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I “Compro Oro”: aspetti normativi e fiscali

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I “Compro Oro”: aspetti normativi e fiscali
I “Compro Oro”: aspetti normativi e fiscali
In questi ultimi anni, sul territorio nazionale, si è assistito a un considerevole aumento
delle attività dei c.d. “compro oro”. Gli operatori si trovano spesso in difficoltà
a comprendere quali caratteristiche devono avere tali attività nonché
gli adempimenti fiscali cui sono chiamati a rispondere.
____ A cura di Stefano Setti____
Riferimenti normativi
- Legge 17 gennaio 2000, n. 7;
- D.L. 23 febbraio 1995, n. 41;
- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 10, 17, 53.
Concetti introduttivi
Con riferimento al commercio dell’oro, in prima battuta, si deve fare riferimento alla Legge n. 7/2000
all’interno della quale viene data una definizione di cosa si debba intendere con la il termine “oro”. Più nel
dettaglio l’art. 1 della Legge citata stabilisce che esistono di fatto due tipologie di “oro”:
□
oro da investimento e
□
oro diverso da quello da investimento o industriale.
Ciò considerato, ai fini IVA, è stato previsto:
□
un regime di esenzione IVA per le cessioni di oro da investimento di cui all’art. 10, n. 11), del
D.P.R. n. 633/1972. Ai fini del riconoscimento dell’esenzione è necessario e sufficiente che
l’oggetto della transazione sia qualificato come oro da investimento (si tratta di un’esenzione
oggettiva), non rilevando né la qualifica soggettiva dell’acquirente né l’utilizzo che questi ne farà
(in tal senso, esplicitamente, la Circolare 16 novembre 2000, n. 207/E, del Ministero delle
Finanze);
□
l’ordinario regime di imponibilità per le cessioni di oro diverso da quello da investimento o
industriale.
Attenzione
Con riferimento alle cessioni di oro diverso da quello da investimento o industriale è
previsto che l’IVA venga assolta con il particolare meccanismo del cd. reverse
charge disciplinato dall’art. 17, comma 5 del D.P.R. n. 633/1972, che pone a carico
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del cessionario, se soggetto passivo d’imposta residente nel territorio dello Stato,
l’obbligo di corrispondere l’imposta per conto del cedente.
Il caso
Domanda: qual è la distinzione tra “oro da investimento” e “materiale d’oro ad uso prevalentemente
industriale”?
Risposta: al fine di poter rispondere alla domanda posta si dovrà prendere a riferimento quanto stabilito
dal 1° comma dell’art. 1 della Legge n. 7/2000. Infatti, all’interno dello stesso viene precisato che:
□
l’“oro da investimento”, per tale dovendosi intendere:
>
il metallo lavorato in lingotti e in placchette “di peso accettato dal mercato dell’oro, ma
comunque superiore a 1 grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi”, venduto ad
un prezzo pari al valore intrinseco del fino contenuto;
>
le monete d’oro “di purezza pari o superiore a 900 millesimi, coniate dopo il 1800”,
“vendute ad un prezzo che non supera dell’80 per cento il valore sul mercato libero
dell’oro in esse contenuto”;
□
il “materiale d’oro ad uso prevalentemente industriale”, per tale dovendosi intendere:
>
la materia prima aurifera grezza destinata a successiva fusione (ad es., i granuli, le
polveri, i pani, le verghe, i minerali auriferi);
>
i “semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, sia in qualunque altra forma e
purezza”;
>
l’“oro da investimento” di cui al precedente punto n. 1) (ad es., i lingotti e le placchette)
allorché venga destinato non più a riserva di valore, ma a successiva lavorazione e muti
perciò la propria qualificazione ex Legge n. 7/2000.
□
a fianco delle due tipologie di oro individuate precedentemente è possibile individuare una
categoria residuale che comprende i prodotti finiti e gli altri oggetti in oro tra i quali:
>
il c.d. “oro da gioielleria” a uso ornamentale (ad es., i gioielli e i monili);
>
l’oro per la componentistica elettronica (ad es., il materiale aureo di rivestimento delle
superfici);
>
l’oro per scopi medici e diagnostici (ad es., il materiale aureo per la realizzazione di otturazioni e ponti in odontoiatria).
Sembra ragionevole ritenere che debba essere ricompreso in tale punto 3) non solo l’oro in condizioni di
nuovo o di usato da lavorare e/o riparare, ma anche quello in condizioni di “rottame” o “rifiuto”, da
destinare a fusione per ricavarne altro oro di tipo diverso da quello di cui ai precedenti nn. 1) e 2) (ad es.,
altro “oro da gioielleria ad uso ornamentale”).
