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10
Capitolo
Le misure cautelari
1. Generalità
Il libro IV del codice è interamente dedicato alle misure cautelari, cioè a tutti quei provvedimenti adottati per esigenze di cautela processuale (art. 274, lett. a) e b)) o sociale (art. 274, lett. c)).
CC cautelarità (art. 274)
Caratteri
delle misure
cautelari
CC riserva di legge (art. 13 Cost.)
CC tassatività (artt. 272 e ss.; artt. 316 e ss.)
CC giurisdizionalità (art. 111 Cost.; artt. 309 e ss. c.p.p.)
CC discrezionalità tecnica (artt. 274-276 c.p.p.)
Quando il P.M. chiede l’applicazione di una misura cautelare, quale che essa sia, il giudice deve operare una valutazione complessa, tenendo conto di tutti i parametri previsti dalla legge: ove riscontri
la sussistenza di un’esigenza cautelare, a norma degli artt. 274 (per le misure cautelari personali), 316
e 321 (per le misure cautelari reali), è obbligato all’applicazione di una misura, che dovrà scegliere
seguendo altri parametri, ai sensi dell’art. 275 e, se del caso, dell’art. 276, nonché degli artt. 316 e
321.
Tutte le misure richiedono per la loro adozione la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (art.
273) intendendosi per tali la presenza di elementi di prova (fonti di prova se la misura viene adottata
nelle indagini) idonei a condurre in un futuro processo ad una probabile condanna e la ricorrenza di
almeno una delle tre esigenze cautelari, analiticamente descritte (art. 274).
La loro applicazione, inoltre, è condizionata alla assenza di cause estintive del reato o della pena o di
giustificazione o di non punibilità, trattandosi pur sempre di custodia cautelare ricollegata ad una pretesa punitiva. Se questa non potrà sfociare in pena da espiare viene meno la stessa ratio di una carcerazione provvisoria, sia pure per finalità cautelari.
Inoltre, ai sensi dell’art. 275, comma 2bis, se il giudice ritiene che, in caso di condanna, l’imputato verosimilmente beneficerà della sospensione condizionale della pena (art. 163 c.p.), non può essere
adottata alcuna misura cautelare custodiale.
Differenze
La nozione d’indizio di colpevolezza non è assimilabile al concetto d’indizio come prova indiretta
(cd. indizio probatorio) di cui all’art. 192, co. 2: l’indizio di colpevolezza va inteso come elemento probatorio sia qualitativamente che quantitativamente differente dalla prova in dibattimento, in
quanto deve essere indicativo di una probabilità di colpevolezza e può essere costituito anche dagli atti delle indagini, quando, come di regola avviene, la misura cautelare è adottata appunto nel corso delle indagini preliminari.
Inoltre, se l’indizio cautelare è costituito da un elemento di prova diretto, può essere anche unico e non plurimo; l’unico requisito richiesto è quello della gravità e non anche i requisiti della
precisione e concordanza richiesti per l’indizio probatorio.
✃
La legge sul «giusto processo» (L. 1-3-2001, n. 63) ha introdotto nell’art. 273 il comma 1bis, che fornisce dei criteri, vincolanti per il giudice, nella valutazione degli indizi.
Le misure cautelari • 83
Parametri di valutazione degli indizi
CC quando gli indizi derivano dalle dichiarazioni rese da un coimputato o da un
imputato in procedimento connesso o collegato, per la loro attendibilità necessitano dei riscontri estrinseci (art. 192, co. 3 e 4)
CC non sono utilizzabili le testimonianze indirette, se non viene indicata la persona da cui si è appresa la notizia (art. 195, co. 7)
CC non sono utilizzabili le notizie ricevute da informatori di P.G., quando costoro non siano stati ascoltati (art. 203, co. 1bis)
CC non sono utilizzabili le intercettazioni acquisite illegittimamente (art. 271,
co. 1)
Esigenze cautelari
CC esigenze di indagine (per la prevenzione del pericolo di «inquinamento» delle fonti di prova), allorché la libertà dell’indagato/imputato determini, in relazione ai fatti per cui si procede, una situazione di concreto ed attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova
CC fuga o pericolo di fuga, purché la gravità del reato giustifichi la prognosi della irrogazione di una pena superiore ad anni 2 di reclusione. Invero, la limitazione di libertà è stata vista nell’ottica della gravità della pena in concreto irrogabile; è da
precisare, però, che il pericolo di fuga deve essere desunto da specifiche, concrete e attuali circostanze e non dalla mera gravità della pena irrogata
CC esigenze di tutela della collettività, desunte da concrete e attuali circostanze
del fatto commesso dall’indagato/imputato (le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede) o la sua negativa personalità (desumibile da
concreti comportamenti o dai precedenti penali), ricorrendo il pericolo che la
libertà del soggetto gli consenta di commettere gravi delitti con l’uso delle armi
od altri mezzi di violenza personale; ovvero reati diretti contro l’ordinamento
costituzionale o delitti di criminalità organizzata ovvero della stessa specie di
quello per cui si procede (in tale ultimo caso la custodia cautelare è applicabile solamente se il reato per cui si procede è punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni, ovvero 5 anni se la misura da adottare è la custodia in carcere)
2. Tipologia delle misure cautelari
•custodiali
––arresti domiciliari (art. 284)
––custodia in carcere (art. 285)
––custodia in luogo di cura
(art. 286)
Misure cautelari
CC Personali
––divieto di espatrio (art. 281)
––obbligo di presentazione
CC Coercitive
alla P.G. (art. 282)
––allontanamento dalla casa
•non custodiali
familiare (art. 282bis)
––divieto di avvicinamento ai
luoghi frequentati dalla
persona offesa (art. 282ter)
––divieto e obbligo di dimora
(art. 283)
84 • Capitolo 10
•sospensione della responsabilità genitoriale (art. 288)
CC Personali
CC Interdittive
•sospensione da un pubblico ufficio o servizio (art. 289)
•divieto di esercitare determinate attività (art.
