...

Percezione della Forma e dello Spazio

by user

on
Category: Documents
26

views

Report

Comments

Transcript

Percezione della Forma e dello Spazio
PERCEZIONE DELLA FORMA E
DELLO SPAZIO
L’informazione raggiunge i nostri sensi
frammentata, ma noi invece percepiamo il
mondo come composto da oggetti e
persone ⇒ un mondo composto da unità
integrate.
Lo studio della percezione si occupa di
capire come noi integriamo l’informazione
sensoriale in percetti e di come poi
usiamo, manipoliamo e categorizziamo
questi percetti nella vita quotidiana.
Negli ultimi anni i ricercatori si sono
concentrati soprattutto sullo studio di due
macroaree nella percezione⇒ i processi
w h a t e where ovvero due principali
problemi che il sistema percettivo è
designato a risolvere.
In visione⇒ che cosa sono gli oggetti =
processo di riconoscimento del modello;
dove sono gli oggetti = localizzazione
spaziale.
Oltre a riconoscimento e localizzazione
un’altra funzione fondamentale del nostro
sistema percettivo è quella di mantenere
costante l’aspetto degli oggetti, anche se la
loro immagine sulla retina cambia
continuamente⇒ c o s t a n z a
della
percezione.
Sebbene sia sensato ritenere che il sistema
visivo umano si sia evoluto per trattare
stimoli tridimensionali, buona parte dei
lavori condotti nel campo della visione alla
fine del secolo scorso si sono rivolti allo
studio di stimoli bidimensionali.
Perché?
Perché già dagli stimoli bidimensionali è
possibile comprendere come il sistema
visivo attivi processi di elaborazione la cui
comprensione potrebbe aiutarci a penetrare
meglio il funzionamento del sistema anche
in condizioni più complesse.
Questo è particolarmente evidente in tre
casi:
1) il mascheramento percettivo;
2) le superfici anomale;
3) il completamento amodale.
Divisione del lavoro nel cervello
La parte del cervello interessata alla
visione - la corteccia visiva - opera
secondo il principio di divisione del
lavoro ⇒ presenta differenti regioni
specializzate per espletare differenti
funzioni percettive.
Sistema di riconoscimento e sistema di
localizzazione
L’idea
che
localizzazione
e
riconoscimento
sono
compiti
qualitativamente diversi è sostenuta dalla
scoperta che essi sono effettuati da
differenti regioni della corteccia visiva.
Il riconoscimento degli oggetti dipende da
un ramo del sistema visivo che include
l’area corticale ricevente per la visione e
un’area presso la base della corteccia
cerebrale.
La localizzazione degli oggetti invece
dipende da un ramo del sistema visivo che
comprende l’area corticale ricevente per la
visione e una regione della corteccia
presso la sommità del cervello.
Gli studi sui primati dimostrano che se il
ramo del riconoscimento visivo di un
animale viene danneggiato, l’animale può
ancora eseguire compiti di localizzazione e
viceversa.
In uno studio basato sulla PET i soggetti
eseguivano due compiti:
(1) un test di riconoscimento dei volti,
che probabilmente implica il
riconoscimento degli oggetti
(2) un test di rotazione mentale, che
presumibilmente riflette la
localizzazione
mentre erano impegnati nel compito (1) vi
era un aumento di flusso sanguigno nella
regione corticale del riconoscimento;
mentre erano impegnati nel compito (2) vi
era un aumento di flusso sanguigno nella
regione corticale della localizzazione.
Componenti del riconoscimento
La suddivisione del lavoro nella corteccia
visiva non finisce con la separazione tra
localizzazione e riconoscimento ⇒ ad
esempio i differenti tipi di informazione
che vengono usati nel riconoscimento come colore, forma e tessitura - sembrano
essere elaborati da differenti subregioni o
cellule della regione corticale del
riconoscimento.
