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Le Piene del Ticino a Sesto Calende

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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Le Piene del Ticino
a Sesto Calende
di Giovanni Di Bella
Contributi di storia locale
ASSOCIAZIONE PRO SESTO CALENDE
Contributi di storia locale
Volume realizzato con il contributo
del Comune di Sesto Calende
In copertina:
Piazza Garibaldi novembre 1907
Edito da :
Associazione Pro Sesto Calende
Testo :
Giovanni Di Bella
Foto:
Archivio Comune di Sesto Calende
Archivio Giannino Mazzoleni
Archivio Pro Sesto Calende
Archivio Varalli di Sesto Calende
Archivio Angelo Veronesi di Sesto Calende
Si ringraziano per la collaborazione
Maryse Ribolzi e Valentina Varalli
.
Realizzazione e stampa a cura
del centro progettazioni Selgraph
Cocquio Trevisago (VA)
Il quinto volume della collana "Strettamente Sestese", realizzato
dall'Associazione Pro Sesto Calende, presenta quest'anno la
riproduzione anastatica dell'interessante opuscolo di Paolo Bogni
dal titolo "L'inondazione di Sesto Calende. Racconto-storico".
Scritto durante i drammatici giorni dell'alluvione dell'ottobre del
1868, l'opera venne stampata a Milano agli inizi dell'anno successivo presso la Tipografia di Alessandro Gattinoni.
Il volumetto è preceduto da una prefazione di Giovanni Di Bella
che introduce l'argomento delle piene del Lago Maggiore, soffermandosi in particolare su tre di esse: la prima, quella "leggendaria" del 1177, seguita da quelle del 1705 e, appunto, del 1868.
Relativamente a quest'ultima viene in particolare presentata
dall’autore una sintesi dei più importanti documenti conservarti
nell'archivio storico del comune di Sesto Calende, con particolare
riguardo alle polemiche sulla costruzione del ponte ferroviario del
1868 e ai "soccorsi e sussidi ai danneggiati dall’inondazione".
Come i precedenti, anche questo volume è corredato da un'ampia
e ricca documentazione iconografica relativa alle piene e alle
"escrescenze" del Ticino, che dalla fine dell'Ottocento, quando
cioè la tecnologia ha permesso di fissare le immagini sulle lastre
fotografiche, giunge fino agli anni Cinquanta dello scorso secolo.
Ci auguriamo che anche questo volume, pur trattando di vicende
non certo liete ma purtroppo ricorrenti, sia ugualmente gradito a
quanti, tra i Sestesi, amano la storia della propria città e delle proprie radici. Proprio con l'intento di valorizzare questo patrimonio di
memoria collettiva, l'Associazione prosegue nell'iniziativa editoriale avviata nel 2001, mantenendo anche per quest'anno, e ci si
augura per molti altri ancora, la stessa veste tipografica e l'impostazione dei precedenti volumi, che rende ormai inconfondibile la
nostra "collana".
Associazione Pro Sesto Calende
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
TRE MEMORABILI INONDAZIONI
Fin dai tempi più antichi l'uomo ha avvertito la necessità di tramandare alle generazioni future il ricordo degli eventi naturali più catastrofici e, in certi casi, inspiegabili in relazione alle sue conoscenze
nel momento in cui si sono verificati e dei quali è stato testimone. Fra
i fenomeni che hanno lasciato un segno nella memoria della gente
delle nostre terre ci sono soprattutto le inondazioni del lago Maggiore
e del tratto iniziale del fiume Ticino, sulla cui riva sinistra è posta
Sesto Calende.
Nel corso di più di otto secoli, a partire dal 1177, anno della prima
straordinaria piena di cui abbiamo notizia nelle fonti scritte, le acque
del Verbani lacus, secondo le più aggiornate statistiche, si sono alzate sopra i 3 metri, rispetto allo zero convenzionale (m 192,39 s.l.m.),
più di sessanta volte (1).
Lo scopo per cui è stato redatto il presente contributo non è certo
quello di esaminarle in rapida rassegna; delle "buzze" del lago o, se
si vuole, del fiume Ticino a Sesto Calende, altri si sono occupati nel
passato, più o meno recente, con specifiche competenze e rigore
scientifico (2). Ci si soffermerà pertanto solo su tre di queste esondazioni, cioè quelle del 1177, del 1705 e del 1868, le uniche, forse, di
cui i cronografi e gli storici ci abbiano lasciato indicazioni adeguate
per poterne definire la portata e valutare le conseguenze. La terza,
quella del 1868, descritta da Paolo Bogni, viene ripresentata nell'originaria veste tipografica in questo volume, il quinto della collana
"Strettamente Sestese".
"Crevit usque ad decem et octo brachia in altum ..."
La prima citazione a noi giunta, quella di Sire Raul (3) riportata negli
Annali del Muratori (4), si riferisce alla piena del settembre del 1177;
ma, sebbene nel testo non si accenni in modo esplicito alle conseguenze subite da Sesto Calende, esse sono facilmente deducibili
dalla descrizione degli effetti disastrosi che l'inondazione provocò nel
borgo di Lesa, dove il Lago "crevit usque ad decem et octo brachia in
altum et operuit domus". La causa di questo vero "diluvium" che, a
parere dello storico del XII secolo, "maius non fuit a diebus Noe",
venne attribuita alle incessanti piogge che si riversarono nel bacino
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
imbrifero del lago durante il mese di settembre. Le acque non solo
ricoprirono, come si è detto, le case di Lesa, ma sommersero completamente anche molti alberi in prossimità delle due sponde.
Nonostante le discordanze fra gli storici che in epoche successive
hanno riportato l'evento, sia per quanto riguarda l'anno esatto (si ipotizza anche il 1178), sia per l'altezza massima raggiunta (m 9,62 per
alcuni, m 10,71 per altri, m 10,80 per altri ancora, senza indicazione
di alcun parametro di riferimento o del luogo di misurazione), sappiamo tuttavia che gli effetti furono sicuramente devastanti anche più a
valle e alla confluenza del Ticino nel fiume Po, se lo stesso Sire Raul
annotò che "a Scrivia ibant navigia usque Placentiam".
Secondo lo storico locale Cesare Tamborini, alle piene del Ticino e in
modo particolare a quella del 1177, è forse da imputare l'abbassamento del livello delle acque, che mettendo a secco aree prima sommerse, ha determinato con l'apporto dei detriti l'interramento delle
insenature adibite a porti o a luoghi di esazione di dazi e di sosta per
le barche. La scomparsa del porto di Scozzola, a parere dello storico
sestese, è pertanto da mettere in relazione alla cessazione del suo
compito, come conferma anche la definitiva sparizione del toponimo
"Scozzola" già agli inizi del XIII secolo (5).
Ulteriore conferma dei disastri causati dalla piena di quell'anno ci
viene dal Melzi (6) che attribuisce all'alluvione la modifica del letto del
Ticino e l'interruzione dell'intensa attività intrapresa per la realizzazione di opere idrauliche, note come i "navigli". Storiografi come
Galvano Fiamma e, ancora nel XIX secolo, Cesare Cantù (7), che
datava al 1177 l'inizio per la deduzione del "Ticinello o Naviglio
Grande", fanno comunque riferimento a questa data o agli anni
immediatamente successivi per indicare la ripresa dei lavori di collegamento verso l'Olona e Milano (8).
Non è da escludere, poi, che la presenza del toponimo "La Rotta"
nella parte più meridionale del Lago, al confine tra il comune di
Dormelletto e di Castelletto sopra Ticino, possa conservare il ricordo
di quell'antica esondazione. Il toponimo, già attestato in un documento del 1548 (9), potrebbe forse riferirsi proprio all'alluvione del
XII secolo, in quanto le successive (10), fino al XVI secolo, si sono
avute secondo il De Vit, solo tra il 1566 e il 1588. L'ipotesi potrebbe
essere avvalorata sia dalla presenza del termine "rotta" nel nome di
alcune località italiane, poste quasi sempre in vicinanza di corsi d'acqua, quindi con l'accezione di rupta, "rottura di argini" naturali, sia per
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
la mancanza di uno scontro militare con esiti disastrosi nella località
in questione, tale quindi da giustificare il significato di "grave disfatta
o sconfitta" di un qualsiasi esercito, anteriormente alla prima metà del
XVI secolo (11).
"Videsi in pochi momenti alzate le acque in sterminate ampiezze ..."
La seconda piena 'storica', di cui ci è rimasta un'ampia documentazione, è quella del 1705 descrittaci da Giovanni Giuseppe Vagliano
su Le rive del Verbano pochi anni dopo il tragico avvenimento. A conclusione del "Capo XXXX" e quasi dell'intera sua opera, giunto alla
"fine delle descrizioni, narrazioni, ritocchi di vecchie Istorie, e riflessi
morali sopra tutti i continenti delle Riviere e Vicinati del Verbano", l'allora rettore della Parrocchiale di Santa Maria di Domo, località vicina
a Porto Valtravaglia, annota:
"Una cosa sola ci resta da rammemorare alla posterità, che non vogliamo trasandare, ed è la distinta narrazione della famosa piena dell'acque, che alzate dalle piogge veementi, cadute dal cielo per più di quaranta giorni e notti,
poco interrotte da qualche interpolazione di sereno, e fatte maggiormente
gonfie da' venti impetuosi, che atterrarono molte Case, gran numero d'arbori, e piante di diverse spezie sdradicate converse al suolo, dal giorno quarto
dello scorso Ottobre fino a quest'ora, che scriviamo, e sono 20 di Novembre,
ancor non cessando le piogge, si vede tutto questo continente vicino alle rive
del Verbano miseramente allagato" (12).
Prima di proseguire nella sua descrizione della piena, occorre accennare, anche se in modo sintetico, alle critiche mosse da Carlo Antonio
Molli (13) al volume del Vagliano, che un decreto della magistratura
milanese aveva giudicato "menzognero, non genuino, falso e indegno di fede". Gli storici Frigerio e Pisoni, sulla base di un'attenta indagine condotta sul testo delle Rive e sulla lettura comparata con l'
Historia della nobiltà e degne qualità del Lago Maggiore di Paolo
Morigia, sono invece giunti alla conclusione che se di accusa si deve
parlare nei riguardi del Vagliano essa va limitata all' "appropriazione
indebita" di molte parti dell'opera del Morigia. A proposito, invece,
delle pagine dedicate al tema specifico di cui si tratta in questo contributo, i verbanisti Frigerio e Pisoni, dopo aver sottolineato "l'accumularsi di annotazioni puntuali con cui il vegliardo parroco di Domo
dipinse, sbigottito e commosso, la grande inondazione del 1705",
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
affermano che proprio in questa descrizione la penna del Vagliano
"trovò uno dei suoi momenti felici" (14).
