Nella scuola la normalità sembra essere scomparsa a favore di una
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Nella scuola la normalità sembra essere scomparsa a favore di una
Nella scuola la normalità sembra essere scomparsa a favore di una molteplicità di situazioni particolari e tutto ciò che prima rappresentava un problema adesso sta diventando la norma : disabili, ragazzi con problemi di comportamento stranieri con difficoltà di integrazione sono diventati sempre più numerosi. Negli ultimi anni stiamo assistendo nella scuola infatti ad un ampliamento del concetto di adattamento non più solamente rivolto alla categoria dei disabili ma a tutti coloro che presentano una molteplicità di bisogni educativi speciali a causa delle varie specifiche forme di disagio o di disabilità. Le indicazioni fornite dalla C M n. 8 del 6/ 3/2013 offrono alle scuole uno strumento operativo di notevole importanza, completando il quadro di allargamento della normativa sull’inclusione scolastica iniziatosi negli Anni ’70 del secolo scorso, ampliatosi con la L. 170/2010 e completato con la Direttiva del 27 Dicembre 2012, che però deve essere letta necessariamente alla luce della Circolare n.8. Già Le Linee Guida per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità (MIUR, 2009) sottolineavano l'importanza anche da parte del mondo della scuola di adottare la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), redatta dall'OMS, come modello di riferimento nella stesura della Diagnosi Funzionale dell'alunno con Bisogni Educativi Speciali (BES) e quindi poi la necessità da parte degli insegnanti di poter redigere la compilazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) Uno studente con BES è uno studente con apprendimento, sviluppo e comportamento in uno o più dei vari ambiti e competenze, rallentato o problematico, e questa problematicità è riconosciuta per i danni che causa al soggetto stesso, non soltanto tramite il confronto con la normalità. Tali rallentamenti o problematicità possono essere globali e pervasivi (disturbi dello spettro autistico),distubi specifici di apprendimento (Dislessia, disgrafia ), settoriali (es. Disturbi da deficit attentivi con iperattività) e,dell’area dei deficit motori intellettivi e sensoriali oltre alle problematiche relative a cause di svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale o anche alunni di origine straniera di recente immigrazione ovviamente, più o meno gravi, permanenti o transitori. I fattori causali possono essere organici, psicologici, familiari, sociali, culturali, ecc. Oggi abbiamo a disposizione una vasta gamma di strumenti di raccolta di dati e di conoscenze per la comprensione profonda e “Funzionale” dell'alunno con Bisogni Educativi Speciali (BES). L'alunno con BES richiede, infatti, strategie educative, didattiche e psicologiche individualizzate. Il Gruppo di Lavoro per I’ inclusione, per rispondere a tali esigenze e costruire un buon Piano Educativo per l’inclusività , ha bisogno di una diagnosi approfondita che descriva dettagliatamente le caratteristiche dell'alunno e che sia “Funzionale” ad una piena integrazione Scolastica nei suoi aspetti di insegnamentoapprendimento, sia in quelli di relazionalità, socialità e sviluppo psico - affettivo. realmente per riuscire concretamente in una progettazione individualizzata che risponde appieno all'esigenza dell’alunno. Il Gruppo di lavoro per l’inclusione (GLI) costituito a livello di istituzione scolastica si occuperà oltre di redigere un Piano educativo di inclusione si farà carico anche dell’ elaborazione/realizzazione di percorsi educativi ad specifici in base ai bisogni dei singoli alunni,. Partendo dall'individuazione di Bisogni Educativi Speciali anche sulla base di una dettagliata Diagnosi Funzionale deve giungere all'attivazione di diverse risorse, integrando vari contributi provenienti dall'alleanza tra diverse figure di riferimento dell'ambito educativo-didattico, sanitario, familiare e sociale Obiettivi Specifici - Rilevare i BES presenti nella scuola; - Conoscere l'utilizzo dell'ICF nella programmazione individualizzata; - Costruire specifici interventi psico-educativi, a seconda dei diversi BES dell'alunno: - Interventi nel Ritardo Mentale Grave; - Interventi sui Disturbi Specifici dell'Apprendimento, i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo e i Disturbi da Deficit di Attenzione/Iperattività; - Interventi sulle competenze sociali e sulle abilità della vita quotidiana; - Interventi sui Comportamenti-Problema (ivi compreso svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale) - Incrementare il Mantenimento e la Generalizzazione degli apprendimenti; - Progettare la Verifica del percorso educativo proposto; - Conoscere e utilizzare i nuovi Strumenti Compensativi per promuovere l'inclusione di alunni con BES. - Progettare monitorare e documentare gli interventi didattico-educativi posti in essere anche in funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni strategiche dell’Amministrazione; - Attivare focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai docenti sulle strategie/metodologie di gestione delle classi; - Rilevare, monitorare e valutare del livello di inclusività della scuola; - Coordinare le proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle effettive esigenze, ai sensi dell’art. 1, c. 605, lettera b, della legge 296/2006, tradotte in sede di definizione del PEI come stabilito dall'art. 10 comma 5 della Legge 30 luglio 2010 n. 122 ; - Elaborare una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES; Attività e Strumenti Per realizzare gli obiettivi sopra elencati un intervento formativo deve prendere in considerazione i seguenti aspetti -educativi specifici per i Bisogni Educativi Speciali (BES). me adeguate di monitoraggio e valutazione degli interventi. Costruzione e realizzazione attraverso Schede operative, di griglie per la rilevazione degli alunni BES così come individuati dalla CM n.8 del 6 marzo 2013. La costruzione e la realizzazione di un piano di intervento personalizzato per l’alunno con BES deve necessariamente prendere lo spunto da una valutazione precisa, sia delle sue capacità che delle carenze che presenta nei vari repertori di abilità cognitive e comportamentali, partendo da una Diagnosi funzionale e di Valutazione del comportamento. Attraverso simulate, discussione di casi clinici, schede operative, si illustrerà ai corsisti come: -educativi specifici per i Bisogni Educativi Speciali (BES – disabilità; disturbi evolutivi specifici e svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale )per la realizzazione di un Piano educativo di inclusione. Verranno presi in considerazione quindi: -BES che si generano nelle Condizioni Fisiche; nella Struttura e nelle Funzioni Corporee (per es. menomazioni sensoriali o motorie); nelle Attività Personali (per es. Deficit di Apprendimento, del Linguaggio...) o nella Partecipazione Sociale (per es. Isolamento e Ritiro Sociale); BES che si generano nei Fattori Contestuali Ambientali (per es. barriere architettoniche) o che si generano da Fattori Contestuali Personali (per es. bassa autostima, scarsa motivazione, problemi comportamentali, svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale) Verranno introdotte e applicate operativamente - attraverso simulate ed esercitazioni pratiche , le strategie da attivare nel Consiglio di classe dopo la rilevazione risultante 1 dall’esame della documentazione clinica sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico e l’adozione di una personalizzazione della didattica per favorire l'apprendimento di abilità in soggetti in età evolutiva, con sviluppo sia tipico che atipico. La metodologia didattica sarà sempre quella di presentare tali strategie attraverso simulate, allo scopo di favorirne non solo la conoscenza ma l'utilizzo competente. Un Piano Educativo accurato si articola quindi in due momenti: una fase di studio del caso e di programmazione dell'intervento, e una seconda fase costituita dall'applicazione concreta di quanto precedentemente programmato e dalla verifica dei risultati di tale lavoro. ===================================== L’alunno con disturbi specifici di apprendimento: supporti efficaci ed insegnamento efficiente di Anna Maria Daniela Sortino Cap. 1 I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO ELEMENTI DESCRITTIVI Si parla di Disturbo Specifico di Apprendimento (D.S.A.) quando un bambino dimostra delle difficoltà, a volte molto importanti, nell'acquisizione delle abilità scolastiche (lettura, scrittura, calcolo) in situazione in cui il livello scolastico globale e lo sviluppo intellettivo sono nella norma e non sono presenti deficit sensoriali. Non si tratta di disabilità, né di deficit intellettivi o di menomazioni; si tratta invece di disturbi, che con adeguate strategie possono essere compensati e, quindi, superati. Sono disturbi specifici, perché interessano significativamente un dominio di abilità, ma sono circoscritti, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. I Disturbi Specifici di Apprendimento impegnano le istituzioni scolastiche a definire strategie e metodologie adeguate per garantire anche a tali alunni il successo formativo. 2 I DSA si evidenziano soprattutto nella fase evolutiva e la presenza, nella popolazione in età evolutiva e per la lingua italiana, è oscillante tra il 2.5 ed il 3.5%. I DSA sono attualmente ancora non sempre diagnosticati, riconosciuti tardivamente e talvolta anche confusi con altri disturbi. Poiché purtroppo è quindi frequente che le difficoltà specifiche di apprendimento non vengano individuate precocemente ed il bambino è costretto così a vivere una serie di insuccessi senza che se ne riesca a comprendere il motivo. Quasi sempre i risultati insoddisfacenti in ambito scolastico vengono attribuiti ad uno scarso impegno, al disinteresse verso le varie attività, alla distrazione e così questi alunni,oltre a sostenere il peso della propria incapacità, se ne sentono anche responsabili e colpevoli. L’insuccesso prolungato genera scarsa autostima; dalla mancanza di fiducia nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può strutturarsi e dare origine ad una elevata demotivazione all’apprendimento e a manifestazioni emotivo - affettive particolari quali la forte inibizione, l’aggressività, gli atteggiamenti di disturbo alla classe e, in alcuni casi anche la depressione. Il soggetto con disturbo di apprendimento vive quindi il proprio problema molto male e ne rimane imprigionato fino a che non si fa chiarezza, fino a che non viene elaborata una diagnosi accurata che permette finalmente di affrontare la situazione. I disturbi specifici di apprendimento non vengono qualificati come disabilità e pertanto non è possibile gestirli estendendo l’area per la quale il sistema prevede l’assegnazione di docenti di sostegno, in quanto una adeguata competenza degli insegnanti e un adeguato ausilio fornito agli alunni consentono il raggiungimento di obiettivi pari a quelli che perseguono gli altri alunni della classe. Un numero considerevole di alunni purtroppo presentano problemi di apprendimento che incidono sul loro rendimento e causando spesso un vero disadattamento scolastico. 1.1 IL BAMBINO DSA E LE SUE DIFFICOLTA’ 1 Proviamo, per un attimo, a metterci nei panni di un bambino o di un ragazzo con disturbo di apprendimento e immaginiamone le esperienze e gli stati d’animo: egli si trova a far parte di un contesto (la scuola) nel quale vengono proposte attività per lui troppo complesse e astratte osserva però che la maggior parte dei compagni si inserisce con serenità nelle attività proposte ed ottiene buoni risultati, sente su di sé continue sollecitazioni da parte degli adulti (“stai più attento!”; "Impegnati di più!”; “hai bisogno di esercitarti molto”…) -si percepisce come incapace e incompetente rispetto ai coetanei per non percepire il proprio disagio mette in atto meccanismi di difesa che non fanno che aumentare il senso di colpa, come il forte disimpegno (“Non leggo perché non ne ho voglia!”; “Non eseguo il compito perché non mi interessa”…) o l’attacco aggressività) -spesso non si sente pienamente autonomo nella quotidianità anche a causa di lacune percettivo motorie -inizia a maturare un forte senso di colpa; si sente responsabile delle proprie difficoltà - ritiene che nessuno sia soddisfatto di lui: né gli insegnanti né i genitori - ritiene di non essere all’altezza dei compagni e che questi non lo considerino membro del loro gruppo a meno che non vengano messi in atto comportamenti particolari (ad esempio quello di fare il buffone di classe) - talvolta il disagio è così elevato che si pone in una condizione emotiva di forte inibizione e chiusura. 1.2 L’INGRESSO A SCUOLA L’ingresso nella scuola elementare in alcuni casi, fa emergere un problema; il bambino non apprende come gli altri, gli altri sanno già leggere e scrivere, lui invece non riesce. Non di rado si sente dire ai genitori rispetto alla difficoltà del figlio: “Non me lo aspettavo… mi è sempre sembrato un bambino intelligente Ecco allora che si sottopongono i figli ad estenuanti esercizi di recupero pomeridiano, si elargiscono punizioni (niente più sport, niente più play station…) e, talvolta si arriva anche a far cambiare scuola al figlio (“ quelle insegnanti non 2 hanno capito nulla, meglio cambiare aria”).Risulta difficile sia per i bambini che per i familiari convivere con tali disturbi ma soprattutto doverli accettare. Per la maggior parte dei genitori la scuola è importante, è al primo posto nella vita figli, tutto il resto viene dopo e, se la scuola va a rotoli…Per i genitori la dislessia si presenta come una sofferenza da condividere con il proprio figlio che non é mai adeguato alle richieste che gli vengono fatte. I genitori di conseguenza, vivono l’impegno scolastico del figlio quasi in prima persona, un confronto continuo con gli insegnanti e con le loro richieste. I DSA per i bambini che ne soffrono rappresentano una frustrazione continua, unita alla frustrazione di non essere talvolta compresi ed essere anche presi in giro dai compagni. “Sono il primo della classe!” disse il bimbo con orgoglio e la mamma gli rispose: “Che gran bene che ti voglio!” Ma il bambino bisbigliò: “Questa è una vera bugia … sono il primo della classe … quand’è l’ora di andar via!” Questa filastrocca(1) riassume quello che può essere per un bambino l’inizio della scuola primaria: aspettative, ansia, prestazioni, delusioni (1)Tratta dal libro delle Filastrocche Tutto quello che ha funzionato fino a quel momento, che ha dato sicurezza al bambino viene rimesso in gioco, le strategie acquisite possono smettere di essere efficaci, creando una grande confusione all’alunno e un senso di disagio. Questo accade agli scolari che, passato l’entusiasmo iniziale per la nuova cartella, i quaderni colorati e l’astuccio ricco di materiale, si trovano alle prese con le prime difficoltà, i primi confronti tra amichetti, i primi insuccessi. 