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i morsi animali
I MORSI ANIMALI mammiferi rettili e artropodi dal riconoscimento della lesione alla diagnosi e alla terapia Dott C. Moiraghi S.C. Medicina d’Urgenza ASO S. Giovanni Battista di Torino MORSI DI MAMMIFERI La maggior parte dei morsi di mammiferi sono inflitti da cani (85 – 90 %) I gatti sono responsabili del 5 – 10 % dei morsi I roditori del 2 – 3 % dei morsi Gli esseri umani del 2 – 3 % dei morsi RICONOSCIMENTO DEL TIPO DI MORSO Morso di cane Morso umano Morso di gatto ¾I cani hanno denti grossi che possono provocare lacerazioni e rottura dei tessuti: •Ferite penetranti nel 13 – 34% dei casi •Lacerazioni occorrono nel 30 – 45% dei casi •Abrasioni superficiali nel 30 – 40 % dei casi ¾I gatti hanno denti sottili e affilati. Anche se il morso è più debole di quello del cane, i loro denti possono penetrare ossa e capsule articolari. •Lacerazioni occorrono nel 5 – 17% dei casi •Ferite penetranti nel 57 – 86% dei casi •Abrasioni superficiali nel 9 – 25% dei casi ¾La maggior parte dei morsi umani è inflitto alle mani (60 – 75%). Possono essere interessati anche il volto ed il tronco, soprattutto nei bambini in occasione di una lotta. •La tipologia del morso può essere distinta in morso vero e proprio (occlusale) ed in ferita provocata dai denti che sono colpiti dalla mano, a pugno chiuso, durante una lotta. Quest’ultimo tipo di ferita è particolarmente soggetta ad infezione. •E’ importante rilevare, esaminando il morso, la distanza tra i canini: se è > 3cm prova che il morso è stato inferto da un adulto, il che deve indurre ad indagare su possibili abusi sul minore. L’INCIDENZA DELLE MORSICATURE DA MAMMIFERI •E’ difficile da determinare: la maggior parte dei casi sfugge all’osservazione perché la maggior parte dei soggetti morsicati non ricorre a cure mediche. •Negli USA si stima che i morsi da mammiferi siano 2 – 5 milioni all’anno. Rappresentano l’1% degli interventi nei Dipartimenti di Emergenza •Nel Regno Unito sono stimati in circa 200.000 casi/anno La situazione in Piemonte Anno 1998 Casi 1999 2000 2001 2002 4.673 4.564 4.207 3550 3082 2003 - MORSI DI CANE •I morsi di cane sono spesso causati da animali con cui la vittima ha confidenza. Da dati USA (Pediatric Trauma Center), nel 45% dei casi il morso era stato inflitto dal cane di casa e nel 46% dei casi da un animale comunque conosciuto. •Nell’88% dei casi il cane era di grossa taglia e nel 25% dei casi era un pit bull. •Nel 55% dei casi l’attacco non era stato provocato •Il morso di un cane può provocare abrasioni e graffi, ma anche ferite penetranti, ferite con perdita di sostanza e fratture ossee. •I bambini sotto i 5 anni sono morsicati alla testa ed sul collo nel 60 – 70% dei casi (nel 50% dei casi quelli tra i 5 ed i 10 anni). •E’ possibile che il morso causi una ferita penetrante nella teca cranica, che provoca frattura della stessa, meningite e talvolta ascesso cerebrale. Per questo motivo è sempre indicato eseguire una radiografia o, meglio, una Tac del cranio, anche se la ferita al capo appare di modesta entità. Dovranno essere cercate fratture o aria libera nella volta cranica, espressione di ferita penetrante la teca. Morsi di cane •Gli arti sono la sede più frequentemente interessata dai morsi di cane. •Il tronco è interessato solo nel 4 – 10 % dei casi •Raramente l’esito del morso è mortale. Quando si verifica l’exitus, è dovuto a lesione di grossi vasi od ad interessamento diretto di un organo vitale. MORSI DI GATTO •I gatti causano ferite con i denti e con gli artigli Da: www.antropozoonosi.com •A differenza dei morsi di cani, che interessano prevalentemente i bambini ed i maschi adulti e che nel 55% dei casi non sono provocati, i morsi di gatto interessano più spesso donne adulte e nell’89% dei casi sono provocati •2/3 dei morsi di gatto interessano gli arti superiori od il volto •Spesso il morso causa una profonda ferita penetrante, perché i gatti hanno denti lunghi, sottili ed affilati. Quando è interessata la mano, possono essere inoculati batteri sotto il periostio o nella capsula di una articolazione, il che può causare osteomieliti od artriti settiche. Morsi di gatto MORSI DI RODITORI •Si tratta quasi sempre di morsi di ratti •Sono poco frequenti ed interessano in genere bambini fino a 5 anni d’età, sul volto e sulle mani, generalmente di notte. •L’incidenza del morso di ratto è bassa ed in costante riduzione, essendo legata in genere a situazioni di grave degrado sociale MORSI UMANI •Quando un bambino viene morsicato da un altro bambino, la lesione si presenta con un’area ovalare eritematosa od ecchimotica; la cute può essere lesa od intatta. •Sono più spesso interessati il volto, gli arti superiori ed il tronco, dato che il morso viene in genere inflitto durante una lotta. •E’ possibile che soggetti con problemi psichiatrici si autoinfliggano morsi •I morsi “indiretti”, causati dall’urto del pugno chiuso contro i denti, provocano ferite laceranti la cute che facilmente si infettano per la penetrazione di batteri propri della flora orale, che possono estendersi alle vicine articolazioni Morso umano COMPLICANZE DELLE FERITE DA MORSO ¾L’infezione della ferita è la complicanza più comune. Si infetta il: • 2 –30% dei morsi di cane • 15 – 50% dei morsi di gatto • 9 – 50% dei morsi umani •Il rischio di infezione è particolarmente alto in caso di ferite penetranti, di ferite alle mani, di ferite che richiedono una toeletta chirurgica, in caso di coinvolgimento tendineo o di ligamenti ed in caso di frattura. •I soggetti diabetici, gli splenectomizzati, gli immunodepressi, i cirrotici, sono a rischio di infezione particolarmente alto •Le ferite dovute ai morsi di cane e gatto sono spesso colonizzate da un mix di batteri: aerobi ed anaerobi. Infezione della ferita da morso di gatto Morso di gatto, un giorno dopo Infezione della ferita Microbiologia delle infezioni delle ferite da morsi Agenti patogeni nelle infezioni delle ferite da morso di cane Pasteurella multocida e altre Pasteurella spp. Da: www.antropozoonosi.it Questi batteri Gram- asporigeni sono considerati come i più comuni agenti patogeni causa di infezione conseguente a morsi, essendo responsabili del 20-50 % delle infezioni secondarie a morsicature canine ed in uguale percentuale in quelle di gatto. Inoltre sono in rapporto ai casi di infezione nei bambini non dovuti a contatti traumatici ma alla saliva (leccamenti). Pasteurella spp. fa normalmente parte della flora microbica orale nei cani e nei gatti. Pasteurella multocida può