AZIONE 4. Stima delle probabilità delle piene estreme. Confronto
by user
Comments
Transcript
AZIONE 4. Stima delle probabilità delle piene estreme. Confronto
AZIONE 4. Stima delle probabilità delle piene estreme. Confronto applicativo dei due metodi probabilistici GRADEX e VAPI Contributo dei partner italiani: Virgilio ANSELMO Università di Torino - Facoltà di Agraria - DEIAFA Contributo dei partner francesi: Philippe BOIS, Abdelatif DJERBOUA, Daniel DUBAND INPG (Institut National Polytechnique de Grenoble) - LTHE METODO VAPI IV-1. OBIETTIVI Le Alpi piemontesi presentano una grande variabilità dei caratteri pluviometrici che deriva dall’orografia e dall’orientamento delle vallate in relazione alla provenienza delle perturbazioni. La stima della probabilità delle precipitazioni intense e del rischio di piena nei bacini di montagna è l’obiettivo dell’azione 4, mentre la valutazione dell’influenza dell’orografia è il tema dell’azione 2. E’ stato effettuato lo studio comparato di due bacini: l’Arc a Bramans (bacino di 635 km2 ) da lato francese e la Stura di Lanzo a Lanzo (bacino di 575 km2 ) da lato italiano. Il primo corso d’acqua si sviluppa, nel bacino dell’Isère, in direzione Nord-Sud, mentre il secondo è inserito nella cerchia dei bacini piemontesi che presentano orientamento prevalente Ovest-Est. Questa è anche la regione alpina brutalmente interessata dall’evento piovoso del settembre 1993. L’interesse di valutare le caratteristiche idrologiche della zona chiave della transizione tra Piemonte e Savoia giustifica la proposta dell’azione 4. Il lavoro svolto rappresenta un test di applicazione congiunta dei metodi GRADEX e VAPI, il cui utilizzo è ben noto in Francia (GRADEX) e in corso di sviluppo in Italia (VAPI). I metodi sono stati sviluppati per la valutazione delle piene estreme, con i valori esorbitanti tipici dell’ambiente mediterraneo. La stima delle piene di bassa probabilità è data dal GRADEX sulla base dei valori di portata osservati e delle piogge rare; il metodo VAPI stima una funzione di probabilità a quattro parametri utilizzando i caratteri statistici di diverse stazioni della stessa regione. IV-2. PARTNERS DELL’AZIONE 4 Gli organismi che partecipano all’azione 4 del progetto INTERREG II sono i seguenti: − LTHE Laboratoire des Transferts en Hydrologie et Environnement dell’Institut National Politechnique di Grenoble; − Università di Torino, Facoltà di Agraria, DEIAFA, Sezione Idraulica Agraria. IV-3. RICHIAMO TEORICO SUL METODO VAPI Il VAPI è un progetto di ricerca del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche sulla Valutazione delle Piene. Il programma prevede l’analisi statistica su base regionale non solo delle massime piene annuali, ma anche dei massimi annuali delle piogge di breve durata. I risultati presentati qui di seguito si riferiscono alla Regione Piemonte. IV-3.1. Generalità Una grandezza idrologica X, associata ad un tempo di ritorno T, può essere stimata partendo dai dati disponibili, che costituiscono la serie campionaria della variabile X nel punto di interesse, o utilizzando un’analisi regionale, che utilizza le serie storiche della regione in cui cade il punto. Nel primo caso si parla di stima puntuale, nel secondo di stima regionale. Le operazioni che permettono di arrivare alla stima di XT (chiamate nel loro insieme stimatore X̂ T ) si effettuano in genere utilizzando un modello probabilistico ad uno o più parametri e stimando questi ultimi in base ai dati storici puntuali e/o regionali. Lo stimatore X̂ T può essere considerato come una variabile casuale, che assume valori diversi a seconda dei dati che costituiscono il campione delle X. Tale variabile avrà un valore medio E[ X̂ T ] ed una varianza VAR[ X̂ T ]. In idrologia non è possibile operare analiticamente per ridurre l’errore quadratico medio