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padri che uccidono l`ultimo ciak dell`assassino
PADRI CHE UCCIDONO L’ULTIMO CIAK DELL’ASSASSINO Di Claudio Risé da Il Giornale, 17.10.02 Non ti badano più, non ti guardano più? Stai diventando un fantasma in casa tua? Ti hanno cacciato di casa? O, semplicemente, non ti vogliono più bene? E tu, quando ti senti in angolo, perché ormai sei diventato solo un impiccio, un fastidio, o addirittura un incubo, li uccidi. Tutti. E poi ti uccidi: tanto, quella famiglia era tutta la tua vita; senza di loro, vivere non ha alcun significato. Mentre però prepari la strage, e pulisci le armi, pensando all’ora migliore per farlo, la tua mente ha ben presente un particolare importante, anzi essenziale: lasciare un video. Così, dopo, qualcuno ti dovrà pur vedere, e ascoltare. Da fantasma, o incubo, sarai di nuovo una persona. Anche se quella di un assassino, e di un suicida. Questo è ciò che ha fatto Mauro Antonello, il muratore di Chieri, che si è ripreso meticolosamente mentre prepara l’assalto alla casa della famiglia e spiega le sue ragioni, che nessuno aveva preso per buone, anche perché non lo erano affatto. Oppure Renzo Finamore, tenente colonnello della Finanza, in pensione sulla collina dietro Reggio Emilia, che con una telecamera ha ripreso con precisione il massacro di moglie, figlia e fidanzato, non gradito, della ragazza. Questi video della morte sono il concentrato della disperazione dei loro autori. Ma sono, anche, l’estremo tentativo di ritornare al centro di una scena, quella familiare, da cui erano stati, o si sentivano, progressivamente espulsi, allontanati. L’unica possibilità di rientrarvi, da protagonista, che questi mariti e padri riuscivano ormai a vedere, dalla cupa oscurità in cui erano precipitati, era ormai quella: ucciderli tutti (tranne la bimba amata da Mauro, quella da cui non accettava la separazione). E filmare se stessi come gli eroi della morte. Visto che non erano più i mariti-padri amati, l’operoso e costruttivo centro della casa, ritrovare, almeno, una centralità distruttiva. Comunque: non lasciarsi emarginare, non lasciarsi cancellare, non lasciarsi ridurre al silenzio, al buio. Anzi: ridurre al silenzio tutti gli altri, e far parlare, poi, le proprie immagini di morte, le proprie terribili (s)ragioni. Le (s)ragioni di chi aveva puntato tutta la propria vita, la propria affettività, la propria forza, su un progetto: il matrimonio, i figli, la famiglia. Ma poi quel progetto, sogno, desiderio, era sbiadito, o si era perso del tutto. Se l’erano lasciato sfuggire tra le mani. Le mani erano rimaste vuote. Il cuore però, malato, gonfio di rabbia, suggeriva di riempirle di armi, quelle mani che ormai, per la famiglia (che era tutto il loro universo), non sapevano, non potevano fare più nulla. E' allora che ha cominciato a prendere forma il progetto-delirio di una metamorfosi: quella da marito-padre mancato ad eroe negativo della società dello spettacolo, a marito-padre killer, a protagonista mediatico. Ribaltare il proprio fallimento (reale o immaginato) come marito e padre, trasformarsi da progressivo emarginato dal teatro familiare a primattore che occupa lo sguardo di tutti, il mio che ne scrivo, il vostro che ne leggete. Per questo però occorreva uno strumento capace di riprenderne le azioni, e poi di proiettarle, attraverso l’occhio potente della Tv, al centro della scena. Occorreva insomma il video, il messaggero onnipotente e onnipresente. Quello con cui anche i veri grandi geni del male, come Osama, spiegano oggi le proprie (s)ragioni, dopo ogni strage. Il video, dunque, sarebbe diventato il prezioso strumento della loro metamorfosi da vinti a vincitori. Certo, per rientrare alla grande al centro della scena occorreva pagare un prezzo: quello della morte. Non si filma una scenata, o un piatto che vola: non c’è spettacolo. Si tratta, però, di un prezzo che anche altri protagonisti eccellenti di video dell’orrore, come appunto Bin Laden, sono disposti a pagare. Il centro della scena, si sa, ha prezzi molto elevati. E chi lo vuole ad ogni costo, li paga. Per questo, anche, occorre pensarci prima di emarginare sistematicamente mariti e padri. C’è purtroppo il rischio che, dopo aver ululato come lupi facendo il tirasegno nei boschi, ridiventino protagonisti del film dell’orrore che ha preso forma nella loro testa.