causare infezioni dei tessuti molli, delle articolazioni e dell’osso con conseguenti ascessi, osteomieliti, artriti settiche ed infezioni respiratorie (faringiti, sinusiti, epiglottiti, tracheobronchiti, polmoniti, ascessi polmonari ed empiema pleurico). Possibile la diffusione sistemica (meningiti, endocarditi, infezioni addominali). La diagnosi si fonda sul reperto colturale La terapia antibiotica: la penicillina è il farmaco di scelta, anche se stanno comparendo ceppi resistenti. In alternativa, in caso di allergia, cefalosporine di III o IV generazione. E’ sensibile anche ai chinolonici ed alle tetracicline, che sono però controindicati nei bambini. Nelle infezioni gravi, a Paziente ospedalizzato: ticarcillina clavulanato, ampicillina sulbactam, amoxicillina clavulanato per via parenterale. L’interessamento osteoarticolare lascia reliquati nel 50% dei casi di osteomielite, la mortalità in caso di meningite è vicina al 50%. Capnocytophaga canimorsus (CDC DF2) Sottile bastoncino, GramPreoccupa particolarmente gli splenectomizzati o i pazienti immunodepressi, con un 30 % di mortalità in caso di setticemia da C. canimorsus. Questi organismi possono essere difficilmente evidenziabili a causa delle loro particolari esigenze nutritive per la loro stessa crescita. Recentemente Capnocytophaga è stata identificata come agente causale di sinusiti e riniti croniche nei gatti. In origine la potenzialità di questi batteri di causare da soli malattie negli animali non era stata considerata, forse a causa della loro difficoltà di crescita in vitro. Da: www.antropozoonosi.it CD gruppo NO-1 (caratteristiche simili ad Acinetobacter) E’ un altro organismo alfanumerico descritto recentemente in associazione ai morsi di cane (77 % dei casi isolati) e in maniera minore nei morsi di gatti (18 % dei casi isolati). E’ in grado di infettare le ferite e di causare setticemia. Il 58 % dei 22 casi di uno studio richiesero ricovero ospedaliero. Da: www.antropozoonosi.it Agenti patogeni nelle infezioni delle ferite da morso di cane e di gatto Staphyloccocus intermedius e Streptococcus spp Microorganismi presenti normalmente nella cavità orale di cani e gatti. Un certo numero di infezione zoonotiche causate da morsi di cani (in modo limitato anche da gatti e cavalli) sono causati da Staphylococcus aureus umano, che include ceppi penicillo-resistenti molto pericolosi. Da: www.antropozoonosi.it Proteus, Klebsiella, Enterobacter spp., Bacteroides, Clostridium sp Sono anaerobi quindi richiedono specificatamente condizioni di coltura anaerobica per crescerli. Erysipelas rhusiopathiae E’ solitamente associato ai morsi di maiale ma ne sono stati isolati ceppi anche dai morsi di gatto. Bartonella henselae Sebbene sia nella maggior parte dei casi associata a ferite da graffio di gatto (causando la malattia “da graffio di gatto), questo batterio può essere trasmesso anche attraverso il morso TERAPIA ¾Il trattamento iniziale consiste in: •Medicazione compressiva per controllare il sanguinamento. Se il sanguinamento è importante e non si riduce, mantenere la compressione e ricorrere il prima possibile al Pronto Soccorso •Lavare abbondantemente la ferita con soluzione fisiologica, usando una siringa da 30 – 60 ml ed un ago 16 – 19 gauge. In questo modo la detersione della ferita è ottimale, ma bisogna aver cura di evitare che il lavaggio possa danneggiare ulteriormente tessuti già danneggiati e che l’Operatore, che deve indossare i guanti, venga spruzzato. Un lavaggio della ferita, meno traumatico ma meno efficace, può essere fatto con la siringa senza ago •La ferita può essere disinfettata con povidone iodato all’1% •E’ utile rimuovere eventuali lembi di tessuto necrotico, previa anestesia locale •Le ferite possono essere più estese o profonde di quanto possa far sospettare un’ispezione iniziale, soprattutto in caso di ferite penetranti •Devono essere perciò ricercati segni di diffusione dell’infezione, soprattutto se il Paziente giunge tardi all’osservazione •Non deve essere sottovalutato il trauma psichico conseguente all’aggressione, soprattutto nei bambini, che può esitare nella sindrome da stress post traumatico (PTSD) ¾L’approccio chirurgico è da considerare in caso di: •Morsi che coinvolgono arterie, nervi, muscoli, tendini ed ossa •Ferite penetranti della mano e del piede •Ferite al volto (escluse le abrasioni superficiali) •Presenza di corpo estraneo nella ferita •Quando è necessaria la rimozione di grossi lembi di materiale necrotico •Quando è difficile definire la gravità delle lesioni o quando la ferita infetta non migliora con terapia medica •Se è presente grave cellulite •Nei soggetti asplenici, soprattutto se non è stata iniziata subito profilassi antibiotica •Nei Pazienti immunodepressi, cirrotici o diabetici La profilassi antibiotica I dati disponibili sull’utilità della profilassi antibiotica delle infezioni conseguenti a morsi di mammiferi sono molto limitati. Una sistematica revisione della letteratura (Cochrane) dimostra le seguenti evidenze: ¾La profilassi antibiotica riduce in modo statisticamente significativo le infezioni dopo morso di cane, gatto od umano alla mano: somministrando una profilassi antibiotica dopo morso alla mano, si evita l’infezione in un soggetto ogni quattro trattati ¾Per morsicature in altre sedi i dati sono insufficienti ¾Fondandosi sul parere di esperti una profilassi antibiotica viene oggi consigliata: •Nei morsi umani, quando la ferita è penetrante •Nelle ferite ad alto rischio: alle mani, piedi, faccia; ferite penetranti (soprattutto da morso di gatto); ferite che necessitano di toeletta chirurgica; ferite che coinvolgono articolazioni, tendini, ligamenti o quando si sospetta frattura ossea •Quando si procede a sutura in prima istanza della ferita •Quando il Paziente è ad alto rischio per patologie preesistenti •Nei portatori di valvole cardiache protesiche o di protesi ortopediche ¾La profilassi antibiotica non è consigliata se la ferita data da due giorni o più e non sono presenti segni di infezione La scelta dell’antibiotico (profilassi) •Per le ferite di modesta entità il farmaco di scelta è l’amoxicillina clavulanato. •In caso di allergia alla penicillina si può ricorrere alla associazione di doxiciclina più metronidazolo. Le tetracicline non possono però essere usate in bambini di età inferiore ai 12 anni. •Possono essere usati altri farmaci: macrolidi, meglio l’azitromicina (maggiore attività contro gli anaerobi) dell’eritromicina cui ormai è resistente il 50% dei ceppi di P. multocida, chinolonici (scarsa