Nell’area ricevente primaria della
corteccia visiva, alcune cellule rispondono
solo a forme semplici come linee ed
angoli, ed altre rispondono solo ai colori,
altre ancora solo al movimento.
Il risultato è che la corteccia visiva
consiste di numerosi moduli di
elaborazione, ciascuno specializzato per
un compito in particolare.
Localizzazione
Per sapere dove sono gli oggetti intorno a
noi dobbiamo:
1) separare gli oggetti l’uno dall’altro e
dallo sfondo;
2 ) determinare la posizione degli
oggetti in un mondo tridimensionale
sulla base della loro distanza da noi;
3 ) determinare la posizione degli
oggetti in un mondo tridimensionale
sulla base delle loro modalità di
movimento.
Figura e sfondo
Se uno stimolo contiene due o più aree
distinte, generalmente vediamo parte di
esso come una figura e il resto come
sfondo.
L’organizzazione figura-sfondo non fa
parte dello stimolo fisico, ma è una
costruzione del nostro sistema percettivo.
In un campo visivo totalmente omogeneo
(Ganzfeld) si vede una sorta di nebbia
bianca, parzialmente penetrabile con lo
sguardo e posta ad una certa distanza dai
nostri occhi ⇒ non ha luogo alcun
fenomeno di articolazione figura-sfondo⇒
è però sufficiente far apparire un puntino
all’interno del campo omogeneo per creare
questa atricolazione⇒ il puntino si trova
in primo piano mentre il resto del campo
viene visto come situato posteriormente ad
esso e non interrotto.
Un’analisi
approfondita
delle
caratteristiche di questo fenomeno era già
stata condotta agli inizi del secolo dallo
psicologo danese Edgar Rubin (1915).
Ciò che viene percepito come figura e ciò
che viene percepito come sfondo non
hanno la stessa forma lo sfondo è privo di
forma.
Quando due aree hanno un contorno in
comune, e una è percepita come figura
mentre l’altra è percepita come sfondo, il
contorno appartiene alla figura⇒ “effetto
di forma”.
Caso limite⇒ entrambe le aree diventano
figure simultaneamente⇒ solo l’area che
gioca il ruolo di figura ha una forma
definita.
Lo sfondo sembra spesso estendersi dietro
alla figura con un’impressione immediata
che avviene a dispetto della conoscenza.
Effetti funzionali che distinguono le
figure dagli sfondi.
1. Le figure hanno carattere oggettuale
mentre gli sfondi hanno carattere di
sostanza, di semplice materiale.
2 . Tra figure e sfondi esistono delle
differenze soggettive di colore⇒ le
figure hanno colore oggettuale
(aspetto compatto e materiale), gli
sfondi colore filmare (uniforme e
meno denso).
3. Figure e sfondi appaiono localizzati
in posizioni diverse⇒ le figure sono
più facili da localizzare e sembrano
più vicine.
4 . La figura colpisce di più⇒ è più
significativa. Tutto ciò che riguarda
la figura viene ricordato meglio.
Anche le emozioni sono prevalentemente collegate alle figure e non agli
sfondi.
Condizioni figurali che influenzano
l’emergere di una parte del campo visivo
in veste di figura oppure di sfondo.
1. Se tre due aree omogenee e di colore
diverso una è più grande e include
l’altra, è probabile che la più piccola
e inclusa sia vista come figura;
2. In esperimenti con figure costituite
da croci, la croce i cui settori sono
orizzontali e verticali è vista più
facilmente come figura.
3 . Aree simmetriche tendono ad
apparire più facilmente come figure.
4 . Aree caratterizzate da costanza di
larghezza tendono ad apparire più
facilmente come figure.
5. Tra due aree adiacenti quella i cui
elementi costituenti fluttuano tende
ad essere percepita come sfondo.
6. In caso di rivalità tra due fattori, uno
dei due può avere la meglio (ad es. la
convessità annulla la simmetria).