La sua narrazione prosegue infatti incalzante come le onde della
piena: subito dopo il Castello di Lisanza, "nell'ingresso della Foce del
Lago, dove stringesi quasi in canale quell'ultimo varco", nello spazio
di pochi momenti le acque sommersero boscaglie e piante, e "ove
prima annidando cantavan gli augelli, poscia natando, guizzavan i
mutoli pesci, e l'Isoletta vicino a Sesto Calende annegata sotto quell'onde correnti, che si portavano a ruba quanto tra esse galleggiava".
Il 4 novembre, giorno di S. Carlo, l'intero abitato di Sesto Calende
venne allagato dalla furia delle acque che,
"inondate tutte le rive, erano sì gonfie, che in alto elevate entravano ne' cortili dell'Osterie, e di là barcheggiando sopra d'esse, s'usciva per l'altra porta
superiore".
Sotto l'impeto travolgente delle acque che dilagavano in case, cantine, magazzini, piazze, vicoli e strade,
"fu veduto diroccarsi l'alta mole della Torre, ove d'ordinario sta ben fermato il
porto per li passeggeri, portati giù per l'onde frementi que' sassosi materiali
e'l ponte per la corrente dell'elevato Fiume precipitando, fatto in scheggia".
E l'ondata di piena giunse "fino all'alto Convento de' Padri Riformati
di S. Francesco" (15). A tal proposito val la pena ricordare che i Padri
Zoccolanti, "monaci irrequieti e questuanti", non avendo in quegli
anni istaurato buoni rapporti con gli amministratori del paese e neanche con la comunità dei fedeli ("dei mali del paese non erano a parte
se non in quanto la miseria universale ad essi potesse far scemare i
proventi delle elemosine") (16), solevano predicare, riferendosi all'inondazione, che "quel castigo si doveva ripetere dal poco fervore che
in quegli anni manifestava nelle pratiche religiose la Confraternita di
S. Francesco da loro istituita". Solo con simili minacce riuscivano
infatti ad "estorcere" ai paesani denari e sacchi di granaglie, nonostante l'opposizione del priore dell'Abbazia di San Donato!
La piena del 1705 ebbe delle inevitabili ripercussioni sulla navigazione nel Ticino e di conseguenza sui commerci fluviali, che rimasero
bloccati per alcuni mesi. Alle pressanti richieste del Vicario di
Provvisione di Milano per una rapida ripresa delle attività commerciali, con particolare riferimento al trasporto di legna e carbone, il
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
comandante del porto di Sesto, il tenente Macchi, rispose che la navigazione fino a Tornavento era da considerarsi particolarmente
rischiosa a causa dei danni prodotti dall'inondazione sia all'alveo del
fiume che alla strada alzaja. Per recuperare in parte le spese da
sostenere per il loro ripristino, lo Stato di Milano tentò, in modo pretestuoso, di mettere in discussione la legittimità delle "regalie" dovute da Sesto ai Cusani e ai Visconti. E fu solo grazie alle capziose
argomentazioni del fisco che nel 1705 la riscossione di alcune imposte venne negata ai nobili casati, anche se per un breve lasso di
tempo.
Tuttavia, e serve sottolinearlo, i danni provocati dall'inondazione non
causarono per i Sestesi alcun aumento delle tasse che, addirittura,
rispetto ai paesi limitrofi, si mantennero su livelli più bassi (17).
Il Vagliano però non limita la descrizione della piena solamente al
Verbano, ma ne segue il rovinoso percorso fino all'imbocco del
Naviglio e poi da Vigevano a Pavia, fornendo un particolareggiato
elenco dei danni causati alle varie opere murarie e alla navigazione
fluviale.
Come l'inondazione del 1177, anche quella del 1705 provocò seri
danni al Naviglio; infatti, le acque che
"solevan scorrere a formar canale per lo continuo trasporto delle mercanzie
a Milano, cangiato corso, ragunati monti d'arena in esso cavo, e proibita così
dalle loro prepotenti forze la navigazione, con tremendo ardire deviando il
corso, si portarono insuperabili alla mano diritta ...".
La descrizione continua, ma con notizie sempre meno dettagliate,
dalla confluenza del Ticino nel Po e poi fino a Ferrara, ma è soprattutto nella conclusione che il Vagliano fornisce il bilancio finale delle
vittime, della cui attendibilità è lecito dubitare:
"onde in questa rimembranza de' diluvj d'acque, prosciolte da' Cieli dal giustissimo gastigo di Dio, si fa conto siano passate a miglior vita più di trenta
mila persone, cominciando dall'ambiente del Verbano e suo distretto fino a
Ferrara inclusive".
Limitatamente al territorio e all'abitato di Sesto Calende non è possibile aggiungere ulteriori particolari in quanto nell'archivio comunale
non è stato reperito alcun documento in merito a questa piena. Non
sembra, del resto, che nella maggior parte degli archivi comunali
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
delle località rivierasche del basso lago le ricerche abbiano sortito
risultati migliori, almeno fino ad oggi. Non si conservano infatti testimonianze né ad Arona, né ad Angera; a Luino esiste invece una ricca
documentazione proprio sulla piena del 1705.
Sull'altezza raggiunta dalle acque del Ticino nell'abitato di Sesto
Calende i pareri sono molto discordi, anche se in qualche tabella
recentemente pubblicata essa è stata fissata a m 6,19 (18). Storici
come il De Vit e corografi di vaglia come il Boniforti, concordi nell'anticipare la piena al 1704, poiché lo stesso Vagliano non ne ha indicato in modo esplicito l'anno, divergono invece sui livelli raggiunti: m
6,50 per il primo, 6,19 per il secondo, anche se riferiti "alla magra
ordinaria". Ma se è pur vero che il Vagliano non ha indicato l'anno
della piena e che la sua opera è stata pubblicata nel 1710, è forse il
caso di sottolineare che la descrizione dell'inondazione viene stesa
negli stessi giorni in cui essa si verifica, com'egli stesso afferma ("fino
a quest'ora, che scriviamo, e sono 20 di Novembre, ancor non cessando le piogge..."). Ed è proprio questa sua partecipazione emotiva
alla narrazione del tragico evento, anche se appesantita da una
prosa ancora baroccheggiante, che nel giudizio di Frigerio e Pisoni è
stata particolarmente apprezzata.
La spiegazione di misure tanto diverse relative alla piena, come si è
appena detto, è invece da imputare non solo all'inesistenza di un
sistema di misurazione scientificamente valido, ma spesso anche alla
mancanza di indicazioni precise delle date e dei luoghi di rilevamento. Solo nel corso del XIX secolo sarà infatti possibile avere rilevazioni sistematiche e attendibili, grazie alla collocazione degli idrometri. Nel 1967 Aquilino Zammaretti ha tentato di mettere ordine e di
"riscrivere" le misurazioni delle piene, utilizzando dati basati su criteri oggettivi, sulla scorta dei quali la piena del 1705 è stata fissata a
m 5,12 (19).
In certi casi, tuttavia, la misurazione è ancora possibile, grazie alla
conservazione di alcuni documenti materiali. A partire dall'inizio del
Settecento, infatti, invalse l'uso di ricordare, o meglio di "marcare", il
livello raggiunto dalle acque del lago, con la collocazione di targhe in
marmo sulle facciate di abitazioni o di edifici pubblici, ma anche religiosi, che, oltre all'altezza della piena, indicavano anche l'anno dell'evento. In alcune città le esondazioni furono segnalate anche con
tecniche più semplici e meno costose, cioè disegnando sulla stabilitura delle facciate, mediante vernice nera, semplici e lunghe frecce
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
orizzontali con l'indicazione del livello raggiunto ("Qui arrivò il lago"),
sormontate dalla data in cui l'evento si era verificato. Ma mentre per
Sesto Calende probabilmente una simile testimonianza materiale
non fu realizzata o è andata persa, ad Arona si può ancora osservare una targa con eleganti sagomature in marmo nero di Varenna,
murata nel portico di un'abitazione sul corso Cavour, recante la
seguente iscrizione:
L'ANNO J705 ADI 2 9BRE
SIN QUI GONFIOSSI IL LAGO E A QUESTO SEGNO
GIONSE L'ORGOGLIO SUO ED IL SUO SDEGNO (20)
"Le acque irrompevano ruinose qual torrente furibondo ..."
L' "acquemoto" di Feriolo
Il 15 marzo 1867, quasi come funesta anticipazione dei danni e dei
disastri che si sarebbero verificati l'anno successivo su entrambe le
sponde del lago, il paese di Feriolo dovette subire l'ingiuria delle
acque del Verbano. Sebbene questo evento non sia da mettere in
relazione col fenomeno delle piene, se ne fa ugualmente cenno perchè, anche se in misura poco rilevante, il fenomeno venne pure
osservato a Sesto Calende. Una dettagliata cronaca dell' "acquemoto" ci viene presentata dal De Vit, che, a sua volta, riprende testualmente quanto pubblicato dalla Gazzetta Officiale del 21 marzo dello
stesso anno:
"Verso le ore 5 pomeridiane del venerdì 15 marzo fu avvertito nel Lago un
movimento subacqueo, che occasionò un subito rialzo nel pelo dell'acqua di
centimetri 60 di contro a Feriolo, e dicesi che egual fenomeno sia stato rimarcato a Laveno, Pallanza e Sesto Calende. Alle ore sei si avvallò improvvisamente la spiaggia fiancheggiata dalla strada nazionale, restandone ingoiato
il molo e le case [...]. Le case rovinate sommano a sette, a sei le stalle e i fienili scomparsi, le persone morte a 14, e laddove stavano la strada nazionale, le abitazioni e la spiaggia vi ha un'altezza d'acqua da 11 a 50 metri di profondità" (21).
