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un`occasione per riflettere e pregare per chi soffre

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un`occasione per riflettere e pregare per chi soffre
Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana
di Catanzaro - Squillace
DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE: Via dell’Arcivescovado, 13 - Tel. 0961.721333 - 88100 Catanzaro
Spedizione in a.p.Tabella C Autorizzazione DCO/DC CZ/063/2003 Valida dal 11/02/2003
Fondato nel 1982
15 FEBBRAIO - ANNO XXXIII N. 3
GIORNATA MONDIALE DEL MALATO:
un’occasione per riflettere e pregare
per chi soffre
servizi nelle pp. 10 e 11
TRASCORSI TRENT'ANNI
DAL ''NUOVO'' CONCORDATO
Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana
di Catanzaro - Squillace
A Reggio Calabria
la sessione invernale
della CEC
servizio a p.3
servizio a p.16
Fondato nel 1982
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di “Comunità nuova” on-line,
scaricando con facilità il PDF.
Segnala il tuo indirizzo a:
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APERTuRA
L’agenda del Vescovo
IL PALCOSCENICO
DELLA
CORRUZIONE
F
inalmente si apre il sipario
e amaramente ci si avvede
che il palcoscenico mostra
gli scheletri della corruzione economica.
Fiumi di danaro sottratto al bene
comune per andare in possesso del
bene privato; fiumi di danaro distorto che rende asfittica l’economia del Paese.
Dinanzi a questo sfacelo che
rende la nostra Italia sommersa
nella sporcizia più inquinata e inquinante, si eleva un grido di indignazione: sradicare la “mala
pianta” della corruzione “fisiologica” accettata, perché questa
inonda tutto il territorio nazionale;
rompere gli argini del danaro pubblico truccato perché nessuno si
deve considerare “padrone” dello
Stato.
L’avidità sconcertante produce il
baratro della crisi della civiltà.
Ci vuole tolleranza zero; ci vuole
educazione all’onestà.
Dal deserto etico bisogna passare
alla rivolta morale, altrimenti si verifica l’abbrutimento delle coscienze che rendono legittimi i
percorsi di pseudo valori.
Non meno grave è la corruzione
morale la cui reprimenda viene
dalla legge naturale, da quella morale e da quella ecclesiastica con le
direttive che Papa Francesco sta
predisponendo.
La sporcizia di cui parlava l’allora Cardinale Ratzinger ha maggiormente elevato il tasso di
inquinamento, e ci vuole un colpo
d’ala per un comportamento socialmente etico perché si possa eliminare il putridume e si attui la
bonifica di ogni settore della realtà
socio-religiosa e politica.
Raffaele Facciolo
2
15 febbraio 2014
14-15 Cei, partecipa al Seminario della Commissione
Clero e Vita Consacrata
16
Catanzaro, Seminario S. Pio,
Presiede S. Messa per festa fidanzati della diocesi
20
Mattina ritiro al clero di Mileto
Pomeriggio incontro con la città a Vibo
21
Incontro con la città con l’on. Paola Binetti e
Guido Rodhio
24
Roma: Partecipa al Convegno presso l’Università
Lateranense
25-28 Torre Ruggero, esercizi spirituali
MARZO
2
4
5
6
Cropani, chiusura corso fidanzati
San Lucido, incontro su don Puglisi
Cattedrale, Mercoledi delle Ceneri S. Messa
Ritiro del Clero
Incontro Polis alla presenza del card. Angelo
Amato e il prof. Ulderico Parente
Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana
di Catanzaro - Squillace
ABBONAMENTO
CCP n. 10342889
intestato a “Comunità nuova”
€ 25,00 per l’Italia
€ 40,00 per l’estero
Direttore Resposabile:
Mons. Raffaele Facciolo
Redazione:
Francesco Candia (Amministratore)
Michele Fontana • Giovanni Scarpino
Marcello Lavecchia • Fabrizio Marano
Valeria Nisticò • Rita Doria
Saverio Candelieri • Anna Rotundo
Fondato nel 1982
Editore e Redazione
ARCIDIOCESI METROPOlITANA
DI CATANZARO-SquIllACE
Via Arcivescovado, 13 88100 - Catanzaro
tel. 0961.721333
e-mail: [email protected]
Iscritto al n. 2/1982 del Registro
della Stampa del Tribunale
di Catanzaro il 16 gennaio 1982.
ISSN: 2039-5132
www.diocesicatanzarosquillace.it
CulTuRA
''Nuovo'' Concordato: Trent'anni portati benissimo
L
a famosa foto del cardinale
Agostino Casaroli seduto accanto a Bettino Craxi e Arnaldo Forlani, intenti, il 18 febbraio
1984 nella sala d’onore di Villa Madama, a firmare l’atto di revisione del
Concordato del 1929, ha campeggiato
sulle locandine del convegno “A trent’anni dal Nuovo Concordato 19842014”, promosso mercoledì a Roma
dalla “Fondazione Socialismo”. Un
evento non puramente commemorativo. Anzi, a giudicare dalle personalità intervenute, un tributo a uno dei
passaggi nei rapporti Stato-Chiesa più felici e innovativi, con il quale sono state
pressoché definitivamente superate le antiche diffidenze tra una parte e l’altra del
“Tevere”, un secolo e mezzo dopo le dolorose vicende risorgimentali. Così infatti
si sono concordemente espressi monsignor Piero Parolin segretario di Stato vaticano, e monsignor Nunzio Galantino,
segretario generale della Cei per il versante ecclesiastico; e sul versante istituzionale il presidente del Senato Pietro
Grasso, accanto a storici, giuristi, sociologi quali Carlo Cardia, Cesare Mirabelli,
Gianni Long, Agostino Giovagnoli, Francesco Margiotta Broglio e Gennaro Acquaviva. Un “parterre” di personalità di
primo piano di area cattolica, laica, socialista, unite nella positiva considerazione
che il nuovo Concordato sia un fatto di
grande rilievo, che non solo è stato ed è
tuttora valido per l’Italia, ma che ha fatto
da esempio per altri accordi analoghi da
parte vaticana, e da parte dello Stato italiano con altre confessioni religiose.
Il valore esemplare dell’accordo. Il segretario di Stato mons. Piero Parolin ha
messo in luce come questo accordo rappresenti “un modo nuovo e amichevole
di guardarsi tra Stato e Chiesa per il bene
comune del Paese”. Dalle trattative che
avevano portato a questo traguardo - ha
sottolineato - “la collaborazione per il
bene del Paese acquisiva un particolare significato per l’Italia non ancora uscita del
tutto da una vicenda terroristica che
aveva visto pagare un alto prezzo”, in termini di vittime, da parte di “significativi
esponenti anche del mondo cattolico”. Ha
poi rilevato come il Concordato abbia assunto alcuni dei contenuti salienti della
“Gaudium et Spes”, “dove si afferma che
la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome nei rispettivi ordini” e sono anche “entrambe al servizio
della vocazione personale e sociale a vantaggio di tutti”. Dopo avere chiaramente
ricordato che questo accordo “ha costituito un paradigma per ulteriori accordi
della Santa Sede con altre realtà”, ha
anche ribadito che esso ripropone uno dei
compiti della Chiesa che consiste
nell’”educare i fedeli al senso dello Stato
e ad essere sottomessi ad ogni autorità
per amore del Signore”, cioè - ha aggiunto
- “per attuare il comando ‘Date a Cesare
quello che è di Cesare’”.
La valorizzazione del ruolo della Cei.
“Con l’Accordo concordatario del 1984 ha
Don Nicola Rotundo acclamato Dottore in Teologia Morale
I
l 29 gennaio scorso nell’aula delle
tesi dell’ “Accademia Alfonsiana”
in Roma, don Nicola Rotundo ha
difeso la tesi di Dottorato in Teologia
Morale sul tema: “Morale ed economia
in B.J.F. Lonergan. Prospettive e limiti”.
Membri della commissione: il Prof.
Fidalgo C.Ss.R. (presidente), il Prof.
McKeever C.Ss.R. (primo moderatore)
e il Prof. Giustiniani (secondo moderatore).
Tra i presenti all’evento accademico
anche l’Arcivescovo metropolita,
Mons. Vincenzo Bertolone, Mons.
Ignazio Schinella e diversi sacerdoti
della diocesi studenti nelle università
pontificie di Roma.
A Don Nicola Rotundo esprimiamo
un augurio per un buon lavoro pastorale.
preso avvio una nuova stagione di
relazioni tra la Repubblica italiana
e la Santa Sede, che rispetto alla tradizionale prassi concordataria
porta a valorizzare il ruolo e il contributo della Conferenza episcopale
italiana, alla quale significativamente viene riconosciuta la personalità giuridica ex lege”. Questa la
sottolineatura proposta dal segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino. Dopo aver definito
tali accordi “un ‘ponte’ per il concreto dispiegarsi dei rapporti fra
Stato e Chiesa”, mons. Galantino ha
messo in evidenza che, in tema di organizzazione interna della comunità ecclesiale, “il Concilio e il Codice affermano
chiaramente l’importanza del ruolo
svolto dalle Conferenze episcopali, riconoscendone il molteplice e fecondo contributo affinché il senso di collegialità si
realizzi concretamente”. Sul ruolo della
Chiesa nello Stato sociale, ha poi citato
“ambiti decisivi” come ad esempio
“quello dell’educazione, della sanità, dell’assistenza agli ultimi”, cui si collega la
“materia del sostentamento del clero” e
“del valore sociale delle molteplici attività
svolte dai nostri sacerdoti” oltre che della
“utilizzazione delle risorse devolute dai
contribuenti mediante la scelta dell’8 per
mille”.
Una “novità” apprezzata dal mondo
politico. Anche il mondo della politica
plaude, a distanza di trent’anni, al nuovo
Concordato. Così infatti si è espresso il
presidente del Senato Pietro Grasso, che
nel suo discorso è partito da un evento recente: “Nella sua prima visita al Quirinale, il Santo Padre Francesco ha
ricordato con un richiamo particolare il
trentesimo anniversario dell’Accordo di
Revisione del Concordato, il cosiddetto
‘Nuovo Concordato’ - ha detto -. L’idea di
‘novità’ coglie un aspetto rilevantissimo:
l’intervento della Costituzione repubblicana, che all’art. 7 fa specifico riferimento
ai Patti lateranensi e al tempo stesso contiene fra i valori fondamentali dell’ordinamento il principio di eguaglianza,
all’art. 3 e la libertà religiosa all’art. 8”.