3 In ogni parte del mondo, come scrive la neuro-scienziata americana Maryanne Wolf nel volume edito da Vita e Pensiero “Proust e il calamaro”: «Un bambino brillante comincia la scuola allegro e pieno di entusiasmo; come gli altri bambini, ce la mette tutta per imparare a leggere, ma a differenza degli altri, per qualche ragione non sembra farcela. I genitori lo spronano a impegnarsi, gli insegnanti dicono che non “rende come potrebbe”, e qualche compagno ne approfitta per dargli dello scemo o del ritardato». Inizia così la storia del bambino–scolaro, una storia che, in certi casi, ha risvolti davvero drammatici, finché non si riescono a comprendere tutta quella serie di “perché” che gli permetterebbero di intraprendere percorsi adeguati ed efficaci. Nonostante si parli molto di questi problemi, purtroppo c’è ancora scarsa conoscenza e non sempre la diagnosi giunge in tempi accettabili, cosicché sia il bambino che la famiglia tutta vivono esperienze frustranti, generatrici di ansia e di un clima affettivo non certamente favorevole. In attesa di definire il problema, il bambino “subisce” quindi la scuola, non capendo perché quello che per gli altri sembra così facile per lui è invece così complicato: si sente dunque“sbagliato”.Per gli insegnanti é uno dei tanti problemi a cui oggi bisogna adeguarsi. I bambini con difficoltà di imparare a scuola ci sono sempre stati e siano sempre stati considerati bambini che andavano male, che non si impegnavano. Dunque venivano valutati per quello che facevano, anche bocciati. Oggi bisogna invece cercare di aiutarli in tutti i modi, offrendo loro molte facilitazioni. A scuola si insegna, la scuola è molto focalizzata sul processo di apprendimento. Naturalmente nel processo di apprendimento si intersecano tre ordini di fattori:fattori cognitivi, emotivo-relazionali e sociali. Ma anche variabili relative all’alunno, all’ambiente e all’organizzazione scolastica,ai docenti, alla didattica, alla famiglia e all’ambiente sociale dell’alunno. Quindi a scuola quando ci troviamo di fronte a un alunno che non studia o che ha delle difficoltà nell’apprendimento si devono considerare tante variabili: la sua motivazione,l’attenzione,l’autostima,le capacità cognitive, la metacognizione, lo stile di apprendimento,gli stili d’insegnamento e relazionali dei docenti, la didattica,il clima della classe,l’organizzazione caratteristiche della famiglia e dell’ambiente. 4 degli orari scolastici, le I disturbi specifici dell’apprendimento rappresentano un ambito clinico molto problematico ed eterogeneo. Tale problematicità non è dovuta solo ed esclusivamente agli aspetti clinici dei singoli disturbi, ma riguarda anche la scuola, in cui i disturbi si manifestano e la vita quotidiana del soggetto con un disturbo specifico. Tali disturbi hanno caratteristiche destabilizzanti poiché lettura e scrittura rappresentano gli strumenti per decodificare, significare e descrivere la realtà circostante e anche gli aspetti di vita famigliare. Spesso i bambini con un disturbo specifico dell’apprendimento hanno reazioni legate ad aspetti relativi all’autostima. Le reazioni di un bambino con disturbo specifico possono considerarsi di tre categorie fondamentali: reazioni di tipo aggressivo, caratterizzati dalla costante ricerca del soggetto di un’identità all’interno della propria classe che può sfociare nell’attuazione di atteggiamenti di tipo provocatorio; reazioni depressive, date da un’immagine di sé negativa e squalificante che si riflette sul presente del soggetto, per cui il soggetto si percepisce come privo di valore, ma anche sul futuro, per cui vi è la convinzione che le cose non miglioreranno mai e che nessuna persona o nuova attività possano migliorare le cose. I disturbi specifici di apprendimento sono dei deficit funzionali dovuti ad alterazioni di natura neurobiologica, non dipendono quindi da problemi psicologici (emotivo-relazionali, familiari, etc.), da pigrizia o poca motivazione. In altre parole, si tratta di una caratteristica personale con cui si nasce, che si manifesta appena si viene esposti all’apprendimento della letto-scrittura e si modifica nel tempo, senza tuttavia scomparire. Tali difficoltà provocano conseguenze sul piano psicologico, nonostante l’ origine neurobiologica oltre che negli apprendimenti, nonostante l’intelligenza sia normale. Le conseguenze di questi disturbi possono restare anche in età adulta quando il disturbo può essere compensato (45% dei casi) o addirittura recuperato (20%) La difficoltà permane anche all’Università e nel mondo del lavoro: Di dislessia purtroppo non si guarisce, ma il disturbo ha una propria evoluzione e può essere quindi compensato. 5 Cap. 2 DISLESSIA : “CONOSCERLA PER AFFRONTARLA” Occorre al più presto riconoscerne i segni, per riuscire ad intervenire, sia in ambito clinico sia scolastico. E’ fondamentale individuare i segnali di qualcosa che non procede nel modo giusto in modo da dare vita ad un piano d’intervento tempestivo e, quindi, maggiormente efficace. Quando si sottolinea l’importanza di una diagnosi tempestiva di DSA, si tende a puntare più ad un migliore apprendimento e ad una maggiore efficacia nelle abilità, tralasciando talvolta quello che è invece l’aspetto a mio avviso più importante: la sfera emotiva e psicologica. L’intera famiglia si trova a vivere un’esperienza che può essere, se non trattata opportunamente, molto difficile poiché oltre al soggetto interessato direttamente si trova anche essa coinvolta dal disturbo. Le segnalazioni di difficoltà scolastiche dovrebbero avvenire di norma durante il secondo anno della scuola primaria, per poi giungere alla fine della terza ad una diagnosi e certificazione. Con le attività di screening precoce e grazie alla nuova normativa, si fa ora più attenzione ai soggetti che presentano all’inizio del loro percorso scolastico delle grosse difficoltà per quel che riguarda in modo particolare la letto-scrittura. Occorre però dare una giusta interpretazione ai disturbi specifici di apprendimento, spesso enfatizzati o ma anche troppe volte sottovalutati. A partire dai quattro anni, il familiare o l’insegnante attento e preparato può notare difficoltà legate al linguaggio, confusione tra suoni, frasi “All’asilo i miei disegni erano indecifrabili, così dice il mio papà. Ma i grossi problemi sono iniziati con la scuola elementare. Scrivevo male e leggevo peggio. Ero continuamente sollecitato a fare meglio e, siccome la cosa non avveniva, sono arrivate le brontolate, poi i brutti voti e la costrizione a riscrivere il compito dopo aver strappato la pagina. Questa punizione mi gettava nella disperazione più violenta perché per me aver scritto quella pagina aveva voluto dire una grande fatica fisica e mentale. Purtroppo mia mamma credeva fosse svogliatezza (non sapeva nulla della dislessia) e a casa si metteva a fare l’aguzzina come facevano in classe i miei 6 insegnanti: mi faceva piangere e qualche volta scappava la pacca o il pizzicotto. A scuola non riuscivo a stare attento, ero sempre distratto e sul mio viso calava una maschera inespressiva.” Attraverso questo significativo breve racconto che rappresenta una storia come tante raccontata da un bambino ormai cresciuto ma con il ricordo che gli affiora in continuazione per il brutto periodo scolastico affrontato si inquadra il problema soprattutto dal punto di vista educativo, relazionale, ed emotivo- motivazionale. .- Le difficoltà di apprendimento possono essere scoperte già negli anni della scuola dell’infanzia, quando si può individuare un ritardo da parte del bambino nell’esprimersi verbalmente, nel riconoscere le prime letterine durante i giochi, nell’imparare poesie, filastrocche e canzoncine, nel produrre disegni. - L’affaticamento e la mancata identificazione da parte degli altri dell’impegno, la frustrazione nel veder distrutto il frutto di tanto sforzo porta a demotivazione, a rabbia che può essere rivolta verso se stessi o verso gli altri. - La stanchezza dovuta alla fatica di doversi concentrare per compiere ogni azione che per gli altri è automatizzata ha come causa la necessità di dover, ti tanto in tanto staccare la spina e volgere il pensiero altrove, per essere poi accusati di distrarsi facilmente e non seguire quanto si sta facendo oppure a chiedere spesso di uscire per rilassarsi. Questo ha come conseguenza il fatto che il bambino perde parte della lezione e non riesce a recuperare. - La consapevolezza che nonostante il continuo esercizio non arrivano i progressi sperati, ma aumenta solo la frustrazione porta l’alunno ad arrendersi perché ritiene inutile continuare ad impegnarsi in ciò che non riuscirà mai a fare. - L’aspetto più preoccupante è però quello legato alla maschera inespressiva di cui parla il ragazzo: è questo quanto accade quando gli altri non riescono a rispondere ai bisogni: l’alunno continua ad inviare segnali di aiuto in modo diretto o indiretto; se questi sono disattesi si perde la capacità di esprimere le proprie necessità annullandole ed annullandosi fino a non riuscire più ad esprimerle. - I problemi aumentano con l’ingresso alla primaria, in un mondo fatto quasi esclusivamente di lettere, numeri, dove si è valutati per le abilità e le competenze legate proprio alla letto-scrittura. 7 Arrivano a questo punto le prime delusioni: si perde fiducia negli insegnanti che non riescono a capire le difficoltà dell’alunno e continuano ad incitare a fare meglio, concentrarsi, impegnarsi di più; nei genitori che appaiono alleati al nemico e accusano di svogliatezza, alzano la voce, puniscono; in se stessi e nelle proprie capacità perché non si riesce a capire la ragione per la quale non si è in grado di fare ciò che per gli altri sembra così facile. Il bambino al momento dell’ingresso nel mondo della scuola primaria, lasciata da parte l’evidente emozione e preoccupazione per la nuova esperienza, dopo aver conosciuto nuovi compagni e nuovi insegnanti, si trova a vivere una nuova avventura. Un mondo fatto di regole (comprese quelle di comportamento), di simboli grafici, di suoni da associare a questi simboli, di nuove abitudini. L’ingresso alla scuola primaria comporta un profondo cambiamento nella vita del bambino: negli anni della scuola dell’infanzia ha imparato a relazionarsi con gli altri, a divenire un po’ più autonomo nella propria gestione, a vivere fuori dall’ambito conosciuto e protetto della famiglia, a conoscere il valore delle regole, ha messo in atto una serie di strategie che gli permettono di interpretare il mondo. In quest’ambiente ha anche un primo contatto con quelli che diverranno poi compagni di una vita: numeri e lettere. Questi compagni appena conosciuti all’asilo, potranno essere gli amici verso la conoscenza, oppure dei dispettosi ostacoli verso l’apprendimento. E’ importante osservare le difficoltà legate all’apprendimento già durante gli anni della scuola dell’infanzia in quanto potrebbero già essere evidenti dei segnali indicativi. L’ansia che accompagna i primi giorni di scuola e che dovrebbe in poco tempo dissolversi poco a poco, rischia a volte di divenire un incubo. Ben presto l’alunno scopre che la scuola è fatta di valutazioni, si crea tra gli alunni una certa competitività per essere accettati, per apparire bravi agli occhi degli altri. Stare bene a scuola, stare bene con sé stessi è legato in questa fase ai primi successi. Trovarsi in difficoltà, essere gli ultimi a finire, non sentirsi apprezzati dagli insegnanti può essere un peso difficile da sostenere. 