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
La piena del 1868 nell'opera di Paolo Bogni
Nell'ottobre del 1868 si registrò la piena più devastante non solo del
XIX secolo, ma di tutti i tempi, se si esclude quella "leggendaria" del
1177; il quarto giorno del mese infatti le acque del Ticino raggiunsero all'idrometro di Sesto Calende l'altezza di m 6,94 (22). Proprio
l'eccezionalità di questo evento naturale ha fatto sì che di esso si trovi
menzione, a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, non solo nelle
opere a carattere generale sul lago Maggiore, ma anche in molte
pubblicazioni degli storici locali delle più importanti città che si affacciano sulla sponda ticinese, lombarda e piemontese del Verbano. E
a ricordare ancora oggi quell'esondazione a quanti percorrono le vie
principali di quasi tutti i paesi rivieraschi, rimangono le numerosissime targhe che le comunità fecero apporre con l'indicazione raggiunta dalle acque il 4 ottobre del 1868 (23). A Sesto Calende se ne conserva ancora una molto originale, posta all'interno dell'antica
"Fiaschetteria Olearo", in via Zutti.
Per limitarci al paese di Sesto, il primo a fornire una dettagliata
descrizione di quella tragedia è stato Paolo Bogni, testimone oculare
di un evento naturale la cui furia devastante non è stata più superata
fino ai nostri giorni. Grazie alla sua narrazione oggi possiamo rivivere non senza sgomento, giorno dopo giorno, i drammatici momenti
che precedettero l'ondata di piena e le tragiche conseguenze osservate nella settimana immediatamente successiva. Ma poiché si vuol
lasciare al lettore la possibilità di conoscere direttamente attraverso
le parole del Bogni, senza alcuna mediazione, l'evolversi delle angosciose giornate di quel lontano ottobre, ci si limiterà in questo breve
saggio a presentare solo alcune osservazioni su questo "raccontostorico", definito così dallo stesso autore nel frontespizio del suo volumetto.
Dopo un'ampia introduzione storico-archeologica su Sesto Calende e
dintorni, il Bogni ci offre delle pagine descrittive di luoghi e paesaggi,
intrise di religiosità e di 'filosofiche' personali considerazioni. Nel
rispetto dei canoni del genere scelto per la narrazione dell'evento,
l'autore alterna alla prosa il discorso diretto, con cui dà immediatezza al linguaggio e all'azione, rivolgendosi spesso direttamente al lettore ("A te, o lettore intelligente, ...."). Il richiamo ad un romanticismo
un po' di maniera ("gli stridi acuti e prolungati delle upupe, falchi e
corvi ed altre bestie di malaugurio") e certe descrizioni che ricordano
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
il periodare manzoniano ("Giaceva da più giorni per malattia, obbligata a letto, una donna...", e ancora: "qual desolante quadro offrivano que' sventurati, allorquando furono a cognizione della loro vera
situazione...", ma si potrebbero citare intere pagine, come la 37), stridono però con i toni didascalici ("Voglia ora il lettore seguirci ad un'interna visita") più consoni ad una guida che al racconto.
Ciascuno degli otto capitoli in cui si divide il volumetto è preceduto da
una breve composizione in versi scritta dall'autore o tratta da famose
opere letterarie, con funzione di 'sommario', proposto in un'originale
forma poetica. Nel saggio del Bogni più che cogliere gli elementi del
racconto-storico si alternano pagine caratterizzate da un efficace realismo descrittivo con brani in cui prevalgono la componente giornalistica e l'esigenza di dare la notizia e spesso i particolari della notizia
stessa.
Le corrispondenze dei giornali dell'epoca nell'opera di Elso Varalli
Dobbiamo invece a Elso Varalli un'approfondita trattazione dell'evento, inserita ne I reggitori della cosa pubblica (24). Lo storico sestese
dopo avere presentato un ampio stralcio tratto dalla pubblicazione del
Bogni; dedica ben otto pagine alla "rassegna stampa" dei giornali dell'epoca, coprendo un periodo che dal 1° ottobre arriva fino al 19 dello
stesso mese. Si tratta di una dettagliata ricostruzione di quei tragici
momenti, attraverso numerose corrispondenze da Sesto Calende
pubblicate su "La Perseveranza", "La Lombardia", "Il Secolo", "La
Gazzetta del Popolo" e il "Pungolo". La parte finale della sua trattazione è invece riservata alla citazione di alcuni importanti documenti
relativi alla richiesta di condono della tassa di ricchezza mobile per i
danneggiati dall'alluvione, ai contributi di solidarietà pervenuti e agli
interventi di ripristino della strada alzaia.
Per comodità del lettore, ma anche per consentire una valutazione
complessiva dell'entità del disastro, viene di seguito presentata una
breve sintesi dello straordinario evento naturale, tratta dagli articoli
delle numerose testate sopra menzionate.
Dopo quasi tre settimane di piogge quasi ininterrotte, già il primo giorno di ottobre le prime case di Sesto Calende furono allagate; due
giorni dopo venne inondata la stazione ferroviaria "per la rottura
dell'Isolino", il cui piano serviva anche da porto per il paese. Nelle
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
strade in prossimità della riva del fiume l'acqua arrivava ad altezza
d'uomo e c'era il timore che potesse raggiungere e "valicare" il ponte
di legno della ferrovia. Col passare delle ore la piena sfiorò i 3 metri.
Il 4 ottobre le acque portarono via il tetto di alcune "casupole di
pescatori e di barcaioli", di altre invece abbatterono "la muraglia";
nelle case, attraverso le porte spalancate, la corrente vorticosa trascinava via suppellettili, masserizie, "mobiglie e granaje". Nella piazza principale "l'acqua era alta quasi due uomini" e la chiesa di San
Bernardino era sommersa fino alla porta; per recarsi da una parte
all'altra del borgo bisognava "attraversare o in spalla a portatori
improvvisati" oppure utilizzare le barche del Comune o di rematori
privati. Sorte peggiore era toccata all'edificio della Dogana dove l'acqua, entrata anche dalle finestre del primo piano, aveva trasformato
i corridoi in "canali" navigabili con le barche! Successivamente lo
scalo utilizzato dai battelli a vapore e il fabbricato che ospitava gli uffici della Dogana furono travolti dalle onde e i numerosi detriti vennero sospinti dalla furia delle acque "contro la prima stillate del ponte
all'americana", e poiché la congiunzione tra l'argine e il ponte dava
segni di cedimento si provvide al suo rinforzo con centinaia di sacchi
di sabbia.
Da una corrispondenza de "Il Secolo" del 6 ottobre apprendiamo che
vennero mobilitati 200 operai per la riparazione dei danni dopo il ritiro delle acque. Ma la situazione era molto desolante: negozi chiusi,
più di trecento famiglie ospitate a spese del Comune, altre dalla carità degli abitanti di Sesto; mancava il pane e il sale.
Solo dopo il 14 ottobre la vita nel borgo iniziò a normalizzarsi: riaprirono i negozi, i caffé e anche gli alberghi; ma si costatarono anche
danni irreparabili: lo scalo quasi totalmente distrutto, la Dogana ridotta ad informi avanzi, "il piano del così detto Isolino" sconvolto, "le stillate del nuovo ponte della strada ferrata appoggiate su golena, in
parte scalzate". Fra le conseguenze negative bisogna ancora aggiungere il trasferimento del Magazzino delle Privative di Stato, deciso
dalle superiori autorità, la soppressione della "caserma dei reali
Proposti" e della Dogana. A nulla valse il ricorso presentato dal comune contro quest'ultima soppressione; il Ministero delle Finanze comunicò infatti che con la realizzazione del tratto ferroviario Sesto
Calende - Arona, per le merci in arrivo dalla Svizzera sarebbero stati
utilizzati lo scalo e la dogana della vicina Arona. Cessò così dopo 42
anni l'importante ruolo di cui aveva goduto l'ufficio fiscale sestese,
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
non più capolinea delle merci dirette in Svizzera o provenienti da
essa, determinando una ricaduta negativa sui traffici commerciali e
sulle attività dell'economia locale con pesanti ripercussioni anche sull'indotto.
Nell'elenco dei danni occorre inserire infine la distruzione della strada che dal paese conduceva alla stazione. Per la sua ricostruzione,
ma anche per la realizzazione di "un punto di approdo sulla sponda
sinistra del fiume a monte del ponte", il sindaco Bassetti si rivolse alla
Società delle Ferrovie dell'Alta Italia, ricevendone uno sdegnato rifiuto. Tale Società ricordò innanzitutto che i Comuni dei paesi e delle
città del Lago Maggiore, compresa quindi Sesto Calende, avevano
presentato ricorsi al Governo contro la costruzione del ponte sul
Ticino, addossando la responsabilità della recente e rovinosa piena
alla restrizione della sezione del fiume determinata dalla posa dei
piloni. Sottolineò inoltre che proprio la realizzazione del nuovo punto
di approdo richiesto avrebbe, questo sì, ristretto la sezione del fiume
a monte del ponte durante le piene, provocando di certo in futuro la
presentazione di ulteriori reclami da parte dei Comuni rivieraschi (25).
La richiesta, come si è detto, venne quindi respinta anche perchè la
Società era in attesa della conclusione delle indagini condotte dal
regio commissario tecnico delle Ferrovie per l'accertamento di eventuali responsabilità sulle vere cause della piena.
Un'unica buona notizia fu che, nonostante gli ingenti danni materiali,
l'alluvione non provocò alcuna vittima.
Le richieste dei danneggiati nell'Archivio Comunale di Sesto
Un'abbondante documentazione in parte inedita, relativa all'evento, si
trova conservata nell'archivio comunale di Sesto (26), e copre il
periodo marzo 1868 - ottobre 1869.
