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N° 2 novembre 2010 - Liceo Classico Zucchi

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N° 2 novembre 2010 - Liceo Classico Zucchi
EDITORIALE
Lost in Translation?
Un tale dal nome Robert Frost una volta disse: “La poesia è ciò che viene perso nella traduzione.” Qualcuno deve avergli dato ascolto, perché di fatto noi oggi, miseri ed insignificanti studentelli del classico, studiamo (si fa
per dire) per due anni di lunga tribolazione ginnasiale (abbiate pazienza, ma “biennio” fa proprio pena) le lingue
classiche, per poi leggere ed analizzare i testi latini e greci nella lingua in cui furono redatti centinaia e centinaia
di anni fa. Probabilmente molti di voi, nei momenti più duri dell’apprendimento, si saranno sfogati così: “Cosa
cavolo li imparo a fare sti verbi?! Tanto Cesare è già stato tradotto, lo posso anche leggere in italiano!” Alché
qualche saggio lì presente vi avrà detto: “Ma caro/a, non capisci: i testi vanno preservati nella loro originalità,
altrimenti si va a perdere la loro bellezza. Quindi studia, CAPRA!” Non saprei a chi dei due dare ragione, al saggio o alla capra: so di certo, però, che tradurre non è cosa facile, nemmeno per quanto riguarda le lingue
“moderne”. Gironzolando su internet ho trovato una fantastica lista, stilata da un gruppo d’interpreti, in cui sono
state elencate le parole da loro definite intraducibili: io ve ne propongo alcune e credo che, leggendo, vi renderete conto anche voi di quanto sia complesso (e particolarmente strano) il significato racchiuso da questi ostici
termini.
Mamihlapinatapei
Dallo Yagan, la lingua delle popolazioni indigene della Terra del Fuoco: indica lo sguardo “condiviso” da due
persone entrambe desiderose di fare la stessa cosa ma che per qualche motivo devono trattenersi. (D’altronde è la
Terra del Fuoco…)
Prozvonit
Sia in Cecoslovacco che in Slovacco indica lo squillo che una persona fa al cellulare di un altro perché l’altro lo
richiami. (Se non hai soldi fammi un prozvonit!)
Tartle
Verbo scozzese che indica l’esitazione che si può avere nel presentare una persona ad un’altra essendosi scordati
il suo nome. (Gli scozzesi esagerano con l’alcol alle feste.)
Ilunga
Termine che appartiene alla lingua parlata nel sud-est del Congo, indica una persona che è pronta a perdonare
un’offesa una prima volta, a tollerare anche la seconda , ma che poi perde le staffe la terza volta. (Eccheccavolo,
non siamo mica Gesù!)
Tingo
Deriva dalla lingua degli abitanti dell’Isola di Pasqua e indica l’atto di sottrarre ad un amico degli oggetti prendendoli in prestito tutti gradualmente. (Bastardi!)
Scherzi a parte, è vero che ogni lingua, essendo specchio della mentalità e della cultura di chi la parla, esprime
concetti e significati che non sono in tutto e per tutto trasferibili in altri idiomi, e pertanto deve essere tutelata
nella sua ricchezza e nella sua unicità. È anche vero, però, che la traduzione stessa può essere arricchimento e
dimostrazione di sensibilità e creatività: Joseph Bansky osò dire che è poesia ciò che viene acquisito nella traduzione. Il duello fra le due teorie forse non avrà fine: però adesso, quando presenterete alla mamma una versione
rossoblu da 3 e mezzo, potrete affermare con assoluta convinzione che la vostra non è traduzione, è poesia.
Clara Del Genio IVA
POLITICA
STAMPERIA OCCUPATA, CHE FU BOTTIGLIERIA
Via Giannone, 8. A guardarlo così sembra un edificio anonimo, come ce ne sono tanti a Milano. C'è un grande portone
con il maniglione lucchettato.
Bussiamo. “Occupato”, ci rispondono dall'interno. Sorrido:
questo lo sapevo già...
È ormai passato quasi un mese da quando il sindaco Letizia
Moratti si congratulava con il vicesindaco e ringraziava “il
questore Vincenzo Indolfi e tutti gli uomini delle forze dell'ordine per il modo in cui hanno gestito la delicata situazione relativa allo sgombero della Bottiglieria Occupata". Sarà
stato soddisfatto anche De Corato per il successo ottenuto
nello sgombero del centro sociale in zona Ticinense, ma non
è riuscito a godersi a lungo il momento: gli stessi ragazzi
che era riuscito a cacciare, con tanta fatica, da Via Savona,
dopo soli tre giorni si sono impossessati di un altro edificio,
questa volta in zona Paolo Sarpi: beh, potrete immaginare la
faccia del vicesindaco nel leggere la scritta “De Corato, stiamo arrivando. Sei pronto a salire sul tetto?” riportata sullo
striscione comparso su una facciata della “nuova Bottiglieria”. Sgombrato un centro sociale, se ne crea un altro, occupando. Ma sicuramente l'amministrazione comunale non si
arrenderà: ha già allertato il proprietario dell'immobile, che
non ha affatto preso con romanticismo l'occupazione e ha
intenzione di procedere con una denuncia. Comunque, non
sono qui per esprimere un'opinione sulla legittimità o meno
di quest’azione; ma, in ogni caso, prima di attaccare questi
ragazzi o giudicarli, ditemi se qualcuno di voi saprebbe indicarmi un luogo di aggregazione, a prezzo esiguo o a costo
zero dove i giovani possano riunirsi, discutere, confrontarsi,
dialogare; qualcuno di voi riesce a propormi un'alternativa
al Park Cafè o a qualunque altro locale in voga al momento?
No, non sapete rispondere a queste domande, perché una
soluzione, diversa dal passare la serata davanti alla televisione o dall'ubriacarsi in discoteca, con la musica ininterrotta e
a tutto volume, non c'è. Non c'è un luogo dove guardare film
decenti che né la tv né i cinema trasmettono perché troppo
poco commerciali, dove ascoltare buona musica, o dove
semplicemente ritrovarsi a fare quattro chiacchiere. Quindi,
prima di muovere qualunque critica, spogliatevi di quei luoghi comuni, di quei “anarchici-rinchiusi-a-farsi-le-canne” o
di qualunque altra frase fatta abbiate in mente, perché quello
che loro stanno facendo non è in fondo così sbagliato: ridanno vita a edifici abbandonati all'incuria, strutture di cui nessun si preoccupa se non quando vengono occupate, e li restituiscono, arricchiti di eventi e di cultura, a noi, ad altri giovani. Ci sono cineforum, corsi di francese, inglese, italiano,
thai chi chuan, concerti... e tutto questo è completamente
autofinanziato: né i privati né lo stato guadagna nulla da
queste iniziative, ma neppure aiuta questi ragazzi nel loro
progetto. In ogni caso, la legalità costituirà sempre un problema fondamentale di qualunque centro sociale: nessuna
regolarizzazione sarà mai accettata, la vedrebbero come una
restrizione e, ammettiamolo, sarebbero anche incatenati dal-
la burocrazia, certamente percepirebbero molto di più il peso delle autorità e si sentirebbero oppressi, senza la libertà
che da sempre li contraddistingue, senza la possibilità di
essere loro in prima persona gli artefici e i promotori dei
loro progetti.
Quando ho varcato la porta, la novità del giorno era che la
polizia aveva staccato la luce: le stanze erano immerse nel
buio, ma erano già lì, al lavoro, cercando di ripristinarla. Oltre
il portone c'è un bel cortile, “Quando siamo arrivati –
spiegano- era pieno di sporcizia e vegetazione: l'abbiamo dovuto ripulire completamente”. Il primo piano costituisce la
zona abitativa: ci affacciamo sulla soglia di quella che è la
sala da pranzo, mentre stanno mangiando tutti assieme; fra
persone che hanno deciso di convivere in un modo diverso
aleggia un'aria amichevole e allegra. Ci sediamo in cucina, a
fare quattro chiacchiere: mi dicono che è ormai quasi un anno
che continua ininterrottamente quest’alternanza fra occupazione-sgombero- occupazione e sono decisi a continuare, dato
che a Milano ci sono tanti edifici abbandonati, tante altre
“Stamperie” e “Bottiglierie”.
Ma perché lo fanno? Dopotutto, la maggior parte di loro ha
già almeno una denuncia a carico, rischiano di essere arrestati, di mettere in pericolo la loro stessa vita. Ma non si fermano: sono così convinti della loro idea e determinati a non rinunciarci, che quasi quasi convincono anche me. La società
in cui viviamo ora, così materialista, speculatrice, attaccata al
denaro e all'utilitaristico, a loro non piace: ma non hanno intenzione di scrollare le spalle e di accettare, vogliono cambiarla, tentano di cambiarla... Poi, il fatto che ci riescano o
meno, è un altro discorso. Posso capire il fatto che non siate
d'accordo con l'idea, in se stessa, del centro sociale, che non
siate d'accordo con le loro iniziative o con la loro decisione di
imboccare una via poco usuale (ma che non per questo deve
essere per forza sbagliata) nel creare uno spazio culturale,
però dovete smetterla di pensare che i centri sociali siano frequentati solo da persone “poco raccomandabili”, perché non è
così. Sono persone, sono giovani, come tanti, forse un po' più
svegli di altri, più attivi e meno addormentati: non accettano
il sistema così come viene loro proposto e se lo Stato non dà
loro un luogo dove esprimersi, se lo creano. Sono ammirata:
sarà perché hanno così tanta voglia di fare e di cambiare, così
tante idee, sarà perché si stanno dando da fare per una
“Stamperia” che probabilmente fra qualche mese neppure
esisterà più, sarà perché nemmeno allora, quando verranno
sgombrati, si fermeranno.
Nadeesha Uyangoda IVA
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POLITICA
COLAZIONE ALLO ZUCCHI
Avere la coscienza pulita è solo segno di cattiva memoria.
Molti erano gli argomenti che meditavo di proporvi questa volta,
ma purtroppo sono costretto a tediarvi con uno solo di questi,
ovvero la recente (relativamente a quando leggerete questo pezzo)
alluvione che ha duramente colpito il Veneto, causando danni per
oltre un miliardo di euro. Le avverse condizioni climatiche degli
ultimi giorni hanno infatti devastato moltissimi comuni fra le zone
di Padova e Vicenza, provocando anche qualche problema alla
Serenissima, già di per se alle prese con la sua odiata acqua alta.
