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Superare i primi ostacoli
c o n o s c e r e Superare i primi ostacoli iabetologo e maratoneta, Ernesto Rossi lo può dire con cognizione di causa: «Muoversi, soprattutto all’aria aperta, è efficace quanto una medicina ma non è una prescrizione, è uno dei piaceri della vita». Gli effetti terapeutici di una pratica, anche moderata, dell’esercizio fisico sono stati descritti da studi scientifici e hanno un impatto davvero a 360 gradi. «Bastano pochi giorni di movimento per vedere un miglioramento importante delle glicemie, soprattutto a digiuno. L’insulina infatti ‘funziona meglio’, la pressione arteriosa si riduce, la concentrazione di trigliceridi e di colesterolo ‘cattivo’, se fuori norma, si abbassano e il colesterolo ‘buono’ si alza», elenca Teresa Marcone, diabetologa agli Ospedali Riuniti di Foggia e amante della corsa. D Lasciarsi alle spalle la sedentarietà è difficile: il corpo non è abituato alle sollecitazioni. Ma basta poco per accorgersi che l’esercizio fisico regala salute e benessere. Ernesto Rossi, responsabile dell’Unità di Diabetologia di Montesarchio in provincia di Benevento. d 16 «A questi vantaggi, non da poco, si associa una sensazione crescente di benessere. Chi inizia a fare esercizio fisico avverte subito che qualcosa è cambiato nel suo corpo: sforzi che prima davano l’affanno si affrontano con tutta tranquillità», ricorda Rossi, responsabile dell’Unità di Diabetologia di Montesarchio in provincia di Benevento. I primi giorni però non sono facili. «Questo va detto con chiarezza. Dopo anni o anche solo mesi di seden- c o n o s c e r e tarietà, il nostro corpo ‘si ribella’ inizialmente all’esercizio fisico. Vanno quindi messi in conto alcuni problemi iniziali», nota Rossi, «per esempio è normale sentire dolore alle articolazioni: anche, caviglie e ginocchia». Se invece si avvertono dolori ai piedi e alla schiena potrebbe semplicemente significare che non si sono acquistate le scarpe giuste. Camminare o correre non costa nulla, ma sulle scarpe occorre investire un po’ di tempo e attenzione recandosi in un negozio specializzato e facendosi consigliare da un esperto. «Non devono essere troppo basse ma non devono nemmeno fasciare troppo il piede. Per preservare la traspirazione è meglio scegliere modelli in tessuto retinato. Guai a pensare che le scarpe da ginnastica siano riservate ai giovani», continua Teresa Marcone, che consiglia di chiedere quelle da jogging di tipo A3 o A4: «Se il tallone tocca duramente il suolo, il colpo si ripercuote sulla colonna vertebrale. Calzature ben ammortizzate non solo proteggono il piede ma preservano dal mal di schiena». In una persona giovane questi problemi possono persistere pochi giorni, in una poco allenata anche per uno o due mesi. L’essenziale è ‘non mollare’. «Superata la prima fase di sconforto in cui l’esercizio fisico sembra creare più problemi che vantaggi, si iniziano ad avvertire gli effetti positivi: migliora l’umore e perfino il desiderio sessuale, si dorme meglio e ci si sveglia più riposati…» elenca con entusiasmo Rossi. Autocontrollo per il ‘fiatone’. Molte persone che riprendono a muoversi dopo lunghi periodi di sedentarietà avvertono facilmente un affanno, il ‘fiatone’, che in certi casi può essere accompagnato da sudore o da tachicardia. «È assolutamente normale che questo avvenga, ma è altrettanto normale che col tempo il cuore si abitui all’esercizio fisico», dice Teresa Marcone, «bisogna iniziare con molta gradualità, senza voler ‘strafare’». Per una persona anziana, nei primi giorni, può bastare una camminata di 20 minuti a passo svelto e in piano, poi si arriverà a 30 o 40 minuti. Anche la frequenza può essere aumentata gradualmente: due volte la settimana all’inizio e poi a giorni alterni, «bisogna stare attenti però a non far passare più di tre o quattro giorni senza attività fisica, altrimenti l’organismo perde elasticità», avverte Rossi. Il miglior compagno per chi decide di allenare il proprio corpo è un cardiofrequenzimetro. I più semplici sono molto simili a degli orologi e misurano la frequenza del battito cardiaco. Una persona perfettamente allenata può fare uno sforzo tale da raggiungere anche l’80% della sua frequenza cardiaca massima (calcolabile con la formula 220 meno la propria età) senza avere problemi. Una persona che ha appena abbandonato la sua condizione di sedentarietà non deve andare oltre il 60% della sua frequenza massima. Successivamente, migliorando il proprio grado di allenamento, potrà portare la frequenza cardiaca al 70 o all’80% di quella massima per la sua età. Questi ‘trucchi’ servono perché, ammettiamolo, il nemico di chi fa sport da solo è anche la noia (oltre chiaramente alla stanchezza fisica). «A fare sempre le stesse cose ci si scoccia. Occorre qualcosa che stimoli in noi una certa competizione, bisogna porsi dei traguardi in termini Teresa Marcone, diabetologa agli Ospedali Riuniti di Foggia. di distanza o di velocità», ammette il diabetologo campano. All’inizio l’obiettivo sarà la distanza o la frequenza: percorrere prima due poi tre, poi cinque chilometri a piedi senza stancarsi. Chi abita vicino a colline e rilievi potrà misurarsi con percorsi in salita sempre più ripida. Una volta arrivati a poter camminare per tutto il tempo che si ha a disposizione occorre