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I “Compro Oro”
La Banca d’Italia all’interno della Circolare 28 maggio 2012, ha fatto presente che per i soggetti che limitano
la propria attività al commercio di “oro da gioielleria” non si rende necessario il possesso dei requisiti di
forma societaria, oggetto sociale e onorabilità previsto per gli “operatori professionali in oro” (requisiti,
invece, richiesti per gli “operatori professionali in oro”).
Ne deriva che i “Compro Oro”:
□
possono acquistare oggetti preziosi nuovi, usati o avariati e rivenderli al pubblico, a fonderie o ad
altri operatori. Tale attività si configura, infatti, come commercio di prodotti finiti che non rientrano
nella definizione di “oro” contenuta nell’art. 1, comma 1, della Legge n. 7/2000; è la fonderia che
dovesse trarne il contenuto in fino e rivenderlo come “oro da investimento” a dover assumere la
qualifica di “operatore professionale in oro”;
□
non possono congiuntamente acquistare “oro da gioielleria” usato/avariato, fonderlo (per proprio
conto o con incarico a terzi previo accordo di mantenimento del diritto di proprietà sul fino
ottenuto) e cedere il fino ottenuto.
Attenzione
I c.d. “compro oro” entrano in rapporto con la Banca d’Italia solo per il tramite della
Struttura dedicata al contrasto del riciclaggio (Unità di Informazione Finanziaria,
UIF). La Banca d’Italia, in altre parole, non esercita sui “compro oro” alcuna forma di
vigilanza o di controllo in relazione allo svolgimento delle attività.
Compro oro: la documentazione sugli acquisti e vendite ai fini dell’IVA e delle
imposte dirette
Tipologia
Documentazione
Acquisti dei
Per gli acquisti che usualmente vengono effettuati da privati, i “compro oro” (visti i
“Compro Oro”
chiarimenti forniti dalla Circolare n. 70 dell’8 novembre 1973 nonché dalla
Risoluzione n. 9/2270 del 20 gennaio 1981) devono istituire un apposito registro,
bollato e numerato prima dell’uso, in cui annotare tutti gli acquisti della specie. Tale
registro serve allo scopo di far venire meno, ai fini IVA, la presunzione di acquisto
(di cui all’art. 53 del D.P.R. n. 633/1972) nonché per poter documentare la
deducibilità del costo sostenuto.
Vendite dei
Per quanto attiene alle vendite effettuate nei confronti di privati (per le quali tornerà
“Compro Oro”
applicabile il regime IVA del margine) deve essere istituto un registro delle cessioni
all’interno del quale deve essere riportata l’indicazione della data, natura, qualità e
quantità dei beni e dei relativi corrispettivi al lordo dell’IVA. Tale registro costituisce
la base al fine di poter procedere allo scorporo nonché alla determinazione dell’IVA
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da dover versare all’Erario.
Il caso
Domanda: I “Compro Oro” hanno l’obbligo di tenuta del registro di pubblica sicurezza? In quali casi va
utilizzato? Quali informazioni deve riportare tale registro?
Risposta: I “Compro Oro” sono obbligati alla tenuta del registro di pubblica sicurezza all’interno del quale
dovranno essere riportati, così come stabilito dall’art. 128 del R.D. n. 773/1931, tutti i dati relativi agli
acquisti di oggetti preziosi usati effettuati da privati (si tenga presente che tale registro serve unicamente
per gli oggetti acquistati da privati, infatti, per gli oggetti in esame acquistati da soggetti passivi IVA farà
fede la documentazione fiscale). Tale registro ha come obiettivo quello di consentire la verifica, in caso di
controllo da parte delle autorità di polizia, della provenienza della merce acquistata.
Tale registro dovrà essere numerato nonché bollato su ogni pagina a cura dell’autorità di pubblica
sicurezza ovvero dall’ufficio del registro e dovrà essere esibito sulla base delle eventuali richieste che
pervengono dal personale di pubblica sicurezza.
Più nel dettaglio su tale registro vanno riportate di seguito e senza spazi in bianco, le seguenti
informazioni:
□
le generalità, il domicilio e gli estremi del documento del venditore;
□
la data dell’operazione;
□
la descrizione della merce acquistata, in ordine alla natura, quantità e qualità;
□
il prezzo pattuito.
Così come stabilito dal 1° comma 1 dell’art. 128 del R.D. n. 773/1931, gli operatori orafi possono
acquistare oggetti preziosi da privati solo se questi ultimi sono forniti di un documento di identità valido, di
cui è opportuno conservare la fotocopia, allegandola al registro. Infine, gli oggetti acquistati non possono
essere rivenduti o trasformati prima che siano passati 10 giorni dall’acquisto.
IVA: Reverse charge o regime del margine?
