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45_TAV-RG-02_Relazione Geologica e idrogeologica per pozzo
REALIZZAZIONE POZZO PER USO IRRIGUO
RELAZIONE GEOLOGICA E IDROGEOLOGICA
N° Documento:
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INDICE
1
PREMESSA
3
2
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
4
3
INQUADRAMENTO GEOLOGICO
5
4
LITOLOGIA
8
5
GEOMORFOLOGIA
10
6 IDROLOGIA
6.1
Il bacino del Fiume Metauro
16
16
7
IDROGEOLOGIA
18
8
PERICOLOSITÀ IDROGEOLOGICA
20
9 SISMICA
9.1
Normativa vigente
9.2
Sismicità storica
21
21
24
10 REALIZZAZIONE POZZO PER USO IRRIGUO
26
11 CONCLUSIONI
33
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PREMESSA
Per la realizzazione di un nuovo pozzo per uso irriguo, sito nel comune di Fano in località
“Chiaruccia”, è stata eseguita un'indagine geologica descrittiva relativa ai terreni
interessati dal progetto.
Scopo dell'indagine è stato quello di accertare l'idoneità geologica del sito alla
realizzazione dell'opera prevista in progetto, in osservanza alle norme vigenti.
L'indagine è stata svolta, oltre che sulla base dei dati bibliografici, con l'ausilio dei rilievi
geologici e geomorfologici di superficie ed è stata finalizzata:
•
•
all'individuazione delle caratteristiche geomorfologiche, geologiche e geoidrologiche
della zona;
alla ricostruzione della successione litostratigrafica dei terreni;
Dal punto di vista geologico, l’area d’interesse è rappresentata e descritta nel Foglio 110
“Senigallia” (1971) della Carta Geologica d’Italia in scala 1:100.000 con relative Note
illustrative e nel Foglio 269 “Fano” della Carta Geologica in scala 1:50.000, al momento in
fase lavorazione, facente capo al progetto CARG (consultabile nel sito dell’ISPRA ex
APAT).
Considerate le finalità dell'indagine saranno descritte la caratterizzazione geologica,
tettonica e morfologica, per una fascia abbastanza ampia che racchiude l’opera in
progetto, nonché la litologia e le caratteristiche salienti e di interesse dei terreni interessati
e limitrofi.
In seguito all'importanza dell’opera da realizzarsi ed in considerazione dell’esteso sviluppo
dei fenomeni tettonico-strutturali a carattere regionale, per lo studio è stato preso in
considerazione un intorno significativo all’opera stessa.
In sintesi, l’indagine è stata finalizzata ad evidenziare i caratteri di natura:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Litologica;
Tettonica;
Morfologica;
Idrologica;
Idrogeologica;
Sismica.
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INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
L’opera, oggetto della presente indagine, ricade all’interno del territorio comunale di Fano,
ad una quota di circa 23 m s.l.m. in una zona pressochè pianeggiante posta in sinistra
idrografica del Fiume Metauro, in prossimità dello svincolo Fano sud della Superstrada
Fano-Grosseto (Fig. 2.1).
L’area in studio è individuata al Catasto al Foglio n. 75, mappali n. 338 e 342.
Le coordinate geografiche del pozzo sono le seguentI:
• Latitudine 43°48'27.00"N
• Longitudine 13°0'43.43"E
Fig. 2.1
- Vista aerea dell’area in cui è ubicato il nuovo pozzo per uso irriguo
(immagine tratta da Google Earth).
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INQUADRAMENTO GEOLOGICO
L’opera oggetto della presente indagine ricade all’interno del bacino del Fiume Metauro.
Le ricerche sulla successione plio-pleistocenica condotte sul bacino quaternario
marchigiano (Nanni ed altri, 1986), hanno evidenziato come anche l’evoluzione della valle
alluvionale del Fiume Metauro, insieme alle altre valli marchigiane, sia in relazione con la
tettonica plio-pleistocenica.
La tettonica quaternaria è infatti responsabile dell’ assetto morfostrutturale di tale
successione, sulla quale insistono i depositi alluvionali terrazzati.
Tale assetto si è sviluppato nelle seguenti fasi tettoniche(Nanni ed altri, 1968):
fase principale della tettogenesi appenninica mediopliocenica, di tipo compressivo.
Si formano i principali elementi strutturali e si ha la parziale emersione dell’ area, ad
eccezione forse delle zone più depresse. Si imposta il futuro assetto strutturale del
bacino quaternario;
fase plio-pleistocenica durante la quale si ha il collassamento dell’area da sud verso
nord, probabilmente lungo linee tettoniche attuatesi nella fase precedente. Al
passaggio plio-pleistocene si ripristinano in tutta l’area condizioni di sedimentazione
marina. L’assetto morfostrutturale è caratterizzato da una depressione appenninica
articolata da alti intrabacinali NO-SE e da alti antiappenninici bordati da faglie
trasversali;
fase di sollevamento dell’area, iniziata nel Pleistocene inferiore. L’attuale zona tra i
fiumi Esino e Metauro, era completamente emersa, mentre in quella tra i fiumi
Esino e Tronto persistevano condizioni di sedimentazione marina. Il sollevamento di
tutta l’area continua fino a portare i termini regressivi a quote massime di circa 500
m sul livello del mare. L’attuale configurazione morfostrutturale conferisce a tutta l’
area un assetto simile a quello ad horst e graben, nel quale i graben corrispondono
ai principali assi vallivi.
In particolare lo scenario strutturale dell’intero bacino in esame è caratterizzato, da pieghe
ad andamento NW-SE, interessate da faglie appenniniche ed antiappenniniche.
Infatti dalla bibliografia risulta che l’area oggetto di studio, presenta due sistemi di faglie, di
grande estensione, in destra idrografica che hanno un andamento circa parallelo all’asse
fluviale ed un sistema più complesso di faglie, poste in corrispondenza delle colline in
sinistra idrografica, con un trend circa trasversale all’ asse vallivo; queste ultime hanno
causato un innalzamento della zona tra Rosciano, Monte Castagneto e Rio Bevano e il
conseguente affioramento dei terreni miocenici (formazione gessoso-solfifera, ecc.).
Anche la dinamica fluviale, soprattutto nella parte medio-terminale, viene influenzata dal
sollevamento della sella Urbino Fontecorniale-Novilara, che causa la migrazione dell’asta
fluviale verso SE.
Le formazioni affioranti nell'area interessata appartengono alla Successione Umbromarchigiana della quale affiorano i termini più recenti, dal Miocene al Pliocene medio (Fig.
3.1).
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Fig. 3.1
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- Carta geologica sintetica dell'area in studio (Autori Vari, 1991).
La formazione più antica dell'area é il cosiddetto Schlier del Langhiano-Serravalliano.
È essenzialmente costituita da marne biancastre alla base e grigiastre al tetto, con
contenuto argilloso maggiore verso l'alto della serie. La frattura è spesso concoide e la
stratificazione è assai poco netta e solo segnata dal diverso contenuto calcareo. La
formazione risulta facilmente erodibile soprattutto per crioclastismo.