Vi si possono consultare, ad esempio, varie carte inerenti la costruzione del ponte della Ferrovia sul Ticino (27), fra le quali, di particolare interesse, appaiono alcune corrispondenze in cui si manifestava
preoccupazione sulle conseguenze che la nuova struttura avrebbe
potuto avere sull'innalzamento del livello del lago (28). Di rilievo, nel
carteggio, una lettera del sindaco di Pallanza a quello di Sesto
Calende, datata 7 marzo 1868, nella quale si chiedeva se "la fondazione delle pile" per la realizzazione del ponte della strada ferrata da
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Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Sesto ad Arona potesse ostruire il regolare deflusso delle acque del
lago nell'emissario. Contrariamente alle aspettative, nella risposta del
sindaco Bassetti, conservata in minuta, i toni furono pacati e rassicuranti; in essa infatti si affermava testualmente che "a causa dell'impianto delle pille (sic) i paesi limitrofi riceveranno rigurgito di danno
lieve". Ma il sindaco di Pallanza, per nulla tranquillizzato dall'opinione del collega, gli fece ugualmente pervenire, in allegato, il testo del
reclamo inviato al Ministro dei Lavori Pubblici il 14 dello stesso mese,
affinché la giunta sestese potesse associarsi alla protesta.
Il ricorso produsse tuttavia scarsi risultati: un sopralluogo da parte di
funzionari del ministero "consentì soltanto qualche maggiore luce
d'altezza al ponte, ma non accolse radicalmente le istanze dei municipi".
Si arriva così al 28 settembre, giorno in cui il sindaco di Pallanza,
capofila dei comuni della sponda occidentale del lago, preoccupato
dalla "repentina escrescenza del lago" osservata fin dal primo mattino, inviò ai sindaci di tutti i paesi rivieraschi il testo di un ulteriore
reclamo da inoltrare al Ministro dei Lavori Pubblici, per un'azione più
incisiva.
Poiché il contenuto di questo secondo ricorso è stato solo parzialmente pubblicato dal Varalli (29); val la pena ricordare che in esso si
ribadiva la preoccupazione manifestata da molti paesi circa la costruzione, da parte della Società della Ferrovia dell'Alta Italia, delle fondamenta del ponte sul Ticino; tale apprensione era motivata dall'ampiezza del corso del fiume, ritenuta inadeguata "a smaltire tutte le
acque che raccolgonsi nelle periodiche piogge autunnali e primaverili, donde le dannose escrescenze". Nella petizione si sottolineava, di
contro, la necessità di ampliare la larghezza dell'emissario, anziché
costruirvi manufatti che, di fatto, impedivano il regolare deflusso delle
acque; anzi si sollecitava l'eliminazione delle peschiere e, addirittura,
si chiedeva che "venisse tagliato l'istmo detto di S. Anna".
I toni della comunicazione denunciano inoltre la drammaticità della
situazione che si sta vivendo in quelle ore e addossano la responsabilità di quanto potrebbe avvenire a chi ha sottovalutato le osservazioni e le proteste presentate nel passato. Dalle 6 pomeridiane del 27
settembre alle 7 del giorno successivo, cioè la stessa data del reclamo, nonostante si fosse registrata presso l'osservatorio meteorico di
Pallanza la caduta di appena 19 mm di pioggia, il livello del lago si
era alzato repentinamente di m 1,75, allagando molti paesi rivieraschi
12
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
e superando il livello di piena raggiunto nel 1840. A sostegno delle
proprie preoccupazioni e delle argomentazioni prodotte, il Sindaco di
Pallanza trascrisse una tabella relativa alle piene a partire dal 1854
fino a quella che si stava verificando in quei tragici momenti, e per
ribadirne la pericolosità non si limitò a indicare "la magior alzata raggiunta" da ciascuna di esse, ma annotò anche il numero dei giorni e
delle ore impiegato per raggiungere i vari livelli.
La lamentela del sindaco assumeva quindi i toni dell'aperta denuncia,
alla quale si aggiungeva lo sconcerto delle popolazioni: la vita, la
salute, gli averi di tutti gli abitanti del Lago venivano sacrificate all'interesse di private Società!
Le osservazioni si concludevano con la richiesta di pronti e radicali
provvedimenti atti a tutelare la pubblica salute e la sicurezza degli
abitanti delle popolazioni che vivevano lungo le rive del Verbano.
Sei giorni dopo l'inoltro della comunicazione, perdurando le continue
piogge, la situazione precipitò provocando un disastro ambientale di
proporzioni catastrofiche, per la cui descrizione si rimanda al testo di
Paolo Bogni, proposto in questo stesso volume.
Sempre fra le carte d'archivio, nel titolo Acque e strade sono conservati i documenti relativi al ripristino della strada alzaia lungo il Ticino
e al consolidamento degli argini in seguito alla piena. Si tratta della
corrispondenza, spesso classificata "urgente", intercorsa tra la Sotto
Prefettura del Circondario di Gallarate e la Giunta municipale di Sesto
Calende. Tra le note, quella del 28 ottobre, informa che l'ingegnere
capo dell'Ufficio governativo del Genio Civile aveva mandato il
"custode Carlo Zonca per far provvedere un nuovo passo, ad uso
della navigazione, sui terreni laterali, abbattendo le piante ed altri
ostacoli" (30).
Ma dei provvedimenti urgenti da adottare circa il ripristino dell'alzaia,
secondo un'altra nota, dovette farsi carico anche il sindaco di Sesto,
come si evince da un sollecito della Sotto Prefettura di Gallarate.
L'ondata di piena di cui si ebbe ampia eco, come si è detto, sulla
stampa locale e regionale costrinse il Ministero dei Lavori Pubblici a
istituire una commissione, presieduta dall'ingegner Giovanni Crespi
di Pavia, con l'incarico di studiare un sistema coordinato di difese
degli argini del Ticino e del Po. Vennero quindi richiesti ai comuni e
raccolti dalla commissione dati statistici sulle altezze raggiunte dalle
piene e memorie , per costituire una sorta di banca dati indispensa13
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
bile per prevenire o contrastare analoghi disastri.
Particolare interesse presenta la cartella dell'archivio storico in cui è
raccolta la documentazione riguardante la concessione di mutui da
parte della Cassa di Risparmio di Milano ai Comuni danneggiati (31).
Dietro iniziativa della Prefettura di Milano era stata infatti attivata la
Commissione Centrale di Beneficenza, amministratrice della Cassa
di Risparmio meneghina, istituita per far fronte a questa come a simili calamità naturali e "pubbliche sventure". Il sotto prefetto di Gallarate
nel darne notizia al sindaco di Sesto, sottolineò che la Commissione
non solo aveva già provveduto fin dal 19 ottobre, cioè appena dopo
due settimane dal disastro, ad erogare "alcune somme a fondo perduto in favore delle popolazioni povere", ma lo informò anche del
provvedimento adottato circa i sussidi da stanziare, sotto forma di
mutuo, in favore di comuni e "Corpi Morali" che non si trovassero in
condizioni finanziarie tali da poter riparare strade, ponti, argini e
opere pubbliche in genere, danneggiate dalla piena. L'erogazione
delle sovvenzioni era però regolata da una serie di formalità e condizioni che ne limitavano l'assegnazione a reali e comprovati danni, dei
quali occorreva presentare una prima stima anche se approssimativa. Nei verbali di richiesta di assegnazione del prestito doveva inoltre essere espressamente indicato "con quali mezzi avranno ad
essere soddisfatti gli impegni derivanti dal mutuo", la cui durata era
limitata a sei anni. Il capitale sarebbe stato restituito in dieci rate da
versare negli ultimi dieci semestri del seennio con l'interesse del 5%
annuo e garantito "coll'estimo ed ogni altra attività del comune". Ma
prima della concessione, la pratica avrebbe seguito un complicato
iter burocratico con lo scopo di evitare speculazioni e di limitare l'erogazione alle opere veramente indispensabili per il ripristino delle
comunicazioni e delle attività commerciali. Il termine ultimo per le
domande venne fissato dalla Commissione di Beneficenza al 31
dicembre del 1868.
Mentre per Comuni e "Corpi Morali" erano previste queste forme di
finanziamento, in favore dei danneggiati privati vennero attivati altri
canali. La Deputazione Provinciale di Milano, ad esempio, già il 13
ottobre costituì un primo fondo di sottoscrizione di L. 25.000, facendo però "fidanza anche nella carità privata", nella consapevolezza
che tale somma si sarebbe presto rivelata insufficiente a coprire tutte
14
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
le richieste. Per evitare distribuzioni indiscriminate venne chiesto alla
Giunta comunale di raccogliere i dati relativi alle famiglie povere che
avevano subito danni, di accertarne l'entità e di trasmettere le
domande degli interessati alla Commissione Provinciale di Milano
istituita per la concessione dei sussidi (32).
Qualche settimana dopo, il 6 novembre, la sopra citata Deputazione
diramò ai comuni colpiti dalla calamità quattro note (dal n. 270 alla n.
273) nelle quali venivano indicati i quattro elenchi nei quali suddividere le richieste di sussidi che sarebbero state presentate dai 'presunti aventi diritto'. Nel primo bisognava inserire "le famiglie povere"
alle quali sarebbe stato accordato il sussidio "nella misura esposta";
le domande dei "danneggiati non assolutamente poveri", che rientravano in un secondo elenco, sarebbero state tenute in sospeso "fino
al prospetto di tutti i danni e di tutte le somme raccolte", per procedere, eventualmente e in un secondo momento, all'erogazione di
contributo da stabilire; "a chi non consta della povertà" e a chi avesse presentato "domande esagerate oltre ogni limite dell'onestà", da
includere rispettivamente nei due restanti elenchi, il Comune avrebbe dovuto restituire le istanze senza neppure inoltrarle alla
Deputazione.
Al Comune di Sesto cominciarono però a pervenire richieste non solo
dalle famiglie povere ma da tutti coloro che, a prescindere dalle loro
condizioni economiche, dichiaravano di avere subito danni, a volte
senza neanche specificarli, limitandosi a quantificare solo la cifra,
come fecero Vincenzo Zonca, che si sarebbe accontentato di L. 150,
i fratelli Crespi, mercanti e calzolai nella Piazza Maggiore, che di lire
ne richiesero invece ben 700, e molti altri ancora.
Il dottor fisico Giuseppe Mazza, che abitava nella contrada di San
Bernardino e che, vista la professione svolta, indigente certo non era,
lamentò danni ai pavimenti e ai muri della sua abitazione, ma anche
la perdita di vino nelle cantine, di torba e carbone per un ammontare
complessivo di L. 500.
