Inni di guerra e canti patriottici del popolo italiano
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Inni di guerra e canti patriottici del popolo italiano
Guerra i e. Canti! patriottici del X n Popolo ^ Italiano cura di RINf^LDO CrtDDEO S'^ Edizione aumentata Presented to the LIBRARY of the UNIVERSITY OF TORONTO from the estate of GIORGIO BANDINI 'NNI DI GUERRA PROPRIETÀ' LETTERARIA Stabilimento Tipografico della Società Editoriale Italiana - Milano Inni di Guerra e Canti patriottici del Popolo Italiano Scelti e annotati S'i'i /ÌA''' ^ da Rinaldo Caddeo d'Italia! SII, in anni! coraggio! Rerchet. Terza edizione ccjrretta ed aumentata MILANO CASA EDITRICE RISORGIMENTO 1915 APRI 7 1995 PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE Questo volumetto, che si la più autorevole stampa proponeva, guerra che morale preparazione alla l'Italia sta combattendo per zionali e per la giustizia internazionale. memoria grande della suoi diritti na- Richiamando alla i degli Italiani gli inni guerreschi dei loro Padri, facendo risuonare nuovamente nelle masse popolari dei canti tornelli ita- chiamato aureo, ha veramente contribuito, come liana ha l'Autore forni patriottici quali coi fu fatta più rapidamente avevano intuito e affermata la ri- Patria, la cosidetti interventisti, ossia a coloro ai i che necessità imprescindibile della lotta contro l'Austria, un formidabile mezzo e di di propaganda in quegli angosciosi mesi di aprile maggio, quando parve possibile l'estrema viltà del neutralismo austro-tedesco che avrebbe fatto per sempre dell'Italia vassallo un paese senza spregevole e onore venale Nelle piazze e nelle strade dove liberatrice si videro gruppi di e senza degli si inneggiava frontiere dove di i nostri iniziare verso Fiume e la la soldati si in guerra alla mano; un centrali. giovani e di vecchi cedere cantando col libro del Caddeo pazienza potenza, Imperi pro- e dalle struggevano nell'im- marcia verso Trieste e Trento, Dalmazia, lettere vibranti di entusiasmo — e di VI — riconoscenza giungevano a noi, espressione sincera grande anima della italiana, riboccante di idealità e fe- dele alle generose tradizioni del nostro passato. Pubblicando, dopo soli due mesi dalla prima, conda edizione riveduta, corretta di guerra e la se- aumentata, degli Inni e Canti patriottici del Popolo Italiano, noi for- muliamo l'augurio che fra breve i nostri vittoriosi sol- dati possano far risuonare nelle vie di Trieste e di Trento le strofe sando di animose vittoria (ìiiigno, al in canto delle quali essi stanno pas- vittoria. 1915. GLI EDITORI. PREFAZIONE ALLA Questo piccolo il giorno in cui la gicventij nostra, sul spiriti un contributo ardimentosi si momento dà alla avvicina rapidamente avrà non più sem- ci ed è dedicato attori, quella che vigila con l'arma a mal tracciato confine ed gravità del essere mentre guerra mondiale ma spettatori plici EDIZIONE vuol libro mobilitazione degli PRUA alla piede al quella che conscia della a tutta se stessa all'opera di prepa- razione morale della Nazione. Io credo sia fermamente che ineluttabile. e realtà, venire, Tutto la spinge guerra contro l'Austria alla bisogno di : sentimento riunire alla Patria le terre che ane- lano a ricongiungersi ad essa e quello di assicurare lavoro italiano una più vasta sfera tico, guerra tradizione del passato e le necessità dell'av- la il ci di attività al sull'Adria- nell'Asia Minore, sul vasto Mediterraneo. Non siamo non guerra, rola dell'odio. zione di noi siamo che abbiamo voluto e scatenato t^pi generosità ignota agli dal seminato la pa- la Vi è nell'anima italiana una gentile tradi- rore delle battaglie, pur tra niero, abbiamo che cuore della le nostra altri popoli. Pur tra il fu- sofferenze del giogo stra- gente è uscita spesso la della parola del perdono, della solidarietà internazionale, — Dopo aver predicato più squisita umanità. contro — vili la guerra santa Goffredo Mameli esprimeva dalla sua lo straniero, anima purissima questo voto : Dimenticate popoli ì L'ire d'un dì che Sarà terra la Come una agli gran muore, uomini città ; Libera, grande, unita, Vivrà una nuova vita La stanca umanità. A siamo quest'ideale Italiani ; per esso molti, devoti anche stati dei e troppo, generosi più dei avevano financo creduto possibile un'intesa con una eterna alleanza con Germania la stata l'Austria stessa a risvegliarci dal a riaprire in di di noi, colpendoci più caro e di più vitale noi avessimo. La guerra cipio l'Austria, ecco che è sogno ingannatore, vecchio conto che aveva con il quanto Ma ! noi nostri, mettendo l'Austria contro d'oggi, contro nazionalità, la prin- il indipendenza dei piccoli popoli, contro lo spirito democratico animatore della vita italiana, ci sforza ad essere contro di patrimonio ideale e materiale che mento di ci hanno ingrandirlo principii e fecondarlo di della civiltà Come hanno 1797 in difesa del in lasciato in eredità con T'espresso incarico poi in armonia sublimi coi umana. potuto dimenticare a Vienna che l'Au- stria in guerra, l'Italia Dal gli lei, uomini del Risorgi- i non può che essere contro suoi nemici furono sue sventure furono le nostre fortune. i nostri Non amici, : è necessità di le è rettorica, non è nemmeno sentimentalismo malsano che ce considerare ancora nemica lei? di tutte la le fa no- stre aspirazioni ideali, di tutte le nostre tendenze di razza, — di civiltà, di commerci, IX — espansione nel mondo. di che l'Austria ha aperto con noi dal trattato formio non è chiuso perchè l'Impero di '59, la per saldarlo si nostra tranquillità la Campo- di sempre è rifiutato sua e '49, il : conto Il il '66 sono operazioni di un affare che attende ancora il sua liquidazione questione finale. Resta ancora da risolvere nazionale del Trentino la questione militare la : dell'Alto Adige che deve dare all'Italia la sicurezza del confine nord; la mica insieme del del Friuli questione nazionale, militare ed econo- possesso pieno ed intiero Fiume; Orientale, dell'Istria con marittima della Dalmazia che deve darci una rarci sente L'Italia che giunto, che il momento delle ! La gran voce coloro ai quali assicu- di dell'Adriatico. decisioni forti del passato che verso l'avvenire possa risuonare di modo dominio il questione è del nostro assetto orientale è suonata! l'ora Ora o mai più sempre per volta Trieste, di la fondo in alla ci spinge coscienza Nazione guarda con speranzosa la tre- pidazione. Dopo un'interruzione di alcuni decenni l'epopea nazio- nale italiana sta per ricominciare ; nemico è il da raggiungere sono ancora ideali lo stesso, gli medesimi, confortati i da una più estesa comprensione dei bisogni materiali e sociali della Nazione, ed popolo non sono, non si muta in i sentimenti che animano nostro il fondo, mutati. L'orizzonte di un paese nel giro di pochi lustri ; i motivi ideali della nostra grande Rivoluzione nazionale sussisteranno fino a quando della ci tutti gli Italiani Madre comune, non saranno fintanto che il rientrati aggiriamo non sarà compiuto. Sfrondiamo guerra ed i nel sene ciclo storico nel quale gli inni di canti patriottici del Risorgimento delle forme . \ -- che suonano arcaiche - - orecchi nostri ai come freschi, vivaci, modernissimi, e troveremo li se fossero pen stati sati oggi, interpreti fedeli dei nostri ideali politici. popolo nostro ha incominciato a cantare nelle strade 11 e case nelle inni gli e canzoni le e suoi i tempo in , musicisti gli Napoleone, di poi Italia; il che nazionali stesso esprimeva dal suo seno fecondo o che preparavano a esso suoi poeti i incominciare rigeneratore del sentimento dai patrii, ha continuato a segnare ogni rivolgimento, ogni insurrezione, ogni battaglia, ogni vittoria, ogni mar sua causa con canti e con tirio della 1831 inni di Nel 1821 e nei inni. guerra corsero da un capo penisola mettendo nelle delle azioni generose e vene degli magnanime. delki all'altro l'impazienza Italiani 1848, l'anno 11 me laviglioso del nostro riscatto, fece fiorire le più beile crea musa popolare zioni della ingaggiata lotta sione lenta nosa ma in inni di guerra, gli cantate tutta Italia, tra le canzoni l'entusiasmo della accompagnarono l'ascen sicura della Nazione verso popolo ancora oggi il ; ; quell'anno, nate popolari ripete, le nezza trionfale che non cade per volger vetta lum. la nella 11 vide una nuova primavera di canti patriottici che lungo fino a tutto il — era fatta 1860 : poi, tranne verso altri Ce tinuato se non compiuta la — e I85li prc per brevi momenti i nuovi bisogni mate incanalaron,. sfoghi le attività poetiche degli Italiani. tuttavia qualche provincia, a si sua ispirazione... L'italiu Paese diventato grande Potenza del liali 1 il popolo parve aver perduto giovi loro anni. di cantare italianità vi è scia perenne, patriotticamente dove il popolo ha cou perchè la lotta pe. rimasta un martirio delle anime, jun'angc una lotta formidabile, spesso disperata, nell — — XI quale veniva giuocato tutto per ledente, Orientale, Trieste e terre, rimaste e dopo l'infausto » razza alla tentò si : una razza straniera da millenni, terre allo italiane. alla scopo solamente una difesa come i Essi, verso lo slavo invasore si canti degli irredenti del Risorgimento, stesso ardore alla rina italiana lottarono cantando notato, lingua non ai ricordare s/ e E' la d'odio prima volta che vengono stampati accanto quali dei in hanno lo una unità ideale che hanno compito il si a quelli stesso palpito, lo lirico i al 1915 l'esercito e si la ri- ma- di stabilire eterna. raccomanda ma inni e eroica giovinezza ed trimonio perchè nella così riuniti, questi inni di guerra e di fede ; dotti gli del nasconde potente e perseve- Lavoro modestissimo, senza pretese e caratteri della i loro canti nazionali i che vanno dal principio del secolo XIX compongono Italiani gli fu rante l'amore alla Patria Italiana. i cioè stanzr. na^ generosi, attaccamento ha veramente una difesa hanno un carattere speciale che va di vi irredenti dagli prodi del Risorgimento, ed espressione regioni sostituzione la zionale contro una invasione che aveva barbarie medioevale. favella alla non fatta politica, fu conob- persecu la ma rendere stranieri di Queste '66, razza italiana che La difesa Friuli il disgraziate nelle ir- di quella subita conobbero dalla Venezia, una violenta trasformazione etnica, m Provincie e la Dalmazia. sentimento nazionale non solo, al italiana di le : oppressione più feroce di Lombardia e ;.ione Fiume l'Istria, austriache « bero una forma dalla tutto il Trentino e l'Alto Adige, Gorizia e il ai di sorta, è il mio, pochi che vogliono canti concitativi della loro lontana ai molti che un così prezioso patri- e patriottico non conoscono che male ed — minima in parte. Ho compreso tutte le poesie patriottiche che messe in nella mia raccolta non l'Italia ha composto nella ma sua lunga ed aspra battaglia, state — XII solo che sono quelle musica o comunque cantate nei giorni Da queste della preparazione e nei giorni della battaglia. strofe appassionate, questi ritmi italiana. altro Al canto Davanti nostro veementi, ritornelli da questi inni guerra di terra la dei miracolo della propria resurrezione gli stessi canti terra dei vivi, se tutti la esser degni di del di il ne compirà con ora che è questi animatori balza l'eroica e generosa anima morti ha compiuto un da suoi i : ora che è risorta, figli sapranno lei. nostro spirito al Risorgimento e si apre la dell'opera visione magnifica che compiremo. L'aspra voce del cannone riempie del suo macabro boato tutto l'orizzonte e copre di terrore lontananza eccelsa si il mondo, ma avvicina gradatamente a noi divino dei nostri morti ; le loro voci si da una il coro innalzano chiare dicono ha e forti nel cielo e ciò che esse ci di rincorarci, di farci sicuri delle nostre sorti, di additarci la via sicura Le profezie al potertza da seguire. dei nostri martiri stanno per compiersi. Dante non aspetta fino la piìi solamente a Trento, ma ci chiama Brennero, sulle Alpi Giulie che cingono Trieste e Fiume, sulle Dinariche che difendono Zara... Italiani, noi siamo per vivere un meraviglioso momento. Possiamo non viverlo invano per le fortune d'Italia! Milano, Pasqua di Resurrezione, 1915. RINALDO CADDEO. «XX)(MMHXMMXMMMMXMMXM L'INNO DELL'ALBERO DELLA LIBERTA' Marsigliese, la Carmagnola, il fa ira, importati di Francia, l'inno dell'aurora del pensiero nazionale italiano. Gli inni francesi furono cantati intorno agli alberi della libertà, eretti negli anni 1796-99 nelle piazze cittadine, prima nella loro dizione originale, poi in curiose traduzioni e riduzioni. Il Qa ira itaKano, per esempio, suonava così insieme con E', la dagli eserciti repubblicani ; Ah, ga Il ga ira, ga ira. patriottismo risponderà. ira, Senza temere né ferro né fuoco Gl'Italiani sempre vinceran. Ah, ga ira, ga ira, ga ira! Non patriotti sentirono il bisogno di un inno propr'o tardò molto che sorse dal seno del popolo Vlnno dell'Albero, cfie fece dimeninni francesi gli la sua musica era solenne, piena di una religiosa dolcezza. Giuseppe Mazzini lo ebbe carissimo e a Londra, nei lunghi anni d'esilio, amava canticchiarlo sovente, accompagnandosi con la chitarra. Un altro Inno dell'Albero, detto della Repubblica Partenopea, fu musicato dal Cimarosa su parole di Luigi Rossi diceva e i così ticare ; : ; ormai desia, Italiani all'armi, all'armi Altra sorte ormai non resta Che di vincere, o morir. Bella Italia, ti : Ecco apiirito dei Vlnno dell'Albero tempi e tradisce Or Libertà, che è tutto sua origine giacobina. della la informato allo ch'innalzato è l'albero tiranni S'abbassino Dai suoi superbi scanni i Scenda la ; nobiltà. Un dolce S'accenda in amor Formiam comuni Viva la di patria questi lidi; libertà ! i gridi ' ; — — 2 L'indegno aristocratico Non Se osi alzar la testa l'alza, allor Tragica si : la festa farà. Un amor dolce S'accenda Formiam comuni Viva la libertà Già reso uguale Ma È patria di questi in lidi gridi i ; ; ! e libero suddito alla legge, il popolo che regge Sovrano : ei sol sarà- Un dolce amor di S'accenda in questi Formiam comuni Viva la libertà patria lidi gridi i ; ; ! Sul torbido Danubio Penda l'austriaca spada Nell'Itala contrada Mai : • più lampeggerà. Un dolce S'accenda in amor Formiam comuni Viva la di patria questi lidi; libertà ! i gridi ; —3— "-PARTIRÒ' PARTIRÒ '...,, CANTO POPOLA RE E uno rimonta dei a più di più antichi un secolo canti fa, al popolari tempo e italiani come il precedente delle guerre napoleoniche, quando nostra gioventù, disusata al mestiere delle armi da una secolare tradizione di mollezza, di vigliaccheria e di servaggio, fu restituita dal Capitano corso alla virtù militare, rigeneratrice dei costumi e madre di libertà. Vi è in queste strofe un accento di sconforto e di amarezza caratteristico si sente il dolore del distacco dal paese adorato, dalla famiglia mai prima di allora abbandonata, distacco non confortato da la : un'idea superiore che potesse fare accettare di buon animo il sacrifizio, né dal miraggio di una patria grande, forte e libera. Militando con Napoleone, all'ombra della bandiera tricolore (verde, bianco, rosso) che il gran condottiero aveva già trovata adottata dai patriotti al suo ingresso in Milano nel 1796, i soldati italiani compirono prodigi di valore, entrarono due volte trionfalmente in Vienna, si coprirono di gloria in Spagna e Russia, acquistarono la coscienza del proprio valore. Partiti con rammarico per le guerre napoleoniche, tornati tristemente in patria dopo la caduta del gigante, furono veterani di Napoleone che conservarono gelosamente il culto della tricolore bandiera e la innalzarono nei movimenti del 1821 e del 1831 segnacolo di rigenerazione nazionale. E noto che gli ufficiali e soldati italiani di Napoleone appartennero a centinaia alla Carboneria e alle altre società segrete politiche e furono sempre tra più fedeli e ardenti seguaci delle idee di indipendenza e di libertà dell'Italia. Questa canzone fu popolarissima e venne ripetuta con lievi varianti anche nelle guerre del 1848, del 1849 e del 1859. i i i Partirò, partirò, partir bisogna Dove comanderà Chi prenderà '1 nostro sovrano ; Bologna, E chi anderà a Parigi e chi a Milano. la strada di Ah, che partenza amara, Gigina cara, mi convien fare. Vado alla guerra, spero di tornare. Se il nostro Imperator ce lo comanda, Ci batteremo e finirem la vita Al rullo de' tamburi, a sunn di banda ; Farem dal Ah che mondo l'ultima partita. partenza amara, Gigia mia cara, Gigia mia bella Di me ; più non avrai forse novella. — BELLA 4 ITALIA, AM ATE SPONDE „ ODE DI VINCENZO MONTI Quest'ode famosa del Monti (nato in Alfonsine di Romagna il febbraio 1754, morto in Milano il 13 ottobre 1828) in onore del generale Desaix fu scritta nel 1801, quando il poeta potè tornare in Italia dall'esilio di Parigi dopo la vittoria francese di Marengo. Si compone di 23 strofe, le prime delle quali divennero popolarissime nel periodo del Risorgimento, e furono cantate specialmente fra gli 19 esuli. Bella Pur vi amate Italia, sponde, torno a riveder ! Trema in petto e si confonde L'alma oppressa dal piacer. Tua bellezza, che di pianti Fonte amara ognor ti fu, Di stranieri e crudi amanti T'avea posta in servitù. Ma bugiarda La speranza Il giardino e fìa di malsicura de' re natura No, pei barbari non è. : —5— SORGI CHE TARDI ANCORA?,, I INNO GABRIELE ROSSETTI DI Gabriele Rossetti (nato a Vasto il 28 febbraio 1783, morto a Londra il 26 aprile 1854) fu il poeta della prima rivoluzione napoletana, quella del luglio 1820, che mosse la rivoluzione siciliana dello stesso anno e quella piemontese del 1821. Il Rossetti salutò la Costituzione promessa dal re Ferdinando 1 e sciolse poi un inno alla Costituzione giurata « splendido d'imagini antiche » come lo chiamò il Carducci, e che costò al Poeta 30 anni di esilio e la morte in terra straniera. E quello che incomincia cosi : Sei pur Che bella scintillali E pur dolce cogli astri sul crine, guai vivi zaffiri; quel flato che spiri. Porporina foriera del di. Col sorriso del pago desio Tu ci annunzi dal balzo vicino Che Il Ma d'Italia giardino nell'almo per sempre serraggio finì. Napoli, dopo congressi di Troppavia (ottobre 1820) e di Lubiana (gennaio 1821) divenne spergiuro e con l'aiuto delle soldatesche austriache mosse a soffocare la Costituzione. Fu allora che il Rossetti lanciò quest'inno di guerra, nell'illusione che le truppe cogenerali Pepe e Carascosa riuscissero a stituzionali comandate dai sconfìggere lo straniero e a tener lontano dal regno di Napoli il desposta fedifrago. il tiranno di i Che Tu dormi, Sorgi ! ancora ? tardi Italia? Ali no! Di libertà l'aurora Sui colli tuoi Sorgi ; e' raffrena spuntò. corso il D'esercito invasor, Che porta i segni Del gallico valor al dorso ! Ah, su quel dorso indegno. Curvato a servitiì Imprima un qualche segno Pur l'itala virtij ! E soffrirai che armati Rechin più ceppi a te Que' sudditi scettrati Che Come ti miravi il valor degli avi al pie? Poni in oblio così ? O schiava de' tuoi schiavi, Fosti regina un di. Snuda Tacciar da Ricingi l'elmo Sorgi tra : Qui pende forte, il crin, al vita e morte tuo destin ! Aperta è già la strada Al nuovo tuo valor Se impugnerai la spada, : Sarai regina ancor. È giunto il D'uscir tempo omai di servitù, E se sfuggir tei Non tornerà mai fai più. ALL'ARMI! ALL'ARM I! DI GIOVANNI BERCHET Giovanni Berchet (nato a Milano il 23 dicembre 1783, morto a Torino il 23 dicembre 1852), esule e poeta, compose fuori d'Italia le sue poesie patriottiche più ardenti e più belle. Il Romito del Cenisio ed il Rimorso giunsero in patria come pericoloso contrabbando al quale la polizia austriaca diede una caccia spietata... quando già esso si era sparso dappertutto. 