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Nella scuola la normalità sembra essere scomparsa a favore di una

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Nella scuola la normalità sembra essere scomparsa a favore di una
Nella scuola la normalità sembra essere scomparsa a favore di una molteplicità di
situazioni particolari e tutto ciò che prima rappresentava un problema adesso sta
diventando la norma : disabili, ragazzi con problemi di comportamento stranieri con
difficoltà di integrazione sono diventati sempre più numerosi.
Negli ultimi anni stiamo assistendo nella scuola infatti ad un ampliamento del concetto di
adattamento non più solamente rivolto alla categoria dei disabili ma a tutti coloro che
presentano una molteplicità di bisogni educativi speciali a causa delle varie specifiche
forme di disagio o di disabilità.
Le indicazioni fornite dalla C M n. 8 del 6/ 3/2013 offrono alle scuole uno strumento
operativo di notevole importanza, completando il quadro di allargamento della normativa
sull’inclusione scolastica iniziatosi negli Anni ’70 del secolo scorso, ampliatosi con la L.
170/2010 e completato con la Direttiva del 27 Dicembre 2012, che però deve essere letta
necessariamente alla luce della Circolare n.8. Già Le Linee Guida per l'integrazione
scolastica degli alunni con disabilità (MIUR, 2009) sottolineavano l'importanza anche da
parte del mondo della scuola di adottare la Classificazione Internazionale del
Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), redatta dall'OMS, come modello di
riferimento nella stesura della Diagnosi Funzionale dell'alunno con Bisogni Educativi
Speciali (BES) e quindi poi la necessità da parte degli insegnanti di poter redigere la
compilazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI)
Uno studente con BES è uno studente con apprendimento, sviluppo e comportamento in
uno o più dei vari ambiti e competenze, rallentato o problematico, e questa problematicità
è riconosciuta per i danni che causa al soggetto stesso, non soltanto tramite il confronto
con la normalità.
Tali rallentamenti o problematicità possono essere globali e pervasivi (disturbi dello
spettro autistico),distubi specifici di apprendimento (Dislessia, disgrafia ), settoriali (es.
Disturbi da deficit attentivi con iperattività) e,dell’area dei deficit motori intellettivi e
sensoriali oltre alle problematiche relative a cause di svantaggio socioeconomico,
linguistico, culturale o anche alunni di origine straniera di recente immigrazione
ovviamente, più o meno gravi, permanenti o transitori. I fattori causali possono essere
organici, psicologici, familiari, sociali, culturali, ecc.
Oggi abbiamo a disposizione una vasta gamma di strumenti di raccolta di dati e di
conoscenze per la comprensione profonda e “Funzionale” dell'alunno con Bisogni
Educativi Speciali (BES).
L'alunno con BES richiede, infatti, strategie educative, didattiche e psicologiche
individualizzate. Il Gruppo di Lavoro per I’ inclusione, per rispondere a tali esigenze e
costruire un buon Piano Educativo per l’inclusività , ha bisogno di una diagnosi
approfondita che descriva dettagliatamente le caratteristiche dell'alunno e che sia
“Funzionale” ad una piena integrazione Scolastica nei suoi aspetti di insegnamentoapprendimento, sia in quelli di relazionalità, socialità e sviluppo psico - affettivo.
realmente per riuscire concretamente in una progettazione individualizzata che risponde
appieno all'esigenza dell’alunno.
Il Gruppo di lavoro per l’inclusione (GLI) costituito a livello di istituzione scolastica si
occuperà oltre di redigere un Piano educativo di inclusione si farà carico anche dell’
elaborazione/realizzazione di percorsi educativi ad specifici in base ai bisogni dei singoli
alunni,.
Partendo dall'individuazione di Bisogni Educativi Speciali anche sulla base di una
dettagliata Diagnosi Funzionale deve giungere all'attivazione di diverse risorse, integrando
vari contributi provenienti dall'alleanza tra diverse figure di riferimento dell'ambito
educativo-didattico, sanitario, familiare e sociale
Obiettivi Specifici
- Rilevare i BES presenti nella scuola;
- Conoscere l'utilizzo dell'ICF nella programmazione individualizzata;
- Costruire specifici interventi psico-educativi, a seconda dei diversi BES dell'alunno:
- Interventi nel Ritardo Mentale Grave;
- Interventi sui Disturbi Specifici dell'Apprendimento, i Disturbi Pervasivi dello
Sviluppo e i Disturbi da Deficit di Attenzione/Iperattività;
- Interventi sulle competenze sociali e sulle abilità della vita quotidiana;
- Interventi sui Comportamenti-Problema (ivi compreso svantaggio socioeconomico,
linguistico, culturale)
- Incrementare il Mantenimento e la Generalizzazione degli apprendimenti;
- Progettare la Verifica del percorso educativo proposto;
- Conoscere e utilizzare i nuovi Strumenti Compensativi per promuovere l'inclusione di
alunni con BES.
- Progettare monitorare e documentare gli interventi didattico-educativi posti in
essere anche in funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o
in rapporto con azioni strategiche dell’Amministrazione;
- Attivare focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai docenti sulle
strategie/metodologie di gestione delle classi;
- Rilevare, monitorare e valutare del livello di inclusività della scuola;
- Coordinare le proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle effettive
esigenze, ai sensi dell’art. 1, c. 605, lettera b, della legge 296/2006, tradotte in sede di
definizione del PEI come stabilito dall'art. 10 comma 5 della Legge 30 luglio 2010 n. 122 ;
- Elaborare una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con
BES;
Attività e Strumenti
Per realizzare gli obiettivi sopra elencati un intervento formativo deve prendere in
considerazione i seguenti aspetti
-educativi specifici per i Bisogni Educativi Speciali (BES).
me adeguate di monitoraggio e valutazione degli interventi.
Costruzione e realizzazione attraverso Schede operative, di griglie per la rilevazione
degli alunni BES così come individuati dalla CM n.8 del 6 marzo 2013.
La costruzione e la realizzazione di un piano di intervento personalizzato per l’alunno con
BES deve necessariamente prendere lo spunto da una valutazione precisa, sia delle sue
capacità che delle carenze che presenta nei vari repertori di abilità cognitive e
comportamentali, partendo da
una Diagnosi funzionale e di Valutazione del
comportamento.
Attraverso simulate, discussione di casi clinici, schede operative, si illustrerà ai corsisti
come:
-educativi specifici per i Bisogni Educativi Speciali (BES –
disabilità; disturbi evolutivi specifici e svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale
)per la realizzazione di un Piano educativo di inclusione. Verranno presi in considerazione
quindi:
-BES che si generano nelle Condizioni Fisiche; nella Struttura e nelle Funzioni
Corporee (per es. menomazioni sensoriali o motorie); nelle Attività Personali (per es.
Deficit di Apprendimento, del Linguaggio...) o nella Partecipazione Sociale (per es.
Isolamento e Ritiro Sociale);
BES che si generano nei Fattori Contestuali Ambientali (per es. barriere architettoniche)
o che si generano da Fattori Contestuali Personali (per es. bassa autostima, scarsa
motivazione, problemi comportamentali, svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale)
Verranno introdotte e applicate operativamente - attraverso simulate ed esercitazioni
pratiche , le strategie da attivare nel Consiglio di classe dopo la rilevazione risultante
1
dall’esame della documentazione clinica sulla base di considerazioni di carattere
psicopedagogico e didattico e l’adozione di una personalizzazione della didattica per
favorire l'apprendimento di abilità in soggetti in età evolutiva, con sviluppo sia tipico che
atipico. La metodologia didattica sarà sempre quella di presentare tali strategie attraverso
simulate, allo scopo di favorirne non solo la conoscenza ma l'utilizzo competente.
Un Piano Educativo accurato si articola quindi in due momenti: una fase di studio del
caso e di programmazione dell'intervento, e una seconda fase costituita dall'applicazione
concreta di quanto precedentemente programmato e dalla verifica dei risultati di tale
lavoro.
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L’alunno con disturbi specifici di apprendimento:
supporti efficaci ed insegnamento efficiente
di Anna Maria Daniela Sortino
Cap. 1 I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO
ELEMENTI DESCRITTIVI
Si parla di Disturbo Specifico di Apprendimento (D.S.A.) quando un bambino
dimostra delle difficoltà, a volte molto importanti, nell'acquisizione delle abilità
scolastiche (lettura, scrittura, calcolo) in situazione in cui il livello scolastico
globale e lo sviluppo intellettivo sono nella norma e non sono presenti deficit
sensoriali.
Non si tratta di disabilità, né di deficit intellettivi o di menomazioni; si tratta invece
di disturbi, che con adeguate strategie possono essere compensati e, quindi,
superati.
Sono disturbi specifici, perché interessano significativamente un dominio di abilità,
ma sono circoscritti, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.
I Disturbi Specifici di Apprendimento impegnano le istituzioni scolastiche a
definire strategie e metodologie adeguate per garantire anche a tali alunni il
successo formativo.
2
I DSA si evidenziano soprattutto nella fase evolutiva e la presenza, nella
popolazione in età evolutiva e per la lingua italiana, è oscillante tra il 2.5 ed il
3.5%.
I DSA sono attualmente ancora
non sempre
diagnosticati,
riconosciuti
tardivamente e talvolta anche confusi con altri disturbi.
Poiché purtroppo è quindi frequente che le difficoltà specifiche di apprendimento
non vengano individuate precocemente ed il bambino è costretto così a vivere una
serie di insuccessi senza che se ne riesca a comprendere il motivo.
Quasi sempre i risultati insoddisfacenti in ambito scolastico vengono attribuiti ad
uno scarso impegno, al disinteresse verso le varie attività, alla distrazione e così
questi alunni,oltre a sostenere il peso della propria incapacità, se ne sentono anche
responsabili e colpevoli.
L’insuccesso prolungato genera scarsa autostima; dalla mancanza di fiducia nelle
proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può
strutturarsi e dare origine ad una elevata demotivazione all’apprendimento e a
manifestazioni
emotivo
- affettive particolari quali
la
forte inibizione,
l’aggressività, gli atteggiamenti di disturbo alla classe e, in alcuni casi anche la
depressione.
Il soggetto con disturbo di apprendimento vive quindi il proprio problema molto
male e ne rimane imprigionato fino a che non si fa chiarezza, fino a che non viene
elaborata una diagnosi accurata che permette finalmente di affrontare la
situazione.
I disturbi specifici di apprendimento non vengono qualificati come disabilità e
pertanto non è possibile gestirli estendendo l’area per la quale il sistema prevede
l’assegnazione di docenti di sostegno, in quanto una adeguata competenza degli
insegnanti e un adeguato ausilio fornito agli alunni consentono il raggiungimento
di obiettivi pari a quelli che perseguono gli altri alunni della classe.
Un numero considerevole di alunni purtroppo
presentano problemi di
apprendimento che incidono sul loro rendimento e causando spesso un vero
disadattamento scolastico.
1.1 IL BAMBINO DSA E LE SUE DIFFICOLTA’
1
Proviamo, per un attimo, a metterci nei panni di un bambino o di un ragazzo con
disturbo di apprendimento e immaginiamone le esperienze e gli stati d’animo: egli
si trova a far parte di un contesto (la scuola) nel quale vengono proposte attività
per lui troppo complesse e astratte osserva però che la maggior parte dei compagni
si inserisce con serenità nelle attività proposte ed ottiene buoni risultati, sente su di
sé continue sollecitazioni da parte degli adulti (“stai più attento!”; "Impegnati di
più!”; “hai bisogno di esercitarti molto”…)
-si percepisce come incapace e incompetente rispetto ai coetanei per non percepire
il proprio disagio mette in atto meccanismi di difesa che non fanno che aumentare
il senso di colpa, come il forte disimpegno (“Non leggo perché non ne ho voglia!”;
“Non eseguo il compito perché non mi interessa”…) o l’attacco aggressività)
-spesso non si sente
pienamente autonomo nella quotidianità anche a causa di
lacune percettivo motorie
-inizia a maturare un forte senso di colpa; si sente responsabile delle proprie
difficoltà
- ritiene che nessuno sia soddisfatto di lui: né gli insegnanti né i genitori
- ritiene di non essere all’altezza dei compagni e che questi non lo considerino
membro del loro gruppo a meno che non vengano messi in atto comportamenti
particolari (ad esempio quello di fare il buffone di classe)
- talvolta il disagio è così elevato che si pone in una condizione emotiva di forte
inibizione e chiusura.
1.2 L’INGRESSO A SCUOLA
L’ingresso nella scuola elementare in alcuni casi, fa emergere un problema; il
bambino non apprende come gli altri, gli altri sanno già leggere e scrivere, lui
invece non riesce. Non di rado si sente dire ai genitori rispetto alla difficoltà del
figlio: “Non me lo aspettavo… mi è sempre sembrato un bambino intelligente
Ecco allora che si sottopongono i figli ad estenuanti esercizi di recupero
pomeridiano, si elargiscono punizioni (niente più sport, niente più play station…)
e, talvolta si arriva anche a far cambiare scuola al figlio (“ quelle insegnanti non
2
hanno capito nulla, meglio cambiare aria”).Risulta difficile sia per i bambini che
per i familiari convivere con tali disturbi ma soprattutto doverli accettare. Per
la maggior parte dei genitori la scuola è importante, è al primo posto nella vita
figli, tutto il resto viene dopo e, se la scuola va a rotoli…Per i genitori la dislessia
si presenta come una sofferenza da condividere con il proprio figlio che non é mai
