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L`archivio Manfredo Da Passano: uno spaccato del movimento

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L`archivio Manfredo Da Passano: uno spaccato del movimento
L’archivio Manfredo Da Passano: uno spaccato del movimento cattolico liberale.
Bruna La Sorda
L’Archivio di Manfredo Da Passano è stato oggetto di un intervento di riordinamento e di
inventariazione, finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che si è svolto in due
momenti successivi, nel 2003 e nel 2008 - 20101, dopo una prima fase di catalogazione avvenuta
nel corso degli anni ad opera di Alba Da Passano, avviata in seguito alla dichiarazione di
notevole interesse storico dell’archivio, avvenuta nel 1970 dopo la citazione dello stesso, come
fonte storiografica, negli studi intorno al cattolicesimo liberale di Ornella Confessore.
L’Archivio Manfredo da Passano copre un arco cronologico compreso tra il 18452 e il 1932,
tranne alcuni riferimenti anteriori (alcune carte datate 1768) e successivi (1974, la lettera di
Amintore Fanfani inserita nei corrispondenti)3, ed è nella sua parte preponderante composto da
lettere, con l’eccezione di pochi registri e di alcune fotografie. Si tratta di un ricchissimo
epistolario riconducibile a un notevole numero di corrispondenti (oltre tremila) che ruotano
soprattutto intorno alle tre riviste codirette o dirette da Manfredo da Passano, gli «Annali
Cattolici», la «Rivista Universale», la «Rassegna Nazionale» e che si riferiscono, oltre che a
comunicazioni di tipo politico, culturale e personale, a comunicazioni riguardanti l’aspetto
editoriale delle riviste, attraverso la richiesta di pubblicazione di articoli, di accordi per
l’impostazione e correzione delle bozze, della richiesta di estratti e del compenso per i
collaboratori, richieste di abbonamento, volumi pubblicati e numeri arretrati. Testimonianza
importantissima dell’attività concreta del marchese, l’epistolario si compone delle firme più
importanti dello scenario religioso, politico e culturale dell’epoca.4
L’attività del marchese Manfredo Da Passano5 è già in parte nota a tutti, non solo come pubblicista
ma anche come personaggio importante per la vita sociale e culturale della nostra città6. Un po’
meno studiata è la parte che riguarda Manfredo Da Passano all’interno della storia economica del
1
La scheda relativa all’Archivio Manfredo Da Passano è inserita nel sistema nazionale SIUSA (Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche) disponibile all’indirizzo: http://siusa.archivi.beniculturali.it/.
Tale scheda rappresenta una descrizione di primo livello sia del complesso documentario che del soggetto produttore.
Per l’accesso all’archivio è invece necessario rivolgersi alla Soprintendenza Archivistica della Liguria e concordare la
consultazione previa autorizzazione.
2
La discrepanza di datazione rilevata rispetto alla data di nascita del marchese Manfredo Da Passano è giustificata dal
fatto che alcune lettere indirizzate al marchese Paris Salvago Raggi sono confluite nell’archivio Da Passano.
3
Si tratta di una lettera di ringraziamento inviata alla sig.ra Alba Ferrari Da Passano.
4
Non è possibile in questa sede rendere conto dell’importanza dei personaggi che ruotarono intorno alle riviste. Per il
dettaglio si veda l’elenco analitico depositato presso la Soprintendenza Archivistica per la Liguria, presso la quale è
inoltre possibile consultare l’inventario analitico di tutti i corrispondenti , per ognuno dei quali è stata redatta una
scheda descrittiva che contiene dati relativi alla consistenza della corrispondenza, gli estremi cronologici, il regesto
della corrispondenza, nonché una serie di metadati relativi agli articoli pubblicati dai vari corrispondenti e, ove
possibile, un cenno biografico degli stessi.
5
Manfredo Da Passano nacque a Genova il 15 settembre 1846 da Maria Maddalena Durazzo e da Giovan Angelo,
famiglie di rigida fede cattolica, secondogenito di tre figli con Itamo, che morirà prematuramente ed Erminia. Trascorse
la sua gioventù nella città natale e si trasferì nella residenza di San Venerio a La Spezia nel 1870, in seguito al
matrimonio con la baronessa Teresa Ruggeri. Dalla loro unione nacquero 7 figli di cui 3 morirono in giovane età.