L’accordo di revisione - ha aggiunto il
presidente Grasso - indicava così una rinnovata strada comune, lungo la quale “il
riconoscimento della dimensione sociale
e pubblica del fatto religioso” si accompagnava con la “saldatura delle istanze
più profonde e dei legami più stretti tra
pensieri, ispirazioni, progetti per la stessa
convivenza e cittadinanza democratica”.
3
15 febbraio 2014
ATTuAlITà
Una calabrese premiata dalla Fondazione Di Liegro
mani del presidente della fondazione,
Luigina Di Liegro, mentre il presidente
della giuria, Dante Maffia, poeta e saggista nonché candidato al Premio Nobel
2014 per la letteratura, ha letto una motivazione densa e accorata definendo
l’opera premiata “un testo che cattura
immediatamente per la folata di calore
che arriva dai versi, tesi a fare vibrare le
corde intime dell’anima. Ognuna delle
composizioni è imperniata su qualcosa
che ha voce remota e viva, avvitata a
una spiritualità che non ammette cadute. Ogni immagine, ogni espressione
si è divincolata dagli stereotipi del mistero e della religione e anela a condividere l’ansia di un processo che porta
alla salvezza vera, non a quella canonizzata. Voce che sa offrire parole ricche
di sensi, che si esercita su un campo di
battaglia, come lei chiama il foglio; voce
che se cerca di dare “nome a un dolore
/ implode” e “appanna la parola”, ma
che a noi arriva densa e vibrata”.
Ha presenziato alla cerimonia di premiazione iGiovanni Capocasale, assessore alla cultura della provincia di
Crotone, invitato poi ai microfoni dallo
stesso Dante Maffia. Un intervento
emozionante il suo: richiamando alla
memoria il leggendario valore eruditivo della città, culla della Magna Grecia, ha sottolineato l’attuale volontà di
rompere le barriere delle criticità crotonesi puntando, appunto, sulla promozione della cultura, anche grazie al
supporto di professionisti dei versi
come la Caccia.
“La poesia è tuttora lo specchio che
mi rimanda, nel bene e nel male, i miei
lineamenti, mi dà la consapevolezza di
un ineffabile e chiarifica in qualche
modo il resto. Scrivere di poesia riesce a
dosare in me un certo disincanto, anche
se ne ignoro le dinamiche” così connota
la sua tensione poetica Angela Caccia,
che ha portato un altro importante riconoscimento nel suo, quanto nostro,
tormentato e raggiante angolo di Calabria.
Gabriella Cantafio
(22400 euro procapite) mentre la Valle
d’Aosta ha superato l’Emilia-Romagna,
che passa dalla seconda alla terza posizione. Nella parte bassa della graduatoria Campania (inferiore a 12.300
euro), Sicilia (attorno ai 12.700 euro) e
Calabria (circa 12.900 euro) sono le regioni in cui il reddito disponibile per
abitante è più basso.
Nel 2012 a livello nazionale il reddito
disponibile delle famiglie, in valori correnti, aumenta dell’1% rispetto al 2009,
anno di inizio della crisi economica. In
particolare il Nord registra un incremento maggiore (+1,6% nel Nord-ovest
e +1,7% nel Nord-est) mentre, sempre
rispetto al 2009, il Centro e Mezzogiorno segnano un aumento molto più
contenuto (rispettivamente +0,4% e
+0,2%).
La Liguria è la regione che ha risentito maggiormente degli effetti della
crisi economica: tra il 2009 e il 2012 le
famiglie hanno subito una diminuzione
dell’1,9% del reddito disponibile.
L’Umbria e la provincia di Bolzano
sono state le meno toccate dagli effetti
della crisi economica con aumenti, nel
periodo considerato, rispettivamente
del 3,6% e del 2,7%.
L
o scorso 1 febbraio, a Roma,
nella cornice della Sala Pietro
da Cortona in Campidoglio, si
è tenuta la cerimonia di premiazione
della VI edizione del Premio Internazionale di Poesia “Don Luigi Di Liegro”.
Nella sezione “libro edito di poesia”
del prestigioso premio che si svolge
sotto il patrocinio della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, una talentuosa
crotonese ha conquistato il terzo posto.
Si tratta di Angela Caccia, pluripremiata poetessa cutrese che, nella suggestiva atmosfera barocca dei Musei
Capitolini, ha incantato la giuria con la
sua silloge “Nel fruscio feroce degli
ulivi”. Una raccolta di 63 poesie attraverso le quali la Caccia lascia scorgere i
suoi sentimenti più intimi, riflessioni
sugli eventi contrastanti della sua esistenza e della nostra società, accompagnando il lettore negli impervi sentieri
della natura calabrese.
Nella variegata raccolta si intravede
il fil rouge dell’introspezione mediante
la quale la poetessa instaura un rapporto empatico con il lettore, offrendogli l’occasione di domare insieme la
ferocia del fruscio degli ulivi, la brutalità dell’umanità, cercando così di conferirgli la sua originaria serenità.
L’autrice ha ricevuto il premio dalle
Redditi: la Calabria tra le regioni più povere
N
el 2012 il reddito disponibile
delle famiglie in valori correnti diminuisce, rispetto all’anno precedente, in tutte le regioni
italiane. Nel confronto con la media nazionale (-1,9%), il Mezzogiorno segna la
flessione più contenuta (-1,6%), seguito
dal Nord-est (-1,8%), Nord-ovest e Centro (-2%). Le regioni con le riduzioni più
marcate sono Valle d’Aosta e Liguria (2,8% in entrambe).
Il reddito monetario disponibile per
abitante è pari a circa 20.300 euro sia nel
Nord-est sia nel Nord-ovest, a 18.700
euro al Centro e a 13.200 euro nel Mezzogiorno.
Nel corso del periodo si è modificata
la classifica delle regioni in base al reddito disponibile per abitante. Dal 2009
la provincia autonoma di Bolzano è stabilmente in testa alla graduatoria
4
15 febbraio 2014
ATTuAlITà
Inaugurato il nuovo anno giudiziario del TER Calabro
“N
iente purtroppo è per
sempre, nemmeno il diamante che brilla in tv”.
Canta così Brunori Sas in una malinconica
canzone sul rapporto di coppia. E come
dargli torto dopo aver letto i dati presentati dal Tribunale ecclesiastico regionale,
riguardanti le richieste di nullità di matrimonio nella nostra regione. In Calabria,
infatti, sono ancora in aumento il numero
delle unioni che falliscono e il motivo continua ad essere sempre lo stesso: l’immaturità dei nubendi chi si apprestano a
compiere il passo più importante della
propria vita. O almeno così dovrebbe essere.
Numeri preoccupanti, che sono stati
snocciolati dal presidente del Ter calabro,
mons. Francesco Oliva, nel corso della cerimonia di inaugurazione del nuovo anno
giudiziario, svoltasi ieri sera al Seminario
arcivescovile “Pio XI” di Reggio, alla presenza di tutti i vescovi calabresi e delle
più alte autorità civili. Il primo pensiero
di mons. Oliva, alla guida del Foro della
Chiesa da appena tre mesi, è stato però
per il suo predecessore, mons. Raffaele
Facciolo, vicario giudiziale del Ter Calabro per ben 23 anni. «Al suo insegnamento – afferma mons. Oliva – noi
operatori di questo Ter dobbiamo qualcosa. Tra i tanti, un merito particolare:
aver dato al nostro Tribunale un’impostazione realmente regionale».
A dare al via ai lavori sono stati i saluti
del presidente della Conferenza episcopale calabra, mons. Salvatore Nunnari,
dell’arcivescovo della Diocesi di ReggioBova e moderatore del Ter Calabro, mons.
Giuseppe Fiorini Morosini, e del presidente del Ter Campano e d’Appello,
mons. Erasmo Napolitano, cui è seguito
l’intervento del nuovo segretario generale
della Conferenza episcopale italiana,
mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio.
Il presidente del Ter è entrato subito nel
vivo del problema delineando l’identikit
dei fedeli che si rivolgono alla giustizia
della Chiesa: «Al nostro Tribunale –
spiega mons. Oliva – i fedeli, di ogni categoria sociale, si rivolgono paradossalmente non per essere giudicati, ma
ascoltati, compresi, aiutati. Vengono fuori
drammi familiari che sollecitano il nostro
compito di pastori. Un mondo, ove i sentimenti sembrano essere divenuti più fragili, ove sembra irrealizzabile il “per
sempre”, ove è duro vivere la fedeltà, ove
l’impegno educativo appare più difficile,
ove talvolta regna la paura del domani».
Ma sono i dati quelli che fanno notizia
e questi dicono che nel corso del 2013 le
cause introdotte sono state 166 (+6 rispetto al 2012), quelle decise 128 (-23 rispetto al 2012), di cui 111 con esito
affermativo e 17 con sentenza negativa.
Un decremento significativo dovuto a numerose cause introdotte per incapacità
psichica che esigono perizie psicologiche
e psichiatriche, con tempi che prolungano
la fase istruttoria. Ed è proprio l’immaturità il capo di nullità più invocato: 129
volte su 214. «Tale alta frequenza – spiega
ancora mons. Oliva – è determinata dal
fatto che molti matrimoni riguardano
soggetti fragili, talvolta con disturbi dipendenti di personalità; giovani, che, al
momento del matrimonio, non avevano
ancora portato a termine il processo di autonomia, in modo da riconoscere e accogliere la scelta matrimoniale nella sua
realtà e verità; giovani, nei quali è venuta
a mancare quella maturazione affettiva
che porta alla formazione dello stato
adulto, che rende possibile l’osservazione
delle cose secondo la loro natura e non secondo i propri sogni interpretativi; giovani che non erano capaci di una
decisione responsabile né consapevoli
delle conseguenze di un atto così importante, qual è il matrimonio».
Al capo dell’immaturità seguono la simulazione per esclusione dell’indissolubilità (28 casi) e della prole (18 casi). Meno
ricorrenti gli altri capi: la condizione de
futuro (11 casi), l’errore sulla qualità della
persona (9 casi), l’esclusione del bene dei
coniugi (2 casi), della fedeltà (2 casi) e il
dolo (2 casi). Rimane invece significativa
la persistenza del capo del timore incusso
(11 casi), dovuta soprattutto ad una realtà
socio-culturale, quella calabrese, in cui è
ancora forte la violenza morale esercitata
dalla famiglia, specialmente sulla donna.
Decisamente più snelli i tempi processuali della giustizia della Chiesa rispetto a
quella civile: nel 2013, infatti, sono state
37 le cause (su 128 decise) ad essere concluse entro l’anno; altre 54 sono state decise entro due anni, 26 sono andate oltre.