adeguato alle richieste che gli vengono fatte. I genitori di conseguenza, vivono
l’impegno scolastico del figlio quasi in prima persona, un confronto continuo con
gli insegnanti e con le loro richieste. I DSA
per i bambini
che ne soffrono
rappresentano una frustrazione continua, unita alla frustrazione di non essere
talvolta compresi ed essere anche presi in giro dai compagni.
“Sono il primo della classe!”
disse il bimbo con orgoglio
e la mamma gli rispose:
“Che gran bene che ti voglio!”
Ma il bambino bisbigliò:
“Questa è una vera bugia …
sono il primo della classe …
quand’è l’ora di andar via!”
Questa filastrocca(1) riassume quello che può essere per un bambino l’inizio della
scuola primaria: aspettative, ansia, prestazioni, delusioni
(1)Tratta dal libro delle Filastrocche
Tutto quello che ha funzionato fino a quel momento, che ha dato sicurezza al
bambino viene rimesso in gioco, le strategie acquisite possono smettere di essere
efficaci, creando una grande confusione all’alunno e un senso di disagio. Questo
accade agli scolari che, passato l’entusiasmo iniziale per la nuova cartella, i
quaderni colorati e l’astuccio ricco di materiale, si trovano alle prese con le prime
difficoltà, i primi confronti tra amichetti, i primi insuccessi.
3
In ogni parte del mondo, come scrive la neuro-scienziata americana Maryanne
Wolf nel volume edito da Vita e Pensiero “Proust e il calamaro”: «Un bambino
brillante comincia la scuola allegro e pieno di entusiasmo; come gli altri bambini,
ce la mette tutta per imparare a leggere, ma a differenza degli altri, per qualche
ragione non sembra farcela. I genitori lo spronano a impegnarsi, gli insegnanti
dicono che non “rende come potrebbe”, e qualche compagno ne approfitta per
dargli dello scemo o del ritardato». Inizia così la storia del bambino–scolaro, una
storia che, in certi casi, ha risvolti davvero drammatici, finché non si riescono a
comprendere tutta quella serie di “perché” che gli permetterebbero di
intraprendere percorsi adeguati ed efficaci. Nonostante si parli molto di questi
problemi, purtroppo c’è ancora scarsa conoscenza e non sempre la diagnosi giunge
in tempi accettabili, cosicché sia il bambino che la famiglia tutta vivono esperienze
frustranti, generatrici di ansia e di un clima affettivo non certamente favorevole.
In attesa di definire il problema, il bambino “subisce” quindi la scuola, non
capendo perché quello che per gli altri sembra così facile per lui è invece così
complicato: si sente dunque“sbagliato”.Per gli insegnanti é uno dei tanti problemi
a cui oggi bisogna adeguarsi. I bambini con difficoltà di imparare a scuola ci sono
sempre stati e siano sempre stati considerati bambini che andavano male, che non
si impegnavano. Dunque venivano valutati per quello che facevano, anche bocciati.
Oggi bisogna invece cercare di aiutarli in tutti i modi, offrendo loro molte
facilitazioni. A scuola si insegna, la scuola è molto focalizzata sul processo di
apprendimento. Naturalmente nel processo di apprendimento si intersecano tre
ordini di fattori:fattori cognitivi, emotivo-relazionali e sociali. Ma anche variabili
relative all’alunno, all’ambiente e all’organizzazione scolastica,ai docenti, alla
didattica, alla famiglia e all’ambiente sociale dell’alunno. Quindi a scuola quando
ci troviamo di fronte a un alunno che non studia o che ha delle difficoltà
nell’apprendimento
si
devono
considerare
tante
variabili:
la
sua
motivazione,l’attenzione,l’autostima,le capacità cognitive, la metacognizione, lo
stile di apprendimento,gli stili d’insegnamento e relazionali dei docenti, la
didattica,il
clima
della
classe,l’organizzazione
caratteristiche della famiglia e dell’ambiente.
4
degli
orari
scolastici,
le
I disturbi specifici dell’apprendimento rappresentano un ambito clinico molto
problematico ed eterogeneo. Tale problematicità non è dovuta solo ed
esclusivamente agli aspetti clinici dei singoli disturbi, ma riguarda anche la scuola,
in cui i disturbi si manifestano e la vita quotidiana del soggetto con un disturbo
specifico.
Tali disturbi
hanno caratteristiche destabilizzanti poiché lettura e scrittura
rappresentano gli strumenti per decodificare, significare e descrivere la realtà
circostante e anche gli aspetti di vita famigliare.
Spesso i bambini con un disturbo specifico dell’apprendimento hanno reazioni
legate ad aspetti relativi all’autostima. Le reazioni di un bambino con disturbo
specifico possono considerarsi di tre categorie fondamentali: reazioni di tipo
aggressivo, caratterizzati dalla costante ricerca del soggetto di un’identità
all’interno della propria classe che può sfociare nell’attuazione di atteggiamenti di
tipo
provocatorio; reazioni depressive, date da un’immagine di sé negativa e
squalificante che si riflette sul presente del soggetto, per cui il soggetto si
percepisce come privo di valore, ma anche sul futuro, per cui vi è la convinzione
che le cose non miglioreranno mai e che nessuna persona o nuova attività possano
migliorare le cose.
I disturbi specifici di apprendimento sono dei deficit funzionali dovuti ad
alterazioni di natura neurobiologica, non dipendono quindi da problemi psicologici
(emotivo-relazionali, familiari, etc.), da pigrizia o poca motivazione. In altre
parole, si tratta di una caratteristica personale con cui si nasce, che si manifesta
appena si viene esposti all’apprendimento della letto-scrittura e si modifica nel
tempo, senza tuttavia scomparire. Tali difficoltà provocano conseguenze sul piano
psicologico, nonostante
l’ origine neurobiologica oltre che negli apprendimenti, nonostante l’intelligenza
sia normale. Le conseguenze di questi disturbi possono restare anche in età adulta
quando il disturbo può essere compensato (45% dei casi) o addirittura recuperato
(20%)
La difficoltà permane anche all’Università e nel mondo del lavoro: Di dislessia
purtroppo non si guarisce, ma il disturbo ha una propria evoluzione e può essere
quindi compensato.
5
Cap. 2 DISLESSIA : “CONOSCERLA PER AFFRONTARLA”
Occorre al più presto riconoscerne i segni, per riuscire ad intervenire, sia in
ambito clinico sia scolastico.
E’ fondamentale individuare i segnali di qualcosa che non procede nel modo
giusto in modo da dare vita ad un piano d’intervento tempestivo e, quindi,
maggiormente efficace. Quando si sottolinea l’importanza di una diagnosi
tempestiva di DSA, si tende a puntare più ad un migliore apprendimento e ad una
maggiore efficacia nelle abilità, tralasciando talvolta quello che è invece l’aspetto a
mio avviso più importante: la sfera emotiva e psicologica.
L’intera famiglia si trova a vivere un’esperienza che può essere, se non trattata
opportunamente, molto difficile poiché oltre al soggetto interessato direttamente si
trova anche essa coinvolta dal disturbo.
Le segnalazioni di difficoltà scolastiche dovrebbero avvenire di norma durante il
secondo anno della scuola primaria, per poi giungere alla fine della terza ad una
diagnosi e certificazione.
Con le attività di screening precoce e grazie alla nuova normativa, si fa ora più
attenzione ai soggetti che presentano all’inizio del loro percorso scolastico delle
grosse difficoltà per quel che riguarda in modo particolare la letto-scrittura.
Occorre
però dare una
giusta interpretazione
ai disturbi specifici di
apprendimento, spesso enfatizzati o ma anche troppe volte sottovalutati.
A partire dai quattro anni, il familiare o l’insegnante attento e preparato può
notare difficoltà legate al linguaggio, confusione tra suoni, frasi
“All’asilo i miei disegni erano indecifrabili, così dice il mio papà. Ma i grossi
problemi sono iniziati con la scuola elementare. Scrivevo male e leggevo peggio.
Ero continuamente sollecitato a fare meglio e, siccome la cosa non avveniva, sono
arrivate le brontolate, poi i brutti voti e la costrizione a riscrivere il compito dopo
aver strappato la pagina. Questa punizione mi gettava nella disperazione più
violenta perché per me aver scritto quella pagina aveva voluto dire una grande
fatica fisica e mentale.
Purtroppo mia mamma credeva fosse svogliatezza (non sapeva nulla della
dislessia) e a casa si metteva a fare l’aguzzina come facevano in classe i miei
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insegnanti: mi faceva piangere e qualche volta scappava la pacca o il pizzicotto. A
scuola non riuscivo a stare attento, ero sempre distratto e sul mio viso calava una
maschera inespressiva.”
Attraverso questo significativo breve racconto che rappresenta una storia come
tante raccontata da un bambino ormai cresciuto ma con il ricordo che gli affiora in
continuazione per il brutto periodo scolastico affrontato si inquadra il problema
soprattutto dal punto di vista educativo, relazionale, ed emotivo- motivazionale.
.- Le difficoltà di apprendimento possono essere scoperte già negli anni della scuola
dell’infanzia, quando si può individuare un ritardo da parte del bambino
nell’esprimersi verbalmente, nel riconoscere le prime letterine durante i giochi,
nell’imparare poesie, filastrocche e canzoncine, nel produrre disegni.
- L’affaticamento e la mancata identificazione da parte degli altri dell’impegno, la
frustrazione nel veder distrutto il frutto di tanto sforzo porta a demotivazione, a
rabbia che può essere rivolta verso se stessi o verso gli altri.
- La stanchezza dovuta alla fatica di doversi concentrare per compiere ogni azione
che per gli altri è automatizzata ha come causa la necessità di dover, ti tanto in
tanto staccare la spina e volgere il pensiero altrove, per essere poi accusati di
distrarsi facilmente e non seguire quanto si sta facendo oppure a chiedere spesso di
uscire per rilassarsi. Questo ha come conseguenza il fatto che il bambino perde
parte della lezione e non riesce a recuperare.
- La consapevolezza che nonostante il continuo esercizio non arrivano i progressi
sperati, ma aumenta solo la frustrazione porta l’alunno ad arrendersi perché
ritiene inutile continuare ad impegnarsi in ciò che non riuscirà mai a fare.
- L’aspetto più preoccupante è però quello legato alla maschera inespressiva di cui
parla il ragazzo: è questo quanto accade quando gli altri non riescono a rispondere
ai bisogni: l’alunno continua ad inviare segnali di aiuto in modo diretto o indiretto;
se questi sono disattesi si perde la capacità di esprimere le proprie necessità
annullandole ed annullandosi fino a non riuscire più ad esprimerle.
- I problemi aumentano con l’ingresso alla primaria, in un mondo fatto quasi
esclusivamente di lettere, numeri, dove si è valutati per le abilità e le competenze
legate proprio alla letto-scrittura.
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Arrivano a questo punto le prime delusioni: si perde fiducia negli insegnanti che
non riescono a capire le difficoltà dell’alunno e continuano ad incitare a fare
meglio, concentrarsi, impegnarsi di più; nei genitori che appaiono alleati al nemico
e accusano di svogliatezza, alzano la voce, puniscono; in se stessi e nelle proprie
capacità perché non si riesce a capire la ragione per la quale non si è in grado di
fare ciò che per gli altri sembra così facile.
Il bambino al momento dell’ingresso nel mondo della scuola primaria, lasciata da
parte l’evidente emozione e preoccupazione per la nuova esperienza, dopo aver
conosciuto nuovi compagni e nuovi insegnanti, si trova a vivere una nuova
avventura.
Un mondo fatto di regole (comprese quelle di comportamento), di simboli grafici,
di suoni da associare a questi simboli, di nuove abitudini.
L’ingresso alla scuola primaria comporta un profondo cambiamento nella vita del
bambino: negli anni della scuola dell’infanzia ha imparato a relazionarsi con gli
altri, a divenire un po’ più autonomo nella propria gestione, a vivere fuori
dall’ambito conosciuto e protetto della famiglia, a conoscere il valore delle regole,
ha messo in atto una serie di strategie che gli permettono di interpretare il mondo.
In quest’ambiente ha anche un primo contatto con quelli che diverranno poi
compagni di una vita: numeri e lettere. Questi compagni appena conosciuti
all’asilo, potranno essere gli amici verso la conoscenza, oppure dei dispettosi
ostacoli verso l’apprendimento.
E’ importante osservare le difficoltà legate all’apprendimento già
durante gli
anni della scuola dell’infanzia in quanto potrebbero già essere evidenti dei segnali
indicativi.
L’ansia che accompagna i primi giorni di scuola e che dovrebbe in poco tempo
dissolversi poco a poco, rischia a volte di divenire un incubo. Ben presto l’alunno
scopre che la scuola è fatta di valutazioni, si crea tra gli alunni una certa
competitività per essere accettati, per apparire bravi agli occhi degli altri.
Stare bene a scuola, stare bene con sé stessi è legato in questa fase ai primi successi.
Trovarsi in difficoltà, essere gli ultimi a finire, non sentirsi apprezzati dagli
insegnanti può essere un peso difficile da sostenere.
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In una scuola che pretende velocità e precisione, attenzione e partecipazione,
rispetto delle regole ma anche autonomia il bambino si sente disorientato, ha paura
di deludere genitori e docenti, di sentirsi escluso dai compagni.
Spesso non si comprende subito il problema del bambino e questo può portare a
sottovalutare le sue capacità , a non ritenerlo all’altezza dei suoi compagni, tanto
da far sì che lo studio per lui diventi un ostacolo, un qualcosa da tralasciare e da
interrompere appena possibile.
"Non lasciate mai che i bambini falliscano; fateli riuscire... rendeteli fieri delle
proprie opere. Li condurrete così in capo al mondo." C. Freinet
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Cap. 3 CLASSIFICAZIONE DEI DSA
I
disturbi
specifici
di
apprendimento
rappresentano
una
caratteristica
costituzionale di tipo genetico, congenito e neurobiologico, non dovuta a problemi