Lo Schlier affiora sul versante sinistro della piana, in località Cuccurano al nucleo di una
stretta dorsale anticlinalica fortemente fagliata. Allo Schlier succedono verso l'alto le
formazioni messiniane della Gessoso Solfiera e dei Colombacci; la prima è costituita da
diverse facies il cui studio ha portato a definire una morfologia molto varia, formata da
depressioni strette ed allungate, separate da dorsali più o meno continue (Savelli e
Wezel,1978). Una delle facies più caratteristiche e note della Gessoso Solfiera è Il Tripoli,
in quanto al suo interno si rinvengono ovunque abbondanti resti di pesci e vegetali.
Tale unità è prevalentemente costituita da marne siltose di colore grigio verde entro cui
sono intercalati diatomiti biancastre, laminate, ricche di resti di pesci, spicole di spugna,
rari vegetali. L'area di sedimentazione del Tripoli apparteneva alla zona marginale
occidentale del Bacino di Monteluro-Monte delle Forche, a SW era ubicata la dorsale di
Fontecorniale forse non ancora emersa ma attiva tettonicamente.
L'ambiente era quello marino litorale, a volte in condizioni parzialmente stagnanti, con
salinità non molto diversa dall'attuale.
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Segue la Formazione a Colombacci (Messiniano medio-superiore) in questa zona
prevalentemente arenacea, talvolta a stratificazione incrociata, con facies sempre più
grossolane man mano che si procede verso l'attuale Adriatico.
Dal punto di vista ambientale, l'innesco della sedimentazione terrigena sembra legato ad
un ringiovanimento della morfologia delle dorsali accompagnato da un approfondimento
del bacino deposizionale.
Il livellamento delle irregolarità bacinali porta ad una sedimentazione argillosa.
L'instaurazione di vaste aree a fondo piatto, ricoperte da una lama di acqua stagnante
determina la deposizione carbonatica dei "Colombacci".
Le sovrastanti formazioni plioceniche sono caratterizzate da litofacies argillose e sabbiose,
come di seguito elencate:
Pliocene inferiore argilloso: è rappresentato da argille marnose azzurre siltose e
talora lievemente sabbiose che occupano con continuità il versante destro e il
fondovalle, dove sono ricoperte dalle alluvioni pleistoceniche. Presentano
caratteristiche di permeabilità ridotta o praticamente nulla che condizionano
l'idrogeologia della bassa vallata.
Pliocene inferiore sabbioso: è caratterizzato da sabbie ed arenarie debolmente
cementate di colore giallastro, ben stratificate e con numerose e sottili intercalazioni
argillose che affiorano in sinistra valliva nelle adiacenze di Rosciano ed in destra sui
rilievi di San Costanzo.
Pliocene medio argilloso: è rappresentato da argille marnose azzurre siltose e
talora lievemente sabbiose.
Pliocene medio sabbioso: è caratterizzato da sabbie ed arenarie debolmente
cementate di colore giallastro, ben stratificate e con numerose e sottili intercalazioni
argillose.
Le ricerche sinora effettuate sulla complessa storia tettonica dell'area hanno portato a
diverse e spesso contrastanti ipotesi di evoluzione strutturale dell'area di studio,
soprattutto per quanto riguarda la neotettonica. Tuttavia, recentemente per merito di
numerose e dettagliate ricerche strutturali, sismologiche e geomorfologiche (Boraccini et
al., 2002; Savelli et al.,2002; Di Bucci et al.,2003) si è riusciti a caratterizzare faglie recenti
sia nel substrato pre-Quaternario, sia nei depositi alluvionali del Pleistocene superiore Olocene.
Tali strutture sembrano ricollegarsi a movimenti tettonici del substrato che hanno
esercitato un controllo molto importante sull'evoluzione quaternaria dell'area.
Il ruolo dell'analisi geomorfologica si è dimostrato importantissimo non solo nel settore
della neotettonica ma anche nella comprensione degli eventi climatici ed eustatici che
hanno necessariamente influenzato la forma, gli spessori di materiale alluvionale e
l'evoluzione della piana stessa.
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LITOLOGIA
Dal punto di vista geologico, l’area d’interesse è rappresentata e descritta nel Foglio 110
“Senigallia” (1971) della Carta Geologica d’Italia in scala 1:100.000 con relative Note
illustrative e nel Foglio 269 “Fano” della Carta Geologica in scala 1:50.000, al momento in
fase lavorazione, facente capo al progetto CARG (consultabile nel sito dell’ISPRA ex
APAT).
L’area impiantistica interessa in particolare dei depositi alluvionali terrazzati, costituiti da
ghiaie eterometriche prevalenti intercalate a livelli sabbiosi, sabbioso-limosi e limososabbiosi, più frequenti verso l’alto, poggianti sul substrato argillo-marnoso del Pliocene
superiore (Formazione delle Argille azzurre).
Area in cui è ubicato il nuovo pozzo per uso irriguo
Fig. 4.1
- Stralcio della Carta Geologica scala 1:50.000 Foglio 269 “Fano” e
relativa legenda.
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GEOMORFOLOGIA
Il territorio oggetto del presente studio è il tratto terminale della piana valliva del Metauro,
limitato a sud-ovest dalla confluenza con il Torrente Tarugo e a nord-est dalla costa.
Fig. 5.1
- Parte terminale della piana alluvionale del Metauro (da Nesci & Savelli
1994).
Si estende in direzione trasversale agli assi delle pieghe del substrato e la piana si allarga
progressivamente fino a raggiungere l’ampiezza di circa sei chilometri poco a monte di
Fano.
In prossimità della costa le alluvioni del Metauro si raccordano con quelle del torrente
Arzilla, che sfocia direttamente in mare, in sinistra idraulica.
La parte terminale della piana fluviale del Metauro è occupata da alluvioni terrazzate del
Pleistocene superiore e Olocene. L’alveo attuale, fiancheggiato da argini artificiali, scorre
su una piana relativamente ampia (4-6 km), posta a quota molto bassa sul canale attivo
(non oltre 5-10 m) e che, almeno nella sua porzione più interna, raccoglie le acque di
esondazione del Metauro.
Ad eccezione del tratto immediatamente a monte della linea di riva, la piana è bordata sui
due fianchi da scarpate, risultando così incastrata nei corpi alluvionali terrazzati del
Pleistocene superiore-Olocene “antico”.
Nel suo tratto terminale, l’unico non racchiuso fra scarpate, per un’estensione di circa 5001000 m, attraversa la stretta piana costiera.
Quest’ultima termina a mare con l’attuale spiaggia ghiaioso-sabbiosa e si prolunga con
continuità sia verso nord che verso sud.
Nella porzione terminale del Metauro, su entrambi i lati, le scarpate che racchiudono la
piana fluviale più recente sono singole e relativamente nette, sub-parallele fra loro e con
andamento conforme all’attuale tracciato fluviale, vale a dire circa perpendicolare alla linea
di riva.
In prossimità della costa, compiono una deviazione di circa 90° allineandosi con la linea di
riva e fondendosi così con la scarpata d’erosione marina che per oltre 7 km delimita verso
terra la stretta piana costiera. Man mano che si procede verso l’interno le scarpate
“bordiere” si sdoppiano in vario modo e diventano più arrotondate e meno rilevate, fino a
lasciare il posto a semplici pendii, pur restando la piana di fondovalle confinata all’interno
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del corpo alluvionale del Pleistocene superiore-Olocene “antico”.