Interessanti sono i dati relativi alla durata
della convivenza coniugale dei casi sottoposti al giudizio del Ter calabro: 22 matrimoni sono durati meno di un anno; 18 da
1 a 2 anni; 13 da 2 a 3 anni; 12 da 4 a 5
anni. Più della metà dei matrimoni (65 su
128) sono durati meno di 5 anni. Da ciò è
facile concludere che i matrimoni nati
“male” non sopravvivono oltre i 5 anni.
C’è infine da sfatare una leggenda metropolitana riguardo i costi di una causa
di nullità matrimoniale che è di soli 525
euro, spese che coprono anche il giudizio
in appello. Il Tribunale offre poi la possibilità, a tutti i fedeli, di essere assistiti gratuitamente da un avvocato d’ufficio. Chi
invece sceglie di avvalersi di un proprio
legale, quest’ultimo dovrà attenersi rigorosamente a tariffe che vanno da un minimo di 1.575 euro a un massimo di 2.992
euro.
La cerimonia si è conclusa con la prolusione del presidente del Tribunale ecclesiastico lombardo, mons. Paolo Bianchi,
che ha trattato il tema “Indissolubilità del
matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti”.
Domenico Malara
5
15 febbraio 2014
ATTuAlITà
CEC e Regione Calabria:
insieme per valorizzare i beni culturali
L’
Assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri ha incontrato
il
delegato
dalla
Conferenza Episcopale Calabra per i beni
culturali Luigi Renzo, Vescovo di Mileto,
Nicotera e Tropea.
Tra i temi trattati, l’esame delle bozze
dei testi unici della cultura e dei beni culturali, che sono stati sostanzialmente condivisi e ai quali sono state avanzate
alcune proposte integrative. Successivamente e’ stato esaminato l’accordo operativo che va sottoscritto tra proprietari di
beni ecclesiastici e la Regione Calabria in
vista della partecipazione al bando di va-
lorizzazione di 8 milioni di euro appena
emanato dall’Assessorato alla Cultura.
Infine, e’ stato discusso l’aggiornamento del Protocollo d’intesa per la tutela
e salvaguardia dei beni culturali, già sottoscritto nell’aprile del 2011. Verrà quindi
formalizzato il nuovo testo tra il Presidente della Conferenza Episcopale Salvatore Nunnari e il Presidente della Regione
Calabria Giuseppe Scopelliti. Il primo
adempimento successivo sara’ la riunione
della prevista Commissione di lavoro
congiunta per stabilire strategie comuni,
seguire l’andamento delle opere in corso
e individuare priorità di intervento.
Per le materie trattate, erano presenti all’incontro anche per la Conferenza Episcopale Calabra il direttore dell’Ufficio
regionale dei beni ecclesiastici Paolo Martino e per la Regione Calabria il capoufficio dell’Ufficio Legale della Giunta Luigi
Bulotta, il Dirigente del Settore Cultura
Armando Pagliaro e la Dirigente di Servizio del Settore beni culturali Iolanda
Mauro.
strati da un gruppo armato nei pressi del
villaggio Dartuba, tra Derna e Tobruk,
nella nella Cirenaica, la regione orientale
in cui le milizie islamiche imperversano
dalla caduta di Muammar Gheddafi avvenuta due anni e mezzo fa.
Nella stessa serata di venerdì i due sono
partiti da Roma per Calabria dove sono
stati accolti dai rispettivi paesi in festa e
dalle famiglie che hanno potuto tirare un
sospiro di sollievo. «Siamo stati trattati
bene - hanno raccontato - chiusi in una
stanza, senza sapere cosa stesse accadendo fuori». Nonostante la gioia di riabbracciare i congiunti e l’allegria per il
pericolo scampato, Francesco Scalise non
ha nascosto preoccupazione per il futuro.
«Adesso speriamo che qualcuno mi aiuti
- ha confessato - perché sono rimasto
senza lavoro e senza soldi. Mi hanno rovinato. Spero che l’Italia mi aiuti». Entrambi hanno ringraziato «il ministero
degli Esteri e quanti hanno lavorato per
la nostra liberazione. Vogliamo rivolgere
inoltre un ringraziamento a tutta l’Italia hanno aggiunto - per la vicinanza e per la
solidarietà espressa alle nostre famiglie».
Sono già stati sentiti dai carabinieri del
Ros perché il pool dell’antiterrorismo
della procura di Roma ha aperto un’inchiesta sul rapimento. È massimo il riserbo sulla deposizione. La prossima
settimana saranno interrogati pure dal
magistrato inquirente che coordina le indagini. Lo ha comunicato la Farnesina che
tuttavia mantiene il riserbo sulle circostanze del rilascio. Tanto a Pianopoli
quanto a Feroleto Antico le campane
hanno suonato a festa e i parroci hanno rivolto preghiere di ringraziamento per la
liberazione dei due operai.
Domenico Marino
liberati gli operai rapiti in libia, festa e timori
A
vevano un sorriso appena accennato, la barba lunga ed
erano visibilmente stanchi
Francesco Scalise e Luciano Gallo quando
venerdì pomeriggio scorso sono scesi dal
Falcon 900 che li ha riportati in Italia dalla
Libia dopo ventuno giorni di prigionia
chiusi in una stanza. Sono atterrati a
Ciampino con addosso due voluminosi
piumini arancioni e ancora la tunica Jellaba tipica del mondo arabo. Solo un
cenno di saluto con la mano prima di salire a bordo di un’auto e lasciare l’aeroporto. I due operai calabresi, di Pianopoli
il 63enne Scalise e di Feroleto Antico il
52enne Gallo, non hanno rilasciato dichiarazioni.
Erano partiti lo scorso 9 gennaio per il
nord Africa diretti a Derna, in Cirenaica,
dove lavoravano come dipendenti dell’azienda edile calabrese General Work attiva nella zona. Lo scorso 17 gennaio il
rapimento denunciato dal fratello di Luciano Scalise, anch’egli in Cirenaica per
lavoro, che s’era rivolto all’ambasciata italiana di Tripoli. I due erano stati seque-
6
15 febbraio 2014
ATTuAlITà
NEl TERRITORIO DEllA NOSTRA ARCIDIOCESI
“Nessun divieto per le condoglianze nelle Chiese”
C
on riferimento alla notizia apparsa il 12 febbraio
scorso
sulla
stampa, secondo la quale l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace,
Monsignor
Vincenzo Bertolone, avrebbe impartito regole volte a vietare o
comunque impedire i saluti di
cordoglio in chiesa una volta ultimati i funerali, si precisa che la
stessa è falsa e destituita di ogni
fondamento. Non sono mai stati
emanati infatti decreti o provve-
dimenti di altra natura finalizzati
all’introduzione di tale divieto
né, men che meno, si è anche
solo pensato di adottarli o intro-
durli, venendo meno alla sacra
pietas e al massimo rispetto che si
deve al dolore dei familiari del
defunto.
Nessun giornalista si è fin qui
premurato di verificare da sé
l’attendibilità di una notizia alla
quale, pure in mancanza di ciò, sì
è scientemente scelto di attribuire il carattere della veridicità,
con grave danno per l’immagine
dell’intera Chiesa catanzarese e,
soprattutto, sul piano dei rapporti tra la stessa ed i fedeli.
LE PAROLE SVUOTATE
DAI RACCONTI MEDIATICI UN SEGNALE TRISTE MA CHE PUÒ ESSERE CAMBIATO
I
l turbinio che in questi giorni,
anche nelle alte sedi istituzionali,
sembra andare sempre più fuori
controllo sconcerta per la cattiva qualità
del parlare ma preoccupa ancor più per
il riflesso che questo vociare ha sul piano
dell’educazione e della formazione della
coscienza.
È un segnale triste e che in tempi così
difficili non contribuisce a rafforzare
quell’etica della responsabilità di cui
anche questo nostro Paese ha necessità.
Non si tratta di esprimere giudizi sui
contenuti politici che, nella loro diversità
o contrapposizione, devono avere garantito il diritto di essere manifestati.
Sempre nel reciproco rispetto.
La preoccupazione nasce nel prendere
atto che il significato di molte parole, più
gridate che pronunciate, è spesso impoverito, smarrito, tradito.
Che cosa ha provocato e provoca questa deriva che, seguendo i racconti mediatici di questi giorni, non si rileva solo
nello spazio politico?
Cosa è successo al vocabolario? Chi e
perché lo ha manipolato? Sarà possibile
restituire alle parole la loro dignità?
Potrà essere recuperato un significato
autentico, libero cioè dall’ ideologia, dall’improvvisazione, dal rancore, dall’assenza di memoria, dalle invasioni
pubblicitarie?
Come sempre in questi casi ci sono più
domande che risposte, più dubbi che
certezze.
Ed è comprensibile che sia così perché
restituire significato alle parole è possibile solo se viene restituita la dignità alla
persona, se viene ricomposto il rispetto
dell’altro, se viene ridata nobiltà al confronto tra le diversità.
Preoccupa lo svuotamento del vocabolario delle parole ma ancor più preoccupa lo svuotamento del vocabolario
della vita. Si sta con il fiato sospeso.
E non è questa un’esagerazione perché
se il parlare si allontana dal vivere inevitabilmente si affievolisce e rischia di
spegnersi il pensiero sul futuro di
ognuno e di tutti.
Non ci si può allora rassegnare al furto
di significato ed è incoraggiante incontrare alcuni che invitano a prendere coscienza della deriva e a porvi rimedio.
Papa Francesco è tra questi. I media di
tutto il mondo lo seguono perché “è notizia” ma forse ancora non si sono suffi-
cientemente resi conto che nella sua comunicazione così diretta e così efficace
c’è l’appello, a riscoprire il significato
autentico delle parole. C’è anche l’indicazione per ritrovarlo.
Se si passa in rassegna l’elenco delle
parole che Francesco ha rivolto al
mondo fin da primo istante del pontificato si scopre che non ha coniato parole
nuove ma ha dato e dà significato autentico alle parole di sempre, alle parole
della vita perché le radica nella verità
nella bontà e nella bellezza. E chiede di
camminare con lui su questa strada.
Non è una richiesta di poco conto e
neppure è solo la domanda ad andare
controcorrente..
C’ è qualcosa di più, c’è un appello che
va dritto al cuore e alla mente delle persone perché custodiscano, cioè facciano
crescere e non si lascino rubare il significato delle parole a cominciare da quelle
che danno sapore alla vita, invitano all’incontro, aprono alla speranza.