psicologici, a deficit di intelligenza o a disagio socio-culturale.
Sono:
EVOLUTIVI perché si manifestano in età evolutiva e il deficit riguarda lo
sviluppo di abilità mai acquisite e non perse a causa di eventi traumatici
SPECIFICI perché sono circoscritti solo ad alcuni processi indispensabili
all'apprendimento cioè quelli che normalmente vengono chiamati automatismi
Nella maggior parte dei casi questi disturbi sono associati cioè un bambino che
generalmente fatica a leggere presenta anche difficoltà nella scrittura, nel calcolo,
nella comprensione del testo.
Si
distinguono
in:
DISLESSIA ,
DISORTOGRAFIA,
DISGRAFIA,
DISCALCULIA
3.1 DISLESSIA difficoltà specifica nella lettura. Il bambino ha difficoltà ad
effettuare una lettura accurata e fluente, a decodificare il testo scritto. La dislessia
è una disfunzione dell’apprendimento innata che comporta lievi o gravi
incompetenze nei processi di codifica e di decodifica del testo scritto. Viene
attualmente
considerata
come
il
più
frequente
disturbo
specifico
dell’apprendimento. Le difficoltà fondamentali nella dislessia sono:difficile accesso
all’automatizzazione
della
scrittura
a
livello
di
associazione
grafema-
fonema difficoltà di orientamento spaziale: inversione di lettere e di numeri
,sostituzione di lettere (m/n; v/f; b/d),difficoltà ad imparare le tabelline e
informazioni in sequenza (lettere dell'alfabeto, i giorni della settimana, i
10
mesi),confusione sui rapporti spaziali e temporali (destra/sinistra; ieri/domani;
mesi e giorni)
3.2 DISORTOGRAFIA difficoltà a scrivere le parole usando tutti i segni
alfabetici, a saperli collocare al posto giusto e/o a rispettare le regole ortografiche (
accenti, apostrofi, forme verbali....)
Le difficoltà non sono legate solo alla lettura o alla scrittura in senso stretto intesa
come atto manuale ma possono anche riguardare la mancata automatizzazione
delle regole ortografiche.
Il bambino con disortografia evolutiva ha difficoltà nel tradurre correttamente in
simboli grafici i suoni che compongono le parole, pur essendo indenne dal punto di
vista cognitivo, sensoriale, neurologico, socioculturale e relazionale e avendo
usufruito di normali opportunità educative e scolastiche. Ci si riferisce a problemi
specificatamente ortografici e/o fonologici escludendo i problemi grafo-motori che
rientrano nella disgrafia.
Il problema riguarda quindi la transcodifica del linguaggio da orale a scritto.
Il bambino in questione presenta un numero eccessivo di errori in considerazione
dell’età,
della
classe
frequentata,
del
livello
di
apprendimento
atteso,
dell’intelligenza dimostrata.
Gli errori riguardano sia la trascrizione di parole che di frasi.
Quello che deve mettere in allarme oltre alla quantità di errori che non possono
essere sempre imputati alla distrazione, è il tipo di errori che vengono commessi in
modo frequente i quali non tendono a diminuire con il passare del tempo e con
l’esercizio costante.
Gli errori più frequenti riguardanti le parole sono elisioni, sostituzioni di fonemi,
inversioni, assenza o uso improprio delle doppie. Nella frase e nel periodo ci
possono essere alterazioni della struttura sintattica, cattivo uso di verbi e tempi,
disordine temporale nelle descrizioni degli avvenimenti, errata separazione delle
parole.
Le difficoltà si estendono alla punteggiatura che non sempre viene usata
correttamente.
Gli errori vengono distinti in fonologici, se non viene rispettato il rapporto tra i
fonemi e i grafemi ed errori non fonologici rappresentati da un’errata percezione
11
visiva delle parole. Nel primo gruppo troviamo lo scambio di grafemi (ad esempio
faso per vaso, bane per pane) l’omissione o l’aggiunta di lettere e di sillabe ( baco
per banco oppure bancoco), inversioni di grafemi in particolare nei monosillabi (
ad esempio il per li o al per la) o sillabe talovo per tavolo). Nel secondo gruppo non
ci sono errori di rapporto fonema-grafema, ma piuttosto di separazioni illegali di
parole (l’ava per lava, in vito per invito) oppure fusioni illegali frequentemente
quando più monosillabi si incontrano all’interno di un periodo (nonemio per non è
mio) o con parole apostrofate (lago per l’ago). Le difficoltà riguardano anche le
parole omofone e con digrammi o trigrammi. Le parole con “cu” o “qu” diventano
un ostacolo insormontabile così come “cq” o “qq”. Altri errori frequenti
riguardano accenti, doppie, “h”.
Il bambino disortografico, ha difficoltà nel recupero dei dati che gli permettono di
scrivere automaticamente i suoni e tradurli in segni sulla carta. In classe rimane
indietro nei dettati, fatica a concludere testi lunghi (che hanno innumerevoli
errori) e questo non per mancanza di capacità nel gesto manuale ma proprio a
causa della maggiore fatica dovuta allo sforzo continuo, sforzo per qualcosa che
per gli altri è naturale, è appreso, è ormai automatizzato. I compiti risultano
composti da poche frasi, piuttosto scorrette; tanto più il soggetto si sente sotto
pressione in particolare nelle verifiche oppure costretto a stare in tempi stretti
come ad esempio nei dettati o nelle prove a tempo, tanti più saranno gli errori
causati dall’ansia da prestazione. Il problema da non sottovalutare è quello di non
costringerlo a riscrivere intere pagine invocando un maggiore impegno, e a
sforzarsi di più perché è proprio il grande sforzo che
riconosciuto ad aggravare la situazione. Bisogna
a volte non viene
perciò evitare all’alunno di
aggiungere alla delusione per il compito fallito anche un ulteriore richiesta di
affaticamento.
Un altra problematica é rappresentata dalla correzione degli elaborati: segnare
tutti gli errori è deleterio perché affligge vedere una pagina con prevalenza di segni
rossi ed inoltre il bambino non riesce a spiegarsi perché i segni che ha riprodotto
non corrispondono a quelli richiesti dall’insegnante. Non si possono nemmeno non
segnare perché questo provoca la mancanza di consapevolezza da parte
dell’alunno dei propri limiti. Il filo sul quale ci si deve giostrare è molto sottile e
12
presuppone la conoscenza delle difficoltà da parte dell’insegnante e la presa di
coscienza del problema nella controparte. Succede a volte che genitori accusino le
maestre perché gli errori dei propri figli non vengono tutti corretti sui quaderni,
con la convinzione che il mancato apprendimento delle regole legate alla scrittura
siano causate dalla mancanza di attenzione dei docenti che non prestano
abbastanza attenzione agli elaborati. La disortografia spesso associata alla dislessia
crea notevoli problemi nell’apprendimento scolastico dato che gran parte
dell’attività che si svolge a scuola riguarda la letto-scrittura. Per quel che riguarda
l’apprendimento e il consolidamento delle competenze ortografiche, serve un
esercizio mirato per ogni difficoltà riscontrata. Per il riconoscimento delle doppie è
utile un’attività di segmentazione delle parole; per evitare errori con l’apostrofo è
utile disambiguare le parole omofone (l’ago-lago); per l’H è necessario puntare
sulle competenze grammaticali. Lo stesso tipo di esercizi va fatto con accenti e
regole ortografiche complesse sempre in modo graduale e progressivo.
La
disortografia è la difficoltà a tradurre i suoni che compongono le parole in simboli
grafici: il soggetto confonde i segni alfabetici che si assomigliano nel suono (f e v, t
o d) o nella forma (b e p), omette parti di parola (ad esempio la doppia consonante:
palla- pala), inverte i suoni all’interno delle parole (sefamoro anziché semaforo).La
disortografia può derivare anche da una difficoltà di linguaggio, da scarse capacità
di percezione visiva e uditiva, da un organizzazione spazio-temporale non ancora
sufficientemente acquisita o da un processo lento nella simbolizzazione grafica
.
3.3DISGRAFIA difficoltà a livello grafo esecutivo. Riguarda la produzione dei
segni alfabetici e numerici con tracciato incerto, irregolare. E' una difficoltà che
investe la scrittura e non il contenuto. La valutazione di disgrafia avviene, come nei
casi di dislessia, disortografia e discalculia, seguendo schemi precisi per garantire
13
omogeneità nelle valutazioni La disgrafia è il disturbo che più frequentemente si
presenta in considerazione delle stime che parlano di un bambino su cinque con
problemi di questo tipo, ed è forse il più trascurato. Le maestre durante i primi
due anni della scuola primaria impiegano molto del loro tempo ad insegnare ai
bambini a scrivere le lettere in stampatello maiuscolo per poi passare allo
stampato minuscolo ed infine al corsivo. Le pagine di letterine e di bella scrittura,
lenta e precisa dentro i quadroni di prima o le righe di seconda lasciano poi spazio
in terza ad una maggiore autonomia e libertà di espressione, perdendo un po’ alla
volta le caratteristiche di omologazione dei primi tempi. In ogni classe una media
di cinque bambini si sente richiamare spesso perché rimane indietro quando si
tratta di dover scrivere qualcosa in più, viene additato per la grafia pessima ed
illeggibile, viene chiesto loro di riscrivere pagine e pagine in modo più ordinato e
preciso. Per qualcuno di loro inizia un vero incubo. Prendere in mano la penna
diviene sempre più faticoso, con aumento di irrigidimento e peggioramento del
problema. La tensione può divenire eccessiva rendendo il gesto sempre meno
sciolto. A questo punto può iniziare il disagio per l’alunno che si sente inadeguato,
incapace frustrato.
Attraverso la conoscenza delle caratteristiche del disturbo, di come individuarlo e
come arrivare ad una diagnosi, delle possibilità di recupero da parte dei docenti,
dei famigliari ed anche del bambino è possibile arrivare ad un miglioramento della
scrittura e quindi del senso di autostima. E’ quindi opportuno che si presti la
dovuta attenzione anche a questo tipo di disturbo con un controllo costante delle
difficoltà dovute alla scrittura non sottovalutandole e provvedendo ad esercizi
mirati per difficoltà lievi e a terapia opportuna svolta da specialisti nei casi più
gravi. Gli alunni che presentano segni di disgrafia, una difficoltà di scrittura che
riguarda
quindi la riproduzione dei segni alfabetici e numerici si nota che
scrivono in modo irregolare, con velocità eccessiva o con estrema lentezza, la sua
mano scorre con fatica e l’impugnatura della penna è scorretta.
14
Manca il senso dello spazio: non vengono rispettati i margini del foglio, la scrittura
procede in salita o in discesa rispetto al rigo e a volte anche da destra verso
sinistra.
Le dimensioni delle lettere non sono rispettate, l’impostazione invertita, i legami
tra le lettere scorretti: tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al
soggetto stesso, che non può quindi individuare gli errori.
La disgrafia può essere legata alla disprassia e quindi a disturbi di coordinazione
motoria o essere secondaria e quindi dovuta ad una lateralizzazione incompleta.
A causa delle problematiche fino-manuali i segni appaiono irregolari per forma,
dimensione; il gesto non è fluido ed i legami tra le lettere sono scorretti. Le
difficoltà non riguardano solo la riproduzione di grafemi e scrittura di frasi dovuti
alla scarsa coordinazione oculo-manuale ma anche la riproduzione di figure
geometriche i cui angoli possono risultare arrotondati, con tratto non preciso e
difficoltà a chiudere le forme e il disegno libero che risulta difficoltoso.
La disgrafia riguarda quindi gli aspetti grafo-motori ed è un disordine delle
componenti periferiche esecutivo-fino-motorie e non riguarda le caratteristiche
linguistiche le cui problematiche sono relative piuttosto alla disortografia.
3.4 DISCALCULIA difficoltà nelle abilità di calcolo o della scrittura e lettura del
numero. La discalculia è invece una difficoltà nell’apprendimento del calcolo che si
manifesta nel riconoscimento e nella denominazione dei simboli numerici, nella
scrittura dei numeri, nell’associazione del simbolo numerico alla quantità
corrispondente, nella numerazione in ordine crescente e decrescente, nella
15
risoluzione di situazioni problematiche. I simboli numerici sono quantitativamente
inferiori rispetto a quelli alfabetici (10 cifre contro 21 lettere), ma complessa è la
loro combinazione che si basa sul valore posizionale. Per molti bambini, infatti,
non c’è differenza tra 15 e 51 oppure tra 316 e 631, in quanto essi, pur essendo in
grado di denominare le singole cifre, non riescono ad attribuire significato alla loro
posizione all’interno dell’intero numero.
Spesso alla base ci sono difficoltà di orientamento spaziale e di organizzazione
sequenziale che si evidenziano sia nella lettura che nella scrittura dei numeri ( il
numero 9 viene confuso con il 6; il numero 21 con il 12; il 3 viene scritto al
contrario così come altri numeri...).
Oltre a questo esistono coppie di numeri che hanno tra loro una lieve somiglianza,
come ad esempio il numero 1 e il numero 7; il 3 e l’8; il 3 e il 5. Confondere queste
cifre significa anche non attribuirle alla giusta quantità, per cui non è raro che
anche semplici esercizi vengano svolti in modo errato.
Di solito è presente la capacità di numerare in senso progressivo, cioè di procedere
da zero in poi (1-2-3-4-5...), ma non quella di numerare in senso regressivo,
partendo cioè da una determinata cifra e andando indietro ( 6-5-4-3-2-1-0).
Un altro ostacolo che crea al soggetto situazioni di disagio è la difficoltà a
memorizzare la tavola pitagorica con conseguente impossibilità ad eseguire
correttamente moltiplicazioni e divisioni.
Anche alla base della discalculia ritroviamo carenze relative alle abilità percettivomotorie, ma, non di rado, le difficoltà logico-matematiche sono attribuibili anche a
una carenza di esperienze concrete. Fin dalla primissima infanzia il soggetto deve
conoscere il mondo, manipolare gli oggetti, raggrupparli secondo criteri, costruire
con essi strutture via via più complesse.
Principali elementi di riconoscimento:

Difficoltà nel manipolare materiale per quantificare e stabilire relazioni

Difficoltà nella denominazione dei simboli matematici

Difficoltà nella lettura dei simboli matematici

Difficoltà nella scrittura di simboli matematici

Difficoltà a svolgere operazioni matematiche
16

Difficoltà nel cogliere nessi e relazioni matematiche
Abilità di base particolarmente compromesse

Lentezza nel processo di simbolizzazione

Difficoltà percettivo-motorie

Difficoltà prassiche

Dominanza laterale non adeguatamente acquisita

Difficoltà di organizzazione e di integrazione spazio-temporale

Difficoltà di memorizzazione

Difficoltà di esecuzione di consegne in sequenza
Cap.4 - L’ ESPERIENZA IN CLASSE “I MIEI ALUNNI”
Ho cercato di mettere in pratica quanto acquisito nel campo dei disturbi specifici
di apprendimento. Mi trovo ad insegnare presso due scuole secondarie di I° grado
di cui in una sono stata nominata referente per i DSA. Svolgere il ruolo
di
referente mi permette di avere il polso della situazione essendo a conoscenza dei
vari casi problematici e per di più trovandomi ad insegnare presso un istituto
comprensivo mi trovo a relazionarmi con insegnanti ed alunni appartenenti a
scuole di ogni ordine e grado di scuola. Anche se nell’altra scuola dove presto
servizio non sono la referente collaboro tanto con la collega incaricata e ciò mi ha
permesso di conoscere e seguire i diversi casi di bambini dislessici. In entrambe le
scuole ho casi di bambini certificati appartenenti proprio ai corsi dove sono
Componente
del
Consiglio
di
classe.
Oltre quindi a seguire gli alunni frequentanti la scuola secondaria di I° grado mi
sono presa carico in modo particolare anche di un bambino frequentante la classe
V^ della scuola primaria. Questo bambino di anni 10 presenta un aspetto
particolarmente triste sia perché segnato da vicissitudini familiari ma anche
perché avverte il disagio di non potere avere le prestazioni scolastiche dei suoi
17
compagni. Ho affrontato la problematica con la sua insegnante, la quale si era
arresa ad ogni tentativo didattico più funzionale al caso rilegando l’alunno al suo
“destino” di essere sempre indietro e senza capacità di seguire il passo. Ho cercato
di dare informazioni e consigli all’insegnante anche al fine di attuare una didattica
per l’intera classe
inclusiva di questo bambino con serie
difficoltà di
apprendimento. Il mio intervento è servito per cercare di mettere in atto delle
strategie, didattiche e soprattutto lavorando con delle schede specifiche e con l’uso
del computer. I progressi stanno anche se a piccoli passi arrivando. Si riscontra
che dal punto di vista psicologico il bambino comincia a sentirsi più sereno sia
perché si sente più attenzionato ma soprattutto anche perché più coinvolto ed
inserito nel “gruppo” classe.
Sono presenti a scuola alcuni alunni non certificati ma individuati come possibili
casi di alunni DSA. Alcuni di loro sono già attenzionati dall’intero Consiglio di
classe
e pertanto si é
avuto modo di avere un
colloquio con i
familiari
consigliando loro di effettuare una visita specialistica.
Ci si sofferma adesso all’esposizione di un altro caso che mi ha particolarmente
coinvolto. Si tratta di un bambino di anni 11 frequentante la classe prima della
scuola secondaria di I° grado. L’alunno in questione a causa del comportamento
particolarmente vivace e turbolento ha subito dall’inizio dell’anno una serie di
provvedimenti disciplinari. Si presenta proprio come un bambino menefreghista
di tutto e di tutti, con particolare aggressività verso i compagni e con atteggiamenti
non consoni verso gli insegnanti ed intollerante al rispetto delle regole. Da qualche
collega avevo percepito che era considerato
incapace nello studio di varie
disciplina poiché non riusciva ad apprendere in modo adeguato.Da quando ho
saputo ciò mi sono presa a cuore questo ragazzino, gli ho aperto le braccia per
aiutarlo, ho iniziato ad attenzionarlo non più solamente per le sue monellerie
poiché in questo alunno così “pestifero” e con atteggiamenti da “bullo”ho scorso
la sua fragilità, la sua sofferenza quando mi ha confidato che gli capita spesso
anche di piangere giacché ha capito di non riuscire ad apprendere come gli altri.
Anche la famiglia ormai é consapevole e soprattutto oltre a far sì che anche i
colleghi lo guardassero diversamente si è lavorato anche con la classe affinché non
18
lo giudicassero, non facessero confronti e diventassero pronti ad accettare la
“diversità” del compagno nelle performances scolastiche. L’alunno in questione
non riesce a fare quasi nulla, legge
e scrive in modo “disastroso” non
per
mancanza di impegno ma bensì perché non può farlo, purtroppo le sue difficoltà
d’apprendimento
non glielo permettono,,,,,,Dopo averlo tanto osservato nel suo
lavoro scolastico con l’utilizzo anche di materiale specifico si sta tenendo in
considerazione che trattasi di un probabile alunno dislessico. Ho
pertanto
consigliato ai colleghi di mettere in atto delle strategie didattiche e di valutare
diversamente i suoi errori e le sue difficoltà, rimanendo in attesa che possa
arrivare conferma da una visita specialistica.
4.1 ANALISI DEI CASI
Ormai i dislessici nelle scuole sono sempre in numero crescente. Passo adesso ad
analizzare i casi di
quindi
alunni certificati che ho l’opportunità di avere in classe e
di seguirli giornalmente. Si tratta di due alunni, una femmina ed un
maschio rispettivamente frequentanti una la classe prima e l’altro la classe terza
della scuola secondaria di primo grado.
Caso n.1 alunno di anni 13 frequentante il 3° anno della scuola secondaria di
primo grado. WISC-III: QI tot. 89
Abilità scolastiche; lettura DDE2 Sartori Tressoldi; Tempo lettura prova 2 e prova
3.Gli errori presenti nelle due prove si collocano entrambi sotto il 5° percentileova
di lettura
Pr ova di lettura MT2 correttezza e rapidità: Si evince che la lettura procede con
notevole difficoltà e lentezza, è sillabica, esegue numerosi errori del tipo omissione
o aggiunta di sillabi, sbaglia la lettura di divesi grafemi, modifica intere parole,
legge seguendo la lettura del testo con il dito e qualche volta salta il rigo.Cosiderate
le notevoli difficoltà riscontrate nella lettura gli viene somministrata la prova
MT(lettura e comprensione) al di sotto della sua classe di riferimento,quindi si
colloca nella fascia di richiesta intervento immediato.
19
Scrittura: DDE2 sartori tressoldi: prova 6-7-8 nel dettato la prestazione si colloca
al di sotto del 5° percentile
La scrittura spontanea sebbene presenta contenuti pertinenti all ‘argomento sono
presenti numerosi errori
Abilità di calcolo:Test AC-MT 11/14(classe 3^ media).Le prove evidenziano gravi
carenze nel processo di automatizzazione del calcolo, ma anche una significativa
difficoltà nello svolgimento delle operazioni durante le prove.
Dalla diagnosi risulta quindi un disturbo specifico di apprendimento (dislessia,
disortografia, disgrafia, discalculia)
Vengono proposte le seguenti misure compensative e dispensative:
- più tempo (o meno domande) nelle verifiche scritte
- uso di sintesi,schemi , ecc nelle specifiche materie
- liste di parole chiave per il reperimento lessicale create in base ai lessici specifici
di ogni materia,supporti visivi per ottimizzare lo studio e favorire la
memorizzazione delle informazioni linguistiche.
- possibilità di interrogazioni programmate con elenco parole o schemi di sintesi
per meglio gestire l’esposizione orale.
- eventuale uso del PC per gli elaborati scritti ed utilizzo della calcolatrice per la
matematica
Il ragazzo mostra quindi difficoltà di accesso lessicale correlate alla lentezza nella
lettura che sono causa di prestazioni non sempre sufficientemente adeguate nello
studio ed
in particolare nelle prove di comprensione del testo scritto. Si è
prestisposto il PDP ed anche in cosiderazione dell’approssimarsi degli esami di
licenza media ci si sta adoperando per farglieli affrontare nel modo più adeguato.
L’alunno infatti è particolarmente seguito al fine ha raggiungere
un certo
traguardo nelle varie discipline, certamente con l’aiuto di strumenti compensativi e
20
di misure dispensative, ed in particolare con l’utilizzo di immagini,schemi e mappe
concettuali. Ci sia avvia alla preparazione specifica per affrontare gli imminenti
esami di licenza media.
-----------------------
Caso n.2 alunna di anni 12 frequentante classe 1^ scuola secondaria di I° grado
Prove MT(indagine approfondita 5° elementare)Per quanto riguarda il parametro
di correttezza commette errori di sostituzioni(e/o/a), omissioni di sillabe.
DDE-2 .Nelle prove 2 e 3 prestazioni adeguate rispetto al criterio della
rapidità,poco o al di sotto per quanto riguarda la correttezza nella lettura. Nelle
prove odi scrittura,dettato di parole, dettato di non parole, dettato di frasi con
parole omofone la prestazione è al di sotto di 2 DS e sono presenti numerosi errori
fonologici.
Test Tressoldi-Cornolbi. Si riscontra un disturbo della prassia della scrittura,
risultano infatti carenti le abilità di motricità fine della mano che permettono di
creare la forma dei grafemi. Non sempre la rappresentazione grafemica dei fonemi
è corretta, si riscontra un’asincronia tra la fase di individuazione del grafema da
produrre e la fase di realizzazione:lenta e/o imprecisa.
Diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento con particolare riferimento alla
scrittura è quanto specificato nella certificazione specialistica dove viene messo in
risalto anche il temperamento dell’allieva la quale necessita del bisogno di
conferme, di richieste continue
di approvazione e mostra anche tratti di
insicurezza e di scarsa autostima. Sin dai primissimi giorni di scuola osservando
l’alunna è stato evidente constatare la sua bassa autostima, la sua insicurezza oltre
che i problemi relativi all’ambito della scrittura. Non tanto la codifica semantica
letterale o fonologica, ma proprio
anche la componente motoria è quella
compromessa, e alla stessa è stata attribuita inizialmente una certa goffaggine
motoria ed una scarsa coordinazione. L’intero Consiglio di classe si sta
adoperando affinché ogni difficoltà possa venire superata.
21
Cap. 5- IN PALESTRA CON GLI ALUNNI DSA: L‘IMPORTANZA
DELL ‘ATTIVITA’ MOTORIA E SPORTIVA
Essendo un insegnante di scienze motorie e ciò mi ha permesso di lavorare oltre
che all’interno di classe anche nell’ambiente più grande e tanto amato dagli
alunni:la palestra
22
Relativamente all’esperienza inerente la disciplina si sono programmate lezioni
che pur lavorando nel contesto classe hanno permesso di attenzionare gli alunni
dislessici anche dal punto di vista motorio. In particolare si è svolto un grosso
lavoro con l’ allieva appena citata,
grazie anche all’ impegno ed alla
collaborazione da parte della bambina permettendo di raggiungere dal punto di
vista motorio e significativi miglioramenti. Non sembra più la stessa bambina che
ha impressionato quando all’inizio dell’anno scolastico l’ho vista correre in
palestra, così impacciata goffa e scoordinata. L’alunna è stata inserita anche in
delle attività sportive pomeridiane oltre ad in un progetto Pon relativo all’ambito
psico-motorio svolto pure in orario extracurricolare i quali hanno contribuito ha
farle raggiungere sorprendenti risultati anche dal punto di vista della
socializzazione ed un proficuo inserimento nel gruppo classe.
Le sue insicurezze sembrano andate via… , Nonostante, a volte, soggetti con
D.S.A. incontrino difficoltà nella socializzazione all’interno di un gruppo di pari e
nella coordinazione motoria è importante riuscire a creare le condizioni affinché
essi possano sperimentare esperienze positive e socializzanti in contesti
extrascolastici di gruppo.
Con questa alunna
si é lavorato
tanto in palestra
percettivo-motoria facendo effettuare percorsi motori
in particolare sull’area
sia camminando che
correndo del seguente tipo:
-che sollecitino sequenze di schemi semplici ( sequenze di arti superiori, sequenze
di arti inferiori ), -combinati, globali ( es. saltare con la fune a piede uniti o con un
solo piede );
-di prassie bimanuali ( ad esempio, camminando, palleggi alternati con la mano
destra e mano sinistra );
23
-di coordinamenti balistici ( lanciare la palla e calciarla al volo, calciarla
dopo un rimbalzo ).
Percorsi e dettati motori sequenziali tipo il palleggiare e camminare
con
cambiamenti di ritmo o in senso generale sinestesie e coordinamenti motori
attraverso vari giochi di gruppo e tra questi quattro cantoni, palla avvelenata,
bandiera.
b) Al soggetto devono essere richieste prestazioni in sequenza.
c) Al soggetto deve essere richiesta una prova di organizzazione spazio –
temporale.
Importanti sono anche i Giochi in libertà, i quali consentono l’osservazione della
motricità spontanea del bambino.
Un esercizio utilizzato per Disprassia e spazio – tempo: insegnante e allievo sono
posti sulla stessa linea; l’insegnante lancia la palla ad una certa velocità verso la
linea opposta, il bambino deve correre ed arrivare insieme alla palla variando
sempre la velocità dei lanci .
Per il miglioramento della Coordinazione oculo-manuale + percezione spaziotemporale + lateralità vengono effettuati dei lanci cercando di centrare dei brilli
posti a diverse distanze.
Un esercitazione più complessa che viene eseguita è quella del dettato motorio