Separazione e raggruppamento degli
oggetti
Non solo distinguiamo gli oggetti dallo
sfondo, ma anche distinguiamo un oggetto
dall’altro, e percepiamo un particolare
raggruppamento di oggetti.
Gli psicologi della Gestalt proposero un
certo numero di fattori determinanti del
raggruppamento, molti dei quali furono
scoperti per la prima volta da Wertheim e r ⇒ principi di Wertheimer ⇒
principi grazie ai quali le figure che
vediamo si segregano dal resto e
costituiscono delle unità a sè stanti⇒
l’organizzazione percettiva si impone da
sé.
I principi di Wertheimer
Primo fattore: Vicinanza
Gli elementi più vicini tra loro, a parità di
altre condizioni, vengono percepiti come
appartenenti alla stessa unità.
Secondo fattore: Somiglianza
Elementi simili tendono ad essere visti
come appartenenti alla stessa unità.
Terzo fattore: Destino comune.
Implica l’entrata in gioco del
movimento⇒ elementi dotati di un movimento simile tendono ad essere percepiti
come appartenenti alla stessa unità.
Quarto fattore: Buona continuazione.
Elementi figurali che sono in continuità di
direzione tendono ad essere percepiti come
appartenenti alla stessa unità.
Quinto fattore: Chiusura
Elementi figurali chiusi o tendenti alla
chiusura vengono più facilmente percepiti
come appartenenti alla stessa unità.
Sesto fattore: Divisione senza resti
Elementi figurali che non danno luogo
all’esistenza di “resti” vengono più
facilmente percepiti come appartenenti alla
stessa unità.
Settimo fattore: Esperienza passata
Tendono a costituirsi come unità percettive
quegli elementi che già in precedenza sono
stati frequentemente associati.
Non bisogna generalizzare troppo questo
fattore⇒ esistono numerosi esempi che ne
ridimensionano l’importanza.
La Pregnanza.
Il concetto di pregnanza (Prägnanz), o di
"bontà" di una forma è stato centrale nella
teoria della Gestalt.
Una figura è pregnante quando è buona,
semplice, regolare, simmetrica ecc.
Tutte le figure geometriche semplici
(cerchi, quadrati, triangoli regolari) sono
figure pregnanti⇒ un angolo retto è più
pregnante di un ottuso o di un acuto.
La pregnanza può essere intesa sia come
singolarità che come semplicità e stabilità
di una struttura.
Per i gestaltisti la pregnanza si identificava
con la “buona forma” ⇒ una struttura
assumerà l’organizzazione più semplice
disponibile nelle circostanze date.
L’implementazione di alcuni principi
riferibili alla pregnanza delle figure è
risultata necessaria anche nella messa a
punto di algoritmi per la visione artificiale.
Le ipotesi esplicative della pregnanza
possono essere divise in almeno due
categorie:
1)
le spiegazioni che tentano di
comprendere perchè il sistema
percettivo possieda una
tendenza alla pregnanza;
2)
le spiegazioni che tentano di
analizzare come il sistema
elabori l’informazione in modo
da ottenere un risultato
pregnante.
Aspetti funzionali dell'organizzazione
figurale.
1 . La mimetizzazione visiva (o
mascheramento visivo).
Un'ipotesi convincente del perchè le figure
mascherate scompaiono è quella che
considera il cambiamento di funzione
figurale cui vanno soggette, in seguito alla
mimetizzazione, le varie parti della
configurazione.
Il problema degli stimoli mimetizzati si
riduce al problema fondamentale
dell’organizzazione del campo visivo in
unità, quindi allo studio degli effetti dei
fattori di unificazione figurale.
Il mascheramento avrebbe luogo ogni
volta che uno stimolo, inserito in un
contesto figurale in grado di inglobarlo,
diventa una parte della struttura
inglobante.
Vi sono due criteri funzionali che servono
a distinguere tra i diversi tipi di
mimetizzazione:
1 ) la “recuperabilità” della figura
mascherata;
2) la “rimascherabilità” della figura
mascherata.