Misure cautelari
290)
CC Reali
•sequestro conservativo (art. 316)
•sequestro preventivo (art. 321)
2.1 • Le misure cautelari personali
Incidono tanto sulla libertà fisica del destinatario, se di natura coercitiva, quanto sull’esercizio di taluni diritti, potestà, facoltà, se di natura interdittiva.
CC natura delittuosa e non contravvenzionale del reato (artt. 280-287)
CC ergastolo o pena superiore nel massimo a 3 anni di reclusione (artt. 280 e
287: si noti però la deroga ex art. 391, co. 5); non inferiore nel massimo a 5
anni per la custodia in carcere
CC gravi indizi di colpevolezza (art. 273)
•istruttorie (attinenti alla salvaguardia dell’acquisizioCondizioni
CC sussistenza di almeno una delle esigenze cautelari (art. 274)
ne e genuinità della prova. In tal caso la misura è
emessa con un termine finale: artt. 292 e 301)
•pericolo concreto ed attuale di fuga (quando la pena
che si presume sarà irrogata superi i 2 anni)
––gravi delitti di violenza personale o con armi
•tutela collettività ri- ––delitti
spetto al pericolo
di commissione di:
contro ordine costituzionale
––delitti di criminalità organizzata
––delitti della stessa specie
CC proporzionalità all’entità del fatto e alla sanzione applicabile (art. 275, co. 2)
CC adeguatezza alle esigenze cautelari da salvaguardare (art. 275, co. 1), da
verificarsi anche successivamente (art. 299)
CC gradualità nella scelta: il ricorso alla custodia in carcere è l’extrema ratio,
salvo che si proceda per gravi delitti (art. 275, co. 3)
✃
Criteri di scelta
ordinari
CC Non può disporsi la
custodia in carcere,
salvo esigenze cautelari di eccezionale
rilevanza, nei confronti di chi:
•sia incinta o madre di prole di età inferiore a 6 anni
(padre, quando manchi la madre)
•versi in condizioni di salute particolarmente gravi
•sia ultrasettantenne
•sia persona affetta da AIDS conclamata o da infezione da HIV a certe condizioni (art. 286bis)
Le misure cautelari • 85
Osservazioni
Il principio di gradualità trova una deroga quando si procede per gravi reati specificamente indicati nel
secondo periodo del comma terzo dell’art. 275 : in tali ipotesi il legislatore ha previsto un regime
di presunzioni, sia con riferimento alla presenza delle esigenze cautelari, che con riferimento all’adeguatezza della misura da adottare, che limita la discrezionalità del giudice nella scelta della misura.
In particolare:
— presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari; assoluta di adeguatezza con riferimento ai delitti di cui all’art. 270 c.p. (associazione sovversiva), 270bis c.p. (associazione
con finalità di terrorismo), 416bis c.p. (associazione mafiosa). Infatti in relazione a tali delitti,
quando sussistono gravi indizi di colpevolezza è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Quindi
la presenza delle esigenze cautelari è presunta, salvo prova contraria (presunzione relativa);
l’adeguatezza della sola custodia carceraria a garantire le esigenze cautelari, invece, non ammette prova contraria (presunzione assoluta);
— doppia presunzione relativa in relazione ai delitti previsti dall’art. 51, commi 3bis e 3quater
c.p.p., nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600bis, primo comma, 600ter, escluso
il quarto comma, 600quinquies e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609bis, 609quater e 609octies del codice penale. In tali casi, se sussistono gravi indizi di
colpevolezza, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi
dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le
esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. Pertanto, è ammessa la prova contraria sia con riferimento alla presenza delle esigenze cautelari, che con riferimento
all’idoneità della solo custodia in carcere a garantirle.
Il «pacchetto sicurezza» (L. 26-3-2001, n. 128) ha, inoltre, ampliato la facoltà del giudice di valutazione delle esigenze cautelari, dopo la sentenza di condanna in primo grado. In tal caso, infatti, il giudice può
valutare la sussistenza del pericolo di fuga e del pericolo della reiterazione delle condotte criminose anche
alla luce di quanto emerso nel corso del procedimento in ordine alle modalità del fatto, ad elementi sopravvenuti ed all’esito del processo (art. 275, co. 1bis). Inoltre, contestualmente alla sentenza di condanna in
appello, ai sensi del nuovo comma 2ter dell’art. 275, l’adozione della misura cautelare è obbligatoria se
ricorrono le seguenti condizioni: a) una delle esigenze cautelari di cui all’art. 274; b) la condanna riguarda
uno dei delitti elencati nell’art. 380 (ipotesi di arresto obbligatorio); c) che la persona sia stata condannata
nei cinque anni precedenti per un delitto della stessa indole. La novità della riforma, in tale ultima ipotesi,
è soprattutto quella di introdurre, in modo cauto ed indiretto, una forma di esecutività della sentenza di secondo grado, rendendo obbligatoria, in taluni casi, l’applicazione della misura cautelare.
Differenze
Le misure cautelari (personali e reali) si distinguono dalle misure di sicurezza, anche se entrambe possono talvolta avere in comune la finalità di tutela della collettività (art. 274 sub c)).
Le misure di sicurezza sono contemplate intuitu personae, essendo incentrate sulla «pericolosità sociale» dell’inquisito.
