluca con la faccia al cielo che tentavadi afferrare il polso di Massimiliano (sopra di lui di spalle) per fargli mollare il coltello, mentre sopra Massimiliano c’era Vincenzo, con il coltello con il quale alla fine avrebbe sferrato il colpo mortale all'addome di Mssimiliano. Una versione fortemente contestata sia dal pm che dalla difesa, rappresenta dagli avvocati Salvatore Staiano e Gregorio Viscomi, perché ritenuta inverosimile. Scena muta, invece, da parte dell’altro teste, Mario Cappellano. Si torna in aula il 12 gennaio, per la requisitoria di pm e parte civile, e il 19 per la difesa e la sentenza. I funerali di Massimiliano Citriniti L’arresto di Morelli fa slittare l’udienza al processo “Why not” di TERESA ALOI CATANZARO - Sfatato il rischio di azzeramento, il processo a carico di 27 persone - tra funzionari ed ex amministratori regionali, imprenditori e professionisti - rinviate a giudizio a seguito della inchiesta “Why not”, è slittato a causa della mancata presenza in aula di uno degli imputati, il consigliere regionale Franco Morelli per il quale non c'è stato il tempo di disporre la traduzione a Catanzaro dal carcere di Opera, nel milanese, dove si trova detenuto all’indomani della recente operazione antimafia denominata “Infinito”, scaturita da un'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano su presunti intrecci tra 'ndrangheta e politica. Dunque, si torna in aula il prossimo 9 gennaio quando davanti al Tribunale presieduto da Antonio Battaglia (il giudice trasferito a Palmi ha ottenuto l’applicazione a Catanzaro fino alla sentenza) sarà sentito Giuseppe Chiaravalloti, maresciallo dell'Arma dei carabinieri che condusse le indagini di “Why not”, l’inchiesta su un presunto comitato d'affari che avrebbe illecitamente gestito i soldi destinati allo sviluppo della Calabria, dopo che è stato chiarito che il militare non risulta indagato in alcun procedimento connesso a seguito del rinvio di alcuni atti dell’inchiesta alla Procura della Repubblica da parte del giudice Abigail Mellace, al termine dell’udienza preliminare conclusasi il 2 marzo del 2010. Operazione della polizia fra Torino e Asti contro la rete che proteggeva il boss di Gioiosa Arrestati i fiancheggiatori di De Masi di GIOVANNI VERDUCI SIDERNO - La polizia di Stato ha assestato un duro colpo alla rete dei fiancheggiatori che hanno protetto la latitanza di Giordio De Masi “u mungianisi”: gioiosano ritenuto ai vertici della cosiddetta “Provincia” e capo del locale di Gioiosa Jonica. Giorgio De Masi, come si ricorderà, venne tratto in arresto a Torino nell’aprile 2011 dagli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria, dai colleghi del Commissariato di Siderno e da quelli di Torino. Nelle scorse ore, poi, gli uomini del vice questore aggiunto Stefano Dodaro hanno chiuso il cerchio investigativo con un blitz, portato a compimento fra Torino ed Asti, che ha portato all’arresto di: Rocco De Masi, 46 anni originario di Martone ma residente a Torino; Francesco Ursino, 28enne gioiosano residente a Torino e Rocco Schirripa “u barca”, 58 anni Francesco Ursino Rocco De Masi Rocco Schirripa di Gioiosa Jonica già arrestato nell’ambito dell’operazione “Minotauro”. Nei loro confronti gli uomini della polizia di Stato hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari Giuseppe Salerno. Rocco De Masi era stato fermato nello stesso giorno in cui i poliziotti avevano stretto la manette ai polsi del ricercato. A Francesco Ursini e Rocco Schirripa, invece, gli investigatori sono giunti attraverso i riscontri delle intercettazioni telefoniche effettuate durante le indagini avviati alla ricerca e alla cattura del boss latitante. Un frenetico giro di contatti telefonici fra la Calabria ed il Nord Italia che ha portato gli uomini del com- missariato di Siderno ad attivarsi con i colleghi torinesi per allargare il raggio dei propri controlli al circondario di Torino. L’intuizione si è rivelata corretta e, dopo una serie di appostamenti ed un tentativo di arresto andato a vuoto solo per sfortuna, gli uomini del questore Carmelo Casabona sono riusciti a scovare ed arrestare Giorgio De Masi. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 20 Calabria La Caritas chiede un maggiore impegno e responsabilità delle istituzioni pubbliche Rosarno a rischio rivolta Solo i volontari danno assistenza ai migranti di via Nicotera di KETY GALATI ROSARNO - Potrebbe riaccadere. Il rischio di assistere all'ennesima rivolta c'è tutto. Le condizioni precarie in cui vivono i “migrantes” nel nuovo ghetto di via Passo Nicotera, dietro il centro storico e le occupazioni abusive del campo di accoglienza in contrada Testa dell'Acqua sono il riscontro oggettivo di come l'emergenza migranti sia, ancora, rimasta tale. Questa situazione allarmante viene riscontrata anche dalle associazioni umanitarie della Piana, che ce la mettono tutta per alleggerire lo stato di miseria a cui sono costretti gli africani. Sono loro a lanciare un appello alle autorità competenti affinché si mobilitino prima che sia troppo tardi. Il presidente della Caritas diocesana, Vincenzo Alampi, denuncia il fatto che non basta l'attenzione dei volontari per far fronte a questa emergenza. «Sono numeri piccoli rispetto al fenomeno che si sta riproponendo quest'anno. Ma sono testimonianze che qualcosa si può fare. Certo la tensione è sempre nell'aria. Qualche immigrato facinoroso, malgrado tutta l'attenzione, potrebbe uscire sempre fuori». Per questa ragione, «è importante che il tavolo di concertazione convocato dal prefetto di Reggio sia allargato alle associazioni di tutta la Provincia che si occupano delle stesse problematiche per contribuire alla realizzazione di una rete solidale ed efficace per il miglioramento e la umanizzazione dei servizi presenti sul territorio». Il messaggio più forte che ancora una volta la Caritas vuol far valere è quello «dell'impegno delle istituzioni pubbliche che non devono permettere la nascita di ghetti nei nostri territori, ma devono Un immigrato dentro il nuovo ghetto di Rosarno promuovere iniziative di politiche di integrazione, di inserimento dignitoso degli immigranti nelle realtà locali e comprensoriale specialmente nel lavoro, nell'istruzione scolastica, nella sanità, nella socialità, nella tutela dell'identità culturale e religiosa, con un impegno nuovo giusto, pacifico, solidale e strutturato». Nel recente incontro con il prefetto si è deciso di aumentare i posti letto nel campo di accoglienza, se si trovano le risorse. Un'altra soluzione tampone. Alla luce dei numerosi arrivi degli immigrati i membri dell'associazione interculturale Omnia di Rosarno, registrano la stessa tensione tra gli africani «stanchi ed av- viliti». «Gli arrivi non coincidono con i posti di lavoro disponibili. Non c'è lavoro», spiega il consulente legale dell'associazione Graziella De Masi, sottolineando il fatto che potrebbe essere questo uno dei motivi ad indurre gli africani a ribellarsi. La De Masi riferisce che per domani è stato convocato un incontro urgente nella sede di Omnia per fare il punto della situazione degli immigrati stagionali della Piana con Flai- Cgil e le associazioni umanitarie locali. Infine Giuseppe Pugliese attivista dell'Osservatorio “Africalabria” chiede agli organi competenti «di non lasciare sola Rosarno, non può farcela». L'attivista fa notare l'inutilità delle passerelle su Rosarno degli esponenti politici. Il Governo, la Regione e la Provincia devono intervenire per evitare eventi devastanti. E' inaccettabile questa situazione, l'Italia è un paese civile». Dopo la chiusura da parte dei Nas e Noe dell’ospedale di Oppido Denunciata la dg Squillacioti di FRANCESCO PAPASIDERO OPPIDO MAMERTINA - Dopo la chiusura dell'ospedale di Oppido, arriva la denuncia al direttore generale dell'Asp 5 Rosanna Squillacioti. Dopo i controlli effettuati al “Maria Pia di Savoia” più o meno una settimana addietro, i Nas ed il Noe avevano chiuso il nosocomio oppidese (il giorno seguente l'arrivo dei Carabinieri la stessa direzione dell'Asp aveva provveduto a bloccare i ricoveri). Ora, dopo i sigilli, la denuncia alla magistratura del numero uno della sanità reggina per «inosservanza della normativa concernente l'igiene e la sicurezza dei luoghi di degenza e di lavoro». Dall'attività di controllo svolta dai Carabinieri è emerso che presso l'ospedale di Oppido è caratterizzato da carenze igienicostrutturali e tecnico impiantistiche tali da costituire, secondo gli investigatori, un poten- ziale pericolo per la sicurezza dei degenti e del personalesanitario.Insomma, nonunabella situazione per una struttura, quella di Oppido, che stando al nuovo piano sanitario sarebbe dovuta diventare un centro di lungodegenza e di riabilitazione per l'intero territorio della Piana. Il futuro della struttura ospedaliera, comunque, dopo la chiusura, rimane appeso ad un filo, a questo punto. Occorrerà, prima di tutto, intervenire su quelle criticità segnalate dal Nas e dal Noe, che hanno agito, sembra, dopo una denuncia, partendo dagli infissi, non a norma, e che hanno causato delle infiltrazioni d'acqua Problemi di umidità sono stati rivelati non solo alle pareti ma anche nei soffitti, proprio nel giorno in cui gli operai stavano cominciando i lavori di ristrutturazione del tetto. Il Noe, invece, ha rivelato la non idoneità degliambienti dei gas e dei rifiuti speciali. Il Riesame: «Carenza di indizi» Rifiuti sul fiume Oliva rimesso in libertà Cesare Coccimiglio di PAOLO OROFINO AMANTEA - Ritorna in libertà Cesare Coccimiglio il settantacinquenne imprenditore amanteano, arrestato nell'ambito dell'inchiesta sull'illecito smaltimento di rifiuti nel fiume Oliva. Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Catanzaro, accogliendo il ricorso presentato dall'avvocato Nicola Carratelli, legale dell'imprenditore, che a supporto della sua istanza aveva evidenziato la carenza d'indizi di colpevolezza a carico del suo assistito. Il Riesame ha dato ragione alla tesi difensiva. Il procuratore Bruno Giordano, però, appresa la notizia della liberazione di Coccimilgio dagli arresti domiciliari, ha preannunciato che ricorrerà in Cassazione, al fine di ridar valore all'ordinanza cautelare del gip di Paola, inficiata dal Tdl. Ovviamente prima di procedere la procura dovrà leggere attentamente le motivazioni della sentenza dei giudici del tribunale della Libertà. Rimane, per ora, l'importante punto a favore della difesa di Coccimiglio liberato dopo una ventina di giorni del suo arresto, rimbalzato sulle cronache regionali, anche per la concomitanza della notizia circa l'imminente arrivo a Valle Oliva, della commissione Ambiente del Parlamento europeo, giunta ad Amantea una settimana dopo l'emissione della mi- sura restrittiva. Coccimilgio è titolare di un'impresa che occupa di estrazione di materiali per l'edilizia e del trasporto degli stessi. Impresa con sede nelle vicinanze del torrente Oliva. L'imprenditore subito dopo l'arresto aveva respinto ogni accusa nel corso dell'interrogatorio di garanzia condotto dal giudice per le indagini preliminari, autore dell'ordinanza di custodia cautelare. Fra l'altro aveva detto che nei siti inquinati individuati dagli inquirenti, negli anni passati avevano scaricato rifiuti un po' tutti, poiché l'area veniva considerata a torto, o a ragione, una discarica. Nell'area lungo l'alveo del corso d'acqua, in diversi punti sono stati ritrovati ingenti quantità di rifiuti nocivi: metalli pesanti, polvere di marmo e tante altre sostanza inquinanti, con picchi di arsenico e tracce sospette di cesio 137. Quest'ultimo è un isotopo radioattivo rilevato nel terreno in percentuale elevata rispetto al valore medio misurato su altre aree geografiche della regione. La presenza di cesio 137, secondo l'Ispra che ha seguito i carotaggi effettuati nella vallata, sarebbe dovuta a cause accidentali, vale a dire da un maggiore assorbimento nel terreno dell'elemento arrivato per il fenomeno cosiddetto di“ricaduta” a seguito dei vari disastri nucleari avvenuti nel globo. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Calabria 21 24 ore Mercoledì 7 dicembre 2011 Il sostituto procuratore Francesco Mollace ha chiesto la conferma della pena in appello «Canzonieri resti in carcere» Ritenuto affiliato al clan Tegano è stato condannato per estorsione ai Malavenda PROCESSO “MARE E MONTI” di CLAUDIO CORDOVA LA condanna a nove anni di reclusione inflitta in primo grado a Donatello Canzonieri va confermata. E' stato il sostituto procuratore generale Franco Mollace ad avanzare la richiesta alla Corte d'Appello di Reggio Calabria. Canzonieri, ritenuto un soggetto organico al potente clan Tegano di Archi, è stato condannato in primo grado dal Tribunale Penale per il reato di estorsione in danno della famiglia Malavenda, proprietaria di uno storico bar nel rione Santa Caterina, una zona che rientrerebbe nella “competenza” criminale della cosca Tegano. Canzonieri ottenne i lavori di tinteggiatura del bar, interessato, tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, da un'opera di ristrutturazione, che costò circa sessantamila euro. I lavori vennero inizialmente affidati alla ditta Edil Tripodi di proprietà di Giovanni Tripodi, soggetto vicino a Pasquale Condello, detto il “Supremo”, uno dei capi più carismatici della 'ndrangheta reggina. I lavori sarebbero dovuti essere a totale appannaggio della ditta di Tripodi, cui la famiglia Malavenda aveva affidato l'appalto per mettersi a riparo da possibili ripercussioni. Poi, però, Canzonieri avrebbe ottenuto i lavori di tinteggiatura per un importo di seimila euro: un lavoro che l'uomo, da sempre vicino al presunto capoquartiere, Carmelo Murina, avrebbe ottenuto proprio in virtù della propria appartenenza alla 'ndrangheta. Lo stesso Canzonieri (come Murina, del resto) è indicato da vari collaboratori di giustizia come Roberto Moio e Nino Lo Giudice come un affiliato di rilievo della cosca Tegano. La scelta di inserire Canzonieri nell'affare non salvò, comunque, l'attività commerciale che venne distrutta nella notte tra il 24 e il 25 febbraio da un attentato dinamitardo, appena pochi mesi dopo l'inaugurazione. Secondo le ricostruzioni investigative, svolte dalla Squadra Mobile, sarebbe stato Paolo Schimizzi, reggente della cosca Tegano a Santa Caterina, scomparso, in seguito a un probabile caso di lupara bianca sulla fine del 2008, a presentarsi alla famiglia Malavenda al fine di ottenere una cospicua fetta dei lavori. Schimizzi, nipote di Giovanni Tegano, riforniva il bar di orzo, ma con la società di cui era proprietario, la “Globus”, avrebbe voluto curare l'arredamento del locale. La famiglia Malavenda si rivolse ad altri e il locale fu totalmente distrutto. Tra le macerie del locale, peraltro, venne ritrovato un berretto di cui non è mai stato identificato il proprietario. Un ritrovamento che la stessa famiglia Malavenda avrebbe inteso come una punizione per “non essersi tolti il cappello”. Nel corso dell'udienza di ieri, il sostituto pg Mollace ha dunque richiesto la conferma della condanna inflitta in primo grado nei confronti di Canzonieri. Una richiesta cui si è associato l'avvocato Giovanni De Stefano, in rappresen- Il pentito Federico non sarà riascoltato Donatello Canzonieri tanza della famiglia Malavenda, costituita parte civile. L'avvocato Francesco Calabrese, invece, ha invocato per Canzonieri l'assoluzione, contestando, peraltro, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ritenute inattendibili. Il prossimo 11 gennaio la Corte dovrebbe emettere il proprio verdetto. Prima, però, toccherà all'altro legale di Canzonieri, l'avvocato Carlo Morace, effettuare la propria arringa difensiva. IL pentito Lorenzo Federico non sarà ascoltato nel procedimento “Mare e Monti”, ritornato in Corte d'Appello dopo un rinvio disposto dalla Suprema Corte di Cassazione. L'audizione di Federico era stata richiesta, nella scorsa udienza, dal sostituto procuratore generale Franco Mollace. La Corte, però, ha rigettato la richiesta, accogliendo, quindi, le opposizioni degli avvocati difensori. Il procedimento, infatti, è celebrato con rito abbreviato: anche per questo motivo la Corte ha rigettato la richiesta della Procura Generale. La Corte di Cassazione ha rimandato indietro, per motivi tecnici, un processo che aveva già registrato il giudizio d'appello: alla I Lo Giudice alla sbarra La difesa chiede l’assoluzione per Perricone Francesco Mollace L’arresto di Nino Lo Giudice sbarra esponenti di spicco delle cosche Libri e Rosmini. Alla luce del rigetto della richiesta di audizione del pentito Federico, nel corso della prossima udienza il sostituto pg Mollace dovrebbe esporre la propria requisitoria. cl.co. PROSEGUONO le arringhe difensive, al cospetto del Gup Daniela Oliva, nel maxiprocesso che vede alla sbarra alcuni degli elementi di spicco del clan Lo Giudice. Il processo nasce dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonino Lo Giudice un tempo capo indiscusso della cosca ed il cugino Consolato Villani. Il gruppo degli individui alla sbarra si è diviso in due tronconi, tra chi ha scelto l'ordinario (tra gli altri Luciano Lo Giudice, Antonio Cortese, Antonino Spanò e il Capitano dei Carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi) e chi, invece, ha optato per l'abbreviato (tra gli altri Nino Lo Giudice e Mimmo Gangemi). In questo stralcio di abbreviati, alcune settimane fa, il pm Beatrice Ronchi ha chiesto pene per complessivi 60 anni di carcere. Da qualche settimana, invece, la parola è passata alle difese. Nell'udienza di ieri ha preso la parola nell'interesse di Giuseppe Perricone l'avvocato Fabio Tuscano che ha escluso ogni tipo di coinvolgimento del proprio assistito con la famigliaLo Giudice.Illegale ha sottolineato l'assenza di dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sul conto di Perricone e ha anche argomentato in tema di tentata rapina aggravata e simulazione di reato, reati contestati a Perricone, evidenziando alcune lacune degli investigatori. Argomentazioni che hanno portato l'avvocato Tuscano a chiedere l'assoluzione per Perricone. Il processo è stato rinviato al 17 gennaio. Successivamente il 31 gennaio ci sarà la lettura della sentenza. Era il papà del colonnello A Frosinone l’ultimo saluto ad Angelosanto IERI,nella chiesa di San Sebastiano a Sant’Elia Fiumerapido, in provincia di Frosinone, sono stati celebrati i funerali di Antonio Angelosanto 78enne, padre del Colonnello Pasquale Angelosanto, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria. Alle esequie hanno partecipato numerosi colleghi ed amici ed autorità manifestando vicinanza alla famiglia. Al colonnello Angelosanto vanno le più sentite condoglianze da parte della redazione de “Il Quotidiano della Calabria”. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 31 Mercoledì 7 dicembre 2011 Area grigia. A confronto su realtà e prospettive sui patrimoni sequestrati e confiscati alla ’ndrangheta Nel degrado i beni sottratti Laganà: «Criticità nell’80% dei casi e non possono essere subito riassegnati» di DOMENICO GRILLONE REALTÀ e prospettive sui beni sequestrati e confiscati alla ’ndrangheta: tema di fondamentale importanza per la lotta alla criminalità organizzata. Un’arma, quella del sequestro e della confisca, rivelatasi la più temuta dalle cosche, assieme alla perdita della libertà e quindi del carcere. Ma che per diventare veramente efficace, trasformandosi quindi in una sorta di incubo quotidiano dei boss, ha bisogno dei necessari aggiustamenti. E’ il tema scelto per la seconda giornata del convegno “La Ferita. L’area grigia della ’ndrangheta”, organizzato dal Museo della ‘ndrangheta nel salone dell’amministrazione provinciale. Ed ieri, a confrontarsi sulle diverse difficoltà che si incontrano durante il lungo, spesso tortuoso, percorso che vede un bene passare dalle mani dei mafiosi a quelle dello Stato c’erano il viceprefetto Maria Rosaria Laganà dell’Agenzia nazionale sui beni sequestrati e confiscati, il giornalista del Quotidiano Giuseppe Baldessarro, Francesco Spanò dell’associazione Libera, Titty Siciliano, dirigente dell’Ufficio comunale che si occupa dei beni confiscati, il professore Massimiliano Ferrara dell’Università reggina e Claudio La Camera, coordinatore del Museo. A coordinare la discussione il giornalista Claudio Cordova che ha dato dei preziosi input per focalizzare alcuni aspetti importanti. Come quello, per esempio, che per considerare certa una vittoria, si parla della confisca, occorre andare fino in fondo e soprattutto in maniera spedita. Compito delegato proprio all’Agenzia nazionale, nata da appena un anno e che cura i vari passaggi e procedure di assegnazione del bene, già confiscato, per il riutilizzo a fini sociali o istituzionali, così come è successo fino ad ora, ma non senza qualche difficoltà. E sintetizzate dal viceprefetto Laganà innanzitutto nella criticità dell’80 per cento dei beni sequestrati. Il che vuol dire per esempio che il degrado degli immobili sottratti alla ndrangheta non consentono una immediata riassegnazione. Edifici spesso costruiti in violazione delle più elementari norme sull’edilizia, case abusive o occupate. Case “saccheggiate” dagli stessi mafiosi che non sopportano di dover restituire la propria ricchezza. Problemi a non finire, quindi, sui quali si sta lavorando per trovare una soluzione. “L’Ufficio eredita quelle che sono state le difficoltà del passato”, esordisce Laganà ricordando i vari soggetti istituzionali (Agenzia del demanio, Prefetture, Commissario straordinario per i beni confiscati) che in passato si sono occupati della questione, adesso passata in mano all’Agenzia nazionale. “Si immagini un bene immobile gravato da ipoteca – spiega il viceprefetto dell’Agenzia – occorre liberarlo da tutti i gravami. E poi costruzioni lasciati a metà, occupati da persone che pagavano regolarmente un affitto e tante altre situazioni di questo tipo”. E poi le destinazioni, il riutilizzo migliore del bene. Tanto lavoro da fare, dunque. Ma l’impegno dell’Agenzia adesso è proteso proprio ad evitare le tante difficoltà o a superarle nella maniera più rapida possibile. Come la nuova strategia che prevede delle unità operative istituite nelle prefetture per consentire una maggiore velocità negli sgomberi dei beni confiscati. Anche se occorre sottolineare che un organico di 30 persone, quello dell’Agenzia nazionale, non con- Scopelliti sarà a Milano per il progetto IL Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti – informa una nota dell’Ufficio Stampa della Giunta – parteciperà a Milano alla presentazione del progetto scientifico del Museo della 'ndrangheta di Reggio Calabria. All’incontro, che si terrà venerdì 9 dicembre alle ore 15 nella sede della Ibm, Circonvallazione Idroscalo Segrate (Milano), parteciperanno anche il responsabile scientifico del Museo della 'ndrangheta Fulvio Librandi, il coordinatore del Museo della ndrangheta Claudio La Camera e Maria Cristina Farioli, business and innovation development director, oltre che a svariate associazioni di calabresi residenti a Milano. Il seminario di ieri mattina alla Provincia. Il viceprefetto Maria Rosaria Laganà e il dirigente dell’Ufficio comunale Titty Siciliano sente al momento attuale quel salto di qualità che tutti si aspettano riguardo la celerità di meccanismi e procedure per arrivare all’obiettivo finale. Ed i beni assegnati ai Comuni che poi dovrebbero provvedere al loro riutilizzo? Stesso discorso e stesse difficoltà, forse maggiori. L’avvocato Titty Siciliano sottolinea, infatti, vari aspetti. Come l’onere della riqualificazione del bene, prima di consegnarlo alla società. E quindi della sua valorizzazione, oltre che la necessaria razionalizzazione delle informazioni. Per il giornalista Giuseppe Baldessarro la confisca dei beni rappresenta una partita fondamentale nella lotta contro la ‘ndrangheta. E soprattutto su due fronti: quello economico e l’altro che riguarda l’immagine, ormai compromessa, della presunta intoccabilità delle cosche. Spazio anche per una polemica solo accennata su una politica che dovrebbe prima guardare dentro se stessa, per esempio espellere chi si è macchiato di reati di contiguità, o peggio, nei confronti della mafia, senza spettare i tre gradi di giudizio, prima di parlare di un presunto “certo tipo” di giornalismo. E le aziende confiscate? Che fine faranno i lavoratori? E la produttività, o presunta tale, della stessa azienda? A dare diverse chiavi di lettura, ma anche di risoluzione, del problema è stato il professore Massimiliano Ferrara, pronto a spiegare innanzitutto il bisogno della ndrangheta di acquisire, per esempio, il management dell’impresa. Una ‘ndrangheta al passo con i tempi, pronta ad evolversi in una vera e propria società per azioni e che cerca di introdursi nei settori chiave dell’economia. Sul valore dei beni confiscati, da considerare come una risorsa dal momento che possono creare occasioni di sviluppo, ha parlato l’avvocato Francesco Spanò di Libera, l’associazione considerata antesignana nel riutilizzo dei terreni tolti ai mafiosi e trasformati poi in cooperative di lavoro rivolte ai giovani. Resta comunque il paradosso, evidenziato da Claudio La Camera, tra il numero dei beni ed aziende confiscate e quello, ancora troppo piccolo, riguardante la riutilizzazione. Nodi, problemi e difficoltà da superare attraverso l’individuazione di un percorso più agile. I provvedimenti possono essere l’incubo dei boss Il monito del procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza «Gli Ordini devono intervenire verso gli iscritti che commettono illeciti» di ANNALICE FURFARI «GLI ordini professionali devono avere il coraggio di intraprendere provvedimenti disciplinari efficaci nei confronti degli iscritti che commettono illeciti». È con queste parole cheilprocuratore aggiuntodellaRepubblica di Reggio Ottavio Sferlazza commenta la recente operazione “Infinito”. «Spesso – prosegue Sferlazza –gli ordini professionali non resistono a tendenze di tutela corporativistica. Alla stessa maniera si comporta la classe politica, alle cui mancanze è costretta a supplire la magistratura, esponendosi così ad accuse di politicizzazione. Al contrario, la capacità di autoregolamentazione dovrebbe essere inscritta nel Dna di ordini e politica. A tal proposito, ferma restando la presunzione di innocenza, Magistratura Democratica ha agito in modo esemplare sospendendo il giudice Vincenzo Giglio», arrestato insieme con il consigliere regionale del Pdl Franco Morelli, nell’ambito di un’inchiesta sui legami tra colletti bianchi e ’ndrangheta. A offrire al procuratore aggiunto lo spunto di una simile riflessione è il tema del seminario a cui lo stesso magistrato ha preso parte presso il Palazzo della Provincia. “La ferita – L’area grigia della ’ndrangheta”, questo iltitolo delciclo diincontri organizzati dal Museo della ’ndrangheta di Reggio Calabria. Ieri, nella sessione pomeridiana, il dibattito è ruo- Il procuratore Sferlazza tato attorno alla questione delle azioni di contrasto alla criminalità organizzata. A discuterne sono stati, oltre a Sferlazza, il comandante provincialedellaGuardia diFinanzadiReggio Calabria Cosimo Di Gesù, il capitano di corvetta della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria Francesco Terranova e il capitano di fregata dello stesso corpo Giuseppe Sciarrone, incalzati dalle domande del giornalista del Quotidiano Giuseppe Baldessarro, che ha moderato l’incontro. Colta e ricca di riferimenti letterari l’analisi condotta dal procuratore aggiunto sulla contiguità tra società e organizzazioni criminali. «Le mafie – spiega Sferlazza – sono riuscite a penetrare soprattutto nei contesti in cui più forte è stata la crisi etico-sociale. Vi è una grande responsabilità delle istituzioni, che non sono state in grado di arginare il fenomeno. L’incapacità della pubblica amministrazione ha determinato un atteggiamento di sfiducia, diffidenza e atavica rassegnazione nella società, che ha finito per favorire l’omertà. La “distrazione” e rimozione dei cittadini ha contribuito a rafforzare il radicamento criminale e l’isolamento dei pochi che hanno combattuto la mafia e per questa ragione sono morti». Il neocomandante delle Fiamme Gialle si è soffermato, invece, sulle conseguenze devastanti dell’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia. «La ’ndrangheta – spiega Di Gesù – non produce ricchezza nel territorio che depreda, bensì depressione economica e sottosviluppo, con effetti distorsivi sul mercato del lavoro e allontanando i potenziali investitori».Il capitano di fregata Sciarrone ha illustrato le attività della Capitaneria di Porto nella tutela di un litorale, quello calabrese, «deturpato da illeciti come l’occupazione abusiva». Terranova ha, infine, evidenziato «il problema principale dell’ambiente marino della regione: le crepe nelle attività di depurazione». L’ingegnere fu ucciso da un’autobomba a Reggio nel maggio del 1982 Salerno dedica una strada a Musella Una manifestazione della “Gerbera Gialla” NEL corso della presentazione del Progetto regionale didattico- educativo anticamorra “Gerbera Gialla” 2011- 2012, aperto ieri mattina al Teatro Augusteo di Salerno dal Coordinamento Antimafia “Riferimenti” , la Presidente Nazionale Adriana Musella ha pubblicamente ringraziato, il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, per aver destinato ed intitolato una via della città al ricordo del padre, vittima di mafia, Gennaro Musella, Ingegnere salernitano disintegrato a Reggio Calabria il 3 maggio 1982, ad opera di un’autobomba mafiosa. Nel prossimo 2012 ricorrerà il trentennale della sua uccisione. La città di Salerno, in cui egli era nato e vissuto, è la quarta città d’Italia a destinare una via a Gennaro Musella, Reggio Calabria città in cui è stato ucciso, già due anni fa ha intitolato a lui la via teatro della strage. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 33 Mercoledì 7 dicembre 2011 38 REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected] Legambiente si rivolge al primo ministro Mario Monti perché stoppi il progetto della centrale a Saline Carbone, appello al premier «Il Governo si schieri dalla parte dei cittadini, in difesa della loro salute» MONTEBELLO JONICO Da Legambiente una richiesta che ha il tenore quasi di un ultimatum al Ministro dell'Ambiente Clini e al governo Monti: «Stop definitivo e senza tentennamenti alla centrale a carbone di Saline Ioniche». Una ferma presa di posizione che arriva all'indomani della timida apertura possibilista del neo ministro all'Ambiente sull'investimento della società Repower e del Gruppo Sei che è sembrato palesarsi in occasione della sua visita in riva allo Stretto. Una presa di posizione che ribadisce i nodi essenziali del no al carbone: «Tutela dell'ambiente e tutela della salute dei cittadini, inconciliabilità con le scelte energetiche e di sviluppo necessarie per la Calabria e per il territorio ionico di Capo Sud». Nel corso dei lavori dell'XI congresso nazionale di Legambiente, i dirigenti del Cigno Verde hanno approvato all'unanimità un'importante mozione che boccia senza appello l'idea di un impianto a carbone nell'area industriale dell'ex Liquichimica di Saline Ioniche. Primo firmatario del documento Nuccio Barillà, sostenuto dalla delegazione calabrese presente in assemblea, dai massimi dirigenti nazionali dell'associazione nonché dai delegati delle varie regioni. Legambiente si rivolge direttamente al nuovo governo e invoca «massima attenzione sulla procedura auto- rizzativa, ancora in corso, per la realizzazione del sito». Le tesi generali sono quelle del movimento no coke: «Un malaugurato via libera rappresenterebbe “un atto grave e pericoloso” che violerebbe l'impegno di ridurre i gas serra, “facendo aumentare di almeno 7,5 milioni di tonnellate annue le emissioni di CO2”. Una scelta scellerata che peggiorerebbe la dipendenza energetica dall'estero e andrebbe in controtendenza rispetto alle indicazioni venute dal referendum sul nucleare e costituirebbe una follia per la Calabria, regione che esporta energia per una quota superiore al 50% rispetto alla produzione e che ha scelto, attraverso un piano energetico, di escludere l'impiego del carbone e puntare sulle rinnovabili». Alle motivazioni ecologiche generali legate alle opzioni energetiche e ai mutamenti climatici, gli ambientalisti aggiungono quelle che riguardano in prima persona i cittadini delle comunità dell'Area Grecanica reggina: «Innanzitutto la rivendicazione del diritto alla salute e del diritto all'autodeterminazione, considerato che la scelta del carbone avrebbe inoltre effetti devastanti causati dalle polveri ultrasottili e da un cocktail di sostanze inquinanti su un territorio che ha enormi potenzialità turistiche e ambientali con numerosi siti di interesse comunitario e zone di protezione speciali e che, peraltro, ha già pagato un prezzo elevatissimo per le scelte sbagliate del passato». Dunque, Legambiente chiede al governo di «schierarsi dalla parte dei cittadini, in difesa della loro salute e delle scelte compiute da importanti realtà del territorio, che danno lavoro e producono economia pulita: recupero dei borghi abbandonati, valorizzazione delle bellezze naturalistiche, turismo di qualità, produzioni d'eccellenza come quella del bergamotto». «Un progetto industriale come quello proposto dalla Sei - spiega l’associazione ad alta intensità di capitale MELITO - I deputati Franco Laratta, del Pd, e Giuseppe Giulietti, portavoce Articolo 21, hanno presentato un’interrogazione al Ministro degli Esteri in merito al sequestro di Francesco Azzarà, il volontario di Emergency rapito il 14 agosto scorso in Sudan, chiedendo di sapere «se il governo segue con costanza il sequestro; se vi sono stati contatti con i rapitori; se si hanno notizie sulla condizioni e sullo stato di salute del rapito». «E' decisamente forte - è scritto nell’interrogazione il silenzio sul rapimento in Darfur del giovane France- Raid della criminalità alla coop “Terre del Sole” L’impegno nel sociale in un terreno confiscato ai clan MONTEBELLO JONICO Musica ed arte quando il canto incontra il presepe Laratta e Giulietti al ministro su Azzarà «Che novità sul giovane rapito in Sudan?» Melito. Divelta una porta e rubato del materiale MELITO - Ennesimo furto ai danni del consorzio “Terre del Sole”che opera su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta in località Placanica di Pentedattilo che il comune di Melito Porto Salvo ha assegnato da cinque anni al consorzio. A renderlo noto sono i responsabili della struttura. «Il furto - si fa rilevare - in se non ha arrecato gravi danni: è stata divelta la porta di un magazzino da poco restaurato e sono stati sottratti piccoli attrezzi e altri materiali». «Ma esso - si legge nel comunicato - è uno dei tanti di una lunga serie “garbate” minacce, che gli operatori del consorzio e le cooperative socie ricevono con assidua frequenza». “Terre del sole” formata da 12 cooperative sociali, e si prefigge come obiettivo principale quello dell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, quali disabili mentali, disoccupati di lungo corso, ex tossico-dipendenti, ed ex detenuti o soggetti comunque provenienti da percorsi penali. «Notevoli continua la nota - sono state le difficoltà iniziali che il consorzio si è trovato a fronteggiare dovute in particolare alla problematicità della messa in produzione di un terreno di 10 ettari che aveva subito quasi un quindicennio di abbandono. Finalmente, da pochi mesi, graziein particolarmodoalcontributo di Unicredit Foundation, Terre del Sole ha potuto iniziare una serie di attività e di lavori tesi a far decollare il proprio progetto imprenditoriale: una moderna azienda agricola con annessa fattoria sociale e didattica, e ristorante degusteria quest’ultimo realizzato in collaborazione con l’associazione Pro Pentidattilo. Le attività del consorzio non sono limitate però ai lavori agri- ma a scarsa ricaduta occupazionale e sociale, non solo non è accettabile in termini corretti di rapporto costi-benefici comprensivi di quelli sociali e ambientali, ma contrasta nettamente con le scelte di sviluppo sostenibile che le istituzioni locali ed il territorio si sono dati». Non manca una puntualizzazione scientifica da parte del Cigno Verde, i cui esperti «sono da sempre all'avanguardia nell'individuazione di tecniche e tecnologie sostenibili e nell'individuazione delle mistificazioni tecnologiche e sperimentazioni immature spacciate come svolta ecologica». Pentedattilo ospita la coop “Terre del sole” coli ma, sempre nell’ottica del “workfare” e con l’obiettivo dell’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati, sta realizzando in collaborazione con il consorzio nazionale “Idea agenzia per il lavoro” di cui Terre del Sole è parte, ben due progetti “Agis”, volti all’inserimento lavorativo di ex detenuti sia nell’area della locride, sia nell’area dellacittà di ReggioCalabria. Senza dimenticare i servizi sociali e socio-assistenziali che il consorzio è in grado di fornire attraverso le sue associate». «Il furto, la minaccia, ed altro genere di vessazioni- spieganoiresponsabili- adopera della criminalità organizzata non ci spaventano dicerto: già domenica Terredel Sole ha infatti ospitato un gruppo scout che ha dato una mano sia pur simbolicamente, alla conduzione agricola. Questo stile che caratterizza il consorzio è la migliore risposta». sco Azzarà. Il 14 agosto 2010 è stato rapito e da quel momento si sono perse le tracce e nessuna notizia si è avuta in merito alla sua sorte. Abbiamo chiesto più volte all’allora ministro degli Esteri, Frattini, di riferire in Aula, ma questo non si è mai verificato. Una nostra precedente interrogazionesul caso,sottoscritta di diversi parlamentari, ha ricevuto una burocratica e insoddisfacente risposta». «Ora - concludono - la nostra preoccupazione diventa ancora più forte, perchè di Francesco Azzarà non si hanno più notizie». Fondi dalla Provincia Un varco per il porto di Saline MONTEBELLO- Il presidente della Provincia Giuseppe Raffa e il sindaco di Montebello Ionico Antonio Guarna hanno firmato un protocollo d'intersa per l'esecuzione dell'intervento di “apertura di un varco” nel porto di Saline Ioniche. Per tale lavoro il Comune aveva inoltrato all'ente di via Foti richiesta di contributo che l'amministrazione Raffa ha concesso nella misura di 20 mila euro. L'apertura del varco verrà eseguita nel rispetto delle indicazioni fornite dalla Capitaneria di Porto di Reggio Calabria. Il comune di Montebello - secondo il protocollo - si impegna, previa l'acquisizione di tutti i pareri e i nulla osta di rito, ad affidare l'esecuzione dell'opera. «La firma del protocollo d'intesa - ha dichiarato Raffa - concretizza un altro aspetto della collaborazione interistituzionale per il recupero e la valorizzazione del porto di Saline Ioniche. Con le risorse che trasferiamo al Comune sarà possibile avviare un intervento immediato per liberare l'imbocco ostruito dalla sabbia. Di pari passo la Provincia, d'intesa con la facoltà di Ingegneria Idraulica e Marittima dell'università “Mediterranea”, sta predisponendo uno studio complessivo sulla costa reggina e la stessa Provincia si appresta all'acquisto di un pontone. Nella Coniglio circondata dai suoi allievi di VINCENZO MALACRINO’ MONTEBELLO JONICO Arte nell'arte. Questa la fisionomia naturale caratterizzante l'evento artistico-musicale avvenuto nel laboratorio dell'artista Nella Coniglio. A Saline Joniche, gli studenti del liceo scientifico “Euclide” di Bova Marina, hanno regalato ai presenti momenti unici e rari: un concerto nel luogo in cui l'artista Coniglio produce presepi del tutto particolari. Un tuffo nel presente e nel passato per guardare in modo emozionante non una scena ma la vita dell'uomo e la sua stessa storia dentro un semplice presepe. Nella Coniglio, professoressa di Disegno e Storia dell'Arte presso il liceo di Bova, riesce a dare il meglio di se non solo a scuola ma anche nel suo mondo artistico al cui fianco trova sempre il marito Carlo Cilea. Proprio in quel piccolo laboratorio partoriscono grandi idee e profondi messaggi. Non si tratta di presepi semplici ma di vere opere d'arte capaci di far meditare e riflettere l'uomo. Nelle botti, nelle lanterne, nelle conchiglie e in altri spazi la Coniglio riesce a presentare il Natale. Si tratta di opere artistiche che hanno in se una profonda musicalità. Sono proprio loro a far vibrare il cuore tanto da farlo emozionare. Proprio perché l'opera esprime la musica e l'armonia interiore dell'artista gli studenti del Liceo “Euclide” di Bova Marina, hanno regalato alla propria professoressa un momento singolare: un concerto natalizio tra le opere d'arte. Soddisfatto il preside Vadalà, presente alla ma- nifestazione assieme alle professoresse Maria Belinda Mastroianni e Caterina Aloi. Note e opere si sono intrecciate nel clima di festa che armoniosamente si andava via via costruendo là dove le opere parlano. “Sono soddisfatta ed orgogliosa di chi, come i miei alunni, sanno essere musica vivente. Loro sono le vere opere d'arte e le persone che porteranno nel futuro il segno di ciò che noi siamo riusciti a trasferire loro”. Emozionata la Coniglio ha ringraziato i presenti ricordando che le note dei suoi studenti hanno una valenza doppia. E così è stato dal momento che mentre le corde vibravano gli occhi “volavano” sopra i particolari di ogni opera per entrare dentro ciò che gli stessi rappresentano nell'interiorità di ciascuno. Un modo nuovo di vivere l'arte e l'approssimarsi del Santo Natale: in punta di piedi e sulle note di una semplice corda per raggiungere la sintonia con il proprio “io”. I protagonisti di quella serata sono stati gli studenti. A Rossella Morabito, Luana e Samuela Avenoso, Daniela Mandalari, Francesca Autelitano, Roberta D'Aguì, Caterina Talia, Katia Ricci, Natale e Giovanni Vadalà, Rosario Branca, Giuseppe Errante, Alessandra, Margherita, Mariagrazia e Paolo Nucera, Noemi Foti, Salvatore Verduci, Giuseppe Micheletta, Ilenia Foti e Alessandra Macheda sono giunti applausi così come del resto agli altri presenti per regalare a Saline Joniche “note” musicali capaci di far muovere i presepi. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Grecanica Mercoledì 7 dicembre 2011 39 Redazione: via D. Correale, 13 - 89048 Siderno (Rc) - Tel/Fax 0964.342451 - E-mail: [email protected] Rocco Agostino scrive una lettera dal carcere di Siano e lancia un appello ai commissari prefettizi «Aiutate le famiglie più deboli» L’ex assessore: «Qui dentro vivo una realtà stravolgente e molto difficile» A CAULONIA di NICODEMO BARILLARO MARINA DI GIOIOSA - «Spesso senti dentro di te un forte bisogno di fare, di creare, di riflettere.Qui dadove mitrovo ,ci sonodavvero poche cose di concreto da realizzare, però con la mente riesco a metabolizzare tutti i ricordi e quelli no, non può cancellarli nessuno». Inizia così la lettera di Rocco Agostino ex Assessore alle Politiche Sociali di Marina di Gioiosa Jonica, una missiva inviata dalla Casa Circondariale di Siano, a Catanzaro, dove l'ex amministratore si trova rinchiuso dopo essere finito in manette per l'operazione “Circolo formato”, la stessa che ha portato al terremoto giudiziario sul comune di Marina di Gioiosa guidato dall'allora sindaco Rocco Femia. Agostino nella sua lettera si rivolge, quasi a modo di appello, ai commissari prefettizi che oggi sono alla guida del Comune. «Siamo in prossimità del Natale - scrive Agostino dal carcere - e quello che mi fa star male non è “solo”la mia posizione, ma anche quella degli altri.. i miei amici…la gente bisognosa di Marina di Gioiosa Jonica. Nei tre anni che ho amministrato l'assessorato alle Politiche Sociali, ho messo sempre come priorità la salvaguardia delle categorie svantaggiate ed il mio pensiero per questo fine 2011 è proprio rivolto a loro. Anziani, diversamente abili, famiglie in disagio economico, disoccupati, da dove mi trovo spesso mi vien e in mente ciò che si è riuscito a fare in questi anni. I tanti contributi economici alle famiglie esigenti, i vari posti di lavoro ai più bisognosi, l'abbattimento delle barriere architettoniche o il semplice sguardo fisso negli occhi delle presone, in attesa di speranze o di progetti da realizzare. Natale non deve essere solo dolci, benessere e champagne; questo mese è anche il momento di riflettere e capire che ancora bisogna fare tanto, dalle piccole alle grandi cose. Troppi sono i giovani Rocco Agostino senza lavoro, troppe sono le mamme che non hanno neanche 0,50 centesimi per comprare il latte ai propri figli e scusate se parlo di mezzo euro, ma da quel 3 maggionon hopiùilsenso deldenaro».L'ex amministratore di Marina di Gioiosa, finito in manette con l'accusa di associazione mafiosa, rivolge un pensiero all'attività svolta, prima di finire in carcere, come assessore alle politiche sociali, cercando di ripercorrere le sue iniziative da amministratore locale. Per questo poi si rivolge direttamente ai commissari prefettizi in carica. «Invito davvero di cuore - continua nella sua missiva dalla Casa circondariale di Siano Rocco Agostino - chi amministra il nostro comune al massimo sostegno alle categorie svantaggiate, tenendo presente e come punto di riferimento l'ottimo lavo ro che giornalmente svolge l'ufficio dei servizi sociali, una realtà presente che tutti i comuni della locride ci invidiano. Natale è comunanza, Natale è stare insieme, Natale è sentirsi bene con se stessi. A Marina di Gioiosa come in altri comuni calabresi, c'è gente che davvero non ha cosa mangiare e non si può rimanere indifferenti a tutto ciò. Questa lettera vuole essere anche un appello anon trascurare le piccolecose, a prendere in esempio le tante iniziative che il mio assessorato dal 2008 al 2011 ha promosso e concretizzato. C'è troppa disparità nella nostra società ed in particolare a Marina di Gioiosa». Poi Agostino conclude la sua lettera richiamando la sua vicenda giudiziaria. «Quello che mi è successo - scrive l'ex assessore di Marina di Gioiosa - purtroppo è stato un qualcosa di inaspettato, che va oltre agli incubi peggiori, però nonostante tutto rimango fiducioso nella giustizia e non è la classica frase copia-incolla dettata dalla retorica, io nelle istituzioni ci credo davvero e quindi non posso che attendere l'evolversi della vicenda. Da dove mi trovo vivo una realtà comunque stravolgente ed è davvero difficile spiegare ciò che si prova stare chiusi un una cella. Ci sono uomini che con dignità scontano la propria pena, altri che vengono subordinati alla completa depressione. La verità è che qui sia fondamentalmente un mondo a se, dove però anche nelle stesse guardie carcerarie trovi conforto e quella dignità insperata». Ladri in azione Colpito ristorante SIDERNO - Continuano i furti nella Locride. Lunedì, molto probabilmente notte tempo, ignoti si sono introdotti all'interno del ristorante pizzeria denominato “L.C.” di cui risulta titolare F.G., 34 anni, ed hanno asportato dell'attrezzatura. Il raid ha causato un danno quantificabile in qualche migliaio di euro. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri della Compagnia di Roccella Jonica comandata dal capitano Marco Comparato. L’ingresso del Municipio di Marina di Gioiosa Per l’inchiesta della Dda battute iniziali del processo Recupero, nove in abbreviato Quasi tutti scelgono l’ordinario di CLAUDIO CORDOVA SOLO una decina di imputati ha scelto per ora il rito abbreviato. Si tratta di Antonio Commisso, Francesco Commisso, Girolamo Belcastro, Antonio Costa, Alfredo De Leo, Antonio Figliomeni (classe 1966), Giuseppe Fuda, Giovanni Galea, Riccardo Gattuso e Giuseppe Sgambelluri. Il grosso dei soggetti alla sbarra nel processo “Recupero” ha invece optato per il rito ordinario. Imputati per cui il sostituto procuratore della Dda ha già richiesto il rinvio a giudizio. L'indagine mise nel proprio focus le attività della potente cosca Commisso di Siderno, famiglia storica della 'ndrangheta, arrivata ai vertici dell'organizzazione calabrese grazie al traffico di stupefacenti e ai suoi contatti con l'estero. L'indagine, portata avanti con il coordinamento del pro- curatore aggiunto Nicola Gratteri, svelò anche le infiltrazioni dei Commisso nell'amministrazione comunale di Siderno. In manette è infatti finito anche l'ex sindaco del Comune della Locride, Alessandro Figliomeni, un uomo che, secondo i magistrati, avrebbe ricoperto l'apicale ruolo di “santista”. Figliomeni è stato sindaco di Siderno fino alla primavera del 2010 quando, invece, si è candidato alle elezioni regionali nella lista “Autonomia e diritti con Loiero presidente”. La sua candidatura, peraltro, provocò una crisi all'interno del Comune di Siderno, con le dimissioni di gran parte dei consiglieri comunali che portarono allo scioglimento del Civico Consesso. Risultato: Comune affidato a un commissario prefettizio e mancata elezione in Consiglio Regionale. Le successive elezioni furono vinte da Riccardo Ritorto, un tempo consulente di Figliomeni, che adesso ha deciso di far costituire come parte civile il Comune nel processo che vede alla sbarra l'ex primo cittadino. Solo una decina di imputati, dunque, ha finora scelto l'abbreviato: una circostanza che li porterà a essere giudicati, a Reggio Calabria, dal Gup Adriana Trapani. Gli imputati, comunque, avranno ancora almeno due udienze di tempo per formalizzare, eventualmente, una richiesta di rito abbreviato, sfoltendo così il cospicuo gruppo di soggetti, una sessantina, tra cui lo stesso Figliomeni, che ha invece optato per l'ordinario e che in caso di rinvio a giudizio, qui, verrà giudicato dal Tribunale di Locri. Riccardo Gattuso uno degli indagati che ha scelto di essere giudicato in abbreviato Nelle carte dell’inchiesta dei carabinieri c’è anche un verbale di “confessione” di un indagato Frode all’Ue, arrestato anche Scordo SIDERNO - E' stato arrestato ieri dai carabinieri del Nucleo Antifrodi, unitamente a quelli della Compagnia di Bianco comandata dal tenente Francesco Convito, Salvatore Scordo, l'unica persona sfuggita al blitz di due giorni fa che ha fatto finire agli arresti domiciliari 12 persone e nel registro degli indagati altre 29, tutte con accuse a vario titolo di frode ai danni dell'Unione europea. Scordo è il titolare di un laboratorio orafo ed di un'azienda zootecnica. Intanto dalle carte dell'inchiesta dei carabinieri emergono nuovi elementi, su tutti il verbale di La conferenza stampa uno degli indagati che diversi anni fa agli investigatori, aveva rivelato che «in famiglia lo scopo unico della creazione degli allevamenti è stato quello di percepire premi comunitari». Dunque una sorta di ammissione di responsabilità che di fatto certificherebbe il sistema scoperto dagli inquirenti, con il quale gli allevatori attraverso false attestazioni dichiaravano di possedere 300 o 400 capi di bestiame ma in realtà ne avevano in proprietà solamente 4 o 5 capi. Il tutto era simulato, grazie anche agli scarsi controlli dell'Asl e degli uffici competenti, per poter accedere ai finanziamenti europei per gli allevatori. Infatti, come ha rilevato il Giudice per le indagini preliminari parla di un apporto del Servizio Veterinario dell'Asl e degli ispettori regionali di settore nonché dei responsabili dei Centri autorizzati di Assistenza Agricola, che, attraverso false attestazioni durante i controlli di competenza, hanno consentito che negli anni non venisse scoperta la condotta truffaldina di svariati allevatori. Infatti, le aziende zootecniche, per chiedere ed ottenere gli aiuti comunitari nel settore agricolo, devono attenersi a rigidi obblighi, quali ad esempio la corretta detenzione, identificazione, movimentazione e registrazione dei singoli capi di bestiame: è evidente, pertanto, che, a fronte di allevamenti totalmente “inesistenti” (come risultati quelli oggetto di indagine), un, anche solo superficiale, controllo da parte degli organi a ciò preposti, avrebbe certamente consentito di rivelare immediatamente la truffa, mancando la presenza in loco degli animali, al di là di quanto rappresentato documentalmente sul registro aziendale. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Locride Mercoledì 7 dicembre 2011 Dal pubblico ministero Santi Cutroneo nei confronti di imprenditori, dirigenti regionali e comunali Abuso, chiesti 6 rinvii a giudizio L’accusa si basa su concessioni demaniali marittime ritenute illegittime CRIMINALITÀ di DOMENICO MOBILIO IL sostituto procuratore Santi Cutroneo ha chiesto il rinvio a giudizio per abuso di ufficio in concorso di sei persone. Tre queste figurano imprenditori, dirigenti regionali e comunali. Per alcune di loro il reato è reiterato riferito cioè ad episodi diversi, verificatisi due nell'estate nel 2007 ed uno nell'estate 2009. I sei chiamati a comparire davanti al gup per l'udienza preliminare sono Angelo Colaci (58 anni) originario di Maida, residente a Vibo Valentia; Santo Miduri (70) di Reggio Calabria; Giovanni Mancini (77) di Vibo Valentia; Annunziata Lo Scalzo (47) di Tropea; Giovannino Sambiase (44) di Parghelia e Giuseppe Lopreiato (70) di Ricadi. L'accusa ruota su concessioni demaniali marittime illegittime per la mancata adozione dei piani di spiaggia comunali a Parghelia e Ricadi. Per il primo episodio,secondo l'accusa, Giovanni Mancini (avvocato Giuseppe Di Renzo), rappresentante legale della “Kalos srl, inoltrò una richiesta alla Regione per occupare 1000 mq di spiaggia per la posa di sedie a sdraio, ombrelloni e piccoli natanti da diporto nel territorio di Parghelia. Responsabile del procedimento amministrativo era Angelo Colaci (avvocato Damiano Vita) dipendente della Regione Calabria presso l'Ufficio provinciale di Vibo. il quale si sarebbe accordato con lo stesso Mancini e con il dirigente del suo ufficio, Santo Miduri (avvocato Giuseppe Morabito), violando una legge regionale del 2005, che prevede la possibilità di rilascio della concessione solo ove fosse stato adottato il Piano comunale spiaggia, fatto questo non avvenuto a Parghelia. Così facendo i tre avrebbero “intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale a Mancini”. Inoltre nella richiesta di rinvio si fa riferimento alla violazione di una delibera del Consiglio regionale del 2007 con cui è stato approvato il Piano d'indirizzo regionale in materia. I fatti si sarebbero verificati tra il 13 giugno e il 20 agosto 2007. Il secondo episodio vede indagati ancora Santo Miduri e Angelo Colaci, i quali avrebbero violato la legge in concorso con l'operatore Giuseppe Lopreiato (avvocati Patrizio Cuppari e Michelangelo Mirabello) originario di Stefanaconi e titolare del villaggio-camping “Baia d'Ercole” di Ricadi. Anche in questo caso la presunta illegittimità consiste in una concessione demaniale marittima (per l'occupazione di 120 metri quadri) in quanto anche il Comune di Ricadi, non aveva adottato il Piano spiaggia. Per il terzo episodio sono indagati Annunziata Lo Scalzo (avvocato Francesca Naso) responsabile dell'Ufficio tecnico del Comune di Parghelia, e Giovannino Sambiase (avvocati Francesco Tassone e Francesco Iannello) imprenditore di Parghelia che avrebbe ottenuto un “ingiusto vantaggio patrimoniale in seguito alla concessione demaniale marittima per l'occupazione di 150 metri quadri di spiaggia”, in mancanza del Piano spiaggia nel Comune di Parghelia. Rapinato un medico ERANO incappucciati ed armati di pistola i due malviventi che sera di lunedì scorso hanno rapinato un medico di San Gregorio d’Ippona. L’episodio si è verificato intorno alle 22.00 nel piccolo paese limitrofo alla città capoluogo di provincia. I due malviventi, sotto la minaccia dell’arma, hanno sottratto l’autovettura al professionista dileguandosi a bordo della stessa. Hanno messo in atto il colpo dopo aver suonato al campanello del portone della struttura che ospita il presidio medico. Hanno, quindi, atteso che uscisse F.S.R., 50 anni, impossessandosi , dopo essersi fatti consegnare le chiavi, della sua Citroen 3. E stato lo stesso medico ad avvertire i carabinieri della stazione che si sono messi alla ricerca dei rapinatori, senza però, riuscire, al momento, a prenderli. Il sostituto procuratore Santi Cutroneo Si inizia domani Numerose le iniziative al Centro per anziani ANCHE quest'anno sarà celebrata la festa dell'Immacolata al centro di aggregazione della nostra Città. Il Presidente Guido Maduli, il direttivo e tutti i soci hanno, infatti, programmato una serie di iniziative per dare risalto a questo avvenimento che poi è quello che dà inizio alle feste del Santo Natale. Domani, alle ore 17,00 alla presenza di Monsignor Giuseppe Fiorillo, arciprete del duomo di San Leoluca si celebreranno i festeggiamenti religiosi. Davanti alla statua dell'Immacolata posta proprio all'ingresso del Centro, subito dopo all'interno del centro si esibiranno i ragazzi del coro del centro da poco istituito e diretto dalla socia Alessandra Selvaggio che vede coinvolti tanti ragazzi figli e nipoti dei soci. Sarà un debutto per loro, anche se il tempo per preparare i vari canti è stato poco, ma non deluderanno di sicuro i partecipanti. Successivamente il coro sarà presentato ufficialmente alla città e all'amministrazione comunale. Logicamente non mancheranno i dolci tradizionali vibonesi quali le zeppole e le curiicchje. La serata proseguirà con musica e balli che vedrà coinvolti anche i tanti giovani presenti. Con l'occasione il presidente del centro, Guido Maduli, comunicherà le altre iniziative alcune già iniziate quali il corso di balli sociali, il corso di ginnastica dolce che inizierà a giorni, il laboratorio teatrale già iniziato l'anno scorso e che proseguirà anche quest'anno, una gita di tre giorni in Sila. Nei prossimi giorni, sempre Maduli, assieme al direttivo, proporrà ai soci l’organizzazione della prima edizione del veglione di fine anno nei locali del centro, anche per dare la possibilità ai tanti componenti del Centro di aggregazione che vivono da soli di salutare il nuovo anno in compagnia». «Nei giorni vicini al Natale - ha aggiunto il presidente - volontari distribuiranno i pacchi di generi di prima necessità alle tante persone che vivono momenti di grosse difficoltà, mentre altre iniziative ancora seguiranno per il mese di dicembre. Intanto nel centro si vive già il clima delle feste natalizie: infatti è stato realizzato un grande presepe, il tradizionale albero di Natale e tutti i locali sono stati addobbati per l'occasione. Si aspetta solamente che “Babbo Natale” quest'anno ci regali - e qui la richiesta al Comune - finalmente i nuovi locali tanto desiderati». d. t. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Vibo 29 Mercoledì 7 dicembre 2011 27 Mercoledì 7 dicembre 2011 REDAZIONE: via Rossini, 2 - 87040 Castrolibero (CS) - Tel. (0984) 852828 - Fax (0984) 853893 - E-mail: [email protected] Paola Corigliano Delitto Mannarino Sentenza ribaltata a pagina 38 La Rosa In una memoria i dubbi sul suicidio di Mollo Pietro Salvatore Mollo a pagina 43 Operazione Terminator. Airoma: «Spero si costituisca anche qui un’associazione antiracket» A Cosenza un muro di gomma Gli inquirenti parlano di una città soffocata dal pizzo, ma nessuno denuncia di MASSIMO CLAUSI UNA Cosenza a tinte fosche, dove predomina il grigio della zona di confine, dove coppola e grisaglia vanno a braccetto. Che lacittà dei Bruzi non fosse una provincia “babba” come dicono in Sicilia cioè priva di fenomeni mafiosi è un illusione che i cosentini hanno abbandonato sin dagli anni ‘80. Ma le dichiarazioni del procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, sono una sferzata in pieno volto per la città. Il magistrato ha detto chiaramente che «la città è sottoposta ad una pressione estorsiva capillare. Ogni giorno si registrano due o tre episodi ai danni di imprenditori, ma nessuno di questi ammette di essere sottoposto ad attività estorsiva». Ancora più esplicito è stato il sostituto procuratore della Repubblica, Domenico Airoma. Quest’ultimo ha parlato di «operazione di polizia importante nella quale, però, c'è un grande assente, e cioè la comunità civile perchè non abbiamo avuto alcuna collaborazione dalle persone offese. Il mio sogno è che un giorno, mi auguro il più presto possibile, in questa sala della Procura della Repubblica di Cosenza in cui si sta svolgendo questa conferenza stampa e che abbiamo dedicato al giudice Rosario Livatino possa avere luogo l’incontro con la prima associazione antiracket costituita a Cosenza». Per gli inquirenti proprio l’assenza di una associazione antiracket è la cartina al tornasole di quanto pizzo e racket siano considerati da molti imprenditori e commercianti quasi come un costo di produzione. In realtà le associazioni si stanno muovendo in questa direzione. Ad esempio la Confcommercio mercoledì presenterà i risultati di un rapporto sulla sicurezza dei commercianti in provincia di Cosenza, realizzato in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri e la Procura della Repubblica di Cosenza. Bocche cucite sui risultati, ma secondo alcune indiscrezioni sono venuti fuori risultati sconcertanti sulla penetrazione di pizzo e usura nel tessuto economico cosentino. La Confesercenti provinciale di Cosenza, in una nota, esprime «il proprio plauso per il nuovo successo conseguito dalle interforze dell’ordine coordinate dalla Dia di Catanzaro. «Il territorio cosentino – prosegue la nota –ha oggi più che mai bisogno di legalità in quanto le nostre imprese affrontano una crisi economica senza precedenti e di certo non possono pagare alcun tributo alla criminalità organizzata. Confesercenti è altresì convinta che bisogna aumentare il senso dello Stato e la fiducia verso le Istituzioni da parte del nostro ceto produttivo. In considerazione di ciò la nostra associazione ed il gruppo dirigente che la guida è pronta a guidare la costituzione di una locale Associazione antiracket, che possa replicare i successi anche nella nostra provincia di SOS –imprese Italia». «Quest’ultima – conclude la nota – è l’associazioneantiracket costituita dal sistema Confesercenti a livello nazionale divenuta punto di riferimento di migliaia di imprese vittime delle mafie e dell’usura». Insomma qualcosa si sta muovendo, ma serve un maggiore collante fra le vari parti sociali e le istituzioni per cercare di porre un freno alla pervasività della mafia. Chi resta in silenzio non può che essere connivente. Cronaca Scontro mortale sulla 107 Le unioni commercianti si dicono pronte a fare la loro parte UN uomo di 32 anni, di origine marocchine, è morto ieri in un incidente stradale sulla 107. Illeso il figlio di 15 giorni. a pag. 29 Disagi Rubinetti a secco UN guasto sulla condotta principale è alla base della crisi idrica in centro città. Il Comune è al lavoro. a pag. 31 Il sostituto procuratore Domenico Airoma e Giuseppe Borrelli della Dda IL PERSONAGGIO LA PROPOSTA Il disoccupato con il pallino della politica Ha inventato il Parco dell’Amore, si candidò nel 2004 a presidente della Provincia Ninni Gagliardi CERTAMENTE non è un politico del calibro dell’ex sindaco di Rende, Umberto Bernaudo o dell’ex assessore provinciale Pietro Ruffolo, ma Ninni Gagliardi si può dire che sia ugualmente conosciuto. Ieri per lui si sono paerte le porte del carcere nell’ambito del nuovo troncone dell’inchiesta Terminator portata avanti dalla Dda. Una vera sorpresa per chi ha conosciuto Ninni in questi ultimi anni. Vulcanico, sopra le righe, Gagliardi è il leader del movimento Disoccupati, un’aggregazione che voleva dal basso aiutare i ragazzi del quartiere. La politica era solo uno strumento per acquisire visibi- lità e chiedere soluzioni per il più grande dei problemi del Mezzogiorno, l’occupazione. Con i suoi amici aveva creato il “Parco dell’Amore”allo slargo di fronte l’Anas. Lì ogni anno per il primo maggio il suo movimento organizza un concerto per il lavoro che non c’è. Il movimento disoccupati si era candidato in diverse competizioni elettorali, senza troppo distinguere fra destra e sinistra. Il suo momento di più alta visibilità è stato alle provinciali del 2004 quando si candidò alla presidenza della Provincia riportando lo 0.57% e mordendosi le mani per non aver stretto un’alleanza con Franco Corbelli che avrebbe fatto scattare un seggio. Insomma il sociale e la politica sembravano ormai la sua strada. Fino a ieri quando è scattata quest’operazione e Ninni è finito nuovamente in manette. Per un’accusa pesante quella di aver rubato, la mattina del 29 maggio del 2000, la Fiat Uno utilizzata per eseguire l’omicidio Sassone e poi recapitata a Paterno Calabro insieme ad Amodio Francesco, il tutto sulla scorta delle dichiarazioni dello stesso, riscontrate da numerose intercettazioni ambientali e telefoniche. Nelle prossime ore Gagliardi verrà interrogato. Pupo (Fli) chiede un consiglio comunale aperto sulla vicenda «SONO anni che vado dicendo che Rende non è affatto un'isola felice. Per le mie denunce, le mie battaglie in favore della legalità e la trasparenza sono stato molto spesso accusato, da più parti, di fare solo "macchina del fango"». Questo il commento a caldo del consigliere comunale di rende Spartaco Pupo (Fli). «Le brutte notizie come quella di oggi dice Pupo - che coinvolgono direttamente la città di Rende ci pongono dinanzi a uno scenario che, se confermato, è a dir poco inquietante. Nel frattempo la politica, le forze sociali e i cittadini tutti hanno il dovere di interrogarsi pubblicamente su quanto sta avvenendo, magari attraverso la convocazione urgente di un consiglio comunale che abbia come unico puntoall'ordinedel giornol'emergenzalegalità nella città di Rende». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Cosenza 38 Email: [email protected] - Amantea E-mail [email protected] - [email protected] Paola E-mail [email protected], [email protected], [email protected] San Lucido Email [email protected] Scalea Email [email protected] Belvedere Email [email protected] Acquappesa E-mail [email protected] Paola. Quindici anni a Domenico Larosa. Dimezzata la condanna al reo confesso dell’omicidio Sentenza ribaltata in appello Per il delitto del falegname Stefano Mannarino non c’è stata premeditazione di PAOLO VILARDI PAOLA – In primo grado i quattro imputati erano stati condannati tutti a 30 anni di reclusione dal Gup del Tribunale di Paola, con l’accusa di omicidio volontario. In Appello la sentenza per due di essi è stata completamente ribaltata dai giudici della Corte di Catanzaro. Affievolite le altre due condanne, pressoché dimezzate in quanta non è stata riconosciuta la premeditazione dell’attentato. Il processo per il barbaro assassinio del falegname di 39 anni Stefano Mannarino, ucciso a colpi di mattone e punteruoli il 24 novembre del 2008, si è concluso ieri con una decisione che ovviamente ha soddisfatto le difese. Questo il quadro delle sentenze: Vincenzo La Rosa, 54 anni, assolto per non aver commesso il fatto; Elena Serpa, 73, assolta per non aver commesso il fatto; Domenico La Rosa, 56, reo confesso: 15 anni di reclusione anziché 22, trattasi del beneficio per aver scelto all’inizio il rito abbreviato; Stefano Di Vanno, 46: 10 anni di reclusione per l’attenuante della sua collaborazione con la giustizia nel procedimento penale. I condannati dovranno subito risarcire provvisoriamente 2 mila euro ad ognuno delle parte civili, mentre il risarcimento del danno sarà da calcolare in separata sede civile. Procedendo con ordine nella prima parte dell’udienza di ieri la Corte d’Appello ha innanzitutto rigettato la richiesta dell’aggravante mafiosa per i quattro imputati, avanzata nella penultima seduta dal procuratore ge- Domenico La Rosa nerale Eugenio Facciolla, che avrebbe potuto comportare la rivisitazione del processo di Primo grado. E’ stata poi la volta delle arringhe difensive; nella precedente seduta era già intervenuto l’avvocato Massimo Zicarelli per la posizione di Vincenzo La Rosa, ieri è stato il momento di Giuseppe Bruno, difensore di Domenico La Rosa ed Elena Serpa, che si è battuto molto anch’egli per far cadere la premeditazione dell’attentato e per far assolvere la donna. Secondo il giudice di Primo grado i quattro avrebbero concorso all’omicidio di Mannarino al fine di vendicare la morte di Antonello La Rosa, ucciso un mese prima, il 24 ottobre del 2008, a colpi di arma da fuoco esplosi da un killer a bordo di una moto, che lo freddarono a pochi metri dalla sua abitazione nel centro storico. Antonello era fratello ai due La Rosa imputati. Dopo circa 30 giorni ci fu l’assassinio di Mannarino, eliminato per vendetta dai congiunti in quanto sospettato di aver svolto un ruolo di primo piano nell’organizzazione del precedente omicidio. Il falegname fu assassinato dopo che un presunto emissario dei La Rosa riuscì a convincerlo a recarsi in casa di Elena Serpa, luogo del delitto. Si ricorda che i due delitti sono ritenuti dagli inquirenti generati da una presunta frattura interna al clan Scofano – Martello, a cui entrambi facevano parte. In chiusura dell’udienza di ieri la svolta al processo al momento della sentenza. Come già riferito i giudici hanno riconosciuto la partecipazione all’omicidio solo di Domenico La Rosa, reo confesso, e Stefano Di Vanno, divenuto collaboratore, che avrebbero malmenato il falegname fino a provocargli le ferite mortali perché provocati. Praticamente nella casa doveva solo tenersi un chiarimento. Non sarebbe stato dunque organizzato un piano di morte, quindi nessuna premeditazione del delitto. Domenico La Rosa si era autoaccusato di aver ucciso Mannarino, mentre Di Vanno aveva descritto la sua partecipazione nelle dichiarazioni rilasciate agli inquirenti a fine 2010, quando prese la decisione di pentirsi ed iniziare a collaborare. Le parti civili del processo, i familiari della vittima, sono stati assistiti dagli avvocati Gino Perrotta e Luigi Bottino. Paola. In programma per sabato prossimo al Santuario Convegno medico sull’osteoporosi PAOLA - Delle nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche dell’osteoporosi si parlerà a Paola sabato prossimo 10 dicembre presso l’auditorium del Santuario San Francesco. Un importante incontro scientifico, organizzato dal professor Elmo Mannarino, direttore della clinica medica dell’Università di Perugia, vedrà confluire nella nostra città alcuni tra i maggiori specialisti nazionali dell’argomento. I temi del convegno, che riguarderanno i vari aspetti della patologia dell’osso, saranno affrontati da studiosi dell’Università di Perugia (i professori Giovanni Ciuffetti, Graziana Lupattelli, Salvatore Maffei, Roberto Pantaleoni, Matteo Pirro e Anna Maria Scarponi), e da illustri docenti tra i quali Erio Fiore dell’Università di Catania e Giovan Battista Rini dell’Università di Palermo. Si parlerà non solo di diagnosi di osteoporosi e del rischio di frattura, ma anche delle nuove possibilità terapeutiche, assolutamente innovative, offerte dall’impiego degli anticorpi monoclonali. fr.sto. Intervento dei carabinieri Coltivava Marijuana nel suo giardino a Paola Arrestato un incensurato PAOLA – La piantagione di marijuana che coltivava nel giardino di casa sua è stata scoperta dai carabinieri della compagnia di Paola, diretta dal capitano Luca Acquotti, nell’ambito dell’attività di contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti, intensificata già da alcuni mesi e che sta finora sortendo gli effetti sperati. In manette è finito lunedì sera un incensurato, attenzionato già da un po’ di tempo dalle forze dell’ordine in quanto colto più volte in atteggiamenti sospetti. Il fatto è accaduto nella periferia sud della cittadina tirrenica, nei pressi di Deuda. L’uomo, B.C., a seguito di perquisizione operata dai militari della stazione di Paola è stato trovato in possesso di 25 piante di marijuana, dall’altezza media di circa 40 centimetri, sradicate e poste sotto sequestro. Presto saranno sottoposte ad esami di laboratorio per accertare il principio attivo che contenevano, quindi la quantità di droga che si sarebbe potuta produrre con la lavorazione. Avvenuto l’arresto i carabinieri hanno segnalato il caso alla Procura della Repubblica di Paola, nella persona del Pm di turno Giovanni Calamita, che ha disposto per il quarantenne la misura cautelare degli arresti domiciliari, poiché beneficiario del suo stato di incensuratezza. Forse nella mattinata odierna, presso il Tribunale di Paola, si terrà l’udienza di convalida dell’arresto davanti al giudiceper leindaginipreliminari.Non èda escludereil rito direttissimo. pa.vi. Paola. Il giudice ha rincarato la richiesta del pm Paola. Una coalizione unita sotto un solo nome Condannato stalker Elezioni, Italia dei Valori Un anno e otto mesi per il primo caso in città PAOLA – E’ stato condannato a un anno e 8 mesi di reclusione il trentaquattrenne M.M., unico imputato in un processo per il nuovo reato di stalking, il primo caso passato in giudicato per la città di Paola. La sentenza è stata emessa ieri dal giudice monocratico del palazzo di giustizia di Rione Giacontesi. Una condanna che ha superato di due mesi la richiesta dal pubblico ministero Elena Artese, che aveva pronunciato la pena di un anno e mezzo. La vicenda, iniziata a luglio del 2009, è molto intricata. In questo periodo M.M. è stato più volte sottoposto a misure restrittive a causa dei suoi comportamenti, tra cui la misura coercitiva del divieto di recarsi nei luoghi frequentati dalla sua ex fidanzata. L’imputato era stato tratto in arresto la prima volta a luglio del 2009 dalla polizia giudiziaria del locale commissariato di pubblico sicu- Il Tribunale di Paola rezza, per i reati di violenza privata, minacce e danneggiamento nei confronti della sua ex, A.M, la presunta vittima che per più di quattro anni sarebbe stata costretta a subire i comportamenti persecutori dell’ex fidanzato, L’indagato avrebbe vessato la donna, in maniera reiterata anche nell’ultimo periodo, con appostamenti e pedinamenti, ripetuti danneggiamenti all’autovettura della stessa nonché messaggi minatori e di morte con continue calunnie ed ingiurie. Non voleva rassegnarsi che la relazione con la ragazza era terminata, fino a violare le misure restrittive pur a cui era sottoposto e a tornare più volte ai domiciliari. Come accennato la situazione è ad ogni modo molto intricata; tra l’altro anche la famiglia della ragazza, assistita al processo dall’avvocato Massimo Zicarelli, sarebbe stata vittima di danneggiamenti vari perpetrati dall’imputato. Familiari che come si evince dalle testimonianze lasciate al processo avrebbero anche loro vissuto una situazione di disagio a causa dell’incolumità a rischio della giovane. Nelle motivazioni della sentenza emergeranno certamente particolari interessanti, ricordando ancora che per Paola si è trattato del primo caso di stalking. pa.vi. è per la continuità politica PAOLA - Si è riunito nei giorni scorsi a Paola il circolo di Italia dei Valori, alla presenza del commissario regionale e provinciale Mimmo Talarico. Nel corso dell’incontro è stata analizzata la fase politica nazionale e regionale, anche alla luce dell’insediamento del governo Monti, ma particolare attenzione è stata dedicata al ruolo dei dipietristi che assumeranno nei prossimi giorni nella città di Paola, dove si susseguono gli incontri in vista delle amministrative della prossima primavera. Il circolo ha espresso: «Apprezzamento per il lavoro svolto dall’assessore Josè Grupillo e dal consigliere comunale Carlo Cassano», si legge in una nota. Italia dei Valori, in previsione delle prossime elezioni amministrative di Paola, “Vuole ripartire dai buoni risultati ottenuti dall’attuale amministrazione comunale che ha dato prova Josè Grupillo di venire incontro alle aspettative dei paolani. Il Circolo - si legge ancora nella nota - vuole contribuire, a tutti i livelli, alla costruzione di una forte coalizione aperta al contributo di associazioni e anche singole personalità. Per Italia dei valori, il centrosinistra è il luogo in cui individuare un candidato a sindaco che sappia parlare a tutta la città. In questo ambito siamo impegnati a costruire – si legge in chiusura della nota politica di Idv - un programma di qualità con liste pulite». Nelle sue conclusioni il commissario Mimmo Talarico ha dichiarato: «La città di Paola per noi rappresenta un banco di prova molto impegnativo. Siamo pronti a spendere la credibilità di un partito in crescita e a svolgere, nella città, un ruolo da protagonista. Tutti ci sentiamo coinvolti, a cominciare dal presidente Antonio Di Pietro, nel sostenere il nostro partito, per unire il centrosinistra e per ridare a Paola – ha concluso Talarico - un governo democratico e progressista». Intanto il confronto nel centrosinistra paolano continua, ma al momento la coalizione si presenta divisa in due tronconi in fase di trattativa, in quanto si è rotta l’intesa l’asse tra Psdi e Psi, l’asse portante dell’attuale amministrazione. pa. vi. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Tirreno Mercoledì 7 dicembre 2011 41 Mercoledì 7 dicembre 2011 REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected] Nel progetto di disinquinamento dell’ex area industriale rilevate molte anomalie «La bonifica Eni è una farsa» La denuncia lanciata dalla Rete in difesa del territorio “Franco Nisticò” di ENRICA TANCIONI UNA FARSA. Perché le anomalie del progetto di bonifica dell’ex area industriale per l’ingegnere Vincenzo Voce sono tante, tantissime. Così da indurre la rete per la difesa del territorio Franco Nisticò a decidere di consegnare la relazione del tecnico alla Procura della Repubblica di Crotone. “Per il momento abbiamo presentato la relazione, poi se sarà il caso sarà appunto al magistratura a chiedere spiegazioni e avviare le procedure per capire cosa sta succedendo”, ha detto Giuseppe Trocino, responsabile crotonese della Rdt. Ha poi lanciato un appello alle istituzioni, che “dovrebbero rivolgersi a Eni senza sudditanza, ma chiedendo il risarcimento di cui la città ha bisogno”. E poi ancora un'altra richiesta, quella di fondi aggiuntivi per la bonifica dell’area che dovrebbero essere impiegati per “restituire la zona alla città. Con questo progetto di bonifica –ha proseguito Trocino –non si restituisce nulla a Crotone”. Poi l’intenzione di partecipare al tavolo decisorio della conferenza dei servizi sulla questione bonifica. Se non dovessero essere apportate modifiche l’associazione si è detta disposta ad attivarsi per denunciarel’azione dellamancata bonifica. Il punto focale denunciato ieri pomeriggio in conferenza stampa da Voce e Trocino è uno solo: quello per cui si bonificherebbe un’area che per legge non avrebbe bisogno di alcun intervento, mentre verrebbero lasciate invariate quelle che voce ha definito “le aree più inquinate del complesso industriale, per la presenza dei materiali di scarto e delle strutture in cui si lavorava. Purtroppo la norma 152 del 2006 prevede la bonifica solo per quelle aree in cui viene effettuata l’analisi di rischio del sito e quindi l’individuazione delle concentrazioni di soglia di rischio che sono gli stessi obiettivi della bonifica”. Per l’area dell’antica Kroton, ex area Montedison quindi l’Eni, nella porzione di terreno lato colline, BREVI GIUDIZIARIA /1 Ricettazione condannato Pesce IL TRIBUNALE penale di Crotone, presieduto da Massimo Forciniti, ha condannato a due anni di reclusione Giuseppe Pesce, il commerciante arrestato un mese fa per ricettazione e detenzione illegale di una pistola clandestina. All'uomo, difeso dagli avvocati Giovanni Iedà e Pasquale Le Pera, i giudici hanno concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. Il pm Francesco Carluccio aveva chiesto una condanna a tre anni. GIUDIZIARIA /2 Rapina, inflitti 6 anni a Cercel Da sinistra: Giuseppe Trocino e Domenico Voce; a destra: l’area di Pertusola non avrebbe richiesto l’analisi di rischio. Dal momento che “l’area è potenzialmente contaminata soltanto da zinco. Ma se si fosse fatta l’analisi di rischio sarebbero emersi dati differenti”. Lo studio di Voce, partito dalle analisi e dalle caratterizzazioni di Syndial del 2008, ha quindi messo in evidenza come le tecniche proposte allungherebbero i tempi per la restituzione del terreno alla città. Restituzione che rischia di essere messa in discussione. Ma andiamo con ordine. Ieri pomeriggio Voce si è presentato con dati. Allarmanti circa la contaminazione da metalli pesanti presenti nel sito di Pertusola, dove sonopreviste tre tipologiedi bonifica. “Nell’area interessata dalla messa in sicurezza l’arsenico è di 320 Una relazione presentata alla Procura mg/kg a fronte della soglia di contaminazione pari a 50mg/kg. Il cadmio è a 240mg/kg e il piombo a 5.888 mg/kg”. Aree che tuttavia non possono essere messe in sicurezza, perché come recita la legge 152 la tecnica è prevista “nei casi in cui, nei siti non interessati da attività produttive in esercizio, non sia possibile procedere alla rimozione degli inquinanti pur applicando migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili”. Tuttavia secondo Voce “il sito dovrà essere restituito come sito industriale e quindi avrà attività produttive e in secondo luogo è possibile rimuovere gli inquinanti a costi sostenibili”. E poi critiche a pioggia sulla tecnica della fitorimediazione che se do- vesse usare la pianta brassica junca “il piombo da estrarre per un grammo di pianta sarebbe di 101.360 kg per una capacità estrattiva di 630 chili per anno. Da un calcolo per bonificare servirebbero 160 anni e una produzione di almeno 200 quintali di piante. Per il cadmio sono previsti millenni”. E ancora polemiche sulla tecnica dello “scotico e della ricomposizione topografica”, per una contaminazione nell’area degli uffici pari a1,4. “Si scotica per 30 cm per poi decidere di ricoprire e mettere un massetto, ma qui la bonifica è necessaria, di certo non nell’area dell0antica Kroton”. Quindi si attua la bonifica dove non serve, e non si attua invece dove servirebbe. Interventi anche in aree non necessarie IL CASO QUI PROVINCIA «Gli enti ci devono 6 milioni» La denuncia dell’associazione costruttori che chiede interventi Praticò: «Si rispetti l’ordinanza del traffico dei mezzi pesanti sulla strada per Capocolonna» genze e sia per finanziare la manutenzione delle strade provinciali. Ed il pregresso? Il Comune di Crotone, – si fa rilevare – alle prese con l’abnorme spesa per il personale che incide sulla quadratura del Patto di Stabilità, che pure un bel pò di risorse finanziarie dovrebbe avere a disposizione, non fornisce alcuna concreta risposta». l’Ance si chiede, poi, «se i fondi finalizzati, stanziati e/o pervenuti nelle casse degli enti appaltanti per eseguire le opere pubbliche siano stati utilizzati per finanziare sagre paesane o intrattenimenti vari utili a “distrarre” le popolazioni dalla mancata esecuzione di opere destinate a migliorare la loro qualità della vita». Infine, l’Ance informa che «in questi giorni numerose imprese ci hanno chiesto di avviare le procedure di licenziamento. Che i nostri amministratori - conclude la nota - tengano conto anche di questo». L'ASSESSORE provinciale alla Viabilita di Crotone, Marcello Praticò, in relazione all’Ordinanza che riguarda la strada provinciale n. 49 ,ha scritto al Prefetto Panico ed ai comandanti di Vigili Urbani Crotone, Carabinieri, Polizia Stradale, Polizia di Stato, Guardia di Finanza. «Il transito continuo di mezzi pesanti sulla provinciale n. 49 (Crotone –Capo Colonna) ha determinato - scrive Praticò – in più punti il cedimento della sede stradale. Si ricorda che sulla stessa arteria vige ordinanza di interdizione al traffico ai mezzi con carico superiore a 3.5 tonnellate, fatta eccezione per i veicoli adibiti al trasporto di persone. È in corso, da parte degli uffici tecnici della Provincia di Crotone, l’elaborazione del progetto di definitiva messa in sicurezza di tutta l’arteria. L’ulteriore continua, sistematica violazione dell’ordinanza n.31 del 2011, tuttavia - aggiunge l’assessore Praticò – rischia di mettere a serio repentaglio l’incolumità di tutti coloro che, a vario titolo, si trovano costretti a percorre giornalmente la suddetta arteria». L’assessore, quindi, invita le autorità preposte «ad assicurare, nei limiti del possibile, maggiore vigilanza al fine di garantire l’osservanza dell’Ordinanza medesima». I MANCATI pagamenti da parte di ben 15 stazioni appaltanti della provincia di Crotone, per lavori in corso di esecuzione o ultimati ammontano, ad oltre 6 milioni di euro. È quanto emerge da un’indagine avviata nei giorni scorsi dall’Ance, l’associazione dei costruttori edili, che ha analizzato le prime risposte pervenute da 16 imprese. «C'è da precisare – scrive l’Ance – che nei 6 milioni di euro non sono conteggiati gli importi inerenti i contenziosi già avviati da numerose imprese e le conseguenti istanze di pignoramento formalizzate. In questi dati pur parziali, che evidenziano la gravità e l’insopportabilità della situazione in parte determinata dal famigerato Patto di Stabilità, c'è, comunque, di tutto e di più. C'è, fondamentalmente, – si legge in una nota – l'ordinaria follia dell’irresponsabilità politica e tecnico-burocratica di buona parte delle stazioni appaltanti Un cantiere edile della nostra provincia». I richiesti incontri ai principali Enti appaltanti, la Provincia ed il Comune di Crotone, lamenta l'Ance, «non sono sfociati in nessuna convocazione ufficiale anche se qualche contatto interlocutorio c'è stato. La Provincia ha approvato l’assestamento di bilancio che prevede l'accensione di mutui sia per coprire il buco delle somme ur- E’ STATO condannato a sei anni di reclusione, con il rito abbreviato, il rumeno Constantin Cezar Cercel, di 24 anni, per rapina e lesioni aggravate ai danni di un pensionato di 85 anni, Achille Esposito. I fatti contestati risalgono al maggio scorso. Secondo l'accusa, lo straniero si sarebbe introdotto nell'abitazione dell'anziano, e dopo averlo minacciato con un coltello e colpito a calci e pugni, e si sarebbe impossessato di una somma di 1700 euro. All'uomo furono procurate lesioni giudicate guaribili in 30 giorno. La condanna è stata disposta dal gup del Tribunale di Crotone Paolo De Luca. CRONACA /1 Tentata rapina in casa UNA DONNA B. M. di 57 anni ha denunciato un tentativo di rapina nella sua abitazione in via esterna Marinella. Due uomini, con il pretesto di consegnare una piante, volevano entrare nella sua casa; la donna, però, si è insospettita ed ha chiuso repentinamente la porta ed i due si sono dileguati. CRONACA /2 Furto di orologi e gioielli UNA 56enne, F. M. di Crotone, ha denunciato che ignoti si sono introdotti nella sua abitazione in via B, Croce ed hanno portato via orologi e monili d’oro che erano nascosti nell’armadio della camera da letto. Non quantificato il valore degli oggetti. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Crotone dal POLLINO alloSTRETTO calabria ora MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 7 ’ndrangheta e... politica (S)TERMINATE le ’ndrine cosentine “Terminator 4”, 18 arresti della Dda. Indagati anche due politici COSENZA Un colpo durissimo è stato inferto dalla Dda di Catanzaro al clan di ’ndrangheta cosentino guidato dal latitante Ettore Lanzino. Diciotto ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip distrettuale Abigail Mellace - su richiesta del pm Pier Paolo Bruni - nei confronti di altrettante persone accusate di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, porto illegale di armi da fuoco. Il blitz è scattato nel pomeriggio di lunedì ed è proseguito fino all’alba di ieri. L’operazione, condotta da personale della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, della squadra mobile e dei carabinieri di Cosenza, ha colpito boss e gregari della cosca Lanzino-Ruà, ritenuta la più potente a Cosenza, dopo l’uscita di scena del clan Cicero (con l’operazione Anaconda) e, lo scorso anno, del gruppo Bruni (Telesis). Tra gli indagati ci sono anche i presunti mandanti e esecutori Nei guai degli omicidi di Vittorio MarBernaudo chio (esponente di vertice della criminalità cosentina, ammaze Ruffolo: zato nel capoluogo il 26 noveml’accusa è voto bre del 1999), di Enzo Pelazza di scambio (freddato a Carolei il 28 gennaio del 2000) e di Antonio Sassone, assassinato il 9 giugno del 2000 a Terranova da Sibari. Oltre al boss cosentino Ettore Lanzino, 56 anni, risulta ancora latitante Francesco Presta (51), capo indiscusso del sottogruppo di Tarsia. Le altre misure cautelari riguardano Francesco Patitucci (50 anni, organizzatore reggente della cosca); Simone Andretti (41); Salvatore Ariello (37); Biagio Barberio (37), Domenico Cicero (54), Michele Di Puppo (47), Giovanni Di Puppo (38), Luigi “Ninni” Gagliardi (38), Mario Gatto (42), Luigi Gaudio (55), Pilerio Giordano (46), Walter Gianluca Marsico (44), Giuseppe Perri (55), Mario Piromallo (44), Roberto Porcaro (27) e Costantino Scorza (57). Nell’inchiesta figurano anche due nomi eccellenti: l’ex sindaco di Rende e attuale consigliere provinciale di maggioranza (Pd) Umberto Bernaudo e l’assessore provinciale Pietro Ruffolo, già vicesindaco e assessore del Comune di Rende, implicato nell’inchiesta antiusura della Dda denominata Cartesio. Risultano indagati a piede libero per associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso insieme a un consigliere co- munale di Piane Crati, piccolo centro alle porte di Cosenza. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati ieri con una conferenza stampa in Procura. Per l’occasione è stata inaugurata la sala riunione intitolata alla memoria di Rosario Livatino. L’inchiesta - hanno spiegato gli inquirenti rappresenta l’ultimo capitolo del filone Terminator, iniziato nel 2007 e per il quale sono attualmente in corso alcuni processi. Oltre ai tre omicidi, Terminator 4 ha consentito di fare ulteriore luce su tre episodi di estorsione, due di usura ai danni di imprenditori e commercianti di Cosenza. Indagando su questi fatti, gli investigatori sono riusciti a farsi un’idea piuttosto precisa di come la cosca Lanzino, rimaneggiata da arresti e condanne, si fosse riorganizzata per continuare a gestire il racket delle estorsioni, l’usura e altre attività criminali. Come era già emerso con chiarezza all’epoca degli arresti di Michele Bruni (figlio Bella Bella e morto in carcere la scorsa estate all’età di 38 anni per una grave malattia) e del suo gruppo, nella città di Cosenza vige da anni un pax mafiosa piuttosto conveniente. Dopo la guerra che ha insanguinato la città tra il 1999 e il 2003 i clan Lanzino, Cicero e Bruni hanno smesso di ammazzarsi a vicenda e si sono divisi gli affari illeciti. Il racket, per esempio. In questo senso, dagli inquirenti è arrivata una forte critica alla società civile cosentina. La «grande assente» dell’inchiesta Terminator 4, come ha sottolineato il procuratore aggiunto Domenico Airoma: «In 5 anni di investigazioni, non c’è stata una sola denuncia né la collaborazione delle parti offese. Qui non esiste un’associazione antiracket: è un oltraggio a questa città». L’«omertà» della società cosentina è un aspetto messo in evidenza anche dal procuratore generale Dario Granieri, dal procuratore della Dda Vincenzo Lombardo, dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e dal questore Alfredo Anzalone, un poliziotto che ne ha visto di tutti colori, avendo lavorato alla squadra mobile di Palermo nei cruenti anni ‘80 e di Catania. A proposito di omertà: i politici cosentini (a parte il deputato Laratta) non hanno rilasciato dichiarazione alcuna a proposito del coinvolgimento di Ruffolo e Bernaudo. ALESSANDRO BOZZO [email protected] Giovanni Di Puppo Costantino Scorza dall’ordinanza Così i padrini si spartivano il territorio Francesco Patitucci Mario Piromallo Simone Andretti le persone arrestate Luigi Gaudio Il trasferimento in cella di Costantino Scorza Luigi Gagliardi COSENZA È il rendese Francesco Patitucci il personaggio chiave dell’inchiesta Terminator 4. A lui era stata affidata la guida della cosca quando il boss Ettore Lanzino si è dato alla latitanza. È lui - il secondo nella linea di comando - a reggere i fili dell’organizzazione, affidando incarichi e assoldando nuove leve per sostituire i vuoti lasciati da arresti e condanne. La cosca era divisa in quattro sottogruppi: l’area Cosenza era il settore di competenza dello stesso Patitucci; quella di Rende era stata affidata ai fratelli Michele e Giovanni Di Puppo; l’area di Tarsia, a nord del capoluogo, era sempre stata di Franco Presta, che in quelle campagne è nato; infine l’area di Paterno, a sud, gestita dai fratelli Chirillo. Tutti gli altri avevano ruoli più operativi: si occupavano delle estorsioni e delle attività illecite. Come estorsioni, usura etc... Stando a ciò che riferiscono Cosenza affidata gli ultimi a Patitucci collaboratori di giuRende ai fratelli stizia Di Puppo (FranceTarsia ai Presta sco Galdi in primis) Patitucci sarebbe a capo di una nuova famiglia di ’ndrangheta formatasi a Cosenza a seguito degli arresti e dei decessi avvenuti nell’ultimo periodo. Un vero e proprio “ridotto” di malavita, che metterebbe insieme affiliati del suo clan con esponenti del gruppo Bella Bella e con la batteria della cosca dei nomadi di Cosenza. Le inchieste più importanti in cui è stato coinvolto negli ultimi 15 anni portano i nomi in codice di Garden, Luce e Missing. Dopo la condanna per associazione mafiosa riportata nel primo di questi tre procedimenti, Patitucci ha incassato altrettante assoluzioni nelle ulteriori due inchieste che lo vedevano sotto accusa per omicidio. In particolare, a Missing, l’uomo era accusato di aver partecipato da giovanissimo all’omicidio di don Pippo Ricioppo (1983), vecchio padrino di Cerzeto (Cs). Don Peppino Cirillo, storico boss della Sibaritide, lo aveva ribattezzato ‘o paccio, sottolineandone il carattere irascibile. rcs 8 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O ’ndrangheta e... politica COSENZA Ci sono tre politici nell’inchiesta Terminator 4. Sono indagati a piede libero per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso. Sono l’ex sindaco di Rende e attuale consigliere provinciale del Pd Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo, assessore provinciale autosospeso e vicesindaco del Comune di Rende, entrambi del Pd. Alle elezioni del 2009 fecero incetta di voti nei due collegi della loro città. Parte di quei voti gli sarebbero arrivate dalla cosca Lanzino per il tramite dei fratelli Di Puppo. Il terzo politico coinvolto nell’operazione contro il clan Lanzino è Pierpaolo De Rose, consigliere comunale a Piane Crati (piccolissimo comune a sud est del capoluogo), eletto con una lista civica. Le abitazioni e gli uffici di queste tre persone sono state perquisite. Pietro Ruffolo, in particolare, sta affrontando un processo per usura aggravata dalle modalità mafiose (operazione Cartesio). Proprio in seguito al suo coinvolgimento nell’inchiesta si è autosospe- nanziamenti elargiti, in qualità di so dall’incarico di assessore provin- sindaco e di assessore al bilancio del ciale alla pubblica istruzione. In quel Comune di Rende, a una cooperatiprocedimento, tuttavia, Ruffolo ci è va (la Rende 2000, della quale è finito non per la sua attività politico- presidente Michele Di Puppo) in cambio di voti per istituzionale ma in le elezioni provinqualità di dipenLe accuse sono del 2009. A dente dell’agenzia concorso esterno ciali Ruffolo e Bernaudo Unicredit di Belveviene contestata dere Marittimo in associazione anche la corruzio(Cs). mafiosa e voto ne. Gli inquirenti Ruffolo e Berdi scambio hanno sequestrato naudo sono indatutte le delibere del gati per aver ottenuto il sostegno elettorale della co- Comune relative a finanziamenti e sca, come si evince da alcune inter- incarichi alla Rende 2000. Perquisicettazioni telefoniche che però non ti, ovviamente, anche gli uffici della figurano in questa ordinanza (il cooperativa presieduta da Michele quarto non è l’ultimo capitolo di Di Puppo. Il consigliere comunale PierpaoTerminator). Nel decreto di perquisizione si fa riferimento anche ai fi- lo De Rose, invece, è indagato an- il monito Lanucara e Laratta: il partito reagisca Quei voti in odor di mafia Tre politici tra gli indagati Alle elezioni sarebbero stati aiutati dal clan Lanzino che per minacce in occasione di competizioni elettorali, aggravato dalle modalità mafiose insieme a Romano Chirillo e Biagio Barbieri, ritenuti affiliati alla cosca Lanzino. Avrebbero minacciato più elettori per indurli a votare De Rose imponendogli un contrassegno sulla scheda per verificare che l’ordine fosse stato rispettato. Gli investigatori stanno cercando le schede elettorali per le comunali del 2009 a Piane Crati proprio per verificare tale circostanza. Un dettaglio che ha fatto dichiarare al procuratore della Dda Vincenzo Lombardo: «È sconvolgente. Il condizionamento della ’ndrangheta è assolutamente trasversale, non risparmia nessun partito in modo da adattarsi sempre a quelli che so- no i poteri in una determinata area». Il che «dimostra – ha proseguito il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – come le cosche abbiano il controllo capillare del voto e risultino spesso decisive ai fini del risultato». Sorprende, pertanto, il silenzio delle istituzioni. Della Provincia, in particolare, il cui presidente Mario Oliverio, uomo di punta del Pd calabrese, ha fatto della legalità la propria bandiera costruendovi sopra parte dei propri successi. L’unico politico del Cosentino a rilasciare dichiarazioni è stato il deputato del Pd Franco Laratta che ha invitato il Pd a essere inflessibile coi propri iscritti e con gli amministratori pubblici quando sono coinvolti in inchieste di questa portata. a. b. COSENZA «Per essere credibili dobbiamo essere durissimi con gli iscritti e gli amministratori pubblici coinvolti a vario titolo. Senza guardare in faccia nessuno. In regioni ad alto rischio come la Calabria, i partiti devono intervenire senza dubbi e incertezze. In Calabria è sempre più drammatica la questione morale e la questione “criminale” che riguarda molte amministrazioni. La politica deve reagire e respingere l’attacco della ’ndrangheta e della malavita». Franco Laratta, deputato del Pd commenta così l’esito dell’operazione Terminator 4, che vede coinvolti due esponenti politici del suo partito. È l’unico cosentino a farlo, visto che si registra una sola altra reazione, quella di Antonia Lanucara, del coordinamento regionale del Pd, ma è reggina... «Io mi vergogno - dice Lanucara -. Sì mi vergogno e sento fortemente la grave crisi calabrese. Mi vergogno comunque di una realtà invasiva che sembra non escludere dal voto di scambio il mio partito: il Pd. Gli avvisi di perquisizione di Cosenza mi confermano, al di là degli esiti delle indagini, che i sospettati appartengono ad ogni area politica. Mi domando: come è possibile che gli eletti del Pd non siano mai stati sospettati dai dirigenti locali del mio partito»? Un bell’interrogativo... l’ex sindaco l’ex assessore il neofita Bernaudo il volto mite del sistema Ruffolo la continuità tra i guai De Rose il “poliziotto” del Savuto COSENZA Qualche problemino Umberto Bernaudo l’ha già avuto quando era sindaco di Rende. Nulla di grave, s’intende: i soliti incidenti di percorso, ormai fisiologici per qualsiasi amministratore del Sud. Fino a martedì mattina Bernaudo, di professione avvocato e assicuratore, era “semplicemente” l’ex sindaco di Rende. Il che non è poco, ci mancherebbe. Esponente di lunga data del socialismo d’oltre Campagnano più volte consigliere e assessore comunale, l’avvocato rendese aveva “rilevato” il posto di Sandro Principe nel 2006, stravincendo al primo turno contro le consuete (perenni) opposizioni, divise tra liste civiche e di centrodestra. La sua amministrazione è stata caratterizzata da vari rimpasti e da una spaccatura interna al Pd, in cui era confluito assieme ai socialisti storici d’oltre Campagnano. Candidato nel 2009 al consiglio provinciale, è risultato eletto nel collegio di Rende 1 e Siede tuttora nel gruppo del Pd a piazza XV marzo. Non è stato ricandidato, invece, al Comune per ricompattare il centrosinistra, in cui alcuni gruppi, soprattutto Idv, avevano posto dei veti sul suo nome. Troppo “rendese”, forse. Per questo il Pd alla fine gli ha preferito il cosentino Vittorio Cavalcanti. Diventato sindaco per garantire la continuità politica , si è trovato, suo malgrado, in mezzo alle polemiche. Che, c’è da scommettere, sono destinate a crescere. Saverio Paletta COSENZA Pietro Ruffolo è un pezzo di storia di Rende. Ha iniziato a far politica con Cecchino Principe, quando il consiglio provinciale era ancora nel centro storico. Socialista, come d’obbligo per chiunque voglia contare qualcosa oltre il Campagnano, Ruffolo ha avuto la propria roccaforte elettorale nella zona di Arcavacata, la più interessata all’imponente sviluppo edilizio che ha caratterizzato Rende dall’istituzione dell’Unical in poi. Più volte consigliere ed assessore comunale, Ruffolo si è occupato a più riprese di Sanità. Ha passato pure qualche guaio legato al suo ruolo di presidente dell’ex Usl n°8 di Rende: un procedimento culminato in un patteggiamento che gli è costato una pena lieve. Ma i guai per Ruffolo non finiscono qui: eletto nel 2009 alla Provincia di Cosenza, mentre era ancora assessore al Bilancio nella giunta Bernaudo, e quindi nominato assessore alla Pubblica istruzione da Mario Oliverio, è stato costretto ad autosospendersi in seguito al suo coinvolgimento nell’inchiesta Cartesio, per la quale è stato rinviato a giudizio. L’operazione di lunedì notte è l’ennesima tegola sul capo dell’esponente rendese. Arcavacata, da quando Ruffolo ha iniziato la propria militanza nelle istituzioni, è cambiata tantissimo. Ma il consigliere dall’aria gioviale è sempre rimasto al suo posto, come se il tempo per lui non fosse mai passato. Inamovibile nell’affetto degli elettori. Procure permettendo. s. p. COSENZA A Piane Crati, 1.500 anime nella zona del Savuto, Pierpaolo De Rose è molto conosciuto. E, sembrerebbe, stimato. Programmatore provetto e agente della Polizia provinciale, il giovane pianese (circa 35 anni di età) è alla seconda esperienza in Comune. Papà sindacalista e mamma molto stimata negli ambienti cattolici, De Rose proviene dall'area ex Margherita del Pd. Coinvolto per la prima volta da Michele Ambroggio, che lo ha candidato e, una volta eletto, lo ha nominato assessore ai Lavori pubblici, si è ricandidato nel 2009 con Silvano Sacchetta. Nelle ultime amministrative ha ottenuto 110 voti, che sono un buon risultato in un Comune piccolo. Completamente incensurato, De Rose non è mai stato al centro di polemiche. L'inchiesta in cui è risultato coinvolto è la prima buccia di banana sul suo cammino. La reazione di chi lo conosce è stata di incredulità: sulla sua immacolatezza hanno giurato Ambroggio, il suo mentore, e Sacchetta, il suo sindaco attuale, che ha chiosato: «E’ un ragazzo esuberante è entusiasta, è stimato da tutti e sono davvero turbato del fatto che possa essere indagato per un fatto così improbabile, non solo per lui ma pure per il nostro territorio. Siamo un paese piccolo: che gola possiamo fare alle ‘ndrine?». Quelli che non lo conoscono, cioè i più, sono cascati dalle nuvole: “De Rose chi?”