11 Berchet seguiva dall'esilio con la massima attenzione lo svolgersi e l'affermarsi dell'idea nazionale che processi e le condanne piemontesi ed austriache fomentavano, e quando, dopo la morte di Leone XII, negli Stati del Papa nacquero moti parziali contro il Governo, egli scrisse quest'inno guerresco, che fu cantato dai patriotti per un lungo periodo di tempo. i Su, figli su, in armi! d'Italia! coraggio! Il suolo qui è nostro Il turpe mercato finisce pei re. Un In del nostro retaggio ; popol diviso per sette destini. spezzato da sette confini, fonde in un solo, più servo non è. Venuto è sette Si Su, Italia su, ! armi in Dei re congiurati la ! tresca finì il tuo dì ! il tuo dì ! ! Dall'Alpi allo Stretto fratelli slam tutti! Su i limiti schiusi, su i troni distrutti Il verde, la comuni tre nostri color speme tant'anni pasciuta Il rosso, la gioia d'averla Il bianco, Piantiamo Su, i ! la Italia ! su, in Dei re congiurati Gli orgogli minuti via La gloria è de' Dall'Alpi Deposte Confusi allo : compiuta; fede fraterna d'amor. armi la ! Venuto tresca finì è ! tutti all'oblio! forti. Stretto, — Su, forti, per Dio, da questo a quel mar' gare d'un secol disfatto. un nome, legati a un sol patto. Sommessi a noi soli giuriam di restar. Su, le in Italia ! su. in Dei re congiurati armi la ! Venuto tresca finì ! è il tuo dì ! —8— Su, novella Italia Mal abbia ! su, libera ed una ! chi a vasta, secura fortuna L'angustia prepone d'anguste città! d'un solo stendardo! Mal abbia il codardo, L'inetto che sogna parzial libertà Sien tutte Su, fide le da tutte tutti ! ! Su, Italia ! su, in Dei re congiurati armi la ! Venuto tresca finì Voi chiusi ne' borghi, voi sparsi alla Udite le trombe, sentite la squilla Che all'armi vi Fratelli, chiama a' fratelli Gridate al L'Italia è dal è tuo il ! vostro villa, Comun correte in aiuto! tedesco che guarda sparuto concorde; non serve a nessun. : ! dì ! —9— UNITA E LIBERTA INNO DI GABRIELE ROSSETTI '48 Nel l'inno del e '49 Rossetti moltissimo cantato fu composto fin — con e grande entusiasmo 1830. Fu carissimo a Garibaldi. diceva l'Eroe (ricordo di A. G. Bar- dal Ecco una bella e forte musica quantunque in parte ricavata da un'opera giocosa (musica del Rossini del Barbiere) ed è veramente dispiacevole che nessuno dei nostri giovanotti l'abbia cantata più nelle marce e negli accampamenti. Con quest'inno dei miei legionari di Roma mi avete ringiovanito di « rili), ; dodici anni. » Minaccioso l'arcangiol di guerra Già passeggia per l'itala terra Lo precede la bellica tromba Che dal sonno l'Italia svegliò L'App;nnino per lungo rimbomba : : E dal Liri va l'eco sul Po. Tutta l'Italia pare Rimescolato mare E voce va tonando Per campi e per città Giuriam giuriam sul O morte o libertà : : — I brando — La Trinacria che all'ire s"è desta Mise grido di rauca tempesta Le tre punte del Delta fèr eco, Per tre valli quell'eco muggì Tonò l'Etna dal concavo speco, : ; Latrò Scilla, Cariddi ruggì. — All'arme! all'arme! Che va E l'eco di — è il lido; lido in replicando Di lido in lido va Giuriam giuriam sul brando : — O morte o libertà ! — grido — — IO dall'Alpe che serra Lamagna, Sull'immensa lombarda campagna Qua Simil grido que' detti ripete, Simil eco quell'ire destò O : sorgete sorgete! fratelli, Del riscatto già l'ora suonò! il centro ed ambo Brulicheran d'armati, Se lati i Chi affronterà pugnando unità? L'italica — Giuriam giuriam morte o Ma qual plauso libertà brando sul — ! leva dal centro si Oh, qual plauso ! Né ! resta là dentro : Come tuono cui tuono rincalza O balen cui succede balen, Dai due lati nel centro rimbalza E dal centro sui lati rivien. plauso che più cresce Questa canzon si mesce, Al petti 1 Di infervorando patria carità : — Giuriam giuriam sul brando — O morte o libertà — — ! Siam fratelli nel centro risuona, Siam fratelli nei lati rituona — E già questi Dai tre — E Iati Siam i — godendo fratelli, ridir fratelli, : fratelli, confini per tutto sparir Ardir, Il ; s'abbraccian con quelli, fratelli! E' sospirato punto ! — giunto : Di — quando nuovo ei tornerà? Giuriam giuriam sul brando O morte o S'ei passa, ahi, chi sa libertà ! — — — 11 Questo fuoco che all'alme s'apprende E invade. 1« scuote, le accende, le Questo fuoco, Che sveli vi fratelli, tempra non terrestre di è Ah, discese dall'ara de' cieli La scintilla che incendio si Da fé ! quell'altar discese Che infiamma E ; a sante imprese, infervorando Tutti esclamar ci fa Sette cuori i : — Giuriam giuriam sul brando O libertà morte o Siri «i coiman ! — mali di Pari ai sette peccati mortali Pari ai capi Cui d'Alcide mietè. clava la ; lernea dell'idra Tristi capi d'un 'idra pili rea. Nuovo Alcide Quanti Tanti la lontano non patria ha saran gli è ! fidi Alcidi ; Deh, un giorno memorando Cangi una lunga età Giuriam giuriam sul brando O morte o libertà ! • — ! — Ci divise perfìdia e sciagura, Ma congiunti ci volle natura Alma diva, cui l'Alpe corona Fra gli amplessi di duplice mar, Se una lingua sul labbro ti suona ; Un sol culto Chi ti sacri l'aitar! in sette Tradì l'idea E Il — O ti di partìo Dio, mostro abbominando fio ne pagherà Giuriam giuriam sul brando morte o libertà il : ! — — Mascherata De' chercuta malizia divisa, T'iia tuoi — 12 venduta; crudo governo tradita, figli fé' Quell'avara malizia crudel Turpe sbucata d'inferno, Che si furia ; disse discesa dal ciel. S'ella mantenne vita in Quell'idra imbaldanzita, E l'una e Da questo l'altra in bando — n'andrà Giuriam giuriam sul brando O morte o suol libertà : ! — Cada cada l'antica potenza Ch'è de' mali feconda semenza; E la legge del Verbo di Dio, Ch'ella appanna di nebbia d'error, Radiante del lume natio Rimariti la mente col cor. Finché quel servo culto, Ch'all'uom, ch'a Dio fa insulto, Dal sozzo aitar nefando A terra non cadrà — Giuriam giuriam O morte o libertà Divo fonte del culto ! : brando sul — bello piia Che quell'empia converte in flagello, Tu che inspiri sì nobile impresa, Scudo e spada d'Italia Saldo scudo di giusta tu, sii difesa. Forte spada di patria virtù ! Mira una madre oppressa, Ve' figli intorno ad essa Che fremono gridando Di sdegno e di pietà Giuriam giuriam sul brando O morte o libertà i — : ! — — — 13 ALL'ARMI! GABRIELE ROSSETTI DI Il 1831, che vide Modena insorta, e lo Stato del Papa quasi interamente guadagnato alla causa della rivoluzione nazionale affermatasi il 26 febbraio a Bologna nell'assemblea dei deputati delle città libere d'Italia dalla quale usciva il decreto che statuiva la decadenza del potere temporale, inspirò la musa patriottica di Gabriele Rossetti. Il suo canto L'anno 1831 è uno dei piij belli che vanti la letteratura 'taliana del secolo XIX. Incomincia coi versi : brandisci la lancia di guerra. Squassa in fronte quell'elmo piumato. Scendi in campo, ministro del fato! Oh, quai cose s'aspettan da te! Su, Non ebbe però blica, e guerra popolare. di il la diffusione dell'inno All'Armi! che qui si pubquale, distribuito clandestinamente, fu cantato come inno per tutto il 1831 e fu anche negli anni appresso molto all'armi, Fratelli, La patria Con all'armi chiamò fra voi ! : carmi eccitanti gli Anch'io ci verrò. Nutrito dalle brine Del bellico sudor, si rinverde al crine Mi L'inaridito allòr. Andiam, che Daci e Goti Farem caderci al pie ! No, fra Dubbio Che fia Spartani e il Iloti trofeo non è. quel reo drappello Ch'or v'osa cimentar? Fia gregge che '1 macello Sen viene ad incontrar. Gelido fia qual ghiaccio In faccia al nostro ardor Che non ha Se non gli forza il ; braccio vien dal cor. , — Pei figli — 14 della gloria Nemici a servitù, La pugna e la vittoria Diversa mai non fu. Dei nostri brandi È lampo al L'Europa arriderà La via che mena : campo al via d'eternità. E' bella ancor la morte Sul letto dell'onor : E Chi sa cader da forte È ; pari al vincitor s'ei rimane oppresso Campion di libertà, Del vincitore istesso Più grande allor si fa. Quel servo gregge indegno A che fra noi piombò? Sappiam con qual disegno I boschi suoi lasciò. Ah, che l'udir già parmi Tra l'Unno ed il Teuton, Commisto al suon dell'armi Delle catene il suon ! Trema, servii coorte Che vendi il sangue Le stesse tue T'allacceremo ai re ritorte pie. al La mèsse che fiorita I campi ingombrerà. Del sangue tuo nutrita Più grata a noi sarà. Trema ! L'Italia intera Alto giurar s'udì Di tirannia straniera — : .Questo è l'estremo dì. — 15 FUORI BARBARO! IL CANZONE POPOLARE DI GUERRA AGOSTINO RUFFINI DI Di Jacopo, Giovanni e Agostino Ruttìni, Giuseppe Mazzini, scrisse ed « L'amicizia queste parole che io strinsi coi giovani Ruffini mi riconciliò alla era per essi e per la santa madre loro un amore vita e concesse sfogo alle ardenti passioni che ini fermentavano dentro. Parlando con essi di lettere, di risorgimento italiano, di questioni filosofico-religiose, di piccole associazioni che erano preludi alla grande da fondarsi per av«re di contrabbando libri e giornali vietati, l'anima rassicurava intravedeva possibile, comecché su piccola scala, l'asi 18.^0 quando scoppiò l'insurrezione francese) zione... Ci demmo (nel a fondere palle e a prepararci per un conflitto che salutavamo inevitabile e decisivo... ». E' di quel tempo la canzone popolare di guerra di Agostino Ruffini. allora studente di giurisprudenza nell'Università di : — — ; Genova. La canzone ebbe diffusione limitata tra gli studenti non fu mai l'iubblicata e vide la luce soltanto nel 189.^, nell'ottimo libro del prof. Carlo Cagnacci sui fratelli Ruffini e Mazzini, ma la riproduciamo qui come un modello di poesia patriottica. ; Ogni prode al suo manipolo. Ogni schioppo alla sua spalla, Su mostriamo ai duri austriaci Se alla prova il cor ci falla nostri carmi, Suonin guerra Sia di guerra ogni pensier ; i : Italiani, all'armi Guerra eterna all'armi. allo stranier. nostro sangue, Han succhiato Han beffata la sventura, Hanno fatta dell'Italia Una vasta sepoltura il ; Su Su alla razza maledetta, ai feroci Italiani, alla masnadier, vendetta, Guerra eterna allo stranier. — 16 ma siam Siamo pochi, Ma E' — liberi Signor propizia il devota ali La masnada Come i bravi ; 'esterminio degli schiavi, che Barbarossa Pianser morto i suoi scudier, ai dì avanti Italiani, avanti, Guerra eterna allo stranier. Ora e sempre guerra ai barbari. Ora e sempre ovunque guerra Finché un sol di loro annebbia : Il seren Sian di Sia di di nostra terra, guerra i nostri canti, guerra ogni pensier, Italiani, Guerra eterna Al Signor, , avanti avanti. pe' allo nostri stranier. martiri. Per la vita, per la morte, Far giurammo Italia libera Una, egual, potente e forte Or giuriam dell'armi al lampo Sciorre il voto oppur cader. Italiani, al campo al campo, : Guerra eterna allo stranier. Splenda Rosso, Verde e Candido Sulle schiere lo stendardo, Orifiamma dell'Italia... Sovra lui figgete il guardo Del riscatto e della gloria : Ei vi guidi sul sentier... Italiani, alla vittoria... Guerra eterna allo stranier ! 17 FRATEL LI, S ORGET E! CORO DI GIUSEPPE GIUSTI Le strafai di Modena (2t) maggio 1831) ordinate dal Duca Francesco IV, nelle quali perirono Ciro Menotti e Giuseppe Borelli, ebbero in tutta Italia una eco di terrore e di dolore. Il crudele tiranno di Modena divenne oggetto di universale esecrazione. Due anni dopo, si sparse la voce in Toscana che Francesco IV, giovandosi dell'assenza del granduca Leopoldo andato a Napoli a prender moglie, capitasse a Firenze in incognito. « Non era vero (scrisse Ferdinando Martini a pag. 10.3 di Simpatie), ma la voce sola bastò perchè, a detta della polizia medesima, buoni sudditi toscani si amareggiassero, riguardando quella comparsa clandestina di forieri eventi. Gli studenti non si amareggiarono soltanto, parlarono e sparlarono, scrissero col carbone S'.'i muri tutti gli improperi che il Duca si meritava; le stanze dell'Ussero echeggiarono di invettive, le strade di canti patriottici... ». Fu in quell'occasione, nel 1833, che Giuseppe Giusti (nato a Monsummano il 12 maggio 1809, morto a Firenze il 31 marzo 1850), allora studente a Pisa scrisse questo coro che a detta del suo condiscepolo Frassi, gli studenti cantarono poi «tutti insieme palpitando e fremendo» (Vita di G. Giusti, cap. 4"). Il coro fu pubblicato per la prima volta da Giosuè Carducci nell'edizione delle poesie del Giusti fatta dal Barbèra nel 18.=^9. i Fratelli, sorgete, La patria vi chiama Snudate la larr.a ; Del libero acciar. Sussurran vendetta Menotti e Borelli Sorgete, La ; fratelli. patria a salvar. Dell'itala tromba Rintroni lo squillo, S'innalzi Si Ai tocchi forti un vessillo, l'aitar. l'alloro, Infamia agli imbelli Sorgete, fratelli, La patria a salvar. : 18 VIVA DI IL R E! GIOVANNI PRATI Quiest'inno-marcia fu scritto dal Poeta trentino nel 1843 dietro ordine Carlo Alberto per una fanfara militare e cantato dai soldati piemontesi che lo ebbero caro per molto tempo. Giovanni Prati, nato a Dasindo il 27 gennaio 1815, morto a Roma ti 4 maggio 1884, ebbe anni di di invidiabile empito lirico popolarità. Egli seppe esprimere con facile e brillante l'onda di sentimenti patriottici che animava i suoi contem- poranei. il Re Tra' suoi gagliardi, Benedetto, ei muove il pie Viva ! : Vivan sempre Dell'Italia, e Se il gli stendardi nostro Re! i nemici avremo a fronte, Saran presti e braccio e cor, E ogni zolla del Piemonte Stillerà del sangue lor. Rotti e pesti elmetti e maglie, Ma inoffeso il forte acciar, Tornerem dalle battaglie Nuovi tempi a cominciar. Fremeran d'allegri suoni Le borgate e le città, E di libere Tutta Italia canzoni echeggerà ! siam d'un sol paese, Solo un sangue in noi traspar A ogni tromba piemontese Tutti Mandi un eco e l'alpe e il mar. il Re! Tra' suoi gagliardi. Benedetto, ei muove il pie Viva : Vivan sempre gli Di Savoia, e nostro Re. il stendardi ; — 19 CHI PER LA PA TRIA MUOR VISSUTO É ASSAI „ sentimento patrio fu espresso dagli Italiani non solamente con canti ma anche coi cori, le romanze e le cabalette delle ed opere teatrali più diffuse. Tutti sanno qual significato abbia dato il popolo ad espressioni ed armonie del Nabucco e dei Lombardi di Verdi e con quale tenerezza commossa sia stato cantato Il gli inni i Va, o pensiero, sull'ali dorate... e O Signor che dal tetto natio... Bandiera ed loro compagni Niccolò Ricciotti, Domenico Anacarsi Nardi, Francesco Berti, Domenico Lupatelli nel recarsi versi alla morte (avvenuta presso Cosenza il 25 luglio 1844) cantarono della Donna Caritea del Mercadante espressione di maraviglioso .'Stoicarnefici e valse ancor più ad accendere nel cismo che impressionò cuore degli Italiani gli ardori del sacrifizio per la grande e santa Patria nostra. prima volt» La Donna Caritea era stata rappresentata la nel 1828. Non Chi per la Patria munr era scritto, ma Chi per la gloria muor ; non Sotto tiranni, ma Per lunghi affanni. liberali avevano cambiato due versi che così divennero popolari. Il coro è del primo atto, cantato da «guastatori e soldati portoghesi». Anni dopo uno dei condannati di Belfiore, Angelo Scarsellini, cantava in attesa del carnefice, Fratelli 1 i A\oro, i ; i i I i il 7 dicembre 1852, Tarla del Marin Faliero Il palco è a noi trionfo Ove ascendiam Ma : ridenti sangue dei valenti Perduto non sarà. il Arreni seguaci a noi Più fortunati eroi; Ma s'anche avverso ed empio Il fato lor sarà, Avran da noi l'esempio Come a morir si va! Aspra del militar Benché la Al lampo vita, dell'acciar Gioia c'invita. — 20 — Chi per la Patria Vissuto è assai muor ; La foglia dell'allor Non langue mai. Piuttosto che languir Sotto i tiranni E' meglio Sul fior di degli morir anni. — 21 INNO DI PIO IX MEUCCI DI FILIPPO XVI, il nuovo Papa Pio IX (cardinale Giovanni nato a Sinigaglia il 13 marzo 1792, morto a Roma il 7 febbraio 1878) parve realizzare il sogno giobertiano di un capo della cristianità riformatore e amico dell'Italia. L'amnistia ai condannati politici da lui concessa il Kì luglio 1846 destò un vero entusiasmo e in tutta la penisola poeti noti e non noti cantarono il PonicKce liberale e italofilo. Il poeta Sterbini gridava all'Italia Morto Gregorio Mastai Ferretti, : Eri seduta Madre levati : di eroi tanti : Oggi t'innalza un cantico L'amor dei figli tuoi. E Gaetano Bonetti : unanimi Pregar tue genti, o Più; perdono, Pace, Tu rispondesti al fervido Universal desio, E già si vide splendere Tua prima legge, amor. Un Diceva musicato inno Gioacchino da Rossini Su letizia fratelli, tutta l'Italia. canti si magnanimo core di Che alla santa favilla Al Pio, di Dio S'infiammò del più dolce pensier. Un lucci, per corse : diventato inno, altro diceva popolarissimo, presto v. del maestro Nata- : Come Agli E un'iri di sommo gioia, Ogni core l'almo Iddio Te mostrò, afflitti Pio, palpitò. Fu, in tutta la penisola, un delirio patriottico, e il Papa divenne presto l'idolo nazionale. L'Austria non tardò a capire la causa dell'idolatria degli italiani per Pio IX ed a proibire inni e canzoni. Francesco dall'Ongaro, in uno dei suoi stornelli diventati famosi, spiegava che cos'era Pio IX Pio Un per Nono idolo gli italiani : è figlio del nostro cervello, del cuore, un sogno d'oro... — Chi grida per Vuol dir La patria Che per : — Pio nono! » il perdono. i> perdon vogliono dire deve morire. si le « Viva ed il l'Italia 22 vie la : « Vii'a patria ed L'Inno di Pio IX fu scritto al principio del 1847 da Filippo Meucci, romano, e musicato dal maestro Magazzari. La musica « aveva un andamento solenne, quasi trionfale, e come certi sussulti di gioia... » (D'Ancona). Del nuov'anno già l'alba primiera Quirino la stirpe ridesta, E l'invita alla santa bandiera Di Che il Vicario di Cristo innalzò. Esultate, fratelli, accorrete, Nuova gioia a noi tutti si appresta All'eterno preghiere porgete Per quel grande che pace donò. Su rompete le vane dimore, Tutti al trono accorrete di Pio : Di ciascuno egli regna nel cuore, Ei d'amore lo scettro impugnò. Benedetto chi mai non dispera suprema di Dio; Benedetta la santa bandiera Nell'alta Che il Vicario di Cristo innalzò. ; 23 — A PIO IX CORO POPOLARE Dopo gli inni di gioia nacquero gli inni di guerra, nei quali si palesemente della riscossa nazionale e della cacciata degli Auseguente coro popolare fu cantato la prima volta in Pisa sera del ItJ giugno 1847 e ripetuto comunemente in Toscana e nel parlava striaci. la Il Lazio per tutto quell'anno Su, fratelli Or ne ! attribuito fu : Uom D'un la E' E' Guerrazzi, parola stringe in santissimo patto. Essa è verbo che chiama Dell'Italia le cento città. Il al che parola Leone in fa d'Italia al riscatto Campidoglio ruggir- di Pio la gran voce, che al sonno Nostra madre, l'Italia, ha strappato Di tre gemme il triregno ha fregiato, Tre colori di sua libertà. ; E' II O che parola Leone fa d'Italia in Campidoglio ruggir- Profeta d'un'èra novella, A un tuo cenno slam venti milioni Aspettiam : che doni Alla patria uguaglianza e unità. E' Il Non più Tu ci scintilla la parola che Leone schiavi rendi fa d'Italia al la in Campidoglio ruggir- tedesco aborrito, gloria primiera : Sia la croce la nostra bandiera, L'evangel nostra carta sarà. E' II parola Leone che fa d'Italia in Campidoglio ruggir- ma pare a torto. — Viva — La santa crociata nuovo Alessandro, e rimira Italia Grida, 24 ! Cento popoli oppressi nell'ira, Come un uomo, levarsi con te. E' Il Viva parola che Leone Italia D'una ! O patria fa in Campidoglio ruggir- d'Italia di Dio ne guida all'acquisto ministro : Poi rinnova l'esempio di Cristo Che redense e non volle esser Re. E' parola che fa in Campidoglio U Leone d'Italia ruggir. — 25 INNO NAZIONALE LEOPOLDO CEMPINI (7) DI Fu popolarissimo, quest'inno, per molti anni. Nato, a quanto si crede, a Pisa tra la patriottica scolaresca di quell'illustre Ateneo, (lo Sforza ne fa autore il Bosi, il D'Ancona ritiene che venisse da Roma) ebbe il battesimo della popolarità a Firenze quando Leopoldo II firmò il motu-proprio che istituiva la Guardia Civica. Davanti alla residenza del Granduca vi fu una dimostrazione che innumerevoli testimonianze affermano grandiosa e indimenticabile. Il Bandi nei Mille ricorda che nel 1860 l'esaltante armonia di quest'inno trascinava all'attacco gli eroici volontari che lo cantavano alternandolo con gli altri inni più in voga : la Bella Gigogin, O ì Vlnno Fratelli d' Italia e di Garibaldi. giovani ardenti D'italico amore, Serbate il valore Pel dì del pugnar. Evviva l'Italia, Evviva Pio Nono Evviva l'unione E libertà la ; ! Per ora restiamo Sommessi Vedranno Che vili e prudenti le non Evviva : genti si^'n. ecc l'Italia, Stringiamoci insieme, Ci unisca un sol patto Del dì del riscatto L'aurora spuntò. Evviva Stringiamoci insieme Siam In tutti giorni ecc l'Italia, fratelli ; ; più belli Ci giova sperar. Evviva l'Italia, ecc — zeprence Leopoldo li Invitaci Fra all'armi ; carmi Sapremo pugnar. bellici Evviva l'Italia, Evviva Pio Nono Evviva l'unione E la libertà ; ! Già l'armi son pronte A un cenno di Pio Mandato da Dio L'Italia salvar. a Evviva Se l'Italia, vile tedesco il Non Piij Ferrara lascia Prepari la bara, scampo non Evviva, Il cielo Su A ecc ha. l'Italia, ecc sereno terra ridente libera gente Concesse Evviva, il Signor. l'Italia, ecc N 27 m O ALLA GUA RDIA CIVICA FIRENZE DI O Signor che dal tetto natio » fu adattata dal popolo a queFirenze dopo la concessione della Guardia Civica, ritenuta una grande vittoria popolare e un gran progresso nella via della redenzione italiana. L'aria st'inno, « nato a Cittadini, la patria La difesa la vi affida queste contrade : spade patria v'invita a pugnar. Cittadini, Se di cingete le Siamo tutti d'un sangue redenti, Siam fratelli al cospetto d'Iddio. Lo proclama la voce di Pio : Ci Una sia sacra la patria e l'aitar- nera, tremenda procella Sull'Italia mugghiando minaccia Maledetto chi asconde la : faccia Al nemico dell'Italo suol. Non è spenta Benché tolti l'antica virtude da poco al servaggio. Vendicare sapremo l'oltraggio Di chi insulta a un represso valor. Benché forti di mille codardi Del nemico sian fatte le schiere, Vinceranno le sante bandiere, Il gigante temuto cadrà. E del Cristo Che Ci A ci pugnando tolse al nel comune nome, periglio, fìa dato di volgere il ciglio quel sole che Bruto scaldò. — Cittadini, fia 28 — sacra l'impresa, Pende Europa sul vostro destino, Chi discende dal sangue latino Nacque, crebbe, guerriero morì. Cittadini, Già correte, correte, chiama, v'invita alla gloria L'avvenire di certa vittoria. vi La difesa d'Italia e l'onor. — 29 O DI O SIRE! POESIA PATRIOTTICA SICILIANA [Rivolta liani, per a i cessivamente Ferdinando l'aveva quali in tutte le nel 1847 dai rivoluzionari poeta David Levi, e cantata insurrezioni di quel fierissimo popolo. o Odi, A Borbone II scritta noi Sire. Da trent'anni miseri ed oppressi Involare Gloria, suoi tiranni i averi, Dieci di A il libertà. son concessi ti noi rendi il : prisco dritto, insorgerà. Sicilia Siccome già su Ninive La voce del Signore, Voce d'un nume, il popolo Al Re così parlò. 