Molte famiglie sono rimaste non solo senza casa, ma senza nulla:
tutti i loro beni, i loro oggetti, sono stati rapiti dalla furia dell’acqua, che ha devastato ogni cosa senza lasciare traccia. Molti paesi
sono rimasti per alcuni giorni senza corrente, riscaldamento e gas,
e, oltre al danno, di fatto si aggiunge anche la beffa. Recentemente il Presidente della Repubblica Napolitano ha dichiarato la volontà di incontrare i sindaci dei comuni più duramente colpiti in
occasione della sua prossima visita a Padova, durante la quale, si
legge in una nota del Quirinale, cercherà di trovare qualche ora per
visitare anche Vicenza. A quanto pare, inoltre, anche Berlusconi
si recherà in Veneto accompagnato dal ministro delle riforme Bossi e da Luca Zaia, presidente della giunta regionale. Devo ammettere che la cosa che più mi ha colpito è che i vertici della Lega
abbiano dichiarato che tale “iniziativa” (così è stata chiamata)
nasce dal desiderio “di rispondere con azioni concrete alla recente
catastrofe, per risolvere problemi reali rispetto alle polemiche tutte
politiche degli ultimi giorni”. Ebbene io a questo punto mi porrei
qualche domanda. Pur ribadendo la mia non esagerata simpatia per
la Lega, della quale non approvo soprattutto alcune posizione estreme e il modo di porsi nel dibattito politico, trovo assurdo che
in occasioni di altre catastrofi naturali, penso solo al più recente, al
terremoto in Abruzzo, ma ce ne sarebbero anche molte altre da
elencare, si sia prontamente accorsi, e sottolineo che lo si è fatto
giustamente e doverosamente, per soccorrere una popolazione in
difficoltà, piegata dalla natura e dalla disgrazia, mentre ora, quando ad essere colpito da un così serio problema è il Veneto, nessuno sia ancora intervenuto concretamente per arginare le difficoltà
dei nostri connazionali, che io credo proprio abbiano i medesimi
diritti di chiunque altro. Il Veneto, in ogni caso, ha in sostanza
chiesto al Governo di stanziare fondi per il sostegno e la ricostruzione, fondi che stentano e tardano tuttavia ad arrivare. È’ la Lega,
dunque, a farsi promotrice ed interprete di molti malumori a tale
riguardo. L’europarlamentare Mara Bizzotto chiede addirittura
«Perchè continuare a pagare le nostre tasse a Roma, magari per
ricostruire la Domus dei Gladiatori di Pompei, se al Veneto vengono date soltanto le briciole per affrontare un'emergenza che ha
causato danni per oltre un miliardo di euro» aggiungendo addirittura che «se ci fossero negati gli stanziamenti straordinari dovuti
in casi così drammatici, i veneti sarebbero legittimati a non versare più le tasse a Roma e a trattenerle qui, per le nostre terre martoriate dall'alluvione, per aiutare le nostre famiglie e le nostre aziende che hanno bisogno di aiuti concreti». Nonostante come sempre
la Lega esprima le proprie opinioni in termini eccessivi, che spesso la portano a collocarsi in situazioni scomode e difficili, non
posso negare di condividere in buona parte le affermazioni della
Signora Bizzotto. Eccessivo mi sembra paragonare due cose così
diverse come il crollo della Domus dei Gladiatori , dovuto a cause
di incuria che io personalmente attribuisco al ministro dei beni
culturali, e che inerisce a tutt’altro campo e a tutt’altre somme( nel
caso in cui si decida come mi auguro di ristrutturarla) all’alluvione
in Veneto, tuttavia è pur vero che se tali aiuti
stentassero ad arrivare, o peggio ancora mai arrivassero a destinazione, e queste persone fossero costrette a cercare altrove la soluzione ai proprio problemi, restando de facto ignorati dal resto dell’Italia, allora dovrei appieno condividere ciò che L’europarlamentare leghista ha dichiarato; difatti nel momento in cui non mi sentissi tutelato dallo Stato e dal Governo a cui pago fior di tasse (non
dimentichiamo infatti che il Veneto come la Lombardia è una delle regioni dove più alto è il gettito fiscale) sarei io il primo a sentirmi autorizzato ad utilizzare il mio denaro in modi più produttivi
e di sicuro utili. D’altro canto anche Confindustria ha recentemente lanciato un appello all’esecutivo per concentrasi sull’emergenza creata dall’alluvione. Boccia, vice presidente dell’associazione degli industriali, chiede difatti un tavolo governativo per un
veloce ed efficiente recupero dei danni che «mettono in serio pericolo i risultati raggiunti dalle imprese», aggiungendo peraltro che
il governo valuti attentamente lo spostamento delle scadenze fiscali e chieda gli istituti bancari di mantenere aperte le linee di credito
e di comprendere le eventuali difficoltà che le imprese potranno
avere in questo periodo nel rimborso dei prestiti. L’unica cosa che
posso fare è dunque vivamente augurarmi che il Governo, e più in
genere l’Italia,dia ascolta a questi appelli, e si affretti a garantire
un giusto ed equo risarcimento ai danni subiti dalla regione Veneto. A questo punto permettermi una piccola divagazione dal tema
centrale: Un mio amico mi disse una volta che avere la coscienza
pulita è solo segno di cattiva memoria, pertanto invito ad una lettura di queste ultime righe non solo in una chiave critica e prevenuta, ma attenta e aperta al dialogo, perché nessuno appunto può
permettersi di credersi immune da osservazioni e rimproveri, perché nessuno, in sostanza, ha la coscienza del tutto pulita. Tale divagazione rappresenta un tema che ho molto a cuore e che mi
piacerebbe poter trattare anche magari in altra sede, con maggiore
opportunità di discussione: sto parlando di un articolo apparso sul
precedente numero del nostro Bartolomeo, che aveva per oggetto
Silvio Berlusconi. Non ho voglia di perdere tempo in inutili diatribe che in ogni caso lascerebbero ognuno del proprio parere, e che
sarebbero pertanto inutili. L’unica cosa che mi sento di proporre è
quella di instaurare una critica costruttiva sulla politica, non semplicemente di creare ed elencare una serie di insulti del tutto avulsi
da essa, che realmente non esplicano nulla del pensiero di chi
critica ma semplicemente evidenziano una serie di luoghi comuni
pedissequamente elencati, per altro in un italiano che io rivedrei
molto più attentamente. Concludo scusandomi se Brevis esse laboro, sed obscurus fio (forse).
Marco Colombo VG
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ATTUALITà
LA SIGNORA DEL VIGANÒ
In attesa del Natale andiamo per negozi ed io vi invito a scoprirne
uno del tutto particolare.
Non è bello, non è elegante, non vende nulla di straordinario, ma è
proprio la sua semplicità a renderlo particolare. Sì, è un negozietto,
perché dovrebbe interessarvi?
In attività dal 1914, la bottega Viganò é in via Zucchi, a Monza.
Che cosa vende? Un po' di tutto ciò che serve per la casa: macchine
per fare la pasta, stendi biancheria, pentole, forbicine da unghie,
schiscette.
E' un negozio molto particolare non solo perché ha ricevuto un diploma per non cessata attività dal 1914 ma anche per la struttura
stessa. Se entriamo ci accoglie una vetrina dove si tengono compagnia coltelli vari e tortiere nella vetrina di sinistra, assi da stiro,
mastelli, pitali adagiati a terra in quella di destra. Al di là si accede a
una sorta di retro-bottega, dove archivi e scatole di cartone affollano
bassi scaffali, tutto è comunque in ordine e lindo. In un angolo sulla
sinistra c'è una scala o meglio 4 gradini interrotti da una porta finestra che conducono al piano superiore. Sì, siamo in una bottega che
richiama alla mente proprio quella di Mastro Geppetto nel libro
"Pinocchio", dove l'arredo è costituito da una sedia e da quella semplice scala che porta su di sopra . Ma chi è allora questo misterioso
proprietario?
E' una signora bassa dai capelli d'argento, che quando chiedo l'età
mi risponde con un certo timore e un pizzico di orgoglio: sette tre!
All'inizio sembra imbarazzata ma poi, inizia a parlare di quando è
nata nel 1937: era una settimina, e non sapendo dove metterla, l'hanno infilata in una scatola di scarpe, tanto, ci stava bene adagiata
nella bambagia. Dopo anni di lavoro, ancora non si sente una vera
monzese e ancora tra una frase e l'altra, le viene da dire:"ma io non
sono di qui, non lo so bene" (la signora é milanese). Ha sposato
molti anni fa il proprietario del negozio, morto purtroppo da dieci
anni, e d'allora non ha mai smesso di lavorare lì dentro senza cambiare nulla e sempre in compagnia di gatti più o meno randagi.
Mi ha raccontato diversi aneddoti riguardanti la bottega, di quando
entrò un signore distinto, "tutto elegante" per via delle imminenti
feste natalizie, che appena aperta la porta d'ingresso notò dell'acqua
cadere dal soffitto e la avvisò. All'entrata infatti, sul soffitto c'è uno
spioncino attraverso il quale, dal piano superiore, si può controllare
il via vai e proprio da lì scendeva dell'acqua.
"Allora vado a controllare se ho lasciato aperto il rubinetto della
cucina, ma su io non vedo nulla, poi vedo la gatta! la gatta! L'avevamo presa dal tetto, era una gatta selvatica, è stata lei a far la pipì
nello spioncino e quasi in testa al signore!!!
Ma per fortuna -dice- quel signore non ha capito!"
"Oppure quella volta - ricorda - in cui dei ladri hanno scassato la
vetrina di notte, mio marito si è svegliato e si precipitato giù dalle
scale ancora in mutande perché era notte! Poi c'è stato il processo
perché li hanno fermati!"
Nel suo cuore ancora c'è la Titina, una mercante sua vicina che aveva fatto fortuna con la borsa nera durante la guerra, e con la quale
trascorreva il tempo nel rifugio sicuro del palazzo di fronte, ma che
non avendo pagato le tasse, a fine carriera si è ritrovata a lavorare
come dipendente perchè non aveva più il negozio e andava fino ad
Agrate con i mezzi.
Il Lambro non l'ha mai fermata: l'acqua in negozio intendo, quella
che durante le piogge intense non riesce a defluire nei tombini intasati dalle foglie e dai rifiuti dei passanti o semplicemente da un topo
morto ed entra in negozio, la passione è quella di sempre.
Se volete un tuffo nel passato, andateci, ma non dimenticate, non
prima delle quattro e mezza perché la signora ha la sua spesa da fare
e non apre prima.
Erika Radaelli IB
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UN MESSAGGIO DAI QUARTIERI ALTI
Zucchine e zucchini buongiorno!
Dai vostri rappresentanti di Istituto in surroga stanno per piovere le novità provenienti dalla prima seduta del Consiglio di Istituto, tenutasi
in ottobre.
Ok, vi state chiedendo cosa diavolo sia la rappresentanza di Istituto in surroga.
Presto detto: è una carica che si affida, procedendo in ordine di numeri di voto, ai candidati dell’anno precedente rimasti nella scuola, nel
caso in cui i rappresentanti eletti siano usciti dallo Zucchi.
La sostituzione ha valore per il tempo strettamente necessario a fornire la scuola, tramite le elezioni, di nuovi rappresentanti effettivi.
Il rappresentante di Istituto in surroga, per la natura del suo incarico, non può fare praticamente nulla: non può proporre, non può organizzare, anche perché di norma sa di essere diventato tale due giorni prima della seduta del Consiglio di Istituto. E’ qui che il suo voto diventa determinante per approvare o respingere punti decisi l’anno precedente dai rappresentanti eletti. Si, ci si sente un po’ come chi in Parlamento dorme per tutta la seduta salvo svegliarsi per premere il pulsante del sì, del no o del non-so-di-cosa-si-stia-parlando.
Per venire al dunque, risparmiandovi le formalità riguardanti POF, calendario scolastico e quant’altro, ecco le principali novità:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Questa è grossa: a partire dall’anno prossimo, la nostra scuola potrebbe arricchirsi del NUOVO INDIRIZZO DI
LICEO COREUTICO E MUSICALE, sezione musicale. La proposta è stata accolta dalla Provincia con favore e a
breve ci verrà comunicato se realmente sarà messa in atto.
I nostro BIBLIOTECARIO, il Professor Lucchi, resterà a farci compagnia e a sostenerci con il suo servizio, nonostante sia in pensione. Segno che affezionarsi al liceo Zucchi è ancora possibile.
Come spiega la professoressa Gentilini, sono stati approvati i criteri per gli “STAGE”: pensati per potenziare la
nostra dimestichezza con la lingua inglese, potranno collocarsi al secondo o al quarto anno e richiederanno necessariamente la presenza della vostra insegnante di inglese.
A seguito della riforma, sono state evidenziate dalla professoressa Gravina difficoltà, per quanto riguarda il biennio, nel portare a termine i PROGRAMMI DI ITALIANO E GEOSTORIA, che ora prevedono anche la trattazione
di argomenti in precedenza riservati al triennio.
E’ arrivata la LAVAGNA MULTIMEDIALE che la scuola aveva ordinato! E’ completa di tutti gli accessori e sarà
disponibile in tempi brevi.
Sarà probabilmente attivato un progetto proposto dalla professoressa Fabozzi riguardante la PREVENZIONE
DALL’USO DI DROGHE da parte dei giovani: l’idea è di organizzare incontri informativi e di realizzare un pieghevole da distribuire ai genitori.
I vostri fieri rappresentanti in surroga!
FEDERICA CAVALETTI, 5D
ma anche ANNA MARCONCINI, 4F
nonché ALICE CROTTI, 5C
senza dimenticare FRANCESCO FAVA, 5B
5
PARLIAMONE
Fai la differenza con la differenziata
“Vi comunico che è fatto obbligo di provvedere nella raccolta
differenziata dei rifiuti per non incorrere nelle sanzioni previste dal comune di Monza.
LA RESPONSABILITA’ E’ INDIVIDUALE”
Vi ricordano qualcosa queste parole?
Sono l’introduzione della circolare sulla raccolta differenziata
passata in tutte le classi della scuola circa un mese fa, di cui però la maggior
parte degli studenti non ha nemmeno sentito parlare, e di cui soprattutto non si controlla la messa in atto. D’altro canto dedicarsi a tale problema non è solo un obbligo, ma
deve essere frutto di una responsabilità realmente sentita da ognuno di noi.
Da moltissimi anni si parla della questione ambientale, ma la gente non se ne occupa
con convinzione poiché non comporta conseguenze visibili a breve termine. Piccoli
gesti apparentemente insignificanti possono migliorare la situazione, come non lasciare apparecchi elettronici in stand by o le luci accese inutilmente, ma soprattutto utilizzare i cestini e farlo nel modo giusto.
Ma come?
Chiedendo in giro ad alcuni di voi, abbiamo scoperto che siete abbastanza informati
sull’argomento, nonostante siano presenti alcuni trabocchetti, nei quali sono caduti
anche gli ecologisti doc.