. Il che dà la misura del suo problema: essere finito in un’inchiesta più grande di lui. s. p. 9 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O ’ndrangheta e... politica «Servono inquirenti migliori» L’attacco di Borrelli: in tre anni non sono stati presi due pericolosi latitanti COSENZA Una critica feroce agli organi investigativi della città di Cosenza per non essere stati in grado di catturare, in oltre tre anni, due pericolosi latitanti del calibro di Ettore Lanzino e Franco Presta, uomini di primo piano della criminalità organizzata cosentina. Gente capace di organizzare e portare a compimento delitti efferati. Uomini che dovrebbero stare dietro le sbarre e che invece continuano a gestire – protetti dai propri fiancheggiatori e da un’omertà ancora troppo diffusa – i propri affari illeciti. Presta, addirittura, di recente sarebbe riuscito a sterminare un’intera famiglia per vendicare la morte di suo figlio, avvenuta lo scorso inverno al termine di un banale litigio a Spezzano Albanese. I killer non ebbero pietà nemmeno di una donna e della sua giovane figlia, che con la morte del giovane Presta non c’entravano davvero nulla. L’unica loro colpa fu quella di avere un rapporto di parentela con l’uomo che sparò al figlio del boss di Tarsia. «È necessario, a questo punto, fare veIl procuratore: nire a Cosenza le for«Non si può ze investigative migliori perché non è lasciare Cosenza possibile continuare a nelle mani lasciare la città nelle delle cosche» mani delle cosche», ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giuseppe Borrelli durante la conferenza stampa di ieri, lasciando di sasso il comandante dei carabinieri e il questore di Cosenza. Borrelli ha insistito molto sull’aggettivo «migliore», sottolineando come l’intenzione non sia quella di potenziare gli organici quanto quella di affidare la cattura dei latitanti a investigatori più capaci. Il colonnello Francesco Ferace con il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giuseppe Borrelli in conferenza (foto Morrone) Borrelli ha rafforzato il concetto con una metafora calcistica paragonando due mediani del Napoli del passato: Claudio Vinazzani e Fernando De Napoli. A Cosenza, insomma, servirebbe un De Napoli per vincere lo scudetto e blindare i latitanti. Non un Maradona, quindi, ma un mediano, con questo lasciando intendere che non è nei vertici della polizia e soprattutto dei carabinieri, che la Dda di catanzarese ha individuato le maggiori responsabilità. È verosimile ritenere, pertanto, che saranno nuovi investigatori ad arrestare Lanzino e Presta. Perché Borrel- li non ha dubbi: «Li arresteremo». Se oltre al repulisti ci saranno anche risvolti giudiziari è ancora presto per dirlo. Ovviamente bordate come quelle scagliate dal procuratore aggiunto non potevano passare sotto silenzio. Il questore di Cosenza Alfredo Anzalone ha raccolto «la critica» di Borrelli «positivamente», replicando con molta diplomazia e prendendola come ulteriore stimolo per fare meglio in futuro. Analoga la reazione del colonnello Francesco Ferace, comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, che ha tentato di fare buon viso a cattivo gioco ricono- Lanzino, il padrino invisibile alla legge COSENZA Ettore Lanzino, 56 anni, è considerato il boss dei boss nel contesto delle cosche cosentine. Attivo fin dagli anni ’70, agli albori del crimine locale, avrebbe poi scalato le gerarchie malavitose dopo il pentimento dei vecchi capi (Franco Pino in primis), ma soprattutto in virtù di un carisma riconosciutogli anche dagli avversari. Stando al racconto dei pentiti, infatti, c’era lui al vertice dell’organizzazione quando, sul finire del ‘900, i vecchi clan un tempo contrapposti, si riorganizzarono in un’unica famiglia confederata, dando la stura a una lunga scia di sangue mirata a colpire oppositori esterni e soggetti “inaffidabili”. Sempre i collaboratori, però, raccontano di un Lanzino contrario a quella svolta armata nota sotto il nome di Terza guerra di mafia a Cosenza. omo di pace, ma anche azionista puro, Ettaruzzo ha attraversato da protagonista tutte le inchieste giudiziarie dell’ultimo ventennio. Dalla condanna riportata a “Garden”, passando per il processo “Tamburo”, quello sulle tangenti per i lavori dell’autostrada, per finire poi ai maxiprocessi “Luce” e “Missing” dove era chiamato a rispondere di un pugno di omicidi avvenuti tra il 1983 e il 2003, uscendo però assolto da ambedue i procedimenti. Nel 2008, poi, un mandato di cattura per un altro duplice delitto del 1999 (l’affaire Marchio-Calvano) lo raggiunse mentre era a piede libero, circostanza che gli consentì di sfuggire all’arresto. Da allora, è invisibile agli occhi della legge e tutti i scendo che catturare i latitanti in Calabria non è mai facile, aggiungendo che per ottenere risultati gli investigatori vanno lasciati lavorare «con serenità». Il colonnello Ferace si è detto comunque sicuro del fatto che Lanzino e Presta saranno assicurati alla giustizia al più presto. Una passaggio fondamentale secondo il procuratore della Dda Vincenzo Lombardo. Per neutralizzare definitivamente la cosca e dichiarare chiuso il troncone Terminator bisogna privarla dei vertici. ALESSANDRO BOZZO [email protected] Presta, killer e boss tra i più temibili tentativi di acciuffarlo si sono rivelati inutili. Lo scorso febbraio, però, gli inquirenti ritennero di averlo localizzato in Sila, all’interno di un vecchio rudere abbandonato. Ma quando i carabinieri fecero irruzione nella baracca, trovarono solo due uomini e un piccolo laboratorio per la preparazione degli stupefacenti. Ettaruzzo, dunque, non era lì. In caso contrario, era riuscito a rendersi nuovamente invisibile. Marco Cribari COSENZA Franco Presta, 51 anni, è latitante da più di due anni e mezzo. A dichiararlo tale, nel 2009, fu la Procura generale di Catanzaro. L’uomo, infatti, avrebbe dovuto tornare in cella per scontare un residuo di pena (5 anni e 2 mesi) frutto della sentenza “Twister”, passata ormai in giudicato. Presta, però, si sottrasse all’arresto e da allora, è ricercato dalla giustizia italiana. Gli inquirenti lo descrivo- no come un killer freddo, tra i più temibili in circolazione a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo. In quel periodo, infatti, l’uomo, era ritenuto il capo della batteria di fuoco del presunto clan guidato da Ettore Lanzino, ma al tempo stesso, elemento in grado di unire il pensiero all’azione di malavita pura. Proprio la capacità di coniugare queste due caratteristiche lo avrebbero portato, nel tempo, ad assumere il comando mafioso nei comuni della Valle dell’Esaro. Difficile, però, ipotizzare quella che potrebbe essere la sua attuale caratura criminale. E non soltanto perché l’uomo è latitante da più di due anni. Ad ammantare di mistero il suo presente, ci sono anche le inchieste ancora aperte che lo riguardano da vicino, quella che tenta di far luce sugli omicidi di Antonio Sena e Francesco Bruni “Bella bella”. Due fatti di sangue che, secondo gli investigatori, lo avrebbero visto in prima linea proprio come gli omicidi che gli inquirenti gli contestano da 24 ore: l’eliminazione di Vittorio Marchio, quella di Enzo Pelazza e l’uccisione di Enzo Sassone. Il nome, infine, è collegato a uno degli eventi più tragici del recente passato: la strage di San Lorenzo del Vallo, ovvero lo sterminio della famiglia De Marco. Franco Presta è attualmente il sospettato numero uno per quella mattanza che, secondo gli inquirenti, rappresenta una terribile vendetta. Non a caso, solo un mese prima, un congiunto dei De Marco aveva ucciso il figlio del boss di Tarsia all’acme di un banale litigio. mcr 10 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria ora S T R E T T O la visita delle fiamme gialle LAMEZIA TERME (CZ) Sanità nel mirino a Lamezia Terme dove ieri la Guardia di finanza ha effettuato perquisizioni e sequestri di atti amministrativi all’interno di alcuni uffici dell’Asp Catanzaro-Lamezia. Ieri, infatti, non è certo passata inosservata la lunga “visita” che le fiamme gialle lametine hanno effettuato negli uffici dell’ex Saub della città della Piana nella centralissima piazza Borelli, alle cui spalle ed a poca distanza c’è il Palazzo di giustizia. Intorno alle 8.30 di ieri, prima una pattuglia delle fiamme gialle e poi un’altra, si sono fermate a distanza di pochi muniti l’una dall’altra davanti alla struttura che ora ospita alcuni uffici dell’Asp e nel cui cortile alcuni giorni fa durante la notte erano state danneggiate anche cinque auto di proprietà della stessa Azienda par- Perquisizioni nell’Asp di Lamezia Dopo 10 ore portati via molti documenti. Ispezioni nell’ufficio di riabilitazione e protesi cheggiate nel recinto. Ieri, comunque, una volta posteggiati i mezzi, dall’auto sono usciti i finanzieri che si sono subito recati all’interno della struttura. Da qui la lunga attesa durata oltre dieci ore fino a quando davanti l’edificio è comparso un furgone della Guardia di finanza che è stato posteggiato a retromarcia davanti all’ingresso del palazzone verde. Pochi muniti e dagli uffici dell’ex Saub c’è stato un via vai di finanzieri che hanno iniziato a caricare il camioncino con scatoloni, all’interno dei quali tutto lascia presagire che ci sia documentazione importante. Il tutto sotto l’occhio vigile dei loro colleghi e di qualche passan- La Guardia di finanza davanti l’Asp Catanzaro-Lamezia te incuriosito anche dal fatto che fino ad oltre le 18.30 c’era ancora qualche luce accesa all’interno de- gli uffici ospitati nello storico edificio. Anche se da parte degli inquirenti viene mantenuto il mas- simo riserbo su tutta la vicenda e sul tipo di operazione che gli uomini del maggiore Maurizio Pellegrino hanno condotto o stanno conducendo in città, è trapelata solo qualcosa. Ieri, infatti, i finanzieri hanno effettuato perquisizioni all’interno di alcuni uffici dell’Asp ponendo la loro attenzione soprattutto nei confronti dell’ufficio riabilitazione e protesi da cui sarebbe stata prelevata molta documentazione. Secondo indiscrezioni, comunque, ad emettere un decreto di perquisizione e sequestro sarebbe stato il sostituto procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Maria Alessandra Ruberto, e tra le ipotesi di reato contenute nel provvedimento, sui cui destinatari c’è uno stretto riserbo, ci sarebbero corruzione, abuso d'ufficio e concussione. Saveria Maria Gigliotti Il movente del delitto negli affari? Omicidio Martino, gli inquirenti indagano nel settore rifiuti e in quello edile REGGIO CALABRIA È nei rapporti di lavoro che gli investigatori stanno cercando con insistenza una pista per dare un volto all’assassino di Vittorio Bruno Martino. L’imprenditore ucciso nella serata di lunedì a Pellaro, zona sud di Reggio Calabria, era un uomo che aveva molti affari. Lontano da ambienti e logiche di ’ndrangheta, Martino era finito nei guai giudiziari solo nell’ambito dell’operazione “Terrazzamento” dalla quale era emerso che la vittima avrebbe creato una discarica abusiva per rifiuti speciali. Martino veniva ritenuto l’uomo chiave di quell’inchiesta e, di recente, era stato anche rinviato a giudizio. Ma, nonostante tutto, l’imprenditore sembrava essere abbastanza tranquillo. Secondo quanto emerso nelle ultime ore, non aveva paura di essere ammazzato o almeno mai aveva manifestato un tale timore. I sicari che lo hanno atteso davanti alla palestra che abitualmente frequentava, però, ne conoscevano benissimo le abitudini. Hanno studiato tutto nei minimi dettagli e approfittando del buio hanno portato a termine la loro missione di morte in un parcheggio a pochi passi da un supermercato, in una delle vie più trafficate del popoloso quartiere di Pellaro. Sono sostanzialmente due le piste che gli investigatori stanno seguendo a poche ore della consumazione del fatto di sangue. Entrambe hanno a che fare con l’attività lavo- Forse la discarica nascondeva qualcosa? Sentiti parenti e amici della vittima Il luogo dove è stato ucciso Vittorio Bruno Martino (nella foto accanto) rativa che Martino effettuava. La prima è quella più complessa che porta ad un intreccio con l’inchiesta “Terrazzamento”. Forse la disca- rica di Bovetto nascondeva qualcosa che gli inquirenti non hanno ancora scoperto; di certo Martino la conosceva benissimo. Non è da esclude- re che qualcuno temesse il procedimento, e le possibili dichiarazioni dell’imprenditore. Da qui la potenziale decisione di eliminarlo. La se- conda, e che sarebbe quella più complessa, è relativa a tutta l’attività lavorativa di Martino, il quale aveva interessi in più settori, da quello dell’edilizia alla ristorazione, passando, appunto, per lo smaltimento dei rifiuti. La vittima, infatti, gestiva anche il bar all’interno dell’aeroporto dello Stretto. Ma ovviamente l’attenzione maggiore è puntata al settore edile. Martino avrà incontrato la resistenza di qualcuno che non voleva una sua eccessiva espansione sul territorio? È uno degli interrogativi a cui la Squadra Mobile di Reggio Calabria tenterà di dare una risposta. Nelle ultime ore sono stati sentiti parenti ed amici della vittima, ma da quel che si apprende nessuno è stato in grado di dare un contributo per comprendere l’origine dell’omicidio. Di certo gli investigatori stanno anche scandagliando i tabulati telefonici e gli appuntamenti che Martino ha avuto nei giorni precedenti all’agguato. Da qui, forse, si potrà tentare di capire qualcosa in più di questa vicenda che sta assumendo contorni sempre più complessi. L’imprenditore non era soggetto legato ad ambienti malavitosi, ma le modalità dell’azione di fuoco non lasciano spazio a dubbi: ad agire è stato un killer professionista che ha mirato alla testa e non ha lasciato scampo alla vittima, spirata dopo un’ora di agonia agli ospedali “Riuniti”. Consolato Minniti estorsione ai titolari del bar malavenda/la requisitoria REGGIO C. «La sentenza di condanna nei confronti di Donatello Canzonieri va confermata». Sono serviti solo 20 minuti al sostituto procuratore generale Francesco Mollace per effettuare la propria requisitoria nell’ambito del processo per l’estorsione ai titolari del bar Malavenda. A distanza di diversi mesi, infatti, il procedimento è approdato in Corte d’appello, con una condanna che pende su Canzonieri, pari a nove anni di prigione, inflitte dalla sezione penale del Tribunale di Reggio Calabria. Il pg Mollace ha ripercorso in aula tutte le fasi salienti dell’inchiesta che ha visto imputato l’uomo accusato di estorsione aggravata dalle modalità mafiose nei confronti dei proprietari dello storico esercizio commerciale del quartiere di Santa Caterina, fatto saltare in aria nella notte tra il 24 ed il 25 febbraio del 2008, a pochi mesi dalla ristrutturazione che era stata terminata nel dicembre 2007. Da «Confermare la sentenza Nove anni per Canzonieri» quei lavori sarebbe poi scaturita la bomba che ha devastato tutto il locale riducendolo ad un ammasso di lamiere. Quella tinteggiatura, secondo il costrutto accusatorio, poi sposato dal Tribunale, e ieri ripreso dal pg Mollace non sarebbe stata stipulata secondo i canoni tradizionali, ma sarebbe solo il risultato di una estorsione commessa da Canzonieri assieme a Paolo Schimizzi, il reggente del clan Tegano, scomparso nel 2008 per un caso di lupara bianca. Secondo la prospettazione dell’accusa, infatti, proprio Schimizzi si sarebbe recato dai Malavenda chiedendo loro di potersi occupare degli arredi tramite la sua società “Globus”. Arrivò il “no” della famiglia e così, poco dopo, Tripodi (l’imprenditore che si occupò della ristrutturazione) disse ai Malavenda se i lavori di tinteggiatura potevano essere fatti da Donatello Canzonieri. E così avvenne. Secondo il pg Mollace, tale condotta integrò l’estorsione aggravata. Da qui la richiesta di conferma della condanna a nove anni di prigione. È stato poi il turno dell’avvocato di parte civile Giovanni De Stefano che ha puntato tutto sull’atto d’appello della difesa di Canzonieri. «L’appellante – ha spiegato il legale – tenta di insinuare il dubbio che le dichiarazioni dei genitori della signora Alessandra Malavenda, amministratrice della società proprietaria del bar pasticceria devastato dall’attentato, sono inattendibili o, comunque, da valutare con molta cautela poiché i co- niugi Malavenda-Silipigni sono parti civili e quindi portatori di interessi economici anche con riferimento alla Legge 44/99. I Malavenda, in realtà, erano ignari di essere intercettati per cui non si può dubitare della genuinità delle loro dicharazioni, che peraltro non sono mai state apertamente accusatorie, ma con le quali i Malavenda si sono limitati a dire ciò che a loro risultava». Il legale ha poi rimarcato come non aveva senso per Tripodi delegare i lavori a Canzonieri e che i Malavenda mai avrebbero voluto che i lavori fossero fatti da uno sconosciuto senza conoscere la qualità degli stessi. A parlare poi l’avvocato Francesco Calabrese che ha chiesto l’assoluzione di Canzonieri, sostenendo le tesi già esposte in primo grado. Il processo è andato all’11 gennaio per l’intervento dell’avvocato Carlo Morace e la sentenza di secondo grado. cons.min. 11 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O «La Multiservizi deve essere sciolta per mafia» Così prevede lo statuto in caso di infiltrazioni l’otto ottobre 2004, all’epoca guidata da Giuseppe ScopelliLa società mista Multiservi- ti. Ecco cosa recita l’articolo: zi deve essere sciolta «senz’al- «La società ha durata sino al tro adempimento». Questa 31 dicembre 2100, salvo provolta non è un’iniziativa giudi- roga o anticipato scioglimento ziaria e neppure l’idea politica a norma di legge e del presendel primo cittadino di Reggio te statuto. A norma e per gli efCalabria, ma un obbligo che fetti del disposto dell’art. 11 del discende direttamente da atto Dpr 252/98, le parti espressacostitutivo e statuto della so- mente concordano che la società s’intencietà che si derà senz’aloccupa della Dall’inchiesta tro adempimanutenzio“Astrea” gli mento sciolta ne per tutto il di diritto quacomune dello interessi dei lora siano acStretto. SemTegano sulla certati, anche bra quasi un società dei rifiuti successivaparadosso ma mente alla è proprio all’interno delle carte ufficiali stipula dell’atto societario e del della Multiservizi che si “anni- contratto di servizio, elementi da” il germe che dovrebbe de- relativi a tentativi di infiltracretarne la fine anticipata ri- zione mafiosa in capo al socio privato ed ai suoi rappresenspetto a quanto previsto. A rivelarlo è l’articolo 3 del- tanti legali». Ovviamente il solo Statuto, ovvero l’allegato “B” cio privato in questione è la alla deliberazione della Giun- Gst che, è bene chiarirlo, non ta comunale numero 432 del- ha nei suoi rappresentanti dei REGGIO CALABRIA soggetti coinvolti in prima persona nell’operazione “Astrea”, che ha certificato come le mani del clan Tegano fossero sulla società mista. Ma un dato è certo ed emerge con chiarezza dall’indagine: la Gst (che gestisce la Multiservizi) è titolare del 49% delle quote della società partecipata, ma a possedere il 33% della Gst è la “Rec. Im. srl” società divisa in modo equo tra i fratelli Giovanni ed Antonino Rechichi, figli di Giuseppe Rechichi, già direttore operativo della Multiservizi, ritenuti prestanome dei Tegano. Ce n’è quanto basta, insomma, per ipotizzare, sulla base delle carte dell’inchiesta “Astrea”, quanto meno il tentativo di infiltrazione mafiosa da parte della cosca Tegano, cui viene ricondotta la “Rec. Im. srl”. E la condizione rigorosa prevista nello statuto, viene ripresa puntualmente anche nell’atto costitutivo, ovve- La sede della società mista Multiservizi a Reggio Calabria ro l’allegato “A” della medesima deliberazione di giunta del 2004. Ma vi è di più. Già agli albori della creazione delle società miste, siamo nel 2001, nella relazione dell’allora vicesindaco Demetrio Naccari Carlizzi, poi ripresa ed inserita all’interno della deliberazione del consiglio comunale, si parlava di una clausola di gradimento per il trasferimento delle quote sociali delle società miste che recitava così: «Il trasferimento a terzi delle azioni è subordinato al motivato gradimento del Consiglio d’amministrazione. Il gradimento sarà negato quando l’acquirente non sia in possesso dei requisiti tecnici ed economici per l’effettuazione dei servizi di cui all’articolo 4 del presente statuto per conto del Comune. Potrà altresì essere negato quando l’acquirente non offra garanzie sufficienti alla propria capacità finanziaria e commerciale oltre alla propria moralità in relazione a possibili infiltrazioni mafiose». Tale clausola, peraltro, risulta inserita anche nella deliberazione della giunta comunale numero 775 del 2003, con cui venivano approvati gli atti di procedura di costituzione della società mista per la gestione di multiservizi. Esiste, dunque, un serio problema che va affrontato e risolto. Nei giorni scorsi il sindaco Demetrio Arena si è recato dal prefetto per comprendere meglio quali riflessi potesse avere la vicenda giudiziaria riguardan- te la Multiservizi sull’intera amministrazione comunale, ed a quanto pare non sono state ravvisate le condizioni per una commissione d’accesso a Palazzo San Giorgio. Insomma, nessun rischio per il Consiglio. Ma per la società mista che si occupa della manutenzione le cose potrebbero non essere per nulla così. Gli atti ufficiali parlano chiaro e dicono in modo incontrovertibile che anche il solo tentativo di infiltrazione mafiosa porta allo scioglimento immediato della società. E gli accertamenti della Finanza, riguardo l’interesse delle ’ndrine sulla Multiservizi, non sembrano lasciare molti dubbi. CONSOLATO MINNITI [email protected] «Un’indagine scomoda» CORIGLIANO (CS) Un’indagine «scomoda» che si è voluto concludere con «troppa fretta» senza approfondire adeguatamente tutti i particolari. Così la difesa giudica l’inchiesta sul decesso di Pietro Sal- proprio congiunto, sul quale, tra l’alvatore Mollo, il quarantunenne co- tro, la direzione del carcere aveva diriglianese rinvenuto impiccato, il 18 sposto un regime di grande sorvedicembre 2010, all’interno della glianza. Eppure, sottolineano gli avvocati Andrea Salcipropria cella nel na, Ettore Zagarese e supercarcere di CoSi impiccò Francesco Paolo starelle di Preturo in carcere Oranges, se il qua(L’Aquila) dove si rantunenne è riuscitrovava sottoposto Ieri l’udienza to a portare a compial regime del 41bis davanti al gip mento l’insano gesto nell’ambito della de L’Aquila all’interno della promaxioperazione pria cella, vuol dire antimafia “Santa Tecla”. Inchiesta che la Procura che « qualcuno non ha compiuto siaquilana ha intenzione di archiviare, no in fondo il proprio dovere di vigimentre i familiari di Mollo si oppon- lanza». Ieri, dinanzi al gip del Trigono con fermezza chiedendo che bunale de L’Aquila, la difesa ha devenga fatta chiarezza sulla morte del positato delle memorie, chiedendo Suicidio Mollo, i familiari contro l’archiviazione dell’inchiesta di non accogliere la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura e di fare piena luce su quanto accaduto accertando anche eventuali responsabilità. Secondo quanto finora ricostruito, Mollo si sarebbe impiccato ad una sbarra della cella utilizzando dei lacci e l’esame autoptico disposto dalla Procura, confermò il decesso per impiccagione. Da anni, inoltre, i suoi avvocati difensori denunciavano come le sue condizioni di salute fossero incompatibili con il regime carcerario, mentre il quarantunenne si era reso protagonista di tentativi di suicidio già in passato, sventati proprio dagli agenti di polizia peni- tenziaria. Considerato quanto accaduto, la difesa rileva come, sulla base dell’ordinamento penitenziario, vi sia da parte del personale «un obbligo di tutela della vita e dell’incolumità personale dei detenuti e degli internati negli istituti di pena». Un «dovere giuridico» che in questo caso, secondo i legali, sarebbe stato violato. A tal proposito, i difensori richiamano anche quanto affermato dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto nella sua requisitoria nell’ambito del processo “Santa Tecla”, quando non esitò a parlare di «condotte omissive» nella vicenda relativa al decesso di Pietro Salvatore Pietro Salvatore Mollo Mollo. Al termine dell’udienza di ieri, il gip aquilano si è riservato di decidere e si attende la pronuncia nei prossimi giorni. Rossella Molinari le iniziative della protezione civile COSENZA A seguito dello sciame sismico ancora in corso nell’area del Pollino, il sottosegretario alla Protezione Civile della Regione Franco Torchia ed il dirigente del settore regionale Salvatore Mazzeo hanno avviato una serie di iniziative non strutturali di prevenzione con il personale tecnico regionale della Struttura di Catanzaro e dell’Unità operativa provinciale di Cosenza, d’intesa con il Dipartimento nazionale della Protezione Civile ed in collaborazione sinergica con la Struttura di protezione civile della Regione Basilicata. «Anche sulla base delle indicazioni pervenute dal capo del Dipartimento nazionale Franco Gabrielli si è provveduto - si legge in un comunicato della Prociv regionale - ad estendere l’attività di pia- Sciame sismico nell’area del Pollino In corso sopralluoghi e verifiche degli edifici nificazione, oltre che ai Comuni afferenti al Com di Castrovillari, anche ai Comuni dei vicini Com di Trebisacce e di Scalea, pervenendo, così, ad un bacino di ben 41 Comuni ed una popolazione di circa 130.000 abitanti coinvolti. Avvio dell’attività di formazione del volontariato di protezione civile calabrese, congiuntamente a quello lucano, in occasione dell’incontro formativo dell’8 dicembre che si svolgerà nel Centro sociale di Lagonegro. È stato organizzato, inoltre, d’intesa con il Prefetto di Cosenza, Raffaele Cannizzaro, per il 12 dicembre 2011, un incontro operativo, da tenersi nella Prefettura di Cosenza ed a cui parteciperanno le componenti essenziali del Sistema di protezione civile locale. Previsti incontri con i sindaci cui seguiranno altri incontri e sopralluoghi tecnici per avviare la verifica dei Piani Comunali di protezione civile e la ricognizione degli edifici strategici e pubblici. E’ in atto la stipula di una convenzione con l’ordine provinciale degli ingegneri della provincia di Cosenza per l’inserimento nei gruppi di ricognizione degli edifici pubblici e strategici, di professionisti che hanno svolto tale attività in occasione del terremoto che ha colpito l’Aquila. E’ importante far presente come, l’attività appena descritta, sarà svolta come logica prosecuzione della pianificazione regionale per il rischio sismico dopo il test esercitativo regionale di protezione civile svolto nelle giornate del 25, 26 e 27 novembre. Sono, intanto, in corso nei Comuni di Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno e Castrovillari sopralluoghi tecnici di ricognizione, soprattutto nelle scuole, volti a verificare eventuali situazioni di criticità rappresentate dai responsabili scolastici e dai sindaci, mentre sarà avviata, a breve, a cura delle squadre miste di rilevamento, la fase di ricognizione e verifica delle strutture pubbliche e degli edifici strategici». 12 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O Marechiaro, confisca revocata Lamezia, confermate in appello le assoluzioni per tutti gli imputati LAMEZIA TERME (CZ) Riqualificazione giuridica del fatto e dichiarazione del reato estinto per prescrizione e conferma delle assoluzioni per tutti gli altri imputati. Così ieri mattina si è espressa la corte d’appello di Catanzaro (presidente Annamaria Sullo, a latere Marco Petrino e Francesca Marrazzo) nei confronti dell’imprenditore di Gizzeria Paolo Sauro, difeso dall’avvocato Francesco Gambardella, e coinvolto nell’inchiesta “Marechiaro” per la quale in primo grado era stato ritenuto l’unico responsabile dal tribunale di Lamezia Terme. Sauro, infatti, che in primo grado era stato condannato ad un anno e tre mesi di reclusione, era imputato insieme ad altre quindici persone, tra cui l’assessore regionale ai lavori pubblici, Pino Gentile, l’ex presidente della Giunta regionale calabrese, Giuseppe Chiaravalloti, l’ex dirigente del Comune di Lamezia Terme, Andrea Iovene, oltre che dirigenti e funzionari della Regione Calabria ed ex amministratori del L’hotel Marechiaro a Gizzeria Comune di Gizzeria, tutti assolti in primo grado dal tribunale di Lamezia Terme, per presunti abusi connessi al finanziamento ed alla realizzazione di una struttura alberghiera che era stata anche sequestrata ed in seguito confiscata, misu- re entrambe revocate dal tribunale di Catanzaro che ha anche disposto la restituzione della stessa a Sauro. L’inchiesta riguardava un finanziamento della Regione di 4,2 milioni di euro concesso nel 2002 per la realizzazione dell’albergo, il “Mare- chiaro” a Gizzeria che, poi, diede an- ficio. Oltre a Gentile vennero assolche il nome all’operazione. Secondo ti gli altri imputati tra cui l’ex presiquanto affermato dall’accusa, però dente Chiaravalloti, l’ex dirigente rela struttura era stata realizzata sen- gionale Iovane, dirigenti e funzionari della Regione Calabria ed ex amza l’autorizzazione paesaggistica. L’accusa, sostenuta dal procura- ministratori del Comune di Gizzetore generale Raffale Sforza, aveva ria. L’unica condanna, ad un anno e tre mesi di reclusiochiesto una condanne, invece, venne na ad otto anni per Riqualificazione inflitta nei confronSauro, a tre anni e ti di Sauro, proprienove mesi per Chia- giuridica del fatto tario della struttura, ravalloti, a tre anni e e dichiarazione che, secondo i giusei mesi per Gentile del reato estinto dici del tribunale lae ad un anno e due per prescrizione metino, si era reso mesi per Iovene. Per responsabile di ingli altri imputati, invece, pene variabili tra i due e i quat- debita percezione di erogazioni a danno dello Stato e nei suoi confrontro anni. In primo grado, il collegio giudi- ti i giudici avevano disposto anche cante del tribunale di Lamezia Ter- una multa di 30 mila euro e la conme, presieduto da Giuseppe Spada- fisca della struttura. ro, dopo oltre sette ore di camera di In quella circostanza, il pubblico consiglio, invece, aveva assolto Gen- ministero, Luigi Maffia, aveva chietile, coinvolto nell’inchiesta in qua- sto le condanne per tutti gli imputalità di ex assessore regionale al turi- ti con pene variabili dai dieci anni e smo con la giunta di centrodestra cinque mesi ai due anni di reclusiopresieduta da Giuseppe Chiaravallo- ne. ti, dalle accuse di associazione per SAVERIA MARIA GIGLIOTTI delinquere, truffa, falso e abuso d’[email protected] in secondo grado TORINO Delitto Mandarino Sentenza riformata PAOLA (CS) La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ha riformato la sentenza del processo di primo grado celebrato col rito abbreviato a carico dei quattro presunti responsabili dell’omicidio di Stefano Mannarino, alias il “texano”, il falegname trentanovenne barbaramente trucidato il 24 novembre del 2008 in salita San Francesco. Ieri i giu- ro Antonella Lauri, più il riconoscimendici hanno assolto Elena Serpa e Vin- to dei danni (100mila euro) alle parti cenzo La Rosa, dimezzando le pene per civili (moglie e figli di Mannarino). Domenico La Rosa (da 30 a 15 anni) e Secondo l’accusa gli imputati avrebper Stefano Di Vanno bero “convocato” (da 30 a 10 anni). Il 27 Pene dimezzate Mannarino a casa proaprile scorso, invece, il pria per un chiarimenper La Rosa Tribunale penale di to, sospettando che il Paola (giudice Claudia e Di vanno falegname avesse avuPungitore) ha inflitto to un ruolo nell’omiciAssolti gli altri centoventi anni di cardio del loro congiunto, due imputati cere a Elena Serpa (72 Antonello La Rosa, anni), ai figli Domeniconsumato un mese co (53 anni) e Vincenzo La Rosa (55 an- prima. Mannarino, dopo un tentativo di ni) e all’amico di famiglia Stefano Di strangolamento con un filo metallico, è Vanno (45 anni). Trent’anni di galera a stato colpito a morte con oggetti concarico di ogni singolo imputato, cioè tundenti: «Colpi multipli e ripetuti ad quanto richiesto dal pubblico ministe- alto impatto», recita il verbale dell’au- topsia. Dopo l’uccisione il suo corpo sarebbe stato trascinato con una coperta nel vicino ruscello e abbandonato. Ieri mattina, in sede di Corte d’Appello a Catanzaro, i secondi giudici (presidente Fortunato Rosario Barone, consigliere Fabrizio Cosentino) hanno riformato, stravolgendola nel merito, la decisione di primo grado. Secondo la nuova sentenza, infatti, Elena Serpa e Vincenzo La Rosa non sono responsabili dei fatti ascritti e, conseguentemente, sono stati assolti, mentre Domenico La Rosa è stato condannato a soli 15 anni di carcere, rispetto ai 30 del primo grado e Stefano Di Vanno (reo confesso e “dichiarante” di giustizia) dovrà scontare soli 10 anni di reclusione ri- interrogazione parlamentare Laratta e Giulietti al governo: che fine ha fatto Azzarà? REGGIO CALABRIA I deputati Franco Laratta, del Pd, e Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, hanno presentato un’interrogazione al ministro degli Esteri in merito al sequestro di Francesco Azzarà, il volontario di Emergency rapito il 14 agosto scorso in Sudan, nella regione del Darfur. In particolare, i parlamentari chiedono di sapere «se il governo segue con costanza il sequestro di Francesco Azzarà; se vi sono stati contatti con i rapitori; se si hanno notizie sulla condizioni e sullo stato di salute del rapito». «È decisamente forte - è scritto nell’interrogazione - il silenzio sul rapimento in Darfur del giovane Francesco Azza- rà , operatore di Emergency stimato ed apprezzato da tutti. Il 14 agosto 2010 Francesco Azzarà è stato rapito e da quel momento si sono perse le tracce e nessuna notizia si è avuta in merito alla sua sorte. Abbiamo chiesto più volte all’allora ministro degli Esteri, Frattini, di riferire in Aula, ma questo non si è mai verificato. Una nostra precedente interrogazione sul caso, sottoscritta di diversi parlamentari, ha ricevuto una burocratica e insoddisfacente risposta». «Ora - concludono Laratta e Giulietti - la nostra preoccupazione diventa ancora più forte, perché di Francesco Azzarà non si hanno più notizie dal quel 14 agosto 2010». Aiutarono “U Mangianisi” Arrestate tre persone IL “TEXANO” Stefano Mannarino spetto ai 30 inflitti dal Tribunale di Paola. La sentenza presumibilmente verrà appellata in Corte d’Assise. Ma oggi si registra una vittoria importante per la difesa: l’avvocato Giuseppe Bruno (difensore di Domenico La Rosa, Vincenzo La Rosa ed Elena Serpa) e Massimo Zicarelli (difensore di Vincenzo La Rosa). Guido Scarpino legittimo impedimento Why not, Morelli fa saltare l’udienza CATANZARO È stata rinviata al 9 gennaio prossimo l’udienza in programma ieri a Catanzaro del processo Why Not su presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici. Il rinvio si è reso necessario per legittimo impedimento a partecipare di uno degli imputati, il consigliere regionale Franco Morelli, arrestato la scorsa settimana nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Milano sui rapporti tra ’ndrangheta e politica e attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera. Morelli intendeva partecipare all’udienza, ma il Tribunale non aveva disposto il trasferimento a Catanzaro dal carcere milanese di Opera nel quale è detenuto. Da qui il rinvio. Nel processo Why not sono imputate 27 persone tra funzionari ed ex amministratori regionali, imprenditori e professionisti. Nell’udienza di ieri era prevista la deposizione del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Chiaravalloti, che ha svolto le indagini. PRESUNTO BOSS Giorgio Demasi detto “U mangianisi” TORINO Tre persone sono state arrestate dalla squadra mobile di Torino con l’accusa di concorso in favoreggiamento per avere aiutato il presunto boss della ‘ndrangheta Giorgio Demasi detto “U Mangianisi”, nella latitanza durata da luglio 2010 ad aprile 2011. L’ordine di custodia cautelare è stato emesso dal gip Giuseppe Salerno nei confronti di Rocco Demasi, 46 anni, Francesco Ursino, 28 anni, entrambi residenti a Torino, e Rocco Schirripa, 58 anni, già detenuto nel carcere di Asti. Schirripa è stato arrestato a giugno durante l’operazione “Minotauro” sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in provincia di Torino. Demasi fu catturato nel capoluogo piemontese. 13 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 D A L REGGIO CAABRIA P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O Si uccide a Lugano il notaio di “Infinito” L’indagine della Dda reggina sui capitali della cosca Gallico fatti sparire all’estero si tinge di giallo. È stato trovato morto, nella sua abitazione di Lugano, l’avvocato-notaio Daniele Borelli. Il professionista 47enne, nato a Zagabria in Croazia ma trasferitosi per lavoro tra Lugano e Como, era destinatario di un decreto di fermo emesso dalla procura di Reggio Calabria che ipotizzava nei suoi confronti diversi reati. Secondo i magistrati reggini avrebbe favorito la distrazione dei capitali illeciti della cosca di ’ndrangheta che fa capo alla famiglia Gallico di Palmi. Insieme a lui nel decreto di fermo c’erano altri soggetti tra cui l’avvocato Vincenzo Minasi. Però i poliziotti non erano riusciti a stringergli le manette ai polsi perché si trovava in Svizzera la mattina del 30 novembre, zione di società off shore negli quando il decreto è stato ese- Stati Uniti d’America. L’opeguito contemporaneamente razione sarebbe stata consaall’ordinanza di custodia cau- pevolmente condotta da Datelare dell’operazione “Infini- niele Borelli e dal collega calato” coordinata dalla procura brese Vincenzo Minasi. Quedistrettuale antimafia di Mila- st’ultimo condivideva con il no. Gli inquirenti calabresi notaio lo studio a Como, e ne erano pronti alla rogatoria, ha altri due a Milano e a Palma ormai non serve più. Se- mi. Nei primi due interrogacondo quanto appreso, in un tori avuti in conseguenza dell’ordinanza di contesto in custodia caucui pochissitelare “Infinime informale ipotesi to” (in cui zioni sono compare putrapelate, Bodei magistrati re come derelli sarebbe Per la Dda stinatario) e stato rinvereggina avrebbe del decreto di nuto cadavefermo emesre in una pozfavorito la so dalla Dda za di sangue distrazione dei reggina, il nella sua casa professioniin via Angelo capitali illeciti palmese Baroffio al cidella cosca Gallico sta (assistito dalvico quattro. l’avvocato Non sono Giuseppe state resi noti ulteriori particolari, tuttavia Nardo) ha dato le sue spiegal’ipotesi accreditata è che l’av- zioni sui punti contestati. Nei vocato-notaio si sia tolto la vi- prossimi giorni sarà però forta. La sua morte alimenta un malizzata la richiesta di intermistero, legato all’inchiesta su rogatorio con i magistrati regcui la magistratura stava cer- gini titolari dell’inchiesta, poiché l’interrogatorio nel carcecando di fare chiarezza. re di Como era avvenuto per rogatoria davanti a magistraProfessionisti ti che non conoscono i dettaal servizio delle cosche Nelle carte dell’inchiesta i gli dell’indagine. pm di Reggio Calabria hanno Le società off shore ricostruito una serie di pasBorelli invece non è stato saggi di beni in realtà riconducibili ai Gallico, con la crea- sentito e con sé si porta la ve- È stato trovato morto nella sua abitazione Daniele Borelli MISTERO A sinistra, la cassetta delle lettere della casa del notaio Daniele Borelli a Lugano Poche le informazioni trapelate sul suicidio dell’uomo rità su quanto i pm di Reggio Calabria stanno tracciando. Nel decreto di fermo si rappresenta, ad esempio, un’operazione che il notaio del Canton Ticino aveva avallato tra il 2007 e il 2008 con la finalità, secondo l’accusa, di distrarre i capitali della cosca Gallico. La situazione è relativa a diversi appezzamenti di terre- no del valore di 60mila euro circa. Erano intestati a una coppia di prestanome. Ma non bastava. Evidentemente la sensazione era che la morsa degli investigatori si stesse stringendo e così l’11 luglio 2007 viene costituita una società di diritto statunitense, la Zenas Llc. La sede legale risulta essere a Wilmington- Delaware mentre il domicilio fiscale è in Italia, a Varese. L’amministratore di questa società era proprio Daniele Borelli. Il 27 febbraio 2008 viene firmato un contratto in cui i coniugi prestanome cedevano i terreni alla società off shore. La cosa strana è che la donna alla quale erano intestati i beni nei mesi prece- quel giorno evitò le manette Il 30 novembre il notaio si trovava in Svizzera Gli inquirenti erano pronti alla rogatoria denti aveva effettuato diversi prelievi, per un ammontare complessivo di quasi 70mila euro. Tutti in contanti. Poi sul conto corrente aperto negli Usa arriva la somma di 60mila euro pattuiti. Il conto era stato autorizzato a potere ricevere e inviare pagamenti in valuta estera il 4 marzo 2008. Lo stesso giorno in cui avvenne l’accreditamento. Il primo movimento che quel conto aveva avuto. Una coincidenza? Per gli investigatori, no. Daniele Borelli, per la Dda reggina, «era assolutamente consapevole delle finalità illecite sottese alle costituzioni delle società estere». Ma non potrà più raccontare la sua verità. ANNALIA INCORONATO [email protected] la moglie del giudice giglio La Sarlo fitta l’ufficio al commissario Reggio, Percolla firma il contratto di locazione per 54mila euro REGGIO CALABRIA La direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate di Reggio Calabria ha registrato in data 31/10/2011 un contratto di locazione a uso ufficio tra i quattro proprietari (di cui tre residenti a Reggio Calabria) dell’immobile e l’Ufficio del Commissario straordinario delegato per l’attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Calabria. Uno dei quattro proprietari dell’immobile concesso in locazione è la dottoressa Alessandra Sarlo, moglie del giudice Vincenzo Giglio coinvolto nell’inchiesta “Lampada-Valle” di Ilda Boccassini. La Sarlo, già commissario straordinario dell’Aps di Vibo Valentia, è dirigente generale del dipartimento controlli del- la Regione Calabria, un dipartimento da poco costituito. Il locale dato in fitto è di circa 250 mq e si trova in uno stabile di via Tommaso Campanella in Reggio Calabria. La durata della locazione è stata convenuta i sei anni, precisamente dal 1/12/2011 al 30/11/2017. Il canone annuo della locazione convenuto è di 54mila euro, da corrispondere in 4 rate trimestrali anticipate. L’attuazione dell’Accordo di programma in questione è finalizzato alla programmazione ed al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Calabria. L’accordo fu stipulato, il 25/11/2010, tra il ministro per l’Ambiente e il presidente del- la Regione Calabria, prevedendo la realizzazione di 185 interventi per un importo complessivo di 220 milioni di euro. Con Dpcm del 21.01.2011 è stato nominato Commissario straordinario delegato per l’attuazione degli interventi il dott. Domenico Percolla che ha firmato il contratto di locazione. Il Commissario - come recita il sito ufficiale della Regione - ha avviato la realizzazione dei primi 88 interventi per i quali è già prevista la copertura finanziaria attraverso la richiesta, alle amministrazioni comunali nei cui territori ricadono le aree oggetto di intervento, di informazioni circa lo stato di attuazione dei suddetti interventi. BRUNO GEMELLI [email protected] l’operazione “gold plastic” COSENZA Passavano anche dal porto di Gioia Tauro i rifiuti tossic diretti in Cina che hanno fatto scattare ieri l’operazione “Gold Plastic” della procura di Lecce. Dalle prime luci dell’alba i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Taranto hanno eseguito 54 arresti per traffico internazionale di ingenti quantità di rifiuti speciali costituiti da materie plastiche, gomma e pneumatici fuori uso. Tra gli arrestati rappresentanti di società operanti nel settore del recupero e riciclaggio di rifiuti speciali, spedizionieri doganali e agenti di compagnie di navigazione, tra cui anche alcuni operatori di etnia cinese. I reati ipotizzati sono associazione per delinquere transnazionale finalizzata all’illecito traffico di rifiuti e falsità ideologica in atto pubblico. Traffico di rifiuti tossici per la Cina I container partivano anche da Gioia Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce, che ha disposto anche numerose perquisizioni, nel corso delle quali, in 21 aziende di 13 regioni italiane (tra cui la Calabria), sono stati sequestrati preventivamente beni per un valore complessivo di oltre 6 milioni di euro. L’operazione è il frutto di indagini avviate nel gennaio del 2009 dalla Guardia di Finanza di Taranto insieme agli uffici della Dogana. Anche grazie a intercettazioni telefoniche e te- lematiche, le Fiamme Gialle hanno ricostruito un traffico illecito di 34mila tonnellate di rifiuti speciali esportati dall’Italia verso diversi paesi del sud-est asiatico utilizzando 1.507 container, per un giro d’affari stimato in sei milioni di euro, considerando sia i mancati costi per lo smaltimento dei rifiuti presso i siti italiani autorizzati, sia i compensi percepiti “in nero”, anche su conti bancari esteri, per l’attività commerciale e di intermediazione dei rifiuti; questi venivano acquistati a un prezzo irrisorio e quindi rivenduti a clienti asiatici, che li utilizzavano per il recupero energetico, a un valore anche 250 volte superiore. Durante le indagini, sono state sequestrate oltre 2.600 tonnellate di rifiuti speciali su 114 container, già pronti per essere spediti oltreoceano, utilizzando una falsa documentazione commerciale e doganale. 14 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria ora S T R E T T O ’ndrine e politica Il presidente-coordinatore e quei candidati “da non votare” «Chi poteva immaginare di Franco Morelli una cosa del genere, di una persona vicina alla chiesa, scoperta a flirtare con i poteri criminali?». Così il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, lunedì mattina a Reggio, durante un convegno promosso dal Museo della ’ndrangheta. «Tutti sottoscrissero un codice etico – ha affermato poi Scopelliti ricordando le scorse regionali –. Siamo stati i primi a farlo per selezionare le candidature e sono stato io a dire ai calabresi di non votare alcuni nomi quando Belcastro e Zavettieri prepararono le proprie liste». Ecco le repliche di Belcastro e Zavettieri al governatore. Zavettieri a Scopelliti: basta con le ipocrisie «Sul codice etico il tempo ci ha dato ragione» Non posso non replicare ad alcune affermazioni del tutto gratuite e mendaci formulate dal presidente della Regione (...) che, come riportato dagli organi di stampa, chiamano incautamente in causa il sottoscritto ed il partito dei Socialisti Uniti (...) indicandolo quale “ricettacolo” di candidati in odore di santità. Si può comprendere lo stato confusionale in cui versa il nostro presidente a seguito dei gravi infortuni giudiziari che hanno interessato esponenti di primo piano del suo partito e delle sue liste ma ciò non giustifica il tentativo maldestro di individuare altrove le responsabilità. È appena il caso di rammentargli, da cattolico praticante qual è, il passo del vangelo di Luca che recita “Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. Non risulta pertanto vero e fondato che i Socialisti Uniti abbiamo sottoscritto alcun codice etico, avendo espresso sullo stesso sin dalle origini – come i fatti hanno poi dimostrato – riserve fondate e motivate sul valore di quel codice senza appellarsi ad un presunto garantismo di comodo (...), ma ribadendo con forza e coerenza che un codice etico non avrebbe dovuto regolamentare situazioni giuridiche già di per sé disciplinate dalla legge – che di suo prescrive il divieto di candidatura ai condannati in primo grado per reati di mafia – ma piuttosto disciplinare circostanze che possono generare fenomeni di corruzione e di commistione, come candidati con interessi diretti e non sempre leciti nel mondo della sanità, dell’energia alternativa, del credito, della formazione, del turismo, eccetera, dalle spiccate doti camaleontiche che sanno ben mimetizzarsi nelle istituzioni. Un codice, la cui presunta applicazione ha generato situazioni di ipocrisia, opportunismo e doppiopesismo (…). L’affermazione poi secondo cui il sottoscritto si sarebbe impegnato a non candidare il Signorelli nella propria lista oltre ad essere palesemente falsa conferma l’adagio popolare secondo cui “il buon menzognero deve possedere buona memoria”. Basta infatti rileggere le cronache dei quotidiani locali del giorno successivo alla presentazione delle liste regionali per ritrovarvi la pubblicazione pressoché integrale della lettera con la quale il sottoscritto ha inteso informare della discussa candidatura in questione gli allora vertici nazionali del Pdl (Bondi, Verdini e La Russa) unitamente a quelli regionali nella persona del suo coordinatore allegandovi una memoria sulla posizione giudiziaria del Signorelli. Il tutto, assumendosi la piena, completa e personale responsabilità della candidatura in questione ed annunciando che, in caso di condanna dello stesso, oltre alle mie immediate dimissioni dalla carica politica da me ricoperta, avrei provveduto ad autodenunciarmi alla magistratura per concorso esterno in associazione mafiosa. Un gesto che, mi sia consentito con modestia, posso permettermi per avere le carte in regola essendo uscito pulito dal ciclone tangentopoli reggino e per fortuna, anche dall’attentato di matrice politico-mafiosa cui sono stato fatto segno perché personaggio sgradito e di impedimento agli interessi di quegli stessi ambienti. Un attentato vero e non come quelli finti compiuti verso il Comune di Reggio. Sulla posizione di Signorelli è bene inoltre precisare che il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Amantea di cui lo stesso faceva parte è stato – pochi mesi dopo la tornata elettorale regionale – invalidato con sentenza di reintegro del Consiglio di Stato n. 3462/2010 (...). Il sottoscritto non ha inteso per questi e tanti altri motivi sottoscrivere un “codice” in contrasto con i suoi convincimenti politici ed in contrasto con la Costituzione, le garanzie ed i diritti basilari dell’uomo e del cittadino. Saverio Zavettieri Socialisti Uniti dalla prima SE IL GOVERNATORE È FORCAIOLO... Il forcaiolismo si fonda sull’idea che lo Stato deve affermare la sua credibilità e i principi della giustizia semplicemente mostrando la sua ferocia e schiacciando i diritti, la dignità, la personalità, l’umanità degli imputati o - più ancora e con maggior accanimento – di coloro che ritiene colpevoli. Il forcaiolismo divide la società in due: i colpevoli e gli innocenti. I colpevoli devono essere schiacciati, gli innocenti schiacciare e umiliare. Il giustizialismo è antico e tende a riportarci nell’antichità. Chissà se qualcuno si ricorda di quella poesia - bellissima, emozionante - di Jacopone da Todi (“Donna de Paradiso”) scritta nel ’200, e che contiene quei versi che ancora oggi rappresentano benissimo la fede forcaiola: “Crucifige, crucifige, omo che se fa rege, secondo nostra lege, contraddice al Senato...”