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un possente e infelice scultore leccese

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un possente e infelice scultore leccese
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UN POSSENTE E INFELICE SCULTORE LECCESE
Fermo qualche impressione sulla vita e
sull'arte di Oronzo Gargiulo il possente
ed infelice scultore salentino, tolto, nel pieno
rigòglio della giovinezza, al bacio della gloria
più pura -- unicamente perché mi par
doveroso contribuire, in una misura
qualsiasi, alla rievocazione di chi avrebbe dovuto formare
da tempo un vanto
della città natale.
Purtroppo, la nostra Lecce, nella sua
grande maggioranza,
non sente più l'antico orgoglio per i
figli, che si studiano
d' illustrarla con i
trionfi dell' ingegno
e con la pratica della
virtù civile. Oramai, la sua anima
— per tanti secoli
vibrante di fede
nelle vittorie dell' idea — sembra
presa solo dall'ansia
del successo materiale ed immediato,
e non ha che sorrisi di commiserazione per
coloro che ignorano l'arte di rendere fruttifero ... l'attimo fuggente.
E sia così! Auguriamoci almeno che,
dietro la spinta irresistibile del fascismo
forza animatrice d'ogni concetto e di ogni
volontà d' ascensione della stirpe — anche
Lecce torni a sentire il gaudio spirituale delle
grandi memorie e rinfranchi il ricordo di quei
magnanimi, che tenacemente operarono per
circondarla di meritato prestigio. Tanto, non
occorre risalire alle epoche gloriose dell' Umanesimo, del Rinascimento o del Barocco
per illuminare con i
riflessi del lontano
passato le vie dell'avvenire. Sono di
ieri Sigismondo Castromediano e Giuseppe Libertini, Leonida Flascassovitti
e Francesco Rubichi, Luigi Scorrano
ed Eugenio Maccagnani.
E chiudo l'amara
ma necessaria parentesi per tornare ad
Oronzo Gargiulo.
Nacque in Lecce
il 21 settembre del
1869 e manifestò,
fin dalla prima fanciullezza, una decisa
tendenza alla modellaturTrasferitosi a !Napoli con
la famiglia, che si
recava in quella metropoli per cercarvi lavoro,
frequentò 1' Istituto di Belle Arti — divenuto
da poco vivo centro d' irradiazione estetica
per l' infaticabile apostolato dei due grandi
maestri e precursori Filippo Palizzi e Domenico Morelli — sotto la guida amorevole,
geniale, animatrice di Achille d' Orsi, da cui
dedusse la sincerità rappresentativa, in quella
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tecnica franca e vigorosa, che aveva aperto
nuovi orizzonti alla scultura meridionale, fin
allora adusata all'accademismo freddo e stereotipato dell'Angelini, del Caggiano e dei
loro seguaci. Di fatto, l' impressionismo plastico, portato a nuova forma di arte dal
genio michelangiolesco di Augusto Rodin,
aveva ispirato al D'Orsi il Proximus tuus
e il Pathos, che erano riusciti a spingere la
tradizione verso più sinceri e più sentiti ideali
di bellezza plastica.
Appena libero dalle inevitabili pastoie scolastiche, il Gargiulo concepì e condusse a
termine la Bestia Umana, opera di evidenza
psicologica e di sapienza formale impressionante.
Il magnifico gesso — che si ammira nel
nostro Museo Civico e che ancora attende
d'essere riprodotto in bronzo ritrae un
forzato, nell'ora della solitudine e del riposo,
mentre la incerta visione di un nuovo delitto
gli attraversa la torbida mente, e la cupa
tragedia dell'anima si rivela nell'anelito faticoso. La figura, poco più grande del vero,
oltre ad essere anatomicamente impeccabile,
rende in ogni sua parte la funesta degenerazione fisica e morale, cui hanno tanto contribuito l'atavismo, la miseria e l'abbandono.
Sorta dall' influsso diretto e, in quel tempo,
irresistibile del naturalismo zoliano, o studiata assiduamente attraverso le tetre celle
degli ergastoli — là dove la società fatalista
e gaudente confinava i detriti sociali, che non
si erano mai scaldati al sole dell'assistenza,
della educazione e della pietà redentrice —
la figura suscita, nel tempo stesso, sensazioni di ripugnanza, di terrore e di tristezza ineffabile.
Quell'opera giovanile, tenacemente meditata, ma rapidamente condotta, nello spasimo
della febbre realizzatrice, entrò nel mare àgitato e minaccioso delle gare e delle tendenze
estetiche, in conflitto d' ideali e di metodi,
come la rivelazione improvvisa ed inattesa di
una mentalità gagliarda e di un magistero perfetto. Timidamente ammirata alla Triennale
di Milano del 1894, conseguì un successo
trionfale alla Mostra Nazionale di Roma
nel 1895, meritando il primo premio assegnato ai lavori di grande concetto.
Così, il Gargiulo, all' età di appena 24
anni, prendeva degno posto nella nobile per
quanto esigua schiera dei destinati a guidare
a più alte mète la tradizione artistica d' Italia.