EQM = {E[ X̂ T -XT ] }2 + VAR[ X̂ T ] che serve a determinare quale sia il miglior stimatore. Si ricorre allora al procedimento seguente: - formulazione di un’ipotesi di modello probabilistico e calcolo di XT ; - generazione di un numero molto grande di campioni della variabile X; - calcolo della grandezza X̂ T per ciascun campione, usando gli stimatori che si vogliono confrontare; - valutazione della precisione. Il modello probabilistico puntuale usato in questa applicazione è il TCEV (Two Component Extreme Value, Rossi, Fiorentino e Versace, 1984); esso ipotizza che i valori estremi di pioggia e/o portata provengano da popolazioni diverse, mescolate fra di loro: una componente base si riferisce ai valori ordinari più frequenti e mediamente meno intensi, e una componente straordinaria è relativa ai valori più rari e mediamente più elevati. IV-3.2. Regionalizzazione Per passare da un modello probabilistico puntuale ad uno regionale occorre ancora definire le modalità con cui variano i parametri del modello da un sito all’altro. L’analisi statistica delle massime piene annuali Q in Piemonte è stata effettuata attraverso una metodologia di analisi regionale, basata su una versione modificata del metodo della piena indice secondo un approccio di tipo gerarchico, che utilizza tre differenti livelli di scala spaziale per la stima dei diversi parametri della distribuzione della Q: − primo livello, a scala regionale o interregionale, per la stima dei parametri di forma; − secondo livello, a scala regionale o subregionale, per la stima del coefficiente di variazione; − terzo livello, a scala di bacino, per la stima della piena indice µ(Q) media delle piene annuali. L’apporto gerarchico si basa sulla considerazione che esistono zone geografiche via via più ampie che possono considerarsi omogenee nei confronti dei parametri statistici della distribuzione, man mano che il loro ordine aumenta. Poiché il programma VAPI prevede l’analisi statistica su base regionale non solo delle massime piene annuali ma anche di massimi annuali delle piogge di breve durata, la suddivisione in zone pluviometriche omogenee è un passo fondamentale per l’analoga suddivisione in sottozone idrometriche . In Italia, l’analisi al primo livello di regionalizzazione è stata sviluppata da Fiorentino et al. (1987). E’ stato mostrato che rispetto ai parametri di forma della distribuzione e al coefficiente di asimmetria, l’Italia appenninica, inclusa la Sicilia ed esclusa parte della Liguria, può essere considerata un’unica zona omogenea. Fanno eccezione i bacini con superficie superiore ai 3000 Kmq. Per quanto riguarda l’analisi delle piene nel territorio padano si faccia riferimento ad altri studi sviluppati nell’ambito del progetto VAPI. Al secondo livello di regionalizzazione il territorio nazionale è suddiviso in regioni idrologicamente omogenee, caratterizzate da un’unica distribuzione di probabilità delle piene annuali rapportate al valore medio (legge regionale di crescita con il periodo di ritorno KT (T)). Il terzo livello di regionalizzazione prevede l’analisi del parametro di locazione della distribuzione di probabilità cumulata dei massimi annuali delle piogge giornaliere hg. Normalmente la prima ipotesi di lavoro è che esistano aree pluviometriche omogenee all’interno delle quali µ(hg) è costante oppure varia con la quota Z secondo una relazione del tipo Log µ(hg) = A + BZ in cui la stima dei parametri A e B avviene attraverso un’analisi di regressione lineare. Dal confronto fra la mappa delle isolinee ad ugual valore della media del massimo annuale delle piogge giornaliere e la mappa con le curve di livello delle quote Z sul livello del mare appare evidente come, pur non essendo indubbio un legame fra µ(hg) e Z del tipo indicato sopra, esso non sia da solo sufficiente a spiegare la