. Jacopone è il primo critico del forcaiolismo dello scorso millennio. Il giustizialismo è vendetta, è smania di potere, è mancanza di pensiero, di sentimenti, incapacità di vedere l’altro, di ragionare, di avere relazioni che non siano di dominio o di sottomissione, di forza o di de- bolezza. Bene: cosa ci fa una frase che esprime il peggior forcaiolismo sulla bocca del presidente della Regione, cioè del massimo rappresentante delle Istituzioni calabresi? Conosciamo Scopelliti come un uomo che ama il diritto, che non gradisce i linciaggi, uomo moderno, liberale: perché - evidentemente per un calcolo politico - scende a questi livelli infimi di battaglia politica? Non è solo per rispetto verso Santi Zappalà - la cui vicenda processuale è ancora in corso - che dico queste cose, ma è per difendere la civiltà e la dignità della lotta politica. Questi anni di berlusconismo e di antiberlusconismo ci hanno abituato a tutto. Sappiamo dove può arrivare la strumentalità della battaglia politica, di gruppo, di schieramento. Però, finché il giustizialismo gira tra la gente, o domina sui giornali – Travaglio, Santoro, Flores D’Arcais – questo è legittimo: se si innalza fino al vertice istituzionale, un po’ ci indigna. E speriamo – francamente – che Scopelliti vorrà correggere quella frase infelice. Piero Sansonetti Belcastro (Noi Sud): caro Peppe, non fare il primo della classe «È l’ora dei fatti e non delle belle parole dei convegni antimafia senza credibilità» Il presidente Scopelliti ha voluto ricordare il giorno in cui vennero presentate le liste regionali per le elezioni del 2010 sostenendo che «Quando presentammo le liste per la Regione io chiesi a Zavettieri e Belcastro di non candidare alcuni personaggi proprio perché non erano limpidi», dimenticando che per quel che riguarda la lista regionale di “Noi Sud” si trattava di un giovane studente universitario di soli venti anni che ha pagato il fio di avere il papà inquisito, determinando, in tal modo, che la presunta colpa di un padre venisse pagata dal figlio calpestando ogni la lettera Moglie di Zappalà: «Buttare le chiavi? Frase disumana» Le parole pronunziate dal presidente Scopelliti circa la necessità di “buttare a mare” le chiavi della cella di Nuoro ove da circa un anno è ristretto mio marito credo siano parse inopportune non solo a me e alle mie figlie, ma anche a tanti calabresi stanchi di atteggiamenti antimafia che non hanno il pregio della coerenza, della costanza e della serenità di giudizio. Mio marito è un uomo disperato perché sta pagando un prezzo altissimo per l’errore di un attimo: meriterebbe quanto meno un atteggiamento di umana pietà. E nessuno può ergersi a giudice, anche se non ha scheletri negli armadi, quando ancora è la Corte d’appello a doversi pronunziare. Così come a nessuno è consentito rigirare il coltello nella piaga non guardando alle travi conficcate negli occhi di tante persone che vagano nei territori della politica, senza che nessuno decida non dirò di gettare le chiavi, ma di usarne per far uscire gli odori malsani che vi stazionano. Francesca Parisi Zappalà forma di garantismo. Inoltre Scopelliti ha anche affermato che «la politica non può essere commissariata perché la delegittimazione della politica non può che favorire le cosche», dimenticando, ancora una volta, che la politica si è delegittimata da sola in un crescendo rossiniano che vede oramai quasi quotidianamente esponenti politici coinvolti in vicende poco chiare. E questo soprattutto in Calabria dove la politica non riesce a dare risposta alcuna per risolvere i problemi che, in realtà, si aggravano giorno dopo giorno. Potremmo consigliare al presidente Scopelliti di commissionare ad una seria agenzia specializzata un sondaggio sulla sua popolarità e quella della sua giunta ed in tal modo potrebbe rendersi conto del calo a picco oramai sempre più evidente. Il presidente Scopelliti, invece di citare personaggi politici che hanno rischiato la propria vita per aver evidentemente non soddisfatto alcuni interessi, dovrebbe essere più incisivo nella politica quotidiana e dovrebbe essere anche pronto ad una maggiore trasparenza come quella di pubblicare i vitalizi degli ex consiglieri regionali o quella di rendere pubblico come vengono impiegati i cospicui fondi destinati ai gruppi consiliari regionali, solo per fare due piccoli esempi. È il tempo dei fatti e non delle belle parole nei convegni antimafia che hanno francamente stancato e che non godono, anch'essi, di credibilità alcuna. I calabresi vogliono fatti concreti, vogliono che i problemi vengano affrontati con coraggio e con riforme vere e non solo imposte dall'alto. Quali riforme sono state fatte dal governo regionale? Quali azioni dirompenti sono in programma? Finora solo parole e null'altro. In tal modo la politica diventa poco credibile e si commissaria da sola. Questo dovrebbe ricordarsi più spesso il presidente Scopelliti prima di ergersi a primo della classe ed ergersi a professore di moralità e legalità. Elio Belcastro Noi Sud MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 17 l’ora di Reggio tel. 0965 324336-814947 - fax 0965 300790 - mail [email protected] - indirizzo via Nino Bixio, 34 CRONACA SALINE JONICHE Pub “Civico 32” distrutto da un incendio > pagina 20 OPPIDO MAMERTINA Porto, Protocollo d’intesa tra Raffa e Guarna > pagina 26 LATITANZA DEMASI Sindaco incontra la Squillacioti dopo la denuncia Blitz a Torino in manette tre fiancheggiatori > pagina 32 > pagina 37 Nuovi strumenti per le indagini Tre software consentiranno di acquisire informazioni sulle imprese italiane Insieme per la legalità e per un’economia pulita. A fare fronte comune sono Camera di commercio, Prefettura, Procura, Tribunale e forze dell’ordine, firmatari di un accordo che faciliterà l’individuazione di infiltrazioni mafiose ed altri tipi di illegalità in ambito economico attraverso dati messi a disposizione telematicamente dalla stessa Camera. A firmarlo, ieri mattina nella sede dell’associazione imprenditoriale, il presidente della Camera Lucio Dattola, il prefetto Luigi Varratta, il presidente del Tribunale Luciano Gerardis, il procuratore Giuseppe Pignatone, il vice comandante del Comando provinciale dei Carabinieri Carlo Pieroni, il comandante provinciale della Guardia di finanza Cosimo di Gesù e il vice questore vicario Antonino Romeo. Il protocollo – prima fase di “Impresa legale e sicurezza partecipata: perché no?”, programma pluriennale della dell’ente camerale reggino che ha l’obiettivo di valorizzare etica, legalità e trasparenza e di creare una rete fra istituzioni, enti, associazioni, persone fisiche del territorio – consentirà una conoscenza tempestiva e puntuale per prevenire e contrastare fenomeni che minano in primis libertà e concorrenza. «Sono stati toccati con mano risultati fino a poco tempo fa impensabili, questo accordo è una intimidazioni Rubati attrezzi agricoli alle “Terre del Sole” visione plastica della Reggio se italiano e al Registro dei seria e onesta» ha detto Dat- protesti, dalle visure agli statola prima della presentazione tuti, agli atti depositati; “Ri.videl protocollo. Un protocollo, sual” di vedere in formato graquello presentato dal segreta- fico informazioni e relazioni rio generale della Camera An- tra le diverse imprese o fra imtonio Palmieri, che permette- prese e titolari di cariche e rà a magistratura e forze del- partecipazioni; “Ri.map” di l’ordine, atselezionare traverso l’utielenchi di imProtocollo lizzo dei serprese attraalla Camera di vizi telematici verso criteri di ricerca tergestiti da InCommercio ritoriale o focamere con le forze economica e “Telemaco”, investigative di visualizzaRi.visual”, re le imprese “Ri.map”, mappa geografica; “Ri.build” e “Stockview”, di su monitorare 9 milioni di per- “Ri.build” di tenere sotto consone fisiche, 6 milioni di im- trollo un insieme di imprese prese registrate ed oltre selezionate attraverso la se900mila bilanci depositati gnalazione via e-mail di tutte ogni anno. In particolare, “Te- le modifiche; “Stockview”, la lemaco” offrirà la possibilità banca dati sul sistema sulla di accedere al Registro impre- natalità e mortalità delle im- prese italiane, di avere informazioni su consistenza e distribuzione delle imprese italiane. Romeo, Pieroni e Di Gesù hanno salutato positivamente il nuovo strumento e l’ulteriore sinergia. Così come Varratta («É Giusto concentrare gli sforzi per contrastare le infiltrazioni e favorire un’economia legale che è l’unica strada per lo sviluppo»), Gerardis («Mettere insieme i dati facilita ricerca e comparazione, il mio ufficio li utilizzerà anche in ambito civile) e Pignatone («L’economia drogata da capitali mafiosi offusca quella sana: questo messaggio è difficile da far passare. Aggredire i patrimoni mafiosi è fondamentale per la crescita economica»). LUCA ASSUMMA [email protected] museo della ’ndrangheta Beni confiscati alla criminalità «Valorizzarli dopo il recupero» La realtà sui beni confiscati, le problematiche e le prospettive sono state al centro della seconda giornata del ciclo di seminari “La ferita”. Il confronto si è svolto sull’effettivo utilizzo dei beni mobili e immobili, che presentano criticità diverse per la loro riassegnazione e riutilizzo. Una questione particolare è rappresentata dalle imprese, che devono essere messe in grado di funzionare. Legandole in rete magari ad associazioni che hanno già avuto fortunate esperienze come Libera, ha rilevato Francesco Spanò. Il problema principale è recuperare le dise- conomie che la ‘ndrangheta lascia per far morire quelle imprese. A gestire i beni confiscati oggi è l’Agenzia nazionale istituita con sede nazionale proprio a Reggio Calabria. Maria Rosaria Laganà ha invitato innanzitutto gli enti locali a una maggiore consapevolezza della potenzialità rappresentata dai beni confiscati. «Lo sforzo dell’Agenzia –ha detto- è far arrivare i beni agli enti locali liberi da criticità, anche se questo richiede un po’ di tempo in più». Le problematiche sono varie, vanno dall’automobile confiscata che al termine del procedimento penale è ormai trop- po obsoleta per essere riassegnata e quindi diventa più conveniente rottamarla fino alle imprese che devono continuare sul territorio ma è difficile in certi contesti, anche perché la ‘ndrangheta non vuole che lo Stato continui un’attività sottratta alle cosche. E’ in corso di definizione un protocollo con Assolombarda che punta alla formazione di figure per la gestione dei beni confiscati. L’ottica è chiara: spostare l’attenzione dal momento della sottrazione a quello della valorizzazione del bene. Massimliano Ferrara della Mediterranea ha posto l’accento su come la ‘ndrangheta si sia insidiata nell’acquisizione delle imprese e ha annunciato che saranno organizzati corsi di formazione per la gestione dei beni confiscati e delle loro criticità. La porta di un magazzino da poco restaurato è stata divelta mentre sono stati sottratti piccoli attrezzi e altri materiali che si trovavano all’interno. È questo l’esito dell’ennesimo furto che nello scorso fine settimana si è perpetrato ai danni del Consorzio “Terre del Sole” che da cinque anni opera sul bene confiscato alla mafia in località Placanica di Pentedattilo, nel comune di Melito Porto Salvo da cinque anni. Ignoti si sono introdotti nella zona compiendo il vile gesto che non rappresenta un caso isolato, ma è uno dei tanti di una lunga serie "garbate" minacce che gli operatori del consorzio e le cooperative socie ricevono con assidua frequenza. Dopo l’ennesimo gesto di tale portata, il consorzio ha detto basta rendendo pubblico questo iter compiuto senza tener conto dei tanti sacrifici compiuti da “Terre del Sole” che in questo momento sta affrontando per la prima volta la sfida della produzione agri- cola a scala più vasta, superando le iniziali difficoltà di avviamento. «Il furto, la minaccia, ed altro genere di vessazioni ad opera della criminalità organizzata non ci spaventano di certo – hanno dichiarato in coro gli esponenti del consorzio - Già domenica Terre del Sole ha infatti ospitato un gruppo scout che ha dato una mano sia pur simbolicamente, alla conduzione agricola. Questo stile che caratterizza il consorzio è la migliore risposta alla illegalità». «Risposta -proseguono con risolutezza- che continueremo a dare proponendo sui nostri terreni, anche l’anno prossimo, campi di lavoro e formazione rivolti a giovani volontari di tutta Italia, così come abbiamo fatto negli ultimi cinque anni, - aggiungono - in strettissima cooperazione con altre realtà del territorio come l'associazione Pro Pentedattilo, l'Arci di Reggio Calabria e Libera, organizzazione a cui il consorzio aderisce». Francesco Iriti l’ORA GrecoCALABRA p~⁄~ COMUNI Melito Porto Salvo Bova Bova Marina Motta San Giovanni Condofuri Montebello Jonico 0965 732473 0965 762010 0965 760023 0965 718101 0965 776000 0965 785372 Palizzi Roghudi Bagaladi San Lorenzo Com.Montana Capo Sud GUARDIE MEDICHE 0965 763079 0965 789140 0965 724362 0965 721395 0965 775311 Melito Porto Salvo (T.Evoli) Bova Bova Marina Motta San Giovanni Condofuri Montebello Jonico Palizzi Bagaladi San Lorenzo Melito Porto Salvo Bova Bova Marina Motta San Giovanni Condofuri Montebello Jonico Palizzi Bagaladi Siglato l’accordo tra il presidente Raffa e il sindaco Guarna MONTEBELLO JONICO to alcuni bracci della struttura Regione, tramite il Dipartiostruendo con la sabbia, a cau- mento Infrastrutture e Lavori sa di un’errata costruzione, pubblici, aveva stanziato la cil’ingresso dello stesso. fra di 60 mila euro per garanL’apertura del varco verrà tire il transito delle imbarcaeseguita nel rispetto delle in- zioni e la vivificazione dello dicazioni fornite dalla Capita- specchio acqueo. neria di Porto di Reggio Cala“La firma del protocollo bria. Nel protocollo è stato in- d’intesa - ha dichiarato Giuserito, altresì, che il comune di seppe Raffa – concretizza un Montebello si altro aspetto impegna, Dalla Provincia della collaboprevia l’acrazione inteun contributo quisizione di ristituzionale di 20mila euro tutti i pareri e per il recupei nulla osta di ro e la valorizcome richiesto rito, ad affidazazione del dal Comune re l’esecuzioporto di Saline dell’opera ne Ioniche. mentre come responsabile Con le risorse che trasferiamo unico del procedimento è sta- al comune sarà possibile avto scelto l’architetto Antonino viare un intervento immediaDiano. L’intervento reso possi- to per liberare l’imbocco bile grazie al finanziamento ostruito dalla sabbia». della provincia segue in ordine E’indubbio che si tratta di di tempo quello avvenuto nel un’altra soluzione “tampone” luglio di quest’anno quando la per sopperire al problema an- ¢~ ~ ›¼ CARABINIERI 0965 783007 0965 762217 0965 761500 0965 711397 0965 727085 0965 785490 0965 765203 0965 372251 0965 721002 Porto di Saline, prevista l’apertura di un varco Protocollo d’intesa per l’esecuzione dell’intervento di “apertura di un varco” nel porto di Saline Ioniche. L’amministrazione provinciale, guidata dal presidente Giuseppe Raffa, ed il comune di Montebello Jonico, Antonio Guarna, hanno posto la firma su questo importante documento che fa seguito alla richiesta inoltrata nei mesi scorsi da parte del comune reggino in merito ad un contributo di 20 mila euro. L’amministrazione Raffa aveva subito accolto l’istanza della giunta Guarna facendo seguito alle promesse rilasciate durante un incontro tenutosi a Melito Porto Salvo ed organizzato per mettere ancora una volta in risalto la situazione del porto di Saline Joniche ormai da tempo in balìa della forza della natura che ha divel- calabria ora MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 26 che se, come dichiarato dallo stesso Raffa, sono in serbo delle novità per il prossimo futuro. «Di pari passo l’amministrazione provinciale, d’intesa con la facoltà di Ingegneria Idraulica e Marittima dell’Università Mediterranea, sta predisponendo uno studio complessivo sulla costa reggina e la stessa provincia si appresta all’acquisto di un pontone. – ha aggiunto il presidente della provincia - Quest’ultimo è uno strumento indispensabile alla manutenzione periodica dell’imboccatura del porto. Il tutto, ovviamente, in attesa delle risorse aggiuntive che ci consentiranno, anche alla luce dello studio dell’Università, - conclude Raffa - di avviare interventi strutturali tali da mettere in sicurezza la struttura». FRANCESCO IRITI [email protected] 0965 781378 0965 762702 0965 766360 0965 712209 0965 780333 0965 782783 0965 765803 0965 724088 TEMPO LIBERO BOVA Museo arte contadina BOVA MARINA Museo agropastorale Biblioteca Cineteatro “Don Bosco” CONDOFURI Biblioteca “Rempicci” 0965 762013 0965 760821 0965 760821 0965 766208 0965 784877 al governo monti Appello di Legambiente: «Stop all’ipotesi carbone» MONTEBELLO JONICO «Un piano verde per Saline Ioniche». Legambiente lancia un ultimatum al governo di Monti e Clini chiedendo lo stop definitivo alla centrale a carbone. «Si faccia dell’area grecanica un laboratorio di economia sostenibile e dell’ex Liquichimica la fabbrica dell’ambiente e delle energie rinnovabili». La presa di posizione da parte dell’associazione ambientalista arriva all’indomani della «timida apertura possibilista del neo ministro all’Ambiente sull’investimento della società Repower e della Sei che è sembrato palesarsi in occasione della sua visita in riva allo Stretto». Nel corso dell’XI congresso nazionale di Legambiente, i dirigenti del Cigno Verde hanno approvato all’unanimità (circa 800 delegati) un’importante mozione che boccia senza appello l’idea di un impianto a carbone nell’area industriale dell’ex Liquichimica e che ha fatto seguito alla relazione del Presidente nazionale Vittorio Cogliati Dezza. Nuccio Barillà è stato il primo firmatario del documento seguito dalla delegazione calabrese presente in assemblea, dai massimi dirigenti nazionali dell’associazione nonché dai delegati delle varie regioni. Legambiente chiede al governo «di schierarsi dalla parte dei cittadini, in difesa della loro salute. Lo stato attuale della ricerca non ha elaborato ad oggi nessun efficace miglioramento che consenta l’abbattimento della CO2. Inoltre la tecnologia cook capture and storage di “sequestro geologico dell’anidride carbonica”, è ancora in fase di sperimentazione, ha costi elevati, per cui si dovrebbero attendere molti anni prima che diventi eventualmente matura». Infine Legambiente invita Monti e Clini a prendere atto della contrarietà espressa in piazza dalla gente. fr.ir. MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 37 l’ora della Locride Sede: Via Verdi, 89048 Siderno Tel. e fax 0964 342899 Mail: [email protected] GUARDIE MEDICHE Siderno Locri Marina di Gioiosa J. Gioiosa Jonica Roccella Jonica Bovalino Grotteria Caulonia tel. 0964/399602 tel. 0964/399111 tel. 0964/416314 tel. 0964/51552 tel. 0964/84224 tel. 0964/61071 tel. 0964/53192 tel. 0964/861008 FARMACIE EMERGENZA CINEMA Bovalino Bovalino Locri Cinema Vittoria tel. 3397153696 “Il re Leone” in 3D ore 18 - 20 - 22 tel. 0964/66128 tel. 0964/61028 tel. 0964/356097 Gioiosa Jonica Martora & Crupi tel. 0964/51259 Satriano tel. 0964/51532 Scopacasa tel. 0964/58134 Cristiano De Sandro Longo Carabinieri Polizia Capitaneria tel. 0964/61000 tel. 0964/67200 tel. 0964/787657 Gioiosa Jonica Carabinieri tel. 0964/51616 Marina di Gioiosa Jonica Carabinieri tel. 0964/415106 Siderno Cinema Nuovo tel. 0964/342776 “Anche se è amore non si vede” ore 16 - 19- 22 Roccella Jonica Cinema Golden tel. 0964/85409 “Breaking down” parte I ore 16- 18 - 20 - 22 In manette i custodi del latitante Demasi Gli arresti a Torino. Blitz degli agenti del commissariato I tre aiutavano “u mangianisi” a eludere i controlli delle forze dell’ordine LOCRI Il boss Giorgio Demasi, indicato come il numero due della mafia di Gioiosa Jonica, poteva contare su un gruppo di fedelissimi pronto a prendersi cura di lui. Quando era latitante, dopo il megablitz “Crimine”, tre personaggi della Locride gli assicurarono un rifugio sicuro a Torino. Ora, a otto mesi dalla cattura del padrino, quegli uomini sono responsabili di favoreggiamento. Gli agenti del commissariato di polizia di Siderno, all’alba dell’altro ieri, hanno arrestato Francesco Ursino, 28 anni, e notificato l’ennesimo mandato di cattura al detenuto Rocco Schirripa, un signore sulla sessantina recluso nel carcere di Asti. Erano i custodi della latitanza di Giorgio “U mangianisi”, dice la Procura Il commissario Stefano Dodaro (foto d’archivio) Francesco Ursino Rocco Schirripa Rocco Demasi di Torino. Ce ne sarebbe un altro, Rocco Demasi, ma l’uomo è stato ammanettato lo scorso 21 aprile. Quel giorno, era in macchina con il fuggia- sco di Marina di Gioiosa Jonica. Scattarono subito le manette. «Ndattaccaru», ci stanno arrestando, disse, quando si vide circondato dagli agen- ti, il latitante. «I tre soggetti – scrive il Giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Salerno - hanno favorito la latitanza del boss. Lo hanno ospi- tato a Torino, assistito negli spostamenti sul territorio e aiutato ad eludere le ricerche delle forze dell’ordine». Il capomafia Giorgio De Masi, raccontano, è un uomo di rispetto e siede al tavolo. « Significative sotto questo aspetto – spiegano gli investigatori - le numerose conversazioni ambientali registrate all’interno della lavanderia “Ape Green”, in cui lui e Giuseppe Commisso, alias “U Mastru, discutono sugli assetti della ‘ndrangheta». Noi della Cupola, disse una volta al Mastro, «dobbiamo stare uniti». la lettera IN BREVE «Ricordatevi dei disagiati» Agostino scrive al Prefetto Dalla casa circondariale di Siano Rocco Agostino, ex assessore alle politiche sociali di Marina di Gioiosa Ionica coinvolto nel maxi-blitz denominato Circolo Formato contro la cosca Mazzaferro che ha visto in manette il 3 maggio scorso anche l'ex sindaco Rocco Femia e altri tre assessori , lancia un appello al Commissario Prefettizio chiedendo una maggiore tutela alle famiglie svantaggiate in virtù del suo ex assessorato. «Spesso-inizia la lettera- senti dentro di te un forte bisogno di fare, di creare, di riflettere. Qui da dove mi trovo, ci sono davvero poche cose di concreto da realizzare, però con la mente riesco a metabolizzare tutti i ricordi e quelli no, non possono cancellarli. Siamo in prossimità del Natale e quello che mi fa star male non è “solo” la mia posizione, ma anche quella degli altri e della gente bisognosa di Marina di Gioiosa. Nei tre anni che ho amministrato l’assessorato alle Politiche Sociali, ho messo sempre come priorità la salvaguardia delle categorie svantaggiate ed il mio pensiero per questo fine 2011 è proprio rivolto a loro. Anziani, diversamente abili, famiglie in disagio economico, disoccupati, da Era Ferragosto del 2009. Un anno dopo, quando scatta il blitz “Crimine”, sfugge all’arresto. E’ spiando i dialoghi dei suoi fedelissimi, tre calabresi emigrati in Piemonte, che gli investigatori arrivano a lui, a Giorgio “U mangianisi”. Quando gli agenti del commissariato entrano in azione, nei paraggi di Corso Emilia, a Torino, il latitante era in macchina con un’altra persona. «Aveva un documento d’identità contraffatto», – ricordano oggi gli inquirenti, che aggiungono: «Nelle more veniva tratto ovviamente in arresto per il reato di favoreggiamento anche Rocco De Masi. Lo sviluppo delle indagini ha poi portato all’individuazione degli altri due favoreggiatori, Francesco Ursino e Rocco Schirripa». Ilario Filippone dove mi trovo spesso mi viene in mente ciò che si è riuscito a fare in questi anni: I tanti contributi economici alle famiglie esigenti, i vari posti di lavoro ai più bisognosi, l’abbattimento delle barriere architettoniche o il semplice sguardo fisso negli occhi delle presone, in attesa di speranze o di progetti da realizzare. Natale non deve essere solo dolci, benessere e champagne; questo mese è anche il momento di riflettere e capire che ancora bisogna fare tanto, dalle piccole alle grandi cose. Invito davvero di cuore chi amministra il nostro comune al massimo sostegno alle categorie svantaggiate, tenendo presente e come punto di riferimento l’ottimo lavoro che giornalmente svolge l’ufficio dei servizi sociali, una realtà presente che tutti i comuni della locride ci invidiano. Quello che mi è successo, purtroppo è stato un qualcosa di inaspettato, che va oltre agli incubi peggiori, però nonostante tutto rimango fiducioso nella giustizia e non è la classica frase copia-incolla dettata dalla retorica, io nelle istituzioni ci credo davvero e quindi non posso che attendere l’evolversi della vicenda. Da dove mi trovo vivo una realtà Ottantenne di Bovalino cade giù dal ponte e muore È probabilmente morto accidentalmente l’ottantenne di Bosco S. Ippolito frazione di Bovalino trovato cadavere ieri mattina sotto un ponte. Sul corpo del signor Carlo non sono stati riscontrati segni di violenza dunque tutto fa pensare ad un malore o ad una caduta accidentale, è proprio su ciò che, sembrano concentrarsi le indagini dei carabinieri della compagnia di Locri coordinati dal tenente Nico Blanco. L’ottantenne, infatti, sembra è stato visto lunedì sera da alcuni automobilisti mentre era seduto propri sul ponte. (a. c.) L’ex assessore Rocco Agostino comunque stravolgente ed è davvero difficile spiegare ciò che si prova stare chiusi un una cella. Ci sono uomini che con dignità scontano la propria pena, altri che vengono subordinati alla completa depressione. La verità è che qui sia fondamentalmente un mondo a se, dove però anche nelle stesse guardie carcerarie trovi conforto e quella dignità insperata. Concludo con un appello rivolto al Commissario Prefettizio di Marina di Gioiosa Jonica, affinché vengano tutelate il più possibile le categorie svantaggiate». Cinzia Totino Caulonia, furto in pizzeria Asportata attrezzatura A Caulonia ignoti si sono introdotti all’interno del ristorante pizzeria denominato “L.C.”, ubicato nel cuore del centro storico della vecchia Castelvetere, di cui risulta titolare F.G., queste le sue iniziali, 34 anni, ed hanno asportato dell’attrezzatura. L’episodio è stato denunciato ai carabinieri della locale stazione i quali hanno avviato subito le indagini con l’intento di risalire in breve tempo all’identità dei ladri. re. lo. MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 17 l’ora di Cosenza Tel. 0984 837661-402059 Fax 0984 839259 Mail: [email protected] ESARO SILA Ennesimo incidente mortale sulla statale 107 > pagina 20 Hashish in borsa In manette tre ragazzi ROSSANO Ecopellets, c’è il permesso per costruire > pagina 26 > pagina 35 PAOLA Delitto Texano In appello due assoluzioni > pagina 37 Terminator 4 «Una città in mano al racket» Procura e forze dell’ordine: «Nessuno denuncia, società civile inesistente» A Cosenza «non denuncia nessuno»: è una città «omertosa», dove non c’è un’associazione antiracket, dove paghi il pizzo e zitto, dove se ti scaricano il caricatore di una calibro 9 sulla vetrina del negozio dichiari al poliziotto che fa le indagini di non aver mai ricevuto una richiesta estorsiva. Come se il racket non esistesse. Poi arrestano un tot di mafiosi e scopri che invece esiste eccome: il titolare del supermercato di via Popilia paga il pizzo, l’imprenditore che ha costruito a Motta di Castrolibero pagava il pizzo, il rivenditore di mobili pagò il pizzo dopo che gli bruciarono la merce nel magazzino e come lui il bar, il negozio d’abbigliamento. Persino l’impresario che ha organizzò un concerto della popstar del momento, oltre a pagare l’estorsione dovette regalare un po’ di biglietti ai mafiosi. Di tutta questa gente «nessuno ha mai varcato la porta della questura per venircelo raccontare». Il Questore Anzalone non ha dubbi: «A Cosenza non esiste una società civile». Da qui un appello alla cittadinanza perché inizi finalmente a collaborare con le forze dell’ordine. Nel corso della conferenza stampa con cui so- da sin. Il procuratore capo bruzio Granieri, quello della Dda Lombardo e il questore Anzalone no stati annunciati i 18 arresti dell’operazione Terminator 4, anche il procuratore della Dda di Procura della Repubblica di Cosenza in cui si sta gna aumentare il senso dello Stato e la fiducia Catanzaro Vincenzo Lombardo ha parlato di un svolgendo questa conferenza stampa e che ab- verso le Istituzioni da parte del nostro ceto prolivello di omertà che in provincia di Cosenza è biamo intitolato al collega Rosario Livatino pos- duttivo». Nell’esprimere un plauso agli inquirenti persa avere luogo l’incontro con la «esagerato». Mentre il suo viprima associazione antiracket l’operazione antimafia Terminator 4 Confeserce Giuseppe Borrelli ha comConfesercenti costituita a Cosenza». Un so- centi conclude con una proposta: «La nostra mentato: «Questa città è in raccoglie l’invito gno condiviso anche dalla Con- associazione e il gruppo dirigente che la guida mano al racket ma nessuno defesercenti: «Il territorio cosen- è pronta a guidare la costituzione di una locale nuncia». Un giudizio tranciane propone tino ha oggi più che mai biso- associazione antiracket, che possa replicare i te che fa il paio con quello di costituire gno di legalità in quanto le no- successi anche nella nostra provincia di Sos espresso dal procuratore agun’associazione stre imprese affrontano una imprese Italia: è l’associazione antiracket costigiunto di Cosenza Domenico crisi economica senza prece- tuita dal sistema Confesercenti a livello nazioAiroma: «Nell’operazione di oggi c’é un grande assente: la società civile. Non denti e di certo non possono pagare alcun tribu- nale divenuta punto di riferimento di migliaia abbiamo avuto alcuna collaborazione dalle per- to alla criminalità organizzata. Confesercenti – di imprese vittime delle mafie e dell’usura». sone offese. Il mio sogno è che un giorno, mi au- si legge in una nota diffusa dopo la conferenza ALESSANDRO BOZZO guro il più presto possibile, in questa sala della stampa in Procura – è altresì convinta che [email protected] il personaggio Il quarto “politico” viene dai quartieri Luigi Gagliardi detto “Ninni”, si leggeva fino a qualche mese fa nelle liste elettorali. Ora lo si legge nell’ordinanza firmata dalla Mellace. Con una accusa, non leggera: aver rubato, nel lontano 2000, l’auto che sarebbe servita per il delitto Sassone. Un fulmine a ciel sereno? Forse. Di sicuro non sarebbe una novità assoluta: Gagliardi, per usare un eufemismo in voga nel gergo della cronaca, è “noto” alle forze dell’ordine. Ma per molti resta difficile ritenerlo capace di cose così grosse, di passare dalla vita “per strada”, con tutti gli inevitabili scivoloni, alla partecipazione cosciente alle attività dell’ultima cosca di Cosenza. Ninni per i cosentini, negli ultimi anni, è stato ben altro. Era un politico di quartiere, una figura un po’ pasoliniana se si vuole, che aveva provato, per sé e per i dipendenti delle cooperative di cui era a capo, il salto di qualità. Nel 2004 si era candidato alla presidenza della Provincia, l’anno successivo aveva fiancheggiato Sergio Abramo alla Regione poi aveva fatto dietro front per appoggiare Oliverio nel 2009. La scorsa primavera l’ultima candidatura in Autonomia e diritti. Populista e cordiale, Ninni è il quarto politico di Terminator 4. (s.p.) 18 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 calabria ora C O S E N Z A terminator 4 Il “bimbo” con la pistola in mano Individuati i presunti autori dell’uccisione di Pelazza consumata nel 2000 DI MARCO CRIBARI Mentre Enzino Pelazza correva per salvare la pelle, l'uomo con la pistola gli stava dietro. Enzino correva e quell'altro sparava, tra i vicoli stretti di Carolei, con un'auto scura che seguiva entrambi a velocità moderata. Erano le otto di sera del 28 gennaio 2000. Pelazza, 32enne, era da poco uscito di prigione dove, pare, non si fosse comportato benissimo. Tracotante e violento con gli altri detenuti, si faceva forte della sua affiliazione con la famiglia del momento. Enzino, infatti, apparteneva ai “Bella bella”. Questo almeno, è il motivo che, secondo gli inquirenti, portò alla sua morte, consumata all'uscita di un ristorante, proprio davanti al portone di casa. Sera sfortunata quella del 28 gennaio, perché tragedia nella tragedia, racconta anche la storia di una madre a cui toccò di assistere all'uccisione del proprio figlio. La signora Pelazza, infatti, era affacciata dal balcone quando le 9x21 fecero bang per la prima volta. Pensò a uno scherzo, la donna. Pensò che quella fosse una pistola giocattolo perché a brandirla era una persona straordinariamente bassa. «Sembrava un bambino» spiegherà in seguito agli inquirenti. Ma non si trattava di un bimbo. E quello non era un gioco innocente, bensì la cronaca di un omicidio. Torniamo in carcere dove, un paio d'anni prima, avrebbe avuto origine ogni cosa. A quei tempi, Pelazza si sarebbe legato a un nuovo gruppo che sperava di ritagliarsi uno spazio autonomo nel contesto criminale locale. A reggere i fili di quel discorso sarebbero stati Francesco Bruni alias ENZINO Enzo Pelazza morì alle otto di sera del 28 gennaio 2000 ucciso da 19 colpi di pistola davanti alla sua abitazione di Carolei “Bella bella” con il supporto della batteria jonica di Giovanbattista Atene e la “benedizione” di Antonio Sena, l'ultimo dei mammasantissima di un tempo andato, l'unico superstite di una genera- zione di boss ormai pentiti, condannati, estinti. In quel contesto, Pelazza si sarebbe distinto fin da subito come uno dei più attivi, attirando però non solo le attenzioni degli amici, ma soprat- tutto quelle dei nemici. Lo Lanzino. E proprio quest'ultimo, laconsideravano “valido azionista”, ragion per cui finì sul- titante al pari di Presta, è sola lista nera di chi, una nuova spettato di essere uno dei famiglia di 'ndrangheta, pro- mandanti del delitto, insieme prio non la voleva tra i piedi. al pentito Vincenzo Dedato e Ecco perché, quella sera di all'altro presunto boss Domegennaio, si stabilì di eliminar- nico Cicero, reggente dell'omonimo clan che, la cronalo. Stando al racconto dei col- ca giudiziaria di quei giorni vuole federalaboratori di to alla cosca giustizia, a L’assassino Lanzino. Safarlo fuori fu era basso rebbe cosa un commanloro, dunque, do composto I testimoni la morte di da due perlo scambiarono Enzino Pesone: Mario per un bambino lazza, bel calGatto e il tutciatore, aziotora latitante Franco Presta, poi “recupera- nista di talento, investito dal ti” da Pino Perri a bordo di piombo di diciannove pallotun veicolo pulito. Presta e tole mentre faceva ritorno a Gatto, due nomi che ritorna- casa, in una sera apparenteno in quasi tutte le inchieste mente uguale a tante altre. dell'ultimo decennio, poiché Prima della fine, qualcuno lo entrambi sono indicati come sentì urlare «basta, basta». “titolari” del gruppo di fuoco Crudele, proprio come in un del clan diretto da Ettore gioco tra bambini. GLI ARRESTATI Francesco Patitucci Simone Andretti Salvatore Ariello Biagio Barberio Domenico Cicero Michele Di Puppo Giovanni Di Puppo Mario Piromallo Luigi “Ninni” Gagliardi Mario Gatto Luigi Gaudio Pilerio Giordano Ettore Lanzino* Walter G. Marsico Giuseppe Perri Roberto Porcaro Franco Presta* Costantino Scorza * latitanti Si riapre anche il caso Marchio Gatto e Presta di nuovo in ballo La carrozzina di Vittorio Marchio dopo l’agguato che il 26 novembre del 1999 costò la vita al boss di Serra Spiga Enzino avrebbe pagato con la vita la sua adesione al clan Bruni La loro posizione era stata inizialmente archiviata, ma da ieri Mario Gatto, Franco Presta sono nuovamente invischiati nell'omicidio di Vittorio Marchio, consumato a Serra Spiga il 26 novembre del 1999. Il caso è già oggetto di un processo tuttora in corso che vede alla sbarra solo i presunti mandanti di quel crimine, ovvero Ettore Lanzino e Domenico Cicero. Ora, però, gli inquirenti ritengono di avere in mano elementi a sufficienza per incastrare anche i sicari del boss in carrozzina. Oltre a Presta e Gatto, del commando avrebbe fatto parte anche il defunto Carmine Chirillo. All'epoca, Marchio era costretto su una sedia a rotelle, frutto di una pallottola che, anni prima, l'aveva centrato alla spina dorsale durante uno scontro a fuoco con la polizia. L'uomo fu freddato davanti al portone di casa, nel quartiere Serra Spiga. Era appena sceso dall'auto, con un amico che lo aveva aiutato a siste- marsi sulla sedia a rotelle, quando sul posto sopraggiunse il commando facendo fuoco all'impazzata contro di lui. Sull'argomento si era già espresso il pentito Vincenzo Dedato. «Ricordo che Presta canzonò Chirillo, dicendogli che si era messo a sparare troppo presto e con foga eccessiva, rischiando così di colpire anche lui». All'epoca, però, le sue dichiarazioni, al pari di quelle di altri collaboratori come Oreste De Napoli e Francese Amodio, non bastarono per trascinare a giudizio i due presunti killer. La Dda, infatti, effettuò l'esame del Dna su alcuni reperti biologici rinvenuti all'interno dell'auto utilizzata dagli assassini, ma quando l'esame diede esito negativo, gli investigatori decisero di rinunciare ad esercitare l'azione penale nei confronti dei due sospettati, accontentandosi solo di trascinare a giudizio i presunti mandanti. Ora, però, con le nuove dichiarazioni del pentito Angelo Colosso, gli inquirenti ritengono di aver chiuso il cerchio anche su quel tragico evento risalente a più di 12 anni addietro. Secondo l'ipotesi investigativa, Marchio fu ucciso per via della sua attività criminale che esercitava in autonomia, ormai sganciato dall'appartenenza ai vecchi gruppi criminali. Negli anni ruggenti, Vittorio era schierato con Perna, ma in seguito alle condanne inflitte ai vecchi capi (cfr. processo Garden) si era messo in affari con Marcello Calvano, un altro ex, stavolta del gruppo Pino, che operava in quel di San Lucido. Insieme, avevano iniziato a esercitare il racket, a dispetto dunque della nuova famiglia cosentina che, sul finire del secolo scorso, si stava riorganizzando per imporre la propria egemonia su tutto il Cosentino. E uno dei primi atti del nuovo corso criminale sarebbe stata proprio l'epurazione dei ribelli Calvano e Marchio, trucidati a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro. (mcr) Cercavano il latitante, ma trovarono solo la droga Il “laboratorio” scovato in Sila C'è un particolare inedito relativo alla latitanza del presunto boss Ettore Lanzino. Nove mesi fa, infatti, i carabinieri erano quasi certi di averlo acciuffato, ma invece dell'inafferrabile primula, si ritrovarono tra i piedi un piccolo laboratorio per il confezionamento della droga. I fatti risalgono allo scorso 15 febbraio, data in cui finirono in manette Italo Giorgio Lorenzo e Mario Piromallo, con quest'ultimo che figura tra gli odierni arrestati. Quel giorno, invece, i due uomini furono sorpresi in un casolare di Camigliatello, già sede di un camping oggi in disuso, e all'interno dell'edificio vennero rinvenuti circa 400 grammi di cocaina, più tutto il necessaire per il suo confezionamento. Nel caminetto, inoltre, erano ben visibili le tracce di altra droga, circostanza che suggerì agli inquirenti come Piromallo e Lorenzo, vistisi scoperti, avessero tentato di sbarazzarsi della roba. Prima di entrare in azione, il casolare fu tenuto d'occhio per diverse ore, con appostamenti ai quali parteciparono anche i Cacciatori di Vibo Valentia, ovvero il reparto dei carabinieri specializzato nella cattura dei latitanti. E non a caso, i documenti relativi a quell'indagine recano in calce la dicitura: attività finalizzata alla cattura del latitante Lanzino. Quel giorno, dunque, i militari erano convinti di aver individuato l'imprendibile Ettaruzzo, ma il presunto boss, invece, non era lì. O forse, riuscì a dileguarsi poco prima che i Cacciatori calassero la loro rete. Coincidenza sinistra: il laboratorio di Camigliatello fu scoperto solo poche ore prima che, a San Lorenzo del Vallo, si consumasse la mattanza della famiglia De Marco. Una strage di cui è sospettato Franco Presta, anche lui uccel di bosco proprio come Lanzino. (mcr) 19 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 calabria ora C O S E N Z A terminator 4 testimone silenzioso All’agguato assistette la moglie della vittima che seguiva il marito a bordo di un’altra auto Antonio Francesco Enzo Sassone. Aveva un nome e tre cognomi la vittima designata del 9 giugno 2000. Lo uccisero a Terranova da Sibari, in contrada Galitrella, come Pelazza sotto gli occhi di un testimone “eccellente”: sua moglie. Sassone, infatti, era a bordo di una piccola utilitaria, marca Ligier, mentre la sua donna lo seguiva a poca distanza, alla guida di una Fiat Panda. Fu allora che tra i due veicoli si frappose una Fiat Uno che tamponò la Ligier costringendola ad arrestare la marcia. Da quel momento, i killer ebbero gioco facile. Un omicidio quasi dimenticato quello di Sassone, ma che secondo gli inquirenti, va inserito nel contesto della Terza guerra di mafia combattuta a Cosenza tra il 1999 e il 2003. Il collaboratore di giustizia Vincenzo Dedato, infatti, sostiene che l'eliminazione di Sassone era stata deliberata da Lanzino e Cicero, in accordo con il defunto Carmine Chirillo e su richiesta di un loro “antico” affiliato, Francesco GABRIELE, pure lui oggi deceduto. Non a caso, quest'ultimo sarebbe stato in contrasto con Sassone che non voleva sottostare alle strategie criminali imposte Cosenza o morte La scelta infelice di Enzo Sassone L’uomo decise di schierarsi con i cassanesi e la mala bruzia ne decretò l’eliminazione dalla cosca nella gestione del traffico di stupefacenti. Dedato spiegò inoltre che l'ordine di eliminarlo era partito dalla casa circondariale di Cosenza, ove erano detenuti Lanzino e Chirillo, tramite un biglietto fatto uscire dalla casa di de- CRIME STORY Gli inquirenti durante la conferenza stampa di presentazione del blitz In basso, la scena del crimine di Castrolibero dopo l’omicidio Sena e il pentito Angelo Colosso il movente della droga Con quel delitto le cosche cosentine avrebbero inteso riaffermare la propria egemonia nel narcotraffico L’ordine di procedere sarebbe partito dal carcere di via Popilia con un pizzino fatto recapitare nelle mani dei sicari tenzione da Chirillo e poi recapitato a Mario Gatto. Un pizzino poi consegnato a Presta, vale a dire l'uomo che avrebbe provveduto a eseguire l'omicidio insieme a Costantino Scorza. Al riguardo ci sono anche le indicazioni rese da un altro pentito, Antonio Di Dieco, che da un lato nulla sa a proposito di mandanti ed esecutori materiali del delitto, ma dall'altro sostiene di essere a conoscenza delle ragioni che portarono all'eliminazione di Sassone. Anche Di Dieco, infatti, riferisce che l'agguato di contrada Galitrella era scaturtito da contrasti sorti nell'ambito del traffico droga, in quanto la vittima aveva organizzato un traffico di eroina e cocaina rifornendosi a Cassano Ionio dagli Abbruzzese. Ciò lo aveva posto in contrasto con i gruppi di Cosenza, cui sarebbe spettato il controllo di tutte le attività illecite anche sui comuni di Spezzano Albanese, San Lorenzo del Vallo e Terranova da Sibari. L'ex boss di Castrovillari afferma inoltre di aver partecipato a una riunione a Spezzano Scalo, organizzata da Franco Abbruzzese, alla quale partecipò anche Sassone. E che in quell'occasione Abbruzzese gli chiese di decidere se schierarsi con il locale di Cassano o con il gruppo di Cosenza. L'uomo scelse la prima opzione, andando incontro così al proprio destino. Sempre Di Dieco riferisce come Abbruzzese si sentì in dovere di metterlo in guardia, a proposito dei rischi che avrebbe corso con quella scelta di campo. Avvertimenti che, però, non servirono a salvargli la vita. mcr il protagonista Il pentito chiave: l’importanza di essere Colosso Si chiama Terminator IV, ma avrebbero potuto tranquillamente immortalarla come “Operazione Colosso”. Gran parte dell'inchiesta, infatti, si regge sulle rivelazioni di uno degli ultimi pentiti della mala cosentina: Angelo Colosso al secolo “Poldino”, fuoriuscito dal gruppo Lanzino ad agosto del 2010, con un pentimento che fece scalpore. All'epoca, infatti, Poldino era in carcere con l'accusa di tentato omicidio, un reato poi derubricato in lesioni personali. A quei tempi, insomma, non era certo la prigione la sua unica prospettiva di vita. Eppure, del tutto improvvisa, giunse la sua volontà di collaborare con la giustizia. Anche per questo, il giudice firmatario dell'ordinanza di custodia cautelare, ritiene le sue dichiarazioni attendibili. «La sua decisione - scrive a tal proposito il magistrato - certamente, non può dirsi nata da un calcolo utilitanstico. atteso che il collaborante, nel momento in cui faceva la sua scelta, non era gravato nè da condanne definitive, a parte il titolo peraltro relativo a un fatto di sangue di non rilevante entità”. Confessando, inoltre, Poldino finisce per aggravare la sua posizione, accusando se stesso della partecipazione a svariati omicidi, tra cui il delitto Marchio per il quale, in precedenza, era stato scarcerato. Tutto ciò, per il gip distrettuale, anticipa la genuinità delle sue cantate. A ulteriore ri- prova di tale assunto, nell'ordinanza sono citate alcune intercettazioni telefoniche e ambientali in cui gli ex compagni del pentito commentano il “tradimento” dell'affiliato, mostrando estrema preoccupazione per il terremoto che, in futuro, sarebbe potuto abbattersi su di loro. «Un pentito affidabile», dunque, come sottolinea il gip, lodando la sua scelta collaborativa «non interessata, matura e consapevole, assunta con particolare fermezza e determinazione ma senza essere mai stata condizionata, o anche solo influenzata da personali sentimenti di risentimento o rancore nei confronti degli indagati». Le dichiarazioni di Poldino, però, non sono state ritenuti sufficienti ad allargare il fronte cautelare per ciò che riguarda l’omicidio Sena. Colosso, arrestato proprio nell’ambito dell’operazione (cfr. Terminator III) che tenta di far luce sulla morte del vecchio padrino. Colosso, infatti, si era aggiunto al novero di collaboratori che avevano indicato mandanti ed esecutori materiali di quel delitto, avvenuto a Castrolibero nel maggio del 2000. Nel caso specifico, però, il gip pur riconoscendo l’attendibilità del collaboratore, s’inchina davanti all’assenza di riscontri individualizzanti che confermino le sue accuse. mcr MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 PAGINA 37 l’ora di Paola Redazione viale Ippocrate (ex Madonna della Grazie) - Telefono e fax 0982583503 - Mail: [email protected] SANITÀ & FARMACIE tel. 0982/5811 tel. 0982/581224 tel. 0982/581410 tel. 0982/581286 tel. 0982/587316 tel. 0982/612439 tel.0982/582276 ospedale civile pronto soccorso guardia medica centro trasfusionale farmacia Arrigucci farmacia Cilento farmacia Sganga EMERGENZA carabinieri commissariato polizia stradale polizia municipale guardia di finanza corpo forestale vigili del fuoco croce rossa italiana COMUNE tel. 0982/582301 tel. 0982/622311 tel. 0982/622211 tel. 0982/582622 tel. 0982/613477 tel. 0982/582516 tel. 0982/582519 tel. 0982/613553 (112) (113) (117) (1515) (115) centralino ufficio tributi bibioteca comunale ufficio relazioni pubblico ufficio presidenza consiglio ufficio affari generali ufficio contenzioso tel. 0982/58001 tel. 0982/5800301 tel.0982/580307 tel. 0982/5800314 tel. 0982/5800212 tel. 0982/5800218 tel. 0982/5800207 Delitto Texano, due assoluzioni Scagionati in appello Serpa e La Rosa. Pene dimezzate per gli altri PAOLA La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ha riformato la sentenza del processo di primo grado celebrato col rito abbreviato a carico dei quattro presunti responsabili dell’omicidio di Stefano Mannarino, alias il “texano”, il falegname trentanovenne barbaramente trucidato il 24 novembre del 2008 in salita San Francesco. Ieri i giudici hanno assolto Elena Serpa e Vincenzo La Rosa, dimezzando le pene per Domenico La Rosa (da 30 a 15 anni) e per Stefano Di Vanno (da 30 a 10 anni). Primo grado: inflitti 120 anni di cacere Il 27 aprile scorso il Tribunale penale di Paola (giudice Claudia Pungi- Elena Serpa tore) ha inflitto centoventi anni di carcere a Elena Serpa (72 anni), ai fi- primo grado e Stefano Di Vanno (reo gli Domenico (53 anni) e Vincenzo confesso e “dichiarante” di giustizia) La Rosa (55 anni) e all’amico di fami- dovrà scontare soli 10 anni di recluglia Stefano Di Vansione rispetto ai 30 no (45 anni). Treninflitti dal Tribunale Annullati i 30 t’anni di galera a cadi Paola. La sentenza anni in primo rico di ogni singolo presumibilmente imputato, cioè verrà appellata in grado: 15 anni quanto richiesto dal Corte d’Assise. Ma a Domenico, pubblico ministero oggi si registra una 10 a Di Vanno Antonella Lauri, più vittoria importante il riconoscimento per la difesa: l’avvodei danni (100 mila euro) alle parti ci- cato Giuseppe Bruno (difensore di vili (moglie e figli di Mannarino). Domenico La Rosa, Vincenzo La RoSecondo l’accusa gli imputati sa ed Elena Serpa) e Massimo Zicaavrebbero “convocato” Mannarino a relli (difensore di Vincenzo La Rosa). casa propria per un chiarimento, soEcco la sentenza integrale: “Letto spettando che il falegname avesse l’art. 605 cpp in riforma della sentenavuto un ruolo nell'omicidio del loro congiunto, Antonello La Rosa, consumato un mese prima. Mannarino, dopo un tentativo di strangolamento con un filo metallico, è stato colpito a morte con oggetti contundenti: "Colpi multipli e ripetuti ad alto impatto", recita il verbale dell'autopsia. Dopo l'uccisione il suo corpo sarebbe stato trascinato con una coperta nel vicino ruscello e abbandonato. Secondo grado: 2 assoluzioni Inflitti 25 anni di