Si hanno quindi:
— «misure di sicurezza», che consistono nel ricovero provvisorio in un ospedale psichiatrico
giudiziario ovvero in una casa (stabilimento giudiziario) di cura e di custodia (artt. 206 c.p. e
312 c.p.p.). Esse sono applicabili agli indagati o imputati ritenuti socialmente pericolosi a causa di infermità di mente, ubriachezza abituale, uso di sostanze stupefacenti, cronica intossicazione da queste o da alcool. Tali misure sono irrogate con la sentenza ed applicate in sede di
esecuzione penale. Durante il processo sono oggetto, sia pure raramente di applicazione provvisoria (artt. 312 e 313);
— misure cautelari (criminali, ossia non di sicurezza), che si suddividono in misure coercitive e
misure interdittive. Queste sono applicabili nel corso del procedimento o del processo. Al termine di questi, il condannato è soggetto all’espiazione «definitiva» della pena e non già alle
provvisorie «misure».
86 • Capitolo 10
2.2 • Le misure custodiali
Un cenno di approfondimento meritano le misure custodiali, in quanto maggiormente incisive sulla libertà del soggetto.
2.2.1 • Arresti domiciliari (art. 284)
Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o
di assistenza. Il D.L. 1-7-2013, n. 78, conv. in L. 9-8-2013, n. 94 (cd. svuota carceri) è intervenuto sulla norma integrando la disciplina degli arresti domiciliari, con l'introduzione del comma 1bis, ai sensi
del quale il provvedimento con cui il giudice dispone la misura, egli stabilisce altresì il luogo della misura, in modo da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato. Il giudice può anche
imporre limiti o divieti alla facoltà dell’imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con
lui coabitano o che lo assistono.
Se l’imputato non può provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di
assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa.
L’imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare.
Nel disporre la misura degli arresti domiciliari, il giudice, dovrà prescrivere particolari procedure di controllo mediante mezzi elettronici (es. «braccialetto elettronico») salvo che le ritenga non necessarie
(art. 275bis, come modificato dal D.L. 146/2013 conv. in L. 10/2014 nonché dalla L. 47/2015).
In particolare:
a) quando vi sono particolari esigenze cautelari da garantire, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie, dispone che l’imputato sia sottoposto a controllo mediante strumenti elettronici od
altri strumenti tecnici (es. braccialetto elettronico) di cui la P.G. abbia la disponibilità;
b) il giudice deve contestualmente disporre la custodia in carcere per l’eventualità che l’imputato rifiuti l’applicazione degli strumenti di controllo;
c) in caso di violazione degli arresti domiciliari (con allontanamento dal domicilio), il giudice deve
disporre l’applicazione della custodia in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità;
d) vi è divieto di arresti domiciliari per chi, nei cinque anni precedenti sia stato condannato per il
delitto di evasione, salvo che il giudice ritenga, sulla base di specifici elementi, che il fatto sia di
lieve entità e che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con tale misura (art. 284, comma 5bis).
2.2.2 • Custodia cautelare in carcere (art. 285)
Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare in carcere, il giudice ordina agli ufficiali e agli
agenti di polizia giudiziaria che l’imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell’autorità giudiziaria.
La misura rappresenta la forma più piena di privazione della libertà, per cui, in coerenza con i principi della gradualità e proporzionalità delle misure cautelari (art. 275), la scelta della custodia carceraria deve rappresentare la extrema ratio.
Osservazioni
✃
Il comma 2bis dell’art. 275 (introdotto dal d.l. 92/2014, con. in l. 117/2014), prevede che non può
essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari
se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Inoltre non può applicarsi la custodia carceraria se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni.
Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli artt. 423bis, 572, 612bis e
624bis c.p., nonché all’articolo 4bis o.p., e quando, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli
arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’articolo 284, co.1.
Le misure cautelari • 87
2.2.3 • Custodia cautelare in istituto a custodia attenuata per detenute madri (art.
285bis)
L. 24-4-2011, n. 62 sulla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, ha apportato una serie di
modifiche relative alla custodia cautelare. In estrema sintesi vengono riportati i punti salienti del provvedimento. Quando imputati siano una donna incinta o madre di figli di età non superiore a sei anni,
ovvero un padre, qualora la madre sia deceduta o impossibilitata ad assistere i figli, non può essere disposta la custodia cautelare in carcere fino a quando i bambini non avranno compiuto il sesto
anno di età (art. 275, c. 4). Se, per casi eccezionali, si rende comunque necessaria la detenzione
carceraria, essa è disposta presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri (art. 285bis).
Ulteriori modifiche sono state apportate alla fase esecutiva della pena.
2.2.4 • Custodia cautelare in luogo di cura (art. 286)
Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di mente che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o di volere, il giudice, in luogo della custodia in carcere, può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. Il ricovero non può essere
mantenuto quando risulta che l’imputato non è più infermo di mente.
2.3 • Le misure non custodiali
Esse implicano la limitazione, ma non la soppressione della libertà di locomozione. Le singole misure cautelari non possono essere applicate cumulativamente. Una deroga è prevista soltanto nei
casi espressamente previsti dalla legge: art. 276, c. 1 (in caso di trasgressione alle prescrizioni delle
misure cautelari); art. 307, c. 1bis (in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini).
2.3.1 • Divieto di espatrio (art. 281)
La misura incide sulla libertà costituzionale di uscire dal territorio della Repubblica (art. 16, c. 2 Cost.).
Essa consiste in una ordinanza di divieto emessa dal giudice, contenente altresì disposizioni volte ad
impedire l’utilizzazione del passaporto e degli altri documenti validi per l’espatrio.
2.3.2 • Obbligo di presentazione alla P.G. (art. 282)
La misura consiste in un obbligo di presentazione periodica ad un determinato e prefissato ufficio di
P.G., in modo da controllare la reperibilità dell’imputato, senza comprometterne le esigenze di vita o
di lavoro. La misura non incide sullo stato di libertà.