Troppo distante questo parlare dal turbinio vociante che ogni giorno entra
nelle case?
Più il tempo passa e più ci si accorge
che le parole di Francesco sono le parole
di tutti i giorni e per questo è credibile
quando, al bivio tra le parole vane e le
parole folli come sono le parole del Vangelo, indica la strada da prendere e per
primo si incammina.
Paolo Bustaffa
7
15 febbraio 2014
ChIESA
Pubblicato il messaggio di Papa Francesco per la quaresima
“L
Miseria è la “povertà senza fiducia”
a miseria non coincide con
la povertà; la miseria è la
povertà senza fiducia, senza
solidarietà, senza speranza”. Lo scrive
papa Francesco nel messaggio per la prossima Quaresima, presentato nei giorni
scorsi nella Sala Stampa della Santa Sede,
sul tema “Si è fatto povero per arricchirci
con la sua povertà”.
Per il Papa sono tre i “tipi” di miseria: la
miseria materiale, la miseria morale e la
miseria spirituale. La “miseria materiale”
– spiega - è quella che comunemente
viene chiamata “povertà e tocca quanti vivono in una condizione non degna della
persona umana: privati dei diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali
il cibo, l’acqua, le condizioni igieniche, il
lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita culturale. Di fronte a questa miseria
la Chiesa offre il suo servizio, la sua diakonia, per andare incontro ai bisogni e
guarire queste piaghe che deturpano il
volto dell’umanità”. Per il Papa nei poveri e negli ultimi “noi vediamo il volto
di Cristo; amando e aiutando i poveri
amiamo e serviamo Cristo”. L’impegno
dei cristiani si “orienta anche a fare in
modo che cessino nel mondo le violazioni
della dignità umana, le discriminazioni e
i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria”. Non “meno preoccupante” per Papa Francesco è la “miseria
morale”, che consiste “nel diventare
schiavi del vizio e del peccato”. Una miseria, questa, che si collega “sempre alla
miseria spirituale, che ci colpisce quando
ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo
amore. Se riteniamo di non aver bisogno
di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo – scrive il pontefice - su una
via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera”.
Il cristiano – aggiunge - è chiamato a
portare in ogni ambiente l’annuncio “liberante che esiste il perdono del male
commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e
per la vita eterna. Il Signore ci invita ad
essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È
bello sperimentare la gioia di diffondere
questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori
affranti e dare speranza a tanti fratelli e
sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire
e imitare Gesù, che è andato verso i po-
8
15 febbraio 2014
Consegnato al clero e
alla comunità diocesana
il testo
scritto e commentato
dall’Arcivescovo Bertolone
VIA CRUCIS
LUCIS ET
MISERICORDIAE
quale percorso
per la quaresima
veri e i peccatori come il pastore verso la
pecora perduta, e ci è andato pieno
d’amore”.
“Cari fratelli e sorelle, questo tempo di
Quaresima – conclude il Papa - trovi la
Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria
materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio
dell’amore
del
Padre
misericordioso, pronto ad abbracciare in
Cristo ogni persona. Potremo farlo nella
misura in cui saremo conformati a Cristo,
che si è fatto povero e ci ha arricchiti con
la sua povertà”. La Quaresima è un
tempo “adatto per la spogliazione; e ci
farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà”.
Per il Papa, dunque, non è la povertà
che dobbiamo combattere, ma la miseria.
E se vogliamo farlo veramente dobbiamo
farci poveri, sin nel profondo dell’anima,
ha spiegato il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor
Unum secondo il quale è importante soffermarsi a riflettere sulla visione cristiana
della povertà, che “non è la stessa che governa il comune sentire”. Troppo spesso
infatti si considera la povertà semplicemente nella sua dimensione sociologica e
“la si comprende come mancanza di
beni”.
Alla presentazione sono intervenuti
anche i mons. Gianpietro Dal Toso e
mons. Segundo Tejado Muñoz, rispettivamente segretario e sottosegretario di
Cor Unum, e i coniugi Anna Zumbo e Davide Dotta, con i loro figli per raccontare
la loro esperienza di famiglia missionaria
in Haiti. “Abbiamo scelto - ha raccontato
Anna - di abbandonare la zona residenziale della capitale dove ci eravamo installati inizialmente per abitare in
periferia in condizioni di vita molto semplici. Lo scopo non era scegliere la povertà in se stessa, perché si stesse meglio
senza luce elettrica, ma essere costretti a
conoscere il contesto di vita dei più poveri, imparare la lingua locale, scegliere
di fare la spesa al mercato, nel fango, invece che al supermercato”. In questo
modo i due missionari hanno potuto elaborare iniziative, in concerto con la Chiesa
locale che non cadessero dall’alto, ma fossero condivise. “Ci ha permesso - ha spiegato Anna - di farci accettare e accogliere
come vicini dalla gente più semplice, che
viveva come noi in case col tetto di lamiera,
in una relazione fraterna da cui partire per
avviare i progetti dal basso”. Così, ha affermato la volontaria, “abbiamo sperimentato che la povertà non fisica rafforza ed
espande la ricchezza culturale e intellettuale”.
Un cammino, quello di questa famiglia
che è stato condiviso anche dai due figli
Giona e Tobia, giunti ad Haiti quando avevano due anni e mezzo il primo e otto mesi
il secondo “Ci dicevano - ha raccontato
Anna - che eravamo matti, portavamo i nostri figli in un Paese così povero. Pensiamo,
invece, che questa esperienza sia stata un
dono prezioso per i nostri bambini, perché
hanno imparato a vivere con sobrietà, mangiando al lume della lampada a olio, preferendo i piedi nudi alla costrizione delle
scarpe, volendo bene a persone culturalmente molto diverse da loro e sperimentando la comunione, accogliendo i bambini
del quartiere come fossero loro fratelli”.
r.i.
ChIESA
«l'Eucaristia ci fa vedere in modo nuovo»
L'EUCARISTIA è STATA ANCORA UNA VOLTA AL CENTRO DELLA CATEChESI DI PAPA FRANCESCO
L
o scorso mercoledì aveva messo
in luce che l’Eucaristia «ci introduce nella comunione reale con
Gesù e il suo mistero. Ora possiamo porci
alcune domande in merito al rapporto tra
l’Eucaristia che celebriamo e la nostra
vita, come Chiesa e come singoli cristiani:
come viviamo noi l’Eucaristia? Come viviamo la Messa, quando andiamo a
Messa la domenica? È solo un momento
di festa? E’ una tradizione consolidata che
si fa? E’ un’occasione per ritrovarsi o per
sentirsi a posto, oppure è qualcosa di
più?».
«Ci sono dei segnali molto concreti – ha
osservato - per capire come viviamo tutto
questo. Come viviamo l’Eucaristia. Segnali che ci dicono se noi viviamo bene
l’Eucaristia o non la viviamo tanto bene…
Il primo indizio è il nostro modo di guardare e considerare gli altri. Nell’Eucaristia
Cristo attua sempre nuovamente il dono
di sé che ci ha fatto sulla Croce. Tutta la
sua vita è un atto di totale condivisione di
sé per amore; perciò Egli amava stare con
i discepoli e con le persone che aveva
modo di conoscere. Questo significava
per Lui condividere i loro desideri, i loro
problemi, quello che agitava la loro anima
e la loro vita.Ora noi, quando partecipiamo alla Santa Messa, ci ritroviamo con
uomini e donne di ogni genere: giovani,
anziani, bambini; poveri e benestanti; originari del posto e forestieri; accompagnati
dai familiari e soli… Ma l’Eucaristia che
celebro, mi porta a sentirli tutti, davvero
come fratelli e sorelle? Fa crescere in me
la capacità di gioire con chi gioisce e di
piangere con chi piange? Mi spinge ad andare verso i poveri, i malati, gli emarginati? Mi aiuta a riconoscere in loro il volto
di Gesù?».
Poi ha aggiunto a braccio: «Tutti noi andiamo a Messa, perché amiamo Gesù e
vogliamo condividere la sua Passione e la
sua Resurrezione nell’Eucaristia. Ma
amiamo come Gesù vuole che amiamo
quei fratelli e sorelle più bisognosi? Per
esempio a Roma, in questi giorni, abbiamo visto tanti disagi sociali o per la
pioggia che ha fatto tanto male a quartieri
interi o per la mancanza di lavoro per
questa crisi sociale di tutto il mondo… Mi
domando, tutti noi domandiamoci: io che
vado a Messa come vivo questo? Mi preoccupo di aiutare, di avvicinarmi, di pregare per loro, che hanno questo
problema? O sono un po’ indifferente? O
forse mi preoccupo di chiacchierare: ‘Hai
visto come era vestita quella o come è vestito quello?’…. Alle volte si fa questo
dopo la Messa o no? Si fa! E quello non si
deve fare! Dobbiamo preoccuparci per i
nostri fratelli e sorelle che hanno un bisogno, una malattia, un problema. Pensiamo - ci farà bene oggi! – a questi fratelli
e sorelle che hanno oggi problemi qui a
Roma, problemi per la pioggia, per questa tragedia della pioggia, e problemi sociali del lavoro e chiediamo a Gesù, a
questo Gesù che noi riceviamo nell’Eucaristia, che ci aiuti ad aiutarli».
«Un secondo indizio, molto importante
– ha proseguito - è la grazia di sentirsi
perdonati e pronti a perdonare. A volte
qualcuno chiede: "Perché si dovrebbe andare in chiesa, visto che chi partecipa abitualmente alla Santa Messa è peccatore
come gli altri?". Quante volte abbiamo
sentito questo. In realtà, chi celebra l’Eucaristia non lo fa perché si ritiene o vuole
apparire migliore degli altri, ma proprio
perché si riconosce sempre bisognoso di
essere accolto e rigenerato dalla misericordia di Dio, fatta carne in Gesù Cristo»
E, ancora a braccio, ha aggiunto: «Se
ognuno di noi non si sente bisognoso
della misericordia di Dio, non si sente
peccatore, ma meglio che non vada a
Messa! Perché noi andiamo a Messa perché siamo peccatori e vogliamo ricevere il
perdono di Gesù, partecipare alla sua redenzione, al suo perdono. Quel ‘Confesso’ che diciamo all’inizio non è un ‘pro
forma’, è un vero atto di penitenza! Io
sono peccatore e confesso! Così inizia la
Messa. Non dobbiamo mai dimenticare
che l’Ultima Cena di Gesù ha avuto luogo
"nella notte in cui veniva tradito" (1 Cor
11,23). In quel pane e quel vino che offriamo e attorno ai quali ci raduniamo si
rinnova ogni volta il dono del corpo e del
sangue di Cristo per la remissione dei nostri peccati. Dobbiamo andare a Messa
umilmente, come peccatori e il Signore ci
riconcilia».