6
Fu delegato scolastico di Vezzano Ligure, vice presidente del Comitato centrale della Spezia, membro della
Commissione di vigilanza per la Costruzione delle Case operaie della Spezia, commissario governativo nella Giunta di
Viglianza dell’Istituto tecnico della Spezia e si prodigò in particolare per lo sviluppo della città della Spezia, soprattutto
per il quartiere di Migliarina, e per l’ottenimento della regificazione dell’Istituto tecnico della Spezia, oggi a lui
intitolato, che si realizzerà nel 1928.
nostro paese a cavallo tra l’800 e il ‘900 e che sicuramente varrebbe la pena di studiare in maniera
più approfondita7.
L’incontro di oggi, però, vuole essere una maggiore specificazione del pensiero politico e dottrinale
di Manfredo Da Passano, del suo essere cattolico moderato che si espresse attraverso le riviste di
cui fu condirettore o direttore, gli Annali Cattolici, la Rivista Universale e la Rassegna Nazionale,
nelle quali si espressero tutti coloro che appartenevano a quel movimento definito dei cattolici
liberali, dei transigenti che, contro il non - expedit di papa Pio IX, rivendicavano una
partecipazione attiva dei cattolici nella vita politica e sociale del paese, difendendo al contempo i
diritti della libertà di pensiero, di stampa e di istruzione.
Il compito di riassumere in così breve spazio le idee di un movimento così importante nella storia
del nostro paese, non è facile. Anche il compianto Pietro Scoppola si augurava che una rilettura di
questo movimento su base critica avrebbe giovato alla comprensione della mancata realizzazione di
un partito conservatore in relazione al problema di identità nazionale di cui ancora oggi si parla8.
Come è noto la Rassegna Nazionale9 fu l’organo dei moderati cattolici liberali, coloro che si
definivano “Cattolici col papa e liberali con lo Statuto”, nella difesa delle prerogative di libertà e
democrazia del nascente stato italiano.
L’adesione di Manfredo Da Passano alle tesi del movimento cattolico liberale risalgono alla sua
frequentazione con Paris Salvago Raggi10 e alla sua entrata nel 1863 nel mondo della pubblicistica
attraverso la collaborazione con gli Annali Cattolici11 prima e con la Rivista Universale12 dopo, ma
ancor di più attraverso l’adesione alle tesi che d’oltralpe arrivavano nel nostro paese, in particolare
dopo il congresso cattolico di Malines del 186313. Tesi di quel movimento cattolico liberale che
nella Francia della prima metà del secolo aveva avuto tra i suoi esponenti di maggior spicco
Lacordaire, Montalembert, Dupanloup che, attraverso le righe de L’Avenir prima , e in seguito del
Correspondent, sostenevano una “campagna mirante all’instaurazione di una nuova era di libertà e
di giustizia fondate sulla religione cattolica e, con ciò, tra altri capisaldi, a un ammodernamento in
senso liberale, della chiesa, alla sua netta separazione dallo stato, all’emancipazione dei popoli
oppressi, e … a una più compiuta libertà di insegnamento e di stampa”14.
Al che occorre fare un accenno al concetto di liberalismo e come questo da concetto puramente
filosofico evolve poi in concetto politico.
Dal punto di vista meramente speculativo liberalismo è “sinonimo di modernità, immanenza,
affermazione della personalità, liberazione da ogni limite trascendente e da ogni autorità
dogmatica”15 e trae la sua ragione di essere dal pensiero moderno.
7
L’ attività di Manfredo Da Passano in campo economico è attestata dalle cariche che ricoprì nel corso della sua vita:
fu amministratore delle Strade Ferrate Meridionali, amministratore delle Compagnie di Assicurazione,la Fondiaria vita
e la Fondiaria incendio, consigliere della Società di Assicurazione “La Reale grandine” di Bologna, sindaco effettivo
della Società elettrica del Brasimone con sede a Bologna, consigliere del Credito Italiano.
8
P. Scoppola, Attualità di una tradizione, in “Cattolici e Liberali, Manfredo da Passano e la Rassegna Nazionale”, a
cura di U. Gentiloni Silveri, Rubettino, Roma, 2004. In tale articolo vengono esaminate le conseguenze della mancata
formazione del partito conservatore, sia nell’immediato momento storico che ai giorni nostri, soprattutto in relazione al
dibattito sull’identità nazionale. Si precisa che durante il lavoro di riordino dell’archivio Manfredo da Passano, è stata
rinvenuta una lettera di Roberto Stuart (vedi fascicolo relativo) che già all’epoca dei fatti arrivava alle stesse conclusioni
di Pietro Scoppola.
