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fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza , , .

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fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza , , .
ANNO XXIII — N°1
Gennaio 2015
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza
L ' U O M O R I CCO D I A S T U Z I E R A CCO N TA M I , O M U S A , C H E A LU N G O
E R R Ò D O P O C H ' E B B E D I S T R U T TO L A R O CC A S A C R A D I T R O I A ;
D I M O LT I U O M I N I L E C I T TÀ V I D E E C O N O B B E L A M E N T E ,
M O LT I D O LO R I PAT Ì I N C U O R E S U L M A R E ,
LOT TA N D O P E R L A S UA V I TA E P E L R I TO R N O D E I S U O I .
Ulisse 2015
Editoriale
IL SONNO DELLA RAGIONE
Buon 1984 a tutti. Purtroppo no, non ho sbagliato a
scrivere. Non siamo molto lontani da quello che George
Orwell, nel 1948, scriveva in uno dei suoi più celebri romanzi. Libertà di pensare, libertà di esprimersi, libertà di
avere idee diverse da quelle del sistema: questo era
assolutamente vietato nel mondo distopico in cui Winston Smith viveva e questo è venuto meno oggi. 7 gennaio 2015: due killer armati di kalashnikov entrano nella
sede del settimanale satirico “Charlie Hebdo” e fanno
una strage di civili. Un terribile episodio che lascia spazio a molte riflessioni, ma per cui è veramente difficile
trovare parole.
La questione politico-religiosa è molto ampia, ma la
libertà di espressione rimane sempre un diritto inviolabile
e sacro, che nessuno dovrebbe minacciare. Riporto le
parole di Aldo Cazzullo, giornalista e scrittore italiano,
che condivido: “Alcune di quelle vignette sono efficaci.
Altre non fanno ridere. Altre ancora appaiono inopportune. Si possono criticare. Ma sarebbe un errore grave
dividersi oggi sulla libertà d’espressione, che va difesa
sempre, anche quando diventa libertà di dissacrazione.
(…) Ogni terrorista ha trovato giustificazioni e alibi, pure
nel recente passato italiano. Questa volta non ne dovrà
trovare. Non ci sono provocatori e provocati; ci sono vittime e carnefici.” Nessuna scusante. Un episodio che si
riassume in terrore e paura e che, se amplificato, porte-
rebbe all’annullamento del pensiero, alla cancellazione
dell'individuo e, infine, all’ imprescindibile schiavitù.
Sembra ovvio che questa soluzione, nel moderno
2015, sia totalmente da evitare; eppure, se Salvatore
Quasimodo fosse qui, non esiterebbe a dire: “Sei ancora
quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”, e
certo non avrebbe torto. Mentre la scienza e la tecnologia si sviluppano e perfezionano, l’umanità sembra regredire più che progredire. Un aspetto non poco grave è
che il tutto avviene in un forte clima di indifferenza e superficialità da parte nostra, in particolare di noi giovani.
Scrive Claudio Magris: “Una volta -ha scritto il cabarettista tedesco Karl Valentin, amico di Brecht- la realtà era
brutta, ma ‹‹il futuro era migliore››. Oggi spesso ci sembra di non sapere se avremo un futuro”.
In questi momenti, se avremo un futuro o no, è una
domanda che ci lascia intensamente perplessi e a cui
difficilmente riusciamo a trovare risposta. Una certezza,
però, è che il futuro saremo proprio noi; per questo è
fondamentale interessarci a quello che ci circonda, confrontarci con gli altri e condividere degli ideali in virtù di
un prossimo bene comune, basato sul rispetto reciproco
e sulla legalità. Non dimentichiamoci che, come dice
Goya, “Il sonno della ragione genera mostri”, e noi dobbiamo evitarlo.
Può darsi che io sia troppo ottimista o che qualcuno la
pensi diversamente da me, ma è questo il bello. Possiamo avere idee divergenti e possiamo anche discuterne
con la ragione necessaria per non sfociare nelle offese
verso gli altri. Sicuramente questo giornalino è un possibile mezzo per sperimentarlo. Eliminiamo le barriere, i
pregiudizi, le paure. Svegliamoci da questo sonno.
Letizia Fede
II
Ulisse 2015
saluti
“BELLA, PROF!”
Un saluto dalla prof. Bruno
E’ il saluto più bello che ho ricevuto in questi anni dai miei studenti.
Anni fa, la prima volta che un alunno mi disse “Bella prof!” non capii che si stava rivolgendo a me,
con quelle parole; ma che voleva dire? Ho ricostruito e penso che significhi: «Oggi è una bella
giornata, mi fa piacere incontrarti e auguro una bella giornata a te che sei una bella persona”. E’
un augurio, un “in bocca al lupo”, perché ogni giorno è una bella sfida. Tutto questo in quelle due
paroline, “Bella prof”.
È, dunque, bello salutare i ragazzi che entrano alla prima ora, così come congedarsi con loro
all'ultima ed è con tanta gioia e un po’ di tristezza che vi vorrei salutare. La gioia nasce dal fatto
che con voi mi sono trovata benissimo. Condividere il mio tempo con ragazzi come voi, cercando
di imparare insieme qualcosa è stato per me un piacere difficile da spiegare a parole. Ho apprezzato ogni momento di questi anni in cui abbiamo percorso un tratto di strada assieme. Non è passato giorno in cui non mi meravigliassi di quello che usciva dalla vostra personalità durante le lezioni. Voi eravate lì per imparare, ma anch’io ero lì per imparare a insegnare, ed entrambe le cose si realizzano solo con molto tempo e molta pazienza, come avrete modo di sperimentare nei
prossimi anni. Ho apprezzato in voi il vostro irrefrenabile dinamismo, la vostra naturale allegria e
vivacità, la vostra costante curiosità e impertinenza, la vostra freschezza di pensieri e di idee, la
vostra comunicativa. Vi ringrazio per l’affetto che mi avete dimostrato e le soddisfazioni che mi
avete regalato nella realizzazione delle nostre lezioni, certificazioni linguistiche, corsi di inglese,
gite, cene e happy hour. La tristezza deriva dal fatto che non sarò più seduta dietro una cattedra
né camminerò tra i banchi durante le verifiche, ma, anche se in un ruolo nuovo, continuerò a mettere i bisogni degli studenti in cima alla lista delle priorità.
So di essere stata una delle prof più "popolari" del liceo classico, apprezzata dagli studenti, e le
manifestazioni di affetto che ho ricevuto alla notizia che avrei lasciato il liceo e il mestiere di insegnante mi hanno profondamente commosso. Qualcuno ha anche pianto e io a questi ragazzi, tristi per una professoressa che li lascia, dico che aveva ragione il vecchio Gandalf nell’ultima pagina del mio romanzo preferito: “ I will not say, do not weep, for not all tears are an evil.”
Vorrei salutarvi uno per uno, ma siete tanti e molte generazioni si sono susseguite sui banchi del
liceo e sulle pagine di questo glorioso giornalino, che ho visto nascere e crescere, e che nel suo
nome Ulisse racchiude il passato omerico e dantesco, ma anche la promessa del futuro e della
scoperta. Vi dico soltanto che mi mancherete molto, ma che ci sarò sempre se avrete bisogno di
me. Vi ringrazio per tutto quello che mi avete insegnato.
Vi auguro di diventare persone di valore, sincere, oneste e sagge, di essere felici e riuscire a rendere felici tutti quelli che incontrerete sul vostro cammino.
Ad maiora semper maxima cum serenitate et sine cura.
La vostra Prof. Bruno
III
Ulisse 2015
Il ritorno
ULISSE, IL GRANDE RITORNO
Opera filologica senza un filo logico
“Dove stiamo dunque andando?”
“Sempre verso casa.”