( memoria di sequenza ) + richiesta balistica + lateralità che consiste in
Camminare, lanciare la palla in alto, riprendere la palla a due mani, lanciare la
palla verso un bersaglio cercando di abbatterlo.
Quindi le situazioni di osservare relativamente all’area percettivo-motoria sono:
1. dettato motorio ( in situazione di velocità ) con osservazione balistica e richiesta
di verbalizzazione delle funzioni delle parti del corpo coinvolte ( elemento di
acquisizione dello schema corporeo );
2. giochi di gruppo + lateralità ( con ampia opportunità di azioni prassiche:
lanciare, stringere, o qualsiasi altra azione motoria);
3. memoria di sequenze motorie;
4. orientamento spazio – temporale ( realizzare un gioco in cui sia possibile variare
gli spazi ed il tempo a disposizione per compiere il gesto; percezione della
profondità; marce al ritmo di battute di mani );
24
5. sinestesie percettivo - motorie.
Il Disturbo dello Sviluppo e della Coordinazione spesso presente nei soggetti con
DSA ha come caratteristica fondamentale una marcata compromissione dello
sviluppo della coordinazione motoria. Nello specifico, la prestazione nelle attività
quotidiane che richiedono coordinazione motoria, sono sostanzialmente inferiori
rispetto a quanto previsto in base all’età cronologica del soggetto e alla valutazione
psicometrica della sua intelligenza.
Questo può manifestarsi con un notevole ritardo nel raggiungimento delle tappe
motorie fondamentali (per es. camminare, gattonare, stare seduti), con il far
cadere gli oggetti, con goffaggine, con scadenti prestazioni sportive, o con
calligrafia deficitaria
Le capacità coordinative speciali sono quelle legate a diversi contesti di attività
motoria e sportiva e comprendono: la capacità di equilibrio; la capacità di
combinazione motoria; la capacità di orientamento; la capacità di differenziazione
spazio-temporale; la capacità di differenziazione dinamica; la capacità di
anticipazione motoria; la fantasia motoria, ovvero la capacità di creare nuovi
movimenti.
L’educazione motoria è volta a promuovere, attraverso esperienze concrete e il
controllo cosciente del movimento e dell’azione, uno sviluppo adeguato e una
congrua comunicazione del bambino con l’ambiente circostante tenendo conto
delle potenzialità dello stesso.
Ciò si traduce con una buona conoscenza del bambino da parte dell’insegnante,
conoscenza che si declina nella cognizione delle potenzialità, necessità e limiti del
soggetto per favorire uno sviluppo funzionale che tende alla motivazione e alla
valorizzazione del bambino nel rispetto dei suoi tempi e dell’interazione con
l’ambiente circostante.
Questo significa che l’esercizio fisico non va inteso semplicemente come un atto
imitativo e ripetuto ma come un atto intenzionale in cui il corpo non è solo uno
strumento ma un modo di conoscere e comunicare. L’insegnante dovrebbe
25
scegliere quindi le attività più adatte alla componente motivazionale e relazionale
che intende stimolare. Bisogni fondamentali di ogni fanciullo sono indubbiamente:
esprimere se stesso; provare senso di pienezza e padroneggiamento del proprio
corpo; costruire ed esplorare una nuova esperienza.
Poiché l’apprendimento motorio complesso richiede un intervento diretto del
Sistema Attentivo Supervisore (SAS). Bisogna calibrare le risorse del soggetto, che
sarà impegnato in esercizi gradualmente sempre più complessi.
Gli aspetti del SAS che vengono toccati attraverso lo sport sono:
- la gestione della frustrazione;
- il controllo dell’interferenza;
- il cambiamento di compito;
- la gestione dei "doppi compiti";
- l'avvio e il "pronti e via" - allerta fasico
- l'attenzione sostenuta - allerta tonico
- lo sviluppo delle risorse.
Il primo punto, la gestione della frustrazione, è
proprio particolarmente
importante in relazione alla scuola
Un brutto voto, una delusione scolastica può essere problematica da gestire e
quindi lo sport può essere utile per superare le piccole sconfitte e per iniziare a
gestire la frustrazione.
E’ importante riservate il giusto tempo al gioco e allo sport, non è infatti
consigliabile chiedere ad bambino di stare ore ed ore a recuperare ciò che a scuola
è rimasto indietro: servirebbe solo ad aumentare il livello di frustrazione e a
creargli maggiori insicurezze È chiaro quindi che gli adulti che si trovano a stretto
contatto con un bambino con disturbo specifico debbano attuare meccanismi
relazionali particolari.
Con i miei alunni con DSA in modo particolare si é cercato di creare una rete di
rapporti di aiuto collaborativi e costruttivi, capaci di migliorare la coscienza delle
proprie capacità al fine di aiutarlo a costruirsi una nuova un’immagine di sé che
integri gli aspetti deficitari a quelli normali, a prendere contatto con i propri limiti
26
e le proprie potenzialità, evitando eccessive oscillazioni tra sentimenti contrastanti
di
positività
e
di
disfatta.
Gli insegnanti, in particolar modo, sono figure sensibili ed importanti nel cammino
di un soggetto con disturbo specifico dell’apprendimento: devono essere in grado
di graduare le difficoltà che presentano al bambino, rispettare i tempi di
apprendimento, selezionando i contenuti e privilegiando gli aspetti concettuali a
quelli quantitativi, devono motivare e coinvolgere tutti gli alunni senza creare
rapporti
di preferenza, devono usare le gratificazioni con oculatezza e come
rinforzo costruttivo, devono favorire le occasioni nelle quali sia possibile parlare
delle difficoltà e delle diversità. Come ben si sa attraverso la pratica dell’attività
motoria è sportiva è possibile conoscere un alunno sotto i diversi aspetti della
personalità.
Lo sport ha un ruolo importante nel miglioramento dell’apprendimento
“A volte la scuola non è una bella esperienza” e c’è bisogno di qualcosa di diverso
che ci faccia sentire bravi, che ricarichi la nostra autostima, una valvola di sfogo
che permetta di trovare le gratificazioni che stiamo cercando.
Ritengo che lo sport sia una delle attività che più si prestano a questo scopo,
risponde al bisogno di sentirsi bravi, capaci, permette di accettare la vittoria come
anche la sconfitta, è la vera scuola che prepara alla vita, con fatica e sacrifici spesso
non riconosciuti che possono aiutare anche ad affrontare le difficoltà scolastiche
con più motivazione.
Viviamo in un’epoca in cui i bambini sono sempre meno abituati a correre, sudare,
giocare.... con il sopravvento dell’era informatica i computer hanno modificato la
vita e, soprattutto, il tempo libero, anche dei più piccoli. Lo sport è importante per
chiunque, al di là della presenza o meno di un disturbo dell’apprendimento, ma
27
alquanto consigliabile anche che i soggetti con questo tipo di disturbi, anche se
preferibile uno sport che abbia poche e semplici regole da memorizzare, in modo
tale da non sovraccaricarli. Lo sport contribuisce a sentirsi “migliori”. E’ vitale
per ogni essere umano poter dire “sono capace”, “posso farcela”. E’ esperienza
fondamentale
nella
costruzione
dell’identità
individuale
l’esperienza
di
autoefficacia.
L’altro alunno DSA prima menzionato
frequentante la classe III media con
disturbi specifici di apprendimento (dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia)
trova nello sport la sua” valvola di sfogo”, il modo per reagire alla sua
frustrazione, il modo per potere esprimere al meglio sé stesso, lo sport è per lui la
sua ragione di vita
Durante l’attività
sportiva scolastica in palestra mostra particolare impegno
raggiungendo delle buone valutazioni. L’alunno è soprattutto particolarmente
gratificato dal fatto di far parte di una buona squadra che gli permette anche di
fare trasferte quindi con partite anche fuori della sua città. Dato le sue difficoltà
scolastiche che lo fanno sentire “diverso “ dai suoi compagni di classe è attraverso
lo sport che si sente emergere, che si sente efficace..
Cap.6
IDENTIFICAZIONE
ED
INTERVENTO
NELLE
DIFFICOLTA’
SPECIFICHE D’ APPRENDIMENTO
Alcune caratteristiche del soggetto che presenta DSA sono che utilizza il pensiero
visivo, non verbale, non lineare,ha problemi di memoria di lavoro, presenta
lentezza nell’organizzare le informazioni, disorientamento temporale, discrepanza
tra quoziente Intellettivo e rendimento; appare disorganizzato nelle sue attività,
28
sia a casa che a scuola ,ha difficoltà a copiare dalla lavagna e a prendere nota delle
istruzioni impartite.
Da un punto di vista emotivo l'alunno con DSA prova ansia, che è il più frequente
sintomo
emotivo,
rabbia,
generata
dalla
frustrazione
che
nasce
dalla
consapevolezza di essere inadeguato e incompetente rispetto alle richieste
scolastiche, conflitto interiore, causato dalla tensione tra l'aspettativa di
indipendenza sua, della famiglia, della scuola, e la sua dipendenza da altri.
Per ogni soggetto occorre intervenire in modo diversificato poiché non esiste un
dislessico uguale a un altro. Grazie ai programmi di screening che vengono
effettuati in alcuni casi già a partire dalla scuola dell’infanzia, si riesce talvolta ad
individuare presto chi è più in difficoltà e potrebbe avere problemi correlati
all’apprendimento. Queste iniziative su ampia scala possono a volte dare dei falsi
positivi DSA o falsi negativi ma con il monitoraggio costante ed eventuale invio allo
specialista, si riescono ad avere risultati soddisfacenti e soprattutto valutazioni su
base scientifica.
Nei POF di molti istituti già da anni si nota la presenza di attività volte
all’individuazione precoce di difficoltà di apprendimento.
Molti dislessici presentano anche diverse difficoltà a livello fonologico: non
riescono ad ordinare correttamente i suoni delle parole sbagliandone la pronuncia,
sono più lenti nella lettura rispetto agli altri bambini e meno capaci di tradurre le
lettere nei suoni corrispondenti. Queste difficoltà fonologiche potrebbero essere
causate da alcune problematiche delle capacità uditive di base: di solito nella
lettura le persone distinguono i suoni associati alle lettere e le variazioni di
frequenza ed intensità di essi e questo è possibile grazie ad un sistema di grandi
neuroni uditivi che non sembra essere particolarmente sviluppato nei pazienti
dislessici.
6.1 QUANDO E’ DIFFICILE IMPARARE
l bambino dislessico può leggere e scrivere ma non lo fa in maniera automatica, ha
bisogno di impegnare al massimo le sue capacita e le sue energie. Questo spiega
29
perché un bambino che soffre di questo disturbo si stanca rapidamente, commette
errori, rimane indietro, non impara come gli altri. Si può diagnosticare un caso di
dislessia dunque solo quando si è in presenza di una capacità di lettura e scrittura
sostanzialmente al di sotto di quanto ci si dovrebbe aspettare considerando l’età
anagrafica
del
soggetto,
la
valutazione
psicometria
dell’intelligenza,
e
un’educazione scolastica adeguata. Vanno differenziate le normali variazioni nelle
abilità di lettura dalla dislessia, poiché la dislessia può essere diagnosticata solo se
al soggetto sono state fornite adeguate opportunità scolastiche e culturali, se il suo
quoziente intellettivo risulta nella media e se non presenta deficit sensoriali che
possano da soli spiegare i problemi di lettura L’apprendimento della lettura non è
però così automatico come quello del linguaggio parlato, è un processo molto più
complesso che per alcuni bambini nei primi anni della scuola elementare
rappresenta un vero e proprio ostacolo ed evidenzia delle difficoltà non
riconducibili ad alcuna carenza intellettiva. La lettura dipende dall’abilità di
mettere in sequenza parole e suoni in maniera accurata, la quale a sua volta è
collegata a meccanismi visivi ed uditivi adeguatamente funzionanti. Quando si
inizia a leggere, tutte le lettere devono essere identificate e poi messe nel giusto
ordine affinché si possa avere un’accurata esecuzione e comprensione del testo che
ci troviamo davanti.
Questo processo non è così semplice come sembra, perché gli occhi eseguono
continuamente piccoli e rapidi movimenti, alternando fissazioni e saccadi,
mediante i quali passano da una lettera all’altra e da una parola all’altra. In
particolare le lettere devono essere messe in ordine per arrivare a cogliere la
parola nell’insieme e questo è possibile solamente se tale processo funziona al
meglio.
Attraverso la conoscenza delle caratteristiche del disturbo, di come individuarlo e
come arrivare ad una diagnosi, delle possibilità di recupero da parte dei docenti,
dei famigliari ed anche del bambino è possibile arrivare ad un miglioramento della
scrittura e quindi del senso di autostima. Bisogna certamente evitare che l’alunno
avverta disagio o che si senta inadeguato, incapace frustrato.
30
6.2 VALUTAZIONE E DIAGNOSI
– Dislessia: protocollo diagnostico
La prima funzione della diagnosi è quella di permette di evitare gli errori più
comuni come colpevolizzare il bambino – «non impara perché non si impegna» – e
di attribuire la causa a problemi psicologici. Questi errori determinano sofferenze,
frustrazioni e talora disastri irreparabili.
Una volta eseguita la diagnosi si possono mettere in atto aiuti specifici, tecniche di
riabilitazione e di compenso, nonché alcuni semplici provvedimenti come la
concessione di tempi più lunghi per lo svolgimento di compiti, l’uso della
calcolatrice o del computer. I dislessici hanno un diverso modo di imparare ma
comunque imparano.
Professionalità coinvolte nella valutazione:

Neuropsichiatra infantile o neurologo per la visita neurologica

Neuropsichiatra infantile, psicologo o neuropsicologo per la valutazione
dell’efficienza intellettiva

Psicologo per l’approfondimento psicodiagnostico e la valutazione della
personalità

Psicologo, Neuropsicologo con Logopedista e Psicopedagogista per gli
approfondimenti specifici
Procedura diagnostica:

Prima visita di accoglienza, raccolta anamnesi e valutazione delle
problematiche presentate

Applicazione del protocollo standard parte A per la valutazione della dislessia

Stesura della diagnosi di inclusione/esclusione della sindrome dislessica

Applicazione del protocollo parte B per la stesura del profilo e del progetto
riabilitativo
31
Protocollo diagnostico e linee guida per gli operatori: Esami necessari per la
valutazione della Dislessia

Valutazione della presenza o assenza di patologie neurologiche

Valutazione della presenza o assenza di psicopatologie primarie

Valutazione della presenza o assenza di deficit uditivi o della visione

Valutazione neuropsicologica con prove standardizzate per:

Lettura nelle componenti di Correttezza e Rapidità di un brano

Correttezza e Rapidità nella lettura di liste di parole e non parole

Scrittura nella componente di dettato ortografico

Calcolo nella componente del calcolo scritto e del calcolo a mente, lettura
di numeri e scrittura di numeri
E’ l’importante la valutazione neuropsicologica
poiché questa serie di esami
permette di raccogliere informazioni riguardo i danni e disfunzioni cerebrali e la
loro localizzazione.
Inoltre i soggetti con probabile dislessia, sia acquisita che evolutiva, devono essere
sottoposti a test delle funzioni sensoriali e ad una valutazione neuropsicologica
completa, comprensiva di test d’intelligenza.
I primi allo scopo escludere che il problema di lettura sia dovuto a deficit sensoriali
(della vista e dell’udito), la seconda per accertare che il disturbo non sia dovuto a
deterioramento
o
ritardo
mentale,
oltre
che
per
fornire
un
quadro
neuropsicologico del paziente. Il programma di intervento deve essere condiviso
tra servizi, scuola e famiglia in modo che le attività convergano e diventino un
unicum. Neuropsichiatra e/o logopedista si occupano della riabilitazione clinica, la
famiglia sostiene gli interventi e segue il percorso formativo, la scuola provvede
allo studio del caso predisponendo dopo accurata valutazione il piano didattico
personalizzato che funge da punto di riferimento per tutti i docenti sulle
metodologie didattiche più adatte per consentire un percorso scolastico quanto più
“normale” possibile, attraverso l’utilizzo dei mezzi compensativi più adatti.
32
6.3 LE DIFFICOLTA’ AD APPRENDERE A SCUOLA
Il benessere degli studenti, che deve essere sempre al centro del nostro lavoro.
I loro bisogni vanno al di là della conoscenza: riguardano l’essere capiti, non essere
compianti, aiutati semmai ad affrontale l’impegno scolastico, guidati ad affrontare
le difficoltà che si presentano parlando con loro, discutendo delle modalità più
opportune
per giungere a risultati positivi. Le discipline non dovrebbero essere uno scoglio
insormontabile, semmai una montagna da scalare con degli strumenti che
permettano un’ascesa più agevole. Una volta in cima, guardandosi attorno si vede
il mondo in discesa, ci si sente più forti, l’autostima rafforzata dalla conquista dà
più forza per andare avanti.
Gli apprendimenti avvengono principalmente tramite il canale della letto-scrittura.
Il bambino dislessico si troverà quindi immediatamente in una situazione di
difficoltà, non potendo accedere con la stessa facilita dei compagni agli
apprendimenti.
I bambini con DSA non riescono a leggere e scrivere in modo corrente e fluente,
ma lo riescono a fare impegnando al massimo le capacita attentive e le energie,
poiché non riescono a farlo in maniera automatica. Il processo non automatizzato
implica un dispendio di energie che fa si che i soggetti si stanchino rapidamente,
commettano errori, non imparino agevolmente. Ciò che alla maggior parte dei
bambini richiede uno sforzo minimo e viene presto eseguito senza grandi difficoltà,
per i bambini DSA rimane un ostacolo insormontabile, gli automatismi non
riescono a consolidarsi.
33
6.4 DISLESSIA E SCUOLA: L’IMPORTANZA DI UNA INDIVIDUAZIONE
TEMPESTIVA
Il bambino
che presenta difficoltà spesso assume in classe
comportamento particolare: si
in classe un
distrae facilmente, chiede spesso di uscire,
giocherella per rilassarsi, rimane indietro, non riesce a recuperare, fa sempre più
fatica, è come se si perdesse in un vortice. Questo meccanismo riguarda tutti i
campi del sapere e dell’apprendimento. Passa per la lettura, la scrittura, la
matematica per estendersi presto a tutte le materie di cui questi elementi sono la
base. Con la diagnosi del disturbo, viene visto a scuola diversamente e nello stesso
tempo non più sgridato e additato come distratto, svogliato, pigro e questo lo può
portare a riconquistare la fiducia prima di tutto in se stesso, poi nella scuola e
vedersi rivalutato anche dalla famiglia stessa. L’intervento per mettere fine a tutto
questo deve essere tempestivo per non creare problemi di autostima al bambino
che può arrivare al rifiuto della scuola intesa come fatica di imparare, fino alla
percezione di sé perché incapace di fare.
Considerata la facilità con cui un bambino intelligente, senza disturbi neurologici o
sensoriali, impara a leggere e a scrivere, per alcuni insegnante é inconcepibile che
un bambino apparentemente altrettanto capace non lo riesca a fare.
Una volta individuato il problema, bisogna intervenire per cercare di porre
rimedio quanto meno al disagio del bambino, alla sua frustrazione. Prima ancora
di intervenire sulle strategie da mettere in atto per proseguire in modo proficuo
nel percorso scolastico serve innanzitutto spiegargli perché a lui riesce impossibile
fare ciò che per gli altri dopo un po’ di fatica iniziale diviene automatico.
A questo deve essere affiancata una metodologia didattica che permetta di
recuperare quanto possibile con l’utilizzo della strategia più adatta per risolvere
34
il problema. Nelle
sue produzioni scritte non sono
più valutati gli errori
grammaticali o lessicali e l’utilizzo del computer con programmi come “C Maps”,
che danno la possibilità di elaborare gli schemi, integrarli, modificarli.
Quando ci si rende conto di trovarsi di fronte ad un bambino in difficoltà bisogna
intervenire in diversi modi, a seconda della gravità del fenomeno, dell’età, della
sua consapevolezza del problema e della sua propensione a farsi aiutare e ad
interagire.
La diagnosi e la terapia riabilitativa devono essere quindi tempestive per non
compromettere quindi oltre l’autostima anche i risultati scolastici. Si ricorre così a
quegli strumenti compensativi che consentano di poter seguire un percorso
scolastico soddisfacente. Certamente però principalmente bisogna puntare più che
ad un alunno bravo ad avere un ragazzo sereno senza traumi o problemi
psicologici legati alle proprie difficoltà di apprendimento.
Ancora diversi alunni subiscono quanto a scuola di spiacevole gli possa accadere:
Lacrime trattenute, perplessità perché non riescono a rispondere correttamente,
l’insegnante che con tono alterato li rimprovera
per mancato impegno
accusandoli di pigrizia, contribuendo ciò ad instaurare dei meccanismi di
autodifesa nei confronti della propria incapacità di far fronte alle richieste.
Si verifica anche che per ricercare una causa ai continui insuccessi scolastici, i
ragazzi vengono portati dai genitori dapprima dall’oculista sospettando che
l’origine possa essere una difficoltà visiva che renda difficoltosa la lettura e la
scrittura. In seguito però le difficoltà, con o senza occhiali continuano. Poiché non
tutti sono ancora informati che possano sussistere questi cosiddetti
disturbi
specifici di apprendimento quando non ci sono altre cause apparenti e si ha un
quoziente intellettivo nella norma, si torna il più delle volte all’idea di pigrizia o di
disinteresse per la scuola con gli insegnanti che suggeriscono un carico di lavoro
extra da fare a casa e un maggiore controllo da parte dei genitori. Può pertanto
35
accadere che questi alunni che all’inizio del percorso scolastico pensavano di
essere “bravi, capaci di fare tutto” rendendo orgoglioso chi gli stava intorno, si
sentano improvvisamente inadeguati: se imparare a leggere nonostante tutti gli
sforzi che fanno comporta solo mal di testa, mal di pancia , lacrime e delusioni,
pensano di non potercela fare.
Se la situazione non viene analizzata in tempo e non si interviene con misure
appropriate, si può arrivare a depressione, isolamento, rifiuto.
Negli ultimi anni però per far fronte alle difficoltà scolastiche sono stati fatti molti
passi avanti: non si pensa più che i ragazzi siano pigri, disinteressati, poco
intelligenti, svogliati lasciandoli al loro destino o peggio sottoponendoli a
frustrazioni inutili nel tentativo di farli recuperare ad ogni costo raddoppiando la
mole di lavoro, ma si cercano più approfonditamente le cause che possono portare
a questo.
36
Cap.7 DSA: ORIGINE E POSSIBILI CAUSE
L’Assist Institute , Delaware , USA dice : Dyslexia is a Kind of mind : “La
Dislessia è un modo di essere della mente , molto spesso , aggiunge , è una mente
portatrice di un dono, ma è una mente che è fisiologicamente diversa”. L’Orton
Dyslexia Society, americano , alla domanda cos’è la Dislessia fa presente che la
parola Dislessia deriva dal greco e soprattutto dall’insieme di due parole : il
prefisso “ Dis “ che si può tradurre in povero o inadeguato , e il sostantivo “ lexis “
che in italiano recita come parola o linguaggio. Lo stesso istituto afferma che” la
dislessia è una disabilità di apprendimento caratterizzata da problemi di natura
espressiva o ricettiva , riferiti al linguaggio scritto o orale”. Anche questa fonte la
descrive come un diverso modo di essere della mente , spesso dotata in altri campi ,
che apprende con difficoltà. Secondo una delle ipotesi attualmente più diffuse
sull’origine della dislessia, questa integrazione tra visione e movimento è permessa
dall’azione del “sistema magnocellulare”, una rete di neuroni di grandi dimensioni
che va dalla retina, attraverso la corteccia cerebrale ed il cervelletto, fino ai
motoneuroni dei muscoli oculari. Questo sistema è specializzato nel rispondere
particolarmente bene agli stimoli in movimento e rende possibile la percezione
delle relazioni spaziali tra gli oggetti. Ha quindi un ruolo fondamentale anche nel
meccanismo di posizionamento dell’occhio su ciascuna lettera in sequenza e nel
determinare l’ordine di esse nella costruzione di ogni parola. La lettura dipende
dall’abilità di mettere in sequenza parole e suoni in maniera accurata, la quale a
37
sua volta è collegata a meccanismi visivi ed uditivi adeguatamente funzionanti.
Quando si inizia a leggere, tutte le lettere devono essere identificate e poi messe nel
giusto ordine affinché si possa avere un’accurata esecuzione e comprensione del
testo che ci troviamo davanti. Questo complesso procedimento permette che gli
occhi eseguano continuamente piccoli e rapidi movimenti, alternando fissazioni e
saccadi, mediante i quali passano da una lettera all’altra e da una parola all’altra.
In particolare le lettere devono essere messe in ordine per arrivare a cogliere la
parola nell’insieme e questo è possibile solamente se il messaggio proveniente
dall’apparato motorio dell’occhio viene correttamente integrato con ciò che
l’occhio vede. La conoscenza delle alterazioni genetiche può aiutare a chiarire i
meccanismi che determinano la dislessia.
Alcuni neuroscienziati, sulla base soprattutto di risultati ottenuti da esami
effettuati con tecniche di visualizzazione cerebrale, sostengono che in molti
dislessici il sistema visivo magnocellulare non è del tutto efficiente e che la
sensibilità del sistema visuo-motorio in essi è minore rispetto a quella dei soggetti
che leggono senza difficoltà. Il controllo del meccanismo visivo nei pazienti
dislessici appare come più debole e questo spiega la percezione che a volte hanno di
lettere che sembrano muoversi e spostarsi nel corso della lettura. Questa
confusione nella visione potrebbe essere la conseguenza di un’incapacità del
sistema magnocellulare di stabilizzare gli occhi in maniera normale. Numerosi
studi tra i quali il più recente condotto da un gruppo di ricercatori italiani
sembrano aver rintracciato la causa della dislessia nel cromosoma 15. Una delle
principali implicazioni rintracciate dallo studio condotto dall’equipe italiana è che
quest’area del genoma risulta in grado di influenzare la suscettibilità alla dislessia
indipendentemente dalle caratteristiche culturali dei diversi Paesi in cui un
bambino può trovarsi a vivere. Pertanto, indipendentemente dal grado di difficoltà
grammaticali e dalle regole di lettura della lingua a cui un bambino viene esposto,
l’area cromosomica indagata dagli studiosi sembra essere tra i “colpevoli” del
disturbo. Tale ricerca proseguirà nell’intento di identificare in modo ancor più
accurato sul cromosoma 15 i geni alterati, cioè le unità più piccole codificanti del
genoma umano, coinvolti nella dislessia. Grazie quindi agli studi effettuati negli
38
ultimi anni sono stati compiuti grandi passi in avanti per quel che riguarda la
ricerca delle cause che portano ad avere disturbi specifici di apprendimento.
Cap.8 INSEGNARE LE DISCIPLINE NELLA
CLASSE CON
ALUNNI DSA
Per gli alunni con disturbi specifici di apprendimento l’ansia da prestazione, il
doversi esprimere di fronte all’insegnante e di fronte ai compagni, dover dare
risposte in tempi rapidi creano diverse difficoltà. Per evitare questo sono necessari
degli accorgimenti particolari e sopratutto il clima deve essere sereno, lo studente
deve essere il più possibile a suo agio, le domande non devono essere incalzanti
perché a volte il tempo necessario per reperire le informazioni si dilata.
Le difficoltà che più di frequente è possibile individuare sono: lentezza esecutiva,
facile affaticabilità, difficoltà nei processi di automatizzazione che rende difficile
eseguire contemporaneamente due attività contemporaneamente ad es. ascoltare e
scrivere o ascoltare e seguire sul testo; difficoltà di memorizzazione di filastrocche,
poesie, date, definizioni, termini specifici delle discipline, strutture grammaticali,
regole che governano la lingua italiana e straniera, tabelline, formule; difficoltà a
recuperare nella memoria nozioni già acquisite e comprese cui consegue difficoltà e