9
La pubblicazione della Rassegna Nazionale ebbe inizio nel luglio del 1879, con sede a Firenze.
10
Salvago era nato il 2 marzo 1831; morirà a S. Ilario (Genova) il 17 giugno 1899.
11
Gli Annali Cattolici, nati a Genova, furono pubblicati dal novembre del 1863 fino all’ottobre del 1866. Fra i
fondatori del periodico, oltre a Salvago Raggi, si ricorda anche il sac. Francesco Montebruno. Del gruppo ligure
facevano inoltre parte Guglielmo Audisio, Cesare Cantù, Marcello Durazzo.
12
La Rivista Universale fu pubblicata dal novembre 1866 fino al dicembre del 1877. Nata anch’essa nell’ambiente
genovese, fu poi costretta a spostarsi a Firenze vista la lotta che si accese all’interno delle correnti cattoliche genovesi.
13
Nel I° Congresso Cattolico di Malines fu dibattuto il problema della presenza dei cattolici nella società attraverso
l’invito ad operare nel proprio tempo.
14
Enciclopedia Italiana Treccani, vol. XXIII, Roma, 1951, p. 717
15
Enciclopedia ItalianaTreccani, vol. XXI, Roma, 1951, pp. 36
Invero l’idea di una visione nuova dell’uomo, svincolato dal limite della trascendenza, e con esso il
problema della realtà, e della libertà individuale risalgono, però, ancor più lontano, al tempo dell’
Umanesimo. In particolare poi il problema della libertà individuale, soprattutto quella religiosa, sarà
la base della Riforma.
La ragione , il pensiero come condizione prima di ogni libertà ( altro cardine del liberalismo) trova
poi la sua sistematizzazione nel razionalismo di Cartesio nel quale è implicito il principio della
democrazia del pensiero.
Che l’illuminismo avesse riaffermato in senso più laico e materialistico l’idea dei diritti dell’uomo e
della libertà di pensiero, non poteva non avere incidenza anche sul mondo cattolico, che, pur
rimanendo nell’ortodossia, comunque una parte di esso ne aveva recepito l’alto senso democratico
che da quelle affermazioni scaturiva. Una svolta senza via ritorno, come del resto fu per tutta la
società civile.
Contestualmente dal punto di vista politico e giuridico sorgeva il problema dell’essenza e della
costituzione dello stato come aggregazione della volontà degli individui, liberi da ogni
trascendenza, che, riconoscendolo necessario, deliberano di costituirlo. Uno stato che non può
riconoscere autorità superiore ad esso stesso, espresso attraverso le costituzioni, basato sulla
suddivisione dei poteri, e capace di garantire le condizioni di uguale libertà per tutti i cittadini, non
solo attraverso il rispetto delle norme atte a garantire la giustizia sociale, ma anche attraverso quelle
armi atte a garantire una vera uguaglianza. Prima fra tutte l’istruzione.
Nel rapporto con la religione poi, l’atteggiamento dello stato non può essere diverso. In linea di
principio libertà assoluta di opinioni e di credenze, ma nessuna sovranità riconosciuta (o nessun
privilegio riconosciuto) alla Chiesa. Lo stato è sovrano, può e deve autolimitarsi nel rispetto delle
libertà dei cittadini, ma non può trovare limiti legali al proprio potere; è a confessionale, “ha un
proprio codice etico (che spesso collima con i precetti dell’etica cristiana), ma considera un buon
cittadino chi ad esso si adegua, disinteressandosi sull’avere egli o meno una fede religiosa”16.
Nell’ Italia risorgimentale, non dissimilmente da altri paesi, l’idea di una nazione unita poggia su
queste prerogative, su una struttura liberale, ossia sulla costituzione di uno stato laico, con una
carta costituzionale, lo statuto albertino, a garantire i diritti dei cittadini e libertà religiosa
sintetizzata nella formula “Libera Chiesa in libero Stato”.
Quindi laicizzazione di tutti gli istituti fondamentali della vita civile, ma libertà della chiesa di
espandersi e di portare un numero sempre maggiore di persone a vivere spontaneamente secondo la
sua disciplina. Il riconoscimento della religione Cattolica, Apostolica e Romana come religione di
Stato era d’altra parte sancito nell’ art. 1 dello Statuto Albertino: ma è evidente che, nel costituendo
moderno stato liberale non si sarebbero potute evitare profonde lacerazioni con il millenario potere
spirituale della chiesa cattolica.