Quest’ultimo si allarga progressivamente verso mare su entrambi i lati della valle,
evidenziando la sua primitiva forma a ventaglio.
La ricostruzione della sua originaria forma di superficie, convessa verso l’alto, conferma la
sua natura di corpo tipo conoide/delta-conoide.
Si tratta pertanto di un ventaglio deposizionale con apice ubicato a circa 3 km dall’attuale
linea di riva, troncato verso costa dall’erosione marina e reinciso dal Metauro, in senso
longitudinale, circa lungo la sua mediana.
Lo spessore dei depositi e stimabile approssimativamente in 15 m, valore ottenuto tramite
misure indirette nei pressi della foce del Metauro.
I depositi sono prevalentemente ghiaiosi e sabbioso-ghiaiosi. Le ghiaie, in particolare,
mostrano una prevalente e marcata stratificazione “a festoni” indicativa di deposizione a
opera di canali fluviali intrecciati ma, localmente, compare una subordinata stratificazione
incrociata del tipo “epsilon”, indicativa di deposizione in anse fluviali.
Nell’insieme l’ambiente deposizionale sembra pertanto dominato da canali multipli
intrecciati, nei quali singoli tratti possono presentare una apprezzabile sinuosità, formando
piccole barre laterali.
Verso monte, il ventaglio non appare in continuità morfologica con la sommità
deposizionale delle cosiddette “alluvioni terrazzate del 3° ordine” che, procedendo verso le
aree interne, rappresenta la piana di fondovalle al culmine dell’aggradazione del
Pleistocene superiore (Nesci e Savelli, 1991a). Al contrario, il ventaglio è contenuto in
un’ampia depressione prodotta dalla ripresa generalizzata tardo-pleistocenica
dell’incisione fluviale, evidenziando cosi una fase di accumulo relativamente recente.
La presenza di superfici rimodellate dall’azione fluviale in corrispondenza della porzione
apicale del cono è testimoniata, oltre che da serie di scarpate minori e flessure, anche da
superfici relativamente inclinate verso l’asse vallivo. A queste ultime si associano
sistematicamente sequenze fluviali di 2-3 metri di spessore depositate da canali
meandriformi e poggianti in discontinuità sulle ghiaie accumulate da canali fluviali
intrecciati che caratterizzano la deposizione del Pleistocene superiore (Nesci e Savelli,
1991b).
Poco più a valle dell’apice della conoide, sul lato destro della piana, si apre un ampio
vallone racchiuso tra due scarpate piuttosto arrotondate, che costeggia l’intero bordo
meridionale del ventaglio deposizionale (Fig. 5.2).
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Fig. 5.2
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- Schema morfoevolutivo dell’area di foce del Metauro dall’inizio
dell’Olocene ad oggi.
1) Massima espansione della conoide costiera in condizioni di livello marino ancora
basso; in evidenza le conoidi degli adiacenti fiumi Foglia e Cesano, rispettivamente a
nord e a sud della foce del Metauro; 2) Risalita del livello marino e prime fasi di
smantellamento della conoide con conseguente formazione di una scarpata di
erosione costiera; 3) Prosecuzione dello smantellamento della conoide e
arretramento della scarpata costiera; 4) Massimo arretramento della linea di riva e
ultime fasi del modellamento della scarpata costiera; 5) Situazione attuale.
Questa depressione morfologica, compiendo due blande anse, rasenta dapprima il piede
delle colline, poi se ne allontana gradualmente per terminare contro la piana costiera
recente.
Il vallone, per la sua ampiezza e profondità, andamento e posizione marginale sulla
conoide è da ritenersi un alveo occupato dal Metauro all’inizio dell’Olocene e direttamente
collegato a fasi di sviluppo della conoide stessa (Di Bucci et al., 2003; Calderoni et al.,
2007).
Gli elementi morfologici più significativi della bassa valle del F. Metauro sono i terrazzi
fluviali (Fig. 5.3) che ci forniscono preziose indicazioni sulla cronologia relativa degli eventi
che hanno portato il truogolo vallivo del Metauro alternativamente ad approfondirsi e
riempirsi di sedimento.
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Fig. 5.3
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- Sezione trasversale schematica della bassa valle del fiume Metauro
mostrante la distribuzione dei terrazzi vallivi (Borraccini et al., 2002).
I terrazzi vallivi sono distribuiti su almeno una decina di livelli principali (Nesci et al., 1990,
1992 e 1995; Fanucci et al., 1996) e sono riconducibili alle due tipologie di base (cfr. Bull,
1992): terrazzi d’erosione e terrazzi con deposito.
Nell’area esaminata si individuano sia i terrazzi d’erosione che quelli di deposito; i primi si
trovano in località Costa delle Balze di Ferriano (Fano), S. Angelo di Fano e Marotta
piccola.
I terrazzi di deposito sono riconducibili ai tradizionali 1°, 2° e 3° ordine e si trovano a quote
non superiori ai 160 metri. I terrazzi del 1° ordin e sono discontinui e poco preservati, quelli
del 2° ordine sono più continui e sono rappresentat i soprattutto in sinistra idrografica,
mentre i depositi alluvionali del 3° ordine sono i più estesi e meglio preservati.
I terrazzi d’erosione, riferiti al Pleistocene superiore-Olocene antico, si trovano, invece, a
quote non superiori a 160 m circa sull’attuale fondovalle. I depositi associati a questi
terrazzi sono distribuiti su quattro livelli principali.
Dal punto di vista genetico, in accordo con quanto noto dalla letteratura scientifica (cfr.
Bull, 1992), sono stati interpretati come probabilmente tettonici i terrazzi d’erosione e
come tettono-climatici quelli con deposito (Nesci et al., 1995; Fanucci et al., 1996).
I profili longitudinali delle antiche piane di fondovalle (in particolare delle unità con
deposito, più continue e meglio correlabili) mostra un sostanziale parallelismo fra i vari
livelli, che risultano pertanto sostanzialmente indeformati nell’intero bacino del Fiume
Metauro (cfr. Nesci et al., 1990; Fanucci et al., 1986; Mayer et al., 2001). Ciò favorisce
l’ipotesi che l’attività deformativa di tipo compressivo doveva essere conclusa dal
Pleistocene medio e sostituita con un’attività di sollevamento verticale con qualche
basculamento.
La peculiarità morfologica della bassa valle del F. Metauro è la distribuzione asimmetrica
dei terrazzi, che per lunghi tratti vallivi sono vistosamente più sviluppati sul versante
settentrionale e praticamente assenti sul versante opposto.
Sul primo è infatti presente la serie completa dei terrazzi con deposito del Pleistocene
medio e superiore; al di sopra di essi compaiono estesi e diffusi terrazzi d’erosione.
Nella piana del Pleistocene superiore-Olocene le alluvioni fluviali sono distinte in due
ordini principali di terrazzi: quello topograficamente più alto (T3) che si sviluppa quasi
interamente a sinistra dell’alveo attuale, se si esclude una breve estensione a destra in
prossimità della foce e quello più basso (da alcuni Autori indicato con T4) che ha delimitato
in pratica l’alveo di piena fino alla più recente arginatura del fiume.
