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un`occasione per riflettere e pregare per chi soffre
Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE: Via dell’Arcivescovado, 13 - Tel. 0961.721333 - 88100 Catanzaro Spedizione in a.p.Tabella C Autorizzazione DCO/DC CZ/063/2003 Valida dal 11/02/2003 Fondato nel 1982 15 FEBBRAIO - ANNO XXXIII N. 3 GIORNATA MONDIALE DEL MALATO: un’occasione per riflettere e pregare per chi soffre servizi nelle pp. 10 e 11 TRASCORSI TRENT'ANNI DAL ''NUOVO'' CONCORDATO Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace A Reggio Calabria la sessione invernale della CEC servizio a p.3 servizio a p.16 Fondato nel 1982 Caro lettore, richiedi l’abbonamento di “Comunità nuova” on-line, scaricando con facilità il PDF. Segnala il tuo indirizzo a: [email protected] APERTuRA L’agenda del Vescovo IL PALCOSCENICO DELLA CORRUZIONE F inalmente si apre il sipario e amaramente ci si avvede che il palcoscenico mostra gli scheletri della corruzione economica. Fiumi di danaro sottratto al bene comune per andare in possesso del bene privato; fiumi di danaro distorto che rende asfittica l’economia del Paese. Dinanzi a questo sfacelo che rende la nostra Italia sommersa nella sporcizia più inquinata e inquinante, si eleva un grido di indignazione: sradicare la “mala pianta” della corruzione “fisiologica” accettata, perché questa inonda tutto il territorio nazionale; rompere gli argini del danaro pubblico truccato perché nessuno si deve considerare “padrone” dello Stato. L’avidità sconcertante produce il baratro della crisi della civiltà. Ci vuole tolleranza zero; ci vuole educazione all’onestà. Dal deserto etico bisogna passare alla rivolta morale, altrimenti si verifica l’abbrutimento delle coscienze che rendono legittimi i percorsi di pseudo valori. Non meno grave è la corruzione morale la cui reprimenda viene dalla legge naturale, da quella morale e da quella ecclesiastica con le direttive che Papa Francesco sta predisponendo. La sporcizia di cui parlava l’allora Cardinale Ratzinger ha maggiormente elevato il tasso di inquinamento, e ci vuole un colpo d’ala per un comportamento socialmente etico perché si possa eliminare il putridume e si attui la bonifica di ogni settore della realtà socio-religiosa e politica. Raffaele Facciolo 2 15 febbraio 2014 14-15 Cei, partecipa al Seminario della Commissione Clero e Vita Consacrata 16 Catanzaro, Seminario S. Pio, Presiede S. Messa per festa fidanzati della diocesi 20 Mattina ritiro al clero di Mileto Pomeriggio incontro con la città a Vibo 21 Incontro con la città con l’on. Paola Binetti e Guido Rodhio 24 Roma: Partecipa al Convegno presso l’Università Lateranense 25-28 Torre Ruggero, esercizi spirituali MARZO 2 4 5 6 Cropani, chiusura corso fidanzati San Lucido, incontro su don Puglisi Cattedrale, Mercoledi delle Ceneri S. Messa Ritiro del Clero Incontro Polis alla presenza del card. Angelo Amato e il prof. Ulderico Parente Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace ABBONAMENTO CCP n. 10342889 intestato a “Comunità nuova” € 25,00 per l’Italia € 40,00 per l’estero Direttore Resposabile: Mons. Raffaele Facciolo Redazione: Francesco Candia (Amministratore) Michele Fontana • Giovanni Scarpino Marcello Lavecchia • Fabrizio Marano Valeria Nisticò • Rita Doria Saverio Candelieri • Anna Rotundo Fondato nel 1982 Editore e Redazione ARCIDIOCESI METROPOlITANA DI CATANZARO-SquIllACE Via Arcivescovado, 13 88100 - Catanzaro tel. 0961.721333 e-mail: [email protected] Iscritto al n. 2/1982 del Registro della Stampa del Tribunale di Catanzaro il 16 gennaio 1982. ISSN: 2039-5132 www.diocesicatanzarosquillace.it CulTuRA ''Nuovo'' Concordato: Trent'anni portati benissimo L a famosa foto del cardinale Agostino Casaroli seduto accanto a Bettino Craxi e Arnaldo Forlani, intenti, il 18 febbraio 1984 nella sala d’onore di Villa Madama, a firmare l’atto di revisione del Concordato del 1929, ha campeggiato sulle locandine del convegno “A trent’anni dal Nuovo Concordato 19842014”, promosso mercoledì a Roma dalla “Fondazione Socialismo”. Un evento non puramente commemorativo. Anzi, a giudicare dalle personalità intervenute, un tributo a uno dei passaggi nei rapporti Stato-Chiesa più felici e innovativi, con il quale sono state pressoché definitivamente superate le antiche diffidenze tra una parte e l’altra del “Tevere”, un secolo e mezzo dopo le dolorose vicende risorgimentali. Così infatti si sono concordemente espressi monsignor Piero Parolin segretario di Stato vaticano, e monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei per il versante ecclesiastico; e sul versante istituzionale il presidente del Senato Pietro Grasso, accanto a storici, giuristi, sociologi quali Carlo Cardia, Cesare Mirabelli, Gianni Long, Agostino Giovagnoli, Francesco Margiotta Broglio e Gennaro Acquaviva. Un “parterre” di personalità di primo piano di area cattolica, laica, socialista, unite nella positiva considerazione che il nuovo Concordato sia un fatto di grande rilievo, che non solo è stato ed è tuttora valido per l’Italia, ma che ha fatto da esempio per altri accordi analoghi da parte vaticana, e da parte dello Stato italiano con altre confessioni religiose. Il valore esemplare dell’accordo. Il segretario di Stato mons. Piero Parolin ha messo in luce come questo accordo rappresenti “un modo nuovo e amichevole di guardarsi tra Stato e Chiesa per il bene comune del Paese”. Dalle trattative che avevano portato a questo traguardo - ha sottolineato - “la collaborazione per il bene del Paese acquisiva un particolare significato per l’Italia non ancora uscita del tutto da una vicenda terroristica che aveva visto pagare un alto prezzo”, in termini di vittime, da parte di “significativi esponenti anche del mondo cattolico”. Ha poi rilevato come il Concordato abbia assunto alcuni dei contenuti salienti della “Gaudium et Spes”, “dove si afferma che la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome nei rispettivi ordini” e sono anche “entrambe al servizio della vocazione personale e sociale a vantaggio di tutti”. Dopo avere chiaramente ricordato che questo accordo “ha costituito un paradigma per ulteriori accordi della Santa Sede con altre realtà”, ha anche ribadito che esso ripropone uno dei compiti della Chiesa che consiste nell’”educare i fedeli al senso dello Stato e ad essere sottomessi ad ogni autorità per amore del Signore”, cioè - ha aggiunto - “per attuare il comando ‘Date a Cesare quello che è di Cesare’”. La valorizzazione del ruolo della Cei. “Con l’Accordo concordatario del 1984 ha Don Nicola Rotundo acclamato Dottore in Teologia Morale I l 29 gennaio scorso nell’aula delle tesi dell’ “Accademia Alfonsiana” in Roma, don Nicola Rotundo ha difeso la tesi di Dottorato in Teologia Morale sul tema: “Morale ed economia in B.J.F. Lonergan. Prospettive e limiti”. Membri della commissione: il Prof. Fidalgo C.Ss.R. (presidente), il Prof. McKeever C.Ss.R. (primo moderatore) e il Prof. Giustiniani (secondo moderatore). Tra i presenti all’evento accademico anche l’Arcivescovo metropolita, Mons. Vincenzo Bertolone, Mons. Ignazio Schinella e diversi sacerdoti della diocesi studenti nelle università pontificie di Roma. A Don Nicola Rotundo esprimiamo un augurio per un buon lavoro pastorale. preso avvio una nuova stagione di relazioni tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, che rispetto alla tradizionale prassi concordataria porta a valorizzare il ruolo e il contributo della Conferenza episcopale italiana, alla quale significativamente viene riconosciuta la personalità giuridica ex lege”. Questa la sottolineatura proposta dal segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino. Dopo aver definito tali accordi “un ‘ponte’ per il concreto dispiegarsi dei rapporti fra Stato e Chiesa”, mons. Galantino ha messo in evidenza che, in tema di organizzazione interna della comunità ecclesiale, “il Concilio e il Codice affermano chiaramente l’importanza del ruolo svolto dalle Conferenze episcopali, riconoscendone il molteplice e fecondo contributo affinché il senso di collegialità si realizzi concretamente”. Sul ruolo della Chiesa nello Stato sociale, ha poi citato “ambiti decisivi” come ad esempio “quello dell’educazione, della sanità, dell’assistenza agli ultimi”, cui si collega la “materia del sostentamento del clero” e “del valore sociale delle molteplici attività svolte dai nostri sacerdoti” oltre che della “utilizzazione delle risorse devolute dai contribuenti mediante la scelta dell’8 per mille”. Una “novità” apprezzata dal mondo politico. Anche il mondo della politica plaude, a distanza di trent’anni, al nuovo Concordato. Così infatti si è espresso il presidente del Senato Pietro Grasso, che nel suo discorso è partito da un evento recente: “Nella sua prima visita al Quirinale, il Santo Padre Francesco ha ricordato con un richiamo particolare il trentesimo anniversario dell’Accordo di Revisione del Concordato, il cosiddetto ‘Nuovo Concordato’ - ha detto -. L’idea di ‘novità’ coglie un aspetto rilevantissimo: l’intervento della Costituzione repubblicana, che all’art. 7 fa specifico riferimento ai Patti lateranensi e al tempo stesso contiene fra i valori fondamentali dell’ordinamento il principio di eguaglianza, all’art. 3 e la libertà religiosa all’art. 8”. L’accordo di revisione - ha aggiunto il presidente Grasso - indicava così una rinnovata strada comune, lungo la quale “il riconoscimento della dimensione sociale e pubblica del fatto religioso” si accompagnava con la “saldatura delle istanze più profonde e dei legami più stretti tra pensieri, ispirazioni, progetti per la stessa convivenza e cittadinanza democratica”. 