La storia è nota. La preparazione dello stato unito passa attraverso le leggi Siccardi (1850) e la
risposta del pontefice con il relativo irrigidimento. Nel 1855 ci fu la legge che soppresse le
congregazioni religiose che non avessero ottemperato alla predicazione, all’assistenza agli infermi o
all’istruzione, devolvendo i beni ad un nuovo ente di creazione governativa, la Cassa Ecclesiastica.
Con l’Unità d’Italia si apre il problema della capitale e la necessità di Roma capitale con tutte le
conseguenze: perdita del potere temporale e delle relazioni tra l’Italia e la S. Sede.
Il tentativo di una trattativa segreta per un Concordato tra il’ 60 e il ‘61 avviata da Cavour con la
Curia romana, attraverso il padre Carlo Passaglia e Diomede Pantaleoni, si interruppe bruscamente
allorchè Pio IX, con l’allocuzione concistoriale del 18 marzo 1861, rievocava tutti i torti che la
Chiesa aveva subito per il fatto del Piemonte e del liberalismo e affermava di non poter giammai
sancire che “si stabilisca il falso principio che la fortunata ingiustizia del fatto non reca alcun danno
alla santità del diritto”.
Inoltre la posizione della Santa Sede si irrigidì sempre di più: l’allocuzione Maxima quidem laetizia
del 1862 affermava che il papa non poteva essere libero senza il potere temporale; il Sillabo, cioè
16
A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia dalla unificazione a Giovani XXIII, PBE, Torino, 1965, p. 12
l’enciclica Quanta cura dell’8 dicembre del 1864, condannava tutti gli errori del liberalismo,
rivendicava la potestas directa vel indirecta del papa, il privilegio del foro, le altre immunità della
Chiesa, il suo diritto di sorveglianza sulle scuole statali, il suo diritto di regolare il matrimonio,
condannava la libertà dei culti.
Con l’entrata in vigore del nuovo codice del 1865 vennero soppresse le corporazioni religiose e altri
enti ecclesiastici e fu abolito l’esonero dei chierici dal servizio militare e aboliti i cappellani
nell’esercito.
Nel 1870 alla proclamazione della infallibilità del papa nel Concilio Vaticano I fa da contraltare la
presa di Roma, che segna la fine del potere temporale e contestualmente avvia l’impegno da parte
dello stato di dimostrare a tutta la cattolicità che la sovranità spirituale del papa non è intaccata dalla
cessata sovranità territoriale.
La legge del 13 maggio del 1871 detta delle guarentigie, senza concedere alcuna sovranità
territoriale al papa, rappresenta il tentativo di una conciliazione tra Stato e Chiesa e sarà una legge
destinata ad avere importanza mondiale e duratura, nonostante non fu accettata da papa Pio IX che,
nel 1874 con il “non expedit” pose il divieto ai cattolici di recarsi alle urne .
Sin dai primi anni si creò quindi una spaccatura dolorosa all’interno del mondo cattolico. Da una
parte i sostenitori di un movimento neoguelfo, ossia gli intransigenti17, i cattolici ossequenti al papa
in tutto e per tutto, fautori di una forte opposizione contro lo stato liberale ritenuto portatore di
valori laicizzanti e quindi anticlericali. Perfettamente allineati alle tesi del papa, sostenitori della sua
sovranità, essi ritenevano che il potere spirituale non potesse esistere senza il potere temporale ed
erano contrari a qualsiasi compromesso di conciliazione con il nuovo stato e auspicavano un ritorno
alla situazione pre 1859.
Dall’altra parte un laicato cattolico al quale appartennero i cattolici moderati liberali ( ma in genere
tutti i liberali), i quali sostenevano che una conciliazione tra stato e chiesa era non solo possibile,
ma altamente auspicabile al fine di riconquistare il regno d’Italia alla fede cattolica. Essi, pur
riconoscendo al pontefice la posizione di giudice in materia ecclesiastica e spirituale, fedeli dunque
all’ortodossia, erano favorevoli all’unità nazionale e alla soppressione del potere temporale e
auspicavano a “conquistare il potere ai cattolici nel gioco dei partiti e delle elezioni”. Essi
sostenevano che “l’autonomia dello stato e della chiesa sono distinte, non avverse: all’Italia, come
sede del papato, convengono relazioni di particolare cordialità con la chiesa”18. Adesione quindi
allo stato di stampo liberale e favorevoli ad una reale conciliazione tra stato e chiesa. L’idea di una
nuova “primavera della Chiesa” partiva dalla possibilità dei cattolici di portare avanti le loro idee
attraverso il dibattito politico, non formando un proprio partito, ma appoggiando quegli uomini
liberali che, oltre al rinnovamento dello stato, sarebbero stati in grado di sostenere le idee del
rinnovamento della chiesa19. Un rinnovamento che passava attraverso una sana e cattolica libertà in
tutto e per tutto. Una libertà che comunque non avrebbe mai sconfinato nell’adesione all’ateismo,
considerato fonte di immoralità.