attività contro gli anaerobi, controindicati nei bambini) •La profilassi deve essere proseguita per 5 giorni, se la ferita non presenta segni di infezione La scelta dell’antibiotico (terapia) ¾In caso di gravi infezioni il Paziente deve essere ospedalizzato e deve essere trattato con antibiotici per via sistemica. ¾I farmaci di scelta sono: •Ampicillina sulbactam •Ticarcillina clavulanato •In caso di allergia alla penicillina: - trimethoprim sulfametossazolo o cefalosporina di III generazione (allergia crociata possibile) + clindamicina ¾L’antibiotico deve essere somministrato almeno per 14 giorni. Lo “switch” alla terapia orale può avvenire in 10a giornata, purchè sia evidente un miglioramento clinico ¾In caso di tenosinoviti o artrite settica la terapia va proseguita per 21 giorni ¾In caso di ostomielite la terapia va proseguita almeno per 4 settimane ¾Complicazioni meno frequenti sono: •Tetano •Rabbia •Setticemia •Artrite settica •Tenosinovite •Fratture •Osteomielite •Peritonite •Meningite •Cicatrici deturpanti Profilassi antitetanica Soggetto correttamente vaccinato (ha già ricevuto 3 o più dosi di anatossina antitetanica) Vaccinazione incompleta o dato non disponibile Ferita minore e non contaminata 1 dose di anatossina se l’ultima Somministrare il ciclo dose è stata somministrata vaccinale completo: meno di 10 anni prima 1a dose, 2a dose dopo un mese, 3a dose entro 12 mesi Tutte le altre ferite 1 dose di anatossina se l’ultima dose è stata somministrata meno di 5 anni prima Immunoglobuline antitetaniche (250 U i.m.) e somministrare il ciclo vaccinale completo La profilassi antirabbica La rabbia è una malattia virale ad esito invariabilmente infausto, acquisita tramite il morso o l’esposizione alla saliva infetta di un animale rabido. La profilassi post esposizione può salvare la vita del soggetto infettato, ma è costosa e non scevra da complicanze. Per questo motivo, prima di somministrarla, è necessario chiedere la consulenza di un esperto. Negli USA il 40% delle somministrazioni di IG e vaccino antirabbico è inappropriata Per la profilassi antirabbica post-esposizione sono utilizzate: •Immunoglobuline specifiche: ottenute da un pool di donatori volontari iperimmuni •Vaccini: ne esistono tre tipi, ottenuti da colture cellulari •La disponibilità del vaccino non deve far trascurare i normali provvedimenti da adottare in caso di ferita da morso: l’accurato lavaggio con acqua e sapone della ferita e la disinfezione con povidone iodio sono in grado, da soli, di ridurre del 90% il rischio di infezione Immunoglobuline: la dose raccomandata è di 20 UI/kg, che non deve essere superata per non ridurre la risposta anticorpale alla somministrazione del vaccino. La maggior quantità possibile deve essere infiltrata ai margini della ferita, il resto somministrata per via i.m. Può comparire, a seguito della somministrazione, febbre lieve e dolore locale. Sono possibili reazioni allergiche sistemiche gravi. Vaccinazione: La prima delle cinque dosi di vaccino deve essere somministrata il prima possibile dopo l’esposizione. Le dosi successive nei giorni 3, 7, 14 e 28 dalla prima dose. Il vaccino va somministrato per via i.m., ma non a livello gluteo (risposta anticorpale scarsa). Le reazioni avverse sono in genere lievi: dolore nel sito di iniezione, con arrossamento e prurito. Reazioni sistemiche non sono frequenti e di solito sono lievi: cefalea, mialgie, nausea, vomito, dolore addominale e vertigini. Una reazione da immunocomplessi o di ipersensibilità tipo 3 compare nel 6% dei vaccinati: orticaria, artralgie, angioedema, nausea, vomito e febbre. Sono in genere reazioni IGE mediate, non pericolose per la vita. Anche se le reazioni vaccinali non sono in genere gravi, il trattamento deve essere condotto in ambiente ospedaliero. Il trattamento antirabbico deve essere messo in atto seguendo le linee guida universalmente accettate: •Se l’animale (cane, gatto, furetto) è rabido o fortemente sospetto di esserlo, la profilassi postesposizione deve essere iniziata appena possibile. •Se l’animale è in apparente buona salute deve essere tenuto in osservazione per 10 giorni e la profilassi iniziata solo se si manifestano sintomi di malattia o se la ferita è alla testa od al collo •Se l’animale è fuggito è probabilmente utile iniziare la profilassi post-esposizione, sentito un esperto della Sanità pubblica •Se il morso è inferto da un animale selvatico, questi è da considerare rabido a meno che venga abbattuto e si possa provare che non lo è. Interpellare comunque sempre gli esperti di Sanità pubblica. •Se l’animale che morde non è un mammifero la profilassi non è mai indicata •I morsi umani possono trasmettere numerose infezioni, inclusi i virus dell’epatite B e C, sifilide primaria, virus erpetici. •E’ quindi consigliabile che un Paziente anti HBs negativo, morsicato da un soggetto portatore di epatite B, venga trattato con vaccino per l’epatite B e vengano somministrate immunoglobuline specifiche entro 12 ore •La trasmissione dell’HIV è teoricamente possibile, ma nella realtà trascurabile LA MALATTIA DA GRAFFIO DI GATTO La malattia da graffio del gatto (Cat Scratch Disease - CSD) è una zoonosi emergente ed ubiquitaria segnalata per la prima volta nell’uomo nel 1931. Dal punto di vista eziologico, nel corso degli anni diversi agenti quali virus, Rickettsie, Clamidie sono stati sospettati essere responsabili di CSD. Solo nel corso degli anni ’90 si è pervenuti alla identificazione di Bartonella henselae come principale agente dell’infezione Nel 5% dei casi l’infezione può essere sostenuta da altri microorganismi, il cui ruolo però è molto marginale: Afipia felis e Bartonella clarridgeiae Elettromicroscopia a trasmissione di B. henselae da striscio di sangue infetto Da: www.antropozoonosi.it La malattia nell’uomo La malattia da graffio di gatto (CSD) viene considerata la causa più comune di adenopatia cronica, benigna, in bambini e giovani adulti. Da 3 a 10 giorni dopo il contatto con l'animale, nel punto di inoculazione compare una lesione cutanea pustolosa, papulosa o vescicolosa, che può persistere per giorni o settimane, guarendo senza lasciare cicatrici. Ilsegno clinico dominante è l'adenopatia di un singolo linfonodo o regionale, che compare di solito entro 2 settimane dal graffio. Più dell'80% dei linfonodi interessati sono localizzati al capo, al collo ed agli arti inferiori; hanno un diametro di 1-5 centimetri ed appaiono arrossati e dolenti. La lesione iniziale Da: www.antropozoonosi.it L’adenopatia Da: www.antropozoonosi.it L’adenopatia