2.3.3 • Allontanamento dalla casa familiare (art. 282bis)
La legge contro le violenze familiari (L. 4-4-2001, n. 154) ha inserito nel corpo del codice di rito una
nuova misura coercitiva e cioè l’allontanamento dalla casa familiare.
Tale misura, mira a prevenire il pericolo del consumarsi di reati di violenze (fisiche, sessuali etc.) in
seno alla famiglia.
Con il provvedimento il giudice, su richiesta del P.M., dispone l’allontanamento dal domicilio familiare dell’imputato (coniuge od altro convivente). Nei casi di maggiore gravità il giudice può anche prescrivere all’imputato di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dai familiari (domicilio, luogo di lavoro etc.).
Inoltre, su richiesta del P.M., il giudice può imporre all’imputato di versare un assegno di mantenimento
alle persone conviventi che, a seguito del suo allontanamento, rimangano privi di mezzi di sussistenza.
Va evidenziata un’eccezione contenuta nel comma 6, ove si è esteso, nel caso di delitto commesso
in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la possibilità di disporre la misura anche al di là dei
limiti edittali di cui all’art. 280 (reclusione nel massimo a tre anni). A tal proposito prima con la L.172/2012
(Ratifica Convenzione di Lanzarote) che ha autorizzato l’applicazione di tale misura anche con riguardo ai reati di cui agli artt. 600, 601, 602 c.p.e da ultimo, con il d.l. 93/2013 conv. in l. 119/2013 (decreto cd. femminicidio), si è aggiunto al catalogo dei reati l’ipotesi di lesione personale volontarie, riferen-
88 • Capitolo 10
dola alle sole ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate (art. 582 c.p.) e il caso di minaccia
grave o aggravata (art. 612, c.2, c.p.). In tali casi la misura può essere disposta con le modalità previste dall’art. 275bis, ossia il cd. braccialetto elettronico (v. supra § 2.2.1).
2.3.4 • Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art.
282ter)
Con tale misura cautelare personale di tipo coercitivo, al fine di evitare pericolosi contatti tra la persona offesa dal reato ed il suo autore (es. in tema di violenza sessuale; «stalking» di cui al nuovo art.
612bis c.p. che punisce gli «atti persecutori»; minaccia, etc.), può essere disposto il divieto per l’imputato (o indagato) di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, ovvero di
mantenere una determinata distanza da essi o dalla persona. Il divieto può essere esteso anche a favore dei prossimi congiunti della persona offesa e delle persone con lei conviventi.
A tale inibizione può essere aggiunta quella di non comunicare attraverso qualsiasi mezzo con le predette persone.
I provvedimenti di cui agli artt. 282bis e ter devono essere comunicati anche alla persona offesa. Con
tale comunicazione la persona offesa deve essere informata della facoltà di richiedere l’emissione di
un ordine di protezione europeo.
Nel caso in cui siano applicate le misure coercitive di cui agli artt. 282bis e ter, se l’imputato si sottopone positivamente ad un programma di prevenzione della violenza organizzato dai servizi socio-assistenziali del territorio, il responsabile del servizio ne dà comunicazione al pubblico ministero e al giudice ai fini della valutazione dell’attenuazione della misura cautelare (art. 282quater).
2.3.5 • Divieto o obbligo di dimora (art. 283)
La misura non va confusa con gli arresti domiciliari.
Il divieto di dimora consiste nella proibizione di dimorare in una determinata località e quindi nella prescrizione di non accedervi, senza preventiva autorizzazione del giudice. Il divieto in questione
deve essere armonizzato con le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell’imputato, sulle quali prevalgono, in caso di inconciliabilità, le esigenze cautelari.
L’obbligo di dimora, al contrario, consiste nella prescrizione di non allontanarsi dal territorio del
Comune di dimora abituale o dal più ristretto ambito di una frazione dello stesso Comune. La misura
cautelare in esame, pur provocando notevole restringimento alla libertà di circolazione, che rimane
territorialmente delimitata, non equivale a privazione della stessa, sicché non è computabile in detrazione dalla pena definitiva poi da espiare.
3. Applicazione ed estinzione delle misure cautelari personali
Si è già detto che l’applicazione della misura avviene con provvedimento (ordinanza) del giudice competente (il giudice che procede ovvero, prima dell’esercizo dall’azione penale, il G.I.P.) (art. 279; art.
91 disp. att.) su richiesta del P.M. (è ovvio che il giudice può anche rigettare la richiesta). Data la posizione di terzietà del giudice, quest’ultimo non può provvedere d’ufficio né andare oltre le richieste
dell’accusa (applicando, ad esempio, una misura più grave rispetto a quella richiesta).
Il P.M. deve trasmettere al G.I.P. gli atti su cui si fonda la richiesta, nonché gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate (art. 291). Dopo l’esecuzione del
provvedimento cautelare di tali atti il difensore può prendere visione ed estrarne copia (C. Cost. 192/1997).
Il provvedimento sarà un’ordinanza che dovrà contenere, a pena di nullità, tutti gli elementi indicati
nell’art. 292 (il più importante dei quali è la motivazione dell’adozione della misura).
CC rigettare la richiesta
✃
Decisione CC accogliere la richiesta, emettendo ordinanza cautelare
G.I.P.
CC accogliere la richiesta solo limitatamente a taluni indagati od a talune imputazioni, rigettandola per altri soggetti od altre imputazioni
Le misure cautelari • 89
In caso di accoglimento, il giudice emette ordinanza cautelare.
CC generalità dell’imputato e degli elementi che servono ad identificarlo
CC descrizione del fatto addebitatogli e l’indicazione delle norme di legge violate. È questo il cd. capo di accusa
CC esposizione ed autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi
di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto
anche conto del tempo trascorso dalla commissione del reato
Ordinanza
cautelare CC esposizione ed autonoma valutazione, dei motivi per cui sono ritenuti non rilevanti
gli elementi forniti dalla difesa
(art. 292)
CC esposizione ed autonoma valutazione delle concrete e delle specifiche ragioni per
cui, in caso di applicazione della custodia carceraria, vengono ritenute inadeguate
le altre misure meno afflittive a salvaguardare le esigenze cautelari
CC fissazione della data di scadenza della misura adottata per esigenze probatorie (art.