L'inondazione del Ticino procurò danni considerevoli a Giovanni
Guazzoni, che insieme ai fratelli era proprietario di una "sega d'assami e legnami con annesso molino". Egli accusò la perdita di una rilevante quantità di assi di larice e peccia (cioè abete rosso) ma soprattutto la "rovina al machinisme della sega", danni al pavimento e alla
roggia molinara che portava l'acqua al mulino. La richiesta del sussidio venne quantificata in L. 1500 anche in considerazione della for15
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
zata inattività della sega per ben 40 giorni, sebbene i Guazzoni
ammettessero di non essere "effettivamente miserabili" ma di trovarsi tuttavia "nella minima classe di commercio".
Non è raro trovare, tra le richieste, alcune note di trasmissione di queste istanze alla Commissione Provinciale; in esse il sindaco di Sesto
motivava l'inoltro alla superiore autorità per un più autorevole parere
"non sapendo egli conscientemente dare un adeguato giudizio.
In risposta ai frequenti quesiti sull'accoglimento o meno delle istanze
dei danneggiati, la Sotto Prefettura fu costretta a ribadire l'11 dicembre del 1868 quanto aveva già tempestivamente comunicato ai vari
Comuni pochi giorni dopo l'inondazione. Con una circolare del 13
ottobre, nel dare notizia dell'apertura di una colletta in favore delle
popolazioni disastrate, il sotto prefetto di Gallarate aveva raccomandato alle Amministrazioni locali di accogliere ed esaminare esclusivamente le richieste delle famiglie ridotte all'estrema indigenza e limitatamente ai danni accertati sulla loro fede. In altri termini non veniva
presa in considerazione l'entità del danno subito ma l'appartenenza
alle classi sociali più disagiate, dovendo concedersi i sussidi "solo ai
bisogni della vita".
Ma se i danni riguardavano persone che svolgevano un pubblico servizio, come quelli dichiarati da Francesco Candiani, commesso
postale di Sesto, l'annotazione a margine ("Preme") apposta dalla
Giunta sulla sua istanza, l'intervento della Direzione Compartimentale
delle Poste di Milano e il visto del sotto prefetto ne autorizzavano
tempestivamente il risarcimento.
A conferma dell'eco che il tragico evento aveva avuto ben oltre i confini provinciali si cita, fra le carte d'archivio, una lettera della "Gazzetta
del Popolo" del 21 ottobre con la quale il direttore comunicava al
Sindaco di avere ricevuto dalla Loggia Massonica "Dante Alighieri" di
Torino un vaglia postale di L. 50 (che veniva accluso) da destinare ai
danneggiati. Non si può certo dire che in occasione di quella triste circostanza si sia aperta una gara di solidarietà su vasta scala; i tempi
e la congiuntura economica risentivano infatti di un processo unitario
ancora in fase iniziale, mentre la capitale del Regno, da tre anni, si
era 'geograficamente' allontanata dal Piemonte, spostandosi
sull'Arno.
Ma se alcune richieste di sussidi si limitavano alla descrizione del
danno e alla quantificazione della somma, altre invece descrivevano
nei dettagli complicate vicende.
16
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Una di queste domande venne inoltrata da Arona il 16 ottobre dai fratelli Vittore, Pietro e Stefano Ceretti d'Intra al "Signor Concigliatore" di
Sesto Calende. Il motivo per cui in una stessa istanza si trovano citate ben tre città del Lago, ma bisogna ancora aggiungere Lisanza e
Angera, si spiega infatti con una serie di traversie capitate ai ricorrenti. Le acque del lago, infatti, avevano portato via dalla stazione
d'Arona, dove i Ceretti li avevano lasciati in deposito, diversi tini e
botti. Questi recipienti, una volta avvistati nelle vicinanze di entrambe
le spiagge del lago, vennero recuperati da volontari e consegnati ai
sindaci locali. I Ceretti, venuti a conoscenza dei recuperi dei loro
"vasi", riuscirono a rientrarne in possesso senza alcun ostacolo
recandosi nei vari paesi rivieraschi, meno che a Lisanza. Qui infatti la
restituzione di una tina di rilevante valore ebbe dei risvolti 'legali' sia
con il sindaco del paese sia con un tal Balzarini che la deteneva. Il
sindaco pretendeva la somma di 4 franchi "per la fatica impegnata
nella circostanza", il Balzarini addirittura 30, ma alla fine si sarebbe
accontentato solo di 10 franchi. Fallito ogni tentativo di accordo tra le
parti, il sindaco e il segretario "rilasciarono lettera per il Pretore di
Angera", che a sua volta consigliò ai Ceretti di rivolgersi al
Conciliatore di Sesto, città in cui il Balzarini risiedeva. Non conosciamo, purtroppo, la conclusione della vicenda.
Per evitare di procedere ad una semplice elencazione delle richieste
avanzate dai singoli danneggiati si preferisce darne conto, d'ora in
avanti, raggruppandole per categoria, o meglio, per attività commerciale svolta dai "postulanti"; si avrà così un quadro, anche se parziale, delle tipologie professionali più colpite e anche delle attività produttive, artigianali e commerciali svolte nel centro storico di Sesto
Calende nella seconda metà dell'Ottocento (33).
Come si può facilmente immaginare, fondaci, botteghe, magazzeni e
opifici subirono i danni maggiori con la conseguente perdita di derrate, attrezzi e suppellettili varie.
La categoria maggiormente danneggiata risulta appunto quella dei
proprietari di magazzeni; in quelli di Giuseppe Bonini, di Carlo Gattoni
e di Natale Mainine, "inondati di gross'acqua", andarono persi assi di
peccia, larice, noce e rovere, ma anche "cordami attrezzi di barca e
remi ad uso Barcajolo", "palette ossia remi di barca e altri attrezzi di
navigazione", tende di tela, corde, stoffa e otto vele, per un danno
complessivo di L. 1.715.
17
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Nell'archivio comunale di Sesto si conserva una sola richiesta di
indennizzo da parte di barcaioli anche se, a causa dei danni prodotti
dall'inondazione alla navigazione sul Ticino e alla strada alzaia, sappiamo che i traffici commerciali fluviali subirono una prolungata interruzione.
Giuseppe Coscia, di professione barcaiolo, "supponendo che il suo
precedente ricorso tendente ad ottenere un bonifico in via di sussidio
pel danno subito" non fosse stato preso in considerazione per mancanza di documenti attestanti la sua "miserabilità", rinnovò la richiesta per ottenere un contributo "che valesse a porlo in grado di continuare il suo esercizio". Dichiarò a tal fine che "non possedeva beni di
fortuna ma la sola professione di barcaiuolo" e che si trovava privo di
"sommersegli barche e caricato di gravissimi impegni di famiglia",
dovendo mantenere una numerosa prole.
Ma l'ondata di piena arrecò un danno economico non indifferente
anche a chi grazie al fiume svolgeva un'altra redditizia attività. Pietro
Bogni (34), "fittabile del diritto di pesca e peschere di proprietà
dell'Illustrissima Casa Visconti d'Aragona", lamentò la quasi totale
sparizione della peschiera che dal porto principale di Sesto arrivava
a quello di Presualdo, per un danno complessivo di L. 1.200. In calce
alla sua istanza, datata 20 novembre 1868, il sindaco Bassetti dichiarò "la verità dell'esposto, previa informazioni". Anomala appare pertanto, a meno che non si tratti di un caso di omonimia, la lettera di un
Pietro Bogni, inviata direttamente alla Commissione provinciale nella
quale, facendo riferimento alla domanda precedentemente inoltrata,
egli sottolineava che la cifra indicata nel ricorso era "veritiera e vieppiù minore all'effettivo dei danni". Ma ancor più interessante si dimostra quanto dichiarato a conclusione di questa seconda istanza, cioè
che egli non si era fatto annotare sull'elenco comunale dei danneggiati, perché "formante parte della locale commissione" istituita per
l'accertamento dei danni. Nel duplice ruolo di controllore/controllato e
forse per non far cadere su di sé il sospetto, come si direbbe oggi, di
conflitto di interessi, si era appunto rivolto direttamente all'organo
superiore. La sua situazione era del tutto particolare e, per certi
aspetti, imbarazzante visto che i danni li aveva realmente subiti ma
all'attività commerciale di fittabile delle peschiere affiancava un
responsabile impegno nella vita pubblica della vicina Lisanza, dove
fin dal 1860 ricopriva la carica di consigliere comunale.
18
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Tra i pubblici esercenti danneggiati vanno ricordati i caffettieri e i venditori di vino: Giuseppe Chinelli, appartenente a questa seconda
categoria, tentò di rivolgersi direttamente al Ministero dell'Interno,
senza rispettare l'iter burocratico che prevedeva la presentazione
della domanda alla Giunta del Comune, presso cui era costituita una
commissione locale, e, in certi casi, anche il parere della Deputazione
provinciale di Milano. Il Chinelli dichiarò che nella sua vendita di vino
al minuto nella contrada di San Bernardino al n. 40, aveva subito un
danno irreparabile, perché la furia delle acque aveva fatto crollare i
muri maestri della cantina e sommerso tutta la provvigione del vino
appena fatta, anche quella della miglior qualità, perdita quantificabile
nella somma di L. 1.500. Aveva inoltre perso brente di acquavite per
un valore di L. 105, un accumulo di carbone legna e paglia per altre
L. 1.668. Avendo dovuto infine sostenere le spese per il fitto di un
altro locale si era ridotto nella condizione di "nullatenente". Ma il suo
tentativo non raggiunse il risultato sperato: il Ministero ribadì nella
risposta, fatta pervenire per via gerarchica alla Deputazione, che "i
fondi stanziati in bilancio per pubbliche calamità non possono essere
erogati per sovvenire individuali infortuni". Il Chinelli venne quindi
invitato a "fare appello alla carità cittadina locale", nella speranza di
poter essere incluso nel secondo elenco dei danneggiati "non assolutamente poveri". Al sindaco Bassetti, come ultimo referente di un
iter che il ricorrente aveva tentato di non rispettare forse nella speranza di accelerare i tempi e di ottenere il massimo dell'indennizzo,
toccò il compito di restituirgli l'istanza e di comunicargli l'esito negativo della richiesta.
Al "caffetiere Carlo Mazzucchelli", che seguendo la regolare prassi
aveva denunciato un danno di L. 250, la somma venne invece regolarmente erogata.