Novalis, Enrico di Ofterdingen
Natale, pranzo natalizio: per quanto vi possa sembrare strano è proprio qui che penso ad Omero, e non
solo per i compiti di greco che devo svolgere in questi quindici giorni. A Natale, si sa, riaffiorano dal nostro albero genealogico una miriade di parenti semisconosciuti e se alcuni ti conoscono perfettamente,
altri, invece, l’ultima volta ti hanno visto a fecondazione appena avvenuta, quindi non è per cattiveria,
ma è che proprio non sanno cosa domandarti, per cui le frasi di rito sono sempre le stesse: «Ma come sei
cresciuta!», «Come va la scuola?» e simili. Ma non finisce qui. Benché l’interrogatorio di zia Clelia sia oltremodo irritante, c’è qualcosa che, almeno personalmente, mi fa salire una voglia di appiccare il fuoco
all’albero di Natale e usare le palline come bottiglie Molotov. Sì, perché il vero problema di questi ritrovi
familiari è uno solo: la loro durata biblica.
È risaputo, infatti, che tra una portata e l’altra si altera il continuum spazio-temporale, per cui una «festa giusto per i parenti più
stretti» si rivela un colossale buco nero da cui se ne esce invecchiati
e alle soglie dell’obesità. Vi lamentate perché il pranzo si protrae da
sei ore e avete anche dato un nome alle vesciche che vi sono spuntate sui piedi? E allora che dovrebbe dire Penelope con i Proci che
le infestarono la casa per vent’anni? Provate a immaginarvi la situazione: sebbene la guerra di Troia sia terminata da dieci anni,
Ulisse non lascia nemmeno un messaggio su WhatsApp a Penelope,
la quale non fa altro che tessere tutto il giorno pur concedendosi, tuttavia, piccoli momenti di relax per
guardare le sue telenovelas preferite quali “L’isola degli dei”, “Miss Mediterraneo”, “Chi ha visto Ulisse?” e
“Tutti morti per Scilla e Cariddi”.
A questo punto entra in scena il figlio Telemaco che, con il suo consueto carisma, chiede una nave ai suoi
concittadini per andare alla ricerca del padre.
Nel frattempo Ulisse arriva sull’isola dei Feaci dopo aver trascorso sette anni insieme a Calipso, una bellissima ninfa perdutamente innamorata di lui. Comunque Ulisse ai Feaci non rivela la sua identità e comincia a raccontare la sua storia partendo dall’inganno del cavallo di legno che tutti voi conoscete e su
cui non mi dilungherò (vabbè non lo racconta proprio lui, ma lasciamo
stare).
Dopo aver lasciato Troia ormai distrutta, Ulisse e i compagni giungono
sull’isola dei Ciclopi, esseri giganti con un occhio solo. Qui vengono catturati da Polifemo, il più sciocco dei Ciclopi, il che ci fa dubitare anche
della presunta astuzia di Ulisse. Polifemo senza sapere né leggere né
scrivere comincia a mangiarsi pian piano i compagni dell’eroe che, per
uscire dalla pericolosa situazione, lo acceca.
IV
Ulisse 2015
Il ritorno
Ora, Polifemo ha un serio problema di alcolismo, per cui quando gli altri Ciclopi lo sentono gridare e gli
domandano: «Chi ti ha accecato?», egli risponde: «Nessuno», il nome che gli aveva riferito Ulisse.
E costui a questo punto, considerando anche che ormai aveva esaurito la scorta di calzini puliti e Penelope continuava ad addebitargli le chiamate, pensa che non sarebbe stata una brutta idea quella di rincasare, quindi si mette in viaggio con i suoi compagni. Piccolo particolare: si dimentica che Polifemo è il cocco di papà Poseidone, il dio dei mari, che per vendetta lo fa approdare sull’isola della maga Circe.
Ora, avete presente le streghe, no? Senza denti, gobbe, vecchie, zoppe e via dicendo? Ebbene Ulisse capita
fra le mani dell’unica strega top model del Mediterraneo, che a un certo punto uno se lo dovrebbe pure
chiedere se Poseidone ce l’aveva davvero con Ulisse o no. Naturalmente Circe si innamora di Ulisse e per
fargli dimenticare di prendere il largo trasforma i suoi compagni in maiali.
Qui Ulisse perde altro tempo e noi capiamo che la struttura dell’Odissea è uguale a quella di una qualsiasi puntata di Dottor House: si presenta il problema; Ulisse (House) non fa assolutamente nulla, anzi si diverte in vario modo (ma probabilmente Ulisse si diverte di
più); l’equipaggio (l’equipe) fa tutto il lavoro e perde tempo,
sonno ed energie per risolvere la situazione; infine il dottor
Ulisse ha un’idea geniale che mette tutto a posto.
In realtà bastava che Ulisse o House si fossero applicati un po’
di più e noi avremmo risparmiato svariate centinaia di versi, e,
soprattutto, diverse interrogazioni sia in quarta ginnasio sia in
prima liceo.
Ma torniamo a noi. Dato che Ulisse non vuole tornare da Penelope, Atena manda Ermes a ricordargli che
mezzo Olimpo e un’isola intera stanno facendo di tutto per farlo arrivare a Itaca, perciò, preso dai sensi
di colpa, decide di ripartire sulle note di “Fin che la barca va”.
Seguono ora una serie di alterne vicende, fra cui l’episodio delle Sirene e la morte di tutto l’equipaggio in
seguito a un naufragio causato da Poseidone che, seppure dio, non ne azzecca una.
Al termine del racconto Ulisse svela la propria identità ai Feaci che lo guardano sbalorditi non tanto per
la storia della maga, dei Ciclopi o delle Sirene, quanto per il fatto che proprio non riescono a credere che
sia stato “costretto” da Calipso a diventare il suo amante per sette anni.
Ad ogni modo Alcinoo, re dei Feaci, decide di aiutare il sovrano di Itaca a ritornare a casa, così notte tempo, mentre Ulisse dorme, lo riportano sulla sua isola. (Evidentemente non si fidavano a farlo guidare da
solo).
Infine il nostro eroe riesce a tornare a Itaca dopo essere miracolosamente riuscito ad accendere con un
cerino il navigatore satellitare. Atena fa assumere le sembianze di un mendicante ad Ulisse che, con l’aiuto di Telemaco, stermina i Proci.
E qui siamo arrivati alla fine che non è la fine, ma, semplicemente, un nuovo inizio.
Già, poiché secondo una leggenda medievale (ripresa anche da Dante in Inferno XXVI, vv. 76-142) Ulisse dopo un po’ si sarebbe stufato della vita coniugale e pur di non sentire la moglie questa volta partì per
non ritornare mai più.
V
Ulisse 2015
Il ritorno - il cervello
Avrebbe, infatti, ripreso il largo con i suoi vecchi compagni (ma non erano morti nel naufragio?!) per
superare le Colonne d’Ercole e arrivare in vista del Purgatorio. D’altro canto dopo il viaggio in mare non poteva mancare quello verso il cielo, (conosciuto dai più come “ Il folle
volo di Ulisse” sebbene non fossero andati con Alitalia) dove
poi si stabilirà definitivamente.
Aggiungiamo poi che il nome di Ulisse compare, anche se
non si sa il perché, nel romanzo sconclusionato di James
Joyce, uno che aveva evidenti problemi di linguaggio già ai
tempi delle scuole medie.
Il romanzo narra una sorta di viaggio interno del protagonista, ma il libro è così noioso che nessuno (io
per prima) l’ha mai finito (e forse nemmeno iniziato).
Ora, al di là di tutto, l’Odissea è davvero IL poema in cui sono racchiuse le nostre radici, non solo europee, ma addirittura umane dato che si ritrovano riferimenti in tutta la letteratura mondiale.
È una storia piena di colpi di scena, la capostipite di tutti i telefilm, nonché la madre dei romanzi di avventura.
E poi bisogna considerare che Omero ha sicuramente avuto sugli scrittori di tutto il mondo più influenza
di quanta ne avrà mai Moccia. E non è nemmeno esistito! ( Ma questo, come direbbe la sempre cara
prof.ssa Barbesino, è un altro paio di maniche...)
Ilaria Caspani
Il cervello, un viaggio meraviglioso
“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.”
Marcel Proust
LA BELLEZZA DELLE EQUAZIONI
che quanto più un'equazione veniva giudicata
bella, tanto più intensa era l'attività del cervello
in un'area chiamata campo A1 della corteccia
orbitofrontale.