274, lett. a))
CC data e la sottoscrizione del giudice
L’ordinanza del giudice, ai fini della sua concreta applicazione, necessita di adempimenti esecutivi (art.
293) ad opera principalmente della P.G., ma anche di altri organi. In caso di misura comportante custodia cautelare (custodia carceraria, arresti domiciliari, custodia presso il servizio psichiatrico) la P.G. cura,
altresì, l’informativa al difensore, di fiducia o di ufficio, finalizzata all’esercizio delle attività difensive. L’ufficiale, ovvero, all’agente delegato ad eseguire l’ordinanza di custodia cautelare (art. 293), deve consegnare all’imputato, oltre che della copia del provvedimento, anche di una comunicazione scritta, in forma chiara e precisa (con eventuale traduzione per chi non conosca la lingua italiana), che informi il soggetto dei propri diritti nonché delle facoltà. Qualora la comunicazione scritta non sia prontamente disponibile in una lingua comprensibile all’imputato, le informazioni sono fornite oralmente, salvo l’obbligo di dare comunque, senza ritardo, comunicazione scritta all’imputato. L’obbligo di informazione è rafforzato, mediante la previsione, al comma 2 dell’articolo 391 dell’obbligo di verifica, in capo al giudice,
che all’arrestato ovvero al fermato sia stata fornita la comunicazione in commento, o che in ogni modo
sia stato informato circa In ogni caso, l’ordinanza applicativa va portata a conoscenza. In ogni caso, l’ordinanza applicativa va portata a conoscenza dell’interessato e del suo difensore con il deposito in cancelleria (unitamente alla richiesta del P.M. e agli atti ad essa allegati) ed avviso dell’effettuato deposito.
Alla sua esecuzione dovrà seguire l’interrogatorio dell’indagato entro un breve termine (5 o 10 giorni, secondo che sia disposta la custodia in carcere o altra misura coercitiva od interdittiva) (art. 294).
Si tratta di una condizione risolutiva di efficacia della misura disposta, nel senso che in mancanza si dovrà disporre la liberazione, ed una replica del provvedimento sarà possibile solo se permangono le condizioni legittimanti la misura dopo l’interrogatorio a piede libero del soggetto (art. 302).
Attesa la finalità cautelare ed il carattere contingente delle misure, queste possono essere revocate
o modificate dal giudice quando vengano meno o mutino le esigenze cautelari che le hanno determinate (art. 299). In tal caso la revoca o modifica della misura è frutto di una valutazione «discrezionale» del giudice, di cui deve dare adeguata motivazione, sia in caso di accoglimento che di rigetto
della volontà delle parti.
Nel recepire l’inedito obbligo di informare il difensore della persona offesa (o quest’ultima se non
assistita da un legale) e i servizi socio-assistenziali della sostituzione o della revoca delle misure
cautelari previste dagli artt. 282bis e 282ter c.p.p., il D.L. 93/2013, conv. in L. 119/2013 (decreto femminicidio) lo ha esteso anche all’ipotesi in cui oggetto della richiesta siano le misure custodiali (artt.
284, 285 e 286) o quella del divieto od obbligo di dimora (art. 283). Modifica che è stata accompagnata dall’ulteriore precisazione che la comunicazione deve essere effettuata dalla polizia giudiziaria. La
nuova previsione del comma 2bis si applica ai delitti commessi con violenza alla persona.
90 • Capitolo 10
Applicazione delle misure cautelari
richiesta del P.M.
(art. 310)
indicazione degli elementi relativi a gravi indizi ed esigenze cautelari
giudice con ordinanza


accoglie la richiesta del P.M.
respinge la richiesta
applicazione della applicazione di misura meno
misura richiesta
grave di quella richiesta
appello del P.M.
(art. 310)
4. Latitanza
Nel caso di mancata esecuzione per irreperibilità della persona da sottoporre alla misura cautelare,
l’art. 295 prevede che, a seguito del verbale di vane ricerche, il giudice dichiari la latitanza del soggetto quando la misura era di tipo coercitivo, ma non necessariamente custodiale (sono infatti esclusi
solo l’obbligo di presentazione alla p.g. ovvero il divieto di dimora ex art. 296). Le notifiche al latitante si effettuano presso il difensore d’ufficio o di fiducia (art. 165).
5. Custodia cautelare - Termini massimi
Mentre il procedimento di revoca delle misure cautelari è frutto di una valutazione discrezionale (art.
299), in taluni casi la misura cautelare perde efficacia automaticamente, ed il giudice deve prenderne
solo atto. Tali ipotesi ricorrono in caso di scadenza dei termini di custodia cautelare (v. riquadro), nonché nei vari casi di cui si riportano gli articoli: artt. 27, 300, 301, 302, 308, 309, co. 5 e 10.
Pena non
superiore
max a 6 anni
Pena superiore
max a 6 anni
ed inferiore a
20 anni
Indagini
(compreso
udienza
preliminare)
3 mesi
6 mesi
giud. abbr.
I grado
3 mesi
6 mesi
6 mesi
✃
durata max
complessiva
Cust. Cautel.
Pena non
inferiore max
a 20 anni
ed ergastolo
(ed altri gravi delitti
indicati dal cod.)