3 15 febbraio 2014 ATTuAlITà Una calabrese premiata dalla Fondazione Di Liegro mani del presidente della fondazione, Luigina Di Liegro, mentre il presidente della giuria, Dante Maffia, poeta e saggista nonché candidato al Premio Nobel 2014 per la letteratura, ha letto una motivazione densa e accorata definendo l’opera premiata “un testo che cattura immediatamente per la folata di calore che arriva dai versi, tesi a fare vibrare le corde intime dell’anima. Ognuna delle composizioni è imperniata su qualcosa che ha voce remota e viva, avvitata a una spiritualità che non ammette cadute. Ogni immagine, ogni espressione si è divincolata dagli stereotipi del mistero e della religione e anela a condividere l’ansia di un processo che porta alla salvezza vera, non a quella canonizzata. Voce che sa offrire parole ricche di sensi, che si esercita su un campo di battaglia, come lei chiama il foglio; voce che se cerca di dare “nome a un dolore / implode” e “appanna la parola”, ma che a noi arriva densa e vibrata”. Ha presenziato alla cerimonia di premiazione iGiovanni Capocasale, assessore alla cultura della provincia di Crotone, invitato poi ai microfoni dallo stesso Dante Maffia. Un intervento emozionante il suo: richiamando alla memoria il leggendario valore eruditivo della città, culla della Magna Grecia, ha sottolineato l’attuale volontà di rompere le barriere delle criticità crotonesi puntando, appunto, sulla promozione della cultura, anche grazie al supporto di professionisti dei versi come la Caccia. “La poesia è tuttora lo specchio che mi rimanda, nel bene e nel male, i miei lineamenti, mi dà la consapevolezza di un ineffabile e chiarifica in qualche modo il resto. Scrivere di poesia riesce a dosare in me un certo disincanto, anche se ne ignoro le dinamiche” così connota la sua tensione poetica Angela Caccia, che ha portato un altro importante riconoscimento nel suo, quanto nostro, tormentato e raggiante angolo di Calabria. Gabriella Cantafio (22400 euro procapite) mentre la Valle d’Aosta ha superato l’Emilia-Romagna, che passa dalla seconda alla terza posizione. Nella parte bassa della graduatoria Campania (inferiore a 12.300 euro), Sicilia (attorno ai 12.700 euro) e Calabria (circa 12.900 euro) sono le regioni in cui il reddito disponibile per abitante è più basso. Nel 2012 a livello nazionale il reddito disponibile delle famiglie, in valori correnti, aumenta dell’1% rispetto al 2009, anno di inizio della crisi economica. In particolare il Nord registra un incremento maggiore (+1,6% nel Nord-ovest e +1,7% nel Nord-est) mentre, sempre rispetto al 2009, il Centro e Mezzogiorno segnano un aumento molto più contenuto (rispettivamente +0,4% e +0,2%). La Liguria è la regione che ha risentito maggiormente degli effetti della crisi economica: tra il 2009 e il 2012 le famiglie hanno subito una diminuzione dell’1,9% del reddito disponibile. L’Umbria e la provincia di Bolzano sono state le meno toccate dagli effetti della crisi economica con aumenti, nel periodo considerato, rispettivamente del 3,6% e del 2,7%. L o scorso 1 febbraio, a Roma, nella cornice della Sala Pietro da Cortona in Campidoglio, si è tenuta la cerimonia di premiazione della VI edizione del Premio Internazionale di Poesia “Don Luigi Di Liegro”. Nella sezione “libro edito di poesia” del prestigioso premio che si svolge sotto il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, una talentuosa crotonese ha conquistato il terzo posto. Si tratta di Angela Caccia, pluripremiata poetessa cutrese che, nella suggestiva atmosfera barocca dei Musei Capitolini, ha incantato la giuria con la sua silloge “Nel fruscio feroce degli ulivi”. Una raccolta di 63 poesie attraverso le quali la Caccia lascia scorgere i suoi sentimenti più intimi, riflessioni sugli eventi contrastanti della sua esistenza e della nostra società, accompagnando il lettore negli impervi sentieri della natura calabrese. Nella variegata raccolta si intravede il fil rouge dell’introspezione mediante la quale la poetessa instaura un rapporto empatico con il lettore, offrendogli l’occasione di domare insieme la ferocia del fruscio degli ulivi, la brutalità dell’umanità, cercando così di conferirgli la sua originaria serenità. L’autrice ha ricevuto il premio dalle Redditi: la Calabria tra le regioni più povere N el 2012 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti diminuisce, rispetto all’anno precedente, in tutte le regioni italiane. Nel confronto con la media nazionale (-1,9%), il Mezzogiorno segna la flessione più contenuta (-1,6%), seguito dal Nord-est (-1,8%), Nord-ovest e Centro (-2%). Le regioni con le riduzioni più marcate sono Valle d’Aosta e Liguria (2,8% in entrambe). Il reddito monetario disponibile per abitante è pari a circa 20.300 euro sia nel Nord-est sia nel Nord-ovest, a 18.700 euro al Centro e a 13.200 euro nel Mezzogiorno. Nel corso del periodo si è modificata la classifica delle regioni in base al reddito disponibile per abitante. Dal 2009 la provincia autonoma di Bolzano è stabilmente in testa alla graduatoria 4 15 febbraio 2014 ATTuAlITà Inaugurato il nuovo anno giudiziario del TER Calabro “N iente purtroppo è per sempre, nemmeno il diamante che brilla in tv”. Canta così Brunori Sas in una malinconica canzone sul rapporto di coppia. E come dargli torto dopo aver letto i dati presentati dal Tribunale ecclesiastico regionale, riguardanti le richieste di nullità di matrimonio nella nostra regione. In Calabria, infatti, sono ancora in aumento il numero delle unioni che falliscono e il motivo continua ad essere sempre lo stesso: l’immaturità dei nubendi chi si apprestano a compiere il passo più importante della propria vita. O almeno così dovrebbe essere. Numeri preoccupanti, che sono stati snocciolati dal presidente del Ter calabro, mons. Francesco Oliva, nel corso della cerimonia di inaugurazione del nuovo anno giudiziario, svoltasi ieri sera al Seminario arcivescovile “Pio XI” di Reggio, alla presenza di tutti i vescovi calabresi e delle più alte autorità civili. Il primo pensiero di mons. Oliva, alla guida del Foro della Chiesa da appena tre mesi, è stato però per il suo predecessore, mons. Raffaele Facciolo, vicario giudiziale del Ter Calabro per ben 23 anni. «Al suo insegnamento – afferma mons. Oliva – noi operatori di questo Ter dobbiamo qualcosa. Tra i tanti, un merito particolare: aver dato al nostro Tribunale un’impostazione realmente regionale». A dare al via ai lavori sono stati i saluti del presidente della Conferenza episcopale calabra, mons. Salvatore Nunnari, dell’arcivescovo della Diocesi di ReggioBova e moderatore del Ter Calabro, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, e del presidente del Ter Campano e d’Appello, mons. Erasmo Napolitano, cui è seguito l’intervento del nuovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio. Il presidente del Ter è entrato subito nel vivo del problema delineando l’identikit dei fedeli che si rivolgono alla giustizia della Chiesa: «Al nostro Tribunale – spiega mons. Oliva – i fedeli, di ogni categoria sociale, si rivolgono paradossalmente non per essere giudicati, ma ascoltati, compresi, aiutati. Vengono fuori drammi familiari che sollecitano il nostro compito di pastori. Un mondo, ove i sentimenti sembrano essere divenuti più fragili, ove sembra irrealizzabile il “per sempre”, ove è duro vivere la fedeltà, ove l’impegno educativo appare più difficile, ove talvolta regna la paura del domani». Ma sono i dati quelli che fanno notizia e questi dicono che nel corso del 2013 le cause introdotte sono state 166 (+6 rispetto al 2012), quelle decise 128 (-23 rispetto al 2012), di cui 111 con esito affermativo e 17 con sentenza negativa. Un decremento significativo dovuto a numerose cause introdotte per incapacità psichica che esigono perizie psicologiche e psichiatriche, con tempi che prolungano la fase istruttoria. Ed è proprio l’immaturità il capo di nullità più invocato: 129 volte su 214. «Tale alta frequenza – spiega ancora mons. Oliva – è determinata dal fatto che molti matrimoni riguardano soggetti fragili, talvolta con disturbi dipendenti di personalità; giovani, che, al momento del matrimonio, non avevano ancora portato a termine il processo di autonomia, in modo da riconoscere e accogliere la scelta matrimoniale nella sua realtà e verità; giovani, nei quali è venuta a mancare quella maturazione affettiva che porta alla formazione dello stato adulto, che rende possibile l’osservazione delle cose secondo la loro natura e non secondo i propri sogni interpretativi; giovani che non erano capaci di una decisione responsabile né consapevoli delle conseguenze di un atto così importante, qual è il matrimonio». Al capo dell’immaturità seguono la simulazione per esclusione dell’indissolubilità (28 casi) e della prole (18 casi). Meno ricorrenti gli altri capi: la condizione de futuro (11 casi), l’errore sulla qualità della persona (9 casi), l’esclusione del bene dei coniugi (2 casi), della fedeltà (2 casi) e il dolo (2 casi). Rimane invece significativa la persistenza del capo del timore incusso (11 casi), dovuta soprattutto ad una realtà socio-culturale, quella calabrese, in cui è ancora forte la violenza morale esercitata dalla famiglia, specialmente sulla donna. Decisamente più snelli i tempi processuali della giustizia della Chiesa rispetto a