Come si accennava in precedenza, non poche furono le richieste di
indennizzo presentate al sindaco per la perdita di altri beni come, ad
esempio, il foraggio destinato all'allevamento. Giuseppe De Magri,
sebbene abitasse a Lisanza, si rivolse al Bassetti perché "ghiaia,
cespugli e pattume" portate dall'inondazione avevano rovinato i due
tagli di "fieno agostano a terzolo" acquistati in un prato del territorio di
Sesto Calende. Il danno, anche se non paragonabile ad altri già esaminati, ammontava tuttavia a L. 70 (fasci 20 di terzolo per L. 3,50
cadauno); il De Magri si limitò pertanto a richiedere un compenso,
"sperando della bontà dell'autorità municipale".
19
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Il pattume e i cespugli distrussero 65 fasci di fieno terzolo che Luigi
Pozzi aveva "nel prato grande al Vignolo"; mentre danni inferiori subì
in un altro prato vicino alla casa "allo Stallo de Notari" per un totale di
L. 262,50. Per rimanere nell'ambito dei danni provocati nei fondi
occorre ricordare che Luigia Restelli, unica donna fra i ricorrenti, oltre
alle lesioni subite dalla propria casa sulla sponda del fiume in località Presualdo, dichiarò che ben 11 piante di grossi gelsi erano andate
perdute come pure quanto si trovava su alcune pertiche di terreno
aratorio.
La sfortuna si accanì contro Francesco Minazzi, che abitava in una
cascina all'interno di un fondo confinante con la strada alzaia. Le
acque gli portarono via una gran quantità di legname danneggiandogli anche la sega e vari ferramenti; ma danni maggiori gli furono causati dalla perdita di "35 sacchi di crusca, 50 di cenere da fornace, 4
quintali di terzolo segato, frasconi con faggioli e ghiaia di calce".
Comprese le spese per le riparazioni, il Minazzi denunciò infatti una
perdita quantificata in L. 1238,70.
Ci fu chi, come Clodomiro Barberi che ebbe l'abitazione a piano terra
completamente sommersa, nonostante avesse perso tutte le masserizie per un danno di più di 1.000 franchi, limitò la richiesta a sole L.
600. Un'istanza di indennizzo atipica, per non avere subito danni in
modo diretto, fu quella dei fratelli Santino e Giuseppe Mandelli.
Poiché la loro casa era situata sulla strada del Sempione, quindi ad
un livello tale da non essere stata allagata, per ordine del Municipio
venne intieramente occupata da numerosi abitanti. Ma la casa dei
Mandelli, oltre ai quattro locali annessi adibiti ad abitazione, comprendeva anche "una bottega ad uso prestino", che venne pure utilizzata dai senza tetto procurando, secondo i ricorrenti, "qualche loro
danno", ad indennizzo del quale chiesero "qualche compenso a
norme del caso".
Trascorsi otto mesi dall'inondazione, anche la Fabbriceria di Sesto
Calende presentò il 1° giugno 1869 un'articolat a domanda di sussidio
alla Giunta municipale. La parte iniziale dell'istanza sottolineava
come già da tempo si pensasse "ai mezzi per provvedere ai ristauri
della Chiesa Sussidiaria di San Bernardino". Ad aggravare la situazione già precaria arrivò inattesa l'alluvione che danneggiò molti arredi sacri, rendendo inoltre l'intero edificio insalubre. I fabbriceri per
dare maggiore efficacia alla richiesta fecero notare che la chiesa, tro20
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
vandosi nel centro del paese, non era certo inferiore per importanza
e per concorso di popolo alla Parrocchiale, cioè l'abbazia di San
Donato, certamente più distante. Da queste considerazioni discendeva la richiesta inderogabile di restituire all'edificio la salubrità necessaria per garantire la pubblica igiene; richiesta che comportava, a sua
volta, un lungo elenco di costosi lavori. Bisognava, ad esempio, risanare i muri, aprire un gran finestrone nel coro per aver più luce ed
aria, rinnovare il pavimento dopo aver realizzato un vespaio di ciottoli, ed altri interventi ancora.
Circa i fondi necessari la fabbriceria dichiarò di non poter disporre se
non delle offerte dei fedeli ma tuttavia di
"non sentire per altro il coraggio di farvi concorrere il Comune, comprendendo benissimo in quali critiche circostanze egli presentemente si trovi e sa pur
troppo i danni toccati ai Sigg. Estimati nella stessa inondazione".
In conclusione, appellandosi alla necessità di dovere garantire il servizio del culto senza arrecare danni alla salute pubblica, i fabbricieri,
tramite la Giunta municipale, ricorrevano alla Commissione per i soccorsi, unica istituzione, a parer loro, in grado di erogare i fondi necessari, quantificati in L. 2.400 complessive così suddivise: un finestrone L. 450,00; pavimento di mattoni, con lo scavo, ecc. L. 1.000;
restauri all'esterno L. 400,00; arredi L. 550,00.
La risposta ai fabbriceri giunse tempestiva, appena un mese dopo,
ma sicuramente poco gradita.
La Deputazione provinciale di Milano nelle poche righe della nota n.
6904 del 7 luglio 1869 comunicò che il fondo raccolto per recar sollievo alle popolazioni colpite dall'inondazione era quasi tutto esaurito,
ma che in ogni caso esso era "esclusivamente destinato a sollievo
delle famiglie danneggiate povere", né poteva essere distratto per
concorso in opere di riparazione di edifici, essi pure danneggiati dalle
acque, di qualunque natura e pertinenza fossero.
La conclusione non dava alcuna speranza per un successivo ripensamento: "Con tale dichiarazione sarà a licenziarsi l'istanza della
Fabbriceria di Sesto Calende".
Per evitare l'inoltro di altre richieste di indennizzo, anche perché
come si è visto, i fondi erano finiti, la Deputazione di Milano fissò una
data di scadenza, che non conosciamo con precisione, ma che si
evince dalla risposta ad un'istanza presentata "dopo l'espiro del ter21
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
mine utile per l'insinuazione di consimili domande", cioè il mese di
luglio 1869. E la Deputazione si mostrò irremovibile nel rispetto di tale
data anche in presenza di richieste, forse anche legittime nel merito,
come quella di Giovanni Maggioni, che, motivando il ritardo "per circostanza di malattia", si vide rigettare anche un successivo ricorso.
Dai documenti consultati si deduce che nel periodo ottobre 1868 giugno 1869 furono compilati numerosi elenchi di danneggiati, riferiti
a successive note emanate dalla Deputazione di Milano, anche se
nell'archivio comunale di Sesto Calende si conserva una sola lista
numerata fino al n. 25, alla quale sono stati aggiunti altri 13 nomi,
quasi tutti diversi dai firmatari delle istanze esaminate in questo
lavoro (35).
Non è dato sapere, dalla documentazione esaminata, se alla Giunta
presieduta dal Bassetti, le superiori autorità affidarono, nei giorni
immediatamente successivi all'inondazione, altri incarichi relativi alla
gestione dell'emergenza oltre alla compilazione degli elenchi dei danneggiati. Circa l'efficienza e la rapidità nel disbrigo di tali pratiche o di
altre simili incombenze , in assenza di note da parte della
Deputazione o della Sotto prefettura che ne criticassero l'agire, si
presume che l'amministrazione comunale sia stata all'altezza della
gravità imposta dalla situazione. Solo in una occasione il suo operato è stato censurato. La nota del 26 settembre 1869, inviata al sindaco Bassetti dalla Commissione Permanente per la liquidazione dei
danni, sollecitava infatti l'invio della dichiarazione della Giunta comunale "comprovante la qualità degli individui indicati nel foglio del 9
settembre, nonché la denominazione del fondo ove furono dalla
Commissione constatati danni in seguito all'inondazione". Il sollecito,
per un ritardo di appena due settimane, era tuttavia motivato con la
necessità, da parte del delegato del Genio, di dover rendere la contabilità di tali pagamenti entro la fine del mese!
Dopo i danni causati dall'alluvione gli abitanti di Sesto Calende dovettero subire anche quelli prodotti dal fisco: un'altra sventura infatti non
più dovuta alle forze della natura bensì alle leggi dello Stato stava per
colpirli.
L'art. 5 della Legge n. 4513 del 26 luglio 1868 relativo alla tassa sui
redditi di ricchezza mobile per il triennio 1868-70, prevedeva infatti
che il contributo per l'anno '68 e per il 1° semestre del 1869 venisse
calcolato sulla media del triennio precedente. In particolare la tassa
teneva conto delle rendite cosiddette "variabili", cioè dipendenti dal22
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
l'esercizio di industria e commercio. L'inondazione del '68 non solo
aveva fatto cessare il reddito ma addirittura, in certi casi, aveva
distrutto lo stesso capitale dei contribuenti. Il carico di imposta per i
danneggiati era quindi da considerasi indebito, ma anche se così non
fosse stato, molti di loro non avrebbero comunque avuto la possibilità di soddisfarlo.
Un primo tentativo per ottenere il condono della tassa di ricchezza
mobile per il 1868 e una riduzione per il successivo biennio, venne
inutilmente esperito dalla Giunta municipale presso il Ministero delle
Finanze (36).
Visto l'esito negativo ma per nulla scoraggiata dall'insuccesso, nell'imminenza della data prevista per i pagamenti, la Giunta di Sesto
Calende inviò alla Camera dei Deputati del Regno d'Italia a Firenze
una petizione, affidando al deputato al Parlamento Nazionale avvocato Francesco Restelli il compito di depositarla e di appoggiarne la
trattazione, raccomandando soprattutto l'urgenza.
Del testo della petizione ci è rimasta la minuta in cui la Giunta descrive l'inondazione, elencando i danni subiti dalla popolazione soprattutto da artigiani, commercianti e da coloro che esercitavano attività
produttive, che nello spazio di poche ore, nel cuore della notte, avevano perso tutto; e per molte famiglie si trattava dell'intero patrimonio. Non certo solo per impietosire ma perché tali erano realmente
state, venivano poi descritte le scene strazianti di quanti, col progressivo deflusso delle acque, avevano constatato la gravità dei disastri causati dall'alluvione.