Esistono infatti tre diversi tipi di
situazioni:
a) Totale irrecuperabilità della
figura mascherata;
b)
Figure smascherabili, ma
facilmente rimascherabili.
c) Figure che, una volta
smascherate, non possono
più essere rimascherate.
Vi sono tre diverse procedure che rendono
possibile la mimetizzazione:
1. La riduzione di parti della struttura a
semplici elementi tissurali;
2 . L’inversione del rapporto figurasfondo;
3 . Lo smembramento fenomenico, sia
per sottrazione, sia per aggiunta.
2. Le superfici anomale.
Secondo Kanizsa il fattore dinamico che
determina l’insorgere di una superficie
anomala è la tendenza al completamento
amodale delle parti inducenti ⇒ il fattore
determinante sarebbe la tendenza alla
chiusura di strutture aperte.
3. Il completamento amodale.
L’aspetto più significativo del completamento amodale è la permanenza percettiva
di una parte dell’oggetto anche quando
questa non produce alcun effetto sugli
organi di senso⇒ la presenza fenomenica
della parte “non visibile” è tanto forte da
contrastare addirittura con ciò che si sa.
Il primo studioso che si occupò
sistematicamente di questo fenomeno fu lo
psicologo belga Michotte, che applicò il
concetto di completamento amodale non
solo a figure bidimensionali statiche, ma
anche ad oggetti solidi ed in movimento.
Funzione adattiva del completamento
a m o d a l e ⇒ vivendo in un mondo
tridimensionale dove gli oggetti appaiono
occludersi parzialmente, è frequente
imbattersi in oggetti solo parzialmente
visibili⇒ di qui l’importanza dei fenomeni
di completamento di strutture parzialmente
visibili.
I meccanismi che determinano il
completamento amodale sono puramente
percettivi⇒ spesso il completamento
amodale avviene proprio in direzione
opposta a quella che sarebbe
apparentemente logica se il processo
sottostante fosse un processo di pensiero.
Percezione della distanza
Per sapere dove si trova un oggetto
dobbiamo conoscere la sua distanza o
profondità.
La retina, punto di partenza della visione, è
una superficie bidimensionale ⇒
l’immagine retinica è piatta e non ha
alcuna profondità.
Come è possibile che il nostro cervello, a
partire da un’immagine piatta, riesca a
dare origine all’esperienza di un mondo
tridimensionale?
Indici di profondità
Gli indici della distanza sono quegli aspetti
bidimensionali che un osservatore usa per
trasferire la distanza in un mondo
tridimensionale (cioè in profondità).
Possono essere classificati in tre categorie
fondamentali: indizi fisiologici, pittorici e
cinetici.
Gli Indizi Fisiologici Di Profondità.
Gli indizi fisiologici di profondità sono
accomodazione, convergenza e disparità
binoculare, che è il più importante.
Accomodazione.
E’ il processo in cui il grado di convessità
del cristallino (lente dell'occhio che mette
a fuoco sulla retina l'oggetto fissato)
cambia automaticamente a seconda della
distanza cui si trova l'oggetto da mettere a
fuoco.
L’accomodazione è un indizio di profondità, o distanza, perché la curvatura del cristallino dipende dalla distanza dell’oggetto
fissato ⇒ il sistema visivo è in grado di
“calcolare” tale distanza basandosi sul
grado di tensione dei muscoli ciliari.
Quando fissiamo un punto luminoso da
una distanza di sei metri o più, i raggi che
raggiungono il nostro occhio possono essere considerati paralleli. I muscoli ciliari in
questo caso sono rilassati, e i raggi vanno
automaticamente a fuoco sulla retina.
Ma se il punto luminoso si avvicina i raggi
diventano divergenti ed il fuoco si sposta
dietro la retina ⇒ i muscoli ciliari si
tendono aumentando la convessità del
cristallino: i raggi vengono piegati in
misura maggiore e messi a fuoco sulla
retina.