8 In una scuola che pretende velocità e precisione, attenzione e partecipazione, rispetto delle regole ma anche autonomia il bambino si sente disorientato, ha paura di deludere genitori e docenti, di sentirsi escluso dai compagni. Spesso non si comprende subito il problema del bambino e questo può portare a sottovalutare le sue capacità , a non ritenerlo all’altezza dei suoi compagni, tanto da far sì che lo studio per lui diventi un ostacolo, un qualcosa da tralasciare e da interrompere appena possibile. "Non lasciate mai che i bambini falliscano; fateli riuscire... rendeteli fieri delle proprie opere. Li condurrete così in capo al mondo." C. Freinet 9 Cap. 3 CLASSIFICAZIONE DEI DSA I disturbi specifici di apprendimento rappresentano una caratteristica costituzionale di tipo genetico, congenito e neurobiologico, non dovuta a problemi psicologici, a deficit di intelligenza o a disagio socio-culturale. Sono: EVOLUTIVI perché si manifestano in età evolutiva e il deficit riguarda lo sviluppo di abilità mai acquisite e non perse a causa di eventi traumatici SPECIFICI perché sono circoscritti solo ad alcuni processi indispensabili all'apprendimento cioè quelli che normalmente vengono chiamati automatismi Nella maggior parte dei casi questi disturbi sono associati cioè un bambino che generalmente fatica a leggere presenta anche difficoltà nella scrittura, nel calcolo, nella comprensione del testo. Si distinguono in: DISLESSIA , DISORTOGRAFIA, DISGRAFIA, DISCALCULIA 3.1 DISLESSIA difficoltà specifica nella lettura. Il bambino ha difficoltà ad effettuare una lettura accurata e fluente, a decodificare il testo scritto. La dislessia è una disfunzione dell’apprendimento innata che comporta lievi o gravi incompetenze nei processi di codifica e di decodifica del testo scritto. Viene attualmente considerata come il più frequente disturbo specifico dell’apprendimento. Le difficoltà fondamentali nella dislessia sono:difficile accesso all’automatizzazione della scrittura a livello di associazione grafema- fonema difficoltà di orientamento spaziale: inversione di lettere e di numeri ,sostituzione di lettere (m/n; v/f; b/d),difficoltà ad imparare le tabelline e informazioni in sequenza (lettere dell'alfabeto, i giorni della settimana, i 10 mesi),confusione sui rapporti spaziali e temporali (destra/sinistra; ieri/domani; mesi e giorni) 3.2 DISORTOGRAFIA difficoltà a scrivere le parole usando tutti i segni alfabetici, a saperli collocare al posto giusto e/o a rispettare le regole ortografiche ( accenti, apostrofi, forme verbali....) Le difficoltà non sono legate solo alla lettura o alla scrittura in senso stretto intesa come atto manuale ma possono anche riguardare la mancata automatizzazione delle regole ortografiche. Il bambino con disortografia evolutiva ha difficoltà nel tradurre correttamente in simboli grafici i suoni che compongono le parole, pur essendo indenne dal punto di vista cognitivo, sensoriale, neurologico, socioculturale e relazionale e avendo usufruito di normali opportunità educative e scolastiche. Ci si riferisce a problemi specificatamente ortografici e/o fonologici escludendo i problemi grafo-motori che rientrano nella disgrafia. Il problema riguarda quindi la transcodifica del linguaggio da orale a scritto. Il bambino in questione presenta un numero eccessivo di errori in considerazione dell’età, della classe frequentata, del livello di apprendimento atteso, dell’intelligenza dimostrata. Gli errori riguardano sia la trascrizione di parole che di frasi. Quello che deve mettere in allarme oltre alla quantità di errori che non possono essere sempre imputati alla distrazione, è il tipo di errori che vengono commessi in modo frequente i quali non tendono a diminuire con il passare del tempo e con l’esercizio costante. Gli errori più frequenti riguardanti le parole sono elisioni, sostituzioni di fonemi, inversioni, assenza o uso improprio delle doppie. Nella frase e nel periodo ci possono essere alterazioni della struttura sintattica, cattivo uso di verbi e tempi, disordine temporale nelle descrizioni degli avvenimenti, errata separazione delle parole. Le difficoltà si estendono alla punteggiatura che non sempre viene usata correttamente. Gli errori vengono distinti in fonologici, se non viene rispettato il rapporto tra i fonemi e i grafemi ed errori non fonologici rappresentati da un’errata percezione 11 visiva delle parole. Nel primo gruppo troviamo lo scambio di grafemi (ad esempio faso per vaso, bane per pane) l’omissione o l’aggiunta di lettere e di sillabe ( baco per banco oppure bancoco), inversioni di grafemi in particolare nei monosillabi ( ad esempio il per li o al per la) o sillabe talovo per tavolo). Nel secondo gruppo non ci sono errori di rapporto fonema-grafema, ma piuttosto di separazioni illegali di parole (l’ava per lava, in vito per invito) oppure fusioni illegali frequentemente quando più monosillabi si incontrano all’interno di un periodo (nonemio per non è mio) o con parole apostrofate (lago per l’ago). Le difficoltà riguardano anche le parole omofone e con digrammi o trigrammi. Le parole con “cu” o “qu” diventano un ostacolo insormontabile così come “cq” o “qq”. Altri errori frequenti riguardano accenti, doppie, “h”. Il bambino disortografico, ha difficoltà nel recupero dei dati che gli permettono di scrivere automaticamente i suoni e tradurli in segni sulla carta. In classe rimane indietro nei dettati, fatica a concludere testi lunghi (che hanno innumerevoli errori) e questo non per mancanza di capacità nel gesto manuale ma proprio a causa della maggiore fatica dovuta allo sforzo continuo, sforzo per qualcosa che per gli altri è naturale, è appreso, è ormai automatizzato. I compiti risultano composti da poche frasi, piuttosto scorrette; tanto più il soggetto si sente sotto pressione in particolare nelle verifiche oppure costretto a stare in tempi stretti come ad esempio nei dettati o nelle prove a tempo, tanti più saranno gli errori causati dall’ansia da prestazione. Il problema da non sottovalutare è quello di non costringerlo a riscrivere intere pagine invocando un maggiore impegno, e a sforzarsi di più perché è proprio il grande sforzo che riconosciuto ad aggravare la situazione. Bisogna a volte non viene perciò evitare all’alunno di aggiungere alla delusione per il compito fallito anche un ulteriore richiesta di affaticamento. Un altra problematica é rappresentata dalla correzione degli elaborati: segnare tutti gli errori è deleterio perché affligge vedere una pagina con prevalenza di segni rossi ed inoltre il bambino non riesce a spiegarsi perché i segni che ha riprodotto non corrispondono a quelli richiesti dall’insegnante. Non si possono nemmeno non segnare perché questo provoca la mancanza di consapevolezza da parte dell’alunno dei propri limiti. Il filo sul quale ci si deve giostrare è molto sottile e 12 presuppone la conoscenza delle difficoltà da parte dell’insegnante e la presa di coscienza del problema nella controparte. Succede a volte che genitori accusino le maestre perché gli errori dei propri figli non vengono tutti corretti sui quaderni, con la convinzione che il mancato apprendimento delle regole legate alla scrittura siano causate dalla mancanza di attenzione dei docenti che non prestano abbastanza attenzione agli elaborati. La disortografia spesso associata alla dislessia crea notevoli problemi nell’apprendimento scolastico dato che gran parte dell’attività che si svolge a scuola riguarda la letto-scrittura. Per quel che riguarda l’apprendimento e il consolidamento delle competenze ortografiche, serve un esercizio mirato per ogni difficoltà riscontrata. Per il riconoscimento delle doppie è utile un’attività di segmentazione delle parole; per evitare errori con l’apostrofo è utile disambiguare le parole omofone (l’ago-lago); per l’H è necessario puntare sulle competenze grammaticali. Lo stesso tipo di esercizi va fatto con accenti e regole ortografiche complesse sempre in modo graduale e progressivo. La disortografia è la difficoltà a tradurre i suoni che compongono le parole in simboli grafici: il soggetto confonde i segni alfabetici che si assomigliano nel suono (f e v, t o d) o nella forma (b e p), omette parti di parola (ad esempio la doppia consonante: palla- pala), inverte i suoni all’interno delle parole (sefamoro anziché semaforo).La disortografia può derivare anche da una difficoltà di linguaggio, da scarse capacità di percezione visiva e uditiva, da un organizzazione spazio-temporale non ancora sufficientemente acquisita o da un processo lento nella simbolizzazione grafica . 3.3DISGRAFIA difficoltà a livello grafo esecutivo. Riguarda la produzione dei segni alfabetici e numerici con tracciato incerto, irregolare. E' una difficoltà che investe la scrittura e non il contenuto. La valutazione di disgrafia avviene, come nei casi di dislessia, disortografia e discalculia, seguendo schemi precisi per garantire 13 omogeneità nelle valutazioni La disgrafia è il disturbo che più frequentemente si presenta in considerazione delle stime che parlano di un bambino su cinque con problemi di questo tipo, ed è forse il più trascurato. Le maestre durante i primi due anni della scuola primaria impiegano molto del loro tempo ad insegnare ai bambini a scrivere le lettere in stampatello maiuscolo per poi passare allo stampato minuscolo ed infine al corsivo. Le pagine di letterine e di bella scrittura, lenta e precisa dentro i quadroni di prima o le righe di seconda lasciano poi spazio in terza ad una maggiore autonomia e libertà di espressione, perdendo un po’ alla volta le caratteristiche di omologazione dei primi tempi. In ogni classe una media di cinque bambini si sente richiamare spesso perché rimane indietro quando si tratta di dover scrivere qualcosa in più, viene additato per la grafia pessima ed illeggibile, viene chiesto loro di riscrivere pagine e pagine in modo più ordinato e preciso. Per qualcuno di loro inizia un vero incubo. Prendere in mano la penna diviene sempre più faticoso, con aumento di irrigidimento e peggioramento del problema. La tensione può divenire eccessiva rendendo il gesto sempre meno sciolto. A questo punto può iniziare il disagio per l’alunno che si sente inadeguato, incapace frustrato. Attraverso la conoscenza delle caratteristiche del disturbo, di come individuarlo e come arrivare ad una diagnosi, delle possibilità di recupero da parte dei docenti, dei famigliari ed anche del bambino è possibile arrivare ad un miglioramento della scrittura e quindi del senso di autostima. E’ quindi opportuno che si presti la dovuta attenzione anche a questo tipo di disturbo con un controllo costante delle difficoltà dovute alla scrittura non sottovalutandole e provvedendo ad esercizi mirati per difficoltà lievi e a terapia opportuna svolta da specialisti nei casi più gravi. Gli alunni che presentano segni di disgrafia, una difficoltà di scrittura che riguarda quindi la riproduzione dei segni alfabetici e numerici si nota che scrivono in modo irregolare, con velocità eccessiva o con estrema lentezza, la sua mano scorre con fatica e l’impugnatura della penna è scorretta. 14 Manca il senso dello spazio: non vengono rispettati i margini del foglio, la scrittura procede in salita o in discesa rispetto al rigo e a volte anche da destra verso sinistra. Le dimensioni delle lettere non sono rispettate, l’impostazione invertita, i legami tra le lettere scorretti: tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al soggetto stesso, che non può quindi individuare gli errori. La disgrafia può essere legata alla disprassia e quindi a disturbi di coordinazione motoria o essere secondaria e quindi dovuta ad una lateralizzazione incompleta. A causa delle problematiche fino-manuali i segni appaiono irregolari per forma, dimensione; il gesto non è fluido ed i legami tra le lettere sono scorretti. Le difficoltà non riguardano solo la riproduzione di grafemi e scrittura di frasi dovuti alla scarsa coordinazione oculo-manuale ma anche la riproduzione di figure geometriche i cui angoli possono risultare arrotondati, con tratto non preciso e difficoltà a chiudere le forme e il disegno libero che risulta difficoltoso. La disgrafia riguarda quindi gli aspetti grafo-motori ed è un disordine delle componenti periferiche esecutivo-fino-motorie e non riguarda le caratteristiche linguistiche le cui problematiche sono relative piuttosto alla disortografia. 3.4 DISCALCULIA difficoltà nelle abilità di calcolo o della scrittura e lettura del numero. La discalculia è invece una difficoltà nell’apprendimento del calcolo che si manifesta nel riconoscimento e nella denominazione dei simboli numerici, nella scrittura dei numeri, nell’associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente, nella numerazione in ordine crescente e decrescente, nella 15 risoluzione di situazioni problematiche. I simboli numerici sono quantitativamente inferiori rispetto a quelli alfabetici (10 cifre contro 21 lettere), ma complessa è la loro combinazione che si basa sul valore posizionale. Per molti bambini, infatti, non c’è differenza tra 15 e 51 oppure tra 316 e 631, in quanto essi, pur essendo in grado di denominare le singole cifre, non riescono ad attribuire significato alla loro posizione all’interno dell’intero numero. Spesso alla base ci sono difficoltà di orientamento spaziale e di organizzazione sequenziale che si evidenziano sia nella lettura che nella scrittura dei numeri ( il numero 9 viene confuso con il 6; il numero 21 con il 12; il 3 viene scritto al contrario così come altri numeri...). Oltre a questo esistono coppie di numeri che hanno tra loro una lieve somiglianza, come ad esempio il numero 1 e il numero 7; il 3 e l’8; il 3 e il 5. Confondere queste cifre significa anche non attribuirle alla giusta quantità, per cui non è raro che anche semplici esercizi vengano svolti in modo errato. Di solito è presente la capacità di numerare in senso progressivo, cioè di procedere da zero in poi (1-2-3-4-5...), ma non quella di numerare in senso regressivo, partendo cioè da una determinata cifra e andando indietro ( 6-5-4-3-2-1-0). Un altro ostacolo che crea al soggetto situazioni di disagio è la difficoltà a memorizzare la tavola pitagorica con conseguente impossibilità ad eseguire correttamente moltiplicazioni e divisioni. Anche alla base della discalculia ritroviamo carenze relative alle abilità percettivomotorie, ma, non di rado, le difficoltà logico-matematiche sono attribuibili anche a una carenza di esperienze concrete. Fin dalla primissima infanzia il soggetto deve conoscere il mondo, manipolare gli oggetti, raggrupparli secondo criteri, costruire con essi strutture via via più complesse. Principali elementi di riconoscimento: Difficoltà nel manipolare materiale per quantificare e stabilire relazioni Difficoltà nella denominazione dei simboli matematici Difficoltà nella lettura dei simboli matematici Difficoltà nella scrittura di simboli matematici Difficoltà a svolgere operazioni matematiche 16 Difficoltà nel cogliere nessi e relazioni matematiche Abilità di base particolarmente compromesse Lentezza nel processo di simbolizzazione Difficoltà percettivo-motorie Difficoltà prassiche Dominanza laterale non adeguatamente acquisita Difficoltà di organizzazione e di integrazione spazio-temporale Difficoltà di memorizzazione Difficoltà di esecuzione di consegne in sequenza Cap.4 - L’ ESPERIENZA IN CLASSE “I MIEI ALUNNI” Ho cercato di mettere