Quando i matematici dicono che le equazioni
sono bellissime, non mentono. Le scansioni di
imaging cerebrale mostrano che le loro menti
rispondono a equazioni ‘belle’ allo stesso modo
in cui le altre persone rispondono a splendidi
quadri o a musiche magistrali.
La corteccia orbitofrontale è associata alle emozioni, e test precedenti avevano mostrato
che questa sua particolare regione è correlata
con le risposte emotive alla bellezza visiva e musicale. I ricercatori si erano chiesto se questo
non fosse vero anche per la bellezza matematica, che «ha origini intellettuali più profonde rispetto alla bellezza visiva o musicale, che sono
più ‘sensibili’ e più basate sulla percezione», come hanno scritto in un articolo pubblicato di recente su Frontiers of Human Neuroscience.
La scoperta potrebbe portare i neuroscienziati
un po' più vicino alla comprensione delle basi
neurali della bellezza, un concetto sorprendentemente difficile da definire.
Nello studio, i ricercatori, guidati da Semir Zeki
dello University College di Londra, hanno trovato
VI
Ulisse 2015
Il cervello
L’ACQUISTO GIUSTO SI FA IN 23 MINUTI
ciò che vivono e da ciò che vedono.
Qual è la marca di televisore più conveniente?
Quale preferite, quel paio di scarpe o quell’altro?
Per rispondere a questi e a tutti gli altri interrogativi da "shopping time" avete 23 minuti, poi il
cervello non sarà più in grado di scegliere l’offerta più conveniente.
SE IL CHIRURGO GIOCA A TOMB RAIDER L'OPERAZIONE SARÀ UN SUCCESSO
Che vi sia un nesso tra esiti chirurgici e medici
appassionati di "Tomb Raider" è ormai confermato dai risultati di una recentissima ricerca svolta
dal Beth Israel Medical Center di New York in
collaborazione con il National Institute on Media
and the Family. Lo studio, reso noto da Cnn.com
e pubblicato due giorni fa sotto la supervisione
del dottor James Rosser, responsabile del reparto di Chirurgia non invasiva e direttore dell'Istituto di tecnologia medica avanzata, ha riguardato
303 chirurghi specializzati in laparoscopia.
Uno studio realizzato dagli esperti di SBXL
(Shopping Behaviour Xplained Ltd) e dagli psicologi dell’Università di Bangor, in Galles, tra i primi 15 atenei del Regno Unito, spiega bene come
la corteccia pre-frontale, dove è collocata la parte razionale del nostro cervello, riesca ad essere
nel pieno delle sue funzioni solo per quei pochi
minuti allo scadere dei quali la parte più primitiva ed istintiva, protetta
nella corteccia insulare, a
questo punto avrà la meglio e lo "shopper" perderà la capacità di valutare
al meglio le prospettive di
lungo periodo e quindi la
possibilità di fare acquisti
ponderati.
La ricerca ha dimostrando che i medici che giocano con la Playstation
appena prima di un intervento sono in grado di
completare la propria performance chirurgica in 11
secondi meno dei colleghi
che non hanno mai impugnato un joystick. E ancora: prima si conclude l'intervento, minori sono gli
errori commessi.
UN’OPERA D’ARTE?
ELETTRIZZANTE…
Altra scoperta scientificamente provata: i medici che giocano tre ore a
settimana commettono il 37% di errori chirurgici
in meno e dispongono di una manualità più veloce e sicura del 27% rispetto ai colleghi che non
si sono mai allenati. «Esiste una correlazione positiva tra gioco e miglior coordinamento di occhi
e mani, riflessi, visualizzazione spaziale, attenzione visiva e flessibilità mentale - argomenta
James Rosser - e queste sono tutte attitudini
fondamentali per un chirurgo che si rispetti».
Il grado di apprezzamento
di un’opera d’arte può aumentare a seguito di
una stimolazione elettrica a bassa intensità della corteccia dorso laterale prefrontale sinistra,
sede della valutazione estetica. È la conclusione
alla quale sono arrivati i ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca che hanno pubblicato uno
studio sulla rivista Social Cognitive and Affective
Neuroscience.
Zaira Cattaneo, coordinatrice dello studio, afferma: «Abbiamo utilizzato la stimolazione cerebrale per studiare cosa accade nel nostro cervello
quando osserviamo qualcosa di bello, che si tratti di un’opera d’arte o di un paesaggio».
Questo lavoro apre prospettive di conoscenza su
come il piacere estetico, che si accompagna alla
contemplazione di cose belle, possa aiutare nel
trattamento di pazienti (depressi, per esempio)
che sembrano non riuscire a trarre piacere da
Ilaria Caspani
VII
Ulisse 2015
viaggi
ARGENTINA:
Non un anno della mia vita, la mia vita in un anno
"Tra vent'anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto.
Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti.
Esplorate. Sognate. Scoprite."
Marc Twain
Quanto è un anno in Argentina? Poco, troppo poco.
L'Argentina ti travolge, ti abbraccia, ti fa sentire parte di lei, ti succhia tutto quello che hai
e te lo restituisce doppio, nel bene e nel male. E quando tornerai in Italia la riporterai indietro con te, oppure, come me, rimarrai là per sempre. Anche se sarai fisicamente qui, la
tua mente e il tuo cuore voleranno alti sopra la sierra e la pampa, si nutriranno di dulce
de leche y sonrisas, e non torneranno più. Ciò ti creerebbe non pochi problemi, ma è anche vero che questa è un'altra storia
Nella migliore delle ipotesi, invece, tornerai e riporterai indietro una persona diversa. Anzi, diversa non è a parola esatta... Sai, "solo" più completa, più consapevole, più viva, in
tutte le accezioni del termine.
Riporterai indietro il ballare fino alle 7 del mattino, il cenare a mezzanotte perché tanto si
esce alle 2. Riporterai indietro i tredici chili di empanadas e alcol, la chitarra e i canti al
parco con le amiche, quei tacchi altissimi che vanno tanto di moda e da cui sei caduta un
milione di volte. Riporterai la paura di un'aggressione a Buenos Aires e forse stavolta eviterai di girovagare per la strada senza prestare attenzione a quello
che ti circonda. Riporterai l'orrore di vedere i bambini nudi per la strada, e la consapevolezza di non poter far nulla per aiutarli. Il dolore di ragazze della tua
età che devono mandare avanti una famiglia, l'angoscia nel vedere tanti cani abbandonati nelle strade.
Riporterai le cene infinite con i parenti, le promesse
di tua sorella di uscire solo un "ratito", per poi tornare a casa 10 ore dopo. Riporterai il mate caliente, la
condivisione, il comprare un pacchetto di biscotti
che poi sarà di tutti quelli che ci sono lì, tanto il prossimo lo comprerà qualcun altro. Riporterai l'orgoglio
degli ottimi voti e della domanda: "Ma in Italia sono tutti intelligenti come te?", mentre
con modestia scantoni, consapevole che in realtà non è affatto così. Riporterai le parolacce gridate, le passioni delle loro reazioni. Riporterai lo spagnolo perfetto di cui ti sei innamorata e che, nonostante tutte le brutte figure che hai fatto, ti mancherà da morire.
VIII
Ulisse 2015
viaggi
Riporterai a casa un'altra famiglia: un altro padre, un'altra madre e altri fratelli. Ti accorgerai di tutto quello che i tuoi genitori italiani hanno fatto per te e di quello che potevi fare
per loro che però non hai mai fatto, e così inizierai a farlo. Riporterai un legame fraterno
per il quale, adesso, anche se tua sorella usa le tue cose non ti arrabbi più e a tuo fratello
dici "ti amo". Riporterai a casa più
amici argentini di quanti tu ne possa
mai avere in Italia o di quanti mai
avresti potuto averne in una vita intera; e riporterai la loro solarità, apertura, socievolezza, solidarietà. Ma riporterai anche le amicizie sincere di
ragazzi da tutto il mondo che, come
te, hanno deciso di essere exchange
student. Riporterai quelle notti infinite e quei pomeriggi del fine settimana a dormire fino alla sera. Riporterai
l'amore per il tuo corpo, ti sentirai
sempre bella, sempre apprezzata,
perché non conta quello che sei, ma
chi sei. E solo in Argentina te l'hanno fatto capire.