Da: www.antropozoonosi.it Sebbene il 10-20% di essi progredisca verso la suppurazione, la maggior parte regredisce entro 2-6 mesi. Concomitano spesso sintomi generali aspecifici: Febbricola, malessere, cefalea, anoressia, mal di gola ed artralgie. L'11-12% dei casi sono caratterizzati dalla sindrome oculoglandulare di Parinaud, che consiste in una congiuntivite granulomatosa autolimitantesi associata ad una linfoadenopatia ipsilaterale, per lo più preauricolare. Talora il decorso è grave per la comparsa di: • disturbi neurologici, con encefalopatia in circa l'1-7% dei casi, mielite trasversa, paralisi del VII e neuroretinite • anomalie ematologiche • artrite ed eritema nodoso Neuroretinite: papilledema associato ad essudato stellare maculare Da: www.antropozoonosi.it La diagnosi La diagnosi è principalmente clinica e si fonda sulla presenza dell’adenopatia e della lesione primaria da inoculo sulle estremità, sul collo o sul capo, in concomitanza con un contatto recente con gatti. La diagnosi di laboratorio si basa essenzialmente sull’esame diretto del materiale bioptico linfonodale (con il metodo dell’impregnazione argentica di Warthin-Starry), sull’emocoltura, sui test sierologici, come EIA (enzyme immunoassay) e IFA (immunofluorescence assay) e sui metodi molecolari, come la PCR. La diagnosi differenziale si pone con: •Mononucleosi infettiva •infezioni micobatteriche tipiche o atipiche • tularemia • brucellosi • sifilide • linfogranuloma venereo • sporotricosi • istoplasmosi • toxoplasmosi • adenite neoplastica La Terapia La terapia è principalmente sintomatica poiché la malattia, di solito, regredisce spontaneamente entro 2-6 mesi. Non ci sono dati chiari circa l’utilità degli antibiotici. I risultati clinici migliori sono stati ottenuti con rifampicina, ciprofloxacina, gentamicina, trimetroprim e sulfametoxazolo (TMP/SMX), claritromicina ed azitromicina. In uno studio retrospettivo di dati non controllati, la percentuale di pazienti, che hanno risposto completamente o parzialmente a 7-14 giorni di terapia, è stata dell’ 87% con rifampicina, 84% con ciprofloxacina, 73% con gentamicina solfato parenterale e 58% con TMP/SMX. MORSI DI SERPENTI Vipera o serpente innocuo? Su 3500 specie di serpenti conosciute, solo 300 sono velenose e sono divise in 5 famiglie: Elapidi, Crotalidi, Colubridi, Idrofidi e Viperidi. In Europa sono presenti solo questi ultimi e in Italia in particolare le specie presenti sono quattro. La Sardegna è l’unica regione in cui la vipera non è presente. SEGNI DISTINTIVI Tutte le specie di vipere hanno caratteristiche peculiari ben precise che le distinguono dai serpenti innocui. Tra queste il colore è certamente la meno affidabile, in quanto la tendenza delle vipere a mimetizzarsi con il terreno permette loro di assumere colori diversi. Più affidabili, sempre che si riesca ad osservarle, sono la forma della testa, gli occhi, e la Coda. L'unica caratteristica certa e di facile identificazione è comunque il morso. Morso di serpe e di vipera Morso di serpe Morso di vipera •Il segno caratteristico è la presenza di 2 piccoli fori distanziati di 0,5-1 cm, più profondi degli altri, corrispondenti ai segni lasciati dai denti veleniferi. •Talvolta il morso può presentare anche altri segni: oltre ai fori dei denti veleniferi, infatti, può essere presente il segno lasciato dagli altri denti, molto meno profondo ed evidente. Il morso di altri serpenti non velenosi, non presenta i due fori maggiori, ma il segno dell’intera arcata dentaria, a forma di V. ATTENZIONE: potrebbe capitare che la vipera abbia perso un dente velenifero, oppure che il morso non sia andato a segno completamente e a fondo. In tal caso può essere presente un solo foro del dente velenifero. Le vipere sono riconoscibili dagli altri serpenti per il corpo tozzo (largo rispetto alla lunghezza, in particolare la coda è molto corta e rastremata), per la colorazione poco appariscente (niente verde, giallo o rosso) bruno rossastro - scuro, macchiato di nero, per l’andamento lento, per la testa vagamente triangolare e a punta (negli altri serpenti ha forma di ovulo), per le pupille degli occhi che sono schiacciate e verticali anziché rotonde (simili a quelle dei gatti), per la presenza in bocca di due vistosi denti veleniferi molto appuntiti; inoltre la vipera del corno, come dice lo stesso nome, possiede in corrispondenza del naso una visibile protuberanza. Serpe (testa) Serpe Serpe Vipera Vipera Le vipere italiane •La Vipera aspis o vipera comune, diffusa sulle Alpi e sugli Appennini, predilige luoghi caldi e asciutti; di indole mite, fugge se molestata. •La Vipera berus o marasso palustre, diffusa in montagna, è piuttosto aggressiva. •La Vipera ammodytes o vipera dal corno, si trova nelle Alpi Orientali. È poco aggressiva, ma il suo veleno è il più pericoloso. •La Vipera ursinii, si ritrova nel Gran Sasso, è la meno velenosa ed aggressiva. Vipera aspis Vive in tutta Italia ad esclusione della Sardegna, dalla pianura alla montagna (limite 2.000 m. s.l.m.); preferisce zone aride, calde e pietrose; caratteristico e' l' apice del muso rivolto verso l' alto, iride chiara, presenza di una fascia biancastra sulle guance. Varietà di vipera aspis Vipera aspis atra Vipera aspis Francisciredi Vive nell’Italia Settentrionale,Centrale e nell'Isola d'Elba Vive nelle Alpi Piemontesi,Val d'Aosta e Liguria nord-occidentale Vipera Ammodytes (vipera dal corno) Diffusa nella parte orientale dell' Italia settentrionale (limite 1.600 m. s.l.m.) Presenta un corno conico, molle e ricoperto di squame lungo fino a 5 mm., sull' apice del muso. E’ considerata la più pericolosa Vipera Ursinii o vipera di Orsini presente nelle zone montane dell' Italia centrale Vipera Berus o marasso palustre Diffusa nella zona centrale dell' Italia settentrionale, fino ad oltre i 2.000 m. s.l.m. La varietà cosiddetta MELANICA , priva di pigmentazione, si presenta di un colore nero lucido. La sua livrea non presenta le caratteristiche di tutte le altre vipere, di conseguenza può erroneamente e pericolosamente essere scambiata per un serpente innocuo. Aree di distribuzione delle vipere in Italia L’Apparato velenifero •I viperidi sono dotati di zanne mobili che aderiscono al palato in posizione di riposo, estremamente sviluppate ed efficaci. La stessa lunghezza assicura una penetrazione profonda e quindi più efficace, inoltre sono completamente "canalicolate", con un orifizio di entrata e di uscita del veleno, che viene convogliato in profondità nelle carni della vittima. •La gravità dell’avvelenamento