una nuova sfida e questa può essere appunto andare più veloci. Corsa: la ‘serie A’ dell’esercizio fisico. La terza sfida è la corsa. Non è vero che la corsa è riservata ai giovani. Al contrario, il fondo e mezzo fondo o la maratona sono l’unica specialità dell’atletica leggera dove trenta-quarantenni si misurano alla pari con i ventenni e sta diventando normale vedere persone di sessant’anni correre per molti chilometri. «È vero però che correre è un’attività completamente diversa rispetto a camminare. Sono diverse le masse muscolari uti- 17 d c o n o s c e r e lizzate ed è ben maggiore la capacità cardiaca e la fitness cardiorespiratoria richiesta», spiega Teresa Marcone che consiglia a chi ormai cammina a passo veloce senza problemi, di alternare alla camminata dei brevi tratti di corsa. La corsa è un po’ la ‘serie A’ dell’esercizio fisico. «Lo sforzo è superiore e l’organismo lo compensa mettendo in circolazione endorfine, la ‘droga naturale’ che il nostro corpo mette in circolo in certe situazioni di forte stress» ricorda Ernesto Rossi. Chi vuole davvero fare tutte le cose nel modo migliore farà bene ad affiancare alla camminata o alla corsa delle attività che sviluppano i muscoli delle braccia e del torace. Nuoto, basket, sollevamento di leggeri pesi o ginnastica. «Il nordic walking, camminata veloce effettuata aiutandosi con dei lunghi bastoni, oltre a essere consigliato a persone con difficoltà alle articolazioni, è ottimale proprio perché fa contribuire allo sforzo anche braccia e torso», sottolinea Rossi. Qualcuno con cui correre. «L’ideale è fare l’esercizio fisico insieme agli altri, seguendo un programma preciso e dandosi anche degli obiettivi: partecipare a una mezza maratona, percorrere un lungo itinerario in bicicletta, gareggiare contro un altro gruppo di persone», ammette Teresa Marcone, che a Foggia sta cercando di organizzare dei gruppi di persone, con diabete e non, che prendano l’abitudine di incontrarsi per fare insieme del movimento all’aperto. Trovare ‘qualcuno con cui correre’ è il modo ideale per sopperire ai cali di motivazione. Insomma, per non trovare delle ‘scuse’ che ci dissuadano dal fare esercizio. Le ‘scuse’ sono molte. I sedentari, come i fumatori, sono inventori instan- d 18 cabili di ragioni o pseudo-ragioni, per non fare esercizio fisico. «Ma ci sono anche ‘scuse’ più raffinate. Molte persone davanti all’invito a fare esercizio fisico rispondono con comportamenti che ‘simboleggiano’ e ‘sostituiscono’ l’esercizio stesso. Per esempio si iscrivono a una palestra nella quale non si recheranno mai o comprano una cyclette che resterà a prender polvere in camera per qualche mese prima di finire in cantina», conclude Teresa Marcone, «camminare o correre, invece, non richiede nessun acquisto e nessuna iscrizione. Si decide di farlo e lo si fa. Senza ‘se’ e senza ‘ma’». d Quante scuse per non cambiare Abbiamo chiesto ai due diabetologi intervistati di rispondere ad alcune delle ‘scuse’ più comuni indicate dalle persone cui viene consigliato di fare esercizio fisico. Mi viene il ‘fiatone’ e ho paura per il cuore. È assolutamente normale. Tutto sta nell’iniziare gradualmente. Con l’allenamento anche la fitness cardiorespiratoria migliora e il ‘fiatone’ arriva solo a livelli di sforzo maggiori di quelli chiesti da una camminata. Se non vi è una condizione di scompenso e/o pregressi eventi cardiovascolari o situazioni molto particolari, l’esercizio fisico è, anzi, consigliato. Volevo dimagrire, ma dopo una bella camminata mangio il doppio. Questo avviene quando si fa esercizio fisico in modo sporadico. Quando diviene un’abitudine, l’organismo riduce l’assunzione di cibo e tende spontaneamente a privilegiare cibi ricchi in fibre e carboidrati e poveri in grassi. Ad ogni modo l’esercizio fisico aumenta il dispendio metabolico e riduce, se non il peso, sicuramente la ‘massa grassa’ a vantaggio di quella magra. Quello che è importante infatti non è la riduzione del peso ma la redistribuzione del peso fra tessuto grasso e tessuto magro. Camminare in città è peggio, con le ‘schifezze’ che si respirano. L’esposizione all’inquinamento atmosferico non aumenta in misura importante se si cammina o si sta fermi. L’aria che si respira nell’abitacolo di una automobile o di un mezzo pubblico è ancora più inquinata. Certo, conviene scegliere delle aree verdi per camminare, ma è soprattutto per ragioni psicologiche. Ma io ho le complicanze… Un vero e proprio piede diabetico, con lesioni in corso o pregresse, rappresenta in effetti una controindicazione alla camminata e alla corsa, mentre è compatibile con il nuoto e, a seconda della posizione delle lesioni, con la bicicletta. Una semplice neuropatia, invece, non impedisce di fare esercizio fisico. Occorrerà però (questo vale per tutti) ispezionare con attenzione il piede al termine di ogni sessione di esercizio e ogni volta che si avverte un dolore. Attenzione: la neuropatia può determinare, nella persona con diabete, una condizione di analgesia ovvero l’incapacità di avvertire dolore anche in presenza una lesione o di un trauma. Una nefropatia incipiente, con microalbuminuria, è compatibile con l’esercizio fisico. Se si tratta di una nefropatia vera e propria l’esercizio va valutato attentamente. La retinopatia proliferante rappresenta invece una controindicazione alla corsa.