1 di segnati volsero Fiero Il Da campi Patrizi I e dei è il : core ; popolo s'alzò... cittadi, e pastori, Brillaron di brandi, pugnali i regi gioja, e terribili banditi fieri. e guerrieri brandiron Tacciar... sfavillano a mille. Non hanno che un suono le cento sue squille, Non han che un affetto gl'intrepidi cor... Chi gl'impeti affrena d'irato oceano? Chi l'onde infocate d'acceso vulcano? D'un popol che vuole chi doma il furor? Odi, o Sire, ecc. sici- suc- — — 30 INNO AL RE GIUSEPPE BERTOLDI DI Piemonte ebbe una vera efflorescenza di inni nazionali e di nel 1847 Carlo Alberto si mise sulle vie in breve tempo dovevano portarlo alla concessione dello Statuto ed alla guerra all'Austria. Fino a quell'anno la musa italiana, a dire il vero, aveva lanciato contro il Re di Sardegna le pili atroci invettive dopo di allora il tono cambiò e l'affetto, l'amIn canti delle si quando patriottici riforme quali le : mirazione, la accompagnarono pietà fino alla tomba oltre e lo sven- sconfìtto di Novara. Nel 1832 Carlo Alberto aveva ordinato maestro Gabetti una Marcia reale, senza parole, che accompagnò le truppe italiane in tutte le sue prove ed in tutti suoi trionfi; poi fece scrivere al poeta Giuseppe Bertoldi il seguente « Inno al Re », proprio nel tempo in cui aveva fatto proibire in tutti suoi stati la bandiera tricolore. L'inno fu cantato la prima volta a Genova il 3 no- turato al i i vembre 1847. Con l'azzurra coccarda sul petto, Con italici palpiti in core, Come d'un padre figli veniamo Carlalberto, E gridiamo Viva il esultanti Re! Viva Figli tutti d'Italia noi Forti e liberi il : il siamo, mente la morte il servir regge clemente ti ; godiamo obbedir. Dio di Re grande, : degno, sei c'inalzi all'antica virtù. si strinse con Pio gran patto fu scritto lassù. Carlalberto Se ; tiranni aborriamo, messaggio Di compirlo, o Il Re! il tuo vasto disegno il Attendesti Tu tuo pie'; d'amore Re! Viva braccio e Più che morte i Aborriam più che Ma del Re che ci Noi Siam figli, e A compire il diletto, al sfidi la Monta Con ; rabbia straniera, in sella e solleva il azzurra coccarda e tuo brando, bandiera Sorgerem tutti quanti con te Voleremo alla pugna gridando Viva il Re Viva il Re Viva ; : ! ! il Re ! — 31 INNO A CARLO ALBERTO DI B. MUZZONE Quest" « Inno a Carlo Alberto », scritto da B. Muzzone e musidal maestro Bodoira, ehhe diffusione quando il Re di Sardegna si mise sulle vie delle riforme, con immenso giubilo delle sue popolazioni. Una raccolta delle varie poesie scritte nei regi stati in occasione delle riforme concesse da Carlo Alberto nel 1847 e nella quale si trovano inseriti ben ottantasei componimenti poetici dà una pallida immagine della gioia con la quale era stata accolta nel Regno di Sardegna la piena e sincera conversione di Carlo Alberto alle idee cato liberali e nazionali. Viva Si Italia! Viva Su Dall'Alpi risveglia Italia Tebro e dal l'antico valore. Un ! novello splendore quest'inclita terra brillò. Emulando la gloria di Pio Carlo Alberto protese la destra Al suo popol diletto, e maestra Di sapienza sua voce s'alzò. Viva Si Italia! Viva Su Dall'Alpi risveglia Italia Tebro e dal l'antico valore. ! Un novello splendore quest'inclita terra brillò. Sorge un grido di gioia e s'alterna D'ogni parte un applauso sincero, Che d'amore è suggello foriero Di grandezza e di forti voler. Già sicure faccian d'intorno si Al gran trono Sabaudo Or che E' dischiuso un arringo Viva Si Italia! Dall'Alpi risveglia Viva genti le accolte le inchieste, Italia e dal al i lamenti, pensier. Tebro l'antico valore. ! Un Su quest'inclita novello splendore terra brillò. — Mormorando — 32 affanna e sì si asconde La discordia invilita e derisa Ve' l'Italia finora divisa ; Confortarsi de' giorni avvenir! Poiché E E Viva Si amplesso fraterno in stretta Doma de' tempi l'ira e oltraggi, gli mente de' s'afRda alla saggi, de' forti nel provvido ardir. Italia! Dall'Alpi e dal Tebro risveglia Viva Su Italia ! valore. l'antico Un novello splendore quest'inclita terra brillò. Sia di pace la nostra bandiera, Sacro a tutti il comune Maledetto chi desti il E diritto. conflitto, sollevi de' morti l'aitar. La giustizia fremente col brando Sperderà gli esecrati drappelli Guai se il nume combatte i ribelli Che oseranno il suo sdegno mutar. ; Viva Italia! Dall'Alpi Si risveglia Viva Su Italia e dal l'antico ! Un Tebro valore. novello splendore quest'inclita terra brillò. Come fiamma che scorre E grandeggia in Si diffonde nel Uno foresta in incendio repente, cor, nella mente spirto di patria virtù. Cittadini ! La gloria degli avi E' retaggio affidato ai nepoti. Deh compite i lor fervidi voti, E l'Italia ritorni qual fu. ! Viva Italia! Dall'Alpi e dal TeDro Si risveglia l'antico valore. Viva Su Italia ! Un novello splendore quest'inclita terra brillò. 33 — DIO E POPO LO INNO DI GOFFREDO MAMELI Con quf'Sto canto G'^ffreuo Mameli, diciottenne, si annunzia\a nuovo poeta della patria. « La sera del 10 decenibre 184ti tutta Genova era fiamme di gioia; ma non la città sola, tutti gli Apennini, (7 dosso d'Italia, come Dante li chiama, risplendevano di fuochi; parea che gli antichi vulcani fossero risvegliati; era l'avviso, era la minaccia d'Italia e ai tiranni. Il giovinetto Mameli guardava, guardava col petto anelante quella città accesa, quei monti accesi; e intese che cosa tutto ciò significasse dal passato indovinò l'avvenire, il prossimo avvenire nella commemorazione della battaglia popolare di Prè, e di Portoria, presentì le cinque giornate di Milano; e in imo di quei nu)menti che Platone avrebbe chiamato di « furore poetico » gitiò ai venti d'Italia il canto Dio e Popolo, il canto precursore del quarantotto e del quarantanove ». Così Giosuè Carducci. Disse, anche, A. G. Barrili di quest'inno: «Fu scritto per il I!) dicembre 1846, giorno della grande passeggiata votiva di tutto il popolo genovese al santuario di Oregina, celebrandosi il primo centenario della cacciata degli Austriaci da Genova e fu recitato dall'Autore il 9 dicembre, nel banchetto d'onore offerto dagli studenti genovesi aìV Albergo de la Ville, a Terenzio Mamiani il quale nel suo discorso a quei giovani, lodò grandemente il poeta. Parlò in quella occasione per tutti compagni Gerolamo Boccardo, il principe degli economisti italiani. Quanto all'inno Dio e Popolo, l'edizione del 1850, nel secondo verso del ritornello, reca il soldatesco « Dio si mette alla sua testa » forse sulla fede di qualche copia errata dell'inno. Nei manoscritti di Goffredo chiaramente e ripetutamente si legge « Dio comagli si stranieri : ; ; : i che ha sapore biblico, in tutto conforme agli studi che sulla andava facendo il Poeta. Anche la edizione Tortonese ha la più giusta lezione « Dio combatte » e dobbiamo lodarla di ciò ». batte » Bibbia Come narran sugli Apostoli, Forse in fiamma sulla testa Dio discese dell'Italia... Forse è ciò; ma anch'è una Nelle feste che fa il Popolo Egli accende monti e piani festa. ; Come bocche Egli accende di le vulcani. città. Popolo si desta, il Dio combatte alla sua testa. La sua folgore gli dà. Poi, se — Uno A scherzo ora 34 fa il — popolo ; festa ei si convita. una Ma se è il popolo che è l'ospite, Guai a lui ch'ei non invita! Grande è sempre quel ch'egli opera Or saluta una memoria, Ma prepara una vittoria ; E dico in verità vi Che se il Popolo si desta Dio combatte alla sua testa, La sua folgore gli dà. Noi credete ? Ecco la storia AU'incirca son cent'anni Che scendevano su Genova, L'armi in spalla, gli Alemanni Quei che contano gli eserciti : Disser E ; l'Austria è troppo forte; le porte. : aprirono gli Questa vii genia non sa Che se il Popolo si desta Dio combatte alla sua testa, La sua folgore gli dà. Un fanciullo gettò Parve un Che le Sassi e un ciottolo ciottolo case vomitarono fiamme da ogni Perchè quando sorge ceppi e re Sovra i Come i ; incantato, il lato. Popolo distrutti. vento sovra i Passeggiare Iddio lo fa. il flutti Quando Popolo si desta il Dio combatte alla sua testa. La sua folgore gli dà. Quei che contano Vi son oggi gli come eserciti allora : Se crediamo alle lor ciance Aprirem le porte ancora. — Confidiamo I satelliti Non E vi si in dei 35 — Dio. nel Popolo . forti contano che morti. dico in verità Che se il Popolo si desta Dio combatte alla sua testa La sua folgore gli dà. — 36 GIOBERTI E GARIBALDI DI GIUSEPPE BERTOLDI E' questa poesia, forse, la prima che abbia corso l'Italia diftonil Cavaliere dei popoli. Fu stampata alla fine de! 1847 a Torino sotto un ritratto di Garibaldi edito dal Doven. dendo l'amore per E va Gioberti Dell'Italo pensiero Ad vindice erger sugli elvetici un Dirupi vero trono' al ; E' Garibaldi un fulmine Che acque l'americane fa stupir. grand'alma prodigo Della non sua contrada Altro ei non chiede in premio Che un tetto ed una spada, Per la Molte battaglie e vittime, E degli ospiti Il giorno Non suoi la affrettiam glorioso libertà. precipiti : Quel giorno è nella provvida Mente di Dio nascoso che la sua vindice Destra folgoreggiando accennerà. Allor E noi sorgiam terribili Dai campi e dagli spaldi ; In ogni seno palpiti Il cor di Garibaldi : Beato l'uom che l'anima In quel santo conflitto esalerà. 37 FRATELLI INNO DI ITALIA „ GOFFREDO MAMELI D' « lo ero ancora fanciuilo, ma queste magiche parole, anche senza musica, mi m.eltevano brividi per tutte le ossa, ed anche oggi, ripetendole, mi si inumidiscono gli occhi. » Con queste parole Giosuè Carducci, che meglio di ogni altro ha inteso e reso in verso ed in proKa lo spirito eroico del nostro Risorgimento, ricorda l'inno di Goffredo Mamer, il più bello e grandioso di tutti gli inni patriottici italiani. Mameli (nato a Genova il 5 settembre 1827 dal marchese amIl miraglio Giorgio, cagliaritano) costituì nel 1848 la squadra dei volontari genovesi che accorsero a prestare aiuto all'insurrezione lombarda, poi corse alla difesa della Repubblica Rom.ana. Ferito il 3 giugno !a i 1849, nel combattimento di Villa Corsini, alla tibia sinistra, ebbe amputata una gamba e morì il tì luglio successivo. Fu un'anima anMazzini, che lo amava come un figlio, scrisse per la sua gelica. mone alcune pagine maravigliose di sentimento e di poesia. Garibaldi, che se Jo vide ferire al fianco, non poteva trattenere le lagrime tutte le vo'.te che gli si parlava di lui. Il celebre Inno venne scritto da Goffredo il giorno 10 settembre 1847 e musicato il 24 novembre a Torino dal maestro Michele Novaro (1822-188.S) il quale raccontò nel 187.S ad Anton Giulio Barrili (l'amoroso studioso e raccoglitore degli scritti del Mameli) il modo come compose la musica di quei versi infuocati. Si trovava una sera in casa di Lorenzo Valerio, dove conveniva una eletta schiera di patriotti che facevano musica e politica insieme, quando un amico giunto « To', te lo manda Gofda Genova gli porse un foglietto dicendogli fredo ». Il Novaro apre il foglio, legge, si commuove. Tutti gli si detti a voce alta, e la Mameli vengono versi del affollano intorno; stessa commozione si manifesta sul volto di tutti. « Io sentii, disse Novaro, dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei il piansi, che ero agitalo e non potevo star fermo. definire... So che Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, mettendo giù frasi melodiche, l'una sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole... Mi alzai, scontento di me, presi congedo, corsi a casa. Là, senza pure levarmi il cappello, mi buttai pianoforte. A\i tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa a! Valerio; lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani. Nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo, e per conseguenza anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'Inno «Fratelli d'Italia». Cantato pubblicamente a Genova in una festa popolare, la polizia, conoscendo l'autore per un ardente mazziniano, lo : i proibì e non Garibaldi lo tollerò stimava marzo 1848. il Mameli come che dopo l'inno di guerresco dopo la Marsigliese durante l'assedio di Roma e e la lo più trascinante inno il preferiva all'inno del Mercantini; meravii-liosa, l'Eroe lo can^ ritirata — 38 — come del resto facevano tutti i suoi volontari. canto del magico inno che elettrizzò tante migliaia di guerrieri e 11 volò come superbo arcangelo sui campi di battaglia, viene ancora adesso considerato in Austria come reato politico, ciò che non impedisce agli italiani ancora irredenti di cantarlo, sfidando le i. r. prigioni. lava e zuffolava sempre, Fratelli Dell'elmo Dov'è la Le porga : desta ; Scipio di S'è cinta la Che Uniamoci, amiamoci L'unione e l'amore Rivelano ai popoli d'Italia, L'Italia s'è Le vie del Signore. Giuriamo far libero test-ri. vittoria? la schiava chioma suolo natio Il ; Roma di : Uniti, per Dio, Chi vincer Iddio la creò. Stringiamci a coorte ci può? Stringiamci a coorte ! ! I Dall'Alpe a Noi siamo da secoli Sicilia, Perchè non slam popolo, Perchè siam divisi. Ovunque è Legnano Ogn'uom di Ferruccio Ha il core e la mano Raccolgaci un'unica I Calpesti, derisi. Bandiera, una ; speme ; l'ora bimbi ; II suonò. Vespri suonò. I Stringiamci a coorte Stringiamci a coorte ! Siam pronti alla morte Italia chiamò : pronti alla morte Italia chiamò Son giunchi che piegano Le spade vendute Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia E il sangue polacco Beve col Cosacco, ; il cor le bruciò. Stringiamci a coorte ! Siam pronti alla morte Italia chiamò ! ! Siam ! Ma d'Italia chiaman Balilla suon d'ogni squilla Si ; Di fonderci insieme Già ! Siam pronti alla mortf Italia chiamò Siam pronti alla morte Italia chiamò ! — 30 INNO ALL'ITALIA Fu canijtn a Firen/e 12 settembre il 1847 e per alcuni anni Sorgi, depressa Italia, Dalla iua muta tomba Al suon di questa tromba Ch'oggi squillar L'armi fidate l'udì. popolo al Segnano un nuovo Ti cingi di. ancor, o prospera Regina delle genti De' taciti lamenti La lunga età finì. L'armi ; popolo fidate al Segnano un nuovo dì. Disse a' suoi figli un principe Quest'armi a voi l'affido. E plaudente un grido — Di fondo L'armi ai cor parti. fidate al popolo Segnano un nuovo dì. Sacra falange, il patrio Suolo guardar v'è dato, Questo giardin beato Che il Cielo a noi L'armi fidate al largì. popolo Segnano un nuovo dì. Ma se la terra italica L'estraneo insulti ardito Muova il Che noi vessillo avito fratelli unì. : - di poi. — L'armi 4U fidate al — popolo Segnano un nuovo dì. Sappia pugnare e vincere Il cittadin guerriero, Franga l'orgoglio altero Di chi sprezzarci ardì. L'armi fidate al popob Segnano un nuovo dì. 41 SONO ITALIANO!... CANTO POPOLARE (Questo canto rimonta Goticite di una popolarità ai primi mesi del 1848 e nacque in ToSi'ana. oggi è molto noto in tutta immensa ed ancor l'ilatiia. Nella Venezia e nelle terre alle quali stiamo dando zione viene tuttora cantato con lo stesso spirito del 1848. lihera- la Giovanottino daiia bruna chioma, - come si nom.a? sono nato, o forestier cortese. Nel paese più bel d'ogni paese S'io chieggo a te della nativa terra Rispondi << Io son di Francia o d'Inghilterra. Il — tuo loco natal Io : : Fiorenza è bella e Napoli t'ammalia, Torino è forte e dappertutto è Italia Se vuoi saper se nacqui in monte o >> ; Sono in piano. Italiano. Giovanottin dalla pupilla nera, - Dimmi, qual'è il color di tua bandiera? Se una rosa vermìglia e un gelsomino A una foglia d'ailór metti vicino, — tre colori avrai piij cari e belli I A noi che in ci conosciam fratelli che fremer fanno L'insanguinato imperator tiranno. Beato il dì che li vedrà Milano tre I color avi quei ; ai ! Sono Italiano. Giovanottin dalla dolce favella, Dimmi dunque, — il tuo re come si appella? una patria abbiamo e tutti un Dio Dal Tebro a tutti benedice Pio Dell'Arno là sulle rive leggiadre Sta Leopoldo, più che Duca, padre Tutti ; ; — 42 — Tardi Fernando si battè la guancia, E Alberto aguzza la terribil lancia ; Biscia e Leone cacceran i 'estrano: Sono - Italiano Giovanottin dall'elmo piumato, se' giovane tanto e sei soldato! Tu — E Soldato no; son cittadino in armi, soldo col sudor so procacciarmi. Se giovin sono e se profondo io fero il Vedran le file del ladron straniero. Dunque ripeti, o forestier cortese. Quando ritornerai nel tuo paese. Che di bandiera, d'armi e di sovrano Sono Italiano 43 IL " PATER NOSTER ' DEI MILANESI Dopo la morte (settembre italiano e diffuse numerose di arcivescovo tedesco dell'odiato Gaysruck venne a 1847) l'arcivescovo Romilli, bene accetto, perchè grande bontà, alla cittadinanza milanese. Furono allora Milano orazioni patriottiche nelle quali religione patria e fondevano sotto l'egida del nome benedetto di Pio IX. Nacquero così un Catechismo nazionale, un Credo, due Pater Noster, le Litani^ dei Pellegrini Lombardi, ecc. Il primo Pater Noster in prosa diceva « Padre nostro che siete a Vienna Che il vostro nome sia per sempre dimenticato in Italia; Che il vostro regno si restringa al di là delle Alpi Che la vostra volontà non sia fatta sopra il cielo come sopra la terra d'Italia; Rendete a' noi quel pane quotidiano chi ci Come noi vi rendiamo la vostra carta monetata Non ci indurapiste si : ; ; ; ; voi e da tutti i vostri liberateci da cete nella disperazione; Ma sgherri ; Una volta per sempre e così sia. » Il secondo Pater Noster preparare gli servì anch'esso a è quello riprodotto qui appresso animi per fatti del marzo 1S48. A Trieste, tra l'aprile e il maggio : i dell'anno « Vittorio tuo, — quando sembrava che corrente, dovesse riuscire neutralizzare a Emanuele nostro die venga il — regno tuo, — la pressione della Germania seguente parafrasi la circolò l'Italia, Roma sei a sia fatta — : sia santificato volontà tua, la sì nome come a il Trento, cosi a Trieste. Amaci come siamo odiati, difendici perchè Non t'induca Hiìtoiv in siamo oppressi. Dacci il tuo pane unico. Così sia. il ntazinne, ma liberaci dall'Austria. — — Padre nostro divin, che Pietà del nostro duol Signor, — — ci nei sei sì scampa dall'ugne dello Sia sempre E tante Quante il nome volte l'augel e Cieli, lungo e fiero : crudeli straniero. tuo santificato, tante benedetto, biforme è bestemmiato e maledetto. Ah! venga il regno tuo, regno d'amore. Che a Pio fu dato d'imitar qui in terra. Che la virtude inalza ed all'errore fa cruda guerra. 