Il raggio d’azione dell’accomodazione è
quindi limitato a sei metri.
Convergenza
Quando fissiamo un oggetto, gli occhi
devono convergere di un certo angolo
perché l’immagine di un oggetto cada sulla
fovea di ciascun occhio⇒ tale attività è
svolta dai muscoli oculomotori ed è
accompagnata da una sensazione di
tensione muscolare ben avvertibile.
La convergenza è un indizio di profondità
perchè l’angolo in cui gli occhi devono
convergere dipende dalla distanza
dell’oggetto fissato⇒ è tanto più grande
quanto più vicino l’oggetto si trova.
Il nostro sistema visivo sarebbe in grado di
“calcolare” tale distanza basandosi sul
grado di tensione dei muscoli oculomotori.
Anche il raggio d’azione della
convergenza è limitato a 6 metri circa⇒
quando l’oggetto fissato si trova ad una
distanza superiore l’angolo formato dai
due occhi è pari a zero.
Disparità binoculare
Un’accurata percezione delle distanze fra
gli oggetti dipende anche dal fatto di avere
due occhi che vedono il mondo da due
punti di vista lievemente diversi.
Normalmente non ce ne accorgiamo
perchè il cervello combina le informazioni
provenienti dai due occhi.
La differenza tra le informazioni
provenienti da ciascun occhio è detta
disparità binoculare⇒ rappresenta un
indizio di profondità perchè dipende dalla
distanza cui è situato l’oggetto fissato⇒ è
tanto più grande quanto più l’oggetto è
vicino.
La capacità di calcolare la profondità cui
diversi oggetti si trovano basandosi
sull’entità della disparità binoculare
corrispondente è detta stereopsi.
Gli Indizi Pittorici Di Profondità.
Nessuno dei tre indizi fisiologici di
profondità è efficace quando guardiamo
una fotografia o un dipinto ma è innegabile
che fotografie e dipinti possano dare
origine ad una vivida impressione di
tridimensionalità.
Questo effetto viene comunemente
spiegato ricorrendo all'esistenza dei
cosiddetti indizi pittorici di profondità:
interposizione, grandezza, ombreggiatura e
prospettiva.
Questi indizi, naturalmente, non sono
presenti solo nei quadri, ma anche nelle
scene reali.
Interposizione.
Un oggetto che occluda parte di un altro
oggetto viene automaticamente visto come
il più vicino dei due.
Grandezza (relativa e familiare).
La grandezza di un oggetto può
rappresentare un indicatore di distanza in
due sensi diversi.
1 ) grandezza relativa⇒ oggetti più
grandi tendono ad apparire più vicini
di oggetti identici ma più piccoli;
2) grandezza familiare⇒ in assenza di
altre informazioni di profondità, la
conoscenza delle dimensioni normali
di un certo oggetto tende ad
influenzare la distanza a cui appare.
Ombreggiatura.
In generale, più un oggetto contrasta con il
proprio sfondo, più vicino appare
all’osservatore⇒ la luminosità di una
superficie può, di per sé, influenzarne la
distanza apparente.
Il rapporto tra luci ed ombre è in grado di
creare una forte impressione di profondità
in rappresentazioni bidimensionali.
L’ombreggiatura può anche invertire la
profondità percepita⇒ a parità di altre
condizioni si assume che la luce provenga
dall’alto.
Indizi Prospettici
Alcune caratteristiche di un oggetto cambiano gradualmente all'aumentare della sua
distanza dall'osservatore⇒ queste variazioni costituiscono altrettanti indicatori di
profondità.
Prospettiva lineare.
La rappresentazione prospettica di una
scena è caratterizzata dal fatto che le linee
che sono fisicamente parallele convergono,
nella rappresentazione, verso un punto
situato all'orizzonte.
Gradiente di tessitura.