variabilità osservata della variabile indipendente. In particolare non è spiegata l’area ad elevata piovosità posta sullo spartiacque a sud-est, a cui corrispondono quote modeste, inferiori ai 400 m s.l.m. Ciò suggerisce l’ipotesi alternativa che occorra tener conto di ulteriori parametri quali ad esempio la distanza dal mare o l’esposizione a venti umidi. In particolare, si nota, nella figura seguente, che è possibile ottenere una linea pressoché continua, che rappresenta una sorta di linea dei colmi delle isolinee di precipitazione. Figura IV-1: Carta delle isolinee della media del massimo annuale delle piogge giornaliere e loro linea dei colmi (equidistanza 10 mm, da CUGRI, 1997). Tale linea è pressoché coincidente con quella di spartiacque nella parte meridionale della regione e, in parte, nella parte occidentale, mentre se ne discosta nella parte settentrionale. L’andamento è in accordo con l’ipotesi che le masse d’aria umida che mediamente producono gli eventi di massima precipitazione annua a scala giornaliera provengano essenzialmente da sud, per cui i versanti maggiormente esposti e vicini al luogo di produzione dell’umidità, il Mar Ligure, risentono poco dell’effetto orografico, mentre tale effetto è risentito, come un effetto di rigurgito in corrente lenta, in zone con versanti esposti ma lontani dal mare, nella zona nord. La linea dei colmi di pioggia è stata identificata su base cartografica, ma possiede alcune proprietà statistiche che la rendono molto utile all’analisi regionale delle precipitazioni. Si indichino con dcm la distanza di un punto sulla linea dei colmi dal mare, e con alfa l’angolo formato dall’ortogonale alla linea dei colmi in un punto fissato con la direzione nord-sud. Sono immediatamente identificabili due regioni attraversate dalla linea dei colmi, geograficamente distinte: la prima comprende l’intero Piemonte, esclusa la parte nord-orientale, che appartiene alla seconda regione. A questa identificazione fenomenologica corrispondono due diverse leggi di regressione, che mettono in relazione il valore di precipitazione lungo la linea dei colmi con le variabili indipendenti alfa e dcm. L’identificazione delle zone è completata attribuendo una legge di attenuazione della media del massimo annuale della precipitazione giornaliera allontanandosi dalla linea dei colmi. Se si osserva la Figura IV-2 che rappresenta le isolinee della media del massimo annuale delle piogge a 6 ore, si nota che esiste una linea dei colmi, allo stesso modo di quanto visto per le precipitazioni giornaliere. L’andamento spaziale di tale linea è pressoché coincidente con quello delle precipitazioni giornaliere. Figura IV-2: Carta delle isolinee della media del massimo annuale delle piogge a 6 ore (equidistanza 3 mm, da CUGRI, 1997). IV-3.3. Applicazione del metodo Nel rapporto sviluppato dal CUGRI (1997), la stima del valore di progetto della variabile X, massimo annuale dell’intensità di pioggia in una fissata durata, massimo annuale della portata al colmo di piena o massimo annuale del volume di piena in una fissata durata, viene effettuata attraverso una metodologia di tipo probabilistico, per cui non esiste un massimo assoluto della variabile, ma ad ogni suo valore viene associata una probabilità di superamento annua e, quindi, un periodo di ritorno T, inteso come numero medio di anni fra due superamenti successivi. Indicato con XT il valore di progetto, la sua stima si ottiene sempre attraverso la seguente espressione: XT = KT µ(X) in cui: KT : coefficiente di crescita probabilistico, funzione del periodo di ritorno prefissato; la relazione fra KT e T è unica all’interno di una sottozona omogenea; µ(X): media della distribuzione della X; essa generalmente dipende fortemente da alcune caratteristiche fisiografiche del sito o del bacino in