lentezza nell’esposizione durante le interrogazioni, difficoltà ad integrare le
informazioni.
E’ opportuno occuparsi di azioni volte alla promozione della consapevolezza del
proprio
modo
di
apprendere
dello
studente,
sviluppando
processi
di
autovalutazione e autocontrollo delle proprie strategie.
Il docente deve inoltre prestare attenzione ad alcuni particolari che possono
apparire irrilevanti ma che hanno un’importanza fondamentale come aiuto sia allo
studio che all’organizzazione del lavoro sia in classe che per lo svolgimento dei
39
compiti a casa. E’ buona norma controllare la corretta trascrizione dei compiti e
degli avvisi sul diario, verificare la comprensione delle consegne orali e scritte.
La corretta applicazione inoltre di quelle che sono le “buone prassi” agevola senza
dubbio il lavoro non solo degli studenti DSA ma di tutta la classe. Riprendere le
conoscenze precedenti per introdurre nuovi argomenti, utilizzare la videoscrittura,
utilizzare differenti modalità comunicative per attivare più canali sensoriali nelle
spiegazioni (ideale in questo senso la presenza della LIM in classe), promuovere la
conoscenza e l’utilizzo dei mediatori didattici come immagini, schemi, mappe sono
solamente alcuni degli accorgimenti da prendere avendo in classe un alunno DSA .
Per quanto riguarda poi la valutazione e l’aspetto psicologico utili sono in questo
senso accortezze quali limitare le correzioni a penna rossa, gratificare l’alunno e
sostenerlo nei momenti di difficoltà, incoraggiarlo e premiarlo per i successi.
Solo attuando queste prime necessarie azioni si può poi passare ad elaborare un
piano di studio personale ricorrendo agli strumenti compensativi e dispensativi più
idonei.
Gli strumenti compensativi devono essere attentamente presi in considerazione
valutando le effettive necessità dello studente, tenendo in considerazione la
diagnosi e le indicazioni in essa fornite, le osservazioni dei docenti e della famiglia
ed eventualmente dell’interessato nel caso in cui in relazione all’età, abbia una
buona consapevolezza dei propri bisogni e del proprio modo di apprendere e
sappia indicare quelli che sono gli ausili di cui ha bisogno, attraverso i quali si
sente più sicuro e che meglio padroneggia. Più complicata la situazione è però non
durante gli anni della scuola primaria dove in generale diagnosi e strumenti sono
accettati dai ragazzi ,ma durante gli anni della scuola secondaria sia di primo che
di secondo grado in quanto spesso l’uso dello strumento che fa sentire “diversi”
non è accettato per l’utilizzo in classe.
Se per la discalculia si punta soprattutto su tabelle e formulari, calcolatrice e
tavola pitagorica, in caso di dislessia e difficoltà di memorizzazione si forniscono
prevalentemente dispositivi che possano agevolare la lettura evitando un
affaticamento eccessivo durante tale attività. Utile potrebbe essere il computer per
videoscrittura con correttore ortografico, software didattici compensativi,
dizionario digitale, sintesi vocale, audio libri o libri parlati, registratore audio
40
digitale, programmi come C-Maps per la creazione e l’espansione delle mappe
concettuali ed elaborazioni grafiche.
Se gli strumenti compensativi sono volti a favorire l’apprendimento, le misure
dispensative sono volte soprattutto a mettere a proprio agio lo studente durante le
attività scolastiche. Anche queste vanno attentamente studiate e valutate a seconda
dei casi. Si dispensano i DSA dalla lettura ad alta voce, dal prendere appunti a
mano, dal rispetto dei tempi standard, dalla copiatura dalla lavagna, dallo studio
mnemonico di formule, termini assonanti, poesie, definizioni, forme verbali, dalla
scrittura veloce sotto dettatura, dall’uso del dizionario cartaceo, dallo scrivere in
corsivo, dall’utilizzo di materiali di studio scritti a mano.
Naturalmente la dispensa riguarda alcuni tipi di attività in particolare durante gli
anni della scuola secondaria, mentre in molti casi ed in particolare durante la
primaria c’è la necessità di eseguire tali compiti senza valutazioni, senza pressioni
eccessive da parte degli insegnanti e dando all’alunno tutto il tempo di cui
necessita. Ad esempio la lettura ad alta voce in classe può essere motivo di
imbarazzo per un dislessico ma va comunque invitato a non tralasciarla
completamente se si vuole arrivare a un miglioramento delle prestazioni.
Per quel che riguarda la lingua straniera, ci può essere una parziale dispensa
dall’esecuzione di attività in forma scritta privilegiando l’orale fermo restando che
la scrittura è in ogni caso un mezzo per l’apprendimento anche verbale e non va
quindi del tutto esclusa.
Leggendo la lista di quelle che sono le attività che andrebbero evitate, si potrebbe
pensare che lo studente DSA venga esonerato da tutto ciò che è l’attività scolastica
ma bisogna invece tenere in considerazione che queste sono disposizioni generali
che vanno adattate ad ognuno a seconda dei bisogni e della gravità del disturbo,
selezionando di volta in volta quelle che sono le necessità ed adeguandole al tipo di
azione che si sta intraprendendo. Si tratta di una serie di “attrezzi” a disposizione
per cui per ogni intervento bisogna prediligere quello più indicato. Non è detto che
un dislessico dispensato dalla lettura a voce alta non debba mai leggere e non possa
intervenire nelle attività didattiche, piuttosto va coinvolto con alcuni accorgimenti
come ad esempio anticipandogli che si lavorerà su quel testo così da permettergli di
prepararsi e sentirsi pronto ad intervenire e interagire con i compagni. Più ancora
41
della normativa e delle disposizioni bisogna mettere davanti a tutto la sensibilità
del docente che con semplici azioni può riuscire veramente a compensare le
difficoltà di apprendimento dagli alunni stessi
creando l’ambiente ideale per
poter sviluppare nel migliore dei modi le proprie potenzialità.
La verifica e la valutazione da parte dell’insegnante rappresentano sempre un
momento di tensione e di agitazione; nel caso di studenti DSA questo è in misura
ancora maggiore. Le lettere si mescolano e girano sul foglio, la lavagna diventa
ancora più nera, la confusione è totale. I termini specifici e le parole simili ronzano
in testa senza che si riescano ad afferrare, nomi assonanti si sovrappongono e non
si riesce a distinguerli. Questo è solo un esempio di quanto accade nel momento
fatidico che porta a fornire una prestazione di per se difficile e ad ottenerne un
voto che può talvolta pregiudicare la propria autostima prima ancora dell’anno
scolastico.
Anche in questo caso alcuni accorgimenti consentono di limitare il disagio e
favorire un rapporto più sereno con il compito in classe o con l’interrogazione.
Innanzitutto le prove (scritte o orali) andrebbero programmate con anticipo
fornendo indicazioni specifiche su ciò che viene richiesto, sulle competenze che
saranno oggetto di valutazione. Questo consente allo studente uno studio più
sereno e accorto. Bisogna sempre tenere in considerazione il maggiore sforzo
cognitivo del DSA sia nel momento della preparazione che della verifica e per
questo è opportuno non fissare più di una prova al giorno. Per fare questo è
sufficiente che ogni docente segni sul registro di classe con anticipo la data di
effettuazione del compito in classe evitando settimane nelle quali sono concentrate
tutte le prove; la creazione inoltre di un calendario delle interrogazioni consente a
42
tutti gli studenti una preparazione più accurata, e una minore tensione giornaliera
in classe tutti i giorni con il timore di essere chiamati e risultare impreparati.
Nel caso in cui una prova non sia ritenuta all’altezza dovrebbe sempre essere
possibile compensare con l’orale puntando a verificare le stesse competenze
richieste allo scritto. Nella correzione andrebbe valutata più il contenuto che la
forma non considerando gli errori sintattici e ortografici per gli alunni con
disgrafia e disortografia.
In considerazione dello sforzo mentale e la conseguente facile affaticabilità del
soggetto DSA, della lentezza di lettura ed esecutiva conseguente alle difficoltà di
automatizzazione dei processi di codifica e decodifica, le prove andrebbero ridotte,
ad esempio inserendo meno esercizi o meno elementi per ogni esercizio senza per
questo modificare gli obiettivi, oppure per alcune tipologie di prove consentire
tempi più lunghi di esecuzione e ciò questo è peraltro previsto anche nel corso di
test INVALSI e prove d’esame.
All’alunno deve essere data anche la possibilità di utilizzare strumenti informatici
necessari sia alla scrittura che al calcolo come anche tabelle, formulari, grafici
stabiliti dal PDP. Per quanto riguarda la grammatica, questa non dovrebbe di per
se costituire una prova a se stante ma si dovrebbe privilegiare il suo uso corretto
piuttosto che le definizioni e le acquisizioni teoriche che costituiscono un grosso
scoglio perché sono necessari automatizzazione delle procedure, memorizzazione
di tabelle ed elementi estremamente difficoltosi per lo studente DSA.
Per le lingue straniere si suggerisce di tenere maggiormente conto dell’orale
utilizzando per lo scritto prove a risposta multipla o che privilegino la
corrispondenza tra parola e immagini in particolare per la scuola primaria.
Le misure volte a dispensare lo studente da alcune attività tipiche della vita
scolastica, e a supportarlo con degli strumenti che lo agevolino vanno analizzate di
volta in volta a seconda dei bisogni del soggetto interessato, vengono discusse
dall’intero Consiglio di classe tenendo conto delle indicazioni presenti nella
diagnosi funzionale e delle osservazioni dei docenti durante l’attività didattica. Per
predispone il Piano Didattico Personalizzato, la collegialità, la collaborazione, il
lavoro di equipe sono fondamentali per i proseguo del lavoro e per l’attuazione del
piano stesso, perché questo non rimanga solo cartaceo ma sia attuato fino in fondo.
43
Il PDP deve riportare oltre ai dati della scuola, quelli dello studente, le indicazioni
riguardanti la certificazione con l’indicazione dell’istituzione che l’ha redatta, la
data del rilascio, lo specialista che ha formulato la diagnosi, la tipologia di
disturbo, la gravità, eventuali comorbilità, gli interventi riabilitativi effettuati o
previsti.
Vengono altresì riportate le indicazioni su lettura strumentale (velocità e
correttezza), comprensione della lettura e dell’ascolto, tipo di scrittura (carattere
utilizzato, grafia, tipologia di errori, caratteristiche nella produzione della frase),
oltre che aspetti importanti come difficoltà a copiare dalla lavagna, a scrivere sotto
dettatura, a prendere appunti. Nel caso di discalculia si riportano le caratteristiche
rilevanti del processo di apprendimento, relativamente a processi lessicali
(nell’attribuire il nome ai numeri), processi semantici (comprendere il significato
dei numeri attraverso una rappresentazione mentale di tipo quantitativo), processi
sintattici (capacità di comprendere le relazioni spaziali tra le cifre che costituiscono
i numeri ovvero il valore posizionale delle cifre), counting (ovvero capacità di
conteggio e calcolo orale e scritto). Le osservazioni riguardano inoltre le capacità
di studio: si osserva se lo studente è in grado di seguire quanto esposto in classe
sottolineando, prendendo appunti, creando mappe oppure se è necessario per lo
studio l’utilizzo del computer e della sintesi vocale.
Importanti sono inoltre le segnalazioni riguardanti i punti di forza dell’alunno,
indicando
interessi
particolari,
abilità
in
determinate
aree
disciplinari,
predisposizioni personali.
Di notevole rilevanza è senza dubbio l’analisi degli aspetti correlati e cioè
dell’autostima, dei rapporti con gli adulti (insegnanti, familiari e specialisti) e con i
compagni, l’impegno e l’autonomia scolastica, i tempi di attenzione, la
consapevolezza dei propri problemi e del proprio modo di apprendere.
Attraverso la diagnosi e le osservazioni di docenti e familiari è inoltre possibile
identificare le caratteristiche del processo di apprendimento.
Gli interventi metodologici che si possono attuare sono molteplici ma innanzitutto
è indispensabile creare un clima di apprendimento sereno, favorendo anche il
lavoro in modo cooperativo, attraverso esperienze laboratoriali creando anche
attività di recupero individualizzate per l’alunno DSA.
44
Cap.9 LE DIFFICOLA’ PER LA LINGUA STRANIERA
Anche se l’origine del disturbo è neurologica e quindi indipendente dalla lingua
che si sta studiando ma è altrettanto vero che alcune lingue risultano più
problematiche a causa della poca trasparenza della stessa. L’opacità è costituita in
particolare da una combinazione molto alta di suoni associati a gruppi
consonantici e vocalici: non si può capire come pronunciare una parola solo
leggendo i singoli fonemi. Per il francese la difficoltà è invece legata all’ortografia
poiché ci sono molte parole omofone ma con grafia diversa (ad esempio i verbi);
nel tedesco risulta difficoltoso il lessico e le molte regole grammaticali in
particolare di declinazione di articoli, aggettivi, sostantivi.
45
E’ per questo che in Italia la percentuale di DSA si assesta intorno al 4% mentre
nei paesi di origine anglosassone è del 10-15%
Talvolta ci si trova di fronte a studenti border-line non diagnosticati ma che si
trovano di fronte a grosse difficoltà nello studio di un’altra lingua; il più delle volte
la spiegazione poco scientifica è “non vi è portato” ma può nascondere un disturbo
di altro genere. Questo porta ad una considerazione ulteriore, di fronte alla
possibilità di essere “dislessici in una lingua e non nell’altra”. Frequenti sono in
questi ultimi tempi le certificazioni per “dislessia differenziale”
Si riscontra confusione tra le colleghe di lingua straniera alle prese con soggetti
DSA , e per il ruolo di referente assunto ha comportato il tenermi costantemente
informata degli alunni durante il loro percorso di apprendimento della lingua
inglese.
Nei soggetti DSA vengono riscontrate
prestazioni atipiche poiché commettono
errori non consoni, ripetuti e protratti nel tempo nonostante un impegno e
un’attenzione accettabili.
Alcune
carenze linguistiche di un DSA sono ad esempio la difficoltà a
memorizzare l’alfabeto, una conta, nella comprensione orale c’é una carenza nella
discriminazione di suoni che percepisce come un unicum e non riesce a scindere,
oltre alla difficoltà di rispondere a domande orali con un’eccessiva lentezza
rispetto ai compagni o ancora nello scrivere la parola stessa .