Pena max
superiore a
20 anni
ed ergastolo
1 anno
9 mesi
1 anno
1 anno
Condanna
superiore
a 10 anni o
ergastolo
1 e 6 mesi
9 mesi
1 anno
1 e 6 mesi
Pena non
superiore
max 6 anni
Pena superiore
max 6 anni
e non
inferiore a
20 anni
Pena superiore
a 20 anni o
l’ergastolo
2 anni
4 anni
6 anni
Condanna non Condanna non
superiore a
superiore a
3 anni
10 anni
II grado
Sentenza
irrevoc.
Pena superiore
max a 6 anni e
superiore a
20 anni non
9 mesi
1 anno e 6 mesi
Le misure cautelari • 91
In ordine all'inizio di decorrenza del termine, esso si calcola a partire dal giorno di esecuzione della misura ovvero dal giorno di notifica di essa.
Orbene, se un imputato è colpito da una singola misura cautelare, i termini decorrono dalla esecuzione della misura (art. 297, c. 1); se l’imputato è colpito, in tempi successivi, da più misure cautelari in distinti procedimenti non collegati tra loro, egli sarà assoggettato, ad esempio, ad una pluralità di
carcerazioni preventive, le quali in parte finiranno anche per sovrapporsi.
Più complesso, invece, è il caso in cui l’imputato venga colpito da una pluralità di misure cautelari, in
tempi successivi, nello stesso processo od in processi diversi, per il medesimo fatto o per fatti tra loro
connessi (cd. contestazione «a catena»). In tale ipotesi c’è il rischio che magistrati poco scrupolosi,
artatamente, per prolungare di fatto la custodia preventiva di un imputato, verso la scadenza della misura, gli notifichino una nuova ordinanza, per un diverso reato che però ben poteva essere contestato anteriormente. Tale ipotesi è analiticamente disciplinata dall’art. 297, che prevede che l’imputato
non patisca una pluralità di carcerazioni preventive, ma un’unica carcerazione (sebbene le misure
adottate nei suoi confronti siano una pluralità), con il termine di durata commisurato a quello previsto
per il più grave dei reati contestatigli, ma con decorrenza dalla prima contestazione.
L’argomento è stato oggetto di particolare attenzione da parte della Corte di Cassazione e Corte Costituzionale.
Proprio quest’ultima con sent. 22-7-2011, n. 233, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 297, comma 3,
nella parte in cui — con riferimento alle ordinanze che dispongono misure cautelari per fatti diversi —
non prevede che la regola in tema di decorrenza dei termini in esso stabilita si applichi anche quando, per i fatti contestati con la prima ordinanza, l’imputato sia stato condannato con sentenza
passata in giudicato anteriormente all’adozione della seconda misura.
Una disciplina particolare dei termini è prevista nel caso in cui venga chiesto il giudizio abbreviato.
Infatti la celebrazione del rito abbreviato comporta rilevanti attività processuali: valutazione dell’ammissibilità, fissazione dell’udienza, discussione, eventuale integrazione probatoria, decisione; sicché
vi è il rischio che nel tempo necessario per compiere tali attività, in processi con detenuti, possano
scadere i termini massimi di custodia, che secondo la previgente formulazione dell’art. 303, comma
1, erano quelli della fase delle indagini preliminari. La riforma introdotta dal d.l. 7-4-2000, n. 82 (conv.
in l. 144/2000) è intervenuta prevedendo che l’ordinanza del giudice che ammette il rito abbreviato,
fa iniziare una nuova fase processuale, con decorso di nuovi termini (previsti dalla lettera b-bis): tre
mesi, sei mesi o nove mesi, a seconda della gravità del reato) entro cui deve intervenire la sentenza
di condanna, pena la perdita di efficacia della misura.
Il decorso dei termini massimi di custodia cautelare può arrestarsi nel caso in cui sopravvengano talune cause di sospensione, espressamente previste dall’art. 304. I periodi di sospensione determinano, di fatto, l’allungamento oltre i termini previsti, della carcerazione preventiva; tale allungamento
non può, però, superare i limiti massimi previsti nei commi 6 e 7 dell’art. 304 (doppio del termine di
fase).
Il legislatore, in tema di termini massimi di custodia cautelare, ha anche preso in considerazione l’ipotesi in cui vi siano «lungaggini» del processo fisiologiche e non generate dalle predette situazioni. In
tal caso non opera l’istituto della sospensione ma quello della proroga dei termini disciplinati dall’art.
305. Le ipotesi sono due: a) in ogni stato e grado del processo quando deve essere espletata una perizia psichiatrica sull’imputato; b) nelle indagini preliminari, quando sussistono gravi esigenze cautelari e sono in corso accertamenti investigativi particolarmente complessi (anche se svolti ai sensi
dell’art. 415bis). La proroga è concessa dal giudice, su richiesta del P.M. e sentito il difensore, con ordinanza.
Il D.L. 24-11-2000, n. 341 (conv. in L. 4/2001), nell’intento di porre argine al pericolo di scarcerazione
per decorrenza di termini di imputati di gravi reati, ha modificato gli artt. 303, 304. In particolare, qualora si proceda per i gravi delitti previsti dall’art. 407, comma 2, lett. a), i termini della fase del dibattimento di primo grado possono essere aumentati fino a sei mesi; tale aumento viene imputato al periodo di termine «risparmiato» nella fase delle indagini ovvero a quello previsto per la fase processuale successiva alla decisione in appello (lett. d)).
La custodia preventiva in ogni caso non può superare un termine massimo complessivo (cioè comprensivo di tutte le fasi ed i gradi) che è graduato secondo la gravità del reato per cui si procede ed è
di anni due, anni quattro ovvero anni sei (art. 303, c. 4). Detto termine massimo deve tener conto an-
92 • Capitolo 10
che dei giorni serviti per celebrare le udienze e necessari per motivare la sentenza, che, invece, non
si calcolano nei termini di fase (art. 297, c. 4).