quella civile: nel 2013, infatti, sono state 37 le cause (su 128 decise) ad essere concluse entro l’anno; altre 54 sono state decise entro due anni, 26 sono andate oltre. Interessanti sono i dati relativi alla durata della convivenza coniugale dei casi sottoposti al giudizio del Ter calabro: 22 matrimoni sono durati meno di un anno; 18 da 1 a 2 anni; 13 da 2 a 3 anni; 12 da 4 a 5 anni. Più della metà dei matrimoni (65 su 128) sono durati meno di 5 anni. Da ciò è facile concludere che i matrimoni nati “male” non sopravvivono oltre i 5 anni. C’è infine da sfatare una leggenda metropolitana riguardo i costi di una causa di nullità matrimoniale che è di soli 525 euro, spese che coprono anche il giudizio in appello. Il Tribunale offre poi la possibilità, a tutti i fedeli, di essere assistiti gratuitamente da un avvocato d’ufficio. Chi invece sceglie di avvalersi di un proprio legale, quest’ultimo dovrà attenersi rigorosamente a tariffe che vanno da un minimo di 1.575 euro a un massimo di 2.992 euro. La cerimonia si è conclusa con la prolusione del presidente del Tribunale ecclesiastico lombardo, mons. Paolo Bianchi, che ha trattato il tema “Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti”. Domenico Malara 5 15 febbraio 2014 ATTuAlITà CEC e Regione Calabria: insieme per valorizzare i beni culturali L’ Assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri ha incontrato il delegato dalla Conferenza Episcopale Calabra per i beni culturali Luigi Renzo, Vescovo di Mileto, Nicotera e Tropea. Tra i temi trattati, l’esame delle bozze dei testi unici della cultura e dei beni culturali, che sono stati sostanzialmente condivisi e ai quali sono state avanzate alcune proposte integrative. Successivamente e’ stato esaminato l’accordo operativo che va sottoscritto tra proprietari di beni ecclesiastici e la Regione Calabria in vista della partecipazione al bando di va- lorizzazione di 8 milioni di euro appena emanato dall’Assessorato alla Cultura. Infine, e’ stato discusso l’aggiornamento del Protocollo d’intesa per la tutela e salvaguardia dei beni culturali, già sottoscritto nell’aprile del 2011. Verrà quindi formalizzato il nuovo testo tra il Presidente della Conferenza Episcopale Salvatore Nunnari e il Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. Il primo adempimento successivo sara’ la riunione della prevista Commissione di lavoro congiunta per stabilire strategie comuni, seguire l’andamento delle opere in corso e individuare priorità di intervento. Per le materie trattate, erano presenti all’incontro anche per la Conferenza Episcopale Calabra il direttore dell’Ufficio regionale dei beni ecclesiastici Paolo Martino e per la Regione Calabria il capoufficio dell’Ufficio Legale della Giunta Luigi Bulotta, il Dirigente del Settore Cultura Armando Pagliaro e la Dirigente di Servizio del Settore beni culturali Iolanda Mauro. strati da un gruppo armato nei pressi del villaggio Dartuba, tra Derna e Tobruk, nella nella Cirenaica, la regione orientale in cui le milizie islamiche imperversano dalla caduta di Muammar Gheddafi avvenuta due anni e mezzo fa. Nella stessa serata di venerdì i due sono partiti da Roma per Calabria dove sono stati accolti dai rispettivi paesi in festa e dalle famiglie che hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. «Siamo stati trattati bene - hanno raccontato - chiusi in una stanza, senza sapere cosa stesse accadendo fuori». Nonostante la gioia di riabbracciare i congiunti e l’allegria per il pericolo scampato, Francesco Scalise non ha nascosto preoccupazione per il futuro. «Adesso speriamo che qualcuno mi aiuti - ha confessato - perché sono rimasto senza lavoro e senza soldi. Mi hanno rovinato. Spero che l’Italia mi aiuti». Entrambi hanno ringraziato «il ministero degli Esteri e quanti hanno lavorato per la nostra liberazione. Vogliamo rivolgere inoltre un ringraziamento a tutta l’Italia hanno aggiunto - per la vicinanza e per la solidarietà espressa alle nostre famiglie». Sono già stati sentiti dai carabinieri del Ros perché il pool dell’antiterrorismo della procura di Roma ha aperto un’inchiesta sul rapimento. È massimo il riserbo sulla deposizione. La prossima settimana saranno interrogati pure dal magistrato inquirente che coordina le indagini. Lo ha comunicato la Farnesina che tuttavia mantiene il riserbo sulle circostanze del rilascio. Tanto a Pianopoli quanto a Feroleto Antico le campane hanno suonato a festa e i parroci hanno rivolto preghiere di ringraziamento per la liberazione dei due operai. Domenico Marino liberati gli operai rapiti in libia, festa e timori A vevano un sorriso appena accennato, la barba lunga ed erano visibilmente stanchi Francesco Scalise e Luciano Gallo quando venerdì pomeriggio scorso sono scesi dal Falcon 900 che li ha riportati in Italia dalla Libia dopo ventuno giorni di prigionia chiusi in una stanza. Sono atterrati a Ciampino con addosso due voluminosi piumini arancioni e ancora la tunica Jellaba tipica del mondo arabo. Solo un cenno di saluto con la mano prima di salire a bordo di un’auto e lasciare l’aeroporto. I due operai calabresi, di Pianopoli il 63enne Scalise e di Feroleto Antico il 52enne Gallo, non hanno rilasciato dichiarazioni. Erano partiti lo scorso 9 gennaio per il nord Africa diretti a Derna, in Cirenaica, dove lavoravano come dipendenti dell’azienda edile calabrese General Work attiva nella zona. Lo scorso 17 gennaio il rapimento denunciato dal fratello di Luciano Scalise, anch’egli in Cirenaica per lavoro, che s’era rivolto all’ambasciata italiana di Tripoli. I due erano stati seque- 6 15 febbraio 2014 ATTuAlITà NEl TERRITORIO DEllA NOSTRA ARCIDIOCESI “Nessun divieto per le condoglianze nelle Chiese” C on riferimento alla notizia apparsa il 12 febbraio scorso sulla stampa, secondo la quale l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Monsignor Vincenzo Bertolone, avrebbe impartito regole volte a vietare o comunque impedire i saluti di cordoglio in chiesa una volta ultimati i funerali, si precisa che la stessa è falsa e destituita di ogni fondamento. Non sono mai stati emanati infatti decreti o provve- dimenti di altra natura finalizzati all’introduzione di tale divieto né, men che meno, si è anche solo pensato di adottarli o intro- durli, venendo meno alla sacra pietas e al massimo rispetto che si deve al dolore dei familiari del defunto. Nessun giornalista si è fin qui premurato di verificare da sé l’attendibilità di una notizia alla quale, pure in mancanza di ciò, sì è scientemente scelto di attribuire il carattere della veridicità, con grave danno per l’immagine dell’intera Chiesa catanzarese e, soprattutto, sul piano dei rapporti tra la stessa ed i fedeli. LE PAROLE SVUOTATE DAI RACCONTI MEDIATICI UN SEGNALE TRISTE MA CHE PUÒ ESSERE CAMBIATO I l turbinio che in questi giorni, anche nelle alte sedi istituzionali, sembra andare sempre più fuori controllo sconcerta per la cattiva qualità del parlare ma preoccupa ancor più per il riflesso che questo vociare ha sul piano dell’educazione e della formazione della coscienza. È un segnale triste e che in tempi così difficili non contribuisce a rafforzare quell’etica della responsabilità di cui anche questo nostro Paese ha necessità. Non si tratta di esprimere giudizi sui contenuti politici che, nella loro diversità o contrapposizione, devono avere garantito il diritto di essere manifestati. Sempre nel reciproco rispetto. La preoccupazione nasce nel prendere atto che il significato di molte parole, più gridate che pronunciate, è spesso impoverito, smarrito, tradito. Che cosa ha provocato e provoca questa deriva che, seguendo i racconti mediatici di questi giorni, non si rileva solo nello spazio politico? Cosa è successo al vocabolario? Chi e perché lo ha manipolato? Sarà possibile restituire alle parole la loro dignità? Potrà essere recuperato un significato autentico, libero cioè dall’ ideologia, dall’improvvisazione, dal rancore, dall’assenza di memoria, dalle invasioni pubblicitarie? Come sempre in questi casi ci sono più domande che risposte, più dubbi che certezze. Ed è comprensibile che sia così perché restituire significato alle parole è possibile solo se viene restituita la dignità alla persona, se viene ricomposto il rispetto dell’altro, se viene ridata nobiltà al confronto tra le diversità. Preoccupa lo svuotamento del vocabolario delle parole ma ancor più preoccupa lo svuotamento del vocabolario della vita. Si sta con il fiato sospeso. E non è questa un’esagerazione perché se il parlare si allontana dal vivere inevitabilmente si affievolisce e rischia di spegnersi il pensiero sul futuro di ognuno e di tutti. Non ci si può allora rassegnare al furto di significato ed è incoraggiante incontrare alcuni che invitano a prendere coscienza della deriva e a porvi rimedio. Papa Francesco è tra questi. I media di tutto il mondo lo seguono perché “è notizia” ma forse ancora non si sono suffi- cientemente resi conto che nella sua comunicazione così diretta e così efficace c’è l’appello, a riscoprire il significato autentico delle parole. C’è anche l’indicazione per ritrovarlo. Se si passa in rassegna l’elenco delle parole che Francesco ha rivolto al mondo fin da primo istante del pontificato si scopre che non ha coniato parole nuove ma ha dato e dà significato autentico alle parole di sempre, alle parole della vita perché le radica nella verità nella bontà e nella bellezza. E chiede di camminare con lui su questa strada. Non è una richiesta di poco conto e neppure è solo