44 Sia fatto il voler tuo, se ancor ritarda Quel giorno di vendetta e di riscatto, Che vegga Italia e la nazion lombarda strette ad un patto. In ciclo e in terra questo giorno è scritto, In cui la biscia, ed il Di libertà, co'.rarmi, leone a lato. sacro dritto il avran Dacci oggi Che Il lo il nostro pane quotidiano, straniar strappa ci vaso è colmo per e / comprato- la fin bocca di ! tua Milano, orm.ai trabocca. che abbtam, Signor, perdona. debiti In quella guisa che paghiamo quelli Dei trattati di Vienna e di Verona, veri Non tranelli cadere in tentazione, in noi tutti e core e E vincerem nel dì della tenzone sicuramente. ci lasciar Ma Ma rinforza scampaci dal Deh! inai e salva l'infelice Dall'Aulico consiglio dai tedeschi mente, : Lombardia e da Radeschi e : cosi sia — 45 — LA DONN A LOMBARDA STORNELLO DI FRANCESCO DALL'ONGARO proposito tradotto in pratica con invitta costanza dai milaiicsi Il non più fumare per portar grave danno alle finanze austriache diede vioalla polizia di compiere sulla cittadinanza atti di selvaggia lenza. Nel gennaio 1848 la sbirraglia ubbriaca fu scatenata per le vie di Milano; in Piazza Mercanti, sul Corso Francesco (ora Vittorio Emanuele) altrove donne, \ecchi, fanciulli vennero sciabolati barbarae mente, e sei morti e cinquantanove feriti furono il triste bilancio di fatti di Miquella giornata- di ferocia austriaca. Nell'Europa liberale lano destarono una enorme impressione; l'odio milanese per l'opprest'ore crebbe a mille doppi; e Francesco Dall'Ongaro (nato a Mar.';uc (Oderzo) nel 1808, morto il 9 gennaio 1873) scrisse uno stornello diventato popolare che fomentò negli oppressi il desiderio de!la liberazione, compiuta due mesi più tardi nel glorioso modo che tutti di modo i sanr.o. Toglietemi d'attorno i panni gai. Voglio vestirmi di bruno colore Vidi scorrere il sangue ed ascoltai Le grida di chi fere e di chi more. ; Altri Sui' ornamenti non porterò mai che un nastro vermiglio sopra Mi chiederan dove quel nastro è Ed io Nel sangue del fratello — tinto, estinto. Mi chiederan come si può lavare. Ed io Non lo potria fiume né mare — core. il : Macchia d'onore per lavar non langue Se non si lava nel tedesco sangue. - 46 LA BANDIÈRA TRICOLORE CANTO POPOLARE Dopo la cacciata dei tedeschi da Milano, ebbe molto voga la seguente canzonetta popolare, che fu più tardi ripetuta dal '59 al '66. Le due ultime strofe furono aggiunte dai soldati di Piemontesi che cantavano nelle loro marce, e furono subito imparate e cantate le dai monelli milanesi. La si canta ancora in tutta Italia, compresa Trieste, con leggere modificazioni. Anderemo a Roma santa, Anderemo al Campidoglio, Pianteremo sulla soglia La bandiera dei tre color. La bandiera dei tre colori E' sempre stata la piià bella, Noi vogliamo Noi vogliamo E i sempre la quella libertà. tedeschi coi suoi baffi Son una massa di birbanti, Impicchiamo tutti quanti, pie. Calpestiamo sotto i I Gesuiti son partiti Son andati dal suo re La corona dell'Impero La vogliamo sotto ai pie. ; I Con tedeschi son fuggiti fumo dentro il sacco Metternich e quel macaco Si il dovranno ritirar. : — 47 — CANTO POPOLARE Le Cinque Giornate in tutta di del Bertoldi settentrionale. l'Italia Manzoni pubblicava la scritta quando sembrava uno dei fu Da più innumerevoli canti a popolari che e si diffuse 1848 Alessandro « Marzo lui ^821 » da passaggio del Ticino da parte ricordare impareggiabile ode imminente il piemontese guadagnato alla aggiungendovi l'ultima strofa dell'esercito nazionale, BERTOLDI di G. Milano diedero origine questo patriottici; MIL A NO LI BERAZIONE DI LA nel rivoluzione costituzionale e : Oh giornate del nostro riscatto! dolente per sempre colui lunge, dal labbro d'altrui. Come un uomo straniero le udrà! Che ai suoi figli narrandole un giorno Dovrà dir sospirando: io non c'era; Che la santa viitrice bandiera Salutata quel dì non avrà! Oli Che da Le Cinque Giornate furono precedute e seguite anche da una vera poesie e di canti popolari in dialetto milanese che si trovano un interessante volume di Carlo Romussi. fioritura di in Di Dio son tutti del mondo i regni, più degni Dio che a reggerli chiama Ma quando l'empio quei regni toglie Di i Egli alza I il dito e discioglie. li non ha Il regno a Dio A noi chi tolse la libertà? tolto centomila sgherri tedeschi L'insubria inondano, duce Radeschi Non scende in campo Iddio con l'asta: Dal cielo ei mostrasi, mostrasi e basta. Polvere sono dinanzi a Te, Dio grande e forte, popoli e re. : Ecco sul sacro piano lombardo Sventola Ecco Coi il il libero tre colori un Carlalberto. Sui vostri altari Prodi comun stendardo trionfo a render certo Lombardi, ei giurerà. la libertà. : ; — 48 L'ITALIA RISORTA INNO DI B. DE' BANDI Inno del 1848; parole di Bando de' Bandi, musica del maestro Mapopolarissimo a Milano e in Lombardia per tutto quell'anno. bellini, Via toglietemi dal capo delle spine La corona Che una Splenda ; volta ancor sul crine il serto del valor. Son l'Italia e son Le catene io sento risorta, infrante, Sorgerò come gigante Sopra il campo dell'onor. Fino all'ultimo Appennino il grido redentor Voli ! Fui signora delle genti, Poi fui schiava e piansi tanto, Ma quei secoli di pianto Questo dì Tutti in Tutti È Il fa. arme miei, stretti Benedetta Che scordar mi a la in figli bandiera pugnar soldato i una schiera, il li condurrà. cittadino, soldato eroe sarà ! — — 49 LA PATRIA DELL'ITALIANO POESIA POPOLARE ANTONIO GAZZOLETTI DI Antonio Gazzoletti fu dopo Giovanni Prati il maggior poeta trenNato a Nago il 20 marzo 1813, fu imprigionato varie volte dagli austriaci, esulò a Torino e passò poi a Milano ed a Brescia. Morì magistrato a Milano il 21 agosto 1866. La Patria dell'Italiano fu popolarissima per oltre un ventennio, a incominciare dal 1848 nel qual anno fu scritta. In essa si esprime vigorosamente il concetto unitario italiano. La sua forma fu ispirata dalla celebre poesia dell'Arndt « Was ist der Deutschen Vaterland?» (Qual'è la patria dei Tedeschi?), considerala la «Marsigliese» germanica. tino. Qual è Sotto la patria dell'Italiano? cielo napolitano, bel il Nel suol, nell'aere, nel mare un Serbò natura di paradiso Pur non è l'eden napolitano La grande patria delTItaliano. riso : Qual è la dell'Italiano? patria mare freme un vulcano, E intorno a quello fremono genti Di dal là Di libertade. Pur non è La grande Qual è E' forse Che Sul il gloria ardenti forte patria la Qual il è : suol siciliano dell'Italiano. dell'Italiano? patria brando prima, No, non è La grande Culla di sacro terren il mondo Fors'è il la romano croce poi stese soggetto a noi ? il sacro terren romano patria la dell'Italiano. patria dell'Italiano? leggiadro dell'arti e giardin insieni toscano, gentile Maestro agl'itali del bello stile? No, non è il gaio giardin toscano La grande patria dell'Italiano. — 50 — il lombardo suolo fecondo? Venezia unica al mondo? Fors'è Fors'è Città maturi ingegni, fiorenti, Glorie e sventure vantan quei regni Pur non Venezia, non è Milano La grande Fors'è ; patria dell'Italiano. guerriero Piemonte armato? il Fors'è l'altero Genovesato? De' Corsi l'isola, Dall'aspre rupi, No, in brevi La grande Qual è quella de' Sardi dai sponde patria la cor gagliardi? tu cerchi invano dell'Italiano. patria dell'Italiano? Dal regal Tevere all'Eridàno Tutto che il doppio mare comprende, E un solo accento sonar s'intende, E il mondo barbaro rifece umano, E' la gran patria dell'Italiano. Dovunque prossimo santo invocasi Il Dove una musica Dove ogni sasso è Dall'umil rudero al Ivi la patria è Pio, di spira ogni vento, un monumento, Vaticano, dell'Italiano. Dovunque all'ombra In Dio a quel di nome fermo accordo dei fraterni tre colori cuori Stanchi del vile lungo servire di vincere o di morire, Giurar E Ivi al è O vinto amica stender la patria bella terra, nobile terra. Dallo straniero che Troppo oltraggi soffristi mano, la dell'Italiano. ti fa e guerra, danni : Sul capo oppresso dai lunghi affanni Rimetti il prisco ciniier sovrano, O grande patria dell'Italiano. — — 51 CANTO DI GUERRA DI LUIGI Il gagliardo canto del (-arrer (nato a morto in patria il 23 dicembre 1850), popolo quando Carlo Alberto dichiarò e ripetuto dal popolo per lunghi anni. fu la Venezia scritto guerra il 12 febbraio 1801, principalmente per il all'Austria nel 1848 Via da noi, Tedesco infido, Non più patti, non più accordi Guerra, guerra Ogn 'altro ! ; grido E' d'infamia e servitù. Su que' Il furor rei, si sangue di fa lordi, virtù. Ogni spada divien santa Che nei barbari si pianta ; indegno figlio Chi all'acciar non dà di piglio, E un nemico non atterra E' d'Italia : Guerra, guerra ! Tentò indarno un crudo bando Ribadirci le catene ; La catena volta in brando Ne sta in pugno, e morte dà. Non s'ottiene Guerra, guerra Senza sangue libertà. ! Alla legge inesorata Fa risposta Fan risposta la al Crociata ; truce editto Fermo core, braccio invitto, Ed acciaro che non erra ; Guerra, guerra ! CARRER , Non attristi ci — 52 piià lo — sguardo L'aborrito giallo e nero; Sorga l'italo stendardo E sgomenti gli oppressor. Sorga, sorga, e splenda altero Il vessillo tricolor. insegna nostra mostra ti insegna, Lieta Sventolante a noi cammino Il tu ; addita, ci Noi daremo sangue e vita Per francar la patria terra Guerra, E' la guerra Da nostro scampo. il gloria lei Della spada Dasti in il noi E' d'Italia ; guerra! avremo e regno fiero lampo l'antico ; ardir. indegno figlio Chi non sa per lei morir. Chi tra l'Alpi e il Faro è nato L'armi impugni e sia lodato Varchi il mare, passi il monte. Più non levi al ciel la fronte ; Chi un acciaro non Guerra, guerra afferra umile paese Guerra echeggi, e morte al Dal palagio Tutto, Che al tutto : ! tetto il bel tant'anni ci vile calcò; ' Guerra suonino Che il le chiese ribaldo profanò. Vecchi donne infermi, Dei belligeri imbelli. fratelli Secondate il caldo affetto Guerra, guerra In ogni Che di vita un'aura serra, ! Guerra, guerra ! : petto. 53 IN NO DI GUERRA DEL DI primo 1848-49 LUIGI MERCANTIMI guerra del celebre autore dell'Inno di a Ripatransone il 20 settembre 1821, 1872) lo scrisse nel 1848, e con quell'inno sul labbro crociati romagnoli corsero in aiuto di Venezia combattente eroicamente contro gli Austriaci. Fu m.usicato dal maestro Giovanni Zampettini, di Sinigaglia. In una nota ai suoi canti il Mercantini dice presente inno di guerra a proposito del « Quando in Corfù io fui a visitare Daniele Manin, da una stanza vicina si udiva cantare « Tre colori, tre colori». «Ecco! mi disse Manin, commovendosi, ecco il canto col quale abbiamo combattuto insino all'ultima ora sulle nostre lagune ». Il motivo della bandiera nazionale ricorre molto di frequente nella poesia patriottica del Risorgimento (vedi pag. 40 e 52). Il tricolore divisi popoli della pefu il simbolo e il nodo della patria, che raccolse nisola in un sol fascio potente e disciplinato. Come scrisse uno dei più appassionati cultori degli studi storici sulla resurrezione italiana, « gio\ani che non possono ricordare di aver veduto nei tempi della dominazione straniera un cencio tricolore conservato fra le memore più care e segrete e mostrato fra un sospiro di rimpianto e una speranza, e non videro più tardi quei medesimi colori splendere liberi nella gloria del sole e sorgere quasi per incanto, dietro ai passi dei fuggenti austriaci, e rivestire le città d'un'iride festosa, non possono comprendere capelli grigi all'apil fremito segreto che provano quelli che hanno parire della nostra bandiera. » Dopo la caduta di Venezia nel 1849, il tricolore fu, come scrisse Carlo Cattaneo, « il solo segno che rappresenE' il Garibaldi morto a : degli inni Mercantini il Palermo l'S di (nato novembre i : : i i i tasse al cospetto del mondo Patrioiti, la nazione. » all'Alpi Fu l'Italia. andiamo, andiamo al Po Perderem, se più tardiamo Già il tedesco c'insultò. Patriotti, Il : : tambur, !a tromba suoni. Noi sui campi marcerem. Mille e più sieno Noi le E sol verde, La bandiera E i cannoni. micce accenderem. sol verde, bianca e rossa s'innalzò. bianca e rossa La h:indÌTn s'innibò. — Tre colori, 54 — tre colori, cantando va a cantando tre colori L'italian ; i 11 fucile imposterà. Foco, foco, foco, foco ! S'ha da vincere o morir. Foco, foco, foco, foco ! Ma il tedesco ha da morir. E t,a E verde, bianca e rossa bandiera s'innalzò. sol verde, bianca e rossa sol La bandiera s'innalzò. — 55 CANTO DEGLI INSORTI ARNALDO FUSINATO DI Ad Arnaldo Fiisinato (nato a Schio il 10 dicembre 1817, morto Roma il 28 dicembre 1888) deve molto la musa patriottica italiana. Fu soldato, combattè a Alontebello ed a Vicenza e partecipò alla difesa di Venezia !e sue strofe guerresche venivano ripetute dai soldati nelle a : marce. Singolare per veemenza e paragonabile ai dell'ungherese Petòfi è questo canto degli insorti universitario selvaggi canti battaglione il più che Padova fece suo. di Suonata è la squilla già : Terribile echeggia per Suonata è la squilla Su presto corriamo Brandite i Fratelli, Al cupo fucili, fratelli, le il grido di guerra su presto, : la ; fratelli. patria a salvar. picche, i coltelli, corriamo a pugnar. rimbombo Rispose il l'itala terra dell'austro ruggito del cannone Leone nostro : manto d'infamia, di ch'era coperto, CoU'ugna gagliarda sdegnoso squarciò, E sotto l'azzurro vessillo d'Alberto Ruggendo di gioia il volo spiegò. Il Noi pure l'abbiamo Non la nostra bandiera come un giorno pili sì gialla, nera sì Sul candido lino del nostro stendardo Ondeggia una verde ghirlanda d'allòr De' nostri tiranni nel sangue codarde E' tinta la : zona del terzo color. Evviva l'Italia! d'Alberto la spada Fra l'orde nemiche si schiude la strada. Evviva l'Italia! sui nostri moschetti il Vicario la mano levò... E' sacro lo sdegno che ci arde ne' Di Cristo Oh ! troppo finora si petti pianse e pregò. ! — — 56 Vendetta, vendetta! Già l'ora è sonata, Già piomba sugli empi la santa crociata Il Si colmo è calice strinser dell'ira mano la le : italiana, cento città : Sentite sentite, squillò la campana... Combatta denti chi brandi coi non Vulcani d'Italia, dai vortici ardenti Versate sugli empi le lave bollenti E quando quest'orde di nordici lupi Ai patrii covili vorranno tornar, Corriam fra le gole dei Sul capo S'incalzin di E quando ! nostri dirupi fuggiaschi le roccie a crollar. ai Un nembo ha. fronte, le di avvolga li fianco, di alle spalle, pietre e di palle, canne dei nostri fucili Sien fatte roventi dal lungo tuonar. Nel gelido sangue versato dai vili Corriamo, corriamo quell'armi a tuffar. E là dove il core più batte nel petto Vibriamo la punta del nostro stiletto; E allora che infranta ci caschi dal pugno La lama già stanca dal troppo ferir, ))e' nostri tiranni sull'orrido grugno .i pomo dell'elsa torniamo a colpir. . Vittoria, vittoria ! Dal giogo tiranno Le nostre contrade redente saranno Già cadde spezzato l'infame bastone ; Che Il Il — l'italo dorso percosse finor timido agnello s'è fatto leone. vinto vincente, l'oppresso oppressor. ; — 57 CANTATA DI DI GUERRA ARNALDO FUSINATO Questa cantata patricttica del Fusinato che non è compresa nei volumi delle sue opere raccolte si trova nella bella Antologia di Raffaello Barbiera « I Poeti Italiani del secolo XIX ». Fu scritta nel 1848 a Venezia, fu musicata dal maestro veneziano Francesco Malipiero, ed accese ancor più gli animi nella lotta contro il nemico nazionale. Donne L'ora fatai All'armi, s'approssima all'armi, o ! forti! Noi v'afRdiam la libera Bandiera dei risorti Senza timor guardatela-.. I suoi color son tre. ! Ed Le il Leon dell'Adria sta vegliando al Pie. Fino al supremo anelito Dell'onor suo custodi, Dove Ivi il suo drappo sventoli accorrete o prodi : Del tradimento il demone Più non le striscia al pie ; Perchè il Leon dell'Adria Le sta vegliando al pie. All'armi, all'armi, o forti! Noi v'affidiam la libera Bandiera dei risorti ! Uomini E con un grido concorde Stringiamo il vessillo che Italia noi, di fede, diede. simile anch'esso all'Angiol di morte. Affiso alle porte del santo giardin. Sull'ultimo scoglio dell'Alpi giganti Oh! Custode ci — si pianti — del nostro confin. — 58 — DOKKE Addi--. Con j^:^j.-::., . col voi sceaideremo sul \'o3 del pensiero campo guerriero : Se deWl la mane rifugge dal brando. Staremo pregando appiè all'aitar. UOMIKI E noi col tripudio dell'alme Sui campi cruenti — ' fidend corriamo a pugnar. Tutti Corriamo, corriamo vergogna al codardo Che il volo non segue del patrio stendardo Un inno di gloria, im'onda di pianto AJ martire santo cbe pugna e che rouor Al forte che riede di sangue coperto : : — Un vergine serto — di baci e di fior. — 59 CANTO Dopo campagna l'infausta Lombardia di GUERRA DI interrotta dall'armistizio PiemoDlesi ardevano dal desiderio di riprendere agosto 1848, lotta contro gli AuKtriaci. Il canto the segue ebbe molta voga nel la brc\c periodo che corse fra la fine della prima guerra nazionale e l'iui/io della seconda, cosi breve t terminata cosi tristemente a Novaia del 9 {2i marzo i 1849). Italiani, Fu se gagliardo già il Di Hontida Presto Lombardo braccio del Se all'estraneo il all'armi La contesa ; spavento giuramento, fé' di — non è Legnan sciolta ; Su, gridiamo un'altra volta -- Guerra al barbaro Aleman : Siede ancora E — nostro desco al Gavazzando, ! ebbro il tedesco, l'esercito s'ingrossa D'un novello Barbarossa Presto all'armi La contesa di • — non Legnan è sciolta ; Su, gridiamo un'altra volta — Quando Guerra l'insubre al : Aleman barbaro I campagna Tutta sanguina e si lagna ; Quando il veneto Leone A battaglia si compone. — Presto all'armi non è sciolta La contesa di Legnan ; Su, gridiamo un'altra volta Guerra u) barbaro : Aleman ' — Quando Van gli — 60 Usseri e le spie briachi per le vie, E gareggiano codardi Scannatori di vegliardi. Presto all'armi La contesa di — non Legnan è sciolta ; Su, gridiamo un'altra volta — Guerra al : Aleman barbaro Stende l'aquila gli artigli Sovra i campi, e sovra i figli Non sia tregua coli 'ingorda Se la polvere non morda. ! ; Presto all'armi — non è sciolta La contesa di Legnan Su, gridiamo un'altra volta ; — Ha : Guerra al barbaro Aleman tuonato il Vaticano Dall'Allobrogo al Sicano Ti — risveglia Dio lo itala vuole, Presto all'armi La contesa di prole Dio : : lo — è sciolta ; Su, gridiamo un'altra volta -- Guerra al barbaro — vuole. non Legnan ! : Aleman! IL RISORGIMENTO DI ALESSANDRO POERIO — Alessandro Poerio (1802 3 novembre 1848), soldato e poeta, fratello di Carlo, si distinse alla difesa di Venezia dove morì. Questo inno non fu veramente cantato, ma declamato dai valorosi combattenti. Il Poerio nella memorabile sortita di Mestre del 27 ottobre cadde ferito mortalmente mentre nel folto della mischia animava sioi commi i litori Non col canto. fiori, ien l'empie memorie non carmi Defili avi sull'ossa, D'oltraggi fraterni, Ma Ma Ma D'inique vittorie, Per sempre velate. il i suono serti sien l'opre, tutta sia Ma scossa — Da guerra Che sia d'armi. quelle ricopre resti e s'eterni Nel core la terra — un orrore Di cose esecrate ! ; Sia guerra tremenda, E, Italia, Sia guerra che sconti Correndo ad armarsi Con libera man. Nel forte abbracciarsi Tra lieti perigli La rea servitù ! Agli avi rimonti. Ne' posteri scenda La nostra virtù O Divampi di vita La speme latente Percuota Che in Beltate gli tuoi figli, Fratelli saran. ! Di scherno nutrita i sparsi fratelli, O ; strani. questa languente — sfrenate popolo mio. Amore Movete Decreto Fidenti v'appelli ; ! nell'alto di — Dio valenti. Cacciaron le mani, D'un lungo soffrire, Movete all'assalto. Son armi sacrate Sforzante a vendetta, Gli oppressi protegge ; L'adulto furor. De' cieli Sorgiamo Concordia e la stretta Ma questa è sua legge, dell'ire Che ; Sia l'italo amor. il Signor ; sia libertade. Conquista al valor. — Fu servo il 62 — Ma tiranno Del nostro paese Al domo Alemanno vano pensiero Fia l'inclita impresa. ; Le terre occupava Superbo il Francese. Se d'altro straniero L'aita maligna Sul capo ci pesa Respinto Sien soli — » dal vinto Poi quelle sgombrava. Si pugni, si muoja ; De' prodi caduti L'estremo sospir Con La fede saluti libera gioia D3I patrio avvenir O ! Italia, nessuno Stranier ti fu pio ; Errare dall'uno Nell'altro servaggio T "incresca, Fiorente per Dio ! — possente D'un solo linguaggio, Alfine in te stessa, O — i figliuoli né alligna Qual seme fecondo Nel core incitato Verace voler, Se pria non v'è nato Sospetto profondo Dell'uomo stranier. D'Italia patria vagante. Eleggi tornar ; Ti leva gigante, T'accampa inaccessa Su' monti e sul mar ! ; — 63 ADDIO, M IA BELLA, ADDIO CANTO POPOLARE ! CARLO BOSI di bella, addio? Chi non Italia V Addio, mia (^hi non ha cantato in eanta ancora, in città e in campagna, in Lombardia, in Toscana, in canzone, così fresca e d'America? Questa Sicilia, nelle nostre colonie vibrante, che par nata oggi, ha invece un'età veneranda poiché sorse nel 1848 ed ebbe il battesimo del fuoco nella battaglia di Curtatone. La scrisse il fiorentino Carlo Bosi, che la intitolò « Il volontario che parte per la guerra dell'Indipendenza », ma il popolo la chiamò 1' « Addio del volontario » e ne corresse il primo verso che nella lezione originale suonava: Io vengo a dirti addio. Il musicista ci è ignoto; ma cliiunque l'abbia composta, se pur non l'ha creata l'anima stessa del forse quel motivo così nitido, così popolo, ha fatto opera di bellezza snello, così battagliero, « doveva già esistere come aleggiante per l'aria e come susurrante nei cuori». La canzone ha due sole frasi così ritmicamente incisive, e tanto slancio e vigore, che appena echeggiano, un brivido corre per le ossa e tutte fremono le fibre del cuore. « E' in tempo ordinario e in tono maggiore, né oltrepassa l'ambito di sei sole note, sempre naturali al termine del primo periodo, lo squillo di alcime rapide note ribattute le accresce vigore ed energia. Così breve e la : : così lodia sempre uguale circoscritta, ripetuta dovesse riuscire monotona, di ma non parrebbe che la meessa, pur ripetenmutar delle parole, nuovi strofa, è così : sembra rinnovarsi e acquistare, dal sempre più vigorosi e marziali, come sembra in taluni punti ingentilirsi alla rievocazione di amorosi e soavi ricordi. Oltre a ciò nella sua estrema semplicità è originale non ha punti di contatto con altri canti patriottici e popolari del tempo. Ed è inoltre schietta e sincera, dosi, accenti : senza senza appiccicature sì sente sgorgata liberamente e spontanearr.ente dall'anima popolare e venuta fuori, come suol dirsi, di prima intenzione ». (Arnaldo Bonaventura). Enrico Panzacchi disse dell' « Addio del volontario»: «E' veramente una cara e poetica cosa; un toccantissimo motivo che ho sentito lodare e quasi invidiare all'Italia nientemeno che da Riccardo Wagner». E Pietro Cori osservò giustamente « Le undici strofe di questa poesia hanno nociuto agli austriaci più di una battaglia perduta, e