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Il primo ordine (T3) è formato da più cicli sovrapposti che hanno deposto alluvioni con uno
spessore che varia dai circa 15 metri, in prossimità dell’area in cui scorre il Rio Secco (in
corrispondenza della Chiusa Albani), fino a raggiungere i 50 metri circa vicino alla costa,
dove la sua larghezza supera i 3.5 km.
Il secondo (T4) raggiunge una larghezza di quasi 2 km in prossimità della foce, mentre è
pressoché assente in vicinanza della Chiusa Albani (Elmi et al., 1981).
Attualmente l’alveo del fiume scorre praticamente rettilineo negli ultimi 10 km dalla foce ed
è fortemente spostato verso sud-est andando ad erodere il ripido versante sud orientale
producendone il rapido arretramento.
Tale caratteristica è comune a gran parte delle valli emiliano-romagnole e marchigiane per
le quali è stato ipotizzato un generale basculamento del substrato (Lipparini, 1939;
Crescenti, 1972).
Anche la successione dei paleoalvei incisi nel substrato indica questo progressivo
spostamento dell’alveo verso NE: le quote assolute del substrato crescono infatti andando
da sinistra verso destra, dove oggi il fiume incide nuovamente e per un tratto notevole le
argille marine plioceniche (Elmi et al., 1981).
Risalendo verso monte il corso del Metauro torna ad essere simmetrico rispetto alla
propria piana anche se la disposizione dei terrazzi più antichi è ancora asimmetrica.
In corrispondenza della struttura di Serrungarina, il fiume è fortemente controllato dalle
faglie e fratture formando anse rettilinee e corso tipicamente rettangolare.
L’analisi geomorfologica della piana ha evidenziato altri importanti elementi del paesaggio:
paleomeandri, dossi e paleoalvei.
Sono stati infatti individuati nei dintorni di Lucrezia evidenti paleoalvei presumibilmente di
canali intrecciati e resti di paleomeandri di età più recente. Tutte queste forme non
compaiono più verso valle a causa dell’apporto laterale dei corsi d’acqua in sinistra che
con le loro conoidi limoso-argillose hanno cancellato le strutture alluvionali della piana.
Anche il rimodellamento antropico (costruzione del Canale Albani, intensa
antropizzazione, cave, costruzione dell’aeroporto) ha modificato la struttura originale della
piana e compromesso definitivamente una ricostruzione del paesaggio primitivo.
Un altro aspetto geomorfologico da mettere in evidenza è l’incisione spinta dell’alveo
fluviale attuale fino a rinvenire il substrato argilloso.
Il potere incisivo del fiume va aumentando a causa dell’antropizzazione; tale fenomeno, in
particolar modo, potrebbe essere attribuito alla presenza di alcuni sbarramenti utilizzati per
la produzione di energia elettrica situati a monte del tratto fluviale che rientra nell’area in
studio.
Il percorso dell’alveo fluviale si snoda con un andamento vario e complesso, condizionato
principalmente dalle strutture tettoniche ma anche dalla pendenza regionale e localmente
dagli apporti laterali degli affluenti e dalle deformazioni gravitative sui versanti.
Le aree di dissesto sono quasi totalmente poco acclivi e caratterizzate da terreni argillosomarnosi e argilloso-sabbiosi. I dissesti interessano sia la coltre di degradazione del
substrato (colate e scivolamenti relativamente superficiali), sia la parte più superficiale,
alterata, del substrato stesso (frane complesse, scivolamenti-colate profondi e di grande
estensione). Per quanto riguarda la zona collinare più vicina alla costa, in particolare, si
individuano soprattutto fenomeni di erosione intensa e diffusa e sviluppo di calanchi. I
fenomeni, inoltre, sono aggravati dalla acclività dei versanti e dalla assenza di vegetazione
e sono legati soprattutto all'azione degli agenti esogeni che determinano il deterioramento
delle caratteristiche geomeccaniche del litotipo argilloso.
Si evidenziano, inoltre, anche alcuni dissesti legati alla dinamica fluviale. Lungo i corsi
d'acqua le principali forme di dissesto idrogeologico sono dovute a fenomeni di erosione
laterale operata dalle acque correnti. Tale azione si intensifica in maniera particolare lungo
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i tratti meandranti e sinuosi e spesso evolve in situazioni di instabilità delle sponde o delle
scarpate che le sovrastano. In questo modo si innescano fenomeni gravitativi più o meno
estesi, che, oltre ad aumentare l'instabilità delle zone prossime alle sponde, talvolta
provocano disequilibri nel regolare deflusso delle acque, con la parziale o totale ostruzione
della sezione di deflusso.
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IDROLOGIA
L’opera, oggetto della presente indagine, è ubicata sul terrazzo alluvionale del III ordine
posto in sinistra idrografica del Fiume Metauro. Di seguono ne vengono descritte le
principali caratteristiche del bacino idrografico.
6.1
Il bacino del Fiume Metauro
Il Fiume Metauro si origina dalla confluenza, presso la località Borgo Pace (PS), dei
torrenti Meta e Auro alla quota di 470 m.
Entrambi nascono dalla dorsale appenninica, rispettivamente dalle pendici di Bocca
Trabaria a quota 1044 m e da quelle del Monte Maggiore situato in provincia di Arezzo ad
una quota di 1384 m.
Il Fiume Metauro riceve durante il suo corso vari affluenti (i torrenti S. Antonio e Tarugo, il
Rio Puto, il Rio Maggiore ed infine il Candigliano che con i subaffluenti Burano, Bosso e
Biscubio, fornisce il maggior apporto idrico).
Tale fiume, dopo un percorso di 110 Km, sbocca nel mare Adriatico all’ altezza della
frazione Madonna del Ponte, situata 3 km a sud dell’abitato di Fano.
Il suo bacino idrografico (Fig. 6.1), ha un estensione complessiva di 1325 km2 ed è il più
vasto dell’intera regione Marche.
Fig. 6.1
- Bacino del Fiume Metauro.
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00
Il Metauro ha un regime marcatamente torrentizio di tipo appenninico, ma con portate
minime estive che tuttavia nel medio corso non scendono quasi mai sotto i 2 m³/s, grazie
ad una certa permeabilità del suo alto bacino.
I massimi valori di portata si registrano in autunno e in primavera con piene che, nel caso
di precipitazioni eccezionali, possono sfiorare nel tratto basso valori di 2.200 m³/s,
causando anche danni notevoli. Il modulo medio annuo più elevato è di circa 21 m³/s.
Il bacino del Metauro nel suo tratto terminale scorre entro un’ampia valle alluvionale,
estesa fino a 6 km poco a monte di Fano. In prossimità della costa, le alluvioni del Metauro
si raccordano con quelle del torrente Arzilla, del Cesano e di altri fiumi minori, formando
una ristretta piana costiera.
L’alveo attuale è ubicato sul lato destro della valle, lo spostamento dell’alveo verso nordest è riconoscibile anche nella successione dei paleoalvei incisi nel substrato.
Il reticolo idrografico ha un andamento prevalente trasversale alle principali strutture
tettoniche, caratteristica questa comune a tutti i fiumi marchigiani (Elmi et al, 1983).
Nell'ambito del bacino si possono distinguere:
• il settore basso-collinare e costiero o della bassa valle, dal Mare Adriatico agli
affluenti Rio Puto e T. Tarugo, da 0 a circa 500 m di quota. Comprende la bassa
valle del Metauro, la zona litoranea e la zona collinare esterna; l’ultimo tratto della
pianura alluvionale si allarga progressivamente e si fonde con quello adiacente del
T. Arzilla;
• il settore alto-collinare o della media valle, dal Rio Puto e T. Tarugo alla linea S.
