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l. «Ah birbone! ah dannato! ah assassino!» gridava Renzo, correndo

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l. «Ah birbone! ah dannato! ah assassino!» gridava Renzo, correndo
"PERCHÉ, VEDETE, A SAPER BEN MANEGGIARE LE GRIDE, NESSUNO È REO, E NESSUNO È INNOCENTE".
RENZO E LA 'GIUSTIZIA' DI AZZECCA-GARBUGLI
l. «Ah birbone! ah dannato! ah assassino!» gridava Renzo, correndo innanzi e indietro per la stanza, e stringendo di
tanto in tanto il manico del suo coltello.
«Oh che imbroglio, per amor di Dio!» esclamava Agnese. Il giovine si fermò d'improvviso davanti a Lucia che
piangeva; la guardò con un atto di tenerezza mesta e rabbiosa, e disse: «questa è l'ultima che fa quell'assassino» .
2. «Prima di tutto, non mi sento bene, vedete.»
«Mi dispiace; ma quello che ha da fare è cosa di cosi poco tempo, e di cosi poca fatica ...»
«E poi, e poi, e poi ...»
«E poi che cosa?»
«E poi c'è degli imbrogli.»
«Degl'imbrogli? Che imbrogli ci può essere?»
«Bisognerebbe trovarsi nei nostri piedi, per conoscer quanti impicci nascono in queste materie, quanti conti s'ha da
rendere. lo son troppo dolce di cuore, non penso che a levar di mezzo gli ostacoli, a facilitar tutto, a far le cose secondo
il piacere altrui, e trascuro il mio dovere; e poi mi toccan de' rimproveri, e peggio.»
«Ma, col nome del cielo, non mi tenga cosi sulla corda, e mi dica chiaro e netto cosa c'è.»
«Sapete voi quante e quante formalità ci vogliono per fare un matrimonio in regola?»
«Bisogna ben ch'io ne sappia qualche cosa, » disse Renzo, cominciando ad alterarsi, «poiché me ne ha già rotta
bastantemente la testa, questi giorni addietro. Ma ora non s'è sbrigato ogni cosa? non s'è fatto tutto ciò che s'aveva a
fare? » [00']
«Ma mi spieghi una volta cos'è quest'altra formalità che s'ha a fare, come dice; e sarà subito fatta.»
3. «Sapete voi quanti siano gl'impedimenti
dirimenti?»
«Che vuoi ch'io sappia d'impedimenti?»
«Error, conditio, votum, cognatio, crimen,
Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,
Si sis affinis, ...» cominciava don Abbondio, contando sulla punta delle dita.
«Si piglia gioco di me?» interruppe il giovine. «Che vuoi ch'io faccia del suo latinorum?
«Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa.»
4.«Tu l'hai ancora col latino, tu: bene bene, t'accomoderò io: quando mi verrai davanti, con questa creatura, per sentirvi
dire appunto certe paroline in latino, ti dirò: latino tu non ne vuoi: vattene in pace. Ti piacerà?»
«Eh! so io quel che dico,» riprese Renzo; «non è quel latino li che mi fa paura: quello è un latino sincero,
sacrosanto, come quel della messa: anche loro, li, bisogna che leggano quel che c'è sul libro. Parlo di quel latino
birbone, fuor di chiesa, che viene addosso a tradimento, nel buono d'un discorso. Per esempio, ora che siam qui,
che tutto è finito; quel latino che andava cavando fuori, li proprio, in quel canto, per darmi ad intendere che non
poteva, e che ci voleva dell'altre cose, e che so io? me lo volti un po' in volgare ora.»
5. «In somma, figliuol caro, io non ci ho colpa; la legge non l'ho fatta io. E, prima di conchiudere un matrimonio, noi
siam proprio obbligati a far molte e molte ricerche, per assicurarci che non ci siano impedimenti.»
«Ma via, mi dica una volta che impedimento è sopravvenuto?»
«Abbiate pazienza, non son cose da potersi decifrare cosi su due piedi. Non ci sarà niente, cosi spero; ma, non ostante,
queste ricerche noi le dobbiam fare. Il testo è chiaro e lampante: antequam matrimonium denunciet ...»
«Le ho detto che non voglio latino.»
«Ma bisogna pur che vi spieghi ...»