Riporterai indietro la gioia di vivere, l'entusiasmo, la passione, la rabbia, le grida, le risate,
quei sorrisi infiniti, quelle emozioni travolgenti che ti fanno sentire vivo, che vivi.
Riporterai tutto questo e molto altro ancora.
A volte verrai capito, altre no. A volte verrai preso per matto, a volte apprezzato altre criticato (soprattutto quando arrivi con un'ora di ritardo, perché in Argentina la regola è
semplice: esci di casa all'ora in cui dovresti essere arrivato all'appuntamento).
E sai cosa succederà? Non ti basterà. Questo punto di arrivo sarà il tuo punto di partenza
e continuerai a cercare esperienze che ti arricchiscano tanto quanto quella che hai appena
vissuto, perché in fondo è nella natura dell'uomo tendere verso un infinito di completezza
al quale non arriverà mai. Alcuni la vedono come una cosa negativa. Io, mi dispiace, sono
argentina, la negatività è esclusa dalla mia vita, e non la penso così.
Mi volto indietro e sorrido, è il percorso quello che importa, e la vista è spettacolare. Ne è
davvero valsa la pena. Anche nelle difficoltà e nei dolori quel tricolore argentino de mi vida mi ha dato qualcosa di cui faccio tesoro. E, da brava sudamericana, il mio primo pensiero è quello di condividere il più possibile quello che ho. Con voi. Con chiunque voglia
ascoltarmi.
"No tengo todo planeado ni mi vida resuelta, solo tengo una sonrisa y espero una de
vuelta"
"Non ho pianificato né risolto la mia vita, ho solo un sorriso e spero che venga contraccambiato"
Elisa Canovi
IX
Ulisse 2015
viaggi
“CARPE DIEM”
‘Ma a scuola ci vai cavalcando i canguri?’, ‘Ci sono gli armadietti come in America?’, ‘Hai visto gli
squali?’, ‘Sono fighi gli Australiani?’ (sì, tranne quando piove, quando piove ti mettono nel marsupio; no, purtroppo no; non sarei qui a raccontarlo..; NO –leggende, solo leggende-). Tanti sono i luoghi comuni, poche le cose concrete che in realtà si dicono rispetto a questo tipo di esperienza. Quando mi è stato chiesto se volevo scrivere un articolo riguardo alla mia esperienza in
Australia, la mia paura più grande è stata quella di cadere nella banalità, una banalità noiosa e
monotona, di quella che affolla le risposte
date alle persone che chiedono ‘ma come è
andata?’ e di quella che domina anche sul
web, nei molti blog riguardo a questo argomento. Ma cosa è davvero un exchange student? ‘Studenti che entrano a fare parte di
uno scambio internazionale per cui hanno il
diritto di partecipare alle lezioni scolastiche
come veri e propri studenti madrelingua
senza pagare tasse scolastiche.’ dice Wikipedia. Più complesso, però, è dare una risposta alla domanda ‘CHI è un exchange student?’. Non c’è, infatti, un prototipo di ragazzo destinato a partire, perché ha i capelli rossi, la circonferenza del polso di 18 cm o gli piace
indossare felpe gialle; soprattutto però la difficoltà vera sta nel fatto che un ragazzo che ha fatto
questo tipo di esperienza e l’ha vissuta veramente, fino in fondo, può essere in grado di definire
sé stesso alla partenza, può essere in grado di definire sé stesso al ritorno, ma non sarà mai
davvero in grado di definire, di descrivere e di capire quel sé stesso che, tra mille alti e bassi, ha
vissuto a migliaia di kilometri dalla sua casa e dalle persone a cui vuole bene, in una famiglia che
non era la sua ma che pian piano lo è diventata, per un periodo della sua vita. Sembra scontato,
monotono, ripetuto, ma un’esperienza così ti cambia; nel bene, nel male, questo non è semplice
capirlo, ma sicuramente ti fa scoprire il mondo e te stesso.
Questo, principalmente, per due motivi: il primo è, chiaramente, il fatto che, cosa ripetuta e risentita, viaggiando si scopre il diverso, e scoprendo il diverso si scopre sé stessi. Ma non nel modo in cui si pensa di solito, perché lo scambio scolastico porta chi ha il coraggio (e la fortuna) di
intraprenderlo a vivere un’esperienza che è fuori dal normale e dal quotidiano, pur immergendo
lo stesso nel normale e nel quotidiano di qualcun altro; e questa è, a mio parere, la cosa più importante, perché si impara che anche il diverso per qualcun altro è il normale. Io vivevo in una
casa enorme, a Sydney, sul fiume; per arrivare a casa dovevo camminare per venti minuti, oppure andare in motoscafo. Questa strada la percorrevo due, quattro volte al giorno, perché tutte le
mattine uscivo per andare a scuola, vestita con la mia divisa rossa e grigia, per poi ritornare alla
sera tardi, quando ormai, essendo inverno, il sole era già tramontato. Eppure, alla fine, dopo
più di settanta giorni, questa routine, così diversa dalla mia solita, era diventata la MIA vita quotidiana.
Il secondo motivo è, invece, che vivendo lontano da casa ci si trova, in un'età in cui comunque
X
Ulisse 2015
viaggi
non si è ancora pienamente maturi, in un periodo della vita in cui i genitori sono ancora una parte fondamentale della quotidianità, ad affrontare il mondo da soli, nel vero senso della parola.
Ricordo (sì, ok, anche perché non è passata una vita) il primo giorno che sono entrata nella mia
nuova casa, la casa che col tempo ho imparato ad amare, dopo 35 ore di viaggio, tra aeroporti,
aerei, macchine e, infine, barche (abitavo su un fiume), ricordo quello che ho pensato, l’eccitazione nata dall’incontro tra la paura della novità e del fatto di essere sola, ma sola nel vero senso
del termine, a sedicimila kilometri da tutti coloro a cui e che mi vogliono bene, e l’orgoglio di avere avuto il coraggio di farlo; credo che quella sia stata una delle cose che più mi ha segnata di
tutti i mesi passati lì, la consapevolezza delle mie scelte e la voglia di affrontare tutto ciò che
comportavano, nel bene e nel male, da sola. Perché, in fondo, probabilmente è questo che vuol
dire crescere: capire che non si può sempre scappare, che le cose bisogna prenderle e affrontarle, e prendersi la responsabilità di come lo si fa. In realtà, poi, la mia esperienza però non è stata
solo questo, ma è stata molto di più; è stata la possibilità di rendermi conto che la felicità esiste
e, se la si vuole ottenere, la si può trovare ovunque, ed è stata l’occasione di conoscere moltissime persone, diverse da me, simili a me, ma tutte che, in qualche modo, mi hanno arricchito. Mi
ha dato molto, mi ha dato la possibilità di capire chi voglio essere nella vita, ma non nel senso di
se voglio fare l’astronauta o il poliziotto (no mamma, non ho ancora deciso cosa voglio fare all’università), ma nel senso di sapere che tipo di persona voglio diventare, e quale invece assolutamente no. Sembra poco, risaputo, insignificante, ma non viverlo non lo è, affatto. E vale anche il
ritorno, che è la nota più dolente, perché non è semplice lasciare tutto ciò che con fatica ti sei
costruito, ma forse ancora più difficile è ritrovare quello che prima si era lasciato. Nulla resta come prima, né tu che parti né ciò che resta a casa, per cui la cosa più difficile (che fa a gara solamente forse con l’aprire il dizionario di greco, dopo che a malapena ti ricordi l’italiano) è cercare
di fare conciliare ciò che trovi con ciò che, da lontano, nonostante tutto, ti mancava. Ma tutto, tutto, e, sottolineo, tutto, ne vale la pena. La fatica di parlare un’altra lingua alle sette di mattina, alzarsi presto tutti i giorni per tutta l’estate per andare a scuola, il freddo a luglio, la nostalgia.. non
sono nulla a confronto dell’unicità di ciò che si vive; si hanno diciassette anni una volta sola, e
una volta sola si ha l’opportunità di avere amici coetanei, persone come te, ma upper down, di
essere accolti come figli da una famiglia che non ti ha mai visto prima ma che è disposta a costruire un legame con te, di indossare l’uniforme scolastica e sentirsi dentro un film di quelli che
si guardavano da bambini, e di fare mille altre cose che nessuno può preannunciarti, perché ogni
esperienza è unica, e proprio nella sua singolarità sta la sua bellezza.