I periodi di sospensione, così come quelli di proroga, incidono sull’entità dei termini di fase e del termine massimo complessivo nella misura prevista, rispettivamente, dagli artt. 304, co. 6 e 305 co. 2).
Una volta decorsi i termini massimi di custodia cautelare (della singola fase o complessivo), la misura cautelare perde efficacia e l’imputato deve essere liberato; in base all’art. 307, permanendo
le esigenze cautelari, eccezionalmente il codice consente di disporre l’applicazione di altre misure coercitive di tipo diverso e cioè non detentive.
6. Impugnazioni delle misure cautelari personali
•avverso
CC riesame (art. 309)
l’ordinanza che
dispone una misura coercitiva (non quelle interdittive)
––soggetti legittimati: imputato
o suo difensore entro 10 gg.
dalla esecuzione o notificazione del provvedimento
• avverso l’ordinanza modi- ––soggetti legittimati: P.M., imRimedi avverso l’ordinanza CC appello (art. 310)
applicativa delle misure cautelari personali
ficativa, sostitutiva o estintiva delle misure coercitive
ovvero contro qualsiasi
provvedimento (anche sostitutivo) anche in tema di
misure interdittive
putato o suo difensore entro
10 gg. dalla esecuzione o notificazione del provvedimento
––soggetti legittimati: P.M., imCC ricorso per Cassazione (art. 311)
•avverso
le decisioni
emesse in sede di riesame o di appello
putato o suo difensore entro
10 gg. dalla esecuzione o dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento
Differenze
Le più significative differenze tra il riesame e l’appello, sono le seguenti:
a) il riesame si propone solo avverso l’ordinanza che dispone una misura coercitiva; avverso l’ordinanza che dispone altro tipo di misura ovvero decide un’istanza «de libertate», è proponibile l’appello;
b) il riesame non richiede motivi a sostegno; l’appello deve a pena di inammissibilità indicare i
motivi di impugnazione;
c) il riesame prevede un termine per la decisione e il deposito dell’ordinanza motivata, scaduto il
quale la misura perde efficacia; l’appello non prevede sanzioni di tale tipo per il mancato rispetto del termine per la decisione.
✃
L’organo decidente è sempre il cd. Tribunale del riesame (o Tribunale della libertà) (che è quello sito
nel luogo nel quale ha sede la Corte di Appello nella cui circoscrizione è ricompreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza), ma nel caso del riesame (l’imputato può chiedere di comparire all’udienza) la decisione deve intervenire nei dieci giorni dalla ricezione degli atti (altrimenti la misura perde
automaticamente efficacia e l’indagato va scarcerato), mentre nel caso dell’appello entro venti giorni
(ma, in caso di inosservanza, non è prevista alcuna conseguenza).
La decisione del Tribunale del riesame è immediatamente esecutiva. In appello le decisioni pro reo
sono immediatamente esecutive, quelle contra reum sono sospese fino all’eventuale ricorso per cassazione.
Le misure cautelari • 93
7. Le misure cautelari reali
Le misure cautelari reali sono forme di tutela reale preventive e conservative tese a tutelare interessi patrimoniali, derivanti dall’illecito penale, futuri ed incerti. Esse comportano l’indisponibilità temporanea di beni, sia mobili che immobili, sotto il profilo giuridico e, talvolta, anche sotto quello fisicomateriale.
Le misure cautelari reali sono: il sequestro conservativo ed il sequestro preventivo.
Presupposto per l’applicabilità di una misura cautelare reale è la sussistenza del fumus del reato, è
necessario cioè che si proceda in ordine ad un fatto che corrisponda ad una fattispecie astratta di
reato. A differenza delle misure cautelari personali, le misure cautelari reali non sono condizionate
dall’esistenza del presupposto dei gravi indizi, anzi la giurisprudenza ha affermato che la legittimità
del sequestro prescinde da una valutazione di indizi di colpevolezza e della loro gravità.
––per il pagamento della pena
pecuniaria
CC presupposti
Sequestro
conservativo
(art. 316)
•se vi è ragione di ritenere che ––per il pagamento di altre sommanchino o si disperdano le
me dovute all’erario dello Stato
garanzie:
––delle
obbligazioni civili derivanti dal reato
•sussistenza del fumus boni iuris
•richiesta del P.M. o della parte civile al giudice che emette la reCC procedimento
lativa ordinanza
• eventuale richiesta di riesame proponibile, da chiunque vi abbia interesse, al Tribunale collegiale del capoluogo di provincia (art. 318)
•quando la libera dispo- ––aggravare o protrarre le conseguenze
CC presupposti
nibilità di una cosa pertinente al reato può:
del reato
––agevolare la commissione di altri reati
•sussistenza del fumus boni iuris
Sequestro
preventivo
(art. 321)
• richiesta del P.M. al giuCC procedimento
dice che emette relativo decreto, notificato a:
––indagato
––imputato e suo difensore
––persona alla quale le cose sono sequestrate
––persona che avrebbe diritto alla restituzione
––la P.G. provvede al seSequestro
preventivo
(art. 321)
•nei casi di urgenza:
CC procedimento
questro e trasmette
verbale al P.M.
richiesta
di convalida
––il P.M. emette diretta- al giudice
mente decreto di sequestro
•i soggetti cui è notificato il decreto possono proporre, al Tribunale collegiale del capoluogo di provincia, richiesta di riesame (art.
322) o di appello (art. 322bis)
94 • Capitolo 10
8. Le misure cautelari di sicurezza
In pendenza di procedimento penale possono essere provvisoriamente applicate (in anticipo rispetto
al giudicato penale) solo misure di sicurezza di tipo personale.
Le misure in esame consistono in misure di sicurezza assai raramente applicabili, nel corso del procedimento penale, nei confronti dell’inquisito in presenza di esigenze di cautela sociale e processuale.