Giovanni in Petra-Cagli, da 75 m a quasi 1000 m (Monti del Furlo) di quota.
Comprende la media valle del Metauro e dei suoi affluenti principali, i Monti del
Furlo e della Cesana (Dorsale Marchigiana) e la zona collinare interna;
• il settore montano o appenninico o dell'alta valle, dalla linea S. Giovanni in PetraCagli allo spartiacque con il Tevere in territorio toscano e umbro, da 250-300 m a
1700 m di quota. Comprende l’alta valle del Metauro e dei suoi affluenti principali
(Candigliano, Bosso, Burano e Biscubio), la Dorsale Umbro-Marchigiana, la Catena
del Falterona e il resto dei rilievi della Marnoso-Arenacea.
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00
IDROGEOLOGIA
L’area d’indagine si sviluppa nel bacino idrografico del Fiume Metauro, sulla sinistra
idrografica, andando ad interessare i depositi alluvionali terrazzati del III ordine.
L’idrologia generale è regolata dalla presenza del Fiume Metauro e dai fossi collettori
secondari che defluiscono in esso o nel canale Albani. Nello specifico essa è regolata
anche dalle canalizzazioni e dalla rete fognaria delle strutture ivi presenti.
Il complesso idrogeologico delle pianure alluvionali è formato essenzialmente dai depositi
alluvionali attuali e terrazzati recenti e terrazzati antichi delle pianure alluvionali, costituiti
da corpi ghiaiosi, ghiaioso-sabbiosi e ghiaiosolimosi, con intercalate lenti, di estensione e
spessore variabili, argilloso-limose e sabbioso-limose, più frequenti in prossimità della
costa. Nella parte medio-alta delle pianure gli acquiferi di subalveo sono caratterizzati da
falde monostrato a superficie libera. In prossimità della costa possono essere presenti
acquiferi multistrato con falde confinate e semiconfinate.
Tali acquiferi sono di notevole importanza per l’approvvigionamento idrico e per uso civile,
agricolo ed industriale; la circolazione è molto veloce e legata alla presenza di paleoalvei,
mentre l’escursione media della piezometrica raramente supera i 2 m.
L’alimentazione di tali acquiferi è dovuta, soprattutto, all’infiltrazione delle acque fluviali e
la ricarica da parte delle piogge può essere considerata trascurabile, ad eccezione della
parte alta delle pianure, dove le coperture argilloso-limose sono generalmente assenti. La
facies idrochimica principale è bicarbonato-calcica con tenore salino raramente superiore
a 0,5 g/l; in alcune zone delle pianure sono presenti acque a facies cloruro-sodica e
clorurosodico- solfatica, di origine profonda e con tenore salino superiore anche a 1 g/l. La
qualità delle acque è compromessa da fenomeni di inquinamento che hanno interessato
vaste aree delle pianure. La vulnerabilità degli acquiferi è estremamente elevata, la
pericolosità potenziale di inquinamento, a causa dell’elevata concentrazione degli
insediamenti, dell’attività produttiva e della rete infrastrutturale e tecnologica è molto
elevata.
Nell’area oggetto di studio, la situazione idrogeologica è da ritenersi piuttosto semplice e
dipendente dalla diversa permeabilità dei terreni presenti (ghiaia, sabbie, limi e argille
limose).
La natura alluvionale dei litotipi presenti favorisce l’infiltrazione delle acque meteoriche ed
il deflusso secondo linee preferenziali legate alla permeabilità; ai depositi fluviali sabbiosoghiaiosi si può attribuire un valore del coefficiente K>10-2, mentre in presenza di litotipi
limosi si può avere una permeabilità ridotta 10-4<K<10-3.
Al fine di una verifica della tavola d’acqua sono state eseguite una serie di misurazioni del
livello freatico in pozzi presenti nelle aree circostanti, caratterizzati dalla seguente
stratigrafia di massima (Fig. 7.1).
Da tali misurazioni risulta evidente la presenza, in corrispondenza dell’area di intervento,
di tre livelli di falda, posti rispettivamente a 11,0 15,5 e 18,0 m dal p.c.
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Fig. 7.1
-
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Stratigrafia pozzo per uso idropotabile in prossimità dell’area
d’indagine.
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PERICOLOSITÀ IDROGEOLOGICA
L’opera, come si evince dalla seguente Fig. 8.1, non ricade in nessuna delle aree a richio
classificate dall’Autorità di Bacino della Regione Marche.
Area in cui ricade il nuovo pozzo per uso irriguo
Fig. 8.1
- Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico – Autorità di Bacino
Regione Marche.
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SISMICA
9.1
Normativa vigente
A seguito dell'emanazione dei criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche da
parte dello Stato, inseriti nell'allegato 1 dell'Ordinanza del Presidente del consiglio dei
Ministri n. 3274 del 20 Marzo 2003, la Regione Marche ha individuato le zone sismiche e
ha stilato un elenco regionale dei comuni in zona sismica (Delibera della Giunta Regionale
DGR n. 1046 del 29/07/2003).
Sulla base di tale classificazione il nuovo pozzo in progetto, posto all’interno del territorio
comunale di Fano (PU), ricade, come è possibile osservare nella carta sottostante (Fig.
9.1), nella seconda categoria della nuova zonazione sismica.
Area di studio interessata dall’opera
Fig. 9.1
- Classificazione sismica della Regione Marche in base all’Ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 –
Delibera della Giunta Regionale n. 1046 del 29 Luglio 2003.
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Come riportato nell’allegata “Carta della Classificazione sismica della Regione Marche”
(dal sito della Regione Marche), l’area rientra quindi tra i comuni in zona 2.
Si ricorda che nella classificazione definita dai decreti emessi fino al 1984 la sismicità è
definita attraverso il «grado di sismicità» S.
Nella proposta di riclassificazione del GdL del 1998 si utilizzano 3 categorie sismiche più
una categoria di comuni non classificati (N.C.).
Nella classificazione 2003 la sismicità è definita mediante 4 zone, numerate da 1 a 4.
La corrispondenza fra queste diverse definizioni è riportata di seguito.
Con l’“Ordinanza” n. 3274 del 20 Marzo 2003 della “Presidenza del Consiglio dei Ministri”,
sono state emanate le norme che definiscono i criteri generali per l’individuazione delle
zone sismiche ai sensi dell’Art. n. 93, 1g) del Decreto Legislativo 112/1998 ai fini della
formazione e dell’aggiornamento degli elenchi nelle medesime zone da parte delle
Regioni, ai sensi dell’Art. 94, 2a) del medesimo decreto.
L’OPCM n. 3274/03 è stata recepita con la “Delibera della Giunta Regionale” n. 1046 del
29 Luglio 2003.
Sulla base di tale “Delibera” il comune in cui ricade l’opera in progetto, ossia Fano, è stato
classificato in base alla sottostante tabella:
Comune
Categoria
secondo il
decreto MLP
(1984)
Fano (PU)
II
Zona ai sensi
Categoria
dell’Ordinanza n. 3274 e ai
secondo la
sensi della Delibera della
proposta del GDL
Giunta Regionale N. 1046
(1998)
(2003)
II
2
Il territorio nazionale pertanto, con la classificazione sismica introdotta dall’Ordinanza
P.C.M. n. 3274/03 e con le sue successive modifiche, introduce quattro zone
caratterizzate da valori di accelerazione orizzontale (ag/g) di ancoraggio dello spettro di
risposta elastico e da conseguenti norme progettuali e costruttive applicative.