A questa corrente va ricondotta l’attività di Manfredo Da Passano20 e di tutti i collaboratori della
Rassegna Nazionale, che avversarono tenacemente le posizioni degli intransigenti attraverso i loro
scritti, molto spesso coperti da pseudonimi.
Invero le due posizioni col tempo andarono attenuandosi. Infatti anche per la parte opposta il
rinnovamento della chiesa fu un elemento sostanziale e si attuò attraverso l’Opera dei Congressi
(1875) e un’organizzazione capillare di inserimento di valori cattolici in ogni settore della vita
17
I sostenitori di questa corrente ebbero nella rivista “La Civilità cattolica” il loro riferimento privilegiato.
Così si esprimeva il teologo piemontese Mons. Guglielmo Audisio nel suo libro “Della società politica e religiosa,
rispetto al secolo decimonono” nel 1876.
19
A tal proposito si precisa che per quanto riguarda l’elezione a cariche amministrative la partecipazione dei cattolici fu
importante e consistente. Lo stesso Manfredo Da Passano fu eletto consigliere provinciale nelle elezioni di Genova nel
1886. Invero già nel 1876 il marchese si era presentato alle elezioni nel collegio di Levanto, non in veste di cattolico,
ma di liberale. Non venne eletto, ma fu l’occasione per dare una svolta concreta ai principi sostenuti.
20
L’impegno di conciliare le due posizioni di cattolico e di cittadino italiano sostenitore dello Stato liberale creò sempre
in Manfredo profonde lacerazioni.
18
sociale. Già sotto il papato di Leone XIII le speranze di una conciliazione tra stato e chiesa
sembrarono più vicine. Non che papa Pecci non sostenesse la necessità del potere temporale per
l’indipendenza del papa, ma non nei termini di uno Stato pontificio, bensì di rivendicazioni
nell’ambito limitato di Roma, lasciando intendere che l’unità italiana non era in discussione.
Perché sul finire del XIX secolo non era più tanto il dibattito dell’unità nazionale e del potere
temporale a preoccupare, quanto l’avanzata del monopolio socialista. Stato liberale e chiesa ebbero
allora un nemico comune da affrontare, il socialismo, il nemico numero uno, come ha ben definito
Jemolo.
L’enciclica Rerum Novarum del 1891 fu un completamento alla lotta contro le nette posizioni
anticlericali contenute nel Sillabo. “L’enciclica accettava, consacrava, riduceva ad unità teorica le
molteplici iniziative che nell’Europa centrale figure eminenti del clero avevano assunto per venire
incontro ai bisogni e alle aspirazioni delle classi povere, per sottrarre le loro rivendicazioni al
monopolio socialista”21.
Contro questo comune nemico quindi una spiccata posizione conservatrice da ambo le parti. Anche
la Rassegna Nazionale si evolvette in senso più conservatore, ma non tanto e solo perché accolse
nelle sue righe il programma conservatore riformista22, superato poi dagli accordi clerico –
moderati, un programma che rispecchiava le idee che da sempre erano state sostenute dalla Rivista,
quanto per la devozione verso la monarchia che col tempo si era andata sempre più accentuando
per i sostanziali finanziamenti economici di Casa Savoia alla rivista23.
I futuri irrigidimenti della Chiesa quindi non furono più sulla questione romana, ormai ampiamente
accettata, né sulla partecipazione dei cattolici alle urne, poiché, se pur formalmente ancora in vigore
il non – expedit, molte deroghe vi erano state apportate soprattutto in concomitanza con le elezioni
del 190424, 1909 e 1913 (il Patto Gentiloni segnò l’ingresso ufficiale dei cattolici nella vita politica
italiana con l’appoggio di questi ultimi ai rappresentanti liberali non fautori di una politica
anticlericale), ma furono diretti a reprimere tutti quei movimenti socialistilizzanti, anche quelli nati
all’interno della cattolicità stessa definiti dei “ribelli”. L’enciclica Pascendi 25condannava ogni
forma di modernismo 26, da quello dogmatico – filosofico del Tyrrel, a quello storico del Loisy, a
quello politico di Romolo Murri, passando anche attraverso la condanna de “Il Santo” di Fogazzaro.