‘Tra vent'anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l'ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele.
Esplorate. Sognate. Scoprite.’
Con questa frase di Mark Twain
chiudo questo articolo (con la
speranza che qualcuno dei miei
cari 25 lettori sia giunto a leggere
fino a questo punto) con l’invito a
non fermarvi mai, a credere nei
vostri sogni, a cogliere le opportunità che la vita vi mette davanti,
e, insomma, a vivere.
S. M.
XI
Ulisse 2015
bolshoi
BOLSHOI
La danza classica tra luci e ombre
Il Bolshoi Ballet è una società di danza classica di fama internazionale, con sede presso il
Teatro Bolshoi di Mosca. Fondata nel 1776, è
tra le più antiche compagnie di balletto del
mondo e una tra le più importanti in Russia.
Ne è un esempio l’atto crudele accaduto al
direttore artistico del balletto del Bolshoi, Sergei Filin, nel gennaio 2013, il quale venne aggredito e sfigurato con dell’acido da un individuo mascherato, mentre tornava a casa. Per
questo egli dovette, sottoporsi a numerosi
interventi chirurgici che riuscirono a evitargli
la cecità. La polizia, dopo due mesi di investigazioni è riuscita finalmente a riconoscere come colpevole del crudele gesto l’ex primo ballerino del teatro, Pavel Dmitricenko, condannandolo a sei anni di carcere. Pavel, però, ha
continuato a proclamarsi innocente sostenendo, come tesi difensiva il fatto di non essere
stato intenzionato a sfigurare il direttore artistico con l’acido, ma di aver voluto compiere
solo un atto intimidatorio nei suoi confronti
per il disaccordo riguardo l’assegnazione dei
premi e dei ruoli degli artisti. Purtroppo ottenne l’appoggio di decine colleghi, e questo oltre a non attenuare la gravità dell’atto compiuto nei confronti di Filin, evidenzia l’arrivismo e l’assenza di scrupoli all’interno della
compagnia.
Oggi essa può contare su un corpo di ballo di
circa 220 ballerini professionali tra i quali ricordiamo Svetlana Zakharova che, nell’ottobre
2003, diventò prima ballerina di questa celebre società. Dietro alla leggiadria, alla delicatezza, all’eleganza, all’umiltà e al sorriso di
questi angeli volteggianti, però, si celano
egoismo, potere e bramosità di russi aristocratici, che operano in maniera dispotica e
illecita al solo fine di aumentare i loro profitti,
come dimostrano gli episodi e le testimonianze emerse nello scandalo del 2013, di cui il
teatro del Bolshoi è stato protagonista. Personalmente, credo che il mondo della danza,
debba rimanere puro e inviolato dalle corruzioni e dal nepotismo poiché la danza classica
è un’arte bella da vedere e importante da valorizzare. Dar voce alla musica con i movimenti armonici del corpo non deve aver niente a che fare con la corruzione e le assegnazioni delle parti devono essere basate sulla
meritocrazia e non sui favoritismi legati esclusivamente al
denaro.
Tuttavia, questo fatto non è tra i più eclatanti
poiché la recente testimonianza della ex prima ballerina del Bolshoi Anastasia Volochkova
ha destato nuovamente scalpore.
Essa afferma, infatti, che le ballerine, per aggiudicarsi una parte rilevante nelle esibizioni
o per salire di nuovo sul palcoscenico, sono
costrette ad accettare proposte sessuali da
parte di oligarchi e uomini potenti russi, tutto
questo per arricchire e accontentare questi
individui senza scrupoli.
Infatti,
alla
base di queste
azioni
violente
e
illegali sono
presenti feroci
rivalità,
invidie, gelosie e conflitti
tra ballerini
di importanze
diverse
dal punto di
vista gerarchico.
Anche la dichiarazione della ballerina diciottenne Joy Womack ha puntato i riflettori sul
teatro del Bolshoi poiché ella ha affermato
che un alto membro della società ha cercato
di estorcerle 10.000 dollari per avere la possibilità di esibirsi sul palcoscenico.
XII
Ulisse 2015
Considerato che la ballerina non possedeva
nessuno sponsor in grado di sostenerla, si è
trovata costretta a pagare per accaparrarsi un
ruolo rilevante all’interno del corpo di ballo.
Bolshoi - poesia
Queste azioni impure devono, secondo me,
scomparire al fine di valorizzare l’arte della
danza caratterizzata da leggerezza e purezza.
Sara Bombardieri
Corruzione, nepotismo, cupidigia e invidia
non sono le sole accuse rivolte al celeberrimo
Teatro del Bolshoi poiché troviamo anche episodi di razzismo come ne dimostra la denuncia da parte della ballerina afro-americana Precious Adams, la quale è stata esclusa dalle
performance e invitata a rendere il suo aspetto più idoneo a quello che richiedevano i direttori, togliendo il nero dalla sua pelle. Inoltre, durante un’audizione, è stata obbligata a
lasciare l’aula dall’insegnante, perché nera.
Insomma, le problematiche interne all'antichissimo teatro moscovita sembrano saltare
fuori una alla volta e non sembrano mai finire.
A Norberto
Ne le sue eleganti vesta
appropinquandosi alla pianta
chiama l’alunno da lui rato
per il ripasso dialogato.
Ad ogni grossolano errore,
ben nascondendo il suo orrore,
con una smorfia annuisce
e correggendo dice: “Si capisce?”.
Colui che il cor gentil possiede
a pien diritto alla cattedra siede,
ma non è da tutti vertute:
contro loro, nostre bocche mute.
Non tutti infatti come codesto omo
altrettanto boni di core sono.
Un’ammiratrice
XIII
Ulisse 2015
racconti
POEMETTO
Uno, due, tre. Una conta: semplice, ingenua. Era una bella bambina, Lizbeth, tutta sua madre, giocava nel parco. Si divertiva, con tutti gli altri bimbi, a nascondersi: come fanno tutti i
piccoli, come tutti hanno fatto almeno una volta. E quanti risolini uscivano dalla sua boccuccia fine, che sorrisi mandavano i suoi occhi blu. L’uomo li spiava; la stava spiando da
dietro la cancellata.
Uno, due, tre, quattro. Che bella bimba, Lizbeth; piena di innocenza, di freschezza. Sì,
all’uomo quella bambina piaceva e in particolare ora, mentre la guardava contare a occhi
chiusi, si scopriva ad amare i suoi capelli ricci e biondi e quel suo corpicino leggero. Solo un
soffio di vento sarebbe bastato per farla volare via. Solo uno sbuffo, uno sputo, sarebbe bastato per distruggerla.
Uno, due, tre, quattro, cinque. Lizbeth: che nome strano, che nome magnifico. Un nome che
si perde in bocca, un nome che può esser solo sussurrato. Era stata proprio una buona scelta, le si addiceva, pensava l’uomo, continuando a fissarla con espressione vaga, ancora indeciso sul da fare. Non sapeva ancora se staccarsi da quella grata e muoversi; ma chissà se lo
avrebbe saputo mai.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei. Nove anni erano passati da quella notte, nove anni erano
scivolati uno sopra l’altro e non riusciva a dimenticarsi quella donna. Se ne stava lì, ora, che
la guardava, che la fissava, sua figlia. La figlia di lei. Voleva andare a toccarla, voleva prenderla fra le sue braccia. Ma sarebbe riuscito a farcela? Davvero, chi, sano di mente, non
avrebbe almeno dei piccoli dubbi in una situazione del genere? Chi? E mentre tutte queste
domande gli ruotavano vorticosamente in testa, tra le labbra continuava a bisbigliare Liz,
Liz, Liz, Liz.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette. Era sicuramente stata una decisione di sua madre
darle quel nome stupendo; quanto aveva amato quella donna, quanto l’aveva odiata. Erano
stati amanti per un’eternità e il loro rapporto aveva sempre funzionato fino a quando, una
mattina, si ritrovò nel letto solo, nessuna traccia di lei. L’aveva abbandonato, così, al suo destino di ragazzo universitario, senza un saluto, senza un messaggio. Senza un motivo.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto. Aggrappato a quella cancellata sembrava un
bimbo che aveva paura del castigo. Quel corpicino, una bambina di otto anni, dolce e ridente, per lui era diventato tanto grande da sommergerlo e investirlo tutto. Non l’aveva mai vista prima di quel pomeriggio; aveva i suoi occhi, i suoi occhi azzurri. Come poteva riempire
quella bianca pagina vuota? Come? Se avesse avuto l’occasione prima, se solo l’avesse avuta
forse avrebbe saputo come fare. Perché sua madre non glielo aveva detto subito quella mattina? Perché aveva dovuto incontrarlo nove anni dopo per dirglielo? E perché aveva pianto
mentre gli parlava di lei? Che situazione assurda. Incredibile come la vita sia capace di baciarti sulla fronte e contemporaneamente sputarti negli occhi, non trovate?