Dopo il duro giudizio espresso sulla legge, che per la popolazione di
Sesto sarebbe stata iniqua, la supplica si chiudeva con la richiesta di
un provvedimento eccezionale che consentisse di valutare i redditi
del '68 sulle effettive basi e risultanze dell'anno. Le fonti documentali tacciono purtroppo sull'esito di questa seconda petizione.
23
Note e bibliografia
(1)
Per il dettagliato elenco delle piene si rimanda alla tabella “Massime piene del fiume Ticino”
(2)
Cfr. F. BIAZZI, Sulla Fisica del Lago Maggiore e La navigazione sul Lago Maggiore, a cura del
Ministero della Marina Italiana, su "Rivista Marittima", Roma 1922-23; M. CIAMPITTIELLO, I livelli del Lago Maggiore, Verbania-Intra 1999; i numerosi saggi di Aquilino Zammaretti citati nelle successive note e lo studio del De Marchi del 1950. Si possono inoltre consultare gli "Annuari
Idrografici della Svizzera", in particolare quello del 1928.
(3)
Sire Raul, vissuto nel XII secolo, ricoprì a Milano la carica di console di giustizia e "scrisse la guerra col Barbarossa" (1134-1177). Cfr. V. DE VIT, Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee, vol.
I, Prato 1875, pp. 21, 400. Altra citazione del "gran diluvio d'acqua" del 1177 in B. CORIO,
L'Historia di Milano, Venezia 1565, 141.
(4)
L. A. MURATORI, Annali d'Italia dal principio dell'Era Volgare fino al 1500, Modena 1744-1749,
Tomo VII, p. 24.
Molti storiografi del XVIII e XIX sec. hanno attinto successivamente alla stessa fonte. Si citano G.
GIULINI, Memorie spettanti alla storia, al governo, ed alla descrizione della città e della campagna di Milano ne' secoli bassi, Milano 1760, VII, 195 e L. BONIFORTI, Il Lago Maggiore e suoi
dintorni, Milano 1871, pp. 6-9, per menzionare solo una delle numerose guide e corografie del
canonico aronese, nelle quali viene sempre trascritto lo stesso testo.
(5)
C. TAMBORINI, L'Abbazia di San Donato in Sesto Calende, Milano 1964, pp. 9-10. Per il significato del toponimo "scozzola" nelle diverse versioni, ma tutte da far derivare da "scossa" e da "scotere", cioè "pagamento di tributi", si veda ID., Note di toponomastica di Sesto Calende, in
"Rassegna Gallaratese di Storia e d'Arte", 20 (1961), p. 112.
(6)
L. MELZI, Somma Lombardo. Storia descrizione e illustrazioni, Milano 1880, p. 232.
(7)
C. CANTÙ, Milano - Storia del popolo e pel popolo, Milano 1871, pp. 3-4.
Sulle origini dei 'navigli' milanesi si veda P. FRIGERIO - G. RADICE, Un'ipotesi per il Panperduto,
in "Verbanus", 24 (2003), pp. 145-147. Altre fonti indicano il 1179 come anno d'inizio dei lavori di
scavo del primo tronco del Naviglio tra Tornavento e Abbiategrasso.
Il toponimo "locus Rotta" ovvero "Rupta, vulgo La Rotta", è riportato in un documento conservato
presso l'archivio Borromeo dell'Isola Bella (Feudi, Processi criminali. 1515 al 1631) e citato da
P. FRIGERIO - P. G. PISONI, Carte ritrovate, in "Verbanus" 6, (1985), p. 423.
(8)
(9)
(10)
La piena del 1203, menzionata dal Giulini, non può essere presa in considerazione, in quanto non
presenta riferimenti al Lago Maggiore, ma accenna solo alle devastazioni prodotte dal "Tesino"
lungo il suo corso fino a Vigevano e Morimondo. Cfr. G. GIULINI, Memorie spettanti alla storia...,
cit., p. 195.
(11)
Purtroppo neppure un attento esame della voce "Rupta" sul Glossarium del Du Cange ci aiuta a
dare una risposta definitiva al problema di natura semantica (Cfr. DU CANGE, Glossarium Mediae
et infimae latinitatis, Parigi 1840, Tomus V, pp. 827-828).
(12)
G. G. VAGLIANO, Le rive del Verbano, Milano 1710, pp. 400-403 in Le rive del Verbano a cura di
P. FRIGERIO - P. G. PISONI, Intra 1976. La scelta di inserire la narrazione della piena non nel
XXIII capitolo, in cui il Vagliano illustra nei particolari la storia e i monumenti di "Sesto Calende
Borgo antico", ma dopo la descrizione di Maccagno, ultimo paese del lungo elenco, è probabilmente da ascrivere alle conseguenze che quell'esondazione ha avuto sull'intero bacino del
Verbano.
(13)
Sulla figura di Carlo Antonio Molli (Borgomanero, 1759-1830), doctor egregius in utroque iure, cultore di antichità e memorie patrie, si veda V. DE VIT, Memorie storiche di Borgomanero e del suo
Mandamento, (IIa ediz.), Prato 1880, pp. 182-183.
24
(14) ID., ibi, XXXVI, XLIV.
(15) Il convento, alla cui fabbrica "fu dato principio nell'8 ottobre 1630" veniva, a buon diritto, definito
"alto", perché si ergeva in prossimità dell'incrocio tra le attuali via Cavour, via Vecchio Convento
e la piazza Venticinque Aprile. L'intero edificio sacro, convento e chiesa, venne demolito nel 1939,
avendone acquisito l'area la SIAI dalla S.A. Immobiliare Agricola Industriale di Sesto Calende. Per
le tormentate vicende del convento, a partire dalla sua fondazione, si veda P. A. MOSCONI, Il convento francescano di San Giuseppe in Sesto Calende, in "Rassegna Gallaratese di Storia e
d'Arte", 117 (1972) , pp. 81-94; per quelle invece relative alla proprietà, dopo l'incameramento da
parte del regio demanio nel 1805, cfr. E. VARALLI, Sesto Calende "Porto di mare", Varese 1979,
pp. 125-126. Di questo pregevole monumento si conserva oggi solo il pozzo, fatto ricomporre nel
1939 da Cornelio Bruscherini presso l'Abbazia di San Donato.
(16) A. G. SPINELLI, Ricerche spettanti a Sesto Calende, Milano 1880, pp. 83-85, 157-167.
(17) ID., Ibidem, p. 85.
(18) Cfr. "Sestocalende informazioni", dicembre 2000, p. 4.
(19) Secondo lo Zammaretti, posto lo zero convenzionale a m 192,39, la piena raggiunse l'altezza di
m 5,12.(Cfr. A. ZAMMARETTI, Il bacino imbrifero del Verbano, in "Verbanus", 2 (1980), pp. 235245 e ID., Piene e magre del Lago Maggiore negli ultimi secoli, in "Bollettino Storico per la
Provincia di Novara", LVIII, (1967), n. 1. Lo storico aronese Perucchetti, riferendo probabilmente
la misura all'altezza raggiunta nella sua città e alla massima magra del Lago, fissa il livello a m
6,60, misura che riduceva a m 5,90, se riferita al livello ordinario delle acque. (Cfr. P. PERUCCHETTI, Arona. Cenni storici con illustrazioni, Arona 1894, p. 50.) Ma neanche tra storici della
stessa città c'è accordo: il Tosi, infatti, sempre a proposito della stessa piena, afferma che ad
Arona le acque salirono a m 5,12! (P. TOSI, Storia di Arona, Novate Milanese 1978, vol. III, p. 746).
(20) La targa si può osservare dal vicolo Reina al n. 2. Targhe analoghe, sempre relative alla piena del
1705, si conservavano, ancora nei primi decenni de Novecento, in molti paesi in riva al lago come
Ascona, Intra, Suna e Angera. Cfr. G. EPPER, Contributo all'idrografia del Lago Maggiore,
Locarno 1902, (Estratto dall'Annuario degli Ingegneri e Architetti del Cantone Ticino 1899-19001901, traduzione dell'Ing. Giovanni Rusca).
(21) V. DE VIT, Il Lago Maggiore, Stresa..., cit., vol. I, p. 22. Nella nota il De Vit accenna inoltre ad analoghi "acquemoti" registrati nel passato anche nei vicini laghi di Como e Lugano. Delle cosiddette
"sesse" si occupa Romano Marafini in una scheda inserita nella presente pubblicazione, alla quale
si rimanda per gli approfondimenti sul fenomeno.
(22) Cfr. la tabella "Massime piene del fiume Ticino".
(23) Per limitarci alla vicina Arona, se ne contano oggi una diecina; ad Angera invece le marche di
piena ancora conservate nei primi anni del '900 erano solo due. La collocazione di idrometri in
molte città e paesi del lago Maggiore già durante la prima metà dell'Ottocento ha consentito una
rilevazione scientifica dell'altezza raggiunta dalla piena del 1868. Tali misurazioni però differiscono perché relative a luoghi posti ad altitudini diverse sopra il livello del mare, a diversi giorni di raccolta dei dati e a parametri non omogenei, come ad esempio l'altezza sulla massima magra, la
livellazione su idrometri di altre località, ecc.
(24) E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica, Varese 1983, pp. 50-62.
(25) Si ricorda, a tal proposito, che la richiesta di un nuovo punto di approdo venne rivolta alla Società
Ferroviaria dell'Alta Italia in quanto fin dal 1865 essa aveva assunto anche l'esercizio della navigazione sul Lago Maggiore (cfr. F. OGLIARI, La Navigazione sui Laghi Italiani, - Lago Maggiore,
Brescia 1994, p.78.
25
(26) Sono particolarmente riconoscente a Maryse Ribolzi, archivista del Comune di Sesto Calende, per
la preziosa collaborazione e la sua qualificata consulenza.
(27) Per i dati relativi alla costruzione del ponte ferroviario del 1868 si veda C. TAMBORINI, I ponti sul
Ticino a sesto Calende, collana "Strettamente Sestese", Associazione Pro Sesto Calende, vol. 2,
2002, p. 33-36.
(28) Archivio Storico Comune di Sesto Calende (ASCSC), cart. 11, titolo I (Acque e strade), fasc. 27.