«Un ultimo indizio prezioso – ha detto
- ci viene offerto dal rapporto tra la celebrazione eucaristica e la vita delle nostre
comunità cristiane. Bisogna sempre tenere presente che l’Eucaristia non è qualcosa che facciamo noi; non è una nostra
commemorazione di quello che Gesù ha
detto e fatto. No. È proprio un’azione di
Cristo! E’ Cristo che li attua, che è sull’altare! E Cristo è il Signore. E’ un dono di
Cristo, il quale si rende presente e ci raccoglie attorno a sé, per nutrirci della sua
Parola e della sua vita. Questo significa
che la missione e l’identità stessa della
Chiesa sgorgano da lì, dall’Eucaristia, e lì
sempre prendono forma. Una celebrazione può risultare anche impeccabile dal
punto di vista esteriore, bellissima, ma se
non ci conduce all’incontro con Gesù, rischia di non portare alcun nutrimento al
nostro cuore e alla nostra vita. Attraverso
l’Eucaristia, invece, Cristo vuole entrare
nella nostra esistenza e permearla della
sua grazia, così che in ogni comunità cristiana ci sia coerenza tra liturgia e vita:
questa coerenza tra liturgia e vita».
av
9
15 febbraio 2014
SPIRITuAlITà
Giornata Mondiale del Malato: un’occasione per riflettere e pregare per chi soffre
L’EVENTO CELEBRATIVO VISSUTO A SOVERATO CON L’ARCIVESCOVO BERTOLONE
L’
11 febbraio, festa della Beata Vergine Maria di Lourdes, si è celebrata la XXII Giornata Mondiale
del Malato; è una ricorrenza questa, che
oramai fa parte della vita dei cristiani, istituita da Giovanni Paolo II nel 1993.
La celebrazione annuale della "Giornata
Mondiale del Malato è un’occasione per riflettere e pregare per chi soffre quotidianamente e per chi è a contatto con le persone
sofferenti, ma ha anche l’obiettivo di sensibilizzare i credenti, le istituzioni sanitarie e
l’intera società, sulla necessità di prestare la
giusta assistenza agli ammalati, di aiutarli,
di stare loro vicini e di valorizzare sul piano
umano e su quello della fede, la sofferenza.
Già per l'occasione, il Santo Padre Papa
Francesco, ha voluto ricordare attraverso
un suo messaggio, l'importanza di tale
giornata per tutti noi ed il tema che ad essa
quest’anno è stato dedicato Fede e carità:
«Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16). Rivolgendosi in modo
particolare alle persone ammalate e a tutti
coloro che prestano loro assistenza e cura,
attraverso queste toccanti parole, Egli ci ha
voluto ricordare: "La Chiesa riconosce in
voi, cari ammalati, una speciale presenza
di Cristo sofferente…dentro la nostra sofferenza c'è quella di Gesù, che ne porta insieme a noi il peso e ne rivela il senso…”.
Nella città di Soverato, dove è presente
la struttura Ospedaliera, la giornata si è articolata in due momenti fondamentali: alle
ore 16,00 il nostro Arcivescovo Monsignor
Vincenzo Bertolone, si è prima recato
presso l’ospedale, dove ad attenderlo vi era
il cappellano Don Vincenzo Iezzi, tra l’altro responsabile della Pastorale della Salute
per la nostra Diocesi di Catanzaro-Squillace e tutto il personale medico e paramedico. Sua Eccellenza ha visitato gli
ammalati dei reparti di dialisi e di medicina, dimostrando la sua visibile e profonda commozione e la sua sensibilità e
vicinanza alla sofferenza; ha poi esortato il
personale medico e paramedico, ogni qual
volta si accostano all’ammalato, di vedere
in lui il volto di Cristo, il volto dell’amore.
Successivamente ha incontrato il direttore
generale dell’ASP di Catanzaro Gerardo
Mancuso col quale si sono scambiati opinioni e riflessioni sul tema della giornata.
A seguire, monsignor Bertolone, sì è spostato nella Chiesa della Parrocchia S. Maria
Immacolata - In piazza Maria Ausiliatrice
di Soverato, dove ad attenderlo vi erano
centinaia di fedeli nonché sacerdoti dei
paesi limitrofi, fedeli dei vari gruppi di volontariato: AVULS, Misericordia, Croce
10
15 febbraio 2014
Rossa, Associazione Carabinieri, Caritas
Parrocchiale di Soverato e Satriano, dell’Associazione “Ali d’aquila” e dell’Associazione UNITALSI di Catanzaro e di
Soverato (preposta per il trasporto degli
ammalati a Lourdes e ai Santuari Internazionali). Alle ore 17,30 ha avuto luogo una
sentita e partecipata Celebrazione Eucaristica durante la quale sua Eccellenza Mons.
Bertolone, al momento dell’Omelia, si è voluto soffermare sul testamento spirituale di
Santa Bernardette Soubirous alla quale la
Madonna è apparsa a Lourdes. Quando
Suor Marie Bernarde compone il testamento spirituale, ha solo 35 anni ed è morente, afflitta da una cancrena dolorosa
causata da un tumore osseo. La santa
guarda al passato con occhio stupito, incredulo, di fronte alle cose operate dal Signore in Lei: la vita dura e miserevole
condotta nella sua casa, la fame sofferta, le
terribili ingiustizie subite, i dileggi, la persecuzione e le incomprensioni anche da chi
era più vicino. Guarda al passato e scrive
quanto il cuore le annota; e ciò diventa preghiera vera e rara, fatta con profonda fede
ed umiltà. Ed è con profonda fede ed
umiltà che Mons. Bertolone nella sua Omelia ci ha invitati a guardare alla sofferenza,
nell’abbandono alla volontà di Dio, come
Bernadette aveva fatto. La celebrazione si
è conclusa con la solenne benedizione impartita dal vescovo a tutti i fedeli e soprattutto agli ammalati presenti; subito dopo
ha avuto luogo una breve fiaccolata nella
piazza Maria Ausiliatrice tra canti e preghiere dedicati alla Madonna di Lourdes e
a tutti gli ammalati.
La XXII “Giornata dell’ammalato” è una
celebrazione che ci aiuta a riflettere e a meditare sulla sofferenza che va vista e vissuta
con gli occhi della fede e della speranza, facendo affidamento a Cristo Gesù che ha
vissuto la sofferenza della Croce. In un
mondo in cui sempre più da vicino, tutti
veniamo a conoscere e a fare esperienza
con la sofferenza a vario livello: nelle famiglie e nella società in generale; celebrare
con fede profonda la giornata del malato,
significa imparare a vedere tutte le persone
sofferenti, tutti gli ammalati, come fratelli
ai quali dobbiamo rivolgere il nostro amore
incondizionato, stando loro vicini, aiutandoli, dando il nostro sostegno, il nostro
conforto e dando loro la possibilità di accostarsi il più possibile ai Sacramenti, per
vivere pienamente l'amore di Cristo e il Mistero della sua Morte e Risurrezione, nel
quale la sofferenza e il dolore trovano
pieno senso e compimento.
La malattia, la sofferenza in Cristo, diventa sacramentale, così come se vissuta
cristianamente e con fede, può divenire arricchimento e insegnamento per chi è vicino al fratello che soffre; lo ricorda anche il
nostro vescovo Mons. Vincenzo Bertolone
nella Lettera Pastorale 2013-2014, nel capitolo terzo dedicato alle Opere di misericordia, particolarmente in Visitare gli infermi.
Operando in tal modo, illuminati dalla
fede, il malato non sarà sostenuto da parole
vuote ma dall’umanità e dalla compassione
amorevole di chi si avvicina alla sua sofferenza, con il cuore nelle mani. Solo così, con
l’amore e la carità, si potrà dare vero sostegno agli ammalati e alle persone che si
prendono cura di esse, a vivere la sofferenza nella fede e in comunione con Cristo.
Vincenzo Iezzi
Inaugurata la nuova cappella
del policlinico di Germaneto
SPIRITuAlITà
E’
stata inaugurata ieri –ventiduesima Giornata mondiale del
Malato e festa della Madonna
di Lourdes- la nuova cappella del policlinico
universitario in località Germaneto. Per
l’occasione l’arcivescovo metropolita di Catanzaro- Squillace Vincenzo Bertolone ha
presieduto una solenne celebrazione eucaristica insieme all’arcivescovo emerito Antonio Cantisani ed al cappellano don Antonio
Varano. Presenti, in prima fila, anche il rettore dell’università “Magna Graecia” Aldo
Quattrone, il presidente del Senato Accademico Francesco Saverio Costanzo, ed il presidente della Fondazione Umg Arturo
Pujia. “Cristo non è venuto per cancellare il
dolore –ha detto l’arcivescovo Bertolone nell’omelia-, bensì per assumerlo su di sé e trasfigurarlo come il germe dell’infinito,
preludio d’eternità per tutti. Insomma, Egli
è diventato uomo ed è morto in croce per
mostrare che senza la sofferenza la vita non
sarebbe tale. Per questo i cristiani, cui si
deve storicamente la creazione degli ospedali, hanno sempre nutrito una speciale attenzione verso i malati: perché credono in
Gesù, fratello nostro e Figlio di Dio, che è
stato sofferente, ha conosciuto la morte ed è
risorto”.
Per il cappellano don Varano, poi, è importante “assistere spiritualmente i fratelli
più sofferenti, per questo almeno una volta
a settimana facciamo visita a tutti gli ammalati del policlinico”. L’inaugurazione
della nuova cappella, dedicata a San Giuseppe Moscati, è stata possibile anche grazie
alla collaborazione del Coro “Gli stonati di
Dio” – che anima tutte le funzioni, soprat-
PERSONAGGI BIBLICI...
«Tornò indietro
lodando Dio»
(Lc 17,15)
P
assando tra la Samaria e la Galilea,
nel suo andare
verso Gerusalemme, Gesù
si imbatte in dieci lebbrosi
(Lc 17,11-12). Il loro stare
all’ingresso di un villaggio
riflette, in particolare, la grave condizione di emarginazione, oltre che di profonda sofferenza, nella quale essi
vivevano a causa della loro malattia.