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove. Staccati ora; vai da lei, vecchio mio, corri da tua figlia. Non dirle subito chi sei però: ti prenderebbe per pazzo, non ti crederebbe
suo padre. Parlale, convincila che devi raccontarle qualcosa di importante, portala via dagli
altri bambini e siediti con lei su una panchina. Hai pensato troppo in questi pochi secondi,
non puoi sbagliare. Va da lei. Abbracciala e digli ciò per cui sei venuto qui e poi dalle un bacio, piccolo, sulla guancia. Va da tua figlia, amico mio, vai.
Dieci: arrivo!
Principe Myskin
XIV
Ulisse 2015
racconti
DACCI OGGI
LA NOSTRA SCUOLA QUOTIDIANA
Driiiin
mia battaglia quotidiana: una nuova giornata di scuola.
Non la sopporto più. Ogni mattina, dall'inizio della scuola, la mia maledetta sveglia
tuona come le trombe del giudizio. Farebbe resuscitare pure i morti, e non per grazia divina ma – infastiditi – per disperazione! Quel maledetto trillo mi perfora i timpani e arriva dritto al mio cervello fino a
rimbambirmi, annullando la mia volontà.
Come uno zombie comincio la mia giornata perso ancora nei miei sogni notturni
e inseguito dai miei incubi diurni. Ma oggi
proprio no! Voglio ribellarmi a questo ingiusto sistema, alla mia sveglia e al suo
trillo infernale.
Non riesco a godere della mia momentanea inconsulta esaltazione che, appena
fuori casa, mi accorgo di essere purtroppo
in ritardo, rischiando di perdere il treno
che mi porterà a scuola. Vorrei lasciar perdere e dire: ma si! Ci ho provato. E’ andata
così. Me ne torno a casa. Vedrai, domani
andrà meglio. La mia mente comincia appena ad assaporare l’oblio di tali dolci
pensieri, che tanto rinfrancano la coscienza e ingentiliscono il cuore (il mio, ovviamente), che già le mie gambe hanno avviato la loro folle corsa verso la stazione,
lontanissima, irraggiungibile.
Lentamente il mio braccio striscia fuori da
sotto le coperte, intento a colpire il mostro; parte lo slancio atletico ed ecco, finalmente, la vedo volare giù dal comodino, sperando che il suo canto mostruoso
si spenga infrangendosi sul pavimento insieme agli altri pezzi dell’infernale marchingegno e, invece, ho solo peggiorato la
situazione: non si ferma più. Basta! Ci rinuncio ... ha vinto lei. Ancora una volta.
Ce l’ho fatta, sono riuscito ad arrivare.
Agonizzante e circondato dalle altre anime di dannati come me, che si accalcano
sulle rive dell’Acheronte per essere traghettate e condotte ai propri luoghi di castigo e di pena, salgo per un soffio sul traghetto infernale, pardon, volevo dire sul
treno.
Vado avanti per inerzia, spinto dalla calca
e sbattuto, come foglia al vento, tra i vari
anfratti del vagone. Che calvario, che sofferenza: “… Ahi serva Italia, di dolore
Mi trascino fuori dal letto con la stessa
energia di un bradipo e, dopo aver raccolto da terra la sveglia, le strappo via le pile
per evitare di svegliare tutto il vicinato.
Nel giro di qualche secondo, eccomi catapultato in un vortice di gesti, scatti, movimenti. Velocemente mi sciacquo il viso
(veramente lo definirei più propriamente
un lavaggio a secco), metto in bocca qualcosa che ha un sapore indefinito e vagamente dolciastro: cosa sarà mai? Non importa! Mando giù in fretta, mentre mi rotolo dentro i vestiti e, quasi per miracolo,
sono pronto per affrontare impavido la
ostello / nave senza nocchiere in gran
tempesta, / …”. Sto per abbandonarmi ai
più bassi e ormai abituali improperi sulla
qualità dei servizi pubblici, sicuro dell’acclamante tripudio che i miei compagni di
sventura mi tributerebbero (si sa, le sofferenze e le indigenze accomunano tutti gli
uomini), quando, ad un tratto, ecco, lo vedo! Un posto libero. Temo di avere un allucinazione,
XV
Ulisse 2015
racconti
magari causata dagli effluvi nebulizzati
nell’aria in cui le molecole delle varie essenze di deodoranti e profumi si combinano con la traccia olfattiva di presenze di
animali da latte. E invece, no. Quel posto
stava aspettando proprio me! Mi seggo e,
simil a viandante sperduto nel deserto che
cerca riparo e ristoro all’ombra di una
frondosa palma, anelo ad un pò di riposo.
Niente da fare, un “omino” paffuto accanto a me comincia a parlare, anzi ad urlare
al cellulare. Chi sei, o essere demoniaco,
che alle sei e mezza di mattina ti metti a
strillare su un treno, come un banditore
nella pubblica piazza in un giorno di festa?
Santi numi, intervenite in mio aiuto! Fulminatelo. Privatelo del dono della favella, almeno fino all’arrivo. Grazie al cielo, dopo
una decina di minuti la tortura dell'urlatore folle finisce. E pace sia! No, e adesso
cosa c’è? Ci mancava pure l’allegro commensale. A quell’ora? In quel luogo? In
quelle condizioni? Ebbene si!
continua così, ben presto di un fegato
nuovo. Avreste dovuto vedere quella fetta
di lardo divincolarsi fra le mani del troglodita, mentre, o misera, veniva afferrata e
dilaniata per sparire tra le fauci del redivivo Minotauro.
Dimmi o Musa, perché cotanta sofferenza
e patimento per procacciar nutrimento alla mia mente e scacciar via il demone
dell’ignoranza?
Solo un momento! Mi fermo. Mi guardo
intorno e … sospiro: tutte queste situazioni, apparentemente folli, non sono così
male. In fondo tutto questo è la mia vita e
a me piace così. Questo è il mio tempo e
voglio viverlo intensamente e coscientemente insieme ai miei compagni, ai miei
professori, alle mie ansie, ai miei successi
e agli insuccessi.
A nulla valgono gli sguardi preoccupati e
minacciosi che i vicini gli rivolgono: il giovane essere, che fino a quel momento mi
era sembrato un caduto in battaglia, per la
sua posizione scomposta e la bocca - umida di gocciolante saliva - aperta in una
smorfia di dolore, aveva emesso un sinistro grugnito che lo aveva destato dal suo
letargo. Era vivo per fortuna, ma ahimè
anche affamato. Quindi, tra lo sgomento e
la nausea generale, l’insolente decide di
fare colazione. Apre il proprio zaino e, come un prestigiatore dal cilindro, tira fuori
un fagotto unto e sdrucito, da cui trae una
pezzo di pane con dentro una spessa fetta
di lardo. In effetti, il mio giovane compagno di viaggio ha bisogno di molta energia da spendere sui banchi di scuola e, se
Finalmente il treno della speranza arriva a
destinazione. Scendo il più velocemente
possibile. Mi precipito. Ecco, la vedo, è
proprio lei: la mia scuola. Cerco i miei
compagni, ma tra la folla di alunni non vedo alcun viso noto, cerco di destreggiarmi
fra i piccioncini che tubano con molto fervore da chissà quanto tempo, le persone
troppo impegnate a scrivere messaggini a
chissà chi e ai poveri alunni ancora appisolati che sostano seduti sugli scalini
all'ingresso della scuola.
