fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza , , .
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ANNO XXIII — N°1 Gennaio 2015 fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza L ' U O M O R I CCO D I A S T U Z I E R A CCO N TA M I , O M U S A , C H E A LU N G O E R R Ò D O P O C H ' E B B E D I S T R U T TO L A R O CC A S A C R A D I T R O I A ; D I M O LT I U O M I N I L E C I T TÀ V I D E E C O N O B B E L A M E N T E , M O LT I D O LO R I PAT Ì I N C U O R E S U L M A R E , LOT TA N D O P E R L A S UA V I TA E P E L R I TO R N O D E I S U O I . Ulisse 2015 Editoriale IL SONNO DELLA RAGIONE Buon 1984 a tutti. Purtroppo no, non ho sbagliato a scrivere. Non siamo molto lontani da quello che George Orwell, nel 1948, scriveva in uno dei suoi più celebri romanzi. Libertà di pensare, libertà di esprimersi, libertà di avere idee diverse da quelle del sistema: questo era assolutamente vietato nel mondo distopico in cui Winston Smith viveva e questo è venuto meno oggi. 7 gennaio 2015: due killer armati di kalashnikov entrano nella sede del settimanale satirico “Charlie Hebdo” e fanno una strage di civili. Un terribile episodio che lascia spazio a molte riflessioni, ma per cui è veramente difficile trovare parole. La questione politico-religiosa è molto ampia, ma la libertà di espressione rimane sempre un diritto inviolabile e sacro, che nessuno dovrebbe minacciare. Riporto le parole di Aldo Cazzullo, giornalista e scrittore italiano, che condivido: “Alcune di quelle vignette sono efficaci. Altre non fanno ridere. Altre ancora appaiono inopportune. Si possono criticare. Ma sarebbe un errore grave dividersi oggi sulla libertà d’espressione, che va difesa sempre, anche quando diventa libertà di dissacrazione. (…) Ogni terrorista ha trovato giustificazioni e alibi, pure nel recente passato italiano. Questa volta non ne dovrà trovare. Non ci sono provocatori e provocati; ci sono vittime e carnefici.” Nessuna scusante. Un episodio che si riassume in terrore e paura e che, se amplificato, porte- rebbe all’annullamento del pensiero, alla cancellazione dell'individuo e, infine, all’ imprescindibile schiavitù. Sembra ovvio che questa soluzione, nel moderno 2015, sia totalmente da evitare; eppure, se Salvatore Quasimodo fosse qui, non esiterebbe a dire: “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”, e certo non avrebbe torto. Mentre la scienza e la tecnologia si sviluppano e perfezionano, l’umanità sembra regredire più che progredire. Un aspetto non poco grave è che il tutto avviene in un forte clima di indifferenza e superficialità da parte nostra, in particolare di noi giovani. Scrive Claudio Magris: “Una volta -ha scritto il cabarettista tedesco Karl Valentin, amico di Brecht- la realtà era brutta, ma ‹‹il futuro era migliore››. Oggi spesso ci sembra di non sapere se avremo un futuro”. In questi momenti, se avremo un futuro o no, è una domanda che ci lascia intensamente perplessi e a cui difficilmente riusciamo a trovare risposta. Una certezza, però, è che il futuro saremo proprio noi; per questo è fondamentale interessarci a quello che ci circonda, confrontarci con gli altri e condividere degli ideali in virtù di un prossimo bene comune, basato sul rispetto reciproco e sulla legalità. Non dimentichiamoci che, come dice Goya, “Il sonno della ragione genera mostri”, e noi dobbiamo evitarlo. Può darsi che io sia troppo ottimista o che qualcuno la pensi diversamente da me, ma è questo il bello. Possiamo avere idee divergenti e possiamo anche discuterne con la ragione necessaria per non sfociare nelle offese verso gli altri. Sicuramente questo giornalino è un possibile mezzo per sperimentarlo. Eliminiamo le barriere, i pregiudizi, le paure. Svegliamoci da questo sonno. Letizia Fede II Ulisse 2015 saluti “BELLA, PROF!” Un saluto dalla prof. Bruno E’ il saluto più bello che ho ricevuto in questi anni dai miei studenti. Anni fa, la prima volta che un alunno mi disse “Bella prof!” non capii che si stava rivolgendo a me, con quelle parole; ma che voleva dire? Ho ricostruito e penso che significhi: «Oggi è una bella giornata, mi fa piacere incontrarti e auguro una bella giornata a te che sei una bella persona”. E’ un augurio, un “in bocca al lupo”, perché ogni giorno è una bella sfida. Tutto questo in quelle due paroline, “Bella prof”. È, dunque, bello salutare i ragazzi che entrano alla prima ora, così come congedarsi con loro all'ultima ed è con tanta gioia e un po’ di tristezza che vi vorrei salutare. La gioia nasce dal fatto che con voi mi sono trovata benissimo. Condividere il mio tempo con ragazzi come voi, cercando di imparare insieme qualcosa è stato per me un piacere difficile da spiegare a parole. Ho apprezzato ogni momento di questi anni in cui abbiamo percorso un tratto di strada assieme. Non è passato giorno in cui non mi meravigliassi di quello che usciva dalla vostra personalità durante le lezioni. Voi eravate lì per imparare, ma anch’io ero lì per imparare a insegnare, ed entrambe le cose si realizzano solo con molto tempo e molta pazienza, come avrete modo di sperimentare nei prossimi anni. Ho apprezzato in voi il vostro irrefrenabile dinamismo, la vostra naturale allegria e vivacità, la vostra costante curiosità e impertinenza, la vostra freschezza di pensieri e di idee, la vostra comunicativa. Vi ringrazio per l’affetto che mi avete dimostrato e le soddisfazioni che mi avete regalato nella realizzazione delle nostre lezioni, certificazioni linguistiche, corsi di inglese, gite, cene e happy hour. La tristezza deriva dal fatto che non sarò più seduta dietro una cattedra né camminerò tra i banchi durante le verifiche, ma, anche se in un ruolo nuovo, continuerò a mettere i bisogni degli studenti in cima alla lista delle priorità. So di essere stata una delle prof più "popolari" del liceo classico, apprezzata dagli studenti, e le manifestazioni di affetto che ho ricevuto alla notizia che avrei lasciato il liceo e il mestiere di insegnante mi hanno profondamente commosso. Qualcuno ha anche pianto e io a questi ragazzi, tristi per una professoressa che li lascia, dico che aveva ragione il vecchio Gandalf nell’ultima pagina del mio romanzo preferito: “ I will not say, do not weep, for not all tears are an evil.” Vorrei salutarvi uno per uno, ma siete tanti e molte generazioni si sono susseguite sui banchi del liceo e sulle pagine di questo glorioso giornalino, che ho visto nascere e crescere, e che nel suo nome Ulisse racchiude il passato omerico e dantesco, ma anche la promessa del futuro e della scoperta. Vi dico soltanto che mi mancherete molto, ma che ci sarò sempre se avrete bisogno di me. Vi ringrazio per tutto quello che mi avete insegnato. Vi auguro di diventare persone di valore, sincere, oneste e sagge, di essere felici e riuscire a rendere felici tutti quelli che incontrerete sul vostro cammino. Ad maiora semper maxima cum serenitate et sine cura. La vostra Prof. Bruno III Ulisse 2015 Il ritorno ULISSE, IL GRANDE RITORNO Opera filologica senza un filo logico “Dove stiamo dunque andando?” “Sempre verso casa.” Novalis, Enrico di Ofterdingen Natale, pranzo natalizio: per quanto vi possa sembrare strano è proprio qui che penso ad Omero, e non solo per i compiti di greco che devo svolgere in questi quindici giorni. A Natale, si