6. - Sentite! disse Agnese: sentitemi che son vecchia. Era questa una confessione che la buona Agnese faceva di rado,
in caso di somma necessità, e quando si trattava di dar fede alle sue parole. - lo ho veduto un poco il mondo: non
bisogna spaventarsi troppo: il diavolo non è mai brutto come si dipinge; e a noi povera gente le cose pajono
talvolta imbrogliate imbrogliate perché non abbiamo la pratica per uscirne. Ma, sapete, c'è della gente che si
ride degl'imbrogli. Fate a modo mio Fermo. Pigliate quei quattro capponi, poveretti! che doveva sgozzare io questa
mattina pel banchetto: teneteli bene stretti, per le gambe, andate a Lecco: sapete dove abita il dottor Duplica? - Lo so
benissimo. - Bene andate da lui, presentategli i capponi: perché vedete quando si vede che uno può regalare gli si dà
retta. Contategli tutto il fatto, e domandategli parere. Eh ne ho visto io della gente che non sapevano dove dar del
capo, che andando a consultarsi con lui non trovavano la strada, e dopo d'avergli parlato tornarono a casa vispi
come un ti mollo che saltellando nella barca per disperazione cade nell'acqua, e si trova in casa sua. Fate così
Fermo. Nelle situazioni molto imbrogliate il parere che piace più è quello di pigliar tempo per avere un altro parere
definitivo: ogni consiglio definitivo e determinato presenta ostacoli, difficoltà, nuovi imbrogli: ma questo di consigliarsi
di nuovo e meglio è semplice, non nuoce, e nello stesso tempo dà una lusinga indeterminata che per questo mezzo si
troverà una uscita.
7. Pensate se si struggeva di mandar le sue nuove alle donne, e d'aver le loro; ma c'eran due gran difficoltà. Una, che
avrebbe dovuto anche lui confidarsi a un segretario, perchè il poverino non sapeva scrivere, e neppur leggere, nel
senso esteso della parola; e se, interrogato di ciò, come forse vi ricorderete, dal dottor Azzecca-garbugli,
aveva
risposto di si, non fu un vanto, una sparata, come si dice; ma era la verità che lo stampato lo sapeva leggere,
mettendoci il suo tempo: lo scritto è un altro par di maniche.
8. Alcune sere fa mi trovai in una adunanza dove un uomo lesto faceva il giuoco de' bussolotti con mirabile destrezza.
Uno de' spettatori poco da me discosto con un sorriso di compiacenza di se stesso pretese di spiegare la cagione di tanti
portenti, attribuendo la alle candele arte fatte le quali illuminava la stanza. Un'altra volta, trovandomi presenti ad alcuni
maravigliosi equilibri di persona fatti da un uomo del mestiere, udii un altro che ne spiegava la cagione ad un vicino
sostenendo che era per forza della calamita. [... ] Uno si accontentò della parola candela, l'altro si accontentò della
parola calamita, in guisa che ne cavo un teorema generale, che gli uomini sono difficilissimi a contentarsi delle cose e
facilissimi a contentarsi delle parole, trattine i soli grammatici, i quali per l'opposto difficilmente s'appagano delle
parole e ricevono pazientemente le cose significate da esse, buone o cattive.
9. Stato un momento a sentire, non potè tenersi di non dire anche lui la sua; parendogli che potesse senza presunzione
proporre qualche cosa chi aveva fatto tanto. E persuaso, per tutto ciò che aveva visto in quel giorno, che ormai, per
mandare a effetto una cosa, bastasse fari a entrare in grazia a quelli che giravano per le strade, «signori miei!» gridò, in
tono d'esordio: «devo dire anch'io il mio debol parere? Il mio debol parere è questo: che non è solamente nell'affare del
pane che si fanno delle bricconerie: e giacchè oggi s'è visto chiaro che, a farsi sentire, s'ottiene quel che è giusto;
bisogna andar avanti cosi, fin che non si sia messo rimedio a tutte quelle altre scelleratezze, e che il mondo vada un po'
più da cristiani. Non è vero, signori miei, che c'è una mano di tiranni, che fanno proprio al rovescio de' dieci
comandamenti, e vanno a cercar la gente quieta, che non pensa a loro, per farle ogni male, e poi hanno sempre ragione?
anzi quando n'hanno fatta una più grossa del solito, camminano con la testa più alta, che par che gli s'abbia a rifare il
resto? Già anche in Milano ce ne dev'essere la sua parte.
IO.«È quel Ferrer che aiuta a far le gride?» domandò a un nuovo vicino il nostro Renzo, che si rammentò del vidit
Ferrer che il dottore gli aveva gridato all'orecchio, facendoglielo vedere in fondo di quella tale.
«Già: il gran cancelliere» gli fu risposto.
«È un galantuomo, n'è vero?»
«Eccome se è un galantuomo! è quello che aveva messo il pane a buon mercato; e gli altri non hanno voluto; e ora viene
a condurre in prigione il vicario, che non ha fatto le cose giuste.»
Non fa bisogno di dire che Renzo fu subito per Ferrer. Volle andargli incontro addirittura: la cosa non era facile; ma con
certe sue spinte e gomitate da alpigiano, riuscì a farsi far largo, e a arrivare in prima fila, proprio di fianco alla carrozza.