la domanda ad andare controcorrente.. C’ è qualcosa di più, c’è un appello che va dritto al cuore e alla mente delle persone perché custodiscano, cioè facciano crescere e non si lascino rubare il significato delle parole a cominciare da quelle che danno sapore alla vita, invitano all’incontro, aprono alla speranza. Troppo distante questo parlare dal turbinio vociante che ogni giorno entra nelle case? Più il tempo passa e più ci si accorge che le parole di Francesco sono le parole di tutti i giorni e per questo è credibile quando, al bivio tra le parole vane e le parole folli come sono le parole del Vangelo, indica la strada da prendere e per primo si incammina. Paolo Bustaffa 7 15 febbraio 2014 ChIESA Pubblicato il messaggio di Papa Francesco per la quaresima “L Miseria è la “povertà senza fiducia” a miseria non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza”. Lo scrive papa Francesco nel messaggio per la prossima Quaresima, presentato nei giorni scorsi nella Sala Stampa della Santa Sede, sul tema “Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà”. Per il Papa sono tre i “tipi” di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale. La “miseria materiale” – spiega - è quella che comunemente viene chiamata “povertà e tocca quanti vivono in una condizione non degna della persona umana: privati dei diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali il cibo, l’acqua, le condizioni igieniche, il lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita culturale. Di fronte a questa miseria la Chiesa offre il suo servizio, la sua diakonia, per andare incontro ai bisogni e guarire queste piaghe che deturpano il volto dell’umanità”. Per il Papa nei poveri e negli ultimi “noi vediamo il volto di Cristo; amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo”. L’impegno dei cristiani si “orienta anche a fare in modo che cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria”. Non “meno preoccupante” per Papa Francesco è la “miseria morale”, che consiste “nel diventare schiavi del vizio e del peccato”. Una miseria, questa, che si collega “sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore. Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo – scrive il pontefice - su una via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera”. Il cristiano – aggiunge - è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio “liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i po- 8 15 febbraio 2014 Consegnato al clero e alla comunità diocesana il testo scritto e commentato dall’Arcivescovo Bertolone VIA CRUCIS LUCIS ET MISERICORDIAE quale percorso per la quaresima veri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore”. “Cari fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima – conclude il Papa - trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona. Potremo farlo nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà”. La Quaresima è un tempo “adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà”. Per il Papa, dunque, non è la povertà che dobbiamo combattere, ma la miseria. E se vogliamo farlo veramente dobbiamo farci poveri, sin nel profondo dell’anima, ha spiegato il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum secondo il quale è importante soffermarsi a riflettere sulla visione cristiana della povertà, che “non è la stessa che governa il comune sentire”. Troppo spesso infatti si considera la povertà semplicemente nella sua dimensione sociologica e “la si comprende come mancanza di beni”. Alla presentazione sono intervenuti anche i mons. Gianpietro Dal Toso e mons. Segundo Tejado Muñoz, rispettivamente segretario e sottosegretario di Cor Unum, e i coniugi Anna Zumbo e Davide Dotta, con i loro figli per raccontare la loro esperienza di famiglia missionaria in Haiti. “Abbiamo scelto - ha raccontato Anna - di abbandonare la zona residenziale della capitale dove ci eravamo installati inizialmente per abitare in periferia in condizioni di vita molto semplici. Lo scopo non era scegliere la povertà in se stessa, perché si stesse meglio senza luce elettrica, ma essere costretti a conoscere il contesto di vita dei più poveri, imparare la lingua locale, scegliere di fare la spesa al mercato, nel fango, invece che al supermercato”. In questo modo i due missionari hanno potuto elaborare iniziative, in concerto con la Chiesa locale che non cadessero dall’alto, ma fossero condivise. “Ci ha permesso - ha spiegato Anna - di farci accettare e accogliere come vicini dalla gente più semplice, che viveva come noi in case col tetto di lamiera, in una relazione fraterna da cui partire per avviare i progetti dal basso”. Così, ha affermato la volontaria, “abbiamo sperimentato che la povertà non fisica rafforza ed espande la ricchezza culturale e intellettuale”. Un cammino, quello di questa famiglia che è stato condiviso anche dai due figli Giona e Tobia, giunti ad Haiti quando avevano due anni e mezzo il primo e otto mesi il secondo “Ci dicevano - ha raccontato Anna - che eravamo matti, portavamo i nostri figli in un Paese così povero. Pensiamo, invece, che questa esperienza sia stata un dono prezioso per i nostri bambini, perché hanno imparato a vivere con sobrietà, mangiando al lume della lampada a olio, preferendo i piedi nudi alla costrizione delle scarpe, volendo bene a persone culturalmente molto diverse da loro e sperimentando la comunione, accogliendo i bambini del quartiere come fossero loro fratelli”. r.i. ChIESA «l'Eucaristia ci fa vedere in modo nuovo» L'EUCARISTIA è STATA ANCORA UNA VOLTA AL CENTRO DELLA CATEChESI DI PAPA FRANCESCO L o scorso mercoledì aveva messo in luce che l’Eucaristia «ci introduce nella comunione reale con Gesù e il suo mistero. Ora possiamo porci alcune domande in merito al rapporto tra l’Eucaristia che celebriamo e la nostra vita, come Chiesa e come singoli cristiani: come viviamo noi l’Eucaristia? Come viviamo la Messa, quando andiamo a Messa la domenica? È solo un momento di festa? E’ una tradizione consolidata che si fa? E’ un’occasione per ritrovarsi o per sentirsi a posto, oppure è qualcosa di più?». «Ci sono dei segnali molto concreti – ha osservato - per capire come viviamo tutto questo. Come viviamo l’Eucaristia. Segnali che ci dicono se noi viviamo bene l’Eucaristia o non la viviamo tanto bene… Il primo indizio è il nostro modo di guardare e considerare gli altri. Nell’Eucaristia Cristo attua sempre nuovamente il dono di sé che ci ha fatto sulla Croce. Tutta la sua vita è un atto di totale condivisione di sé per amore; perciò Egli amava stare con i discepoli e con le persone che aveva modo di conoscere. Questo significava per Lui condividere i loro desideri, i loro problemi, quello che agitava la loro anima e la loro vita.Ora noi, quando partecipiamo alla Santa Messa, ci ritroviamo con uomini e donne di ogni genere: giovani, anziani, bambini; poveri e benestanti; originari del posto e forestieri; accompagnati dai familiari e soli… Ma l’Eucaristia che celebro, mi porta a sentirli tutti, davvero come fratelli e sorelle? Fa crescere in me la capacità di gioire con chi gioisce e di piangere con chi piange? Mi spinge ad andare verso i poveri, i malati, gli emarginati? Mi aiuta a riconoscere in loro il volto di Gesù?». Poi ha aggiunto a braccio: «Tutti noi andiamo a Messa, perché amiamo Gesù e vogliamo condividere la sua Passione e la sua Resurrezione nell’Eucaristia. Ma amiamo come Gesù vuole che amiamo quei fratelli e sorelle più bisognosi? Per esempio a Roma, in questi giorni, abbiamo visto tanti disagi sociali o per la pioggia che ha fatto tanto male a quartieri interi o per la mancanza di lavoro per questa crisi sociale di tutto il mondo… Mi domando, tutti noi domandiamoci: io che vado a Messa come vivo questo? Mi preoccupo di aiutare, di avvicinarmi, di pregare per loro, che hanno questo problema? O sono un po’ indifferente? O forse mi preoccupo di chiacchierare: ‘Hai visto come era vestita quella o come è vestito quello?’…. Alle volte si fa questo dopo la Messa o no? Si fa! E quello non si deve fare! Dobbiamo preoccuparci per i nostri fratelli e sorelle che hanno un bisogno, una malattia, un problema. Pensiamo - ci farà bene oggi! – a questi fratelli e sorelle che hanno oggi problemi qui a Roma, problemi per la pioggia, per questa tragedia della pioggia, e problemi sociali del lavoro e chiediamo a Gesù, a questo Gesù che noi riceviamo nell’Eucaristia, che ci aiuti ad aiutarli». «Un secondo indizio, molto importante – ha proseguito - è la grazia di sentirsi perdonati e pronti a perdonare. A volte qualcuno chiede: "Perché si dovrebbe andare in chiesa, visto che chi partecipa abitualmente alla Santa Messa è peccatore come gli altri?". Quante volte abbiamo sentito questo. In realtà, chi celebra l’Eucaristia non lo fa perché si ritiene o vuole apparire migliore degli altri, ma proprio perché si riconosce sempre bisognoso di essere accolto e rigenerato dalla misericordia di Dio, fatta carne in Gesù Cristo» E, ancora a braccio, ha aggiunto: «Se ognuno di noi non si sente bisognoso della misericordia di Dio, non si sente peccatore, ma meglio che non vada a Messa! Perché noi andiamo a Messa perché siamo peccatori e vogliamo ricevere il perdono di Gesù, partecipare alla sua redenzione, al suo perdono. Quel ‘Confesso’ che diciamo all’inizio non è un ‘pro forma’, è un vero atto di penitenza! Io sono peccatore e confesso! Così inizia la Messa. Non dobbiamo mai dimenticare che l’Ultima Cena di Gesù ha avuto luogo "nella notte in cui veniva