Attenzione
Le cessioni di oro da investimento sono soggette ad imposta in regime di esenzione,
salvo opzione per l’imponibilità (art. 10, n. 11, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.
633).
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“Compro Oro”
Modalità con cui
Modalità operative
assolvere l’IVA
Reverse charge
Così come stabilito dall’art. 17, comma 5 del D.P.R. n. 633/1972, per le cessioni
imponibili di oro da investimento (se vi è stata l’opzione per l’IVA), nonché per le
cessioni di materiale d’oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o
superiore a 325 millesimi, si applica il meccanismo del reverse charge. Sul punto, la
Risoluzione n. 375/E del 28 novembre 2002 ha analizzato il caso di un operatore
professionale che acquista dai soggetti c.d. “compro oro” oggetti preziosi d’oro usati
e/o avariati per la successiva affinazione e recupero del metallo prezioso ivi
contenuto.
In tale sede è stato affermato che per la nozione di “materiale d’oro e prodotti
semilavorati”, soggetti al regime del reverse charge, occorre fare riferimento all’oro
nella sua funzione prevalentemente industriale, ossia di materia prima destinata alla
lavorazione, distinta, quindi, dall’oro da investimento.
Conseguentemente, la vendita di rottami di gioielli d’oro, in sé non suscettibili di
utilizzazione da parte del consumatore finale, a un soggetto che non li destina al
consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e
trasformazione, è assimilabile alla cessione di materiale d’oro o semilavorato.
Pertanto, la cessione di rottami di gioielli d’oro da un soggetto “compro oro” ad un
operatore professionale che non svolge attività di commercializzazione, ma li
destina esclusivamente al procedimento industriale di fusione e successiva
affinazione chimica per il recupero del materiale prezioso ivi contenuto, è soggetta
al regime IVA del reverse charge.
In sostanza, la citata Risoluzione n. 375/E del 2002 ha riconosciuto che le cessioni
di rottami di gioielli d’oro possono fruire del predetto regime di inversione contabile
quando tali materiali non sono suscettibili di consumo finale, in quanto ceduti ad un
soggetto che non può che impiegarli in un processo di lavorazione e trasformazione.
In tal caso, anche se i rottami d’oro e gli altri oggetti più sopra indicati non
rappresentano, sotto l’aspetto merceologico, “oro industriale” (materiale d’oro in
senso proprio e semilavorati), trova comunque applicazione il regime IVA previsto
per il materiale d’oro e per i semilavorati dell’oro industriale, in considerazione della
descritta destinazione di tali beni.
Attenzione: La Risoluzione citata chiarisce che torna applicabile il reverse charge
alle cessioni di “oro” (che viene utilizzato per scopi diversi dalla vendita, quali ad
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esempio, la fusione del metallo per la creazione di un nuovo oggetto ovvero la
scomposizione e la successiva utilizzazione dei pezzi ottenuti per la riparazione di
oggetti diversi) effettuate da un “compro oro” nei confronti di un “operatore
professionale in oro”. Ad oggi non è chiaro se il reverse charge torni
applicabile, fermo restando le altre ipotesi, nel caso in cui il cessionario non
sia un “operatore professionale in oro”. Ancorché ad oggi non vi sia un
chiarimento ufficiale si ritiene che anche in tale ultimo caso torni applicabile il
meccanismo del reverse charge, ovviamente sempre che il cessionario sia un
soggetto passivo IVA.
Regime del
Affinché torni applicabile il regime del margine (D.L. n. 41 del 23 febbraio 1995) è
margine
necessario che sussistano requisiti di natura soggettiva ed oggettiva. Per quanto
riguarda il requisito soggettivo, il regime del margine si applica:
□
ai commercianti abituali di beni mobili usati, oggetti d’arte, di antiquariato
e da collezione;
□
ai commercianti occasionali dei medesimi beni.
Con riferimento al requisito di natura oggettiva devono coesistere due condizioni:
□
deve trattarsi di beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato
originario o previa riparazione, oggetti d’arte, di antiquariato e da
collezione;
□
i beni devono essere stati acquistati presso privati.
Attenzione: Per quanto attiene al presupposto oggettivo si fa presente che la
normativa comunitaria esclude dal regime in esame i metalli preziosi e le pietre
preziose; tale esclusione, però, non è prevista dalla norma nazionale.
Vengono assimilati agli acquisti presso i privati le seguenti fattispecie:
□
i beni acquistati presso un soggetto passivo che non ha potuto operare,
in relazione all’acquisto dei beni stessi, la detrazione dell’imposta, ai sensi
dell’art. 19, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972;
□
i beni acquistati presso un soggetto passivo d’imposta comunitario in
regime di esonero presso il proprio Stato;
□
i beni acquistati presso un soggetto passivo di imposta che opera
anch’esso nel medesimo regime speciale di imposizione del margine.