Il. Bisogna andar da Ferrer, e dirgli come stanno le cose; e io, per la parte mia, gliene posso raccontar delle belle; che
ho visto io, co' miei occhi, una grida con tanto d'arme in cima, ed era stata fatta da tre di quelli che possono, che
d'ognuno c'era sotto il suo nome bell'e stampato, e uno di questi nomi era Ferrer, visto da me, co' miei occhi:
ora, questa grida diceva proprio le cose giuste per me; e un dottore al quale io gli dissi che dunque mi facesse
render giustizia, com'era l'intenzione di que' tre signori, tra i quali c'era anche Ferrer, questo signor dottore,
che m'aveva fatto veder la grida lui medesimo, che è il più bello, ah! ah! pareva che gli dicessi delle pazzie. Son
sicuro che, quando quel caro vecchione sentirà queste belle cose; che lui non le può saper tutte, specialmente quelle di
fuori; non vorrà più che il mondo vada cosi, e ci metterà un buon rimedio. E poi, anche loro, se fanno le gride, devono
aver piacere che s'ubbidisca: che è anche un disprezzo, un pitaffio col loro nome, contarlo per nulla. E se i prepotenti
non vogliono abbassar la testa, e fanno il pazzo, siam qui noi per aiutarlo, come s'è fatto oggi. Non dico che deva andar
lui in giro, in carrozza, ad acchiappar tutti i birboni, prepotenti e tiranni: si; ci vorrebbe l'arca di Noè. Bisogna che lui
comandi a chi tocca, e non solamente in Milano, ma per tutto, che faccian le cose conforme dicon le gride; e formare un
buon processo addosso a tutti quelli che hanno commesso di quelle bricconerie; e dove dice prigione, prigione; dove
dice galera, galera; e dire ai podestà che faccian davvero; se no, mandarli a spasso, e metterne de' meglio: e poi, come
dico, ci saremo anche noi a dare una mano. E ordinare a' dottori che stiano a sentire i poveri e parlino in difesa
della ragione. Dico bene, signori miei?»
12.«Ma la ragione giusta la dirò io,» soggiunse Renzo: «è perchè la penna la tengon loro: e cosi, le parole che dicon
loro, volan via, e spariscono; le parole che dice un povero figliuolo, stanno attenti bene, e presto presto le infilzan per
aria, con quella penna, e te le inchiodano sulla carta, per servirsene, a tempo e luogo. Hanno poi anche un'altra malizia;
che, quando vogliono imbrogliare un povero figliuolo, che non abbia studiato, ma che abbia un po' di ... so io quel che
voglio dire ... » e, per farsi intendere, andava picchiando, e come arietando la fronte con la punta dell'indice; «e
s'accorgono che comincia a capir l'imbroglio, taffete, buttan dentro nel discorso qualche parola in latino, per fargli
perdere il filo, per confondergli la testa. Basta; se ne deve smetter dell'usanze! Oggi, a buon conto, s'è fatto tutto in
volgare, e senza carta, penna e calamaio; e domani, se la gente saprà regolarsi, se ne farà anche delle meglio: senza
torcere un capello a nessuno, però; tutto per via di giustizia.»
2
I PROMESSI
CAPITOLO
SPOSI
III
viaggiare
57
accorata
rischio di viaggiar per molte bocche una storia che voleva esse-
la guardò con un atto di tenerezza mesta e rabbiosa, e disse:
re gelosamente sepolta: tanto più che Lucia sperava che le sue
«questa è l'ultima che fa quell'assassino».
quell'assassino.
avrebbero
quella abbominata
Ah,
nozze avrebber troncata, sul principiare, quell'abbominata
«Ah! no, Renzo, per amar del cielo! » gridò Lucia. «No,
per-
ella
secuzione. Di queste due ragioni però,
»
Iddio ---
non allegò che la
pei -
no, per amar del cielo! Il Signore c'è anche per i poveri; e
facciamo
prima.
come volete che ci aiuti, se facciam del male? »
diss'ella
«E a voi,» disse poi, rivolgendosi a Renzo, con quella voce
ad
ch'egli
che vuoI far riconoscere a un amico che
«No, no, per amar del cielo!» ripeteva Agnese.
il
ha avuto
torto:
«Renzo,»
disse Lucia, con un'aria di speranza e di risolu-
parlare
9
mestiere, ed -
«e a voi doveva io parlar di questo? Pur troppo lo sapete
zione più tranquilla: «voi avete un mestiere, e io so lavorare:
ora! »
andiamo tanto lontano, che colui non senta più parlar di noi.»
parlare
ti ha
7
«E che t'ha detto il padre?»
ch'io
domandò Agnese.