in pratica quanto acquisito nel campo dei disturbi specifici di apprendimento. Mi trovo ad insegnare presso due scuole secondarie di I° grado di cui in una sono stata nominata referente per i DSA. Svolgere il ruolo di referente mi permette di avere il polso della situazione essendo a conoscenza dei vari casi problematici e per di più trovandomi ad insegnare presso un istituto comprensivo mi trovo a relazionarmi con insegnanti ed alunni appartenenti a scuole di ogni ordine e grado di scuola. Anche se nell’altra scuola dove presto servizio non sono la referente collaboro tanto con la collega incaricata e ciò mi ha permesso di conoscere e seguire i diversi casi di bambini dislessici. In entrambe le scuole ho casi di bambini certificati appartenenti proprio ai corsi dove sono Componente del Consiglio di classe. Oltre quindi a seguire gli alunni frequentanti la scuola secondaria di I° grado mi sono presa carico in modo particolare anche di un bambino frequentante la classe V^ della scuola primaria. Questo bambino di anni 10 presenta un aspetto particolarmente triste sia perché segnato da vicissitudini familiari ma anche perché avverte il disagio di non potere avere le prestazioni scolastiche dei suoi 17 compagni. Ho affrontato la problematica con la sua insegnante, la quale si era arresa ad ogni tentativo didattico più funzionale al caso rilegando l’alunno al suo “destino” di essere sempre indietro e senza capacità di seguire il passo. Ho cercato di dare informazioni e consigli all’insegnante anche al fine di attuare una didattica per l’intera classe inclusiva di questo bambino con serie difficoltà di apprendimento. Il mio intervento è servito per cercare di mettere in atto delle strategie, didattiche e soprattutto lavorando con delle schede specifiche e con l’uso del computer. I progressi stanno anche se a piccoli passi arrivando. Si riscontra che dal punto di vista psicologico il bambino comincia a sentirsi più sereno sia perché si sente più attenzionato ma soprattutto anche perché più coinvolto ed inserito nel “gruppo” classe. Sono presenti a scuola alcuni alunni non certificati ma individuati come possibili casi di alunni DSA. Alcuni di loro sono già attenzionati dall’intero Consiglio di classe e pertanto si é avuto modo di avere un colloquio con i familiari consigliando loro di effettuare una visita specialistica. Ci si sofferma adesso all’esposizione di un altro caso che mi ha particolarmente coinvolto. Si tratta di un bambino di anni 11 frequentante la classe prima della scuola secondaria di I° grado. L’alunno in questione a causa del comportamento particolarmente vivace e turbolento ha subito dall’inizio dell’anno una serie di provvedimenti disciplinari. Si presenta proprio come un bambino menefreghista di tutto e di tutti, con particolare aggressività verso i compagni e con atteggiamenti non consoni verso gli insegnanti ed intollerante al rispetto delle regole. Da qualche collega avevo percepito che era considerato incapace nello studio di varie disciplina poiché non riusciva ad apprendere in modo adeguato.Da quando ho saputo ciò mi sono presa a cuore questo ragazzino, gli ho aperto le braccia per aiutarlo, ho iniziato ad attenzionarlo non più solamente per le sue monellerie poiché in questo alunno così “pestifero” e con atteggiamenti da “bullo”ho scorso la sua fragilità, la sua sofferenza quando mi ha confidato che gli capita spesso anche di piangere giacché ha capito di non riuscire ad apprendere come gli altri. Anche la famiglia ormai é consapevole e soprattutto oltre a far sì che anche i colleghi lo guardassero diversamente si è lavorato anche con la classe affinché non 18 lo giudicassero, non facessero confronti e diventassero pronti ad accettare la “diversità” del compagno nelle performances scolastiche. L’alunno in questione non riesce a fare quasi nulla, legge e scrive in modo “disastroso” non per mancanza di impegno ma bensì perché non può farlo, purtroppo le sue difficoltà d’apprendimento non glielo permettono,,,,,,Dopo averlo tanto osservato nel suo lavoro scolastico con l’utilizzo anche di materiale specifico si sta tenendo in considerazione che trattasi di un probabile alunno dislessico. Ho pertanto consigliato ai colleghi di mettere in atto delle strategie didattiche e di valutare diversamente i suoi errori e le sue difficoltà, rimanendo in attesa che possa arrivare conferma da una visita specialistica. 4.1 ANALISI DEI CASI Ormai i dislessici nelle scuole sono sempre in numero crescente. Passo adesso ad analizzare i casi di quindi alunni certificati che ho l’opportunità di avere in classe e di seguirli giornalmente. Si tratta di due alunni, una femmina ed un maschio rispettivamente frequentanti una la classe prima e l’altro la classe terza della scuola secondaria di primo grado. Caso n.1 alunno di anni 13 frequentante il 3° anno della scuola secondaria di primo grado. WISC-III: QI tot. 89 Abilità scolastiche; lettura DDE2 Sartori Tressoldi; Tempo lettura prova 2 e prova 3.Gli errori presenti nelle due prove si collocano entrambi sotto il 5° percentileova di lettura Pr ova di lettura MT2 correttezza e rapidità: Si evince che la lettura procede con notevole difficoltà e lentezza, è sillabica, esegue numerosi errori del tipo omissione o aggiunta di sillabi, sbaglia la lettura di divesi grafemi, modifica intere parole, legge seguendo la lettura del testo con il dito e qualche volta salta il rigo.Cosiderate le notevoli difficoltà riscontrate nella lettura gli viene somministrata la prova MT(lettura e comprensione) al di sotto della sua classe di riferimento,quindi si colloca nella fascia di richiesta intervento immediato. 19 Scrittura: DDE2 sartori tressoldi: prova 6-7-8 nel dettato la prestazione si colloca al di sotto del 5° percentile La scrittura spontanea sebbene presenta contenuti pertinenti all ‘argomento sono presenti numerosi errori Abilità di calcolo:Test AC-MT 11/14(classe 3^ media).Le prove evidenziano gravi carenze nel processo di automatizzazione del calcolo, ma anche una significativa difficoltà nello svolgimento delle operazioni durante le prove. Dalla diagnosi risulta quindi un disturbo specifico di apprendimento (dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia) Vengono proposte le seguenti misure compensative e dispensative: - più tempo (o meno domande) nelle verifiche scritte - uso di sintesi,schemi , ecc nelle specifiche materie - liste di parole chiave per il reperimento lessicale create in base ai lessici specifici di ogni materia,supporti visivi per ottimizzare lo studio e favorire la memorizzazione delle informazioni linguistiche. - possibilità di interrogazioni programmate con elenco parole o schemi di sintesi per meglio gestire l’esposizione orale. - eventuale uso del PC per gli elaborati scritti ed utilizzo della calcolatrice per la matematica Il ragazzo mostra quindi difficoltà di accesso lessicale correlate alla lentezza nella lettura che sono causa di prestazioni non sempre sufficientemente adeguate nello studio ed in particolare nelle prove di comprensione del testo scritto. Si è prestisposto il PDP ed anche in cosiderazione dell’approssimarsi degli esami di licenza media ci si sta adoperando per farglieli affrontare nel modo più adeguato. L’alunno infatti è particolarmente seguito al fine ha raggiungere un certo traguardo nelle varie discipline, certamente con l’aiuto di strumenti compensativi e 20 di misure dispensative, ed in particolare con l’utilizzo di immagini,schemi e mappe concettuali. Ci sia avvia alla preparazione specifica per affrontare gli imminenti esami di licenza media. ----------------------- Caso n.2 alunna di anni 12 frequentante classe 1^ scuola secondaria di I° grado Prove MT(indagine approfondita 5° elementare)Per quanto riguarda il parametro di correttezza commette errori di sostituzioni(e/o/a), omissioni di sillabe. DDE-2 .Nelle prove 2 e 3 prestazioni adeguate rispetto al criterio della rapidità,poco o al di sotto per quanto riguarda la correttezza nella lettura. Nelle prove odi scrittura,dettato di parole, dettato di non parole, dettato di frasi con parole omofone la prestazione è al di sotto di 2 DS e sono presenti numerosi errori fonologici. Test Tressoldi-Cornolbi. Si riscontra un disturbo della prassia della scrittura, risultano infatti carenti le abilità di motricità fine della mano che permettono di creare la forma dei grafemi. Non sempre la rappresentazione grafemica dei fonemi è corretta, si riscontra un’asincronia tra la fase di individuazione del grafema da produrre e la fase di realizzazione:lenta e/o imprecisa. Diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento con particolare riferimento alla scrittura è quanto specificato nella certificazione specialistica dove viene messo in risalto anche il temperamento dell’allieva la quale necessita del bisogno di conferme, di richieste continue di approvazione e mostra anche tratti di insicurezza e di scarsa autostima. Sin dai primissimi giorni di scuola osservando l’alunna è stato evidente constatare la sua bassa autostima, la sua insicurezza oltre che i problemi relativi all’ambito della scrittura. Non tanto la codifica semantica letterale o fonologica, ma proprio anche la componente motoria è quella compromessa, e alla stessa è stata attribuita inizialmente una certa goffaggine motoria ed una scarsa coordinazione. L’intero Consiglio di classe si sta adoperando affinché ogni difficoltà possa venire superata. 21 Cap. 5- IN PALESTRA CON GLI ALUNNI DSA: L‘IMPORTANZA DELL ‘ATTIVITA’ MOTORIA E SPORTIVA Essendo un insegnante di scienze motorie e ciò mi ha permesso di lavorare oltre che all’interno di classe anche nell’ambiente più grande e tanto amato dagli alunni:la palestra 22 Relativamente all’esperienza inerente la disciplina si sono programmate lezioni che pur lavorando nel contesto classe hanno permesso di attenzionare gli alunni dislessici anche dal punto di vista motorio. In particolare si è svolto un grosso lavoro con l’ allieva appena citata, grazie anche all’ impegno ed alla collaborazione da parte della bambina permettendo di raggiungere dal punto di vista motorio e significativi miglioramenti. Non sembra più la stessa bambina che ha impressionato quando all’inizio dell’anno scolastico l’ho vista correre in palestra, così impacciata goffa e scoordinata. L’alunna è stata inserita anche in delle attività sportive pomeridiane oltre ad in un progetto Pon relativo all’ambito psico-motorio svolto pure in orario extracurricolare i quali hanno contribuito ha farle raggiungere sorprendenti risultati anche dal punto di vista della socializzazione ed un proficuo inserimento nel gruppo classe. Le sue insicurezze sembrano andate via… , Nonostante, a volte, soggetti con D.S.A. incontrino difficoltà nella socializzazione all’interno di un gruppo di pari e nella coordinazione motoria è importante riuscire a creare le condizioni affinché essi possano sperimentare esperienze positive e socializzanti in contesti extrascolastici di gruppo. Con questa alunna si é lavorato tanto in palestra percettivo-motoria facendo effettuare percorsi motori in particolare sull’area sia camminando che correndo del seguente tipo: -che sollecitino sequenze di schemi semplici ( sequenze di arti superiori, sequenze di arti inferiori ), -combinati, globali ( es. saltare con la fune a piede uniti o con un solo piede ); -di prassie bimanuali ( ad esempio, camminando, palleggi alternati con la mano destra e mano sinistra ); 23 -di coordinamenti balistici ( lanciare la palla e calciarla al volo, calciarla dopo un rimbalzo ). Percorsi e dettati motori sequenziali tipo il palleggiare e camminare con cambiamenti di ritmo o in senso generale sinestesie e coordinamenti motori attraverso vari giochi di gruppo e tra questi quattro cantoni, palla avvelenata, bandiera. b) Al soggetto devono essere richieste prestazioni in sequenza. c) Al soggetto deve essere richiesta una prova di organizzazione spazio – temporale. Importanti sono anche i Giochi in libertà, i quali consentono l’osservazione della motricità spontanea del bambino. Un esercizio utilizzato per Disprassia e spazio – tempo: insegnante e allievo sono posti sulla stessa linea; l’insegnante lancia la palla ad una certa velocità verso la linea opposta, il bambino deve correre ed arrivare insieme alla palla variando sempre la velocità dei lanci . Per il miglioramento della Coordinazione oculo-manuale + percezione spaziotemporale + lateralità vengono effettuati dei lanci cercando di centrare dei brilli posti a diverse distanze. Un esercitazione più complessa che viene eseguita è quella del dettato motorio ( memoria di sequenza ) + richiesta balistica + lateralità che consiste in Camminare, lanciare la palla in alto, riprendere la palla a due mani, lanciare la palla verso un bersaglio cercando di abbatterlo. Quindi le situazioni di osservare relativamente all’area percettivo-motoria sono: 1. dettato motorio ( in situazione di velocità ) con osservazione balistica e richiesta di verbalizzazione delle funzioni delle parti del corpo coinvolte ( elemento di acquisizione dello schema corporeo ); 2. giochi di gruppo + lateralità ( con ampia opportunità di azioni prassiche: lanciare, stringere, o qualsiasi altra azione motoria); 3. memoria di sequenze motorie; 4. orientamento spazio – temporale ( realizzare un gioco in cui sia possibile variare gli spazi ed il tempo a disposizione per compiere il gesto; percezione della profondità; marce al ritmo di battute di mani ); 24 5. sinestesie percettivo - motorie. Il Disturbo dello Sviluppo e della Coordinazione spesso presente nei soggetti con DSA ha come caratteristica fondamentale una marcata compromissione dello sviluppo della coordinazione motoria. Nello specifico, la prestazione nelle attività quotidiane che richiedono coordinazione motoria, sono sostanzialmente inferiori rispetto a quanto previsto in base all’età cronologica del soggetto e alla valutazione psicometrica della sua intelligenza. Questo può manifestarsi con un