Ecco perché, riconosciuto Gesù, pur rimanendo a debita distanza per scongiurare qualsiasi possibilità di contagio, essi
Gli rivolgono un accorato grido d’aiuto:
«Gesù, maestro, abbi pietà di noi» (v.
13).
E Gesù, accogliendo la loro richiesta,
li mandò a presentarsi ai sacerdoti (v.
14a), da coloro cioè che avrebbero dovuto certificare la loro avvenuta guarigione. Così, mentre essi si stavano
recando dai sacerdoti, furono purificati,
sanati dalla lebbra (v. 14b). Uno di loro,
però, vedendo che era guarito, preferì
non andare subito dai sacerdoti, ma
«tornò indietro lodando Dio a gran
voce» (v. 15), riconoscendo così che era
stato Dio l’autore di quel miracolo, servendosi però di Gesù.
Ecco perché loda Dio “tornando indietro” da Gesù: per poter ringraziare e
benedire non solo Dio, ma anche colui
che del miracolo era stato il “mediatore”. Mediante Gesù era avvenuto il
miracolo, mediante lo stesso Gesù do-
tutto nei giorni festivi- e del gruppo dei Ministri straordinari dell’Eucarestia: “quando
lavoriamo insieme –ha affermato don Varano- è come se tirassimo una fune dalla
stessa parte, così non si sprecano energie”.
La Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) ha donato alla cappella un
corredo liturgico da altare. Un plauso è arrivato, inoltre, dal Coordinatore della Consulta degli Studenti Filippo Savica, secondo
il quale, il nuovo luogo di culto è il frutto
“per il nostro ateneo di un cammino di crescita nella fede, e dunque un cammino sotto
il segno delle riconoscenze del nostro buon
Dio”.
Al termine della celebrazione eucaristica
l’arcivescovo Bertolone, accompagnato dai
volontari dell’Associazione Nazionale Carabinieri, ha incontrato personalmente i degenti dei reparti di Cardiologia,
Cardiochirurgia, Cardiologia interventistica, Epatologia, Nefrologia, Unità coronarica, ed Emodinamica.
Luigi Mariano Guzzo
veva ora essere ringraziato Dio. Questa
l’intenzione del lebbroso, questa la sua
fede. Una fede che Gesù non manca di
rimarcare, facendo la differenza con gli
altri nove che, pur essendo stati anch’essi guariti allo stesso modo, non
erano però tornati indietro a rendere
gloria a Dio (v. 18).
Spesso anche oggi capita di assistere
ad atteggiamenti simili a quello degli
altri nove lebbrosi guariti. Laddove, infatti, Dio decide di operare, in Cristo
Gesù, per mezzo di una via particolare,
pur non potendo negare i frutti derivanti da tale opera, si tende tuttavia a
non riconoscere la via per la quale questi frutti sono maturati. Si tende cioè a
sganciare i frutti dall’opera che li ha prodotti, asserendo che Dio li avrebbe comunque concessi per un’altra via. È
questo un grave peccato nei confronti
del Signore. Poiché, non riconoscere la
via mediante la quale Dio opera (o ha
operato), equivale di fatto a non riconoscere Dio.
Edoardo M. Palma
11
15 febbraio 2014
TERRITORIO
Celebrata a Soverato la festa di Don Bosco
«Abbiate un costante sguardo profetico sui giovani»
Mons.Cantisani sintetizza in un decalogo le nuove sfide dei figli di don Bosco
N
ella celebrazione vigiliare della
Solennità di San Giovanni Bosco,
Compatrono della Città di Soverato, Mons. Antonio Cantisani ha tenuto
una vibrante omelia indicando in un singolare decalogo il senso ed il significato più
profondo della missione dei Salesiani di
don Bosco. (Riportiamo qui di seguito alcuni
passaggi dell’omelia)
«Mi permetto di fissare un decalogo, 10
punti (ma sono solo indicativi!): cinque generali (e, ovviamente, più importanti) e cinque riferiti più specificatamente alla
Parrocchia. Sono semplici indicazioni che
escono dalla mente e dal cuore di chi è stato
soprattutto un pastore.
1. Innanzitutto, i Salesiani devono continuare a gridare l’Amore. Con la parola, con
la testimonianza personale e della comunità, con la varietà delle loro opere devono
farci sentire amati da Dio. È la grande intuizione (scoperta di una realtà!) che portò
D. Bosco a fare dei giovani la ragione della
vita (“non basta che siano amati, devono
sentirsi amati”). Della certezza di essere
amati abbiamo bisogno in particolar modo
noi Calabresi. È da questa certezza che scaturisce la necessaria fiducia in un futuro migliore, il superamento di quel fatalismo che
ci blocca, la spinta a rimboccarsi le maniche
e a fare tutti la propria parte per costruire
un mondo più giusto. Proprio perché credeva all’Amore D. Bosco “non si ripiegò
mai in un atteggiamento di nostalgia verso
il passato, ma accettò il nuovo con una eccezionale capacità di risposte concrete alle
esigenze e alle attese del tempo”. Lo storico
Scoppola parlava di “fantasia in azione”.
2. Tenere costantemente – giorno e notte
– uno sguardo profetico sui giovani.
I Salesiani non devono avere il minimo
dubbio su queste “scelta di campo”, se si
vuole davvero rinnovare la società e la
Chiesa. Nella varietà dei ministeri cui vengono chiamati, devono lasciarsi tormentare
dal grido di D. Bosco: “La mia vita tutta per
i giovani”.
E i giovani vanno innanzitutto ascoltati.
L’ascolto è la prima espressione d’amore.
Essi sono peraltro le antenne che percepiscono in anticipo le vie lungo cui cammina
la storia. Ascoltarli: felici quando ci criticano, preoccupati quando non lo fanno.
Ascoltarli, i giovani: e dar loro “fiducia e
libertà” (sono parole di D. Bosco. E aggiungeva: molta!). Solo in questo clima li aiutiamo a diventare “protagonisti” – e devono
esser protagonisti! – della costruzione della
loro personalità (“liberi per amare”) e della
costruzione di un mondo nuovo. È alla vo-
12
15 febbraio 2014
stra scuola che io ho imparato una cosa: i
giovani vanno aiutati a crescere secondo il
loro personale progetto, facendo emergere
la potenzialità di cui ognuno è ricco. Che
compito tremendum et fascinosum!
Una raccomandazione particolare devo
farla: puntare su tutti i giovani solo perché
giovani, con un preferenza per i più poveri,
i più deboli, i più emarginati, i più esposti
alla devianza. Con questi giovani D. Bosco
diede inizio alla sua meravigliosa avventura.
3. Puntare sempre più decisamente sulla
famiglia come soggetto sociale e pastorale.
È scontato che nella formazione dei giovani ha una rilevanza insostituibile una comunità di adulti che vivono il Vangelo nella
quotidianità. Tale comunità è – per legge di
natura e, dunque, per precisa disposizione
del Signore – innanzitutto la famiglia. E perciò tutti gli educatori devono sentirsi in-
nanzitutto collaboratori della famiglia.
Si comprende così l’urgenza di individuare e realizzare percorsi per preparare
alla famiglia e prima ancora per educare all’amore nella sua unità di eros e agape, la necessità di accompagnare con particolare
cura le famiglie giovani, la necessità di far
diventare la famiglia il primo luogo dell’annunzio del Vangelo (“buona notizia dell’amore di Dio”). Risuonano sempre forti
alla mia mente le parole di Papa Wojtyla:
“L’avvenire non solo della Chiesa ma della
società stessa passa attraverso la famiglia”.
È la sfida più importante di questo III millennio. E non dimentichiamo un altro slogan di Giovanni Paolo II: “Di famiglia in
famiglia”. Sono, peraltro, soprattutto le famiglie che devono aiutare le altre famiglie.
Ma anche qui mi permetto di fare una
raccomandazione particolare, che poi evidenzia un’altra peculiarità della pedagogia
di D. Bosco: alla famiglia va attribuito un
forte valore “preventivo” del disagio giovanile.
4. Considerare impegno prioritario la
formazione dei laici. Occorre, oggi più che
mai, formare laici davvero adulti nella fede,
convinti, liberi, che sanno vivere il valore
della corresponsabilità. Certo, ad intra nella
comunità ecclesiale. Ma mi riferisco in particolare all’officium proprium dei laici, che è
quello di animare di spirito evangelico le realtà create. Il luogo proprio della missione
dei laici non è il tempio, meno ancora la sacrestia, ma la storia nella molteplicità dei
suoi campi: compresa la politica, ovviamente. Bisogna starci dentro: certo, da cristiani, ma, proprio per questo – la laicità è
un valore cristiano – con la loro competenza, intraprendenza e creatività, ma anche
con la loro libertà e la loro responsabilità.
Scusatemi se insisto con forza su questo
punto. Con il Vaticano II avevamo riscoperto il carisma dei laici. A me pare che,
negli ultimi anni, questo discorso sia stato
interrotto. Occorre assolutamente riprenderlo: per Soverato e per tutta la Calabria.
Rimarrebbe astratto, questo discorso, se non
avessimo salesiani che svolgano bene quel
ministero insostituibile che è la direzione
spirituale.
5. Assicurare una presenza creatrice nel
mondo della cultura.
Mi riferisco, certo, alla cultura in senso
antropologico, alla scuola di D. Bosco, giustamente definito maestro di natura popolare. E, al riguardo, penso al mondo della
“comunicazione”. Bisogna stare avanti, non
lasciarsi trainare.
Ma penso anche alla cultura cosiddetta
“alta”. Rimane sempre vero quel che diceva
TERRITORIO
Paolo VI: “Il dramma del mondo d’oggi è la
frattura tra fede e cultura”. Per certi aspetti
il fossato si è fatto più largo. E invece non
può e non dev’essere così. Ratio et fides, le
due ali per raggiungere la verità. E, allora,
l’urgenza del dialogo. Bisogna assolutamente far capire che del Vangelo non bisogna aver paura: Gesù Cristo non mortifica
gli autentici valori umani, ne garantisce anzi
la realizzazione e li porta a perfezione.
Di qui la necessità di far diventare sempre più il Liceo poli di promozione culturale
per tutto il territorio. E, perciò, – capisco i
problemi, anche economici – il Liceo bisogna difenderlo e potenziarlo ad ogni costo.
Oltretutto è una battaglia di autentica libertà. Non contro nessuno, ma servizio di
tutti.
Accenno semplicemente al contributo che
può esser dato dagli ex allievi soprattutto se
associati.