«M'ha detto che cercassi d'affrettar
potrei
«Ah Lucia! e poi? Non siamo ancora marito e moglie! Il
di affrettare
egli
le nozze il più che
curato vorrà
Quell'uomo
---
farei la fede di stato libero? Un uomo come
mi
potessi, e intanto
ch'egli
re; e che sperava
stessi rinchiusa; che pregassi bene il Signo-
I che colui,
quello? Se fossimo maritati, oh allora ... ! »
mi veggendo
non vedendomi, non si curerebbe
ch'io mi forzai --
ella
piii di me. E fu allora che mi sforzai,» prosegui
, rivolgendo-
ricadde nel pianto: e tutti e ----
49
Lucia si rimise a piangere: e tutt'e tre rimasero in silenzio,
atteggiati d'un
e in un
abbattimento
volto. e arros-
si di nuovo a Renzo, senza alzargli però gli occhi in viso, e arsando
che faceva un tristo contrapposto
alla
dei
pompa festiva de' loro abiti.
ch'io
rossendo tutta, «fu allora che feci la sfacciata, e che vi pregai
«Sentite,
figliuoli; date retta a me,» disse, dopo qualche
conchiudere
io che procuraste di far presto, e di concludere prima del tempo
si era
che
che s'era stabilito. Chi sa
faceva
era
di Lucia
mondo lo conosco un poco. Non bisogna poi spaventarsi tanto:
teneva
io era
parole
momento, Agnese. «lo san venuta al mondo prima di voi; e il
di troppo:
cosa avrete pensato di me! Ma io
facevo per bene, ed ero stata consigliata, e tenevo per certo ...
e questa mattina,
sono
come
il diavolo non è brutto quanto
paiono
ero tanto lontana da pensare ... » Qui le
e'
si dipinge. A noi poverelli le
sappiamo trovare ---
matasse paion più imbrogliate,
perchè non sappiam trovarne
furono tronche --
furon troncate da un violento scoppio di pianto.
il bandolo; ma alle volte un parere, una parolina d'un uomo
sclamava
8
«Ah birbone! ah dannato! ah assassino!» gridava Renzo,
scorrendo
tratto in
correndo innanzi e indietro per la stanza, e stringendo di tanto
tratto--
in tanto il manico del suo coltello.
che abbia studiato ... so ben io quel che voglio dire. Fate a mio
Lecco.
modo, Renzo; andate a Lecco; cercate del dottor Azzecca-garbugli, raccontategli ... Ma non lo chiamate casi, per amar del
sclamava
«Oh che imbroglio, per amar di Dio! » esclamava Agnese.
arrestò subitamente dinanzi ----
Il giovi ne si fermò d'improvviso davanti a Lucia che piangeva;
cielo: è un soprannome. Bisogna dire il signor dottor ... Come
mo
si chiama, ora
egli
chiamano
? Oh to'! non lo so il nome vero: lo chiaman
IO
I PROMESSI
CAPITOLO
SPOSI
tutti a I quel modo. Basta, cercate di quel dottore alto, asciut-
tato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che
a tumulto gli passavano per la mente,
ne, o di disperazione,
quegli è un uomo -----impacciato come un pulcino --------
terribili squassi -
darsi del capo --
e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare
non sapeva dove batter la testa, e, dopo essere
spenzolate,
Azzecca-garbugli ,
stato un'ora a quattr'occhi
doveva
gliate quei quattro capponi, poveretti!
pel -
quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s'ingegnavano
col dottor Azzecca-garbugli (badate
bene di non chiamarlo cosil), l'ho visto, dico, ridersene.
a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra
Pi-
io
a cui dovevo
compagni di sventura.
tirare il
chiese
questa sera
collo, per il banchetto di domenica, e portateglieli;
andare colle --
Giunto al borgo, domandò dell'abitazione
perchè non
••
vuote da quei -
VI
andò
del dottore;
gli
si senti preso da quella
tirnidità
egli
suggezione che i poverelli
vi dirà, su due piedi,
illetterati
provano
in VICInanZa
di un
di quelle cose che a noi non verrebbero in testa, a pensarci un
d'un signore e d'un dotto, e dimenticò tutti i discorsi che ave-
anno.»
va preparati;
Renzo abbracciò molto volentieri
questo
di averlo
parere;
tolse ad -
signor dottore.
le
zo
fantesca
passate nello studio
inchino al dottore, che lo accolse --
figliuolo »,
dicono
alla
'2
disgrazia, e ruminando il discorso da fare al dottor Azzec-
ca-garbugli. Lascio poi pensare al lettore, come dovessero sta-
entrare
mente, con un «venite, Iigliuolo,» e lo fece entrar con sè nello
st di
E
erano
U lO.
ra questo uno stanzone, su tre pareti del quale eran
i campi o, come dicon colà,
ripensando
giunse in
Capitò
zr ». Renzo fece un grande inchino: il dottore l'accolse umana-
dietro, gridando: lo spo-
ne andò per viottoli ---
I sua
Il dottore
•
correrebbero
fremendo,
perchè voleva che il dottore
appunto mentre la donna diceva: «date qui, e andate innan-
parole di speranza, usci dalla parte dell'orto, per non esser ve-
i luoghi, se n'andò per viottole,
andasse tirando indietro,
Iarri --
onde
Ren-
ritirando ---_
ve. esse e sapesse ch'egli portava qualche cosa.
spago, e le consegnò in mano a Renzo; il quale, date e ricevute
campi.