notevole ritardo nel raggiungimento delle tappe motorie fondamentali (per es. camminare, gattonare, stare seduti), con il far cadere gli oggetti, con goffaggine, con scadenti prestazioni sportive, o con calligrafia deficitaria Le capacità coordinative speciali sono quelle legate a diversi contesti di attività motoria e sportiva e comprendono: la capacità di equilibrio; la capacità di combinazione motoria; la capacità di orientamento; la capacità di differenziazione spazio-temporale; la capacità di differenziazione dinamica; la capacità di anticipazione motoria; la fantasia motoria, ovvero la capacità di creare nuovi movimenti. L’educazione motoria è volta a promuovere, attraverso esperienze concrete e il controllo cosciente del movimento e dell’azione, uno sviluppo adeguato e una congrua comunicazione del bambino con l’ambiente circostante tenendo conto delle potenzialità dello stesso. Ciò si traduce con una buona conoscenza del bambino da parte dell’insegnante, conoscenza che si declina nella cognizione delle potenzialità, necessità e limiti del soggetto per favorire uno sviluppo funzionale che tende alla motivazione e alla valorizzazione del bambino nel rispetto dei suoi tempi e dell’interazione con l’ambiente circostante. Questo significa che l’esercizio fisico non va inteso semplicemente come un atto imitativo e ripetuto ma come un atto intenzionale in cui il corpo non è solo uno strumento ma un modo di conoscere e comunicare. L’insegnante dovrebbe 25 scegliere quindi le attività più adatte alla componente motivazionale e relazionale che intende stimolare. Bisogni fondamentali di ogni fanciullo sono indubbiamente: esprimere se stesso; provare senso di pienezza e padroneggiamento del proprio corpo; costruire ed esplorare una nuova esperienza. Poiché l’apprendimento motorio complesso richiede un intervento diretto del Sistema Attentivo Supervisore (SAS). Bisogna calibrare le risorse del soggetto, che sarà impegnato in esercizi gradualmente sempre più complessi. Gli aspetti del SAS che vengono toccati attraverso lo sport sono: - la gestione della frustrazione; - il controllo dell’interferenza; - il cambiamento di compito; - la gestione dei "doppi compiti"; - l'avvio e il "pronti e via" - allerta fasico - l'attenzione sostenuta - allerta tonico - lo sviluppo delle risorse. Il primo punto, la gestione della frustrazione, è proprio particolarmente importante in relazione alla scuola Un brutto voto, una delusione scolastica può essere problematica da gestire e quindi lo sport può essere utile per superare le piccole sconfitte e per iniziare a gestire la frustrazione. E’ importante riservate il giusto tempo al gioco e allo sport, non è infatti consigliabile chiedere ad bambino di stare ore ed ore a recuperare ciò che a scuola è rimasto indietro: servirebbe solo ad aumentare il livello di frustrazione e a creargli maggiori insicurezze È chiaro quindi che gli adulti che si trovano a stretto contatto con un bambino con disturbo specifico debbano attuare meccanismi relazionali particolari. Con i miei alunni con DSA in modo particolare si é cercato di creare una rete di rapporti di aiuto collaborativi e costruttivi, capaci di migliorare la coscienza delle proprie capacità al fine di aiutarlo a costruirsi una nuova un’immagine di sé che integri gli aspetti deficitari a quelli normali, a prendere contatto con i propri limiti 26 e le proprie potenzialità, evitando eccessive oscillazioni tra sentimenti contrastanti di positività e di disfatta. Gli insegnanti, in particolar modo, sono figure sensibili ed importanti nel cammino di un soggetto con disturbo specifico dell’apprendimento: devono essere in grado di graduare le difficoltà che presentano al bambino, rispettare i tempi di apprendimento, selezionando i contenuti e privilegiando gli aspetti concettuali a quelli quantitativi, devono motivare e coinvolgere tutti gli alunni senza creare rapporti di preferenza, devono usare le gratificazioni con oculatezza e come rinforzo costruttivo, devono favorire le occasioni nelle quali sia possibile parlare delle difficoltà e delle diversità. Come ben si sa attraverso la pratica dell’attività motoria è sportiva è possibile conoscere un alunno sotto i diversi aspetti della personalità. Lo sport ha un ruolo importante nel miglioramento dell’apprendimento “A volte la scuola non è una bella esperienza” e c’è bisogno di qualcosa di diverso che ci faccia sentire bravi, che ricarichi la nostra autostima, una valvola di sfogo che permetta di trovare le gratificazioni che stiamo cercando. Ritengo che lo sport sia una delle attività che più si prestano a questo scopo, risponde al bisogno di sentirsi bravi, capaci, permette di accettare la vittoria come anche la sconfitta, è la vera scuola che prepara alla vita, con fatica e sacrifici spesso non riconosciuti che possono aiutare anche ad affrontare le difficoltà scolastiche con più motivazione. Viviamo in un’epoca in cui i bambini sono sempre meno abituati a correre, sudare, giocare.... con il sopravvento dell’era informatica i computer hanno modificato la vita e, soprattutto, il tempo libero, anche dei più piccoli. Lo sport è importante per chiunque, al di là della presenza o meno di un disturbo dell’apprendimento, ma 27 alquanto consigliabile anche che i soggetti con questo tipo di disturbi, anche se preferibile uno sport che abbia poche e semplici regole da memorizzare, in modo tale da non sovraccaricarli. Lo sport contribuisce a sentirsi “migliori”. E’ vitale per ogni essere umano poter dire “sono capace”, “posso farcela”. E’ esperienza fondamentale nella costruzione dell’identità individuale l’esperienza di autoefficacia. L’altro alunno DSA prima menzionato frequentante la classe III media con disturbi specifici di apprendimento (dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia) trova nello sport la sua” valvola di sfogo”, il modo per reagire alla sua frustrazione, il modo per potere esprimere al meglio sé stesso, lo sport è per lui la sua ragione di vita Durante l’attività sportiva scolastica in palestra mostra particolare impegno raggiungendo delle buone valutazioni. L’alunno è soprattutto particolarmente gratificato dal fatto di far parte di una buona squadra che gli permette anche di fare trasferte quindi con partite anche fuori della sua città. Dato le sue difficoltà scolastiche che lo fanno sentire “diverso “ dai suoi compagni di classe è attraverso lo sport che si sente emergere, che si sente efficace.. Cap.6 IDENTIFICAZIONE ED INTERVENTO NELLE DIFFICOLTA’ SPECIFICHE D’ APPRENDIMENTO Alcune caratteristiche del soggetto che presenta DSA sono che utilizza il pensiero visivo, non verbale, non lineare,ha problemi di memoria di lavoro, presenta lentezza nell’organizzare le informazioni, disorientamento temporale, discrepanza tra quoziente Intellettivo e rendimento; appare disorganizzato nelle sue attività, 28 sia a casa che a scuola ,ha difficoltà a copiare dalla lavagna e a prendere nota delle istruzioni impartite. Da un punto di vista emotivo l'alunno con DSA prova ansia, che è il più frequente sintomo emotivo, rabbia, generata dalla frustrazione che nasce dalla consapevolezza di essere inadeguato e incompetente rispetto alle richieste scolastiche, conflitto interiore, causato dalla tensione tra l'aspettativa di indipendenza sua, della famiglia, della scuola, e la sua dipendenza da altri. Per ogni soggetto occorre intervenire in modo diversificato poiché non esiste un dislessico uguale a un altro. Grazie ai programmi di screening che vengono effettuati in alcuni casi già a partire dalla scuola dell’infanzia, si riesce talvolta ad individuare presto chi è più in difficoltà e potrebbe avere problemi correlati all’apprendimento. Queste iniziative su ampia scala possono a volte dare dei falsi positivi DSA o falsi negativi ma con il monitoraggio costante ed eventuale invio allo specialista, si riescono ad avere risultati soddisfacenti e soprattutto valutazioni su base scientifica. Nei POF di molti istituti già da anni si nota la presenza di attività volte all’individuazione precoce di difficoltà di apprendimento. Molti dislessici presentano anche diverse difficoltà a livello fonologico: non riescono ad ordinare correttamente i suoni delle parole sbagliandone la pronuncia, sono più lenti nella lettura rispetto agli altri bambini e meno capaci di tradurre le lettere nei suoni corrispondenti. Queste difficoltà fonologiche potrebbero essere causate da alcune problematiche delle capacità uditive di base: di solito nella lettura le persone distinguono i suoni associati alle lettere e le variazioni di frequenza ed intensità di essi e questo è possibile grazie ad un sistema di grandi neuroni uditivi che non sembra essere particolarmente sviluppato nei pazienti dislessici. 6.1 QUANDO E’ DIFFICILE IMPARARE l bambino dislessico può leggere e scrivere ma non lo fa in maniera automatica, ha bisogno di impegnare al massimo le sue capacita e le sue energie. Questo spiega 29 perché un bambino che soffre di questo disturbo si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro, non impara come gli altri. Si può diagnosticare un caso di dislessia dunque solo quando si è in presenza di una capacità di lettura e scrittura sostanzialmente al di sotto di quanto ci si dovrebbe aspettare considerando l’età anagrafica del soggetto, la valutazione psicometria dell’intelligenza, e un’educazione scolastica adeguata. Vanno differenziate le normali variazioni nelle abilità di lettura dalla dislessia, poiché la dislessia può essere diagnosticata solo se al soggetto sono state fornite adeguate opportunità scolastiche e culturali, se il suo quoziente intellettivo risulta nella media e se non presenta deficit sensoriali che possano da soli spiegare i problemi di lettura L’apprendimento della lettura non è però così automatico come quello del linguaggio parlato, è un processo molto più complesso che per alcuni bambini nei primi anni della scuola elementare rappresenta un vero e proprio ostacolo ed evidenzia delle difficoltà non riconducibili ad alcuna carenza intellettiva. La lettura dipende dall’abilità di mettere in sequenza parole e suoni in maniera accurata, la quale a sua volta è collegata a meccanismi visivi ed uditivi adeguatamente funzionanti. Quando si inizia a leggere, tutte le lettere devono essere identificate e poi messe nel giusto ordine affinché si possa avere un’accurata esecuzione e comprensione del testo che ci troviamo davanti. Questo processo non è così semplice come sembra, perché gli occhi eseguono continuamente piccoli e rapidi movimenti, alternando fissazioni e saccadi, mediante i quali passano da una lettera all’altra e da una parola all’altra. In particolare le lettere devono essere messe in ordine per arrivare a cogliere la parola nell’insieme e questo è possibile solamente se tale processo funziona al meglio. Attraverso la conoscenza delle caratteristiche del disturbo, di come individuarlo e come arrivare ad una diagnosi, delle possibilità di recupero da parte dei docenti, dei famigliari ed anche del bambino è possibile arrivare ad un miglioramento della scrittura e quindi del senso di autostima. Bisogna certamente evitare che l’alunno avverta disagio o che si senta inadeguato, incapace frustrato. 30 6.2 VALUTAZIONE E DIAGNOSI – Dislessia: protocollo diagnostico La prima funzione della diagnosi è quella di permette di evitare gli errori più comuni come colpevolizzare il bambino – «non impara perché non si impegna» – e di attribuire la causa a problemi psicologici. Questi errori determinano sofferenze, frustrazioni e talora disastri irreparabili. Una volta eseguita la diagnosi si possono mettere in atto aiuti specifici, tecniche di riabilitazione e di compenso, nonché alcuni semplici provvedimenti come la concessione di tempi più lunghi per lo svolgimento di compiti, l’uso della calcolatrice o del computer. I dislessici hanno un diverso modo di imparare ma comunque imparano. Professionalità coinvolte nella valutazione: Neuropsichiatra infantile o neurologo per la visita neurologica Neuropsichiatra infantile, psicologo o neuropsicologo per la valutazione dell’efficienza intellettiva Psicologo per l’approfondimento psicodiagnostico e la valutazione della personalità Psicologo, Neuropsicologo con Logopedista e Psicopedagogista per gli approfondimenti specifici Procedura diagnostica: Prima visita di accoglienza, raccolta anamnesi e valutazione delle problematiche presentate Applicazione del protocollo standard parte A per la valutazione della dislessia Stesura della diagnosi di inclusione/esclusione della sindrome dislessica Applicazione del protocollo parte B per la stesura del profilo e del progetto riabilitativo 31 Protocollo diagnostico e linee guida per gli operatori: Esami necessari per la valutazione della Dislessia Valutazione della presenza o assenza di patologie neurologiche Valutazione della presenza o assenza di psicopatologie primarie Valutazione della presenza o assenza di deficit uditivi o della visione Valutazione neuropsicologica con prove standardizzate per: Lettura nelle componenti di Correttezza e Rapidità di un brano Correttezza e Rapidità nella lettura di liste di parole e non parole Scrittura nella componente di dettato ortografico Calcolo nella componente del calcolo scritto e del calcolo a mente, lettura di numeri e scrittura di numeri E’ l’importante la valutazione neuropsicologica poiché questa serie di esami permette di raccogliere informazioni riguardo i danni e disfunzioni cerebrali e la loro localizzazione. Inoltre i soggetti con probabile dislessia, sia acquisita che evolutiva, devono essere sottoposti a test delle funzioni sensoriali e ad una valutazione neuropsicologica completa, comprensiva di test d’intelligenza. I primi allo scopo escludere che il problema di lettura sia dovuto a deficit sensoriali (della vista e dell’udito), la seconda per accertare che il disturbo non sia dovuto a deterioramento o ritardo mentale, oltre che per fornire un quadro neuropsicologico del paziente. Il programma di intervento deve essere condiviso tra servizi, scuola e famiglia in modo che le attività convergano e diventino un unicum. Neuropsichiatra e/o logopedista si occupano della riabilitazione clinica, la famiglia sostiene gli interventi e segue il percorso formativo, la scuola provvede allo studio del caso predisponendo dopo accurata valutazione il piano didattico personalizzato che funge da punto di riferimento per tutti i docenti sulle metodologie didattiche più adatte per consentire un percorso scolastico quanto più “normale” possibile, attraverso l’utilizzo dei mezzi compensativi più adatti. 