Ciascuna zona è in particolare caratterizzata da valori di accelerazione di picco orizzontale
del suolo (ag) con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo lo schema
riportato in tabella.
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00
ACCELERAZIONE ORIZZONTALE ACCELERAZIONE ORIZZONTALE
CON PROBABILITA’ DI
DI ANCORAGGIO DELLO SPETTRO
ZONA
SUPERAMENTO PARI AL 10% IN
DI RISPOSTA ELASTICO (NORME
50 ANNI (ag/g)
TECNICHE) (ag/g)
1
> 0,25
0,35
2
0,15-0,25
0,25
3
0,05-0,15
0,15
4
< 0,05
0,05
Tale criterio ha individuato, come detto, una prima, provvisoria, classificazione del territorio
nazionale suscettibile di modifiche limitate da parte delle regioni e prevede un
aggiornamento periodico delle mappe di classificazione sismica.
La nuova mappa di pericolosità sismica predisposta dall’I.N.G.V. suddivide il territorio
nazionale in aree caratterizzate da diversa pericolosità (Fig. 9.2).
Fig. 9.2
- Mappa della pericolosità sismica del territorio comunale di Fano (tratto
da INGV).
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33
00
Come si può notare dalla Fig. 9.2, l’opera in progetto interesserà terreni che presentano
un’accelerazione massima del suolo che varia da 0,175-0,200 g.
Quest’ultima classificazione ha rappresentato il punto di partenza per la definizione delle
attuali NTC (2008).
9.2
Sismicità storica
Per evidenziare il risentimento, nell’area in studio, dei terremoti avvenuti in passato, è
stata inoltre ricostruita la storia sismica del comune di Fano all’interno del quale ricade
l’opera in progetto.
I dati sono stati tratti dal database disponibile sul web “DBMI04”, un database di
osservazioni macrosismiche di terremoti di area italiana (a cura di Stucchi M. et al., 2007),
che contiene i dati macrosismici provenienti da studi INGV e di altri enti, che sono stati
utilizzati per la compilazione del catalogo parametrico CPTI04. Sono stati selezionati gli
eventi risentiti al sito con intensità ≥ 5 (MCS).
I dati relativi agli eventi registrati sono riportati nelle tabelle seguenti:
Storia sismica di
Fano
[43.837, 13.018]
Numero totale di eventi: 42
Effetti
Is
Nel corso del terremoto del:
Anno Me Gi Or
Area epicentrale
Studio
nMDP
Io
Mw
7
7-8
5
6
3
4-5
6-7
5
6-7
5
6-7
4
6
3
5
6-7
4-5
4
7
3
F
NF
2
4
6
6
2
3
6-7
1389 04
1672 04 14 15 45
1690 12 23 00 20
1692 10 22 20 30
1694 09 08 11 40
1727 12 14 19 45
1741 04 24 09 20
1751 07 27 03
1781 06 03
1786 12 25 01
1788 04 18
1799 07 28
1838 06 23
1870 02 08
1873 03 12 20 04
1875 03 17 23 51
1887 05 26
1895 04 14 22 17
1897 09 21
1904 11 17 05 02
1907 01 23 00 25
1909 08 25 00 22
1911 02 19 07 18 30
1915 01 13 06 52
1916 05 17 12 50
1916 08 16 07 06 14
1917 04 26 09 35
1917 12 02 17 39
1924 01 02 08 55
DOM
CFTI
CFTI
DOM
CFTI
DOM
DOM
DOM
DOM
CFTI
DOM
DOM
DOM
DOM
CFTI
CFTI
DOM
CFTI
DOM
DOM
DOM
DOM
CFTI
DOM
CFTI
CFTI
DOM
DOM
DOM
1
92
17
2
253
32
135
61
157
91
2
47
4
10
196
143
19
296
44
204
93
283
185
1040
130
256
128
32
73
7
8
8-9
6
10-11
7
9
10
9-10
8
6-7
9
6-7
7
8
8
5-6
8
7
7
5-6
7-8
7
11
8
8
9
6-7
7-8
5.17
5.60
5.73
4.83
6.87
5.18
6.08
6.30
6.23
5.67
5.03
5.93
5.03
5.11
5.88
5.74
4.63
6.25
5.50
5.18
4.84
5.40
5.38
6.99
5.85
5.92
5.80
5.20
5.59
FANO
RIMINESE
ANCONETANO
FANO
IRPINIA-BASILICATA
S.LORENZO IN CAMPO
FABRIANESE
GUALDO TADINO
CAGLIESE
RIMINESE
FANO
CAMERINO
PESARO
NUMANA
MARCHE MERIDIONALI
ROMAGNA SUD-ORIENT.
JESI
SLOVENIA
ADRIATICO CENTRALE
PISTOIESE
ADRIATICO CENTRALE
MURLO
ROMAGNA MERIDIONALE
AVEZZANO
ALTO ADRIATICO
ALTO ADRIATICO
MONTERCHI-CITERNA
GALEATA
SENIGALLIA
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4-5
7-8
2
4
4-5
4
F
NF
4-5
2
3-4
3
4-5
1928 05 30 20 01
1930 10 30 07 13
1933 09 26 03 33 29
1936 10 18 03 10
1943 07 31 04 37
1962 01 23 17 31
1972 02 04 02 42 53
1972 11 26 16 03
1976 05 06 20
1983 11 09 16 29 52
1984 04 29 05 02 59
1987 07 05 13 12 36
1997 09 26 09 40 25
di
Rev.:
33
00
ADRIATICO CENTRALE
SENIGALLIA
MAIELLA
BOSCO CANSIGLIO
SENIGALLIA
ADRIATICO
MEDIO ADRIATICO
MONTEFORTINO
FRIULI
PARMENSE
GUBBIO/VALFABBRICA
VALMARECCHIA
APPENNINO UMBRO-MARCH.
DOM
DOM
CFTI
DOM
DOM
DOM
CFTI
DOM
DOM
CFTI
DOM
BMING
CFTI
17
263
326
267
5
49
75
73
770
835
709
90
869
5-6
9
8-9
9
5-6
6-7
7-8
7-8
9-10
6-7
7
6
8-9
5.06
5.94
5.68
5.90
4.63
5.03
5.18
5.34
6.43
5.10
5.68
4.65
6.05
Sia in tempi storici che attuali, le Marche sono state interessate da una diffusa e frequente
attività sismica. La distribuzione e le caratteristiche di questa sismicità sono ben
conosciute sulla base delle ricerche condotte all’inizio del secolo da Baratta, e dei dati del
Catalogo dei Terremoti, elaborato nell’ambito del Progetto Finalizzato Geodinamica,
integrati con quelli provenienti dalla Rete Sismica Nazionale dell’Istituto Nazionale di
Geofisica e dalla Rete Sismometrica Marchigiana.