dipende dalla quantità di veleno iniettato; con un morso viene inoculato il 4-7% della quantità del veleno. Ci possono essere anche 20-30 attacchi successivi, fino a scaricare del tutto le ghiandole velenifere. • In media un morso può contenere dai 5-40 mg di principio attivo, minore se la vipera ha da poco morso un altro animale. •Le sedi prevalentemente colpite sono: mano, piede, polpaccio, arti inferiori e superiori, ma i siti di aggressione più pericolosi sono il collo o la testa. Quadri clinici Il quadro clinico varia in base alla: •sede del morso •tempo trascorso dal morso •temperatura ambientale (il caldo, per la vasodilatazione, facilita il passaggio in circolo del veleno) •attività svolta dalla vittima dopo il morso (se la vittima inizia a correre aumenta il passaggio in circolo del veleno) •età del rettile (le vipere giovani hanno un veleno meno pericoloso). •Circa il 20% dei morsi di serpente sono morsi “secchi” in cui non vi è alcuna inoculazione di veleno. Sintomatologia EFFETTI LOCALI: Entro pochi minuti dal morso compaiono dolore urente e bruciore severi, seguiti da edema duro ingravescente prossimale, eritema, petecchie, ecchimosi e bolle emorragiche che tendono ad estendersi lungo l’arto colpito. Entro 12 ore adenopatia. possono comparire flittene, linfangite, SINTOMI SISTEMICI: Ai segni locali, in relazione alla dose, alla zona interessata e alla taglia del soggetto, si aggiungono i segni generali con turbe emodinamiche, digestive, coagulative, renali e neurologiche. Le alterazioni emodinamiche sono determinate da una fuga massiva di liquidi verso l'interstizio con conseguente comparsa di ipotensione e shock; I sintomi a carico dell’apparato digerente dovuti ad iperattività della muscolatura liscia, consistono in vomito, diarrea, nausea e crampi addominali. Le alterazioni della coagulazione possono includere fibrinolisi, trombocitopenia, emolisi, fino ad una coagulazione intravascolare disseminata. La compromissione della funzione renale è conseguenza dell'ipovolemia acuta (insufficienza renale acuta prerenale). I disturbi neurologici (tardivi) comprendono fascicolazioni, convulsioni, paresi, ptosi palpebrale e diplopia. PRIMO SOCCORSO Con gradualità, in rapporto alle esigenze, si possono mettere in atto le seguenti metodiche: 1) Calma: non lasciarsi prendere dall'ansia e non drammatizzare. 2) Sdraiare e tranquillizzare l'infortunato: in una persona agitata il veleno entra in circolo più rapidamente. 3) Suzione del veleno: se la suzione è tempestiva, è possibile aspirare una notevole quantità di veleno. Questa manovra però può essere molto pericolosa: se il soccorritore ha denti cariati, piaghe nella mucosa della bocca o labbra screpolate, il veleno passerà nel suo sangue e ne verrà intossicato a sua volta. Se invece il veleno viene ingerito, non è pericoloso perché viene distrutto dai succhi gastrici. L'intervento migliore è l'aspirazione del veleno con apposite coppette aspiratrici facilmente reperibili in commercio. 5) Disinfettare: è opportuno lavare la ferita con acqua ossigenata o con acqua semplice perchè il veleno di vipera è idrosolubile. Sono da evitare disinfezioni con alcool o sostanze alcoliche, perchè il veleno della vipera a contatto con alcool forma composti tossici. Avendone la possibilità sarà utile applicare sulla ferita ghiaccio o neve: il freddo rallenta la messa in circolo del veleno. 6) Evitare la somministrazione di bevande alcooliche. 7) Trasportare la persona colpita facendola muovere il meno possibile. Se si è lontani dai centri abitati costruire una barella di fortuna per il trasporto, perchè sotto sforzo fisico il sangue e quindi il veleno circolano con maggiore velocità. CONSIGLI PRATICI DI COMPORTAMENTO Morso agli arti inferiori (gambe): Applicare una benda larga almeno 10 cm. e lunga circa 10 metri, tirando ed esercitando una discreta pressione. Tale bendaggio va esteso il più alto possibile e comunque anche al di sotto del punto morsicato. Per effettuare, infine, una buona immobilizzazione dell'arto, va applicata e congruamente fissata, una stecca rigida. Se queste due operazioni sono state correttamente eseguite, la compressione così esercitata non risulterà fastidiosa per l'infortunato e soprattutto potrà essere mantenuta in sede per diverse ore. In ogni caso NON DOVRA' ESSERE RIMOSSA fino a che il paziente non sia giunto al più vicino posto di pronto soccorso ospedaliero. Morso arti superiori (braccia) : Premessa banale, ma importante: togliere eventuali orologi ed anelli. Effettuare un bendaggio compressivo ( benda alta 7 cm e lunga 6 metri), partendo dalla punta della dita della mano, arrivando fino al gomito (purché non impedisca la circolazione arteriosa: il polso deve essere percettibile); se si desidera comunque un margine di sicurezza superiore o se il morso è in prossimità o addirittura al di sopra del gomito, allora è necessario e consigliabile fasciare l'intero braccio fino alla spalla. Si procederà, quindi, come per l'arto inferiore, alla completa immobilizzazione con una stecca, bloccando il braccio al tronco. Morso al tronco, al collo, alla testa : Anche in questo caso (peraltro fortunatamente molto meno frequente) si cerca di ottenere un ritardo della diffusione del del veleno. E' consigliabile applicare un tampone rigido sopra la zona morsicata, tenendolo compresso con un cerotto elastico adesivo. IL SOGGETTO MORSICATO DEVE ESSERE SEMPRE ACCOMPAGNATO IN OSPEDALE. TRATTANDOSI DI INCIDENTI CHE QUASI SEMPRE ACCADONO LONTANO DAI CENTRI ABITATI, POSSONO VERIFICARSI TRE POSSIBILITA’: 1) Veloce possibilità (15-30 minuti) di raggiungere 1'ospedale: non conviene fare niente oltre ad applicare la fasciatura linfostatica dopo aver sfilato anelli, bracciali, ecc. Portare la persona in ospedale distesa, tranquillizzandola. 2) Lontano dall'ospedale, ma in compagnia di altre persone: stendere la persona e tranquillizzarla, rallentare l'assorbimento del veleno con la fasciatura (o con il laccio) ed immobilizzare l'arto, se si prevede che i tempi di arrivo all'ospedale saranno molto lunghi. 