La Rassegna Nazionale di Manfredo Da Passano, anche per il timore di essere coinvolta in censure
ecclesiastiche27, mantenne una posizione distaccata rispetto alle idee moderniste, da osservatore
terzo, pur accogliendo nelle sue pagine articoli degli esponenti di questo movimento così come il
dibattito che intorno ad esso si accese e riconoscendo anche alcuni elementi in comune tra i principi
ispiratori dei fondatori del “Rinnovamento”28 e lo spirito che aveva animato la lotta della prima
21
A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia, op. cit. , p. 58.
Tale programma fu sottoscritto da alcuni senatori come Gabba, Vitelleschi e Manassei. In tal modo La Rassegna
Nazionale accettò di fatto il ruolo di organo di un partito conservatore a larga base, come pensato e auspicato dallo
stesso Da Passano, Carlo Andrea Fabbricotti e Solone Monti.
23
I problemi finanziari della Rassegna Nazionale furono sempre un grave nodo da risolvere per Manfredo Da Passano
che più di una volta aveva espresso l’intenzione di cedere la rivista. Il sostegno finanziario della Casa Reale, grazie alla
mediazione della contessa Sabina Parravicino Thaon de Revel, permise allora al direttore di poter continuare la
pubblicazione della rivista, oltre che testimoniare l’appoggio della corte alle idee e al programma politico del periodico.
24
Già da questo anno si ebbe una sospensione del divieto con la formula del “caso per caso”.
25
Pronunciata da papa Pio X nel 1907. Nel 1910 fu imposto a tutti i preti un giuramento antimodernista.
26
Il movimento modernista rappresentò una vera crisi di coscienza all’interno del mondo cattolico.
27
Già precedentemente la rivista era stata oggetto di accuse da parte del Vaticano, in quanto ritenuta colpevole,
attraverso gli scritti dei suoi collaboratori, di divulgare teorie filosofiche e scientifiche ed una politica in netto contrasto
con le direttive del Vaticano. Si ricorda che prima Pistelli e più tardi Giovannozzi furono costretti ad allontanarsi per
qualche tempo dalla rivista.
28
I fondatori appartenevano al cosiddetto gruppo milanese formato da Gallarati Scotti, Antonio Aiace Alfieri,
Alessandro Casati. Si ricorda che nel 1906 questi richiesero la cessione della Rassegna. Tale cessione di fatto non
avvenne sia per il notevole deficit in cui versava la Rassegna, sia per il rifiuto del marchese di cederne la direzione,
proponendo solo l’accoglimento degli articoli del gruppo, che per l’ondata antimodernista in atto.
E’ appena il caso di ricordare che questo gruppo riprese il nome della rivista il “Rinnovamento” che era già stato
utilizzato da Gioberti.
22
“Rassegna Nazionale” . E non poteva essere diversamente coerentemente con il programma esposto
nel primo numero della Rassegna Nazionale del 1879 e confermato in un articolo, sempre sulla
rivista, venti anni dopo29, cioè quello della coerenza con le idee di un liberalismo risorgimentale, di
un laicato cattolico che in nessun modo avrebbe potuto sostenere idee che andavano verso forme di
socialismo per definizione anticlericale.
Perché nell’evoluzione del movimento cattolico liberale sostanzialmente si possono individuare due
momenti: quello liberale risorgimentale, appunto, nel quale le idee del liberalismo dovevano essere
attuate anche attraverso il disconoscimento del potere temporale, pena la non realizzazione dello
stato italiano e l’altro, quello che man mano attenua la differenza tra Stato e Chiesa e vede gli uni e
gli altri impegnati nella lotta contro il socialismo in uno stato che, pur definendosi aconfessionale,
rifiuta però gli elementi sui quali quel socialismo si basa: anticlericalismo, abolizione della
proprietà privata, potere distribuito e ricchezza al popolo.
Posizioni che porteranno in futuro ad una accentuazione esasperata di patriottismo che, per alcuni,
sconfinerà nel nazionalismo.
Non per Manfredo Da Passano, perché in lui rimasero sempre presenti i valori di stampo
risorgimentale e non si fece coinvolgere dal cambio di mentalità verso il pragmatismo che si era
verificato nel frattempo. Infatti i contrasti fra chiesa e Stato nell’800 si erano verificati su un terreno
prettamente giuridico, astratto, con un substrato di classicità e filosofia, mentre la cultura del nuovo
secolo era basata sulle scienze esatte ed aveva spostato il suo interesse dal campo del diritto a quello
dell’economia.