sa, riaffiorano dal nostro albero genealogico una miriade di parenti semisconosciuti e se alcuni ti conoscono perfettamente, altri, invece, l’ultima volta ti hanno visto a fecondazione appena avvenuta, quindi non è per cattiveria, ma è che proprio non sanno cosa domandarti, per cui le frasi di rito sono sempre le stesse: «Ma come sei cresciuta!», «Come va la scuola?» e simili. Ma non finisce qui. Benché l’interrogatorio di zia Clelia sia oltremodo irritante, c’è qualcosa che, almeno personalmente, mi fa salire una voglia di appiccare il fuoco all’albero di Natale e usare le palline come bottiglie Molotov. Sì, perché il vero problema di questi ritrovi familiari è uno solo: la loro durata biblica. È risaputo, infatti, che tra una portata e l’altra si altera il continuum spazio-temporale, per cui una «festa giusto per i parenti più stretti» si rivela un colossale buco nero da cui se ne esce invecchiati e alle soglie dell’obesità. Vi lamentate perché il pranzo si protrae da sei ore e avete anche dato un nome alle vesciche che vi sono spuntate sui piedi? E allora che dovrebbe dire Penelope con i Proci che le infestarono la casa per vent’anni? Provate a immaginarvi la situazione: sebbene la guerra di Troia sia terminata da dieci anni, Ulisse non lascia nemmeno un messaggio su WhatsApp a Penelope, la quale non fa altro che tessere tutto il giorno pur concedendosi, tuttavia, piccoli momenti di relax per guardare le sue telenovelas preferite quali “L’isola degli dei”, “Miss Mediterraneo”, “Chi ha visto Ulisse?” e “Tutti morti per Scilla e Cariddi”. A questo punto entra in scena il figlio Telemaco che, con il suo consueto carisma, chiede una nave ai suoi concittadini per andare alla ricerca del padre. Nel frattempo Ulisse arriva sull’isola dei Feaci dopo aver trascorso sette anni insieme a Calipso, una bellissima ninfa perdutamente innamorata di lui. Comunque Ulisse ai Feaci non rivela la sua identità e comincia a raccontare la sua storia partendo dall’inganno del cavallo di legno che tutti voi conoscete e su cui non mi dilungherò (vabbè non lo racconta proprio lui, ma lasciamo stare). Dopo aver lasciato Troia ormai distrutta, Ulisse e i compagni giungono sull’isola dei Ciclopi, esseri giganti con un occhio solo. Qui vengono catturati da Polifemo, il più sciocco dei Ciclopi, il che ci fa dubitare anche della presunta astuzia di Ulisse. Polifemo senza sapere né leggere né scrivere comincia a mangiarsi pian piano i compagni dell’eroe che, per uscire dalla pericolosa situazione, lo acceca. IV Ulisse 2015 Il ritorno Ora, Polifemo ha un serio problema di alcolismo, per cui quando gli altri Ciclopi lo sentono gridare e gli domandano: «Chi ti ha accecato?», egli risponde: «Nessuno», il nome che gli aveva riferito Ulisse. E costui a questo punto, considerando anche che ormai aveva esaurito la scorta di calzini puliti e Penelope continuava ad addebitargli le chiamate, pensa che non sarebbe stata una brutta idea quella di rincasare, quindi si mette in viaggio con i suoi compagni. Piccolo particolare: si dimentica che Polifemo è il cocco di papà Poseidone, il dio dei mari, che per vendetta lo fa approdare sull’isola della maga Circe. Ora, avete presente le streghe, no? Senza denti, gobbe, vecchie, zoppe e via dicendo? Ebbene Ulisse capita fra le mani dell’unica strega top model del Mediterraneo, che a un certo punto uno se lo dovrebbe pure chiedere se Poseidone ce l’aveva davvero con Ulisse o no. Naturalmente Circe si innamora di Ulisse e per fargli dimenticare di prendere il largo trasforma i suoi compagni in maiali. Qui Ulisse perde altro tempo e noi capiamo che la struttura dell’Odissea è uguale a quella di una qualsiasi puntata di Dottor House: si presenta il problema; Ulisse (House) non fa assolutamente nulla, anzi si diverte in vario modo (ma probabilmente Ulisse si diverte di più); l’equipaggio (l’equipe) fa tutto il lavoro e perde tempo, sonno ed energie per risolvere la situazione; infine il dottor Ulisse ha un’idea geniale che mette tutto a posto. In realtà bastava che Ulisse o House si fossero applicati un po’ di più e noi avremmo risparmiato svariate centinaia di versi, e, soprattutto, diverse interrogazioni sia in quarta ginnasio sia in prima liceo. Ma torniamo a noi. Dato che Ulisse non vuole tornare da Penelope, Atena manda Ermes a ricordargli che mezzo Olimpo e un’isola intera stanno facendo di tutto per farlo arrivare a Itaca, perciò, preso dai sensi di colpa, decide di ripartire sulle note di “Fin che la barca va”. Seguono ora una serie di alterne vicende, fra cui l’episodio delle Sirene e la morte di tutto l’equipaggio in seguito a un naufragio causato da Poseidone che, seppure dio, non ne azzecca una. Al termine del racconto Ulisse svela la propria identità ai Feaci che lo guardano sbalorditi non tanto per la storia della maga, dei Ciclopi o delle Sirene, quanto per il fatto che proprio non riescono a credere che sia stato “costretto” da Calipso a diventare il suo amante per sette anni. Ad ogni modo Alcinoo, re dei Feaci, decide di aiutare il sovrano di Itaca a ritornare a casa, così notte tempo, mentre Ulisse dorme, lo riportano sulla sua isola. (Evidentemente non si fidavano a farlo guidare da solo). Infine il nostro eroe riesce a tornare a Itaca dopo essere miracolosamente riuscito ad accendere con un cerino il navigatore satellitare. Atena fa assumere le sembianze di un mendicante ad Ulisse che, con l’aiuto di Telemaco, stermina i Proci. E qui siamo arrivati alla fine che non è la fine, ma, semplicemente, un nuovo inizio. Già, poiché secondo una leggenda medievale (ripresa anche da Dante in Inferno XXVI, vv. 76-142) Ulisse dopo un po’ si sarebbe stufato della vita coniugale e pur di non sentire la moglie questa volta partì per non ritornare mai più. V Ulisse 2015 Il ritorno - il cervello Avrebbe, infatti, ripreso il largo con i suoi vecchi compagni (ma non erano morti nel naufragio?!) per superare le Colonne d’Ercole e arrivare in vista del Purgatorio. D’altro canto dopo il viaggio in mare non poteva mancare quello verso il cielo, (conosciuto dai più come “ Il folle volo di Ulisse” sebbene non fossero andati con Alitalia) dove poi si stabilirà definitivamente. Aggiungiamo poi che il nome di Ulisse compare, anche se non si sa il perché, nel romanzo sconclusionato di James Joyce, uno che aveva evidenti problemi di linguaggio già ai tempi delle scuole medie. Il romanzo narra una sorta di viaggio interno del protagonista, ma il libro è così noioso che nessuno (io per prima) l’ha mai finito (e forse nemmeno iniziato). Ora, al di là di tutto, l’Odissea è davvero IL poema in cui sono racchiuse le nostre radici, non solo europee, ma addirittura umane dato che si ritrovano riferimenti in tutta la letteratura mondiale. È una storia piena di colpi di scena, la capostipite di tutti i telefilm, nonché la madre dei romanzi di avventura. E poi bisogna considerare che Omero ha sicuramente avuto sugli scrittori di tutto il mondo più influenza di quanta ne avrà mai Moccia. E non è nemmeno esistito! ( Ma questo, come direbbe la sempre cara prof.ssa Barbesino, è un altro paio di maniche...) Ilaria Caspani Il cervello, un viaggio meraviglioso “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.” Marcel Proust LA BELLEZZA DELLE EQUAZIONI che quanto più un'equazione veniva giudicata