3) Lontani dalla struttura ospedaliera, da soli e lontani da possibili soccorritori: è consigliabile eseguire tutte le misure di primo soccorso descritte (spremitura e aspirazione, lavaggio, fasciatura compressiva). Si può scegliere se rimanere immobile ed aspettare possibili soccorsi o tentare di raggiungere probabili soccorritori. Questa evenienza conferma quanto sia imprudente affrontare da soli gite a rischio. COSE DA NON FARE - Non succhiare il veleno dalla ferita con la bocca (è infatti molto probabile avere nel cavo orale piccole ferite causate spesso dallo spazzolino da denti) - Non somministrare alcoolici (hanno effetto depressivo sul sistema nervoso centrale e vasodilatatore periferico, facilitando quindi l’assorbimento del veleno) - Non agitarsi o impaurirsi, ma mantenere calma e freddezza nelle operazioni di soccorso. - Non somministrare il siero antivipera (si corre il rischio di salvare il malcapitato dal pericolo del veleno della vipera per esporlo al rischio mortale di una sindrome allergica). Il siero deve essere somministrato soltanto in ospedale o sotto il diretto controllo medico. Soccorso ospedaliero •Rimuovere l’eventuale bendaggio compressivo •Effettuare una profilassi antitetanica e antibiotica. •Provvedere ad una terapia sintomatica per il dolore e somministrare benzodiazepine nei casi in cui compare ansia. •I farmaci antiistaminici e cortisonici (uso anche preventivo, nei casi di alto indice di probabilità che si tratti di morso di vipera) sono utili nei casi in cui insorgano fenomeni allergici. •Misurare la circonferenza dell'arto almeno 3 volte. La frequenza delle misurazioni viene eseguita inizialmente ogni 1-2 h, ma aumenta in caso di rapida progressione della sintomatologia locale •Definire la classe di gravità del morso di vipera GRADO 0 Tracce del morso, assenza di segni locali (morso secco) Osservazione per 4 h. GRADO I Edema localizzato alla zona del morso; generali. assenza di segni Osservazione per 24 h: trattare i sintomi e tenere presente che il 10-15% di pazienti nel Grado I diventano di grado II o entro pochi minuti o tra le 6 e le 16 h . GRADO II Estensione dell'edema alla radice dell’arto colpito e comparsa di sintomi sistemici: ipotensione senza shock, vomito e diarrea Trattamento antidotico GRADO III Avvelenamento severo con sintomi gravi Trattamento antidotico •Monitorare i parametri laboratoristici Esami ematochimici: coagulazione, prodotti di degradazione del fibrinogeno, D-dimero, proteine totali, emocromo, enzimi muscolari come CPK, CK-MB, LDH, mioglobina, bilirubina totale e frazionata, creatinina, azotemia, elettroliti, emogasanalisi, glicemia, esame delle urine • Monitorare i parametri clinici (edema, dolore locale, ecchimosi, strie linfangitiche, linfoadenopatie, tromboflebite, nausea, vomito, dolori addominali, dispnea, angioedema, ipotensione, tachicardia, convulsioni e coma) •Monitorare i parametri strumentali (elettrocardiogramma, eco-doppler dell’arto colpito). TERAPIA ANTIDOTICA La somministrazione del siero è indicata solo se il paziente diventa sintomatico, ed in particolare nei casi in cui compaiono : •Alterazioni dei parametri emocoagulativi •Ipotensione grave o shock •Sintomi gastroenterici importanti e prolungati •Aritmie cardiache, dispnea •Edema imponente dell’arto coinvolto Il siero antivipera •Una volta si portava per precauzione, quando si andava in campagna o in montagna; ma ora, a parte il problema della conservazione che imponeva il rinnovo ad ogni stagione, il siero antiofidico è diventato irreperibile. •Il siero proveniva dalla Jugoslavia da cavalli immunizzati col morso di vipera ma, dopo gli sconvolgimenti sociali e politici che hanno interessato quella regione, la disponibilità è appena sufficiente (e a caro prezzo) per coprire i fabbisogni ospedalieri. •D'altra parte, studi recenti ed una attenta valutazione della letteratura sul tema hanno permesso di stabilire che l'uso del siero al di fuori delle strutture ospedaliere può essere non solo inutile, ma anche in molti casi pericoloso per l’elevato rischio di anafilassi. E’ quindi importante considerare sempre, prima della somministrazione del siero, il rapporto rischio-beneficio per ogni singolo paziente. •Solo il 10-20 % dei pazienti con morso di vipera accertato o sospetto richiede la somministrazione di siero. •Il ministero della Salute ha reso pertanto noto che dal 2003 il siero sarà utilizzato solo negli ospedali. Modalità di somministrazione del siero Il siero deve essere somministrato in infusione endovenosa lenta, diluito in 100-250 ml di soluzione fisiologica; il sito di inoculazione del veleno è raggiunto in due ore dall’1,4 - 6 % del siero, se somministrato per via intramuscolare o sottocutanea, dall’85 % se somministrato per via endovenosa. Occorre evitare la somministrazione del siero antiofidico per via intramuscolare o sottocutanea vicino alla sede del morso perché in questo modo, oltre alle poche garanzie di efficacia, non è possibile interrompere l’esposizione al siero alla prima comparsa dei sintomi allergici. Un ulteriore strumento di neutralizzazione del veleno, oltre al siero, è rappresentato da frammenti anticorpali antiofidici, denominati Fab (Fragment antigen binding): si tratta di anticorpi di cavallo purificati dalle frazioni antigeniche, efficaci anche se costosi. Si usano per via endovenosa ed in genere è sufficiente una sola somministrazione per neutralizzare il veleno in circolo, con miglioramento immediato della sintomatologia. Il protocollo prevede una infusione di 1 h ed la valutazione del quadro 4 h dopo. Al miglioramento dei sintomi si può sospendere l’infusione. MORSI E PUNTURE DI ARTROPODI MORSI DI ARTROPODI •I morsi di artropodi raramente provocano seri problemi ma l’animale, mordendo, deposita il secreto delle ghiandole salivari che contiene vari tipi di antigeni in grado di provocare reazioni nel soggetto morsicato. •Il tipo di reazione dipende principalmente da eventuali precedenti esposizioni a morsi alla stessa specie o di specie simili ¾La prima volta che un soggetto viene morso non si verifica alcuna reazione, a meno che le secrezioni dell’artropodo non contengano sostanze capaci di azione lesiva diretta ¾Dopo morsi ripetuti il soggetto si sensibilizza e dopo 24 h si sviluppa una papula pruriginosa che persiste per alcuni giorni ¾In occasione di ulteriori morsi si sviluppa immediatamente una vescicola estremamente pruriginosa, che perdura per circa 48 h ed evolve in una papula pruriginosa che scompare solo dopo alcuni giorni ¾A seguito di continue e ripetute esposizioni non si manifestano più reazioni ritardate e spesso neppure quelle precoci I più comuni artropodi capaci di mordere presenti in Italia: •Zanzare •Moscerini •Mosche Insetti •Pulci •Cimici •Acari •Zecche •Ragni •Scorpioni Aracnidi Sintomatologia •L’irritazione locale è sempre presente. Il grattamento può accentuare la risposta infiammatoria e portare alla eczematizzazione •L’orticaria papulare è una presentazione comune nei bambini tra i 2 ed i 7 anni con una