Anche una scimmia sa che le bucce di banane vanno buttate nel bidone dell’umido. E
chiunque (almeno tutti gli zucchini) sanno dove buttare le bottiglie di plastica e i barattoli di vetro.(LAVATELI PRIMA!)
Per quanto riguarda i rifiuti speciali come pile scariche (appositi contenitori),
farmaci scaduti (in farmacia), o vestiti dimessi (cassone della caritas), siete abbastanza informati. Ma i gusci delle cozze ad esempio?
Essendo prodotti di origine animali la maggior parte della gente le associa a rifiuti organici. Ma in realtà, non essendo biodegradabili, si
gettano nell’indifferenziato.
Un punto critico è un problema che ci si presenta tutti i giorni: davanti ai tre cestini carta/ indifferenziato/ plastica presenti in tutte le
classi, il tipico enigma è “e quindi?
Ebbene vi sveliamo il grande mistero: i bicchieri vanno gettati nella plastica, se risciacquati, altrimenti
nell’indifferenziato.
La prossima volta che berrete il caffè pensateci un attimo di più. Non vi costa nulla, ma, sembrerà retorico, può fare la differenza.
Chiara Liguori e Martina Bonomi VG
6
PIANETA Z
Io mi oriento, tu ti orienti, egli si orienta
Noi, che siamo zucchini e in fondo ci vantiamo di esserlo, facciamo costantemente sfoggio di tutte le fatiche da classicisti che dobbiamo sopportare lamentandoci con aria spocchiosa dei problemi di noialtri intellettuali.
Tutto ciò ebbe inizio quando alla tenera età di 13 anni decidemmo di iscriverci al liceo classico B. Zucchi. Eravamo certi – siamo
(?) certi – che tale illustrissima scuola ci avrebbe preparato a tutto, a tutti, e a niente. Il momento della verità, così mi pare, giunge
quando siamo chiamati a orientarci nell’universo del dopo-liceo e a comprendere veramente (ciò è quantomeno auspicabile) cosa
faremo delle nostre vite dopo aver conseguito il diploma.
Cosa fare dopo aver conseguito il diploma?
LA domanda è proprio la sopra citata. E non tutti rispondono allo stesso modo.
Ci sono infatti:

I PRODIGIOSI : coloro i quali già all’età di sei anni erano sicuri al 101 % che sarebbero diventati medici, giornalisti o nonsocosaltro, ancora sono rimasti dello stesso avviso e presumibilmente continueranno per la stessa strada, come cavalli al galoppo dotati di paraocchi, e lo sguardo fisso sul traguardo.
GLI UFO: coloro i quali non sono ancora identificati, e volano da un’idea all’altra senza assumere nemmeno una linea di mas
sima. Un giorno ti dicono che vorrebbero diventare direttori creativi, il dì seguente sono più propensi per ingegneria aerospaziale.
Di palo in frasca e con decisa disinvoltura.
I NOSTALGICI: coloro i quali non hanno ancora abbandonato le aspirazioni infantili. Qualcuno di loro vorrebbe fare l’astro
nauta, una la ballerina, l’altra la cassiera (ammettetelo ragazze: la maggior parte di voi a otto anni non aspirava a nient’altro per il
futuro), l’altro ancora il presidente degli Stati Uniti d’America, chi anche il chitarrista rock e chi più ne ha più ne metta. Non sanno
cosa sia l’orientamento né tantomeno l’università, o lo ignorano volentieri.
I DISILLUSI: “Non c’è niente da fare. Tanto finirò disoccupato”. Questi individui abbandonano ogni possibile strada che gli si

presenta perché sicuramente non è quella buona, non sarà utile, “tanta fatica per niente”. Sospetto che questo atteggiamento sia un
malcelato pessimismo, abbinato ad una sincera indecisione e alla voglia di giustificarla agli occhi degli altri.

I NEGAZIONISTI: dopo il diploma? Università? ..che?
I PRAGMATICI: coloro i quali valutano oculatamente le opportunità, basandosi essenzialmente sulla realtà dei fatti; desidera
no imboccare una via che li porterà all’impiego sicuro anche se modesto. Strano ma vero, c’è anche qualcuno che non si lascia influenzare dalle proprie inclinazioni estrose e passionali..però è un po’ triste..no?
GLI ALLEATI: non mancano mai! Questi curiosi individui sono sicurissimi: faranno.. quello che farà anche Pincopalla. Be’,

che se lo lascino dire: che furboni! Suppongo che si fidino totalmente di Pincopalla per seguire in ogni caso le sue orme, altrimenti
che ci pensino due volte. E poi che capiscano una volta per tutte che prima o poi dovranno prendere in mano la propria vita e smettere di condurre un’esistenza simbiotica, o meglio da veri e propri parassiti.
I FUGGITIVI: sì, per loro l’importante è fuggire. Dallo Zucchi, dall’Italia. Prendere il diploma e levare le tende, andare a con
quistare il mondo là fuori. Come dei novelli Padri pellegrini sentono dentro lo spirito della missione. Oppure semplicemente non
vedono alcuna opportunità all’orizzonte qui in Italia. Buona fortuna cervelli in fuga!
E voi? Cosa siete? Nostalgici? O UFO? Magari vi riconoscete un po’ in tutti, e allora siete schizzofrenici. Oppure non vi riconoscete
in alcuno (naaaah).
A parte gli scherzi e le categorie create – sia chiaro – per divertire e non per esprimere spietate sentenze, il mio intento è quello di
focalizzare l’attenzione sulla scelta del “dopo-diploma”, chiamiamolo così. Infatti non si tratta solo di farsi una qualche idea riguardo l’università e di scegliere una delle proposte buttate lì. È a mio parere, un richiamo alla nostra coscienza: è venuto il momento di
crescere un po’ e fare qualche progetto per il futuro, compiere lo sforzo di conoscersi più a fondo e saper calibrare ciò che si è con
ciò che si vorrebbe essere e ciò che è possibile essere. Facile, no? Niente affatto. Ma la vita è anche questa, un susseguirsi di scelte,
responsabilità, aspettative e delusioni. Altrimenti che noia sarebbe?
Irene Pronestì IVD
7
PIANETA Z
A teacher’s tale - Intervista alle prof. Gentilini e Petronella
Questo mese le vostre giornaliste preferite (vero?!?!) si sono cimentate in un’intervista “very English” mettendo a confronto le
prof. Gentilini e Petronella.
1.Liceo frequentato? G- Liceo Zucchi, sezione F ; P- Liceo
scientifico in provincia di Bari.
2.Università frequentata? G- IULM di Milano; P-Lingue e Letterature Straniere a Bari.
3.Di cosa trattava la sua tesi? G- La figura dell’ebreo nella letteratura elisabettiana dal punto di vista della ricerca del potere; PLa mia era una tesi comparativa tra Charles Dickens e Matilde
Serao.
4. Ci racconterebbe un episodio della sua vita liceale che ricorda? G- L’episodio che mi è più rimasto impresso risale alla
quinta ginnasio quando la prof. Bernasconi, ormai defunta ahimè,
mi mise 0 nell’interrogazione di verbi greci e per di più mi fece
addirittura sfidanzare!; P- Non saprei.. Mi ricordo che la mia terribile prof. di latino, che portava rigorosamente occhiali scuri e
che non permetteva neppure di alzare la testa dal foglio durante
le verifiche, interrogò una mia compagna anche se stava male,
creandole ad hoc una frase da tradurre dall’italiano al latino riguardante le scuse che gli alunni riescono ad inventare per scampare alle interrogazioni… Era proprio tremenda!
5. Un personaggio che vorrebbe riportare in vita? G- Beh,
ovviamente Shakespeare.. I miei alunni di quarta sanno quanto mi
piace !; P- Direi proprio Shakespeare.. sarebbe bello scoprire cosa
c’è di vero in tutti quei misteri che circondano la sua vita!
6. Secondo lei com’è cambiata negli anni la scuola da quando
lei era alunna ad oggi? G- Senza dubbio è cambiato enormemente il rapporto studenti- insegnanti anche grazie alle lotte studentesche .. ai miei tempi un insegnante non avrebbe mai concesso agli studenti un’intervista! Si dialoga di più anche se non sempre gli studenti mi ascoltano. “Cari studenti che non mi ascoltate ,
sappiate che mi vendicherò !”; P-Penso che il principale cambiamento sia avvenuto nel livello di attenzione che gli insegnanti
prestano agli studenti.. oggi cerchiamo di venirvi molto più incontro!
7. Se uno zucchino volesse intraprendere una carriera nelle
lingue straniere, quali dovrebbe studiare? G- Penso si dovrebbe potenziare l’ inglese che è ancora oggi la lingua degli affari ed
sempre utile per viaggiare oltre a studiare le lingue di nazioni
emergenti come la Cina e il Brasile. Anche se certi miei alunni
dovrebbero, senza dubbio, iniziare dall’italiano..! ; P- La lingua
del futuro è il cinese.. Ma mi raccomando: non trascurate l’inglese, è una priorità! All’università verrà dato per scontato perché
non ci sarà tempo per approfondirlo!
8. A suo parere è un male che nella lingua italiana si usino
sempre più termini inglesi? G- Sì, perché si perde l’individualità
della lingua che caratterizza la nostra cultura; P- Non penso sia un
male: l’inglese è ricchissimo e allo stesso tempo molto sintetico.
Questo arricchimento non deve essere, però, accompagnato dal
disuso di alcuni termini italiani o dalla semplificazione della lingua dovuta al linguaggio degli sms.
9.Qual è l’autore che preferisce spiegare? G- Anche qui la risposta è semplice: Shakespeare perché ha già detto tutto quello
che c’era da dire.. ma mi piacciono anche molti autori contemporanei, che però non riesco mai a spiegare per la mancanza di tempo.. se vi va potreste rimanere un anno in più!
P- Direi Joyce perché i ragazzi generalmente non sanno molto
sull’argomento e quindi si predispongono diversamente, rimangono molto colpiti da quest’autore.
10. Se fosse preside per un giorno, quale modifica apporterebbe per migliorare la nostra scuola? G- Il preside, a mio parere,
sta già facendo un ottimo lavoro.. ma se proprio dovessi apportare
una modifica… beh, credo che alzerei i costi delle attività extrascolastiche così da migliorarne anche la qualità.
P- Non saprei… Forse farei una convenzione con una palestra
vicina perché i nostri spazi non sono molto consoni, o forse installerei degli strumenti multimediali in ogni classe… sarebbe
molto interessante!
11. Quale consiglio darebbe agli zucchini? G- Cercate di vivere
al meglio questi cinque anni e di approfittarne per formarsi una
cultura critica; P- Ai miei alunni consiglio sempre di non farsi
mai scoraggiare da un brutto voto, il vostro studio non è mai inutile… i risultati con il tempo si vedranno!
Beatrice Mosca e Claudia Pizzagalli IVC
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RIFLESSIONI ZUCCHINE
L’ESPERIMENTO
Quest’articolo non è un pezzo sportivo. Noi non capiamo
niente di calcio, e nemmeno c’interessa molto. Tuttavia, a
volte capita che, sotto vari aspetti, la competizione sportiva
diventi teatro, condensato e rimpicciolito, di alcune dinamiche proprie della vita sociale e politica.
Ciò è accaduto particolarmente nella partita Italia-Serbia,
(non) disputatasi a Genova il 13 ottobre scorso. I fatti saranno noti ai più; in breve: a Genova si aspetta con ansia
una partita importante, valida per le qualificazioni a Euro
2012. Ma con -o meglio, contro- la squadra ospite si introduce nello stadio ligure anche un gruppo di ultras serbi di
estrema destra che mettono a ferro e fuoco lo stadio. Attimi
di tensione palpabile: si gioca? Si torna tutti quanti a casa?
Notizie contrastanti. Infine è deciso, si comincia. Le squadre si schierano in campo; l’intero pubblico è come una
spada di Damocle. Attaccano gli inni.
L’inno serbo è accolto da cori assordanti di fischi. È poi la
volta di quello italiano, e da casa tutte le menti si predispongono ad assistere alla consueta, patetica ripresa di undici giocatori che boccheggiano come pesci, emettendo
fonemi a tratti, nella generale insofferenza dei tifosi. Ma
questo, più che un incontro tra squadre, somiglia a uno
scontro tra popoli. Gli italiani, sfatando lo stereotipo di
esseri dilaniati dall’indifferenza, ritrovano un orgoglio agguerrito, improvvisamente non sbagliano una sillaba, ripetono con convinzione parole aliene, Scipio, coorte. Il
“Siam pronti alla morte”, di solito pronunciato con la leggerezza della nenia meccanica, quasi si carica di significato, appare quasi -minacciosamente- sincero.