bella, tanto più intensa era l'attività del cervello in un'area chiamata campo A1 della corteccia orbitofrontale. Quando i matematici dicono che le equazioni sono bellissime, non mentono. Le scansioni di imaging cerebrale mostrano che le loro menti rispondono a equazioni ‘belle’ allo stesso modo in cui le altre persone rispondono a splendidi quadri o a musiche magistrali. La corteccia orbitofrontale è associata alle emozioni, e test precedenti avevano mostrato che questa sua particolare regione è correlata con le risposte emotive alla bellezza visiva e musicale. I ricercatori si erano chiesto se questo non fosse vero anche per la bellezza matematica, che «ha origini intellettuali più profonde rispetto alla bellezza visiva o musicale, che sono più ‘sensibili’ e più basate sulla percezione», come hanno scritto in un articolo pubblicato di recente su Frontiers of Human Neuroscience. La scoperta potrebbe portare i neuroscienziati un po' più vicino alla comprensione delle basi neurali della bellezza, un concetto sorprendentemente difficile da definire. Nello studio, i ricercatori, guidati da Semir Zeki dello University College di Londra, hanno trovato VI Ulisse 2015 Il cervello L’ACQUISTO GIUSTO SI FA IN 23 MINUTI ciò che vivono e da ciò che vedono. Qual è la marca di televisore più conveniente? Quale preferite, quel paio di scarpe o quell’altro? Per rispondere a questi e a tutti gli altri interrogativi da "shopping time" avete 23 minuti, poi il cervello non sarà più in grado di scegliere l’offerta più conveniente. SE IL CHIRURGO GIOCA A TOMB RAIDER L'OPERAZIONE SARÀ UN SUCCESSO Che vi sia un nesso tra esiti chirurgici e medici appassionati di "Tomb Raider" è ormai confermato dai risultati di una recentissima ricerca svolta dal Beth Israel Medical Center di New York in collaborazione con il National Institute on Media and the Family. Lo studio, reso noto da Cnn.com e pubblicato due giorni fa sotto la supervisione del dottor James Rosser, responsabile del reparto di Chirurgia non invasiva e direttore dell'Istituto di tecnologia medica avanzata, ha riguardato 303 chirurghi specializzati in laparoscopia. Uno studio realizzato dagli esperti di SBXL (Shopping Behaviour Xplained Ltd) e dagli psicologi dell’Università di Bangor, in Galles, tra i primi 15 atenei del Regno Unito, spiega bene come la corteccia pre-frontale, dove è collocata la parte razionale del nostro cervello, riesca ad essere nel pieno delle sue funzioni solo per quei pochi minuti allo scadere dei quali la parte più primitiva ed istintiva, protetta nella corteccia insulare, a questo punto avrà la meglio e lo "shopper" perderà la capacità di valutare al meglio le prospettive di lungo periodo e quindi la possibilità di fare acquisti ponderati. La ricerca ha dimostrando che i medici che giocano con la Playstation appena prima di un intervento sono in grado di completare la propria performance chirurgica in 11 secondi meno dei colleghi che non hanno mai impugnato un joystick. E ancora: prima si conclude l'intervento, minori sono gli errori commessi. UN’OPERA D’ARTE? ELETTRIZZANTE… Altra scoperta scientificamente provata: i medici che giocano tre ore a settimana commettono il 37% di errori chirurgici in meno e dispongono di una manualità più veloce e sicura del 27% rispetto ai colleghi che non si sono mai allenati. «Esiste una correlazione positiva tra gioco e miglior coordinamento di occhi e mani, riflessi, visualizzazione spaziale, attenzione visiva e flessibilità mentale - argomenta James Rosser - e queste sono tutte attitudini fondamentali per un chirurgo che si rispetti». Il grado di apprezzamento di un’opera d’arte può aumentare a seguito di una stimolazione elettrica a bassa intensità della corteccia dorso laterale prefrontale sinistra, sede della valutazione estetica. È la conclusione alla quale sono arrivati i ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca che hanno pubblicato uno studio sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience. Zaira Cattaneo, coordinatrice dello studio, afferma: «Abbiamo utilizzato la stimolazione cerebrale per studiare cosa accade nel nostro cervello quando osserviamo qualcosa di bello, che si tratti di un’opera d’arte o di un paesaggio». Questo lavoro apre prospettive di conoscenza su come il piacere estetico, che si accompagna alla contemplazione di cose belle, possa aiutare nel trattamento di pazienti (depressi, per esempio) che sembrano non riuscire a trarre piacere da Ilaria Caspani VII Ulisse 2015 viaggi ARGENTINA: Non un anno della mia vita, la mia vita in un anno "Tra vent'anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite." Marc Twain Quanto è un anno in Argentina? Poco, troppo poco. L'Argentina ti travolge, ti abbraccia, ti fa sentire parte di lei, ti succhia tutto quello che hai e te lo restituisce doppio, nel bene e nel male. E quando tornerai in Italia la riporterai indietro con te, oppure, come me, rimarrai là per sempre. Anche se sarai fisicamente qui, la tua mente e il tuo cuore voleranno alti sopra la sierra e la pampa, si nutriranno di dulce de leche y sonrisas, e non torneranno più. Ciò ti creerebbe non pochi problemi, ma è anche vero che questa è un'altra storia Nella migliore delle ipotesi, invece, tornerai e riporterai indietro una persona diversa. Anzi, diversa non è a parola esatta... Sai, "solo" più completa, più consapevole, più viva, in tutte le accezioni del termine. Riporterai indietro il ballare fino alle 7 del mattino, il cenare a mezzanotte perché tanto si esce alle 2. Riporterai indietro i tredici chili di empanadas e alcol, la chitarra e i canti al parco con le amiche, quei tacchi altissimi che vanno tanto di moda e da cui sei caduta un milione di volte. Riporterai la paura di un'aggressione a Buenos Aires e forse stavolta eviterai di girovagare per la strada senza prestare attenzione a quello che ti circonda. Riporterai l'orrore di vedere i bambini nudi per la strada, e la consapevolezza di non poter far nulla per aiutarli. Il dolore di ragazze della tua età che devono mandare avanti una famiglia, l'angoscia nel vedere tanti cani abbandonati nelle strade. Riporterai le cene infinite con i parenti, le promesse di tua sorella di uscire solo un "ratito", per poi tornare a casa 10 ore dopo. Riporterai il mate caliente, la condivisione, il comprare un pacchetto di biscotti che poi sarà di tutti quelli che ci sono lì, tanto il prossimo lo comprerà qualcun altro. Riporterai l'orgoglio degli ottimi voti e della domanda: "Ma in Italia sono tutti intelligenti come te?", mentre con modestia scantoni, consapevole che in realtà non è affatto così. Riporterai le parolacce gridate, le passioni delle loro reazioni. Riporterai lo spagnolo perfetto di cui ti sei innamorata e che, nonostante tutte le brutte figure che hai fatto, ti mancherà da morire. VIII Ulisse 2015 viaggi Riporterai a casa un'altra famiglia: un altro padre, un'altra madre e altri fratelli. Ti accorgerai di tutto quello che i tuoi genitori italiani hanno fatto per te e di quello che potevi fare per loro che però non hai mai fatto, e così inizierai a farlo. Riporterai un legame fraterno per il quale, adesso, anche se tua sorella usa le tue cose non ti arrabbi più e a tuo fratello dici "ti amo". Riporterai a casa più amici argentini di quanti tu ne possa mai