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La funzione del padre e la funzione della madre
La funzione del padre e la funzione della madre Solo qualche decennio fa era presente una rigida individuazione dei ruoli tra il maschile e il femminile, con inevitabili ripercussioni nei ruoli paterni e materni all’interno del nucleo familiare. La madre aveva la funzione affettiva dell’accudimento familiare, il padre rappresentava le regole, il codice etico. Il padre rimaneva più distaccato dalla vita familiare, considerava la nascita un evento relativo al mondo femminile ed era occupato a procurare economicamente il necessario per poter sostenere la famiglia. La donna non richiedeva all’uomo un impegno per le cure dei figli, ma si aspettava da lui un riconoscimento per aver adempiuto al suo compito. Oggi si giunge alla nascita del figlio con maggiore consapevolezza di un tempo. Usualmente si decide di avere un figlio in età più matura anche dopo alcuni anni di convivenza, il divenire genitori diventa così un rito di passaggio verso l’età adulta. La donna non è più disponibile, come un tempo, a sacrificare la propria carriera lavorativa e l’uomo non è più il solo a mantenere economicamente la famiglia. Sia per necessità, che per maggiore consapevolezza, egli diventa più partecipe dell’intero processo procreativo. Abbiamo quindi un padre più attento e vicino affettivamente alla donna ed al figlio, già dalle prime fasi della gravidanza e una flessibilità dei ruoli tra padre e madre. Il codice paterno e il codice materno sono sentiti oggi come più interscambiabili, ciò può dare seguito però a confusioni circa l’assunzione delle responsabilità da parte dei due genitori. Nel rispetto delle due funzioni diverse, è sano che queste rimangano distinte e non confuse. La categoria dei padri, poi, non è sempre omogenea e possiamo riscontrare livelli diversi di coinvolgimento nella cura dei figli. Nella situazione opposta alla precedente può accadere che l’aumentato stress incrementi la possibilità che il marito sia latitante. Nel caso di famiglie ricostituite dopo separazioni e divorzi, il problema che si evidenzia è la sovrapposizione di figure paterne, una sorta di figura paterna plurima tra le quali il figlio si deve destreggiare: il proprio padre e il nuovo compagno della madre. Nei nuclei monogenitoriali il pericolo è quello opposto, dell’assenza o latitanza della figura paterna. In entrambi i casi assistiamo ad uno sbilanciamento relazionale nei confronti dell’asse materno, poiché è generalmente la madre l’elemento stabile e costante, sia della famiglia ricostituita, sia della famiglia monogenitoriale. Questa vuole essere una breve inquadratura storica e sociale delle ultime trasformazioni di ruoli e responsabilità all’interno della famiglia, ma vediamo di entrare più in profondità nella funzione del padre e nella funzione della madre. Intanto chiariamo i due termini, entrambi menzionati all’interno di questo scritto: ruolo e funzione. Il ruolo è un comportamento fisso, rigido che non consente evoluzioni né trasformazioni, ed è condizionato dalle abitudini e tradizioni sociali. Il termine funzione è qui usato in riferimento al modello funzionale energetico di W. Reich. Secondo questo modello le funzioni sono gli elementi portanti dell’organizzazione del sistema vivente che coerentemente esprimono lo stato bio-energetico del sistema stesso ( funzioni somatiche, psicologiche, affettive, emozionali ecc.). La funzione paterna è quindi una funzione naturale, necessaria e irrinunciabile come quella materna e ben distinta da essa. La funzione materna è quella dell’accoglienza, del contenimento e del nutrimento, quella paterna si riferisce a quella funzione che ci consente di separarci dall’utero in cui siamo stati accolti per nove mesi, per entrare in un nuovo mondo; è la stessa funzione che poi ci consentirà di separarci dalla famiglia ed entrare nel mondo sociale. Il padre, nella nostra cultura, da il nome al figlio, definisce cioè l’identità del figlio e la definisce come altro da sé e dalla madre. Nel momento che il figlio si sente chiamato con il proprio nome e riconosciuto come altro, cioè con un proprio corpo, un propria pelle, una propria individualità, può separarsi da quell’utero nel quale è stato contenuto e cresciuto e sentirsi nato. Le funzioni materna e paterna sono presenti entrambe in ognuno di noi e sono la nostra eredità profonda: il bagaglio cromosomico che portiamo con noi dalla nostra famiglia di origine e dalla nostra storia. Nel momento che diventiamo genitori, se accettiamo profondamente le nostre imperfezioni, sia come madri, sia come padri, possiamo relazionarci con chiarezza con i nostri figli per ciò che siamo, senza confonderli. Pur essendo presenti in ciascuno di noi queste due funzioni, non è possibile sostituirsi all’altro; le funzioni materne e paterne sono necessarie entrambe, ma una madre non può fungere contemporaneamente da madre e da padre. Così facendo non si aiuta il figlio a definirsi. La stessa cosa vale per i padri. Un padre che si sostituisce alla funzione della madre e fa il mammo, non può aiutare il figlio ad uscire dal mondo materno ed entrare nel sociale. Se il figlio non vive nella confusione, potrà trovare altri spazi, luoghi e riferimenti per vivere e completare le eventuali parti mancanti. Secondo noi è importante essere consapevoli e accogliere i propri limiti e le proprie imperfezioni; così facendo accogliamo anche i limiti dell’altro, riuscendo a valorizzare la funzione che svolgiamo in quel momento. L’essere genitori è un continuo divenire ed una continua trasformazione, e la perfezione non è la soluzione.