tradito" (1 Cor 11,23). In quel pane e quel vino che offriamo e attorno ai quali ci raduniamo si rinnova ogni volta il dono del corpo e del sangue di Cristo per la remissione dei nostri peccati. Dobbiamo andare a Messa umilmente, come peccatori e il Signore ci riconcilia». «Un ultimo indizio prezioso – ha detto - ci viene offerto dal rapporto tra la celebrazione eucaristica e la vita delle nostre comunità cristiane. Bisogna sempre tenere presente che l’Eucaristia non è qualcosa che facciamo noi; non è una nostra commemorazione di quello che Gesù ha detto e fatto. No. È proprio un’azione di Cristo! E’ Cristo che li attua, che è sull’altare! E Cristo è il Signore. E’ un dono di Cristo, il quale si rende presente e ci raccoglie attorno a sé, per nutrirci della sua Parola e della sua vita. Questo significa che la missione e l’identità stessa della Chiesa sgorgano da lì, dall’Eucaristia, e lì sempre prendono forma. Una celebrazione può risultare anche impeccabile dal punto di vista esteriore, bellissima, ma se non ci conduce all’incontro con Gesù, rischia di non portare alcun nutrimento al nostro cuore e alla nostra vita. Attraverso l’Eucaristia, invece, Cristo vuole entrare nella nostra esistenza e permearla della sua grazia, così che in ogni comunità cristiana ci sia coerenza tra liturgia e vita: questa coerenza tra liturgia e vita». av 9 15 febbraio 2014 SPIRITuAlITà Giornata Mondiale del Malato: un’occasione per riflettere e pregare per chi soffre L’EVENTO CELEBRATIVO VISSUTO A SOVERATO CON L’ARCIVESCOVO BERTOLONE L’ 11 febbraio, festa della Beata Vergine Maria di Lourdes, si è celebrata la XXII Giornata Mondiale del Malato; è una ricorrenza questa, che oramai fa parte della vita dei cristiani, istituita da Giovanni Paolo II nel 1993. La celebrazione annuale della "Giornata Mondiale del Malato è un’occasione per riflettere e pregare per chi soffre quotidianamente e per chi è a contatto con le persone sofferenti, ma ha anche l’obiettivo di sensibilizzare i credenti, le istituzioni sanitarie e l’intera società, sulla necessità di prestare la giusta assistenza agli ammalati, di aiutarli, di stare loro vicini e di valorizzare sul piano umano e su quello della fede, la sofferenza. Già per l'occasione, il Santo Padre Papa Francesco, ha voluto ricordare attraverso un suo messaggio, l'importanza di tale giornata per tutti noi ed il tema che ad essa quest’anno è stato dedicato Fede e carità: «Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16). Rivolgendosi in modo particolare alle persone ammalate e a tutti coloro che prestano loro assistenza e cura, attraverso queste toccanti parole, Egli ci ha voluto ricordare: "La Chiesa riconosce in voi, cari ammalati, una speciale presenza di Cristo sofferente…dentro la nostra sofferenza c'è quella di Gesù, che ne porta insieme a noi il peso e ne rivela il senso…”. Nella città di Soverato, dove è presente la struttura Ospedaliera, la giornata si è articolata in due momenti fondamentali: alle ore 16,00 il nostro Arcivescovo Monsignor Vincenzo Bertolone, si è prima recato presso l’ospedale, dove ad attenderlo vi era il cappellano Don Vincenzo Iezzi, tra l’altro responsabile della Pastorale della Salute per la nostra Diocesi di Catanzaro-Squillace e tutto il personale medico e paramedico. Sua Eccellenza ha visitato gli ammalati dei reparti di dialisi e di medicina, dimostrando la sua visibile e profonda commozione e la sua sensibilità e vicinanza alla sofferenza; ha poi esortato il personale medico e paramedico, ogni qual volta si accostano all’ammalato, di vedere in lui il volto di Cristo, il volto dell’amore. Successivamente ha incontrato il direttore generale dell’ASP di Catanzaro Gerardo Mancuso col quale si sono scambiati opinioni e riflessioni sul tema della giornata. A seguire, monsignor Bertolone, sì è spostato nella Chiesa della Parrocchia S. Maria Immacolata - In piazza Maria Ausiliatrice di Soverato, dove ad attenderlo vi erano centinaia di fedeli nonché sacerdoti dei paesi limitrofi, fedeli dei vari gruppi di volontariato: AVULS, Misericordia, Croce 10 15 febbraio 2014 Rossa, Associazione Carabinieri, Caritas Parrocchiale di Soverato e Satriano, dell’Associazione “Ali d’aquila” e dell’Associazione UNITALSI di Catanzaro e di Soverato (preposta per il trasporto degli ammalati a Lourdes e ai Santuari Internazionali). Alle ore 17,30 ha avuto luogo una sentita e partecipata Celebrazione Eucaristica durante la quale sua Eccellenza Mons. Bertolone, al momento dell’Omelia, si è voluto soffermare sul testamento spirituale di Santa Bernardette Soubirous alla quale la Madonna è apparsa a Lourdes. Quando Suor Marie Bernarde compone il testamento spirituale, ha solo 35 anni ed è morente, afflitta da una cancrena dolorosa causata da un tumore osseo. La santa guarda al passato con occhio stupito, incredulo, di fronte alle cose operate dal Signore in Lei: la vita dura e miserevole condotta nella sua casa, la fame sofferta, le terribili ingiustizie subite, i dileggi, la persecuzione e le incomprensioni anche da chi era più vicino. Guarda al passato e scrive quanto il cuore le annota; e ciò diventa preghiera vera e rara, fatta con profonda fede ed umiltà. Ed è con profonda fede ed umiltà che Mons. Bertolone nella sua Omelia ci ha invitati a guardare alla sofferenza, nell’abbandono alla volontà di Dio, come Bernadette aveva fatto. La celebrazione si è conclusa con la solenne benedizione impartita dal vescovo a tutti i fedeli e soprattutto agli ammalati presenti; subito dopo ha avuto luogo una breve fiaccolata nella piazza Maria Ausiliatrice tra canti e preghiere dedicati alla Madonna di Lourdes e a tutti gli ammalati. La XXII “Giornata dell’ammalato” è una celebrazione che ci aiuta a riflettere e a meditare sulla sofferenza che va vista e vissuta con gli occhi della fede e della speranza, facendo affidamento a Cristo Gesù che ha vissuto la sofferenza della Croce. In un mondo in cui sempre più da vicino, tutti veniamo a conoscere e a fare esperienza con la sofferenza a vario livello: nelle famiglie e nella società in generale; celebrare con fede profonda la giornata del malato, significa imparare a vedere tutte le persone sofferenti, tutti gli ammalati, come fratelli ai quali dobbiamo rivolgere il nostro amore incondizionato, stando loro vicini, aiutandoli, dando il nostro sostegno, il nostro conforto e dando loro la possibilità di accostarsi il più possibile ai Sacramenti, per vivere pienamente l'amore di Cristo e il Mistero della sua Morte e Risurrezione, nel quale la sofferenza e il dolore trovano pieno senso e compimento. La malattia, la sofferenza in Cristo, diventa sacramentale, così come se vissuta cristianamente e con fede, può divenire arricchimento e insegnamento per chi è vicino al fratello che soffre; lo ricorda anche il nostro vescovo Mons. Vincenzo Bertolone nella Lettera Pastorale 2013-2014, nel capitolo terzo dedicato alle Opere di misericordia, particolarmente in Visitare gli infermi. Operando in tal modo, illuminati dalla fede, il malato non sarà sostenuto da parole vuote ma dall’umanità e dalla compassione amorevole di chi si avvicina alla sua sofferenza, con il cuore nelle mani. Solo così, con l’amore e la carità, si potrà dare vero sostegno agli ammalati e alle persone che si prendono cura di esse, a vivere la sofferenza nella fede e in comunione con Cristo. Vincenzo Iezzi Inaugurata la nuova cappella del policlinico di Germaneto SPIRITuAlITà E’ stata inaugurata ieri –ventiduesima Giornata mondiale del Malato e festa della Madonna di Lourdes- la nuova cappella del policlinico universitario in località Germaneto. Per l’occasione l’arcivescovo metropolita di Catanzaro- Squillace Vincenzo Bertolone ha presieduto una solenne celebrazione eucaristica insieme all’arcivescovo emerito Antonio Cantisani ed al cappellano don Antonio Varano. Presenti, in prima fila, anche il rettore dell’università “Magna Graecia” Aldo Quattrone, il presidente del Senato Accademico Francesco Saverio Costanzo, ed il presidente della Fondazione Umg Arturo Pujia. “Cristo non è venuto per cancellare il dolore –ha detto l’arcivescovo Bertolone nell’omelia-, bensì per assumerlo su di sé e trasfigurarlo come il germe dell’infinito, preludio d’eternità per tutti. Insomma, Egli è diventato uomo ed è morto in croce per mostrare che senza la sofferenza la vita non sarebbe tale. Per questo i cristiani, cui si deve storicamente la creazione degli ospedali, hanno sempre nutrito una speciale attenzione verso i malati: perché credono in Gesù, fratello nostro e Figlio di Dio, che è stato sofferente, ha conosciuto la morte ed è risorto”. Per il cappellano don Varano, poi, è importante “assistere spiritualmente i fratelli più sofferenti, per questo almeno una volta a settimana facciamo visita a tutti gli ammalati del policlinico”. L’inaugurazione della nuova cappella, dedicata a San Giuseppe Moscati, è stata possibile anche grazie alla collaborazione del Coro “Gli stonati di Dio” – che anima tutte le funzioni, soprat- PERSONAGGI BIBLICI... «Tornò indietro lodando Dio» (Lc 17,15) P assando tra la Samaria e la Galilea, nel suo andare verso Gerusalemme, Gesù si imbatte in dieci lebbrosi (Lc 17,11-12). Il loro stare all’ingresso di un villaggio riflette, in particolare, la grave condizione di emarginazione, oltre che di profonda sofferenza, nella quale essi vivevano a causa della loro malattia. Ecco perché, riconosciuto Gesù, pur rimanendo a debita distanza per scongiurare qualsiasi possibilità di contagio, essi