Un comportamento stupefacente, da parte di un popolo che
ama destreggiarsi nel denigrare i propri concittadini e lamentarsi dell’indole e dell’atteggiamento dell’italiano medio. Un popolo per il quale, per assurdo, la dichiarazione di
amore per il proprio Paese sconfina nell’apologia di fascismo.
E allora perché è successo questo? Cos’è scattato nella
mente degli italiani presenti? Perché improvvisamente si è
riscoperto un amor di patria che non è, solitamente, nelle
nostre corde?
Tutte domande retoriche, il motivo è ovvio: c’era un nemico comune. Quello che dovrebbe essere un momento di
solidarietà tra giocatori e pubblico si è trasformato in un’occasione per rivendicare la propria alterità rispetto alla
nazione avversaria e, quindi, la propria implicita superiorità.
Sia chiaro: lo spettacolo di un intero stadio che, unito, canta l’inno nazionale con enfasi ed entusiasmo, risulta di per
sé edificante: il senso di appartenenza alla patria non è un
valore da condannare, anzi, è quasi invidiabile la considerazione di cui esso gode presso altri popoli. Quello che differenzia un sano patriottismo da un estremismo immotivato
è il contesto, il motivo per cui questo sentimento emerge.
In questo caso l’identità nazionale era fortemente affermata, è vero, ma solo nella misura in cui proclamava la superiorità sull’altro popolo. Gli individui più vari, tra cui magari –è buffo pensarlo- c’erano alcuni che nemmeno credo-
no nell’Italia unita, si sono fatti uno contro dei nemici terribili, una banda di vandali criminali ignoranti che, in quel
caso, venivano definiti i serbi. In quello stadio, come topolini bianchi sotto gli occhi vigili dei ricercatori, italiani e
serbi presenti hanno ricreato, in piccolo, in modo innocuo,
come un virus inattivato, il meccanismo di nascita dei nazionalismi del secolo scorso. Quei nazionalismi che hanno
sostenuto e fomentato le guerre mondiali, per intenderci.
Tuttavia, non crediamo che questo episodio sia sintomo di
un’imminente dittatura, né che mini le fondamenta della
democrazia; solo che studiarne i meccanismi può fungere
da piccolo aiuto per comprendere determinati avvenimenti
del secolo scorso. Noi, uomini del duemila, ci sentiamo
lontani dagli eventi del ‘900, che sono fossilizzati in una
storia vicina, ma pur sempre appartenente ad altre epoche,
altre mentalità.
Eppure, è bastato un episodio di ostilità, un comportamento
scorretto da parte di un centinaio di belligeranti stranieri
per rimettere in funzione in noi l’identica trappola che si
instaurò nei nazionalismi.
Il patriottismo, in questo caso, diventa un mero ornamento,
una maschera non plasmata da convinzioni storiche e sociali, ma si riduce a sfoggio di un orgoglio svuotato di senso. Queste condizioni inevitabilmente coinvolgono tutti in
un sistema in cui la coscienza individuale si annulla, prevalgono la forza e il “diritto d’offesa”. È un circolo vizioso, in cui l’assenza di basi solide, di certezze inequivocabili, rende un popolo più vulnerabile a insidiosi conformismi
che propugnano la distruzione indiscriminata.
E questa forza cieca si aggrappa disperatamente a una fragilità interiore che prima o poi è destinata a franare, a vomitare fuori tutta quella stanca insoddisfazione causata dalla mancanza di azioni concrete.
È necessario questo per ricreare un sentimento comunitario
all’interno di un Paese? La solidarietà può nascere solo tra
persone che si sentono accomunate da una stessa minaccia?
Non sapremmo dirlo; certo è che non è mai facile scegliere
tra un'indifferenza lucida, ma sterile, e un senso della collettività che, insieme a ideali irrazionali, risolleva la speranza di qualcosa di meglio.
Eva Casini e Camilla Rossini IVB
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RIFLESSIONI ZUCCHINE
C'HO IL FUMO NEGLI OCCHI: A WIDESPREAD BELIEF
Esci di casa, la cassetta della posta straripa di volantini
pubblicitari.
Sembra che urlino compra questo, vai in quel posto, guarda
quello. Con una mutezza che sfonda i timpani e fa scoppiare le orecchie.
Quei volantini, insieme con i cartelli e le insegne che ogni
giorno vediamo a decine per le strade, ci invitano a fare
attenzione e ci indicano in che direzione andare.
No, non è vero, rappresentano una falsa sensazione di libertà che ognuno di noi sfrutta in ogni momento.
Forse, camminando, senti un'infinità di mani che ti danno
pacche sulla schiena con un esagerato, sospetto entusiasmo.
Magari dopo ti toglierai la giacca e vedrai che sopra sono
appiccicati degli adesivi giallo fosforescente, proprio quel
giallo fosforescente che ti fa male agli occhi. Li hanno
messi lì per dissipare la tua costante insicurezza. Proprio
quell'insicurezza che ha lo stesso colore blu scuro di un
giaccone troppo leggero, così leggero da farti sentire dolorosamente a contatto con il mondo.
Quell'insicurezza che invece allo stesso tempo continua a
gravare sulla tua testa, inspiegabilmente.
Girati e sbatti la faccia contro il muro. Questi sono i tuoi
diritti, hai sbagliato, sei tu sbagliato.
I tuoi rimpianti e le tue bustine fatte di carta stagnola di
buona e cattiva sorte ti cadono in testa, tra i capelli, nelle
orecchie sotto forma di pezzetti di intonaco ingrigito da
quel fumo che entra dalla finestra. Non esce, quel fumo, e
non entra aria pulita.
Scrivi sul muro le tue delusioni, scrivi sul muro cos'hai
perso. Occhio per occhio, esistenza per esistenza. Tanto
vale cancellare tutto, cancellare ricordi, emozioni, sentimenti.
Ancora puzza di rimpianto, la nuvola grigia che ti circonda
non l'ha ancora trasformato in rassegnazione. Non c'è mancanza d'amore, tu ami te stesso, ti ami. Per finta, sul serio,
non cambia nulla. E va bene così.
La verità è che sei tu stesso ad escluderti da tutto. Non sei
tanto difficile da capire, sei tutto grigio, tutto sbagliato.
Non riesci neanche a guardarti, ti fanno male gli occhi. Ti
cancelli da solo. Sei come un dolore al collo, di quelli che
devi tenere la sciarpa per settimane per farli passare, che
poi ritornano.
Miriam Taieb IIC
10
RIFLESSIONI ZUCCHINE
Shakespeare scriveva per soldi.
ALTA FEDELTA’
(( La nostra rubrica sarebbe dovuta partire dal mese scorso, ma, causa problemi tecnici, l’articolo del mese di Ottobre compare sul Bartolo soltanto a Novembre. Leggendo l’introduzione, fingete d’essere tornati indietro d’un mese, così non ci sono problemi…))
Nonostante per la stesura di questo articolo siano coinvolti, da
tutto il pomeriggio, due cervelli (ok, con un’attività cerebrale
rallentata, causa tre mesi di otium), non si riesce a partorire quasi
nulla di decente. Ottobre è ormai inoltrato e si rimpiangono i tempi in cui ci si lamentava per misere scottature e in cui l’unico
sforzo mentale era “eleggere l’Apollo della spiaggia”. Qui la situazione è decisamente più grave: il primo raffreddore della stagione, vissuto come fosse peste bubbonica, un sacco di verifiche,
che non sai da dove cominciare a studiare e il tutto conciliato con
un minimo d’attività fisica (non vale limitarsi alla passeggiatina
col cane). Ma qualcosa di positivo deve pur esserci! Così, per
evitare che l’unico protagonista delle nostre letture fosse quel
Furioso dell’Orlando, ci siamo messe alla ricerca di un libro scorrevole ma allo stesso tempo degno d’esser trattato nel nostro articolo.
Londra. Periferia nord. Un negozio di dischi vecchi,
“prudentemente piazzato in modo da attirare il minor numero
possibile di curiosi di passaggio” , in cui ci trovi solo qualche
fanatico in cerca di un vinile degli Smiths. Un trentenne, forse un
po’ troppo infantile, che vede la realtà attraverso un unico filtro:
la musica. La vita di Rob si esaurisce in un triangolare tra casa,
Championship Vinyl, e pub, stilando in continuazione con Dick e
Barry ,amici, nonché dipendenti, Top Five di qualsiasi genere (i
cinque dischi da portare su un’isola deserta, i cinque cantanti da
fucilare in caso di una rivoluzione musicale, le cinque canzoni da
mettere al proprio funerale…).Tutto è destinato a cambiare quando da un giorno all’altro viene lasciato da Laura, la ragazza con
cui vive, ormai diventata un avvocato di successo. Anche se Laura non rientra tra le cinque fregature più memorabili della sua
vita, Rob non riesce ad accettare la perdita, in più il negozio non
va alla grande e le telefonate della mamma che gli chiede di Laura diventano sempre più insostenibili. Per la prima volta viene
tormentato da una serie di problemi esistenziali, che, prima d’ora,
non l’avevano mai sfiorato. Non sarebbe il caso di vivere come
un trentenne normale? Casa, famiglia, un lavoro serio? Se Rob
abbia scelto vacanze alle Maldive, recite scolastiche di Natale,
domeniche in famiglia, una mogliettina sforna torte e menate
varie, oppure abbia continuato a passare le giornate con Dick e
Barry immaginando di fucilare Bryan Adams e gli U2, non sta a
noi dirvelo ( altrimenti non sarebbe un “consiglio letterario” ma
uno spiattellamento della trama, trovabile facilmente su Wikipedia).
Nick Hornby racconta in modo spassoso e con quella pungente
ironia che lo caratterizza, una generazione di trentenni con una
gran voglia di vivere, un po’ meno di crescere, che vive alla giornata, e non conosce la parola “responsabilità”. Rob, nonostante
sia, diciamolo pure, pluribeffato dalla vita (squattrinato e scapolo)
è a modo suo brillante e divertente. Una storia che, per certi versi,
risulta un tantino imbarazzante per il maschietto che legge, in
quanto mette in luce i topoi del pensiero maschile tra cui la tendenza a ridurre tutto ai minimi termini davanti ad una batosta
sentimentale (“mi ha lasciato, quindi ha un altro”, “Sta con lui
perché lui è più “bravo” di me?”).
Mettendo da parte le risate, che non sono poche, il romanzo rie
sce ad indurre il lettore a un esame introspettivo (almeno una
volta nella vita è capitato a tutti di sentirsi un po’ Rob). Certo, se
il suddetto lettore ha trent’anni e un minimo di cultura musicale
(seria) è il massimo.
“Così mi viene da pensare che sia importante avere qualcosa che
funziona, nel lavoro, o nella vita privata, altrimenti non è vita,
ma sopravvivenza. Probabilmente se vivessi in Bosnia, non avere
la ragazza non mi sembrerebbe la cosa più grave del mondo, ma
qui, a Crouch End, sì. Hai bisogno di zavorrarti più che puoi per
non andare alla deriva; hai bisogno di gente attorno a te, hai
bisogno di vedere camminare le cose, altrimenti la vita è come
girare un film e finire i soldi, così non ci sono più scenari, né
riprese in esterni, né comparse, ma solo un tizio che fissa la cinepresa senza niente da fare e nessuno a cui parlare, e chi ci crederebbe mai a un personaggio così? Qui mi serve più roba, più
frastuono, più particolari, perché,ora come ora,corro il rischio di
precipitare nel vuoto.”
Ambra Acquati e Lucia Cappadona IVE
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RIFLESSIONI ZUCCHINE
IL NULLA
Visti da qui, dormono teneri segni di noi, morti e ridicoli.
Hanno fatto una statua di noi. I nostri nasi si consumeranno a furia di toccarsi. Forse anche le nostre anime. Forse già non esistono
più. Non voglio scrivere della pioggia, dei miei capelli sconvolti o della mia volontà labile. Ma non scriverò di quello che voglio,
perché mi mancano le parole. Scriverò di ciò che posso. In fondo non ho scelta. Posso solo amarti, anche se non mi completi. Posso
solo perdonarti, anche se ti odio. Sì, ti perdonerò ogni dannatissima volta, sperando in fondo che tu mi distrugga e io possa finalmente rinascere. Non so se è il vento, oppure un lamento lontano. Magari siamo noi due che sprechiamo nella felicità le nostre vite, che
non ci accorgiamo di scomparire nell’ovvio. Siamo noi due che ci perdiamo nell’inutile, che soffochiamo dall’altra parte del per sempre, con i polmoni pieni di mai. Mai. Questo precludersi a vicenda ogni possibilità che ci permetta di percorrere una strada diversa da
quella già percorsa mille volte è straziante. E contagioso. Se solo tu mi ascoltassi. Ma tu proprio non ci arrivi, mi dici che stai bene.