avere in Italia o di quanti mai avresti potuto averne in una vita intera; e riporterai la loro solarità, apertura, socievolezza, solidarietà. Ma riporterai anche le amicizie sincere di ragazzi da tutto il mondo che, come te, hanno deciso di essere exchange student. Riporterai quelle notti infinite e quei pomeriggi del fine settimana a dormire fino alla sera. Riporterai l'amore per il tuo corpo, ti sentirai sempre bella, sempre apprezzata, perché non conta quello che sei, ma chi sei. E solo in Argentina te l'hanno fatto capire. Riporterai indietro la gioia di vivere, l'entusiasmo, la passione, la rabbia, le grida, le risate, quei sorrisi infiniti, quelle emozioni travolgenti che ti fanno sentire vivo, che vivi. Riporterai tutto questo e molto altro ancora. A volte verrai capito, altre no. A volte verrai preso per matto, a volte apprezzato altre criticato (soprattutto quando arrivi con un'ora di ritardo, perché in Argentina la regola è semplice: esci di casa all'ora in cui dovresti essere arrivato all'appuntamento). E sai cosa succederà? Non ti basterà. Questo punto di arrivo sarà il tuo punto di partenza e continuerai a cercare esperienze che ti arricchiscano tanto quanto quella che hai appena vissuto, perché in fondo è nella natura dell'uomo tendere verso un infinito di completezza al quale non arriverà mai. Alcuni la vedono come una cosa negativa. Io, mi dispiace, sono argentina, la negatività è esclusa dalla mia vita, e non la penso così. Mi volto indietro e sorrido, è il percorso quello che importa, e la vista è spettacolare. Ne è davvero valsa la pena. Anche nelle difficoltà e nei dolori quel tricolore argentino de mi vida mi ha dato qualcosa di cui faccio tesoro. E, da brava sudamericana, il mio primo pensiero è quello di condividere il più possibile quello che ho. Con voi. Con chiunque voglia ascoltarmi. "No tengo todo planeado ni mi vida resuelta, solo tengo una sonrisa y espero una de vuelta" "Non ho pianificato né risolto la mia vita, ho solo un sorriso e spero che venga contraccambiato" Elisa Canovi IX Ulisse 2015 viaggi “CARPE DIEM” ‘Ma a scuola ci vai cavalcando i canguri?’, ‘Ci sono gli armadietti come in America?’, ‘Hai visto gli squali?’, ‘Sono fighi gli Australiani?’ (sì, tranne quando piove, quando piove ti mettono nel marsupio; no, purtroppo no; non sarei qui a raccontarlo..; NO –leggende, solo leggende-). Tanti sono i luoghi comuni, poche le cose concrete che in realtà si dicono rispetto a questo tipo di esperienza. Quando mi è stato chiesto se volevo scrivere un articolo riguardo alla mia esperienza in Australia, la mia paura più grande è stata quella di cadere nella banalità, una banalità noiosa e monotona, di quella che affolla le risposte date alle persone che chiedono ‘ma come è andata?’ e di quella che domina anche sul web, nei molti blog riguardo a questo argomento. Ma cosa è davvero un exchange student? ‘Studenti che entrano a fare parte di uno scambio internazionale per cui hanno il diritto di partecipare alle lezioni scolastiche come veri e propri studenti madrelingua senza pagare tasse scolastiche.’ dice Wikipedia. Più complesso, però, è dare una risposta alla domanda ‘CHI è un exchange student?’. Non c’è, infatti, un prototipo di ragazzo destinato a partire, perché ha i capelli rossi, la circonferenza del polso di 18 cm o gli piace indossare felpe gialle; soprattutto però la difficoltà vera sta nel fatto che un ragazzo che ha fatto questo tipo di esperienza e l’ha vissuta veramente, fino in fondo, può essere in grado di definire sé stesso alla partenza, può essere in grado di definire sé stesso al ritorno, ma non sarà mai davvero in grado di definire, di descrivere e di capire quel sé stesso che, tra mille alti e bassi, ha vissuto a migliaia di kilometri dalla sua casa e dalle persone a cui vuole bene, in una famiglia che non era la sua ma che pian piano lo è diventata, per un periodo della sua vita. Sembra scontato, monotono, ripetuto, ma un’esperienza così ti cambia; nel bene, nel male, questo non è semplice capirlo, ma sicuramente ti fa scoprire il mondo e te stesso. Questo, principalmente, per due motivi: il primo è, chiaramente, il fatto che, cosa ripetuta e risentita, viaggiando si scopre il diverso, e scoprendo il diverso si scopre sé stessi. Ma non nel modo in cui si pensa di solito, perché lo scambio scolastico porta chi ha il coraggio (e la fortuna) di intraprenderlo a vivere un’esperienza che è fuori dal normale e dal quotidiano, pur immergendo lo stesso nel normale e nel quotidiano di qualcun altro; e questa è, a mio parere, la cosa più importante, perché si impara che anche il diverso per qualcun altro è il normale. Io vivevo in una casa enorme, a Sydney, sul fiume; per arrivare a casa dovevo camminare per venti minuti, oppure andare in motoscafo. Questa strada la percorrevo due, quattro volte al giorno, perché tutte le mattine uscivo per andare a scuola, vestita con la mia divisa rossa e grigia, per poi ritornare alla sera tardi, quando ormai, essendo inverno, il sole era già tramontato. Eppure, alla fine, dopo più di settanta giorni, questa routine, così diversa dalla mia solita, era diventata la MIA vita quotidiana. Il secondo motivo è, invece, che vivendo lontano da casa ci si trova, in un'età in cui comunque X Ulisse 2015 viaggi non si è ancora pienamente maturi, in un periodo della vita in cui i genitori sono ancora una parte fondamentale della quotidianità, ad affrontare il mondo da soli, nel vero senso della parola. Ricordo (sì, ok, anche perché non è passata una vita) il primo giorno che sono entrata nella mia nuova casa, la casa che col tempo ho imparato ad amare, dopo 35 ore di viaggio, tra aeroporti, aerei, macchine e, infine, barche (abitavo su un fiume), ricordo quello che ho pensato, l’eccitazione nata dall’incontro tra la paura della novità e del fatto di essere sola, ma sola nel vero senso del termine, a sedicimila kilometri da tutti coloro a cui e che mi vogliono bene, e l’orgoglio di avere avuto il coraggio di farlo; credo che quella sia stata una delle cose che più mi ha segnata di tutti i mesi passati lì, la consapevolezza delle mie scelte e la voglia di affrontare tutto ciò che comportavano, nel bene e nel male, da sola. Perché, in fondo, probabilmente è questo che vuol dire crescere: capire che non si può sempre scappare, che le cose bisogna prenderle e affrontarle, e prendersi la responsabilità di come lo si fa. In realtà, poi, la mia esperienza però non è stata solo questo, ma è stata molto di più; è stata la possibilità di rendermi conto che la felicità esiste e, se la si vuole ottenere, la si può trovare ovunque, ed è stata l’occasione di conoscere moltissime persone, diverse da me, simili a me, ma tutte che, in qualche modo, mi hanno arricchito. Mi ha dato molto, mi ha dato la possibilità di capire chi voglio essere nella vita, ma non nel senso di se voglio fare l’astronauta o il poliziotto (no mamma, non ho ancora deciso cosa voglio fare all’università), ma nel senso di sapere che tipo di persona voglio diventare, e quale invece assolutamente no. Sembra poco, risaputo, insignificante, ma non viverlo non lo è, affatto. E vale anche il ritorno, che è la nota più dolente, perché non è semplice lasciare tutto ciò che con fatica ti sei costruito, ma forse ancora più difficile è ritrovare quello