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Il regime del margine prevede tre diverse modalità di determinazione dell’imposta:
□
regime del margine ordinario (o analitico), dove l’eventuale margine
imponibile viene determinato per ogni singolo bene;
□
regime del margine forfetario (o percentuale), dove la base imponibile
viene determinata in base a percentuali fissate dalla norma sul
corrispettivo di vendita;
□
regime del margine globale, dove il margine viene determinato per masse
di operazioni effettuate cumulativamente nel mese o trimestre.
Attenzione: Può essere utilizzato il metodo globale qualora il soggetto passivo IVA,
come ad esempio nel caso dei “compro oro”, svolga abitualmente il commercio e
l’acquisto di oggetti d’oro per masse come compendio unitario e con prezzo
indistinto, nonché nei casi in cui il costo di tali beni sia inferiore a euro 516,45.
Quindi, chi acquista oggetti preziosi usati in lega d’oro, e li rivende in massa, potrà
applicare il regime speciale del margine con sistema globale. Infatti tale
metodologia, a differenza delle altre, consente che il margine venga determinato per
masse di operazioni, ovvero globalmente per tutte le vendite effettuate per ciascun
mese o trimestre. Dal margine positivo dovrà essere scorporata l’IVA a debito,
mentre l’eventuale margine negativo costituirà un credito di margine, di cui si potrà
beneficiare nel periodo d’imposta successivo. L’imposta per le cessioni effettuate
beneficiando del regime speciale del margine globale, ricade tra i costi del cedente
e non del cessionario.
Il caso
Domanda: un’impresa autorizzata al commercio di oro fino, e iscritta presso l’albo della Banca d’Italia,
esercita esclusivamente attività di “compro oro”, facendo fondere l’oreficeria ritirata a un altro soggetto,
anch’esso iscritto presso il medesimo albo, e vendendogli l’oro fino così ottenuto in regime di reverse
charge in fattura (art. 17, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972). È corretta tale procedura?
Risposta: L’art. 10, n. 11, del D.P.R. n. 633/1972, dispone l’esenzione dell’imposta per le cessioni in oro
da investimento (da intendere come “l’oro in forma di lingotti o placchette di peso accettato dal mercato
dell’oro, ma comunque superiore a 1 grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi rappresentato o
meno da titoli”), a esclusione di quelle poste in essere dai soggetti che producono oro da investimento o
che trasformano oro in oro da investimento oppure commerciano oro da investimento, che saranno
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pertanto imponibili. Di conseguenza, per le categorie di beni, che ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettere a) e
b) della Legge n. 7/2000, possono essere esclusivamente commerciate dagli “operatori professionali in
oro”, regolarmente iscritti all’albo istituito presso la Banca d’Italia (ovvero cessioni imponibili di oro da
investimento di cui all’art. 10, n. 11, del D.P.R. n. 633/1972, nonché cessioni di materiale d’oro - nella cui
definizione rientrano anche i cosiddetti “rottami di gioielli”, ovvero l’oreficeria danneggiata e irreparabile
che ha necessità di un ulteriore stadio di lavorazione o trasformazione, come stabilito dalla Risoluzione n.
375/E del 28 novembre 2002 - e cessioni di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325
millesimi), l’imposta è assolta con il meccanismo del cosiddetto reverse charge, che pone a carico del
cessionario, se soggetto passivo d’imposta residente nel territorio dello Stato, l’obbligo di corrispondere
l’imposta per conto del cedente. Pertanto, la fattura verrà emessa dal cedente senza addebito d’imposta
(con l’annotazione relativa all’art. 17, comma 5 del D.P.R. n. 633/1972), mentre il cessionario avrà l’obbligo
di integrare la fattura emessa con l’indicazione dell’aliquota e dell’imposta, nonché di annotarla nei registri
fatture emesse o dei corrispettivi (artt. 23 e 24 del D.P.R. n. 633/1972) entro quindici giorni dal ricevimento
e con riferimento al relativo mese, nonché nel registro degli acquisti (art. 25 del D.P.R. n. 633/1972) per
esercitare il diritto alla detrazione. Ciò detto, considerato che, nel caso di specie, l’impresa autorizzata al
commercio di oro opera esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi destinati a essere
sottoposti al procedimento industriale di fusione e affinazione chimica, l’imposta sugli acquisti di rottami di
gioielli d’oro potrà correttamente essere assolta mediante la procedura prevista dall’art. 17, comma 5, del
D.P.R. n. 633/1972, sopra descritta.
Documento chiuso in redazione in data 08/02/2013
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