Io ti dico: scappa! Allora sì che starai bene. Renditi libero! Forse non sarai felice, ma almeno sarai dove vuoi essere. Cioè da nessuna
parte. Conscio forse solo in quel niente dell’insostenibile leggerezza dell’essere. Dell’insostenibile bisogno di sentirsi leggeri. Cioè
dell’insostenibile pesantezza del bisogno di sentirsi leggeri. Nonché dell’insostenibile leggerezza della pesantezza del bisogno di
sentirsi leggeri. E infine semplicemente dell’essere, che a volte è insostenibile. Ma sopra ogni cosa capirai di aver sprecato troppo
tempo. Tu che mi prendi in giro perché vivo per il giorno in cui sono viva, per questo istante. Tu che mi guardi ridendo, cercando di
convincermi che il mondo non finisce domani. Aprirai gli occhi e ti renderai conto che il mondo è già finito da un pezzo. E così smetterai di torturarmi per provare che esisti, di costringermi alle tue debolezze, di amarmi per ricatto. Finirai per guardarti allo specchio e
vedere i tuoi occhi alla deriva nei miei occhi. Visti così, vinti ed immobili, davvero sembriamo noi.
E.N.
Senza di te tornavo come ebbro.
Senza di te tornavo come ebbro
non più capace d'esser solo,
a sera quando le stanche nuvole
dileguano nel buio incerto.
Mille volte son stato così solo
dacché son vivo, e mille uguali sere
m'hanno oscurato agli occhi l'erba,
i monti, le campagne, le nuvole.
Solo nel giorno,
e poi dentro il silenzio della fatale sera.
Ed ora, ebbro, torno senza di te
e al mio fianco c'è solo l'ombra.
E mi sarai lontano mille volte,
e poi per sempre.
Io non so frenare quest'angoscia
che monta dentro al seno;
essere solo.
Pier Paolo Pasolini
12
RIFLESSIONI ZUCCHINE
COLTIVA IL TUO GIARDINO, SCRIVI SULLA TUA
LAVAGNA
Dice no con la testa
Ma dice sì con il cuore
Dice sì a ciò che ama
Dice di no al professore
È in piedi
Lo interrogano
E tutti i problemi sono posti
D’improvviso gli prende la ridarella
E cancella tutto
I numeri e le parole
Le date e i nomi
Le frasi e i tranelli
E malgrado le minacce del maestro
Tra le urla dei ragazzi prodigio
Con gessi di tutti i colori
Sulla lavangna dell’infelicità
Disegna il volto della felicità.
( L’asino della classe, Jacques Prévert)
Caro innocente amico,
non so il tuo nome. A dire il vero le uniche informazioni
che ho su di te mi provengono da questa breve poesia.
Non so in che epoca tu sia vissuto: io sono un’adolescente del XXI secolo. Mi hai fatto un po’ tenerezza, leggendo quello che hai combinato, giovane amico, e mi scuserai se ti darò qualche consiglio.
Dunque tu eri interrogato, in storia, in matematica, in
grammatica, non ci è dato saperlo. Tu eri interrogato e
non ti andava di rispondere, giusto? E allora, che bella
cosa che hai combinato! Gettare all’aria la lavagna e i
gessetti: che idea grandiosa! Ora io ho bene in mente
quello che tu volevi fare: volevi protestare contro il
professore. Volevi fargli capire che sì, c’eri anche tu, e
contavi qualcosa, e tutti quegli esercizi non erano mica
tanto giusti. Un bambino ha bisogno anche di altro, ci
mancherebbe. E hai ragione, ci tengo che tu sappia che
io penso che hai perfettamente ragione. Ma hai sbagliato in un punto fondamentale. Quando non sei d’accordo con qualcosa, mai farlo capire in maniera così incisiva! Ti caccerai nei guai. Tutti ti guarderanno e diranno: ecco quello che ha risposto male al professore! E
poi ci saranno i giudizi, i pettegolezzi. Non farlo, amico mio, non farlo mai più! Cosa importa se le tue idee
sono giuste? Cosa importa se è un tuo diritto farle vale-
re? Nella vita avrai una marea di grane se ti esporrai in
prima persona: fallo per il tuo quieto vivere. Non vale
la pena.
E fidati di me, io parlo dal civile, libero, democratico
XXI secolo. Dove tutti gli uomini sono uguali, e appunto, nessuno vuole fare la differenza. Qui è così che funziona: c’è una tranquilla massa stagnante dove riposare
in pace, da cui non uscire. La gente normale, la gente per
bene, rimane a galla in questo stagno. Ed è felice. Poi ci
sono quei pazzi che vogliono uscirne e gridano cose insensate, idee di rivolta, idee folli, davvero! Sono masochisti forse, non so. Stai attento a non diventare uno di
quei pazzi. Le regole sono poche e semplici: testa bassa,
fatti gli affari tuoi, mai distanziarti troppo dall’opinione
degli altri. Curati solo di te stesso, non tocca a te cambiare quello che hai intorno. Vedrai che con pazienza la felicità arriverà.
Con affetto e simpatia,
un’adolescente del 2010.
Irene Doda IVD
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BON VOYAGE
THE CITY THAT NEVER SLEEPS,GIVES YOU CREEPS
New York...New York I want to wake up, in a city that never sleeps And find I'm A number one, top of the list
King of the hill, A number one....Frank Sinatra
Quando i prati di Central Park sono tappezzati da foglie ormai secche,le querce e i pini si innalzano tra gli alberi spogli,il laghetto è
ghiacciato e una lieve foschia mattutina che preannuncia l’arrivo
della neve riempie l’aria, allora è dicembre a New York City.
Quell’uomo lì al carretto dei dolciumi tiene per mano sua figlia,una bambina dai riccioli biondi vestita tutta di rosso,e le compra lo zucchero filato. Sono solo le dieci mattina, ma gli hot dog e
le mele zuccherate vanno via come il pane! Cammino sull’ampio
viale che mi conduce verso l’uscita laterale del parco. Mi trovo
proprio in piedi sopra il mosaico dedicato a John Lennon, una
grande scritta in bianco e nero: IMAGINE. Poco più in là ecco il
suo palazzo, proprio davanti a quel cancelletto fu ucciso. Ora all’ultimo piano vi abita il grande Jack Nicholson. Chiamo un taxi,
uno dei tanti che, fieri del loro colore giallo vivace, si pavoneggiano come acrobati nel traffico. Mi immergo nella vita frenetica di
Times Square. Flash di Reflex, cartelloni pubblicitari illuminati,
insegne di negozi colmi di lustrini e lucine, colori su colori, elettricità a mille. Un ritmo così incessante in un tempo che corre veloce
soltanto impresso in una cartolina può esser fermato. Lavoratori in
giacca e cravatta escono frettolosamente dai numerosi Starbucks’
coffee: in una mano il loro MAC, nell’altra il litro di caffè bollente. Una città immersa in un caos talmente perfetto che si tramuta in
un ordine quasi inevitabile. Sembra di essere in una dimensione
surreale,si è completamente avvolti in un silenzio rumorosissimo.
Un’isola, Manhattan, protetta all’interno dai suoi grattacieli. Ma
New York progetta in continuazione, guarda al futuro. Entro in un
negozio di giocattoli, poco distante dai magazzini Macy’s che vantano il primato di grandezza negli Stati Uniti. Quel negozio, il cui
nome è troppo americanizzato per esser tradotto, vanta tre piani
con scale mobili, una casa di Barbie rosa shocking e una ruota panoramica. C’è anche spiderman appeso al soffito. Chi dice che gli
americani non amano fare le cose in grande? Magari fossi la figlioletta di Donald Trump! Sulla 5th Avenue, tinta di bianco dai fiocchi di neve cristallini, genitori e ragazzi si improvvisano babbi
natali milionari. Un via vai dentro e fuori dai negozi dalle vetrine
pittoresche, la folla è invasa da regali impacchettati con fiocchi
giganti! Ecco che finalmente arrivo a Rockfeller Center: di fronte
al grattacielo novecentesco, intarsiato all’interno di cristalli swa-
rovsky, c’è un ristorante mondano circondato dalle bandiere del
mondo. Al centro della pista da pattinaggio sul ghiaccio si erge
alto il famoso albero di natale decorato splendidamente. New York
ti conquista con la sua innocente colpa di esser troppo lussuosa,
misteriosa e affascinante e ti sorprendono le interessanti e inusuali
abitudini di chi la vive giorno e notte. Dal novantesimo piano dell’Empire State Building ti senti padrone di tuttoquesto, di questa
strana immensa città. Finchè cammini per le strade invece, cammina guardando all’insù, verso il cielo.
Carlotta De Luca IVB
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MODA
PRETTY WOMAN
Perfezione e sensualità
Donna. Da sempre simbolo di ordine, precisione, razionalità e soprattutto eleganza. Negli
ultimi decenni l’emancipazione femminile ha stravolto il classico ideale di bellezza riflettendosi inevitabilmente nel mondo della moda e creando l’immagine di una donna aggressiva, lontana dalle tradizioni e talvolta anche mascolina. Quest’anno però si ha un’inversione
di rotta e il ritorno a temi e motivi direttamente ripresi dagli anni 50, una vera e propria full
immersion nel passato. Potere alle perfettine: in passerella tornano cappotti cammello, camicie in seta con il fiocco, gonne sotto il ginocchio e a ruota, dettagli di classe e attenzione per
il decoro e le buone maniere come proposto da Prada, Marc Jacobs e Louis Vuitton (nelle
foto Letitia Casta modella d’onore di Louis Vuitton).
Come non ricordare allora due grandi icone dello stile degli anni 50, Grace Kelly e Brigitte Bardot che hanno saputo
esprimere in modo differente le regole di base di questa moda.
Grace Kelly
Da attrice a principessa, come nella migliore delle favole, irraggiava purezza e
classe e nessuna più di lei sapeva indossare i fastosi e tradizionali abiti New York,
creati da Christian Dior su misura per lei. Gonne a corolla, colletti rotondi e abbottonati, foulard che incorniciano il viso, cinturine e cerchietti, cappelli di paglia
come parasole e guanti lunghi in raso per la sera. Nel 1956 sfoggiò sulla copertina
di Life una celebre borsa di Hermès che in seguito venne ribattezzata Kelly.
La Kelly è una delle borse più famose di tutti i tempi, una delle poche a
poter essere chiamata per nome. Possedere una Kelly significa toccare con mano
un mito, possedere un piccolo pezzo della storia della moda.
Brigitte Bardot
Attrice, modella e cantante parigina, nota anche come B.B. e considerata un’ intramontabile bellezza. Anche lei diede un importante contributo alla storia della moda degli anni
50, dettando nuove tendenze. Da lei prende nome la scollatura Bardot, con entrambe le
spalle scoperte e il collo largo e aperto, che Brigitte portava sia su golf lavorati a maglia
sia su magliette e vestiti. Rese inoltre popolare l’ormai comunissimo bikini, sfoggiandolo sulle spiagge di Saint Tropez e mostrando tutto il suo charme.
Con B.B. ritorna in auge il mito delle lolite francesi, fascie tra i capelli, eye liner scuro e
molto marcato, occhiali con grandi ed eccentriche montature, ma anche gonne a ruota,
abitini avvitati e seni strabordanti. Esalta la femminilità e la accentua con una trasgressione sempre molto sottile e moderata.
Ancora oggi a distanza di anni gli stilisti hanno saputo reinterpretare il gusto e l’eleganza di queste due splendidedonne, icone di uno stile immortale e sempre attuale.
I loro visi dotati di una bellezza rara e assolutamente naturale hanno suscitato schiere di ammiratori di tutte le generazioni.
Rouge
15
CUCINA
DULCIS IN FUNDO
Siamo a tavola: quali sono le prime due cose che vi vengono in mente?? Ovviamente pane e vino… ed è proprio di
questo che vi parleremo oggi nella nostra succulenta rubrica!
Nell’antica Grecia esistevano oltre 66 tipi diversi di pane di varie forme. Alcuni venivano preparati apposta per i sacrifici, come quelli per Demetra, durante i quali si offrivano alla dea pagnotte impastate con pezzetti di lardo a forma di
capra. Esistevano comunque pani per l’uso comune e particolarmente apprezzati erano quelli d’orzo.
Come abbiamo già accennato, le forme erano le più svariate: a partire da quella del fungo o del fiore fino ad arrivare
alla treccia, ad esempio il boletinos, pane a forma di fungo cosparso di semi di papavero.