Quando una tessitura regolare presenta una
densità uniforme in ogni sua parte, la
superficie si trova davanti a noi su un
piano frontale⇒ tanto più gli elementi
sono piccoli e fitti, tanto maggiore è la
distanza cui la superficie viene percepita.
Il progressivo infittirsi della tessitura in
una direzione indica che la superficie si
allontana da noi in quella direzione e
costituisce un indizio di profondità detto
gradiente di tessitura.
La ripidità del gradiente è legata al grado
di inclinazione della superficie: un
gradiente molto ripido corrisponde ad una
superficie quasi parallela alla linea dello
sguardo, mentre un gradiente meno ripido
corrisponde ad una superficie più inclinata.
Prospettiva aerea
La luce, nell’attraversare l’atmosfera,
subisce una diffrazione ad opera delle
particelle di materia contenute nell’aria.
La luce riflessa da oggetti più lontani deve
attraversare, prima di giungere al nostro
occhio, una quantità d’aria maggiore, per
cui subisce una diffrazione maggiore⇒
contorni e dettagli degli oggetti più lontani
tendono ad apparire vaghi ed indistinti.
Oltre a renderli meno nitidi l’atmosfera fa
anche sembrare gli oggetti lontani più
azzurrastri, perché le lunghezze d’onda
corte vengono diffuse in misura più
elevata.
Posizione rispetto all’orizzonte.
Oggetti che si trovino vicino all’orizzonte
appaiono più lontani di oggetti che non lo
sono.
Indizi Cinetici Di Profondità.
Parallasse di movimento
Gli oggetti vicini sembrano muoversi
rapidamente, mentre quelli lontani
sembrano spostarsi più lentamente e quelli
lontanissimi appaiono quasi fermi.
La differenza di velocità nel movimento
apparente di oggetti posti a distanze
diverse genera una sorta di gradiente
cinetico (analogo al gradiente di tessitura)
che è detto parallasse di movimento.
Affinché la parallasse di movimento possa
operare come indicatore di profondità, le
varie regioni della scena debbono essere
viste come parti di una struttura unitaria.
La primarietà della percezione
tridimensionale.
Domanda: come facciamo a "vedere" la
terza dimensione di una scena se tutto ciò
di cui disponiamo è una proiezione
bidimensionale di quella scena sulla retina
del nostro occhio?
Risposta “classica”: il nostro cervello
ricostruisce la tridimensionalità di una
scena utilizzando una serie di "indizi" di
profondità⇒ questa risposta trascina con
sè due grossi equivoci:
1) Il concetto di indizio suggerisce che
la percezione bidimensionale preceda
la percezione tridimensionale, ovvero
che sia primaria;
2) Il concetto di indizio suggerisce che,
senza di indizi di profondità, una
scena visiva debba apparire piatta.
Entrambe le implicazioni sono false.
Eliminare gli indizi di bidimensionalità:
la visione attraverso uno spioncino.
Sebbene fotografie e dipinti possano dare
origine ad una considerevole impressione
di tridimensionalità ad essi manca quel
carattere di realtà corporea che si ha invece
con oggetti che si estendono
effettivamente nella terza dimensione.
La possibile contestazione che disegni e
fotografie appaiono piatti perché sono
fisicamente piatti è sbagliata⇒ la tendenza
a vedere una scena come piatta è associata
alla presenza, nella scena, di specifiche
indicazioni⇒ di indizi di bidimensionalità:
1) una cornice attorno alla scena;
2 ) l’uniformità della grana dello
schermo o del foglio (gradiente di
tessitura pari a zero);
3) Valori di accomodazione, convergenza e disparità binoculare uguali.
Osservatori che scrutano la fotografia di
una stanza attraverso uno spioncino sono
convinti di vedere una vera stanza.
Il modello tridimensionale di una casa,
sistemato al di là di un foglio di plastica
trasparente teso all’interno di una cornice,
risulta indistinguibile da una sua
fotografia.