giovato all'Italia più di una battaglia guadagnata. Tanta è la potenza del ritmo e dell'armonia sull'animo gentile degli Italiani!» fronzoli e : : Addio, mia bella, addio, L'armata se ne va; Se non partissi anch'io Sarebbe una viltà ! Non pianger, mio tesoro. Forse ritornerò; Ma se in battaglia io In ciel ti rivedrò. moro 64 La spada, le pistole, Lo schioppo l'ho con me Saran tremende l'ire. Grande il morir sarà Si mora, è un bel morire Morir per libertà ! : Allo spuntar del sole Io partirò da te. Il — ! Tra quanti moriranno Forse ancor io morrò sacco è preparato Sull'omero mi sta Son uomo, e son soldato, Viva la libertà ; ! Non Se più del tuo è fraterna guerra La guerra ch'io farò Dall'italiana Tu non ; Per L'antica tirannia Io l'Italia vado in lui non Io ancor ti non sospirar. lascio sola, Ti resta un figlio ancor ; Lombardia Nel Nel Incontro all'oppressor. ti figlio dell'amor la tromba, addio. L'armata se ne va ; bacio Viva la al figlio libertà ! consola. figlio Squilla Un diletto udrai parlar, Perito di moschetto. terra L'estraneo caccerò. Grava ; Non ti pigliare affanno, Da vile non cadrò. mio ! ; — 65 INNO MILITARE GOFFREDO MAMELI DI Fu composto Tirteo dell'Indipendenza Italiana nell'agosto del a Giuseppe Verdi che lo musicò caro alla gioventù, è oggi l'inno irredentista per eccellenza. A Trieste e in tutte le terre italiane rimas'.e tiro al maggio 19K'i soggette all'Austria due ultimi versi del ritornello « F.nchè non sia l'Italia Una dall'Alpi al mar » vengono modificati in questo modo: « Finché a Trieste e a Trento Non splenda il Tricolor». dal 1848 e mandato da nell'ottobre. Sempre Giuseppe Mazzini ' i — — All'armi, all'armi Le insegne Fuoco, Sulle ! — gialle Ondeggiano e nere : per Dio, sui barbari. vendute schiere ! Già ferve la battaglia. Al Dio de' forti osanna Le baionette in canna, ; E' l'ora del pugnar. Non deporrem la spada schiavo un Dell'itala contrada Finché non sia l'Italia Finché sia angolo : Una Avanti dall'Alpi al mar. — Viva Italia, Viva la gran risorta Se mille forti muoiono, Dite, che è ciò? Che importa Se a mille e mille cadono Trafìtti i suoi campioni ? ! : Siam E ventisei milioni tutti lo giurar. Non deporrem la spada schiavo un Dell'itala contrada Finché sia : Finché non Una sia l'Italia dall'Alpi al mar. angolo — — 66 Finché rimanga un braccio Dispieglierassi altera, Segno ai redenti popoli, La tricolor bandiera, Che nata fra patiboli i discende guerresche tende Terribile Tra le Dei prodi che giurar Di non depor la spada Finché sia schiavo un Dell'itala contrada Finché non Una Sarà sia l'Italia dall'Alpi al mar. — l'Italia angolo . edifica Sulla vagante arena Chi tenta opporsi — Sui sogni lor piena la misero ! Dio verserà del Popolo. Curvate il capo, o genti, La speme dei redenti La nuova Roma appar. Non deporrem la spada schiavo un Dell'itala contrada Finché non sia l'Italia Finché sia angolo : Una Noi lo dall'Alpi al mar. giuriam pei martiri, Uccisi dai tiranni, Pei sacrosanti palpiti, Compressi E questo Sangue in cor tant'anni, suol che sanguina dei nostri eroi A Dio dinnanzi, e al popolo Ci sia solenne aitar. Non deporrem la spada schiavo un Dell'itala contrada Finché non sia l'Italia Finché sia : Una dall'Alpi al mar. angolo 67 — L'ULTIMA ORA DI VENEZIA ARNALDO FUSINATO DI era già ricaduta sotto il giogo straniero dopo la eroica rivoluzione del 48-49, la quale aveva rivelato il miracolo d'un popolo, creduto imbelle, che sapeva battersi e morire per la propria redenzione, ed una sola città continuava a lottare, senza speranza di vittoria, in un sublime accanimento, per il nome e per l'onore d'Italia. La difesa di Venezia, come già quella di Roma nella quale si erano manifestati il senno politico di Mazzini e il valore Tutta sfortunata indomito città gli di l'Italia ma ' Garibaldi, colpi di dopo San Marco, Italiani. il Arnaldo Fusinato, — mondo alla di ammirazione, e mesi diciotto vigilia fame di della resa la caduta della commosse resistenza, tutti Venezia (24 agodalle armi nemi- di che e che compose nell'Isola del Lazzaretto Vecchio dove si trovava di guarnigione questa bellissima, toccantissima poesia, che corse la Penicuori e accendendo nuovi sola intenerendo le anime, facendo dolorare propositi di riscossa per tempi non lontani e migliori. sto 1849) — vinta dalla piti dal colera i E' fosco l'aere. Il cielo è muto, Ed io sul tacito Veron seduto. In — morbo Il pan Il ci infuria, manca, Sul ponte sventola Bandiera bianca ! solitaria Malinconia Ti guardo e lagrimo, Venezia mia No, no non splendere Su guai. tanti Sole d'Italia, ! Fra i rotti nugoli Dell'occidente Il raggio perdesi Del sol morente, E mesto Per l'aria bruna Passa una gondola Della città Ehi, Spenta fortuna gemito il Si eterni Della laguna. sibila L'ultimo gemiro Della laguna. ~ Non splender mai E sulla veneta : dalla Qual novità? gondola, — Venezia Ora ! è L'ultiina venuta ; Ilustre martire, Tu sei perduta... Il morbo Il pan ti infuria, manca, Sul ponte sventola Bandiera bianca ! ; 68 Ma non Ed ignivome le — ora infrangaci Palle roventi, Qui sulla Né Finché è ancor libera. Questa mia cètra. A te, Venezia, L'ultimo canto, L'ultimo bacio, L'ultimo pianto i Su fulmini mille stridenti, t? Troncare ai liberi Tuoi dì lo stame... Viva Venezia ! Muori fame di 1 ! Ramingo ed esule Sulle tu3 pagin'2 ScolpÌ3ci, L'altrui E E — la grida storia. nequizie sua posteri : Tre volte infame Chi vuol Venszia Morta di fame ! Viva Venezia L'ira il risuscita Virtude antica Ma Ma E' ; il morbo infuria il pan manca.. le Sul ponte sventola Bandiera bianca ! Venezia, Nel mio pensiero; Vivrai nel tempio Qui del mio cor?. Come l'immagine Del primo amore. Ma Ma Ma I nemica La sua In suol straniero, Vivrai, gloria, ai pietra. vento sibila, l'onda è scura, tutta in la natura tenebre : Le corde stridono, La voce manca... Sul ponte sventola Bandiera bianca ! — 69 — LA CARABINA DEL BERSAGLIERE CANTO Come DOMENICO CARBONE DI delusioni e gli insuccessi non avevano fatto disperare Mazzini e di Garibaldi, così il tradimento di Pio IX, la sconfitta di Novara, il trionfo finale dell'Austria e dei suoi tristi accoliti non valse a far perdere la speranza nel futuro ai patriotti del Piemonte. Oh tempra d'acciaio, oh fede invitta dei nostri padri! Domenico « Re Tentenna » il Carbone, colui che con una satira di grande linea aveva vivamente scosso, a detta del Predari, l'animo di Carlo Alpartigiani di una politica berto facendolo piegare più benigno verso canto tutto speranza, la « Carabina liberale e nazionale, scrisse un del Bersagliere », che ebbe gran parte nell'opera di resistenza morale e di preparazione iniziata dal Piemonte nel 1850. ossia la via di Trieste, nelle cui La via si calchi di Nabresina vicinanze sta il piccolo villaggio di Nabresina. seguaci le i di — — i : Mia carabina — mia fidanzata, Di tutto punto, tu se' parata; Dolce tripudio della mia mano. dell'occhio con cui ti spiano, Amor 10 t'ho giurato la fede mia Sui vasti campi di Lombardia Giorno noxzc di si ; ravvicina, Mia carabina. — Mia carabina mettiti a festa Nozze di sangue l'Adige appresta Ti sarà ; dote l'aurea Vinta nel fuoco della battaglia Altare, Letto, E un la ; medaglia ; preso d'assalto, pietra d'un arduo spalto; colle tu d'ogni arma sarai regina. Mia carabina. Mia carabina — quando tu La destra gota lieve mi Quel tocco è il bacio 11 bersagliere dalla scatti, batti ; che sua dama invoca e brama ; Solo col lampo che tu saetti. Morte nel core dell'Austro metti. Ma, quando tuoni, porti ruina. Mia carabina. — Mia carabina — 70 — s'appanna talor Il terso acciaro della tua canna E la Roma Ed ; bocca sussurra e noma Venezia e Roma. e Venezia rispondo Che più ti resta ? tua io Lupa, : ; : La via Leon li desta. calchi di Nabresina, scuoti ti si ; Mia carabina. — Mia carabina Spuntare i questi stranieri nostri pennacchi neri Dell'Alpi in vetta presto vedranno, E vanti in gola ricacceranno. i Fra le due schiatte pose natura Coteste rócche, coteste mura, A ripigliarle Dio destina, ti Mia carabina. Mia carabina — mai non dici Troppi nel campo sono nemici Chiedi sol quanti per opra mia tu : i ; Mordon la terra nell'agonia. E se ti metto la daga in testa, Sembri una sposa vestita a festa, E meni orrenda carneficina. ' Mia carabina. Mia carabina Il — nessun ci segua bersagliere passa e dilegua Corre Lo col vento, col tigre : ; balza credi a fronte, dietro t'incalza Qua si sparpaglia, là si ; : raduna, Pare e dispare la penna bruna con te sempre, con te cammina, ; Ma Mia carabina. — Mia carabina le Adriache prode, Ancor co' becchi l'aquila rode; Ond'è che a punta di baionetta Ti scrissi in calcio morte o vendetta guardo tanto mi regga straniero fuggire io vegga S'io cado, Che lo : ! il ; E anco sotterra siimi vicina. Mia carabina. 71 IL — BARCHETTO DEL' 49 ANTONIO PAVAN DI Antonio Pavan, morto commendatore e Conservatore delle Ipoteche riposo, era nel 1848 un giovane scrivano d'avvocato a Treviso. La ri\olu2Ìone uel 22 marzo lo improvvisò poeta. E poeta fu e popolarissimo a' suoi giorni. // barchello del '49 e lo Stornello si cantarono, nei sottovoce patriottici, su arie d'opere o di altre canzoni, particolarmente nelle famiglie degli emigrati veneti prima del '6tì. a Di notte una barchetta vien dal mare. A prora ha una bandiera tricolore, ferma contro riva ad aspettare. Si Ad I aspettar dei giovanetti fiore il : volontari della santa guerra, Pronti a morir per l'italiana terra. STORNELLO GARIBALDINO DI Il E ANTONIO CAVAN Fior d'amorino. conosce dal mattino, nasce l'onest'uom garibaldino giorno si 72 — MAZZINI STORNELLO DALL' ONGARO DI F. Immensa diffusione ebbero questi stornelli che Francesco Dall'Onpopolare poeta, scrisse quando tutte le polizie d'Europa stavano fort.inaraalle calcagna del grande orditore di congiure. Mazzini, cadute le speranze italiane nel '49, aveva intensificato la mente per poco sua propaganda repubblicana e unitaria gettando vivissima apprensione nelle cancellerie le quali non riuscivano mai a sapere esattamente dove l'Apostolo si trovasse. Il Dall'Ongaro scrisse questi versi nel niai^gio del 1851, e volle identificare l'idea italiana con colui che primo la bandì e con maggior tenacia la diffuse. I mazziniani propagarono in tutta Italia e all'estero gli stornelli del poeta di Oderzo. garo, il — — Chi dice che Mazzini Chi lo Chi lo Alemagna, è in Chi dice eh 'è tornato pone a Ginevra e vuol sugli Inghilterra, in chi in Ispagna, chi sotterra. altari e Ditemi un po', gruUoni cappa magna, in Quanti Mazzini c'è sopra terra? la Se volete saper dov'è Mazzini Domandatelo all'Alpi Mazzini è ogni loco ove in Che giunga Mazzini è Versare il in ai traditor si l'ora ogni loco ove sangue per Appennini. e agli si l'Italia trema suprema. spera intera — 73 O LA BELLA GIGOGIN ! CANZONETTA POPOLARE MILANESE Dopo 1849 la Musa popolare, come scrisse Carlo Romussi, il quasi soffocata sotto il succedersi delle catastrofi. Tacque davanti alle forche del ti febbraio del '53; das'anti ai martiri che morivano bestemmiando l'imperatore e sognando l'Italia redenta che non avrebtacque davanti alla silenziosa opera di preparazione bero veduto mai ma quando sull'orizzonte buio apparve un barlume iniziata da Cavour di luce, nunzio di prossime battaglie, allora per le vie di Milano e delle altre città d'Italia tornò a risuonare la gaia canzone dei di della lotta. Il popolo non ha bisogno di spiegazioni, una tacita parola d'ordine dà il significato al canto; e una bizzarra poesia uscita viva ed ornata di note musicali dal cuore del popolo, parlava di una vaga aspetta zione, di una pazienza che ironicamente si consigliava agli oppressi, (bisogna ave pazienza), di un fatto lieto che si doveva fare sollecito per arrivare al premio sospirato ed erano note che ora si trascinavano con maliziosa lentezza, ora acceleravano il tempo come in una marcia trionfale attraverso un campo di battaglia... Era il canto della Bella Gigogin. Questa canzone, che doveva aver subito un successo inaudito, ebbe battesimo del pubblico l'ultimo giorno del 1858 nel Teatro Carcano il giacque ; ; : di Milano (ora restituito alle glorie Banda Civica dell'arte e della storia) in un direzione del maestro Ros sari. L'entusiasmo della folla che aveva inteso immediatamente il significato riposto della canzonetta ed era stata colpita dalla bellezza musicale che la informa, raggiunse il delirio; otto volte fu replicata la canzone; e poiché la banda, per una delle tante assurde disposizioni austriache, aveva l'obbligo di eseguire ogni tanto delle suonate davanti al palazzo del viceré, alle quattro del mattino del primo d'anno del '59 si recò a compiere il suo dovere davanti al- palazzo reale seguita da una folla enorme di qualche decina di migliaia di persone ritornello Dagliela avanti il le quali, con slancio frenetico, gridavano un passo. Il popolo ammoniva intanto il comandante delle forze austria che a Milano che stesse attento perché il nuovo anno gli avrebbe recato dei fastidi concerto dato dalla sotto la : Varda (jyulay che ven E primavera!... la non passò molto che giunse la liberazione e la Bella Gigogin fu cantata nella battaglia di Magenta, ed all'entrata delle truppe francosarde in Milano liberate le bande musicali la suonavano accompagnate dal coro immenso della cittadinanza che vedeva realizzate le sue sante infatti stessa sera che la Bella la speranze. Coincidenza strana e curiosa Gigogin veniva alla luce in Milano, l'inno del Mercantini, chiamato in appresso l'Inno di Garibaldi, veniva eseguito per la prima volta a : Genova. — 74 — La musica della Bella Gigogin fu scritta da Paolo Giorza (nato a Milano nel 1832), un singolarissimo tipo di musicista che dopo aver avuto un periodo di celebrità europea come compositore di balli e come direttore teatrale, morì in miseria nella piccola città nord-americara di Seattle nel maggio del 1914. La ven, L'è ven, la tutta, la ven alla finestra, tutta insipriada, l'è tutta, l'è l'è malada Per non, per non, per non mangiar polenta. Bisogna, bisogna, bisogna ave pazienza La dis, la Lassala, O O A la dis, lassala, bella la quindici la che dis lassala maridà. Gigogin Trallalà larà la-lera Gigogin Trallalà larà lelà ! bella ! ! ! anni facevo all'amore... Dagliela avanti un passo. Delizia A del mio core ! sedici anni ho preso marito... Daghela avanti un passo, Delizia del mio core ! A diciassette mi sono spartita... Daghela avanti un passo. Delizia del mio core ! O O la bella Gigogin la bella Gigogin ! ! Trallalà larà Trallalà larà lelà lalerà ! ! — 75 INNO DI GARIBALDI DI LUIGI Se l'Inno MERCANTINI Mameli è il più hello, l'Inno di Mercantini è il più guerra italiani. Le sue strofe destano fremili, il suo ritornello entusiasma. Scritto per volontari di Garibaldi, è diventato il vero inno nazionale del popolo italiano e là dove esso rimbomba si difendono le cause giuste e sante. Come disse Giovanni Pascoli, esso « se non proprio morti dai sepolcri, resuscita ciò che è sepolto nei nostri cuori, ciò che più non morrà ». La sera del 19 dicembre 1858 in Genova, nella casa del patriotta bergamasco Gabriele Camozzi, Giuseppe Garibaldi, Nino Bixio e qualche altro parlavano della prossima campagna di liberazione che doveva essere ingaggiata al cenno che si aspettava da Torino. D'un tratto entrò Luigi Mercantini, il poeta già noto e amato per un suo inno (vedi a pagina 5,ì) e per la bellissima e popolare poesia scritta in moric del Pisacane popolare di degli inni di i i : Erari al trecento, Garibaldi gli strinse la colloquio, che racconta) — — giovani e erari mano e forti... disse (è Giglioli, gli che assistette : Voi mi dovreste scrivere un inno per miei volontari; teremo andando aila carica e lo ricanteremo tornando vincitori. — il i Mi proverò. Generale, rispose E Mercantini Camozzi, comporrà la musica. la signora (era il lo can poeta. una celebre pianista), soggiunse Il 31 dicembre, mentre a Milano la folla, pazza di entusiasmo, cantava per la prima volta Dagliela avanti un passo, il Mercantini portò l'inno in casa del Camozzi. La musica non era della signora Mercantini ma del maestro Alessio Olivieri, capobanda della brigata « Savoia ». Fu trentini fratelli Pilade e Narciso Bronzetti, eseguita presenti Bixio, Migliavacca, Fiastri, (Chiassi, Gorini, tutti intrepidi soldati della Patria, borghesi. Parole e musica conquistarono l'eletto e nobili, popolani e Quattro mesi appresso, il 25 aprile 1859, l'inno fatidico uditorio. veniva cantato per la prima volta in pubblico dai volontari di Garibaldi. Esso tuttavia non ebbe una grande popolarità che più tardi, poiché nella campagna di Sicilia del 1860 era ancora poco conosciuto. Luigi Mercantini non scrisse mai nulla di meglio di quest'inno guerresco e l'OLvieri, l'autore della musica (nato a Genova il 15 febbraio 1830, morto di tisi a Cremona il 13 marzo 18(37) viene ricordato dai posteri soltanto per le note di cui rivestì le parole del Mercantini. Siano benedetti entrambi per il capolavoro che scosse tutta Italia i Come E in se in ogni sillaba ogni canto ardesse una scintilla. — In cento origine città n strofe — terminava col verso « Son ditte una sola conquista della Sicilia il Poeta vi aggiunse l'Inno dopo : !a seguono. che « Va ceva fuori popolo corressero Il d'Italia : « — levano si — Su Su Su Veniamo ! tutti col ferro, tutti col foco Va' fuori Va' fuori La ! d'Italia nel cor! h su — d'Italia n"l cor! ch'è ora. d'Italia, va' va' fuori, Di cento catene Ma ancor terra la fuori — Legnano di o straniar. carmi dell'armi avvinser le ! foco. tutti col d'Italia, qua! 'era ! nostre bandiere terra dei fiori, dei suoni e dei Ritorni chiome, alle allori Su, o giovani schiere ! vento per tutto al correzione popolare. la morti, i nostri son tutti risorti Le spade nel pugno, gli La fiamma ed il nome Veniamo sa ! mano. la brandir. ferri i Eastone tedesco l'Italia non doma, Non crescono al giogo le stirpi di Roma Più Italia non vuole stranieri e tiranni. Già troppi son gli anni che dura il servir. : — Va' fuori Le case E' I d'Italia, d'Italia son ecc. fatte per noi, Danubio la casa dei tuoi campi ci guasti, tu il pane c'involi, là sul Tu i nostri : figliuoli Son l'Alpi e Col carro i — per noi due mari d'Italia li i vogliam. confini, fuoco rompiam gli Apennini Distrutto ogni segno di vecchia frontiera. di : La nostra bandiera Va' fuori le i ; l'autore accettò e » tombe, le m.artiri I le magico ritornello nell'originale dell'autore digaribaldini ed il Va fuori ch'è l'ora » ch'è ora scopron Si — 7G — d'Italia, per tutto innalziam. ecc. — — 77 mute le Soltanto ?1 E monti n'andrà lo straniero. l'Italia sarà. un pensiero Sieri tosto oltre Se tutta Non Si basta pronte lingue, sieri nemico volgiamo i ai le allo squillo, Dei mille la muovon Già »• che vien da Caprera, che l'Etna assaltò. — schiera rossa vanguardia dei bravi d'Italia le ratto sull'orma L'ardente spaldi, gli ^Garibaldi grido d\:llarmi sarà dietro alla città. ecc. d'Italia, E s'arma Si : sola, cento Se ancora dell'Alpi tentasser E soglie le una tutte — II : barbare spoglie, d'Italia ladri Le genti d'Italia son Son tutte una sola Va' fuori braccia faccia, — trionfo di il chiudano le la — destriero Va' fuori tende e le navi : del fido guerriero Vittorio spronò. ecc. d'Italia, Per sempre è caduto degli empi l'orgoglio, Viva Italia A dir va il Re in Campidoglio La Senna e il Tamigi saluta ed onora L'antica signora che torna a regnar. — — — Contenta del regno Soltanto ai Dovunque Suoi figli fra l'isole tiranni minaccia le genti percuota usciranno Va' fuori d'Italia, — e le i monti fronti ; un tiranno per terra e per mar. ecc. CANTO DI SOLDATI SUL CAMPO DI TEOBALDO CICCONI soldati piemontesi nei bivacchi durante la guerra del Lo cantavano soldati d'Italia nel 1915, 1S59. E lo cantano con eguale entusiasmo durante l'ultima, pili grande e più gloriosa guerra del nostro Risorgimento! i i Fischiano Batte venti, i nera. notte è la pioggia sulla bandiera la : Finché nel cielo rinasca il giorno, Giriam, fratelli, giriamo intorno. Silenzio Chi passa là ? Passa la ronda. Viva la ronda Viva l'Italia, la libertà Zitto ! ! : ! Siam delle guardie dai tre colori. Verde, la speme de' nostri cori. Bianco, la fede stretta fra noi, Rosso, le piaghe de' nostri eroi. Chi passa là? Passa la ronda. Viva la ronda Viva l'Italia, la libertà! Zitto! Silenzio! congiunte bocche dei cento Scoppia la voce del giuramento Braccio di ferro, cor di leone, : Dalle Ciascun difenda la ; sua ragione. Chi passa là? Passa la ronda. Viva la ronda Viva l'Italia, la libertà Zitto! Silenzio! ! : — 79 — LA ROSA DI NOVAR A I>I FRANCESCO COPPI Francesco (;oppi, poeta molto giovane, è l'aiitort di questa dolce musica, che è comune ad altri stornelli toscani, ha note malinconiche. Il ritornello è « tutto empito, e bene esprime la f,2gliardia delle rinnovate speranze ». Nata nella primavera del 1859 i;i Toscana, suonò sulle labbra dei volontari toscani e restò nel popolo. e