storia di dermatite atopica, mentre è meno comune negli adulti. L’orticaria papulare si presenta con papule disposte a gruppi o con disposizione lineare, intensamente pruriginose, che persistono fino a 2 settimane. •Reazioni bollose sono più comuni agli arti inferiori, soprattutto nei bambini •Negli anziani, se i morsi si ripetono nel tempo, le lesioni possono presentarsi lichenificate. Orticaria papulare Insetto Tipologia della lesione Moscerini, zanzare I morsi causano solitamente piccole lesioni papulari. Vescicole e grandi bolle si possono formare in individui sensibilizzati. Pulci – dell’animale/dell’uomo I morsi possono essere raggruppati in linee o in raggruppate irregolarmente. I morsi causano solitamente orticaria papulare in individui sensibilizzati. Lesioni bollose possono comparire occasionalmente Tafani I morsi sono spesso molto dolorosi ed orticaria, vertigini, debolezza o angioedema possono accompagnare la vescica cutanea. L'infezione secondaria è comune. Cimici I morsi non sono dolorosi e possono non essere avvertiti se l'individuo non è stato precedentemente morso. Le persone sensibilizzate tipicamente sviluppano vescicole molto pruriginose o papule ad apice emorragico Morsi di pulci Morsi di aracnidi •La classe degli aracnidi include molte specie, tra cui quelle di interesse clinico sono: •L’ordine dei ragni •L’ordine degli scorpioni •L’ordine degli acari Ragni e Scorpioni •Ragni e Scorpioni sono velenosi, ma il morso delle specie presenti in Italia causa solo reazioni locali, che possono essere trattate con le stesse misure adottate per il morso di altri artropodi. Eventuali reazioni allergiche, anche gravi, sono possibili ma non dipendono dalla velenosità dell’animale quanto dalla reattività del soggetto morsicato. •L’unico ragno presente in Italia il cui morso può essere veramente pericoloso è la Vedova Nera (Latrodectes tredecimguttatus), la cui varietà italiana, chiamata Malmignatta, è potenzialmente pericolosa. In caso di morso da Malmignatta è conveniente ricorrere al Pronto Soccorso, ma eventi letali sono rarissimi. Acari •L’ordine degli Acari include numerosissimi sottoordini •Parassitano uomo, animali e piante •In genere causano all’uomo disturbi di natura allergica o reazioni locali al morso, ma alcune specie, come le zecche, possono essere portatrici di malattie pericolose per l’uomo e gli animali Zecche I morsi non sono solitamente dolorosi e può essere presente soltanto una papula rossa nella sede del morso ove possono manifestarsi gonfiore ed eritema locali. In alcuni casi compaiono delle bolle. Il prurito ed il bruciore locali possono essere severi Acari di Cheyletiella (trasmessi frequentemente da cani e gatti) Papule intensamente pruriginose compaiono dove gli acari hanno morso la pelle. Ci può essere una piccola vescicola all’apice delle papule e le lesioni più vecchie possono essere necrotiche Acari che si trovano in prodotti immagazzinati (per esempio grano, farina, carne secca, formaggio e frutta) I morsi causano minute papule intensamente pruriginose o papulovesicole sulle parti esposte del corpo. PUNTURE DI INSETTI •L’apparato che consente all’insetto di pungere è formato da un sacchetto di veleno collegato ad un pungiglione. •In occasione della puntura il sacchetto si contrae ed il veleno viene iniettato nei tessuti. •Il veleno degli insetti provoca una reazione che può essere tossica od allergica. Entrambi i tipi di reazione possono esprimersi con sintomi locali o sistemici EPIDEMIOLOGIA • I dati epidemiologici sono scarsi, particolarmente in relazione alla situazione italiana, sia per la mancata denuncia dei casi che per la rarità degli studi epidemiologici. •La prevalenza delle reazioni locali estese è fra il 2% ed il 24% fino ad arrivare al 38% negli apicoltori: in questi soggetti il rischio di sviluppare una reazione sistemica è del 5-15%. •La prevalenza delle reazioni sistemiche (in base ad anamnesi e test cutanei) varia tra lo 0.4% e 5%, a seconda della popolazione studiata ed alla metodologia impiegata. •L’incidenza dei casi fatali è bassa (sicuramente sottostimati): tra 0.09 e 0.45/milione di abitanti/anno. Importanti fattori di rischio sono: 1) appartenere a queste categorie: apicoltori e loro familiari, agricoltori, giardinieri, lavoratori all’aria aperta 2) intervallo breve tra la puntura e la reazione sistemica 3) pazienti allergici al veleno di ape rispetto a quelli allergici ai vespidi 4) punture da calabrone rispetto a quelle da api o da vespe Le reazioni tossiche si distinguono in locali e sistemiche e sono dovute all’azione irritante e tossica del veleno. Le reazioni sistemiche si verificano in seguito a numerose punture (più di 50): in questo caso la reazione può essere anche fatale. Infatti le reazioni tossiche sono dose-dipendenti. I differenti componenti del veleno possono danneggiare la cute, i muscoli, le cellule del sangue, il fegato ed il sistema nervoso. Vi è aumentata permeabilità vascolare che può portare a deplezione vascolare e shock irreversibile; i peptidi possono indurre una lisi delle cellule del sangue e dei muscoli con necrosi tubulare ed insufficienza renale acuta. Le reazioni IgE-mediate (allergiche) insorgono pochi minuti, o comunque entro un’ora, dalla puntura, aumentano rapidamente d’intensità e regrediscono velocemente, specie se trattate con terapia adeguata. Si possono distinguere reazioni locali estese o “large local reaction (LLR)” e reazioni sistemiche. Le reazioni locali estese sono costituite da prurito, edema ed eritema in sede di puntura con diametro superiore a 8 cm e perdurano per almeno 24-48 ore; le reazioni sistemiche possono interessare vari organi ed apparati con quadri clinici di diversa gravità. Nelle reazioni tossiche la morte può avvenire dopo alcuni giorni, mentre nelle reazioni sistemiche gravi IgE mediate la morte può avvenire dopo alcuni minuti. Puntura di ape Sintomatologia •Le reazioni tossiche locali sono spesso dolorose ma non sono pericolose •Le reazioni allergiche locali estese o “large local reaction (LLR)” consistono in un’area edematosa che si estende al di là del sito di puntura, sono evolutive per alcune ore, e possono persistere anche 7 giorni. L’edema non è pericoloso, a meno che interessi le prime vie aeree. •Le reazioni sistemiche possono essere di varia gravità, siano esse da causa tossica o IGE mediate (allergiche). •Le reazioni sistemiche L’insorgenza è in genere rapida. Possono manifestarsi con: ¾Rinite e rinosinusite ¾Dolore addominale, vomito e diarrea e/o nausea ¾Eritema ¾Prurito generalizzato