Gli rivolgono un accorato grido d’aiuto: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi» (v. 13). E Gesù, accogliendo la loro richiesta, li mandò a presentarsi ai sacerdoti (v. 14a), da coloro cioè che avrebbero dovuto certificare la loro avvenuta guarigione. Così, mentre essi si stavano recando dai sacerdoti, furono purificati, sanati dalla lebbra (v. 14b). Uno di loro, però, vedendo che era guarito, preferì non andare subito dai sacerdoti, ma «tornò indietro lodando Dio a gran voce» (v. 15), riconoscendo così che era stato Dio l’autore di quel miracolo, servendosi però di Gesù. Ecco perché loda Dio “tornando indietro” da Gesù: per poter ringraziare e benedire non solo Dio, ma anche colui che del miracolo era stato il “mediatore”. Mediante Gesù era avvenuto il miracolo, mediante lo stesso Gesù do- tutto nei giorni festivi- e del gruppo dei Ministri straordinari dell’Eucarestia: “quando lavoriamo insieme –ha affermato don Varano- è come se tirassimo una fune dalla stessa parte, così non si sprecano energie”. La Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) ha donato alla cappella un corredo liturgico da altare. Un plauso è arrivato, inoltre, dal Coordinatore della Consulta degli Studenti Filippo Savica, secondo il quale, il nuovo luogo di culto è il frutto “per il nostro ateneo di un cammino di crescita nella fede, e dunque un cammino sotto il segno delle riconoscenze del nostro buon Dio”. Al termine della celebrazione eucaristica l’arcivescovo Bertolone, accompagnato dai volontari dell’Associazione Nazionale Carabinieri, ha incontrato personalmente i degenti dei reparti di Cardiologia, Cardiochirurgia, Cardiologia interventistica, Epatologia, Nefrologia, Unità coronarica, ed Emodinamica. Luigi Mariano Guzzo veva ora essere ringraziato Dio. Questa l’intenzione del lebbroso, questa la sua fede. Una fede che Gesù non manca di rimarcare, facendo la differenza con gli altri nove che, pur essendo stati anch’essi guariti allo stesso modo, non erano però tornati indietro a rendere gloria a Dio (v. 18). Spesso anche oggi capita di assistere ad atteggiamenti simili a quello degli altri nove lebbrosi guariti. Laddove, infatti, Dio decide di operare, in Cristo Gesù, per mezzo di una via particolare, pur non potendo negare i frutti derivanti da tale opera, si tende tuttavia a non riconoscere la via per la quale questi frutti sono maturati. Si tende cioè a sganciare i frutti dall’opera che li ha prodotti, asserendo che Dio li avrebbe comunque concessi per un’altra via. È questo un grave peccato nei confronti del Signore. Poiché, non riconoscere la via mediante la quale Dio opera (o ha operato), equivale di fatto a non riconoscere Dio. Edoardo M. Palma 11 15 febbraio 2014 TERRITORIO Celebrata a Soverato la festa di Don Bosco «Abbiate un costante sguardo profetico sui giovani» Mons.Cantisani sintetizza in un decalogo le nuove sfide dei figli di don Bosco N ella celebrazione vigiliare della Solennità di San Giovanni Bosco, Compatrono della Città di Soverato, Mons. Antonio Cantisani ha tenuto una vibrante omelia indicando in un singolare decalogo il senso ed il significato più profondo della missione dei Salesiani di don Bosco. (Riportiamo qui di seguito alcuni passaggi dell’omelia) «Mi permetto di fissare un decalogo, 10 punti (ma sono solo indicativi!): cinque generali (e, ovviamente, più importanti) e cinque riferiti più specificatamente alla Parrocchia. Sono semplici indicazioni che escono dalla mente e dal cuore di chi è stato soprattutto un pastore. 1. Innanzitutto, i Salesiani devono continuare a gridare l’Amore. Con la parola, con la testimonianza personale e della comunità, con la varietà delle loro opere devono farci sentire amati da Dio. È la grande intuizione (scoperta di una realtà!) che portò D. Bosco a fare dei giovani la ragione della vita (“non basta che siano amati, devono sentirsi amati”). Della certezza di essere amati abbiamo bisogno in particolar modo noi Calabresi. È da questa certezza che scaturisce la necessaria fiducia in un futuro migliore, il superamento di quel fatalismo che ci blocca, la spinta a rimboccarsi le maniche e a fare tutti la propria parte per costruire un mondo più giusto. Proprio perché credeva all’Amore D. Bosco “non si ripiegò mai in un atteggiamento di nostalgia verso il passato, ma accettò il nuovo con una eccezionale capacità di risposte concrete alle esigenze e alle attese del tempo”. Lo storico Scoppola parlava di “fantasia in azione”. 2. Tenere costantemente – giorno e notte – uno sguardo profetico sui giovani. I Salesiani non devono avere il minimo dubbio su queste “scelta di campo”, se si vuole davvero rinnovare la società e la Chiesa. Nella varietà dei ministeri cui vengono chiamati, devono lasciarsi tormentare dal grido di D. Bosco: “La mia vita tutta per i giovani”. E i giovani vanno innanzitutto ascoltati. L’ascolto è la prima espressione d’amore. Essi sono peraltro le antenne che percepiscono in anticipo le vie lungo cui cammina la storia. Ascoltarli: felici quando ci criticano, preoccupati quando non lo fanno. Ascoltarli, i giovani: e dar loro “fiducia e libertà” (sono parole di D. Bosco. E aggiungeva: molta!). Solo in questo clima li aiutiamo a diventare “protagonisti” – e devono esser protagonisti! – della costruzione della loro personalità (“liberi per amare”) e della costruzione di un mondo nuovo. È alla vo- 12 15 febbraio 2014 stra scuola che io ho imparato una cosa: i giovani vanno aiutati a crescere secondo il loro personale progetto, facendo emergere la potenzialità di cui ognuno è ricco. Che compito tremendum et fascinosum! Una raccomandazione particolare devo farla: puntare su tutti i giovani solo perché giovani, con un preferenza per i più poveri, i più deboli, i più emarginati, i più esposti alla devianza. Con questi giovani D. Bosco diede inizio alla sua meravigliosa avventura. 3. Puntare sempre più decisamente sulla famiglia come soggetto sociale e pastorale. È scontato che nella formazione dei giovani ha una rilevanza insostituibile una comunità di adulti che vivono il Vangelo nella quotidianità. Tale comunità è – per legge di natura e, dunque, per precisa disposizione del Signore – innanzitutto la famiglia. E perciò tutti gli educatori devono sentirsi in- nanzitutto collaboratori della famiglia. Si comprende così l’urgenza di individuare e realizzare percorsi per preparare alla famiglia e prima ancora per educare all’amore nella sua unità di eros e agape, la necessità di accompagnare con particolare cura le famiglie giovani, la necessità di far diventare la famiglia il primo luogo dell’annunzio del Vangelo (“buona notizia dell’amore di Dio”). Risuonano sempre forti alla mia mente le parole di Papa Wojtyla: “L’avvenire non solo della Chiesa ma della società stessa passa attraverso la famiglia”. È la sfida più importante di questo III millennio. E non dimentichiamo un altro slogan di Giovanni Paolo II: “Di famiglia in famiglia”. Sono, peraltro, soprattutto le famiglie che devono aiutare le altre famiglie. Ma anche qui mi permetto di fare una raccomandazione particolare, che poi evidenzia un’altra peculiarità della pedagogia di D. Bosco: alla famiglia va attribuito un forte valore “preventivo” del disagio giovanile. 4. Considerare impegno prioritario la formazione dei laici. Occorre, oggi più che mai, formare laici davvero adulti nella fede, convinti, liberi, che sanno vivere il valore della corresponsabilità. Certo, ad intra nella comunità ecclesiale. Ma mi riferisco in particolare all’officium proprium dei laici, che è quello di animare di spirito evangelico le realtà create. Il luogo proprio della missione dei laici non è il tempio, meno ancora la sacrestia, ma la storia nella molteplicità dei suoi campi: compresa la politica, ovviamente. Bisogna starci dentro: certo, da cristiani, ma, proprio per questo – la laicità è un valore cristiano – con la loro competenza, intraprendenza e creatività, ma anche con la loro libertà e la loro responsabilità. Scusatemi se insisto con forza su questo punto. Con il Vaticano II avevamo riscoperto il carisma dei laici. A me pare che, negli ultimi anni, questo discorso sia stato interrotto. Occorre assolutamente riprenderlo: per Soverato e per tutta la Calabria. Rimarrebbe astratto, questo discorso, se non avessimo salesiani che svolgano bene quel ministero insostituibile che è la direzione spirituale. 5. Assicurare una presenza creatrice nel mondo della cultura. Mi riferisco, certo, alla cultura in senso antropologico, alla scuola di D. Bosco, giustamente definito maestro di natura popolare. E, al riguardo, penso al mondo della “comunicazione”. Bisogna stare avanti, non lasciarsi trainare. Ma penso anche alla cultura cosiddetta “alta”. Rimane sempre vero quel che diceva TERRITORIO Paolo VI: “Il dramma del mondo d’oggi è la frattura tra fede e cultura”. Per certi aspetti il fossato si è fatto più largo. E invece non può e non dev’essere così. Ratio et fides, le due ali per raggiungere la verità. E, allora, l’urgenza del dialogo. Bisogna assolutamente far capire che del Vangelo non bisogna aver paura: Gesù Cristo non mortifica gli autentici valori umani, ne garantisce anzi la realizzazione e li porta a perfezione. Di qui la necessità di far diventare sempre più il Liceo poli di promozione culturale per tutto il territorio. E, perciò, – capisco i problemi, anche economici – il Liceo bisogna difenderlo e potenziarlo ad ogni costo. Oltretutto è una battaglia di autentica libertà. Non contro nessuno, ma servizio di tutti. Accenno semplicemente al contributo che può esser dato dagli ex allievi soprattutto se associati. Ed eccoci – molto più brevemente – agli altri cinque punti per una risposta alla domanda: cosa ci aspettiamo dai salesiani per il futuro? E questi punti riguardano più specificamente la Parrocchia. 