E passò di vittoria in vittoria — attraverso
le esposizioni di Monaco e di Firenze, di
Berlino e di Venezia, di Bruxelles e di Parigi non solo con la possente e suggestiva
apparizione della Bestia Umana, ma anche
con una fascinatrice coorte di statuette e di
testine muliebri, in cui la purezza quattrocentesca della linea, la morbida freschezza
delle carni e la tenuità quasi spirituale del
tocco contrastavano col rude verismo di
quella figura di forzato e attestavano nel
giovane scultore la intima virtù di poter rappresentare, con diversità di visione e di tecnica,
la varietà dei soggetti. Per convincersi di
tale verità, basta volgere lo sguardo a Nannina, a Figlia dei Campi, a Contadinella,
a Torillo, a Monello Napoletano . ed a
Turris Infranta, statua in gesso, che fu quasi
il sinistro preludio della imminente catastrofe.
Si era nel giugno del 1898 e Lecce
--- già svegliata dalla energica ed amorosa
volontà di Giuseppe Pellegrino e dei suoi
compagni d'amministrazione, e libera dai
tentacoli delle vecchie consorterie cristallizzate nelle comode consuetudini — celebrava
le sue Feste Civili con le inaugurazioni della
Tramvia Elettrica, del Museo Cittadino e
del monumento a Gioacchino Torna. Ma, per
rendere più solenne le celebrazioni, aveva
dato convegno materno a tutti i vicini e
lontani artisti del Salento ; e tutti avevano
risposto all'appello di amore e di fede civile, non solo offrendo al nascente istituto
qualcuna delle loro opere, ma venendo di
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persona a dare solennità all' insolito avveni-
anni nel Manicomio di Aversa, perdendo
mento. Cosi, furono visti, per la prima volta,
giorno per giorno ogni luce d' ideale, ogni
radunati in fraternità di ri,ordi e di spe
coscienza di vita ; poi, si spense nel 1917,
ranze, Antonio Bortone e Luigi Scorrano,
cinicamente dimenticato anche dai suoi concittadini.
Eugenio Maccagnani e Giuseppe Casciaro,
Oronzo Gargiulo ed Errico Giannelli, Giu-
PIETRO MARTI
seppe de Cupertinis e Stanislao Sidoti, Francesco de Matteis e Luigi Guacci.
Nel pomeriggio, dopo la cerimonia inaugurale del monumento a Gioacchino Torna
— per cui era giunto da Taranto, a tenere
la orazione ufficiale, il Prof. Luigi Viola,
archeologo insigne e concittadino del grande
pittore galatinese -- la magnifica accolta si
scompose in gruppi spensierati e festanti.
L'anima di ognuno vibrava di gaudio e
Belle Arti nella risposta inviata al Presidente
dell' Ente Provinciale dei Monumenti, Principe Apostolico Orsini Ducas, in merito agli
sincerità intellettuale offerto da Lecce in
quel giorno.
Uno di quei gruppi — formato da Luigi
Scorrano, da Stanislao Sidoti, da Oronzo
già sfruttata.
•
La zona archeologica di Rudie è ormai
Gargiulo e da me, che, dopo alcuni anni
Se si fa eccezione per qualche tratto di
di lontananza, tornavo a rivedere la città
muraglia, e per i resti dell'Anfiteatro, altro
non rimane che possa interessare gli studiosi,
tanto da indurli a intraprendere una seria
sacra ai miei affetti domestici, ringiovanita
dalla sapiente operosità di coloro, cui avevo
offerto, nell'asprezza delle lotte giornalistiche,
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Il Direttore Generale delle Antichità e
scavi di Rudie, ha riaffermato, in sostanza,
un concetto esattissimo circa la relativa importanza di essi.
d'orgoglio dinanzi al solenne avvenimento di
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PER GLI SCAVI
DI RUDIE E DI ROCA
tutta la mia fede nei migliori destini di
campagna di scavi.
La necropoli ha quasi tutti i sepolcri vuoti
Lecce — prese la via di Fulgenzio, inebriato
e il materiale rinvenuto in essi si trova, per
quasi dalla visione di un tramonto orientale.
la maggior parte, nel nostro Museo Provin-
La quiete del luogo e la serenità dell'ora
riconducevano le nostre anime alla ineffabile
ciale.
I rinvenimenti dello scorso anno, nei fondi
del Dott. Fumarola, sollevarono molto chiasso
poesia delle rievocazioni, e c' inoltravamo
tacendo, assorti in un dolcissimo incantamento.
tanto da interessare la Direzione Generale
D' improvviso, Oronzo Gargiulo si staccò
la quale inviò un'apposita Commissione. Que-
dal mio braccio; fissò lo sguardo senza luce
sta, giunta precipitosamente sul luogo, e presa
nel vuoto e — con un accento che mi risuona ancora nel petto come la voce di una
visione del materiale rinvenuto, ritornò a Roma dichiarando che si trattava di un... falso
allarme.
inesorabile fatalità — ripetè tremando : Po-
vera mamma mia l Povera arte mia !
Quella balda giovinezza, innanzi a cui pa-
I pochi fregi, di epoca romana, trovati
nel fondo Fumarola, furono depositati nel
reva dischiuso l'orizzonte della gloria e della
Museo Civico, e non se ne parlò più.
fortuna, era stata travolta nell'oscuramento
dell'alienazione mentale. Da quel vespero di
sgomento, il Gargiulo vegetò per circa venti
Al Museo Provinciale furono poi donati
dal proprietario del fondo alcuni frammenti
di iscrizione in marmo.
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