Altri documenti riguardano il ricorso presentato alla Giunta municipale sestese dai "proprietari di
barche, negozianti e barcaioli" circa la costruzione di una strada che oltrepassi la Ferrovia in vicinanza del ponte.
(29) E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica, cit., p. 50.
(30) ASCSC, cart. 11, titolo I, fasc. 22.
(31) ASCSC, cart. 82, titolo XI (Finanza), fasc. 22.
(32) ASCSC, cart. 170, titolo XXI (Pubblica sicurezza), fasc. 1.
(33) Si tratta comunque solo di dati molto parziali, cronologicamente limitati alla fine del 1868; per un
quadro complessivo sulle condizioni socio-economiche della Sesto Calende post-unitaria si
rimanda al fondamentale lavoro del Varalli già citato.
(34) Sulla famiglia Bogni e in particolare su Pietro Silvestro che aveva in gestione le riserve di pesca
di Castelletto sopra Ticino, Sesto Calende e Lisanza, di proprietà dei marchesi Visconti d'Aragona
si veda Sesto Calende. Cenni storici - Immagini di un tempo, collana "Strettamente Sestese",
Associazione Pro Sesto Calende, vol. 4, 2004, (scheda).
(35) ASCSC, cart. 82, titolo XI, fasc. 24.
(36) E. VARALLI, I reggitori della cosa pubblica, cit., p. 59.
26
Foto e Documenti
La piena del Ticino del 4 ottobre 1868
Xilografia sta in: "L'inondazione di Sesto Calende" di Paolo Bogni Milano 1869.
Curiosa lapide a ricordo della piena del 1868 murata in un locale di via Zutti.
2 settembre 1890 - Veduta di Sesto Calende
3 settembre 1890
31 ottobre 1892 Piazza Guarana e piazza Scipione
In alto vedasi chiesa di San Giuseppe, del Convento dei Padri Riformati di S.Francesco.
La chiesa si ergeva in prossimità dell’incrocio tra le attuali via Cavour, via Vecchio Convento e Piazza
XXV Aprile.
Mappa del Cessato Catasto Lombardo (1856)
31 Ottobre 1892 Veduta di Sesto Calende
La massima piena di mt. 3.20, sul livello del mare, si registrò il giorno 15 ottobre
Novembre 1907 - Piazza Berera
Novembre 1907 - Le barche approdano in Piazza Garibaldi
Novembre 1907 Piazza Garibaldi
il massimo della piena di mt. 4.25, sul livello del mare, fu raggiunto il 18 novembre
Maggio 1917 - Piazza Scipione
Maggio 1917- Alcuni aspetti di Viale Italia sommerso
La piena raggiunse mt. 3.34 sul livello del mare il 31 maggio
Maggio 1951 - Piena primaverile - Lavandaie in Piazza Guarana
Novembre 1951 - Piazza Scipione
Novembre 1951 - Piazza Berera
Nel Polesine (Rovigo) - il Po ruppe gli argini a Occhiobello provocando enormi danni e
l'esodo di circa 150.000 persone
Novembre 1951 - Ponte di barche
La piena interruppe il transito attraverso il ponte di barche causando gravi disagi per la
viabilità sulla strada del Sempione
Novembre 1951 - Alcuni aspetti della Piena in Viale Italia, che raggiunse m. 3,78 sul livello
del mare il 13 novembre
MASSIME PIENE DEL FIUME TICINO
Superiori a mt. 3.00- Misurate all'idrometro di Sesto Calende
Zero convenzionale a mt. 192.39 sul livello del mare
1177 - mt. 10.71
1640 - mt. 6.46
1690 - mt. 5.95
1705 - mt. 6.19
1755 - mt. 6.65
1777 - mt. 5.07
1815 - mt. 4.55
1823 - mt. 4.30
1829 - mt. 4.28
1834 - mt. 4.43
1839 - mt. 4.07
1840 - mt. 4.77
1843 - mt. 3.80
1846 - mt. 4.21
1846 - mt. 4.37
1848 - mt 3.48
1851 - mt. 3.65
1854 - mt. 3.15
1855 - mt. 4.35
1855 - mt. 3.30
1856 - mt. 3.72
1857 - mt. 4.00
1860 - mt. 3.85
1863 - mt. 4.03
1864 - mt. 4.31
1868 - mt. 4.53
1868 - mt. 6.94
1872 - mt. 4.44
1872 - mt. 3.18
1872 - mt. 4.00
1882 - mt. 3.12
20 novembre
settembre
settembre
4 novembre
15 ottobre
settembre
14 settembre
4 ottobre
14 settembre
28 novembre
8 ottobre
4 novembre
giugno
18 maggio
9 ottobre
giugno
ottobre
giugno
17 giugno
ottobre
ottobre
23 ottobre
settembre
17 ottobre
10 giugno
29 settembre
4 ottobre
23 giugno
7 ottobre
23 ottobre
17 settembre
1886
1889
1891
1892
1896
1896
1900
1907
1917
1918
1920
1926
1926
1928
1928
1939
1940
1942
1951
1957
1960
1963
1965
1968
1977
1979
1981
1983
1993
1993
2000
-
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
mt.
3.14
3.62
3.31
3.20
3.05
3.50
3.47
4.25
3.34
3.58
3.78
3.52
3.67
3.52
3.95
3.42
3.04
3.39
3.78
3.06
3.23
3.19
3.23
3.12
3.52
3.61
3.88
3.37
4.18
4.28
4.59
12 novembre
30 ottobre
23 ottobre
15 ottobre
24 ottobre
1 novembre
28 agosto
18 novembre
31 maggio
19 giugno
25 settembre
17 maggio
22 novembre
29 ottobre
2 novembre
7 agosto
9 luglio
2 novembre
13 novembre
25 giugno
20 settembre
8 novembre
3 ottobre
5 novembre
5 maggio
17 ottobre
28 settembre
23 maggio
9 ottobre
14 ottobre
17 ottobre
1829: inizio delle letture sistematiche dei livelli del fiume all'idrometro di Sesto Calende.
Le notizie sui livelli del fiume anteriori al 1829 sono segnalazioni riportate in opere di
cronaca e storia locale, spesso carenti sulla portata del fenomeno.
Le sesse del Lago Maggiore
Il giorno 24 agosto 1911 nelle prime ore del pomeriggio sulle rive del Lago Maggiore si
verificò uno stranissimo fenomeno denominato "sessa".
Lo stesso fatto fu osservato qualche anno prima, il giorno venerdi 15 marzo 1867 a
Feriolo intorno alle ore 17 fu avvertito nel lago un movimento subacqueo e subito ci fu
un'innalzamento del livello dell'acqua di quasi 60 centimetri ingoiando il molo e distruggendo sette case, sei stalle, fienili e ammazzando bestiame ma la cosa più grave fu la
morte di 14 persone.
Il giornale ticinese "La Libertà" riportava una notizia simile dello stesso fenomeno: Il 17
luglio 1888 intorno alle ore 11 sulle rive del Lago Maggiore, dalle acque in perfetta tranquillità d'un tratto il suo normale livello si alzò di 20 centimetri e subito si riabbassò, ma
la cosa più sconvolgente fu che si verificò per ben 7/8 volte in pochi minuti e di conseguenza fu visto e testimoniato oltre dalle lavandaie che solitamente popolavano la riva
del Ticino anche dai bagnanti che si trovavano sulla spiaggia.
Tre giorni dopo, il 20 luglio lo stesso fenomeno avvertito nel Lago Maggiore fu osservato nel lago di Como, a Lecco.
“Uno strano fenomeno” tratto dal "Corriere della Sera del 24 agosto 1911”
Uno fenomeno stranissimo, determinato certo dal maltempo, si è verificato sulle rive del Ticino nella
zona che comprende le due rive tra Sesto Calende e Castelletto.
Dalle 14 alle 15 dell'altro giorno, improvvisamente, il livello del fiume si è abbassato di circa mezzo
metro per modo da lasciare allo scoperto qualche metro di spiaggia.
Molte barche che prima galleggiavano in acqua, rimasero improvvisamente in secco: ma l'avventura più spiacevole è capitata ad una ventina di donne di Sesto Calende che sulla riva, a fior d'acqua,
attendevano a lavar panni. Vedendosi sfuggire le acque di sotto le mani le donne si portavano avanti fino a raggiungere il nuovo livello e ripresero il lavoro in così strano modo interrotto. Ad un tratto,
come si erano ritirate, in acque ripresero le prime loro posizioni.
Le lavandaie rimasero ginocchioni, circondate d'ogni parte dell'acqua, urlanti di spavento per quel
bagno forzato. Accorsero persone che prestarono loro aiuto e l'incidente finì senza altre conseguenze.Il curioso e raro fenomeno ha però prodotto molta impressione, particolarmente nel popolino, il quale ricorda in questi giorni una bizzarra coincidenza e ne trae motivi di timori e di preoccupazioni.
Lo stesso fenomeno dell'abbassamento del livello d'acqua nel Ticino si verificava sei o sette giorni
prima del disastroso terremoto calabro - siculo.
Perciò corre e acquista credenza la voce che fra cinque giorni l'Italia debba essere nuovamente
funestata da una così terribile sciagura. Il popolino vive in timore e in aspettativa guardando ancora sospettosamente il Ticino, se mai le sue acque non diano qualche nuovo e funesto presagio.
Sessa: Oscillazione del livello delle acque di un bacino lacustre o anche di taluni bacini
marini abbastanza isolati. E' dovuta normalmente a variazioni locali di pressione in
seguito al passaggio di una depressione atmosferica o all'azione del vento che provoca
un temporaneo accumulo dell'acqua in una parte del bacino. Le caratteristiche geometriche di bacino influiscono sullo sviluppo delle oscillazioni che sono tipicamente stazionarie. Nel caso semplice di un bacino rettangolare le oscillazioni possono manifestarsi
sia lungo l'asse maggiore del bacino (oscillazioni longitudinali) sia lungo quello minore
(oscillazioni trasversali). La sessa si mantiene più o meno a lungo attraverso una serie
di oscillazioni, secondo il perdurare o il riprodursi della causa del gioco degli attriti.
L'ampiezza può variare da qualche centimetro a parecchi decimetri.
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Le Piene del Ticino a Sesto Calende
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2005
dalla litografia Selgraph - Cocquio Trevisago (VA)
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