che prima si era lasciato. Nulla resta come prima, né tu che parti né ciò che resta a casa, per cui la cosa più difficile (che fa a gara solamente forse con l’aprire il dizionario di greco, dopo che a malapena ti ricordi l’italiano) è cercare di fare conciliare ciò che trovi con ciò che, da lontano, nonostante tutto, ti mancava. Ma tutto, tutto, e, sottolineo, tutto, ne vale la pena. La fatica di parlare un’altra lingua alle sette di mattina, alzarsi presto tutti i giorni per tutta l’estate per andare a scuola, il freddo a luglio, la nostalgia.. non sono nulla a confronto dell’unicità di ciò che si vive; si hanno diciassette anni una volta sola, e una volta sola si ha l’opportunità di avere amici coetanei, persone come te, ma upper down, di essere accolti come figli da una famiglia che non ti ha mai visto prima ma che è disposta a costruire un legame con te, di indossare l’uniforme scolastica e sentirsi dentro un film di quelli che si guardavano da bambini, e di fare mille altre cose che nessuno può preannunciarti, perché ogni esperienza è unica, e proprio nella sua singolarità sta la sua bellezza. ‘Tra vent'anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l'ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite.’ Con questa frase di Mark Twain chiudo questo articolo (con la speranza che qualcuno dei miei cari 25 lettori sia giunto a leggere fino a questo punto) con l’invito a non fermarvi mai, a credere nei vostri sogni, a cogliere le opportunità che la vita vi mette davanti, e, insomma, a vivere. S. M. XI Ulisse 2015 bolshoi BOLSHOI La danza classica tra luci e ombre Il Bolshoi Ballet è una società di danza classica di fama internazionale, con sede presso il Teatro Bolshoi di Mosca. Fondata nel 1776, è tra le più antiche compagnie di balletto del mondo e una tra le più importanti in Russia. Ne è un esempio l’atto crudele accaduto al direttore artistico del balletto del Bolshoi, Sergei Filin, nel gennaio 2013, il quale venne aggredito e sfigurato con dell’acido da un individuo mascherato, mentre tornava a casa. Per questo egli dovette, sottoporsi a numerosi interventi chirurgici che riuscirono a evitargli la cecità. La polizia, dopo due mesi di investigazioni è riuscita finalmente a riconoscere come colpevole del crudele gesto l’ex primo ballerino del teatro, Pavel Dmitricenko, condannandolo a sei anni di carcere. Pavel, però, ha continuato a proclamarsi innocente sostenendo, come tesi difensiva il fatto di non essere stato intenzionato a sfigurare il direttore artistico con l’acido, ma di aver voluto compiere solo un atto intimidatorio nei suoi confronti per il disaccordo riguardo l’assegnazione dei premi e dei ruoli degli artisti. Purtroppo ottenne l’appoggio di decine colleghi, e questo oltre a non attenuare la gravità dell’atto compiuto nei confronti di Filin, evidenzia l’arrivismo e l’assenza di scrupoli all’interno della compagnia. Oggi essa può contare su un corpo di ballo di circa 220 ballerini professionali tra i quali ricordiamo Svetlana Zakharova che, nell’ottobre 2003, diventò prima ballerina di questa celebre società. Dietro alla leggiadria, alla delicatezza, all’eleganza, all’umiltà e al sorriso di questi angeli volteggianti, però, si celano egoismo, potere e bramosità di russi aristocratici, che operano in maniera dispotica e illecita al solo fine di aumentare i loro profitti, come dimostrano gli episodi e le testimonianze emerse nello scandalo del 2013, di cui il teatro del Bolshoi è stato protagonista. Personalmente, credo che il mondo della danza, debba rimanere puro e inviolato dalle corruzioni e dal nepotismo poiché la danza classica è un’arte bella da vedere e importante da valorizzare. Dar voce alla musica con i movimenti armonici del corpo non deve aver niente a che fare con la corruzione e le assegnazioni delle parti devono essere basate sulla meritocrazia e non sui favoritismi legati esclusivamente al denaro. Tuttavia, questo fatto non è tra i più eclatanti poiché la recente testimonianza della ex prima ballerina del Bolshoi Anastasia Volochkova ha destato nuovamente scalpore. Essa afferma, infatti, che le ballerine, per aggiudicarsi una parte rilevante nelle esibizioni o per salire di nuovo sul palcoscenico, sono costrette ad accettare proposte sessuali da parte di oligarchi e uomini potenti russi, tutto questo per arricchire e accontentare questi individui senza scrupoli. Infatti, alla base di queste azioni violente e illegali sono presenti feroci rivalità, invidie, gelosie e conflitti tra ballerini di importanze diverse dal punto di vista gerarchico. Anche la dichiarazione della ballerina diciottenne Joy Womack ha puntato i riflettori sul teatro del Bolshoi poiché ella ha affermato che un alto membro della società ha cercato di estorcerle 10.000 dollari per avere la possibilità di esibirsi sul palcoscenico. XII Ulisse 2015 Considerato che la ballerina non possedeva nessuno sponsor in grado di sostenerla, si è trovata costretta a pagare per accaparrarsi un ruolo rilevante all’interno del corpo di ballo. Bolshoi - poesia Queste azioni impure devono, secondo me, scomparire al fine di valorizzare l’arte della danza caratterizzata da leggerezza e purezza. Sara Bombardieri Corruzione, nepotismo, cupidigia e invidia non sono le sole accuse rivolte al celeberrimo Teatro del Bolshoi poiché troviamo anche episodi di razzismo come ne dimostra la denuncia da parte della ballerina afro-americana Precious Adams, la quale è stata esclusa dalle performance e invitata a rendere il suo aspetto più idoneo a quello che richiedevano i direttori, togliendo il nero dalla sua pelle. Inoltre, durante un’audizione, è stata obbligata a lasciare l’aula dall’insegnante, perché nera. Insomma, le problematiche interne all'antichissimo teatro moscovita sembrano saltare fuori una alla volta e non sembrano mai finire. A Norberto Ne le sue eleganti vesta appropinquandosi alla pianta chiama l’alunno da lui rato per il ripasso dialogato. Ad ogni grossolano errore, ben nascondendo il suo orrore, con una smorfia annuisce e correggendo dice: “Si capisce?”. Colui che il cor gentil possiede a pien diritto alla cattedra siede, ma non è da tutti vertute: contro loro, nostre bocche mute. Non tutti infatti come codesto omo altrettanto boni di core sono. Un’ammiratrice XIII Ulisse 2015 racconti POEMETTO Uno, due, tre. Una conta: semplice, ingenua. Era una bella bambina, Lizbeth, tutta sua madre, giocava nel parco. Si divertiva, con tutti gli altri bimbi, a nascondersi: come fanno tutti i piccoli, come tutti hanno fatto almeno una volta. E quanti risolini uscivano dalla sua boccuccia fine, che sorrisi mandavano i suoi occhi blu. L’uomo li spiava; la stava spiando da dietro la cancellata. Uno, due, tre, quattro. Che bella bimba, Lizbeth; piena di innocenza, di freschezza. Sì, all’uomo quella bambina piaceva e in particolare ora, mentre la guardava contare a occhi chiusi, si scopriva ad amare i suoi capelli ricci e biondi e quel suo corpicino leggero. Solo un soffio di vento sarebbe bastato per farla volare via. Solo uno sbuffo, uno sputo, sarebbe bastato per distruggerla. Uno, due, tre, quattro, cinque. Lizbeth: che nome strano, che nome magnifico. Un nome che si perde in bocca, un nome che può esser solo sussurrato. Era stata proprio una buona scelta, le si addiceva, pensava l’uomo, continuando a fissarla con espressione vaga, ancora indeciso sul da fare. Non sapeva ancora se staccarsi da quella grata e muoversi; ma chissà se lo avrebbe saputo mai. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei. Nove anni erano passati da quella notte, nove anni erano scivolati uno sopra l’altro e non riusciva a dimenticarsi quella donna. Se ne stava lì, ora, che la guardava, che la fissava, sua figlia. La figlia di lei. Voleva andare a toccarla, voleva prenderla fra le sue braccia. Ma sarebbe riuscito a farcela? Davvero, chi, sano di mente, non avrebbe almeno dei piccoli dubbi in una situazione del genere? Chi? E mentre tutte queste domande gli ruotavano vorticosamente in testa, tra le labbra continuava a bisbigliare Liz, Liz, Liz, Liz. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette. Era sicuramente stata una decisione di sua madre darle quel nome stupendo; quanto aveva amato quella donna, quanto l’aveva odiata. Erano stati amanti per un’eternità e il loro rapporto aveva sempre funzionato fino a quando, una mattina, si ritrovò nel letto solo, nessuna traccia di lei. L’aveva abbandonato, così, al suo destino di ragazzo universitario, senza un saluto, senza un messaggio. Senza un motivo. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto. Aggrappato a quella cancellata sembrava un bimbo che aveva paura del castigo. Quel corpicino, una bambina di otto anni, dolce e ridente, per lui era diventato tanto grande da sommergerlo e investirlo tutto. Non l’aveva mai vista prima di quel pomeriggio; aveva i suoi occhi, i suoi occhi azzurri. Come poteva riempire quella bianca pagina vuota? Come? Se avesse avuto l’occasione prima, se solo l’avesse avuta forse avrebbe saputo come fare. Perché sua madre non glielo aveva detto subito quella mattina? Perché aveva dovuto incontrarlo nove anni dopo per dirglielo? E perché aveva pianto mentre gli parlava di lei? Che situazione assurda. Incredibile come la vita sia capace di baciarti sulla fronte e contemporaneamente sputarti negli occhi, non trovate? Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove. Staccati ora; vai da lei, vecchio mio, corri da tua figlia. Non dirle subito chi sei però: ti prenderebbe per pazzo, non ti crederebbe suo padre. Parlale, convincila che devi raccontarle qualcosa di importante, portala via dagli altri bambini e siediti con lei su una panchina. Hai pensato troppo in questi pochi secondi, non puoi sbagliare. Va da lei. Abbracciala e digli ciò per cui sei venuto qui e poi dalle un bacio, piccolo, sulla guancia. Va da tua figlia, amico mio, vai. Dieci: arrivo! Principe Myskin XIV Ulisse 2015 racconti DACCI OGGI LA NOSTRA SCUOLA QUOTIDIANA Driiiin mia battaglia quotidiana: una nuova giornata di scuola. Non la sopporto più. Ogni mattina, dall'inizio della scuola, la mia maledetta sveglia tuona come le trombe del giudizio. Farebbe resuscitare pure i morti, e non per grazia divina ma – infastiditi – per disperazione! Quel maledetto trillo mi perfora i timpani e arriva dritto al mio cervello fino a rimbambirmi, annullando la mia volontà. Come uno zombie comincio la mia giornata perso ancora nei miei sogni notturni e inseguito dai miei incubi diurni. Ma oggi proprio no! Voglio ribellarmi a questo ingiusto sistema, alla mia sveglia e al suo trillo infernale. Non riesco a godere della mia momentanea inconsulta esaltazione che, appena fuori casa, mi accorgo di essere purtroppo in ritardo, rischiando di perdere il treno che mi porterà a scuola. Vorrei lasciar perdere e dire: ma si! Ci ho provato. E’ andata così. Me ne torno a casa. Vedrai, domani andrà meglio. La mia mente comincia appena ad assaporare l’oblio di tali dolci pensieri, che tanto rinfrancano la coscienza e ingentiliscono il cuore (il mio, ovviamente), che già le mie gambe hanno avviato la loro folle corsa verso la stazione, lontanissima, irraggiungibile. Lentamente il mio braccio striscia fuori da sotto le coperte, intento a colpire il mostro; parte lo slancio atletico ed ecco, finalmente, la vedo volare giù dal comodino, sperando che il suo canto mostruoso si spenga infrangendosi sul pavimento insieme agli altri pezzi dell’infernale marchingegno e, invece, ho solo peggiorato la situazione: non si ferma più. Basta! Ci rinuncio ... ha vinto lei. Ancora una volta. Ce l’ho fatta, sono riuscito ad arrivare. Agonizzante e circondato dalle altre anime di dannati come me, che si accalcano sulle rive dell’Acheronte per essere traghettate e condotte ai propri luoghi di castigo e di pena, salgo per un soffio sul traghetto infernale, pardon, volevo dire sul treno. Vado avanti per inerzia, spinto dalla calca e sbattuto, come foglia al vento, tra i vari anfratti del vagone. Che calvario, che sofferenza: “… Ahi serva Italia, di dolore Mi trascino fuori dal letto con la stessa energia di un bradipo e, dopo aver raccolto da terra la sveglia, le strappo via le pile per evitare di svegliare tutto il vicinato. Nel giro di qualche secondo, eccomi catapultato in un vortice di gesti, scatti, movimenti. Velocemente mi sciacquo il viso (veramente lo definirei più propriamente un lavaggio a secco), metto in bocca qualcosa che ha un sapore indefinito e vagamente dolciastro: cosa sarà mai? Non importa! Mando giù in fretta, mentre mi rotolo dentro i vestiti e, quasi per miracolo, sono pronto per affrontare impavido la ostello / nave senza nocchiere in gran tempesta, / …”. Sto per abbandonarmi ai più bassi e ormai abituali improperi sulla qualità dei servizi pubblici, sicuro dell’acclamante tripudio che i miei compagni di sventura mi tributerebbero (si sa, le sofferenze e le indigenze accomunano tutti gli uomini), quando, ad un tratto, ecco, lo vedo! Un posto libero. Temo di avere un allucinazione, XV Ulisse 2015 racconti magari causata dagli effluvi nebulizzati nell’aria in cui le molecole delle varie essenze di deodoranti e profumi si combinano con la traccia olfattiva di presenze di animali da latte. E invece, no. Quel posto stava aspettando proprio me! Mi seggo e, simil a viandante sperduto nel deserto che cerca riparo e ristoro all’ombra di una frondosa palma, anelo ad un pò di riposo. Niente da fare, un “omino” paffuto accanto a me comincia a parlare, anzi ad urlare al cellulare. Chi sei, o essere demoniaco, che alle sei e mezza di mattina ti metti a strillare su un treno, come un banditore nella pubblica piazza in un giorno di festa? Santi numi, intervenite in mio aiuto! Fulminatelo. Privatelo del dono della favella, almeno fino all’arrivo. Grazie al cielo, dopo una decina di minuti la tortura dell'urlatore folle finisce. E pace sia! No, e adesso cosa c’è? Ci mancava pure l’allegro commensale. A quell’ora? In quel luogo? In quelle condizioni? Ebbene si! continua così, ben presto di un fegato nuovo. Avreste dovuto vedere quella fetta di lardo divincolarsi fra le mani del troglodita, mentre, o misera, veniva afferrata e dilaniata per sparire tra le fauci del redivivo Minotauro. Dimmi o Musa, perché cotanta sofferenza e patimento per procacciar nutrimento alla mia mente e scacciar via il demone dell’ignoranza? Solo un momento! Mi fermo. Mi guardo intorno e … sospiro: tutte queste situazioni, apparentemente folli, non sono così male. In fondo tutto questo è la mia vita e a me piace così. Questo è il mio tempo e voglio viverlo