La massima intensità sismica osservata nell’area umbro-marchigiana è pari al X grado
della scala Mercalli, che corrisponde ad una percentuale di distribuzione pari a circa il
75%. La massima magnitudo mai registrata, espressa secondo la scala Richter, è circa
6.5. L’attività sismica è concentrata prevalentemente nella crosta terrestre, a profondità
inferiore a 15 km. Infatti, circa il 95% degli eventi con magnitudo > 3, avvenuti tra il 1983
ed il 1990, si sono verificati al di sopra di questa profondità, all’interno di uno strato
definibile sismogenetico; la restante percentuale è distribuita nella crosta inferiore e nel
sottostante mantello litosferico.I terremoti non avvengono con la stessa frequenza ed
intensità su tutta l’area, ma sono concentrati in alcune fasce ben definite dal punto di vista
geologico e fisiografico. Con particolare riferimento al territorio prossimo all’area
d’indagine, si individua la presenza di una fascia con frequente e diffusa, seppur blanda,
attività sismica, compresa tra Arcevia-Sassoferrato e Offida-Ascoli Piceno (area del pedeappennino marchigiano).
Nell’area peri-adriatica, infine, una fascia simica con attività generalmente moderata si
estende da Senigallia-Rimini ad Ancona-Porto S. Giorgio.
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10
di
Rev.:
33
00
REALIZZAZIONE POZZO PER USO IRRIGUO
Le domande di autorizzazione e di concessione per la costruzione di un pozzo devono
essere corredate da un progetto preliminare redatto seconde le linee guida qui esposte.
La progettazione di un pozzo richiede innanzitutto:
a. l’identificazione dell’acquifero che si intende captare;
b. la valutazione quantitativa e qualitativa della risorsa sotterranea utilizzabile
(massimo prelievo compatibile con la locale disponibilità di risorse e con i
provvedimenti di tutela degli equilibri idrogeologici ambientali);
c. la domanda d’acqua che si intende soddisfare;
d. il corretto dimensionamento degli scavi e delle strutture;
e. l’impiego di materiali idonei a garantire la funzionalità e la durata dell’opera
idraulica;
f. accorgimenti che impediscano lo scambio idraulico tra acquiferi superficiali e
profondi;
g. accorgimenti che impediscano l’asportazione di materiale solido.
Nella fattispecie l’acquifero che si intende captare è quello posto immediatamente al di
sopra del substrato pliocenico (si veda stratigrafia pozzo “Chiaruccia” presente al capitolo
7) posto alla profondità di – 33 m dal p.c. (la profondità del substrato dovrà essere
comunque verifica durante la fase di realizzazione del pozzo).
Il Comparto Direzionale località Chiaruccia, Scheda ST5 P17 a Fano, per il quale si
richiede la realizzazione del pozzo, si sviluppa su una superficie di 14.741,00 mq, consta
di una superficie a verde di 5.407,57 mq e di una superficie a parcheggi di 3.762,68 mq.
Il progetto del verde elaborato per tale comparto prevede l’introduzione di specie vegetali
erbacee, arbustive ed arboree sia nelle aree a verde che all’interno delle aiuole dei
parcheggi. Al fine di ottenere ottime performance dalle specie vegetali introdotte e limitare
gli oneri manutentivi è stato predisposto un impianto di irrigazione completamente
automatizzato che irrigherà le piante e utilizzerà acqua di falda captata mediante pozzo.
Per poter dimensionare l’impianto e valutare i fabbisogni idrici delle specie vegetali
introdotte nel progetto sono stati presi in considerazione i valori di piovosità degli ultimi 20
anni della zona di Fano, la tipologia di terreno presente e l’evapotraspirato medio delle
specie utilizzate. Si è poi dimensionato il fabbisogno sulla base del periodo di maggiore
consumo che coincide con i mesi che vanno da maggio ad agosto.
La tabella sottostante mostra la piovosità registrata a Fano negli ultimi 20 anni:
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00
Totale precipitazioni mensili ed annuali [mm]
G
1,2
21,8
29,8
28,8
111,2
38,2
45,6
51,6
33,2
19,2
29,4
121,4
6,8
60,2
60,8
112,8
66,4
22,0
22,0
47,8
7,4
92,4
21,4
1,2
60,2
62,2
60,0
53,0
36,2
83,2
11,4
34,0
40,0
14,4
66,4
46,0
26,0
23,6
20,4
34,8
M
52,0
29,8
46,6
73,4
6,6
82,0
55,8
27,4
31,4
20,4
48,6
56,8
1,6
27,0
46,6
16,4
52,6
113,4
157,0
40,6
SOMMA ULTIMI 20 ANNI
MEDIA ULTIMI 20 ANNI
930,2
46,51
794,2
39,71
SOMMA ULTIMI 10 ANNI
MEDIA ULTIMI 10 ANNI
549,6
54,96
317,0
31,7
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
F
A
M
23,8
159,0
48,6
14,0
14,4
85,6
87,2
23,6
74,8
17,4
24,0
31,8
53,2
22,6
36,6
47,0
28,6
57,6
80,2
23,8
G
L
A
S
O
N
D
47,6
77,0
33,8
59,4
116,6
43,0
42,6
86,4
48,8
65,4
56,0
68,2
67,4
35,4
79,2
60,6
79,6
24,2
45,0
56,0
18,0
67,2
48,2
20,2
135,8
121,8
47,4
95,6
57,0
59,6
9,0
27,6
32,2
1,6
51,4
18,2
36,6
17,4
47,6
79,2
69,2
10,0
39,6
57,4
20,4
16,6
47,0
17,6
31,2
15,2
100,2
2,6
101,8
8,0
13,0
83,8
60,0
7,4
53,2
23,0
56,4
36,4
34,6
46,4
14,2
140,4
67,0
96,6
26,8
53,4
2,2
36,4
89,0
2,2
17,8
151,0
72,6
97,2
35,0
23,0
61,2
61,0
34,4
86,8
85,0
103,4
278,2
61,4
94,2
133,0
40,6
127,8
95,6
60,0
61,2
153,2
140,8
56,6
63,0
43,8
70,8
104,2
146,4
103,4
40,8
11,0
108,8
97,2
130,0
140,2
85,4
15,2
44,8
133,2
66,2
106,8
20,2
82,8
25,2
71,2
89,8
191,2
32,4
147,4
14,0
42,0
90,6
95,0
147,0
167,2
87,8
94,8
32,0
66,0
42,8
144,4
18,0
45,6
83,2
45,8
86,6
25,2
84,6
42,4
59,6
102,0
106,4
83,0
114,6
123,0
68,8
60,6
162,0
29,6
89,2
88,6
40,8
37,0
104,4
120,4
Totale annuale
584,0
875,2
600,4
680,8
678,8
848,2
1036,6
788,4
825,2
897,2
563,4
677,2
726,4
460,2
631,2
1028,8
642,2
584,8
736,2
609,4
986,0
49,3
1192,2
59,61
953,8
47,69
991,6
49,58
777,2
38,86
1098,6
54,93
1841,2
92,06
1603,8
80,19
1677,0
83,85
1628,8
81,44
14474,6
723,73
560,6
56,06
571,6
57,16
405,4
40,54
320,8
32,08
453,0
45,3
526,4
52,64
842,6
84,26
651,0
65,1
660,4
66,04
801,4
80,14
6659,8
665,98
La superficie a verde e quella ad aiuole all’interno dei parcheggi, è circa 6.000 mq, ed il
progetto prevede l’utilizzo di specie vegetali diverse (erbacee, arbustive, arboree).