6. I Salesiani devono essere sempre più impegnati a costruire una parrocchia che sia chiaramente famiglia. È stato D. Bosco che ci ha fatto riscoprire lo spirito di famiglia. D’altra parte, la Chiesa è quella che ha voluto e vuole Gesù Cristo solo se è famiglia, ove non esiste l’anonimato, ove ci amiamo davvero ad uno ad uno. L’essenziale è che si punti sul coinvolgimento di tutti i fedeli nella costruzione di questo edificio spirituale che il camminare insieme (la sinodalità!) sia la prassi ordinaria del cammino della comunità. 7. Considerare assolutamente prioritario l’impegno per la catechesi. Dev’essere sempre più il fiore all’occhiello dei Salesiani. Una catechesi per la vita: una catechesi cammino, una catechesi esperienziale, una cate- chesi che porti effettivamente all’amicizia più stretta con Gesù Cristo, una catechesi che, per questo, dia sempre più spazio alla Parola di Dio. È l’oratorio che distingue una parrocchia salesiana: qualificatelo sempre più in tal senso, inventandole tutte perché tutti – nessun escluso – la frequentino, e, preoccupandovi ovviamente per il “dopo oratorio”. 8. Non aver paura del pluralismo associativo. È una ricchezza, specialmente in un centro così grande come Soverato. Sono, d’altronde, le aggregazioni un luogo privilegiato per formare quei cristiani che sanno offrirsi come operatori pastorali. E in una parrocchia popolosa c’è bisogno di un gran numero di tali operatori. È evidente che mi riferisco, parlando di aggregazioni ecclesiali, a quelle che hanno respiro nazionale e universale. Ai Salesiani il compito di arricchirle di entusiasmo con il loro carisma e di godere del contributo che esse possono dare alla costruzione dell’unica Chiesa. 9. Vi sono sincero e perciò vi dico che mi aspetto per il futuro un’apertura sempre più grande all’intera realtà diocesana. Non tanto nel senso che la pastorale di una parrocchia tenuta dai religiosi dev’essere inserita nella pastorale diocesana. Questo è scontato: l’unica pastorale valida in un territorio è quella attorno al vescovo. E voi la fate. Ma parlo di apertura all’intera realtà diocesana, nel senso che dovete essere convinti che la diocesi è più povera se, nelle sue linee pastorali e anche nelle sue espressioni più periferiche, non sente la presenza del carisma dei figli di D. Bosco. Come? I modi bisogna inventarli. È certo, comunque, che, per una piena vitalità della comunità diocesana, l’apertura di cui sto parlando deve diventare sempre più realtà. 10. Una risposta al “come” può essere un ultimo punto, cui accenno semplicemente e che però riveste una particolare importanza: occorre promuovere vocazioni salesiane di speciale consacrazione. Non dimentichiamo che soprattutto da questo si misura la vitalità di una comunità. Certo, il mezzo più efficace e comunque insostituibile per una pastorale vocazionale è la gioiosa testimonianza di vocazioni vissute. E i salesiani lo sanno. E perciò, come per il loro fondatore, il nucleo dinamico del loro carisma sarà sempre più la loro radicale donazione a Gesù Cristo. Non basta, però. È necessaria la proposta di questa vocazione (non è, la vocazione, un vago sentire). E voi saprete farla ai giovani con convinto entusiasmo. E, ne sono certo, anche se solo il Signore conosce la stagione dei frutti, molti giovani diranno sì. E allora guarderemo al futuro con serena fiducia, certi di aver celebrato don Bosco nel migliore dei modi» Saverio Candelieri preside Istituto Salesiano UN CLIMA FESTOSO NEL NOME DI DON BOSCO C ome da tradizione, anche il 31 gennaio di quest’anno, la famiglia salesiana ha voluto ricordare, attraverso la Celebrazione Eucaristica, tenutasi nella Parrocchia “Maria SS Immacolata di Soverato”, il “padre, maestro ed amico” dei giovani: Don Bosco. Il parroco della città, don Pasquale Rondinelli, che ha presieduto la Santa Messa, ha condiviso con i giovani, in perfetto spirito salesiano, i tre “ingredienti” (fede, speranza e carità) fondamentali per essere “buoni Cristiani e onesti cittadini”, come ricordava sempre Don Bosco ai ragazzi del suo oratorio. A conclusione della Messa, la comunità, tra giovani e adulti, è esplosa in canti di gioia per ricordare che Don Bosco è sempre vivo in mezzo a noi, nei nostri cuori. Successivamente il grande gruppo di ragazzi, formato da studenti appartenenti a varie scuole del comprensorio, si è dilettato in differenti attività ludiche. I più piccoli, grazie agli animatori dell’Istituto Salesiano Sant’Antonio di Padova, sono stati intrattenuti con divertenti e originalissimi giochi. Tra questi uno dei più apprezzati è stato il “gioco degli scalpi”. Per i più grandi, invece, sono stati organizzati dei tornei di calcio e di pallavolo che hanno avuto luogo nel cortile dell’Istituto delle figlie di Maria Ausiliatrice, strette collaboratrici dei Salesiani. Il gioco che ha riscosso maggiore successo è stato il “Dr. Why”, rivisitazione della diffusissima applicazione “Quiz duello”. Alla fine della giornata, sono state annunciate le squadre vincitrici dei vari tornei. Tra urla di gioia, abbracci e sorrisi, in quel clima festoso di famiglia, sembrava risuonassero ancora le parole: “Vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità” (Don Bosco). D’Amore Jole e Gnasso Ilaria 13 15 febbraio 2014 TERRITORIO RICONOSCIMENTO AllA CARRIERA Il primo cittadino di Catanzaro, Sergio Abramo, ha consegnato le chiavi della città al prof. Giuseppe D'Agostino, decano dei giornalisti calabresi U n riconoscimento importante per la lunga e proficua attività professionale svolta a favore dell’informazione e della cultura in Calabria e nella Città di Catanzaro. Con queste motivazioni il sindaco Sergio Abramo ha consegnato le chiavi della Città, realizzate dal maestro orafo Vincenzo Cosentino, al prof. Giuseppe D’Agostino, decano dei giornalisti calabresi, in occasione della cerimonia solenne tenutasi nella sala consiliare di Palazzo de Nobili. Giuseppe D'Agostino, nato nel 1932 a Monterosso Calabro, nel vibonese, è residente a Catanzaro da oltre mezzo secolo dove continua, tuttora, a esercitare con serietà, passione ed entusiasmo la professione di giornalista avviata nel 1957 con la fondazione de "Il popolo calabrese", uno dei periodici italiani più longevi, e dell’agenzia “Premi Mostre e Pubblicazioni”, collaborando al contempo per importanti quotidiani nazionali, per la Rai ed alcune televisioni regionali. “Giuseppe D’Agostino si può considerare un catanzarese d’adozione a tutti gli effetti – ha commentato il sindaco Abramo – e l’Amministrazione comunale, sottolineando il ruolo che l’informazione ha sempre rivestito per la crescita civile e sociale della Città, ha voluto oggi consegnare un meritato riconoscimento a un professionista entrato nella storia del Capoluogo”. Alla cerimonia, introdotta dal capo ufficio stampa di Palazzo De Nobili, Sergio Dragone, hanno preso parte anche il presidente del Consiglio comunale, Ivan Cardamone, e il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri, il quale, ricordando come D’Agostino abbia sempre interpretato la propria professione con spirito costruttivo, ha rimarcato l’im- portanza di un premio che evidenzia il ruolo del giornalismo in una città che ha dato i natali a tanti professionisti di rilievo. Hanno portato i propri saluti alla cerimonia anche Ercole Massara, sindaco di Monterosso Calabro, e Leopoldo Chieffallo, sindaco di San Mango d’Aquino di cui D’Agostino è cittadino onorario. “Questa giornata corona i sacrifici di una lunga carriera – ha commentato il giornalista – intrapresa nel mondo dell’informazione e proseguita, poi, in qualità di professore e operatore culturale. Palazzo De Nobili ha ospitato alcuni dei premi letterari più rilevanti da me promossi che hanno contribuito alla crescita culturale della Città, per la quale mi sono sempre battuto difendendo con forza ruolo e funzioni del Capoluogo di regione”. Anche noi, come redazione di “Comunità nuova”, esprimiamo un augurio al prof. Giuseppe D’Agostino, persona sempre attenta e sensibile alle attività pastorali della nostra diocesi. I seminaristi del “San Pio X” sulle orme di Cassiodoro U na breve sosta culturale sui luoghi di Cassiodoro. E’ quella che hanno svolto, l’11 e il 12 gennaio, venti allievi del Seminario “Pio X” di Catanzaro, i quali si sono recati a Squillace, sabato e domenica, accompagnati dal loro vicerettore don Pasquale Brizzi. I seminaristi, tutti studenti del primo biennio, sono stati accolti dal vicario generale dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, mons. Raffaele Facciolo, il quale li ha guidati in una visita in cattedrale, nei locali del Seminario squillacese, in quelli del museo diocesano e dell’archivio diocesano e nella “Casa della cultura”. Qui, il sindaco Guido Rhodio li ha intrattenuti sulla storia del territorio, sui vescovi dell’antica diocesi di Squillace e soprattutto su Cassiodoro. Mons. Facciolo ha spiegato ai seminaristi che 14 15 febbraio 2014 l’arcivescovo mons. Vincenzo Bertolone ha dato un forte impulso alla causa di canonizzazione di Cassiodoro, fornendo al Papa e alla Congregazione per le cause dei santi ulteriori elementi di riflessione. Cassiodoro è, comunque, sempre stato considerato