Ed eccoci – molto più brevemente – agli
altri cinque punti per una risposta alla domanda: cosa ci aspettiamo dai salesiani per
il futuro? E questi punti riguardano più specificamente la Parrocchia.
6. I Salesiani devono essere sempre più
impegnati a costruire una parrocchia che
sia chiaramente famiglia.
È stato D. Bosco che ci ha fatto riscoprire
lo spirito di famiglia. D’altra parte, la Chiesa
è quella che ha voluto e vuole Gesù Cristo
solo se è famiglia, ove non esiste l’anonimato, ove ci amiamo davvero ad uno ad
uno.
L’essenziale è che si punti sul coinvolgimento di tutti i fedeli nella costruzione di
questo edificio spirituale che il camminare
insieme (la sinodalità!) sia la prassi ordinaria del cammino della comunità.
7. Considerare assolutamente prioritario
l’impegno per la catechesi. Dev’essere sempre più il fiore all’occhiello dei Salesiani.
Una catechesi per la vita: una catechesi cammino, una catechesi esperienziale, una cate-
chesi che porti effettivamente all’amicizia
più stretta con Gesù Cristo, una catechesi
che, per questo, dia sempre più spazio alla
Parola di Dio.
È l’oratorio che distingue una parrocchia
salesiana: qualificatelo sempre più in tal
senso, inventandole tutte perché tutti – nessun escluso – la frequentino, e, preoccupandovi ovviamente per il “dopo oratorio”.
8. Non aver paura del pluralismo associativo. È una ricchezza, specialmente in un
centro così grande come Soverato. Sono,
d’altronde, le aggregazioni un luogo privilegiato per formare quei cristiani che sanno
offrirsi come operatori pastorali. E in una
parrocchia popolosa c’è bisogno di un gran
numero di tali operatori.
È evidente che mi riferisco, parlando di
aggregazioni ecclesiali, a quelle che hanno
respiro nazionale e universale. Ai Salesiani
il compito di arricchirle di entusiasmo con
il loro carisma e di godere del contributo che
esse possono dare alla costruzione dell’unica Chiesa.
9. Vi sono sincero e perciò vi dico che mi
aspetto per il futuro un’apertura sempre
più grande all’intera realtà diocesana. Non
tanto nel senso che la pastorale di una parrocchia tenuta dai religiosi dev’essere inserita nella pastorale diocesana. Questo è
scontato: l’unica pastorale valida in un territorio è quella attorno al vescovo. E voi la
fate. Ma parlo di apertura all’intera realtà
diocesana, nel senso che dovete essere convinti che la diocesi è più povera se, nelle sue
linee pastorali e anche nelle sue espressioni
più periferiche, non sente la presenza del carisma dei figli di D. Bosco. Come? I modi bisogna inventarli. È certo, comunque, che,
per una piena vitalità della comunità diocesana, l’apertura di cui sto parlando deve diventare sempre più realtà.
10. Una risposta al “come” può essere un
ultimo punto, cui accenno semplicemente e
che però riveste una particolare importanza:
occorre promuovere vocazioni salesiane di
speciale consacrazione. Non dimentichiamo che soprattutto da questo si misura
la vitalità di una comunità.
Certo, il mezzo più efficace e comunque
insostituibile per una pastorale vocazionale
è la gioiosa testimonianza di vocazioni vissute. E i salesiani lo sanno. E perciò, come
per il loro fondatore, il nucleo dinamico del
loro carisma sarà sempre più la loro radicale
donazione a Gesù Cristo. Non basta, però.
È necessaria la proposta di questa vocazione
(non è, la vocazione, un vago sentire). E voi
saprete farla ai giovani con convinto entusiasmo. E, ne sono certo, anche se solo il Signore conosce la stagione dei frutti, molti
giovani diranno sì.
E allora guarderemo al futuro con serena
fiducia, certi di aver celebrato don Bosco
nel migliore dei modi»
Saverio Candelieri
preside Istituto Salesiano
UN CLIMA FESTOSO
NEL NOME DI DON BOSCO
C
ome da tradizione, anche il
31 gennaio di quest’anno, la
famiglia salesiana ha voluto
ricordare, attraverso la Celebrazione
Eucaristica, tenutasi nella Parrocchia
“Maria SS Immacolata di Soverato”, il
“padre, maestro ed amico” dei giovani: Don Bosco. Il parroco della città,
don Pasquale Rondinelli, che ha presieduto la Santa Messa, ha condiviso
con i giovani, in perfetto spirito salesiano, i tre “ingredienti” (fede, speranza e carità) fondamentali per essere
“buoni Cristiani e onesti cittadini”,
come ricordava sempre Don Bosco ai
ragazzi del suo oratorio.
A conclusione della Messa, la comunità, tra giovani e adulti, è esplosa in
canti di gioia per ricordare che Don
Bosco è sempre vivo in mezzo a noi,
nei nostri cuori.
Successivamente il grande gruppo
di ragazzi, formato da studenti appartenenti a varie scuole del comprensorio, si è dilettato in differenti attività
ludiche. I più piccoli, grazie agli animatori dell’Istituto Salesiano Sant’Antonio di Padova, sono stati intrattenuti
con divertenti e originalissimi giochi.
Tra questi uno dei più apprezzati è
stato il “gioco degli scalpi”. Per i più
grandi, invece, sono stati organizzati
dei tornei di calcio e di pallavolo che
hanno avuto luogo nel cortile dell’Istituto delle figlie di Maria Ausiliatrice,
strette collaboratrici dei Salesiani. Il
gioco che ha riscosso maggiore successo è stato il “Dr. Why”, rivisitazione della diffusissima applicazione
“Quiz duello”.
Alla fine della giornata, sono state
annunciate le squadre vincitrici dei
vari tornei. Tra urla di gioia, abbracci e
sorrisi, in quel clima festoso di famiglia, sembrava risuonassero ancora le
parole: “Vicino o lontano io penso
sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel
tempo e nell’eternità” (Don Bosco).
D’Amore Jole e Gnasso Ilaria
13
15 febbraio 2014
TERRITORIO
RICONOSCIMENTO AllA CARRIERA
Il primo cittadino di Catanzaro, Sergio Abramo,
ha consegnato le chiavi della città
al prof. Giuseppe D'Agostino,
decano dei giornalisti calabresi
U
n riconoscimento importante
per la lunga e proficua attività professionale svolta a favore dell’informazione e della cultura
in Calabria e nella Città di Catanzaro.
Con queste motivazioni il sindaco Sergio Abramo ha consegnato le chiavi
della Città, realizzate dal maestro orafo
Vincenzo Cosentino, al prof. Giuseppe
D’Agostino, decano dei giornalisti calabresi, in occasione della cerimonia solenne tenutasi nella sala consiliare di
Palazzo de Nobili.
Giuseppe D'Agostino, nato nel 1932 a
Monterosso Calabro, nel vibonese, è residente a Catanzaro da oltre mezzo secolo dove continua, tuttora, a esercitare
con serietà, passione ed entusiasmo la
professione di giornalista avviata nel
1957 con la fondazione de "Il popolo calabrese", uno dei periodici italiani più
longevi, e dell’agenzia “Premi Mostre e
Pubblicazioni”, collaborando al contempo per importanti quotidiani nazionali, per la Rai ed alcune televisioni
regionali.
“Giuseppe D’Agostino si può considerare un catanzarese d’adozione a
tutti gli effetti – ha commentato il sindaco Abramo – e l’Amministrazione comunale, sottolineando il ruolo che
l’informazione ha sempre rivestito per
la crescita civile e sociale della Città, ha
voluto oggi consegnare un meritato riconoscimento a un professionista entrato nella storia del Capoluogo”.
Alla cerimonia, introdotta dal capo
ufficio stampa di Palazzo De Nobili,
Sergio Dragone, hanno preso parte
anche il presidente del Consiglio comunale, Ivan Cardamone, e il presidente
dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri, il quale, ricordando come D’Agostino abbia sempre
interpretato la propria professione con
spirito costruttivo, ha rimarcato l’im-
portanza di un premio che evidenzia il
ruolo del giornalismo in una città che
ha dato i natali a tanti professionisti di
rilievo. Hanno portato i propri saluti
alla cerimonia anche Ercole Massara,
sindaco di Monterosso Calabro, e Leopoldo Chieffallo, sindaco di San Mango
d’Aquino di cui D’Agostino è cittadino
onorario. “Questa giornata corona i sacrifici di una lunga carriera – ha commentato il giornalista – intrapresa nel
mondo dell’informazione e proseguita,
poi, in qualità di professore e operatore
culturale. Palazzo De Nobili ha ospitato
alcuni dei premi letterari più rilevanti
da me promossi che hanno contribuito
alla crescita culturale della Città, per la
quale mi sono sempre battuto difendendo con forza ruolo e funzioni del
Capoluogo di regione”.
Anche noi, come redazione di “Comunità nuova”, esprimiamo un augurio al prof. Giuseppe D’Agostino,
persona sempre attenta e sensibile alle
attività pastorali della nostra diocesi.
I seminaristi del “San Pio X” sulle orme di Cassiodoro
U
na breve sosta culturale sui
luoghi di Cassiodoro. E’
quella che hanno svolto, l’11 e
il 12 gennaio, venti allievi del Seminario
“Pio X” di Catanzaro, i quali si sono recati a Squillace, sabato e domenica, accompagnati dal loro vicerettore don
Pasquale Brizzi. I seminaristi, tutti studenti del primo biennio, sono stati accolti
dal
vicario
generale
dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace,
mons. Raffaele Facciolo, il quale li ha
guidati in una visita in cattedrale, nei
locali del Seminario squillacese, in
quelli del museo diocesano e dell’archivio diocesano e nella “Casa della cultura”. Qui, il sindaco Guido Rhodio li
ha intrattenuti sulla storia del territorio,
sui vescovi dell’antica diocesi di Squillace e soprattutto su Cassiodoro. Mons.