intensamente e coscientemente insieme ai miei compagni, ai miei professori, alle mie ansie, ai miei successi e agli insuccessi. A nulla valgono gli sguardi preoccupati e minacciosi che i vicini gli rivolgono: il giovane essere, che fino a quel momento mi era sembrato un caduto in battaglia, per la sua posizione scomposta e la bocca - umida di gocciolante saliva - aperta in una smorfia di dolore, aveva emesso un sinistro grugnito che lo aveva destato dal suo letargo. Era vivo per fortuna, ma ahimè anche affamato. Quindi, tra lo sgomento e la nausea generale, l’insolente decide di fare colazione. Apre il proprio zaino e, come un prestigiatore dal cilindro, tira fuori un fagotto unto e sdrucito, da cui trae una pezzo di pane con dentro una spessa fetta di lardo. In effetti, il mio giovane compagno di viaggio ha bisogno di molta energia da spendere sui banchi di scuola e, se Finalmente il treno della speranza arriva a destinazione. Scendo il più velocemente possibile. Mi precipito. Ecco, la vedo, è proprio lei: la mia scuola. Cerco i miei compagni, ma tra la folla di alunni non vedo alcun viso noto, cerco di destreggiarmi fra i piccioncini che tubano con molto fervore da chissà quanto tempo, le persone troppo impegnate a scrivere messaggini a chissà chi e ai poveri alunni ancora appisolati che sostano seduti sugli scalini all'ingresso della scuola. Non ho il tempo per riflettere, suona la campanella e cerco di entrare a scuola, lasciandomi trasportare dall'orda di alunni addormentati come me. No, non è un sogno, ma ben presto tutto ciò occuperà – lo sento – un posto speciale nel cassetto della mia memoria. Enrico Pillitteri XVI Ulisse 2015 Ex piazzi-perpenti Martina, 1^ anno di Lettere Antiche, Pavia E' dalla quarta elementare che voglio fare l'archeologa. Ed ecco ciò che avrei voluto sentirmi dire un anno fa: -Fai quello in cui sei brava, fai quello e punto-. Vi assicuro che conoscete già la scelta giusta per voi. Dovete provare a dirla ad alta voce. Io ho fatto tanta fatica, tanta, a dire: -Faccio lettere antiche-; le persone microcefale mi guardavano con il vuoto negli occhi. Ora mi fanno ridere. Ora che seguo corsi di glottologia (lo sapete che un nigero-congolese e un greco usano le stesse strutture linguistiche? Ok, magari non vi interessa, deformazione professionale) e mi accorgo che anche i miei compagni pugliesi e veneti balbettano quando leggono in greco. Ora, comrades, passando ai consigli pratici, una volta fatta una lista di possibili percorsi universitari, mettetevi seduti e immaginatevi con un camice addosso o con una calcolatrice in mano o davanti a tutto l'Inferno dantesco. Scegliete una cosa e fatela bene, questo è ciò che dovete avere in testa, senza pensare ai soldi, ad un lavoro dietro alla scrivania dello zio, alle opinioni di tante Meduse che vorrebbero distogliervi dal vostro viaggio. Per quanto riguarda la mia esperienza, Lettere, sto capendo che leggere i classici è studiare l'uomo, capirlo e capirsi. Del primo giorno di università ricordo solo una frase (lo ammetto ero più preoccupata a fissare i miei compagni intelligentoni piuttosto che ascoltare le modalità di iscrizione agli esami): uno studente di lettere deve essere intelligente; uno studente di lettere dovrà inventarsi il proprio lavoro. Sorrido. XVII Ulisse 2015 meteo METEO La sfera di cristallo Nel corso delle prime due settimane di dicembre in Italia si sono evidenziate nette anomalie termiche positive: nella nostra valle di conseguenza non si sono avute condizioni invernali. Sorge lecito chiedersi se nel periodo delle festività questo trend particolarmente deludente per tutti gli amanti della neve e dello sci si sia arrestato oppure sia mutato. Nella prima parte delle vacanze natalizie, per chi non se ne fosse accorto, abbiamo vissuto un netto rinforzo del vortice polare, che ha causato una distensione verso est dell'Anticiclone delle Azzorre, quindi per la nostra valle un tempo relativamente mite e soleggiato con umidità molto bassa per via del Foehn (vento di caduta). Insomma, un Natale con sembianze più primaverili che invernali confermando per l'ennesimo anno che avere la neve il giorno di Natale è più un sogno che altro! Dal periodo successivo però la situazione è mutata, con la discesa di correnti più consone al periodo invernale: e nella nostra piccola valle cosa è successo in questo periodo? Il giorno 28 dicembre l’irruzione di una fredda massa d’aria proveniente da Nord Ovest ha portato la prima nevicata di stagione, per la gioia di grandi e piccini. In seguito l’Anticiclone delle Azzorre, ripiegando verso le aree scandinave, ha permesso la discesa di gelide masse d’aria provenienti dalla Russia, che hanno fatto crollare le temperature in valle, portando il grande gelo, mentre il centro-Sud era sommerso dalla neve. Nella notte di Capodanno, all'apice dei festeggiamenti, sicuramente avrete notato questi cambiamenti, che vi hanno fatto tremare di freddo. Nei primi giorni del nuovo anno la situazione è rimasta inalterata, costringendoci a farci rintanare nelle nostre calde casupole o alla disperata ricerca di un bar nel quale poter gustare una dolce cioccolata fumante. Col finire delle amate vacanze le temperature sono cominciate timidamente a salire, ma la situazione è cambiata nuovamente negli ultimi giorni. Al ritorno a scuola si è vista arrivare, infatti, una valanga di interrogazioni, che ha travolto l'Istituto Piazzi-Perpenti causando molti feriti e qualche morto. Il vostro meteorologo di fiducia XVIII Ulisse 2015 Ipse dixit IPSE DIXIT CLASSE 4B CL Prof M: …quindi si dissocia. A ragà, mica stanno appiccicati come gemelli siamesi… occhi bassi come agnellini innocenti, chi trema da una parte chi dall’altra, mi sento una carogna. Alunni: Grazie Prof! Prof M: Stiamo parlando di molalità, quindi pLego! Prof M: Che è, una ‘g’ barocca o liberty? Ah barocco, non fatemici pensare… rocco barocco… Stiamo a Natale ormai, i rocchi barocchi e i mustaccioli sono dolci, non fatemici pensare ragà, sto a dieta, e andiamo. Prof M: Aaah ho capito, quindi sei un anglofilo? Alunno G: Eh?! Un androfilo? Prof M: Ragà, qua ormai conta solo portafoglio. L’importante, poi, è avere un pollo… Prof M: Io me lo immagino questo quando va al supermercato a cercare i salamini più bianchi… Aò, non mi freghi! Prof M: Allora, chi viene? Bhe ho capito, prima i guerrieri –voi ne vedete? Io no- poi le donne, poi i bambini. Per anzianità vado prima io. Buffff, questo raffreddore lo sconfiggo! Prof M: Che? Ciuffolotto a me? Sarà una brutta parola, ciuffolotto a te! Prof M: Per natura siamo campanilisti all’ennesima potenza. Prof M: Ed ora, prendendo a cazzotti la definizione di molalità che abbiamo dato… bene, facendo questa piccola violenza andiamo a calcolare la molarità. (Cade qualcosa fuori dalla finestra) Prof M: Che è? Cos’era, uno pterosauro? (Cancellando la lavagna) Prof M: (canticchiando) : *Guantanamera, Guajira Guantanamera, Guantanamera, Guajira Guantanamera* (Si interrompe la musica nella classe a fianco) A ragà, vedete che la Guantanamera ha bloccato quel lamento che c’era di là? Prof M: Sì, ho fatto i bigliettini con i numeri da estrarre perché se vi guardo vi vedo con gli Prof DF: No va be’ ragazzi, spero che con queste stupidate, ogni tanto faccio il gioppino, le cose vi rimangano in mente. Prof