Non ho il tempo per riflettere, suona la
campanella e cerco di entrare a scuola, lasciandomi trasportare dall'orda di alunni
addormentati come me.
No, non è un sogno, ma ben presto tutto
ciò occuperà – lo sento – un posto speciale nel cassetto della mia memoria.
Enrico Pillitteri
XVI
Ulisse 2015
Ex piazzi-perpenti
Martina, 1^ anno di Lettere Antiche, Pavia
E' dalla quarta elementare che voglio fare l'archeologa. Ed ecco ciò che avrei voluto sentirmi dire un anno fa: -Fai quello in cui sei brava, fai quello e punto-. Vi assicuro che conoscete già la scelta giusta per voi. Dovete provare a dirla ad alta
voce. Io ho fatto tanta fatica, tanta, a dire: -Faccio lettere antiche-; le persone
microcefale mi guardavano con il vuoto negli occhi. Ora mi fanno ridere. Ora che
seguo corsi di glottologia (lo sapete che un nigero-congolese e un greco usano le
stesse strutture linguistiche? Ok, magari non vi interessa, deformazione professionale) e mi accorgo che anche i miei compagni pugliesi e veneti balbettano quando
leggono in greco. Ora, comrades, passando ai consigli pratici, una volta fatta una
lista di possibili percorsi universitari, mettetevi seduti e immaginatevi con un
camice addosso o con una calcolatrice in mano o davanti a tutto l'Inferno dantesco. Scegliete una cosa e fatela bene, questo è ciò che dovete avere in testa,
senza pensare ai soldi, ad un lavoro dietro alla scrivania dello zio, alle opinioni di
tante Meduse che vorrebbero distogliervi dal vostro viaggio.
Per quanto riguarda la mia esperienza, Lettere, sto capendo che leggere i classici
è studiare l'uomo, capirlo e capirsi. Del primo giorno di università ricordo solo una
frase (lo ammetto ero più preoccupata a fissare i miei compagni intelligentoni piuttosto che ascoltare le modalità di iscrizione agli esami): uno studente di lettere deve essere intelligente; uno studente di lettere dovrà inventarsi il proprio lavoro.
Sorrido.
XVII
Ulisse 2015
meteo
METEO
La sfera di cristallo
Nel corso delle prime due settimane di dicembre in Italia si sono evidenziate nette anomalie
termiche positive: nella nostra valle di conseguenza non si sono avute condizioni invernali.
Sorge lecito chiedersi se nel periodo delle festività questo trend particolarmente deludente
per tutti gli amanti della neve e dello sci si sia arrestato oppure sia mutato.
Nella prima parte delle vacanze natalizie, per chi non se ne fosse accorto, abbiamo vissuto un netto rinforzo del vortice polare, che ha
causato una distensione verso est dell'Anticiclone delle Azzorre,
quindi per la nostra valle un tempo relativamente mite e soleggiato
con umidità molto bassa per via del Foehn (vento di caduta).
Insomma, un Natale con sembianze più primaverili che invernali
confermando per l'ennesimo anno che avere la neve il giorno di Natale è più un sogno che altro!
Dal periodo successivo però la situazione è mutata, con la discesa di
correnti più consone al periodo invernale: e nella nostra piccola valle
cosa è successo in questo periodo?
Il giorno 28 dicembre l’irruzione di una fredda massa d’aria proveniente da Nord Ovest ha portato la prima nevicata di stagione,
per la gioia di grandi e piccini.
In seguito l’Anticiclone delle Azzorre, ripiegando verso le aree
scandinave, ha permesso la discesa di gelide masse d’aria provenienti dalla Russia, che hanno fatto crollare le temperature in valle, portando il grande gelo, mentre il centro-Sud era sommerso
dalla neve.
Nella notte di Capodanno, all'apice dei festeggiamenti, sicuramente avrete notato questi cambiamenti, che vi hanno fatto tremare
di freddo.
Nei primi giorni del nuovo anno la situazione è rimasta inalterata,
costringendoci a farci rintanare nelle nostre calde casupole o alla
disperata ricerca di un bar nel quale poter gustare una dolce cioccolata fumante.
Col finire delle amate vacanze le temperature sono cominciate timidamente a salire, ma la situazione è cambiata nuovamente negli
ultimi giorni.
Al ritorno a scuola si è vista arrivare, infatti, una valanga di interrogazioni, che ha travolto l'Istituto Piazzi-Perpenti causando molti feriti e qualche morto.
Il vostro meteorologo di fiducia
XVIII
Ulisse 2015
Ipse dixit
IPSE DIXIT
CLASSE 4B CL
Prof M: …quindi si dissocia. A ragà, mica
stanno appiccicati come gemelli siamesi…
occhi bassi come agnellini innocenti, chi trema
da una parte chi dall’altra, mi sento una carogna.
Alunni: Grazie Prof!
Prof M: Stiamo parlando di molalità, quindi
pLego!
Prof M: Che è, una ‘g’ barocca o liberty? Ah
barocco, non fatemici pensare… rocco barocco… Stiamo a Natale ormai, i rocchi barocchi
e i mustaccioli sono dolci, non fatemici pensare ragà, sto a dieta, e andiamo.
Prof M: Aaah ho capito, quindi sei un anglofilo?
Alunno G: Eh?! Un androfilo?
Prof M: Ragà, qua ormai conta solo portafoglio. L’importante, poi, è avere un pollo…
Prof M: Io me lo immagino questo quando va
al supermercato a cercare i salamini più bianchi… Aò, non mi freghi!
Prof M: Allora, chi viene? Bhe ho capito, prima i guerrieri –voi ne vedete? Io no- poi le
donne, poi i bambini. Per anzianità vado prima
io. Buffff, questo raffreddore lo sconfiggo!
Prof M: Che? Ciuffolotto a me? Sarà una brutta parola, ciuffolotto a te!
Prof M: Per natura siamo campanilisti all’ennesima potenza.
Prof M: Ed ora, prendendo a cazzotti la definizione di molalità che abbiamo dato… bene,
facendo questa piccola violenza andiamo a
calcolare la molarità.
(Cade qualcosa fuori dalla finestra)
Prof M: Che è? Cos’era, uno pterosauro?
(Cancellando la lavagna)
Prof M: (canticchiando) : *Guantanamera,
Guajira Guantanamera, Guantanamera, Guajira Guantanamera* (Si interrompe la musica
nella classe a fianco) A ragà, vedete che la
Guantanamera ha bloccato quel lamento che
c’era di là?
Prof M: Sì, ho fatto i bigliettini con i numeri da
estrarre perché se vi guardo vi vedo con gli
Prof DF: No va be’ ragazzi, spero che con
queste stupidate, ogni tanto faccio il gioppino,
le cose vi rimangano in mente.
Prof DF: Sia chiaro, ’sto Lucrezio non va in
giro a fare il testimone di Geova, distribuire
volantini, manifestare in piazza.
Prof DF: Il corpo è il contenitore dell’anima,
una volta morto, l’anima fuoriesce e ciao pep.
Prof DF: Lucrezio, ai tempi nostri, sarebbe un
anticonformista. Noi pensiamo che a Natale
faccia chissà cosa, ma in realtà no perché
scegliere il panettone Motta o Melegatti genera turbamenti nell’anima.
Prof DF: Nella mia vita di indiscutibile c’è ben
poco: l’Inter, la nascita, la morte, mia moglie…
No, nemmeno mia moglie, quindi figuriamoci
una completiva o una finale.
Prof DF: Voi avete capito che è passivo ma
l’avete reso attivo perché suona meglio, no?
Dite ‘sì’ così va bene.