oggetto. Nelle analisi svolte, è stato mostrato che in Piemonte i parametri da cui dipendono KT e µ(X) hanno una complessa variabilità spaziale e sono stati sviluppati gli strumenti adatti all’analisi di tale variabilità spaziale. TECNICHE DI STIMA GEOSTATISTICHE ANALITICHE La stima regionale del parametro Z (media, varianza, asimmetria,…della distribuzione della variabile X), in un punto di coordinate spaziali qualsiasi (N,W) all’interno della regione geografica esaminata, avviene attraverso i seguenti passi: - identificazione, su mappa del punto in oggetto, attraverso le sue coordinate spaziali; - identificazione, su mappa, di un prefissato numero k di stazioni di misura pluviometriche, aventi la minore distanza dal punto in cui si desidera effettuare la stima. Nel seguito, si riterranno sufficienti k = 10 stazioni; - calcolo del vettore delle distanze delle stazioni di misura dal punto di stima, H1; - calcolo della matrice delle distanze fra le stazioni di misura, H2; - attraverso un prefissato modello di variabilità spaziale, si passa dalla matrice delle distanze, H2 alla matrice delle covarianze C; - si indica con D il vettore colonna k±1 delle covarianze spaziali fra i punti di misura ed il punto di stima; - a questo punto si effettuano due operazioni matriciali, puramente algebriche: (1) si valuta l’inversa della matrice di covarianza, C-1 (2) si calcola il vettore dei pesi W attraverso la seguente relazione W=C-1D; - la stima del parametro Z0 nel punto di stima si ottiene a partire dai valori osservati del parametro Z1 (i = 1, 2,..., k) nelle k stazioni di misura considerate, attraverso un’operazione di media pesata. Per una pratica applicazione della procedura proposta, occorre conoscere: 1. il modello di variabilità spaziale del parametro Z e, nella fattispecie, forma e parametri del suo variogramma; 2. i valori stimati in un numero sufficiente di stazioni di misura nei dintorni del punto di stima. IV-4. ANALISI DELLE PRECIPITAZIONI IV-4.1. Precipitazioni Stura di Lanzo Sono stati utilizzati i valori massimi annuali di durate 1, 3, 6, 12 e 24 ore della stazione di Viù del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano. Tabella IV-1: Massimi annuali di precipitazioni di breve durata IV-4.2. Precipitazioni Arc Tabella IV-2: Precipitazioni massime annuali prese in considerazione per il bacino dell’Arc (stazione di Avrieux) IV-5. ANALISI DELLE PORTATE IV-5.1. Portate Stura di Lanzo I dati utilizzati provengono dalla stazione di Lanzo del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano; sono disponibili le portate massime giornaliere degli anni 19301968 e i valori massimi al colmo per gli anni 1930-1977. Tabella IV-3: Portate massime giornaliere e al colmo annuali alla stazione idrometrica di Lanzo Caratteristiche del bacino (chiuso a Lanzo): - superficie totale 575 km2 ; - altitudine media 1751 m. I risultati delle elaborazioni effettuate secondo diverse distribuzioni di probabilità (EV1, TCEV, GEV) sono esposti nella Tabella IV-4, a fronte della portata massima osservata di 1600 m3 /s nel 1947. Tabella IV-4: Portate con assegnato tempo di ritorno secondo diverse distribuzioni di probabilità. I risultati sono anche presentati nel diagramma di Figura IV-3. Figura IV-3: Confronto fra i risultati delle elaborazioni secondo distribuzioni di probabilità diverse IV-5.2. Portate Arc Il bacino del fiume Arc (chiuso a Bramans) presenta le caratteristiche seguenti: − superficie totale 635 km2 ; − superficie coperta da foreste 56 km2 ; − superficie coperta da ghiacciai 103 km2 . Per calcolare le portate aventi assegnato tempo di ritorno è stato usato un software elaborato per la Regione Piemonte – Direzione Difesa Suolo, che si basa sulla distribuzione di probabilità TCEV e su alcune caratteristiche morfologiche del bacino. Come illustrato nella