,
d
che--
SO! lo sposo! Cosi, attraversando
e come avvezza a
'
somiglianti doni, mise loro le mani addosso, quantunque
se facesse un mazzetto di fiori, le avvolse e le strinse con uno
dai
Adocchiò essa le bestie
simiglianti
riuni le loro otto gambe, come
duto da' ragazzi, che gli correrebber
15
La fantesea vide --
capponaia,
per una porticclla
ai capponi, e si rincorò.
Entrato in cucina, domandò alla serva, se si poteva parlare al
Lucia
ad
l'approvò; e Agnese, superba d'averlo dato, levò, a una a una,
le povere bestie dalla stia,
ma diede un'occhiata
chiese alla fantesca ---
parere.
lo approvò,
14
sorpreso
fu. indicata, e v'andò. All'entrare,
bisogna mai andar con le mani vote da que' signori. Raccontategli tutto l'accaduto; e vedrete che
__
per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia,
visto io più d'uno ch'era più impicciato che un pulcin nella
stoppa, e
stendendo con forza il braccio ---
Ora stendeva il braccio per collera, ora l'alzava
«Bene,» continuò Agnese: «quello è una cima d'uomo! Ho
che
e in certi momenti d'ira o di risoluzio-
gli passavan a tumulto per la mente.
«10 conosco di vista,» disse Renzo.
13
che--
In
Zampe, a capo all'in giù, nella mano d'un uomo il quale, agi-
era, »
12
59
re in viaggio quelle povere bestie, cosi legate e tenute per le
50
to, pelato, col naso rosso, e una voglia di lampone sulla guan-
II
111
51
di
dei
lstribuiti i ritratti de' dodici Cesari; la
I
quarta, coperta da
un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, una
16
I PROMESSI
60
CAPITOLO
SPOSI
capito)
di allegazioni
61
III
tosto
aveva capito. - Ho capito. - E subito si fece serio, ma d'una
tavola gremita d'allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride,
unIato--
serietà mista di compassione e di premura; strinse fortemente
con tre o quattro seggiole all'intorno, e da una parte un seggiobracciuoli, con un appoggio alto e quadrato, terminato ---------
Ione a braccioli, con una spalliera alta e quadrata,
le labbra, facendone uscire un suono in articolato che accen-
terminata
si alzavano
nava un sentimento,
agli angoli da due ornamenti di legno, che s'alzavano a foggia
coperto
espresso poi più chiaramente
nelle sue
prime parole. «Caso serio, figliuolo; caso contemplato. Avete
di corna, coperta di vacchetta, con grosse borchie, alcune delle
20
venire
fatto bene a venir da me. È un caso chiaro, contemplato
quali, cadute da gran tempo, lasciavano in libertà gli angoli
tenete
s'incartocciava
17
cento gride, e ... appunto, in una
della copertura, che s'accartocciava qua e là. Il dottore era in
molti anni
tuale signor governatore. Ora
di apparato
mano. »
Cosi dicendo, s'alzò dal suo seggiolone, e cacciò le mani in
quando andava a Milano, per qualche causa d'imgiovane
quel caos di carte, rimescolandole
portanza. Chiuse l'uscio, e fece animo al giovine, con queste
gittasse biade --
caso. »
costei
«Dov'è ora
«Vorrei dirle una parola in confidenza. »
Vieni oltre, vieni oltre ---
? Vien fuori, vien fuori. Bisogna aver tante
si assettò
« Son qui,»
rispose il dottore:
«parlate.»
dinanzi
debb'esser
-----------
no nel cocuzzolo del cappello, che faceva girar con l'altra, ricominciò: «vorrei sapere da lei che ha studiato ... »
«Ditemi il fatto come sta,» interruppe il dottore.
d'importanza.