triste poesia, cui la Fior della bara. Spunta la rosa della primavera Al piede delle croci di Novara. O O E — — rosa d'aprile D'Italia colori i amore tu dei fiori, con porti te. primavera, campi le croci dei Dicono O Apriti e spera. : rosa d'aprile D'Italia Verde Novara di a quella rosa i amore - — colori • dei tu porti fiori, con te. è lo stelo, Come speranza che un vessillo solo Sventolerà per questo nostro cielo. O stelo di rosa — amore dei — pure Dei nostri colori Bianco è Come la il sei fiori un de' tre. bottone, fede che l'onde tirrene Dovran baciare una sola nazione. Bottone di rosa Dei nostri colori - — amore sei dei fiori pure un de' tre. — — 80 E' rosso il flore. l'amore che dall'Alpi Come Ci Siam giurati O ai fiore di rosa — amor — Dei nostri colori E mare al giorni del dolore. sei dei fiori pure un de' sulla sera Ai piedi delle croci di Novara Sbocciò la rosa della primavera. E le croci dei campi O rosa d'aprile D'Italia i Novara di Dissero a quella rosa colori : Apriti e spera. — am.ore — rivivon dei fiori con te. tre. 81 CANTO MARZIALE DEI SOLDATI GIUSEPPE PIERI DI Come avverte il Cori, questo fu il piii popolare degli inni patriot1859. Fu scritto dal Pieri, un fecondo poeta, ora dimenticato, musicato dal maestro Rodolfo Mattiozzi e dedicato al generale Ulloa, comandante delle truppe toscane. In alcune regioni d'Italia lo si canta ancora. tici sorti nel All'anni! All'armi, Soldati, all'armi, all'armi! Son pronti battaglioni, i cannoni La morte a fulminar. I brandi ed i Del suon di tromba Tutta rimbomba L'itala terra... Viva guerra la All'armi, Regni ne' nostri La fede, ! All'armi! petti speranza. la Andiam siccome a danza, Giulivi a battagliar. Del suon Tutta di tromba rimbomba L'itala terra... Viva la guerra All'armi, ! All'armi! Sia fulmine racciaro Sull'oste che D'una ci aspetta feral vendetta L'ora per noi suonò ! Del suon di tromba Tutta rimbomba L'itala terra... Viva la guerra ! : — — 82 All'armi! All'armi. Al tricolor vessillo Dell'almo re guerriero Uniti in un pensiero L'Eterno guidò. ci Del suon di tromba rimbomba Tutta L'itala terra... Viva la guerra All'armi, ! All'armi! Sui campi della gloria Come leoni andremo, Col sangue compreremo La santa libertà. Del suon di tromba Tutta rimbomba L'itala terra... Viva la guerra ! All'armi, All'armi! Questa invidiata Italia Troppo già fu tapina. Noi la vogliam regina, Regina alfin sarà. Del suon Tutta di tromba rimbomba L'itala terra... Viva la guerra ! All'armi, All'armi! Corriam, voliam, coraggio Sciabola in pugno ed asta Siamo Vita guerrieri, e basta il pugnar Del suon Tutta di dà ci tromba rimbomba L'itala terra... Viva la ! guerra ! ! ; : 83 CACCIATORI DELL E ALPI I MERCANTINI DI LUIGI Fu LOmunissinia tra Garibaldini i durante Volontario ho abbandonato La mia casa ed il mio amor Or che son di qua passato Son dell'Alpi cacciator. la campagna : La mia madre poveretta Al confin mi accompagnò Ma E di là E un mi salutò... bel j^iovine gagliardo mio cammin Incontrai nel Io gli — : restò soletta, di là — chiesi: Sei : — Lombardo? No, rispose, Cadorin... Uno, due, — Modenesi oh quanti quattro, tre, Dite amici, ove va? si ! - quanti tutti Per combatter siamo qua. — Viva — Siam — Viva Italia! di E Parma. Italia ! Oh voi chi siete? —E noi sapete, Siam toscana gioventù. — Veh E — costui che arriva in fretta d'armati ha un fiero stuol : Olà, amico, dinne, aspetta. Tu — voi laggiù? chi sei ? — Son romagnol. — — del "59. — E Che quell'altro più lontano si ratto muove — Messaggiero Vengo a dir Cacciatori, Già 84 la belva che morto è spunta si la — il il re. giorno, il mostrò Cacciatori squilla Già pie? il siciliano : corno, caccia incominciò. — 85 — STORNELLI POPOLARI DEL 1859 1S59, come già il 1848, elettrizzò l'Italia. Le vittorie di Lomle rivoluzioni dell'Italia centrale, il magnifico esempio dato dal Re, dal suo grande iflinistro, da Garibaldi alla testa dei suoi volontari, dai governi insurrezionali che resero nulli i patti disastrosi della pace di Villafranca, erano tali avvenimenti da destare le muse patriottiche e popolari Si ebbe in quell'anno e nell'anno seguente, non meno grandioso nella storia del nostro riscatto, una vera efflorescenza di inni e Il bardia, alcuni dei quali bellissimi, come quelli de! '48. Il v=^9 fu l'esaltazione del nuovo valore militare italiano impersonato nella balda figura del bersagliere crealo dal Lamarmora. Nel '59 e nel '66 i trentini di canti, cantavano : E voi altri bersaglieri Che gavè la gamba bona Vegnarè su da Verona A portar la libertà! Gli stornelli che seguono sono nati in Toscana damente nelle Marche, nelle Romagne ed in altre il granduca Leopoldo di Toscana. // Babbo e si sono diffusi rapiregioni. : Addio, Fiorilla ! La tromba del guerrier sento che squilla, E chiama gritaiiani alla battaglia: Pronta ho la spada e da- due parti taglia Il sacco ho preparato ed il fucile Vado alla guerra, e chi non viene è un vile. Addio, Fiorilla, vado in Lombardia A liberar men vo la patria mia. ; ; Sono O italiano, ed alla guerra vo, morirò pugnando, o vincitor sarò. Fiorin d'allòro! Perchè mi neghi un bacio, o mio tesoro? Sai che alla guerra vado in Lombardia, Non ti vedrò piij forse, anima mia Dunque perchè mi nega il tuo bel core L'ultimo segno d'un fedele amore? ; Sono O italiano, ed alla guerra vo, morirò pugnando, o vincitor sarò. — 86 — Fior di mughetto Viva l'Italia, che ho scolpita in petto, Evviva la bandiera tricolore. La bandiera che ai barbari è terrore. All'armi! Della tromba odo lo squillo, Viva l'Italia e il tricolor vessillo ! : Voliamo Sventoli Sono O alla vittoria; all'Alpi in vetta la bandiera benedetta. ed alla guerra vo, morirò pugnando, o vincitor sarò. italiano, Fior di mortella Sull'elmo del guerrier brilla una stella E' la stella che a mezzo la battaglia ! ; Collo splendor l'occhio al tedesco abbaglia E' la stella che illumina il sentiero. Della vittoria all'italian guerriero. Sono O italiano, ed alla guerra vo, morirò pugnando, o vincitor sarò. — Dimmelo, bella. Dove tu l'hai l'amor? — L'amore Fra — fucili l'ho in Piemonte e cannon. Dimmelo, bella. Dove tu l'hai l'amor? — L'amore l'ho Bandiera in tricolor. Piemonte — Giovane son. Voglio morir così Garibaldi in Mantova O vincere, o morir. : Con Giovane son, Voglio morir così Vo' andar con Garibaldi : O vincere, o morir. ; — 87 — Giovane son, Voglio morir così Vogliam O : l'Italia libera; vincere, o morir. Mamma, non piangere, Alla guerra vo' ir : Nell'Italia son nato, Per vo' morir. l'Italia Lascialo andar, Che volontario va, Contro i Tedeschi a battersi L'Italia a liberar. Lascialo andar Che volontario va, E' va con Garibaldi L'Italia a liberar. Lascialo andar Che volontario egli è ; E' andato nel Piemonte A fare bersaglier. il Lascialo andar Che volontario va Lascia la mamma La dama ; a piangere a sospirar- Lascialo andar Che E volontario egli è, nel Palazzo Pitti Non ci rimette pie. il Lascialo ire Lascialo ir lassiì : Codini, andate a letto Il Babbo un torna più ! L'albero è secco, La foglia è andata giù, Codini andate a letto Il Babbo un torna più ! GARIBALDI FRANCESCO DALL' ONGARO DI Francesco Dall'Ongaro musica di questa canzone sociale? » compose ne cantata « in le Italia parole; ma -chi fece la da persone di ogni casato (Gori). Qual'è il guerriero famoso al pari Di qua d'Atlante, di là dai mari, Che E il per brandì l'acciaro l'Italia nostro nome fé' sacro e caro Fin fra' selvaggi nudi e spavaldi? — E' Garibaldi! Al primo grido de' nostri sdegni Varcò d'un volo d'Alcide i segni Udì un concerto d'allegri carmi, Ma inette ancora le destre all'armi, Gridò O : : «Sorgete fidenti e baldi» ? — E' Garibaldi ! lombardi campi. faville e lampi dell'elmo gravò la chioma, cari al sole, Per Per lui lui Risorse mandaste cinra ! sacra la Di nuovi Bruti, di Roma nuovi Arnaldi — Cedemmo al fato Covò due Su, su, Che La ; ma lustri la fratelli, ! E' Garibaldi ! in cor ristretta gran vendetta. più non s'attenda dal Cenisio l'aiuto scenda! libertade vuole altri araldi — : E' Garibaldi! — 89 — al suo nome l'antica schiera Rubicone passò primiera Sursero inermi Varese e Como Contro seimila s'avanza un uomo, Desta Il : : E rovescia dai vinti spaldi... gli — Da Montebello Non fino a v'è che un E' Garibaldi ! Magenta nome che li spaventa. Dov'ei non pugna s'alza gigante, Tremendo spettro col suo sembiante Che mette un gelo ne' cor più saldi. — L'un Sire e Scossi al l'altro si E' Garibaldi guata in faccia periglio chi li ! : minaccia, Offrono tregua, giurano pace : Tremano entrambi che l'uomo audace Di nuovo incendio l'Europa scaldi... E' Garibaldi — Non v'è con l'Austria pace né tregua! Infìno O al mare re Vittorio, Grida a l'oste s'insegua. chiama i tuoi Sardi, Toscani, grida a Lombardi — Spezzate Fra ! i vili patti ribaldi — : ! E' Garibaldi gioghi dell'Appennino i sacri Splende all'Italia miglior destino Qui dove è antica la libertade, ! : A nuova vita tempriani le spade, Novella fiamma l'alme riscaldi!... E' Garibaldi — Vedran, se alcuno pur ci dileggia, Che non slam tutti canora greggia Vedranno al soffio che da lui spira Aiutarsi in tromba l'imbelle lira, Ed i ! ! Raffaeli! fatti Rinaldi... — E' Garibaldi ! — 90 Di miglior vespro deste alle squille Sorgon le fiere Calabre ville : Ardono Non Non d'un foco solo è vulcano che scuota il suolo, è valanga che d'alto sfaldi... tutti : — E' Garibaldi ! — Nutrita a lungo, nell'ore estreme De' rei signori cadrà la speme! Le occulte insidie la luce ha dome. Non v'è che un uomo, non v'è che un nome Che la gran piaga d'Italia — saldi... E' Garibaldi ! — — 91 — LA GARIBA L DINA DI FRANCESCO DALL'ONGARO Quest'inno fu cantato dai Garibaldini dal "60 Il dado è Suona tratto squillo vuol col sangue, che Segnar terra in guerra. di sorta dall'Alpi al Faro, L'Italia è E Di terra ! l'allegro poi. in più caro. l'è traccia de' suoi confini. la Al nostro posto, Garibaldini 1 Avanti ! Urrà L'Italia va Fuori stranieri, fuori Una camicia Basta A al darci di sangue di qua un'arma che non si ; schianti infranti. assassini ferro freddo. Garibaldini ! ! Avanti ! Urrà L'Italia va ! ! Fuori stranieri, fuori di qua Non In dietro campo i muri, non entro aperto, ! intrisa valore per sua divisa Basta un anello de' ceppi Ogni arma è buona cogli A ! ! fossi ai diavoli rossi ! : ! Chi vuol cannoni, vada e li prenda, Come torrente che d'alto scenda, Come valanga de' gioghi alpini, A ferro freddo, Garibaldini ! Avanti ! Urrà L'Italia va ! I Fuori stranieri, fuori di qua ! — Pochi, ma buoni. 92 L'Italia — affronta Le avverse squadre, ma non Come Che i della Grecia mutar sorte, la Marciam compatti, feriam A le conta. trecento devoti a morte, vicini, ferro freddo, Garibaldini ! Avanti ! Urrà L'Italia va ! ! Fuori stranieri, fuori qua ! Fuori stranieri, fuori di qua ! di Poveri e ricchi, dotti ed ignari Dinanzi al foco tutti slam pari. Pari nel giorno del gran conflitto. Saremo pari dinanzi al dritto Siamo soldati, ma cittadini. A ferro freddo. Garibaldini : ! Avanti ! Urrà L'Italia va ! ! Oggi guerrieri, doman colòni, Senza medaglie, senza galloni. Giurammo a Italia la nostra fede La libertade ci fìa : mercede. Come gli antichi padri latini. A ferro freddo. Garibaldini ! -A. vanti ! Urrà L'Italia va ! ! Fuori stranieri, fuori di qua! 93 CAMICIA ROSSA E' la canzone più popolare nata nel 1860. La scrisse un certo Traversa, segretario comunale, e la musicò il maestro Luigi Pantaleoni. Si componeva dapprincipio di sole nove strofe; dopo il doloroso fatto di Aspromonte il poeta scrisse altre dieci strofe intitolandole « La mia camicia rossa » il popolo le cantò e le canta insieme con le precedenti come se si trattasse di una medesima canzone. Nel '60 sorsero anche la popolare canzonetta ; : non Bella Vado la Violetta, ecc., alla piangere se mi vedrai partir. guerra per vincere o morir; ecc. Quando la tromba suonava airarmi. Con Garibaldi corsi a arruolarmi ; La man mi strinse con forte scossa, E mi die questa camicia rossa. E dall'istante che t'indossai Le braccia d'oro ti ricamai... Quando a Milazzo passai sergente, Camicia rossa, camicia ardentePorti l'impronta di mia ferita, Sei tutta lacera, tutta scucita Per questo appunto mi Camicia rossa, camicia Tu sei rara. l'emblema dell'ardimento tuo colore mette spavento sei Il ; più cara : : Fra poco uniti andremo a Roma, Camicia rossa, camicia indoma. compagna del mio valore. contemplo mi batte il core Par che tu intenda la mia favella, Camicia rossa, camicia bella. Fida S'io ti ; — Là 94 — sul Volturno, di te vestito, Quando sul campo caddi ferito, Eri la stessa che allor vestìa, Camicia rossa, camicia mia. Con te sul petto farò la Ai prepotenti di guerra questa terra, Mentre l'Italia d'eroi si vanta. Camicia rossa, camicia amata Quando ! all'appello di Garibaldi, A un di que' mille suoi prodi e Daremo insieme fuoco alla mina, baldi Camicia rossa garibaldina. Se dei tedeschi nei fieri scontri Vien che la morte da prode incontri, Chi sa qual sorte sarà serbata. Camicia rossa, camicia amata ! Ora tu posi Che come una mesta il giorno della sua festa coU'alma trista, commossa Ti guardo e lacrimo, camicia rossa Ed attende ; io ! Nei lidi siculi la prima volta, Giovine altero, io t'ebbi accolta; E nel nomarti la sposa mia, Seguimmo insieme la stessa via. Oh allor non eri, quale tu siei. L'umile veste dei giorni miei!... ! Eri O l'insegna disprezzata Eri di tanta della riscossa, camicia rossa gloria ! beata. Che da due mondi fosti E l'Anglo e l'Unghero scesero in Del tuo divino folgore al desiata, lampo. campo — Fino Di le Né Fu imbelli te si 95 — fanciulle ornarsi piacquero, e innamorarsi, da quei cori giammai rimossa tua immagin, camicia rossa. la E come un voto di casta fede, Che amor d'Italia solo concede, Nella parete d'ogni umil tetto Pendesti all'ara d'un santo affetto. Tradita, fosti più grande Luce ha più — e Pisa bella con te divisa... Oh quella guerra che t'hanno mossa T'ha sublimato, camicia rossa. ! Nella tua fiera melanconia, Tu mi rammenti Venezia mia Nella tua vinta vita, Sembri ripetere Oh! vieni, Impari Roma il vieni dO : col morte, o ! Roma sei vile ! Poi nella fossa Scendiamo insieme, camicia rossa ! Camicia rossa, camìcia indoma. Sembri ripetere ((O morte, o Roma Sì. ripetiamo con voce forte, Con Garibaldi !<0 Roma, o morte : : ' sol d'aprile: mondo che non e Venezia ; non doma, !> !>i — 96 LA CADUTA DEL RE BOMBA La musa popolare salutò la caduta del Re Bomba (Gaeta, dove si era rifugiato Francesco II di Napoli, cadde il 13 febbraio 1861) con questi versi d'intonazione satirico-umoristica. Un amico abruzzese mi assicura di averli sentiti canticchiare fino a qualche anno fa dai contadini dei dintorni di Pescara. per memoria Italiani, Vi vuo' dir tremenda istoria : Garibaldi, a suon di tromba, Giunse casa del in Re Bomba. Alla vista dei nizzardi Bersaglieri di Garibaldi, Alla rea disperazione, Che assaliva L'orizzonte Il Ed si il Re Borbone, oscurò, Re Bomba tracollò. Francescone Fece fare un gran cassone in fretta Tutto pieno moneta di Per fuggir dentro Gaeta. Dunque Che scordati del trono, a regnar non sei piii buono Va' a mangiare i maccheroni Co' tuoi figli lazzaroni. Va' all'inferno, al purgatorio, Va' a cercare il tuo papà; Gli dirai che gran Vittorio il Ci ha donata San Gennaro Son caduti e la libertà. gran Pio nono il dal suo trono. San Gennaro non risponde, Re Bomba si confonde Il L'Antonelli dice: Siam caduti ohimè! tutti e tre. ; 97 — LA RONDINELLA D'ASPROMONTE Nel 1840 il patriotta livornese Enrico Mayer scrisse, nella prigione di Castel Sant'Angelo dove era stato rinchiuso dal governo del papa, lina breve gentile poesia intitolata La Rondinella. Nel 1862, dopo d'Aspromonte, un ignoto esumò la vecchia poesia e, con la tragedia lievi modificazioni di nomi alla seconda strofa e di concetti alla settima, la rivestì o la fece rivestire di note musicali. Così foggiata La Rondinella d'Aspromonte acquistò una grande voga tra il popolo. O che libere l'ali fuggendo, or tornando vèr Deh se pur senti pietà de' miei mali. Vai dove andare è niegato al mio pie. Rondinella, Spieghi or me, ! Tu Aspromonte al Cimino, Cimino all'Amiata passar; volar da dèi E dal Poi dell'Etruria nel dolce giardino d'Arno posar. margini Sui freschi Là dove franta più mormora l'onda, Giunta di Flora il bel seno a lam.bir, Mesto e romito vedrai sulla sponda L'abbandonato mio tetto apparir. Stanza Oh pace... di se ! farvi tuo il nido Tu pur volessi al ritorno d'aprii, Non mai la sorte un asilo più fido Darti E volare t'arresti di Lì ti E di : Che Ma gentil. desìo. il riposa in l'etrusco terren mio mia madre Quello è Dille rondinella potrìa, Son il io cielo, ti : mio suolo natio, posa sul sen. color di il messaggera Roma o morir; giuro fean d'aver poi la Pur troppo Inni di Guerra. sorte il si rese a noi fera. giuro ha dovuto fallir. 7 ~ 98 — L'empio ministro, che serve al tiranno E della Senna il volere segnò, Provocando con l'armi a noi danno, Di sangue il suol d'Aspromonte bagnò. Sì; ma dall'italo sangue ogni stilla Che fu versato, un torrente Quando a riscossa, imitando L'itala E tromba l'appello detto questo, se al darà Balilla, farà. primo barlume vedrò alla prigione venir, Raccoglierò sulle molli tue piume L'aure d'Etruria e i materni sospir. Io ti — — 99 VOLONTARIO IL INNO DEL 1866 un espressivo inno del magfi'o "'''•• ^ldU^ in Abruzzo, (autore il Rosinganni) ditfusosi nel resto d'Italia, e poi dimenticato. Ce lo ha mandato con gran cortesia la gentile signora Mariannina Riccardi Vicini, che lo ha trascritto dal Panaro, gazzetta di Modena, del 9 giugno E' prof. 1806. Son volontario Partii Da I gridando : la mia viva terra guerra la ; E con un bacio quando partia M'ha benedetto la madre mia. Dal Cielo Iddio veglia su me. Roma Viva Venezia, Son volontario Di guerra al ed il Re. Ratto qual lampo I grido volo nel campo. Volo nel campo là su gli spaldi Sempre per vincere con Garibaldi. Dal Cielo Iddio veglia su me. Roma Viva Venezia, Ardente ho l'anima, Con il Garibaldi sfido il Re. braccio ho forte. la morte. Sul mio vessillo scritto ha Col volontario ed la gloria : sta la vittoria. Dal Cielo Iddio veglia su me. Viva Venezia, Roma ed il Re. Finché l'Austriaco fuori non vada Depor non voglio questa mia spada Finché Venezia salva non sia Non torno a stringere la ; madre mia. Dal Cielo Iddio veglia su me. Viva Venezia, Roma ed il Re. — Son volontario Sento il ! 