32 6.3 LE DIFFICOLTA’ AD APPRENDERE A SCUOLA Il benessere degli studenti, che deve essere sempre al centro del nostro lavoro. I loro bisogni vanno al di là della conoscenza: riguardano l’essere capiti, non essere compianti, aiutati semmai ad affrontale l’impegno scolastico, guidati ad affrontare le difficoltà che si presentano parlando con loro, discutendo delle modalità più opportune per giungere a risultati positivi. Le discipline non dovrebbero essere uno scoglio insormontabile, semmai una montagna da scalare con degli strumenti che permettano un’ascesa più agevole. Una volta in cima, guardandosi attorno si vede il mondo in discesa, ci si sente più forti, l’autostima rafforzata dalla conquista dà più forza per andare avanti. Gli apprendimenti avvengono principalmente tramite il canale della letto-scrittura. Il bambino dislessico si troverà quindi immediatamente in una situazione di difficoltà, non potendo accedere con la stessa facilita dei compagni agli apprendimenti. I bambini con DSA non riescono a leggere e scrivere in modo corrente e fluente, ma lo riescono a fare impegnando al massimo le capacita attentive e le energie, poiché non riescono a farlo in maniera automatica. Il processo non automatizzato implica un dispendio di energie che fa si che i soggetti si stanchino rapidamente, commettano errori, non imparino agevolmente. Ciò che alla maggior parte dei bambini richiede uno sforzo minimo e viene presto eseguito senza grandi difficoltà, per i bambini DSA rimane un ostacolo insormontabile, gli automatismi non riescono a consolidarsi. 33 6.4 DISLESSIA E SCUOLA: L’IMPORTANZA DI UNA INDIVIDUAZIONE TEMPESTIVA Il bambino che presenta difficoltà spesso assume in classe comportamento particolare: si in classe un distrae facilmente, chiede spesso di uscire, giocherella per rilassarsi, rimane indietro, non riesce a recuperare, fa sempre più fatica, è come se si perdesse in un vortice. Questo meccanismo riguarda tutti i campi del sapere e dell’apprendimento. Passa per la lettura, la scrittura, la matematica per estendersi presto a tutte le materie di cui questi elementi sono la base. Con la diagnosi del disturbo, viene visto a scuola diversamente e nello stesso tempo non più sgridato e additato come distratto, svogliato, pigro e questo lo può portare a riconquistare la fiducia prima di tutto in se stesso, poi nella scuola e vedersi rivalutato anche dalla famiglia stessa. L’intervento per mettere fine a tutto questo deve essere tempestivo per non creare problemi di autostima al bambino che può arrivare al rifiuto della scuola intesa come fatica di imparare, fino alla percezione di sé perché incapace di fare. Considerata la facilità con cui un bambino intelligente, senza disturbi neurologici o sensoriali, impara a leggere e a scrivere, per alcuni insegnante é inconcepibile che un bambino apparentemente altrettanto capace non lo riesca a fare. Una volta individuato il problema, bisogna intervenire per cercare di porre rimedio quanto meno al disagio del bambino, alla sua frustrazione. Prima ancora di intervenire sulle strategie da mettere in atto per proseguire in modo proficuo nel percorso scolastico serve innanzitutto spiegargli perché a lui riesce impossibile fare ciò che per gli altri dopo un po’ di fatica iniziale diviene automatico. A questo deve essere affiancata una metodologia didattica che permetta di recuperare quanto possibile con l’utilizzo della strategia più adatta per risolvere 34 il problema. Nelle sue produzioni scritte non sono più valutati gli errori grammaticali o lessicali e l’utilizzo del computer con programmi come “C Maps”, che danno la possibilità di elaborare gli schemi, integrarli, modificarli. Quando ci si rende conto di trovarsi di fronte ad un bambino in difficoltà bisogna intervenire in diversi modi, a seconda della gravità del fenomeno, dell’età, della sua consapevolezza del problema e della sua propensione a farsi aiutare e ad interagire. La diagnosi e la terapia riabilitativa devono essere quindi tempestive per non compromettere quindi oltre l’autostima anche i risultati scolastici. Si ricorre così a quegli strumenti compensativi che consentano di poter seguire un percorso scolastico soddisfacente. Certamente però principalmente bisogna puntare più che ad un alunno bravo ad avere un ragazzo sereno senza traumi o problemi psicologici legati alle proprie difficoltà di apprendimento. Ancora diversi alunni subiscono quanto a scuola di spiacevole gli possa accadere: Lacrime trattenute, perplessità perché non riescono a rispondere correttamente, l’insegnante che con tono alterato li rimprovera per mancato impegno accusandoli di pigrizia, contribuendo ciò ad instaurare dei meccanismi di autodifesa nei confronti della propria incapacità di far fronte alle richieste. Si verifica anche che per ricercare una causa ai continui insuccessi scolastici, i ragazzi vengono portati dai genitori dapprima dall’oculista sospettando che l’origine possa essere una difficoltà visiva che renda difficoltosa la lettura e la scrittura. In seguito però le difficoltà, con o senza occhiali continuano. Poiché non tutti sono ancora informati che possano sussistere questi cosiddetti disturbi specifici di apprendimento quando non ci sono altre cause apparenti e si ha un quoziente intellettivo nella norma, si torna il più delle volte all’idea di pigrizia o di disinteresse per la scuola con gli insegnanti che suggeriscono un carico di lavoro extra da fare a casa e un maggiore controllo da parte dei genitori. Può pertanto 35 accadere che questi alunni che all’inizio del percorso scolastico pensavano di essere “bravi, capaci di fare tutto” rendendo orgoglioso chi gli stava intorno, si sentano improvvisamente inadeguati: se imparare a leggere nonostante tutti gli sforzi che fanno comporta solo mal di testa, mal di pancia , lacrime e delusioni, pensano di non potercela fare. Se la situazione non viene analizzata in tempo e non si interviene con misure appropriate, si può arrivare a depressione, isolamento, rifiuto. Negli ultimi anni però per far fronte alle difficoltà scolastiche sono stati fatti molti passi avanti: non si pensa più che i ragazzi siano pigri, disinteressati, poco intelligenti, svogliati lasciandoli al loro destino o peggio sottoponendoli a frustrazioni inutili nel tentativo di farli recuperare ad ogni costo raddoppiando la mole di lavoro, ma si cercano più approfonditamente le cause che possono portare a questo. 36 Cap.7 DSA: ORIGINE E POSSIBILI CAUSE L’Assist Institute , Delaware , USA dice : Dyslexia is a Kind of mind : “La Dislessia è un modo di essere della mente , molto spesso , aggiunge , è una mente portatrice di un dono, ma è una mente che è fisiologicamente diversa”. L’Orton Dyslexia Society, americano , alla domanda cos’è la Dislessia fa presente che la parola Dislessia deriva dal greco e soprattutto dall’insieme di due parole : il prefisso “ Dis “ che si può tradurre in povero o inadeguato , e il sostantivo “ lexis “ che in italiano recita come parola o linguaggio. Lo stesso istituto afferma che” la dislessia è una disabilità di apprendimento caratterizzata da problemi di natura espressiva o ricettiva , riferiti al linguaggio scritto o orale”. Anche questa fonte la descrive come un diverso modo di essere della mente , spesso dotata in altri campi , che apprende con difficoltà. Secondo una delle ipotesi attualmente più diffuse sull’origine della dislessia, questa integrazione tra visione e movimento è permessa dall’azione del “sistema magnocellulare”, una rete di neuroni di grandi dimensioni che va dalla retina, attraverso la corteccia cerebrale ed il cervelletto, fino ai motoneuroni dei muscoli oculari. Questo sistema è specializzato nel rispondere particolarmente bene agli stimoli in movimento e rende possibile la percezione delle relazioni spaziali tra gli oggetti. Ha quindi un ruolo fondamentale anche nel meccanismo di posizionamento dell’occhio su ciascuna lettera in sequenza e nel determinare l’ordine di esse nella costruzione di ogni parola. La lettura dipende dall’abilità di mettere in sequenza parole e suoni in maniera accurata, la quale a 37 sua volta è collegata a meccanismi visivi ed uditivi adeguatamente funzionanti. Quando si inizia a leggere, tutte le lettere devono essere identificate e poi messe nel giusto ordine affinché si possa avere un’accurata esecuzione e comprensione del testo che ci troviamo davanti. Questo complesso procedimento permette che gli occhi eseguano continuamente piccoli e rapidi movimenti, alternando fissazioni e saccadi, mediante i quali passano da una lettera all’altra e da una parola all’altra. In particolare le lettere devono essere messe in ordine per arrivare a cogliere la parola nell’insieme e questo è possibile solamente se il messaggio proveniente dall’apparato motorio dell’occhio viene correttamente integrato con ciò che l’occhio vede. La conoscenza delle alterazioni genetiche può aiutare a chiarire i meccanismi che determinano la dislessia. Alcuni neuroscienziati, sulla base soprattutto di risultati ottenuti da esami effettuati con tecniche di visualizzazione cerebrale, sostengono che in molti dislessici il sistema visivo magnocellulare non è del tutto efficiente e che la sensibilità del sistema visuo-motorio in essi è minore rispetto a quella dei soggetti che leggono senza difficoltà. Il controllo del meccanismo visivo nei pazienti dislessici appare come più debole e questo spiega la percezione che a volte hanno di lettere che sembrano muoversi e spostarsi nel corso della lettura. Questa confusione nella visione potrebbe essere la conseguenza di un’incapacità del sistema magnocellulare di stabilizzare gli occhi in maniera normale. Numerosi studi tra i quali il più recente condotto da un gruppo di ricercatori italiani sembrano aver rintracciato la causa della dislessia nel cromosoma 15. Una delle principali implicazioni rintracciate dallo studio condotto dall’equipe italiana è che quest’area del genoma risulta in grado di influenzare la suscettibilità alla dislessia indipendentemente dalle caratteristiche culturali dei diversi Paesi in cui un bambino può trovarsi a vivere. Pertanto, indipendentemente dal grado di difficoltà grammaticali e dalle regole di lettura della lingua a cui un bambino viene esposto, l’area cromosomica indagata dagli studiosi sembra essere tra i “colpevoli” del disturbo. Tale ricerca proseguirà nell’intento di identificare in modo ancor più accurato sul cromosoma 15 i geni alterati, cioè le unità più piccole codificanti del genoma umano, coinvolti nella dislessia. Grazie quindi agli studi effettuati negli 38 ultimi anni sono stati compiuti grandi passi in avanti per quel che riguarda la ricerca delle cause che portano ad avere disturbi specifici di apprendimento. Cap.8 INSEGNARE LE DISCIPLINE NELLA CLASSE CON ALUNNI DSA Per gli alunni con disturbi specifici di apprendimento l’ansia da prestazione, il doversi esprimere di fronte all’insegnante e di fronte ai compagni, dover dare risposte in tempi rapidi creano diverse difficoltà. Per evitare questo sono necessari degli accorgimenti particolari e sopratutto il clima deve essere sereno, lo studente deve essere il più possibile a suo agio, le domande non devono essere incalzanti perché a volte il tempo necessario per reperire le informazioni si dilata. Le difficoltà che più di frequente è possibile individuare sono: lentezza esecutiva, facile affaticabilità, difficoltà nei processi di automatizzazione che rende difficile eseguire contemporaneamente due attività contemporaneamente ad es. ascoltare e scrivere o ascoltare e seguire sul testo; difficoltà di memorizzazione di filastrocche, poesie, date, definizioni, termini specifici delle discipline, strutture grammaticali, regole che governano la lingua italiana e straniera, tabelline, formule; difficoltà a recuperare nella memoria nozioni già acquisite e comprese cui consegue difficoltà e lentezza nell’esposizione durante le interrogazioni, difficoltà ad integrare le informazioni. E’ opportuno occuparsi di azioni volte alla promozione della consapevolezza del proprio modo di apprendere dello studente, sviluppando processi di autovalutazione e autocontrollo delle proprie strategie. Il docente deve inoltre prestare attenzione ad alcuni particolari che possono apparire irrilevanti ma che hanno un’importanza fondamentale come aiuto sia allo studio che all’organizzazione del lavoro sia in classe che per lo svolgimento dei 39 compiti a casa. E’ buona norma controllare la corretta trascrizione dei compiti e degli avvisi sul diario, verificare la comprensione delle consegne orali e scritte. La corretta applicazione inoltre di quelle che sono le “buone prassi” agevola senza dubbio il lavoro non solo degli studenti DSA ma di tutta la classe. Riprendere le conoscenze precedenti per introdurre nuovi argomenti, utilizzare la videoscrittura, utilizzare differenti modalità comunicative per attivare più canali sensoriali nelle spiegazioni (ideale in questo senso la presenza della LIM in classe), promuovere la conoscenza e l’utilizzo dei mediatori didattici come immagini, schemi, mappe sono solamente alcuni degli accorgimenti da prendere avendo in classe un alunno DSA . Per quanto riguarda poi la valutazione e l’aspetto psicologico utili sono in questo senso accortezze quali limitare le correzioni a penna rossa, gratificare l’alunno e sostenerlo