Nel numero della Rassegna Nazionale del 16 dicembre del 1915, nel discorso di commiato di
Manfredo, dopo la sua decisione di cedere la Rassegna Nazionale30, il direttore precisa come molte
idee, base del programma, avevano trionfato, prima fra tutte quella che “sotto l’aspetto politico, era
forse la più importante, e che riguarda la necessità che i cattolici militanti, rinunziando ad
un’astensione fonte di danni gravissimi e pur troppo non ancora del tutto riparati, prendessero parte
alla vita pubblica del paese”. Ma non si può dire che la costituzione del Partito Popolare del 1919
rispecchiasse le idee conformi al programma di Manfredo, in quanto il suo sentire la partecipazione
politica dei cattolici si muoveva, come si è detto, su un piano completamente diverso.31
Il Partito Popolare Italiano si dichiarava aconfessionale (sebbene in modo particolare, nel senso che
non aveva nelle sue sezioni assistenti ecclesiastici), ma pur sempre rappresentava una forza politica
cattolica che si avvicinava maggiormente al sociale, alle tesi espresse da Murri. Scriveva infatti
Sturzo nel 1904 che "nell'aver appoggiato i moderati e i conservatori si era fatta opera di reazione,
si è andato contro un complesso di aspirazioni e vitalità, che corrispondono ai bisogni del
proletariato, all'avvenire delle forze sociali cristiane"32. In questo senso si può intuire che il PPI non
potesse in alcun modo corrispondere agli obiettivi di Manfredo, anche perché nella visione di
Manfredo nulla vi era di reazionario, bensì un’adesione fedele ai principi espressi nel programma
iniziale esposto nella Rassegna. Come ha ben scritto Umberto Gentiloni Silveri: “I conservatori
sono nettamente, e spesso da soli, in contrasto non tanto e non solo con l’ipotesi di un partito
29
Cfr: Rassegna Nazionale, vol. 99, anno 1898, pp. 4 - 16
La cessione della Rassegna Nazionale avvenne nel gennaio del 1916 all’avvocato Antonio Ciaccheri Bellanti e al
figliastro di questi Roberto Palmarocchi, dopo trentasei anni di devota direzione del marchese.
31
Pietro Fea in un articolo commemorativo dopo la morte di Manfredo Da Passano, affermava che il Partito Popolare
“non avrebbe potuto sorgere ed affermarsi così rapidamente se la Rassegna non gli avesse preparato la via con la sua
diuturna opera di persuasione, e che nessuno dei valorosi pubblicisti che esso annovera nel suo seno abbia svolto
un’azione più efficace di quella del marchese da Passano per indurre una parte dei cattolici astensionisti ad entrare
ufficialmente nella vita pubblica e dall’altra il partito liberale e il ceto ufficiale ad abbandonare a poco a poco
l’attitudine di ostilità implacabile a tutto ciò che sapeva di cattolico assunta dopo il 1860 – 61”. Cfr. P. Fea, Un
precursore, il marchese Manfredo da Passano, in Politica nazionale, 30 aprile – 15 maggio 1922. La citazione è ripresa
dall’articolo di O. Confessore, Manfredo Da Passano, estratto da Figure e gruppi della classe dirigente ligure nel
Risorgimento, Miscellanea di studi a cura del Comitato di Genova dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano,
Genova, 1971, pp. 184 – 185.
32
Così nella “Croce di Costantino” del 13 novembre 1904. La citazione è ripresa da O. Confessore, Conservatorismo
politico e riformismo religioso, Il Mulino, Bologna, 1971, p. 270 n.
30
cattolico e dei cattolici, ma rifiutano l’idea dell’automatismo tra presenza religiosa e dinamiche
politico – elettorali. Sono parte del movimento cattolico, riconoscono nella Santa Sede e nella
monarchia, nella religione e nella patria i propri referenti sia in termini di identità che di proposta
politica, ma non abbandonano mai la convinzione che gli aspetti della politica siano da tenersi
distinti da quelli religiosi se non si vuole arrecar danno agli uni e agli altri”33.