100 Sento cannone che — la Corro per vincere con Con l'armi in pugno tromba rimbomba. ! già là Garibaldi su gli spaldi. Dal Cielo Iddio veglia su me, Viva Venezia, Roma ed il Re. i 101 CANZONE Dì GUERRA DEL 1866 ANGELO BROFFERIO DI Castelnuovo Cakea il 6 dicembre 1802, morpoeta genialissimo, giornalista, storico, oratore di foga e di talento. Le sue poesie dialettali ebbero una voga immensa nei natio Piemonte. Questa canzone di guerra del '66 (il poeta mori poco dopo averla scritta) fu diffusa in tutta Italia nella to Angelo Brofferio (nato il 25 maggio IStKi) a scrittore fu e musica concitata del maestro Enea Brizzi. Delle spade fiero il lampo Troni e popoli svegliò, al campo, al campo madre che chiamò. Italiani, È la Su corriamo Fra il battaglioni rimbombo L'elmo Viva in in Dall'Eridano testa, Re il al Dal sicàno ! dei cannoni, in man dall'Alpi al Tacciar! mar! Ticino, tòsco suol, al Sorgi, o popolo latino. Sorgi e vinci : Iddio lo vuol Su corriamo Delle pugne fra la ! in battaglioni, ecc. gioia Ci precede col valor Il Baiardo di Savoia, Di Palestre il vincitor. Su corriamo in battaglioni, ecc. Dagli spalti vigilati Grideranci — Chi va là? slam soldati, Portiam guerra e libertà. — : Dell'Italia Su corriamo — — in battaglioni, ecc — — 102 Nostre son quest'alme sponde. Nostri L'aria, i floridi il sentier cielo, i : campi e l'onde Ti respingono, o stranier. Su corriamo Gente ausonia, in battaglioni, ecc. a nobil fato L'astro tuo fallir Re l'ha Vittorio Che giammai non Su corriamo Della gloria nel non può, giurato, spergiurò. in battaglioni, ecc. cammino Sovra il prode italo stuol Splenderà di San Martino, Splenderà di nuovo il Sol. Su corriamo in battaglioni, ecc. i - lOò DI GUERRA IPPOLITO PEDERZOLLI CANTO IL DI e Ippolito Pederzolli, bella figura di patriotta e pocia trentino, scrisse Ronchetti Montevjti, professore al (Conservatorio di Milano, Stefano musicò il canto seguente nel Bello IStJti. luce di eolica, Sole d'Italia, splendi Coli 'armonia ! folgore del Ira di Dio discendi Vendicator dei secoli ! Balza, guerrier, o sul campo lampo, La maledetta Gerico Fra poco crollerà. Della tua spada Sopra cavai il Ora uno Sotto Sia il d'Arminio è assiso spettro : tallon degl'itali quello anciso. spettro Eridano L'insanguinato Del suo valor Dagli spezzati Sorgan al favelli, placati avelli martiri i Delle trascorse età. Itali all'armi ! In luride Catene risospinta, Langue l'adriaca amazzone Nel suo squallor discinta. Fisso lo sguardo al Brennero, Tacciar del forte, tenzon di morte Baldo d'orgoglio indomito Stretto Alla Vola d'Ausonia il fior. — — 104 echeggiano L'ora è suonata Percossi e monti e valli, : Fra l'infuocata polvere Nitriscono i cavalli : Rugge lo Dall'Alpi Fremon I sdegno a italico Spartivento, Trieste Trento, e drappi all'aura ondeggiano. Esulta Guerra il tricolor. Di guerra orribile Risuoni ovunque il grido ! Fissi nel Sol ! com 'aquila, Vòlti all'adriaco lido, Colla virtù di Spartaco Di Bruto collo sdegno, Diamo ad Europa un pegno Che l'italo sa vincere. Percuotere o morir ! — 105 L'ADDIO DEL GARIBALDINO canzone 11 coscritto di ne fece l'Addio del Gainnamorata. Ad ogni strofa venne aggiunta la risposta dell'innamorata. La musica è facile e melodica e vecchi garibaldini non l'hanno dimenticata. Nel 1866 il P. P. Parzanese, ribaldino alla sua popolo s'impadronì della composta anni addietro, e i Angiolino Spunta E sole il collina, alla tamburo già suono Deh, non piangere, o Beppina, A il ; di fin guerra tornerò. Beppina Tu mi di' che ti son cara; Ancor questo crederò; Ma la tua partenza amara Notte e piangerò. dì io Angiolino Pria ch'io fossi innamorato Una Iddio patria Per la Mano mi die : son soldato, e cor consacro a te. patria — Beppina Non vorrei che in lontananza me Ti scordassi anco di Io ti : giuro con costanza Di pensare sempre a te. Angiolino Dammi un Che riccio di capelli. mi poserà, sul cor E ne' campi Notte e di e ne' castelli me con verrà. — Beppina Io son pronta; Con amore Ma la te i li miei capelli dò; tua partenza Notte e dì la amara piangerò. — 106 — Angiolino — A un nastro cilestrino te Sia memoria del mio amor Te lo annoda al corpettino Dove sai che batte il cor. — — Beppina lo l'accetto con piacere E ti Tu — ; * giuro fedeltà; ritorna vincitore, E Beppina tua sarà. — Angiolino in mare o in Ti avrò sempre nel pensier Tuo se muoio nella guerra, Addio, Tuo Con cara A : se torno cavalier. in la stella Mi Mi terra ; mezzo al petto fia dolce fia dolce nell'aspetto ritornar. vederti scolorar. — Beppina — No, non darti in preda al duolo, Che coraggio io mi farò: Vai contento, o mio tesoro, Che a te sempre penserò. Angiolino Non temer, non sarà mai Ch'io ti manchi di mia fé; Ma piuttosto ascolterai Che morii pensando a Garibaldi già te. mi chiama E m'invita alla battaglia, Con un colpo di mitraglia Ci fa tutti incoraggiar. Dunque, addio, cara Beppina, Che il tamburo mi chiamò. Deh non piangere, carina ! A fin ; di guerra tornerò. — — 107 A VENEZIA INNO DELL'ESERCITO NAZIONALE GIOVANNI BIFFI DI Il 29 maggio 1866 nel Teatro alla Scala di Milano fu dato uno spettacolo di gala ai «contingenti» richiacome si chiamavano allora mati che stavano per partire per la guerra che doveva darci la Venezia, ed in esso fu cantato, con l'accompagnamento della Guardia Nazionale, l'Inno dell' Esercito nazionale, scritto da Giovanni Bi.ti e musicato dal maestro Rovere. Il Biffi fu un giornalista singolarmente battagliero, — — i ai suoi tempi. La sua figura quadro Una visita al campo, che rino, sede del Municipio di Milano. notissimo fu ritratta dal pittore nel si trova visibile nel — — — — Risorgi, esulta — martire cara, Alla Fanfara — del Bersaglier. All'armi all'armi — invano scampo — distese campo; L'austriaco sue bandiere, A cento spiegansi — odiate schiere A mille irrompono — Contro stranie — barbare — o Granatier. Spiana Al cozzo ardito — de' nostri Piegan fiaccate — l'austre sbandati, Pel vinto campo — fuga — duci e Volgono tromba!... Su: della carica — suoni Sovr'essi piomba — Cavalle gger. Dalle agguerrite — temute rocche, Ora suonanti — per mille bocche, Pender fur viste — vittime Sian quelle ròcche — percosse, infrante. carnefici — abbiano tomba bomba — o Cannonier. Scaglia Viva San Marco lungo -il bel lido Desti Venezia l'antico grido. L'onda del Mincio dell'Adria l'onda Guerra risuoni guerra risponda ! : a I sire il le le ; file l« fucile il forti coorti, rotti, in soldati. la sante.... Ivi i ; la De Alhertis, Palazzo Ma- — Ancor sull'ultimo Sventola il giallo Tolto per sempre 108 — — baluardo — nero stendardo. lor - L'infausto segno - disperso sia di tirannia.... — su quello spalto — o Bersaglier. — suoni squillo Or — caro tricolore Della più fulgida — gloria recinto, Dovunque splende — dovunque ha Della laguna — libero varco Entra San Marco — o Re Guerriero. Viva l'Italia! Vola all'assalto di vittoria lo : vessillo, Il vinto. è in il :_ 109 INNO DELL'ESERCITO ITALIANO AROMA Qualche tempo prima che quest'inno, concetti generosi. fu diffuso di Le armi impugna, Intuona Non truppe le autore ignoto. marciassero su versi sono zoppicanti terra, itala allegra l'inno più timore italiane I guerra! di Scuotiam ! la soma Roma. Dell'esecrato prete di Al Re sabaudo giuriam la Viva Vittorio d'Italia re! Le armi impugna, stirpe italiana, Vendica prodi morti a Mentana i Via d'oltremente E' Roma nostra All'armi, noi di italiani. all'armi! Voliamo al campo! Ai mercenari nessuno scampo Ogni Al A italiano grido pugni unanime da di : ! forte «Roma o morte quella perfida razza di cani, Che ben A si nomano Antiboiani, ferro freddo passiamo Gridando unanimi (< ! Sacrestani! i il core. D'Italia fuore : ! che calpestate, pane che divorate... Fuori per sempre, o rie masnade. Da quest'ausonie belle contrade!» Nostra è terra la E' nostro il Vili ministri di vii tiranno, Che qui annidaste a nostro danno, Sul vostro capo, Stanno due o maledetti. spettri : Monti e Tognetti. !» fé. Roma ma i — O sventurata Di Ilo — Latina, città sgherri fatta sentina vili ! Tognetti e Monti gridan vendetta : Sangue innocente vendetta aspetta Dei patriotti I basti lo sacerdoti tornino scempio, al tempio ! ; Via dalle spalle la vile soma Libera e grande vogliamo Roma. ! Al nazionale grido Tutta A I O guerra di scuote l'itala terra; chi difende le patrie mura si chassepots non fan paura. gran Sabaudo, lascia Firenze ; Vieni, aspettato dalla tua gente, Vieni, Vieni ; alle il nere perfide bestiacce Intuoneremo il Del Sonninese. Vittorio ad un tuo cenno, nuovo Brenne. e col ferro, Annienteremo miserere fine ; all'orgoglio! regni sul Campidoglio. Al Re sabaudo giuriam Viva Vittorio d'Italia re la ! fé. — Ili L'INNO DI OBERDAN Dopo l'impiccagione di Trieste d'Italia canta quest'inno di serma grande il Guglielmo Oberdan avvenuta nella Cadicembre 1882, la gioventii irredentista 20 : Le bombe all'Orsini, pugnale alla mano. A morte l'austriaco sovrano, E noi vogliamo la libertà. 11 Morte a Franz, Viva Oberdan ! Vogliamo formare una lapide Di pietra garibaldina. A E morte l'austriaca gallina. noi vogliamo la libertà ! Morte a Franz, Viva Oberdan ! Vogliamo spezzar sotto i piedi L'odiata austriaca catena. A E morte gli Asburgo Lorena. noi vogliamo la libertà. Morte a Franz, Viva Oberdan ! 112 COL CAPÈSTRO D'OBERDAN,, Col capestro d'Oberdan Strozzerem l'imperatore, O mio Trieste del core, Ti verremo a liberar Sulle balze del Pianteremo O ! Trentino il Tricolore. Trieste del mio core. Ti verremo a liberar ! Morte al tedesco Giuseppe Francesco, Evviva Garibaldi. Vogliamo la libertà. 13 INNO ALL'ITALIA PAROLE E MUSICA DI QUIRICO FILOPANTI Quest'inno, lanciato da Quirico Filopanli (Giuseppe Barilli, di Bagnarola di Biidrio, nato il 20 aprile 1812, morto il 18 dicembre 1894, celebre dal 1837 col pseudonimo di Quirico Filopanti) in momenti di vivaci agitazioni irredentistiche, è tuttora popolare a Bologna e fa parte del repertorio della benemerita società corale « Euridice ». La sua rivestitura musicale è bellissima. L'invocazione della seconda strofa Perla del mar, :.i Trieste, mutare dalla polizia in Venezia, (quando Venezia era già libema il popolo si attiene alla lezione originale e invoca, oggi con fatta rata!) più fervore che mai, la liberazione di Trieste. Sorgi sul Campidoglio e sulla vetta alpina beli' iride divina, bandiera dell'amor. Perla del mar, Trieste per te combatteremo, mostreremo rinato l'Italico valor. Ombre il de' nostri martiri, vostro sangue aspetta santissima vendetta ; giuriamo che l'avrà! Madre adorata giorni tutti i vittoria Italia miglior tuoi figli e libertà verranno, avranno ! — 114 — INNO DI S. GIUSTO Nel 1854 veniva rappresentata per la prima volta a Trieste l'opera Marinella del maestro triestino Giuseppe Sinico. L'opera era di soggetto cittadino e rievocava una leggenda eroica cara alla gente di San Giusto. Ebbe un grandissimo successo, un coro, sopratutto, destò l'entusiasmo popolare, come quello che esprimeva il sentimento dominante dei cittadini : Viva San Giusto!... L'inno guerra di Suoni per tutta la nostra terra ; Se pochi siamo sarem gagliardi. Uniti tutti da un sol amor; E sotto ai sacri nostri stendardi Cadrà l'orgoglio dell'oppressori La strofetta della Marinella divenne l'inno di Trieste. Ma era un inno monco, incompleto, ed allora, nel 1894, il Sinico volle dare alla sua città un vero e proprio inno conservando la musica, nota, che ogni triestino, ogni italiano della Venezia Giulia sente continuamente risuonare in fondo al cuore. Da notare che la censura austriaca mutilò alcuni versi, e il popolo triestino ne corresse alcuni altri, cosicché, ribelle all'autorità ed allo stesso autore, l'Inno di San Giusto corre nella versione ehe qui sotto si riproduce. Al tuo nome antico e santo Glorioso salga il canto Che nei petti l'esultanza Tante volte suscitò. E la fede e la speranza Sempre ardente ridestò. Viva San Giusto Trofeo di gloria Quest'è il vessillo che guida a vittoria. Se in pochi siamo, sarem gagliardi ! E tutti uniti d'un solo amor; E contro patrii nostri stendardi i Cadrà l'orgoglio dell'oppressor ; E questa nostra bianca alabarda Ci ricongiunge fratelli ognor ! — "LASSE 115 — PUR...,, CANZONETTA POPOLARE TRIESTINA sica tiche Questa canzonetta popolare triestina di Gino Silvestri) viene cantata in della grande e cara città, dove nazionalità (parole tutte la Giulio Piazza, mudimostrazioni patriot- di le lingua si identifica con la e l'amore dell'Italia. nel 1891 ed il suo successo fu enorme. Fu cantata la prima occasione di un concorso di canzonette indetto dal Circolo Artistico di Trieste. « Non era ancora esaurito il programma dello spettacolo scrive Alberto Manzi che oltre tremila persone lasciavano il Politeama Rossetti cantando la nuova canzonetta. La musica è graziosa, facile; ma niente di peregrino. Che importa?! 11 popolo sentiva nelle parole l'espressione del suo sentimento e del suo proponimento. La canzone era una affermazione storica e un Nacque \olta nel Politeama Rossetti in — programma di Tutta Trieste tutta l'Istria. — Nessuna canzone si diffuse colla rapidità di questa. piena da San Giusto spiegava un ampio volo su La polizia ne fu sconcertata. Cercò inutilmente le contraflotta. ne era : fazioni tentò le proibizioni fece degli arresti... Inutilmente. « Lasse pur... », la canzone-rivelazione era ormai radicata nel cuore di tutti. Se l'avessero soffocata nella gola dei triestini, la si sarebbe udita egualmente, cantata da una voce misteriosa. Sarebbe stata la voce della italianità, che, in quel modo, avrebbe risposto agli attacchi violenti della polizia e degli sloveni. Gli scienziati, gli statisti, banchieri, poliziotti, facchini potevano tentar tutto contro gli italiani, ma questi rispondede\ano allora, e in seguito risposero che a tutto e a tutti avrebbero : : i i i resistito Per salvar fino ala morte Sta preziosa eredità. La canzone divenne l'Inno degli italiani e ogni città dell'Istria Dalmazia l'adattò e l'adottò contro il nemico comune. 11 nome di « Rosseti », che la rende locale, vien facilmente sostituito a Gorizia con Favetti, a Fiume con Peretti, ecc. Quando non c'è un nome prosodiacamente sostituibile, si modificano gli ultimi versi, come a Zara e : della : : E che i fazzi pur la spia Ne la patria de Paravia Non se parla die italian. E cosf, aggiungiamo I noi, a Spalato : ne fazzi pur affronti. la patria de Bajamonti se parla che i'aliun. Ne No — 116 — Bajainonti furono strenui difensori dell'italianità di Spalato. Quella di Bajamonti, in particolare, è una grande magnifica figura che attende ancora la rivendicazione e la Peretti Favetti, di Gorizia, glorificazione tore cittadini e della storia. Domenico riti e Fiume di di Rossetti (1774-1842) fu uno dei Trieste, promotore delle scuole rivendicatore delle origini e dei 30 luglio 1901 gli fu eretto un Il Putel bambino. — Subii: fischi. e diritti più sua monumento dalla : Al putel apena nato A dir marna se ghe insegna No sa gnente ma el se inzegna : '1 Marna El E mama a borbotar. Se papà no basta e mama ghe agiungi vin e pan, co '1 pianzi o pur co '1 clama, Sempre el parla in italian. Lasse pur che i canti e i lazi pur dispeti, Nella patria de Rosseti No se parla che italian i subii E che ! Poi su i banchi de la scola Scienze e letere l'impara Ne la lingua la più cara Ctie se possi imazinar. E una volta grando e forte, La bandiera el spiegare Per salvar fin a la morte Sta preziosa eredità. Lasse pur che i canti e E che i lazi pur dispeti, Nella patria de Rosseti No se parla che italian ! i e benemeprimo indaga- illustri italiane, della subii città. sua Patria. ! — 117 MARAMEO CANZONETTA GORIZIANA A Gorizia la lotta per l'italianità si impernia nella resistenza all'invasione slava, veramente formidabile e pericolosa da quando il governo austriaco l'ha adoperata come arma di offesa contro la nostra nazionalità poiché goriziani non si sentivano di diventare buoni austriaci bisognava ridurli in minoranza per sopprimere la loro voce i ; e far credere all'Europa nel giorno del redde rationem (ormai giunto!) che sulla sponda orientale dell'Isonzo non sorgeva piii una città italiana ma una città slava, desiderosa soltanto di rimanere suddita devota dell'Impero. La stessa politica, insomma, instaurata a Trieste, a Pola, a Fiume, e che in Dalmazia, purtroppo, diede, Zara eccettuata, ottimi frutti. Contro gli slavi invadenti, contro la loro stupida ed esasperante megalomania, nel carnevale del 1899, il popolo di Gorizia cantò questa canzonetta, così scintillante di umorismo, così vibrante di un trasparentissimo sentimento patriottico. Tolslavo. S'ciavo Plara paesello sloveno dell'Alto Friuli. ntin Tolmino, cittadella slava alpina diventata celebre per le vittorie riportate dalle armi italiane sulle austriache nei mesi di giugno e di luglio del 1915 Salcan Salcano, altro paese slavo, noto per l'industria dei mobili. Sior Sabergoi il deputato slavo al Parlamento austriaco santi Cirillo prima del 1897, famigerato mangia-italiani. Due senti e Metodio, protettori degli slavi meridionali, al cui nome è intitolata la massima istituzione scolastica e nazionale slovena che aveva il compito delle Provincie irredente. Zakai termine spregiativo che serve — : — : : — — : : — — ad indicare la lingua slava Gorizia : : rustica. per quattro Caladi de Piava, Gorizia, crederne, Gorizia xe s'ciava ! Xe s'ciava Trieste Xe s'ciavo Pisin E Dante e Petrarca Xe nati a Tolmin !... Ritornò pur a Salcan Marameo, Che cari burloni. a Gorizia benedetta Tutto, tutto xe italian ! i — — 118 E Romolo e Remo, Credemelo fioi, I xe antenati sior Nabergoi De L'Italia, Dei fiori La xe ! terra la e dei canti già in possesso Dei cari due santi. Marameo, burloni, cari Ritornò pur a Salcan Che a Gorizia benedetta Tutto, tutto xe italian ! E il Re in Campidoglio Coi suoi generai I parla il piià puro Pili dolce (( zakai » ! L'Europa, a China Xe s'ciave anche quelle, Xe II s'ciava la luna sole e le stelle. Marameo, cari burloni. Ritornò pur a Salcan Che a Gorizia benedetta Tutto, tutto xe italian ! DI TRENTO ANTONIO STEFENELLI INNO DI Questo è l'inno del maschio Trentino tanto amato da Garibaldi, cantato con nostalgico amore da Giovanni Prati, da Andrea Maffei, da Antonio Gazzoletti, da Dario Emer, patria di eletti ingegni, di generosi patriotti. Le parole sono del dottor Antonio Stefenelli, nato a Riva di Trento, figlio di un patriotta del Risorgimento, e le note del maestro Cesare Rossi mantovano. Viva Trento! L'inno esulti. L'inno frema, l'inno voli, Ed il amor patrio Nella voce de' Voli dolce sussulti figlioli. grido a' venti il Nell'Italica favella; Ma risuoni ne' cimenti Come rombo procella. di Viva Trento Dalle vette del sol cinge la gloria Vibra l'eco alta e promette Alle spemi la vittoria. ! Che La promessa Lungo Alle pia discende l'Adige, s'effonde valli, il ciel risplende, Tutte esultano le sponde. — 120 INNI ISTRIANI primogenita di Venezia, fu nei secoli, è, e sarà eterConquistata dagli austriaci poco più di un secolo fa, essa ha conservato lingua, costumi, sentimenti italiani, e l'opera di snazionalizzazione proseguita dal governo austriaco e dagli slavi non ha intaccato che alcune parti di essa. Noi abbiamo la certezza che, riunita finalmente alla Patria, l'Istria tornerà ad essere in breve peL'Istria, namente figlia italiana. riodo di tempo una delle regioni più italiane dell'Italia intiera. I brevi inni che seguono esprimono chiaramente l'animo e le aspirazioni delle genti istriane. Zighemo : che ne tien : — gridiamo chi ci crede I — ne ciol Zerbi via prendono ci : gli : in giro. ungheresi oppresisori di — Chi Fiume. INNO DI FOLA 10 di Giulia son figliuola. Era Augusto 11 pensiero Dei mio il e la signor. parola serbo ancor. nazionale Gente estranea ci cantesta Qui da secoli ci assale. Ci disturba, ci molesta. Il latini confine — o madre — rovina. — l'eterno caro retaggio — un popolo cima dell'Alpe — sirena cantar Veniamo, veniamo Se tu ci abbandoni La dolce favella E' Va ; latina, la patria diritto di invitto. in Ristate, ristate — a non : lascio passar. STROFETTE CANTATE A PIRANO Pel retaggio degli avi nostri Sangue e vita noi daremo Tutti, Pria tutti che moriremo slavi diventar. — — 121 La lingua de Dante tutti parlemo Ai fioli lassemo Sublime tesor. Che CANTO Xe <i In tutte evviva DI LAURANA nostro grido » el occasion le E lo zighemo forte Con tanto de ragion. Perchè dai tempi La nostra civiltà No.iera mai croata No no in verità ! ! antichi ! Se anche ne ciol via Perchè dixema ja! Chi ne tien croati i De grosso ga sbaglia ! INNO DI FIUME L'arco, lapidi le de zittavecia (Zerbi no sente de questa recia) xe sacre pagine de storia nostra che ne dimostra semo chi E la del la sta noi. divina musica nostro bel diaieto dixe ciaro e neto grande verità. — E quando tutti a sta stirpe 122 i — popoli se inchina superba latina, poi la politica (penseghe fioi) che noi dirne... non semo noi ? Chi semo ? Fin lo mormora el nostro bel Quarnero. Cascasse el mondo intero nessun ne Gambiera ! — EL — 123 SI CANZONETTA POPOLARE ZARATINA Anche Zara e questa di tutta la canzone Dalmazia cara così patriottica, come esalta, italiana, la alla cittadinanza di la lingua precedente, de! si, emblema della nazionalità alla quale quell'eroico popolo glioso di appartenere. L'ardente amor patrio della canzone è orgo- del Si, espresso con tanta fresca poesia dai dalmati d'oggi, fa pensare alle Risorgimento. più belle canzoni del periodo eroico del Ne è autore Giuseppe Sabalich, storico e bibliografo zaratino di non comune erudiz?one e intelligenza. padrino. Santolo zio. — attenti : Ciucia: — : — : : Do basi chi trova Parola più bela Pili dolze quela de Che mi m'a 'impara. Da piccolo el santolo, La nona, mia mare, El nono, mio pare, El barba soldà Sto Se ciucia in tei si co se nasse ! late ; Col si 'nte le fasse Se ga scomenzià ! Col Col Col — Barba Pare padre. Mare madre. incominciato. Odo, fradei Scomenzià - - Succhia. fratelli. si si si la De onor Col se se cresima, se va a scola, sì Le done parola se se dà ! se marida coi omini, Col sì i galantomenì Discore in zita. : : — 124 — El cor de sto popolo sì xe geloso, Del Le mure va zoso Ma '1 .s( resterà. Scolteme mi Scolteme mi ! ! No vai le ciacole, Che voi el si! Odo, fradei. Za me capì !... Restemo quei Zente del si!.. — 125 LA LEGA NAZIONALE INNO POPOLARE DELLE TERRE IRREDENTE snazionalizzazione proseguita dai tedeschi mezzi scolastici e politici ai danni della patriotti fondarono una associazione scolastica popolazione italiana, col nobile scopo di contrapporre scuola a scuola, propaganda a propaganda. Sciolta per uno dei tanti atti di prepotenza austriaca, quell'associazione fu ricostituita col nome di Lega Nazionale. Le scuole, Per resistere all'opera e dagli slavi in Austria di coi i infantili, i ricreatori, le biblioteche istituiti dalla Lega in tutte loro utilità nazionale la Provincie irredente sono numerosissimi si rivelò meravigliosa, tale da giustificare gli ingenti sacrifizi che nostri fratelli hanno sempre fatto per questa istituzione. L'inno della Lega è popolarissimo in tutta l'Italia irredenta e compendia l'attaccamento alla Patria comune. Le parole sono di Virginio Mengotti, la gli asili le ; i musica di Erminio Mengotti. Il verso Col permesso de la lege della seconda strofa viene cantato dal popolo A dispeto de la lege. Viva Dante El gran maestro ! De l'italica favela, De la lingua la più bela Che da l'Alpe echegia al mar. Contro chi ghe movi guera Ogidì chi la protege. Col permesso de Xe la la lege, Lega Nazional. Viva Dante, el gran maestro, E la Lega Nazional ! Xe la lingua del paese Che E xe da secoli se parla, stolto chi cambiarla Con un altra ga el pensier. — Chi ga Col patrio — 126 amor in peto, d'un suo grupo, darà magior svilupo far parte Che A la Lega Nazional. Viva Dante, el gran maestro, E la Lega Nazional ! La mission xe de Lega la De moltiplicar le scole, E istruir la nostra prole Ne la lingua nazional. Per un scopo cussi santo Sempre uniti noi saremo, E assistenza ghe daremo A la Lega Nazional. Viva Dante, el gran maestro, E la Lega Nazional ! Xe la E lingua de l'amor, la xe quela del canto, La consola La ralegra De sta lingua fin nel pianto. tutti i cor. che parlemo In difesa sua costante Sentinela vigilante Sta la Lega Nazional. Viva Dante, el gran maestro, E la Lega Nazional ! — IL 127 NUOVO INNO DELLA LEGA PAROLE MUSICA Riccardo squisiti liano poeti essa. scritto or ha di RICCARDO PITTERI DI DI R. LEONCAVALLO (n. a Trieste il 20 maggio 1853) è uno dei piìi amantissimo delia sua città e del carattere itaOperosissimo presidente della Lega Nazionale dal 1900, non è molto questo inno, che è stato musicato da Pitteri d'Italia, Riggero Leoncavallo. Gli austriaci e gli austriacanti non perdonarono mai a Riccardo Pitl'ardente e tenace sua opera di propaganda italiana e, scoppiata la guerra, vollero compiere l'ultima venderta devastandogli la bella e tranquilla sua villa di Farra, non lontana dall'Isonzo, presso la maschia Gradisca. In quella serena dimora cainpagnuola il gentile poeta del Friuli e di Trieste componeva le cose sue più delicate e trovava riposo durante i mesi estivi. Ma il turbine della barbarie austriaca è oramai lontano da Farra, sul cui alto campanile sventola l'auspicato tricolore. teri Cinque popoli il Friuli : le Orientale, cinque pro\ incie irredente Trieste, il Trentino, con Fiume e le isole del Quarnero, la : l'Istria Diilmazia. Viva Dante Questa pura Soavissima parola ! Cinque popoli consola E affratella in un pensier. Oh! ne echeggino I burroni e dell'Alpi le foreste, Ogni riva di Trieste E di Trento ogni sentier. La ripetan Di le Gli archi, i Dolcemente templi ovunque sona nostro il Su da l'Adige in un mare Che Per Per reliquie Aquileia e di Salona, le le coste valli, si i e si. il Timavo affrettan l'onda, diffonda monti, il pian. — Vìva Dante ! 