nei momenti di difficoltà, incoraggiarlo e premiarlo per i successi. Solo attuando queste prime necessarie azioni si può poi passare ad elaborare un piano di studio personale ricorrendo agli strumenti compensativi e dispensativi più idonei. Gli strumenti compensativi devono essere attentamente presi in considerazione valutando le effettive necessità dello studente, tenendo in considerazione la diagnosi e le indicazioni in essa fornite, le osservazioni dei docenti e della famiglia ed eventualmente dell’interessato nel caso in cui in relazione all’età, abbia una buona consapevolezza dei propri bisogni e del proprio modo di apprendere e sappia indicare quelli che sono gli ausili di cui ha bisogno, attraverso i quali si sente più sicuro e che meglio padroneggia. Più complicata la situazione è però non durante gli anni della scuola primaria dove in generale diagnosi e strumenti sono accettati dai ragazzi ,ma durante gli anni della scuola secondaria sia di primo che di secondo grado in quanto spesso l’uso dello strumento che fa sentire “diversi” non è accettato per l’utilizzo in classe. Se per la discalculia si punta soprattutto su tabelle e formulari, calcolatrice e tavola pitagorica, in caso di dislessia e difficoltà di memorizzazione si forniscono prevalentemente dispositivi che possano agevolare la lettura evitando un affaticamento eccessivo durante tale attività. Utile potrebbe essere il computer per videoscrittura con correttore ortografico, software didattici compensativi, dizionario digitale, sintesi vocale, audio libri o libri parlati, registratore audio 40 digitale, programmi come C-Maps per la creazione e l’espansione delle mappe concettuali ed elaborazioni grafiche. Se gli strumenti compensativi sono volti a favorire l’apprendimento, le misure dispensative sono volte soprattutto a mettere a proprio agio lo studente durante le attività scolastiche. Anche queste vanno attentamente studiate e valutate a seconda dei casi. Si dispensano i DSA dalla lettura ad alta voce, dal prendere appunti a mano, dal rispetto dei tempi standard, dalla copiatura dalla lavagna, dallo studio mnemonico di formule, termini assonanti, poesie, definizioni, forme verbali, dalla scrittura veloce sotto dettatura, dall’uso del dizionario cartaceo, dallo scrivere in corsivo, dall’utilizzo di materiali di studio scritti a mano. Naturalmente la dispensa riguarda alcuni tipi di attività in particolare durante gli anni della scuola secondaria, mentre in molti casi ed in particolare durante la primaria c’è la necessità di eseguire tali compiti senza valutazioni, senza pressioni eccessive da parte degli insegnanti e dando all’alunno tutto il tempo di cui necessita. Ad esempio la lettura ad alta voce in classe può essere motivo di imbarazzo per un dislessico ma va comunque invitato a non tralasciarla completamente se si vuole arrivare a un miglioramento delle prestazioni. Per quel che riguarda la lingua straniera, ci può essere una parziale dispensa dall’esecuzione di attività in forma scritta privilegiando l’orale fermo restando che la scrittura è in ogni caso un mezzo per l’apprendimento anche verbale e non va quindi del tutto esclusa. Leggendo la lista di quelle che sono le attività che andrebbero evitate, si potrebbe pensare che lo studente DSA venga esonerato da tutto ciò che è l’attività scolastica ma bisogna invece tenere in considerazione che queste sono disposizioni generali che vanno adattate ad ognuno a seconda dei bisogni e della gravità del disturbo, selezionando di volta in volta quelle che sono le necessità ed adeguandole al tipo di azione che si sta intraprendendo. Si tratta di una serie di “attrezzi” a disposizione per cui per ogni intervento bisogna prediligere quello più indicato. Non è detto che un dislessico dispensato dalla lettura a voce alta non debba mai leggere e non possa intervenire nelle attività didattiche, piuttosto va coinvolto con alcuni accorgimenti come ad esempio anticipandogli che si lavorerà su quel testo così da permettergli di prepararsi e sentirsi pronto ad intervenire e interagire con i compagni. Più ancora 41 della normativa e delle disposizioni bisogna mettere davanti a tutto la sensibilità del docente che con semplici azioni può riuscire veramente a compensare le difficoltà di apprendimento dagli alunni stessi creando l’ambiente ideale per poter sviluppare nel migliore dei modi le proprie potenzialità. La verifica e la valutazione da parte dell’insegnante rappresentano sempre un momento di tensione e di agitazione; nel caso di studenti DSA questo è in misura ancora maggiore. Le lettere si mescolano e girano sul foglio, la lavagna diventa ancora più nera, la confusione è totale. I termini specifici e le parole simili ronzano in testa senza che si riescano ad afferrare, nomi assonanti si sovrappongono e non si riesce a distinguerli. Questo è solo un esempio di quanto accade nel momento fatidico che porta a fornire una prestazione di per se difficile e ad ottenerne un voto che può talvolta pregiudicare la propria autostima prima ancora dell’anno scolastico. Anche in questo caso alcuni accorgimenti consentono di limitare il disagio e favorire un rapporto più sereno con il compito in classe o con l’interrogazione. Innanzitutto le prove (scritte o orali) andrebbero programmate con anticipo fornendo indicazioni specifiche su ciò che viene richiesto, sulle competenze che saranno oggetto di valutazione. Questo consente allo studente uno studio più sereno e accorto. Bisogna sempre tenere in considerazione il maggiore sforzo cognitivo del DSA sia nel momento della preparazione che della verifica e per questo è opportuno non fissare più di una prova al giorno. Per fare questo è sufficiente che ogni docente segni sul registro di classe con anticipo la data di effettuazione del compito in classe evitando settimane nelle quali sono concentrate tutte le prove; la creazione inoltre di un calendario delle interrogazioni consente a 42 tutti gli studenti una preparazione più accurata, e una minore tensione giornaliera in classe tutti i giorni con il timore di essere chiamati e risultare impreparati. Nel caso in cui una prova non sia ritenuta all’altezza dovrebbe sempre essere possibile compensare con l’orale puntando a verificare le stesse competenze richieste allo scritto. Nella correzione andrebbe valutata più il contenuto che la forma non considerando gli errori sintattici e ortografici per gli alunni con disgrafia e disortografia. In considerazione dello sforzo mentale e la conseguente facile affaticabilità del soggetto DSA, della lentezza di lettura ed esecutiva conseguente alle difficoltà di automatizzazione dei processi di codifica e decodifica, le prove andrebbero ridotte, ad esempio inserendo meno esercizi o meno elementi per ogni esercizio senza per questo modificare gli obiettivi, oppure per alcune tipologie di prove consentire tempi più lunghi di esecuzione e ciò questo è peraltro previsto anche nel corso di test INVALSI e prove d’esame. All’alunno deve essere data anche la possibilità di utilizzare strumenti informatici necessari sia alla scrittura che al calcolo come anche tabelle, formulari, grafici stabiliti dal PDP. Per quanto riguarda la grammatica, questa non dovrebbe di per se costituire una prova a se stante ma si dovrebbe privilegiare il suo uso corretto piuttosto che le definizioni e le acquisizioni teoriche che costituiscono un grosso scoglio perché sono necessari automatizzazione delle procedure, memorizzazione di tabelle ed elementi estremamente difficoltosi per lo studente DSA. Per le lingue straniere si suggerisce di tenere maggiormente conto dell’orale utilizzando per lo scritto prove a risposta multipla o che privilegino la corrispondenza tra parola e immagini in particolare per la scuola primaria. Le misure volte a dispensare lo studente da alcune attività tipiche della vita scolastica, e a supportarlo con degli strumenti che lo agevolino vanno analizzate di volta in volta a seconda dei bisogni del soggetto interessato, vengono discusse dall’intero Consiglio di classe tenendo conto delle indicazioni presenti nella diagnosi funzionale e delle osservazioni dei docenti durante l’attività didattica. Per predispone il Piano Didattico Personalizzato, la collegialità, la collaborazione, il lavoro di equipe sono fondamentali per i proseguo del lavoro e per l’attuazione del piano stesso, perché questo non rimanga solo cartaceo ma sia attuato fino in fondo. 43 Il PDP deve riportare oltre ai dati della scuola, quelli dello studente, le indicazioni riguardanti la certificazione con l’indicazione dell’istituzione che l’ha redatta, la data del rilascio, lo specialista che ha formulato la diagnosi, la tipologia di disturbo, la gravità, eventuali comorbilità, gli interventi riabilitativi effettuati o previsti. Vengono altresì riportate le indicazioni su lettura strumentale (velocità e correttezza), comprensione della lettura e dell’ascolto, tipo di scrittura (carattere utilizzato, grafia, tipologia di errori, caratteristiche nella produzione della frase), oltre che aspetti importanti come difficoltà a copiare dalla lavagna, a scrivere sotto dettatura, a prendere appunti. Nel caso di discalculia si riportano le caratteristiche rilevanti del processo di apprendimento, relativamente a processi lessicali (nell’attribuire il nome ai numeri), processi semantici (comprendere il significato dei numeri attraverso una rappresentazione mentale di tipo quantitativo), processi sintattici (capacità di comprendere le relazioni spaziali tra le cifre che costituiscono i numeri ovvero il valore posizionale delle cifre), counting (ovvero capacità di conteggio e calcolo orale e scritto). Le osservazioni riguardano inoltre le capacità di studio: si osserva se lo studente è in grado di seguire quanto esposto in classe sottolineando, prendendo appunti, creando mappe oppure se è necessario per lo studio l’utilizzo del computer e della sintesi vocale. Importanti sono inoltre le segnalazioni riguardanti i punti di forza dell’alunno, indicando interessi particolari, abilità in determinate aree disciplinari, predisposizioni personali. Di notevole rilevanza è senza dubbio l’analisi degli aspetti correlati e cioè dell’autostima, dei rapporti con gli adulti (insegnanti, familiari e specialisti) e con i compagni, l’impegno e l’autonomia scolastica, i tempi di attenzione, la consapevolezza dei propri problemi e del proprio modo di apprendere. Attraverso la diagnosi e le osservazioni di docenti e familiari è inoltre possibile identificare le caratteristiche del processo di apprendimento. Gli interventi metodologici che si possono attuare sono molteplici ma innanzitutto è indispensabile creare un clima di apprendimento sereno, favorendo anche il lavoro in modo cooperativo, attraverso esperienze laboratoriali creando anche attività di recupero individualizzate per l’alunno DSA. 44 Cap.9 LE DIFFICOLA’ PER LA LINGUA STRANIERA Anche se l’origine del disturbo è neurologica e quindi indipendente dalla lingua che si sta studiando ma è altrettanto vero che alcune lingue risultano più problematiche a causa della poca trasparenza della stessa. L’opacità è costituita in particolare da una combinazione molto alta di suoni associati a gruppi consonantici e vocalici: non si può capire come pronunciare una parola solo leggendo i singoli fonemi. Per il francese la difficoltà è invece legata all’ortografia poiché ci sono molte parole omofone ma con grafia diversa (ad esempio i verbi); nel tedesco risulta difficoltoso il lessico e le molte regole grammaticali in particolare di declinazione di articoli, aggettivi, sostantivi. 45 E’ per questo che in Italia la percentuale di DSA si assesta intorno al 4% mentre nei paesi di origine anglosassone è del 10-15% Talvolta ci si trova di fronte a studenti border-line non diagnosticati ma che si trovano di fronte a grosse difficoltà nello studio di un’altra lingua; il più delle volte la spiegazione poco scientifica è “non vi è portato” ma può nascondere un disturbo di altro genere. Questo porta ad una considerazione ulteriore, di fronte alla possibilità di essere “dislessici in una lingua e non nell’altra”. Frequenti sono in questi ultimi tempi le certificazioni per “dislessia differenziale” Si riscontra confusione tra le colleghe di lingua straniera alle prese con soggetti DSA , e per il ruolo di referente assunto ha comportato il tenermi costantemente informata degli alunni durante il loro percorso di apprendimento della lingua inglese. Nei soggetti DSA vengono riscontrate prestazioni atipiche poiché commettono errori non consoni, ripetuti e protratti nel tempo nonostante un impegno e un’attenzione accettabili. Alcune carenze linguistiche di un DSA sono ad esempio la difficoltà a memorizzare l’alfabeto, una conta, nella comprensione orale c’é una carenza nella discriminazione di suoni che percepisce come un unicum e non riesce a scindere, oltre alla difficoltà di rispondere a domande orali con un’eccessiva lentezza rispetto ai compagni o ancora nello scrivere la parola stessa . Nella letto-scrittura si possono evidenziare problemi nel riconoscimento della forma grafica di una parola appena pronunciata, rifiuto a leggere, difficoltà a copiare dalla lavagna, e nello scrivere sostituzione di lettere simili (ad es. v-f, m-n), elisione di parti di parole, mescolamento di sillabe, confusione tra parole simili (cat - but). Si possono evidenziare inoltre difficoltà nell’utilizzo del dizionario cartaceo. A questo si aggiunge quella che è definita ansia linguistica che è tipica di molti studenti ma è amplificata nel caso di studenti DSA. Si è a lungo pensato che la dislessia (e disturbi correlati) fosse un problema riguardante solo i docenti di italiano e di matematica, ed in particolare le maestre per una individuazione precoce del problema e gli interventi riabilitativi del caso. Le lingue straniere, in particolare quelle opache come l’inglese, possono rappresentare un vero problema per un dislessico, in particolare se