Per insaporire il pane venivano utilizzati anche altri semi, come il cumino, il lino e il sesamo.
Esisteva anche una specie di focaccia chiamata thridakisine, nome derivato da quello della lattuga e che quindi era probabilmente una sfoglia larga e sottile. Opposto a questa c’era il cubo, simile al nostro pane in cassetta, insaporito con
anice, formaggio ed olio.
Una specialità molto apprezzata era il pane di braciere, piatto, molle e spugnoso che si
mangiava inzuppato nel vino dolce: esso potrebbe essere considerato l’antenato del nostro
babà.
Per quanto riguarda il vino sappiamo che i migliori si producevano in Grecia, ma ce n’erano di eccellenti anche in Italia.
A Roma, come anche ad Atene, durante i convivi veniva eletto il simposiarca o magister
bibendi, che decideva in che modo dovesse essere preparata la mistura di acqua e vino; di
solito la proporzione era tre parti di acqua e una di vino, dato che quest’ultimo era molto
forte. Egli decideva anche la persona a cui brindare: i romani infatti bevevano tante coppe
di vino quante erano le lettere che componevano il nome del festeggiato. Ed essendo i nomi molto lunghi, in genere, potete immaginare come potesse andare a finire…
Eubulo dice che le persone più morigerate bevevano solo tre coppe: una per il brindisi, una per l’amore e una per il
sonno; chi continuava a bere avrebbe scoperto che la quarta coppa era quella della violenza, la quinta del chiasso, la
sesta dell’allegria dell’ubriachezza, la settima della rissa, l’ottava del tribunale, la nona dell’attacco di fegato e la decima della follia e della distruzione del mobilio.
NUNC EST BIBENDUM… solo tre coppe però!!!
Ed ecco a voi una nuova ricetta da provare…
POLENTA E MAIALE IN SALSA DI VINO
Si prende un chilo di lombo di maiale e lo si fa stufare con un bicchiere di vino rosso, mezzo bicchiere di olio nel quale
si siano sciolte quattro acciughe (al posto del liquamen), sale ed un fascetto di odori. A metà cottura si aggiunge un
bicchiere di marsala. Si fa stufare per un paio d’ore. Poi si prepara un semolino molto denso. Infine per la salsa si frulla
pepe a piacere, una manciata di levistico (o sedano e prezzemolo), un pizzico di cumino, uno di origano, uno di seme di
sedano, due acciughe ed un paio di spicchi di aglio. Si diluisce con brodo, un bicchiere di vino generoso e uno di passito ed il fondo di cottura del maiale. Si assaggia la salsa, si sala e si porta al bollore. Quando bolle la si lega con amido e
si condisce con essa il semolino che si serve accompagnato dallo stracotto di maiale tagliato a fette.
Ed ora….BUON APPETITO!!!
Anna Mottadelli e Federica Viaretti VG
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CINEMA
CINEMA O NON CINEMA, QUESTO È IL DILEMMA...
MASCHI CONTRO FEMMINE
Uomini e donne. Conflitto quotidiano. Quattro vicende intersecate in più punti.
Tradimenti, amori, amicizie... Tutto raccontato con un'incredibile ironia,
che descrive la società italiana.
Consigliato: Sì
Giudizio: Film davvero divertente. Le risate sono assicurate dal primo all'ultimo minuto. Assolutamente
da vedere e rivedere, anche se vi sono numerose scene un po' ambigue che lasciano l'amaro in bocca,
svelando gli errori quotidiani dalla società moderna.
Consigliato: No
Giudizio: Film abbastanza divertente, con qualche battuta. Non è particolarmente interessante, non ci
sono concetti intelligenti, ma tante stupidaggini che rendono questo film carino. Ragazzi se non avete niente di meglio da fare
andate a vedere Maschi contro femmine !
BENVENUTI AL SUD
Alberto, responsabile di un ufficio postale in un paesino della Brianza, vuole a tutti i costi essere trasferito a Milano. Per riuscire nel suo intento , sotto pressione dalla moglie, è disposto anche a fingersi invalido per salire in graduatoria. Il trucco però non funziona e per punizione viene trasferito in un paesino del Sud, il che per un brianzolo DOC equivale a un incubo. Alberto ricoperto di pregiudizi parte ma
non sa cosa gli aspetta. Alberto scopre un luogo affascinante, degli amici affettuosi e tanta simpatia.
Consigliato: Sì
Giudizio: Questo film è un susseguirsi di battute e pieno di intrattenimento. Ragazzi c’è da sbellicarsi dalle risate!! Ci sono
anche dei concetti molto importanti riguardo ai pregiudizi che si formano nella nostra testa, ovviamente rappresentati sotto
forma esilarante.Una frase molto bella che conclude il film è “Quando un forestiero viene al Sud piange due volte, quando arriva e quando parte”.
Ve lo consiglio per un sabato sera pieno di risate!
Consigliato: Nì
Giudizio: Film comico, senza alcuna volgarità, pulito e adatto al pubblico di ogni età. Un'ora e mezza di spensieratezza. È il
remake di “Giù al nord”, film francese. Per chi l'ha già visto forse è un po' monotono, per la ripresa della trama e di alcune
battute.
REMEMBER ME
Birra e sigaretta. Queste le abitudini del giovane Tyler, fortemente arrabbiato con il padre dopo la morte
del fratello. La sorella e l’amore però, riusciranno a fargli vivere ogni attimo della sua vita. Forse tutto
questo avverrà troppo tardi, o forse in tempo, per qualcosa che sarà di certo improgammabile.Regia di
Allen Coulter e come protagonista il vampiro di Twilight, Robert Pattinson, che è riuscito ad immedesimarsi perfettamente nella parte.
Consigliato: Sì
Giudizio: Remember Me, ricordami. Ricordami, perché le nostre impronte non sbiadiscono mai dalle
vite che tocchiamo, ma nonostante ciò rimane fondamentale
apprezzare la vita per quella che è, senza essere prigionieri del passato, della sofferenza,
di noi stessi; senza rimanere immobili, concentrati sul nostro piccolo mondo, pensando che ogni nostra azione sarà comunque
insignificante. E allora fallo, è molto importante che tu lo faccia, perché nessun altro lo farà.
Consigliato: Sì
Giudizio: Film commovente, ricco di frasi poetiche, non le solite, ma importanti. Ci fanno riflettere sull'amore, sui giovani e
sulla difficoltà in cui alcuni fra loro si trovano. La recitazione dell'interno cast è ottima così come il doppiaggio.
Biglieri Chiara, Miceli Benedetta e Stoppato Lucrezia, IB
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MUSICA
RITORNO AL SUD: I KINGS OF LEON
UN PO’ DI CLASSICI: GLI AC/DC “Find what you are face to face, once you’ve had enough carry
on, don’t forget to love before you’re gone” – The Immortal
Un saluto a tutti i lettori del Bartolomeo, questo mese vi consiglio nientemeno che l’elettricità degli
AC/DC. Il loro nome è nato da una comune aspirapolvere, che
riportava la scritta AC/DC cioè Alternative Current/Direct Current (corrente alternata e corrente continua). La scritta simboleggiava proprio bene il dinamismo del gruppo nascente. Il gruppo
messo su dai fratelli Young era deluso dall’apporto troppo glam
dovuto al cantante Dave Evans, che quindi fu licenziato e al suo
posto fu assunto Bon Scott . Con la seguente formazione si lanciarono nel mondo della musica: Bon Scott, Angus Young, Malcom Young,Larry Van Kriedt e Colin Burgess. Scrissero un primo album, ma risultò poco mordace e insoddisfacente, con il 2
TNT raggiunsero un successo notevole in Australia (luogo nativo
del gruppo), lo stile aggressivo che li caratterizzò inizio a uscire
in modo dirompente. Disco dopo disco cominciarono a diventare
famosi anche in Europa, dove si recarono per un tour. Bon morì
dopo una festa, ciò stava portando allo scioglimento del
gruppo, ma il ricordo di lui li spinse a continuare. Brian Johnson
sostituì il cantante, con l’album “Back in Black” si celebrò il
decesso del compianto membro e questo vendette 50 milioni di
copie piazzandosi secondo nella classifica dei dischi più venduti.
I seguenti album non eguagliarono il successo di “Back in
Black” e furono largamente criticati come privi di originalità: il
gruppo non ci fece molto caso, nonostante tutto è considerata una
delle più grandi band nella storia del rock.
Dopo due anni di assenza dalle scene la band del Tennessee è
tornata. Il nuovo album dei Kings of Leon è uscito il mese
scorso, il 19 ottobre, con l’arduo compito di essere all’altezza
del precedente “Only by the night”, che con le hit Sex on fire e
Use somebody aveva scalato le classifiche mondiali. I fratelli
Followill sono certamente riusciti nel loro compito, “Come
Around Sundown” è infatti un disco da record: solo nella prima
settimana ha venduto 183.000 copie e ha registrato 49.000 download.
I Kings of Leon si sono formati nel 2002, quando i fratelli Nathan e Caleb giovanissimi firmano un contratto con la RCA
records e convincono il fratello Jared, solo quindicenne, ad imbracciare il basso e il cugino Matthew ad unirsi a loro con la
chitarra solista. In pochi mesi pubblicano un EP e il primo album, “Youth and Young Manhood” acquisendo una certa popolarità soprattutto nel Regno Unito e la possibilità di entrare in
contatto con i grandi nomi della musica. Dal 2003 i Kings of
Leon hanno pubblicato cinque album, compreso l’ultimo
“Come Around Sundown”, e hanno ottenuto un successo sempre più crescente, fino alla definitiva affermazione tra le star del
rock con “Only by the Night”, che ha procurato alla band quattro Grammy.
Il quartetto rivela che in quest’ultimo album c’è una canzone
per ogni momento della giornata: “ti puoi sedere su di una
spiaggia, o andare al lago, o cucinare, o fare qualsiasi altra
cosa, e suonarlo dall'inizio alla fine.” E allora diamo inizio al
concerto! Ad aprire il disco sono i bassi della traccia The End,
che, con una certa vena malinconica e con suoni che ricordano
Notion, fa da collegamento con il precedente album ed apre le
porte alle novità che aspettano i fan con Radioactive, il singolo uscito a settembre ad anticipare l’uscita di “Come Around
Sundown”. Tanto nei temi, quanto nei suoni la canzone richiama gli intensi ritmi del gospel. E si continua con l’inno all’indipendenza e alla vita: The Immortals. È probabilmente la
canzone meglio riuscita di tutto “Come Around Sundown”, ha
una base piuttosto veloce e il testo suona come un vero e proprio ammonimento, una sorta di insegnamento su come affrontare il quotidiano. Quindi il ritorno alle origini con Back
Down South, in cui i Followill mostrano orgogliosi le proprie
radici country del sud. E veloci fino a Southbound, che chiude
l’ultima fatica dei Kings of Leon. Ed ora, basta solo accendere
l’i-pod o inserire il CD nel vecchio stereo, chiudere gli occhi e
farsi catapultare nelle pianure del sud degli Stati Uniti.
Romualdo Grieco IB
Elisa Tonussi III D
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MUSICA
“IL PASSATO CHE NON PASSA!…IL FUTURO CHE NON FUTA!”
Buried alive in the blues
« Janis Joplin è il soul. »
(Disc Magazine)
pubblicato con il nome Big Brother and the Holding Company con
Novembre 1970 - Monza l'omonima band , è un composto corrosivo della sua voce blues e dell'acid rock della band . Cheap Trills con Summertime, Piece of My Heart
è stato invece pubblicato
solo due anni fa. Mentre la sua voce e la sua popolarità cresceva, il suo
pubblico le era completamente devoto.
«Pur non essendo bella secondo il senso comune, si può affermare che
Janis è un sex symbol in una brutta confezione» (The Village Voice). Solo dell'anno scorso è I Got Ol' Kosmic Blues Again Mama con Try , To Love Somebody e Maybe. Si vocifera di un Lp per l'anno prossimo,
che possiamo ora considerare postumo e che sicuramente traccerà un
solco nella storia del blues fatto da una bianca nell'America bianca che
ancora non riesce a sedersi sullo stesso pullman con una persona di
colore diverso, che i panni li fa stendere ai neri e che ha i locali per «Sul palco faccio l'amore con venticinquemila persone, poi torno a casa bianchi, una voce nera in un corpo di una bianca ha scosso le coscienze. da sola. »
Mi chiedo e spero che i nostri figli capiranno l'immensità di questa voce
(Janis Joplin) psichedelica di miele e di ruggine.
Mentre noi ancora siamo intenti a reperire più Lp possibili dell'indimenticato Jimi Hendrix, la Summertime di Janis Joplin si è trasformata in un
autunno uggioso e gocciolante in una stanza di albergo della west coast
americana .