•misure di sicurezza detentive:
––assegnazione ad una colonia
agricola o
casa di lavoro (per i delinquenti abituali,
professionali o per tendenza);
––assegnazione ad una casa di cura e di custodia (per i condannati a pena diminuita per
infermità psichica, intossicazione cronica
da alcool o sostanze stupefacenti, e sordomutismo);
––ricovero in un ospedale psichiatrico giudi-
Tipologia
CC personali: limitano la libertà
personale del soggetto. Possono essere:
ziario (per gli imputati prosciolti per le stesse cause di cui sopra , pur se l’istituto è destinato alla soppressione, dal 31 marzo
2015, ex L.17-2-2012, n. 9);
––riformatorio giudiziario (per i minori non imputabili o condannati a pena diminuita).
•misure di sicurezza non detentive:
––libertà vigilata, consistente in una serie di
limitazioni e di prescrizioni imposte per evitare nuove occasioni di reato);
––divieto di soggiorno, consistente nell’obbligo di non soggiornare in uno o più comuni
ovvero in una o più province;
––divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;
––espulsione o allontanamento dello straniero dallo Stato.
––cauzione
di buona condotta, consistente
nel deposito di una somma di danaro presso la Cassa delle ammende, variabile da
 103 a  2.065, per la durata massima di
5 anni;
✃
Tipologia
CC patrimoniali: incidono soltanto sul patrimonio del soggetto.
Possono essere:
––confisca, consistente nell’espropriazione, a
favore dello Stato, fra l’altro, di cose che servirono o furono destinate a commettere il
reato, che ne sono il prodotto, il profitto o il
prezzo, nonché di beni e strumenti informatici o telematici utilizzati per la commissione di taluni reati informatici (categoria di beni
neointrodotta dalla L. 15-2-2012, n. 12).
Le misure cautelari • 95
9. La riparazione per l’ingiusta detenzione
Ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave (art. 314, co. 1) (Ingiusta detenzione), chi è stato prosciolto
con sentenza irrevocabile perché:
•
•
•
il fatto non sussiste;
per non aver commesso il fatto;
perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.
Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo
sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il
provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le
condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 (art. 314, co. 2) (Illegittima detenzione).
L’equa riparazione spetta anche alle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione ovvero sentenza di non luogo a procedere.
L’equa riparazione per l’ingiusta detenzione non ha carattere risarcitorio, in quanto l’obbligo dello Stato non deriva da fatto illecito, ma mira a compensare la vittima dell’indebita custodia cautelare. La
corresponsione di una somma (il cui importo massimo è di un miliardo delle vecchie lire pari ad euro
516.456,90), compensa l’interessato delle conseguenze personali di natura morale, patrimoniale, fisica e psichica, prodotte dal provvedimento coercitivo.
Con sentenza n. 219 del 20 giugno 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 314 nella parte in cui, nell’ipotesi di detenzione cautelare sofferta, condiziona in ogni caso
il diritto all’equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, secondo quanto precisato in motivazione.
La domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta irrevocabile (art. 648), la sentenza
di non luogo a procedere è divenuta inoppugnabile (art. 428) o il provvedimento di archiviazione è stato pronunciato (art. 408; art. 102 disp. att.).
In quanto compatibili, si applicano le norme sulla riparazione dell’errore giudiziario.
Competente a ledere sulla domanda di riparazione è la Corte d’Appello.
Detenzione
ingiusta (solo
per la custodia
cautelare)
CC quando all’esito del procedimento penale l’imputato veiene prosciolto con
sentenza irrevocabile perché:
•il fatto non sussiste
•mancata commissione del fatto
•il fatto non costituisce reato
•il fatto non è previsto dalla legge
come reato
CC quando nei confronti dell’indagato sia emesso decreto di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere
Detenzione
illegittima (solo
per la custodia
cautelare)
Procedimento
CC quando il soggetto (condannato o prosciolto) sia stato sottoposto a custodia
cautelare in assenza dei presupposti richiesti dalla legge (es. esigenze cautelari)
CC A pena di inammissibilità entro
2 anni
•L’entità della riparazione per l’ingiusta de-
CC Corte di appello in camera di
consiglio (art. 127) (Ordinanza)
tenzione non può comunque eccedere 1
516.456,90
CC Cassazione
96 • Capitolo 10
In sintesi
✃
Le misure cautelari sono provvedimenti provvisori ed urgenti adottati dall’Autorità Giudiziaria, prima di una pronuncia definitiva sulla colpevolezza, che incidono sulla sfera dei diritti e delle facoltà (le libertà personali, le disponibilità economiche) del soggetto privato comprimendole, al fine di
salvaguardare determinate esigenze e di garantire ed assicurare l’effettività della decisione finale.
Il legislatore ha suddiviso le misure cautelari in: personali (titolo I, artt. 272-315) che determinano
una limitazione della libertà della persona (coercitive) ovvero del libero esercizio di facoltà giuridiche (interdittive) e reali (titolo II, artt. 316-325) che incidono sul patrimonio determinando l’indisponibilità di cose o beni.
La materia cautelare è sottoposta al principio della riserva di legge in quanto le limitazioni della libertà personale possono essere imposte solo da norme di fonte primaria ed entro i limiti da queste fissati (art. 132 Cost.).
Il procedimento relativo all’applicazione delle misure cautelari mantiene una propria autonomia rispetto a quello principale cui inerisce (carattere di incidentalità).
Dal punto di vista terminologico, la persona assoggettata alla misura cautelare viene generalmente definita, nel codice, imputata. È bene chiarire che la normativa è tuttavia applicabile anche all’indagato ai sensi dell’art. 61, che estende a quest’ultimo tutti i diritti previsti e consente l’applicazione di tutte le norme relative all’imputato.
Le misure cautelari • 97
note 
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