Normalmente per il prato si considera un quantitativo da somministrare nei periodi estivi di
circa 4 litri/giorno/mq, per gli arbusti di circa 8-16 litri/giorno/pianta, per gli alberi
all’impianto di circa 40-60 litri/giorno/pianta. Valutando le proporzioni tra le superfici a
prato, quelle arbustive ed il numero di alberi inseriti nel progetto, il tipo di terreno a
disposizione ed il fatto che il progetto prevederà specie vegetali giovani che dovranno
essere irrigate abbondantemente nei primi anni, è stato valutato un fabbisogno idrico di 10
litri/giorno/mq.
Con una superficie di circa 6.000 mq ed un consumo di 10 litri/giorno/mq si calcola un
fabbisogno giornaliero, durante il periodo estivo di circa 60.000 litri/giorno. L’irrigazione
delle specie vegetali (a parte casi eccezionali di ulteriori adacquamenti diurni per le specie
arbustive ed arboree) dovrà avvenire esclusivamente durante le ore notturne al fine di
evitare problematiche sulla vegetazione impiantata come shock termici e fitopatie fogliari.
In seguito a tutte le considerazioni sopra esposte si valuta la necessità di costruire un
pozzo con una portata di circa 15 mc/ora (4,2 l/s).
Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche del pozzo, la figura sottostante (Fig. 10.1)
mostra uno schema dove figurano le principali caratteristiche che devono essere previste
in ogni progetto di costruzione di pozzi di emungimento:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Avanpozzo e testata del pozzo;
Diametri di perforazione e relative profondità
Diametri dei tubi di rivestimento esterni ed interni e relative profondità
Cementazioni e tamponamenti
Filtri
Eventuale massiccio filtrantre
Pompa e sue caratteristiche
Testata del pozzo
Relazione geologica e idrogeologica_Realizzazione pozzo per uso irriguo.doc
REALIZZAZIONE POZZO PER USO IRRIGUO
RELAZIONE GEOLOGICA E IDROGEOLOGICA
N° Documento:
Foglio
28
di
Rev.:
33
00
9. Diametro di bocca pozzo
10. Flangia di chiusura
11. Tubo di eduzione
12. Contatore
13. Saracinesca
14. Dispositivo di spegnimento automatico della pompa per eccessivo abbassamento di
livello
15. Livello piezometrico statico
16. Minimo livello piezometrico consentito
17. Piazzola
La valutazione preliminare della capacità dell’acquifero, desunta dai dati di portata del
pozzo per uso idropotabile “Chiaruccia” esistente, in relazione all’entità delle portate che si
intendono prelevare ci permettono di definire a grandi linee le dimensioni del pozzo per
emungimento di acqua in progetto, il quale dovrà raggiungere il tetto del substrato (quindi
oltre 30 m dal p.c.) e dovrà essere eseguito con sonda a rotazione e percussione
mediante avampozzo, camicia Ø 400 per terreni alluvionali, ghiaiosi e sabbiosi, con
rivestimento in PVC atossico Ø 315 spessore 9 mm, tipo pesante per pozzi, fenestrato.
Visti i quantitativi d’acqua richiesti si dovrà prevedere l’utilizzo di una pompa da 4”.
Relazione geologica e idrogeologica_Realizzazione pozzo per uso irriguo.doc
REALIZZAZIONE POZZO PER USO IRRIGUO
RELAZIONE GEOLOGICA E IDROGEOLOGICA
N° Documento:
Foglio
29
di
Rev.:
33
00
Fig. 10.1 - Disegno schematico di un pozzo per acqua.
Relazione geologica e idrogeologica_Realizzazione pozzo per uso irriguo.doc
REALIZZAZIONE POZZO PER USO IRRIGUO
RELAZIONE GEOLOGICA E IDROGEOLOGICA
N° Documento:
Foglio
30
di
Rev.:
33
00
Stralcio catastale in scala 1.2000 con ubicazione pozzo
Relazione geologica e idrogeologica_Realizzazione pozzo per uso irriguo.doc
REALIZZAZIONE POZZO PER USO IRRIGUO
RELAZIONE GEOLOGICA E IDROGEOLOGICA
N° Documento:
Foglio
31
di
Rev.:
33
00
Stralcio CTR in scala 1:10.000 (n. 269130) con ubicazione sondaggio
Relazione geologica e idrogeologica_Realizzazione pozzo per uso irriguo.doc
REALIZZAZIONE POZZO PER USO IRRIGUO
RELAZIONE GEOLOGICA E IDROGEOLOGICA
N° Documento:
Foglio
32
di
Rev.:
33
00
Stralcio foglio IGM in scala 1:25.000 con ubicazione sondaggio
Relazione geologica e idrogeologica_Realizzazione pozzo per uso irriguo.doc
REALIZZAZIONE NUOVO POZZO PER USO IRRIGUO
RELAZIONE GEOLOGICA
N° Documento:
Foglio
33
11
di
Rev.:
33
00
CONCLUSIONI
Non sono stati evidenziati elementi che sconsiglino la realizzazione dell’opera.
I terreni, in corrispondenza dell’area d’intervento, sono costituiti da depositi alluvionali
terrazzati, costituiti da ghiaie eterometriche intercalate a livelli sabbiosi e limo-sabbiosi
poggianti sul substrato argillo-marnoso del Pliocene superiore, posto a oltre 30 m di
profondità (Formazione delle Argille azzurre).
Nell’area oggetto di studio, la situazione idrogeologica è da ritenersi piuttosto semplice e
dipendente dalla diversa permeabilità dei terreni presenti (ghiaia, sabbie, limi e argille
limose). La natura alluvionale dei litotipi presenti favorisce l’infiltrazione delle acque
meteoriche ed il deflusso secondo linee preferenziali legate alla permeabilità; ai depositi
fluviali sabbioso-ghiaiosi si può attribuire un valore del coefficiente K>10-2, mentre in
presenza di litotipi limosi si può avere una permeabilità ridotta 10-4<K<10-3.
Dall’analisi del vicino pozzo “Chiaruccia” posto in località Tre Ponti ad una distanza in linea
d’aria di circa 340 metri dal pozzo in progetto risulta evidente la presenza, in
corrispondenza dell’area di intervento, di tre livelli di falda, posti rispettivamente a 11,0
15,5 e 18,0 m dal p.c.
La falda che si intende captare è quella posta immediatamente al di sopra del substrato
pliocenico (Argille Azzurre), identificabile alla profondità di – 33 m dal p.c.
Il pozzo dovrà emungere un quantitativo d’acqua pari a circa 15 mc/ora (4,2 l/s) e dovrà
essere eseguito con sonda a rotazione e percussione mediante avampozzo, camicia Ø
400, con rivestimento in PVC atossico Ø 315 spessore 9 mm, tipo pesante per pozzi,
fenestrato.Visti i quantitativi d’acqua richiesti si dovrà prevedere l’utilizzo di una pompa da
4”.
Relazione geologica e idrogeologica_Realizzazione pozzo per uso irriguo.doc
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