ora servo di Dio, ora beato, ora santo; ha fondato due centri di studio, di spiritualità e di cultura cristiana, il “Vivariense” e il “Castellense”; ed anche Benedetto XVI lo ha definito «uomo di alto livello sociale», additandolo quale «modello di incontro culturale, di dialogo, di riconciliazione». L’archivista Benedetta Trapasso si è soffermata sull’archivio diocesano di Squillace, che conserva centinaia di pergamene e migliaia di faldoni, con circa quaranta metri lineari di documentazione cartacea, recentemente riordinata e sistemata per la fruizione di studiosi e ricercatori. Il 12 gennaio, i seminaristi hanno assistito alla messa domenicale che l’arcivescovo emerito mons. Antonio Cantisani ha celebrato nella concattedrale squillacese, mentre nel pomeriggio hanno terminato il percorso culturale con la visita al parco archeologico della Roccelletta. Salvatore Taverniti A Roma per l’udienza con Papa Francesco TERRITORIO U n nutrito gruppo di fedeli della parrocchia “Madonna di Pompei” ha accolto, senza indugio alcuno, l’invito del parroco mons. Giuseppe Silvestre di partecipare, in Piazza San Pietro a Roma, all’udienza generale con Papa Francesco di mercoledì 29 gennaio. La gioia di incontrare il Santo Padre ha avuto il sopravvento sull’inclemenza del tempo di quei giorni freddi e piovigginosi di fine gennaio. Tant’è che anche il momentaneo scoraggiamento per quella leggera pioggerellina caduta sui partecipanti, che si sono ritrovati, intorno alle ore otto di martedì 28 gennaio, in via Tommaso Campanella, in attesa della partenza, è stato superato dal clima festoso che i pellegrini avevano saputo creare. C’è stato chi, con molta arguzia, mutuando un vecchio motto popolare, si è lasciato andare ad un “pellegrinaggio bagnato, pellegrinaggio fortunato”. E fortunato è stato per davvero il pellegrinaggio romano per partecipare all’udienza con il Santo Padre. Dunque martedì mattina, verificate le presenze, Don Pino ordina di partire. Da Catanzaro Ovest a Catanzaro Sud. A Santa Maria attendono di essere imbarcati i fedeli della parrocchia “Santa Maria Zarapoti” con il parroco don Giovanni Godino. Le due parrocchie della città si sono aggregate al pellegrinaggio promosso dalla Fondazione antiusura “Santa Maria del Soccorso”. Completato l’imbarco su un confortevole bus, via speditamente verso Roma. Dopo lo scambio dei saluti accompagnati dalle notizie di servizio sul viaggio intrapreso, Don Pino guida la recita del rosario ed i successivi momenti di preghiera. Non mancano, tra un’orazione e l’altra, accenni canori per mitigare la fatica del viaggio. Intanto le condizioni climatiche sono decisamente migliori di quelle lasciate a Catanzaro. Un caldo sole e una tempera- lA PARROCChIA MADONNA DO POMPEI RACCONTATA IN uN CAlENDARIO L a Parrocchia “Madonna di Pompei” per il secondo anno consecutivo ha il suo calendario, non solo per accompagnare gli auguri più affettuosi per il 2014, ma anche per documentare con l’inserimento di immagini, unite da sintetiche e opportune didascalie, le attività realizzate nei trascorsi 365 giorni, che ci siamo lasciati alle spalle. Di più. Ogni foglio mensile richiama alla riflessione personale (e collettiva) dei fedeli gli orientamenti del piano pastorale per l’anno in corso, con la riproposizione delle meditazioni sulle opere di misericordia offerte dal Nostro Arcivescovo. “L’invito-scrivono i curatori del calendario -il parroco, mons. Giuseppe Silvestre, ed il direttore responsabile de “IL Ponte”, Luigi Mariano Guzzo-, è quello di realizzare un’opera di misericordia al mese. Non è troppo, ma non è neanche poco”. Passato recente e presente s’intrecciano, quindi, nello scorrere dei mesi “per riempire di Eterno i giorni del nuovo anno, al fine di raccontare il vivace mosaico della comunità “Madonna di Pompei”, tra storia e fede, tra fiducia e speranza. r.f. tura mite accompagnano quasi tutto il viaggio di andata. Roma ci attende e alle ore sei circa del pomeriggio di martedì 28 gennaio siamo già dentro la Basilica di San Giovanni in Laterano, accolti dal canonico decano mons. Antonio Sgrenci. Si prega, si guarda, si ammira la bellezza dell’aureo sacro tempio. A visita conclusa si riprende il viaggio lungo le congestionate strade romane per raggiungere in via Santa Croce di Gerusalemme, la Domus Sessoriana. Si presenta, e tale sarà, confortevole sotto tutti i punti di vista. Qui la comitiva catanzarese s’infoltisce e aumenta di numero. Si uniscono e rimangono con noi, anche per l’udienza del giorno seguente con il Santo Padre, i figli e le figlie di alcuni pellegrini, residenti a Roma o provenienti da altre città d’Italia. Puntuale il raduno della mattinata di mercoledì. All’ora prestabilita si riparte. Si arriva in una Piazza San Pietro ancora semivuota. Meglio così. Possiamo ammirare l’artistico presepe ed il suggestivo albero di Natale. La piazza a poco a poco si riempie di fedeli provenienti da tutt’Italia ed ognuno di noi, pur sempre rimanendo in gruppo, guadagna la transenna più vicina per godere del passaggio di Papa Francesco. Finalmente un osannante brusio annuncia che la papamobile ha fatto la sua comparsa in una piazza, che intanto si era affollata all’inverosimile. A passo d’uomo sfila tra la gente acclamante. L’emozione è grande. Papa Francesco è con noi. E noi con Lui. Invocazioni, grida di gioia, mani protesi oltre le transenne salutano il Santo Padre, che ricambia con affettuosi sorrisi e con gesti semplici, cordiali, affettuosi. L’emozione è grande. Indescrivibile. Il più bel regalo il Santo Padre lo ha riservato a Giulio, di dieci mesi, la mascotte del gruppo catanzarese, che ha raggiunto la nonna pellegrina a Roma, Merj Lucia, da Parma, dove per motivi di lavoro risiedono i loro genitori Enzo e Cristina con il fratellino Pietro, di anni quattro. Il personale di servizio prende Giulio in braccio e lo porge a Papa Francesco, che lo bacia sulla guancia e gli fa un solletichino con l’indice della mano destra, accompagnandolo con un “sei bellissimo”. Il regalo fatto a Giulio è anche il nostro regalo. Un regalo che i pellegrini di “Madonna di Pompei” e di “Santa Maria Zarapoti” conserveranno per sempre nel loro cuore. Grazie Papa Francesco. Rita Ferragina 15 15 febbraio 2014 TERRITORIO Si è svolta a Reggio Calabria la sessione invernale della CEC Per costruire insieme nella fede una Calabria migliore N ei giorni 3-4 febbraio al Seminario Pio XI di Reggio Calabria, si è tenuta la Conferenza Episcopale Calabra sotto la presidenza di Mons. Salvatore Nunnari, Arcivescovo di Cosenza-Bisignano. Presenti i Vescovi residenziali Giuseppe Fiorini Morosini, Vincenzo Bertolone, Luigi Renzo, Francesco Milito, Leonardo Bonanno, Donato Oliverio, Domenico Graziani, Nunzio Galantino; gli Amministratori diocesani Cornelio Femia di Locri e Antonio De Simone di Rossano Calabro; i Vescovi emeriti Antonio Cantisani, Vittorio Luigi Mondello, Ercole Lupinacci, Vincenzo Rimedio. La CEC si complimenta con Mons. Galantino per la recente nomina a Segretario ad interim della CEI. A Lui augura di cuore buon lavoro. Con Lui i Vescovi si sono confrontati sui temi da sottoporre all’attenzione del Santo Padre per la prossima Assemblea CEI. L’Arcivescovo Presidente ha riferito anzitutto sulla relazione del Card. Bagnasco al Consiglio Permanente della CEI nei giorni 27-29 gennaio. Ci si è soffermati soprattutto sul dibattito in corso all’interno della CEI sulla nomina del Presidente e del Segretario. È stato letto e approvato il Bilancio consuntivo 2013 della CEC. È stato ridiscusso e approvato il documento su “Sovvenire” preparato dalla commissione calabra di riferimento. La CEC ha ospitato il Rettore del Santuario della Madonna delle lacrime di Si- racusa per verificare la richiesta di pellegrinaggi organizzati dalle diocesi calabresi. È stata affrontata la questione del rinnovamento dello statuto del CER (Centro Ecclesiale Regionale). È stato dato l’incarico al Vescovo Presidente Mons. Renzo di provvedere ad esso, e di preparare con esperti un intervento sul tema del lavoro e della famiglia. È stata fissata al 5 giugno la data della Giornata di incontro sacerdotale. Si terrà a Serra San Bruno. Sono state esaminate alcune proposte pastorali offerte da Mons. Rimedio, sulle quali i singoli escovi si riservano di riflettere. È stata esaminata l’attività del giornale on line Calabria Ecclesia Magazine e i relativi conti. È stata ravvisata l’opportunità di istituire un Ufficio stampa proprio della CEC. L’ing. Paolo Martino ha illustrato il nuovo Protocollo di intesa programmatico tra la Regione Calabra e la Regione Ecclesiastica Calabra. È stato dato il patrocinio alla Live communication per una trasmissione in Calabria alla vigilia della canonizzazione di Giovanni Paolo II. Sono state approvate le iniziative della Commissione per la catechesi per il 2014 e la proposta di un incontro di approfondimento tra i Vescovi calabresi e i Direttori degli Uffici catechistici diocesani per una impostazione della Catechesi in Calabria. Sono state ascoltate e approvate le relazioni sul Seminario S. Pio X di Catanzaro e sull’Istituto Teologico Calabro S. Pio X. NOMINE Mons. Graziani è stato nominato assistente del Forum dei docenti universitari; d. Pasquale Zipparri (Cassano allo Jonio) e d. Antonello Pandolfi (S. Marco Argentano) sono stati nominati Giudici e d. Nicola Vertolo (Locri-Gerace) Difensore del Vincolo del Tribunale Ecclesiastico Regionale. P. Rocco Benvenuto è stato nominato assistente dell’UCIIM 16 15 febbraio 2014