'3
Ah! ecco, ecco. » La prese, la spiegò, guardò alla
data, e, fatto un viso
I ancor
sclamò: • ai
l'
di ottobre ---
più serio, esclamò: «il 15 d'ottobre
1627! Sicuro; è dell'anno passato: grida fresca; son quelle che
fanno più paura. Sapete leggere, figliuolo? »
Qualche cosa -
dottore
«Lei m'ha da scusare
perchè è una grida
facendo rotare colla
intorno all'altra mano, rincominciò
signor
21
sicuramente,
cose alle mani! Ma la dev'esser qui sicuro,
E s'accomodò
sul seggiolone. Renzo, ritto davanti alla tavola, con una ma-
Ella ha da scusarmi,
dal sotto in su, come se
stajo
mettesse grano in uno staio.
parole: «figliuolo, ditemi il vostro caso ».
destra il cappello
vedere, e toccar con
gran causa -la porta
18
faccio
vi fo
nei
gli aveva servito, molt'anni addietro, per perorare, ne' giorni
d'apparato,
dell'anno scorso, dell'at-
Adesso adesso,
lurida toga ------
veste da camera, cioè coperto d'una toga ormai consunta, che
in
grida
: noi altri poveri non sap-
«Un pochino, signor dottore.»
Or bene
«
piamo parlar bene. Vorrei dunque sapere ... »
coll'occhio--
Bene, venitemi dietro con l'occhio, e vedrete.»
invece di raccontare ---
«Benedetta
gente! siete tutti cosi: in vece di raccontar il
E, tenendo la grida sciorinata in aria, cominciò a leggere,
barbugliando
fatto, volete interrogare,
perchè avete già i vostri disegni in
borbottando
a precipizio in alcuni passi, e fermandosi distingrande espressione
19
.
tarnente, con grand'espressione,
testa. »
«Mi scusi, signor dottore. Vorrei sapere se, a minacciare
sopra alcuni altri, secondo il
bisogno:
pena
un curato, perchè non faccia un matrimonio, c'è penale.»
(disse fra -
- Ho capito, - disse tra sè
«Se bene, per la grida pubblicata d'ordine del signor Duca
di
e sè
il dottore, che in verità non
di Feria ai
I4
dicembre
I620,
et confirmata dall'Illustriss.
22
I PROMESSI
SPOSI
CAPITOLO
111
ma
et Eccellentiss. Signore il Signor Gonzalo Fernandez de Cor-
Sentite ora la pena. Tutte queste et altre simili male attioni,
dooa, eccetera, fu con rimedii straordinarii e rigorosi provvisto
benchè siano proibite, nondimeno, convenendo metter mano a
concussioni,
.
alle oppressioni, concussioni et atti tirannici che alcuni ardi-
maggior rigore, S. E., per la presente, non derogando, eccetera,
scono di commettere contra questi Vassalli tanto divoti di S.
ordina e comanda che contra li contravventori
et
in qualsivoglia
M., ad ogni modo la frequenza degli eccessi, e la malitia, ecce-
dei suddetti capi, o altro simile, si proceda da tutti li giudici
tera, è cresciuta a segno, che ha posto in necessità l'Eccello Sua,
ordinarii di questo Stato a pena pecuniaria e corporale, ancora
eccetera. Onde, col parere del Senato et di una Giunta, ecce-
di relegatione
tera, ha risoluto che si pubblichi la presente.
tella! all' arbitrio dell'Eccellenza Sua, o del Senato, secondo la
galera et -
che
I molti,
.
picciola
di galera, e fino alla morte ... una piccola bagat-
qualità dei casi, persone e circostanze. E questo ir-re-mis-si-bil-
Ville,
cosi nelle Città, come nelle Ville ... sentite? di que-
O
EI
«E cominciando dagli atti tirannici, mostrando l'esperienza
23
25
et
54
mente e con ogni rigore, eccetera. Ce n'è della roba, eh? E vesoscrizioni
sto Stato, con tirannide esercitano concussioni et opprimono i
dete qui le sottoscrizioni:
Gonzalo Fernandez de Cordova; e
basso
piu deboli in varii modi, come in operare che si facciano con-
più in giù: Platonus; e qui ancora: Vidit Ferrer: non ci manca
tratti violenti di compre, d'affitti ... eccetera:
niente. »
ecco; sentite:
dove sei? ah!
che seguano o non seguano matrimonii.
Eh?»
Mentre il dottore leggeva, Renzo gli andava dietro lentacoll'occhio --
«È il mio caso,» disse Renzo.
26
cavare
mente con l'occhio, cercando di cavar il costrutto chiaro, e di
mirare
«Sentite, sentite, c'è ben altro; e poi vedremo la pena. Si
mirar proprio quelle sacrosante parole, che gli parevano dover
testificbi, o non si testificbi; che uno si parta dal luogo dove
esser il suo aiuto. Il dottore, vedendo il nuovo cliente più
abita, eccetera; che quello paghi un debito; quell' altro non lo
attento che atterrito,
essere
veggendo
si maravigliava.
novello
- Che sia matricolato
diceva
molesti, quello vada al suo molino: tutto questo non ha che
fare
24
costui, - pensava tra sè. «Ah! ah!» gli disse poi: «vi siete
radere
far con noi. Ah ci siamo: quel prete non faccia quello che è
però fatto tagliare il ciuffo. Avete avuto prudenza:
obbligato per l'uficio suo, o faccia cose che non gli toccano.