Prof DF: Perché il carpe diem oraziano non vi
fa lo stesso effetto di quest’affermazione di
Lucrezio? That’s the same, c'est la même
chose, l’è istess… cioè, voglio dire…
Prof DF: Eh qui non è come nell’età dell’oro,
quando i leoni venivano lì e facevano la paciotta come i gatti…
Alunna L: Quindi, anche San Paolo diceva…
Prof F (nell’ora di filosofia): Non so, l’esegesi
biblica non è il mio forte.
XIX
Ulisse 2015
Ipse dixit
Prof F: Immaginiamo, non so, visto che si sta
avvicinando l’ora dell’intervallo… no, è ancora
presto, fa niente, immaginiamo comunque che
sul tuo banco ci sia, non so, una tortina. Cosa
faccio io? La trovo, la vedo, la valuto positivamente e poi? Poi la mangio.
Prof M2: Beh adesso smettetela di scaricare
video con il tablet.
Alunni: Che video?!
Prof M: No, niente, volevo vedere se qualcuno di voi mi rispondeva: “Come fa a sapere
che stiamo scaricando video illegali?”.
Prof F: Quello che pensavo di fare, se avete
voglia…
Classe: Ehm…
Prof F: Bè anche se non avete voglia lo facciamo lo stesso.
Prof M1: Allora, ci sono delle domande? Ah,
ecco una domanda! (il prof è entusiasta del
fatto che qualcuno lo stia seguendo) Dimmi
pure.
Alunno A: Prof… ma perché quando cerca su
Google scrive sempre in maiuscolo?
(Entra in classe una vespa creando scompiglio)
Prof F: Di che cosa avete paura, di una vespa
africana assassina?
Alunno G: Prof, lei sa che…
Prof F: No
Alunno G: E’ morto Cesare Segre.
Prof F: Ah, bene, peccato, dobbiamo magari
fare una cerimonia funebre nella prossima lezione di storia?
Prof F: C, magari ci può parlare della questione relativa ad Orata nel ‘De beata vita’ di Agostino.
Alunna C: Orata? Sì, Orata
Prof F: Naturalmente qui non si intende la
specie ittica.
Prof di matematica P: State all’erta con me
con i conti perché li sbaglio facilmente.
CLASSE 3A L
Prof M1: S, puoi accendere la LIM?
Alunno S: Prof, ma c’è il telecomando di fianco alla sua mano!
Prof M1: Ah, scusami, era nella zona d’ombra
degli occhiali.
Prof M1: Ah! Ecco un’altra immagine del Liceo Mazzarello… ormai è diventato il leitmotiv
della giornata.
Alunni: Prof, ma non ha ancora corretto le verifiche? Deve passare il sabato sera a correggerle!
Prof M1: Ma perché pensate che io passi il
mio sabato sera in modo diverso? Non sono
mica un giovinastro come voi!
Alunno J: No prof. Adesso che ho scoperto
che siamo compaesani sono proprio curioso di
sapere dove abita.
Prof M1: Va bene, concedetemi 30 secondi
per spiegargli dove abito.
Alunno P: Prof, perché ha colorato di rosso il
disegnino che ho fatto sulla verifica?
Prof M1: Mah, per impiegare qualche modo la
penna rossa…
Prof M2: State attenti a non far ruffianate di
quel Ruffini!
Prof D: Com’è la Divina Commedia? Poli…?
Alunno C: Policantica!
Alunno A: Prof, posso andare in bagno?
(lo studente corre sofferente alla porta)
Prof M1: Ma questo è indice della qualità della
lezione?
(Il prof M2 entra in classe irritato)
Prof M2: Uffa però! Là fuori tutte quelle fanciulle con il prof M1: “Che bello! Che bello!”.
Arrivo io e neanche mi cagano.
(Prof D legge il tema dell’alunno S)
Prof D: “… in conclusione, non tutti gli immigrati sono criminali. Anzi, alcuni sono ottime
persone! Per esempio i lavapiatti, che sanno
cosa significa soffrire.”
Prof F: A, vuole riassumere?
(silenzio)
Prof F: Beh, anche se non volesse…
(Prof F interroga alunno D)
Alunno D: ...e impone la dieta di Roncaglia…
Prof F: Un regime alimentare?
XX
Ulisse 2015
CLASSE 4C SU
Alunna M: (leggendo la poesia di auguri della
preside) Ma di chi è ‘sta poesia? Ah, David
Maria TUORLO! Ma poi è un maschio o una
femmina?
Prof DC: …E chi riprenderà il tema della provvidenza nel 1600? Vi do un indizio… un vitello
grande…
Alunna M:…Ah sì! Vitelloni! (Manzoni)
Prof DC: Dove fu giustiziato Giordano Bruno?
Alunna G:…A prato fiorito! (Campo dei Fiori)
Prof DG: (guardando uno spot pubblicitario
con George Clooney) Ah ecco, questo è il fondatore del monastero di “Cluny”…
CLASSE 4A CL
Prof M: Se io cerco di attraversare il muro e
prendo la rincorsa… no, non ci sperate.
Prof B: Circe trasforma gli uomini in porci, ma
effettivamente non fa niente di strano.
Ipse dixit - disegni
Alunno G: ...faccio i salti con gli sci.
Prof G: Oh! Questo qui è come uno degli
acrobati della Taurocatapsia!
(Leggendo della morte di Patroclo)
Prof B: ...σμερδαλέα... (smerdalea)
(Risata generale)
Prof B: Su dai, anche Ulisse era stato definito
così quando era uscito dal…
Alunno A: Bagno?
Prof L: M, come nasce il governo?
Alunno M: Eh… nasce…
Prof L: Eh si, nasce, cresce e corre, poi si fa
l’Italia e inciampa.
Prof DF: Allora su Terenzio potremmo fare un
rapido testicolo… Cioè, un piccolo test.
Prof DF: A cosa serve la scuola? A niente, per
fortuna. Se volevo far soldi facevo il ladro.
(leggendo il primo canto del Purgatorio)
Prof DF: ...così avviene la pulizia del viso di
Dante. Virgilio fa anche l’estetista.
Prof B: Eh non lo capisce proprio che deve
spezzare il gesso… questi sono dei segni poi
uno li interpreta un po’ come vuole…
XXI
Ulisse 2015
Felicitazioni
XXII
Ulisse 2015
Giochi
CRUCIGRAMMA SYLLABICUM
In omne quadratum, scribe syllabam. Syllabae necessariae enumeratae sunt:
AR, CA, CA, CE, CI, DI, DI, DO, GE, I, MI, NE, NI, NI, O, RE,
RE, RI, RO, RUS, SUS, TAS, TO, TRI, VE, VI
I
II
III
VI
IV
V
VII
VIII
IX
X
XI
DEFINITIONES IN LINEA TRANSVERSA ( → )
I. In vino …; III. Amici (contrarium); VI. Rex Megarae; VII. Incola regionis Peloponnesi
(dat,); VIII Bene olens; IX. Nominativus carnis; X. Concoquere cibum; XI. Deus marinus,
filius Neptuni (abl.).
DEFINITIONES AD PERPENDICULUM ( ↓ )
I. …, …, vici (Gaius Iulius Caesar) ; II. … abundat in ore stoltorum; III. Filius Daedali; IV.
Domicilia avium; V. Scripsit “De legibus” (abl); VII. Fervore, alacritate; VIII. Risus abundat
in… stoltorum; IX. Censor vel Uticensis.
QUADRATUM LATINUM
Comple ut in omne quadratum lineam columnamque numeri ab I usque ad IX eveniant.
VII
IX
V
II
VII
I
III
VIII
IX
V
VI
IX
III
VIII
VII
II
IX
V
IV
VIII
VIII VII
III
II
VIII
IV
V
I
VI
IV
VI
V
XXIII
La Redazione ringrazia tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo primo numero del giornalino per l’anno scolastico 2014/2015.
Un ringraziamento particolare alla prof.ssa Gianoli per la collaborazione e il suo costante supporto.
Chiunque sia interessato a veder pubblicato un proprio articolo su Ulisse può scrivere alla apposita E-mail [email protected]
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Referenti:
Letizia Fede (4^A Classico)
Ilaria Caspani (4^B Classico)
Elena Fede (3^A Linguistico)
Anna Zampatti (4^C Scienze Umane)
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