128 — Questo il motto Delle cinque genti sia Cui la santa poesia Del linguaggio riunì ; Vìva Dante Cinque foglie Giunte insieme al fior dan vita Da l'union dì cinque dita Vien la forza della man ! ! ; — 129 TRENTO E TRIESTE INNO-MARCIA UMBERTO DEBIASI DI La spedizione libica ebbe nell'Irredenta una grande eco, essendo considerata come una affermazione di forza e di ardimento dopo tanti anni di trepida e debole politica estera, e come il preludio ad una più grande e importante spedizione. L'inno-marcia Trento e Trieste fu composto da Umberto Debiasi e musicato da Michele Mattioni stata I. Dalle vette del Trentino Alle spiagge di Nuovo Salvore, grido di dolore Pien d'angoscia risonò; Si diffuse via per l'Alpe E trascorse la marina Dalla costa dalmatina Fino a Trento riecheggiò. Siano infrante le catene E si vendichi l'offesa Ogni cor dell'ora attesa L'ansia trepido sentì. ; E' passato Grande Italia il tempo era la triste Della maglia, della clava Oggi alfine si vestì. Nella fulgida corona Brilleranno ancor due stelle Sono forse Che il : le piìi belle gran Dio le : schiava destinò. Su venite, avanti, avanti, Poderose invitte schiere Dispiegate le bandiere Troppo tempo s'aspettò! : ; : — — 130 II. Roma Ecco l'aquile di Han ripreso l'alto volo. Come allor Di Cirene che sovra il suolo librar; si E han drizzati gli ampi vanni Su Trieste, sopra Trento, Nunziatrici dell'evento Che i fratelli sospirar. Dal naviglio oltrapossente. Il fragore del cannone La diana e Suoni la canzone. alfin di libertà dall'Alpe E, Dove Lissa al ; glauco mare sta in vedetta, Sia compiuta la vendetta Tutta Italia esulterà. : Nella fulgida corona Brilleranno ancor due stelle Sono forse Che il Su le piiì gran Dio venite, : belle le destinò. avanti, avanti, Poderose, invitte schiere Dispiegate le bandiere ; : Troppo tempo s'aspettò ! •» — 131 SANTI RICORDI CANZONE POPOLARE TRIESTINA Le parole sono di Leban. E' molto nota Sule E la De Xe a Luigi Krisan Crociato Trieste e nell'Istria. la musica l'alabarda tori erose su in piazal sta gente mai bastarda sta l'unico ideal. Quatro muri de fortezza serava la Ma '1 gran zita, I fior Mai qua dentro de el belezza gà manca. la te amo sempre go sul cor, Qua go la cuna, qua go la tomba, Viva Trieste, tera d'amor! Sì, .^mo sì i Trieste, tui fiori, mi li Da Caboro zo in Cavana, Da Donota a San Micel A do colpi de campana Come un fulmine del ciel, Cento spade, cento cori ve so dir. Con un baso de sti fiori Ben contenti de morir. lera pronti, Si, Amo sì Trieste, mi te amo sempre go sul cor, Qua go la cuna, qua go la tomba, Viva Trieste, tera d'amori i tui fiori, li di Ermanno — Xe ben caro quel Che — 132 fioreto vien su de sto giardin, Chi voi No altri sul suo peto xe vero Triestin. Pute care, bei tesori dighi quel che i ve Sé voialtre sti gran fiori Che E i voi ; Trieste el vostro sol. Sì, Amo sì Trieste, mi te amo sempre go sul cor, Qua go la cuna, qua go la tomba, Viva Trieste, tera d'amor! i tui fiori, li — — 133 SANGUE LATINO CANZONETTA POPOLARE TRIESTINA Le parole sono del « Dr. Gibus » la musica del maestro Achille Boccolini. Fu cantata la prima volta in una festa a favore dell'Università Italiana, eterna aspirazione di Trieste, mai voluta appagare dall'Austria. A parole de oro la tua storia Leger se poi sui ruderi romani Là in quele sante pagine de gloria. Xe el nostro patrimonio de italiani. ; E la Xe un xe latinità el nostro onor, bel ragio de sol che splendi alegro. Che ilumina Dove che El "1 e riscalda hrila lu... mente e cor. no ghe xe negro! tuo ciel orientai De veludo celeste, El tuo mar, tanto bel, O dileta Trieste, Me fa bater el cor D'entusiasmo divin, fa fiero el pensar Me D'esser nato La bandiera Che mai triestin. tua, sacra valorosa se ga piegado alla paura Xe el nostro vanto, e la nostra sposa E come sposa la tignimo pura. Fin ala morte la difenderem Per vendica'' l'ofesa al patrio amore. Come Al leoni noi combaterem nome de San Giusto protetore. — Per la 134 — lingua del Che una musica sì, pare, Per l'incanto divin Del tuo Mi ciel, te adoro, del tuo mare, col cor, Te go sempre in pensier La bandiera tua xe Sacro pegno de onor. ; — 135 TRIESTE ALL' ITALIA CANZONE TRIESTINA Scritta diffusa e sperala vigilia fatta sua. Italia, No della dai. a Trieste, nel febbraio del 1915, nella invocata e liberazione e propagatasi in tutta l'Istria che l'ha distrighete. farne sospirar ! Dai ultimi de agosto No temo che No femo De spetar. che ciamarte sera e de matina Studiando su le carte, Vardando marina. la Per veder per che strada Che qua ti vegnarà. Vedemo Che sona la i bersaglieri fanfara, Sentimo quella musica Che tanto ne xe cara ; E '1 bianco, rosso e verde Al sol de primavera Sul cole de San Giusto Sognemo per bandiera. Lassù de la montagna riva un gran bacan De gente che se salva Ne Per veder de che parte Le navi spuntare Che E za quela giornada Nel nostro cor vedemo, Sentimo za de adesso Che forsi moriremo, Portando nela fuga Le forche e bajonete. Le spade, le cadene. Le legi maledete. ! Perchè de tanta E de festa, felicità La forza per resister Nel cor ne mancherà. Vedemo Scampando spaventada Per sempre via de qua De Ti che te ne porti Giustizia e libertà za nel golfo Italia, dai, Xe Inveze de granate Che riva tante soferenze ti ! presto fa Quel giorno xe Le bele corazate Che mandarà saludi ; cori via lontan. ne salverà ! ! 136 Xe Che Xe tante marne Dopo de e spose tante tue creature Che prega sospirando ! E l'anima dei morti Che in vita ga Iota Per esser liberade De questo gran suplizio De darghe pei Asburgo La 'ver patido La fame e la preson Lotando nel tuo nome, Sperando redenzion speta lagrimando, El giorno del giudizio Quel giorno troverà vita in sacrifizio, ! Italia Italia ! Italia ! Italia ; I semo pronti spetemo Te volemo te Italia ! ! ! Italia ! — 137 IL CANTO DELL'ULTIMO RISCATTO DI GIOVANNI BERTACCHI Giovanni Bertacchi ci favorisce cortesemente il seguente magnifico poeta delle Alpi e delle nuove speranze italiane, ha sciolto dal suo cuore commosso per primi successi delle nostre armj. E' la sola poesia degna finora che la guerra d'oggi abbia espresso, e che per gli elevati concetti, il ritmo, le immagini e l'ardore, più si accosta agli inni guerreschi del '48. Il maestro trentino Zandonai ha promesso di musicarla. inno che egli, il i avvampa Fratelli, la patria nel vento delle bandiere : d'ogni strumento di artiere un'arma vindice uscì. Salde milizie d'un popolo sorto sui vecchi tiranni, noi seminammo questo titanico negli anni dì. Squillino, le nostre unendo il i squillino, vertici popolo fiero squillino balde fanfare, al al mare, re. Oh non intiero dai liberi venne compiuto l'evento! C'era c'eri, l'esilio di Trento, Trieste, pur tu... Noi che solcammo di valichi ogni contrada alla terra, or, pionieri di guerra, farem le strade lassù. Librati, librati, librati, aviatore, Guida tutti i nel sole ! che vuole suoi monti per sé. l'Italia — Fugga la truce Bicipite, Brennero vinta dal a Fola, dove l'invitta parola di Dante padre già E flutto il — i38 sta ! alterno dell'Adria, due gemine arene, fra le baci l'Italia se viene, baci l'Italia se va. Cantino, voci di cantiao, e valli cantino, chiese di questo sereno paese che la natura Dìo che t'investi come aquilone sorga l'Italia quale il essa il popolo nel ridesta tuo cuor la creò un clangor tutta die. in foresta, Tutta una fede è tra la ci natura e ! l'Italia, vittoria di : la storia gran patto segnò. Rondine, va. là e rondine, rondine, nunziatrice aspettata, dove Italia Italia è già ancora non è nata ! — 139 Nota bibliografica Oltre alle raccolte delle opere poetiche di G. Mameli, di G. Berchet, A. Fusinato, di G. Rossetti, di L. Carrer, di T. Dall'Ongaro, di A. Brofferio, di D. Carbone, ecc., chi vuole approfondire Io studio della poesia nazionale italiana dal 1800 ad oggi, può leggere con profìtto, di tra le altre, opere seguenti le : poesie pubblicate nei Regi Stati nell'occasione delle nuove riforme giudiziarie ed amministrative accordate da S. M. Torino, Eredi Botta, 1847. il Re Carlo Alberto. Raccolta varie delle — Dono S'azionale poesie Canfari, 1847. Poesie nazionali italiane di G, Tigri Canti toscani. : V. Baffi E. RuBiERi varii — Storia : — autori. della Poesia — Napoli, popolare — 1847-49. del Livorno, Angeloni, Barbèra, Firenze, poeti della patria. / : piemontesi politiche : Torino, 1847. 1860. Rondinella, — italiana. 1863. Firenze, Barbèra, 1877. R. BellL'ZZi Canzoniere : — politico-popolare. Bologna, Zanichelli, 1878. A Sai.ani P Cori — Canzoniere del Popolo. // : Canzoniere .Sazionale // ; Firenze, — — 1814-1870. : 1882. Salani, Firenze, Salani, 1882. Bocca, 1884. N. Roncalli A. Lanzerotti La gloriosa epopea del 1848-49 nei canti politici dei poeti contemporanei e del popolo italiano. Venezia, Ferrari, 1886. C. Marson C. Croce : 1849 1870. al — Vittorio, Zoppelli, raccolti a Le Cinque Giornate nelle Galletti : Vittorio e sue nelle vi- 1981. Canti politici del popolo napoletano. : Torino, — Canti politici popolari : RomuSSI cature, G. dall'anno : cinanze. B. Diario : di medaglie del tempo. — Milano Milano, — Poesia popolare livornese. Napoli, Priore, 1892. nelle — poesie, Ronchi, nelle cari- 1894. Livorno, Giusti, 189.=^. — A. Maurici G. V. E. G. L'Indipendenza : lermo, Reber, Carducci siciliana e la poesia patriottica. — Pa- 1898. Giuseppe Giusti, Gabriele Rossetti, in opere voi. II Goffredo Mameli, Giovanni Prati, Id., voi. Ili A commemorazione di G. Mameli, Id., voi. X. Bologna, Zanichelli. GOTTARDI : ; Canti patriottici. : Panzacchi : Stiavelli : — — ; Rovigo, Minelli, 1890. La poesia del Quarantotto, ne « La Vita Risorgimento» (1846-49). Firenze, Bemporad, 1900. ghera, Moro: A, D'Ancona « Garibaldi nella letteratura Poeti del Risorgimento. I Poesia : ed Ricordi A Mazzoleni — Italiana — — italiana. del Roma, Vo- 1901. G. E. — 14(J — Padova, Salmin, popolare italiana 353-396. / cantori della patria : — 1901. Milano, Treves, nostra in « Nel XIX, secolo nel campo in 1902. letterario »,. 1902. Gatti, sentimento // : pag. affetti », Bergamo, Spanò musica e patrio nei nostri poeti. — Messina, Maglia, 1902. R Barbiera poeti / : della patria. — Torino, Paravia, La poesia patriottrica di G. Berchet in G. Mazzoni Firenze, morie dell'arte e della civiltà d'Italia ». : — turi, « 1904. Glorie e Alfani e MeVen- 1905. La lirica politica del Risorgimento italiano (1815-1870). G. Tambara Roma-Milano, Soc. Ed. Dante Alighieri di Albrighi e Segati, 1909. : — G. P. Contributo alla storia della poesia popolare negli anni 1847-49, in « Rivista storica del Risorgimento », Anno II, fase. 1-2. Sforza : GlANGlACOMi cona, 9, A. Manzi : maggio, : inni e canzoni del Risorgimento, marzo 1915. 10, 11 La canzone della italianità in nell'Ordine .Austria, nella di An- Lettura, 1915. L'incisione della copertina raffigura scultore Butti. il monument:> di Legnano dello — 14: INDICE Pag. Prefazioni. L'Inno dell'Albero della libertà « Partirò, partirò... », canto popolare «Bella Italia, amate sponde...» di Vincenzo Monti «Sorgi! Che tardi ancora?» di Gabriele Rossetti All'Armi! .All'Armi! di Giovanni Berchet Unità e Libertà, Inno di Gabriele Rossetti .All'Armi! di Gabriele Rossetti Fuori il Barbaro! canzone popolare di guerra di A^rstino Raffini Fratelli, Sorgete! coro di Giuseppe Giusti Viva il Re! di (jiovanni Prati « Chi per la Patria muor vissuto è assai » Inno di Pio IX di Filippo Meucci A Pio IX, coro popolare Inno Nazionale di Leopoldo Cempini Inno alla Guardia Civica di Firenze Odi o Sire poesia patriottica siciliana Inno al Re di Giuseppe Bertoldi Innc a Carlo Alberto di B. Muzzone Dio e Popolo, Inno di Goffredo Mameli .... ! Gioberti e « Fratelli Inno Sono Il « Giuseppe Bertoldi Inno di Goffredo Mameli Garibaldi d'Italia » di Pater Noster 1 3 4 5 7 9 13 1,S 17 18 19 21 23 25 27 29 30 31 33 Mi 37 .^9 all'Italia Italiano!..., V canto » dei popolare Milanesi 41 ... ... La Donna Lombarda, stornello di Francesco Uall'Oufiaro La Bandiera Tricolore, canto popolare La Liberazione di Milano, canto popolare di G. Bertoldi L'Italia Risorta, Inno di B. De' Bandi (L. Cemptni) La Patria dell'Italiano, poesia popolare di Antonio Gazzoletti Canto di Guerra di Luigi Carrer Inno di Guerra del 1849-49 di Luigi Mercantini Canto degli Insorti di Arnaldo Fusinato Cantata di Guerra di Arnaldo Fusinato Canto di Guerra Il Risorgimento di Alessandro Poerio Addio, mia bella, addio! canto popolare di Carlo Bost Inno Militare di Goffredo iMameli L'ultima ora di Venezia di Arnaldo Fusinato La carabina del bersagliere, canto di Domenico Carbone .... . . .... ... 43 45 46 47 48 49 Sf Oii •^' 57 59 61 63 65 67 69 — 142 — Pag. barchette del "49 di Antonio Pavan Stornello garibaldino di Antonio Pavan Mazzini, stornello di F. Dall'Ongaro la bella Gigogin canzonetta popolare milanese Inno di Garibaldi di Luigi Mercantini Canto di soldati sul campo di Teobaldo Cicconi 71 71 II 12 73 75 78 79 ! La Rosa di Novara Canto Marziale dei 1 Francesco Coppi soldati di Giuseppe 81 Pieri Alpi di Luigi Mercantini Popolari del 1859 cacciatori Stornelli di 83 85 88 delle Garibaldi di Francesco Dall'Ongaro La Garibaldina di Francesco Dall'Ongaro 91 Camicia Rossa La caduta del Re Bomba La Rondinella d'Aspromonte n Volontario, Inno del 1866 Canzone di Guerra del 1866 93 96 97 99 di Angelo Brofferio canto di guerra di Ippolito Pederzolli L'addio del garibaldino A Venezia, Inno dell'esercito nazionale di Inno dell'esercito italiano a Roma 101 11 Giovanni Biffi . . di Oberdan «Col capestro d'Oberdan» L'Inno Inno Inno all'Italia, Inni Istriani Ili parole e musica di Quirico Filopanti Giusto «Lasse pur...» canzonetta popolare triestina Marameo! canzonetta goriziana Inno di Trento di Antonio Stefenelli El si, di S. canzonetta popolare zaratina 103 105 107 109 ^ »La Lega Nazionale, Inno popolare delle Terre Irredente Il nuovo Inno delle Lega, parole di Riccardo Pitten Trento e Trieste, inno-marcia di Umberto Debiasi Santi ricordi, canzone popolare triestina Sangue latino, canzonetta popolare triestina Trieste all'Italia, canzone triestina Il canto dell'ultimo riscatto di Giovanni Berta.:chi . . . .... .... 112 113 113 115 117 119 120 123 125 127 129 131 133 135 137 Casa Risorgimento Editrice Opere edizione e in deposito propria di BIBLIOTECA POLIGLOTTA dei - mezzi migliori per esercitarsi è leggere e leggere se vuol si leggere opere dilettevoli, riuscire preparate modo che in rapidamente, senza bisogno tica. E nessuna antologia può sostituire opere organiche, tezza im'interessante della Biblioteca messi opera — lui Molière 1^' del — De Maistre duzione, — Amour médecin vocabolario voc. del .^ 3 in la Cité «ii O. — d'Aoste Lucat V - tedesco. . A. Note e W. Ci. — Commedia vocab. del dott. 4'i » 0.40 » 0.40 » 0.40 » 0.40 » o.4l) « 2. e in un e fnur l.an- .... Testo atto. Gherius lingua. tela INDICE L. intro- - Note journey. tlieir - Come s'impara una DOTTOR Gherius Note con — KOTZEBL'E Note atti. atti. Marietie or Tìie Miller's Cousin The Note e vocab. del prof. E. Moreni giiages. piena Commedia prof. DlCKE.NS -- Tlie PickuicI: (Uub voeab. del prof. H. Moreni Kraigie in . Gherius Dott. Le Lépreux de note e ragione d'essere la volumetti elegantissimi, Commedia vocabolario del Dott. Gherius • di let- la comple- un prezzo incredibilmente mite. Molière -- Le médecin malgré e Ecco letteraria. e gramma- di una certa in ; possa scor- si questo scopo a presentino leggere, vocaboli i vocabolario ne di composta Poliglotta, \endita a in che Bsogna imparare a : 'TZ ™,J':;:i: lettura. la rerie tura di Milano - -- Lcgat(j in — La Scienza e Dulcamara 2. La lingua materna -4. e le lingue straniere 3. Col Professore o senza? metodi vecchi. — 5. I metodi nuovi ti. La dimora in paese straniero e il metodo Berlitz 7. Un metodo naturale S. Lo scopo dello studio — : 1. — 9. Il Come dobbiamo 12. Come si sa I — — metodo induttivo — nello imparare vocaboli - 1,^. una lingua Prof. Venanzio Todesco ma grammatica della i - — studio 11. La V'oluntas lettura -14. Grammatica catalana. lingua catalana lingue delle pubblicata E' in la dei li). testi - Conclusioni. pr: Ita ia « 2.50 Casa Onere storia recefllissime Trieste di Jacopo di Risorgimento Editrice Cavalli, — e olluolilì di con prefazione e appendici storia organica e Silvio Benco. finora sulla grande : redenzione] alla origini (dalle Milano - Cadde Rinaldo di E' la sola e compieta scritt e gloriosa città che si riunisce definitivament alla Patria Italiana. Dettata in stile semplice e chiaro, accessibil alle persone anche di media cultura, questa Storia narra le vi cende ora tristi ora liets di Trieste, dalle lontane origini romane al giorno della liberazione, quando il rombo del cannone dal Cars e dall'Adriatico le ha portato la voce della Patria redentrice. Ogr Italiano che ha approvato la grande guerra dell'Italia dovrebh leggere la Storia dì Triesttf di J. Cavalli per conoscere meglio valore ideale e materiale dell'insigne città nostra. Elegante vo lume con copertina a colori 2. L. Il Trentino, nel Venezia la e Giulia Dalmazia la * Risorgimento Italiano 'cT„°„f L'^oir;.?,™ nazionale italiana nelle Provincie che le armi italiane stanno ricor quistando contro l'Austria e fa conoscere eroi ed eroismi mal no e dimenticati. E' La Prefazione è una copertina a appartenenti grande coior; ed unico Barrilai. gli stemmi e del genere che ci Elegantissimo volume libro '' provincie delle — Manuale p'-atico per i corpo L'Italia 50 ed il conflitto pagine europeo. — — — DoTT. Ottorino Antoniazzi di e e 18. 0. » 3.- » 1.5 Gli ordinamenti di Genova nelle del M. d' Azow (1313-1475). — .... Dirigere commissioni Via Sant'Andrea, 1.5 Mi- Operetta sintetica, che del complesso ordinamento coicniale di Genova ci dà una visione complet.i e perfetta A\ilano, » Opera lano Mar Nero 0.6 L. — del » Importante DOTT. Tancredi Zanghieri Studi su Racchiude premiata dalla R. Accademia Scientifico Letteraria colonie 3.5 — gli ... di gi L. degli studenti secondari. PubblicaAfhPTI/l nlllCid zione necessaria a tutti ^li studenti italiani. Contiene un completo diario dell'anno scolastico, dizionariettiprò memoria di mitologia, letteratura italiana e straniera, formularii, articoli di varietà, giuochi e concorsi Elio JONA opuscolo co norme Esploratori, insegnamenti di per l'educazione alla vita libera dei ragazzi. Agenda per sis italiane Ragazzi esplo- ratori italiani. Contiene, oltre alle del utilità — . all'Impero aystro-ungarico Boys -^rnilt'^ costitutive pripj" il di vaglia alla Casa Editrice Risorgimentc