lendo mettervi nelle mie mani, non faceva bisogno. Il caso è
Eh?»
serio; ma voi non sapete quel che mi basti l'animo di fare,
però, vo-
quello
abbiano
al bisogno -
«Pare che abbian fatta la grida apposta per me. »
«Eh? non è vero? sentite, sentite: et altre simili violenze,
Feudatarii
sono
Non se ne scappa: ci son tutti:
intendere questa scappata --
Per intender
quest'uscita
del dottore,
bisogna sapere, o
ricordarsi.
quali seguono da [eudatarii, nobili, mediocri, vili, e plebei.
si--
__
in un'occasione.»
è come la valle di Giosafat.
rammentarsi
che, a quel tempo, i bravi di mestiere, e i faciusavano
norosi d'ogni genere, usavan portare un lungo ciuffo, che si
27
I PROMESSI
tiravano
tiravan poi sul volto, come una
nei
qualcheduno,
CAPITOLO
SPOSI
I visiera,
dei
di affrontar
all'atto d'affrontar
stintivo de' bravacci e degli scapestrati; i quali poi da ciò ven-
55
stimassero
nero comunemente
ne' casi in cui stimasser necessario di travisarsi,
chiamati ciuffi. Questo termine è rimasto
e l'impresa fosse di quelle, che richiedevano nello stesso tempo
e vive tuttavia, con significazione più mitigata, nel dialetto: e
forza e prudenza. Le gride non erano state in silenzio su questa
non ci sarà forse nessuno de' nostri lettori milanesi, che non
moda. Comanda Sua Eccellenza (il marchese de la Hynojosa)
si rammenti d'aver sentito, nella sua fanciullezza, o i parenti,
che chi porterà i capelli di tal lunghezza che coprano il fronte
O
fino alli cigli esclusivamente,
vizio, dir di lui:
avrà
28
III
alcunodei--
ricordi d'avere
inteso ---servo, dire ---
il maestro, o qualche amico di casa, o qualche persona di sergli
ovvero porterà la trezza, o avanti
gli
è un ciuffo,
è un ciuffetto.
ch'io
«In verità, da povero figliuolo,» rispose Renzo, «io
o dopo le orecchie, incorra la pena di trecento scudi; et in caso
non
32
ho mai portato ciuffo in vita mia.»
d'inbabilità, di tre anni di galera, per la prima volta, e per la
facciamo
«Non faccia m niente,» rispose il dottore, scotendo il capo,
seconda, oltre la suddetta, maggiore ancora, pecuniaria et cor-
con un sorriso, tra malizioso e impaziente. «Se non avete fede
porale, all'arbitrio di Sua Eccellenza.
facciamo
29
bugia --
in me, non facciam niente. Chi dice le bugie al dottore, ve-
Permette però che, per occasione di trovarsi alcuno calvo, o
dete figliuolo, è uno sciocco che dirà la verità al giudice.
per altra ragionevole causa di segnale o ferita, possano quelli
AI-
contar
tali, per maggior decoro e sanità loro, portare i capelli tanto
l'avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi
lunghi, quanto sia bisogno per coprire simili mancamenti
a imbrogliarle.
d'imbrogliarle
e
--
bisogna dirmi tutto,
fino alla zeta, col cuore in mano, come al confessore.
niente di piu; avvertendo bene a non eccedere il dovere e pura
dall'a
necessità, per (non)
Dovete nominarmi la persona da cui avete avuto il mandato:
incorrere nella pena agli altri contraffa-
sarà naturalmente
cienti imposta.
andrò
30
vi aiuti
Se volete ch'io v'aiuti,
E parimente comanda a' barbieri, sotto pena di cento scudi
56
anderò da
I lui,
persona di riguardo;
33
e, in questo caso, io
mica
a fare un atto di dovere. Non gli dirò
vi ha
egli
o di tre tratti di corda da esser dati loro in pubblico, et mag-
vedete, ch'io sappia da voi, che v'ha mandato lui: fidatevi. Gli
giore anca corporale, all'arbitrio come sopra, che non lascino
dirò che vengo ad implorar la sua protezione,
implorare
per un povero
giovane
a quelli che toseranno, sorte alcuna di dette trezze, zuffi, rizzi,
giovine calunniato. E con lui prenderò
nè capelli piu lunghi dell'ordinario, cosi nella fronte come dalle
per finir l'affare lodevolmente.
bande, e dopo le orecchie, ma che siano tutti uguali, come
salverà anche voi. Se poi la scappata fosse tutta vostra, via,
sopra, salvo nel caso dei calvi, o altri difettosi, come si è detto.