Facciolo ha spiegato ai seminaristi che
14
15 febbraio 2014
l’arcivescovo mons. Vincenzo Bertolone
ha dato un forte impulso alla causa di
canonizzazione di Cassiodoro, fornendo al Papa e alla Congregazione per
le cause dei santi ulteriori elementi di
riflessione. Cassiodoro è, comunque,
sempre stato considerato ora servo di
Dio, ora beato, ora santo; ha fondato
due centri di studio, di spiritualità e di
cultura cristiana, il “Vivariense” e il
“Castellense”; ed anche Benedetto XVI
lo ha definito «uomo di alto livello sociale», additandolo quale «modello di
incontro culturale, di dialogo, di riconciliazione». L’archivista Benedetta Trapasso si è soffermata sull’archivio
diocesano di Squillace, che conserva
centinaia di pergamene e migliaia di
faldoni, con circa quaranta metri lineari
di documentazione cartacea, recentemente riordinata e sistemata per la fruizione di studiosi e ricercatori. Il 12
gennaio, i seminaristi hanno assistito
alla messa domenicale che l’arcivescovo emerito mons. Antonio Cantisani
ha celebrato nella concattedrale squillacese, mentre nel pomeriggio hanno terminato il percorso culturale con la visita
al parco archeologico della Roccelletta.
Salvatore Taverniti
A Roma per l’udienza con Papa Francesco
TERRITORIO
U
n nutrito gruppo di fedeli della
parrocchia “Madonna di Pompei” ha accolto, senza indugio
alcuno, l’invito del parroco mons. Giuseppe Silvestre di partecipare, in Piazza
San Pietro a Roma, all’udienza generale
con Papa Francesco di mercoledì 29 gennaio.
La gioia di incontrare il Santo Padre ha
avuto il sopravvento sull’inclemenza del
tempo di quei giorni freddi e piovigginosi
di fine gennaio. Tant’è che anche il momentaneo scoraggiamento per quella leggera
pioggerellina
caduta
sui
partecipanti, che si sono ritrovati, intorno
alle ore otto di martedì 28 gennaio, in via
Tommaso Campanella, in attesa della partenza, è stato superato dal clima festoso
che i pellegrini avevano saputo creare.
C’è stato chi, con molta arguzia, mutuando un vecchio motto popolare, si è lasciato andare ad un “pellegrinaggio
bagnato, pellegrinaggio fortunato”. E fortunato è stato per davvero il pellegrinaggio romano per partecipare all’udienza
con il Santo Padre.
Dunque martedì mattina, verificate le
presenze, Don Pino ordina di partire. Da
Catanzaro Ovest a Catanzaro Sud. A
Santa Maria attendono di essere imbarcati
i fedeli della parrocchia “Santa Maria Zarapoti” con il parroco don Giovanni Godino. Le due parrocchie della città si sono
aggregate al pellegrinaggio promosso
dalla Fondazione antiusura “Santa Maria
del Soccorso”.
Completato l’imbarco su un confortevole bus, via speditamente verso Roma.
Dopo lo scambio dei saluti accompagnati
dalle notizie di servizio sul viaggio intrapreso, Don Pino guida la recita del rosario ed i successivi momenti di preghiera.
Non mancano, tra un’orazione e l’altra,
accenni canori per mitigare la fatica del
viaggio.
Intanto le condizioni climatiche sono
decisamente migliori di quelle lasciate a
Catanzaro. Un caldo sole e una tempera-
lA PARROCChIA MADONNA DO POMPEI RACCONTATA IN uN CAlENDARIO
L
a Parrocchia “Madonna di
Pompei” per il secondo anno
consecutivo ha il suo calendario, non solo per accompagnare gli auguri più affettuosi per il 2014, ma
anche per documentare con l’inserimento di immagini, unite da sintetiche e opportune didascalie, le attività
realizzate nei trascorsi 365 giorni, che
ci siamo lasciati alle spalle. Di più.
Ogni foglio mensile richiama alla riflessione personale (e collettiva) dei
fedeli gli orientamenti del piano pastorale per l’anno in corso, con la riproposizione delle meditazioni sulle
opere di misericordia offerte dal Nostro Arcivescovo. “L’invito-scrivono i
curatori del calendario -il parroco,
mons. Giuseppe Silvestre, ed il direttore responsabile de “IL Ponte”, Luigi
Mariano Guzzo-, è quello di realizzare
un’opera di misericordia al mese. Non
è troppo, ma non è neanche poco”.
Passato recente e presente s’intrecciano, quindi, nello scorrere dei mesi
“per riempire di Eterno i giorni del
nuovo anno, al fine di raccontare il vivace mosaico della comunità “Madonna di Pompei”, tra storia e fede,
tra fiducia e speranza.
r.f.
tura mite accompagnano quasi tutto il
viaggio di andata. Roma ci attende e alle
ore sei circa del pomeriggio di martedì 28
gennaio siamo già dentro la Basilica di
San Giovanni in Laterano, accolti dal canonico decano mons. Antonio Sgrenci. Si
prega, si guarda, si ammira la bellezza
dell’aureo sacro tempio.
A visita conclusa si riprende il viaggio
lungo le congestionate strade romane per
raggiungere in via Santa Croce di Gerusalemme, la Domus Sessoriana. Si presenta, e tale sarà, confortevole sotto tutti i
punti di vista.
Qui la comitiva catanzarese s’infoltisce
e aumenta di numero. Si uniscono e rimangono con noi, anche per l’udienza del
giorno seguente con il Santo Padre, i figli
e le figlie di alcuni pellegrini, residenti a
Roma o provenienti da altre città d’Italia.
Puntuale il raduno della mattinata di
mercoledì. All’ora prestabilita si riparte.
Si arriva in una Piazza San Pietro ancora
semivuota. Meglio così. Possiamo ammirare l’artistico presepe ed il suggestivo albero di Natale. La piazza a poco a poco si
riempie di fedeli provenienti da tutt’Italia ed ognuno di noi, pur sempre rimanendo in gruppo, guadagna la transenna
più vicina per godere del passaggio di
Papa Francesco. Finalmente un osannante
brusio annuncia che la papamobile ha
fatto la sua comparsa in una piazza, che
intanto si era affollata all’inverosimile. A
passo d’uomo sfila tra la gente acclamante. L’emozione è grande. Papa Francesco è con noi. E noi con Lui.
Invocazioni, grida di gioia, mani protesi
oltre le transenne salutano il Santo Padre,
che ricambia con affettuosi sorrisi e con
gesti semplici, cordiali, affettuosi. L’emozione è grande. Indescrivibile.
Il più bel regalo il Santo Padre lo ha riservato a Giulio, di dieci mesi, la mascotte del gruppo catanzarese, che ha
raggiunto la nonna pellegrina a Roma,
Merj Lucia, da Parma, dove per motivi di
lavoro risiedono i loro genitori Enzo e
Cristina con il fratellino Pietro, di anni
quattro. Il personale di servizio prende
Giulio in braccio e lo porge a Papa Francesco, che lo bacia sulla guancia e gli fa un
solletichino con l’indice della mano destra, accompagnandolo con un “sei bellissimo”. Il regalo fatto a Giulio è anche il
nostro regalo. Un regalo che i pellegrini
di “Madonna di Pompei” e di “Santa
Maria Zarapoti” conserveranno per sempre nel loro cuore. Grazie Papa Francesco.
Rita Ferragina
15
15 febbraio 2014
TERRITORIO
Si è svolta a Reggio Calabria la sessione invernale della CEC
Per costruire insieme nella fede una Calabria migliore
N
ei giorni 3-4 febbraio al Seminario Pio XI di Reggio Calabria,
si è tenuta la Conferenza Episcopale Calabra sotto la presidenza di
Mons. Salvatore Nunnari, Arcivescovo di
Cosenza-Bisignano. Presenti i Vescovi residenziali Giuseppe Fiorini Morosini, Vincenzo Bertolone, Luigi Renzo, Francesco
Milito, Leonardo Bonanno, Donato Oliverio, Domenico Graziani, Nunzio Galantino; gli Amministratori diocesani
Cornelio Femia di Locri e Antonio De Simone di Rossano Calabro; i Vescovi emeriti Antonio Cantisani, Vittorio Luigi
Mondello, Ercole Lupinacci, Vincenzo Rimedio.
La CEC si complimenta con Mons. Galantino per la recente nomina a Segretario
ad interim della CEI. A Lui augura di
cuore buon lavoro.
Con Lui i Vescovi si sono confrontati sui
temi da sottoporre all’attenzione del Santo
Padre per la prossima Assemblea CEI.
L’Arcivescovo Presidente ha riferito anzitutto sulla relazione del Card. Bagnasco al
Consiglio Permanente della CEI nei giorni
27-29 gennaio. Ci si è soffermati soprattutto sul dibattito in corso all’interno della
CEI sulla nomina del Presidente e del Segretario. È stato letto e approvato il Bilancio consuntivo 2013 della CEC. È stato
ridiscusso e approvato il documento su
“Sovvenire” preparato dalla commissione
calabra di riferimento.
La CEC ha ospitato il Rettore del Santuario della Madonna delle lacrime di Si-
racusa per verificare la richiesta di pellegrinaggi organizzati dalle diocesi calabresi. È stata affrontata la questione del
rinnovamento dello statuto del CER (Centro Ecclesiale Regionale). È stato dato l’incarico al Vescovo Presidente Mons. Renzo
di provvedere ad esso, e di preparare con
esperti un intervento sul tema del lavoro e
della famiglia.
È stata fissata al 5 giugno la data della
Giornata di incontro sacerdotale. Si terrà
a Serra San Bruno. Sono state esaminate
alcune proposte pastorali offerte da Mons.
Rimedio, sulle quali i singoli escovi si riservano di riflettere. È stata esaminata l’attività del giornale on line Calabria Ecclesia
Magazine e i relativi conti. È stata ravvisata l’opportunità di istituire un Ufficio
stampa proprio della CEC.
L’ing. Paolo Martino ha illustrato il
nuovo Protocollo di intesa programmatico
tra la Regione Calabra e la Regione Ecclesiastica Calabra.
È stato dato il patrocinio alla Live communication per una trasmissione in Calabria alla vigilia della canonizzazione di
Giovanni Paolo II.
Sono state approvate le iniziative della
Commissione per la catechesi per il 2014
e la proposta di un incontro di approfondimento tra i Vescovi calabresi e i Direttori
degli Uffici catechistici diocesani per una
impostazione della Catechesi in Calabria.
Sono state ascoltate e approvate le relazioni sul Seminario S. Pio X di Catanzaro
e sull’Istituto Teologico Calabro S. Pio X.
NOMINE
Mons. Graziani è stato nominato assistente del Forum dei docenti universitari;
d. Pasquale Zipparri (Cassano allo Jonio)
e d. Antonello Pandolfi (S. Marco Argentano) sono stati nominati Giudici e d. Nicola Vertolo (Locri-Gerace) Difensore del
Vincolo del Tribunale Ecclesiastico Regionale. P. Rocco Benvenuto è stato nominato
assistente dell’UCIIM
16
15 febbraio 2014
Fly UP