DF: Sia chiaro, ’sto Lucrezio non va in giro a fare il testimone di Geova, distribuire volantini, manifestare in piazza. Prof DF: Il corpo è il contenitore dell’anima, una volta morto, l’anima fuoriesce e ciao pep. Prof DF: Lucrezio, ai tempi nostri, sarebbe un anticonformista. Noi pensiamo che a Natale faccia chissà cosa, ma in realtà no perché scegliere il panettone Motta o Melegatti genera turbamenti nell’anima. Prof DF: Nella mia vita di indiscutibile c’è ben poco: l’Inter, la nascita, la morte, mia moglie… No, nemmeno mia moglie, quindi figuriamoci una completiva o una finale. Prof DF: Voi avete capito che è passivo ma l’avete reso attivo perché suona meglio, no? Dite ‘sì’ così va bene. Prof DF: Perché il carpe diem oraziano non vi fa lo stesso effetto di quest’affermazione di Lucrezio? That’s the same, c'est la même chose, l’è istess… cioè, voglio dire… Prof DF: Eh qui non è come nell’età dell’oro, quando i leoni venivano lì e facevano la paciotta come i gatti… Alunna L: Quindi, anche San Paolo diceva… Prof F (nell’ora di filosofia): Non so, l’esegesi biblica non è il mio forte. XIX Ulisse 2015 Ipse dixit Prof F: Immaginiamo, non so, visto che si sta avvicinando l’ora dell’intervallo… no, è ancora presto, fa niente, immaginiamo comunque che sul tuo banco ci sia, non so, una tortina. Cosa faccio io? La trovo, la vedo, la valuto positivamente e poi? Poi la mangio. Prof M2: Beh adesso smettetela di scaricare video con il tablet. Alunni: Che video?! Prof M: No, niente, volevo vedere se qualcuno di voi mi rispondeva: “Come fa a sapere che stiamo scaricando video illegali?”. Prof F: Quello che pensavo di fare, se avete voglia… Classe: Ehm… Prof F: Bè anche se non avete voglia lo facciamo lo stesso. Prof M1: Allora, ci sono delle domande? Ah, ecco una domanda! (il prof è entusiasta del fatto che qualcuno lo stia seguendo) Dimmi pure. Alunno A: Prof… ma perché quando cerca su Google scrive sempre in maiuscolo? (Entra in classe una vespa creando scompiglio) Prof F: Di che cosa avete paura, di una vespa africana assassina? Alunno G: Prof, lei sa che… Prof F: No Alunno G: E’ morto Cesare Segre. Prof F: Ah, bene, peccato, dobbiamo magari fare una cerimonia funebre nella prossima lezione di storia? Prof F: C, magari ci può parlare della questione relativa ad Orata nel ‘De beata vita’ di Agostino. Alunna C: Orata? Sì, Orata Prof F: Naturalmente qui non si intende la specie ittica. Prof di matematica P: State all’erta con me con i conti perché li sbaglio facilmente. CLASSE 3A L Prof M1: S, puoi accendere la LIM? Alunno S: Prof, ma c’è il telecomando di fianco alla sua mano! Prof M1: Ah, scusami, era nella zona d’ombra degli occhiali. Prof M1: Ah! Ecco un’altra immagine del Liceo Mazzarello… ormai è diventato il leitmotiv della giornata. Alunni: Prof, ma non ha ancora corretto le verifiche? Deve passare il sabato sera a correggerle! Prof M1: Ma perché pensate che io passi il mio sabato sera in modo diverso? Non sono mica un giovinastro come voi! Alunno J: No prof. Adesso che ho scoperto che siamo compaesani sono proprio curioso di sapere dove abita. Prof M1: Va bene, concedetemi 30 secondi per spiegargli dove abito. Alunno P: Prof, perché ha colorato di rosso il disegnino che ho fatto sulla verifica? Prof M1: Mah, per impiegare qualche modo la penna rossa… Prof M2: State attenti a non far ruffianate di quel Ruffini! Prof D: Com’è la Divina Commedia? Poli…? Alunno C: Policantica! Alunno A: Prof, posso andare in bagno? (lo studente corre sofferente alla porta) Prof M1: Ma questo è indice della qualità della lezione? (Il prof M2 entra in classe irritato) Prof M2: Uffa però! Là fuori tutte quelle fanciulle con il prof M1: “Che bello! Che bello!”. Arrivo io e neanche mi cagano. (Prof D legge il tema dell’alunno S) Prof D: “… in conclusione, non tutti gli immigrati sono criminali. Anzi, alcuni sono ottime persone! Per esempio i lavapiatti, che sanno cosa significa soffrire.” Prof F: A, vuole riassumere? (silenzio) Prof F: Beh, anche se non volesse… (Prof F interroga alunno D) Alunno D: ...e impone la dieta di Roncaglia… Prof F: Un regime alimentare? XX Ulisse 2015 CLASSE 4C SU Alunna M: (leggendo la poesia di auguri della preside) Ma di chi è ‘sta poesia? Ah, David Maria TUORLO! Ma poi è un maschio o una femmina? Prof DC: …E chi riprenderà il tema della provvidenza nel 1600? Vi do un indizio… un vitello grande… Alunna M:…Ah sì! Vitelloni! (Manzoni) Prof DC: Dove fu giustiziato Giordano Bruno? Alunna G:…A prato fiorito! (Campo dei Fiori) Prof DG: (guardando uno spot pubblicitario con George Clooney) Ah ecco, questo è il fondatore del monastero di “Cluny”… CLASSE 4A CL Prof M: Se io cerco di attraversare il muro e prendo la rincorsa… no, non ci sperate. Prof B: Circe trasforma gli uomini in porci, ma effettivamente non fa niente di strano. Ipse dixit - disegni Alunno G: ...faccio i salti con gli sci. Prof G: Oh! Questo qui è come uno degli acrobati della Taurocatapsia! (Leggendo della morte di Patroclo) Prof B: ...σμερδαλέα... (smerdalea) (Risata generale) Prof B: Su dai, anche Ulisse era stato definito così quando era uscito dal… Alunno A: Bagno? Prof L: M, come nasce il governo? Alunno M: Eh… nasce… Prof L: Eh si, nasce, cresce e corre, poi si fa l’Italia e inciampa. Prof DF: Allora su Terenzio potremmo fare un rapido testicolo… Cioè, un piccolo test. Prof DF: A cosa serve la scuola? A niente, per fortuna. Se volevo far soldi facevo il ladro. (leggendo il primo canto del Purgatorio) Prof DF: ...così avviene la pulizia del viso di Dante. Virgilio fa anche l’estetista. Prof B: Eh non lo capisce proprio che deve spezzare il gesso… questi sono dei segni poi uno li interpreta un po’ come vuole… XXI Ulisse 2015 Felicitazioni XXII Ulisse 2015 Giochi CRUCIGRAMMA SYLLABICUM In omne quadratum, scribe syllabam. Syllabae necessariae enumeratae sunt: AR, CA, CA, CE, CI, DI, DI, DO, GE, I, MI, NE, NI, NI, O, RE, RE, RI, RO, RUS, SUS, TAS, TO, TRI, VE, VI I II III VI IV V VII VIII IX X XI DEFINITIONES IN LINEA TRANSVERSA ( → ) I. In vino …; III. Amici (contrarium); VI. Rex Megarae; VII. Incola regionis Peloponnesi (dat,); VIII Bene olens; IX. Nominativus carnis; X. Concoquere cibum; XI. Deus marinus, filius Neptuni (abl.). DEFINITIONES AD PERPENDICULUM ( ↓ ) I. …, …, vici (Gaius Iulius Caesar) ; II. … abundat in ore stoltorum; III. Filius Daedali; IV. Domicilia avium; V. Scripsit “De legibus” (abl); VII. Fervore, alacritate; VIII. Risus abundat in… stoltorum; IX. Censor vel Uticensis. QUADRATUM LATINUM Comple ut in omne quadratum lineam columnamque numeri ab I usque ad IX eveniant. VII IX V II VII I III VIII IX V VI IX III VIII VII II IX V IV VIII VIII VII III II VIII IV V I VI IV VI V XXIII La Redazione ringrazia tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo primo numero del giornalino per l’anno scolastico 2014/2015. Un ringraziamento particolare alla prof.ssa Gianoli per la collaborazione e il suo costante supporto. Chiunque sia interessato a veder pubblicato un proprio articolo su Ulisse può scrivere alla apposita E-mail [email protected] Invitiamo tutti ad aggiungersi al gruppo facebook: http://www.facebook.com/groups/ulisse.piazzilenaperpenti/ Referenti: Letizia Fede (4^A Classico) Ilaria Caspani (4^B Classico) Elena Fede (3^A Linguistico) Anna Zampatti (4^C Scienze Umane)