non mi ritiro: ho cavato altri da peggio imbrogli. .. Purchè non
dell 'arrnadura
31
Il ciuffo era dunque quasi una parte dell'armatura,
i concerti opportuni,
Capite bene che, salvando sè,
offesa
e un di-
abbiate offeso persona di riguardo, intendiamoci, m'impegno a
34
66
I PROMESSI
SPOSI
CAPITOLO
III
togliervi d'impiccio: con un po' di spesa, intendiamoci. Dovete
l'hanno fatta a me; e vengo da lei per sapere come ho da fare
dirmi chi sia l'offeso, come si dice: e, secondo la condizione,
per ottener giustizia; e son ben contento d'aver visto quella
veduta
qualità,
la qualità e l'umore dell'amico, si vedrà se convenga più di
grida. »
sclamò
tenerlo a segno con le protezioni,
o trovar qualche modo
sbarrando
«Diavolo! » esclamò il dottore, spalancando gli occhi. «Che
di appiccargli qualche --
piastricci
d'attaccarlo
pasticci mi fate? Tant'è; siete tutti
noi in criminale, e mettergli una pulce nell'orec-
38
fatti
cosi: possibile che non
chiaro
chio; perchè, vedete, a saper ben maneggiare le gride, nessuno è
sappiate dirle chiare le cose? »
Quanto
35
Ma.
reo, e nessuno è innocente. In quanto al curato, se è persona di
in disparte;
giudizio, se ne starà zitto;
un cervellino, c'è provvedimento,
-
ella non mi ha-
mi scusi; lei non m'ha dato tempo: ora le
conterò
se fosse una testolina, c'è rimedio
quelli
signor dottore,
«Ma
come sta
La sappia
racconterò la cosa, com'è.
doveva
Sappia dunque ch'io dovevo spo-
uno si può cavare -
doveva
anche per quelle. D'ogni intrigo si può uscire; ma ci vuole un
sare oggi,» e qui la voce di Renzo si commosse, «dovevo spo-
serio,
giovane
uomo: e il vostro caso è serio; serio, vi dico, serio: la grida
57
io
sare oggi una giovine, alla quale
parlava lino ---
I discorrevo,
fin da quest'e-
debbe decidere fra --
canta chiaro; e se la cosa si deve decider tra la giustizia e voi,
state; e oggi, come le dico, era il giorno stabilito col signor cu-
cosi a quattr'occhi,
state fresco. lo vi parlo da amico: le scap-
rato, e s'era disposto ogni cosa. Ecco che il signor curato
pate bisogna pagarle: se volete passarvela liscia, danari e sin-
comincia a cavar fuori certe scuse ... basta, per non tediarla, io
si era messo ogni cosa alla via --
obbedire, fare-
parlare
come era
ed egli mi ha -
cerità, fidarvi di chi vi vuol bene, ubbidire, far tutto quello
l'ho fatto parlar chiaro, com'era giusto; e lui m'ha confessato
che vi sarà suggerito.»
che gli era stato proibito, pena la vita, di far questo matrimo-
fare
questa chiacchierata --
Mentre il dottore mandava fuori tutte queste parole, Renzo
nio. Quel prepotente di don Rodrigo ... »
una attenzione
lo stava guardando con un'attenzione
tosto
estatica, come un materia-
«Eh via!» interruppe
subito il dottore, aggrottando
le ci-
39
bagattelliere ------
Ione sta sulla piazza guardando al giocator di bussolotti,
che,
glia, aggrinzando il naso rosso, e storcendo la bocca, «eh via!
dopo esser si cacciata in bocca stoppa e stoppa e stoppa, ne ca-
Che mi venite a rompere il capo con queste fandonie? Fate di
d'aversi
Quando ebbe
37
misurare
va nastro e nastro e nastro, che non finisce mai. Quand'ebbe
bene inteso --
però capito bene
che
questi discorsi tra voi altri, che non sapete misurar le parole;
voleva
che cosa
cosa il dottore volesse dire, e quale equi-
e non venite a farli con un galantuomo che sa quanto
con queste parole: «Oh!
voco avesse preso, gli troncò il nastro in bocca, dicendo: «oh!
ella
signor dottore, come l'ha
valgomi im-
no. Andate, andate; non sapete quel che vi dite: io non m'im-
la cosa è
intesa? l'è
diciate:
le
paccio
proprio tutta al ro-
sentire
piccio con ragazzi; non voglio sentir discorsi di questa sorte,
questi lavori -
vescio. lo non ho minacciato nessuno; io non fo di queste cose,
io
discorsi in aria.»
Lo
io: e domandi pure a tutto il mio comune, che sentirà che
«Le giuro ... »
non ho mai avuto che fare con la giustizia. La bricconeria
«Andate,
dei
vi dico: che volete ch'io faccia de' vostri giura-
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