presentazione del metodo VAPI, l’elaborazione della TCEV nella regione piemontese ha presentato notevoli difficoltà a causa delle anomalie nella distribuzione delle precipitazioni. In pratica, la precipitazione non aumenta in funzione della quota, come invece è stato provato nella gran parte delle regioni italiane. L’elaborazione dei dati di portata ha anche posto in evidenza l’importanza della permeabilità dei bacini, intesa come responsabile della risposta del bacino nella formazione dell’idrogramma di piena. L’ipotesi formulata per il confronto dei metodi applicati alle portate al colmo della Stura di Lanzo e dell’Arc consiste nel supporre che il regime pluviometrico dell’Arc sia confrontabile con il regime pluviometrico piemontese a ridosso dello spartiacque alpino, a occidente quindi della linea dei colmi dei valori di precipitazione posta a suo tempo in evidenza. Le portate dell’Arc diventerebbero così calcolabili utilizzando il codice di calcolo messo a punto per la Regione Piemonte in funzione dei tipi di copertura del bacino. I dati inseriti nel citato codice di calcolo sono stati, oltre alla media delle piogge massime annuali di durata 6 ore indicate in Tabella IV-2, la superficie totale del bacino, l’altitudine media e la ripartizione del bacino in settori appartenenti a classi di permeabilità diverse: A1 bassa permeabilità; A2 media permeabilità; A3 alta permeabilità con bosco; A4 alta permeabilità senza bosco. Tale suddivisione è stata fatta basandosi sulle percentuali di superfici boschive e coperte da ghiacciai desunte dalla cartografia a grande scala disponibile e risultate in analogia con i dati del vicino bacino dell’Orco. Con percentuali di classi di permeabilità pari rispettivamente a A1 (33%), A2 (41%), A3 (9%) e aree coperte da ghiacciaio pari al 17 %, si ottengono: Q30 Q100 Q200 Q500 Portate (m3/s) 350 420 460 513 IV-6. CONFRONTO DEI METODI VAPI E GRADEX Il confronto dei risultati ottenuti con i diversi metodi è presentato nella Figura IV-4 da cui appare, in modo evidente, che i valori ricavati con la distribuzione TCEV, nella versione proposta per la Regione Piemonte, sono inferiori a quelli ricavati con tutti gli altri metodi. Si osserva altresì un ragionevole accordo fra i valori calcolati con GRADEX (piogge di 24 ore), con la GEV e quelli forniti in SP1 (AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO, 1995) in base all’elaborazione del modello idrologico-idraulico. Figura IV-4: Confronto fra i risultati delle elaborazioni secondo distribuzioni di probabilità diverse. IV-7. CONCLUSIONI Il confronto dei risultati ottenuti con i metodi esaminati porta ad alcune considerazioni. In merito al codice TCEV il ruolo della permeabilità sembra essere determinante e di difficile definizione a causa della penuria di valori osservati in bacini diversi, sia per natura della copertura litologica sia per l’estensione. In base ai valori di portata al colmo osservati, il miglior prodotto ottenibile è probabilmente la relazione di correlazione fra portata, area del bacino, altitudine media e precipitazione di 24 ore proposta nell’ambito di SP1 (AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO, 1995), che contiene però tutte le limitazioni derivanti dalla citata penuria di osservazioni in bacini significativi. Nell’attesa di una migliore definizione delle procedure di applicazione del metodo TCEV, si giustifica l’utilizzazione della GEV in quanto permette un migliore adattamento, rispetto per esempio ad EV1, in caso di presenza di valori elevati nella serie storica. In ogni caso i risultati del GRADEX appaiono coerenti con quelli ottenibili con gli altri metodi presi in esame. Figura IV-5: Confronto fra i risultati ottenuti con le distribuzioni GRADEX e TCEV per i due corsi d’acqua studiati (Arc a Bramans e Stura di Lanzo a Lanzo).