cacere Ieri mattina, in sede di Corte d’Appello a Catanzaro, i secondi giudici (presidente Fortunato Rosario Barone, consigliere Fabrizio Cosentino, giudici popolari: Maria Mastrocesare, Gaetana Mobrici, Rosmunda Rizzuti, Maria Resati, Francesco Villelli, Rosanna Crocetti) hanno riformato, stravolgendola nel merito, la decisione di primo grado. Secondo la nuova sentenza, infatti, Elena Serpa e Vincenzo La Rosa non sono responsabili dei fatti ascritti e, conseguentemente, sono stati assolti, mentre Domenico La Rosa è stato condannato a soli 15 anni di carcere, rispetto ai 30 del Domenico La Rosa Vincenzo La Rosa tazione, nonchè riconosciute circostanze attenuanti generiche al solo Di Vanno, ridetermina la pena inflitta per La Rosa Domenico in anni quindici di reclusione e per Di Vanno Stefano in anni dieci di reclusione. Condanna La Rosa Domenico e Di Vanno Stefano al pagamento delle spese processuali del grado sostenute dalle parti civili costituite, liquidate in euro 2000 ciascuna per Mannarino Natalisa e Mannarino Cinzia (sorelle, ndr), e in euro 2400 per Serpa Cristina (moglie, ndr) in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale” sui tre figli minori, “oltre al rimborso forfettario per spese generali, iva e cap in misura di legge, Gli avvocati difensori Il penalista Giuseppe Bruno difende Elena Serpa e Domenico La Rosa ed, assieme a Massimo Zicarelli, patrocina anche Vincenzo La Rosa. Di Vanno è difeso da un legale romano. Nella sua richiesta alla Corte, l’avvocato Giuseppe Bruno, sulla dichiarazione di responsabilità di Serpa Elena e La Rosa Vincenzo, afferma: “Nella ricostruzione operata dal giudice di prime cure le responsabilità dell’imputata derivano dall’ aver offerto la propria abitazione ai fini della perpetrazione dell’ omicidio e per essere stata presente durante le fase dell’aggressione realizzata nei con- Secondo la difesa i due imputati assolti ieri non avrebbero offerto alcun concorso morale e/o materiale, sebbene presenti sul luogo del delitto L’avvocato Giuseppe Bruno za 27.04.2010 del Gip presso il Tribunale di Paola, appellata da La Rosa Domenico, La Rosa Vincenzo, Di Vanno Stefano e Serpa Elena, assolte La Rosa Vincenzo e Serpa Elena per non aver commesso il fatto e, esclusa l’aggravante della premedi- disponendo per tutti il pagamento in favore dello Stato. Ordina l’immediata liberazione di La Rosa Vincenzo (Serpa Elena era già a piede libero, ndr) se non sottoposto per altro titolo a custodia o detenzione”. L’avvocato Massimo Zicarelli fronti di Mannarino Stefano. Ma le affermazioni del Gup risentono di una valutazione che si basa essenzialmente su delle mere presunzioni che contrastano, peraltro, con quanto acquisito al fascicolo processuale. E’ evidente, infatti, per come è emerso Stefano Di Vanno nel processo, che Mannarino si è recato presso l’abitazione della Serpa Elena spontaneamente e la sua presenza a quell’ora ed in quel momento non era assolutamente prevista ed ipotizzata. Che Mannarino sia stato attirato in una trappola organizzata” dall’emissario “è circostanza indimostrata. Ma la cosa ancora più rilevante consiste nella mancanza di elementi da cui poter trarre la convinzione certa che la Serpa abbia collaborato all’omicidio del Mannarino, sia pure solo in termini di concorso psicologico. Non è sufficiente infatti affermare che il luogo in cui è avvenuto il fatto violento sia di proprietà dell’ impugnante per dimostrare il concorso morale nell’omicidio”. L’avvocato Massimo Zicarelli, dal canto suo, in una nota stampa esprime soddisfazione: «La decisione della Corte d’Assise d’Appello nel riconoscere l’assoluta estraneità del mio assistito ai tragici eventi che hanno determinato la morte del Mannarino, in accoglimento delle richieste esplicate nei motivi di Appello, afferma in maniera evidente il principio che tutti, imputati e vittine, trovano rispetto solo nelle aule di giustizia con le garanzie riconosciute dal processo. L’eccessiva spettacolarizzazione, di pur cruenti fatti di cronaca non giova al raggiungimento della verità e rappresenta un gravissimo vulnus del sistema giudiziario. Rimaniamo in attesa di leggere le motivazioni della sentenza per esprimere ulteriori commenti. Allo stato non poniamo che ritenerci soddisfatti per aver visto l’immediata scarcerazione di Vincenzo La Rosa che per questi fatti ha subito tre anni di carcerazione preventiva». GUIDO SCARPINO STEFANIA SAPIENZA [email protected] 41 MERCOLEDÌ 7 dicembre 2011 A M A N T E A - C A M P O R A calabria S. G I OVA N N I - F U S C A L D O ora Coccimiglio torna in libertà L’imprenditore era ai domiciliari perché accusato di disastro ambientale AMANTEA Il Tribunale della Libertà di Catanzaro ha annullato l’ordinanza dispositiva degli arresti domiciliari emessa, nei giorni scorsi, nei confronti dell’imprenditore amanteano di 75 anni, Cesare Coccimiglio (difeso dall’avvocato Nicola Carratelli del foro di Cosenza), accusato dalla Procura della Repubblica di Paola di disastro ambientale ed altri reati. Il TdL, in buona sostanza, ha escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza accogliendo il ricorso dell’avvocato Carratelli. L’imprenditore, lo ricordiamo, era stato tratto in arresto il 17 novembre scorso (e subito associato ai domiciliari) su disposizione del giudice Giuseppe Battarino. Assieme a Coccimiglio nel registro degli indagati sono state iscritte altre quattro persone che occupano, però, un ruolo più marginale nella vicenda. Dopo anni di indagine, dunque, la Procura della Repubblica di Paola, nella persona del procuratore capo Bruno Giordano, è giunta all’individuazione dell’amanteano quale autore materiale del grave inquinamento del fiume Oliva. Sul capo dell’imprenditore pendono testimonianze, verbali redatti dall’autorità giudiziaria per camion che scaricavano abusivamente, nonché la presenza dell’impresa di Coccimiglio nella zona incriminata. «Nel bacino del fiume Oliva - aveva dichiarato il procuratore Giordano - la situazione è preoccupante. Sono circa centomila i metri cubi di fanghi I fatti per la valle oliva inquinata Oltre all’imprenditore amanteano nel registro degli indagati risultano altre 4 persone Il Tribunale di Paola industriali (provenienti non si sa da dove) scaricati nel letto del fiume Oliva e dintorni». La zona, in particolare, è quella circostante al letto del fiume a sud della località Foresta, letto nel quale sono stati riversati contaminanti ambientali capaci di indurre patologie tumorali e non: metalli pesanti e radionuclidi artificiali. «Dai carotaggi, effettuati nell’arco di tempo compreso tra l’aprile del 2010 e il mese di luglio dello stesso anno», ordinati dal Procuratore di Paola, è emersa - tra l’altro - «la forte presenza del Cesio137. In alcune zone il Cesio ha raggiunto picchi alti: 132/130». A ciò si va ad aggiungere, altresì, «la presenza massiccia di idrocarbu- ri e, considerando che la Calabria non ha raffinerie, è facile ipotizzare che gli stessi siano giunti da altre zone, come ad esempio la Puglia». Le ruspe «hanno scavato per una profondità di sei metri, ma non è detto che al di sotto di tale livello siano presenti altri rifiuti tossici. Ciò a dimostrazione del fatto che il Coccimiglio, grazie anche alla connivenza di alcuni proprietari terrieri del luogo, ha portato avanti detta attività illecita per oltre un ventennio». Coccimiglio, in sede di interrogatorio, si era difeso affermando di non aver mai scaricato nessun tipo di materiale tossico o radioattivo nella valle del fiume Oliva. STEFANIA SAPIENZA [email protected] AMANTEA/2 Commissari in tribunale Sperti ha scelto il rito abbreviato, Tescione l’ordinario E’ stata aggiornata al mese di gen- ha sollevato una eccezione relativanaio l’udienza preliminare a carico dei mente alla nullità della richiesta di rindue ex commissari straordinari del vio a giudizio poiché, secondo il legaComune di Amantea - Francesco le, sarebbe stata formulata in manieSperti e Piero Tesciora imprecisa e genene - accusati di falsirica. Udienza Nel senso che, neltà ideologica e matea gennaio per le imputazioni a caririale e truffa. Ieri co dell’ex commissamattina, il giudice un’eccezione rio straordinario non per le udienze prelisollevata dal viene specificato quaminari, Giuseppe li sono stati i viaggi Battarino, ha am- legale Garritano effettuati in auto, tremesso al rito abbreviato il commissario Sperti. Per quan- no, o con altri mezzi e, comunque, nelto concerne Tescione, invece, il difen- la cifra che l’ex prefetto avrebbe persore - l’avvocato Eugenio Garritano - cepito indebitamente sono state com- prese anche le somme che lo stesso avrebbe dovuto realmente percepire. Il gip si pronuncerà sull’eccezione nel mese di gennaio. Ai due ex prefetti, lo ricordiamo, è stata contestata la truffa e la falsità ideologica e materiale perchè, secondo le indagini effettuate dall’ufficio di Procura di Paola, avrebbero presentato il rimborso spese di alcuni viaggi effettuati con la propria autovettura ma poi, all’atto pratico, effettuati in treno (o viceversa) per raggiungere il Comune di Amantea. Ciò al fine di procurarsi un ingiusto vantaggio economico. AMANTEA/3 Da qui l’esclusione dal procedimento penale del terzo commissario straordinario che risiedeva ad Amaneta e, quindi, non doveva giustificare nessuna spesa di viaggio. s. s. FUSCALDO Socievole: «Non sarà chiuso nessun istituto» Il vice assessore: «I nostri alunni non dovranno andare a scuola ad Amantea» Il dimensionamento scolastico è stato approvato sia dall’amministrazione comunale di Amantea e, successivamente, dall’amministrazione provinciale di Cosenza. Con il provvedimento l’Ente locale ha inteso accorpare l’istituto “A. Longo” di Campora San Giovanni all’istituto !A. Manzoni” di Amantea, identificando quest’ultimo come istituto comprensivo. In virtù di ciò, pertanto, Campora San Giovanni ha perso il suo dirigente scolastico. Una situazione che ha generato la protesta di tutti i genitori degli alunni frequentanti la scuola della frazione amanteana. Tant’è che, in merito, gli stessi genitori domenica scorsa - sono scesi nella piazza San Francesco - in segno di protesta e si stano preparando per creare un Comitato che porti all’attenzione della Regione Calabria le proprie ragioni. Secondo gli stessi, infatti, la normativa sul dimensionamento prevedeva l’accorpamento degli istituti comprensivi esistenti e non la creazione di un altro. Ed, inoltre, Campora oltre a ciò vanta la presenza di 503 alunni (sui 500 richiesti dal ministero competente per poter restare in vita). Semmai la Regione Calabria non dovesse rivedere la delibera approvata da Comune e Provincia si ipotizza già l’impugnazio- Un’aula di giustizia Il Comune ne dei predetti documenti nelle opportune sedi giudiziarie. Intanto, il vice assessore Marcello Socievole, ha voluto precisare la propria posizione sulla questione del dimensionamento scolastico. «Fermo restante la mia non condivisione dell’accorpamento delle scuole di Campora a quelle del capoluogo, deciso dall’amministrazione comunale di cui faccio parte - ha scritto Socievole - desidero intervenire al fine di riportare la delicata questione nei binari della correttezza dell’informazione. Questo per arrestare il dilagare di un allarmismo, diffuso ad arte, che genera ansie e paure ingiustificate nella comunità camporese». Veniamo al punto. «Nessuna delle sciagure paventate, irresponsabilmente finanche da alcuni rappresentanti delle istituzioni, si abbatterà sui nostri figli a seguito della riorganizzazione scolastica. I nostri studenti - ha garantito il vice assessore Socievole - continueranno tranquillamente a frequentare le scuole a Campora e non dovranno assolutamente recarsi ad Amantea. Sarebbe stato davvero un paradosso se l’amministrazione comunale avesse pensato di chiudere una scuola esistente e nello stesso tempo appaltasse (così come è avvenuto) la realizzazione di una scuola dell’infanzia, per circa 1 milione di euro, proprio a Campora. La delibera che è stata approvata, se dovesse passare in via definitiva - ha concluso Socievole non prevede la chiusura di nessuna scuola». In tale contesto è bene precisare che i genitori della frazione avrebbero preferito continuare a mantenere la propria autonomia e il proprio dirigente scolastico. s. s. Abuso d’ufficio Assolto l’ex sindaco Si è conclusa con una sentenza di non luogo a procedere l’udienza preliminare del processo a carico dell’ex sindaco di Fuscaldo, Davide Gravina (difeso dagli avvocati Eugenio Garritano e Franco Iannuzzi). L’ex primo cittadino, lo ricordiamo, con una ordinanza contingibile e urgente, ritenendo sussistere seri problemi per l’incolumità pubblica, aveva fatto spostare un lido, quello dell’imprenditrice turistica Lidia Guaglianone, a venti metri di distanza dal luogo a lei assegnato ad inizio attività. Un provvedimento adottato per via dei frequenti litigi che avvenivano tra la Guaglianone ed il proprietario del lido ubicato pochi metri di distanza dal suo. Da qui la decisione di allungare le distanze tra le due strutture balneari, onde evitare che in questi frequenti litigi potessero finire involontariamente coinvol- Davide Gravina te altre persone. Per lo stesso caso, Gravina - imputato di falso - era già stato prosciolto dal giudice per le indagini prelinari Alfredo Cosenza. Quest’ultimo, poi, aveva trasmesso gli atti alla Procura per riformulare il capo di imputazione in abuso d’ufficio. Ieri il proscioglimento di Gravina. s. s. Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 9 Calabria . COSENZA Disarticolato da Polizia, Dia e Carabinieri il clan guidato dal superboss Ettore Lanzino e dal latitante Franco Presta. Fatta piena luce su tre omicidi Scacco matto alla ’ndrangheta, 16 arresti Sott’inchiesta per mafia il consigliere provinciale Umberto Bernaudo e l’ex assessore Pietro Ruffolo (Pd) Arcangelo Badolati COSENZA La ‘ndrangheta del Crati. Una organizzazione capace d’imporre il “pizzo”, di condizionare i subappalti, di limitare la libertà d’impresa, di assassinare i nemici, di mantenere rapporti con la politica, di praticare l’usura, di trafficare in droga. Una consorteria antica, fondata alla fine dell’Ottocento e cresciuta a dismisura sino ai giorni nostri. Una mafia moderna e fortemente gerarchizzata, dotata di una cassaforte finanziaria comune, di un esercito ben armato e di un “capo” lucido e determinato, latitante ormai da tre anni. Si chiama Ettore Lanzino, ha 56 anni ed è un “uomo d’onore” cresciuto a pane e pallottole negli insanguinati anni ‘70. Gli anni dei regolamenti dei conti consumati per le strade di Cosenza, Paola, Amantea, San Lucido, Sibari e Rende. Gli anni in cui moriva chi non sapeva usare una pistola o non aveva “amici” capaci di guardargli le spalle. A “Ettoruzzu” sarebbe riconducibile – secondo la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro – la cosca disarticolata ieri dagli investigatori di polizia, carabinieri e Dia dopo lunghi mesi d’indagini. Sedici le persone arrestate per ordine del gip di Catanzaro, Abigail Mellace. Si tratta di: Francesco Patitucci, 50 anni, “reggente” del clan, di Cosenza; Simone Andretti, 36, di Castrolibero; Salvatore Ariello, 32, di Cosenza; Biagio Barberio, 32, di Paterno Calabro; Domenico Cicero, 54, di Cosenza; Michele Di Puppo, 47, di Rende; Giovanni Di Puppo, 33, di Rende; Luigi Gagliardi, detto “Ninni”, 33, di Cosenza; Mario Gatto, 42, di Cosenza; Luigi Gaudio, 56, di Carolei; Pilerio Giordano, 46, di Cosenza; Walter Gianluca Marsico, 44, di Cosenza; Giuseppe Perri, 55, di Acri; Mario Piromallo, detto “Renato”, 44, di Cosenza; Roberto Porcaro, 27, di Cosenza; Costantino Scorza, detto “Costanzo”, 57, di San Lorenzo del Vallo. Sono sfuggiti alla cattura Ettore Lanzino e Franco Presta, 50 anni, di Roggiano Gravina. Quest’ultimo ha subito lo scorso anno la perdita del figlio, Domenico, di 22 anni, ucciso a colpi di pistola da un commerciante. Dopo la morte del ventiduene vennero assassinati a San Lorenzo del Vallo, la cognata, la nipote e il fratello del responsabile del delitto che si era costituito subito dopo il fatto di sangue. Tra gli indagati finiti in manette ieri vi sarebbero invece anche i responsabili degli omicidi di Vit- L’aggiunto Airoma, il colonnello Ferace e i procuratori Borrelli, Granieri e Lombardo torio Marchio, esponente di vertice della criminalità cosentina, ucciso il 26 novembre del 1999, di Enzo Pelazza, ucciso il 28 gennaio 2000 a Cosenza, e di Antonio Sassone, ucciso il 9 giugno 2000 a Terranova da Sibari. Di questi ultimi due delitti è sospettato nella veste di esecutore materiale proprio Franco Presta. Ma l’indagine sulla ‘ndrangheta del Crati, coordinata dal procuratore capo Antonio Vincenzo Lombardo, dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e dai pm antimafia Pierpaolo Bruni e Carlo Villani, presenta pure un ramo politico. Riferito cioè ai rapporti tra la cosca ed esponenti di partito attivi nel Cosentino. A due esponenti del Partito democratico, Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo nella loro qualità, rispettivamente, di ex sindaco ed ex assessore del Comune di Rende la magistratura inquirente contesta d’aver concesso finanziamenti ad una cooperativa riconducibile al presunto boss, Michele Di Puppo in cambio del sostegno alle elezioni per il rinnovo del Consiglio provinciale di Cosenza svoltesi nel 2009. Bernaudo, nell’occasione, è stato eletto, mentre Ruffolo, poi nominato però assessore, invece no. Nel decreto di perquisizione notificato ai due politici contestualmente ad un avviso di garanzia, viene contestato di avere finanziato con risorse pubbliche la cooperativa «Rende 2000» che secondo l’accusa era riconducibile a Di Puppo, indicato come soggetto di primo piano della cosca Lanzino-Presta-Di Puppo. Quale corrispettivo, è l’ipotesi accusatoria dei pm Pierpaolo Bruni e Carlo Villani, i due politici avrebbero ricevuto l’impegno della cosca a procacciare voti in loro favore in occasione delle elezioni provinciali. I due politici, oltre che di concorso esterno in associazione mafiosa, sono indagati anche per corruzione e voto di scambio. Per minacce in occasione di competizioni elettorali, aggravato dalle modalità mafiose, è indagato, invece, il consigliere comunale di Piane Crati Pierpaolo De Rose, insieme a Romano Chirillo e Biagio Barbierio, ritenuti affiliati alla cosca Lanzino. Secondo l’accusa, i due, in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Piane Crati, avrebbero minacciato più elettori per indurli a votare De Rose imponendo agli stessi di apporre un segno sulla scheda per verificare che l’ordine fosse stato rispettato. Contro Ruffolo e Bernaudo (che si protestano innocenti) vi sono i contenuti di alcune intercettazioni telefoniche in cui Di Puppo, responsabile della Cooperativa Rende 2000, invita a sostenerli, nelle elezioni provinciali del 2009, in cambio di presunti favori che sarebbero stati ricevuti. Per questo il Comune di Rende e la sede della Cooperativa sono stati perquisiti e sono stati acquisiti diversi documenti. De Rose avrebbe avuto invece il sostegno della cosca Chirillo di Paterno (Cosenza) per la sua elezione. Gli investigatori stanno esaminando le schede elettorali per le elezioni comunali del 2009, a Piane Crati, che potrebbero essere state contrassegnate per identificare i votanti. Luigi Gagliardi, inteso come “Ninni”, arrestato invece ieri per concorso nell’omicidio di Antonio Sassone, è stato candidato alle ultime elezioni comunali di Cosenza, per la lista “Autonomia e diritti” in appoggio al candidato a sindaco del centrosinistra, ottenendo 230 voti. Alle Provinciali del 2009 era sceso invece in campo con la lista del “Movimento disoccupati” a sostegno del candidato alla presidenza della Provincia sempre del centrosinistra, racimolando però solo 70 voti. Costantino Scorza, indagato per omicidio, mentre viene portato via dai poliziotti della Mobile FOTO ARENA Ruffolo è già stato coinvolto nelle indagini Cartesio e Coffee break I guai giudiziari dell’amministratore che ha congelato la poltrona in giunta Domenico Marino COSENZA L’inchiesta dei pm antimafia Pierpaolo Bruni e Carlo Villani non è il primo incidente giudiziario in cui incorre Pietro Ruffolo. L’ex assessore del Partito democratico nella giunta provinciale cosentina, autosospesosi dalla carica amministrativa lasciata ancora vacante dal presidente Oliverio, nei mesi passati è stato rinviato a giudizio per usura aggravata dalle modalità mafiose nell’ambito dell’operazione “Cartesio” con cui la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, coordinata dal procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, affiancato dal sostituto Vincenzo Luberto, colpì la potente cosca di Cetraro egemonizzata dal “Re del pesce”, al secolo Franco Muto. Ruffolo è finito nelle maglie della giustizia non per il suo incarico amministrativo Pietro Ruffolo ma per il lavoro quale consulente per le piccole imprese nella filiale di Belvedere Marittimo d’un istituto di credito. In particolare al politico la procura catanzarese contesta un presunto prestito usurario concesso a un imprenditore che era pure amministratore d’un centro della zona. Durante la perquisizione nella sua abitazione rendese, al momento del blitz, i carabinieri trovarono due pistole detenute illegalmente che portarono all’arresto dell’ex assessore comunale di Rende con un lungo passato nelle file del Psi. Fu recluso ai domiciliari per un solo giorno. Nei mesi successivi a “Cartesio” Pietro Ruffolo è stato coinvolto nell’inchiesta “Coffee break” condotta dal sostituto procuratore generale di Catanzaro, Eugenio Facciolla, contro un presunto giro di usura e truffe consumate sempre lungo il Tirreno cosentino. Pietro Ruffolo, difeso dall’avvocato Franz Caruso, ha sempre respinto con vigore tutte le accuse protestandosi innocente. Tale va considerato sino a condanna definitiva. GL’INQUIRENTI DENUNCIANO IL SILENZIO DEGLI OPERATORI ECONOMICI E L’ISOLAMENTO DELLO STATO: «LA SOCIETÀ CIVILE REAGISCA» I boss impongono il pizzo e gl’imprenditori preferiscono pagare Giovanni Pastore COSENZA Cosenza e la sua provincia riscoprono i capitoli della loro storia più nera e amara attraverso una maxiretata che riporta a galla le verità su tre vecchi omicidi di mafia, e propone trame attuali sul “pizzo” imposto ai commercianti e agli imprenditori della città. Dalle pieghe dell’inchiesta “Terminator 4” affiorano, pure, ipotetici intrecci tra mafia e politica locale. Il procuratore distrettuale di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, lancia l’allarme: «Più si fanno investigazioni, più si scopre l’intreccio sempre più fitto tra criminalità organizzata e cosiddetta zona grigia. I clan hanno imparato a dialogare con chi si trova al potere. Non c’è un partito solo, non conta l’ideologia politica. La ‘ndrangheta è trasversale, appoggia chiunque in campagna elettorale perchè punta ad infiltrarsi nei settori produttivi». Nella nuova sala riunioni della Procura, che è stata intitolata al giudice Rosario Livatino, martire della “stidda” siciliana. Il procuratore aggiunto di Cosenza, Domenico Airoma, ha inteso sottolinearlo prima di lamentare la solitudine dello Stato nella lotta alla malavita organizzata. «Oggi, purtroppo, rileviamo una colpevole assenza. L’assenza della comunità civile di questa città. Non abbiamo ricevuto alcuna collaborazione dalle persone offese. Quello che siamo riusciti a fare è frutto esclusivo dell’avvità investigativa. Spero che in questa sala presto ci possa essere un incontro tra i magistrati e la pri- ma associazione antiracket di Cosenza per pianificare insieme un contrasto ancora più efficace ai “signori della mazzetta”. Due Procure insieme per raggiungere più in fretta l’approdo desiderato, come ha sottolineato il capo dei pm cosentini, Dario Granieri. «L’operazione è frutto d’una sinergia concreta tra diverse forze di polizia. I carabinieri del Reparto provinciale e della Mobile, insieme agli analisti della Dia hanno ricostruito efferati delitti che hanno insanguinato la città e la provincia oltre a tratteggiare il sistema attuale delle “mazzette”». La ‘ndrangheta s’ingrassa con il “pizzo” imposto ai negozianti come una tassa e con l’usura. Pagano tutti da queste parti. Anche gli ambulanti dei mercatini e della Fiera di Il questore Alfredo Anzalone San Giuseppe. Nelle carte dell’inchiesta “Terminator 4” ci sono i retroscena di alcuni attentati agl’imprenditori della città e dell’area urbana. Il procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Borrelli, affonda la sua lama: «Nessun imprenditore si rivolge allo Stato. Eppure ogni giorno riceviamo notizie su almeno due o tre attentati nei confronti di esercizi commerciali di questa città. Nessuno ammette la pressione estorsiva. Quello che è stato finora fatto con questo lavoro cominciato nel 2007 avrà veramente un senso con la cattura dei due latitanti, Ettore Lanzino e Franco Presta. Servono nuove risorse però. Se non ci si riesce con le forze attualmente in campo, bisogna pensare a investire nuove energie investigative. Non si può lasciare la città nelle mani di questa gente. Sarebbe la prova dell’indebolimento del tessuto democratico». Un territorio nelle mani della criminalità organizzata. Il questore Alfredo Anzalone lancia messaggi: «Abbiate più fiducia nelle istituzioni». Ma Cosenza «è tramortita dalla ‘ndrangheta, perchè qui per anni si è creduto che non ci fosse la mafia», come ha detto il procuratore Lombardo. Qui pallottole e taniche di benzina pesano come macigni sull’economia. Schiuma rabbia la malavita, che dopo ogni blitz, è obbligata a rastrellare soldi per le famiglie degli amici in carcere. Dietro ogni “messaggio” agl’imprenditori nostrani c’è la firma del racket, dei “signori della mazzetta”, malacarne che si nutrono dei sacrifici degli operatori economici, come ha spiegato il colonnello Francesco Ferace che ha rafforzato quell’idea di Stato forte che è già nato nell’alleanza interforze. Un patto d’acciaio sigillato dal capo della Dia, il prefetto Alfonso D’Alfonso, che qui a Cosenza ha inviato due dei suoi migliori superdetective, il colonnello Francesco Ardizzone e il vicequestore Antonino Cannarella, per muovere scacco matto alla ‘ndrangheta bruzia. Le tessere del mosaico cosentino sono state ricomposte attraverso l’analisi dei superinvestigatori della Direzione antimafia. Un lavoro d’intelligence che ha permesso di riannodare trame sfilacciate di crimini che hanno resistito ad anni d’inchieste. È il caso degli omicidi di Antonio Sassone ed Enzo Pelazza, agguati rimasti sepolti tra le macerie di quel sanguinoso scontro che tra la fine del Novanta e l’inizio del Duemila si combattè nella trincea di Cosenza e della sua sterminata provincia. Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 27 Calabria . REGGIO Le indagini della Squadra mobile della Polizia non escludono alcuna pista. Questa mattina sarà effettuata l’autopsia dal medico legale Si scava nella vita di Vittorio Bruno Martino Interrogati dagli investigatori molti potenziali testimoni dell’agguato in cui è rimasto vittima l’imprenditore Piero Gaeta REGGIO CALABRIA Una lunga notte di interrogatori ha scandito gli impegni degli investigatori della Squadra mobile della Questura che stanno cercando di individuare il movente che sta alla base dell’omicidio di Vittorio Bruno Martino, l’imprenditore di 46 anni ucciso a colpi di pistola la sera di lunedì a Pellaro, periferia Sud di Reggio, da uno spietato killer che si è subito dileguato, verosimilmente anche con l’aiuto di un complice. Chiarito il movente, infatti, l’omicidio (al momento inspiegabile) potrà sembrare molto più semplice da decifrare. I poliziotti, diretti dal primo dirigente Renato Cortese, hanno “torchiato” tutti i potenziali testimoni dell’agguato ma non hanno trovato grandi indizi su cui approfondire il proprio lavoro. Sicuramente, però, le testimonianze sono servite per fare luce sugli ultimi istanti di vita dell’imprenditore, che, non appena uscito dalla palestra, ha visto compiersi il proprio destino mentre si accingeva a salire sul furgone (un Fiat Doblò bianco) che aveva lasciato nel parcheggio di fronte. Ha avuto solo il tempo di attraversare la strada e poi gli spari hanno squarciato la notte. Sulla scena del crimine, gli specialisti della sezione scientifica della Polizia hanno svolto un lavoro certosino e hanno repertato soltanto un bossolo di pistola calibro 7.65, tuttavia il quadro definitivo sarà delineato meglio soltanto dall’esame autoptico che sarà eseguito questa mattina dal Il primo dirigente Renato Cortese è il capo della Squadra Mobile reggina medico legale incaricato. Si svolgono, dunque, a trecentosessanta gradi le indagini sull'omicidio dell’imprenditore e soprattutto in queste prime ore non viene scartata, a priori, nessuna pista per cercare di identificare gli assassini che hanno ideato, pianificato ed eseguito il piano di morte. Gli inquirenti stanno passando al setaccio tutti i rapporti della vittima e le ultime ore della sua vita. Vittorio Bruno Martino, infatti, era un imprenditore noto in città e anche alle cronache giudiziarie, che operava nel settore dei rifiuti e gestiva anche di uno dei bar dell’Aeroporto dello Stretto. Martino era rimasto coinvolto nell’ambito di un’operazione condotta dai Carabinieri del Noe, che fu denominata “Terrazzamento” e che ha portato al rinvio a giudizio di Martino e altri 14 imputati. L'attività investigativa dei carabinieri del Noe e dell’Arma territoriale addebitava all’imprenditore la realizzazione di una discarica abusiva di rifiuti speciali in località Bovetto. Sito che, secondo l’accusa, era stato realizzato in assenza di apposite autorizzazioni nel terreno di una società di cui era amministratore lo stesso Bruno Martino. E proprio per questo episodio, l'imprenditore avrebbe dovuto comparire davanti ai giudici del tribunale della città dello Stretto il prossimo 27 gennaio. Le modalità dell’esecuzione dell’imprenditore non fanno escludere anche il coinvolgimento della criminalità organizzata. E per questo motivo le indagini della Polizia cercheranno di stabilire anche eventuali collegamenti tra le vittima e le 'ndrine della città e del suo hinterland che si sono dimostrate molto attive anche nel remunerativo settore della gestione dei rifiuti. Fa discutere la frase “buttare la chiave“ La signora Zappalà replica a Scopelliti REGGIO CALABRIA. Ieri abbiamo pubblicato le dichiarazioni del governatore Scopelliti sull’arresto del consigliere regionale Morelli, nel corso delle quali ha fatto riferimento anche all’arresto di Santi Zappalà. La moglie dell’ex consigliere regionale, Francesca Parisi Zappalà, ci ha inviato la seguente nota che volentieri pubblichiamo. «Le parole pronunziate dal presidente Scopelliti circa la necessità di “buttare a mare” le chiavi della cella di Nuoro ove da circa un anno è ristretto mio marito credo siano parse inopportune non solo a me e alle mie figlie, ma anche a tanti calabresi stanchi di atteggiamenti antimafia che non hanno il pregio della coerenza, della costanza e della serenità di giudizio». «Mio marito è un uomo dispe- rato perché sta pagando un prezzo altissimo per l'errore di un attimo: meriterebbe quanto meno un atteggiamento di umana pietà. E nessuno può ergersi a giudice, anche se non ha scheletri negli armadi, quando ancora è la Corte d'appello a doversi pronunziare. Così come a nessuno è consentito rigirare il coltello nella piaga non guardando alle travi conficcate negli occhi di tante persone che vagano nei territori della politica, senza che nessuno decida non dirò di gettare le chiavi, ma di usarne per fare uscire gli odori malsani che vi stazionano». Pubblichiamo la nota della signora Zappalà anche se nel nostro articolo non c’era la frase “buttare la chiave” e dell’arresto dell’ex consigliere si faceva riferimento solo nel pezzo, senza alcun rilievo nella titolazione. Interrogazione sul volontario di Emergency Vittorio Bruno Martino, 46 anni, e la scena del crimine a Pellaro dove è stato assassinato REGGIO CALABRIA. I deputati In sintesi L’omicidio. È avvenuto intorno alle 20.45 di lunedì sera a Pellaro, grosso rione alla periferia di Reggio. L’agguato. Un killer ha atteso Vittorio Bruno Martino all’uscita della palestra e l’ha freddato con un colpo di pistola alla testa. L’uomo non è morto sul «Ma che fine ha fatto Francesco Azzarà?» colpo: è stato trasportato agli Ospedali Riuniti dove è spirato poco dopo proprio per la gravità della ferita riportate. Le indagini. Sul posto sono subito intervenute le Volanti della Polizia che hanno effettuato i primi rilievi. Gli interrogatori. Ieri notte gli investigatori della Squadra mobile hanno interrogato a lungo molti possibili testimoni dell’agguato ma nessuno è riuscito a fornire indizi utili alle indagini che, dunque, non escludono alcuna pista ma proseguono ad ampio spettro. Franco Laratta, del Pd, e Giuseppe Giulietti, portavoce di “Articolo 21”, hanno presentato un’interrogazione al ministro degli Esteri sul sequestro di Francesco Azzarà, il volontario di Emergency rapito il 14 agosto scorso in Darfur. In particolare, i parlamentari chiedono di sapere «se il governo segue con costanza il sequestro di Francesco Azzarà; se vi sono stati contatti con i rapitori; se si hanno notizie sulle condizioni e sullo stato di salute del rapito». «È decisamente forte – è scritto nell’interrogazione – il silenzio sul rapimento in Darfur del giovane Francesco Azzarà , operatore di Emergency. Il 14 agosto è stato rapito e da quel momento si sono perse le tracce e nessuna notizia si è avuta in merito alla sua sorte. Abbiamo chiesto più volte all’allora ministro degli Esteri, Frattini, di riferire in Aula, ma questo non si è mai verificato. Ora – concludono Laratta e Giulietti – la nostra preoccupazione diventa ancora più forte». 28 Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud . Calabria CATANZARO Confermata ieri in appello la sentenza del Tribunale lametino per gli imputati eccellenti Nota dell’ex assessore regionale Tutti assolti al processo Marechiaro Patto tra generazioni lanciato da Naccari per il rilancio del Pd Tolti i sigilli all’hotel e scagionato l’ex governatore Chiaravalloti Vinicio Leonetti LAMEZIA TERME L’immobile è legale, le procedure pure, così come il finanziamento regionale di 4,2 milioni di euro. Nessun colpevole. Si conclude così il processo sulla costruzione del Grand Hotel Marechiaro a Gizzeria, lungo la Statale 18, che da subito può accettare prenotazioni di suite a tante stelle perchè è stata revocata la confisca anche di quella parte che era stata ritenuta abusiva dalla procura lametina quattro anni fa. Confermate in appello le assoluzioni di tutti i pezzi grossi imputati, dall’ex governatore e vicepresidente dell’Authority sulla privacy Giuseppe Chiaravalloti per il quale l’accusa aveva chiesto 10 anni di reclusione, all’assessore regionale Pino Gentile per cui la richiesta era di 9 anni. Contro di loro venivano ipotizzate anche l’associazione per delinquere e la truffa. Sott’accusa pure l’ex assessore regionale all’Urbanistica Paolo Bonaccorsi, ed i dirigenti della Regione Stefano Torda, Andrea Iovene, Rocco Militano e Pasquale Anastasi. Nessun colpevole nemmeno nella giunta comunale di Gizma questo zeria dei primi anni del 2000, l’aveva deciso il Gip del Tribunale lametino. Il Grand Hotel Gizzeria e, a destra, Giuseppe Chiaravalloti Ieri la corte d’appello di Catanzaro presieduta da Annamaria Saullo ha pure dichiarato la prescrizione del reato di indebita percezione di fondi pubblici contestato all’imprenditore Paolo Sauro, titolare dell’albergo di Gizzeria, l’unico ad essere stato condannato in primo grado. Il reato è prescritto, e la confisca dell’hotel immediatamente decaduta. Per Sauro resta in piedi una contravvenzione per abuso edilizio. Contro di lui il procuratore generale Raffaella Sforza aveva chiesto 9 anni, così come aveva fatto il Pm lametino Luigi Maffia. La vicenda risale al 2002, quando Sauro a Gizzeria Lido chiede un finanziamento alla Regione e l’autorizzazione al Comune per costruire il Grand Hotel Marechiaro accanto al suo rinomato ristorante. Riesce ad ottenere sia il disco verde dell’amministrazione municipale di cui faceva parte, sia 4,2 milioni di euro dalla giunta regionale attraverso un accordo di programma. La pratica si conclude rapidamente. Il pubblico ministero Il leader di Confagricoltura ha incontrato il dg dell’assessorato di Lamezia Luigi Maffia parla di una «cricca» molto attiva a Gizzeria, ed ha definito Sauro «un miracolato» per essere riuscito ad avere il finanziamento in tempi inimmaginabili in una Calabria dove gli enti pubblici sono poco più che lumache. Avuta la prima tranche del finanziamento l’imprenditore non perde tempo e comincia a tirare su l’albergo sulla Statale tirrenica, ma a meno di 300 metri dal mare, accusa il pubblico ministero che tira fuori la legge Galasso sull’ambiente. Tanto che al processo tenta di costituirsi parte civile Legambiente ma senza successo. L’ipotesi dell’accusa è stata quella di un’associazione a delinquere formata dai vertici della giunta regionale e quella municipale dell’epoca, e dai superdirigenti di Regione e Comune di Gizzeria. Un turbinio di reati contestati che andavano dalle illegalità urbanistiche al voto di scambio, persino alla gestione allegra e clientelare di una cinquantina di precari Lsu. Le accuse sulla costruzione dell’hotel e l’incasso milionario dalla Regione da parte dell’imprenditore non hanno retto in nessun grado di giudizio: nè davanti al Gup, nè dal Tribunale lametino presieduto da Pino Spadaro, nè in appello. Ieri per chiedere la conferma della sentenza di primo grado c’era un folto schieramento di avvocati, mentre a far cadere le ultime accuse contro Sauro è stato l’avvocato Francesco Gambardella del foro lametino. Dall’inizio delle indagini della procura lametina intorno al 2006 fino alla richiesta di rinvio a giudizio del 2009 sono passati tre anni. La sentenza di primo grado è dell’agosto dell’anno scorso. Cinque anni per arrivare alla sentenza d’appello rispetto alla media è una buona tempistica per un processo così intricato. REGIONE Attivato il mezzanine financing Statti chiede l’esame delle pratiche Un fondo da 25 milioni collegate ai finanziamenti del Psr a sostegno delle imprese CATANZARO. Il presidente di Confagricoltura Calabria Alberto Statti, accompagnato dal direttore regionale Giovanni Iannuzzi, ha incontrato il direttore generale del dipartimento Agricoltura, Giuseppe Zimbalatti, e l’Autorità di Gestione del Piano di sviluppo rurale Maurizio Nicolai. Durante l’incontro sono state affrontate alcune delle problematiche più urgenti da risolvere entro la fine del corrente anno. In particolare, il presidente Statti ha sollecitato la pubblicazione, in tempi brevi, della graduatoria definitiva della misura 121 (ammodernamento delle aziende agricole), ritenuta strategica per la crescita e la competitività delle imprese. L’Organizzazione degli imprenditori agricoli calabresi ha chiesto inoltre che siano poste in pagamento tutte le pratiche istruite positivamente relative alle misure a superficie, le quali, Alberto Statti in questa situazione di crisi economica, sono quelle che maggiormente contribuiscono al mantenimento in vita delle aziende. Statti, riprendendo quanto evidenziato durante il suo intervento al Comitato di Sorve- glianza e nei tavoli tecnici sul Psr promossi dall’Autorità di Gestione, ha chiesto che al più presto, venga avviata la misura 215 relativa al benessere degli animali, che l’Organizzazione ritiene di estrema importanza per il settore zootecnico calabrese. In considerazione della numerosa partecipazione al bando della misura 215, Statti ha ribadito la necessità di incrementarne la dotazione finanziaria per soddisfare tutte le domande risultate positive in graduatoria. A conclusione del proficuo confronto, il direttore generale Zimbalatti e l’Autorità di Gestione Nicolai hanno dato ampia assicurazione circa la pubblicazione della misura 121 entro il mese, mentre per quanto riguarda la misura 215 sarà oggetto di negoziato nel prossimo incontro bilaterale del 9 dicembre con la Commissione Europea. REGIONE CALABRIA REGIONE CALABRIA Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza Azienda Ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli” REGGIO CALABRIA UOC SERVIZI PATRIMONIALI E TECNICI Estratto bandi di gara Estratto bando di gara SEZIONE I: Amministrazione aggiudicatrice: Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza Viale degli Alimena, 8 - 87100 Cosenza. Tel. 0984893345 - 0984893559 - 0984893313 e Fax 0984893323, 0984893468 - email: [email protected] SEZIONE II: Oggetto dell’appalto: Gara A CIG: 358837658C CUP: B96E11000580001. Incarico professionale per la progettazione preliminare e definitiva dell’intervento di messa in sicurezza del Presidio Ospedaliero di Paola (CS), riferito a opere di classe III categoria a) e di classe I categoria c). Importo dell’incarico soggetto a ribasso: euro 186.574,30. Gara B CIG: 358887622A CUP: B32J11000620001. Incarico professionale per la progettazione preliminare e definitiva dell’intervento di messa in sicurezza del Presidio Ospedaliero di Cetraro (CS), riferito a opere di classe III categoria a) e di classe I categoria c). Importo dell’incarico soggetto a ribasso: euro 173.829,20. SEZIONE III: Informazioni di carattere giuridico, economico, finanziario e tecnico: Si rinvia al Disciplinare di gara. SEZIONE IV: Procedura aperta art. 3, comma 37 e artt. 55, 91 e 124, D. Lgs. n. 163/2006, nonché art. 261 D.P.R. n. 207/10. Criteri di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa in base ai criteri indicati nel Disciplinare di gara. Scadenza per la ricezione delle offerte: data 22-12-2011 ore 12. SEZIONE VI: Altre informazioni: Il bando integraleIe di gara e il disciplinare di gara sono pubblicati su internet aziendale: www.asp.cosenza.it Data di spedizione GURI. 24-11-2011; Pubblicazione GURI: 5-12-2011. Con delibera n. 967 del 17-11-2011 è indetta “Procedura aperta per l’affidamento per mesi sei del servizio di pulizia, disinfezione e sanificazione degli immobili dell’Azienda Ospedaliera “BianchiMelacrino-Morelli” comprensivo di prelievo, raccolta, evacuazione e smaltimento dei rifiuti sanitari di cui al D.P.R. 254/2003”. - Codice CIG: 362899663B Termine ricezione offerte: giorno 23-1-2012 ore 12 a pena di esclusione. Valore e durata dell’appalto: euro 1.250.000,00 oltre oneri IVA - mesi 6 dall’aggiudicazione dell’appalto. Criterio aggiudicazione: prezzo più basso. Data seduta pubblica prima fase: giorno 30-1-2012 ore 10. Il Bando di gara, il Capitolato Speciale di Appalto e il Disciplinare di Gara sono reperibili sui siti: www.fareonline.it e www.ospedalerc.it. Responsabile del Procedimento: Geom. Giuseppe Romeo - Tel. 0965397518 - Fax 0965397529. Data di invio del Bando alla CEE: 5-12-2011 Il direttore UOC Servizi Patrimoniali e Tecnici ing. Gennaro Sosto IL DIRETTORE UOC Acquisizione Beni e Servizi (avv. Angelo Rabotti) IL DIRETTORE GENERALE (dr. Carmelo Bellinvia) CATANZARO. La Regione chie- derà al ministero delle Politiche agricole la dichiarazione del carattere eccezionale della tromba d’aria che il 19 settembre scorso ha colpito la provincia di Reggio Calabria. Lo ha deliberato la Giunta regionale, che si è riunita sotto la Presidenza del governatore Giuseppe Scopelliti, con l’assistenza del Dirigente generale della Presidenza Francesco Zoccali. La relativa delibera, poi approvata, è stata proposta dall’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra. La Giunta regionale, secondo quanto reso noto dall’Ufficio stampa, ha adottato anche altre deliberazioni. Su proposta del presidente Scopelliti è stato approvato lo schema di Protocollo d’intesa con il ministero dell’Interno per il collegamento all’Indice nazionale delle anagrafi (Ina). Il protocollo ha la finalità di rendere possibile il collegamento tra la Regione ed il Ministero per assicurare, attraverso modalità uniformi a livello nazionale, l’accesso e l’utilizzo, ai fini istituzionali, dei dati anagrafici forniti dai comuni tramite l’infrastruttura di sicurezza dell’Ina. Per la sottoscrizione del protocollo d’intesa è stato delegato il Capo di Gabinetto della Presidenza della Giunta dottoressa Elena Scalfaro. Ancora, su proposta dell’assessore alle Attività produttive Antonio Caridi, l’Esecutivo di Palazzo Alemanni ha deciso l’istituzione del Fondo regionale per il sostegno agli investimenti delle Piccole e medie imprese regionali attraverso il mezzanine financing (una forma di finanziamento per colmare carenze di copertura finanziaria nella ristrutturazione delle esposizioni debitorie) stabilendo che il suo ammontare è di 25 milioni di euro. Tonio Licordari REGGIO CALABRIA Dall’uscita di scena del senatore Adriano Musi (circa un mese fa), il Pd calabrese è senza una guida. Alle porte, dicono, ci sarebbe il senatore Filippo Bubbico, commissario per gestire la fase dei congressi. Nel frattempo all’interno del partito calabrese si anima il dibattito: Demetrio Naccari Carlizzi, ex assessore regionale della Giunta Loiero, in una nota inviata alla “Gazzetta” lancia il patto intergenerazionale all’interno del Partito democratico. Nella stessa muove rilievi allo stesso Pd, punge gli avversari del centrodestra e lancia frecciate al “Modello Scopelliti”. Nella prima parte, l’avvocato Naccari Carlizzi fa una lunga premessa, sostenendo che «urge una discussione franca sulla rappresentanza delle nuove generazioni in funzione propulsiva verso un processo di rinnovamento e di ricambio della politica, dell’apparato pubblico, della società». L’obiettivo è la valorizzazione dei giovani, anche perché «le diseguaglianze intergenerazionali amplificate al Sud da un’errata impostazione del federalismo fiscale hanno ormai prodotto la sostanziale esclusione delle giovani generazioni dalle garanzie dei diritti sociali previsti dalla Costituzione». Le maggiori responsabilità di questo “status” sono da attribuire, secondo Naccari Carlizzi, alla politica «egemonizzata da una cultura superata e incapace di confrontarsi con le nuove sfide». Tra l’altro «le scelte del governo Berlusconi, avallate dall’indifferenza di un ceto politico funzionale agli interessi esterni della Calabria, hanno determinato la tragica prospettiva di avere fra 20 anni una regione più vecchia e più povera». Cosa rimprovera Naccari all’ex governo Berlusconi? «Il saccheggio dei Fondi Fas, il taglio degli interventi infrastrutturali, regole di bilancio inique che hanno ostacolato l’utilizzo dei fondi strutturali e diminuito drammaticamente la spesa delle regioni Obiettivo convergenza. Berlusconi e Tremonti hanno poi risposto all’evidente involuzione delle aree più deboli con un Piano per il Sud talmente evanescente da avere bisogno di chiarimenti da parte delle autorità europee». Adesso c'è il governo Monti che apre «una fase nuova che paradossalmente diventa una sfida aperta alla politica e al Partito democratico», accusato da Naccari di essere stato debole nel rappresentare le esigenze del Sud durante il governo Berlusconi». E allora il Pd deve tra- Demetrio Naccari Carlizzi sformarsi «nel motore di cambiamento». In Calabria sostiene Naccari «lo stesso commissariamento ha infelicemente concluso la sua esperienza senza esaurire la sua funzione». Ecco la proposta di Naccari: «Bisogna avviare una sana e trasparente ricostruzione del tessuto del Pd per proporre ad interloquire nel dibattito nazionale sulla base di una piattaforma di idee nuove». Dalla proposta alle frecciate al “Modello Scopelliti”. «I calabresi – scrive – assistono attoniti al modo semplicistico con cui il governo regionale disperatamente sta tentando di coprire la propria inconcludenza e inadeguatezza con un’incessante attività di comunicazione». Alla luce di tutto questo il «Pd deve diventare il punto di riferimento dei calabresi, rappresentarne i bisogni e assumendosi la fatica di ascoltare, capire e contribuire con la propria funzione legislativa e amministrativa a trovare soluzioni». Il primo traguardo sono le elezioni politiche. Secondo Naccari «Il Pd ha esperienze, giovani, risorse e potenzialità in grado di recuperare i valori fondativi che ne hanno ispirato la nascita e che si battono ogni giorno per restituire credibilità e dignità alle istituzioni». Adesso ci sono i congressi che per Naccari sono importanti per tre ragioni: Dice: «Per dare trasparenza alle scelte, per la individuazione della nuova classe dirigente del partito e per far ripartire il circuito della rappresentanza democratica». I congressi sono fondamentali perché «senza organismi regolarmente eletti non c'è spazio futuro per il Pd. La Calabria non può farsi rappresentare da chi non vive quotidianamente i suoi problemi. L’appello è rivolto a tutti i democratici calabresi: confrontiamoci e arricchiamo le nostre idee». CATANZARO È imputato nel procedimento Why Not sui fondi destinati allo sviluppo L’arresto di Morelli fa slittare il processo Giuseppe Mercurio CATANZARO L'indagine “Infinito”, condotta dalla Dda di Milano in collaborazione con la Procura di Reggio Calabria sui rapporti tra 'ndrangheta e politica, sconvolge pure il processo “Why Not” basato su un presunto comitato d’affari che avrebbe illecitamente gestito i soldi destinati allo sviluppo della Calabria, in corso di svolgimento davanti al Tribunale collegiale di Catanzaro. Ieri mattina, infatti, la prevista ennesima udienza del processo non si è potuta tenere per il legittimo impedimento a partecipare di uno degli imputati, il consigliere regionale Franco Morelli, arrestato la scorsa settimana proprio nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano. Morelli avrebbe voluto partecipare all’udienza, ma il Tribunale non aveva disposto il trasferimento a Catanzaro dal carcere milanese di Opera nel quale è detenuto. Per questo motivo i giudici, nonostante l’applicazione del presidente del collegio, il giudice Antonio Franco Morelli battaglia, che era giunto appositamente dalla sede di Palmi dopo il suo trasferimento, non hanno potuto fare altro che prendere atto della mancata traduzione dell’imputato e disporre il rinvio del processo al 9 gennaio. Nel processo Why Not sono imputate 27 persone tra funzionari ed ex amministratori regionali, imprenditori e professionisti. Nell’udienza di oggi era prevista la deposizione del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Chiaravalloti, che ha svolto le indagini. Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 35 Cronaca di Reggio . UNIVERSITÀ MEDITERRANEA Sale la tensione in vista dell’approvazione del bilancio CARABINIERI Il rettore Giovannini replica a muso duro alla richiesta di dimissioni della Uil-Rua Rubati 5 fucili in casa di un anziano Incendiato un pub Ma 3 facoltà e parte di Senato e Cda lo invitano a «un passo di grande dignità» Piero Gaeta «Il segretario regionale della Uil-Rua, Attilio Bombardieri, ha detto e continua a dire cose inesatte». Non fa sconti il rettore Massimo Giovannini e all’attacco mossogli dal sindacato replica contrattaccando: «Non conosce il meccanismo del 90% in base al quale annuncia che la Mediterranea sarà commissariata. Cosa grave per uno che si occupa di Università. A meno che non abbia altri motivi per dire quello che dice. Il meccanismo del 90% riguarda il rapporto che s’instaura tra le spese fisse (stipendi del personale e dei docenti) e il fondo di funzionamento ordinario. Ad oggi sono 16 gli Atenei al di sopra del 90%, dato registrato al 31/12/2010. Il prossimo anno saranno circa 50, dato previsto al 31/12/2011. Lo “sforamento” dipende da un fatto ovvio. Che Bombardieri sembra ignorare. Il fondo di funzionamento ordinario distribuito dal Miur alle Università in questi ultimi tre anni è diminuito di circa un miliardo di euro (per quanto ci riguarda di circa tre milioni) mentre sono rimaste quasi invariate le spese fisse. Data la consistenza del personale e dei docenti siamo sopra il 90% per un semplice calcolo aritmetico». «Il segretario regionale della Uil-Rua – insiste il rettore – non conosce la legge Gelmini: il superamento del 90% non prevede il commissariamento. Se così fosse, il prossimo anno si dovrebbero commissariare i due terzi delle Università statali. Attilio Bombardieri non conosce gli argomenti di cui parla con tanta sicurezza. Come quello relativo alla somma versata all’erario per “mancata presentazione dei modelli 770 (e non 760, altra sua inesattezza) di Il rettore della Mediterranea Massimo Giovannini diversi anni!”. Su indicazione del collegio dei Revisori dell’Ateneo è stata predisposta la documentazione per la Corte dei Conti per l’individuazione di eventuali responsabilità, risalenti agli anni 2006 e 2007. Tra l’altro, come accertato dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate, non vi è stata né evasione né omissione di versamenti». «Per quanto riguarda la mia credibilità alla guida dell’Ateneo credo sia sufficiente ricordare la mia recente elezione nella Giunta della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. Non sono, per natura, attaccato a nessuna poltrona. Ciò che mi interessa è la Mediterranea e il suo futuro – precisa Giovannini –. Legato alla condivisione delle scelte da parte di tutte le sue componenti. Spiace constatare che nonostante abbia dato chiarimenti suffragati da atti ufficiali degli organi di controllo e di valutazione dell’Ateneo, si dia credito ad affermazioni inesatte da parte di un sindacalista, peraltro non appartenente alla nostra comunità. Così facendo s’incrementa nell’opinione pubblica una visone distorta della reale situazione economica della Mediterranea. L’amministrazione, l’altra settimana, ha inviato la bozza del bilancio previsionale 2012 a tutti i componenti degli organi collegiali. Il Direttore Amministrativo e il Dirigente della Macro Area Economica sono a disposizione per chiarimenti e osservazioni. Mi auguro prevalga il buon senso e responsabilmente si arrivi all’approvazione del bilancio previsionale 2012 nelle sedute program- mare per il 20 e 21 prossimi». Ma, purtroppo per il rettore Giovannini, le prossime sedute di Senato accademico e di Cda si annunciano incandescenti. Infatti i presidi delle facoltà di Giurisprudenza, Ingegneria e Agraria (Attilio Gorassini, Adolfo Santini e Santo Marcello Zimbone) altri due membri del Senato accademico (Pasquale Catanoso e Pierluigi Antonucci) e tre componenti del Cda (Francesco Calabrò, Luigi Chies e Nicola Moraci) gli hanno recapitato una lettera in cui i toni garbati stridono con la gravità del testo in cui constatato «il clima di sfiducia e le divisioni interne legate a scelte e fatti gestionali» e ritenuta necessaria «una soluzione di continuità coni l passato proprio in funzione della novità dell’attuazione della Riforma universitaria», chiedono al rettore «un passo di grande eleganza, rigore e dignità, capace di dare nuovo respiro al nostro Ateneo, quindi di rimettere il mandato e permettere un sereno susseguirsi degli impegni istituzionali, primo fra tutti l’approvazione del bilancio». E a mettere altra benzina sul fuoco giunge il prof. Enrico Costa, uno dei più anziani di Architettura che «ha dedicato la vita a Reggio e alla Mediterranea» e che invita a lacerare «il velo del Sancta Sanctorum e aprire alcuni dossier: dalla Casa dello studente alla situazione fiscale, avendo chiaro che è finito il tempo delle punizioni ai dissenzienti. È finito il tempo del mordi e fuggi. È tempo di dedicarsi anima e corpo alla Mediterranea. È finito il tempo della mancanza di collegialità, dei colpi di mano come l’imbarazzante vicenda dello Statuto. Non si governa più escludendo le voci critiche e appoggiandosi solo a una schiera di adulatori». Francesco Mollace Donatello Canzonieri APPELLO Estorsione al bar Malavenda Il pg Francesco Mollace chiede nove anni per Donatello Canzonieri La conferma della sentenza di primo grado a nove anni di reclusione e 2 mila euro di multa. È stata questa la richiesta avanzata dal sostituto pg Franco Mollace alla Corte d’Appello (presidente Campagna, a latere Fazio e Gullino) nei confronti di Donatello Canzonieri, imputato dell'estorsione ai titolari del famoso bar pasticceria Malavenda di via Santa Caterina. Nell’udienza di ieri, il rappresentante della pubblica accusa ha replicato alle eccezioni che avevano sollevato gli avvocati Francesco Calabrese e Carlo Morace e ha ribadito la piena validità delle dichiarazioni rese dal collaboratori di giustizia Roberto Moio e ha delineato anche lo scenario in cui si sarebbe consumata l'estorsione. Donatello Canzonieri, secondo l'accusa, si sarebbe presentato alle vttime pretendendo di eseguire i lavori di tinteggiatura del locale di proprietà della famiglia Malavenda che era stato appena ristrutturato dopo la bomba che lo aveva devastato. Canzonieri, così come riferito dai pentiti anche nel processo di primo grado avrebbe agito sotto la regia di Paolo Schimizzi (scomparso da oltre due anni), indicato come il reggente della cosca Tegano. Dopo la formulazione della richiesta della pena da parte del sostituto Pg, è poi intervenuto per la parte civile l'avvocato Giovanni De Stefano che ha aderito alle richieste della Procura generale. L’udienza è stata chiusa dall’intervento dell’avvocato Francesco Calabrese, il quale ha ribadito la sua richiesta sull’inutilizzabilità di alcune intercettazioni. Il processo è stato poi aggiornato all’udienza del prossimo 11 gennaio, quando, dopo le arringhe difensive, è attesa la sentenza.(p.g.) Continuano incessanti i furti di armi in città. Non è una novità, infatti, che le armi continuino ad attirare fortemente l’attenzione dei soliti ignoti che, questa volta, non hanno esitato a introdursi all’interno dell’abitazione di R.D., 60 anni, e poi hanno portato via un armadio metallico blindato che conteneva cinque fucili regolarmente denunciati. Oltre al furto di armi, continuano a proliferare anche gli incendi notturni. Ignoti, la notte di lunedì, hanno dato alle fiamme il ristorante-pub “Civico 32” in via Melacrino, di proprietà di due giovani M.A., 24 anni e G.F.M., 22 anni. Infine, i carabinieri della Stazione principale di Reggio Calabria hanno tratto in arresto su ordine di carcerazione della Procura generale U.P., 52 anni, poiché deve espiare una pena di due anni e otto mesi di reclusione, per il reato di violenza sessuale di cui è stato riconosciuto colpevole dai giudici. Una gazzella dei Carabinieri Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 36 Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 Cronaca di Reggio 37 Cronaca di Reggio . . La Camera di Commercio offre l’accesso alla propria banca dati EVENTO “LA FERITA” PROMOSSO DAL MUSEO DELLA ‘NDRANGHETA Riaffermare l’etica pubblica per arginare le infiltrazioni Trasparenza e legalità per contrastare la ‘ndrangheta L’area grigia e i nuovi paradisi del riciclaggio Ketty Tramontana Pignatone: al di là della banca dati ciò che conta è la sinergia interistituzionale Teresa Munari Mai prima d’ora una sinergia interistituzionale contro la malavita organizzata aveva raggiunto una così incisiva dimensione qual è quella proposta dalla Camera di Commercio e suggellata ieri dai vertici della magistratura e delle forze dell’ordine di questo comprensorio. In un momento così delicato per la città, investita a tutto campo da inchieste magari pervasive, il presidente Lucio Dattola ha deciso di ottimizzare il ruolo di controllo e regolamentazione proprio dell’Ente camerale che presiede, offrendo all’interforce giudiziaria il libero accesso alla Il database riguarda 9 milioni di persone, 6 milioni di imprese, oltre 900mila bilanci banca dati del registro delle imprese. In questa direzione ha infatti organizzato metodo e sistemi informatici utili a favorire tutti i controlli incrociati che saranno necessari alle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente per meglio aggredire pratiche criminali annidate fra i settori econo- mici a rischio di penetrazione criminale, rendendo fruibile il patrimonio di informazioni che riguardano nove milioni di persone fisiche, sei milioni di imprese registrate, oltre novecentomila bilanci depositati ogni anno. Epocale dunque il protocollo d’intesa firmato ieri da Lucio Dattola, presidente della Camera di commercio; dal prefetto Luigi Varratta; dal presidente del tribunale Luciano Gerardis; da Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica; dal tenente colonnello Carlo Pieroni vice comandante provinciale dei Carabinieri; da Cosimo Di Gesù comandante provinciale della Guardia di finanza e Antonino Romeo vice Questore vicario di Reggio Calabria. (ndr Angelosanto e Casabona, egregiamente sostituiti, erano assenti per motivi personali). Parte da qui dunque la prima sperimentazione del programma pluriennale dell’Ente camerale reggino «che – ha detto Dattola – si è dato l’obiettivo di arginare l’illegalità creando una rete fra tutti i soggetti coinvolti a vario titolo sul territorio, quindi istituzioni, enti, associazioni, persone fisiche». Introducendo l’iniziativa Dattola ha sottolineato come la sala fosse gremita da gente di cultura e da imprenditori che nulla temono se le forze dell’ordine avranno accesso ai loro bilanci, valorizzando così la sua idea che «questa città non è tutta marcia, anzi la maggioranza è fatta di gente onesta che vuole operare con le proprie prerogative ma rispettando le regole. Nè Reggio nè il comprensorio si riconosce – ha sottolineato – in quel grumo che la strage di Duisburg ha rappresentato al mondo intero come fosse l’immagine di ciò che siamo. Le imprese sane sono tante e la Camera di Commercio ha deciso di fare la sua parte affiancando le istituzioni e le forze dell’ordine per difendere il sistema economico sano dalle grinfie della ‘ndrangheta». È stato il segretario generale della Camera di Commercio, l’avv. Palmieri a precisare quali vantaggi l’intesa offra a magistratura e forze dell’ordine potendo fruire on line dei servizi gestiti da Infocamere. A partire da Telemaco il database che consente di accedere al registro dei protesti, alle visure, agli statuti, agli atti depositati e a tutte le informazioni contenute nel registro delle imprese attraverso particolari modalità di navigazione che evidenziano le relazioni tra le diverse imprese e i titolari di cariche e partecipazioni con I retroterra che hanno favorito il radicamento delle cosche Il pubblico di studenti che ha partecipato ieri mattina al secondo incontro dell’iniziativa “La Ferita” promosso dal Museo della ’ndrangheta Beni confiscati tra criticità e nuove opportunità di riscatto Cosimo Di Gesù, Luciano Gerardis, Giuseppe Pignatone, Lucio Dattola, Luigi Varratta e Carlo Pieroni la possibilità ( ri.build) di tenere sotto controllo un insieme di imprese selezionate, attraverso la segnalazione via e-mail di tutte le modifiche che intervengono nel corso della loro attività. «La guerra contro la ‘ndrangheta si combatte con le forze dell’ordine e con la magistratura, ma non solo – ha detto Palmieri – e la pub- Per il Presidente Gerardis la nuova sinergia dà vantaggio al sistema giudiziario blica amministrazione e le imprese devono contribuire con la trasparenza e la legalità, strumenti indispensabili per contrastare la corruzione. Il protocollo di oggi – ha sottolineato Palmieri – non è un annuncio di principi, ma un impegno per fare». Per il prefetto Varratta il protocollo firmato «è la dimostra- zione reale della cooperazione istituzionale; è l’esempio di cosa significa fare rete non solo nei grandi settori come le infrastrutture, ma anche per le piccole imprese di servizi». Il Presidente del Tribunale Luciano Gerardis a parlato di un beneficio a 360 gradi per il suo ufficio: « un vantaggio – ha detto – che si irradierà sul lavoro delle sezioni civili, soprattutto per quanto riguarda il commerciale e il fallimentare, nè sarà di meno per le sezioni penali. La possibilità di ragionare sulle questioni corroborati da tutti questi dati ci faciliterà nella ricerca e nella comparazione». L’incontro con la stampa ha quindi registrato la soddisfazione del vicequestore Romeo, del tenente colonnello dei Carabinieri Pieroni e del colonnello della Guardia di Finanza Di Gesù: tutti e tre hanno ammesso l’enorme risparmio di tempo ed energia che verrà agli investigatori dal protocollo con la Camera di Commercio. Ma a convincere Dattola di aver visto giusto e di aver centrato l’obiettivo che a suo avviso « è nei fatti, perchè le parole le lasciamo agli altri», è stato il felice apprezzamento del procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. « Ciò che conta – ha detto – è la grande sinergia interistituzionale che si viene a creare, al di là della banca dati comunque di grande valore, perchè finalmente si percepisce chi siamo quelli che stanno tutti dalla stessa parte. Finalmente c’è chi parla la nostra lingua disponibile a collaborare per fare emergere l’ economia drogata che soffoca quella lecita. Ma per questo bisogna aggredire i patrimoni mafiosi, che altri vorrebbero invece intatti, per preservare strumentalmente il lavoro, di qualunque natura esso sia. Noi diciamo spesso che le mafie sono la causa prima delle difficoltà economiche e della povertà per il Sud. Ma c’è anche chi non intende crederci». Ad applaudire, nel salone della Camera di commercio, imprenditori, rappresentanti delle maggiori organizzazioni professionali, persone di cultura, commercianti accorsi per testimoniare il loro apprezzamento. Un’occasione offerta ai reggini che volevano testimoniare che Pignatone: finalmente si percepisce chi siamo quelli che stanno tutti dalla stessa parte collaborare si può, se solo le istituzioni lo volessero.Un punto di vista troppo spesso rimasto sotto traccia, ma che Dattola ha colto ed interpretato nell’interesse della città quella che, secondo il presidente della Camera di commercio i presenti ieri esprimevano, offrendo una visione plastica della Reggio seria ed onesta». Eleonora Delfino Terreni, fabbricati, aziende un vasto patrimonio che passa dalle mani dei boss alla gestione dello Stato. In quelli che erano gli avamposti delle cosche sul territorio ora ci sono giovani che hanno sete di riscatto. Ma se la confisca e il sequestro rappresentano strumenti con cui minare il potere economico della criminalità, e lanciare un messaggio chiaro sulla falsa intoccabilità dei boss, spesso a causa di lungaggini burocratiche si rischia di limitare la portata dei provvedimenti. Il quadro che emerge dalla seconda giornata dell’iniziativa promossa dal Museo della ’ndrangheta “La Ferita” passa in rassegna problemi ed esempi virtuosi. «L’80% dei beni presenta delle criticità – riconosce il viceprefetto Maria Rosaria Laganà dell’Agenzia nazionale sui beni confiscati – che ostacolano la ricollocazione del bene. Ci sono beni gravati da ipoteche, di pro- prietà di più persone, beni occupati da soggetti agli arresti domiciliari, beni costruiti abusivamente». Una casistica vasta con cui fare i conti e proprio per cercare di snellire i passaggi «l’Agenzia si è sostituita a diversi soggetti istituzionali come Agenzia del demanio e Prefettura, e si sta cercando una nuova interlocuzione con i magistrati per pensare da subito ad un migliore utilizzo, perchè quando un bene non viene ricollocato ha l’effetto di un boomerang». La faccenda si complica ulteriormente per le aziende. Lo Stato arriva ad amministrare realtà che funzionano, che producono profitti, ma perchè i mafiosi non lavorano secondo le regole, non hanno problemi di concorrenza, ne di liquidità Così capita dopo 6-8 mesi ci si rende conto che non ci sono più i numeri per stare sul mercato, e quella che era una vittoria dello Stato rischia di trasformarsi in una sconfitta. Ma la mafia non si accontenta solo di acquisire la proprietà delle aziende «vuole arrivare al management – sostiene Massimiliano Ferrara docente della Mediterranea e dirigente regionale del dipartimento Cultura –, la criminalità punta alla finanza operativa alle società informatiche». Ferrara snocciola dati scientifici che confermano come l’effetto moltiplicatore indichi che «è meglio riuitilizzare i beni che venderli». Nel corso del dibattito la dirigente del Comune Titty Siciliano ripercorre gli step compiuti dall’Ente per «riorganizzare le informazioni». Iter che ha portato a stilare «all’insegna della trasparenza un elenco di tutti i beni. Beni che in molti casi arrivano in un modo tale da non poter essere subito utilizzati». Eppure «il sequestro non è un fardello, ma un’occasione di travaso dai patrimoni della mafia allo Stato» sostiene Francesco Spanò di Libera che ricorda le esperienze maturate proprio dall’associazione di don Ciotti in diverse realtà. «Siamo di fronte a un paradosso – sostiene Claudio La Camera coordinatore del Museo – se da una parte ci sono le 17 mila aziende sequestra in Italia, dall’altra ci sono i problemi. Criticità che si possono superare a livello pratico». E Croce Valanidi dove un bene confiscato è diventato un baluardo di legalità è un esempio tangibile. Certo ci sono state difficoltà strutturali ambientali, ma sono state superate. «I problemi si superano cominciando a dimostrare che il bene assegnato è davvero tornato alla collettività. Grazie alla collaborazione con l’allora consigliere comunale Sergi, con la Prefettura siamo riusciti a risolvere a costo zero tanti problemi. Abbiamo aperto le porte alla comunità dimostrando che un gesto simbolico può diventare economico, come è successo a Palermo dove gli anziani che una volta dovevano togliersi il cappello passando davanti alla casa di Badalamenti che oggi in quella casa organizzano corsi di cucina». Esempi che ribadiscono un altro aspetto: «Non si possono assegnare questi beni a qualsiasi associazione che necessita di una sede». Come dire le criticità si possono superare attraverso l’esperienza e la capacità di guardare lontano. «Il retroterra che ha favorito il radicarsi del fenomeno ’ndranghetista o mafioso nel tessuto sociale è stato, sicuramente, l’inefficienza degli apparati pubblici». Ed ancora. «È stata proprio quell’area grigia, quella zona di contiguità e cioè quei settori della vita sociale ed istituzionale che si sono prestati, attraverso politiche clientelari o attraverso un rapporto simbiotico, a consentire a strati sociali di intenti diversi di interagire e quindi penetrare nel tessuto sociale ed istituzionale». Così, il procuratore aggiunto, Ottavio Sferlazza, esordisce alla sessione pomeridiana della seconda giornata del seminario “La Ferita” messo in atto dal Museo della ’ndrangheta. Una serie di incontri che si estenderanno fino al mese di marzo, che rispondono alla necessità di sviscerare in maniera sostanziale ogni aspetto di quelle che sono le caratteristiche essenziali della fenomenologia mafiosa o, nel caso specifico, delle peculiarità dell’area grigia della ’ndrangheta con le relative «relazioni di complicità e collusioni tra cultura, economia e politica». Un dibattito che, ieri pomeriggio, ha catalizzato l’attenzione di un numero consistente di giovani studenti accorsi all’ente di via Foti per ascoltare gli interventi chiarificatori e illuminanti di coloro che si trovano ad affrontare quotidianamente i poteri deviati. Oltre al procuratore Sferlazza, infatti, hanno preso parte all’incontro il comandante provinciale della Guardia di Finanza, colonnello Cosimo Di Gesù, il capitano di fregata, Giuseppe Sciarrone e il capitano di corvetta, Giuseppe Terranova. Si entra subito nel vivo della questione. E quindi: Che ruolo ricoprono le varie figure professionali all’interno della criminalità organizzata? Per Sferlazza non esiste alcun dubbio: «La cosiddetta area grigia costituisce l’humus che permette l’intromissione dei po- Cosimo Di Gesù e Ottavio Sferlazza teri mafiosi. Ma ancor di più diventa emblematica la pericolosità della penetrazione della ’ndrangheta nel settore dell’economia legale provocando, così, effetti distorsivi in un mercato che, invece, dovrebbe essere guidato da regole di trasparenza». Una considerazione, quella testata dal procuratore di Reggio che nasce dalla convinzione che «nel nostro Paese le organizzazioni mafiose si sono diffuse ed adeguate a certi meccanismi distorti di sviluppo finalizzati a creare spazi di intermediazione parassitaria e si sono affermate, soprattutto, nelle aree geografiche in cui più sensibilmente si è manifestata la crisi etico-sociale delle istituzioni». Da qui l’acquisizione, da parte della coscienza collettiva, della consapevolezza che «la specificità della criminalità di tipo mafioso in genere risulta proprio costituita da questo rapporto strutturale con centri di potere politico-economico che costituiscono quell’area grigia di cui tanto si parla». Quello che, invece, Sferlazza propone per uscire da questa sorta di inquinamento sociale è il recupero di una vera credibilità istituzionale. «Bisogna assolutamente riacquistare – dice il procuratore – un’etica pubblica da contrapporre al consenso sociale che la mafia ha saputo con- quistare quotidianamente attraverso una pervasiva opera di infiltrazione capillare». Il tutto, per ristabilire il concetto di legalità che per Sferlazza si configura come un vero e proprio «habitus mentale». Ad addentrarsi maggiormente nell’analisi che spiega l’infiltrazione criminale nell’economia legale, il colonnello, Cosimo Di Gesù: «Il valore dell’economia illegale costituisce circa il 10% del Pil del Paese pari, cioè, a 150 miliardi di euro. Un fenomeno davvero devastante che poi riversa sulla società effetti di varia natura che non sono soltanto economici». A rivestire, poi, un aspetto fondamentale all’interno delle attività illecite è il riciclaggio di denaro sporco che oggi non avviene, soltanto, nei paradisi fiscali più conosciuti. «La Svizzera – rimarca Di Gesù – ormai non costituisce uno Stato sicuro perché è diventata più collaborativa con le forze dell’ordine. Al contrario la ’ndrangheta va in cerca di altri paradisi e spesso può anche trovarli in casa nostra. San Marino o il Vaticano possono costituire un esempio». Di tutela del patrimonio ambientale che, tra l’altro, risulta essere uno dei punti sensibili sul quale ruotano tutta una serie di vicende, si sono soffermati, infine, i due rappresentanti della Capitaneria di Porto. 41 Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 Reggio Tirrenica . LA CRISI Vendute a 10-15 centesimi al chilo e comprate dal consumatore a due euro ROSARNO Clementine a prezzi da elemosina gli agricoltori di Rosarno nel baratro Non è arma da guerra, ridotta la condanna Un centinaio di migranti ammassati sulle rive del Mesima: un altro ghetto PALMI. Per la Corte di Appello Giuseppe Lacquaniti ROSARNO Sprofonda in un buco nero l’agrumicoltura della Piana di Rosarno, risucchiata da una crisi devastante dovuta soprattutto al perverso circuito della speculazione. «Gli agricoltori – ci dice Mimmo Cannatà, presidente della Coldiretti locale – non riescono a comprendere perché le nostre “clementine”, l’agrume più pregiato che esista al mondo, vengono acquistate sulla pianta a 12-15 centesimi al kg., mentre poi vengono vendute sui banconi dei supermercati a 2/2,5 euro, con un guadagno stellare stimato tra il 300 e il 400%». La situazione è peggiorata rispetto all’anno scorso, quando gran parte della produzione agrumicola è rimasta a marcire per terra. «Che la crisi stia portando alla disperazione gli agricoltori – incalza Cannatà – ne rende testimonianza il fatto che il 50% dei terreni coltivati ad agrumi sono stati abbandonati negli ultimi 3 anni, in quanto gli agricoltori, spesso modesti coltivatori diretti, non hanno i soldi per coltivarli e chi ha cercato di resistere per qualche anno ha dovuto impegnare parte della già misera pensione». Il Presidente della Coldiretti, conti alla mano, dimostra come ormai non sia più possibile coltivare la terra. «Se l’agricoltore riceve 12-15 centesimi a kg. per le clementine, com’è possibile continuare a coltivarle se deve spendere circa 25 centesimi per i costi di produzione (concimazione, potatura, irrigazione, fresature, trattamenti fitosanitari)?». Un disavanzo notevole tra entrate ed uscite che non viene compensato dall’aiuto comunitario di 1.600 euro ad ettaro per superficie agru- Agrumeto nella piana di Rosarno L’ex centro di raccolta Pomona nuovo ghetto dei migranti micola coltivata. Per dimostrare come ad arricchirsi alle spalle degli agricoltori sia la catena della grande distribuzione, il presidente Cannatà analizza il costo globale di un kg. di clementine dalla raccolta all’arrivo sui mercati. Tra acquisto del prodotto sulla pianta (tra 12 e 15 cent.), costi di raccolta (10 cent.), trasporto da campagna a magazzino (3 cent.), lavorazione in magazzino (10 cent.), imballaggio (10 cent.), trasporto per i mercati nazionali (da 10 a 13 cent. secondo la distanza), guadagno del commerciante in loco (5 cent.), si ha un totale complessivo di 60/66 centesimi a kg. Come si spiega dunque che le clementine vengano poi acquistate dai consumatori al dettaglio a 2/2,5 euro al chilo? Per le arance “bionde”, quelle che servono all’industria per ricavarne succhi, si annuncia un buio ancora più fitto. Il loro prezzo è attestato su 0,07 euro, quanto basta per la sola raccolta. «Come per lo scorsa stagione – commenta ama- ramente Cannatà – agli agricoltori non resta altra prospettiva che lasciare marcire la produzione». La tensione in città per questo stato di cose è palpabile, poiché la crisi dell’agrumicoltura, su cui, da oltre un secolo, si fonda l’economia locale, coinvolge quasi tutti i settori produttivi. Per questo Natale si prevede una forte contrazione dei consumi per la maggior parte delle famiglie rosarnesi, alle prese, tra l’altro, con le restrizioni imposte dal Governo a seguito della crisi economica nazionale. A farne le spese sono soprattutto i giovani, per i quali, giorno per giorno, si assottigliano i margini della speranza di poter trovare lavoro nella propria terra. Ma a rendere ancor più fosco il quadro della situazione contribuisce la presenza fuori da ogni controllo delle centinaia di migranti, richiamati ancora una volta a Rosarno dalla stagione delle arance. La stragrande maggioranza non trova lavoro e quasi tutti sono costretti a vivere in condizioni disumane. Chi vuole rendersi conto di persona di cosa voglia dire vivere peggio delle bestie, in uno stato di totale negazione dei più elementari diritti dell’uomo, venga a visitare il ghetto dell’ex centro raccolta Pomona, sulle rive del Mesima, lungo la strada che da Rosarno porta a Nicotera, nell’immediata periferia cittadina. Troverà, in quella che fino agli anni ’70 fu l’elegante dimora del barone Paparatti, oltre un centinaio di migranti ammassati fino all’inverosimile, peggio che in una bolgia infernale. Da chi comanda in alto, Rosarno e i suoi amministratori ancora una volta sono lasciati colpevolmente soli. Come se la rivolta del gennaio 2010 non avesse insegnato nulla. Sciarrone, Giunta,Ruggiero, Alessio, Bellofiore e Macino IL DIBATTITO Dal 1995 al 2001 La “primavera di Gioia” raccontata in un libro dall’ex sindaco Alessio Gioacchino Saccà GIOIA TAURO Aldo Alessio, Sindaco non dimenticato di Gioia Tauro dal maggio 1995 al maggio del 2001, eletto con una coalizione di sinistra, ha raccontato questa sua esperienza in un libro: circa ottocento pagine con le quali offre uno spaccato della storia civica della città riferendo fatti e particolari ai più sconosciuti. Il salone delle conferenze di Palazzo Baldari ha ospitato un incontro, affollatissimo, nel quale il volume, dal titolo “La primavera gioiese-Storia di un assedio”, edito da “Taurografiche”, è stato presentato ufficialmente dall’avv. Giuseppe Macino, dalla prof. Graziella Giunta, che nell’esecutivo di Alessio ha ricoperto l’incarico di vicesindaco, dal prof. Rocco Sciarrone, docente di Sociologia alla Facoltà di Scienze politiche di Torino. Moderatrice l’avv. Gabriella Ruggiero che con lo stesso Alessio è stata assessore alle Finanze. La presentazione ha offerto l’occasione di poter parlare di un momento particolare vissuto da una città nella quale Alessio arrivava al governo della cosa pubblica dopo un lungo periodo di gestione commissariale, conseguente allo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Nel libro l’autore ripercorre le tappe difficili di un quinquennio servito soprattutto a dire no ad ingerenze e prevaricazioni e che metteva, è stato evidenziato, anche la parola fine a quello che era un vero e proprio assedio dei «poteri forti nei confronti dell’istituzione». Giuseppe Macino e Graziella Giunta, hanno parlato a lungo di quel quinquennio che ha rivoluzionato Gioia, tanto da essere etichettato come “La primavera di Gioia Tauro”. Perchè «quel sindaco – ha tra l’altro detto Macino – voleva una città normale senza padroni senza padrini e soprattutto senza mafia». Il volume è ricco di foto e di documenti e questo lo ha ricordato nella sua analisi il prof. Sciarrone che non ha esitato ad affermare che lo stesso ha veramente grande valenza. Le conclusioni sono state tratte dallo stesso autore che ha tra l’altro affermato: «Con la mafia non si può convivere. Solo se i mafiosi restano alla porta un sindaco riuscirà veramente a governare bene». di Reggio Calabria - presieduta dal giudice Lilia Gaeta - la famosa pistola Walther P 38, usata dai tedeschi nella II guerra mondiale, non è arma da guerra ma arma comune da sparo. A questa conclusione la Corte è giunta accogliendo l’appello del minore G. S. in cui il difensore, avvocato Antonino Napoli, aveva sostenuto che dall’esegesi sistematica delle leggi sulle armi non si poteva considerare la pistola semiautomatica Walther P 38, seppur non inserita nel catalogo nazionale delle armi e avente calibro 9 x 21 parabellum, arma da guerra. Il minore G. S., ad un controllo del proprio quadriciclo effettuato a Rosarno, era stato trovato in possesso dell’arma abilmente occultata nel cruscotto. In seguito all’appello del difensore del minore, che era stato condannato dal Gup presso il Tribunale dei minori a 3 anni e 4 mesi di reclusione, la Corte ha disposto la citazione del consulente della Polizia Scientifica che aveva effettuato, durante le indagini, gli accertamenti balistici. «All’esito dell’esame del consulente, – spiega il legale – il Pg aveva chiesto la conferma della condanna del minore mentre l’avvocato Antonino Napoli, aveva sostenuto che la Walther P 38, essendo una pistola semiautomatica, non poteva essere considerata arma da guerra La difesa ha depositato anche uno studio sulle armi da guerra. La Corte, accogliendo le argomentazioni difensive ha ridotto la pena a 2 anni e 4 mesi, concedendo al minore la sospensione condizionale e rimettendolo in libertà.(i.p) Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 44 Reggio Tirrenica . SALINE La proposta di Nuccio Barillà approvata al congresso nazionale di Legambiente MELITO È l’ennesimo avvertimento al consorzio “Terre del Sole” Furto nelle terre confiscate: Centrale a carbone? No, grazie non ci faremo intimidire» Arriva la “fabbrica dell’ambiente” «Ma L’attività continua: è la migliore risposta all’illegalità «Puntare su energie rinnovabili e valorizzazione delle risorse endogene» Federico Strati MONTEBELLO JONICO Un laboratorio di economia sostenibile con la nascita di una fabbrica dell’ambiente e delle energie rinnovabili. Una sorta di “piano verde” per l’Area grecanica, con tanto di monito al nuovo governo Monti affinché dia l’«alt» definitivo e senza tentennamenti alla centrale a carbone proposta dalla multinazionale svizzera Sei/Repower a Saline Joniche. Questo il dato saliente emerso nel corso dell’XI congresso nazionale di Legambiente, durante il quale è stato dato l’ok all’unanimità (presenti oltre 800 delegati) alla mozione “no coke” presentata da Nuccio Barillà e introdotta dal presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. Una richiesta, quella degli esponenti del Cigno verde, che ha il tenore quasi di un ultimatum al nuovo governo tecnico. Una ferma presa di posizione che arriva a pochi giorni dalla timida apertura possibilista all’investimento svizzero palesata nel corso della sua visita in riva allo Stretto dal neo ministro all’Ambiente Corrado Clini (che comunque non ha voluto esprimere alcun parere sul progetto in attesa di prenderne visione). Una manifestazione di Legambiente contro la centrale di Saline a Roma «Legambiente – si legge in una nota diffusa ieri dall’associazione ambientalista – si rivolge direttamente al nuovo governo e invoca massima attenzione sulla procedura autorizzativa ancora in corso per la realizzazione del sito. Il via libera all’impianto rappresenterebbe un atto grave e pericoloso che violerebbe l’impegno di ridurre i gas serra, facendo aumentare di almeno 7,5 milioni di tonnellate annue le emissioni di Co2. Una scelta scellerata che peggiorerebbe la dipendenza energetica dall’estero e andrebbe in controtendenza rispetto alle indicazioni venute dal referendum sul nucleare e che costituirebbe una follia per la Calabria, regione che esporta energia per una quota superiore al 50% rispetto alla produzione e che ha scelto, attraverso un piano energetico, di escludere l’impiego del carbone e di puntare sulle rinnovabili». Alle motivazioni ecologiche gli MONTEBELLO Stanziati 20.000 euro. Ma occorre una gara ambientalisti aggiungono quelle che riguardano in prima persona i cittadini dell’Area grecanica: «La scelta del carbone – prosegue il documento – avrebbe effetti devastanti su un territorio che ha enormi potenzialità turistiche e ambientali, con numerosi siti di interesse comunitario e zone di protezione speciali e che, peraltro, ha già pagato un prezzo elevatissimo per le scelte sbagliate del passato. Per questo chiediamo al governo di schierarsi dalla parte dei cittadini, in difesa della loro salute e delle scelte compiute da importanti realtà del territorio, che danno lavoro e producono economia pulita: recupero dei borghi abbandonati, valorizzazione delle bellezze naturalistiche, turismo di qualità, produzioni d’eccellenza come quella del bergamotto». Le proposte contenute nella mozione sono esplicite: si chiede al governo Monti e al ministro all’Ambiente Clini di «prendere atto della contrarietà espressa in piazza dalla gente e nelle sedi istituzionali dalla Regione Calabria e dal ministero dei Beni culturali» e «di rinunciare definitivamente al progetto di centrale, definendo piuttosto, di concerto con gli enti locali, un programma di interventi alternativi per l’Area grecanica». GiuseppeToscano MELITO L’ennesimo furto è stato registrato ieri mattina. Dal magazzino da poco restaurato, la cui porta d’ingresso è stata divelta, sono stati portati via attrezzi e materiali vari. Il danno materiale arrecato non è preoccupante, il segnale lanciato attraverso l’incursione invece lascia riflettere. A subire il danno è stato il Consorzio “Terre del sole”, assegnatario del bene confiscato alla mafia in località Placanica di Pentedattilo, sul quale è stata realizzata un’intensa attività di coltivazioni. «Non ci voleva proprio – commentano i responsabili dell’organismo no-profit – dal momento che adesso “Terre del Sole” sta affrontando per la prima volta la sfida della produzione agricola a scala più vasta, superando le iniziali difficoltà di avviamento. Il furto in sé non ha arrecato gravi danni: è stata divelta la porta di un magazzino da poco restaurato e sottratti piccoli attrezzi e materiali. Ma esso è uno dei tanti di una lunga serie di “garbate” minacce, che gli operatori del consorzio e le cooperative sociali ricevono con assidua frequenza». “Terre del Sole” è stato costituito circa cinque anni addietro, con l’adesione di una dozzina di cooperative sociali del territorio. Scopo del sodalizio, I campi confiscati alla mafia a Villa Placanica sono coltivati a ortaggi che ha ottenuto il bene da parte dell’amministrazione comunale di Melito Porto Salvo, è l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, quali disabili mentali, disoccupati di lungo corso, ex tossicodipendenti, ex detenuti o soggetti comunque provenienti da percorsi penali. «Il furto, la minaccia, e altro genere di vessazioni ad opera della criminalità organizzata – affermano i referenti dell’ente – non ci spaventano di certo: domenica, ad esempio, “Terre del Sole” ha ospitato un gruppo scout che ha dato una mano, sia pur simbolicamente, alla conduzione agricola. Questo stile che caratterizza il consorzio è la migliore risposta alla illegalità. Risposta che continueremo a dare proponendo sui nostri terreni anche l’anno prossimo, campi di lavoro e formazione rivolti a giovani volontari di tutta Italia, così come abbiamo fatto negli ultimi cinque anni in strettissima cooperazione con altre realtà del territorio come l’associazione Pro Pentedattilo, l’Arci di Reggio Calabria e “Libera”, organizzazione a cui il consorzio aderisce». Il bene confiscato su cui sono state impiantate le coltivazioni ha una superficie che si aggira sui dieci ettari. Solamente da pochissimo tempo, grazie anche ai finanziamenti ottenuti, è stato possibile dare il via alle ampie produzioni mentre altre attività a sfondo sociale sono ormai consolidate. PALIZZI Centri storici, turismo locale e servizi alla persona namento, in rappresentanza delle componenti dei soggetti sottoscrittori. Il Comitato ha il compito di coordinare le attività, durante la fase di predisposizione e presentazione dei Pisl. La composizione del Comitato di coordinamento – chiarisce la delibera – deve essere definita all’interno del Protocollo d’intesa». Insomma, si stanno facendo grandi passi in direzione di uno sviluppo territoriale adeguato alle caratteristiche del territorio stesso. Unico neo, se così si può dire, è che la delibera in questione non è stata votata dal gruppo di minoranza, assente ai lavori consiliari, assieme ad un altro consigliere di maggioranza. «Siamo stati assenti – ci riferisce Davide Plutino – uno dei tre consiglieri dell’opposizione – perché siamo convinti che i progetti Pisl, elaborati e presentati dal Comune, non corrispondono alle vere, effettive necessità di sviluppo della nostra cittadina». Protocollo d’intesa Provincia-Comune Pisl, sì del Consiglio alle tre “sezioni” Il porto sarà presto liberato dalla sabbia L’opposizione però si tira fuori MONTEBELLO JONICO. È immi- nente l’apertura di un varco nel porto insabbiato di Saline. Il presidente della Provincia Giuseppe Raffa e il sindaco di Montebello Antonio Guarna hanno infatti firmato un protocollo d’intesa per liberare l’imbocco dello scalo dalla sabbia e consentire il transito dei natanti. Il tutto per un importo di circa 20 mila euro. I lavori verranno eseguiti nel rispetto delle indicazioni fornite dalla Capitaneria di porto di Reggio. Il Comune si impegna, previa acquisizione di tutti i pareri e i nulla osta, ad avviare la procedura di gara. L’arch. Antonino Claudio Diano, capo ufficio tecnico comunale, si occuperà del procedimento. «La firma del protocollo – ha detto Raffa – Il porto di Saline insabbiato concretizza un altro aspetto della collaborazione tra istituzioni per il recupero e la valorizzazione del porto. Con le risorse stanziate sarà possibile avviare un intervento immediato per liberare l’imbocco ostruito dalla sabbia. Di pari passo la Provincia, d’intesa con la facoltà di Ingegneria idraulica e marittima dell’Università Mediterranea, sta predisponendo uno studio complessivo sulla costa reggina e si appresta all’acquisto di un pontone, strumento indispensabile alla manutenzione periodica dell’imboccatura del porto. Il tutto, ovviamente, in attesa delle risorse aggiuntive che ci consentiranno, anche alla luce dello studio dell’Università, di avviare interventi strutturali tali da mettere in sicurezza lo scalo». Guarna, dal canto suo, ha ringraziato Raffa, ricordando come l’intervento sia propedeutico all’installazione delle idrovore già acquisite dalla Provincia.(f.s.) Pietro Parisi PALIZZI Centri storici e borghi d’eccellenza dell’Area grecanica; sistemi turistici locali, destinazioni turistiche e servizi intercomunali per la qualità della vita. Per tutte e tre gli argomenti, nell’ultima seduta, il Consiglio ha formalmente approvato il protocollo d’intesa per la costituzione del parteneriato di progetto per l’elaborazione dei Progetti integrati di sviluppo locale (Pisl). I Comuni coinvolti nei borghi d’eccellenza sono Melito, Brancaleone, Palizzi, Condofuri, Staiti, San Lorenzo, Montebello Jonico, Roghudi e Bova, con quest’ultimo Comune capofila. Per quanto riguarda i sistemi turistici locali, capofila è Brancaleone, mentre per i servizi intercomunali per la qualità della vita, sarà Melito a coordinare gli eventuali progetti. Com’è noto, i Pisl sono uno strumento operativo di attuazione della strategia regionale che mira allo sviluppo sostenibile del territorio nell’ambito delle linee d’intervento del Por Calabria Fers 2007-2013 e che riguardano la concertazione, la partecipazione e la collaborazione tra pubblico e privato. Ma non solo. I progetti integrati sono finalizzati al conseguimento di obiettivi considerati strategici per l’intero territorio regionale, secondo le indicazioni del Qupi (Quadro unitario regionale della progettazione integrata). In quest’ottica, dopo l’intesa raggiunta e sottoscritta dai Comuni interessati, l’Amministrazione ha approvato lo schema di protocollo per la costituzione del parteneriato, strumento indispensabile per la progettazione e l’elaborazione dei Pisl, individuando nel Gal-Area grecanica il soggetto partner. Quest’ultimo offre agli Enti coinvolti «assistenza tecnica alla progettazione integrata ed in particolare nella stesura delle linee progettuali, coerentemente con le linee strategiche dei Pisl». Serve rammentare che i «parteneriati di progetto – si legge nella delibera del Consiglio – devono nominare un Comitato di coordi- Tribunale Civile di Reggio Calabria Tribunale Civile di Reggio Calabria MOTTA S. GIOVANNI Nella festa della protettrice S. Barbara la comunità unita nella triste memoria PROCEDURA ESECUTIVA N. 54-08 R.G.ES. PROCEDURA FALLIMENTARE N. 1237/90 R.F. «Presenti!» i minatori morti sul lavoro e per il lavoro G.E. dott. Giuseppe Campagna In Reggio Calabria - Lotto 1: Loc. Terreti, via Vallone Sant’Antonio nn. 3131-A, piena proprietà sull’unità immobiliare per civile abitazione costituita da un fabbricato di mq 140 che si sviluppa su due piani con corte attigua al NCEU fg. 76, p.lla 215 sub 1 zona censuaria 4, cat. A-6, cl. 1, vani 3,5, p.t.; sub 2 zona censuaria 4, cat. A-6, cl. 2, vani 1,5, p.t. e primo piano. Lotto 2: fraz. Terreti, loc. Marosonnino o Petto d’Oro, terreno al NCT fg 96, p.lla 120, qualità seminativo arborato cl. 3., sup. mq 5.760. Vendita senza incanto 24.01.2012 ore 9.00 con seguito, Aula Udienze presso Palazzo Cedir, Torre III, piano terra. Prezzo base: Lotto 1 € 46.500,00; Lotto 2 € 2.325,00. Offerte in aumento non inferiori ad € 2.000,00 per il Lotto 1 e ad € 100,00 per il lotto 2. Presentare offerte entro le ore 12 del giorno antecedente la vendita in Cancelleria. Eventuale vendita con incanto 24.01.2012 ore 9.30 con seguito, Aula Udienze presso Palazzo Cedir, Torre III, piano terra. Maggiori informazioni c/o l’Ufficio Edicom Finance Srl sito nel Tribunale di Reggio Calabria, Palazzo Cedir, Torre II, p.t., c/o il custode giudiziario avv. Viviana Scaramozzino (tel. 0965920767), sito internet www.asteannunci.it. G.D. dott.ssa Tiziana Drago CURATORE FALLIMENTARE Pietro Scaramuzzino In Bova Marina - Lotto unico: quota indivisa pari al 50% del Terreno al NCT del Comune di Bova Marina alla partita 937, fg 35, p.lla 219 (ex 114 B) di are 3.00, RDL 9,00, RAL 3,00, seminativo di 2. classe; quota indivisa pari al 50% del Corpo di Fabbrica ad una elevazione al NCEU del Comune di Bova Marina fg 35, p.lla 219, cat. C-2, cl. 2, mq 242, Rendita € 612,41. Si precisa che la sup. relae risulta essere pari a ca 180 mq in luogo dei 242 indicati nella visura. Vendita senza incanto 25.01.2012 ore 10.00 con seguito, Aula Udienze presso l’ufficio del Giudice Delegato del Tribunale di Reggio Calabria, via S. Anna, Palazzo Cedir, piano 3, Torre 3, sez. fallimentare, stanza 25. Prezzo base: € 14.895,00; Offerte in aumento non inferiori ad € 100,00. Presentare offerte entro le ore 12 del giorno antecedente la vendita c/o la Cancelleria Fallimentare. Eventuale vendita con incanto 25.01.2012 ore 10.00 con seguito, c/o l’ufficio del Giudice Delegato su indicato. Maggiori informazioni c/o l’Ufficio Edicom Finance Srl sito nel Tribunale di Reggio Calabria, Palazzo Cedir, Torre II, p.t., c/o la Cancelleria fallimentare (tel. 09658577620 - 8577994), o c/o il curatore avv. Pietro Scaramuzzino (tel. 0965331351), sito internet www.asteannunci.it. Giovanni Legato MOTTA SAN GIOVANNI Festeggiamenti in onore di Santa Barbara che, ancora una volta, hanno fatto rivivere la profonda devozione che i mottesi hanno nei confronti della protettrice dei minatori. Giornata di festeggiamenti ma anche della memoria e del ricordo dei minatori morti sul lavoro e per silicosi. Una giornata che coinvolge tutta la comunità, in quanto non c’è famiglia mottese che, nel tempo, non abbia avuto tra i componenti un minatore prima ed un caduto dopo. Dopo la messa nella chiesa di Santa Caterina di don Severin Kyalowdawa Kaziwali, la statua di Santa Barbara, preceduta dal gonfalone comunale e seguita dalle autorità civili, è stata portata in processione per le vie del paese, prima di raggiungere la chiesa di San Giovan- La processione di S. Barbara attraversa piazza del Minatore ni Evangelista. Presenti, tra gli altri, il vice presidente della Provincia, Giovanni Verduci, ed il sindaco Paolo Laganà. Prima di giungere al parco delle Rimembranze del rione Leina, il sindaco Laganà ha deposto una corona al monu- mento al Minatore, nell’omonima piazza. Toccante e piena di emozioni la manifestazione al parco delle Rimembranze ove la gente ha sostato davanti alle enormi lastre di pietra, in cui sono scolpiti i nomi dei 500 caduti sul Raccoglimento in piazza del Borgo in attesa dei fuochi pirotecnici lavoro e per il lavoro. Paola Spanò, Francesco Calabrò, Antonino Sgrò, Rosetta Ferrara e Antonella Squillaci, hanno fatto l’appello dei caduti e tutti a rispondere: «Presente!». In quegli attimi, il pensiero è andato a quanti hanno sacrificato la propria vita per la famiglia, il lavoro, il progresso. La cerimonia si è chiusa con gli interventi di Margherita Calabrò, in rappresentanza dell’associazione Minatori mottesi, e del sindaco. Poi i fuochi d’artificio. 45 Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 Reggio - Provincia . LOCRI Nei loro confronti si procederà con il rito ordinario LOCRI “Recupero”, chiesto dal pm il rinvio a giudizio per 59 indagati Presentati gli eventi legati alla “luce del Natale” Pino Lombardo LOCRI Venerdì verrà conferito l’incarico al perito che dovrà trascrivere le intercettazioni telefoniche e ambientali Rocco Muscari LOCRI Il sostituto procuratore della Distrettuale antimafia, Antonio De Bernardo, ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli indagati dell’inchiesta “Recupero” o “Bene Comune” che hanno aderito al rito ordinario, al momento cinquantanove su sessantasette. La richiesta è giunta a conclusione della discussione del procedimento penale, in atto davanti al Gup di Reggio Calabria, giudice Adriana Trapani, a carico di 67 indagati che rispondono, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, aggravata dalla transnazionalità, in quanto ritenuti appartenenti alle consorterie della ‘ndrangheta di Siderno confederate con la cosca madre dei “Commisso”. Il pm De Bernardo, nel conciso intervento, si è riportato integralmente alle conclusioni delle indagini coordinate dalla Dda reggina, che hanno portato a due blitz eseguiti dalla polizia e dai carabinieri il 13 dicembre 2010, che hanno svelato i retroscena della presenza capillare sul territorio sidernese di diversi gruppi criminali, tra i quali l’asserita cosca “della Lamia” e quella denominata “Rumbo-Galea-Figliomeni”, tra loro collegati e comunque sottoposti all’egemonia dei “Commisso”, e finalizzati al controllo mafioso del territorio ed alla commissione di una serie indeterminata di delitti tra cui estorsioni, danneggiamenti, delitti contro la persona. Ed ancora intestazione fittizia di attività economiche a prestanome, riciclaggio, traffico di sostanze stupefacenti, nonché all’acquisizione in via diretta o indiretta della gestione o del controllo di attività economiche, all’ingerenza nella vita politica locale ed al conseguimento di profitti e vantaggi ingiusti. Alla richiesta di rinvio a giudizio si sono associate le parti civili, tra cui il Comune di Siderno e la Provincia di Reggio Calabria. Fino a ieri tra gli indagati che invece hanno formalizzato l’adesione al giudizio abbreviaIl sostituto procuratore della Distrettuale antimafia, Antonio De Bernardo to, che sarà celebrato davanti al Gup reggino probabilmente il 22 marzo prossimo, Giovanni Galea e Girolamo Belcastro; entrambi difesi dall’avvocato Leone Fonte, Antonio Commisso (cl. 56), inteso “l’avvocatu”, e Domenico Lubieri, assistiti dall’avv. Antonio Speziale; Francesco Commisso, (cl. 48), avv. Sandro Furfaro; Giuseppe Fuda, avv. Rocco Guttà; Giovanni Galluzzo, avv. Guido Contestabile; e Giuseppe Sgambelluri, avvocati Francesco Commisso e Francesco Calabrese. Altri difensori che hanno chiesto il rito abbreviato condizionato, respinto ieri dal giudice Trapani, sono pronti a ribadire la richiesta all’acquisizione di documenti o di prove testimoniali, tra cui gli avvocati Eugenio Minniti e Giuseppe Oppedisano, nell’interesse di Massimo Pellegrino. Altri difensori, (tra cui Gerace, Filippone, Commisso, Veneto, Albanese, Calderazzo, Sgambellone), stanno ancora valutando gli atti per eventualmente aderire al rito abbreviato, ed hanno tempo fino a venerdì, giorno in cui sono previsti gli interventi delle parti contro la richiesta di rinvio a giu- Il procedimento è in atto nell’aula bunker ospitata nel palazzo Cedir a Reggio dizio formulata ieri dalla Distrettuale. Sempre ieri alcuni penalisti hanno depositato memorie difensive, quali l’avv. Speziale, e copiosa documentazione inerente l’esito delle indagini difensive, come nel caso degli avvocati Giovanni Taddei e Filippo Ubaldo, nell’interesse di Giorgio Futia. All’udienza di venerdì è previsto il conferimento dell’incarico al perito nominato dalla giudice Trapani per trascrivere tutte le intercettazioni telefoniche ed ambientali presenti nel fascicolo dell’accusa. Proprio dalle risultanza delle intercettazioni ambientali effettuate dalla polizia all’interno della lavanderia “Ape Green”, gestita da Giuseppe Commisso, inteso “u mastru”, imputato nell’operazione “Crimine”, che si è sviluppata l’indagine sulle asserite consorterie criminali operanti in Sider- no. Nel procedimento in atto nell’aula bunker del Cedir sono indagati, fra gli altri, Antonio Figliomeni, (cl. 49) inteso “u topu”, fratello dell’ex sindaco Alessandro Figliomeni che ha ottenuto il giudizio immediato. Tra i principali indagati risultano anche Riccardo Rumbo, detto “Franco”, Antonio Futia inteso “u ngilla”, e Michele Correale, alias “Zorro”. Partirà questa mattina in piazza dei Martiri - con il dibattito che coinvolgerà gli studenti delle scuole cittadine sul “diritto alla conoscenza” - la kermesse natalizia dal titolo “La luce del Natale”. L’illuminazione sarà legata agli eventi messi in campo con la fattiva collaborazione delle associazioni cittadine ad iniziare dalla Pro Loco, che si è già accollata l’onere di illuminare l’albero natalizio che svetterà in piazza dei Martiri. Questo il filo conduttore del’incontro con la stampa che ieri pomeriggio, nel Palazzo comunale, il primo cittadino Giuseppe Lombardo, affiancato dagli assessori Aldo Dattilo e Giuseppe Gelonese e dai rappresentanti delle associazioni locresi, convocata per illustrare gli eventi che si succederanno fino al prossimo 6 gennaio. Ruolo fondamentale, oltre all’apporto delle associazioni, sarà anche quello delle scuole cittadine variamente impegnate per la buona riuscita degli eventi. Anche il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini sarà della partita: sarà infatti lui che giovedì 15 dicembre attenderà, davanti al piazzale della Cattedrale, i giovani che daranno vita alla fiaccolata per portare in chiesa i “bambinelli” da far benedire al presule. Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 46 Reggio Ionica . Arrestati a Torino e Asti dagli agenti della Squadra mobile della città della Mole SIDERNO Gioiosa Jonica, tre in manette per aver supportato il boss Notte bianca a “La Gru” per aiutare i bambini ugandesi La latitanza di Giorgio Demasi “u mungianisi” era finita lo scorso aprile Macrì, Condemi, Signati, Costa, Mittiga Antonello Lupis ROCCELLA Sono tre, tutte originarie della Locride e in particolare di Gioiosa jonica, le persone arrestate a Torino e Asti dagli agenti della Squadra Mobile di Torino poiché avrebbero favorito la lunga latitanza del boss gioiosano, trapiantato nel capoluogo piemontese, Giorgio Demasi, alias “U Mungianisi”, di 59 anni, arrestato nella primavera scorsa. Per via, infatti, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Torino, Giuseppe Salerno, a vedersi notificato il provvedimento restrittivo sono stati i gioiosani Francesco Ursino, di 28 anni, Rocco Demasi, di 46 anni e Rocco Schirripa, di 58 anni, già raggiunto nei mesi scorsi da un altro provvedimento restrittivo nell’ambito della vasta operazione antimafia chiamata “Minotauro”. Il ricercato Giorgio Demasi, “guru” del casato malavitoso gioiosano ed elemento di spicco della cosiddetta “Provincia” della ndrangheta reggina, era stato arrestato a Torino alla vigilia di Pasqua, il 23 aprile scorso, dagli agenti della Polizia di Stato della Questura e Squadra Mobile di Reggio Calabria, guidate, rispettivamente, dal questore Carmelo Casabona e dal dott. Renato Cortese, e dai poliziotti del commissariato di Siderno diretto dal vicequestore aggiunto Stefano Dodaro. Con Giorgio Demasi in manette era, all’epoca, finito pure il cugino del ricercato gioiosano, Rocco Demasi, di 46 anni, accusato di favoreggiamento personale e in seguito scarcerato. Ed era stato BOVALINO Relatore Luigi Condemi Lezione di storia patria per gli studenti dell’Istituto “La Cava” Giuseppe Pipicella BOVALINO Francesco Ursino Rocco Demasi Rocco Schirripa proprio seguendo gli spostamenti del cugino che gli agenti reggini della Polizia di Stato, in collaborazione con i poliziotti della Squadra Mobile di Torino, erano riusciti a localizzare, bloccare e arrestare il latitante gioiosano che da tempo, vistosi braccato in tutta la Vallata del Torbido e nel comprensorio della Locride, aveva trovato rifugio nel capoluogo piemontese grazie anche alla utile e fattiva collaborazione quotidiana di alcuni fidati fiancheggiatori, conoscitori della città sabauda e dell’hinterland torinese, tra cui, appunto il cugino Rocco Demasi e gli altri due arrestati di ieri, Ursino e Schirripa.Sul ricercato Giorgio Demasi, accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso unitamente, tra gli altri, ai boss Giuseppe Commisso, alias “U Mastru”, di Siderno, Giuseppe Pelle “Gambazza” di San Luca e Rocco Morabito classe 1960 di Africo, pendeva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip distrettuale di Reggio Calabria a luglio del 2010 nell’ambito della maxi operazione antimafia denominata “Il Crimine”. Un mega blitz che all’epoca oltre a sfociare in circa 300 arresti colpì sin dalle fondamenta le più importanti e potenti cosche della ndrangheta delle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone, oltre alle loro proiezioni extraregionali ed estere.Secondo comunque i magistrati antimafia di Reggio Calabria e Milano con l’operazione “Il Crimine” è stato possibile documentare la gestione delle attività illecite in Calabria e le infiltrazioni della ndrangheta nel Nord Italia do- ve, appunto, l’organizzazione criminale calabrese stava estendendo i propri interessi illeciti in diversi settori economici. Giorgio Demasi, più volte intercettato, prima dell’operazione “Il Crimine”, dagli investigatori della Polizia di Stato mentre conversava e discuteva, all’interno della lavanderia “Ape Green” di Siderno, in ordine agli assetti della ndrangheta reggina con riferimento, in particolare, ai “locali” della Piana di Gioia Tauro, col boss Giuseppe Commisso, “mammasantissima” dell’omonima e potente “famiglia” di Siderno, era stato in passato spesso preso di mira e controllato a vista dalle forze dell’ordine per presunti reati in materia di associazione mafiosa, traffico internazionale di droga, rapina, furto e porto abusivo di armi da fuoco. MAMMOLA Studenti all’opera dopo il crollo della copertura Sabato al Musaba una giornata di “braccia regalate alla cultura” REGGIO. Sotto lo slogan “Braccia regalate alla cultura” (noi, piuttosto, diremmo “chi fa da sè fa per tre”) sabato dalle ore 10 avrà luogo una giornata di sensibilizzazione che vedrà nel Museo Santa Barbara protagonisti studenti degli istituti del comprensorio. Il crollo della copertura dell’antica cisterna romana nel chiostro del Museo dal 9 novembre scorso impedisce l’accesso al complesso museale creato da Nik Spatari e Hiske Maas, i quali imputano l’accaduto al «mancato intervento per il restauro e consolidamento da parte della Regione (intervento già finanziato nel lontano 2004 con i fon- La copertura crollata nel Musaba di Por Calabria 2000/2006)». A disastro avvenuto, ecco quindi partire una catena solidale cui parteciperanno delegazioni di studenti dell’Istituto d’Arte di Locri, del Liceo artistico di Siderno, dell’Istituto tecnico per il turismo di Marina di Gioiosa Jonica, dei Licei scientifici di Gioiosa e Roccella e l’Istituto agrario di Caulonia per rimuovere, almeno in parte, le macerie. «È necessario che l’identità del Musaba e la sua missione siano rilanciate attraverso un atto di volontà politica – scrivono Spatari e Maas – che ne individui il ruolo artistico, turistico e culturale. Nella vita ci sono momenti in cui qualcuno ha la vo- SIDERNO In occasione della recente esercitazione nazionale Rischio sismico, bella prova per i radioamatori della Locride Aristide Bava SIDERNO I tempi lo richiedono e i radioamatori della Locride hanno dimostrato di essere pronti. L’occasione è stata l’esercitazione nazionale di protezione civile “rischio sismico Calabria 2011”. Dalle prime ore del mattino si è avviato il test o con la simulazione di un evento sismico di forte intensità sul territorio calabrese, che ha coinvolto una trentina di radioamatori dell’Ari (Associa- zione radioamatori italiani), sezione della Locride con sede a Siderno presso il Centro operativo misto. Unitamente ad altre associazioni del settore protezione civile, c’è stato un impegno corale su alcuni dei test per le telecomunicazioni soprattutto in termini di collegamento tra Com e Coc. Tutti si sono prodigati grazie alle proprie attrezzature (ponti ripetitori mobili e fissi, ricetrasmettitori a base fissa e portatile, antenne e attrezzature varie), a mettere in contatto radio tutti i Centri opera- tivi misti e i Centri operativi comunali del comprensorio che va da Monasterace a Brancaleone. Il tutto coordinato dal presidente pro tempore Massimo Murruni. È stato, comunque, evidenziato che c'è ancora da lavorare per garantire un contatto radio più stabile tra la zona jonica reggina e le sale radio situate nelle Prefetture di Reggio e Catanzaro. Il presidente Murruni è rimasto particolarmente soddisfatto dell’esercitazione: «Il mio auspicio è un ulteriore miglioramente delle no- Il magistrato della Corte dei Conti di Roma, Luigi Condemi di Fragastò, su invito del dirigente scolastico prof. Lorenzo Spinella e del sindaco Tommaso Mittiga, ha tenuto un’interessante lezione di storia patria e di grande amore per la libertà agli studenti del liceo scientifico, del liceo classico e dell’Istituto professionale ( le tre anime dell’Istituto “Francesco La Cava “ come dice la docente Anna Costa ). Il fatto che i giovani studenti abbiano seguito con particolare attenzione la narrazione delle vicende storiche (intrecciate con una storia d’amore ) che portarono all’Unità d’Italia sta a significare che l’argomento ha interessato parecchio e il linguaggio usato dall’illustre calabrese (originario di Gioiosa Jonica ), magistrato-storico trapiantato a Roma, è stato accessibile e scorrevole. Il feeling con i giovani, quindi, è stato quasi immediato ed è senza dubbio migliorato quando, con una bella intuizione, Luigi Condemi si è ri- volto ai giovani con una simpatica espressione che ha strappato applausi: “Come siete belli!”. I lavori, presenti anche il sindaco Mittiga e il presidente dell’assemblea consiliare Franco Signati, sono stati introdotti dal prof. Pino Macrì, storico di origini bovalinesi, ospite dell’Istituto “La Cava “ per una serie di conferenze concordate tra la scuola e l’Amministrazione comunale per ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Presentando la sua ultima ricerca storica “”Amore e rivoluzione “” sotto forma di romanzo storico, Luigi Condemi ha ricordato gli avvenimenti di quel lontano 1847 intrecciati con una bella storia d’amore dei giorni nostri vissuta dal protagonista che si innamora di una studiosa di quegli eventi: dal passato al presente e viceversa attraverso belle pagine che si prestano ad una avvincente lettura. Gli interventi del dirigente Spinella, della docente Anna Costa, del sindaco Mittiga, del presidente Signati e di alcuni giovani studenti hanno reso molto interessante l’incontro “storico” per ricordare l’Unità. SIDERNO. Il Centro commer- ciale “La Gru” sottolinea il ritorno di un atteso appuntamento: l’albero del sorriso di Ivana Barranca. Dopo la costruzione di un asilo in Kenya, di una casa famiglia e dopo aver contribuito alla guarigione e all’assistenza della piccola Njry, quest’anno il progetto presentato dalla sig.ra Barranca in collaborazione con l’associazione “I Bambini di Antonio Gallo” con sede a Rodi di Puglia si pone come obiettivo la creazione di un dormitorio che ospiterà più di 30 bambini nel villaggio di Kawomya in Uganda. Per il quarto anno consecutivo Luciano Racco sostiene e promuove l’iniziativa “L’albero del Sorriso”: in occasione della Notte Bianca e dei festeggiamenti del 10° anniversario di apertura del centro, al piano terra de “La Gru” è stato allestito un albero di natale decorato con palline create con la tecnica del decoupage e si potranno inoltre trovare altre idee regalo anch’esse decorate a mano dalla signora Barranca e messe a disposizione di chiunque voglia acquistarle per aiutare la realizzazione del progetto. L’intento è regalare una vita più dignitosa al villaggio di Kawomya, in Uganda; i bambini che si trovano lì sono orfani o sono stati abbandonati, vengono accuditi da due volontari, vivono in capanne costruite con canne e fango non hanno letti o materassi nè cibo a sufficienza. Il progetto cerca di ridurre il più possibile questo disagio costruendo un dormitorio con servizi igienici annessi. lontà di concepire un’idea e la forza di realizzarla. Siamo più che convinti che la scelta di investire la nostra energia su Musaba rappresenta un sogno realizzato che può avere ricadute positive su tutta la Calabria, in Europa e anche oltre. Non vogliamo più guardare all’attività e al valore di questo parco museo riducendo la prospettiva ai confini territoriali. Anni di promesse e di progetti finanziati, anche per lavori urgentissimi, che attengono alla salvaguardia e alla sicurezza, ma che non vengono avviati per motivi incomprensibili. MuSaBa è stato progettato non solo per offrire semplici spazi espositivi – concludono i creatori –, ma per mettere a disposizione di visitatori, studenti e artisti tutti i servizi indispensabili, in una visione contemporanea delle attività produttive dell’arte, architettura e del turismo culturali. In breve: un museo laboratorio vivo».(l.n.) MONASTERACE Con la “carta di Matera” CAULONIA Comune impegnato a tutelare l’agricoltura Un concerto in chiesa per celebrare l’Immacolata stre potenzialità anche perchè oggi si è trattata di una simulazione ma un domani, e senza preavviso, si potrebbe verificare di tutto. Noi radioamatori dell’Ari, sezione della Locride, cerchiamo sempre nel nostro piccolo e con le nostre forze e spirito di sacrificio di essere al servizio della collettività, malgrado per noi il mondo della comunicazione è un hobby, una cosa molto bella che permette di metterci in comunicazioni, quindi scambiare pareri tecnici modi di vedere le cose a livello non solo nazionale ma internazionale». Murruni ha voluto ringraziare il sindaco Riccardo Ritorto per la concessione della sede e per la sua collaborazione nonchè tutti i soci Ari che si sono prodigati per rendere ottimale la loro attività operativa. L’INIZIATIVA Protagonista la pignolata Imma Divino MONASTERACE L’esecutivo ha dato mandato al sindaco Maria Carmela Lanzetta di procedere alla sottoscrizione della “Carta di Matera” con la Confederazione Italiana Agricoltori. L’adesione al documento, denominato “Per il futuro più agricoltura”, proposta all’esecutivo dall’assessore Teodoro Bucchino, è scaturita dalla ferma volontà di sostenere e valorizzare l’agricoltura, uno dei volani dello sviluppo locale equilibrato e sostenibile. Oltre al riconoscimento del rilievo che assume per la cresci- ta dell’intero territorio, l’Amministrazione, nel ribadire impegno istituzionale a “costruire rapporti di fattiva collaborazione con i vari soggetti locali, anch’essi a vario titolo impegnati a far prevalere, attraverso una consapevolezza di gestione programmata del territorio, modelli di sviluppo rurale economicamente sostenibili in grado di garantire alimenti sani, tracciabilità, tutela delle tradizioni enogastronomiche, a vantaggio del benessere e della salute dei propri cittadini e consumatori”, sottolinea anche la necessità di promuovere politiche a salvaguardia dei valori dell’agricoltura. A Roccella da stasera è “Tempo di Natale” ROCCELLA. Il Corso, già ad- dobbato a festa con le luminarie natalizie, è pronto a farsi “inondare” da un fiume di miele ed a solleticare il palato dei visitatori con il profumo della cannella che si sprigionerà dalla pignolata, dolce della tradizione roccellese che verrà offerta dal Comune. Ritorna infatti questa sera (con inizio alle ore 18.30) la manifestazione “Tempo di Natale” organizzata dall’assessorato comunale al Turi- smo e Attività produttive guidato da Francesco Ursino in stretta collaborazione con i commercianti e alcune pasticcerie cittadine. Quest’anno si cercherà di superare abbondantemente la lunghezza dei 350 metri di pignolata preparata l’anno scorso. Ad allietare la serata contribuirà la presenza dei caratteristici “ciarameddhari” e la musica in filodiffusione, lungo tutto il Corso, selezionata dai deejay di Radio Roccella. (s.p.) CAULONIA. Torna la festa dell’Immacolata e i sodali dell’omonima arciconfraternita oltre che con i riti prettamente religiosi la onorano anche con la musica sacra. L’appuntamento, giunto all’undicesima edizione, è per domani (ore 21) nella chiesa dell’Immacolata: ad esibirsi saranno i Maestri Alessandro Albenga, artista laziale che ha sposato una cauloniese, e Francesco Scordamaglia, giovane concittadino con alle spalle numerose partecipazioni a manifestazioni di rilievo nazionale e internazionale. Entrambi proporranno un repertorio che spazierà da brani di Calude Gervaise, Johann Sebastian Bach, Alessandro marcello, George Friedrich Handel, di Eugène Bozza, Ennio Morricone e Concezio Pannone.(a.s.) Francesco Scordamaglia Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 35 Primo Piano . TERMINATOR - 4 Era il “reggente” della cosca guidata dal superlatitante Ettore Lanzino. Nel 2006 aveva sottoscritto la pax mafiosa con i “Bella Bella” Patitucci, l’uomo di fiducia del “capo dei capi” Lo inchiodano le dichiarazioni di “Poldino”: era lui che stabiliva le “mazzette”. Sugli appalti prendeva il 3% Giovanni Pastore La ‘ndrangheta aveva rinunciato a combattersi cinque anni fa quando i clan cittadini siglarono la pax mafiosa. Niente più morti ammazzati per le vie per essere più forti di prima. I boss e i loro reggipanza decisero di mettere insieme le mani su Cosenza nel 2006 senza contrasti. Niente più guerra in nome del business. Racket, usura, droga: i soldi del malaffare sarebbero finiti così tutti nella bacinella custodita da Francesco Patitucci, in accordo con i “Bella Bella”. È “Poldino” che lo dice e alza il velo sull’uomo che comanda in città. Patitucci sarebbe stato il capo della nuova ‘ndrangheta confederata di Cosenza, l’uomo di fiducia del boss invisibile Ettore Lanzino. E proprio in nome del “capo dei capi” dell’onorata società bruzia, Patitucci avrebbe imposto la “mazzetta” a imprenditori e commercianti. Ed era lui stesso a passare per l’incasso. Nessuno si sarebbe potuto rifiutare. Angelo Colosso colloca Patitucci al vertice della gerarchia mafiosa (naturalmente, considerano gli “uomini di rispetto” liberi) tratteggiando la mappa più recente della malavita organizzata. Al procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e ai pm antimafia Pierpaolo Bruni e Carlo Villani che coi colleghi dell’ordinaria, l’aggiunto Domenico Airoma e i pm Salvatore Di Maio e Adriano Del Bene, hanno riannodato i fili dell’inchiesta “Terminator - 4”, ha spiegato i retroscena: «Dopo l’arresto di Gianfranco Bruni, diventa “reggente” Francesco Patitucci, che lo è anche attualmente. Il capo del gruppo, comunque, rimane Ettore Lanzino al quale, ogni tanto, andava a fare visita Patitucci. A questi incontri partecipavano an- che Mario Gatto e Mario Piromallo... Del gruppo Lanzino fanno anche parte, sulla zona di Rende, Michele Di Puppo e i suoi fratelli. Mi risulta che con loro abbia rapporti anche Davide Aiello che io ho anche conosciuto... I rapporti tra il gruppo Bruni e il gruppo Patitucci sono strutturati nel senso che ciascuno di essi è autonomo. Tuttavia, capita che essi facciano delle estorsioni in comune, sia grandi che piccole, anche se forse è meglio dire che le grandi estorsioni le gestisce direttamente Patitucci. Quando vengono fatte estorsioni in comune, vengono divise secondo quote che variano a seconda di chi materialmente le fa. In ogni caso, per quanto riguarda Patitucci, posso dire che i proventi delle estorsioni che questi fa per conto suo non vengono ripartite con i Bruni. Altrettanto credo valga per i Bruni. In sostanza, i due gruppi non sono la stessa cosa». Colosso parla, descrive il sistema che serviva per convincere anche quelli che provavano a resistere: «Tra il 2006 e il 2010, io e Greco, e poi Porcaro abbiamo lasciato bottiglie e taniche praticamente davanti a tutti i cantieri su via Popilia e qualcuno anche su viale Parco. Era Patitucci che stabiliva di volta in volta a chi indirizzare le richieste e l’ammontare delle stesse, privilegiando in genere quelle attività che avevano dimensioni tali da consentire il pagamento di una tangente cospicua. In sostanza, Patitucci non andava a fare piccole estorsioni da mille euro alla volta. La tangente era determinata da lui con esclusione, per gli appalti, dove essa ammontava al 3 per cento. Per i lavori edili e in particolare per la realizzazione di edifici per civili abitazioni, Patitucci chiedeva 500 euro ad appartamento». GL’INDAGATI Il procuratore aggiunto Borrelli, il procuratore Granieri e il suo collega Lombardo Giovanni Di Puppo Francesco Patitucci Mario Piromallo Luigi Gaudio La procura antimafia catanzarese cristallizza diversi episodi anche nell’area urbana Quegli affari milionari garantiti dai prestiti a strozzo I prestiti a strozzo, con interessi che raggiungevano il 10% mensile, garantivano guadagni da capogiro al clan, fornendo assieme ad altri “affari” il denaro fondamentale a tenere in piedi la cosca, pagare i picciotti, sostenere le spese legali e tutto il resto. I magistrati inquirenti, anche attraverso i racconti dei collaboratori di giustizia, cristallizzano numerosi episodi nell’ordinanza di custodia cautelare notificata ieri ai presunti affiliati all’organizzazione criminale. Le gole profonde sfruttate dalla Direzione distrettuale antimafia catanzarese raccontano a esempio dei 170 mila euro che nei primi anni del Duemila sarebbero stati prestati a un imprenditore di Rende da Gianluca Walter Marsico e Gianfranco Bruni e Patitucci. C’era un imprenditore vicino al sodalizio criminale che avrebbe avuto il compito di individuare persone che avevano bisogno di denaro nella sua zona estesa anzitutto nei piccoli centri della Sila e della Presila. Poi, concordato il versamento, era lui stesso a gestire i prestiti usurari finanziati però, a parere dei testimoni, con denaro di Francesco Patitucci, Mario Gatto e di Gianfranco Bruni. Anzituto ma non solo, perché, sempre sentire il collaboratore della Dda catanzarese, quando l’imprenditore colluso aveva il denaro necessario era egli stesso a versare i soldi alle vittime pretendendone, poi, la restituzione, naturalmente, con tassi alle stelle.(d.m.) Il clan prestava fiumi di denaro IN CARCERE Francesco Patitucci, 50 anni, di Cosenza; Simone Andretti, 41, di Castrolibero; Salvatore Ariello, 37, di Cosenza; Biagio Barberio, 37, di Rogliano; Domenico Cicero, 54, di Cosenza; Giovanni Di Puppo, 38, di Rende; Michele Di Puppo, 47, di Rende; Luigi Gagliardi detto “Ninni”, 38, di Cosenza; Mario Gatto, 42, di Cosenza; Luigi Gaudio, 55 anni, di Carolei; Pilerio Giordano, 46, di Cosenza; Walter Gianluca Marsico, 44, di Cosenza; Giuseppe Perri, 55, di Acri; Mario Piromallo, 44, di Cosenza; Roberto Porcaro, 27, di Cosenza; Costantino Scorza detto “Costanzo”, 57, di San Lorenzo del Vallo. LATITANTI Ettore Lanzino, 56 anni, di Cosenza; Franco Presta, 51 anni, di Tarsia. INDAGATI A PIEDE LIBERO Francesco Amodio, 45 anni, di Cosenza (collaboratore di giustizia); Umberto Cacozza, 44, di Zumpano; Giulio Castiglia, 60, di Cosenza; Luisiano Castiglia, 58, di Cosenza; Angelo Colosso detto “Poldino”, 38, di Cosenza (collaboratore di giustizia); Massimiliano Cozza, 35, di Paterno; Vincenzo Dedato, 49, di Cosenza (collaboratore di giustizia); Rinaldo Gentile, 51, di Cosenza; Michele Giordano, 40, di Dipignano; Emiddio Lanzino, 32, di Cosenza; Giuseppe Schiavo, 39, di Figline. Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 36 Primo Piano . TERMINATOR - 4 Enzo Pelazza e Vittorio Marchio ammazzati con una calibro 9 per 21 poi ritrovata vicino a un torrente. I retroscena svelati dai pentiti Due delitti commessi con la stessa pistola Il superboss Ettore Lanzino non voleva che il “mammasantissima” Antonio Sena venisse assassinato IL PROFILO È ritenuto il “capo dei capi” Arcangelo Badolati Una pistola per due delitti. Già, una calibro nove per ventuno: efficiente, maneggevole e con un buon volume di fuoco. È l’arma usata per assassinare Vittorio Marchio, il 26 novembre del 2011, a Serra Spiga e, pochi mesi dopo, il 28 gennaio 2000, Enzo Pelazza a Carolei. Due omicidi “firmati” secondo il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e il pm antimafia Pierpaolo Bruni, da Franco Presta di Roggiano e Mario Gatto di Cosenza. Con la coppia di killer sarebbero complici, nel caso di Marchio, Walter Gianluca Marsico, nella veste di concorrente morale; nel delitto Pelazza, invece, Giuseppe Perri di Acri che avrebbe recuperato gli attentatori, Luigi Gaudio di Carolei nel ruolo di “basista” e Ettore Lanzino e Domenico Cicero in qualità di mandanti. Il Gip distrettuale ha invece respinto la richiesta di arresto avanzata dalla Procura in ordine all’uccisione di Pelazza nei confronti di Biagio Barberio e Massimiliano Cozza di Paterno Calabro, Luisiano e Giulio Castiglia di Cosenza. C’è poi un altro crimine ricostruito con dovizia di particolari dagli inquirenti: l’assassinio di Antonio Sena, avvenuto a Castrolibero il 12 maggio del 2000. E c’è un dato estremamente significativo che emerge dalle indagini: il superboss Ettore Lanzino era contrario all’eliminazione di “Don Antonio”. Lo legavano al vecchio padrino, nel frattempo diventato punto di riferimento del gruppo rivale guidato da Francesco Bruni, antichi rapporti di amicizia risalenti agli anni della guerra di mafia combattuta in città. È il pentito Angelo Colosso, detto “Poldino”, a rivelarlo al pm Bruni: «Lanzino era contrario all’omicidio Sena...perché lui diceva che bastava solo parlarci in quanto poi si conoscevano da una vita e dice che lo avrebbe risolto solamente parlando. Poi cosa succede? Che a Lanzino lo arrestano in quel periodo lì, lo arrestano perché lui prima è stato latitante – un mesetto o due –. Nel momento in cui l’arrestano la palla passa in mano a Dedato, la gestione, perchè prima c’era Lanzino, passa tutto in mano a lui. Passa tutto in mano a Dedato e se la vede lui con le pressioni del gruppo Cicero, di Pezzulli, che pressavano per fare l’omicidio». “Don Antonio” così muore. E la sua tragica fine provoca sconcerto anche tra gli “amici” di Cetraro e della Piana di Gioia Tauro che lo stimavano molto e lo conoscevano da sempre. Vincenzo Dedato è addirittura convocato a Rosarno per dar conto dell’accaduto e garantire che ai figli del capobastone defunto non verrà torto un capello. Tutti i pentiti attribuiscono l’esecuzione dell’omicidio Sena – come già quelli Sassone, Pelaz- Il romanzo criminale dell’imprendibile latitante “Ettaruzzo” Fabio Melia Gl’investigatori nel luogo ove venne assassinato nel maggio del 2000 Antonio Sena FOTO ARENA Franco Presta Angelo Colosso Mario Gatto Walter Gianluca Marsico za e Marchio – al latitante Presta. Ma chi è quest’uomo sospettato di tanti efferati crimini? Silenzioso, occhi mobilissimi, fisico asciutto: Franco Presta, 61 anni, è ormai da tempo un “uomo di rispetto” temuto e riverito. La sua fama è cresciuta a dismisura alla fine degli anni ‘90 quando la ‘ndrangheta insediatasi in riva al Crati decise di ridisegnare con il piombo la mappa del potere mafioso. In tre anni vennero cancellati dalla scena delinquenziale personaggi ingombranti della vecchia “scuola” e “picciotti” vocati ad una eccessiva “autonomia”. Il ruolo di Presta emerse in tutta la sua inquietante portata prima con la maxinchiesta “Luce” che lo vide imputato d’un feroce agguato costato la vita, l’11 febbraio del 1994, a Bisignano, a Luigi Parise e Gabriele Mastroianni, e, poi, nel 2002 con il blitz “Twister” che scoperchiò gli “affari” gestiti dalle cosche cosentine. Da “Luce” Presta venne assolto, mentre per “Twister” incassò una condanna a 5 anni. E proprio per sfuggire alla pena divenuta nel frattempo definitiva, l’uomo nel maggio del 2009 si diede alla latitanza. Da quando è alla macchia, tuttavia, i suoi guai con la giustizia sono aumentati. La Dda l’ha infatti indagato per quattro omicidi. Quattro esecuzioni compiute nell’area settentrionale della Calabria tra il 1999 e il 2002 in coincidenza dell’inizio dei lavori di ammodernamento dell'autostrada. Lavori segretamente condizionati da un “direttorio” mafioso che imponeva il “pizzo” alle grandi imprese. Un “direttorio” del quale Franco Presta veniva indicato come stabile e influente componente. Presta finisce perciò sott'inchiesta per gli assassinii del boss Marcello Calvano, avvenuto a San Lucido nell’agosto del 1999 e di Vittorio Marchio, il “bandito in carrozzella”, am- mazzato a Cosenza il 26 novembre dello stesso anno. La magistratura non riesce però a raccogliere prove a sufficienza e le accuse finiscono in archivio. Il caso verrà riaperto solo ora grazie alle nuove confessioni di Angelo Colosso. Presta, però, in quel periodo non ha il tempo di godersi lo scampato pericolo che si ritrova sul groppone un altro provvedimento restrittivo. Questa volta, la procura diretta da Antonio Vincenzo Lombardo, gli contesta l’uccisione del boss Francesco Bruni “Bella-Bella”, compiuta il 29 luglio del 1999, e l’agguato teso allo storico “mammasantissima” Antonio Sena. Un delitto – quest’ultimo – commesso secondo la Dda dall’odierno superlatitante, ma non voluto da “Ettoruzzu” Lanzino. Pierpaolo Bruni coordina le inchieste antimafia su Cosenza Vincenzo Dedato diede l’avallo all’uccisione del capobastone Antonio Sena L’uomo “cardine”. Sul quale sono imperniati i diversi capitoli del romanzo criminale cosentino. Ettore Lanzino oggi ha 56 anni, da tre sfugge a tutti i tentativi di cattura, ben nascosto e probabilmente protetto da una fitta rete di fiancheggiatori. La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro lo ritiene il “capo dei capi” della ‘ndrangheta bruzia, il boss che attualmente impone la sua legge sulla città. La storia giudiziaria di “Ettaruzzo” è del resto la storia stessa della malavita organizzata cosentina. Fin dal principio. Perché Lanzino faceva parte di quel gruppo di giovani rampanti che, tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, riuscirono a scacciare le vecchie “coppole”. Cominciando dall’ingombrante Luigi Palermo, “U Zorru”, ucciso 34 anni fa. In quell’era ormai lontana, gli inseparabili compagni e sodali di Lanzino furono gente come Umile Arturi, Gianfranco Ruà e Franco Pino, quest’ultimo titolato col grado di “diritto e medaglione” (il massimo nella gerarchia ‘ndranghetista) e rispettato anche dai compari di Reggio e della Piana di Gioia Tauro. E la “primula” è da più parti indicata – collaboratori di giustizia compresi – come l’erede di quel Franco Pino passato dalla parte dello Stato al termine della sua irresistibile ascesa criminale. “Ettaruzzo” rappresenta dunque la chiave di volta tra vecchia e nuova ‘ndrangheta. Sulle sue spalle pesa già una condanna definitiva a 9 anni di reclusione, risultato del maxi-processo “Tamburo”, nel quale ha rivestito il ruolo di influente membro della “cupola” capace di spartirsi introiti derivati da subappalti e mazzette imposti alle ditte impegnate nei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria. Ed è proprio da quando fu emessa quella sentenza, cioè dal 2008, che Lanzino s’è dato alla macchia. Eppure, il “capo dei capi” uscirà certamente indenne dalla “madre” di tutti i processi alla ‘ndrangheta cosentina, quel “Missing” che lo ha già visto assolto in primo grado. Il Ettore Lanzino s’è dato alla macchia dopo la condanna in “Tamburo” sostituto pg di Catanzaro, Eugenio Facciolla, ha infatti di recente rinunciato all’appello sia per Lanzino che per Gianfranco Ruà. Entrambi erano accusati dell’uccisione di Nelso Basile, il referente della camorra napoletana nel Cosentino ammazzato nel 1983 e indicato da Franco Pino come mandante dell’omicidio dell’avvocato Silvio Sesti. Per entrambi mancano però riscontri individualizzanti. Ma mentre Ruà sta scontando altre pene in carcere, Lanzino è ancora paragonabile a un’inafferrabile entità. L’omicidio di Luigi Palermo segnò la svolta nelle dinamiche criminali cittadine LE RIVELAZIONI La vedova di Vittorio Marchio ha raccontato agli inquirenti il peggioramento dei rapporti del marito, tentato dai Bruni, col clan Perna «Nell’estate del ‘99 mio marito ruppe con Micuzzo Cicero» Domenico Marino La carrozzella di Vittorio Marchio dopo il delitto I racconti della vedova inchiodano movente e presunti mandanti. Sfogliando i voluminosi fascicoli dell’operazione “Terminator 4” spuntano le dichiarazioni di Miriam Paola Perri, moglie di Vittorio Marchio e sorella di Sergio Perri, entrambi uccisi nella guerra di mafia che ha insanguinato l’area urbana negli anni passati. Sentita negli ultimi giorni di novembre del 2000 la signora spiega in maniera più precisa rispetto al passato le motivazioni che, a suo parere, avevano determinato il duplice omicidio del fratello e della moglie Silvana De Marco, oltre alla morte del marito. La donna lega l’uccisione di quest’ultimo agli incontri che aveva avuto con Michele Bruni e Antonio Sena, quindi alla sua volontà di aderire al nuovo gruppo criminale che i due avevano messo in piedi in città e il quale si contrapponeva alle cosche storiche. Miriam Perri cita, in particolare, la violenta discussio- ne che il marito aveva avuto pochi giorni prima del suo omicidio con Benito Aldo Chiodo. Una lite chiusa da un’offesa pesante vomitata da Marchio in faccia a Chiodo: «Si’ nu pisciaturo». La donna spiega agli inquirenti della procura antimafia di Catanzaro che alla fine degli anni Novanta i rapporti di suo marito con Domenico Cicero erano stati piuttosto complessi. Mentre dopo la scarcerazione di Cicero, nei primi mesi del ‘99, i due si rispettavano, nell’estate di quello stesso anno qualcosa s’era deteriorato. Miriam Perri indica senza mezzi termini come origine dei dissidi proprio le visite fatte al marito da Bruni e Sena «finalizzate a ottenere la sua disponibiltà nei loro confronti per lo scontro che si era aperto con il clan Perna rappresentato da Cicero». Dopo un primo periodo in cui Marchio era rimasto sospeso tra i due gruppi, non schierandosi apertamente con nessuno, hanno cristallizzato gli inquirenti nell’ordinanza di custodia cautelare, nella bollente estate ‘99 aveva cominciato a raccontare alla moglie che a suo parere era meglio schierarsi con i “Bella Bella” e non con Cicero e gli altri perché, ha spiegato la vedova, «secondo lui non era gente sveglia. In questo periodo di tempo, in effetti, in più occasioni – ha aggiunto la donna – ho avuto modo di vedere all’interno di casa mia il Cicero Domenico accompagnato da Falbo Alfonsino per colloquiare con mio marito».(d.m.) Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 37 Primo Piano . TERMINATOR - 4 A distanza di undici anni la Direzione distrettuale antimafia ritiene d’aver ricostruito il movente e gli autori del delitto di Terranova «Presta e Scorza uccisero Antonio Sassone» I pentiti: fu eliminato perchè dava fastidio a Franco Gabriele. L’ordine partì da Chirillo che era in cella Giovanni Pastore Ci sono voluti undici anni d’indagini e una mezza dozzina di pentiti per fissare tutte le pedine nello scacchiere dell’inchiesta sull’omicidio di Antonio Sassone, uno dei boss dello spaccio di Terranova da Sibari. I killer lo sorpresero a bordo della sua minicar, in contrada “Galatrella”, la sera del 9 giugno del 2000, e lo massacrarono sotto gli occhi della moglie. Il quarantenne fu punito dai clan di Cosenza non solo per la sua scelta d’allearsi con gli zingari di Cassano ma anche perchè era diventato un problema serio per Franco Gabriele, antico affiliato della vecchia cosca Pino-Sena, ucciso nel 2005, a San Lorenzo del Vallo dall’imprenditore Eugenio Ciliberti che si ribellò alla richiesta del “pizzo”. Sassone non rispettava le strategie dei clan e non aveva intenzione di seguire le regole dello spaccio. E così Gabriele si sarebbe rivolto ai vecchi amici cosentini. A Carmine Chirillo, in particolare. Sono i pentiti Vincenzo Dedato e Angelo Colosso a svelare i retroscena raccontando versioni sovrapponibili che hanno convinto il gip distrettuale Abigail Mellace a firmare l’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di mandanti, esecutori e fiancheggiatori. Dedato ricorda che l’ordine d’ammazzare il quarantenne “ribelle” partì dal carcere con un biglietto che Chirillo e, forse, pure Lanzino fecero recapitare a Gatto. Un “pizzino” indirizzato a Franco Presta per «accelerare la pratica Sassone». Il resto è farina del sacco di “Poldino” che si attribuisce anche delle responsabilità sul delitto. «Fui io stesso che con Francesco Marincolo mi recai da Biagio Barberio e Massimiliano Cozza a ritirare la Fiat Uno verde da utilizzare nell’agguato. Una macchina che era stata rubata in mattinata nel parcheggio dell’Unical, ad Arcavacata da Ninni Gagliardi e, in serata, spostata dallo stesso Gagliardi e da Amodio a Paterno, e affidata a Barberio. Fu Walter Gianluca Marsico a dirmi di andare a prendere la vettura a Paterno e di portarla a Cosenza dove incontrai Mario Gatto a Bordo della sua Bmw e mi disse di seguirlo fino ad Acri. E una volta giunti lì ci recammo da Giuseppe Perri che ci indicò dove lasciarla. Fu lo stesso Gatto a confidarmi qualche giorno dopo che quell’auto era servita a Presta e a un certo Costanzo (Costantino Scorza, ndr) di San Lorenzo del Vallo per l’agguato a Sassone». Del recupero dei killer si sarebbe occupato lo stesso Giuseppe Perri. Un altro pentito, Francesco Amodio ricorda che quella stessa sera, lui era insieme a Dedato in un night di Luzzi e che furono raggiunti da Presta e Perri «che ci chiesero ospitalità per la notte». Sassone, dunque, pagò la mancanza di rispetto nei confronti di Franco Gabriele, amico dei boss cosentini. E fu ucciso in mezzo alla campagna. Aveva trascorso il pomeriggio a controllare l’impianto d’irrigazione nel suo agrumeto insieme alla moglie. Poi, al calar della sera, i due rientrarono. Lui alla guida della miniauto e la compagna dietro, con la loro utilitaria. È la stessa donna a ricostruire le fasi agghiaccianti dell’omicidio del suo uomo: «...improvvisamente mi sorpassò sulla mia sinistra un’autovettura di piccola cilindrata che procedeva a forte velocità, mi sembrò una Fiat Uno di colore scuro, non riuscii a distinguere quante persone c’erano a bordo. Subito dopo vidi la stessa autovettura tamponare il mezzo di mio marito e quasi contestualmente sentii alcuni colpi d’arma da fuoco...». L’INAUGURAZIONE Sala riunioni intitolata a Rosario Livatino Carmine Chirillo Costantino Scorza Francesco Amodio Biagio Barberio Una panoramica di contrada “Galatrella” e nel riquadro Antonio Sassone È stato più volte candidato sia alla Provincia che per un seggio a Palazzo dei Bruzi Ninni Gagliardi e la sua grande passione per la politica Luigi Gagliardi, per tutti Ninni, ha una passione irrefrenabile per la politica. Scavando nel suo passato gli investigatori delle forze dell’ordine e la magistratura inquirente hanno scoperto anche e soprattutto le candidature in diversi appuntamenti elettori del passato prossimo e remoto. A esempio, appena una manciata di mesi addietro, emerge la corsa fallita per un pelo a un seggio in consiglio comunale. Ninni Gagliardi è stato candidato con la lista Autonomia e Diritti, espressione dell’ex presidente della Regione, Agazio Loiero, schierata a sostegno dell’aspirante sindaco Enzo Paolini. Ha tra l’altro avuto un’ottima affermazione personale, ricevendo 230 preferenze e piazzandosi al quarto posto tra i trentadue candidati della lista che però ha guadagnato un solo eletto nell’emiciclo di Palazzo dei Bruzi. Due anni prima, nel giugno 2009, Luigi Gagliardi era il candidato del Movimento disoccu- pati nel terzo collegio cittadino alle elezioni Provinciali poi vinte dal presidente uscente Mario Oliverio. La lista di Gagliardi (che si fermò a 71 preferenze) era una delle quindici a suo sostegno. Nel 2004 Luigi Gagliardi tentò addirittura il colpo grosso candidandosi alla presidenza della Provincia ma si piazzò all’ultimo posto tra i sei candidati, fermandosi allo 0,6% dei consensi e perciò restando ancora fuori dall’aula.(d.m.) Ninni Gagliardi L’operazione “”Terminator 4” ha tra l’altro alzato il velo sulla moderna sala riunioni attrezzata dalla procura della Repubblica cittadina al quarto pino del Palazzo di giustizia. Proprio lì ieri mattina s’è svolta la conferenza stampa durante la quale magistrati e forze dell’ordine hanno dialogato con gli operatori dell’informazione svelando i dettagli dell’inchiesta. Dopodiché c’è stato spazio per un mini rinfresco la cui logistica è stata curata al meglio dal cancelliere Roberto Tuscolano. La neonata sala riunioni, ricca di libri che possono essere consultati, è stata intitolata a Rosario Livatino, il giudice ragazzino ucciso il 21 settembre 1990 ad Agrigento, mentre si recava senza scorta in Tribunale, da quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa nostra. Dopo essere stato sostituto procuratore presso il Tribunale di Agrigento, dal ‘79 all’89, aveva assunto il ruolo di giudice a latere. Del suo delitto fu testimone oculare Pietro Nava, grazie al cui racconto furono individuati gli esecutori materiali dell’omicidio.(d.m.) Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 39 Cosenza - Provincia . SPEZZANO SILA Muore un operaio marocchino di 32 anni, gravemente ferita la moglie 22enne, in prognosi riservata il figlioletto di appena due settimane Frontale sulla 107, straziata una famiglia Il neonato dovrebbe farcela grazie all’accortezza dei genitori che lo avevano ancorato al seggiolino Fabio Melia SPEZZANO SILA Una famiglia distrutta. Una coppia di laboriosi marocchini spezzata in quella terra che ormai aveva il sapore di una seconda patria. Halmud Said, 32 anni, da tempo viveva a San Giovanni in Fiore insieme a sua moglie, una giovane connazionale ventiduenne. Il capoluogo silano aveva dato ad entrambi una possibilità: Halmud aveva infatti trovato un posto di lavoro in una segheria, e solo due settimane fa aveva festeggiato con la sua compagna la nascita del loro figlioletto. Ieri mattina il marocchino e la moglie sono partiti di buon’ora da San Giovanni, non prima di aver ben ancorato il bimbo al seggiolino regolarmente montato sulla loro Fiat Croma. La destinazione prevista era l’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, dove il neonato avrebbe dovuto essere sottoposto a una visita di routine. Un tragico destino li attendeva però all’altezza dello svincolo di San Pietro in Guarano della Statale Silana-Crotonese. Un’Alfa Romeo condotta da un avvocato cosentino di 34 anni in marcia verso San Giovanni, secondo quanto rilevato dalla polizia stradale, avrebbe improvvisamente invaso la corsia di marcia opposta, scontrandosi frontalmente con la Croma della famiglia marocchina e colpendo anche una Passat guidata da un uomo di 44 anni. Alle 8.33 è arrivata la prima e drammatica telefonata alla centrale operativa del 118, che ha immediatamente inviato sul posto l’ambulanza Pet di Cosenza, un’automedica e una seconda ambulanza di supporto. I soccorritori si sono così trovati di fronte ad una scena straziante: Halmud Said era purtroppo già morto, mentre la moglie ventiduenne presentava numerosi traumi su tutto il corpo. Le gravi condizioni della donna, subito intubata dal personale sanitario, hanno richiesto l’intervento dell’elisoccorso. Ora la giovanissima marocchina lotta tra la vita e la morte nel reparto di rianimazione del nosocomio bruzio. Forte preoccupazione ha destato fin dall’inizio lo stato di salute del neonato, che per il momento rimane in prognosi riservata. La tenerissima età impone ai medici un’attesa di almeno 48 ore prima di potersi esprimere, ma pare proprio che l’accortezza dei genitori di legarlo correttamente al seggiolino si sia rivelata decisiva. Meno gravi le ferite riportate dalle altre persone coinvolte nell’impatto: un trauma toracico minore è stato riscontrato all’avvocato alla guida dell’Alfa 147, mentre l’uomo a bordo della Passat se l’è cavata con un trauma alla mano sinistra. Insieme alle ambulanze del 118, sulla Statale 107 sono giunti i vigili del fuoco e le pattuglie della polizia stradale. Gli agenti, in particolare, hanno provveduto ad effettuare i rilievi e a deviare il traffico a quell’ora particolarmente intenso. Gli uomini della Polstrada, al termine delle operazioni, hanno stilato una dettagliata informativa sulla dinamica dell’incidente che è stata prontamente inviata alle competenti autorità. Un atto burocratico, seguito dalla speranza che la mamma, almeno lei, possa farcela a riabbracciare quel bimbo già orfano. MONTALTO Pd, il gruppo “indignados” annuncia battaglia Chiara Buffone MONTALTO UFFUGO La moglie del marocchino morto nell’incidente è stata trasferita all’Annunziata con l’elisoccorso RENDE Il Tdl ha revocato la misura cautelare per l’accusa di associazione mafiosa Telesis, cade il 416 bis per i fratelli Lamanna RENDE. L’inchiesta “Telesis” continua a vacillare di fronte alla prova del Riesame. Il Tribunale della libertà di Catanzaro, dando seguito a una precedente decisione della Corte di cassazione, ha ordinato la revoca del principale capo d’imputazione contestato a Carlo e Daniele Lamanna: il 416 bis, cioè l’associazione a delinquere di stampo mafioso. I due fratelli, rispettivamente di 44 e 37 anni, erano accusati di essere parte integrante del gruppo “azioni- sta” del clan Bruni, dedito per lo più alla commissione di rapine a mano armata. Queste risultanze, provenienti dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, sono state aspramente contestate dal collegio difensivo dei Lamanna (composto dagli avvocati Gaetano Morrone, Aldo Cribari, Marcello Manna e Francesca Gallucci), che hanno presentato più ricorsi per ottenere la scarcerazione dei propri assistiti. In un primo momento, infat- ti, il Tdl aveva confermato la misura cautelare. Ora però il quadro appare cambiato, anche perché la Suprema Corte, nel luglio scorso, ha fatto cadere i gravi indizi di colpevolezza a causa della genericità delle accuse sostenute dai pentiti. Daniele Lamanna, perciò, ieri è tornato subito in libertà. Il fratello Carlo, a causa di altre vicende giudiziarie in cui è implicato, pur ottenendo la revoca della misura, resta in carcere.(f.me.) Carlo Lamanna Gli “indignados” del Pd non hanno lasciato il partito, ma annunciano battaglia e attendono il congresso per “contarsi” e far valere le loro ragioni. Il gruppo di tesserati che non condivide e perciò condanna fermamente l’ingresso del Pd in maggioranza, ha creato una “corrente” denominata “Pd per l’alternativa”. Non comprendendo i motivi politici sottesi alla linea del coordinamento Pd (eccetto Luciano Corniola), il gruppo continua a rimarcare che costituisce “un grave errore, oltre che un’ingiustificata incoerenza, far parte dell’attuale amministrazione comunale”. La nascita di un’ulteriore corrente testimonia la persistente difficoltà del Pd a trovare unità di vedute su importanti questioni. È la storia che si ripete: dal 2008 le fratture all’interno del partito si sono determinate, si sono accentuate e continuano a sussistere, per la stessa causa: la collocazione del Pd sul piano amministrativo. “Pezzi importanti e storici” del centrosinistra montaltese, esponenti degli ex partiti costituenti il Pd, non intendono accettare che il partito stia in maggioranza. SAN GIOVANNI Lopez aveva bocciato la delibera comunale con le due autonomie RENDE ROGLIANO Già firmata la convenzione La città silana chiede tre Comprensivi “Calabria Europa” Iniziativa del Rotary Impianto mini eolico nascerà a Poverella Mario Morrone SAN GIOVANNI IN FIORE L’emendamento prodotto in Consiglio provinciale e approvato dall’Assise di via 15 Marzo lo scorso 2 dicembre, porta la firma di Pietro Lopez (detto Pierino): consigliere provinciale della città e antico dirigente del Psi, nonché più volte assessore e consigliere comunale. Non andava bene, infatti, per Pierino Lopez, la delibera della Giunta comunale dell’ottobre scorso con cui si prevedevano solo due istituti comprensivi. Adesso la Regione Calabria a “vagliare” il caso San Giovanni. Lopez ha inteso agire a norma di legge, proponendo al presidente del Consiglio provinciale Orlandino Greco, l’emendamento alla pro- Il primo circolo didattico “Corrado Alvaro” posta di deliberazione “Approvazione piano dimensionamento scolastico provinciale” e sin qui ha incassato l’approvazione dello stesso organo. La motivazione del funzionario di banca sangiovannese è stata forte e determinata: «Nei comuni montani – ha scritto – nello specifico quello di San Giovanni in Fiore, in base ai parametri stabiliti dalla legge 111/2011 modificati dalla legge n. 183 del 12 novembre 2011, gli Istituti comprensivi devono essere costi- tuiti con almeno 600 alunni e solo nel caso di numero inferiore a 400 le istituzioni scolastiche non potranno mantenere l’autonomia. Le disposizioni prevedono, infatti, che alle scuole con meno 400 alunni non potranno essere assegnati dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi. Nel comune montano di San Giovanni esisterebbero le condizioni per la costituzione di tre istituti comprensivi anche se la Giunta municipale ne ha proposto due. Gli Istituti saranno così composti: 1. comprensivo n. 560 alunni; 2. comprensivo n. 629 alunni; 3. comprensivo n. 558 alunni. Spetterà ora alla Regione alla Direzione generale della pubblica istruzione, esaminare la “novità” fatta emergere da Lopez. ACRI Domani riapre il San Domenico BISIGNANO Per una informazione libera Affidata alla Film in tour la gestione del cinema Organizzazione on line dei servizi del Municipio Rosanna Caravetta ACRI Riapre domani il cinema San Domenico. Affidata, a seguito dell’assegnazione tramite bando di gara, alla Film in Tour, struttura di Cosenza che ormai da anni opera su tutto il territorio, la sala cinematografica aprirà nuovamente i battenti. «Un’azienda, la Film in Tour – si legge in una nota del comune – che è dotata di una struttura mobile unica nel meridione, uno schermo gonfiabile che consente di poter effettuare proiezioni in ogni luogo, al chiuso e all’aperto, che vanta tra i suoi collaboratori operatori specializzati con patentino cinematografico». Si parte domani, dunque, con la proiezione de “La peggior settimana della mia vita”. Dal 16 al 18 Dicembre sarà la volta de “I soliti idioti” mentre durante la settimana natalizia, dal 23 al 27 dicembre, si riderà con “Anche se è amore non si vede”, l’ultimo film di e con Ficarra e Picone. Due gli spettacoli in programmazione, il primo alle ore 18 ed il secondo alle ore 20.30. Rino Giovinco BISIGNANO L’Amministrazione comunale va verso una più perfetta organizzazione on line dei servizi e della pubblicizzazione degli atti. Già l’amministrazione guidata dal sindaco Umile Bisignano, mette on line non solo le delibere, dovute per legge, ma anche le determine dei responsabili di settore per una maggiore trasparenza della gestione. Nel corso dell’ultima seduta di Giunta stato assunto come principio di «as- sicurare una ampia informazione culturale, amministrativa e sociale secondo i principi di accessibilità, trasparenza e semplificazione del linguaggio, al fine di raggiungere gli standard qualitativi della comunicazione della pubblica amministrazione». Va in questa direzione, dunque, la volontà di attivare un nuovo sito, oltre a quello del comune e della biblioteca, “comunebisignanopartecipazione.it”. Tutti i siti ufficiali del comune dovranno fare capo a quello principale “comune.bisignano.cs.it”. Luigi Michele Perri ROGLIANO RENDE. “Calabria- Europa: costruiamo insieme il nostro ponte utile”. Il Rotary Club Rende, presieduto da Carlo Tansi, ne ha discusso con l’on. Dario Antoniozzi (già europarlamentare, fondatore del Partito Popolare Europeo, più volteMinistro della Repubblica Italiana e della Comunità Europea) e con l’ing. Nereo Capitani (top management Esso in Europa, responsabile del settore investimenti e costruzioni, membro di commissione Esso mondiale per l'innovazione tecnologica). «La Calabria dispone di una Risorsa inestimabile: i suoi giovani e le loro intelligenze – si legge in una nota Rotary – Realizzare ponti virtuali efficaci ed efficienti potrebbe consentire di collegare ed utilizzare le intelligenze calabresi all’Europa. Serve perciò, un cambio culturale e una profonda modifica di usi e costumi da parte di tutti».