L’arte di trasformare figure in oggetti
solidi consiste nell’eliminare gli indizi di
bidimensionalità⇒ quella di trasformare
gli oggetti solidi in figure nell’introdurli.
In un Ganzfeld si vede una sorta di densa
nebbia che si estende in profondità⇒
esempio di percezione tridimensionale in
presenza della stimolazione più semplice
possibile⇒ contraddice direttamente
l’idea che la percezione tridimensionale
richieda l’elaborazione di un’immagine
inizialmente piatta.
Percezione diretta
L’idea che sta alla base degli indici di
distanza è che l’osservatore noti un indice
caratteristico e poi incosciamente ne
deduca un’informazione sulla distanza⇒
inferenza inconscia (Helmoholtz).
G i b s o n invece sostiene che noi non
deduciamo la profondità, ma piuttosto la
percepiamo direttamente⇒ invece di
guardare gli indici che caratterizzano gli
oggetti le persone colgono l’informazione
dallo sfondo stesso (gradiente di tessitura).
A differenza degli indici di distanza
tradizionali, il gradiente si estende su una
larga area visiva e quando ci si muove in
avanti l’informazione del gradiente sulla
retina rimane costante o invariante.
La percezione della profondità e della
tridimensionalità, secondo Gibson dipende
dal percepire direttamente tali elementi
invarianti.
La conclusione di Gibson è che
l’impostazione tradizionale dello studio
della percezione della terza dimensione va
rivista radicalmente⇒ non ci sarebbe
bisogno di indizi e di calcoli per ricostruire
la terza dimensione⇒ le informazioni
necessarie a vedere la distanza e la
corporeità degli oggetti sono già contenute
nell’immagine retinica⇒ la terza dimensione può essere vista direttamente.
I gradienti di tessitura e di movimento non
solo
specificano
direttamente
l’inclinazione delle superfici e la distanza
degli oggetti che su queste superfici
giacciono, ma forniscono informazioni
sull’esistenza di discontinuità, dislivelli,
spigoli, pieghe, curve, e quindi anche sulla
struttura tridimensionale delle cose.
L'integrazione degli indizi
Ritenere che la terza dimensione venga
percepita direttamente non implica che i
tradizionali indizi di profondità non
possano contribuire significativamente alla
nostra percezione dello spazio.
Tanto le informazioni invarianti presenti in
una scena che gli indizi di profondità
concorrono alla visione della solidità e
della distanza degli oggetti.
Il problema è allora quello di capire in che
modo i vari indizi vengano integrati dal
sistema visivo: gli indizi sono tanti e
diversi fra loro, ma la profondità percepita
è unica.
La necessità di un'integrazione discende
anche dal fatto che quasi tutti gli indizi di
profondità forniscono solo informazioni
sulle distanze relative fra un oggetto e
l'altro, non sulla distanza assoluta degli
oggetti dai nostri occhi.
I risultati delle ricerche in cui due o più
indizi di profondità vengono manipolati
separatamente suggeriscono che la
profondità percepita è il risultato di una
media ponderata della profondità
segnalata da una varietà di indicatori.
Inoltre uno stesso indizio può ricevere pesi
molto diversi a seconda di quel che
guardiamo.
Le origini della percezione dello spazio
Un famoso esperimento dimostra che la
visione della distanza è presente fin dai
primissimi giorni di vita: i piccoli di molte
specie, come la nostra, evitano di
avvicinarsi troppo ad un apparente
precipizio e mostrano segni di forte
disagio se vengono posti su una superficie
trasparente che lo sovrasta⇒ l’indizio
cruciale è la parallasse di movimento
Sembra che la maggior parte degli indizi di
profondità siano innati ma con la
possibilità di venire modificati
dall’esperienza.
Altri indizi, come la prospettiva lineare,
potrebbero non avere alcuna base
biologica ma diventare segnali di
profondità in seguito a ripetute
associazioni con le informazioni fornite da
indizi innati, quali disparità binoculare o
interposizione.
Fly UP