consideriamo 46 l’apprendimento di questa particolare materia solo facendo riferimento all’aspetto di competenza linguistica sia essa orale che scritta, che passa attraverso il canale fonetico -fonologico e grafico: saper leggere, saper ascoltare, saper parlare e saper scrivere attraverso un codice linguistico che non è quello materno può risultare arduo. L’obiettivo della lingua é nei primi anni della scuola secondaria di primo grado comunque quello della comprensione globale del testo per poi passare successivamente ai dettagli più avanti in particolare alle superiori dove si passa ad un’analisi selettiva e poi analitica. Per quanto riguarda la valutazione bisogna considerare l’efficacia comunicativa che permette di trasmettere un messaggio anche con errori, adeguando la lingua al contesto e con appropriatezza linguistica, tenendo in maggior considerazione i contenuti e non la forma stessa per quanto riguarda i DSA. Quando si ha a che fare con quelli che vengono ora definiti studenti DSA e che fino a qualche anno fa erano invece classificati come incapaci o svogliati, l’insegnamento delle lingue straniere comporta difficoltà maggiori. Sempre più spesso arrivano nelle nostre mani certificazioni di dislessia, i genitori pretendono la dispensa per i loro figli da queste materie, durante i consigli di classe si fanno lunghe discussioni sulle modalità di compilazione del PDP, sulle valutazioni, sulle problematiche legate agli esami di stato. Si può in casi di particolare gravità arrivare su richiesta dello specialista e della famiglia alla dispensa dalla valutazione della forma scritta, trasformando i compiti scritti in forma orale che abbia come obiettivo la verifica delle stesse competenze richieste. Questo è diverso dall’esonero previsto in casi molto gravi ma che comporta a conseguenze nella carriera scolastica. L’allievo non riceve un diploma con valore legale bensì un certificato di frequenza come nel caso di certificati L.104. Per una dislessia lieve sono spesso sufficienti strumenti compensativi e misure dispensative ma soprattutto accorgimenti che facciano capire all’alunno di essere sostenuto nel suo percorso formativo non solo dalla famiglia ma anche dai docenti. Le attività intraprese e che vanno indicate ed approvate dal Consiglio di Classe e dalla famiglia, vanno concordate accuratamente, non imposte, in modo che lo studente sappia che a lui vengono concessi dei mezzi diversi per farlo arrivare a fare quello che fanno i compagni ma 47 seguendo un altro percorso. Si può notare che le azioni tipiche della lezione di lingua straniera sono attività che richiedono di per sé una automatizzazione dei processi linguistici, ed inoltre caratterizzate dalla contemporanea richiesta di più abilità contemporaneamente. L’ansia linguistica è senza dubbio presente in tutti gli allievi, per gli studenti dislessici che già di per se hanno una forte ansia dovuta dagli insuccessi scolastici, questo è un fattore aggravante che può portare dall’iniziale atteggiamento di curiosità ad uno di chiusura e di rifiuto derivante dall’eccessivo affaticamento che comporta la nuova lingua. Lo studente diventa selettivo, punta sulle materie nelle quali sente di poter riuscire concentrando le proprie forze ed evitando così un ulteriore sforzo cognitivo eccessivo che in ogni caso lo porterebbe all’insuccesso se non vengono adottati gli opportuni accorgimenti nella didattica da parte del docente. Ogni intervento deve tener presente di quelle che sono le caratteristiche del disturbo e più in particolare del tipo di dislessico per il quale si sta lavorando. Fattori da considerare sono la memoria di lavoro per le attività in particolare di comprensione scritta e orale, la memoria esplicita per riattivare tutte le strutture del lessico e della grammatica, memoria implicita che consente di automatizzare le procedure applicando le regole. In ogni attività proposta entrano in atto tutte queste componenti, che essendo indipendenti dal controllo volontario non possono essere gestite. Nella fase iniziale dell’apprendimento della lingua è quindi necessario che oltre all’ascolto dei testi da CD, l’insegnante compensi con lettura lenta e scandendo bene le parole. Ideale sarebbe avere a disposizione la LIM con DVD con sottotitoli. Questo permette di comprendere il contesto, seguire il dialogo o quanto proposto. Non disponendo in classe di LIM,Vengono spesso fornite agli alunni DSA prima di affrontare un nuovo argomento delle indicazioni e delle tabelle di aiuto. Il compito svolto non deve essere corretto “in modo punitivo” tempestando di segni rossi la pagina, in modo da non minare l’autostima già fragile dell’alunno. Con l’esercizio costante potrà poi essere in grado di esporre anche se non in modo fluente quanto appreso con l’aiuto di mediatori didattici quali mappe , schemi didascalie, immagini che possano orientarlo e richiamare i concetti appresi. Avere uno strumento in più nel corso dell’interrogazione vuol dire soprattutto sentirsi più sicuri, potersi appoggiare ad uno schema nel quale siano riportate le parole 48 chiave, in modo di organizzare il discorso in modo logico, affinché lo sforzo riguardi più l’esposizione che la memorizzazione e il reperimento dei dati. Naturalmente durante le verifiche opportunamente predisposte per questo tipo di problematiche si tiene in dovuta considerazione più il contenuto che la forma dello scritto ma gli strumenti forniti sono sempre stati di aiuto ai ragazzi per poter produrre in modo abbastanza efficace. Cap.10 RIFERIMENTI NORMATIVI ED ASPETTI LEGISLATIVI Numerose leggi, decreti ministeriali, note e regolamenti regionali sono stati emanati dal 2004 in tema di dislessia e più in generale di disturbi specifici di apprendimento: La legge 170 del 2010 non ha soltanto raccolto quanto era stato legiferato in materia negli anni precedenti, ha modificato innanzitutto il ruolo della scuola e tutelato l’alunno in difficoltà mettendo al centro di tutto la persona, lo studente. Gli alunni DSA sono tutelati dalla legge n.170 che si inquadra nel più 49 generale tema della realizzazione del diritto allo studio e del perseguimento del successo formativo di tutti. La prospettiva é quella -della scuola inclusiva, in quanto la lettura e la scrittura costituiscono una imprescindibile chiave di lettura del mondo, -della personalizzazione, cioè della valorizzazione della persona. La legge ha altresì disposto “che le istituzioni scolastiche garantiscano l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto delle caratteristiche peculiari del soggetto adottando una metodologia e una strategia educativa adeguata”. La legge 170/2010 e le linee guida ministeriali del MIUR del luglio 2011 hanno contribuito a fare chiarezza legiferando in un settore dove c’erano molte lacune normative ponendo delle regole chiare e precise su come agire in ambito scolastico specificando misure dispensative e compensative, modalità di attuazione degli esami, la specificità dell’insegnamento delle lingue straniere. Le finalità sono quelle di garantire il diritto all’istruzione anche per chi si trova in difficoltà e quindi offrire pari opportunità agli studenti con disturbi specifici di apprendimento consentendo l’utilizzo di strumenti che siano di aiuto in ambito scolastico, invitando inoltre ad una didattica il più possibile adeguata e personalizzata in funzione proprio della specificità di ogni alunno dislessico. L’intenzione del legislatore è inoltre quella di formare i docenti che si trovano altrimenti impreparati ad affrontare i nuovi scenari che si stanno presentando, sensibilizzare i genitori verso le problematiche riguardanti l’apprendimento e creare una sinergia scuola-famiglia-servizi che possa essere la base di ogni iniziativa glottodidattica per ciò che riguarda la formazione ma innanzitutto educativa e volta al benessere psicologico riducendo i disagi e possibilmente eliminando le barriere che portano a perdere stima in se stessi e a perdere l’autostima e la motivazione allo studio. Il 27 dicembre scorso il Ministro ha firmato una Direttiva recante “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” che delinea e precisa la strategia inclusiva della scuola italiana al fine di realizzare appieno il diritto all’apprendimento per tutti gli alunni in situazione di difficoltà. Sembra però quella direttiva non sembra si sia prestata 50 molta attenzione almeno fino a quando, il 7 marzo, non è stata pubblicata la circolare applicativa n. 8 sui cosiddetti “bisogni educativi” che susciterebbe, per alcuni, una serie d’interrogativi sulle concrete ricadute e sugli aspetti delicati e importanti della vita quotidiana delle scuole. Certamente leggendo e riflettendo sulla direttiva e sulla circolare si possono evidenziare degli aspetti positivi così pure le criticità. Pur riconoscendo l’obbligo di presentazione delle certificazioni per l’esercizio dei diritti conseguenti alle situazioni di disabilità e di DSA, la direttiva estende a tutti gli studenti il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento e al campo d’intervento e la responsabilità di tutta la comunità educante all’intera area dei Bisogni Educativi Speciali (BES), comprendente: “svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”. Richiamare la responsabilità di tutta la comunità educante significa puntualizzare che ogni membro dovrà contribuire, nel rispetto e diversità del proprio ruolo e della specifica competenza, alla programmazione e alla realizzazione dell’itinerario formativo di ogni alunno. La riflessione e l’esperienza permettono che per affrontare e risolvere le difficoltà, occorre che ogni operatore scolastico interiorizzi e traduca in azioni didattico educative, l’idea che lo studente non appartiene esclusivamente alla classe o al gruppo al quale è affidato, né tanto meno, se si tratta di alunno con disabilità, al “docente di sostegno”, ma è in carico a tutta la comunità scolastica. In questa nuova e più ampia ottica, la scuola deve diventare una comunità accogliente nella quale tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, possano realizzare esperienze di crescita individuale e sociale. “L’inclusione” diventa, perciò, un processo attraverso il quale la scuola, per mezzo dei suoi diversi protagonisti (studenti, insegnanti, personale ATA, dirigente scolastico, famiglia, territorio) assume le caratteristiche di un ambiente che risponde ai bisogni di tutti gli studenti e in particolare di quelli con bisogni speciali. È vero che le risorse strutturali, economiche e umane si vanno sempre più dimezzando ma ciò non può costituire un alibi in un momento particolarmente critico per le nostre strutture 51 educative. Il processo d’inclusione può e deve iniziare dall’interno di ogni scuola partendo da ciò che abbiamo, valorizzando le risorse presenti, creando reti di competenze professionali alla ricerca di obiettivi condivisi. CONCLUSIONI 52 Ritengo fondamentale la comunicazione continua con i “miei DSA” perché il primo passo è stato proprio parlare con loro, capire di cos’avessero bisogno, come si sentivano più sicuri. Alcuni di loro lo diventano anche solo sapendo di sentirsi compresi ma altrettanto importante é il rapporto di collaborazione che si è possa instaurare con i loro familiari. Sono consapevole che pur essendomi impegnata al meglio anche nello svolgimento del ruolo di referente per i disturbi specifici di apprendimento di non aver risolto tutti i problemi ma ho soprattutto instaurato un buon rapporto con gli alunni e creato un clima di lavoro sereno sia per me che per i ragazzi in modo che si sentissero tutelati e compresi e quindi più disponibili ad affrontare le difficoltà che di volta in volta si presenteranno. L’insegnante deve comportarsi da vero facilitatore per l’apprendimento e quindi offrire il suo aiuto per un percorso scolastico facilitato ma sopratutto appropriato. Nell’ambito delle scuole dove insegno e dove ho riscontrato una certa apertura e disponibilità da parte di alcuni colleghi, ho avuto modo di essere di supporto fornendo loro informazioni materiali e consigli. Negli ultimi anni per far fronte alle difficoltà scolastiche degli alunni con DSA sono stati fatti molti passi avanti: non si pensa più che i ragazzi siano pigri, disinteressati, poco intelligenti, svogliati lasciandoli al loro destino o peggio sottoponendoli a frustrazioni inutili. Tanto però può essere ancora fatto soprattutto nel dare una maggiore formazione agli insegnanti . Proprio qualche giorno fa partecipando ad un incontro di formazione dalla seguente tematica:”Insegnare le discipline nella classe con alunni DSA “ho avuto la sensazione che un consistente numero di colleghi appartenenti a varie scuole di ordine e grado si affacciasse per la prima volta per conoscere il complesso “mondo dei disturbi specifici 53 di apprendimento. BIBLIOGRAFIA Biancardi, G. Milano, Quando un bambino non sa leggere. Vincere la dislessia i disturbi dell’apprendimento, 2001, CORNOLDI C., Le difficoltà di apprendimento a scuola, Ed. Il Mulino, Bologna.Giacomo DALOSIO M, I fondamenti neuropsicologici dell’educazione linguistica, Cafoscarina, Venezia, 2009 DALOISO M., Lingue straniere e dislessia evolutiva. Teoria e metodologia per una glottodidattica accessibile, UTET, Torino, 2012 DE FILIPPIS A., Dislessia e disturbi dell’apprendimento (Atti convegno) MUCCHIELLI R., BOURCIER A., La dislessia. Ed. Nuova Italia PRATELLI M., Disgrafia e difficoltà grafo - motorie, Edizioni Centro Erickson, Trento STELLA G., SAVELLI E., Dislessia Oggi. Prospettive e diagnosi in Italia dopo la legge 170, Erickson, Trento, 2011. Stella, Luca Grandi (2011). Come leggere la dislessia e i DSA. Giunti scuola, Firenze. Dario IANES, Sofia CRAMEOTTI,Monja TAIT,La Dislessia. Il ruolo della scuola e della famiglia, Erickson, Trento, 2007 LUISI A. - Ruggerini C., Dislessia e disagio pedagogico. Un approccio interdisciplinare per la diagnosi e l’aiuto, Ed. T.E.M.I., 1997 DAVIS R. 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