Nella letto-scrittura si possono evidenziare problemi nel riconoscimento della
forma grafica di una parola appena pronunciata, rifiuto a leggere, difficoltà a
copiare dalla lavagna, e nello scrivere sostituzione di lettere simili (ad es. v-f, m-n),
elisione di parti di parole, mescolamento di sillabe, confusione tra parole simili (cat
- but). Si possono evidenziare inoltre difficoltà nell’utilizzo del dizionario cartaceo.
A questo si aggiunge quella che è definita ansia linguistica che è tipica di molti
studenti ma è amplificata nel caso di studenti DSA.
Si è a lungo pensato che la dislessia (e disturbi correlati) fosse un problema
riguardante solo i docenti di italiano e di matematica, ed in particolare le maestre
per una individuazione precoce del problema e gli interventi riabilitativi del caso.
Le lingue straniere, in particolare quelle opache come l’inglese, possono
rappresentare un vero problema per un dislessico, in particolare se consideriamo
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l’apprendimento di questa particolare materia solo facendo riferimento all’aspetto
di competenza linguistica sia essa orale che scritta, che passa attraverso il canale
fonetico -fonologico e grafico: saper leggere, saper ascoltare, saper parlare e saper
scrivere attraverso un codice linguistico che non è quello materno può risultare
arduo.
L’obiettivo della lingua é nei primi anni della scuola secondaria di primo grado
comunque quello della comprensione globale del testo per poi passare
successivamente ai dettagli più avanti in particolare alle superiori dove si passa ad
un’analisi selettiva e poi analitica.
Per quanto riguarda la valutazione bisogna considerare l’efficacia comunicativa
che permette di trasmettere un messaggio anche con errori, adeguando la lingua al
contesto e con appropriatezza linguistica, tenendo in maggior considerazione i
contenuti e non la forma stessa per quanto riguarda i DSA. Quando si ha a che
fare con quelli che vengono ora definiti studenti DSA e che fino a qualche anno fa
erano invece classificati come incapaci o svogliati, l’insegnamento delle lingue
straniere comporta difficoltà maggiori. Sempre più spesso arrivano nelle nostre
mani certificazioni di dislessia, i genitori pretendono la dispensa per i loro figli da
queste materie, durante i consigli di classe si fanno lunghe discussioni sulle
modalità di compilazione del PDP, sulle valutazioni, sulle problematiche legate agli
esami di stato. Si può in casi di particolare gravità arrivare su richiesta dello
specialista e della famiglia alla dispensa dalla valutazione della forma scritta,
trasformando i compiti scritti in forma orale che abbia come obiettivo la verifica
delle stesse competenze richieste. Questo è diverso dall’esonero previsto in casi
molto gravi ma che comporta a conseguenze nella carriera scolastica. L’allievo non
riceve un diploma con valore legale bensì un certificato di frequenza come nel caso
di certificati L.104. Per una dislessia lieve sono spesso sufficienti strumenti
compensativi e misure dispensative ma soprattutto accorgimenti che facciano
capire all’alunno di essere sostenuto nel suo percorso formativo non solo dalla
famiglia ma anche dai docenti. Le attività intraprese e che vanno indicate ed
approvate dal Consiglio di Classe e dalla
famiglia, vanno concordate
accuratamente, non imposte, in modo che lo studente sappia che a lui vengono
concessi dei mezzi diversi per farlo arrivare a fare quello che fanno i compagni ma
47
seguendo un altro percorso. Si può notare che le azioni tipiche della lezione di
lingua straniera sono attività che richiedono di per sé una automatizzazione dei
processi linguistici, ed inoltre caratterizzate dalla contemporanea richiesta di più
abilità contemporaneamente. L’ansia linguistica è senza dubbio presente in tutti gli
allievi, per gli studenti dislessici che già di per se hanno una forte ansia dovuta
dagli insuccessi scolastici, questo è un fattore aggravante che può portare
dall’iniziale atteggiamento di curiosità ad uno di chiusura e di rifiuto derivante
dall’eccessivo affaticamento che comporta la nuova lingua. Lo studente diventa
selettivo, punta sulle materie nelle quali sente di poter riuscire concentrando le
proprie forze ed evitando così un ulteriore sforzo cognitivo eccessivo che in ogni
caso lo porterebbe all’insuccesso se non vengono adottati gli opportuni
accorgimenti nella didattica da parte del docente. Ogni intervento deve tener
presente di quelle che sono le caratteristiche del disturbo e più in particolare del
tipo di dislessico per il quale si sta lavorando. Fattori da considerare sono la
memoria di lavoro per le attività in particolare di comprensione scritta e orale, la
memoria esplicita per riattivare tutte le strutture del lessico e della grammatica,
memoria implicita che consente di automatizzare le procedure applicando le
regole. In ogni attività proposta entrano in atto tutte queste componenti, che
essendo indipendenti dal controllo volontario non possono essere gestite. Nella fase
iniziale dell’apprendimento della lingua è quindi necessario che oltre all’ascolto dei
testi da CD, l’insegnante compensi con lettura lenta e scandendo bene le parole.
Ideale sarebbe avere a disposizione la LIM con DVD con sottotitoli. Questo
permette di comprendere il contesto, seguire il dialogo o quanto proposto. Non
disponendo in classe di LIM,Vengono spesso fornite agli alunni DSA prima di
affrontare un nuovo
argomento delle indicazioni e delle tabelle di
aiuto. Il
compito svolto non deve essere corretto “in modo punitivo” tempestando di segni
rossi la pagina, in modo da non minare l’autostima già fragile dell’alunno. Con
l’esercizio costante potrà poi essere in grado di esporre anche se non in modo
fluente quanto appreso con l’aiuto di mediatori didattici quali mappe , schemi
didascalie, immagini che possano orientarlo e richiamare i concetti appresi. Avere
uno strumento in più nel corso dell’interrogazione vuol dire soprattutto sentirsi
più sicuri, potersi appoggiare ad uno schema nel quale siano riportate le parole
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chiave, in modo di organizzare il discorso in modo logico, affinché lo sforzo
riguardi più l’esposizione che la memorizzazione e il reperimento dei dati.
Naturalmente durante le verifiche opportunamente predisposte per questo tipo di
problematiche si tiene in dovuta considerazione più il contenuto che la forma dello
scritto ma gli strumenti forniti sono sempre stati di aiuto ai ragazzi per poter
produrre in modo abbastanza efficace.
Cap.10 RIFERIMENTI NORMATIVI ED ASPETTI LEGISLATIVI
Numerose leggi, decreti ministeriali, note e regolamenti regionali sono stati
emanati dal 2004 in tema di dislessia e più in generale di disturbi specifici di
apprendimento: La legge 170 del 2010 non ha soltanto raccolto quanto era stato
legiferato in materia negli anni precedenti, ha modificato innanzitutto il ruolo della
scuola e tutelato l’alunno in difficoltà mettendo al centro di tutto la persona, lo
studente. Gli alunni DSA sono tutelati dalla legge n.170 che si inquadra nel più
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generale tema della realizzazione del diritto allo studio e del perseguimento del
successo formativo di tutti. La prospettiva é quella
-della scuola inclusiva, in quanto la lettura e la scrittura costituiscono una
imprescindibile chiave di lettura del mondo,
-della personalizzazione, cioè della valorizzazione della persona.
La legge ha altresì disposto “che le istituzioni scolastiche garantiscano l’uso di una
didattica individualizzata e personalizzata con forme efficaci e flessibili di lavoro
scolastico che tengano conto delle caratteristiche peculiari del soggetto adottando
una metodologia e una strategia educativa adeguata”. La legge 170/2010 e le linee
guida ministeriali del MIUR del luglio 2011 hanno contribuito a fare chiarezza
legiferando in un settore dove c’erano molte lacune normative ponendo delle
regole chiare e precise su come agire in ambito scolastico specificando misure
dispensative e compensative, modalità di attuazione degli esami, la specificità
dell’insegnamento delle lingue straniere.
Le finalità sono quelle di garantire il diritto all’istruzione anche per chi si trova in
difficoltà e quindi offrire pari opportunità agli studenti con disturbi specifici di
apprendimento consentendo l’utilizzo di strumenti che siano di aiuto in ambito
scolastico, invitando inoltre ad una didattica il più possibile adeguata e
personalizzata in funzione proprio della specificità di ogni alunno dislessico.
L’intenzione del legislatore è inoltre quella di formare i docenti che si trovano
altrimenti impreparati ad affrontare i nuovi scenari che si stanno presentando,
sensibilizzare i genitori verso le problematiche riguardanti l’apprendimento e
creare una sinergia scuola-famiglia-servizi che possa essere la base di ogni
iniziativa glottodidattica per ciò che riguarda la formazione ma innanzitutto
educativa e volta al benessere psicologico riducendo i disagi e possibilmente
eliminando le barriere che portano a perdere stima in se stessi e a perdere
l’autostima e la motivazione allo studio.
Il 27 dicembre scorso il Ministro ha firmato una Direttiva recante “Strumenti
d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale
per l’inclusione scolastica” che delinea e precisa la strategia inclusiva della scuola
italiana al fine di realizzare appieno il diritto all’apprendimento per tutti gli alunni
in situazione di difficoltà. Sembra però quella direttiva non sembra si sia prestata
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molta attenzione almeno fino a quando, il 7 marzo, non è stata pubblicata la
circolare applicativa n. 8 sui cosiddetti “bisogni educativi” che susciterebbe, per
alcuni, una serie d’interrogativi sulle concrete ricadute e sugli aspetti delicati e
importanti della vita quotidiana delle scuole. Certamente leggendo e riflettendo
sulla direttiva e sulla circolare si possono evidenziare degli aspetti positivi così
pure le criticità.
Pur riconoscendo l’obbligo di presentazione delle certificazioni per l’esercizio dei
diritti conseguenti alle situazioni di disabilità e di DSA, la direttiva estende a tutti
gli studenti il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento e al campo
d’intervento e la responsabilità di tutta la comunità educante all’intera area dei
Bisogni Educativi Speciali (BES), comprendente: “svantaggio sociale e culturale,
disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà
derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché
appartenenti a culture diverse”.
Richiamare la responsabilità di tutta la comunità educante significa puntualizzare
che ogni membro dovrà contribuire, nel rispetto e diversità del proprio ruolo e
della specifica competenza, alla programmazione e alla realizzazione dell’itinerario
formativo di ogni alunno.
La riflessione e l’esperienza permettono che per affrontare e risolvere le difficoltà,
occorre che ogni operatore scolastico interiorizzi e traduca in azioni didattico educative, l’idea che lo studente non appartiene esclusivamente alla classe o al
gruppo al quale è affidato, né tanto meno, se si tratta di alunno con disabilità, al
“docente di sostegno”, ma è in carico a tutta la comunità scolastica. In questa
nuova e più ampia ottica, la scuola deve diventare una comunità accogliente nella
quale tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, possano
realizzare esperienze di crescita individuale e sociale. “L’inclusione” diventa,
perciò, un processo attraverso il quale la scuola, per mezzo dei suoi diversi
protagonisti (studenti, insegnanti, personale ATA, dirigente scolastico, famiglia,
territorio) assume le caratteristiche di un ambiente che risponde ai bisogni di tutti
gli studenti e in particolare di quelli con bisogni speciali. È vero che le risorse
strutturali, economiche e umane si vanno sempre più dimezzando ma ciò non può
costituire un alibi in un momento particolarmente critico per le nostre strutture
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educative. Il processo d’inclusione può e deve iniziare dall’interno di ogni scuola
partendo da ciò che abbiamo, valorizzando le risorse presenti, creando reti di
competenze professionali alla ricerca di obiettivi condivisi.
CONCLUSIONI
52
Ritengo fondamentale la comunicazione continua con i “miei DSA” perché il
primo passo è stato proprio parlare con loro, capire di cos’avessero bisogno, come
si sentivano più sicuri. Alcuni di loro lo diventano anche solo sapendo di sentirsi
compresi ma altrettanto importante é il rapporto di collaborazione che si è possa
instaurare con i loro familiari.
Sono consapevole che pur essendomi impegnata al meglio anche nello svolgimento
del ruolo di referente per i disturbi specifici di apprendimento di non aver risolto
tutti i problemi ma ho soprattutto instaurato un buon rapporto con gli alunni e
creato un clima di lavoro sereno sia per me che per i ragazzi in modo che si
sentissero tutelati e compresi e quindi più disponibili ad affrontare le difficoltà che
di volta in volta si presenteranno.
L’insegnante deve comportarsi da vero facilitatore per l’apprendimento e quindi
offrire il suo aiuto per un percorso scolastico facilitato ma sopratutto appropriato.
Nell’ambito delle scuole dove insegno e dove ho riscontrato una certa apertura e
disponibilità da parte di alcuni colleghi, ho avuto modo di essere di supporto
fornendo loro informazioni materiali e consigli.
Negli ultimi anni per far fronte alle difficoltà scolastiche degli alunni con DSA
sono stati fatti molti passi avanti: non si pensa più che i ragazzi siano pigri,
disinteressati, poco intelligenti, svogliati lasciandoli al loro destino o peggio
sottoponendoli a frustrazioni inutili.
Tanto però può essere ancora fatto
soprattutto nel dare una maggiore formazione agli insegnanti . Proprio qualche
giorno fa
partecipando
ad un incontro di formazione dalla seguente
tematica:”Insegnare le discipline nella classe con alunni DSA “ho avuto la
sensazione che un consistente numero di colleghi appartenenti a varie scuole di
ordine e grado si affacciasse per la prima volta per conoscere il complesso “mondo
dei
disturbi
specifici
53
di
apprendimento.
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www.aid.it
www.rossellagrenci.com
www.dislessia.it
www.dislessiainrete.org
www.dislessiapassodopopasso.it
www.pianetadislessia.com
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