Tralasciando ogni abbellimento retorico della vicenda, resta solo un
vuoto che non verrà colmato. La sua vita frenetica è stata costellata di
pezzi e successi indimenticabili. L'Lp ,
“…Per i cieli dipinti con i pennarelli scarichi…”
da “L’Amore ai Tempi dei Licenziamenti dei Metalmeccanici”
Novembre 2010 – Monza
Autunno, ennesima illusione di grigio anticipata da
qualche giorno di fogliame
in festa e diluita in seguito
da acque torbide e fredde.
Il genio compreso e mai
lasciato in sospeso di Vasco
Brondi ha pubblicato il primo martedì di novembre il suo secondo album sotto lo pseudonimo
de Le Luci della Centrale Elettrica: “Per Ora Noi la Chiameremo
Felicità”.Anticipato da due singoli “Cara Catastrofe” e “Quando
Tornerai dall’Estero”, rispettivamente prima e seconda traccia dell’album, si rivela ancora più singolare del lavoro precedente, e quindi
bersaglio di chi aveva previsto malignamente una devoluzione e un
calo di stile (un nota dolente anche per il sottoscritto)
Meno presente nei testi il protagonismo del flusso di coscienza,
maggiore risalto alla melodia, canzoni che sembrano sempre più
canzoni. Tutto l’album appare quasi un’appendice di “Stagnola”:
prevale un’atmosfera quasi amorosa (o ciò che in Brondi
Take another little piece of my heart, Janis
s’avvicina di più a questa tematica!); salgano al potere i ritornelli, le
sinestesie sono
meno grezze; il graffio, spesso definito “punk”, s’abbandona a
carezze.
Accettiamolo quindi per il lavoro che è: la poesia è sempre quella di eternit e ciminiere, ma il
travaglio interiore è spesso anche di relazione,
come capita nel centro dell’album, dove batte il
cuore de “L’Amore ai Tempi dei Licenziamenti
dei Metalmeccanici”, o nella conclusiva “Le
Ragazze Kamikaze”; “La Guerra Fredda” e “Le
Petroliere” testimoniano ancora l’impegno sociale e la contorte riflessioni di attualità e indagine del soggetto, espresse però nel nuovo linguaggio sonoro distaccato dall’antico rozzo elettrico di una chitarra prepotente, innovazione che si ripropone anche in
“Anidride Carbonica” e “Cara Catastrofe”.Il video di “Quando
Tornerai dall’Estero”. curato dall’ormai affiliato Michele Bernardi si fonde perfettamente con la traccia, la quale evoca corse
mozzafiato, adii in stazioni d’intimità e una vitrea e fragile nostalgia: autunno, fragile illusione di grigio.
Martina Fumagalli e Yuri Galbiati VF
19
DIARIO DI UN FUMETTISTA
300
Chi non mastica la materia potrebbe chiedersi leggendo il titolo: “Ma come, esiste anche il fumetto
di “300”?” Ebbene sì, esiste e secondo me, dopo Watchmen, è uno dei pochi fumetti con la F maiuscola che tutte le persone dovrebbero leggere. Spero che leggendo la recensione vi venga voglia di
entrare in una qualunque fumetteria anche solo per sfogliarne le pagine e lasciarvi catturare dalle
immagini.
Epico: questo è il primo aggettivo che viene in mente pensando a 300. Forse non tutti sanno che il
celebre film diretto da Zack Snyder è nato dalle idee di Frank Miller e dai colori di Lynn Varley,
sotto forma di fumetto. Si tratta di una storia realmente accaduta,
le gesta di trecento indomiti guerrieri che sfidano il re-dio persiano Serse e si contrappongono alla
sua immensa armata. Ma andiamo con ordine: il fumetto nasce nel lontano 1998 diviso in 5 albi che
costituiscono, ognuno, uno dei capitoli che oggi formano l’edizione della PMA Intermedia. L’opera fu successivamente raccolta in un’unica graphic novel nel 1999; il titolo dei capitoli è “Onore”, “Dovere”, “Gloria”, “Combattimento” e “Vittoria”.
La battaglia delle Termopili
300 è la storia del sovrano spartano Leonida e dei suoi indomiti guerrieri che, di fronte alla minaccia del re persiano Serse e alla sua
imponente armata, decidono di ribellarsi al nemico. Leonida si ritrova completamente abbandonato dagli dei e dai suoi stessi concittadini, ed è costretto, per la salvezza e soprattutto per l’onore di Sparta, a partire con un numero ridotto di soldati. Ma non si tratta di
guerrieri qualsiasi: sono uomini allenati a resistere al dolore, allenati a non sentire la fatica, allenati a combattere fino alla morte. Il contingente marcia, marcia verso le Termopili: un anfratto di rocce che forma un corridoio naturale, unico passaggio per i nemici per penetrare nell’entroterra greco. Qui, grazie alla grandissima abilità da stratega del condottiero Leonida, i persiani andranno incontro ad un
inaspettato massacro. E così, nell’agosto del 480 a.C., i greci tengono testa ai persiani, con spavalderia, con coraggio, con la consapevolezza di essere più preparati ed abili in battaglia rispetto ai nemici. Si tratta di due lunghissimi giorni di combattimenti che porteranno i 300 incontro alla morte, ma una morte eroica, che permetterà ad ognuno di loro di rimanere per sempre nel ricordo dei posteri, di
conquistare l’onore e la gloria che solo il sacrificio per la propria patria sa dare. Uno solo dei 300 spartani tornerà indietro, sotto comando di Leonida, per narrare le gesta di quella che per la Grecia intera fu comunque una grande “vittoria”, perché rappresentò il primo potente contrattacco, da parte di uomini liberi, a un potere tirannico come quello persiano.
Frank Miller e il suo stile
Frank Miller ha trasposto con relativa fedeltà la vicenda delle Termopili, andando sicuramente a prendersi qualche libertà narrativa,
come ad esempio per la tematica della religione e la figura dei sacerdoti Efori, ma in ogni caso il lavoro svolto è pregevole: l’onore,
così come il senso della battaglia e della gloria traspare da ogni pagina. Le tematiche presentate in questa opera a colori sono molte e
inneggiano tutte alle tematiche tipiche dell’età classica in Grecia: idee riguardanti il coraggio, l’amore per la patria e la consapevolezza
di voler dare la vita pur di salvaguardare la libertà e la democrazia che da sempre avevano contraddistinto ed elevato i Greci al di sopra
di tutti gli altri popoli. Leonida sa di partire sconfitto, ma nonostante tutto è deciso a portare in alto il nome di Sparta e dei suoi cittadini, affrontando con orgoglio e fierezza la più grande delle armate esistenti, il più divino dei sovrani. Egli si fa carico del peso di andare
contro gli dei, che avevano sconsigliato la battaglia, addirittura li insulta non onorando le Carnee, le feste sacre durante le quali era assolutamente vietato muovere guerra a qualunque nazione, per qualsiasi motivo. Leonida non sottostà a quelle tradizioni che vede come
antiquate, pericolose, inutili; si rifiuta di lasciar pilotare la vita mortale da divinità fantasma e da sacerdoti corrotti. E’ proprio in questo
suo atteggiamento che possiamo vedere tutta la sua modernità, nonché un altro aspetto della sua grande eroicità. Ogni pagina del fumetto trasuda del carisma degli uomini spartani ed inevitabilmente il lettore non può che rimanerne affascinato e
Coinvolto. Questo fumetto però non rappresenta solamente una battaglia, una guerra; non rappresenta solo sangue e violenza. Dietro
tutto questo c’è molto di più. Assistiamo, infatti, allo scontro tra due mondi e due realtà completamente diverse ed in antitesi: da un lato
la Persia, con i suoi piaceri sfrenati, i suoi lussi, la sua irrazionalità, la sua tirannia; dall’ altro la Grecia, patria della ragione, della logica, della libertà e della democrazia. Se prevale l’una, l’altra deve necessariamente perire, non c’è alcuna possibilità di farle coesistere. I
due stessi protagonisti sono tra loro opposti e contrapposti: Serse da un lato, il re divino che schiavizza i suoi soldati e che li castiga con
la frusta; Leonida dall’altro, che invece vive in mezzo a loro, ride, soffre, muore con loro. Da tutto ciò ne viene fuori un mondo ricco di
ideali, un’esaltazione della cultura classica ed in particolare di quella spartana.
Martina De Pascalis IVE
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SPORT
BAR SPORT
Oggi sciopero!...Ma anche no Sciopero: “astensione collettiva dal lavoro di lavoratori dipendenti allo scopo di rivendicare diritti, per motivi salariali, per protesta o
per solidarietà”.
I primissimi casi di sciopero che possiamo rintracciare risalgono addirittura, in forme e modi ovviamente molto arretrati e poco efficaci,
all’antico regno Egiziano, invece per arrivare alla prima vera attuazione di esso in epoca decisamente più recente bisogna risalire nel
1768 a Londra quando un gruppo di marinai decisero di ammainare le vele di tutte le navi nel corso di una disputa salariale con alcuni
proprietari dei mercantili; come tutti poi sappiamo questa forma di rivendicazione dei diritti da parte dei lavoratori è proseguita fino a
giorni nostri spaziando in ogni ordine e in ogni tipologia di lavoro, ma oggi, 14/11/10 (meglio specificare la data cari lettori zucchini
prima che quest’articolo lo leggiate a Pasqua e vi chiediate cosa mi sia sgargarozzato mentre pensavo di scriverlo…) è successo qualcosa che ha dell’incredibile: l’Associazione sindacale calciatori ha dichiarato uno SCIOPERO generale che verrà messo in atto dopo il 30
novembre e che coinvolgerà tutti i giocatori appartenenti a squadre di serie A e B. Probabilmente molti di voi non avevano neppure la
minima idea che potesse anche solo esistere un sindacato dei calciatori ma la realtà di un mondo ormai sempre più all’incontrario offre
anche queste sorprese e ora la domanda che rimane da farsi è “perché”? Ebbene, che nell’antico Egitto quei poveri cristi degli schiavi
dopo aver trascorso la giornata a scorrazzare blocchi di pietra a destra e a manca prendendo un numero non proprio indifferente di frustate e legnate avessero qualcosina di cui lamentarsi è “abbastanza” comprensibile, che nell’Europa dell’800 e non solo gli operai dopo
aver trascorso la giornata a lavorare come bestie da soma per decine e decine di ore settimanali ottenendo in cambio un salario non proprio da nababbi avessero anch’essi qualcosina da ridire è “abbastanza” accettabile, ma che un branco di
“nonsobenecomedefinirlivistochelavoratorimisembraeccessivo” pagati a peso d’oro che nel caso di qualcuno (cfr Adriano) è una proporzione anche poco realistica, visto che per la propria stazza è da considerare sottopagato, proclamino di non scendere in campo per
protesta credo sia l’apoteosi finale del ridicolo. Ora analizzando anche i motivi di tale discernimento, dal ridicolo si rischia di scadere
nello scabroso visto che in breve i calciatori si oppongono alle nuove “leggi” dettate dalla lega calcio, consistenti nel limitare comportamenti non affini a una condotta etica fuori dal campo, nell’attribuire gli stipendi a seconda del livello delle prestazioni e nel vietare il
rifiuto di un tesserato a trasferirsi in un club della stessa qualità con la retribuzione precedente garantita. In parole povere e scarne la
lega che, ricordiamo, è l’ingranaggio che permette all’intero sistema di girare cerca solo di evitare scene da circo e case chiuse da parte
dei suoi associati (cfr sempre Adriano) in luoghi esterni al rettangolo verde, di negare a un numero consistente e sempre crescente di
giocatori di bivaccare sulle spalle delle società fornendo prestazioni che a definirle tali è già un abominio ma soprattutto di non permettere che si prendano pure il lusso di fare i capricci come dei bambini bambocci quando la mamma non gli compra il modello, la marca e
la misura esatta del giocattolo desiderato; insomma non mi sembra che la richiesta sia di attraversare l’oceano Pacifico in canoa o circumnavigare il globo con una triremi eppure l’Associazione Calciatori non ci vuole proprio sentire da quell’orecchio ed è decisa ad andare fino in fondo ma le società glielo permetteranno? E le varie piattaforme della pay per view? La risposta è logica quanto scontata e
corrisponde ovviamente a un bel NO scritto a caratteri cubitali per due semplici ragioni che per altro sono sempre quelle intorno a cui
gira il 90% di ogni decisione: i soldi e l’immagine; il calcio è la quarta “azienda” italiana che permette all’economia di girare e un eventuale sciopero darebbe un gran bel prurito a troppe persone con le mani in pasta e con molti soldi in tasca, senza poi parlare del sicuro crollo d’immagine catastrofico che si abbatterebbe come un uragano su questo sport già abbondantemente al costante centro del ciclone proprio per le miriadi di banconote da cui è composto. Dunque, riprendendo la definizione di sciopero, escluse le ragioni salariali
e di protesta rimane come ultima opzione la “solidarietà”, motivo sul quale è meglio soprassedere per non scaturire troppa ilarità e sdegno anche se ormai nel calcio di situazioni ilari e sdegnose per le cagioni più stravaganti ce ne sono a iosa quasi che venissero calate
come assi nella manica per contribuire al concetto di spettacolo che in altri termini, significa semplicemente attirare più attenzione possibile, ma alla fine della fiera si sa il mondo è bello perché vario e allora non ci resta altro che prenderla con un po’ di filosofia, materia
che per lo meno richiama gente che con scioperi e rivendicazioni qualcosa c’azzeccava…
Federico Sala VG
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SPORT
PADDOCK ZUCCHI
Arriba España! (ma anche Italia)
É arrivato Novembre e, come ogni anno, con l'inizio della stagione fredda, dopo un Ottobre caldissimo, i motori si spengono e si
tirano le somme dell'anno appena concluso. E a sorridere è soprattutto la Spagna. Infatti ai trionfi della nazionale di calcio, a quelli del tennista Rafael Nadal e a tutti gli altri successi o buoni risultati ottenuti dagli iberici negli sport più tradizionali vanno aggiunti anche le molte gioie arrivate dagli sport motoristici.