(chi.buf.) Carlo Tansi Un impianto minieolico, cosiddetto per l’utilizzo di generatori di altezza inferiore a trenta metri e di minore impatto ambientale, sarà realizzato in località Poverella, frazione silana del Comune di Rogliano. La convenzione è stata firmata al ministero dello Sviluppo economico dal vicesindaco, Giovanni Altomare. L’impianto costerà intorno ai 400mila euro e sarà finanziato con fondi europei. L’amministrazione comunale ha dato così seguito agli esiti scaturiti dal recente convegno su “Energy day”, nel corso del quale era stata annunciata una serie di iniziative finalizzate alla utilizzazioni di fonti energetiche alternative. In quella occasione, il consigliere comunale delegato all’Ambiente, Antonella Ambrogio, promotrice della iniziativa, aveva illustrato un percorso di attuazione degli orientamenti e dei programmi della compagine amministrativa, già impegnata in questo senso con l’adesione del Comune al Patto dei sindaci, diretto alla riduzione dei gas in atmosfera. Altomare ha spiegato come l’impianto minieolico si differenzi per dimensione e per impatto con il “grande eolico”. 40 Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud Cosenza - Provincia . PAOLA Assoluzione per Vincenzo La Rosa e la madre Elena Serpa SAN LUCIDO Omicidio Mannarino Lo scenario del delitto cambia al termine del secondo giudizio Vertenza Casa serena Lo sdegno della Cgil Più lievi le condanne di Domenico La Rosa (15 anni) e del collaboratore romano Stefano Di Vanno (10) Fabio Melia PAOLA Una nuova verità processuale è stata impressa sull’omicidio di Stefano Mannarino. La Corte d’assise d’appello di Catanzaro (giudici togati: Fortunato Rosario Barone, presidente; Fabrizio Cosentino, consigliere) ha infatti riformato le pesanti condanne di primo grado – tutte a 30 anni di reclusione – emesse in sede di rito abbreviato contro i presunti assassini del giovane paolano. I giudici d’appello hanno così assolto due dei quattro imputati, Vincenzo La Rosa e sua madre Elena Serpa, per non aver commesso il fatto. Condanna dimezzata a 15 anni per Domenico La Rosa, fratello di Vincenzo, che durante le indagini preliminari si è accollato tutta la responsabilità di quel fatto di sangue. Dieci anni di carcere sono stati infine comminati al romano Stefano Di Vanno, che ha potuto godere delle attenuanti generiche. Proprio Di Vanno, reo confesso, aveva ricostruito le fasi salienti dell’agguato teso a Mannarino. Parole confermate davanti al sostituto procuratore generale di Catanzaro, Eu- genio Facciolla, che durante la sua requisitoria aveva chiesto alla Corte non solo di confermare le condanne, ma anche di rilevare l’aggravante mafiosa nell’esecuzione del delitto. Formalità che, in caso di accoglimento, avrebbe portato a una ritrasmissione degli atti e quindi a un nuovo processo. Il pentito Di Vanno non ha risparmiato i particolari di quel brutale omicidio, confessando che il massacro si sarebbe compiuto all’interno dell’abitazione di Elena Serpa. Il collaboratore ha anche aggiunto di aver dato il via alla mattanza: «Sono stato io per primo, usando un pezzo di legno trovato nel camino, a colpire Stefano Mannarino», sottolineando che «lo colpii e poi uscii fuori e gli altri continuarono a infierire». La versione perorata dal sostituto pg Facciolla s’è però scontrata con le tesi sostenute dal collegio difensivo, composto dagli avvocati Giuseppe Bruno, Francesco Iacopino e Virgilio Di Meo. I legali, concordando con la Procura generale sulla reale collaborazione fornita da Di Vanno e Domenico La Rosa, hanno però sottolineato che le loro confessioni, oltre ad escludere la partecipazione della Serpa e di Vincenzo La Rosa, non implicavano la premeditazione. Linea ricalcata nella sua sentenza d’appello dalla Corte catanzarese. Si modificano dunque contorni e scenari di quell’omicidio, che gl’inquirenti hanno da subito collegato all’uccisione di Antonello La Rosa, fratello di Vincenzo e Domenico, trucidato esattamente un mese prima rispetto a Stefano Mannarino. Quest’ultimo, secondo quanto sostenuto dall’accusa, avrebbe partecipato alla spedizione di morte contro La Rosa, colpevole di aver ficcato il naso in un affare particolarmente succulento: la ristrutturazione della stazione ferroviaria di Paola. Per quei lavori, lo stesso La Rosa avrebbe preteso 50.000 euro di “pizzo”, denaro che tuttavia sarebbe spettato alla cosca dominante nella città di San Francesco. La grave “trascuranza” avrebbe provocato la prima reazione, seguita dalla successiva vendetta. Un tragico “pareggio” tipicamente ‘ndranghetista. Una versione che, però, rimane confinata nel campo delle mere supposizioni investigative. Nettamente smentita dalla sentenza di ieri. AMANTEA Arrestato il mese scorso per i rifiuti tossici lungo l’Oliva Niente gravi indizi di colpevolezza Il Riesame scarcera Coccimiglio Ernesto Pastore AMANTEA Cesare Coccimiglio, arrestato a novembre su richiesta della Procura della Repubblica di Paola per i fatti legati all’interramento di rifiuti tossici lungo il greto dell’Oliva, torna ad essere un uomo libero. Almeno fino alla celebrazione del processo. Lo ha deciso il Tribunale della libertà di Catanzaro, che ha accolto l’istanza presentata nei giorni scorsi dall’avvocato Nicola Carratelli. Nell’annullare gli arresti domiciliari, il Riesame ha escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. L’arresto di Coccimiglio, 75 anni, era stato disposto dal gip Giuseppe Battarino. L’uomo fu accusato di disastro ambientale, violazione in materia di trasporto dei rifiuti e inquinamento delle falde acquifere. Secondo l’accusa l’imprenditore, in concorso con altri quattro soggetti residenti nella zona, avrebbe messo in piedi un sistema complesso di smaltimento di rifiuti industriali che non si sarebbe limitato soltanto a quella che viene oramai comunemente indicata con l’appellativo di valle dell’infermo. Il lavoro dei magistrati di Paola prese avvio dalla relazione prodotta da Giacomino Brancati, dirigente del Dipartimento salute e I carotaggi nell’area dell’Oliva Il corpo senza vita di Stefano Mannarino PAOLA Ai domiciliari un meccanico incensurato di 42 anni Sul terrazzino 25 piante di canapa Gaetano Vena PAOLA Scoperte dai carabinieri della Compagnia, diretta dal capitano Luca Acquotti, venticinque piantine di canapa indiana nella casa di un meccanico che pare le stesse coltivando ormai da giorni. Le piantine si trovavano in alcuni vasi nel terrazzino dell’abitazione di B.C., 42 anni, incensurato, che dopo le formalità del caso, su disposi- sanità della Regione, che confermava «l’esistenza di un pericolo attuale per la popolazione residente lungo l’Oliva, dovuto alla presenza di contaminanti ambientali (metalli pesanti e radionuclidi artificiali) capaci di indurre patologie tumorali”. Sulla base di tali risultanze, il procuratore capo Bruno Giordano dispose l’esecuzione di alcuni carotaggi e le analisi (effettuate da tre diversi istituti) confermarono la presenza di fanghi industriali, residui di raffineria, arsenico, mercurio e cobalto. In base ai sondaggi effettuati sotto il fiume Oliva dovrebbero trovarsi circa 60 mila metri cubi di rifiuti altamente inquinanti. Nonostante l’annullamento dei domiciliari, la Procura della Repubblica di Paola continua il lavoro investigativo. Le indagini, infatti, sono ancora in corso, così come la ricerca della verità. AIELLO CALABRO L’Amministrazione l’ha inserito nel piano delle opere pubbliche Presto il castello verrà restaurato e valorizzato AIELLO CALABRO. I ruderi dell’antico castello faranno parte di un progetto di consolidamento e valorizzazione che l’amministrazione comunale del centro collinare, presieduta dal sindaco Franco Iacucci, ha inserito nell’ambito dei Pisl, gli ormai famosi Progetti integrati di sviluppo locale. Il progetto preliminare, approvato all’unanimità dal civico consesso nel corso dell’ultima seduta, è stato inserito nel piano triennale delle opere pubbliche per un importo di quattro milioni di euro. Una parte della somma sarà destinata al recupero ed al consolidamento della cinta muraria ed alla messa in sicurezza del sito. «L’obiettivo – ha spiegato lo stesso primo cittadino – è rendere fruibile il maniero dal punto di vista culturale e turistico, acquisito di recente al patrimonio comunale. Non va dimenticato che il castello di Aiello Calabro fu definito dall’Alberti nel 1525, una delle prime fortezze del regno. Ora non restano che elementi parziali, ma se il progetto verrà finanziato vale la pena re- cuperare quanto più possibile». L’assise è passata poi alla discussione degli altri punti all’ordine del giorno. In particolare è stato approvato a maggioranza l’assestamento di bilancio ed è stato deciso il posizionamento nelle zone montane del paese di un anemometro per verificare l’eventuale costruzione di un parco eolico. Una possibilità che lo stesso sindaco ha definito alquanto remota. Iacucci, infine, ha relazionato sulla visita della Delegazione della Commissione europea Envi sul fiu- me Oliva e sul colloquio svolto insieme agli altri sindaci del comprensorio. Secondo lo stesso Iacucci il grado di contaminazione nella vallata, non corrisponderebbe a quanto dichiarato dalla Procura della Repubblica di Paola che avrebbe “ingigantito” il problema. Non la pensano alla stessa maniera, ovviemente, coloro che risiedono nelle vicinanze della valle dell’Oliva, i quali chiedono a gran voce l’immediata bonifica della zona: in gioco, per loro, c’è il futuro in termini di salute dei loro figli...(e. past.) zione del pm Rosaria Comodeca, si è concedere la pena meno afflittiva degli arresti domiciliari. I carabanieri della Stazione, agli ordini del maresciallo Alessio Sorrentino, mentre con i colleghi dei reparti in quota Norm, guidati dal tenente Paolo Zupi, eseguivano le consuete operazioni di controllo del territorio per contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti, nel primo pomeriggio hanno ferma- to il meccanico. Dopo averlo sottoposto ad un minuzioso controllo personale, i militari hanno esteso un controllo più accurato nell’abitazione dell’uomo; e qui, nel terrazzino, i militari hanno scoperto alcuni vasi con venticinque piantine di canapa indiana dell’altezza media di 30 centimetri ciascun, che sono state sequestrate. Ai militari l’uomo non ha saputo giustificare il ritrovamento... SAN LUCIDO. Sdegno e disappunto per «la condizione d’intollerabile disagio economico dei lavoratori». Lo esprime la responsabile della Camera del lavoro di Paola, Stefania Genovese, a proposito della vertenza Casa serena che vede contrapposti Comune e Regione: da una parte, il Municipio chiede che venga rispettato il diritto (sancito da legge) al contributo storico di un milione 32 mila euro erogato da Catanzaro sin dal 1994, e non ancora sopraggiunto per l’anno in corso, con cui retribuire i dipendenti senza stipendio da due mesi; dall’altra parte, c’è la Regione stessa che non ha provveduto allo stanziamento, subordinando l’atto alle verifiche sul rispetto del patto di stabilità. E poi c’è la Cgil che tutela gl’interessi dei lavoratori: quelli che, nell’empasse, restano al verde. «I famigerati trasferimenti economici destinati a Casa serena, ottenuti in riferimento all'anno 2010, sono stati guadagnati con enormi sforzi e logoranti trattative che hanno visto il sindacato ed i lavoratori interessati insieme in una lunga stagione di mobilitazione e di contrattazione», sottolinea Genovese. «Relativamente ai trasferimenti per l'anno in corso, i balletti delle trattative tra le istituzioni ai vari livelli hanno, fino a questo momento, delineato solo uno scenario deleterio in forza del quale i dipendenti dell'Ente comunale e della casa di riposo resteranno senza stipendio almeno fino ai primi mesi del prossimo anno, con buona coscienza della Regione Calabria, trincerata dietro il mancato rispetto del patto di stabilità».(m. f. c.) SAN LUCIDO Via libera dell’assemblea SANGINETO Utilizzo dello stadio L’intesa istituzionale è un passo risolutivo Don Ranuio è la nuova guida spirituale Maria Francesca Calvano SAN LUCIDO Con l’approvazione del protocollo d’intesa tra il Comune e la Provincia per la realizzazione del progetto d’adeguamento alle norme Coni dell’impianto sportivo “Pasquale Provenzano”, l’assise consiliare ha posto in essere nei giorni scorsi il primo atto volto alla riqualificazione dello stadio che consentirà agli sportivi di disporre di una struttura adeguata. Il “sì” ha abilitato il sindaco Antonio Staffa alla sottoscrizione del patto tra le amministrazioni provinciale e locale, in seguito alla quale si potrà dare il via agli interventi. Il passaggio in Consiglio non ha chiuso però le polemiche, anzi le ha rinvigorite, soprattutto alla luce delle dure critiche espresse dalle forze di minoranza in seno all’Assise. Sott’accusa innanzitutto il fatto che il protocollo d’intesa non prevede una restituzione del bene al Municipio una volta portati a compimento i lavori di adeguamento ed estinto il mutuo. Il patto tra Comune e Provincia si basa sull’accettazione della clausola da parte del primo di cedere la proprietà dell’area su cui sorge l’immobile alla seconda, ottenendo in cambio l’effettuazione degli interventi per un valore di 530 mila euro, somma che la stessa Provincia otterrà dall’accensione di un mutuo all’Istituto per il credito sportivo di Roma. Il dis- senso nasce inoltre dalle modalità di cessione del campo in comodato d’uso al Comune, una volta che la Provincia avrà acquisito la proprietà: i termini del contratto sono ritenuti non sufficientemente definiti; non basta insomma parlare di “concessione piena ed illimitata” dell’impianto in comodato d’uso al Municipio. Il terzo motivo di contrarietà concerne la natura dei lavori che saranno eseguiti ed in particolare gli interventi previsti per il rettangolo di gioco: viene sostenuta l’opportunità di posizionare il manto erboso. A suscitare ulteriori polemiche post-votazione consiliari l’iter che ha condotto fino all’approvazione. Sull’argomento si è tenuta una prima seduta, al termine della quale l’Assise ha stabilito di rimandare la discussione in merito perché nel frattempo il protocollo d’intesa fosse ritoccato in alcuni passaggi, affinché il Comune non ne uscisse in qualche modo penalizzato. Il documento è dunque tornato riveduto e corretto all’attenzione del Consiglio in una seconda seduta, seppure non abbastanza per le forze d’opposizione, che hanno da subito avanzato dubbi e perplessità in merito alla stesura finale, tanto che la votazione sul punto si è conclusa in parità tra maggioranza e minoranza. Il “no” del Consiglio si è quindi convertito in “sì” al termine di una terza seduta. Alessia Antonucci SANGINETO Il “turn over” diventa una delle parole chiave sempre più presente nel mondo ecclesiastico, specie con la crisi delle vocazioni e l’esigenza di reggenza delle numerose parrocchie. Bolle vescovili accompagnano l’ingresso del nuovo prete e un misto di sentimenti, spesso contrastanti, si fa spazio nei parrocchiani. Lo schema è stato seguito con parsimonia anche nella località tirrenica, la cui guida spirituale è stata affidata, da poco tempo, da monsignor Leonardo Bonanno, vescovo di Scalea-San Marco Argentano, a Fernando Ranuio, originario di San Sosti, tra l’altro direttore della scuola di teologia per laici della Diocesi. Don Ranuio, già sacerdote a Diamante, Scalea e San Filippo, dichiara di accogliere con serenità l’eredità lasciata da don Antonio Pappalardo, e di avviarsi a improntare la sua presenza tra i fedeli, in particolare dei giovani, focalizzando l’attenzione e gli interventi sull’educazione spirituale. Consapevole del primo anno, quale periodo di assestamento e di osservazione, si sta impegnando per coinvolgere tutti gli apparati e gli enti del territorio in occasione della prima visita ufficiale del nuovo vescovo, che il 10 dicembre celebrerà le cresime nella località tirrenica. Mercoledì 7 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 44 Cosenza - Provincia . CORIGLIANO Il territorio è messo a rischio dalla cementificazione selvaggia e dalle discariche di rifiuti pericolosi nei pressi di fiumi e torrenti La piaga ambientale dell’abusivismo edilizio Il commissario straordinario ha messo mano ad un’opera capillare di pulitura e svuotamento dei fondali Emilia Pisani CORIGLIANO La denuncia che arriva dall’associazione “Guardia Nazionale Ambientale” di Corigliano è di quelle che non sorprende ma che preoccupa. Parlare di tutela dell’ambiente in una città come quella ionica, che in tal senso ha profuso pochissimi sforzi, inevitabilmente significa fare i conti con un dilagante abusivismo edilizio e la scorretta ottimizzazione della rete dei sottoservizi. Non solo, a destare maggiore preoccupazione sono le condizioni degli alvei dei torrenti cittadini. Situazione così critica che l’amministrazione straordinaria, guidata dal commissario Rosalba Scialla, ha messo mano alla questione predisponendo già nei prossimi giorni «operazioni di svuotamento, a cura della Provincia di Cosenza, del fondale del tratto terminale del Torrente Leccalardo, compreso tra la vasca di sedimentazione, nei pressi dello scolo, e la confluenza del Torrente Malfrancato. Nel corso di questa settimana avranno inizio - fanno sapere ancora da Palazzo di città - le operazioni di rimozione di detriti e rifiuti nelle aree limitrofe ai torrenti Cino, Gennarito , Coriglianeto e altri di questo territorio». Ci sono inoltre altre operazioni in vista: «Non appena verranno perfezionati gli atti della convenzione con il Consorzio di Bonifica, si procederà a breve alla pulizia dei torrenti Coriglianeto - Muzzolito - Salice - Crati e Scavolino . Si invita, pertanto, la cittadinanza, una volta bonificati detti siti, a mantenere gli stessi puliti, astenendosi dal depositare altri rifiuti». Per quello che riguarda la denuncia delle Guardie Nazionali Ambientali di Corigliano, il comandante Luigi Vincenzo Iacino, ed il vice comandante, Giuseppe Berardi, si rivolgono ai commissari «abbiamo un grosso problema sul nostro territorio e speriamo che nei prossimi giorni non piova molto poiché c’è una montagna che si sta sbriciolando e se questo dovesse accadere sparirebbe dal territorio di Corigliano la frazione di Fabrizio e metà del borgo marinaro di Schiavonea. La nostra associazione - prosegue Iacino - è disposta a dare un grosso contributo al comune e all’intera popolazione coriglianese e a tutto l’ambiente del territorio: si può controllare chi butta gomme nei fiumi che ogni giorno vengono gettate in massa, adesso vengono anche incendiate e nessuno se ne occupa, ad esempio. Tutto questo potremmo farlo noi dato che i Vigili Urbani non possono far tutto». Il grosso problema poi, in particolare in contrada Fabrizio, zona nata con opere di edificazione del tutto abusive, è rappresentato anche dalla vicinanza con il torrente Coriglianeto da sempre interessato da scarichi abusivi. Per questo è importante l’opera di prevenzione e denuncia sull'intero territorio coriglianese a difesa dell’ambiente pubblico e della salute di tutti i cittadini, questa però necessita dell’attenzione delle istituzioni preposte e del sostegno di tutta la comunità. CORIGLIANO L’università spalanca le porte allo Ionio Il commissario prefettizio Rosalba Scialla Una discarica di rifiuti pericolosi lungo il torrente Coriglianeto CORIGLIANO Venerdì al Metropol è di scena il cabaret che sbanca in televisione Arrivano i comici di Zelig e Colorado Cafè CORIGLIANO. Arrivano gli artisti di Zelig e Colorado Cafè a Corigliano. Dopodomani sera, infatti, al Teatro Metropol dello scalo cittadino si terrà una serata incentrata sul cabaret e sulla comicità di alcuni personaggi del mondo della spettacolo e del piccolo schermo, noti sicuramente a coloro che amano questo tipo di intrattenimento. In particolare, lo spettacolo proposto dalla Pt Management, il cui orario d’inizio è previsto per le 21,30, presenta al pubblico del comprensorio la comicità di artisti di Zelig, Bruce Ketta e Senso Doppio, oltre ai colleghi di Colorado, Gabri Gabra e Laura Magni. Per quanto riguarda i “zelighiani”, il postino pugliese Bruce Ketta è una delle grandi novità del format, così come del resto sono esilaranti le situazioni proposte dai Senso Doppio. La veronese Magni, che tutti conosciamo nei panni del personaggio/sindaco CORIGLIANO Giudizio immediato e rito abbreviato si svolgeranno il 14 dicembre Passarin, compone il duo proveniente da Colorado insieme al dj-rapper Gabri Gabra, che tra l’altro vedremo anche nei panni del presentatore della serata, spalleggiato dalla bella coriglianese Valentina Cropanise. Durante lo spettacolo non mancheranno inoltre le fasi di interazione con il pubblico, che verrà coinvolto nello spettacolo in maniera tale da essere parte integrante dello spettacolo cabarettistico. (jo. fu.) Lo storico logo dello Zelig CORIGLIANO Omaggio ai grandi attori Flesh market, il clou tra una settimana Tieri, Vallone e Trieste CORIGLIANO. È stata rinviata al- la data del 14 dicembre l’udienza per il giudizio immediato che vede coinvolti alcuni degli indagati nel processo Flesh Market, ovvero Natale Musacchio, Giuseppe Russo, Vincenzo Novelli, Saverio La Camera, N.M. (sorella maggiorenne delle due baby-squillo), Italo Le Pera e Maurizio Franco Magno. Ieri mattina presso il tribunale di Rossano era prevista l’audizione in aula di tre militari della locale compagnia dell’arma dei carabinieri di Corigliano, Madeo, Rinaudo e Pedone, che raccolsero le dichiarazioni delle due minorenni V.M. e L.F.M. che raccontavano di essere delle baby prostitute e riconoscevano tramite riproduzio- Il Tribunale di Rossano ne fotografica i loro presunti clienti. Un racconto agghiacciante proprio per la crudezza con la quale le due sorelline di Corigliano hanno raccontato gli episodi sessuali a pagamento che avrebbero consumato con i loro clienti. Nell’udienza precedente, quella del 3 novembre, è stato ascoltato anche il maresciallo Cosenza. Si procederà sempre presso il tribunale di Rossano anche per gli imputati per i quali il giudice ha rigettato la richiesta del cosiddetto rito abbreviato, per Damiano Collefiorito, Cosimo La Grotta, Santo Bagnato e Giuseppe Brina la prossima udienza è prevista per il 21 dicembre. Data entro la quale, inoltre, dovrebbe essere consegnata la perizia sulle capacità a testimoniare delle due minorenni. Si procederà invece il prossimo 14 dicembre, in concomitanza con il troncone del giudizio immediato, presso il tribunale di Catanzaro, giudice Emma Sonni, con il rito abbreviato previsto per Pietro Berardi, Giuseppe La Pietra, Antonio Coschignano, Pasqualino Foglia, Gianfranco Curcio e Vittorio Carcione. La difesa degli indagati è composto, tra gli altri, dagli avvocati Giovanni Zagarese, Pasquale Di Iacovo, Giuseppe Zumpano ed Emanuele Monte. Sono state, inoltre, stralciate le posizioni di N.M., Alberto Falbo, Leonardo Malfarà, Gianfranco Curcio, Ercole Sposato e Francesco Zanfini. (e. pis.) SPEZZANO A. Seconda edizione con una novità: quest’anno c’è anche la scuola media Torna il concerto di solidarietà “Voci di Pace” Johnny Fusca SPEZZANO ALBANESE Torna il concerto di solidarietà “Voci di Pace”. Seconda edizione domani alle 19,15 nella chiesa del Carmine - di questo progetto nato l’anno scorso dalla creatività dei giovani animatori del coro e immediatamente sostenuto sia dall’allora parroco don Mimmo Laurenzano che dall’attuale don Fiorenzo De Simone. Quest’anno nel coro ci sono tre new entry e si registra la presenza “vocale” di alcuni ragazzi della scuola media, supportati dalla dirigente Rosina Costabile. La formazione canora è I ragazzi del coro “Voci di Pace” pertanto composta da Maria e Rosanna De Rosa, Ida Marchianò, Emanuela Crescione, Antonella e Mariateresa Vitale, Lucia Casulli, Angela e Rosamaria Camodeca, Cettina Trimarchi, Antonella Lucchetti, Letizia Aita, Roberta Vaccaro, Mariafrancesca Mollo, Kethryn Brindisi, Mariafrancesca Montone, Mario Gaudio, Gabriele Salvatore Marchianò, Rocco Gallucci e Francesco Cucci. Agli strumenti Scipione De Lorenzo (batteria), Demetrio Corino (basso elettrico) e Giuseppe Cimenti (chitarre e percussioni), oltre al coordinatore del progetto Emanuele Armentano (tastiere). I tre moschettieri del cinema italiano Ernesto Paura CORIGLIANO “Nella fabbrica dei sogni: il cinema calabrese”: è il titolo dato alle tre giornate di manifestazioni interamente dedicate al ricordo di tre nostri illustri conterranei, protagonisti del cinema e del teatro italiano: Aroldo Tieri (Corigliano Calabro, 28 agosto 1917 – Roma, 28 dicembre 2006); Raf Vallone (Tropea, 17 febbraio 1916 – Roma, 31 ottobre 2002) e Leopoldo Trieste (Reggio Calabria, 3 maggio 1917 – Roma, 25 gennaio 2003). Si tratta di un ciclo di incontri aperti al pubblico, promosso ed organizzato dai Licei cittadini e dall’associazione culturale “Il Serratore”. Un vero e proprio omaggio che si è inteso, dunque, rendere al cinema calabrese, visto attraverso le figure di tre autentici “mostri sacri” attivi sulle scene e nel mondo dello spettacolo per oltre cinquant’anni, in un percorso artistico determinato da una forte personalità e da un invidiabile rigore professionale. Ad ospitare i tre interessanti incontri, sarà il “Centro di eccellenza” dello Scalo di Corigliano. «Si tratta di tre eventi – ha dichiarato il dirigente dei Licei Classico e Scientifico, prof. Pietro Ma- radei – che fanno parte del progetto Cultura Calabria, al quale abbiamo dato il titolo “Nella fabbrica dei sogni” proprio per la personalità dei tre attori coinvolti. Cominceremo con una conferenza dedicata ad Aroldo Tieri, organizzata per venerdì 16 dicembre, alle 17, a pochi giorni dal quinto anniversario della sua scomparsa.» Sarà l’occasione per ricordare non solo la vita e la carriera di un vero Signore dello spettacolo, ma anche per ripercorrere i punti principali del rapporto con la sua Corigliano, a cui rimase sempre legato da uno struggente sentimento di nostalgia. Il ciclo degli incontri proseguirà venerdì 27 gennaio 2012 (ore 17) con quello dedicato a Leopoldo Triste (“Una leggenda del Cinema italiano”) per concludersi, poi venerdì 24 febbraio (ore 17), con l’omaggio a Raf Vallone (“Attore e intellettuale”). Tali incontri saranno caratterizzati da presentazioni di scene dei film più memorabili dei tre attori, da ricordi fotografici, da testimonianze e ricordi di personaggi che li conobbero e li frequentarono, una vera galleria di memorabilia di un pezzo di storia del cinema italiano riletto attraverso una storia tutta calabrese. CORIGLIANO. Si tratta dell’unica sede in Calabria quella di Corigliano in via Garetti 5, nel cuore del centro storico, dell’università Guglielmo Marconi. Ieri presso il salone degli specchi la conferenza stampa ufficiale ha presentato ai numerosi giovani studenti del territorio intervenuti la nascita della sede universitaria in città. «L’Università Guglielmo Marconi ha scelto Corigliano quale sua sede unica per la Calabria al fine di rappresentare un valido supporto per l’istruzione, la ricerca e la cultura della regione Calabria- fanno sapere i responsabili - oltre che per avviare una serie di progetti culturali in sinergia con il territorio». Alla giornata inaugurale erano presenti il Rettore Alessandra Spremolla Briganti, il Segretario Generale dell’Università Marco Magarini oltreché il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria Franco Talarico. Quest’ultimo ha voluto evidenziare l’importanza di accedere per i giovani ai percorsi di studio universitari. Hanno portato il proprio saluto il dirigente comunale Corigliano, Maria Teresa Iannini, il sindaco di Vaccarizzo Albanese Aldo Marino, il responsabile provinciale dell’Udc Cataldo Russo e il consigliere regionale Giuseppe Caputo. (e. pis.) CORIGLIANO Corpi e segni nei dipinti di Alessandra Redaelli CORIGLIANO. Sarà inaugurata sabato prossimo, alla Loft Gallery di Corigliano centro, la personale dell’artista Erica Campanella intitolata “Cuprum”, a cura di Alessandra Redaelli. Dal figurativo ai paesaggi, le opere della Campanella toccano vari aspetti e trascinano chi si approccia ai suoi lavori in un percorso che è un po’ il filo conduttore dell’ispirazione dell’artista. «Al figurativo strettamente legato alla persona, rappresentato magistralmente nelle varie torsioni dei corpi o frontalmente - si legge in una nota critica di presentazione della pittrice - si unisce per la prima volta a livello espositivo il paesaggio urbano e gli interni di chiesa. I tagli pittorici della Campanella sono sempre sorprendenti, sia nelle visioni dall’alto, che in quelle ribassate. Cygnus, Permula e Manlio, giusto per citarne alcune, sono opere raffinate e ricercate, con differenti peculiarità. L’artista a volte copre, altre volte sfrutta totalmente la luce della superficie. Passa così dall’ottone al rame con una pennellata che può essere iperealistica, definita, oppure più evanescente dove al segno si uniscono le sgocciolature, quasi a far perdere traccia di ciò che si voleva raffigurare». La mostra resterà fruibile ai visitatori della galleria d’arte contemporanea coriglianese fino al 28 febbraio 2012. (jo. fu.) 31 Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 Cronaca di Catanzaro . OMICIDIO CITRINITI Conclusa l’istruttoria dibattimentale nel processo per la morte dello studente universitario I lunghi silenzi dei due testimoni I parenti di uno degli imputati ricostruiscono quanto avvenne a “Le Fornaci” Giuseppe Mercurio Lunghi silenzi, numerosi «non so» e «non ricordo», ricostruzioni dei fatti differenti rispetto alle dichiarazioni rese agli inquirenti nell’immediatezza dei fatti. Sono questi i tratti salienti che hanno caratterizzato l’escussione dei testi Danilo Sinopoli e Mario Cappellano, nipoti di Cosimo Berlingieri, uno dei due maggiorenni accusato, assieme a Gianluca Passalacqua (il primo di 44 ed il secondo di 23 anni), per l'omicidio pluriaggravato del giovane universitario di 24 anni Massimiliano Citriniti, accoltellato a morte il 22 febbraio 2009 fuori dal Centro commerciale "Le Fornaci". Davanti alla Corte d’assise (presidente Giuseppe Neri, a latere Domenico Commodaro) i due testimoni hanno risposto alle domande del pubblico ministero Simona Rossi e a quelle degli avvocati difensori Salvatore Staiano e Gregorio Viscomi. O meglio, ci hanno provato. Danilo Sinopoli ha ricostruito quello che successe la sera del 22 febbraio visto che si sarebbe trovato a una decina di metri dal luogo dell’aggressione parlando di un secondo coltello che spuntò durante il litigio che vide protagonista Massimiliano Citriniti. A Sinopoli il pubblico ministero Simona Rossi ha contestato che le sue dichiarazioni rese agli inquirenti erano diverse rispetto a quelle riferite davanti alla Corte ma il giovane ha dato una spiegazione solo quando l’avvocato Staiano lo ha inviato a dire la verità. Il giovane pensava che le sue dichiarazioni avrebbero potuto danneggiare il cugino minorenne La discarica di Ali ora posta sotto sequestro RIFIUTI Interrogativi di Iaconantonio «Il sindaco spieghi perchè la discarica non si può ampliare» Il tunnel del centro commerciale “Le Fornaci” dove fu colpito a morte Massimiliano Citriniti (nel riquadro) che è già stato condannato per questo reato. Mario Cappellano, invece, dopo aver ricostruito lo scherzo di carnevale che ha dato origine alla tragedia, si è trincerato dietro tanti silenzi e numerosi «non ricordo» a seguito delle domande incalzanti del pubblico ministero. Al punto tale che è intervenuto il presidente Neri per sbloccare la situazione e riuscire a far dire al teste com’erano andati i fatti. Vista però l’impossibilità di procedere all’esame del testimone, le parti hanno acconsentito all’acquisizione dei verbali resi da Cappellanno alla Polizia. A quel punto il presidente della Corte ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale rinviano il processo all’undici gennaio quando toccherà al pubblico ministero e agli avvocati di parte civile effettuare la loro requisitoria. Fissata invece per il 19 gennaio l’arringa degli avvocati della difesa. Secondo quanto contestato ai due imputati, Citriniti sarebbe stato ammazzato a seguito di un banale scherzo fat- to con della schiuma spruzzata in faccia ad un minorenne, che avrebbe dato vita ad una lite iniziata dentro al centro commerciale, e ripresa più tardi in un tunnell che si trova all’esterno della struttura, dove il 24enne è stato ucciso, sempre secondo le accuse, dopo essere stato bloccato da diverse persone che lo hanno aggredito. Tra queste persone, secondo la Procura, ci sarebbero stati Berlingieri e Passalacqua, rinviati a giudizio il 10 febbraio 2010. A poche ore dal delitto le indagini condus- sero gli agenti della Squadra mobile proprio a casa di Cosimo Berlingieri, dove la moglie di quest'ultimo affidò loro il figlio minorenne, ammettendo subito che era stato coinvolto nello scontro avvenuto a "Le Fornaci". Il diciassettenne, che è anche cognato di Passalacqua, è già stato giudicato con rito abbreviato e condannato in primo grado a 14 anni e 15 giorni di galera, poi scontati a 10 anni dalla Corte d'appello con una sentenza infine confermata dalla Cassazione il 19 ottobre. Traversa non spiega «perché ritiene che la discarica di Alli non si possa ampliare, come previsto dal protocollo d’intesa sottoscritto dal sindaco Olivo, dal presidente della provincia Ferro e dall’allora presidente della regione Loiero, e perchè nessuno assume iniziative per renderla dissequestrabile». Lo ha affermato, in una nota, l’ex assessore comunale Domenico Iaconantonio. «Traversa, sei mesi or sono ha accettato – ha proseguito Iaconantonio – le rassicurazioni dell’ing. Zerbin e definito ottimo il lavoro svolto dall’Ufficio del Commissario regionale, adesso ha cambiato atteggiamento ed attacca chi lo ha preceduto facendo trasparire un rancore politico non comune per uno che ha vinto le elezioni. Nessuno disturbi il conducente. Si rischia di farlo innervosire. Usa parole come vergogna, spudoratezza, punta il dito sui precedenti amministratori, accusa gli altri di demagogia quando è maestro nel praticarla». Quanto ad Ambiente & Servizi «dica Traversa – ha affermato Iaconantonio – cosa è stato fatto finora in sei mesi, oltre alla ricapitalizzazione già indicata dalla precedente amministrazione, dopo aver preso vi- sione di un convincente piano industriale preparato dal management aziendale, che consenta l’efficacia del servizio della raccolta differenziata e tranquillizzi i lavoratori sul loro futuro. L’amministrazione Olivo, a mio giudizio, bene ha fatto a salvaguardare una società a forte partecipazione comunale, nata in anni precedenti , voluta dal Commissario dell’epoca. A chi avrebbe giovato il fallimento della società che vanta indiscutibili crediti da molti comuni dell’ex ATO2 e possiede automezzi, cassonetti , attrezzature ed un patrimonio di lavoratori? Nella continuità amministrativa l’attuale sindaco, che ha goduto finora di una fortunata pax sindacale, cerchi e trovi una soluzione. Il neo Commissario per l’emergenza ambientale – ha concluso – ha disposto ed autorizzato il conferimento dei rifiuti di Catanzaro nella discarica di Pianopoli: l’Ufficio del Commissario continua a svolgere il proprio lavoro disponendo i conferimenti dei rifiuti con apposite Ordinanze, ora come prima, a Dicembre come a Giugno, nel 2011 come in precedenza: chissà cosa ne pensa il Sindaco di Pianopoli?».(g.m.) Gazzetta del Sud Mercoledì 7 Dicembre 2011 43 Cronaca di Vibo Via M.T. Cicerone, 15 - Cap 89900 Tel. 0963.44034-472005 / Fax 0963.44192 [email protected] Sit-in della Cgil davanti alla Prefettura Si terrà oggi davanti alla Prefettura un sit-in della Cgil in preparazione dello sciopero di lunedì Concessionaria: Publikompass S.p.A. Via M.T. Cicerone, 15 - Cap 89900 Tel./Fax 0963.45551 [email protected] . Presentata al Comune la rassegna del Festival cinematografico finanziato dalla Regione e promosso dalla Fondazione Calabria film commission Il grande cinema varca le porte della città Dal 14 al 17 i grandi nomi dello spettacolo a palazzo Gagliardi, polo Santa Chiara e Scuola di Polizia Stefania Marasco Si aprono le porte dello spettacolo. “Silenzio” in città bussa il cinema, quello con la C maiuscola che la carovana della Fondazione Calabria film commission ha deciso di “regalare” a quel Giardino sul mare che, nonostante tutto, continua ad ammaliare. Ammalia e inebria e lo farà dal 14 al 17 dicembre aprendo le porte dei suoi palazzi, che si trasformeranno in sale di riflessione e visione. Tra grandi interpreti e vecchi generi. Tra made in Calabria e firme di caratura nazionale. All’insegna della qualità e dell’impegno. Sul filo delle note di un festival, che parla il linguaggio del grande cinema, e apre la IV rassegna del “Festival cinematografico della Calabria: ambiente e paesaggio”. Ambiente e paesaggio, il leitmotiv delle sezioni che saranno messe in campo e che senza tregua si susseguiranno nelle stanze di palazzo Gagliardi, palazzo Santa Chiara e dell’Auditorium della scuola allievi agenti della Polizia di Stato. Un «evento ambizioso, griffato Calabria che guarda all’Italia e spera di aprirsi al mondo». Con queste parole e questo spirito, ieri, è stata presentata l’agenda fitta di appuntamenti che attendono la comunità vibonese e non solo – invitati a seguire la rassegna aperta gratuitamente al pubblico. A fare da padroni di casa il sindaco Nicola D’Agostino e l’asses- sore ai Grandi eventi Pasquale La Gamba che nell’aula consiliare di palazzo “Luigi Razza” hanno presentato l’evento – finanziato con fondi Por dalla Regione – insieme al presidente della Fondazione che promuove il Festival, Gianluca Curti, a Giuseppe Agliano, componente dell’ufficio di presidenza della Regione Calabria e al direttore artistico, anima della rassegna, Alessandro Russo. In sinergia con gli occhi rivolti «al parterre costituito da ospiti d’eccezione – ha spiegato Agliano introducendo la conferenza stampa – che fanno sì che si realizzi quello che è un momento di grande comunione culturale e sociale». Una Calabria che vuole decollare immergendosi nella cultura. Nonostante la crisi, nonostante le difficoltà. Per far sì che la cultura muova la macchina dell’economia. Anche perchè ha sottolineato Curti, «quello che si innesca è anche un processo economico, considerato che tante volte ci si dimentica che con la cultura, investendo un euro, si ha una ricaduta economica sui territori di 5 euro. La cultura – ha aggiunto – è un’industria che racconta il passato, la memoria guardando al futuro». Un evento che scrive la nuova pagina della città chiamata a svegliarsi dal torpore in nome del cinema che porterà in città ospiti come Claudia Cardinale, Sergio Rubini, Asia Argento (questi solo alcuni e il programma completo e dettagliato dell’even- PROVINCIA Circolazione invernale con obbligo di catene L’assessore La Gamba, il dirigente regionale Agliano, il sindaco D’Agostino, il presidente della Fondazione Curti e il direttore artistico della rassegna Russo to è nelle pagine dello Spettacolo). Ospiti e film dedicati alla comunità. Ma a trecentosessanta gradi, perchè come spiegato da Curti, la cultura non ha barriere. E, in questo senso, la rassegna varcherà le porte del carcere di contrada Castelluccio dove il 15 sarà trasmesso il film di Gagliardi L’attrice Asia Argento concluderà la rassegna nella veste di dj Barbuto (Idv): è arrivata l’ora di aprire il dibattito senza ombre “Tatanka”, il film tratto dal libro di Saviano, al quale seguirà un dibattito. E, allo stesso tempo, saranno coinvolte le scuole, con la sezione dedicata alla legalità, nel convegno che si terrà il 16 dicembre alle 11.30 a palazzo Santa Chiara, «perchè un momento come questo – ha sottolineato il presidente della Fondazione – può incidere sulla memoria formando le menti, più di cento lezioni». Soddisfatti per l’evento che “travolgerà” la città, soprattutto, il sindaco D’Agostino e l’assessore La Gamba che, dal canto loro, hanno ribadito il forte impatto e la forte valenza della rassegna e delle sezioni in cui sono state divise le quattro giornate. Quattro giornate sulle quali il direttore artistico si è soffermato, tratteggiando la filosofia che ispira il festival. Partendo dalla mostra di apertura che si terrà a palazzo Gagliardi dedicata al western italiano – che avrà come madrina d’eccezione Claudia Cardinale – a finire allo spazio per i giovani talenti calabresi, ai quali è dedicata una sezione e un concorso. Dal cinema contemporaneo, quindi, con lo sguardo all’estero, passando dai “paesaggi cult” fino alla quotidianità con i “paesaggi urbani”. Film e dibattiti, ma non solo. Perchè ad esempio il 17 dicembre, momento conclusivo, spazio sarà dato alla cerimonia di premiazione con Lucrezia Lante della Rovere che presenterà la serata nella Scuola di Polizia e ad Asia Argento nell’inedita veste di dj che chiuderà l’evento con “The doors are open” a palazzo Gagliardi. Si valorizza la Calabria, il Vibonese con il pensiero al Paese, insomma. Una ricetta che investe e premia. Parlando il linguaggio della cultura. Da assaporare, visione dopo visione. È stata emanata un’ordinanza con la quale la Provincia regolamenta la circolazione sulle strade di montagna e di collina, debitamente preindicate con apposita segnaletica relativa alle catene per neve obbligatorie. In pratica l’ordinanza dispone che sulle strade interessate vige l’obbligo di avere sempre a bordo le catene o che sugli automezzi di qualsiasi genere e cilindrata vengano montati gli appositi pneumatici per l’intero periodo invernale, anche quando l’asfalto è asciutto. Per le stesse strade, in caso di nevicate, il testo stabilisce inoltre l’obbligo per i conducenti non muniti di pneumatici invernali di montare le catene. L’ordinanza è consultabile sul sito internet della Provincia. Obiettivo dell’amministrazione provinciale è quello di perseguire il miglioramento della sicurezza stradale. CONCESSIONI DEMANIALI Si tratta di episodi verificatisi negli anni 2007-2009 Passato e futuro a palazzo Gagliardi Abuso d’ufficio, chiesto il rinvio a giudizio Viaggio virtuale nella città “perduta” per operatori turistici e un funzionario regionale «Italia dei valori è interessata a fare luce su vertenze che interessano tutti e non pochi». É una parentesi senza troppi giri di parole quella che il dirigente di Idv Sergio Barbuto fa. Lo fa attraverso un viaggio “virtuale” nella città. Ammaliato dalle sue bellezze e dalla sua storia. Virtuale che si scontra con il reale, però. Perchè se nelle cartoline dalla villa comunale si giungeva a Villa Gagliardi, e se fra i corridoi del prestigioso immobile Gagliardi si odono ancora note di violini e voci di amorini... beh, a fare una passeggiata meno virtuale Barbuto trova altro. Così pensa alla nuova attività di ristorazione che attende palazzo Gagliardi. Mentre lucchetti trova ai cancelli dei parchi storici cittadini. Da qui, la riflessione del dirigente del partito, su «quell’edificio più rappresentativo della città, esempio di perfezione compositiva geometrica, che si trova al centro della querelle che – sottolinea – vede contrapposti due modi di vedere e pensare lo sviluppo del tessuto urbano». Dalla riflessione, quindi, al pensiero verso Enrico Gagliardi il passo è breve, lui che «svolse – sottolinea – con continuità un ruolo di primo piano nella gestione della città, componendo i valori architettonici, le direttrici urbanistiche, la centralità dei parchi». Una politica che «vedeva il palazzo al centro delle funzioni pubbliche di alta qualità. Ora – chiosa – lo spaccato è di tutt’altro tenore, la passeggiata storica che parte dalla Villa comunale, chiusa per incuria e cattiva gestione, conduce dinnanzi a palazzo Gagliardi, oggetto di una contesa, Il prestigioso palazzo Gagliardi al centro della querelle politica che porterebbe uno dei simboli della cultura vibonese – incalza – ad essere utilizzato per ristorazione, da soggetti privati, per arrivare al parco di villa Gagliardi, ormai abbandonata e invasa da erbacce». Un viaggio fra passato e presente che apre una finestra su un mondo nuovo, quello sul quale Idv vuole capire, «una tematica – spiega Barbuto – che sembrerebbe di poco conto, ma che in realtà andrebbe a compromettere i tessuti storici che si sono sviluppati nel corso della nostra storia e che hanno contribuito a fare di Monteleone ora Vibo Valentia, un centro di cultura vivace». Da qui, la critica del partito verso quanto «devasta i riferimenti urbani, con mancati impegni, allegre chiusure, e delibere arroganti» che «non aiutano la crescita». In questo senso, «Idv – ribadisce Barbuto – alla luce dei continui mancati interventi , o al contrario di interventi distruttivi, non può che denunciare per l’ennesima volta, fatti che non contribuiscono a mantenere vivo ciò che ci viene tramandato dalla storia». Ergo, gli interrogativi che Italia dei valori pone riguardano il perchè sia stata annullata la delibera della Giunta Sammarco che nel palazzo vietava le attività di ristorazione. Tutto ciò, nella convinzione che «rivitalizzare un edificio di tale importanza – conclude Barbuto – non può passare attraverso la speculazione dei soliti ignoti, ma deve necessariamente avere un respiro di carattere sociale aperto alla cittadinanza». Sic et simpliciter un invito ad «aprire il dibattito senza mantenere ombre». Così da riaccendere i riflettori sulla storia perduta.(s.m.) Abuso d’ufficio in concorso. Questa l’ipotesi di reato per la quale il pm Santi Cutroneo ha avanzato al gup una richiesta di rinvio a giudizio a carico di cinque persone indagate in relazione a tre diversi episodi verificatisi, secondo l’accusa, fra il 2007 ed il 2009. Il primo episodio vede quale indagati per il reato di abuso d’ufficio in concorso: Angelo Colaci, 58 anni, nato a Maida, ma residente a Vibo, difeso dall’avv. Damiano Vita; Santo Miduri, 70 anni, di Reggio Calabria, assistito dall’avv. Giuseppe Morabito; Giovanni Mancini, 77 anni, di Vibo Valentia, difeso dall’avv. Giuseppe Di Renzo. L’ipotesi accusatoria nasce dalla richiesta alla Regione – effettuata da Giovanni Mancini, rappresentante legale della “Kalos srl” – per l’occupazione di mille metri quadri sul demanio marittimo per la posa di sedie a sdraio, ombrelloni e piccoli natanti da diporto. Responsabile del procedimento amministrativo era Angelo Colaci, dipendente regionale in forza all’Ufficio provinciale di Vibo, dipartimento Urbanistica e Demanio. Secondo quanto ricostruito dal pm Santi Cutroneo nella richiesta di rinvio a giudizio, Angelo Colaci, «previo accordo» con Giovanni Mancini e con il dirigente di tale ufficio, Santo Miduri, «in violazione di una legge regionale del 2005 che prevede la possibilità di rilascio della concessione solo ove fosse stato adottato il Piano comunale Il sostituto procuratore Santi Cutroneo Un tratto del litorale “Costa degli Dei” spiaggia – presupposto non verificatosi nel Comune di Parghelia – intenzionalmente procuravano un ingiusto vantaggio patrimoniale a Mancini». Nella richiesta di rinvio a giudizio si fa poi riferimento anche alla violazione di una delibera del Consiglio regionale del 2007 con cui è stato approvato il Piano di indirizzo regio- nale in materia. Le presunte condotte illecite si sarebbero verificate il 13 giugno 2007 ed il 20 agosto dello stesso anno. Il secondo episodio per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio, ricostruito nella richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pm, vede indagati Santo Miduri e Angelo Colaci questa volta in concorso con Giuseppe Lo- preiato, 70 anni, originario di Stefanaconi, ma residente a Ricadi e titolare del villaggio-camping “Baia d’Ercole”. Identiche al precedente episodio le contestazioni mosse dal pm Cutroneo ai tre indagati, anche qui con una concessione demaniale marittima (per l’occupazione di 120 metri quadri per la posa di ombrelloni, sedie e sdraio) giudicata illegittima, in quanto anche il Comune di Ricadi, nell’agosto 2007, non aveva adottato alcun Piano spiaggia. Giuseppe Lopreiato è difeso dagli avvocati Patrizio Cuppari e Michelangelo Mirabello. L’ultimo episodio di abuso d’ufficio in concorso vede indagati Annunziata Lo Scalzo, 47 anni, di Tropea, responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Parghelia (avv. Francesca Naso), e Giovannino Sambiase, 44 anni, imprenditore di Parghelia (avv. Francesco Tassone e avv. Francesco Iannello) che avrebbe ottenuto nel luglio 2009 un «ingiusto vantaggio patrimoniale in seguito alla concessione demaniale marittima per l’occupazione di 150 metri quadri di spiaggia». Concessione adottata, secondo l’accusa, in assenza del Piano spiaggia nel Comune di Parghelia e, quindi, in violazione di legge. Parti offese nel procedimento sono state individuate dal pm nei Comuni di Parghelia e Ricadi e nella Regione. Spetterà ora al gup fissare una data utile per l’udienza preliminare.(g.b.)