seguito da orticaria ¾Angioedema al volto o generalizzato ¾Senso di morte imminente ¾Tachicardia, spesso con ipotensione (causa della sensazione di “testa vuota”, di vertigini e di debolezza) ¾Difficoltà a respirare per crisi grave di asma o edema della glottide ¾Collasso e perdita di coscienza •In rapporto alla gravità della reazione allergica questi sintomi possono essere tutti presenti o presentarsi solo in parte •Per questo possono nascere dubbi diagnostici, con la necessità di una diagnosi differenziale con: ¾Celluliti: la presenza di linfangite ascendente e di adenopatia suggerisce una causa infettiva ¾Varicella ¾Orticaria ¾Dermatite da contatto ¾Lesioni cutanee da scabbia ¾Pediculosi del pube Complicanze infettive •Infezioni batteriche locali possono essere la conseguenza dell’intenso grattamento o essere dovute alla puntura. Possono manifestarsi come impetigine, follicolite, cellulite o linfangite •Alcune malattie infettive possono essere trasmesse dalla puntura di artropodi Malattie trasmesse da zecche VETTORE MALATTIA AGENTE EZIOLOGICO SERBATOIO Hyalomma, Amblyomma spp Haemaphysalis Febbre Bottonosa R.conorii Mediterranea Cane Ixodes ricinus, I.scapularis Malattia di Lyme B.burgdorferi Roditori, piccoli e grandi mammiferi Boophilus spp. Babesiosi umana Babesia spp Topi e piccoli mammiferi Dermacentor spp., Ixodes spp. ed altri artropodi Tularemia Francisella tularensis Lepri, conigli e altri roditori domestici e selvatici Varie spp. Febbre Q Coxiella Burnetii Mammiferi domestici, roditori, uccelli Malattie trasmesse da pulci VETTORE MALATTIA AGENTE SERBATOIO EZIOLOGICO Xenopsylla cheopis Tifo murino e Ctenocephalis felis Rickettsia thiphi e R. Ratto, topo, gatto felis Ctenocephalides felis Bartonella henselae Malattia da graffio di gatto Gatto Malattie trasmesse da flebotomi VETTORE MALATTIA AGENTE EZIOLOGICO SERBATOIO Phlebotomus spp e Lutzomyia spp. Leishmaniosi Leishmania infantum, L. chagasi, L. tropica L. donovani e altre Canidi, uomo, roditori, in parte sconosciuti Lutzomyia, Phlebotomus Gruppo dei virus delle Febbri da flebotomi (Toscanavirus) Bunyaviridae (Phlebovirus) Roditori TERAPIA DEI MORSI E DELLE PUNTURE DI ARTROPODI Morsi di artropodi •Non ci sono evidenze di buona qualità riguardo alla terapia dei morsi di artropodi •Un trattamento sintomatico di solito è sufficiente: ¾Creme o lozioni in applicazione topica ¾Antistaminici: sono di scarsa efficacia nel ridurre il prurito ed il bruciore, ma possono essere usati per facilitare il sonno e ridurre il rischio di lesioni da grattamento •In caso di flogosi locale possono essere usati corticosteroidi topici, che possono anche ridurre il bruciore •In caso di orticaria si usano antiistaminici (non evidenze certe, parere di esperti). Più maneggevoli gli antiistaminici di IIa generazione. •Zecche: rimuovere la zecca il più presto possibile dopo il morso usando uno strumento appuntito per scollare la zecca dalla cute. Tirare dolcemente, evitando di schiacciare il corpo della zecca. Disinfettare la sede del morso. I metodi tradizionali (petrolio, calore etc. sono inefficaci) •In caso di infestazione da cimici od acari è indispensabile la bonifica del soggetto e una bonifica ambientale Punture di insetto •Il pungiglione va rimosso il prima possibile Reazioni locali •Il dolore locale, il gonfiore e l’eritema scompaiono in poche ore e possono essere trattati con analgesici ed applicazione di ghiaccio. Se necessario si possono fare alcune applicazioni topiche di pomata cortisonica •Reazioni allergiche locali di solito rispondono ad antistaminici assunti per via orale •L’edema non è pericoloso se non interessa le prime vie aeree. Se queste sono interessate, il trattamento è quello delle reazioni anafilattiche Reazioni sistemiche •L’orticaria generalizzata va trattata con antistaminici e cortisonici per os •E’ importante ricordare che reazioni lievi possono evolvere in forme gravi. •Se le reazioni sono gravi è necessario tenere il Paziente in osservazione in ambiente ospedaliero •Malattie preesistenti possono indurre a particolari precauzioni: i soggetti asmatici sono particolarmente a rischio Classificazione di Mueller (modificata) Grado Sintomi I/ lieve Orticaria generalizzata, prurito, malessere, ansietà II/ moderato Angioedema, costrizione del torace, nausea, vomito, diarrea, dolore addominale, vertigini III/ grave dispnea, asma, disfagia, secchezza delle fauci, astenia, stato confusionale, angoscia IV/ shock ipotensione e collasso, cianosi, incoscienza e incontinenza Terapia dell’anafilassi •Reazioni sistemiche con difficoltà respiratoria e/o ipotensione necessitano di un pronto trattamento dell’edema laringeo, del broncospasmo e dell’ipotensione ¾Chiamare il 118 e far venire un’ambulanza attrezzata ¾Seguire l’ABC: assicurare la pervietà della via aerea, somministrare O2 ad alto flusso ¾La posizione supina a gambe sollevate può essere utile per l’ipotensione, ma accentua la difficoltà respiratoria ¾Va reperito il prima possibile un accesso venoso sicuro ed iniziata la somministrazione di cristalloidi ¾L’adrenalina può essere somministrata per via s.c. (accettabile la via i.m.), e va somministrata se sono presenti sintomi di shock, edema della glottide o altra difficoltà respiratoria. I sintomi di allarme sono: •Stridore inspiratorio •Cianosi •Sibili respiratori •Tachicardia •Ipotensione •Ridotto riempimento capillare •Posologia dell’adrenalina (f. 1 mg/1ml di sol. 1:1000): ¾Nell’adulto: 0,3 – 0,5 mg s.c. ripetibili ogni 5 – 10 minuti finchè i sintomi persistono o non si rilevano effetti indesiderati importanti ¾Nei bambini fino a 10 anni: 0,01 mg /kg, ripetibili •La via e.v. conviene che sia utilizzata solo in ambiente ospedaliero •In casi particolari, di grave emergenza, può essere somministrata per altre vie: tubo endotracheale, puntura transcricoidea, con dosi diverse •In caso di intenso broncospasmo si possono somministrare in contemporanea β2 stimolanti per inalazione ¾Gli antistaminici: •Clorfenamina maleato: >12 anni: 10 – 20 mg i.m. 6 –12 anni: 5 –10 mg i.m. 1 – 6 anni: 2,5 – 5 mg i.m. < 1 anno: 250 µg/kg E’ possibile la somministrazione lenta e.v., sconsigliata in Italia < 12 anni ¾Cortisonici: sono utili a controllare le reazioni tardive, indotte dalla liberazione di leucotrieni, stante che la loro azione si manifesta dopo 4 – 6 ore. ¾Sono particolarmente utili in soggetti già in terapia cortisonica •Idrocortisone (sodio succinato): >12 anni: 100 – 500 mg i.m. 6 –12 anni: 100 mg i.m. < 6 anni: 50 mg i.m. Se possibile la somministrazione e.v. è preferibile