Iniziamo dalle due ruote, più precisamente dal motomondiale, dove i piloti spagnoli hanno ormai preso il sopravvento su tutti gli
altri, cannibalizzando tutte le categorie. Nella piccola 125 si sono imposti in particolare Nico Terol, Pol Espargaro e Marc Marquez che si sono divisi tra di loro tutti gli appuntamenti del mondiale. Ma basta scorrere la classifica finale per capire quanto è
stato grande il dominio iberico, con ben sei piloti nelle prime sette posizioni. Solo l'inglese Smith, il tedesco di origine italiana
Cortese ed il giapponese Koyama sono riusciti ad intrufolarsi e a dare qualche piccolo fastidio a questa vera e propria “invincibile
armada”. Doppietta iberica anche nella neonata e spettacolare Moto 2, dove i primi due posti nel mondiale se li sono aggiudicati
l'espertissimo Toni Elias ed il novellino Julian Simon. Il fatto che le moto di questa categoria siano tutte praticamente uguali
(tranne che per il telaio che però non conta praticamente nulla in termini di prestazioni) ha permesso alle gare di questo campionato di essere di gran lunga le più spettacolari dell'intero motomondiale, tanto che i diciassette appuntamenti stagionali hanno visto
la vittoria di ben dieci piloti diversi. Sappiamo tutti invece come è finita la Moto Gp, con il trionfo del maiorchino Jorge Lorenzo
davanti al connazionale Daniel Pedrosa. Ma in mezzo a tutti questi spagnoli, c'è stata un'altra nazione che ha portato nei piani alti
delle varie categorie i propri alfieri: i piloti italiani sono infatti stati gli unici ad aver infastidito spesso gli iberici, con Valentino
Rossi, protagonista di una stagione martoriata dagli infortuni, ma comunque decisamente esaltante, ed Andrea Dovizioso in Moto
Gp (dove si è fatto notare anche il debuttante Simoncelli e la Ducati è ormai da anni l'unica casa europea che dà fastidio ai colossi
giapponesi) e con l'abruzzese Andrea Iannone, che ha confermato grande talento ma anche una grande incostanza in Moto 2.In
questa categoria si sono anche fatti notare Simone Corsi, (quinto a fine anno e spesso a ridosso dei primi) Roberto Rolfo (autore
di una bellissima vittoria in Malesia) e Alex Baldolini (ottimo secondo in Portogallo). Non pervenuti invece i giovani della 125,
dove il migliore è stato Simone Grotzkij che ha concluso la stagione in diciannovesima posizione. Ma i nostri si sono fatti sentire
anche nelle altre categorie importanti delle due ruote, con Tonino Cairoli e Davide Philippaerts che hanno dominato il mondiale
motocross e soprattutto con l'accoppiata tutta italiana composta dall'Aprilia e da Max Biaggi che ha stravinto nelle
Superbike.
E se nelle due ruote Italia e Spagna si sono trovate spesso (anzi, sempre) contro, nelle quattro ruote si sono distinte le accoppiate
italospagnole che sono risultate però le più deluse a fine stagione. Nel WTCC infatti Gabriele Tarquini e la sua Seat non sono
riusciti a bissare il successo dello scorso anno, mentre in F1 Fernando Alonso e la Ferrari, dopo una fantastica remuntada partita a
Luglio in Germania e terminata in Corea ad Ottobre, sono stati beffatti al fotofinish dalla Red Bull di Sebastian Vettel che, con un
finale di stagione esaltante, è riuscito a rimediare agli errori ed alle sfortune di inizio stagione ed è diventato il più giovane campione del mondo nella storia della Formula 1. C'è comunque un po'di gioia anche per i nostri colori grazie al team veneto Rapax
che ha portato alla vittoria del mondiale di Gp2 (la serie B della F1) il venezuelano Pastor Maldonado. Resta invece un feudo
francese il mondiale rally dove quest'anno, per il settimo anno consecutivo, il cannibale Sebastien Loeb e la sua Citroen hanno
dominato la stagione distruggendo ancora una volta la concorrenza delle Ford dei finlandesi Latvala e Hirvonen e del norvegese
Petter Solberg.
É però desolante constatare l'assenza nelle categorie automobilistiche di piloti italiani in grado di competere ad alto livello. In
Formula 1 i nostri portabandiera sono rimasti solo Jarno Trulli (protagonista tra l'altro di una stagione sfortunatissima) e Vitantonio Liuzzi che, visti gli scarsi risultati ottenuti, probabilmente sarà presto appiedato dalla Force India. Nelle categorie minori la
situazione è ancora peggiore, perchè il solo Mirko Bortolotti ha ottenuto qualche buon risultato nella Gp3 (la serie C della Formula 1). All'orizzonte non si vede nessun altro talento nostrano che sia in grado di competere a buoni livelli, tranne il già citato Tarquini, che è però ormai cinquantenne e appenderà presto il casco al chiodo.
Alessandro Mantovani IVD
22
Quorinfranti
Per Tommy di IVA: ti
ho visto per i corridoi e
sei davvero bello! Spero che tu mi noterai..
Primina 96
Per Elena Celi (che è all'ultimo
anno e per questo se la tira): ti
amo piccola.
Lo Zucchi PUZZA
Klerri ti amo ti prego
torna con me! Anonimo
4A
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LO ZUCCHI SOTTO LE STELLE
Eleonora Bertanza VG
ARIETE
BILANCIA
Mese di forti scosse per voi dell’Ariete: in amore arderà il fuoco
della passione (per chi ne ha la possibilità) e
avverranno incontri a dir poco elettrizzanti (per
chi è felicemente libero). Un consiglio: state
lontani dalle prese della corrente.
Il vostro fascino aumenta e all’orizzonte si prospettano
nuovi incontri…ma non siate frettolosi, prima di
combinare disastri chiudete o risolvete le questioni in sospeso e poi godetevi il momento!A
scuola avrete una gran voglia di ripartire (beati
voi) e i risultati non tarderanno.
TORO
Lucidità e brillantezza: no, non si sta parlando di stoviglie bensì
di voi, che questo mese a scuola sarete attivi e
determinati e vi tornerà la voglia di rimboccarvi
le maniche (sarebbe anche ora). Comunque state
tranquilli perché le cose si sistemeranno, e almeno in amore ritroverete il vostro equilibrio.
SCORPIONE
Non state da soli a sbrigare l’immenso carico di compiti:
questo mese è importante creare gruppi e
legami e chiedere il sostegno degli altri, se
non altro vi annoierete di meno! Fate qualche
regalo a chi volete bene o semplicemente fate
sentire che ci siete, a volte basta poco.
GEMELLI
Questo mese voi dei Gemelli avrete voglia di fare un po’ i
furbetti sia in amore che a scuola: avete voglia di avventure e energia da vendere, e non
mancheranno le occasioni per soddisfare…la
vostra sete di conoscenza, ovvio. Occhio a
non stressare troppo gli amici con il vostro
nervosismo. Calmi!!
CANCRO
In questo freddo e uggioso mese di novembre, cercate di
sgombrare via le nubi (almeno) dal vostro
cuore: non cominciate nuove storie se
prima non avete chiuso le vecchie. A
scuola contate fino a dieci prima di parlare perché il vostro caratterino risulterà
pungente…
LEONE
SAGITTARIO
È vero, siete stanchi, ma non fatevi abbattere da questioni
facilmente risolvibili. Se davvero lo volete,
a scuola e in amore le cose riprenderanno
ad andare bene: lottate, e avrete pane per i
vostri denti! E poi di cosa vi lamentate?
Avete una forma fisica perfetta…
CAPRICORNO
Soprattutto nella prima parte del mese, l’idea di stare fermi
seduti tra i banchi vi darà un po’ fastidio
(per non dire altro) e la vostra testa vagherà
lontano…Che dirvi? Tutto si deve sopportare! Armatevi di calma e pazienza e tutto
filerà liscio.
ACQUARIO
È inutile dirlo, il lavoro non mancherà (purtroppo)
ma avete una grande energia dentro di
voi e grazie anche a un pizzico di
aggressività riuscirete a riconquistare
il vostro posto al sole (diciamolo, ce
n’è bisogno dopo queste piogge)!
Lo stress che fino ad adesso vi aveva fiaccato si allontanerà lentamente da voi: siate creativi e lanciatevi in nuove iniziative (non letteralmente, mi
raccomando). Anche in amore le cose ricominciano a funzionare bene e la vostra gioia non
passerà inosservata.
PESCI
VERGINE
Non preoccupatevi troppo della vostra vita
affettiva perché questo mese anche le storie
più logorate riacquisteranno vigore e passione! Non statevene però con le mani in
mano, siate sempre ricettivi e prendete decisioni importanti. A scuola evitate inutili
conflitti…
Questo mese avrete la tendenza a essere riflessivi e a considerare
maggiormente tutto ciò che vi capita: siete calmi
e pacati e le stelle vi inducono a stare in disparte. Non è una buona scusa per stare tutto il giorno in casa però! Uscite e fate sport.
Immagini a cura di Elisa Piazza VG
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ANGOLUS OTIOSUS
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LA REDAZIONE DIRETTORE: CLARA DEL GENIO IVA VICEDIRETTORE: MARCO COLOMBO VG CAPOREDATTORI: BENEDETTA RATTI VG; FEDERICO SALA VG; MATTEO MONTI IVB IMPAGINAZIONE E GRAFICA: ELENA MANTOVANI IIIC
HANNO PARTECIPATO A QUESTO NUMERO: MARCO COLOMBO VG IRENE PRONESTÌ IVD
BEATRICE MOSCA IVC CLAUDIA PIZZAGALLI IVC EVA CASINI IVB CAMILLA
ROSSINI IVB MIRIAM TAIEB IIC IRENE DODA IVD CARLOTTA DE LUCA IVB ANNA
MOTTADELLI VG FEDERICA VIARETTI VG BIGLIERI, MICELI, STOPPATO IB
MARTINA DE PASCALIS IVE ELENEA TONUSSI IID ROMUALDO GIRECO IB MARTINA
FUMAGALLI IVF YURI GALBIATI VF FEDERICO SALA VG ALESSANDRO MANTOVANI
IVD ELEONORA BERTANZA VG ELISA PIAZZA V NADEESHA UYANGODA IVA ERIKA
RADAELLI IB
OOPS! A causa di una piccola svista d'impaginazione mancavano
all'oroscopo dello scorso numero i segni dello Scorpione e Sagittario.
Le più sentite scuse ad Eleonora, Elisa e tutti i lettori appartenenti
a quei segni! Ringraziamo inoltre tutti coloro che hanno collaborato all’uscita del Bartolomeo (collaboratori,insegnanti ed operatori scolastici).
Ricordiamo che chiunque può partecipare alla redazione del Bartolomeo
inviando un suo articolo all’indirizzo mail [email protected];
CHI DESIDERA INVIARE UN MESSAGGIO ALLA RUBRICA QUORINFRANTI PUO? FARLO
INVIANDO UNA MAIL ALLO STESSO INDIRIZZO
I numeri del Bartolomeo sono disponibili anche on line sul sito www.liceozucchi.it.
Gli articoli per il prossimo numero vanno inviati all'indirizzo e-mail sopracitato entro il 9 Dicembre.
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