Neppure la Conciliazione del 1929 rappresentò l’idea di conciliazione auspicata da Manfredo Da
Passano. Essa infatti fu la conclusione di un vero trattato internazionale tra Stato Italiano e Santa
Sede, i cui prodromi si erano avvertiti già nel lontano 1913 quando nel congresso di Milano si
affermò che la libertà della Chiesa doveva essere innanzitutto libertà internazionale a garanzia di
tutte le nazioni. Con gli Accordi Lateranensi furono poste le basi per la nascita del nuovo stato, la
Città del Vaticano, con una propria sovranità, indipendentemente dalla caratteristica sovranità
spirituale della S. Sede in un clima politico dittatoriale, lontanissimo dalla libertà democratica
auspicata da Manfredo da Passano34.
Di tutto questo l’archivio di Manfredo Da Passano, attraverso le lettere degli oltre 3000
corrispondenti35, è testimone, neanche troppo silenzioso, perché, va da sé, che ogni volta che si ridà
vita ad un archivio, questo urla le sue verità celate.
Certo non si è data contezza in questa sede della ricchezza dei contenuti del dibattito politico,
sociale e culturale36 che l’archivio restituisce e delle implicazioni della questione stato – chiesa nei
rapporti internazionali e negli equilibri fra le grandi potenze, ma ci si augura di essere riusciti a
sottolineare alcuni spunti di riflessione sul movimento cattolico liberale, che tanta parte ha avuto
nella formazione dell’unità nazionale, e sull’importanza dell’archivio di Manfredo Da Passano37 nel
nostro territorio.
33
U. Gentiloni Silveri, “Equivoco politico e pericolo religioso”: laici e cattolici nella visione della Rassegna
Nazionale, in “Cattolici e Liberali..”, op. cit., p. 170
34
Manfredo Da Passano si spense a Firenze il 22 febbraio del 1922.
35
L’epistolario che compone l’archivio è suddiviso per fascicoli nominativi la cui consistenza all’interno varia da 1
carta a 1000 carte (il termine “carta” è qui inteso in senso diplomati stico). Tutta la corrispondenza è suddivisa in serie.
In particolare si vedano le serie relative a: Corrispondenza Collaboratori (COL), Corrispondenza con La Spezia (SPE),
Corrispondenza Società (SOC). Per i dettagli della struttura dell’archivio, inteso come complesso documentario, si
rimanda alla consultazione della scheda in SIUSA, oltre che all’inventario analitico depositato presso la Soprintendenza
Archivistica per la Liguria.
36
Si ricorda che all’interno della Rassegna Nazionale furono inserite anche sezioni tematiche come La Rassegna
Politica tenuta da Pietro Fea e da Manfredo stesso, la Rubrica delle riviste estere, tenuta dall’energica Sabina di
Parravicino Thaon de Revel che firmava molti dei suoi articoli con lo pseudonimo Kingswan, e attraverso la quale la
rivista entrerà in contatto con il movimento americano, e la Rivista Bibliografica Italiana. In particolare quest’ultima,
che era stata fondata da Salvatore Minocchi, fu una guida per la scelta delle letture per i cattolici e testimonia
l’attenzione di Manfredo da Passano nei confronti del problema istruzione. Da qui i suoi progetti di riforma dei
seminari, ma anche il suo impegno attivo nelle questioni riguardanti la pubblica istruzione e l’interesse della redazione a
rendere edotti i giovani cattolici sulle conquiste della scienza e del pensiero moderno.
Manfredo da Passano fu uno dei sostenitori dell’Istituto di Studi di Scienze Sociali “Cesare Alfieri”, quello che poi
diverrà la facoltà di Scienze Politiche di Firenze.
37
Così sintetizza Ornella Confessore la figura e l’opera di Manfredo da Passano: “Cattolico convinto e praticante,
credette che la sua azione di italiano e di credente potesse svolgersi liberamente, senza aspettare consensi e dispense
dall’autorità religiosa, nella certezza che dovere dei cattolici fosse soprattutto quello di inserirsi nella società di Dio
assegnata e nella quale erano chiamati ad operare. Perché i cattolici tutti sentissero questa <chiamata> a vivere il loro
tempo in tutti i suoi aspetti politici e culturali, recando in ogni campo la loro presenza e la loro testimonianza, perché
infine si sentissero concretamente e pienamente italiani, egli operò per oltre 50 anni, portando con la sua rivista e con la
sua personale testimonianza un contributo alla conquista, anche dei cattolici, del <senso> dello Stato”. Cfr. O. Confessore,
Manfredo da Passano, op. cit., p. 185.
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SIUSA (Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche) consultabile
all’indirizzo: http://siusa.archivi.beniculturali.it/.
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